Impiegato Con Debiti: Cosa Fare E Come Difendersi

Se sei un impiegato con debiti e ogni mese il tuo stipendio sembra non bastare mai tra rate, bollette, mutuo, prestiti e spese quotidiane, non sei l’unico. Ma attenzione: quando la situazione sfugge di mano, i creditori non aspettano. Pignoramenti, segnalazioni, cartelle esattoriali sono dietro l’angolo. Per fortuna, la legge ti offre strumenti concreti per difenderti legalmente e ripartire.

Quali sono i debiti più comuni per un impiegato?
Prestiti personali, cessioni del quinto o carte revolving
Mutuo casa con rate non più sostenibili
Arretrati con l’Agenzia delle Entrate o INPS
Bollette non pagate, canoni d’affitto o spese condominiali
Spese impreviste che hanno creato nuovi scoperti o finanziamenti

Cosa rischi se non intervieni in tempo?
Pignoramento dello stipendio, anche se già ridotto da cessione del quinto
Blocco del conto corrente, che ti impedisce di gestire le spese familiari
Segnalazione come cattivo pagatore nelle banche dati (CRIF, Centrale Rischi)
Azione legale da parte dei creditori con costi aggiuntivi
Stress continuo e paura di non farcela, che incide sulla vita privata e lavorativa

Cosa puoi fare per difenderti legalmente?
La legge prevede uno strumento dedicato a chi, come te, è un lavoratore dipendente in difficoltà economica: si chiama procedura di sovraindebitamento. È pensata per chi è in buona fede ma non riesce più a pagare tutto. Con questa procedura puoi:
Sospendere pignoramenti e recuperi forzati
Ristrutturare il tuo debito in base al tuo stipendio reale
Chiedere la cancellazione dei debiti che non puoi più pagare

Quali sono le soluzioni concrete?
Piano del consumatore, per impiegati con reddito fisso e creditori non privilegiati
Liquidazione controllata, se hai qualche bene da vendere per liberarti dei debiti
Esdebitazione dell’incapiente, se non hai beni, risorse o possibilità di pagare

Cosa NON devi fare?
– Accendere altri prestiti per tappare buchi vecchi
– Firmare fideiussioni o cambiali per familiari o amici
– Ignorare cartelle, solleciti o decreti ingiuntivi
– Rassegnarti pensando “ormai non c’è più nulla da fare”

Anche se sei un impiegato, puoi difenderti legalmente dai debiti e riprendere in mano la tua vita.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in sovraindebitamento e tutela del debitore – ti spiega come proteggere lo stipendio, fermare i pignoramenti e costruire un piano sostenibile per uscire dalla crisi.

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Introduzione

Chi lavora come impiegato può trovarsi a dover fronteggiare situazioni di sovraindebitamento in cui i suoi redditi da lavoro non bastano a pagare tutti i creditori. In questi casi è fondamentale conoscere i propri diritti e gli strumenti di tutela previsti dalla legge italiana. Questa guida – rivolta ad avvocati, privati e imprenditori – analizza le principali tipologie di debito, le regole sul pignoramento dello stipendio, le procedure concorsuali (piano del consumatore, liquidazione controllata, accordo di composizione della crisi, ecc.) e le strategie concrete per difendersi. Si utilizza un linguaggio tecnico-giuridico ma divulgativo, con numerosi riferimenti normativi e giurisprudenziali aggiornati a luglio 2025. Al termine trovate tutte le fonti citate.

Tipologie di debito

Un lavoratore dipendente può contrarre diversi tipi di debiti: mutui sulla prima casa, prestiti personali, carte di credito, finanziamenti (anche con cessione del quinto), debiti fiscali (tasse, multe), debiti condominiali, debiti verso privati (ad es. prestiti tra familiari), ecc. In linea generale tutti i debiti contratti al di fuori dell’esercizio di un’attività imprenditoriale rientrano tra i possibili crediti soddisfatti nelle procedure di composizione della crisi (c.d. sovraindebitamento), fatte salve alcune eccezioni particolari. Ad esempio, i crediti alimentari non pagati a coniugi o figli (assegni di mantenimento) non possono essere oggetto di esdebitazione in queste procedure. In altre parole, un obbligo di alimenti rimane fuori dal “pacchetto” di debiti che si possono risanare con il piano del consumatore o accordi similari.

Particolare attenzione va data ai finanziamenti con cessione del quinto dello stipendio (prestiti in cui il rimborso è direttamente trattenuto in busta paga). Secondo interpretazioni ormai consolidate, tali finanziamenti sono equiparati ad ogni altro debito bancario e potenzialmente possono essere inclusi nelle procedure di sovraindebitamento. Di fatto, se si avvia un piano del consumatore o un’altra procedura concorsuale, le trattenute in corso sullo stipendio per la cessione del quinto vengono sospese, e la restituzione sarà trattata insieme agli altri debiti. In pratica, il debitore sovraindebitato può chiedere di cancellare o ristrutturare anche questo debito, in base alla proposta approvata dal tribunale.

Altri debiti significativi per un impiegato possono essere i debiti fiscali e previdenziali (IRPEF, contributi INPS, cartelle esattoriali). Recenti novità legislative agevolano anche questa categoria: con il Decreto “Crisi e Rilancio” (L. 27/2025) si è estesa la possibilità di rateizzare debiti tributari fino a 144 mesi e di ricorrere a transazioni fiscali anche per importi inferiori a 100.000 €, facilitando quindi l’inclusione dei debiti con fisco e INPS nei piani di rientro.

Infine, è utile ricordare che il Fallimento (procedura per imprese insolventi) non si applica alle persone fisiche non imprenditori. Le procedure di composizione della crisi (Legge 3/2012, ora in larga parte assorbita nel Codice della Crisi d’Impresa – D.lgs. 14/2019) sono riservate ai soggetti non fallibili, ossia ad esempio consumatori (dipendenti, pensionati, lavoratori autonomi senza imprese). Anche i piccoli imprenditori e professionisti sotto certe soglie di fatturato possono accedervi, ma questo esula dallo specifico caso dell’impiegato.

Diritti del debitore: pignorabilità dello stipendio e protezioni

Quando un creditore ottiene un titolo esecutivo (ad es. un decreto ingiuntivo divenuto definitivo o una sentenza di condanna), può procedere al pignoramento dello stipendio del debitore tramite il datore di lavoro (esecuzione presso terzi). Tuttavia l’ordinamento tutela il reddito minimo del lavoratore. In particolare, l’art. 545 c.p.c. fissa i limiti al pignoramento di somme percepite come stipendio o salario. Attualmente la quota massima dello stipendio che si può sequestrare è pari a un quinto (20%) del netto mensile. Ciò vale sia per i crediti tributari (es. cartelle Equitalia) sia per ogni altro debito civile. In pratica il creditore non può farsi trattenere più di un quinto di quanto il debitore riceve in busta paga.

Esistono alcune eccezioni. Qualora nel pignoramento concorrano crediti alimentari (ad es. un assegno di mantenimento per figli o ex coniuge), l’art. 545 dispone che – ferma restando la quota dell’1/5 per i crediti “normali” – il giudice può autorizzare la trattenuta anche oltre in base alle esigenze del creditori alimentare stesso. In pratica, se un creditore chiede alimenti non pagati, il tribunale può fissare la quota da prendere dallo stipendio per soddisfarli. Nel concorso tra crediti diversi, la legge stabilisce che in presenza di crediti alimentari l’esproprio non può colpire in totale più della metà dello stipendio (50%), mentre in assenza di crediti alimentari il limite complessivo resta 1/5.

Tutti gli altri strumenti di esecuzione (conservativi, pignoramenti presso terzi, ipoteche giudiziali, ecc.) si applicano indipendentemente al procedimento di esecuzione sullo stipendio. È utile però ricordare che per il conto corrente esistono regole analoghe: ad esempio l’art. 72-ter del DPR 602/1973 prevede una gradualità (dal 10% al 20%) in base alla dimensione dell’importo accreditato. In ogni caso, lo stipendio gode sempre di una tutela legale significativa.

Quali beni e crediti restano impignorabili

Oltre allo stipendio, la legge assicura l’impignorabilità di alcuni beni essenziali. Ad esempio sono del tutto impignorabili: il mobilio e l’arredo indispensabile per uso familiare (sedie, letti, frigorifero, biancheria di casa, ecc.), gli indumenti di uso personale, gli strumenti di lavoro essenziali (fino a un determinato valore) e il TFR non ancora maturato. Sul TFR al momento del pignoramento dello stipendio si applica lo stesso limite del 1/5. Anche alcuni assegni sociali o di invalidità sono in parte protetti: ad esempio la normativa più recente impone che delle pensioni e degli assegni sociali non si possa toccare la somma pari a due volte l’importo dell’assegno sociale (circa €1.068,82 nel 2024), e successivamente sul residuo resta comunque la soglia del 20%.

Un debitore impiegato dovrebbe annotare tutto ciò perché, quando riceve intimazioni di pignoramento, può controllare se le somme bloccate rispettano i limiti di legge. Se un credito venisse trattenuto in misura superiore, occorre rivolgersi subito ad un legale per opporre istanza di riduzione del pignoramento o sospendere l’esecuzione. In ogni caso il dipendente conserva il diritto di percepire almeno l’80% del netto mensile al lordo delle ritenute, e in molti casi un po’ di più (in presenza di alimenti).

Sovraindebitamento: definizione e accesso alle procedure

Quando i debiti di un individuo superano le sue capacità di pagamento, si configura lo stato di sovraindebitamento. La Legge 3/2012, integrata e in parte codificata nel D.lgs. 14/2019 (Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, CCII), prevede strumenti specifici per consentire ai debitori “non fallibili” – come i consumatori (es. impiegati, pensionati, piccoli professionisti) – di ristrutturare o cancellare i propri debiti. Tra questi strumenti principali vi sono il piano del consumatore, l’accordo di composizione della crisi (ex concordato “minore”) e la liquidazione controllata del patrimonio (c.d. liquidazione del sovraindebitato).

In sintesi:

  • Piano del consumatore (ristrutturazione dei debiti): è dedicato alle persone fisiche privati con reddito fisso (dipendenti, pensionati) o redditi certi. Il debitore assistito da un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) presenta un piano di rientro dei debiti sostenibile rispetto ai propri redditi mensili. Se il tribunale lo omologa, il debitore paga le quote concordate; una volta completato il piano, ottiene l’esdebitazione, ovvero la cancellazione del residuo dei debiti inclusi nel piano. Questo strumento può liberare il debitore anche dal peso delle rate in corso come la cessione del quinto, purché vengano inserite nel piano. I debiti compresi nel piano includono prestiti bancari, carte di credito, mutui (purché garantiti), bollette, spese condominiali, debiti con fornitori o con il fisco, ecc. L’unico vincolo principale è che non siano debiti contratti per attività imprenditoriale; inoltre i crediti alimentari non possono essere stralciati (come detto).
  • Accordo di composizione della crisi (concordato minore): è riservato agli imprenditori o professionisti con partita IVA e alle imprese non fallibili. Prevede un piano di ristrutturazione sottoscritto con i creditori (almeno 50% in valore) che diventa vincolante se omologato dal tribunale. A differenza del piano del consumatore, qui conta anche il voto dei creditori nell’approvazione. L’imprenditore può proporre la continuità dell’attività. Anche in questo caso, chi porta a termine l’accordo può ottenere l’esdebitazione. Sul tema del pignoramento, giova ricordare che se l’accordo si conclude già nella fase di ammissione come “inammissibile” (ossia non validata al merito), tale decisione non fa stato come sentenza definitiva e non è appellabile in Cassazione, mentre viceversa il decreto di omologa finale sì.
  • Liquidazione controllata del sovraindebitato (liquidazione del patrimonio): è la procedura più gravosa, attivata quando non sussistano le condizioni per un piano sostenibile o per ristrutturazioni alternative. Il debitore chiede al tribunale di far liquidare tutti i suoi beni (presenti e futuri) da un curatore/liquidatore. In passato era chiamata “liquidazione del patrimonio” (Legge 3/2012, art. 14-undecies) e prevedeva che anche i beni sopravvenuti nei primi 4 anni fossero acquisiti. Col nuovo Codice della Crisi questa procedura assume nome “liquidazione controllata” (art. 268 ss. CCII). Il principio è che tutti i beni del debitore, compresi i redditi futuri, servano a soddisfare i creditori. In pratica anche una parte dello stipendio del lavoratore – oltre agli altri redditi – può essere incamerata dal curatore. Recentemente la Corte Costituzionale (sent. n. 6/2024) ha confermato la costituzionalità del sistema vigente, stabilendo implicitamente che non è necessario porre limiti più stringenti rispetto ai 3 anni già previsti dall’art. 282 CCII. In altri termini, il liquidatore può trattenere una parte del reddito del sovraindebitato per tutto il periodo in cui la procedura è aperta, e comunque il debitore ottiene la cancellazione automatica dei debiti non pagati al massimo dopo 3 anni (art. 282 CCII). Questo evidenzia che la liquidazione controllata grava fortemente su chi non ha altri beni: l’impiegato coinvolto perderebbe per anni la quota dello stipendio stabilita dal piano (fino al 20% del netto) che potrebbe far valere, ma al contempo si libera alla fine di tutti i debiti residui. Per questo motivo il ricorso a questa procedura andrebbe valutato solo in casi estremi.

Va notato che negli ultimi anni il quadro normativo è stato innovato: dal 1° marzo 2025 è operativa la nuova procedura unica semplificata per imprese familiari e professionisti (percorso digitale Camera di Commercio), che semplifica l’accesso alla composizione della crisi. Inoltre il recente D.lgs. 13/2025 (decreto correttivo al CCII) ha introdotto l’art. 283-bis, che consente ai soggetti “insolventi senza colpa” e privi di beni di ottenere più rapidamente un’esdebitazione “una tantum”. Queste novità rendono più agile il ricorso alle procedure per i debitori con poche prospettive di rientro.

Cosa fare in concreto: strategie e passi operativi

  1. Verifica immediata della situazione economica. Al primo avviso di sollecito di pagamento, all’intimazione di un precetto o al pignoramento, l’impiegato dovrebbe raccogliere tutta la documentazione dei debiti (contratti, estratti conto, comunicazioni formali dei creditori, ecc.). È utile calcolare il proprio reddito netto mensile e gli impegni fissi (affitti, utenze, cessioni del quinto già in corso) per capire quanto è realmente disponibile per i creditori.
  2. Difesa dall’ingiunzione di pagamento. Se è stato notificato un decreto ingiuntivo (ingiunzione di pagamento), si può valutare subito l’opposizione (entro 40 giorni) per contestare il credito. Potrebbe trattarsi di un debito già estinto o non dovuto, oppure si può ottenere tempo. In ogni caso presentare opposizione sospende il procedimento esecutivo fino alla decisione del giudice. È una delle prime difese legali da valutare con un avvocato.
  3. Limitare il pignoramento. Se invece il giudizio è già chiuso in sede esecutiva, occorre verificare che il pignoramento sia regolare. Il datore di lavoro (o la banca se lo stipendio è versato su conto) deve essere correttamente notificato e applicare le percentuali di legge. Il debitore può presentare istanze al giudice dell’esecuzione per far riconoscere eventuali pignoramenti abusivi (ad esempio se si cerca di sequestrare più del 20% dello stipendio, o se sono state ignorate quote impignorabili di legge). In tali contenziosi, il giudice può ridurre la quota pignorata o ordinare la restituzione delle somme prelevate in eccesso.
  4. Richiesta di sospensione delle esecuzioni. Una volta valutato il quadro debitorio, il debitore può rivolgersi a un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) per avviare una procedura formale (piano, accordo, liquidazione). Con la presentazione al tribunale (tramite l’OCC) della domanda di accesso a una procedura di sovraindebitamento, di norma tutte le azioni esecutive in corso vengono sospese. In base all’art. 10 L. 3/2012 (e confermato dal Codice della Crisi, art. 54 e 78), dal decreto di apertura della procedura fino al decreto di omologa definitivo non possono essere iniziate o proseguite esecuzioni individuali né sequestri conservativi sul patrimonio del debitore. Questa sospensione è assoluta: riguarda sia i pignoramenti già pendenti (compresi sequestri su conto corrente e ipoteche su immobili) sia quelli non ancora iniziati. (Nota: con l’entrata in vigore del Codice della Crisi, la sospensione vale anche per i titolari di crediti impignorabili, mentre la vecchia legge salvaguardava i crediti alimentari.) In pratica, facendo domanda, l’impiegato “congela” le azioni dei creditori, evitando che perdite aggiuntive aggravino il debito.
  5. Predisporre il piano o l’accordo. Sotto la guida dell’OCC (professionalmente iscritto nel registro presso il tribunale), si valuta quale strumento scegliere. Per un impiegato il piano del consumatore è spesso il più indicato: il debitore organizza un prospetto di pagamenti rateali compatibili con il proprio stipendio, indicando quali crediti vuole soddisfare e in quanti anni. L’OCC verifica la fattibilità e, se conforme alla legge (reddito sufficiente per il piano, assenza di frodi, requisiti soggettivi ok), deposita la proposta in tribunale. Il piano deve dimostrare la convenienza per i creditori: di solito i creditori riceveranno qualche rateizzazione, ma potranno contare sull’esdebitazione del residuo non pagato. Il contenuto minimo del piano prevede: elenco dei creditori con i rispettivi crediti (bancari, carte, fornitori, ecc.), l’ammontare totale dovuto, la parte offerta in pagamento (anche se minima), il calendario delle rate mensili, e una proposta per gestire eventuali beni (se presenti). È possibile prevedere anche una dilazione pluriannuale per i crediti con privilegio (ipoteche) anche oltre un anno, purché la proposta venga votata dai creditori interessati alla dilazione. La recente Cass. 34150/2024 ha infatti stabilito che nel piano del consumatore può essere prevista una “moratoria” oltre un anno per i crediti ipotecari, a condizione che i creditori possano esprimersi sulla convenienza del piano.
  6. Omologazione del piano e adempimenti. Se il tribunale (in composizione collegiale) approva il piano, il debitore comincia a pagare secondo quanto stabilito. Finito di pagare le rate concordate, si ottiene il decreto di esdebitazione di diritto (art. 282 CCII) che cancella le rimanenze dei debiti inclusi nel piano. In pratica il debitore esce dalla procedura pulito da quei debiti.
  7. Liquidazione controllata o composizione del credito residuo. Se il piano non è fattibile (ad es. reddito insufficiente) o non incontra il favore del tribunale, si può valutare la liquidazione controllata. In questo caso il lavoratore chiede l’alienazione di ogni bene (compresi redditi per più anni) da parte del liquidatore giudiziale. Gli stipendi futuri diventano “beni” da liquidare, come confermato recentemente dalla giurisprudenza (fino ai 3 anni previsti dall’art. 282 CCII). Terminata la liquidazione, il debitore ottiene comunque l’esdebitazione di diritto (statuto 3 anni). Tuttavia, come detto, questa è una soluzione estrema perché, sebbene permetta di ripartire da zero, comporta che per tutto il periodo di procedura il debitore abbia a disposizione solo l’eventuale residuo non pignorato per la propria sopravvivenza.
  8. Conciliazione e rinegoziazione privata. Prima o accanto a questi strumenti giudiziali, l’impiegato può cercare soluzioni amichevoli: proporre piani di rientro autonomi ai creditori (patti di rateizzazione, saldo e stralcio del debito, ecc.), o sfruttare servizi di conciliazione del debito come la mediazione civile. Queste vie possono evitare tempi e costi del tribunale, ma in caso di esecuzioni già avviate hanno efficacia limitata (i creditori potrebbero non accettare e proseguire con il pignoramento). In ogni caso è consigliabile documentare per iscritto ogni proposta e comunicare ufficialmente ai creditori la propria situazione di indisponibilità al pagamento pieno.
  9. Costanza e precedenza. L’ultima strategia è essere proattivi: avviare subito una procedura di composizione è sempre preferibile a subire passivamente le esecuzioni. Nei tribunali italiani, in fase di crisi da sovraindebitamento, si dà il via prioritariamente alle domande che propongono soluzioni alternative all’espropriazione (piani e accordi) rispetto alla liquidazione coatta. In altre parole, se ci si avvale per tempo delle procedure, si è nelle condizioni di proporre un piano sostenibile prima che i creditori “brucino” il patrimonio mediante espropri. Questo aspetto è ribadito dal correttivo D.lgs. 136/2024: il tribunale esamina per primo la domanda che mira a soluzioni diverse dalla liquidazione, a patto che il piano non sia manifestamente inadeguato e contenga gli elementi di convenienza per i creditori.

Tabelle riepilogative

Strumento di risanamentoDestinatariDebiti ammessiEffetti principaliNormativa
Piano del consumatore (ristrutturazione dei debiti del consumatore)Persone fisiche senza partita IVA (dipendenti, pensionati, autonomi senza impresa) con reddito fissoDebiti personali di ogni tipo (mutui, prestiti, carte, utenze, condominio, tasse, ecc.); non comprensivi di crediti alimentari insolutiIl debitore propone piani di pagamento rateali sostenibili; il tribunale omologa il piano (se conforme). Al termine si ottiene l’esdebitazione dei residui non pagati. Sospende le esecuzioni in corsoL. 3/2012 (art. 7-9) integrata nel D.lgs. 14/2019 (artt. 65-70)
Accordo di composizione / Concordato minoreImprenditori individuali, professionisti, imprese familiari (soggetti non fallibili sotto soglie di fatturato/debiti)Tutti i debiti (compresi bancari, fiscali, previdenziali) contratti nell’esercizio d’impresa o professioneIl debitore propone ai creditori un piano di ristrutturazione (anche con continuità aziendale). Serve il voto favorevole di almeno il 50% dei crediti. Omologato dal tribunale.D.lgs. 14/2019 (artt. 74-77) – evolve “accordo di composizione” ex L. 3/2012
Liquidazione controllata (ex “liquidazione patrimonio”)Persone fisiche (anche imprenditori non fallibili) sovraindebitate senza piani alternativi sostenibiliTutti i debiti di qualsiasi naturaIl tribunale apre la liquidazione: un curatore vende i beni del debitore e trattiene i redditi futuri (stipendio, pensioni, ecc.) fino a soddisfare i creditori. Lo stipendio stesso può essere incamerato per 3 anni. Al termine: esdebitazione di diritto dopo 3 anni.L. 3/2012 (art. 14‐undecies) → Codice Crisi D.lgs. 14/2019 (artt. 268-282) – novità D.lgs. 136/2024
Composizione negoziata della crisi (art. 67 bis CCII)Professionisti, microimprese e persone fisiche con debiti anche fiscaliQualsiasi debito, specie debiti tributari e contributiviProcedura stragiudiziale telematica gestita tramite CCIAA con assistenza OCC; accordi di negoziazione con creditori (anche fisco) che possono portare a piani personalizzati.D.lgs. 14/2019, art. 67-bis
Bene/Credito pignorabileQuota massima pignorabileImpossibilità di pignoramentoRiferimenti normativi
Stipendio o salario netto mensile (lavoratore dipendente privato o pubblico)20% del netto mensile, indipendentemente dall’ammontare dello stipendio; con più creditori ordinari non si può superare 20% complessivo. In presenza di crediti alimentari, il pignoramento complessivo può salire fino a 50% (metà) dello stipendio.La parte residua di stipendio (almeno 80%) è impignorabile per legge.art. 545 c.p.c., commi 3-4 (c.p.c.); art. 543 c.p.c. (crediti alimentari, giudizio di autorizzazione)
Trattenuta per cessione del quintoÈ assimilata a qualsiasi altro debito: in caso di sovraindebitamento, la trattenuta in busta paga cessa una volta aperta la procedura.La parte di stipendio non pignorata resta disponibile come negli altri casi (almeno 80%).Legge 180/1950 (cedibilità del quinto); art. 7 L. 3/2012 e art. 67 CCII (piano consumatore)
TFR maturandoFino al 20% dello stipendio netto (come stipendio); attualmente si applica la stessa regola dell’art. 545, comma 5.Le somme non trattenute restano accantonate per il lavoratore.art. 545 c.p.c., comma 5
Pensione / Assegno socialeSulle pensioni: è impignorabile una somma pari a 2 volte l’assegno sociale (c.d. “limite minimo vitale”); sul surplus oltre tale limite è possibile pignorare 1/5. Esempio: per il 2024 l’assegno sociale è €534,41, quindi €1.068,82 sono protetti.La parte residua (pari al doppio dell’assegno sociale) è intoccabile.art. 545 c.p.c., commi 7 e 3-4
Beni mobili essenziali (arredamento, indumenti)Assolutamente non pignorabili (es. sedie, divani, armadi di uso domestico, vestiti, lenzuola)Intere categorie di beni indispensabili alla vita familiare sono protetti per leggeartt. 515-519 c.p.c.
Utensili e strumenti di lavoroNon pignorabili se necessari per l’esercizio della professione (fino a modico valore)Se indispensabili all’attività lavorativa autonomaart. 545 c.p.c., comma 3; art. 518 c.p.c.
Crediti di quiescenza, invalidità, assistenzaL’assegno di invalidità civile e simili sono completamente impignorabili; l’assegno sociale ha protezioni come sopraTali redditi sono destinati solo alla sussistenzaart. 545 c.p.c., comma 6; art. 581 c.p.c.
Altri crediti impignorabili (es. borse di studio, retribuzioni dovute per prestazioni occasionali minime, ecc.)Vari limiti speciali indicati dalla legge (vedi art. 545 e seguenti c.p.c.)Proteggono minimi vitali del debitore e della famigliaartt. 546-557 c.p.c., leggi speciali

Domande frequenti (Q&A)

Domanda: Lo stipendio è interamente impignorabile o c’è una percentuale massima?
Risposta: Lo stipendio (o la retribuzione) non è impignorabile per intero. La legge prevede che, per i debiti comuni, si può sequestrare al massimo un quinto (20%) del reddito netto mensile. Ciò significa che al lavoratore deve comunque restare almeno l’80% del suo stipendio netto. In presenza di un debito alimentare (mantenimento), il giudice può fissare una maggiore quota, fino ad un massimo del 50% dello stipendio. Tuttavia, anche in tal caso resterà libero l’altro 50% per il sostentamento del debitore. Importante: se ricevi comunicazioni di pignoramento di una quota superiore a quelle legali, puoi opporre istanza di riduzione.

Domanda: Quali altri beni non possono essere pignorati?
Risposta: La legge italiana elenca beni assolutamente impignorabili (artt. 515-518 c.p.c.). Ne fanno parte, ad esempio, gli arredi di uso comune necessari alla famiglia (sedie, divani, armadi, frigorifero, biancheria di casa, ecc.), gli indumenti di uso personale, e strumenti necessari all’attività lavorativa (fino a un certo valore). Anche le pensioni o assegni di invalidità hanno una protezione speciale: per le pensioni si lascia fuori dal pignoramento una somma pari a due volte l’assegno sociale, e sul residuo si applica il limite del 20% come visto. Insomma, lo Stato garantisce che al lavoratore resti un livello di reddito e un minimo di dotazione domestica sufficiente.

Domanda: Cosa succede alle esecuzioni in corso se presento un piano del consumatore?
Risposta: La presentazione della domanda di piano del consumatore (o di un accordo similare) produce di per sé la sospensione automatica di tutte le azioni esecutive individuali sui beni del debitore. Ai sensi della legge (art. 10 L. 3/2012 e art. 54 CCII) il giudice, con il decreto di apertura della procedura, dispone che “sino al momento in cui il provvedimento di omologazione diventa definitivo, non possono essere iniziate o proseguite azioni esecutive individuali né sequestri conservativi” sui beni del debitore. In pratica, dal deposito della domanda di piano in poi i pignoramenti in corso vengono congelati e non possono avanzare, proteggendo il patrimonio del debitore. Importante: se non si richiede espressamente la sospensione, è opportuno farlo al giudice al momento dell’istanza. Con le nuove norme del Codice della Crisi, la sospensione delle esecuzioni è divenuta ancora più ampia e riguarda anche i creditori “alimentari” (prima il vecchio art. 10 L. 3/2012 li escludeva).

Domanda: Quali crediti non possono essere cancellati con il piano?
Risposta: Nel piano del consumatore non rientrano i crediti alimentari (mantenimenti non corrisposti a familiari). Questi debiti vanno saldati comunque. Di norma invece tutti gli altri debiti possono essere inseriti (mutui, prestiti, conti correnti in rosso, bollette, tributi erariali e locali, debiti condominiali, ecc.). Recenti aggiornamenti di legge hanno ampliato le possibilità anche per i debiti fiscali: ad esempio, con la legge di bilancio 2024-2025 (L. 27/2025) sono previste transazioni con l’Agenzia delle Entrate anche per importi modesti e dilazioni fino a 144 mesi, il che rende più conveniente inserirli in un piano di crisi anziché subirli. In sintesi: tutti i debiti di natura privata (personale) sono solitamente ristrutturabili, fatta eccezione per quelli di natura alimentare.

Domanda: Posso rientrare subito dai debiti se dimostro impossibilità?
Risposta: Se l’impiegato è definito “incapiente” (senza redditi o beni da offrire), esiste una procedura speciale di esdebitazione (cancellazione debiti) senza obblighi di restituzione. In passato era chiamata “esdebitazione del debitore incapiente”. Dal 2025 è stata introdotta una forma semplificata (art. 283-bis CCII) che permette l’esdebitazione rapida “una tantum” per i soggetti insolvibili senza colpa. In pratica, chi non ha nulla con cui pagare può in una sola volta liberarsi dei debiti, a patto di rispettare certi requisiti (assenza di frodi, adempimenti passivi). Ciò potrebbe riguardare situazioni estreme in cui il debitore reale (ad es. un anziano o una casalinga con fidi) non ha davvero alcun asset.

Domanda: Ho già subito un pignoramento stipendio: posso bloccarlo adesso?
Risposta: Se il pignoramento è irregolare (ad es. è stato notificato senza dare al debitore un termine di 5 giorni per pagare o si è superato il 20%), è possibile chiedere al giudice dell’esecuzione di sospendere il pignoramento o ridurlo. Inoltre, una volta presentata domanda di accesso a uno strumento di composizione della crisi, qualsiasi pignoramento in corso viene bloccato automaticamente. Se invece il pignoramento è stato fatto presso terzi (conto corrente, datore di lavoro), in sede di piano o liquidazione il creditore ottiene una percentuale delle somme imputate al piano, ma di fatto non può più agire sullo stipendio né sugli altri beni inclusi. È comunque sempre opportuno consultare un avvocato per valutare le singole eccezioni procedurali (es. alcune fattispecie particolari di pignoramento coattivo).

Domanda: Dopo quanti anni sono liberato dai debiti non pagati?
Risposta: Dipende dalla procedura. Nel piano del consumatore e nell’accordo di composizione, l’esdebitazione avviene “di diritto” una volta completati i pagamenti previsti dal piano. Nella liquidazione controllata, invece, l’esdebitazione avviene automaticamente dopo 3 anni dall’apertura della procedura, se il liquidatore ha operato come previsto. La nuova disciplina del Codice Crisi (art. 282) prevede che, decorsi tre anni regolari, il debitore sia liberato dai debiti residui non soddisfatti. Questa regola vale anche per l’impiegato che si trovi in liquidazione controllata. La Suprema Corte ha sottolineato che non è necessario stabilire un termine minore per questa procedura, confermando il termine triennale come limite massimo per l’acquisizione dei redditi futuri.

Domanda: Conviene proporre un piano del consumatore o pagare direttamente i creditori?
Risposta: In generale, conviene avviare il piano il prima possibile, perché la legge favorisce chi cerca una soluzione organizzata del proprio debito. Una volta depositata la domanda, tutte le esecuzioni individuali si fermano, e il giudice valuta prioritariamente i piani sostenibili rispetto alla liquidazione. Pagare i creditori “mano a mano” può essere un’ipotesi (accordarsi con ciascuno), ma senza un piano omologato si rischia di vedere bloccati di nuovo i crediti in seguito. Il piano del consumatore omologato offre anche l’esdebitazione finale, estinguendo i debiti. Bisogna però essere realisti: se lo stipendio non bastasse a coprire le rate proposte, il piano non avrà esito positivo. In ogni caso, una consulenza legale permette di simulare scenari e scegliere la via più adatta.

Simulazioni pratiche

  1. Caso pratico 1 – Stipendio €2.000, debiti totali €50.000. Mario è impiegato in azienda privata. Dopo anni di consumi e mutui, accumula €50.000 di debiti: 20.000 di mutuo casa residuo, 15.000 di prestiti personali, 5.000 su carte di credito, 10.000 di debiti condominiali e IVA. Gli viene notificato un decreto ingiuntivo per €5.000 e non sa come fare. Consultato un avvocato, decide di proporre un piano del consumatore. Calcola che lo stipendio netto (€2.000) gli consente di pagare almeno 300€ al mese verso i debiti per i prossimi 5 anni. Con l’aiuto di un OCC, stila il piano: comprende tutti i debiti bancari e condominiali; esclusi gli eventuali assegni familiari (se vi fossero). Nel piano offre di pagare 300€/mese (pari al 15% del suo stipendio) per 5 anni a favore dei creditori. Depositata la domanda, il tribunale sospende ogni pignoramento. Dopo un’udienza verifica, il piano viene omologato. Durante i 5 anni Mario paga puntualmente le 60 rate di 300€. Al termine, il tribunale emette il decreto di esdebitazione: Mario è liberato dai restanti debiti non pagati.
    Tabella riassuntiva degli importi: Debito Importo Quota rateale Durata del piano Mutuo casa 20.000 € 100 €/mese 200 mesi (supposto esito complementare) Prestiti personali 15.000 € 150 €/mese 100 mesi Carte di credito 5.000 € 50 €/mese 100 mesi Condominio e IVA 10.000 € 0 (sospeso, trattativa separata) – (Nota: nel piano del consumatore può escludere in qualche caso i debiti tributari e condominiali, concordando una diversa soluzione con questi creditori.)
  2. Caso pratico 2 – Stipendio €1.500, debiti “al limite”. Lucia è impiegata statale, stipendio netto €1.500. Ha debiti di €30.000: 10.000 di mutuo, 10.000 di prestiti, 5.000 di finanziamento con cessione del quinto, 5.000 con società di riscossione (tasse precedenti). Il funzionario le notifica un pignoramento stipendio: in un mese le trattenuto €300 (20%). Lucia scopre di avere un piano di esecuzione da parte dell’Agenzia delle Entrate che vuole €5.000 (piccole cartelle). Decide di aderire a un accordo con l’Agenzia delle Entrate (rottamazione e dilazione a 10 anni) e di aprire un piano del consumatore per il resto. Interrompe la cessione del quinto presentando la domanda; contemporaneamente contatta un OCC. Grazie alle nuove norme, l’Agenzia le concede di rateizzare i €5.000 in 120 mesi. Nel piano del consumatore inserisce i 20.000 restanti di debiti privati e propone di pagare €250/mese per 8 anni. Il tribunale omologa il piano. Durante l’esecuzione del piano Lucia paga mensilmente €250; la trattenuta precedente (cession del quinto) si blocca; le azioni esecutive sono sospese. Al termine del piano è esdebitata del residuo ed esce dalla crisi.
  3. Caso pratico 3 – Insolvenza senza beni. Giovanni è pensionato con pensione modesta e debiti per €10.000. Non possiede immobili né rilevanti risparmi. Dal 2025, grazie alla nuova normativa introdotta (art. 283-bis CCII), può richiedere l’esdebitazione immediata una tantum come “sovraindebitato senza beni”. In pratica ottiene la cancellazione dei suoi debiti in unica soluzione, senza dover pagare rate, a condizione di rispettare certi criteri (assenza di frodi). È una procedura eccezionale riservata ai casi disperati, appunto uten per “insolvenza senza colpa”.

Questi esempi mostrano come variano gli esiti a seconda delle condizioni economiche. In ogni caso, il punto di partenza è valutare attentamente reddito e debiti e rivolgersi a un OCC o a un avvocato esperto in crisi d’impresa personale. Agire per tempo è fondamentale: più si aspetta, più i debiti crescono (interessi e spese) e più diventano limitate le opzioni di recupero. La legge stessa incoraggia chi si riallinea con i creditori prima che sia troppo tardi.


Fonti e approfondimenti legislativi

  • Art. 545 c.p.c. («Impossibilità di soddisfacimento del credito alimentare – Cumulo di pignoramenti»).
  • Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14), articoli rilevanti: 65-70 (procedura di composizione dei debiti); 74-77 (concordato “minore”); 268-282 (liquidazione controllata ed esdebitazione).
  • Legge 27 gennaio 2012, n. 3 (c.d. Legge sul Sovraindebitamento), articoli 4-10 (piano del consumatore, accordo di composizione, apertura procedura).
  • D.L. 118/2021 conv. L. 147/2021 (integrazioni al Codice Crisi) e D.Lgs. 136/2024 (correttivo Codice Crisi).
  • Cassazione Civile, Sez. I, 23 dicembre 2024, n. 34150 – Piano del consumatore: ammissibilità di dilazione ultrannuale per crediti ipotecari, purché i creditori possano votare la convenienza del piano.
  • Cassazione Civile, Sez. I, 27 novembre 2024, n. 30529 – Accordo di composizione crisi: chiarita l’improponibilità del ricorso straordinario se si tratta di provvedimenti non decisori (solo inammissibilità della proposta).
  • Corte Costituzionale, sent. 19 gennaio 2024, n. 6 – Liquidazione controllata: riconosciuta la legittimità dell’art. 142, comma 2, CCII; confermato l’effetto incamerante degli stipendi futuri per 3 anni.

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