Qual È Il Termine Per Impugnare Gli Atti Tributari?

Hai ricevuto un atto dall’Agenzia delle Entrate e non sai entro quanto tempo puoi impugnarlo? Ti stai chiedendo se sei ancora in tempo per fare ricorso o se ormai è troppo tardi?

Nel sistema tributario italiano, conoscere con precisione il termine per impugnare un atto è fondamentale: una volta scaduto, l’atto diventa definitivo, anche se è sbagliato o illegittimo. Non basta avere ragione: bisogna agire nei tempi previsti dalla legge.

Qual è il termine ordinario per impugnare un atto tributario?
Il termine ordinario è di 60 giorni dalla notifica dell’atto, sia che si tratti di:
– Avviso di accertamento
– Avviso di liquidazione
– Cartella di pagamento
– Avviso di intimazione
– Provvedimento di rigetto (ad esempio su rimborso o autotutela)

Ci sono eccezioni?
Sì. Alcuni atti prevedono termini diversi, ad esempio:
30 giorni per impugnare il diniego o silenzio-rifiuto su istanze in materia catastale
90 giorni se hai ricevuto un invito al contraddittorio con sospensione del termine
Inoltre, nei mesi di agosto si applica la sospensione feriale dei termini dal 1° al 31 agosto.

Da quando decorrono i termini per fare ricorso?
I giorni iniziano a contare dal giorno successivo alla notifica dell’atto. Attenzione: non conta quando hai aperto la raccomandata, ma quando è stata consegnata o si è perfezionata secondo la legge.

Cosa succede se presenti il ricorso in ritardo?
Il ricorso sarà inammissibile. L’atto diventerà definitivo e non più contestabile, anche se è palesemente errato. Perderai ogni possibilità di difesa e dovrai pagare le somme richieste.

Cosa puoi fare per tutelarti?
– Controlla subito la data di notifica dell’atto
– Calcola con precisione i termini
– Agisci entro la scadenza con l’assistenza di un avvocato tributario
– Se i termini sono vicini alla scadenza, non aspettare: agisci subito

Hai ricevuto un atto tributario e temi che il termine stia per scadere?

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in contenzioso tributario – ti spiega quali sono i termini per impugnare gli atti fiscali, come calcolarli e cosa fare per non perdere il tuo diritto alla difesa.

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Introduzione

Nel processo tributario italiano il termine per impugnare un atto amministrativo impositivo o di riscossione (ad esempio un avviso di accertamento, un ruolo o una cartella esattoriale) è di norma di 60 giorni dalla notificazione dell’atto. Si tratta di un termine decadenziale, stabilito a pena di inammissibilità del ricorso. In pratica, il contribuente/debitore ha 60 giorni di tempo – a partire dalla data in cui l’atto gli è stato portato a conoscenza – per presentare ricorso davanti alla competente Corte/Commissione tributaria. Decorsi inutilmente questi 60 giorni, decade il diritto all’impugnazione e la pretesa tributaria diventa definitiva, consentendo all’ente impositore o all’agente della riscossione di procedere coattivamente al recupero del credito.

  • Normativa di base (Termine ordinario): L’art. 21 del D.Lgs. 546/1992 (oggi in parte sostituito dal “Codice del processo tributario” D.Lgs. 156/2015) dispone che “il ricorso deve essere proposto, a pena di inammissibilità, entro sessanta giorni dalla data di notificazione dell’atto impugnato”. Quest’unico comma definisce la regola generale valida per tutti gli atti impugnabili in via giudiziale presso il giudice tributario. In pratica, dal giorno in cui si considera perfezionata la notifica dell’atto (vedi infra) decorrono 60 giorni per proporre opposizione.
  • Cartella di pagamento e ruolo: La stessa norma precisa inoltre che la notifica della cartella esattoriale (il titolo di riscossione del debito tributario) si considera equivalente alla notifica del ruolo. In sostanza, se viene notificata una cartella di pagamento, il termine di 60 giorni decorre da quella data. Ciò significa che una volta ricevuta la cartella il contribuente/debitore ha 60 giorni per impugnarla (e quindi, indirettamente, anche l’accertamento o l’avviso che le è sotteso).
  • Natura del termine: Il termine di 60 giorni è perentorio e decadenziale. La sua inosservanza fa venir meno il diritto del contribuente a contestare l’atto nel merito. La giurisprudenza della Cassazione ha ribadito più volte che, a differenza della prescrizione, contro questo termine non è ammessa la remissione in termini (art. 184 c.p.c.): una volta scaduto il termine non è possibile “sanare” il ritardo. In altri termini, il contribuente in ritardo perde definitivamente le tutele ordinariamente offerte dalla giustizia tributaria, a meno che non rientri in qualche specifica fattispecie di tutela straordinaria o di definizione agevolata del debito (ad esempio ravvedimento operoso, adesione o saldo e stralcio).

Calcolo del termine di 60 giorni

Il calcolo dei 60 giorni decorre dalla notifica dell’atto tributario. È essenziale sapere quando si considera perfezionata la notifica. In generale vale la regola dell’art. 137 c.p.c.: nel procedimento tributario, la notifica può avvenire a mezzo posta (raccomandata) o tramite notificazione a mani proprie di un ufficiale (AdE o agenti di riscossione). In linea di massima, la notifica si considera perfetta (dies a quo) con:

  • la consegna dell’atto al contribuente (o suo delegato), o
  • il deposito nelle mani di persona autorizzata (es. famigliare convivente), o
  • il deposito nelle mani del direttore dell’ufficio postale, se dopo due tentativi l’ufficiale notificatore non trova il destinatario.

Dal giorno di perfezionamento della notifica decorrono i 60 giorni. In essi sono compresi anche i giorni festivi e i fine settimana (sabato domenica), tranne il mese di agosto, in cui vige la sospensione feriale (vedi oltre). Ad esempio, se un avviso di accertamento è notificato il 1° giugno, il termine scade il 30 luglio (60 giorni dopo).

Effetti del sabato, domenica e festivi: Se il termine finale cade di sabato o in un giorno festivo, l’effetto è in realtà positivo per il contribuente. Infatti il Codice di procedura civile (richiamato anche in via generale nel processo tributario) prevede l’automatica proroga al primo giorno lavorativo successivo. La Cassazione ha confermato espressamente che “nel processo tributario, il termine per la notificazione del ricorso, che scada nella giornata di sabato, è prorogato al primo giorno seguente non festivo” (art. 155 c.p.c. comma 5). Lo stesso avviene se l’ultimo giorno è domenica o festivo: il termine slitta al lunedì (o primo giorno utile).

Sospensione feriale (1‑31 agosto): Diversamente dall’estensione ordinaria dei termini civili, in ambito tributario si applica la sospensione feriale estiva disciplinata dalla Legge 17 dicembre 1969, n. 742. Tale legge stabilisce che dal 1° al 31 agosto di ogni anno i termini processuali (comprese le impugnazioni tributarie) sono sospesi di diritto. In pratica:

  • Se il periodo dei 60 giorni include il mese di agosto, i giorni dal 1 al 31 agosto non vengono calcolati. Ad esempio, se l’atto è notificato il 21 luglio, il 60° giorno cadrebbe in teoria il 19 settembre, ma poiché agosto è sospeso si aggiungono 31 giorni in più: il termine reale slitta al 20 ottobre. In sintesi, se un avviso viene notificato a fine luglio, il termine di impugnazione scade verso fine ottobre.
  • Se invece l’atto è notificato durante il periodo feriale (es. 10 agosto), il conteggio dei 60 giorni inizia dal 1° settembre e corre per intero. Ad esempio, notificando il 10 agosto, si avrà una scadenza al 9 ottobre (60 giorni dopo il 1° settembre).

In definitiva, ai fini pratici: il mese di agosto non conta nel computo dei 60 giorni. Questo ha un effetto favorevole per il contribuente perché allunga il tempo utile per ricorrere.

Schema riepilogativo (calcolo dei termini):

Notifica attoData di notificaTermine di impugnazione reale (considerando sospensione agosto e proroghe)
Caso ordinario (nessuna sospensione)es. 1 giu 202530 lug 2025 (60° giorno dopo)
Con periodo ferialees. 21 lug 202520 ott 2025 (60 gg + sospensione agosto)
Notifica a inizio agostoes. 2 ago 202530 ott 2025 (conteggio da 1° set.)
Scadenza di sabatoes. 13 set 2025 (60° giorno)14 set 2025 (termine prorogato al lunedì)

Come si vede, il 60° giorno (dies ad quem) deve essere interpretato alla luce delle norme sopra riportate. È buona prassi calcolare sempre con attenzione l’effettiva scadenza, includendo eventuali sospensioni e proroghe. In caso di dubbio si conviene sempre ricorrere entro il primo giorno utile successivo alla scadenza “apparente” per evitare decadenze.

Atti impugnabili e prelazione del termine

Non tutti gli atti del fisco si impugnano nello stesso modo e nei medesimi termini. L’art. 19 del D.Lgs. 546/1992 (oggi abrogato dal D.Lgs. 175/2024) elencava in passato tassativamente gli atti impositivi e di riscossione impugnabili davanti al giudice tributario (es. avviso di accertamento, ruolo, cartella, comunicazione di irregolarità, ecc.). Tuttavia la giurisprudenza ha chiarito da tempo che tale elencazione, pur tassativa nel testo, va interpretata estensivamente. In altre parole, sono impugnabili tutti gli atti adottati dall’ente impositore che, concretamente, esprimano una pretesa tributaria ben delimitata (coincidenti nell’oggetto e nella somma). Lo stesso principio è stato ribadito dalla Cassazione con l’ordinanza n. 27000/2024: “L’elencazione degli atti impugnabili contenuta nell’art. 19 … pur dovendosi considerare tassativa, va interpretata in senso estensivo … Ciò comporta la facoltà di ricorrere al giudice tributario avverso tutti gli atti adottati dall’ente impositore che, con l’esplicitazione delle ragioni fattuali e giuridiche, porti a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria.

In pratica, oltre agli atti espressamente nominati (avvisi di accertamento, liquidazioni, etc.), possono essere impugnati anche provvedimenti assimilabili a tali atti. Ad esempio:

  • Preavviso di iscrizione ipotecaria (per riscossione forzata): benché non previsto nell’elenco originario, è considerato di natura impositiva ed è impugnabile davanti al giudice tributario (comma 77 del D.P.R. 602/73). La Cassazione ha precisato che il mancato ricorso contro il preavviso non pregiudica la possibilità di ricorrere contro l’iscrizione ipotecaria stessa, ma volendo si può contestarlo anche primariamente.
  • Atti preparatori o comunicazioni preliminari: in generale, se un atto informale (“invito bonario”, lettera, avviso di preavviso, ecc.) reca una concreta pretesa e il contribuente ne viene messo a conoscenza in modo formale, può considerarsi atto impositivo e quindi impugnabile. Tuttavia, la Cassazione distingue gli inviti meramente consultivi (non impugnabili) dai provvedimenti “autorativi” che formalizzano la richiesta di tributi: questi ultimi creano un interesse del contribuente ad agire subito e possono essere impugnati come veri atti impositivi.

Riassunto sull’oggetto del ricorso: in linea generale, qualsiasi atto dell’Amministrazione finanziaria (o di enti locali, Agenzie fiscali, INPS per contributi, ecc.) che comporti una pretesa di pagamento definita e motivata può essere impugnato davanti al giudice tributario entro 60 giorni. Se l’atto ha natura di accertamento tributario o di titolo di riscossione, vale la regola generale. Per esempio:

  • Avviso di accertamento (d’imposta): va impugnato entro 60 giorni dalla notifica.
  • Avviso di liquidazione (ad es. TARI, IMU): impugnabile entro 60 giorni.
  • Cartella esattoriale / ruolo: impugnabile entro 60 giorni dalla notifica della cartella (che equivale alla notifica del ruolo).
  • Intimazione di pagamento, avviso di fermo amministrativo, sanzioni tributarie:** impugnabili entro 60 giorni (in quanto sono a loro volta atti di riscossione/accertamento).

TABELLA – Esempi di termini di impugnazione per alcuni atti

Atto tributarioTermine di impugnazioneNote/Osservazioni
Avviso di accertamento (IVA, Irpef, IRES, IMU, etc.)60 giorni dalla notifica dell’avvisoTermine sospeso in agosto; se scade sabato, slitta al lunedì.
Avviso di liquidazione di tributo locale (TARI, IMU, etc.)60 giorni dalla notificaIdem.
Iscrizione a ruolo / cartella di pagamento (riscossione)60 giorni dalla notifica della cartella (dell’avviso di pagamento)La notifica della cartella vale come notifica del ruolo.
Preavviso di iscrizione ipotecaria (DPR 602/73, art.77)60 giorni dalla notificaAtto impugnabile ex art.19. Manca di essere elencato, ma si considera atto impositivo.
D.Lgs. 472/1997 occhio:la sospensione del termine di 60 giorni (digiurisd.) di norma non si applica agli adempimenti agevolativi e conciliativi, salvo l’adesione entro 60 gg. Questo può slittare.È distinto dal ricorso in giudizio. Vedi oltre “Accertamento con adesione”.

Nota: Per i tributi previdenziali (INPS, INAIL), la competenza è del giudice del lavoro e non del giudice tributario: in tali casi i termini di impugnazione sono di regola 40 giorni (anziché 60) dall’avviso di pagamento, come stabilito dal D.Lgs. 46/1999 e dal Codice di procedura civile per l’esecuzione. La nostra esposizione si concentra sui tributi gestiti come “tributi” (fisco, enti locali, Agenzia delle Entrate). Per i contributi previdenziali (ruoli INPS/INAIL) valgono norme diverse (40/20 giorni a seconda del tipo di opposizione).

Procedure straordinarie e termini speciali

Accanto alla regola generale dei 60 giorni, esistono alcuni istituti che possono sospendere o prorogare il termine di impugnazione ordinario. I principali sono:

  • Accertamento con adesione (e procedure deflattive obbligatorie): Nel sistema tributario attuale, in molti casi (soprattutto per somme fino a 20.000 euro) è obbligatorio prima di ricorrere esperire procedure deflattive (reclamo-mediazione, conciliazione, accertamento con adesione). In particolare l’art. 17-bis del D.Lgs. 546/92 (introdotto dal D.Lgs. 156/2015) prevede che, se il contribuente chiede l’accertamento con adesione entro i 60 giorni, il ricorso non è procedibile fino al termine di 90 giorni in cui deve concludersi quella procedura. In pratica, ciò significa che la proposizione del ricorso rimane “in sospeso” per 90 giorni dall’istanza di adesione (termine entro cui l’Ufficio deve rispondere). Durante tale periodo il contribuente può concludere l’adesione; al termine del periodo di 90 giorni riprendono a decorrere i 60 giorni residui (comunque in tutto non si va oltre circa 150 giorni complessivi). Questa disciplina consente di non “perdere” il diritto di ricorrere se si è richiesto l’adesione tempestivamente.
  • Rifiuto tacito di istanze di rimborso o di autotutela: Se il contribuente aveva presentato istanza di rimborso, di sgravio o di autotutela e questa viene silenziosamente respinta (rifiuto tacito, ex art. 2, co.1, lett. e-bis) del D.Lgs. 546/92), può presentare ricorso entro 60 giorni dal termine del periodo (90 gg) in cui doveva rispondere. Lo stesso art. 21 comma 2 riconosce che il ricorso contro un rifiuto tacito “può essere proposto dopo il novantesimo giorno dalla domanda di restituzione (o di autotutela)”, purché la domanda sia stata presentata nei termini previsti e il diritto non sia prescritto. Anche in questo caso, tuttavia, il termine è rigido: scaduti 60 giorni dall’inizio del termine di 90 gg, l’azione si estingue definitivamente.
  • Istanza di mediazione/reclamo obbligatoria: Oggi, per controversie di valore ridotto, prima di ricorrere in giudizio è obbligatorio inviare un reclamo con proposta di conciliazione entro 60 giorni dalla notifica (o 60 giorni dall’inizio dell’attività di accertamento). Solo dopo l’esito (positivo o negativo) o il decorso di 90 giorni, il contribuente può proporre ricorso. In questo caso il termine per impugnare si può considerare “differito”: infatti il ricorso non è procedibile fino al ricevimento del provvedimento in merito o allo scadere del termine di 90 giorni. È però opportuno presentare il ricorso in tempo (entro il complessivo 90+60 giorni, o meglio al momento di decadenza) per non rischiare l’inammissibilità.

In sintesi, alcune procedure deflattive sospendono o prorogano il decorso dei 60 giorni (ad es. accertamento con adesione), mentre altre impongono vincoli processuali prima di ricorrere (ad es. reclamo-mediazione). Dal punto di vista del contribuente/debitore è importante valutare subito, nei 60 giorni, se convenga rivolgersi all’organo accertatore (istanza di autotutela o adesione) o procedere direttamente con il ricorso giudiziario. Qualora si scelga il ricorso immediato, la scadenza rimane ferma a 60 giorni, senza sospensioni ad es. feriali, dopo il deposito (poiché una volta notificato il ricorso quel termine è già consumato).

Effetti della decadenza e rimedi residuali

Chi trascura il termine di 60 giorni perde in via ordinaria la possibilità di far valere i propri diritti di fronte al giudice tributario. Ciò significa che l’atto impugnato diventa definitivo ed esecutivo: ad esempio, una cartella impugnata fuori termine diventa titolo esecutivo (pignoramento), e il contribuente potrà limitarsi solo a eccepire eventuali cause sopravvenute di estinzione del debito (es. prescrizione già maturata). In altri termini, l’unica via rimane la definizione agevolata del debito (ravvedimento, saldo e stralcio, rateazione, ecc.) o l’eventuale rimedio amministrativo (autotutela) se previsto dalla legge.

Divieto di rimessione in termini: La Corte di Cassazione è chiara nel precisare che nei ricorsi tributari la mancata impugnazione nel termine previsto determina una decadenza definitiva, senza applicabilità dell’art. 184 c.p.c. (rimessione in termini). Quindi, a differenza di altri procedimenti, non esistono rimedi giurisdizionali ordinari per rimediare al ritardo: se il contribuente non impugna entro 60 giorni, per lui è come se avesse rinunciato al ricorso in giudizio.

La giurisprudenza conferma questo orientamento: una volta spirati i 60 giorni, il contribuente è decaduto e non è ammessa rimessione in termini. L’unica “salvezza” possibile – ma non è vera rimessione – è rappresentata dalle eccezioni di merito che possono ancora essere sollevate in sede esecutiva (prescrizione sopravvenuta, per esempio) oppure dalla partecipazione a istituti di definizione agevolata che prevedono comunque un adempimento (pagamento di una sanzione ridotta) entro lo stesso termine. Ad esempio, l’art. 15 del D.Lgs. 218/1997 (tutela riservata) stabilisce che, pur con scadenze diverse, talvolta non è necessario impugnare in tempo certi atti se si adempiono (entro 60 giorni) agli obblighi tributari.

Eccezioni: Una sola eccezione applicabile anche ai termini decadenziali è la nul­lità di notifica dell’atto. Se il contribuente dimostra in appello o in Cassazione che l’atto non è mai stato validamente notificato, può pretendere che l’atto sia annullato senza aver rispettato il termine. In tal caso, al primo grado di giudizio si accerta la nullità della notifica e il processo riprende dall’inizio; la decadenza viene considerata non maturata. Inoltre, la Cassazione ha precisato che, se l’atto impositivo presupposto (ad es. preavviso di iscrizione ipotecaria) era nullo, il contribuente può regolare tardivamente la situazione impugnando l’atto successivo e deducendo l’inesistenza della notifica.

In ogni caso, dal punto di vista del contribuente/debitore è fondamentale non trascurare il termine di 60 giorni. È buona pratica consultare subito un legale non appena ricevuto l’atto, per decidere rapidamente la strategia difensiva (ricorso immediato, indagine delle cause, o adesione/aiuti previsti). Un errore di calcolo o un ritardo può rendere completamente inefficace il diritto alla giustizia tributaria.

Simulazioni pratiche

Per chiarire l’applicazione dei termini, si riportano alcuni esempi numerici e scenari pratici di calcolo:

  • Caso 1 – Cartella notificata il 15 luglio 2025: Il 60° giorno naturale cade il 13 settembre 2025. Tuttavia, il periodo feriale (1-31 agosto) è sospeso, per cui si aggiungono 31 giorni. La scadenza finale diventa il 14 ottobre 2025 (che però cade di martedì). Se, ad esempio, la scadenza fosse di sabato 12 ottobre, slitterebbe al lunedì 14 (art.155 c.p.c.). In definitiva il contribuente può ricorrere entro il 14 ottobre 2025.
  • Caso 2 – Avviso di accertamento notificato il 25 agosto 2025: Poiché rientra nel periodo feriale, il computo dei 60 giorni inizia effettivamente dal 1° settembre. Il 60° giorno è il 30 ottobre 2025. Non ci sono giorni festivi in mezzo, per cui la scadenza è il 30 ottobre (se cadrebbe sabato, slitta all’1° novembre).
  • Caso 3 – Termine scaduto di sabato: Supponiamo il termine naturale cadesse il sabato 9 novembre 2024. In base alla legge, esso viene prorogato di diritto al lunedì 11 novembre (dato che il 10 è domenica, il 11 è primo giorno feriale utile). Il contribuente può quindi depositare il ricorso entro l’11 novembre senza decadenza.
  • Caso 4 – Mediazione obbligatoria entro i 60 giorni: Se entro il 60° giorno il contribuente trasmette un reclamo con istanza di mediazione (entro il 60° giorno si interrompono comunque i termini per il ricorso), dovrà aspettare 90 giorni dal reclamo per proporre ricorso (salvo accordo prima). Esempio: atto notificato 1 luglio; reclamo inviato 30 luglio; il termine dei 60 giorni sarebbe scaduto il 29 agosto (sospeso), ma dato il reclamo il ricorso non è procedibile fino al 28 ottobre. Dopo tale data il ricorso potrà essere effettivamente notificato (sempre tenendo conto di agosto e weekend).

Questi esempi evidenziano come il computo termini debba sempre tenere conto delle regole civili e tributarie: festivi, sospensioni, proroghe e inizi di decorrenza effettiva. Per ciascun caso vanno contati i giorni uno per uno e, in caso di dubbio, meglio agire tempestivamente.

Domande e Risposte (FAQ)

  1. Domanda: Ho ricevuto un atto tributario (ad es. avviso di accertamento). Entro quando devo impugnarlo?
    Risposta: Entro 60 giorni dalla data di notifica dell’atto. Bisogna contare 60 giorni naturali, aggiungendo eventuali giorni di sospensione (ad es. Agosto) e facendo slittare al primo giorno lavorativo utile se il termine cade di sabato o festivo.
  2. Domanda: E se dimentico o perdo il termine dei 60 giorni?
    Risposta: Purtroppo la legge tributaria è chiara: 60 giorni s.caducano. Non è ammessa la “rimessione in termini” come nei processi civili. Ciò significa che dopo la scadenza l’atto diventa definitivo. L’unica possibilità di tutela residua è dimostrare (prima o durante la fase esecutiva) eventuali vizi procedurali (ad esempio nullità della notifica) o sfruttare strumenti extragiudiziali come ravvedimento, saldo e stralcio, definizione agevolata, rateizzazione, ecc., ammessi dalle norme. Non esistono sentenze che consentano di far valere il ricorso dopo il termine decadenziale se il termine è maturato regolarmente.
  3. Domanda: Ricevo un rifiuto tacito (silenzio dell’amministrazione) dopo avere chiesto un rimborso. Qual è il termine per ricorrere?
    Risposta: In caso di rifiuto tacito di istanza di rimborso/annullamento (ad es. impugnazione di un avviso, istanza di rimborso, ecc.), si applica una regola particolare: il contribuente può proporre il ricorso dopo 90 giorni dalla domanda, purché entro i termini di legge, e comunque entro i 60 giorni successivi alla scadenza di tali 90 giorni. In pratica, se fai l’istanza entro i 60 giorni, devi attendere il novantesimo giorno dall’istanza e poi hai 60 giorni da allora per ricorrere. Attenzione però: anche questo termine di “60 dopo 90” è perentorio.
  4. Domanda: Il mio atto è stato notificato il 30 luglio: scadrebbe il 28 settembre (60 gg), ma agosto è sospeso. Quando devo ricorrere?
    Risposta: Con sospensione feriale (1-31 agosto) il termine slitta. Il 60° giorno “effettivo” è il 28 settembre + 31 gg = 29 ottobre. Se cadesse di domenica, slitta al primo giorno feriale utile (ad es. lunedì 30 ottobre).
  5. Domanda: Se il 60° giorno cade di sabato, perdo il diritto se non ricorro entro venerdì?
    Risposta: No. Grazie all’art. 155 c.p.c., il termine si proroga al lunedì successivo. In altre parole, non vale morire di sabato: il giorno di sabato non conta come termine finale.
  6. Domanda: E se l’atto mi è stato notificato via PEC? Quando cominciano a decorrere i 60 giorni?
    Risposta: Anche la notifica via PEC è valida per il processo tributario (art. 14 D.Lgs. 546/92). La Cassazione ritiene che il decorso inizi dal giorno di ricezione (e quindi anche a mezzanotte del giorno di consegna nel server del destinatario). Valgono comunque le regole di computo viste sopra (festivi, agosto, ecc.). È utile stampare la ricevuta di consegna e calcolare da lì i termini effettivi.
  7. Domanda: Devo anche impugnare in primo grado la cartella se ho già impugnato l’avviso di accertamento?
    Risposta: No, la cartella è consequenziale all’avviso (il ruolo). Se l’avviso impugnato è già stato trattato in giudizio (e lì il termine era stato rispettato) non serve rifare il ricorso in sede di cartella. Tuttavia, se l’avviso non era stato impugnato e si riceve solo la cartella (per esempio con avviso immediatamente esecutivo), allora è come se inizi la prima volta la procedura: si impugna la cartella entro 60 giorni.
  8. Domanda: Qual è la differenza tra “termine perentorio” e “termine ordinatorio” nei processi tributari?
    Risposta: Il termine decadenziale (come i 60 giorni) è perentorio, cioè non prorogabile e non soggetto alla rimessione in termini. Un termine ordinatorio invece è quello (ad es. di comparizione o discussione) dettato dal giudice durante il procedimento: se viene meno, può comportare una decadenza ma in quel caso è possibile chiedere rimessione ex art. 153 c.p.c. (nel giudizio tributario v. art. 82/2 D.Lgs. 546/92). Per i 60 giorni vale il principio rigido della decadenza.
  9. Domanda: È possibile impugnare via PEC fuori termine?
    Risposta: No. La via telematica non ammette “ricorsi tardivi”. Anche in questo caso la data di invio PEC (o di deposito nel portale SIGIT) deve rientrare nei 60 giorni calcolati in base alle regole ordinarie.
  10. Domanda: Cosa fare se, nonostante tutto, rischio di non riuscire a rispettare i 60 giorni?
    Risposta: In caso di difficoltà oggettive, l’unico strumento è eventualmente chiedere all’Amministrazione finanziaria l’autotutela o l’annullamento d’ufficio dell’atto. Tuttavia, tale istanza non sospende automaticamente il termine di 60 giorni: il contribuente deve comunque impugnare entro 60 giorni, eccependo in giudizio il vizio formale (ad es. mancata notifica) e chiedendo il riesame (ad es. attraverso l’ottemperanza alla sentenza). In ogni caso, alla scadenza dei 60 giorni è bene assumere una decisione: anche un ricorso “minimo” entro termine, se pur generico, consente di fissare i propri termini di tutela in giudizio; diversamente, si resta esposti alla decadenza.

Tabelle riepilogative

1. Termini di impugnazione per genere di atto (Corte tributaria di primo grado):

Tipo di atto tributarioTermine ordinarioNote/proroghe
Avviso di accertamento (imposte sui redditi, IVA, IRAP)60 giorni dalla notificaSospeso 1-31 agosto; termine prorogato se cade di sabato/festivo.
Avviso di liquidazione (IMU, TARI, etc.)60 giorni dalla notificaCome sopra.
Cartella esattoriale (ruolo)60 giorni dalla notificaLa notifica della cartella vale anche come notifica del ruolo; medesime sospensioni di cui sopra.
Provvedimento di fermo/amministrativo (per tributi)60 giorni dalla notificaCome sopra.
Preavviso di iscrizione ipotecaria (art.77 DPR 602/73)60 giorni dalla notificaAtto impugnabile a norma dell’art.19; se non impugnato, poi sarà possibile contestare l’iscrizione vera e propria.
Atti preparatori con pretesa impositiva (ad es. sollecito)60 giorni dalla notificaSe manifestano già un’incontestata pretesa di pagamento, vanno considerati atti impositivi impugnabili (Giurisprudenza costante).

2. Tempi di impugnazione in sede giurisdizionale (es. appello e cassazione):

Grado di giudizioTermine d’impugnazioneRiferimenti normativi
Corte Tributaria (CTP/CGT di 1° grado)60 giorni dalla notifica dell’atto impositivo (attivo) o dalla pubblicazione della sentenzaArt. 21, D.Lgs. 546/92; D.Lgs. 156/2015 art. 23 (costituzione resistente).
Corte d’Appello (CTR/CGT di 2° grado)60 giorni dalla notificazione della sentenza di 1° grado (o 6 mesi dalla pubblicazione ex art. 326 c.p.c.)Art. 52, D.Lgs. 546/92; art. 51 D.Lgs. 156/2015. (identico termine di 60 gg).
Corte di Cassazione (sez. trib.)6 mesi dalla data della sentenza della CTR (o 60 giorni se ricorso limitato a motivi di legittimità)Art. 55 e segg. D.Lgs. 546/92 (ora D.Lgs. 156/2015 art. 62 e segg.).

Nota: Gli ultimi due punti (appello, cassazione) riguardano impugnazioni di sentenze tributarie. Sebbene il quesito fosse focalizzato sugli “atti tributari”, è utile ricordare che anche le decisioni dei giudici di primo grado sono impugnabili entro 60 giorni.

Conclusioni

Il termine di 60 giorni per impugnare gli atti tributari costituisce un vincolo rigido e inderogabile per il contribuente/debitore. È il tempo stabilito dalla legge entro il quale esercitare il diritto di difesa in giudizio; la sua conoscenza e corretta applicazione è cruciale per non perdere i propri diritti. Come abbiamo visto, il conteggio di tali giorni segue regole precise (festivi, Agosto, ecc.) e la mancata osservanza comporta la perdita definitiva della tutela giurisdizionale. L’orientamento giurisprudenziale più recente ribadisce inoltre che l’elenco degli atti impugnabili va interpretato ampiamente, garantendo comunque al contribuente la possibilità di contestare qualsiasi formale pretesa tributaria.

In concreto, per il debitore è fondamentale agire con prontezza: calcolare subito la scadenza al momento della notificazione e, se del caso, preparare tempestivamente il ricorso (o le pratiche pre-giudiziali opportune). Non vi è possibilità di proroga “automatica” oltre i termini di legge, né sospensione del termine a causa di oggettive difficoltà: il termine di 60 giorni (considerando le regole viste) scade fatalmente. Ciò non toglie che, nei confronti di atti palesemente illegittimi, il contribuente possa cercare rimedi alternativi (es. annullamento d’ufficio, definizioni agevolate, opposizioni esecutive, ecc.), ma in assenza di questi l’opposizione giudiziaria entro 60 giorni resta l’unica via ordinaria per far valere le proprie ragioni.

Infine, è importante sottolineare che nel processo tributario italiano la tutela giurisdizionale è orientata a tutelare il contribuente: in conformità ai principi costituzionali, il legislatore ha previsto termini certi per ricorrere, e le corti applicano rigorosamente le regole di forma, ma riconoscono ampiezza di tutela ai soggetti passivi (anche interpretando estensivamente le norme sugli atti impugnabili). Un consulente legale esperto saprà guidare il debitore nell’individuare l’atto da impugnare e nel rispettare i termini, al fine di non vanificare il diritto di difesa riconosciuto dall’ordinamento.


Fonti normative e giurisprudenziali: Le informazioni riportate derivano da fonti normative italiane (in particolare l’art. 21 D.Lgs. 31/12/1992, n. 546 – nel testo aggiornato – e segg., integrato dal Codice del processo tributario D.Lgs. 156/2015) e dalla prassi giurisprudenziale più recente (Corte di Cassazione, ordinanze nn. 740/2024, 27000/2024, etc. citate da fonti specialistiche). Si rimanda inoltre alla Legge 742/1969 per la sospensione estiva dei termini e al Codice di Procedura Civile (art. 155 c.p.c.) per le proroghe di giorni festivi. Per approfondimenti si consultino i testi normativi e le massime citate, nonché la consolidata dottrina del diritto tributario italiano.

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Conclusione

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