Hai accumulato troppi debiti con l’Agenzia delle Entrate e ora non riesci più a pagarli? Ti trovi sommerso da cartelle, avvisi, rate non versate o piani decaduti? Se sei in una situazione di sovraindebitamento, esistono strumenti legali per bloccare l’Agenzia delle Entrate, tutelarti e ripartire, anche con una posizione fiscale molto pesante.
Cosa significa essere sovraindebitati con l’Agenzia delle Entrate?
Significa che non riesci più a pagare:
– Cartelle esattoriali
– Avvisi di accertamento esecutivi
– Debiti IVA, IRPEF, contributi INPS o IMU
– Rateizzazioni decadute
– O addirittura pignoramenti già in corso
In questi casi, la tua posizione è considerata a rischio e l’Agenzia può agire con:
– Fermo amministrativo, ipoteche, pignoramenti
– Blocco dei rimborsi fiscali
– Iscrizione a ruolo e azioni esecutive
Come puoi risolvere legalmente i debiti fiscali troppo alti?
La legge ti consente di accedere a una procedura di sovraindebitamento riconosciuta dal tribunale. Questa ti permette di:
– Bloccare l’Agenzia delle Entrate e la riscossione
– Rateizzare o stralciare il debito secondo le tue reali possibilità
– Azzerare gli interessi, le sanzioni e il debito non sostenibile
– Proteggere la tua casa, lo stipendio e i beni personali
– Uscire dalla crisi senza fallire
Quali sono gli strumenti che puoi usare?
– Piano di ristrutturazione del consumatore: per privati, ex lavoratori, pensionati
– Concordato minore: per autonomi, imprenditori individuali, artigiani o professionisti
– Liquidazione controllata: se non hai reddito o possibilità di pagare
– Esdebitazione del debitore incapiente: se non possiedi nulla e sei in buona fede
Perché è importante agire subito?
– Perché l’Agenzia delle Entrate non aspetta: ogni giorno può avviare o aggravare le procedure
– Perché se presenti la domanda, puoi bloccare pignoramenti, ipoteche e nuove cartelle
– Perché aspettare peggiora solo la situazione e aumenta interessi e sanzioni
Cosa NON devi fare mai?
– Firmare nuove rateizzazioni senza la certezza di riuscire a pagarle
– Accumulare nuovi debiti per saldare i vecchi
– Ignorare le notifiche o sperare che l’Agenzia “si dimentichi”
– Farti “consigliare” da chi non conosce la legge: serve un avvocato esperto
Anche i debiti fiscali più gravi possono essere risolti con le giuste procedure.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in sovraindebitamento e contenzioso tributario – ti spiega come affrontare i debiti con l’Agenzia delle Entrate, come bloccare la riscossione e quali strumenti usare per uscire definitivamente dalla crisi fiscale.
Hai troppe cartelle e non riesci più a pagare?
Richiedi, in fondo alla guida, una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Analizzeremo la tua situazione debitoria con l’Agenzia delle Entrate e costruiremo insieme un piano legale per difenderti, ridurre i debiti e ripartire.
Introduzione: cos’è il sovraindebitamento fiscale?
Il sovraindebitamento in ambito giuridico italiano descrive la situazione nella quale un debitore (persona fisica o piccola impresa) non è più in grado di far fronte regolarmente ai propri debiti a causa di uno squilibrio strutturale tra le entrate e le uscite. In altre parole, non si tratta di un semplice ritardo o difficoltà temporanea, ma di uno stato di crisi profonda o insolvenza conclamata, in cui il patrimonio e il reddito disponibile risultano insufficienti a coprire l’insieme delle obbligazioni assunte, incluse quelle verso il Fisco.
La definizione normativa di sovraindebitamento è fornita dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019, in vigore dal 15 luglio 2022). L’art. 2, comma 1, lett. c) del Codice definisce il sovraindebitamento come “lo stato di crisi o di insolvenza del consumatore, del professionista, dell’imprenditore minore, dell’imprenditore agricolo, […] e di ogni altro debitore non assoggettabile a liquidazione giudiziale o coatta”. In sostanza rientrano nel sovraindebitamento tutti i debitori “non fallibili” (persone fisiche e piccole imprese che non superano determinate soglie dimensionali) che si trovino in stato di crisi finanziaria o insolvenza. Sono esclusi solo i debitori assoggettabili alle ordinarie procedure concorsuali (liquidazione giudiziale, cioè l’ex-fallimento, o liquidazioni coatte amministrative).
Il sovraindebitamento fiscale indica specificamente la situazione in cui il peso dei debiti tributari e contributivi verso l’erario (es. imposte non versate, cartelle esattoriali dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione) contribuisce in modo determinante alla crisi debitoria. Spesso infatti i debiti con l’Agenzia delle Entrate possono crescere rapidamente a causa di sanzioni e interessi di mora, trasformando un iniziale problema di liquidità in una vera crisi strutturale. In questi casi il debitore, pur onesto, rischia di essere schiacciato dall’accumularsi di importi che non riesce più a pagare.
Fortunatamente, l’ordinamento italiano – anche in attuazione di principi europei – ha evoluto il proprio approccio, passando da una visione puramente sanzionatoria ad una prospettiva di seconda possibilità per il debitore meritevole. Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza del 2019 (in linea con la Direttiva UE 2019/1023) offre al debitore onesto ma sfortunato una concreta opportunità di “fresh start”, ovvero di ripartire da zero liberandosi dei debiti insostenibili. Questo nuovo corso normativo bilancia gli interessi dei creditori con il diritto del debitore ad una vita dignitosa, riconoscendo che una crisi finanziaria può avere cause esterne (crisi economiche, eventi imprevisti, ecc.) e che il sovraindebitato meritevole va aiutato a reinserirsi nel circuito economico.
Quadro normativo: dalla Legge 3/2012 al Codice della Crisi (D.Lgs. 14/2019)
Il primo intervento organico per affrontare il sovraindebitamento dei debitori civili in Italia risale alla Legge 3/2012 (nota anche come “Legge salva-suicidi”). Essa introdusse per la prima volta procedure dedicate ai debitori non fallibili – consumatori, piccoli imprenditori, professionisti, enti non commerciali – consentendo la composizione delle loro crisi debitorie fuori dalle tradizionali procedure fallimentari. Grazie a quella legge, lo Stato offriva a chi aveva “troppi debiti” la possibilità di pagare i creditori in base alle effettive capacità economiche del debitore, e di ottenere la cancellazione (esdebitazione) dei debiti residui non pagabili.
Dopo quasi un decennio di applicazione, la Legge 3/2012 è stata abrogata e assorbita nel nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII, D.Lgs. 12 gennaio 2019 n.14), entrato pienamente in vigore il 15 luglio 2022. Il CCII ha riformato la materia, mantenendo gli istituti fondamentali ma introducendo varie novità migliorative per il debitore. In sintesi:
- Sono state confermate tre tipologie di procedure di sovraindebitamento, con denominazioni in parte nuove (le vedremo nel dettaglio più avanti): ristrutturazione dei debiti del consumatore, concordato minore (ex accordo di composizione) e liquidazione controllata (ex liquidazione del patrimonio). A queste si aggiunge la particolare procedura di esdebitazione del debitore incapiente introdotta nel 2020 e ora prevista dal Codice.
- È stata introdotta la possibilità di procedure familiari unitarie: membri della stessa famiglia convivente e indebitati per cause comuni possono presentare un’unica procedura congiunta, riducendo costi e tempi.
- È stato rafforzato il principio di meritevolezza del debitore: l’accesso alle procedure è precluso a chi ha causato il proprio sovraindebitamento con dolo, frode o colpa grave (es. distraendo attivi ai creditori). Parallelamente è stato introdotto il concetto di “merito creditizio” per scoraggiare comportamenti imprudenti anche da parte dei finanziatori (banche che hanno concesso credito irresponsabilmente).
- Esdebitazione più facile: il Codice prevede che al termine di una liquidazione controllata il debitore ottenga l’esdebitazione di diritto (automatica), senza dover presentare una separata istanza, purché abbia collaborato in buona fede. Inoltre, viene previsto l’istituto innovativo dell’esdebitazione del debitore incapiente, ossia la cancellazione dei debiti a favore di chi non ha alcuna risorsa da liquidare, misura attivabile una sola volta e a precise condizioni di merito.
- Riduzione della durata e onerosità delle procedure: ad esempio, la liquidazione controllata ha durata massima di 3 anni (salvo proroghe per realizzo beni), e in generale si incentiva la soluzione concordata e la continuazione dell’attività d’impresa rispetto alla liquidazione giudiziale (principio di extrema ratio della liquidazione). I costi procedurali (ad es. compenso dell’OCC) restano contenuti e talora agevolati, specie nei casi di totale incapienza.
Nel 2020 e 2021 il legislatore è intervenuto anche con misure emergenziali (es. D.L. 137/2020 conv. in L.176/2020) per rendere più accessibili le procedure di sovraindebitamento durante la pandemia Covid-19, anticipando alcune delle novità poi confluite nel Codice della Crisi. Ad esempio, è grazie a queste riforme che si è introdotta la già citata esdebitazione senza utilità per il debitore incapiente, e si è chiarito che anche un solo creditore (come il Fisco) non impedisce la procedura: la presenza di un unico grande creditore non fa venir meno lo scopo concorsuale della composizione della crisi.
Al luglio 2025 il quadro normativo di riferimento per risolvere situazioni di sovraindebitamento è dunque il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII), che agli artt. 65-83 disciplina le procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento (ristrutturazione del consumatore e concordato minore) e agli artt. 268-277 disciplina la liquidazione controllata del sovraindebitato (numerazione secondo il testo vigente dopo le modifiche del D.Lgs. 83/2022). A supporto operativo, un ruolo fondamentale è svolto dagli Organismi di Composizione della Crisi (OCC) regolati dal D.M. 202/2014 e ora iscritti in un albo presso il Ministero della Giustizia.
Di seguito, esamineremo tutti gli strumenti oggi a disposizione di un debitore sovraindebitato con particolare attenzione ai debiti verso l’Agenzia delle Entrate-Riscossione, includendo sia le soluzioni giudiziali previste dal CCII (piano del consumatore, concordato minore, liquidazione controllata, esdebitazione) sia le opzioni amministrative di trattativa con il Fisco (rateizzazioni, “rottamazione” delle cartelle, saldo e stralcio, ecc.). Il taglio sarà operativo e dal punto di vista del debitore, con riferimenti normativi puntuali, casi giurisprudenziali recenti e tabelle riepilogative per facilitare la comprensione.
Soggetti che possono accedere alle procedure di sovraindebitamento
Le soluzioni offerte dal Codice della Crisi in materia di sovraindebitamento non sono aperte a tutti indistintamente, ma sono riservate a determinate categorie di debitori. In generale, vi possono accedere i debitori civili “non fallibili”, ossia non soggetti alle ordinarie procedure concorsuali (liquidazione giudiziale ex fallimento). Questo tipicamente include:
- Consumatori – persone fisiche che hanno debiti di natura personale (estranei ad attività d’impresa o professionale). Esempi: privati cittadini, lavoratori dipendenti, pensionati che hanno accumulato debiti familiari, mutui, finanziamenti al consumo, tasse personali (IRPEF, bollette, ecc.). Rientrano tra i consumatori sovraindebitati anche i garanti/fideiussori di debiti altrui, se hanno garantito debiti non professionali.
- Imprenditori minori – piccoli imprenditori commerciali sotto le soglie di legge (vedi oltre), imprenditori agricoli (che per legge non falliscono), lavoratori autonomi e liberi professionisti, startup innovative, enti non profit, ecc.. In sostanza tutte le imprese e gli enti non assoggettabili a liquidazione giudiziale rientrano nel perimetro del sovraindebitamento. Anche gli eredi che hanno accettato con beneficio d’inventario un’eredità gravata da debiti possono accedere, se è passato oltre un anno dalla morte del de cuius (circostanza che preclude il fallimento).
- Professionisti e autonomi – equiparati agli imprenditori minori ai fini dell’accesso: ad esempio un avvocato, un medico, un artigiano con partita IVA può avvalersi delle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento, a prescindere dal volume di affari (la legge non pone limiti dimensionali per i professionisti).
- Enti non commerciali e piccoli imprenditori collettivi – come associazioni, fondazioni, ONLUS, società di persone o a responsabilità limitata che tuttavia siano sotto le soglie dimensionali (srl semplificate, SNC o SAS di modeste dimensioni). In particolare i soci illimitatamente responsabili di società di persone fallibili possono accedere se la società non è stata dichiarata fallita e se loro stessi rientrano nelle soglie di non fallibilità.
Le soglie di fallibilità previste dall’art. 2 CCII definiscono l’“imprenditore minore” e rappresentano i limiti entro cui un’impresa è considerata non fallibile. Tali soglie, attualmente, sono: attivo patrimoniale annuo ≤ €300.000, ricavi annui ≤ €200.000 e debiti totali ≤ €500.000 (da valutarsi nei tre esercizi antecedenti la domanda). Un imprenditore che nei tre anni precedenti non ha superato contemporaneamente questi tre parametri è un imprenditore minore e, in caso di insolvenza, non va in liquidazione giudiziale ma nelle procedure di sovraindebitamento. Viceversa, chi eccede anche uno solo di questi limiti potrebbe essere sottoposto a liquidazione giudiziale (ex fallimento) e non potrà accedere alle procedure “minori” del sovraindebitamento.
Debiti ammissibili: in linea di massima tutti i debiti del soggetto sovraindebitato possono essere inclusi nelle procedure, compresi i debiti fiscali. L’elenco tipico comprende debiti verso banche e finanziarie (mutui, prestiti), fornitori, bollette e utenze, tributi locali e statali (es. IMU, IRPEF, IVA), contributi previdenziali, multe, spese condominiali, ecc.. Anche le trattenute per cessione del quinto dello stipendio rientrano e possono essere bloccate dalla procedura. Non rientrano invece alcuni debiti di natura speciale non comprimibili per legge, ad esempio gli obblighi alimentari (assegni di mantenimento al coniuge o ai figli) che restano esclusi dalla esdebitazione. In caso di dubbio sulla includibilità di uno specifico debito (ad es. sanzioni penali pecuniarie, risarcimenti da illecito extracontrattuale, ecc.), sarà il giudice a valutare nel merito, ma la regola generale del Codice della Crisi è di consentire il maggior sollievo possibile al debitore, fatti salvi i debiti non comprimibili espressamente esclusi.
Va sottolineato che dal 2022 il Codice ha espressamente previsto la possibilità di presentare un’unica procedura congiunta per i membri di una stessa famiglia sovraindebitata. Se marito e moglie (o conviventi/uniti civilmente, o parenti conviventi entro il 4° grado) sono entrambi indebitati a causa, ad esempio, della medesima situazione economica familiare, possono proporre insieme un unico piano di composizione. Ciò riduce costi e tempi rispetto a due procedure separate. I requisiti sono la convivenza e la comune origine dell’indebitamento (es. stessa causa o stessi creditori). Questa novità va incontro ai nuclei familiari monoreddito o comunque finanziariamente interdipendenti, consentendo una soluzione coordinata.
Presupposti soggettivi e di buona fede: al di là dell’appartenenza alle categorie ammesse, la legge richiede che il debitore versi effettivamente in stato di sovraindebitamento (crisi o insolvenza conclamata) e che non abbia posto in essere atti di frode o mala fede verso i creditori. In particolare, sarà escluso chi ha dolosamente aumentato il proprio indebitamento o dissipato il patrimonio prima di chiedere aiuto (ad esempio, vendite simulate di beni per sottrarli ai creditori). Inoltre, per le sole procedure di ristrutturazione del consumatore e concordato minore, il debitore deve non aver già ottenuto un’omologazione di piano nei 5 anni precedenti e non aver subito sanzioni per frodi fiscali gravi (v. art. 69 CCII). La meritevolezza è dunque un filtro importante: il beneficio dell’esdebitazione è riservato ai debitori incolpevoli o almeno non fraudolenti. La recente giurisprudenza di legittimità ha evidenziato che nelle procedure di sovraindebitamento convivono due finalità: la soddisfazione dei creditori e la riabilitazione del debitore, e che il giudice deve valutare caso per caso se il comportamento del debitore sia compatibile con questi scopi. Ad esempio, la Cassazione ha ribadito che nel piano del consumatore il debitore deve offrire il massimo ritorno possibile ai creditori compatibilmente con le sue risorse, non potendo considerare la procedura solo un mezzo per azzerare i debiti senza sacrifici.
Le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento (strumenti del Codice CCII)
Il Codice della Crisi e dell’Insolvenza prevede un ventaglio di procedure concorsuali minori destinato ai debitori sovraindebitati. Questi strumenti consentono di regolare la posizione debitoria sotto la supervisione del Tribunale, con effetti vincolanti per tutti i creditori (compreso il Fisco) una volta omologata la soluzione. La porta di accesso a tali procedure è tipicamente l’Organismo di Composizione della Crisi (OCC) competente sul territorio: si tratta di un ente terzo e imparziale (spesso istituito presso Ordini professionali, Camere di commercio o enti pubblici) che assiste il debitore nella predisposizione del piano, verifica la veridicità dei dati e fa da tramite con il Tribunale. L’OCC nomina un Gestore della crisi (un professionista esperto in materia di insolvenza, iscritto in apposito albo) che accompagnerà il debitore durante tutto l’iter e redigerà una relazione sulla fattibilità e meritevolezza della proposta.
Le procedure principali sono quattro, descritte qui di seguito. Verranno poi confrontate in una tabella riepilogativa per evidenziarne le differenze chiave. Dal punto di vista del debitore, la scelta dello strumento dipende dal tipo di soggetto (consumatore o impresa minore), dalla composizione del debito (entità e natura dei creditori, presenza di debiti fiscali) e dalle prospettive di pagamento (continuità del reddito, eventuale patrimonio liquidabile). Vediamole in dettaglio.
1. Ristrutturazione dei debiti del consumatore (Piano del consumatore)
Questo strumento – erede potenziato del vecchio “piano del consumatore” della L.3/2012 – è forse la procedura più favorevole per la persona fisica debitore. La sua forza sta nel fatto che non richiede il consenso dei creditori per essere approvata. È il Giudice che, valutata la proposta con l’ausilio dell’OCC, può omologare il piano anche contro la volontà di banche, finanziarie e Agenzia Entrate, purché ritenga il piano equilibrato e sostenibile rispetto alle capacità del debitore.
- Chi può accedere: esclusivamente il consumatore sovraindebitato, ossia la persona fisica che ha contratto obbligazioni per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale. Sono quindi escluse le società e gli imprenditori (per i quali vi è il concordato minore). Inoltre, il consumatore deve essere meritevole, cioè non aver determinato il proprio indebitamento con dolo o colpa grave né aver commesso frodi ai creditori. Ad esempio, un privato che abbia accumulato debiti di gioco con condotte irresponsabili potrebbe vedersi negare l’accesso per difetto di meritevolezza; al contrario, debiti derivanti da eventi sfortunati (malattie, perdita del lavoro, ecc.) troveranno accoglimento più agevole.
- Come funziona: il consumatore, con l’assistenza del Gestore della crisi (OCC), elabora un piano di ristrutturazione in cui propone ai creditori l’ammontare e le modalità di pagamento dei debiti in base alle sue reali possibilità. Il piano può prevedere pagamenti parziali (stralcio di parte del debito) e/o dilazionati nel tempo, rimodulando gli importi dovuti secondo ciò che il debitore è in grado di offrire realisticamente. Può ad esempio stabilire che il debitore pagherà una certa somma mensile per un periodo, distribuendo il ricavato proporzionalmente ai creditori, e che la parte di debito eccedente verrà cancellata. Il piano deve essere accompagnato dalla relazione OCC che attesta la veridicità dei dati e valuta la sostenibilità della proposta.
- Effetti della presentazione: dal momento in cui la proposta di piano è depositata in Tribunale, scattano misure protettive a tutela del debitore. Il giudice, su istanza, può sospendere o bloccare tutte le azioni esecutive individuali in corso (pignoramenti, fermi amministrativi, aste di immobili). I creditori non possono iniziare nuove azioni esecutive né acquisire preferenze sul patrimonio del debitore durante la pendenza della procedura (stay delle azioni ex art. 54 CCII). Ciò offre respiro al debitore e impedisce che, ad esempio, l’Agenzia Entrate-Riscossione proceda con pignoramenti mentre si cerca l’omologazione del piano.
- Omologazione senza voto dei creditori: differentemente da altre procedure concorsuali, nella ristrutturazione del consumatore non è prevista una votazione dei creditori. Il Giudice assume su di sé la decisione finale: se ritiene che il piano soddisfi i requisiti di legge (fattibilità, meritevolezza del debitore, rispetto dell’ordine delle cause di prelazione salvo consenso dei privilegiati, ecc.) emette un decreto di omologazione che rende il piano obbligatorio per tutti i creditori, compresa l’Agenzia delle Entrate. In pratica, il Fisco e gli altri creditori sono cristallizzati nelle posizioni previste dal piano: dovranno accontentarsi di quanto il giudice ha omologato, perdendo la parte eccedente. Questa “imposizione” è bilanciata dal controllo giudiziale di equità: il piano non deve essere eccessivamente penalizzante per i creditori rispetto a ciò che otterrebbero in una liquidazione.
- Obiettivo finale: se il piano viene eseguito regolarmente, il debitore otterrà l’esdebitazione di tutti i debiti residuali non pagati secondo il piano. Ad esempio, se il piano prevede il pagamento del 30% di ogni credito chirografario, una volta pagato quel 30% il restante 70% viene cancellato e il creditore non potrà più pretenderlo. L’esdebitazione completa interviene con il decreto finale del giudice a chiusura della procedura, sancendo la cancellazione legale dei debiti residui. Il debitore potrà così ripartire pulito, senza strascichi sul suo patrimonio futuro (salvo eccezioni per debiti non falcidiabili, come detto sopra).
Tra i vantaggi peculiari di questa procedura per il debitore fiscale vi è il fatto che non serve il consenso dell’Erario: anche se l’Agenzia delle Entrate (o l’INPS) fosse contraria a uno stralcio del proprio credito, ciò non ne impedisce l’omologazione. Il giudice può approvare il piano unilateralmente se lo reputa vantaggioso in termini concorsuali. Ciò rappresenta un enorme passo avanti rispetto al passato, in cui la rigidità del Fisco spesso bloccava ogni soluzione. La Cassazione ha definito questa possibilità una “dirompente novità” dell’ordinamento concorsuale, volta proprio a superare le farraginosità burocratiche e le resistenze ingiustificate dei creditori pubblici. In sostanza, il piano del consumatore permette un cram down fiscale integrale: il debito tributario viene trattato al pari degli altri e può essere ridotto o dilazionato d’ufficio.
(Caso pratico: Mario, consumatore sovraindebitato) – Si consideri Mario, dipendente con stipendio netto di €1.500 mensili, che ha accumulato €50.000 di debiti tra cui €20.000 verso l’Agenzia Entrate (per IRPEF e IVA non pagate) e il resto verso banche e carte di credito. Mario possiede solo un’auto di modesto valore e vive in affitto. In una procedura di ristrutturazione, Mario potrebbe proporre di pagare ai creditori €300 al mese per 5 anni (per un totale di €18.000, attingendo a una parte sostenibile del suo stipendio), da ripartire proporzionalmente tra tutti i creditori chirografari. Supponiamo che al Fisco tocchi il 40% di tale importo (circa €7.200) e agli altri creditori il restante 60% (€10.800). Ciò significa che, a fronte di €50.000 di debiti iniziali, Mario ne pagherebbe €18.000 (36%) vedendosi cancellare il residuo 64%. Il giudice, valutando che Mario offre tutto il surplus ragionevole del suo reddito (tenendo €1.200 per vivere e destinando €300 ai creditori) e che i creditori otterrebbero in caso di liquidazione forzata ancor meno (l’auto vale appena €2.000), potrebbe omologare il piano anche se l’Agenzia Entrate votasse contrario. Mario dovrà rispettare i pagamenti concordati; una volta versate tutte le 60 rate mensili, otterrà l’esdebitazione dal rimanente debito (oltre €32.000 cancellati). Durante il piano sarà al riparo da pignoramenti sullo stipendio. Questa soluzione gli consente di conservare l’auto (bene non essenziale, ma il giudice può autorizzarne la non liquidazione se di basso valore) e di risolvere il suo debito fiscale pagando solo una parte di esso.
2. Concordato minore (accordo di ristrutturazione per imprese e professionisti)
Il concordato minore è la procedura analoga alla precedente, ma riservata ai debitori non consumatori: imprese minori, imprenditori individuali, professionisti, startup, e in generale tutti i soggetti sovraindebitati diversi dalla persona fisica consumatore. Si tratta in sostanza dell’evoluzione dell’“accordo di composizione della crisi” della legge 3/2012, con alcune modifiche significative. La differenza principale rispetto al piano del consumatore è che qui è richiesto il voto dei creditori sull’accordo proposto.
- Come funziona: il debitore (imprenditore o professionista) predispone, sempre con l’ausilio dell’OCC, un piano di concordato che può avere natura liquidatoria (prevede la vendita dei beni) oppure in continuità aziendale (prevede la prosecuzione dell’attività, magari con ristrutturazione dei debiti e pagamento con i flussi futuri). Il piano viene presentato ai creditori e sottoposto a votazione. Per l’approvazione occorre la maggioranza dei crediti ammessi al voto, ovvero il 50% + 1 del totale dei crediti (in valore). Nel calcolo, i creditori che non esprimono voto vengono conteggiati come favorevoli (silenzio-assenso, meccanismo introdotto per facilitare il raggiungimento del quorum). Se la maggioranza è raggiunta, il piano viene sottoposto all’omologazione del Tribunale. Se non si raggiunge la maggioranza, la procedura può comunque non decadere immediatamente: il debitore può chiedere la conversione in liquidazione controllata, oppure (in certi casi) cercare di modificare l’offerta.
- Trattamento dei crediti pubblici (transazione fiscale): nelle precedenti leggi, per ridurre o dilazionare i debiti fiscali era necessaria una specifica transazione fiscale con l’Erario, il cui mancato accordo impediva l’omologazione. Il Codice della Crisi ha semplificato: nel concordato minore non è più richiesta una formale transazione separata, e si applica il principio del cram down fiscale anche qui. Significa che se l’Agenzia delle Entrate (o l’INPS) vota contro, ma la proposta rivolta al Fisco è più conveniente rispetto alla liquidazione, il Tribunale può comunque omologare forzosamente il concordato. È il giudizio di “convenienza” previsto dall’art. 80, co. 3 CCII: il giudice valuta se il trattamento offerto al credito erariale nel piano sia almeno pari a quello ottenibile in caso di liquidazione dei beni del debitore. Se sì, il dissenso del Fisco viene superato d’ufficio. Questa è una svolta cruciale per risolvere sovraindebitamenti fiscali, poiché evita che il veto del creditore pubblico (magari detentore della quota di voto di blocco) faccia naufragare soluzioni invece vantaggiose per tutti. La giurisprudenza ha però chiarito che il cram down non opera automaticamente in ogni caso: il tribunale deve verificare che l’eventuale voto negativo sia ingiustificato e che la proposta non sia abusiva (ad es. tesa unicamente a eliminare il debito fiscale senza reali prospettive di risanamento). In una recente pronuncia, la Corte d’Appello di Venezia ha sottolineato che l’omologazione forzata è preclusa se il piano appare finalizzato esclusivamente a liberarsi dal debito tributario ingente senza un vero piano di rilancio dell’attività: in tal caso si configurerebbe un abuso del diritto concorsuale. È dunque importante, specie nei concordati minori con unico grande creditore fiscale, dimostrare che la proposta è seria, non penalizza oltremisura l’Erario e che l’alternativa liquidatoria sarebbe peggiore.
- Effetti e obiettivo finale: una volta omologato dal tribunale (sia con il voto favorevole della maggioranza dei creditori, sia – se del caso – mediante cram down per il dissenso ingiustificato del Fisco), il concordato minore diviene vincolante per tutti i creditori chirografari e privilegiati degradati coinvolti. Il debitore dovrà attuare il piano così come approvato: ad esempio alienare i beni indicati e distribuire i ricavi, oppure effettuare i pagamenti periodici promessi. Durante l’esecuzione del concordato, i creditori non possono agire individualmente. Al completamento dell’esecuzione, il debitore persona fisica ottiene l’esdebitazione per i debiti residui analogamente al caso del consumatore. Se il debitore è un ente o una società, non si parla di esdebitazione personale, ma la società esce dalla procedura avendo regolato la posizione debitoria come stabilito (restano ovviamente obbligati eventuali garanti personali per l’eventuale parte non pagata, salvo diversi accordi). In ogni caso, l’omologazione del concordato minore comporta che il debitore non può essere perseguito per i debiti falcidiati nel piano.
(Caso pratico: Alfa SRL, impresa minore sovraindebitata) – Alfa è una s.r.l. artigiana con 5 dipendenti, che versa in crisi: ha debiti totali per €400.000, di cui €250.000 verso Agenzia Entrate e INPS (IVA, ritenute e contributi non versati) e il resto verso fornitori. Il valore stimato dei suoi macchinari e magazzino è €100.000; l’attività però potrebbe proseguire generando utili futuri se alleviata dai debiti. Alfa presenta un concordato minore in continuità offrendo: a) pagamento integrale dei debiti privilegiati con un piano di rientro in 4 anni (inclusi quelli fiscali privilegiati per IVA e ritenute, che per legge vanno pagati per intero salvo consenso alla falcidia); b) pagamento del 30% dei crediti chirografari (tra cui sanzioni ed interessi fiscali) in 5 anni, grazie ai flussi di cassa prospettici; c) in caso di inadempimento, liquidazione dei macchinari a garanzia di un recupero minimo. I creditori votano: i fornitori (detentori del 40% dei crediti chirografari) votano sì, l’Agenzia Entrate e l’INPS (60% dei crediti, in parte privilegiati in parte chirografari) votano no perché vorrebbero più garanzie. Il quorum della maggioranza semplice non è raggiunto formalmente (solo il 40% ha detto sì, il 60% ha detto no). Tuttavia, Alfa chiede al tribunale l’omologazione nonostante il dissenso del Fisco, dimostrando che in caso di liquidazione fallimentare i creditori chirografari (incluso il Fisco per la parte non privilegiata) non prenderebbero nulla, mentre col piano proposto incassano il 30%. Il tribunale applica il cram down fiscale: giudica il voto negativo dell’Erario “ingiustificato” perché la proposta è più vantaggiosa della liquidazione. Omologa quindi il concordato minore. Alfa esegue regolarmente i pagamenti concordati nei 5 anni; al termine, ottiene la cancellazione delle sanzioni ed interessi residui non pagati (esdebitazione) e prosegue l’attività senza più arretrati.
3. Liquidazione controllata del sovraindebitato (ex liquidazione del patrimonio)
Quando un debitore sovraindebitato non è in grado di proporre – o attuare – un piano di rientro sostenibile, oppure quando i creditori non accettano le proposte e il giudice non può imporle, rimane comunque una via d’uscita: la liquidazione controllata. Si tratta di una procedura di carattere liquidatorio (simile a un fallimento “in piccolo”) in cui il patrimonio del debitore viene aggredito nella misura massima possibile per pagare i creditori, ma con il vantaggio finale dell’esdebitazione. Questa procedura può essere chiesta dallo stesso debitore come soluzione definitiva, oppure in alcuni casi può essere iniziata d’ufficio o su istanza dei creditori.
- Chi può richiederla: qualsiasi debitore in stato di sovraindebitamento, sia consumatore che impresa minore, può volontariamente presentare istanza di liquidazione controllata al Tribunale. La liquidazione può rappresentare la scelta giusta quando il debitore non ha flussi di reddito adeguati per un piano e possiede pochi beni da liquidare (tali che tanto varrebbe liquidarli subito e ripartire puliti). Inoltre – novità del CCII – un creditore o un gruppo di creditori può chiedere al Tribunale l’apertura della liquidazione controllata coattiva se il debitore è insolvente e i debiti scaduti superano €50.000. Attenzione: questa possibilità costituisce per il creditore un’alternativa al pignoramento individuale, ma implica il concorso di tutti i creditori e il successivo esdebitamento del debitore; quindi il creditore istante deve valutare pro e contro (spesso AdER stessa potrebbe valutare istanze del genere per soggetti da “far fallire” civilmente, ma sapendo che poi il debitore potrebbe essere liberato dai debiti residui).
- Come funziona: una volta aperta la liquidazione controllata, il Tribunale nomina un Liquidatore giudiziale (di regola un professionista terzo, diverso dall’OCC) che prende in mano la gestione del patrimonio del debitore. Tutti i beni pignorabili del debitore vengono messi a disposizione: il Liquidatore li inventaria, li amministra e procede alla vendita degli attivi (immobili, autoveicoli, conti correnti, partecipazioni, etc.) secondo le regole delle procedure concorsuali. Anche i redditi futuri del debitore vengono in parte coinvolti: il debitore persona fisica deve contribuire con la quota di reddito che eccede quanto necessario al mantenimento suo e della famiglia. Il giudice fissa tale quota impignorabile in base alla situazione concreta (spesso è analoga alle soglie di impignorabilità dello stipendio, vedi oltre). La procedura ha una durata standard di 3 anni: i redditi percepiti dal debitore in questo triennio oltre la soglia di sopravvivenza vanno al Liquidatore per distribuirli ai creditori. Dopo 3 anni, i redditi tornano interamente al debitore.
- Beni esclusi: non tutto il patrimonio viene aggredito. La legge tutela una serie di beni indispensabili: ad esempio, i beni di natura strettamente personale, i ricordi di famiglia, gli strumenti necessari per il lavoro, e una parte dei redditi per il sostentamento (come detto) sono esclusi dalla liquidazione. Inoltre la legge impedisce la vendita di alcuni beni nell’interesse pubblico (es. non si può liquidare un apparecchio medico indispensabile se il debitore è un medico in attività, ecc.). In linea di massima, la liquidazione rispetta le stesse esenzioni previste per le esecuzioni forzate individuali (articoli 514 e 515 c.p.c.), estendendole a tutta la procedura: abiti, beni d’uso quotidiano, cose senza valore di mercato non si liquidano.
- Esdebitazione finale: la vera utilità della liquidazione controllata per il debitore è che, al termine della procedura, i debiti insoddisfatti vengono cancellati. In base all’art. 282 CCII, trascorsi 3 anni dalla apertura della liquidazione (o anche meno, se prima si è completato il realizzo dei beni), il debitore persona fisica ottiene l’esdebitazione di diritto salvo che il giudice accerti gravi irregolarità o mala fede. Non occorre una specifica domanda separata: l’ordinanza di chiusura della liquidazione conterrà anche la dichiarazione di esdebitazione automatica. Questo significa che anche se i creditori hanno ricevuto poco o nulla dalla liquidazione (ipotesi frequente), il debitore è comunque libero dai debiti residui. Ad esempio, se Tizio liquida il suo modesto patrimonio e i creditori ottengono solo il 5% di quanto vantato, il restante 95% viene annullato. L’ordinamento privilegia dunque il fresh start del debitore onesto, sebbene a prezzo della perdita di tutto il suo attivo disponibile.
Dal punto di vista del debitore fiscale, la liquidazione controllata presenta due scenari: se il debitore ha beni di valore, l’Agenzia Entrate Riscossione parteciperà come creditore (spesso privilegiato per le parti di tributi con privilegio) e riceverà distribuzioni proporzionali sui ricavi di vendita; se il debitore non ha nulla o quasi, anche il Fisco incasserà poco o nulla, ma il debito fiscale sarà comunque spazzato via dall’esdebitazione al termine dei tre anni. Ovviamente l’Erario preferisce la prima ipotesi, ma dal lato del debitore la seconda ipotesi – per quanto estrema – è comunque una soluzione definitiva: si rinuncia ai beni e si ottiene la pace fiscale tramite la forza della legge. È da notare che questa procedura non richiede il consenso dei creditori in alcuna fase: è un provvedimento giudiziale, punto.
(Caso pratico: Anna, debitrice senza piano fattibile) – Anna è un’ex imprenditrice individuale che ha chiuso l’attività ed è rimasta con €300.000 di debiti (soprattutto cartelle esattoriali per IVA e IRPEF) e pochi beni: un appartamento di modesto valore su cui grava un’ipoteca della banca, e un’auto. Non ha un lavoro stabile né entrate sufficienti per offrire un piano di rientro credibile. In questo caso Anna, anziché subire pignoramenti a raffica e restare comunque debitrice a vita, può presentare domanda di liquidazione controllata. Il tribunale apre la procedura, nomina un liquidatore e sospende gli eventuali pignoramenti in corso. Il liquidatore vende l’auto (ricavando ad esempio €5.000) e verifica che la casa è già ipotecata e potrebbe essere venduta solo a beneficio della banca (i crediti fiscali chirografari non avrebbero ricavato utile). Potrebbe decidere di lasciare la casa fuori dalla liquidazione se il valore è interamente assorbito dall’ipoteca. In 3 anni Anna, trovando solo piccoli impieghi, contribuisce con qualche migliaio di euro dai suoi redditi. Alla fine, i creditori ricevono poniamo €5.000 pro-quota su €300.000 (cioè il 1,6%). A questo punto, il giudice emette il decreto che chiude la liquidazione ed esdebita Anna da tutto il debito residuo. Anna perde l’auto e la casa resta ancora ipotecata (potrà essere escussa dalla banca separatamente), ma almeno i debiti fiscali sono cancellati e l’Agenzia Entrate non può più perseguirla né aggredire futuri guadagni.
4. Esdebitazione del debitore incapiente (cancellazione dei debiti senza risorse)
Rappresenta l’ultima ancora di salvezza, riservata ai casi umanamente più difficili: l’esdebitazione del debitore incapiente – detta anche esdebitazione “senza utilità”. Introdotta prima nel 2020 (DL 137/2020) e ora disciplinata dagli artt. 283-284 CCII, consente di liberare dai debiti anche chi non ha nulla da offrire ai creditori, neppure in liquidazione. Si tratta di una misura eccezionale, attivabile una sola volta nella vita dal debitore, che incarna la finalità sociale del fresh start.
- A chi si rivolge: può beneficiarne il debitore persona fisica (in pratica quasi sempre un consumatore, ma la legge parla in generale di debitore) che sia privo di qualsiasi patrimonio liquidabile e di capacità di pagamento anche minima. Deve versare in situazione di insolvenza totale: ad esempio un disoccupato senza beni intestati e con solo minimi mezzi di sussistenza. Inoltre deve essere meritevole: non deve aver colpe gravi o frodi, e non deve aver già usufruito di procedure concorsuali o esdebitazioni nei 5 anni precedenti. Questa misura infatti non può diventare un espediente abituale.
- Come funziona: il debitore incapiente presenta una domanda al Tribunale (solitamente con l’assistenza dell’OCC, anche se tecnicamente non è obbligatorio) esponendo la propria situazione di completa nullatenenza e chiedendo la cancellazione dei debiti. Il giudice verifica attentamente: può aprire un contraddittorio con i creditori, i quali possono opporsi magari sostenendo che il debitore qualche risorsa l’avrebbe o che ha colpa nel suo stato. Se però il Tribunale accerta che davvero non esistono utilità né presenti né prospettiche e che il debitore ha tenuto una condotta onesta, emette un decreto di esdebitazione totale immediata. Ciò significa che tutti i debiti sono cancellati senza che i creditori abbiano ricevuto nulla. È un provvedimento di portata dirompente, giustificato solo da ragioni di equità e solidarietà sociale: tenere un individuo per sempre oppresso da debiti impagabili, quando egli non possiede nulla e non ha colpa significativa, viene considerato contrario ai principi di umanità (si pensi a chi subisce situazioni estreme come malattie o ludopatia non colpevole, citate in passato dalla giurisprudenza).
- Clausola di salvaguardia post-esdebitazione: la legge prevede che per i 4 anni successivi al decreto di esdebitazione incapiente, il debitore abbia un obbligo di sorveglianza e buona fede: se in quel periodo dovesse entrare in possesso di beni o redditi significativi (tali da permettere di pagare almeno il 10% dei vecchi debiti), egli deve darne comunicazione e impiegarne una parte per soddisfare i creditori originari. È una sorta di condizione risolutiva: l’esdebitato “a zero” deve condividere eventuali sopravvenienze rilevanti. Passati i 4 anni, ogni nuova fortuna sarà interamente sua. Durante quel quadriennio, l’ex-debitore deve inoltre aggiornare annualmente l’OCC sulla sua situazione economica. Questa misura evita che qualcuno approfitti dell’istituto facendosi cancellare i debiti e magari ricevendo un’eredità poco dopo: in tal caso i creditori avrebbero diritto a recuperare qualcosa.
Va evidenziato che l’esdebitazione incapiente è discrezionale: non è mai automatica, dipende dalla valutazione del giudice. La giurisprudenza dei tribunali ha iniziato ad applicarla con cautela. Ad esempio, un provvedimento del Tribunale di Ferrara (dic. 2024) ha dichiarato inammissibile l’istanza di esdebitazione senza utilità di un debitore, ritenendo non soddisfatte le condizioni di legge. Ciò a riprova che il debitore deve presentarsi con le carte in regola: nessun bene, nessun reddito aggredibile, nessun atto in frode, massima trasparenza. Se queste condizioni ci sono, la liberazione dai debiti rappresenta un autentico “colpo di spugna” unico nel suo genere.
(Esempio estremo: Bruno, nullatenente) – Bruno è un ex piccolo imprenditore che ha cessato l’attività dopo il fallimento della sua ditta individuale (che però non fu soggetta a fallimento in quanto sotto soglia). Gli sono rimasti €150.000 di debiti, principalmente verso banca e Agenzia Entrate, ma Bruno ha perso la casa (venduta all’asta dalla banca), non ha auto, vive ospite da parenti e campa con lavori saltuari in nero che gli permettono a malapena di mangiare. Nessuna prospettiva concreta di pagare quei debiti. Bruno, incensurato e senza condotte fraudolente, chiede l’esdebitazione da incapiente. Il tribunale verifica che effettivamente non ha nulla intestato, che la sua ISEE è vicino allo zero, che non risultano prelievi strani o distrazione di beni (tutto è andato per sopravvivere). Decide quindi di cancellare tutti i suoi debiti immediatamente. Bruno torna ad essere un cittadino senza pendenze. Due anni dopo, per fortuna, trova un lavoro regolare e vince anche una piccola somma alla lotteria: dovrà comunicarlo all’OCC, e se quella somma supera il 10% dei suoi vecchi debiti (es. vince €20.000, cioè >10% di 150k), una quota di essa andrà distribuita ai vecchi creditori. Ma resta comunque un grande beneficio: anche se restituisse ad esempio €15.000 (10%), i restanti €135.000 di debiti pregressi rimangono cancellati per sempre.
Tabella riepilogativa delle procedure di sovraindebitamento (CCII)
Per ricapitolare le caratteristiche salienti delle diverse procedure previste dal Codice, la seguente tabella le confronta sinteticamente dal punto di vista dei soggetti ammessi, del meccanismo di approvazione e dell’esito finale per il debitore.
Procedura | Destinatari | Caratteristica chiave | Esito finale |
---|---|---|---|
Ristrutturazione debiti (consumatore) | Consumatori (persone fisiche non imprenditori) | Nessun voto dei creditori richiesto (omologa giudiziale) | Esdebitazione dei debiti residui |
Concordato minore (imprese minori, prof.) | Imprese minori, imprenditori individuali, professionisti | Richiede voto dei creditori ≥50% (silentium assensus); cram down fiscale possibile | Esdebitazione del debitore persona fisica a fine piano |
Liquidazione controllata | Qualsiasi debitore sovraindebitato (anche su istanza creditori) | Liquidazione di beni e redditi per 3 anni; nessun consenso creditori necessario | Esdebitazione automatica dopo 3 anni |
Esdebitazione incapiente | Debitore persona fisica senza beni né reddito aggredibile | Cancellazione dei debiti senza alcun pagamento; controllo su 4 anni successivi | Esdebitazione immediata (unica volta nella vita) |
(Legenda: consumatore = persona fisica non fallibile con debiti personali; impresa minore = imprenditore sotto soglie di fallibilità; cram down fiscale = omologazione nonostante dissenso del Fisco, se proposta più conveniente della liquidazione)*
Soluzioni amministrative con l’Agenzia Entrate-Riscossione: rateizzazioni e “pace fiscale”
Accanto alle procedure giudiziali sin qui descritte, esistono strumenti amministrativi che permettono al debitore di trattare direttamente con l’Agente della Riscossione (AdER) per gestire o ridurre l’esposizione debitoria. Queste soluzioni – come la rateizzazione delle cartelle o le definizioni agevolate note come rottamazioni – spesso rappresentano il primo tentativo per chi ha debiti fiscali, in quanto evitano di ricorrere subito al tribunale. Tuttavia, è importante capire che tali misure possono alleviare il debito ma non sempre lo risolvono in modo definitivo, specialmente se la situazione è gravemente compromessa. Di seguito analizziamo le principali opzioni di “dialogo” con il Fisco, aggiornate al 2024-2025.
A. Rateizzazione delle cartelle esattoriali
La rateizzazione è la soluzione più classica e immediata per chi si trova in temporanea difficoltà a saldare una o più cartelle di pagamento. Invece di pagare in un’unica soluzione, si chiede all’Agenzia Entrate-Riscossione di poter diluire l’importo in rate mensili, fino a diversi anni. Attualmente la normativa (art. 19 D.P.R. 602/1973 come modificato da D.Lgs. 212/2022 e D.Lgs. 42/2023) prevede due piani di dilazione standard:
- Piano “ordinario” (debito fino a €120.000): per importi relativamente contenuti, la legge consente una rateizzazione automatica fino a 72 o 84 rate senza necessità di provare lo stato di difficoltà economica. In particolare, per richieste presentate entro il 31 dicembre 2024, il massimo era 72 rate (6 anni) e dal 2025 è stato elevato a 84 rate (7 anni) per debiti ≤ €120.000. Questa soglia di €120.000 per singola istanza è stata introdotta di recente per ampliare l’accesso: fino a qualche anno fa il limite era €60.000. La domanda di dilazione “ordinaria” può essere presentata comodamente online tramite il servizio Rateizza adesso sul sito AdER, senza allegare ISEE né documenti: basta una dichiarazione di temporanea difficoltà e la rateizzazione viene concessa in automatico. Le prime rate saranno di importo costante con un interesse di dilazione (attualmente ~2% annuo) e non è richiesto alcun acconto iniziale.
- Piano “straordinario” (debito oltre €120.000 o rate >84): se l’importo della cartella (o dell’insieme di cartelle) supera €120.000, oppure se si vuole ottenere un numero di rate più elevato dell’ordinario, è necessario presentare una richiesta motivata allegando documentazione reddituale/patrimoniale. Per le persone fisiche serve l’ISEE del nucleo familiare; per le imprese, certi indici di bilancio (indice Liquidità Alfa e Beta). Occorre dimostrare l’obiettiva difficoltà economica a pagare in meno rate. Se l’AdER valuta positivamente, concede un piano fino a 120 rate mensili (10 anni). Le norme più recenti hanno introdotto una scala graduale: le richieste presentate nel 2025-2026 possono ottenere da 85 fino a 120 rate mensili massime; quelle nel 2027-2028 fino a 120 rate con un minimo di 97; quelle dal 2029 in poi da 109 fino a 120 rate. In pratica, dal 2029 quasi tutte le dilazioni ammesse con prova potranno essere estese al massimo decennale (109-120 rate). Va anche detto che se il debito è >€120.000, indipendentemente dall’anno di richiesta, si può sempre richiedere fino a 120 rate presentando i dati finanziari.
Nota 2025: Il D.Lgs. 29 luglio 2024 n.110 ha apportato modifiche incrementali al sistema di rateazione, come descritto sopra. Ad esempio, una domanda di rateizzazione straordinaria presentata nel 2025 può ottenere tra 85 e 120 rate, mentre dal 2029 in poi almeno 109 rate. Questa riforma graduale mira a rendere le dilazioni più sostenibili ampliando la durata consentita, in linea con l’aumento del costo della vita.
La rateizzazione blocca ogni azione esecutiva da parte dell’AdER, a condizione che il debitore rispetti le scadenze delle rate. Infatti, una volta concessa la dilazione, la cartella non è più esigibile in unica soluzione e l’Agente della Riscossione sospende i pignoramenti in corso (dal mese successivo alla domanda) e non procede con nuovi atti esecutivi. Attenzione però: se il debitore salta il pagamento di un certo numero di rate (oggi, tolleranza fino a 8 rate non pagate anche non consecutive), si verifica la decadenza della rateizzazione. Ciò comporta che l’intero debito residuo diventa immediatamente riscuotibile in unica soluzione, con ripresa di sanzioni e interessi come se la dilazione non fosse mai esistita. Inoltre, in caso di decadenza dopo il 2022, non è più possibile ottenere una nuova rateizzazione per quello stesso debito. È quindi fondamentale, per chi sceglie questa strada, essere molto rigorosi nel rispettare i pagamenti dilazionati.
In sintesi, la rateazione è uno strumento prezioso per guadagnare tempo e magari evitare misure aggressive (ipoteche, fermi, pignoramenti) in presenza di un debito altrimenti gestibile. Tuttavia non riduce l’ammontare dovuto: al contrario, comporta comunque il pagamento integrale di imposte, interessi (seppur ridotti al tasso legale) e aggi di riscossione. Se l’indebitamento complessivo è tale che diluire non basta (cioè se il debitore, pur con le rate, non riuscirà mai a coprire tutto), allora la rateizzazione serve solo a posticipare il problema. In queste situazioni di squilibrio strutturale, come vedemmo, è più indicato valutare le procedure concorsuali di sovraindebitamento, le uniche che consentono un taglio definitivo della porzione di debito impagabile.
(Esempio: Luca rateizza – e rischia) – Luca ha €90.000 di debiti da cartelle (IVA, IRPEF, multe), non vuole andare dal giudice e ottiene dall’AdER un piano in 72 rate da ~€1.300/mese. Purtroppo, il suo stipendio è di €1.800: tolta la rata, gli restano €500 per vivere, che non bastano. Luca dopo un anno inizia a saltare i pagamenti e alla 9ª rata non pagata decade dal piano. Ora deve €80.000 residui in un colpo solo; l’AdER riprende i pignoramenti (gli blocca 1/5 dello stipendio). Forse Luca avrebbe dovuto sin dall’inizio considerare un piano del consumatore per stralciare parte del debito, anziché una dilazione insostenibile. La rateizzazione è efficace solo se le rate sono calibrate sulla reale capacità di pagamento.
B. Definizioni agevolate e “pace fiscale” (situazione 2023-2025)
Periodicamente il legislatore ha varato misure di “pace fiscale”, cioè sanatorie che consentono di regolarizzare i debiti con il Fisco a condizioni agevolate. Queste misure sono straordinarie: hanno finestre temporali specifiche e non costituiscono un diritto permanente, bensì opportunità da cogliere entro termini fissati. Negli ultimi anni si sono susseguite varie edizioni:
- “Rottamazione” delle cartelle: termine colloquiale per le Definizioni agevolate dei carichi affidati all’Agente della Riscossione. La prima rottamazione fu nel 2016, poi replicate (rottamazione-bis nel 2017, ter nel 2018, quater nel 2023, ecc.). La rottamazione-quater più recente è stata prevista dalla Legge di Bilancio 2023 (L. 197/2022) e consentiva di estinguere i debiti affidati all’AdER dal 2000 al 30 giugno 2022 pagando solo l’imposta e le spese, con stralcio integrale di sanzioni, interessi di mora e aggio. Un notevole sconto dunque, specie per cartelle vecchie dove interessi e sanzioni potevano eguagliare il capitale. La rottamazione-quater richiedeva domanda entro il 30 giugno 2023 (poi prorogata al 31 ottobre 2023) e permetteva il pagamento in un massimo di 18 rate spalmate fino al 2027. Chi ha aderito deve ora rispettare il calendario: due rate nel 2023 (scadenze 31/10 e 30/11/2023), quattro l’anno nel 2024 e 2025, poi le ultime nel 2026-27.
- Saldo e stralcio: misura speciale prevista dalla Legge di Bilancio 2019 (L. 145/2018) per contribuenti persone fisiche in comprovata difficoltà economica (ISEE < €20.000). Consentiva di chiudere le cartelle relative a omessi versamenti tributari con un pagamento fortemente ridotto (dal 16% al 35% del dovuto) e abbattimento totale di sanzioni e interessi. Era limitata ai debiti fiscali e contributivi di persone in gravi condizioni e non è stata riproposta nelle edizioni successive di “pace fiscale”. Chi ne ha beneficiato ha dovuto pagare le rate entro il 2021. Attualmente (2025) non è attivo alcun saldo e stralcio generalizzato.
- Stralcio automatico mini-debiti: la L. 197/2022 ha previsto anche la cancellazione automatica dei debiti affidati ad AdER dal 2000 al 2015 di importo residuo fino a €1.000. Questo “stralcio mini-cartelle” è avvenuto il 31 marzo 2023: le cartelle rientranti sono state eliminate d’ufficio, con eccezione di alcuni debiti verso enti diversi dallo Stato (che alcune Regioni/Comuni hanno escluso dallo stralcio). Ciò ha alleggerito molti contribuenti da vecchie micro-pendenze.
- Ravvedimento operoso speciale: sempre la L. 197/2022 ha introdotto una misura per chi aveva violazioni tributarie formali o dichiarative: pagando una sanzione ridotta 1/18 si potevano regolarizzare errori nei dichiarativi (es. redditi non dichiarati) dilazionando il pagamento fino a 2024. Questo strumento è servito a mettersi in regola su imposte non versate volontariamente, ma non incide direttamente sulle cartelle esattoriali già emesse.
Stato attuale (luglio 2025): i termini per aderire alle sanatorie più recenti sono chiusi. In particolare, la rottamazione-quater ha chiuso le domande nel 2023. È stata però introdotta una riammissione nel 2025: il Decreto Milleproroghe 2025 (D.L. 198/2022 conv. L. 14/2023) ha previsto che i contribuenti decaduti dalla rottamazione-ter o quater per mancato pagamento delle rate 2023 potessero presentare istanza di riammissione entro il 30 aprile 2025. Chi ha presentato tale domanda ha ottenuto una seconda chance: doveva versare le rate scadute entro il 31 luglio 2025 (in unica soluzione o le prime due rate), e potrà proseguire con un nuovo piano di massimo 10 rate semestrali fino al 2027. Di fatto, il 2025 ha offerto questa opportunità di “resurrezione” dei piani agevolati per chi era incorso in decadenza a fine 2024.
Oltre a ciò, non vi sono al momento nuove rottamazioni in corso di adesione. Tuttavia, è possibile che future leggi di bilancio introducano ulteriori misure di definizione agevolata (si parla spesso di nuove “pace fiscale” in arrivo). Il debitore interessato dovrà tenersi aggiornato tramite le fonti ufficiali (Agenzia Entrate, MEF).
Per il debitore sovraindebitato, sfruttare queste misure agevolative è ovviamente conveniente quando disponibili: ad esempio aderire a una rottamazione può ridurre il carico fiscale ed evitare di dover ricorrere a un concordato per falcidiare le sanzioni, dato che vengono già annullate ex lege. Attenzione però: aderire a una sanatoria non sospende automaticamente le azioni esecutive come fa la procedura concorsuale; occorre sempre pagare le rate nei termini, altrimenti si perde il beneficio e le cartelle reviviscono per intero (senza possibilità di ulteriore rateizzo, in genere). Inoltre, in un contesto di sovraindebitamento generale, le sanatorie fiscali risolvono solo il pezzo di debiti con il Fisco: rimangono eventuali altri debiti finanziari o commerciali da gestire. Quindi, spesso la definizione agevolata si combina con una procedura più ampia. Ad esempio, un debitore potrebbe includere nel piano del consumatore l’obbligo di pagare le rate della rottamazione per i debiti fiscali (che così restano sanzioni zero) e proporre lo stralcio dei soli debiti bancari. È essenziale valutare caso per caso.
C. Limiti alle azioni di riscossione dell’Agenzia Entrate: cosa il Fisco non può pignorare
Un aspetto fondamentale, dal punto di vista del debitore, è conoscere i limiti legali entro cui l’Agente della Riscossione può procedere forzosamente. Spesso il terrore di vedersi portare via casa o stipendio induce scelte affrettate. In realtà la legge tutela alcuni beni e redditi ritenuti essenziali, ponendo vincoli al potere di pignoramento dell’Agenzia Entrate-Riscossione, per bilanciare l’interesse erariale con la dignità e i bisogni primari del contribuente. Ecco le principali protezioni:
- Stipendi, salari e pensioni: l’AdER può pignorare solo una porzione limitata delle somme da lavoro dipendente o pensione, con percentuali a scaglioni stabilite dall’art. 72-ter del D.P.R. 602/1973. Attualmente valgono queste fasce: Importo netto mensile Quota massima pignorabile Fino a €2.500 1/10 (10%) dello stipendio/pensione Da €2.500,01 a €5.000 1/7 (~14,3%) Oltre €5.000 1/5 (20%) Inoltre, vige la regola generale del codice di procedura civile che lascia impignorabile l’ultima mensilità di stipendio o pensione accreditata sul conto (nei limiti dell’importo equivalente al minimo vitale, circa €1.000). Quindi il Fisco non può mai prendersi l’intero reddito mensile del debitore: ad esempio, chi guadagna €1.500 netti subirà al massimo €150 di trattenuta; chi prende €3.000 netti subirà circa €428; chi ne prende €6.000 subirà €1.200. Questo consente al debitore di mantenere un minimo di mezzi per vivere e, se ben informato, di non lasciarsi spaventare da minacce esorbitanti.
- Prima casa (abitazione principale): la normativa attuale (art. 76 D.P.R. 602/1973) impedisce all’Agente della Riscossione di pignorare l’immobile che rappresenta l’unica casa di proprietà del debitore, a condizione che vi risieda anagraficamente e che non si tratti di abitazione di lusso (categorie catastali A/8 o A/9 escluse). Questo significa che se il debitore possiede una sola casa, in cui vive, e non è una villa signorile o castello, l’AdER non può espropriarla per i suoi debiti tributari. Ci sono però due limiti quantitativi da considerare: (1) il divieto opera solo se il debito complessivo con AdER è sotto €120.000 – soglia al di sopra della quale, teoricamente, l’ipoteca e il pignoramento sarebbero ammessi (ma in presenza di prima casa l’ipoteca può essere iscritta oltre €20.000, pur senza esproprio); (2) se il debitore ha più immobili, la “prima casa” perde la sua intangibilità (AdER potrebbe scegliere quale aggredire, fermo restando l’obbligo di iscrivere ipoteca almeno 6 mesi prima). In pratica, per il debitore proprietario della sola casa in cui abita, la legge offre una tutela fortissima: niente asta sulla casa, anche se i debiti fiscali sono elevati. Questa norma, introdotta nel 2013 e rafforzata poi, serve a evitare conseguenze sociali drammatiche (sfratti di famiglie per debiti tributari) e allinea l’Italia a paesi dove la homestead è protetta.
- Altri beni: restano applicabili i principi generali per cui sono impignorabili gli strumenti indispensabili per l’attività professionale del debitore (nei limiti del necessario per guadagnarsi da vivere) e alcuni beni di utilità quotidiana. L’AdER raramente pignora beni mobili diversi dall’auto, ma giova ricordare che c’è un minimo vitale tutelato anche sui conti correnti (un saldo fino a circa €1.500 non può essere completamente azzerato se derivante da accrediti stipendio/pensione). Anche l’auto, se necessaria per il lavoro e di valore modesto, spesso non viene pignorata (anche se legalmente potrebbe, superati €5.000 di debito, mediante fermo amministrativo).
Conoscere questi limiti consente al debitore di valutare con lucidità le opzioni: ad esempio, sapere che la propria prima casa è intoccabile può dare il coraggio di intraprendere una procedura concorsuale senza timore di perdere il tetto (la casa resta fuori dalla liquidazione controllata se rispetta quei requisiti). Analogamente, capire che l’AdER potrà al massimo prendere un quinto dello stipendio può far propendere per una soluzione giudiziale che magari riduca il debito residuo, anziché accettare piani di rientro eccessivamente onerosi. Naturalmente, va evitato l’eccesso opposto: alcuni debitori “fai da te” smettono di pagare confidando in queste protezioni, ma poi scoprono di avere due case o un reddito molto alto e subiscono pignoramenti sostanziosi. Ogni caso va analizzato attentamente, preferibilmente con un professionista, per non incorrere in errori di valutazione.
Conclusioni: scegliere la strategia giusta per uscire dal tunnel dei debiti
Affrontare il sovraindebitamento – specie quando coinvolge l’Agenzia delle Entrate – è una sfida complessa, ma non impossibile. Come abbiamo visto, l’ordinamento oggi offre un ventaglio di strumenti che, se ben utilizzati, possono condurre ad una soluzione equilibrata: da un lato garantire ai creditori (incluso il Fisco) il miglior soddisfacimento possibile dato il contesto, dall’altro liberare il debitore onesto dai debiti insostenibili dandogli la possibilità di ricominciare.
La prima regola per il debitore è non ignorare il problema: le cartelle esattoriali e gli altri debiti non scompaiono da soli e l’inazione porta solo all’aggravarsi della situazione (interessi che maturano, azioni esecutive che incidono sul patrimonio). Appena ci si rende conto di essere in una spirale di debiti fuori controllo, occorre agire.
Il secondo passo è un’analisi onesta e realistica della propria condizione: si tratta di una crisi temporanea o strutturale? Se il problema è temporaneo (es. un ritardo incassato, ma le prospettive di reddito restano buone), strumenti come la rateizzazione possono bastare a rimettersi in carreggiata. Se invece c’è un disequilibrio permanente tra debiti accumulati e capacità di rimborso (ad es. troppi debiti rispetto al reddito, o perdita definitiva di entrate), allora è il caso di considerare i rimedi più incisivi del Codice della Crisi. Riconoscere la gravità del sovraindebitamento è fondamentale per imboccare la via giusta ed evitare di perdere tempo (e denaro) in soluzioni tampone inefficaci.
Il ventaglio di opzioni va quindi tarato sulla situazione individuale. Dal punto di vista del debitore, possiamo schematizzare così:
- Se ho debiti sostenibili con qualche sforzo e temporanea liquidità insufficiente: → Rateizzazione o accordi transattivi diretti (magari con l’aiuto di un legale per negoziare piani ad hoc con i creditori principali).
- Se ho prevalenti debiti fiscali con sanzioni/ interessi elevati e c’è una finestra di pace fiscale aperta: → Rottamazione/Saldo e stralcio per ridurre carico fiscale, eventualmente combinato con piani di rientro volontari sugli altri debiti.
- Se ho troppi debiti e neanche in 10 anni riuscirei a pagarli tutti: → Procedure di sovraindebitamento (CCII): valutare con OCC un piano del consumatore se sono persona fisica, oppure un concordato minore se ho un’attività, per tagliare il debito e ottenere esdebitazione.
- Se non ho prospettive di pagare nulla di significativo: → considerare la liquidazione controllata (se ho qualche bene da liquidare in cambio dell’esdebitazione) oppure direttamente l’esdebitazione da incapiente (se davvero sono al punto zero e meritevole).
In tutti i casi, è caldamente consigliata l’assistenza di un professionista esperto in crisi da sovraindebitamento. Un avvocato o commercialista specializzato potrà: analizzare la posizione debitoria e reddituale, suggerire la procedura più adatta, predisporre la documentazione in modo completo (evitando intoppi dovuti a carte mancanti), dialogare efficacemente con l’OCC, il Tribunale e con l’Agenzia delle Entrate per conto del debitore. Spesso chi tenta il fai-da-te rischia di perdersi tra cavilli normativi o di non sfruttare appieno le opportunità offerte dalla legge.
Infine, dal punto di vista psicologico e umano, va ricordato che uscire dai debiti non è solo un fatto economico, ma può cambiare la vita. Liberarsi da un fardello debitorio consente di tornare a intraprendere iniziative, a consumare e produrre reddito senza la paura costante del pignoramento. Ecco perché il legislatore ha voluto questo percorso di riabilitazione: un debitore strozzato e senza via d’uscita è perso per l’economia, mentre un debitore che ha potuto ripulirsi diventa di nuovo un soggetto attivo e contribuente. Sfruttare in modo intelligente e corretto gli strumenti di sovraindebitamento è quindi nell’interesse non solo individuale, ma dell’intera collettività.
In sintesi: se vi trovate in difficoltà con i debiti fiscali (e non solo), sappiate che oggi esistono varie strade per risolvere il problema. Informatevi, chiedete aiuto qualificato, non vergognatevi (le crisi economiche capitano e la legge è lì per questo). Con il giusto approccio strategico, anche dal “tunnel del debito” si può vedere la luce in fondo e ricominciare.
Domande Frequenti (FAQ)
D: Ho accumulato molti debiti con l’Agenzia delle Entrate che non riesco a pagare. Cosa posso fare?
R: L’ordinamento prevede diverse soluzioni a seconda della tua situazione. In primo luogo, puoi valutare una rateizzazione delle cartelle se pensi di poter pagare gradualmente il debito (ma attenzione a non esagerare con rate troppo alte). Se il debito è molto elevato e include sanzioni, verifica se esiste una definizione agevolata (rottamazione) in corso: ad esempio, nel 2023 c’era la rottamazione-quater che tagliava sanzioni e interessi. Se però la tua difficoltà è più profonda (squilibrio stabile tra reddito e debiti), allora considera le procedure di sovraindebitamento previste dal Codice della Crisi. Se sei un consumatore, lo strumento più adatto è la ristrutturazione dei debiti (piano del consumatore); se sei un’impresa minore o professionista, il concordato minore. In alternativa c’è la liquidazione controllata se non riesci a sostenere un piano. Tutte queste procedure mirano a ottenere l’esdebitazione, ossia la cancellazione dei debiti che non riesci a pagare.
D: Sono un privato cittadino con debiti fiscali e altri debiti personali. Qual è lo strumento più efficace nel mio caso?
R: Per le persone fisiche non imprenditori (consumatori), la procedura generalmente più vantaggiosa è la Ristrutturazione dei debiti del consumatore. Il motivo è che questo piano del consumatore non richiede il consenso dei creditori: neanche l’Agenzia delle Entrate può opporsi, perché decide il giudice in sede di omologazione. Se il tuo piano è sostenibile (ad esempio proponi di pagare ciò che puoi effettivamente permetterti, magari tagliando sanzioni e parte del capitale) e sei in buona fede, il giudice può approvarlo rendendolo vincolante per tutti. In pratica è lo strumento che ti permette il massimo stralcio del debito possibile in base alla tua situazione, garantendoti la protezione dalle azioni esecutive già dall’ammissione. Naturalmente va preparato bene, con l’aiuto di un OCC, ma una volta omologato ti dà respiro e prospettiva di uscita.
D: Non possiedo alcun bene e il mio reddito è appena sufficiente a sopravvivere; non riuscirei a pagare nemmeno una minima parte dei miei debiti. C’è una soluzione anche per me?
R: Sì. Il Codice della Crisi prevede un’innovativa procedura chiamata esdebitazione del debitore incapiente. Se il Tribunale accerta che sei totalmente privo di capacità economica e patrimonio e che la tua insolvenza non deriva da condotte fraudolente o mala fede, può concederti la cancellazione immediata di tutti i debiti senza pagare nulla. È una misura straordinaria, utilizzabile solo una volta nella vita e con l’obbligo di comunicare eventuali miglioramenti economici nei 4 anni successivi. Ma rappresenta proprio una via d’uscita per chi è in condizioni disperate: resetta i debiti e ti dà la possibilità di ripartire da zero onestamente. Ti consiglio comunque di farti assistere da un OCC o avvocato nel presentare questa istanza, perché il giudice valuta con rigore la tua situazione.
D: L’Agenzia delle Entrate può pignorarmi la prima casa se ho un grosso debito?
R: In linea generale, no, se si tratta della tua unica casa di proprietà, quella in cui hai la residenza, e non è un immobile di lusso. La legge protegge la prima casa dall’espropriazione fiscale. Quindi l’AdER non può metterla all’asta per riscuotere, a differenza dei creditori privati (che però spesso trovano ostacoli in eventuali ipoteche bancarie, ecc.). Tieni presente però che: (1) l’AdER può iscrivere ipoteca sulla casa (se il debito supera €20.000), il che vincola l’immobile e potrebbe creare problemi se vuoi venderlo, anche se non può espropriarlo; (2) se hai altre case o immobili, la protezione cade: il Fisco potrebbe scegliere di agire su quelli. Inoltre, il debito deve essere sotto €120.000 per impedire il pignoramento (sopra tale soglia in teoria sarebbe ammissibile, anche se la prima casa per ora resta salva per legge). Insomma, se hai una sola casa dove abiti, è altamente improbabile perderla per debiti fiscali.
D: Ho avviato una rateizzazione delle cartelle: significa che ho risolto il mio sovraindebitamento?
R: La rateizzazione aiuta a gestire temporaneamente il debito diluendolo, ma non lo riduce e non “cancella” nulla. Se il tuo squilibrio è solo transitorio, la dilazione potrebbe bastare: riuscirai a pagare tutte le rate e a saldare il debito nei 6–10 anni previsti. In tal caso, bravo, avrai risolto senza procedure concorsuali. Tuttavia, se il tuo sovraindebitamento è grave (cioè i debiti complessivi superano di molto le tue capacità), la rateizzazione potrebbe non essere sufficiente o addirittura aggravare il problema: rischi di ritrovarti comunque insolvente dopo aver pagato alcune rate, perdendo il beneficio e magari avendo intaccato inutilmente risorse che potevi destinare a un accordo più equilibrato. In questi casi la rateazione è solo un palliativo. Valuta quindi bene: se con le rate arrivi a pagare solo interessi senza scalfire il capitale, o se l’importo mensile che riesci a permetterti copre a malapena le nuove cartelle che arrivano, forse è il caso di fermarsi e considerare un piano di sovraindebitamento che ristrutturi il debito in modo definitivo. Spesso la rateizzazione è ottima per debiti piccoli o medi e per chi ha redditi stabili; ma per debiti enormi rispetto al reddito, meglio pensare a soluzioni di saldo a stralcio legale mediante il tribunale. In ogni caso, se hai già una rateizzazione in corso e stai faticando, sappi che potresti comunque accedere alle procedure di composizione della crisi: il piano concordatario può includere la modifica delle condizioni di pagamento al Fisco (soggetto ovviamente all’omologa del giudice).
D: Posso accedere alle procedure di sovraindebitamento anche se il mio unico creditore è l’Agenzia delle Entrate?
R: Sì. Non è necessario avere più creditori. In passato si discuteva se con un solo creditore (monocreditorìa) fosse ammissibile la procedura, ma attualmente la normativa non richiede la pluralità dei creditori e la giurisprudenza conferma che si può procedere anche col solo Fisco come controparte. Ad esempio, ci sono stati casi di concordato minore con unico creditore Agenzia Entrate, e i tribunali li hanno ammessi valutando comunque la convenienza della proposta per l’Erario. Quindi, se tutto il tuo debito è verso AdER, puoi comunque proporre un piano del consumatore o un concordato minore. Sarà importante in tali casi dimostrare che la tua proposta non lede l’interesse pubblico: come detto, il giudice verificherà che quello che offri al Fisco è meglio di ciò che otterrebbe pignorandoti quel poco che hai. Se la condizione è soddisfatta, omologherà il piano anche senza il consenso dell’AdER. Quindi non temere di essere escluso solo perché hai un solo creditore: la legge vuole aiutare i sovraindebitati meritevoli anche in quei frangenti.
D: Cosa succede se, dopo l’omologazione di un piano o concordato, non riesco a rispettare i pagamenti previsti?
R: L’inadempimento del debitore alle obbligazioni assunte nel piano può portare alla revoca della procedura e far decadere i benefici. In particolare, nelle ristrutturazioni del consumatore e concordati minori, se il debitore non esegue quanto stabilito (oltre i margini di tolleranza eventualmente fissati dal giudice), il Tribunale – su istanza di un creditore o del Gestore – può dichiarare la risoluzione dell’accordo. A quel punto i creditori riacquistano pieni diritti sui loro crediti originari (al netto di quanto eventualmente già percepito) e possono riprendere le azioni esecutive. In certe situazioni, il giudice può convertire la procedura in liquidazione controllata d’ufficio, specialmente se l’inadempimento avviene per causa non volontaria (es. peggioramento ulteriore delle condizioni del debitore). Quindi è fondamentale essere realistici quando si propone un piano: meglio offrire un 20% che si riesce a pagare, piuttosto che promettere il 50% e poi fallire nei pagamenti. Anche perché una volta risolta la procedura per inadempimento, sarà più difficile essere riammessi a una nuova procedura per gli stessi debiti. Negli accordi di composizione ante 2022 c’era la possibilità per i creditori di chiedere il fallimento del debitore risolto, ma oggi per i non fallibili questa ipotesi non c’è; resta però il fatto che torneresti esposto ai pignoramenti. In breve: rispetta scrupolosamente il piano omologato, oppure comunica tempestivamente all’OCC eventuali difficoltà per cercare soluzioni (a volte il giudice può autorizzare modifiche ai termini, se condivise coi creditori, per evitare la risoluzione).
Fonti normative e riferimenti utili
- Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza – D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (come modificato da D.Lgs. 83/2022) – Articoli 2 (definizioni), 65-83 (procedure di composizione da sovraindebitamento), 268-277 (liquidazione controllata), 282-284 (esdebitazione).
- Legge 27 gennaio 2012, n. 3 – (abrogata) Disposizioni in materia di composizione delle crisi da sovraindebitamento – Prima disciplina organica sul sovraindebitamento, ora sostituita dal CCII.
- Decreto Legge 137/2020 (“Ristori”) conv. L. 176/2020 – Ha introdotto nell’emergenza Covid importanti novità nella L.3/2012: esdebitazione del debitore incapiente, aumento tolleranza rate non pagate, ecc., poi confluite nel Codice della Crisi.
- D.Lgs. 29 luglio 2024, n. 110 – Riforma della riscossione dal 2025: nuove soglie e gradini per le rateizzazioni delle cartelle (modifiche all’art. 19 DPR 602/1973). Stabilisce l’aumento del numero massimo di rate concesse senza prova (84→108) e con prova (120 fisse) secondo l’anno di richiesta.
- Legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Legge di Bilancio 2023) – Art. 1, commi 231-252: Definizione agevolata 2023 (“rottamazione-quater”) per debiti 2000-2022; commi 222-230: Stralcio automatico debiti ≤€1000; commi 174-178: Ravvedimento speciale operoso.
- Decreto Legge 30 marzo 2023, n. 34 (“Decreto Bollette”) conv. L. 56/2023 – Inter alia, proroga al 30/6/2023 dei termini di adesione alla rottamazione-quater.
- Decreto Legge 29 dicembre 2022, n. 198 (“Milleproroghe 2023”) conv. L. 14/2023 – Ha previsto la riammissione entro aprile 2025 per i decaduti dalla rottamazione-quater, con nuove scadenze fino al 2027.
- D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 72-ter, 76 – Norme sulla riscossione delle imposte: pignorabilità di stipendi/pensioni (limiti 1/10, 1/7, 1/5); divieto di ipoteca/esproprio prima casa (unico immobile non di lusso).
- Giurisprudenza recente di merito e legittimità:
- Cass., Sez. Unite civili, 25 marzo 2021 n. 8504: principio di concorsualità vs interesse fiscale nel sovraindebitamento; conferma ammissibilità procedure anche con unico creditore pubblico.
- Cass., Sez. I, 31 maggio 2023 n. 15359: sul piano del consumatore (L.3/2012) evidenzia la duplice finalità di soddisfare i creditori e liberare il debitore, esigendo correttezza e completezza nella proposta.
- Cass., Sez. I, 10 gennaio 2024 n. 1033: definisce il cram down fiscale una “dirompente novità” per superare ingiustificate resistenze dei creditori pubblici nelle soluzioni concordate.
- Cass., Sez. I, 31 dicembre 2024 n. 35085: in tema di concordato preventivo (principio applicabile anche al minore), ribadisce la prevalenza della ratio concorsuale su quella fiscale, indicando che il giudice deve bilanciare l’interesse erariale con la convenienza concorsuale complessiva.
- Corte Appello Venezia, 10 ottobre 2024: caso di concordato minore con debito erariale predominante; afferma che il cram down non consente di superare sempre il voto contrario del Fisco, ma solo se tale dissenso è irragionevole. Ravvisa abuso del concordato minore quando usato unicamente per eliminare il grosso debito fiscale senza reale piano di risanamento.
- Tribunale di Genova, 29 settembre 2023: conferma ammissibilità di procedura con unico creditore Fisco, evidenziando che l’Amministrazione finanziaria deve valutare la convenienza rispetto all’alternativa liquidatoria e non può opporsi irragionevolmente (richiamo a principi di buona fede costituzionale).
- Tribunale di Ferrara, 28 dicembre 2024: ha negato l’esdebitazione dell’incapiente ritenendo non soddisfatte le condizioni (caso di presumibile non meritevolezza); mostra l’attenzione rigorosa con cui i tribunali vagliano queste istanze estreme.
Hai troppi debiti con l’Agenzia delle Entrate? Fatti Aiutare da Studio Monardo
Se hai ricevuto cartelle esattoriali, accertamenti fiscali, avvisi di pagamento o sei iscritto a ruolo con importi che non riesci più a sostenere, sei in sovraindebitamento verso l’Agenzia delle Entrate.
Il rischio è concreto: fermi amministrativi, pignoramenti, ipoteche e blocchi dei conti.
Ma c’è una via d’uscita: la legge ti permette di ristrutturare o addirittura cancellare il debito, se agisci in tempo.
Quando si parla di sovraindebitamento fiscale?
Il sovraindebitamento con il Fisco si verifica quando:
- 🧾 Le cartelle superano la tua capacità di pagamento
- 📉 Non riesci a saldare né rateizzare i debiti esistenti
- ⚠️ Sei a rischio esecuzioni forzate o sei già oggetto di azioni aggressive
- 🧓 Sei un ex imprenditore, un libero professionista o un privato travolto da sanzioni, interessi e spese
Anche i debiti IVA, IRPEF, IMU, IRES, INPS o accise possono essere inclusi in una procedura di soluzione.
Come si risolve il sovraindebitamento con l’Agenzia delle Entrate?
✅ Valuta la tua posizione
- Fai un bilancio completo: debiti, creditori, redditi, beni
- Verifica se ci sono cartelle prescritte, vizi formali, sanzioni illegittime
✅ Avvia una procedura di composizione della crisi
La legge 3/2012 e il Codice della crisi ti permettono di accedere a:
- Piano del consumatore (per persone fisiche)
- Concordato minore (per partite IVA, professionisti, imprenditori)
- Liquidazione controllata (se non puoi offrire un piano di rientro)
- Esdebitazione dell’incapiente (per chi non ha nulla da offrire)
Con queste procedure puoi bloccare le azioni dell’Agenzia delle Entrate e proporre un pagamento ridotto e sostenibile.
🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo
📂 Analizza i tuoi debiti fiscali e le cartelle esattoriali ricevute
✍️ Redige il piano da presentare al tribunale per proteggerti legalmente
🔁 Ti rappresenta nella procedura di composizione della crisi
⚖️ Blocca pignoramenti, fermi auto e iscrizioni ipotecarie
🏛️ Ti assiste anche in caso di segnalazioni in Centrale Rischi e in presenza di altri debiti
🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
✔️ Esperto in crisi da sovraindebitamento e diritto tributario
✔️ Gestore della crisi iscritto al Ministero della Giustizia
✔️ Difensore di famiglie, professionisti e imprenditori sovraindebitati
✔️ Consulente per piani omologati con forte riduzione del debito
Conclusione
Il sovraindebitamento con il Fisco non è la fine: è un problema che ha una soluzione.
Con una procedura legale ben strutturata puoi tornare a respirare, bloccare i creditori e ripartire.
📞 Richiedi ora una consulenza riservata con l’Avvocato Giuseppe Monardo: il primo passo per uscire dal debito è affidarti a chi sa come farlo.