Ex Titolare Di Negozio Di Generi Alimentari Con Debiti: Cosa Fare

Hai chiuso il tuo negozio di generi alimentari ma ti stanno ancora inseguendo i debiti? Fornitori, banche, agenzie di riscossione o l’Agenzia delle Entrate ti chiedono somme che non riesci più a pagare, magari minacciando pignoramenti o altri atti esecutivi?

Anche se l’attività è cessata, non sei senza difese. Come ex titolare, hai diritti da far valere, strumenti per difenderti e possibilità concrete per alleggerire – o perfino annullare – la pressione dei debiti.

Puoi essere perseguito per i debiti anche dopo la chiusura del negozio?
Sì, se la tua era una ditta individuale o una società di persone (es. SNC), sei personalmente responsabile dei debiti anche dopo la cessazione dell’attività. Questo significa che fornitori, banche o enti pubblici possono rivalersi direttamente sui tuoi beni personali. Ma ci sono limiti e, in molti casi, possibilità di opposizione o riduzione.

Cosa può accadere dopo la cessazione dell’attività?
– Ricevi richieste di pagamento da vecchi creditori
– Ti notificano cartelle esattoriali, decreti ingiuntivi o atti di precetto
– Rischi pignoramenti su conto corrente, stipendio, auto o altri beni
– Se hai firmato garanzie personali, le banche possono rivalersi su di te
– Potresti essere segnalato alla Centrale Rischi o ad altre banche dati

Quando puoi contestare le richieste di pagamento?
– Se il debito è prescritto e non è mai stato interrotto legalmente
– Se hai già pagato ma la banca o il fornitore non ha aggiornato la posizione
– Se non sei stato notificato correttamente (es. indirizzo errato, atto mai ricevuto)
– Se l’importo richiesto è gonfiato da interessi o spese non dovute
– Se il titolo esecutivo (cartella, decreto, sentenza) è viziato o illegittimo

Come puoi difenderti da chi ti chiede soldi dopo la chiusura del negozio?
– Verifica in che veste ti viene richiesto il pagamento: ex titolare? garante? socio?
– Controlla se il credito è ancora legalmente esigibile
– Richiedi copia del contratto, delle fatture, del titolo esecutivo
– Valuta l’opposizione al precetto, alla cartella o al pignoramento
– Se hai molti debiti, considera la procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento
– Proponi una transazione a saldo e stralcio per chiudere la posizione con una cifra ridotta

Cosa puoi ottenere con l’assistenza legale giusta?
– L’annullamento o la sospensione di cartelle, ingiunzioni o pignoramenti
– Lo sblocco del conto corrente o della pensione
– La riduzione dei debiti fino al 70-80% tramite piano del consumatore
– La salvaguardia del tuo patrimonio familiare
– La possibilità di ricominciare senza l’angoscia dei creditori

Anche se il negozio ha chiuso, la tua vita continua. E merita di essere tutelata. Ogni giorno perso senza reagire rafforza le pretese di chi ti chiede denaro. Ma con l’intervento giusto, puoi difenderti e voltare pagina.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in crisi d’impresa, diritto bancario e procedure esecutive – ti aiuta a capire quando le richieste dei creditori sono illegittime, come bloccare i pignoramenti e cosa puoi fare per tornare a respirare.

Hai un’attività chiusa e ti stanno ancora inseguendo i debiti?

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Introduzione

La situazione di un ex imprenditore con un negozio di generi alimentari chiuso e debiti insostenibili è estremamente delicata. In Italia, il debitore persona fisica che non può pagare i propri debiti si trova in uno stato di sovraindebitamento (situazione di squilibrio duraturo tra debiti e redditi). La legge 3/2012 (oggi inserita nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza) offre strumenti di tutela al debitore non fallibile: privati, piccoli artigiani e commercianti (anche soci illimitatamente responsabili). Questi strumenti consentono di ristrutturare i debiti o liquidare il patrimonio secondo le reali possibilità economiche del debitore, con l’eventuale esdebitazione (cancellazione dei debiti residui non pagati) al termine della procedura. Di seguito si illustrano in dettaglio i principali rimedi e strategie (contrattuali e giudiziali) a disposizione del debitore, con focus sulle soluzioni normative, sul processo esecutivo e sulle garanzie costituzionali e giurisprudenziali.

1. Tipologie di debiti e responsabilità patrimoniale

Un titolare di negozio di generi alimentari può aver contratto debiti di vario tipo:

  • Bancari (mutuo o prestiti per acquisto locale o rifornimento merci) con possibile ipoteca sulla casa o sull’immobile dell’attività.
  • Finanziari e leasing (es. finanziamento per attrezzature) spesso garantiti da beni aziendali.
  • Fornitori (debiti verso grossisti, petrolio, energia, ecc.) e debiti commerciali.
  • Fiscali e previdenziali (tasse, IVA, contributi INPS non versati).
  • Privati (es. prestiti personali o fideiussioni prestate).
  • Condominiali o amministrativi (es. spese condominiali non pagate).

Nel caso di ditta individuale o società di persone senza limiti di responsabilità, il titolare risponde illimitatamente con tutto il proprio patrimonio personale. Se l’attività è cessata, i debiti rimangono a carico del debitore. È quindi indispensabile distinguere se rientra tra i soggetti “non fallibili” (e quindi ammesso agli strumenti di composizione negoziale) o se supera le soglie di fallibilità (e dovrebbe eventualmente ricorrere alle procedure concorsuali ordinarie). Concretamente, sono non fallibili (e quindi eleggibili per L.3/2012 e Codice crisi) i soggetti che nei tre esercizi precedenti non hanno: attivo patrimoniale > 300.000 €, ricavi > 200.000 €, debiti complessivi > 500.000 €. Tale categoria include gran parte dei piccoli imprenditori, artigiani, commercianti e professionisti. Se invece i limiti sono superati, il debitore dovrebbe valutare (eventualmente con un professionista) le procedure del codice civile come il concordato preventivo o la liquidazione giudiziale.

2. Il sovraindebitamento e gli organismi di composizione

Il sovraindebitamento è definito come la situazione in cui il debitore non riesce più a far fronte ai pagamenti né vendendo i propri beni. La legge italiana (oggi Codice della crisi, D.Lgs. 14/2019) prevede apposite procedure per «trovare soluzioni concrete per il debitore in difficoltà». Tali procedure vengono gestite dall’Organismo di Composizione della Crisi (OCC), un ente pubblico (di solito collegato alla Camera di Commercio) che assiste il debitore e propone un piano di risanamento condiviso con i creditori.

L’OCC verifica i requisiti di accesso (stato di sovraindebitamento effettivo, assenza di frodi/intenzionalità nel creare il debito, non superamento delle soglie di fallibilità) e nomina un Gestore della crisi che redige un rapporto di fattibilità e affianca il debitore nella predisposizione di un piano. È importante il requisito della meritevolezza: il debitore non deve aver causato il sovraindebitamento con dolo o condotte fraudolente, altrimenti potrà accedere solo alle soluzioni liquidatorie (e potrà avere problemi nell’ottenere l’esdebitazione finale).

2.1 Accesso alle procedure

Possono attivare le procedure di sovraindebitamento:

  • Consumatori (persone fisiche senza Partita IVA).
  • Professionisti e liberi professionisti (iscritti a albi).
  • Piccoli imprenditori e artigiani non fallibili (sotto soglia).
  • Soci illimitatamente responsabili di SNC/SAS che hanno lasciato da oltre un anno la società.
  • Imprenditori agricoli, start-up innovative, onlus e enti non commerciali, eredi di imprenditori falliti (debiti ereditari).
  • Membri della stessa famiglia possono congiuntamente accedere con un unico piano, se hanno debiti in comune.

Le procedure non sono limitate a chi è già gravato da pignoramenti: è consigliabile attivarle ai primi sintomi di difficoltà di pagamento (fatti salvi accordi bonari con creditori).

3. Procedure di composizione della crisi

Le principali procedure previste dalla legge sul sovraindebitamento (artt. 65-83 CCII) sono:

  • Liquidazione controllata del sovraindebitato (o liquidazione del patrimonio): è lo strumento residuale e “forzato”. Il debitore deposita un programma di liquidazione dei beni per soddisfare i creditori. Il patrimonio (casa, mobili, ecc.) viene venduto dal tribunale e il ricavato distribuito ai creditori. Se il patrimonio liquidato è modesto, il Tribunale consente di rateizzare la differenza con piani fino a 3 anni e alla fine concede l’esdebitazione del residuo non pagato. È accessibile anche se il piano del debitore non viene approvato; non richiede meritevolezza iniziale, ma quest’ultima sarà valutata al termine per concedere l’esdebitazione. In base al Decreto Correttivo 2023, l’OCC deve attestare che c’è attivo da liquidare, altrimenti la domanda è improcedibile.
  • Piano del consumatore (ricostituzione del debito): riguarda i soli debiti personali del consumatore/debitore e prevede la presentazione di un piano di ristrutturazione al giudice. Non richiede voto dei creditori: il Tribunale valuta la fattibilità del piano basato sulle reali risorse del debitore (reddito da lavoro, pensione, locazioni, ecc.). Il piano può prevedere dilazioni, riduzioni dei tassi o addirittura parziale stralcio, purché il debitore mantenga un tenore di vita dignitoso e onori una quota sostenibile. Durante l’istruttoria, il giudice sospende le esecuzioni forzate sui beni del debitore (es. pignoramenti della casa). Se omologato, è vincolante per tutti i creditori e può prevedere qualsiasi forma di pagamento (compresa la cessione di quote future come stipendio).
  • Concordato minore (accordo di composizione per imprese minori): riservato agli imprenditori e professionisti non fallibili. Il debitore propone un piano di ristrutturazione concordato (anche con continuità aziendale) sottoposto a votazione dei creditori. Serve il consenso di almeno il 50% dei crediti (percentuale ridotta rispetto al 60% dell’ex L.3/2012). In caso di omologa, si possono ristrutturare mutui, rinegoziare debiti e mantenere l’attività in corso, pagando i creditori secondo il piano. Da luglio 2024 il decreto correttivo ha introdotto un’inammissibilità se il debitore ha già avuto esdebitazione nei 5 anni precedenti.

Tutte queste procedure sono finalizzate in ultima istanza all’esdebitazione del debitore, cioè allo stralcio dei debiti residui che il piano o la liquidazione non coprono.

3.1 Esdebitazione

L’esdebitazione è il beneficio che estingue i debiti rimanenti dopo la procedura di liquidazione o accordo. Per ottenerla, il debitore deve dimostrare di aver seguito onestamente la procedura (meritevolezza) e di aver impiegato diligentemente le risorse disponibili. La Cassazione ha precisato che l’esdebitazione deve essere concessa se i requisiti di legge sono soddisfatti, a meno che i creditori non risultino totalmente insoddisfatti o abbiano ricevuto una quota del tutto irrisoria. Anzi, la Corte ha chiarito che, nel calcolo di tale quota, si devono considerare solo i crediti effettivamente ammessi in procedura, escludendo eventuali domande tardive non ancora esaminate.

Normativamente, nel caso di liquidazione del patrimonio la durata massima è di 3 anni: conclusa la liquidazione e le eventuali rateizzazioni, l’esdebitazione viene concessa automatica senza ulteriore domanda specifica, purché non vi siano comportamenti dolosi dell’imprenditore. La legge contempla anche l’esdebitazione del debitore incapiente, cioè senza attivo: in tal caso tutti i debiti non pagati vengono cancellati una volta esauriti i 3 anni di procedura, a patto di aver seguito correttamente le regole (non creare nuovi debiti in mala fede).

4. Strategie difensive nelle esecuzioni forzate

Durante il sovraindebitamento o anche prima, l’imprenditore può trovarsi sotto procedimenti esecutivi: pignoramenti di conto, stipendio o beni. Occorre conoscerne le regole di tutela del debitore.

  • Pignoramento presso terzi (stipendio o pensione): l’art. 545 c.p.c. prevede che solo una parte della retribuzione sia aggredibile: in linea generale non oltre 1/5 del netto mensile. In caso di più procedure, la somma complessiva trattenibile non può superare la metà del netto. Per debiti verso banche o fornitori si può trattenere fino al 20%; per cartelle esattoriali i limiti sono più bassi (1/10, 1/7 o 1/5 a seconda del reddito). La Corte Costituzionale ha confermato che questa limitazione garantisce già l’importo minimo vitale, non essendo necessario alcun ulteriore limite se non il 20%. Il debitore può impugnare un pignoramento illegittimo: ad esempio, se supera il tetto legale o tocca crediti impignorabili (ad es. assegni familiari). L’opposizione (art. 615 ss. e 548 c.p.c.) va proposta entro 20 giorni dall’atto illegittimo. Inoltre, avviando una procedura di sovraindebitamento il debitore può chiedere la sospensione di tutte le esecuzioni (come visto nel Piano del consumatore). Se il datore di lavoro ha già pignorato l’importo massimo e ci sono altri crediti concorrenti, la legge impone che non si superi il 50% complessivo del reddito. In ogni caso, la cessione del quinto già in atto riduce ulteriormente la quota pignorabile residua.
  • Pignoramento mobiliare (beni mobili dell’abitazione o dell’azienda): l’ufficiale giudiziario può pignorare beni nella disponibilità del debitore. Ma vi sono beni impignorabili per legge: ad esempio, abiti, letti e arredi indispensabili, cibo e combustibili per un mese di sostentamento, strumenti religiosi, medaglie al valore, e persino animali da affezione. Inoltre, gli strumenti indispensabili per la professione (macchinari, attrezzature) sono “relativamente impignorabili”: solo una parte del loro valore può essere aggredita, assicurando al debitore il minimo necessario per lavorare. Il debitore ha il diritto di indicare all’ufficiale giudiziario quali beni non pignorare. Se ciò non basta, può proporre opposizione agli atti esecutivi (art. 615-617 c.p.c.) entro 20 giorni per annullare il pignoramento illegittimo. È inoltre possibile esercitare la conversione del pignoramento (art. 495 c.p.c.): depositando una somma pari almeno a un quinto del debito (20%) e offrendo di pagare il resto a rate fino a 36 mesi, si blocca la vendita dei beni pignorati e si entra in un piano di rientro sotto controllo giudiziario. Di recente, è stato ridotto al 16,67% (un sesto) il minimo da depositare se il pignoramento riguarda immobili. Anche per i beni mobili esistono forme di opposizione di terzo (art. 619 c.p.c.) se tali beni appartengono ad altri, oltre alle ordinarie istanze di sospensione dell’esecuzione.
  • Pignoramento immobiliare (casa o fabbricati): la prassi richiede una precetto seguito dall’accesso del giudice dell’esecuzione per pignorare l’immobile. Anche qui il debitore può impugnare vizi (ad es. notifica mancata del decreto ingiuntivo) con opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.) o chiedere la conversione depositando il minimo del debito. Se l’immobile è abitazione principale del debitore, la morosità del mutuo può essere affrontata nel piano del consumatore: l’art. 67-bis c.c.i.i. prevede la possibilità, al termine del piano, di estinguere le rate scadute del mutuo se il debitore è stato puntuale. In alternativa, prima del sovraindebitamento, si può provare a ottenere dal giudice la sospensione cautelare (art. 624 c.p.c.), dimostrando un motivo di interesse pubblico (ad es. patologia grave) e offrendo garanzie. Occorre però ricordare che, in caso di vendita giudiziaria, se l’asta realizza meno del debito garantito dall’ipoteca, il residuo resta a carico del debitore.

In generale, il nostro ordinamento offre ampi strumenti di tutela del debitore nelle esecuzioni: cessioni del quinto già accordate, crediti alimentari, pensioni di invalidità, assegni familiari e altri sussidi (art. 545 c.p.c.) godono di particolare protezione. Inoltre, fino al 2015 rientravano nella categoria degli alimentari persino gli animali da affezione. La Corte Costituzionale ha confermato che il limite del quinto «garantisce comunque un reddito disponibile all’esistenza dignitosa» del debitore.

5. Tabelle riepilogative

5.1 Procedure di risoluzione dei debiti

ProceduraDestinatariContenutoEffetti principali
Liquidazione controllata (patrimonio)Debitor in sovraindebitamento non fallibile ; Imprese molto indebitateVendita forzata del patrimonio del debitore e ripartizione ricavo tra creditori.Pagamento rateizzato fino a 3 anni; esdebitazione residuo se solvibile.
Piano del consumatorePersone fisiche indebitate per usi personali (senza P.Iva) e piccoli professionisti (debiti personali)Il debitore propone un piano di pagamento sostenibile in base ai redditi futuri; non serve accordo creditori.Stop sospensione esecuzioni (casa protetta); se omologato, vincola tutti i creditori.
Concordato minoreImprenditori non fallibili con Partita IVA, piccoli artigiani, professionistiPiano di ristrutturazione concordato sottoposto al voto dei creditori; può includere continuità aziendale.Se ≥50% crediti favorevoli, omologa del concordato; può prevedere ristrutturazione mutui/finanziamenti.

5.2 Principali strumenti difensivi nell’esecuzione

SituazioneStrumento legaleDescrizione/Risultato
Pignoramento stipendio/pensioneLimite del 1/5 (art. 545, co.3 c.p.c.)Solo fino al 20% del netto mensile, garantisce il reddito vitale del debitore. Massimo complessivo 50% se pignoramenti multipli.
Opposizione esecuzione (art. 615 c.p.c.)Impugnazione atti esecutivi illegittimi entro 20 giorni (difetto di notifica, ecc.).
SovraindebitamentoAttivando un piano del consumatore si ottiene automaticamente la sospensione di ogni esecuzione sui beni del debitore.
Pignoramento mobiliare (casa/azienda)Beni impignorabili (art. 514 c.p.c.)Abiti, letti indispensabili, alimenti, animali domestici, ecc. Non possono essere pignorati.
Conversione esecuzione (art. 495 c.p.c.)Depositando 1/5 del debito (o 1/6 per immobili), si sospende la vendita e si paga il resto a rate.
Opposizione agli atti (art. 617 c.p.c.)Annullamento del pignoramento eseguito in modo irregolare (es. fuori dagli orari consentiti).
Pignoramento immobiliare (casa)Opposizione ingiunzione (art. 615 c.p.c.)Contestazione del titolo esecutivo (decreto ingiuntivo/condanna) per vizi formali sostanziali.
Conversione esecuzione (art. 495 c.p.c.)Depositando almeno 1/6 del debito per bloccare l’asta immobiliare e rateizzare il resto.
Piano del consumatoreConsente la moratoria fino a 2 anni sui mutui prima casa e, a fine piano, la possibilità di estinguere rate scadute.

6. Domande e risposte (FAQ)

  • D: Chi può avviare la procedura di sovraindebitamento?
    R: Possono accedervi i debitori non fallibili (cfr. supra), cioè in genere privati, piccoli imprenditori o professionisti che non superino i limiti di fatturato/attivo/debiti (vedi Soglie di fallibilità). Rientrano anche i soci responsabili di SNC/SAS fuoriusciti da oltre un anno, i debitori agricoli, le startup innovative e gli enti non profit senza scopo di lucro.
  • D: Cosa succede se supero i limiti di fallibilità?
    R: Allora non si può ricorrere al sovraindebitamento ma occorre valutare procedure concorsuali maggiori come il concordato preventivo (se è impresa) o, per i privati, l’adempimento esecutivo. In pratica, un imprenditore con fatturato o debiti molto alti deve considerare il fallimento o il concordato per aziende.
  • D: Quali debiti si possono trattare?
    R: L’insieme dei debiti verso banche, fornitori, finanziarie, agenzia delle entrate, INPS, condominio, privati, ecc. può rientrare nelle procedure di composizione. Sono escluse tipicamente le obbligazioni di mantenimento (alimenti al coniuge/figli) e le sanzioni penali. Anche le cessioni del quinto dello stipendio si includono e vengono sospese col piano.
  • D: Qual è la differenza principale fra piano del consumatore e concordato minore?
    R: Il piano del consumatore è riservato a chi agisce per scopi estranei all’attività d’impresa ed è esclusivamente unilaterale (non richiede voto dei creditori). Il concordato minore riguarda invece piccoli imprenditori con P.Iva: prevede l’accordo con i creditori che votano il piano, similmente al concordato preventivo aziendale.
  • D: Cosa significa meritevolezza del debitore?
    R: Il debitore deve aver agito con diligenza e onestà: non aver nascosto beni, frodato creditori o assunto obbligazioni con dolo. Se c’è colpa grave nella genesi del debito, l’accesso alle soluzioni negoziali resta, ma senza meritevolezza si otterrà solo la liquidazione controllata e sarà difficile ottenere l’esdebitazione finale.
  • D: Posso ricorrere al piano del consumatore pur avendo un mutuo per la casa?
    R: Sì. Anzi, il piano del consumatore può includere la moratoria fino a 2 anni sul pagamento delle rate (art. 67 CCII). Inoltre, se il piano viene rispettato, l’eventuale debito residuo sul mutuo (le rate scadute) può essere estinto al termine.
  • D: Come mi difendo da un pignoramento?
    R: In primo luogo è utile far analizzare l’atto da un legale: molte ipoteche o pignoramenti hanno vizi formali. Contro un decreto ingiuntivo o sentenza esecutiva irregolare si può fare opposizione (art. 615 c.p.c.). Durante il pignoramento, segnalate immediatamente all’ufficiale giudiziario i beni impignorabili. Se l’azione procede, si può proporre opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.) entro 20 giorni dalla notifica del pignoramento. Infine, il debitore può usare la conversione del pignoramento (art. 495 c.p.c.) versando una somma per bloccare la vendita e concordando pagamenti dilazionati. Ad esempio, se avete 10.000€ di debito pignorabile, versando almeno 2.000€ potete chiedere la conversione e pagare il resto a rate fino a 36 mesi.
  • D: E se il mio stipendio è già pignorato?
    R: Ricordate che al massimo il 20% del netto può essere trattenuto per debiti comuni. Se il pignoramento è oltre 1/5, è illegittimo. In presenza di più pignoramenti, la trattenuta complessiva non può superare la metà dello stipendio. Se avete errori (ad es. il datore di lavoro non ha rispettato i tetti di legge o non ha considerato precedenti trattenute), presentate opposizione. Inoltre, inserendovi in una procedura di sovraindebitamento, si blocca l’esecuzione e il pignoramento dello stipendio cessa.
  • D: Che fare se ho un immobile ipotecato?
    R: Prima di tutto valutate se procedere con un accordo stragiudiziale con la banca o presentare il piano del consumatore: il giudice può sospendere l’esecuzione sull’abitazione per tutta la durata del piano e, se il mutuo era garantito sulla prima casa, prevedere lo stralcio delle rate arretrate al termine. Se l’esecuzione (asta) è già avviata, esaminate la possibilità di conversione pagando un sesto del debito per fermare l’asta. Ricordate che, se la casa viene venduta all’asta per meno del debito residuo, rimarrete comunque responsabili del residuo “surplus” (salvo che il piano del consumatore non lo copra).

7. Esempio pratico

Simulazione: Mario Rossi, titolare di un negozio di generi alimentari ora chiuso, ha 100.000€ di debiti complessivi: 50k verso banca (mutuo prima casa), 30k verso fornitori, 20k verso finanziaria (prestito auto). Il suo reddito mensile è zero (attività chiusa) e possiede una casa di valore modesto. 
Mario considera la liquidazione del patrimonio: presenta al Tribunale un programma di liquidazione del patrimonio, offrendo di vendere l’auto e mobili per 15k e di pagare il resto in 3 anni. Il tribunale, giudicando accettabile il piano, procede a vendere l’auto e alcuni macchinari ottenendo 10k. Con questi e future rate (ca. 250€/mese), al termine dei 3 anni Mario copre quasi tutti i 15k disponibili; i restanti 85k residui vengono cancellati tramite esdebitazione, poiché Mario ha collaborato sinceramente. A questo punto ha un “nuovo inizio” libero dal peso dei debiti insostenibili.

Altra simulazione: Carla Bianchi, impiegata in cassa integrazione, deve 30k totali (mutuo prima casa 20k, prestito personale 10k). Avvia il piano del consumatore indicando che può pagare 100€/mese su 5 anni con il suo reddito futuro. Il Tribunale sospende l’ipoteca in atto sulla prima casa e approva il piano. Carla versa regolarmente 100€ per 60 mesi (6.000€ in totale). I creditori, pur non essendo integralmente pagati, accettano il piano perché equo. Al termine, grazie all’esdebitazione del consumatore, il debito residuo è dichiarato estinto. Carla mantiene l’abitazione e ricomincia con sereno.

Fonti

  • Normativa: Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019, art. 65 e ss. sui piani di risoluzione del sovraindebitamento). Legge 3/2012 (“anti suicidi”), art. 10-14. Codice Civile (artt. 494-545 c.p.c. su impignorabilità e pignoramenti; artt. 2555 e ss. cod. civ. per atti simili).
  • Giurisprudenza: Corte di Cassazione, ord. n. 15155/2024 (criteri di calcolo della soddisfazione dei creditori per l’esdebitazione). Corte Costituzionale n.248/2015 (compatibilità dell’art.545 c.p.c. con il minimo vitale).

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  • ✔️ Avvocato esperto in diritto della crisi per ex titolari di attività commerciali
  • ✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia
  • ✔️ Consulente legale per piccoli imprenditori, esercenti e commercianti

Conclusione

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