Hai ricevuto un accertamento fiscale per criptovalute e non sai come reagire? L’Agenzia delle Entrate ti contesta il possesso o la cessione di crypto come Bitcoin, Ethereum o altre valute digitali? Ti chiedono di spiegare movimenti, prelievi o conversioni effettuate anche anni fa?
Gli accertamenti sulle criptovalute sono sempre più frequenti e spesso basati su presunzioni o ricostruzioni errate. Ma non sei senza difese: puoi contestare le pretese, dimostrare l’origine delle operazioni e proteggere i tuoi asset.
Perché l’Agenzia delle Entrate controlla le criptovalute?
Negli ultimi anni l’Agenzia ha intensificato i controlli su wallet digitali, exchange e movimenti di criptovalute. I controlli partono da:
– Dati ricevuti da piattaforme italiane o estere
– Disallineamenti tra il patrimonio crypto e i redditi dichiarati
– Omissioni nel quadro RW della dichiarazione dei redditi
– Segnalazioni per operazioni sospette o importi elevati movimentati
Cosa ti può contestare l’Agenzia delle Entrate?
– Omissione del quadro RW, in caso di detenzione di crypto su exchange esteri
– Omessa dichiarazione delle plusvalenze, se hai convertito crypto in euro con un guadagno
– Evasione d’imposta, se hai incassato somme da crypto non dichiarate
– Redditi presunti da mining, staking o lending, anche in assenza di conversione in valuta fiat
– Presunta disponibilità di somme in nero, basata su ricostruzioni contabili arbitrarie
Quando l’accertamento fiscale sulle criptovalute può essere illegittimo?
– Se si basa su dati incompleti o non aggiornati
– Se non tiene conto della normativa applicabile al periodo oggetto di verifica
– Se le crypto non sono mai state convertite in euro e non hanno generato plusvalenze
– Se i wallet sono detenuti su piattaforme italiane e non era obbligatorio compilare il quadro RW
– Se mancano elementi certi per dimostrare l’esistenza di un reddito tassabile
Come puoi difenderti da un accertamento per criptovalute?
– Verifica l’esattezza dei dati contestati: wallet, transazioni, importi e date
– Raccogli e conserva tutta la documentazione tecnica e contabile delle operazioni
– Dimostra la natura e la provenienza delle crypto: acquisti, regali, mining, permute
– Se non hai mai convertito in euro, contesta la presenza di un reddito tassabile
– Partecipa al contraddittorio e presenta memorie difensive con supporto tecnico
– Se necessario, presenta ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria per far valere i tuoi diritti
Cosa puoi ottenere con la difesa giusta?
– L’annullamento parziale o totale dell’accertamento
– La riduzione di imposta e sanzioni, se dimostri la non imponibilità
– La tutela del tuo patrimonio digitale
– L’esclusione delle crypto dal calcolo del reddito tassabile, se non cedute
– La possibilità di definire la lite in modo agevolato, evitando il processo
Le criptovalute sono un settore ancora parzialmente regolato, ma questo non significa che il Fisco possa agire senza limiti o con presunzioni arbitrarie. Ogni accertamento va esaminato a fondo, e può essere contestato con strumenti legali solidi e documentazione tecnica chiara.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati tributaristi ed esperti in fiscalità delle criptovalute e accertamenti patrimoniali – ti spiega quando un accertamento è illegittimo, come difenderti e cosa fare per proteggere i tuoi asset digitali.
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Introduzione
L’accertamento fiscale sulle criptovalute è un fenomeno sempre più frequente in Italia, vista la crescita esponenziale degli investimenti in Bitcoin, Ethereum e altri token digitali. Dall’entrata in vigore delle leggi finanziarie 2022 e 2023 (L.197/2022, L.197/2023) l’Amministrazione finanziaria ha definito un quadro tributario ad hoc per le cripto-attività. Nonostante ciò, permangono dubbi interpretativi e ampi margini di contestazione da parte del Fisco: molte pretese si basano su presunzioni o fraintendimenti. Questa guida (aggiornata a luglio 2025) illustra le regole attuali sulla tassazione e gli adempimenti, i possibili controlli dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza, gli aspetti antiriciclaggio e penali connessi, nonché le strategie difensive del contribuente (privato o imprenditore). Tutti i riferimenti normativi e le sentenze più recenti (Cassazione 2024-2025) saranno discussi, con esempi pratici, tabelle riepilogative e domande/risposte, dal punto di vista del debitore.
Quadro normativo e definizioni
Le criptovalute sono “rappresentazioni digitali di valore” basate su tecnologie blockchain. In Italia la normativa antiriciclaggio (D.Lgs. 231/2007, novellato dal D.Lgs. 90/2017 e modificato dal D.Lgs. 204/2024) definisce la valuta virtuale come «rappresentazione digitale di valore, non emessa da una banca centrale o autorità pubblica, non necessariamente collegata a valuta legale, utilizzata come mezzo di scambio». I soggetti che offrono servizi relativi a valute virtuali (exchanger, wallet providers) rientrano nelle categorie dei Prestatori di Servizi Valuta Virtuale (PSVV) e sono soggetti all’obbligo di registrazione presso l’OAM (Organismo per la tenuta dell’elenco dei PSVV) e agli adempimenti AML/CFT di legge.
Sul versante fiscale, le ultime leggi di bilancio hanno innalzato l’attenzione sulle cripto-attività. In particolare la Legge 197/2022 e la Legge 197/2023 hanno inserito nel TUIR (art. 67, comma 1, lettera c-sexies) la previsione che le plusvalenze da criptovalute siano redditi diversi di natura finanziaria, tassati con un’imposta sostitutiva. La Circolare AdE n.30/E/2023 ha poi fornito chiarimenti sui criteri di determinazione di tali redditi e sugli obblighi dichiarativi. La legge di bilancio 2025 (L.207/2024) ha infine modificato queste disposizioni, aumentando l’aliquota sostitutiva dal 26% al 33% e abolendo la franchigia di 2.000 € (con decorrenza 2026).
Regime fiscale delle criptovalute
Tassazione delle plusvalenze. Ogni cessione di criptovalute (vendita, scambio in fiat, acquisto beni) genera una plusvalenza, calcolata come differenza tra prezzo di vendita e costo di acquisto. Finora – fino al 2025 – l’ammontare annuo delle plusvalenze oltre la franchigia di 2.000 € è stato tassato con imposta sostitutiva del 26% (invece delle aliquote IRPEF). Ad esempio, un privato che compra bitcoin per 10.000 € e li rivende per 18.000 € realizza 8.000 € di plusvalenza, tutta tassata al 26% (imposta = 2.080 €). Dal 2026 l’aliquota sostitutiva salirà al 33% e la franchigia non sarà più prevista, mentre per il 2025 rimane la regola del 26% sopra i 2.000 €.
Altri redditi da cripto-attività. Se l’attività è svolta abitualmente o nell’esercizio d’impresa, le plusvalenze seguono il regime ordinario di reddito d’impresa (anche IVA se applicabile). I proventi derivanti da operazioni analoghe all’attività di lavoro autonomo (ad es. un artista che vende NFT) sono invece inquadrati come redditi di lavoro autonomo (art. 53 TUIR). La Cassazione ha recentemente ribadito che anche i corrispettivi ricevuti in criptovalute devono essere convertiti in euro e dichiarati. In pratica, vendere un NFT o ricevere crypto come compenso professionale genera reddito imponibile ai fini IRPEF/IVA.
Regime patrimoniale (imposta sul possesso). Oltre alla tassazione dei guadagni, è previsto dal 2023 un tributo annuale sul valore del portafoglio di cripto-attività posseduto al 31 dicembre. In analogia con altre valute estere, si applica un’imposta sostitutiva dello 0,2% (2 per mille) sul controvalore in euro delle criptovalute detenute (codice “14” nel quadro RW). Tale imposta si calcola sul valore di mercato alla fine dell’anno (o, se non disponibile, sul costo di acquisto) e va versata secondo le regole del monitoraggio fiscale. L’aliquota dello 0,2% è applicata indifferentemente a privati e imprese per criptovalute “estere” (dettate in wallet o piattaforme non italiane) e riguarda tutte le criptovalute possedute.
IVA e cripto-attività. Le cessioni di criptovalute non sono soggette a IVA: l’Agenzia delle Entrate, in linea con la giurisprudenza UE (Cass. UE, 22 sett. 2015, C-264/14), considera la compravendita di criptovalute come esente da IVA. Ciò non esclude l’obbligo di dichiarazione delle plusvalenze o dei corrispettivi ricevuti, che vanno sempre indicate nei redditi in base alla loro natura (redditi finanziari o lavoro autonomo).
Obblighi dichiarativi e adempimenti
Quadro RW. I contribuenti italiani che detengono criptovalute all’estero (o in wallet privati non gestiti da intermediari italiani) devono inserirle nel quadro RW della dichiarazione dei redditi. Secondo l’Amministrazione finanziaria, le criptovalute sono assimilate alle valute estere per il monitoraggio fiscale. Occorre indicare il controvalore in euro al 31 dicembre di ogni anno, compilando il quadro RW o il nuovo quadro W nel modello 730. La mancata compilazione del RW è sanzionata (in base al D.Lgs. 167/1990) con multe da 3% a 15% dei valori non dichiarati. Inoltre, nel modello dei redditi (sezione IV del quadro RT del Modello Redditi PF) va liquidata l’imposta sul valore delle criptovalute possedute, pari al 2 per mille (imposta sul possesso).
Comunicazioni e trasparenza. I prestatori di servizi cripto (exchanger, wallet provider) hanno l’obbligo di comunicare all’Agenzia delle Entrate la propria operatività sul territorio e di collaborare con le autorità di polizia economico-finanziaria (Decreto MEF 13/1/2022). Le “transazioni di valuta virtuale” possono essere segnalate dalle piattaforme alla UIF, in base alla disciplina antiriciclaggio (art. 41 D.Lgs. 231/2007 e succ.). Dal 2024 è divenuto operativo il regolamento UE 2023/1113 (Travel Rule), recepito con il D.Lgs. 204/2024, che obbliga gli intermediari cripto a trasmettere dati identitari per trasferimenti oltre 1.000 euro.
Tipi di accertamento e controlli fiscali
L’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza dispongono di vari strumenti per accertare il reddito e individuare possibili evasori nel mondo delle criptovalute. In generale, gli accertamenti possono seguire diversi percorsi:
- Accertamento analitico (confronto tra dichiarato e contabile): l’Amministrazione verifica l’assenza di dichiarazione di plusvalenze o redditi correlati alle cripto-attività. Ad esempio, se nel quadro RW emergono valori significativi o se da estratti conto bancari risultano operazioni di acquisto/vendita di criptovalute, l’Ufficio può rettificare i redditi complessivi o le plusvalenze non indicate. Il contribuente deve dimostrare con documenti che tutte le plusvalenze sono già state riportate o rientrano nella franchigia di 2.000 €.
- Accertamento sintetico/induttivo: con la riforma tributaria del 2022, il redditometro tradizionale è stato sostituito da indici sintetici di affidabilità (ISA) per i professionisti/PMI, mentre per i privati resta disponibile l’accertamento sintetico (art. 38, D.P.R. 600/1973), basato sulla capacità di spesa. In pratica, la Guardia di Finanza può ricostruire il reddito del contribuente sulla base di spese sostenute (viaggi, immobili, spese correnti) e utilizzare anche operazioni in criptovalute come indice di capacità contributiva. Ad esempio, l’acquisto di beni di lusso pagati con criptovalute non giustificati da redditi dichiarati può alimentare un accertamento sintetico.
- Accertamento bancario/finanziario: la Finanza effettua indagini sui flussi bancari (art. 32-ter D.Lgs. 472/1997). Se il contribuente ha ricevuto bonifici o accrediti provenienti da exchange esteri, oppure ha movimentato denaro dallo o verso conti esteri, l’Agenzia può acquisire tali dati tramite lo scambio internazionale d’informazioni (DAC2, Common Reporting Standard) o su rogatoria, e contestare redditi non dichiarati. Anche il redditometro può basarsi su segnalazioni UIF o su indagini su conti non dichiarati.
- Verifiche documentali: l’Agenzia può avviare accessi, ispezioni e verifiche presso sedi aziendali di operatori cripto-attività. In caso di irregolarità nei registri dei prestatori di servizi, può contestare sanzioni amministrative o penali.
In generale, i controlli partono spesso da segnalazioni UIF o da flussi finanziari sospetti: nel 2024 la UIF ha ricevuto 6.255 segnalazioni di operazioni anomale in criptovalute (+25% rispetto al 2023). La maggior parte proviene da prestatori esteri (VASP): nel 2024 gli operatori tradizionali hanno segnalato il 49,1%, mentre i VASP hanno contribuito per il 50,6% (e il 57,8% nel primo trimestre 2025). L’aumento è dovuto all’obbligo di registrazione OAM e ai maggiori controlli sulle stablecoin, spesso usate per riciclare valore in modo rapido e anonimo. In pratica, acquisti di criptovalute con fondi di dubbia provenienza, oppure trasferimenti ripetuti verso wallet non tracciabili, possono far scattare verifiche sia ai fini AML che fiscali.
Profili antiriciclaggio e ruolo dell’UIF
La normativa antiriciclaggio italiana integra il controllo delle criptovalute nei propri schemi: il D.Lgs. 231/2007 (come modificato dal D.Lgs. 90/2017 e dal recente D.Lgs. 204/2024) attribuisce obblighi di adeguata verifica ai prestatori di servizi cripto (exchanger, wallet provider, custodi) analoghi a quelli bancari. In particolare:
- Obbligo di adeguata verifica (KYC): i prestatori di servizi cripto devono identificare il cliente, conservare registrazioni, segnalare operazioni sospette (SOS) alla UIF (art. 41 D.Lgs. 231/2007) e verificare transazioni quando il cliente intende effettuare trasferimenti di criptovalute superiori a 1.000 € (d.lgs. 204/2024, in recepimento della «Travel Rule» UE).
- Registrazione OAM: chi svolge in Italia servizi di cambio criptovalute, custodia chiavi o altro deve iscriversi all’OAM, conforme al D.Lgs. 90/2017 e s.m.i. Il mancato rispetto di queste disposizioni può integrare reati amministrativi o penali (es. abuso di attività riservata).
- Segnalazioni alla UIF: i prestatori inviano alla UIF informazioni su operazioni sospette. La UIF monitora trend di riciclaggio con le cripto (ad es. uso di stablecoin) e comunica tali dati alla Guardia di Finanza. Nel Rapporto UIF 2024 si evidenzia che le stablecoin, spesso ancorate al dollaro e più veloci nei trasferimenti, stanno diventando veicolo preferenziale per riciclaggio di proventi illeciti.
Dal lato del contribuente, il mancato rispetto degli obblighi AML può non di per sé scatenare un accertamento fiscale automatico, ma contribuisce a innescare verifiche. Ad esempio, un contribuente che acquista cripto presso un operatore non registrato o senza i controlli prescritti può destare sospetti. La mancata segnalazione (art. 55 D.Lgs. 231/2007) o l’omissione di conservazione dati può portare a sanzioni amministrative fino al 40% dell’operazione ed anche a responsabilità penali (art. 55-ter, comma 2, D.Lgs. 231/2007).
Inoltre, le banche italiane e le authority vigilano: la Banca d’Italia ha emesso nel gennaio 2025 una circolare che evidenzia l’illiceità di offrire al pubblico certe stablecoin senza autorizzazione (regolamento MiCA, ART/EMT). Ciò significa che operazioni abusive (emissione di token non autorizzati) possono integrare reati nuovi, quali il delitto di abusivismo previsto dall’art.30 del D.Lgs. 129/2024 (che punisce chi offre al pubblico cripto-asset in violazione del regolamento MiCA).
Implicazioni penali e fiscali
La posizione del debitore è ulteriormente esposta a rischi penali se emerge un’evasione fiscale. In particolare:
- Reati tributari: l’omessa indicazione in dichiarazione di redditi da criptovalute può integrare reato di dichiarazione infedele (art.4, D.Lgs. 74/2000) o omessa dichiarazione (art.5) se i valori superano le soglie di punibilità. Come ricordato dalla Cassazione, «i proventi in criptovalute costituiscono reddito imponibile ai sensi del TUIR» e la loro omissione se di importo rilevante integra il reato di dichiarazione infedele. Nel caso celebre del 2025, l’artista digitale che non dichiarò proventi in ETH per NFT è stato ritenuto colpevole di dich. infedele oltre soglie.
- Riciclaggio e autoriciclaggio: l’uso di criptovalute per occultare denaro illecito può configurare i delitti di riciclaggio (art.648-bis c.p.) o autoriciclaggio (art.648-ter.1 c.p.). La giurisprudenza penale ha confermato che acquistare criptovalute (es. bitcoin) con denaro frutto di reato può integrare l’autoriciclaggio. Ad esempio, la Cassazione (sent. 27023/2022) ha riconosciuto il reato di autoriciclaggio quando furono acquistate monete virtuali con i proventi di truffe.
- Abusivismo finanziario: offrire servizi di investimento in criptovalute senza licenza può integrare il reato di abusive attività di investimento (art.166 TUF). La Cassazione penale ha ribadito che la moneta virtuale, se offerta come “strumento di investimento”, è equiparabile a prodotto finanziario e rientra nel campo di applicazione del TUF. Ciò significa che piattaforme o consulenti che trattano cripto come investimenti senza autorizzazione potranno essere perseguiti ai sensi dell’art.166, c.1, lett. c) TUF.
Inoltre, i sequestri penali di criptovalute (ad es. per equivalente) pongono problematiche tecniche. La Cassazione ha chiarito che i bitcoin non possono essere trattati come moneta legale per il sequestro per equivalente (art.2740 c.c.), a causa della loro continua volatilità e assenza di corso legale. Tuttavia ciò non impedisce che, al termine dei processi penali, le attività (in euro) ricavate da cripto illeciti possano essere sequestrate e confiscate in quanto provento di reato.
Difendere il contribuente: strategie e impugnazioni
Di fronte a un avviso di accertamento relativo alle criptovalute, il contribuente ha a disposizione diverse leve difensive:
- Documentazione completa: fornire all’Agenzia delle Entrate estratti conto aggiornati degli exchange utilizzati, cronologia delle transazioni, fogli di calcolo del wallet e ogni prova di acquisto (fatture, screenshot, certificazioni). Dimostrare analiticamente le date di acquisto, prezzo pagato e prezzo di vendita per ogni transazione crypto è fondamentale per contestare le plusvalenze contestate.
- Verifica soglie e calcoli: sottolineare gli errori nel computo delle plusvalenze. Ad esempio, se il Fisco non ha applicato la franchigia di 2.000 € o ha calcolato male le date di detenzione, si può chiedere la correzione. Secondo le FAQ AdE (risposta 73/E/2025) il contribuente che ha già versato il 26% su plusvalenze sotto franchigia può chiederne il rimborso.
- Contestazione della presunzione: in assenza di prove dirette, l’accertamento spesso si basa su presunzioni induttive (ad es. parametri redditometro, spese in criptovalute). Il contribuente può fornire giustificativi che le operazioni sono state finanziate con redditi già dichiarati o con risorse esenti (es. eredità, minusvalenze pregresse, compensi esteri). In certi casi, se le criptovalute sono rimaste custodite in un proprio wallet senza successiva conversione in euro, si può contestare la realizzazione della plusvalenza (purché la normativa non la richieda tassazione immediata se non convertita, come affermato da recente interpello).
- Ravvedimento operoso e sanatorie: se si scopre l’omissione, è possibile regolarizzarsi pagando quanto dovuto con sanzioni ridotte. Le leggi di bilancio hanno previsto procedure di regolarizzazione agevolata per chi non ha dichiarato criptovalute detenute entro il 31/12/2021. Il ravvedimento (art.13 D.Lgs. 472/1997) permette di versare imposte, interessi e una sanzione ridotta (0,2% al giorno per ritardato pagamento) evitando il contenzioso. Questo può essere un vantaggio rispetto al rischio di un processo penale tributario.
- Impugnazione formale: in ogni caso l’avviso di accertamento fiscale può essere impugnato in commissione tributaria provinciale entro 60 giorni dalla notifica. È possibile presentare ricorso motivato contestando nel dettaglio le accuse e facendo riferimento alla normativa e alla giurisprudenza. In caso di motivi di nullità o vizi formali nell’atto, si può chiedere l’annullamento in via amministrativa (autotutela). Se il ricorso è rigettato in primo grado, si possono proporre appello alla CTP regionale e ricorso alla Corte Suprema di Cassazione.
- Difesa penale: se l’accertamento è collegato a indagine penale (ad es. per riciclaggio), è fondamentale farsi assistere anche da un avvocato penalista. Sarà possibile contestare la mancata conversione in valuta legale come rilevante, la contestabilità dei valori in calo o l’inosservanza del principio del favor rei in caso di nuova normazione.
In sintesi, la chiave difensiva è documentare ogni operazione e dimostrare la correttezza delle dichiarazioni, sfruttando gli strumenti di sanatoria quando disponibili.
Tabelle riepilogative
Tassazione delle cripto-attività (persone fisiche non imprenditori):
Tipologia reddito/operazione | Normativa di riferimento | Tassazione prima del 2026 | Tassazione dal 2026 |
---|---|---|---|
Plusvalenze da cessione criptovalute | Art.67 c.1 lett. c-sexies TUIR; L.197/2022; Circol.30/E/2023 | Imposta sostitutiva 26% su base imponibile eccedente 2.000 € | Imposta sostitutiva 33%, franchigia abolita (abolizione 2.000 €) |
Redditi da opere digitali (NFT) e DeFi | Art.53 TUIR (lavoro autonomo/professionale) | Reddito netto secondo aliquote IRPEF progressive (con deduzione costi) | Stessi principi, ma aliquote progressive più elevate dal 2026 (riforma IRPEF in corso) |
Imposta sul possesso (monitoraggio RW) | Art.19-bis TUIR (dichiarazione RW) | 0,2% annuo sul valore al 31/12 (2‰) | Confermato 0,2% annuo sul valore al 31/12 (2‰) |
IVA su compravendita criptovalute | Direttiva UE 2006/112 e sent. Corte UE C-264/14 | Esente da IVA (esclusi servizi professionali o attività d’impresa) | Stessa regola: non soggette a IVA |
Adempimenti antiriciclaggio (obbligazioni per prestatori di servizi crypto):
Adempimento | Disposizione normativa | Sanzioni e note |
---|---|---|
Registrazione OAM dei CASP | D.Lgs. 90/2017, art.20-21; OAM 2020 Regolamento | Multe/sterziamento attività, sospensione; obbligatorio dal 2020 |
Adeguata verifica (KYC) | Art.18 D.Lgs. 231/2007; Dlgs. 204/2024 (Travel Rule) | Sanzioni penali e amministrative per omessa verifica (fino a 40% valore) |
Segnalazione SOS alla UIF | Art.41 D.Lgs. 231/2007 | Sanzioni da 1.000 a 50.000 € per inadempienza |
Comunicazione operatività al Fisco | Decreto MEF 2022 | Obbligo di informativa annuale dei VASP al MEF, cooperazione con forze dell’ordine |
Domande frequenti (FAQ)
- È vero che le criptovalute non sono “valuta legale” e quindi non sono tassabili?
No. Pur non avendo corso legale, le criptovalute sono considerate appunto strumenti di scambio e investimento: i relativi proventi sono redditi tassabili. La Cassazione ha chiarito che i pagamenti in criptovaluta generano reddito imponibile al momento della percezione, anche se non convertiti in euro. - Quando l’Agenzia può fare un accertamento sulle mie criptovalute?
I casi tipici sono: (1) se non hai compilato il quadro RW indicando il possesso di crypto detenute all’estero o in wallet privati; (2) se hai realizzato plusvalenze (ad es. vendendo crypto) sopra i 2.000 € annui; (3) se risulta anomala la tua capacità di spesa rispetto al reddito dichiarato (ad es. acquisti di beni costosi con criptovalute); (4) se l’UIF segnala operazioni sospette (bonifici dai crypto-exchange esteri); (5) se l’Agenzia incrocia dati dalle banche o scambi internazionali di informazioni che rilevano movimentazioni in criptovalute non dichiarate. In sintesi, ogni volta che dall’analisi bancaria o da fonti estere emergono operazioni in criptovalute non giustificate da redditi dichiarati, può scattare un controllo. - Quali documenti devo tenere per difendermi?
È fondamentale conservare ogni documento relativo alle criptovalute: estratti conto dagli exchange (anche esteri), prove di bonifico di acquisto, registri di wallet personali, fatture o ricevute di acquisti in criptovalute, estratti conti con accredito di euro da conversioni. Bisogna essere in grado di dimostrare data di acquisto, prezzo di acquisto in euro e data di vendita. Se si dispone di plusvalenze nel periodo d’imposta, occorre tenere anche calcoli precisi delle minusvalenze pregresse (da compensare). - Posso rateizzare o sanare l’imposta dovuta?
Sì. Se ricevi un accertamento, puoi avvalerti del ravvedimento operoso entro 90 giorni per sanare la posizione, pagando imposta dovuta, interessi e sanzione ridotta (0,2% al giorno ritardato). Inoltre, per i periodi fino al 2021 è previsto uno scudo fiscale straordinario che consente di regolarizzare con sanzioni ridotte i redditi da criptovalute non dichiarati. Se invece sei già in contenzioso tributario, puoi chiedere dilazioni o rateizzazioni in Commissione Tributaria, allegando piano di rientro. - Quali sono i termini per impugnare un avviso di accertamento?
L’avviso di accertamento diventa esecutivo dopo 60 giorni dalla notifica. Il contribuente ha 60 giorni di tempo (art. 19 D.P.R. 600/1973) per proporre ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale. Il ricorso deve contenere tutti i motivi di contestazione, inclusi errori materiali o interpretativi nel calcolo delle imposte crypto. Se sussistono vizi evidenti (ad es. mancata indicazione di plusvalenze già dichiarate), si può richiedere l’annullamento in autotutela prima di ricorrere in tribunale. Dopo la CTP, è possibile fare appello e infine ricorso in Cassazione entro 2 anni dalla sentenza di appello.
Simulazioni pratiche (Italia)
- Calcolo delle plusvalenze e tassazione. Il Sig. Rossi nel 2024 acquista 5.000 € di bitcoin e li vende a 8.500 € nello stesso anno. Ha anche in RW criptovalute per 4.000 €. Deve dichiarare una plusvalenza di 3.500 € (8.500–5.000). Applicando la franchigia di 2.000 €, la base imponibile è 1.500 €, tassata al 26%, per un’imposta di 390 €. Deve altresì versare 4.000 €×0,2% = 8 € di imposta sul possesso (due per mille sul portafoglio di fine anno).
- Accertamento su omessa dichiarazione. La Sig.ra Bianchi detiene criptovalute estere dal 2019 e non ha mai compilato il quadro RW. Nel 2025 riceve un invito del Fisco a fornire documenti (c.d. “questionario”). Successivamente riceve un avviso di accertamento: l’Agenzia calcola a forfait i valori posseduti (ad es. supponendo 20.000 € di crypto) e le contesta una plusvalenza fittizia di 18.000 € (che rappresentano la differenza tra valore stimato al 31/12/2024 e valore d’acquisto 5.000 €). La Sig.ra Bianchi può difendersi presentando in Commissione Tributaria estratti conto dal wallet che dimostrano un acquisto di crypto di soli 7.000 € e un valore a fine anno di 9.000 €, contestando quindi il calcolo del Fisco. Inoltre, può avvalersi del ravvedimento per sanare spontaneamente eventuali imposte dovute, evitando così sanzioni penali.
- Contestazione valori in accertamento bancario. Il Sig. Verdi riceve un avviso di accertamento che ricostruisce, attraverso i movimenti bancari, plusvalenze di 15.000 € non dichiarate. Il contribuente sostiene che l’Agenzia ha errato nella conversione: secondo lui le transazioni sarebbero state effettuate quando il cambio crypto-euro era più basso. Presenta al giudice tributario l’andamento giornaliero dei prezzi di mercato (da fonti ufficiali) per dimostrare che la plusvalenza effettiva era inferiore. Chiede quindi la rideterminazione dell’imposta sostitutiva sul valore corretto in euro delle sue operazioni.
Conclusioni
In sintesi, l’accertamento fiscale sulle criptovalute in Italia richiede al contribuente una difesa attiva e documentata. Le regole tributarie (redditi diversi, monitoraggio RW, imposta patrimoniale) sono ormai codificate, così come gli obblighi antiriciclaggio per gli operatori. Tuttavia, data la complessità tecnica e giuridica del settore, il contribuente può contestare calcoli imprecisi (ad es. valutazioni in euro, franchigia, datazione delle operazioni) e valorizzare il proprio diritto al contraddittorio. In caso di contestazioni formali, è opportuno impostare fin da subito una strategia difensiva: raccogliere prove, valutare il ravvedimento, impugnare ricorsi entro i termini. Infine, è fondamentale tenere conto delle possibili conseguenze penali: oltre alle sanzioni tributarie, una condotta dolosa (es. omessa dichiarazione oltre le soglie di rilevanza) può integrare reati fiscali e di riciclaggio. Una consulenza legale qualificata (fiscale e, se necessario, penale) è sempre consigliata per orientarsi in un contesto così specialistico.
Fonti normative e giurisprudenziali
- Circolare Agenzia Entrate n. 30/E del 27 ottobre 2023 – “Trattamento fiscale delle cripto-attività”.
- Legge 29 dicembre 2022, n.197 (Legge di bilancio 2023), commi 126-147 – Norme fiscali sulle criptovalute.
- Legge 29 dicembre 2023, n.197 (Legge di bilancio 2024) – Disposizioni fiscali**.
- Legge 29 dicembre 2024, n.207 (Legge di bilancio 2025), art.1 commi 24-29 – Aumento aliquota e abolizione franchigia sulle plusvalenze crypto.
- D.Lgs. 21 novembre 1997, n.461 (Regolamento imposta di registro) – comma su cripto-attività.
- D.P.R. 22 dicembre 1986, n.917 (TUIR) – art.67(1)(c-sexies) e art.53 – disciplina redditi da criptovalute.
- D.Lgs. 30 dicembre 1992, n.504 – disposizioni IVA (sent. C-264/14 UE).
- D.Lgs. 10 marzo 2000, n.74 – art.4 (dichiarazione infedele) e art.5 (omessa dichiarazione).
- D.Lgs. 21 novembre 2007, n.231 (Antiriciclaggio) e s.m.i. – art.1 (definizioni crypto), art.18-41 (obblighi antiriciclaggio).
- D.Lgs. 25 maggio 2017, n.90 – recepimento IV Direttiva AML (crypto come valute virtuali).
- D.Lgs. 25 maggio 2017, n.92 – recepimento V Direttiva AML.
- D.Lgs. 30 dicembre 2021, n.195 – recepimento direttiva UE 2018/1673 (rifusione del codice penale anticrimine).
- D.Lgs. 27 gennaio 2024, n.129 – recepimento Regolamento UE 2023/1114 (MiCA); art.30 su abusivismo cripto.
- D.Lgs. 27 maggio 2024, n.204 – recepimento Regolamento UE 2023/1113 (Travel Rule).
- Circolare AdE 30/E/2023 – Trattamento fiscale delle cripto-attività.
- Risposte AdE a FAQ e interpelli (es. n.73/E/2025, n.135/E/2025) – chiarimenti su franchigia e costi in regime amministrato.
- Cass. n. 44378/2022 – le criptovalute come strumenti finanziari, applicabilità art.166 TUF.
- Cass. n. 27023/2022 – autoriciclaggio per acquisto bitcoin con proventi illeciti.
- Cass. n. 8269/2025 – tassazione di NFT in criptovaluta, reato dichiarazione infedele.
- UIF – Rapporto annuale 2024 e newsletter (giugno 2025) su criptovalute e segnalazioni SOS.
- Riferimenti normativi UE: Regolamento (UE) 2023/1113 (Travel Rule), 2023/1114 (MiCA).
- Giurisprudenza UE e nazionale citata (Corte UE C-264/14; Cassazione citate sopra).
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