Hai chiuso il tuo pub o birreria, ma ora ti ritrovi con debiti che non riesci più a gestire? Se dopo aver spento le luci del tuo locale continuano ad arrivare cartelle esattoriali, solleciti di pagamento, richieste da banche e fornitori, devi sapere che ci sono soluzioni legali per difenderti e ricominciare.
I debiti restano anche se l’attività è chiusa?
Sì, se gestivi il pub come ditta individuale o hai firmato garanzie personali, i debiti ricadono direttamente su di te, anche dopo la cessazione dell’attività. Tra i debiti più comuni per chi ha gestito un pub o una birreria ci sono:
– Tasse non versate (IVA, IRPEF, contributi INPS)
– Fornitori di bevande, alimenti, arredi e materiali promozionali
– Rate di finanziamenti e leasing per ristrutturazioni o attrezzature
– Fideiussioni bancarie personali
– Canoni di affitto non pagati o penali contrattuali
Cosa rischi concretamente?
– Pignoramento del conto corrente o dello stipendio
– Fermo amministrativo dell’auto personale
– Ipoteca sulla casa o su altri beni
– Segnalazione come cattivo pagatore in banca dati
– Azioni legali e decreti ingiuntivi da parte dei creditori
Come puoi difenderti legalmente?
La legge oggi prevede strumenti efficaci per chi ha avuto un’attività in proprio e si trova in stato di sovraindebitamento. Anche da ex titolare puoi:
– Bloccare subito le azioni esecutive
– Proporre un piano di rientro dei debiti sostenibile
– Ottenere la cancellazione dei debiti non più pagabili
Quali sono gli strumenti a tua disposizione?
– Concordato minore: se hai qualche entrata e puoi offrire una proposta ai creditori
– Liquidazione controllata: se non hai patrimonio da mettere sul piatto
– Esdebitazione dell’incapiente: se sei senza reddito e agisci in buona fede
Cosa non devi fare mai?
– Pensare che i debiti si cancellino da soli con il tempo
– Firmare altri finanziamenti per pagare quelli vecchi
– Trascurare cartelle, solleciti o atti giudiziari
– Fidarti di soluzioni non legali o poco chiare
Anche se hai chiuso il tuo pub, puoi uscire dai debiti in modo sicuro, legale e definitivo.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in crisi da sovraindebitamento e tutela dell’ex imprenditore – ti spiega cosa puoi fare se, dopo aver gestito una birreria o un pub, ti ritrovi pieno di debiti personali.
Hai lasciato le chiavi del locale, ma non riesci a liberarti dai creditori?
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Introduzione
Un ex titolare di pub/birreria può trovarsi con debiti di vario tipo (tributari, contributivi, commerciali, bancari, ecc.), assunti sia personalmente che tramite la società. La prima cosa da fare è inquadrare correttamente la situazione giuridica: se l’attività era gestita come impresa individuale o in società di persone (SNC/SAS), il titolare risponde illimitatamente delle obbligazioni aziendali con il proprio patrimonio; se invece era S.r.l., l’autonomia patrimoniale perfetta normalmente tutela l’amministratore/socio, a meno di azioni fraudolente (Cass. 8696/2025). In particolare, la Corte di Cassazione ha di recente confermato che l’amministratore di S.r.l. non è personalmente responsabile per i debiti fiscali della società cancellata, in mancanza di norma di successione. Analogamente, le Sezioni Unite hanno stabilito che gli ex soci di società di capitali rispondono dei debiti residui della società liquitata solo per le somme effettivamente ricevute in liquidazione. In altre parole, dopo lo scioglimento e la cancellazione societaria non opera una successione automatica dei debiti, ma occorre verificare quanto ciascun socio ha percepito.
Le tipologie di debito cui può essere esposto il debitore (e l’ex titolare) includono:
- Debiti fiscali: IVA non versata, Irpef/Irpef dovuta, Irap, altri tributi locali e regionali. In crisi d’impresa questi debiti seguono regole particolari (non prededucibilità dell’IVA, ecc.), ma è possibile proporre una transazione fiscale (accordo con Agenzia Entrate e INPS) per ridurre e dilazionare il debito.
- Debiti previdenziali: contributi INPS/INAIL non versati sui dipendenti o sull’amministratore stesso. Questi crediti possono essere oggetto di transazione contributiva (simile alla transazione fiscale) o rateizzazioni agevolate. L’INPS rilascia il CUDC (certificazione unica dei debiti) utile per ogni procedura.
- Debiti contrattuali/finanziari: debiti verso fornitori, banche o finanziarie, affitti non pagati, utenze, ecc. Tali debiti sono generalmente “chirografari” (pari grado) nelle procedure concorsuali, ma possono essere oggetto di piano di ristrutturazione (concordato o composizione negoziata).
- Debiti personali: addebiti derivanti da carte di credito o prestiti intestati alla persona fisica (ad esempio, ex titolare che ha garanti personali). Questi possono rientrare eventualmente in un “piano del consumatore” (se la persona ha reddito da lavoro dipendente).
Una tabella sintetica può aiutare a inquadrare la responsabilità del debitore in base alla forma giuridica:
Situazione giuridica | Responsabilità residua del titolare |
---|---|
Impresa individuale | Responsabilità illimitata: il titolare risponde con tutti i beni (attivi, anche immobili) per i debiti dell’impresa. |
Società di persone (SNC, SAS) | Soci illimitatamente e solidalmente responsabili: ogni socio risponde con il proprio patrimonio dei debiti sociali. |
Società di capitali (S.r.l., S.p.A.) | Responsabilità limitata al capitale conferito. Dopo scioglimento/liquidazione: Cass. 8696/2025 conferma che l’ex amministratore non risponde dei debiti sociali (IVA, IRES, ecc.); gli ex soci rispondono solo per quanto effettivamente liquidato loro. |
Debiti tributari personali del debitore | Se il debito è della persona (es. IRPEF da lavoro autonomo passato), resta personale: si può cercare soluzione tramite piano del consumatore (se c’è reddito fisso) o accordi con Fisco. |
Debiti sovraindebitamento “familiari” | Debiti di persone fisiche (es. piccole ristrutturazioni di immobili, contratti personali): rientrano nel Piano del consumatore o in procedure di sovraindebitamento familiare. |
In generale, il legislatore favorisce il debitore onesto in difficoltà: il Codice della Crisi (D.Lgs. 14/2019 e successive modifiche) e la riforma “Correttivo” (D.Lgs. 136/2024) hanno introdotto strumenti flessibili per superare l’insolvenza. L’orientamento del favor debitoris chiede di facilitare soluzioni senza interpretazioni restrittive. Negli ultimi anni sono nate procedure sia stragiudiziali che concorsuali che permettono di negoziare i debiti o di ripianarli gradualmente. Ad esempio, il Codice della crisi (D.Lgs. 14/2019) definisce la “crisi” come uno squilibrio patrimoniale/profittevole e impone all’imprenditore l’obbligo di affrontarla (segnalando la crisi, nomina di esperti, ecc.). Il Decreto Correttivo 136/2024 (entrato in vigore il 28/9/2024) ha rafforzato vari strumenti: potenziando la composizione negoziata con agevolazioni (es. trattative accelerate, libertà per imprese sotto soglia) e ampliando il concordato minore e i meccanismi fiscali di “cram-down”.
Strumenti di composizione della crisi
- Composizione negoziata della crisi (art. 67 e ss. CCII) – È una procedura volontaria e stragiudiziale che permette all’imprenditore (anche società di capitale/persone) in difficoltà di negoziare un accordo con tutti i creditori (banche, fornitori, Agenzia Entrate, INPS) prima che scatti formalmente l’insolvenza. Un professionista (OCC, nominato dal Tribunale/CCIAA) assiste debitore e creditori nella trattativa. Il vantaggio è la gestione riservata, con sospensione potenziale delle azioni esecutive nei 90 giorni di trattativa. Il Correttivo 2024 ha introdotto facilitazioni: procedure semplificate per imprese sotto soglia, esenzioni spese, ecc.. Questa procedura conviene quando l’attività ha prospettive di risanamento e si vuole mantenere la continuità, e in presenza di debiti non altissimi. In pratica si predispone un piano di pagamenti (dilazioni, riduzioni, patteggiamenti fiscali), lo si offre ai creditori con l’assistenza dell’esperto e si spera di ottenere un voto favorevole (o in assenza di opposizione formale). Se gli accordi falliscono, generalmente non si perde il diritto di chiedere il concordato o altra procedura, ma è comunque un segnale positivo se attuato per tempo.
- Concordato minore (art. 168 CCII) – È una procedura giudiziale di composizione della crisi introdotta dal Codice della crisi e rivolta ai “debitore non fallibili” (imprenditori piccole dimensioni, professionisti, soci di SNC/SAS, ecc.). Sono ammessi solo soggetti con limiti di bilancio: attivo ≤ 300.000€, ricavi ≤ 200.000€, debiti ≤ 500.000€ (su tre anni). Il concordato minore è l’equivalente del “piccolo concordato preventivo” e permette di proporre un piano di ristrutturazione dei debiti, con offerta di soddisfazione parziale a tutti i creditori (compresi Fisco e INPS). L’accordo si approva con il voto favorevole del 50% dei crediti (in luogo del 60% del concordato ordinario). In questa procedura l’imprenditore conserva la gestione dell’attività, propose il piano con allegati (bilancio, relazione tecnico-economica, ecc.) e un commissario giudiziale controlla tutto. Anche qui si può includere una transazione fiscale nei termini del concordato (in pratica l’Agenzia può tagliare tributi e contributi se conviene). Dopo l’omologazione, il debitore esegue il piano e poi ottiene l’esdebitazione, cioè la cancellazione dei debiti residui senza dolo.
- Concordato preventivo ordinario (artt. 86-101 CCII) – Si applica agli imprenditori soggetti alle procedure concorsuali più “grandi” (fuori soglia) e può essere in continuità o liquidatorio. Anche questo prevede un piano di ristrutturazione che coinvolge tutti i creditori e viene approvato con una maggioranza rafforzata (50% in valore e il 50% dei tipi di creditori) e omologato dal Tribunale. È più complesso e costoso, ma consente un “block” generale sui debiti e può comprendere piani di continuità aziendale (salvataggio dell’azienda) oppure di liquidazione delle attività. Nel piano è possibile inserire transazioni fiscali e contributive per scontare i debiti con fisco/Inps, ma le soglie di voto e i vincoli sono più rigidi.
- Liquidazione controllata (art. 169 CCII) – È una procedura liquidatoria per debitori non fallibili. L’imprenditore chiede al Tribunale di liquidare il proprio patrimonio (ad esempio vendendo beni o azienda) per pagare i creditori. Viene nominato un liquidatore che smobilizza l’attivo e ripartisce il ricavato. Questa procedura è simile al “liquidazione coatta amministrativa” ma su base volontaria, e solitamente viene scelta quando non ci sono possibilità di continuare l’attività. Permette di evitare il fallimento formale (ora “liquidazione giudiziale”) e di accedere all’esdebitazione finale una volta terminata la liquidazione.
- Piano del consumatore (L. 3/2012) – Anche se questa procedura era pensata per persone fisiche con debiti non professionali, può essere rilevante se l’ex titolare si trova con debiti personali (ad es. era ditta individuale e ora non esercita più). Consiste nel chiedere al Tribunale di approvare un piano di pagamento sostenibile rispetto al proprio reddito (stipendio, pensione). Sono ammessi solo debiti personali (non collegati all’impresa) e non è richiesta la votazione dei creditori. Il debitore propone al giudice un piano di dilazioni, anche cedendo parte del quinto dello stipendio, e dopo l’approvazione ottiene l’esdebitazione dei residui. Il piano del consumatore è indicato soprattutto se l’ex imprenditore ora è privato con un reddito fisso e vuole chiudere le posizioni debitorie senza procedure concorsuali formali.
- Accordi transattivi fiscali e previdenziali – In sede di concordato o di composizione (anche in piani del consumatore alcuni tributi), si possono trattare i debiti verso Fisco e INPS con forme di transazione. In pratica, il debitore propone agli enti (Agenzia Entrate, INPS) di pagare solo una parte del debito, magari con rata unica o rate più brevi, in cambio della cancellazione del resto. La Legge di Bilancio 2023 (D.L. 69/2023) ha introdotto norme di cram-down fiscale, rendendo più agevole per i tribunali omologare queste transazioni anche in presenza di dissenso dell’Erario. Nel concordato minore, per esempio, non serve più istituire una procedura separata per la transazione fiscale (come nel concordato ordinario): bastano le proposte incluse nel piano e il voto favorevole o il silenzio-rifiuto degli enti. Anche il pagamento rateale ordinario (es. 72 o 120 rate per le cartelle esattoriali) rimane sempre un’opzione difensiva: per debiti fiscali fino a 120.000€ il debitore può chiedere fino a 72 rate (o 120 rate in alcuni casi straordinari). In ogni caso, bisogna sempre includere nelle trattative le posizioni del Fisco e degli enti previdenziali – l’Agenzia delle Entrate e l’INPS possono votare il piano concordatario come creditori normali e, anzi, spesso è preferibile coinvolgerli prima possibile depositando le proposte via PEC.
- Rateizzazione e strumenti deflattivi straordinari – A livello fiscale e contributivo il debitore può ricorrere a vari strumenti ordinari: dall’ordinaria rateizzazione dei contributi (art. 19 D.Lgs. 218/1997) alla possibilità di “saldo e stralcio” (iscritto nella legge di bilancio 2023 per posizioni entro certi limiti) o eventuali rottamazioni pendenti. È bene verificare se si è in tempo per sanare con definizioni agevolate alcune posizioni. In caso di pignoramenti fiscali o ipoteche erariali, occorre sapere che lo Stato gode di privilegi (per esempio ipoteca giudiziale di 5° grado sugli immobili), ma questo non significa che il debitore non possa comunque difendersi opponendo vizi formali o proponendo misure di salvaguardia.
Strategie difensive nelle esecuzioni e nel contenzioso tributario
- Opposizioni: se esistono pignoramenti (immobili, mobili, conti correnti) già avviati, il debitore può proporre opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.) per far valere vizi procedurali o eccezioni come l’eccesso di esproprio. Analogamente, contro un decreto ingiuntivo può presentare opposizione (art. 645 c.p.c.) se il credito è inesistente o già pagato. Tutto ciò richiede un avvocato e deve avvenire nel termine di legge (svariati mesi dal pignoramento).
- Opposizione cartelle e avvisi: se il debito è fiscale o contributivo, va verificata la regolarità degli atti di accertamento sottostanti. Si possono impugnare in Commissione Tributaria (entro 60 giorni dalla notifica dell’atto) gli avvisi di accertamento o le cartelle esattoriali illegittime. A volte il Fisco notifica cartelle senza aver fatto prima un valido accertamento: l’assenza di quest’ultimo può essere motivo di impugnazione. C’è anche l’istituto della “remissione in bonis” (DLgs. 218/97 art. 38) che permette di considerare regolari alcuni ritardi se non c’è dolo.
- Prescrizione e decadenza: i debiti tributari si prescrivono generalmente in 10 anni dal termine dell’anno di imposta (art. 2948 c.c.), mentre per quelli certificati (es. cartelle) variano i termini. Verificare se si può eccepire prescrizione o decadenza del termine di riscossione. Ad es., una cartella notificata dopo 5 anni dall’inaccertabilità può essere inefficace.
- Contenzioso penale-tributario: se nel frattempo il debitore (o l’ex titolare) ha commesso omissioni gravi (e.g. IVA non versata volontariamente), si può aprire un procedimento penale per reati tributari. In genere, però, come dice la Cassazione, “omesso versamento” di per sé non è reato a meno che non sussistano specifiche condotte fraudolente (dichiarazione fraudolenta, indebita compensazione). In ogni caso, se anche si dovesse andare in fase penale, esistono rimedi deflattivi (patteggiamento o causa di non punibilità per tenuità) che richiedono una difesa mirata. L’importante è dimostrare la buona fede (ad es. falsa facta causa di tenuità).
Esdebitazione e “seconda opportunità”
Una volta esaurito il piano (concordato o sovraindebitamento), il debitore può chiedere esdebitazione: cioè l’estinzione dei residui debiti non pagati. La legge richiede l’assenza di condotte fraudolente del debitore (art. 142 L. fall. e art. 280 CCII). Dal 2022 il requisito oggettivo (percentuale di pagamenti) è stato eliminato: adesso il giudice può cancellare i debiti residui anche se l’attivo liquido è irrilevante, purché il debitore non abbia commesso dolo o distrazione dei beni. La Cassazione (es. n. 28505/2024) ha confermato che “una volta escluso il dolo, il debitore non può essere ostacolato dall’aver un patrimonio ‘irrisorio’”. Quindi, in pratica, se l’ex titolare ha seguito regolarmente la procedura concordataria o di liquidazione e non ha condotte illecite, può ottenere la liberazione finale dai debiti scaduti, anche fiscali. In aggiunta, esiste l’esdebitazione senza utilità (o dell’incapiente), introdotta per cittadini in “situazione meritevole”, che consente di cancellare i debiti ancora senza alcun pagamento se non si hanno utilità attuali. Il debitore di solito chiede al giudice l’esdebitazione al termine della procedura; per esempio, nel concordato il piano prevede esplicitamente di versare tutto il versabile e richiede l’esdebitazione del resto. È una misura “ultimo rimedio” che offre al debitore fallito un “nuovo inizio” se onesto.
Tabelle riepilogative
Strumento | Debitori ammessi | Debiti trattati | Effetti principali |
---|---|---|---|
Composizione negoziata (art.67 CCII) | Imprese in crisi non insolventi | Tutti (tributari, previdenziali, commerciali) | Accordo extragiudiziale, sospende azioni esecutive, redige piano di rientro. |
Concordato preventivo ordinario (artt.86+) | Imprenditori “maggiori” (oltre soglie) | Tutti (anche fiscali, contributivi) | Piano giudiziale che impegna tutti i creditori, possibile cram-down fiscale. |
Concordato minore (art.168 CCII) | Debitori “non fallibili” (piccoli) | Tutti (anche tributi e contributi) | Procedura semplificata, piano votato dal 50% dei crediti, continua l’attività. |
Liquidazione controllata (art.169 CCII) | Debitori “non fallibili” con crisi | Tutti (finalizzato alla liquidazione dell’attivo) | Vendita beni, liquidazione del patrimonio per soddisfare i creditori. |
Piano del consumatore (L.3/2012) | Persone fisiche con reddito certo | Debiti personali (non d’impresa) | Piano giudiziale di rientro basato sul reddito, con esdebitazione finale. |
Transazione fiscale (art.63 CCII) | Debitori in concordato o preconcordato | Debiti fiscali/previdenziali | Accordo con Fisco/INPS: riduce e diluisce i debiti tributari. |
Rateizzazioni e deflattori fiscali | Qualsiasi debitore fiscale/contributivo | Debiti tributarî e contributivi | Dilazione dei pagamenti; possibili pacchetti come “saldo e stralcio”. |
Domande frequenti (FAQ)
- Domanda: Cos’è la composizione negoziata e quando conviene ricorrervi?
Risposta: È una procedura volontaria e assistita dal professionista che aiuta a negoziare in via stragiudiziale un piano di ristrutturazione con tutti i creditori, inclusi Erario e INPS. Conviene avviarla ai primi segnali di difficoltà (quando l’impresa è ancora in “tensione” ma non è ancora formalmente fallita), per guadagnare tempo e cercare accordi col fisco e i fornitori mantenendo il controllo dell’attività. Funziona bene se i debiti non sono superiori alle soglie concorsuali e se l’imprenditore ha concrete possibilità di ripresa. - Domanda: Qual è la differenza tra transazione fiscale e concordato in continuità?
Risposta: La transazione fiscale (art.63 CCII) è un accordo con Agenzia delle Entrate e INPS per pagare una quota ridotta e dilazionata solo dei debiti tributari e contributivi. Il concordato in continuità è invece un piano complessivo che riguarda tutti i creditori (privati e pubblici) e prevede la prosecuzione dell’attività aziendale. Spiegazione pratica: nella transazione fiscale negozi solo tributi (ottenendo uno “sconto” sulle cartelle), mentre nel concordato proponi un piano unico in cui possono essere inclusi anche fornitori e banche. Spesso, però, si integra una nell’altra: di solito nel piano concordatario proponi anche una transazione fiscale come parte del piano. - Domanda: Gli amministratori rischiano sanzioni penali per debiti fiscali non versati?
Risposta: In linea generale, la Cassazione insegna che non esiste responsabilità penale automatica per un amministratore che non versa l’IVA della società. È necessario un dolo specifico (per esempio, dichiarazioni fraudolente) perché si configuri evasione fiscale. Civilmente, l’amministratore può rispondere solo per interessi e sanzioni civili non versati (non per l’intero tributo). Attenzione però: se l’amministratore non ha adempiuto all’obbligo di segnalare lo stato di crisi al tribunale (art. 375 CCII) o ha commesso distrazioni/falsificazioni contabili, potrebbe configurarsi bancarotta o responsabilità penale (bancarotta fraudolenta). Quindi la prudenza è non trascurare ritardi fiscali, ma il semplice debito IVA da solo di norma non attiva sanzioni penali contro l’ex titolare. - Domanda: L’INPS e l’Agenzia Entrate partecipano al concordato?
Risposta: Sì. Dal punto di vista formale, sia l’Agenzia delle Entrate che l’INPS/INAIL sono creditori come gli altri e possono votare a favore o contro il piano concordatario. Grazie alla riforma, ora si tende a trattarli insieme agli altri creditori: il piano concordatario può prevedere pagamenti agevolati dei loro crediti, che saranno vagliati dall’Agenzia/INPS. È fondamentale coinvolgerli subito depositando le proposte formali (soprattutto in via telematica) al momento del ricorso in concordato. In pratica, si può inserire nel piano ad esempio una proposta di versare solo il 20% di IVA e il 10% dei contributi, con il rimanente cancellato; l’Agenzia voterà su questa proposta insieme agli altri creditori. Se l’ente vota “sì” (o non vota ma l’offerta è già la migliore possibile) il piano passa senza intoppi. Nel concordato minore, peraltro, non serve nemmeno una formale istanza separata di transazione: ci si limita a inserire la proposta nel piano e l’organo giudiziale valuta se è ammissibile. - Domanda: Che succede se in liquidazione il patrimonio copre poco i debiti tributari?
Risposta: Non esistono più regole ferree sul “quanto pagare almeno” per ottenere la liberazione dai debiti residui. Anzi, la legge (art. 142 l. fall. e art. 280 CCII) richiede solo che il debitore non abbia agito con dolo o in modo fraudolento. Come ribadito dalla Cassazione (n. 28505/2024), il requisito chiave per l’esdebitazione è soggettivo: finché l’ex titolare dimostra di non aver distratto beni o commesso frodi, anche un patrimonio minimo non impedisce l’annullamento dei residui debiti. In sostanza, anche se l’azienda liquidata ha pagato poco all’Erario, il giudice può comunque estinguere il “residuo fisco” a carico del debitore, perché il Codice della crisi ha eliminato l’obbligo di pagare per intero una quota minima.
Fonti normative e giurisprudenziali
- Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019) – disciplina le procedure concorsuali (art. 6, 14, 63, 67, 168, 169, 280 e ss.), definisce la crisi e l’obbligo di segnalazione (Cass. 8696/2025 si inserisce in questo contesto).
- Decreto correttivo 2024 (D.Lgs. 136/2024) – integrazioni al Codice crisi entrato in vigore il 28/9/2024; ha ampliato la composizione negoziata e potenziato strumenti (es. rafforzamento transazione fiscale, semplificazioni per concordato minore).
- Legge 3/2012 (sovraindebitamento) – originariamente introdotta la composizione della crisi per soggetti “non fallibili” (piano consumatore, liquidazione del patrimonio, accordo di composizione). I concetti base sono oggi inglobati nel Codice della crisi.
- Normativa fiscale e previdenziale – in particolare l’art. 63 CCII sulle transazioni fiscali e previdenziali, il D.L. 69/2023 (comma fiscale, che ha introdotto misure come il cram-down fiscale e la sospensione delle esecuzioni durante le trattative), il DPR 602/1973 (art. 36 sulla responsabilità degli amministratori in liquidazione) e il D.Lgs. 218/1997 (rateizzo tributario).
- Cassazione Civile, ord. n. 8696/2025 (2 aprile 2025) – ha confermato che l’amministratore di S.r.l. non risponde con il suo patrimonio personale dei debiti fiscali della società (mancanza di successione legale).
- Cass. Civ., Sez. Un., n. 3625/2025 (12 febbraio 2025) – ha stabilito che gli ex soci di una società estinta rispondono dei debiti tributari della società solo nei limiti delle somme ricevute in liquidazione (onere probatorio in capo al Fisco).
- Cass. Civ., ord. n. 28505/2024 (6 novembre 2024) – ha affermato che per l’esdebitazione è determinante l’assenza di dolo; non vi è più obbligo di pagare una percentuale minima ai creditori, quindi anche se il patrimonio liquido è “affatto irrisorio” l’ex debitore può ottenere la cancellazione dei debiti residui.
- Cass. Civ., varie (2022-2024) – orientamenti generali: in situazioni di crisi con debiti tributari, la responsabilità personale dei dirigenti è limitata alle sanzioni/interessi della loro condotta, non al tributo pieno. Le principali sentenze citate sono reperibili nei siti giuridici (ad es. Cassazione.it, riviste giuridiche, banche dati di tribunali e Camere di commercio).
- Altre fonti utili: norme attuative (decreti ministeriali, istruzioni Agenzia Entrate/INPS, circolari), giurisprudenza di merito (Tribunali fallimentari, CTR) e orientamenti delle Camere di commercio sulla composizione negoziata.
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✔️ Gestore della crisi iscritto al Ministero della Giustizia
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Conclusione
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