Ex Titolare Di Negozio In Franchising Con Debiti: Come Difendersi

Hai gestito un negozio in franchising e ora, dopo la chiusura, ti ritrovi con debiti che non riesci più a pagare? Ti chiedono soldi anche se l’attività è cessata? Se sei un ex titolare di un punto vendita in franchising, devi sapere che hai diritti e strumenti legali per difenderti e proteggere il tuo futuro.

I debiti del negozio in franchising restano a tuo carico?
Se operavi come ditta individuale o eri personalmente garante dei contratti, : i debiti restano a tuo nome anche se il negozio è chiuso. Questo può includere:
Canoni e penali del contratto di franchising
Cartelle esattoriali per tasse, IVA e contributi non versati
Fornitori non saldati o merce rimasta invenduta
Finanziamenti o leasing per arredi, software e attrezzature
Fideiussioni personali firmate con la casa madre o le banche

Cosa rischi se non reagisci?
Pignoramento del conto corrente, stipendio o pensione
Ipoteca sulla casa o fermo amministrativo sull’auto
Segnalazioni in banca dati e perdita della possibilità di chiedere credito
Azioni esecutive da parte della casa madre o dei fornitori

Come puoi difenderti legalmente?
La legge ti consente di accedere alla procedura di sovraindebitamento, pensata proprio per ex commercianti e piccoli imprenditori che si trovano sommersi dai debiti. È una strada giudiziaria, seria e legittima, che ti permette di:
Bloccare ogni richiesta di pagamento o pignoramento
Rinegoziare i debiti con un piano sostenibile
Ottenere la cancellazione dei debiti che non puoi più pagare

Quali sono le soluzioni previste?
Concordato minore, se puoi offrire un pagamento parziale dei debiti
Liquidazione controllata, se non hai redditi o beni rilevanti
Esdebitazione dell’incapiente, se non puoi offrire nulla ma sei in buona fede

Cosa NON devi fare mai?
– Firmare altri finanziamenti per coprire quelli vecchi
– Delegare le scelte a soggetti non qualificati o “consulenti improvvisati”
– Trascurare le notifiche legali o le cartelle esattoriali
– Pensare che il franchising “copra” tutto: nei contratti spesso firmi responsabilità personali

Anche da ex titolare in franchising, puoi liberarti dai debiti e tutelare il tuo patrimonio.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in sovraindebitamento e tutela dell’ex imprenditore – ti spiega come difenderti se hai gestito un’attività in franchising e ora ti trovi sommerso dai debiti.

Hai lasciato il franchising ma non sei riuscito a chiudere i conti?

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Introduzione

La crisi di un’attività in franchising comporta un accumulo di debiti verso diversi soggetti (banche, fornitori, franchisor, fisco, dipendenti, ecc.). L’ex titolare, specie se era ditta individuale o socio illimitatamente responsabile, si trova a dover fronteggiare azioni esecutive e richieste di pagamento. In Italia esistono però diversi strumenti giuridici per limitare i danni e ottenere la “liberazione” dai debiti residui. In questa guida, dal punto di vista del debitore, esploreremo le strategie difensive (giudiziali e stragiudiziali) applicabili nel contesto italiano aggiornato al luglio 2025. Illustreremo le procedure di sovraindebitamento introdotte dalla legge (legge 3/2012 e Codice della Crisi d’Impresa D.Lgs. 14/2019, correttivi del 2024), le tutele contrattuali del franchisee, le responsabilità personali e i rimedi in sede giudiziaria. Per ogni tema citeremo fonti normative e giurisprudenziali recenti. Concluderemo con tabelle riepilogative, FAQ e simulazioni pratiche.

1. Quadro normativo e fattispecie: il franchising e la crisi d’impresa

Il contratto di franchising. In Italia il franchising commerciale è regolato dalla legge n. 129/2004 (ai sensi del d.lgs. 425/1994), che impone in particolare all’affiliante l’obbligo di informare per iscritto il futuro affiliato sulle condizioni economiche e d’investimento. L’art. 5 della L.129/2004 impone all’affiliato (ex franchisee) un obbligo di riservatezza anche dopo la cessazione del rapporto, a tutela del know-how dell’affiliante. Inoltre, l’art. 1375 c.c. (buona fede) e l’art. 2043 c.c. (responsabilità aquiliana) limitano i comportamenti arbitrari: ad esempio, in caso di scioglimento anticipato del contratto l’affiliante potrebbe essere tenuto a compensare l’affiliato per le scorte di magazzino rimaste o il mancato ammortamento degli investimenti (sulla durata minima di 3 anni cfr. Cass. n. 11737/2024). Dal lato del debitore (affiliato cessato), queste norme possono servire a ridurre il quantum delle pretese post-contrattuali: ad esempio, se il franchisor chiedesse una penale per recesso anticipato, si rileverà che la sentenza Cass. 11737/2024 stabilisce che il franchisor non può recedere da un contratto a tempo indeterminato prima di 3 anni senza incorrere in abuso del diritto.

Sovraindebitamento e crisi d’impresa (Codice della Crisi). Il sistema italiano ha introdotto dal 2012 (legge 3/2012) strumenti speciali di composizione della crisi per debitori “non fallibili” (consumatori, autonomi, piccole imprese, ecc.), ampliati e riformati dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019) entrato in vigore nel 2020 e corretto nel 2024 dal D.Lgs. 136/2024. Tali norme mirano a consentire al debitore di regolare i debiti in base alle sue capacità economiche e ottenere l’esdebitazione, ossia l’annullamento dei debiti residui non soddisfatti. Nel quadro normativo attuale, l’ex titolare può accedere a procedure come il concordato minore o la liquidazione controllata del patrimonio (capacità di proporre piani di pagamento o liquidare gli attivi) senza dichiarazione di fallimento, nonché – nelle ipotesi più gravi – alla liquidazione del patrimonio ex legge 3/2012. Il Codice della Crisi (artt. 278-283 CCII) disciplina l’esdebitazione, enfatizzando il requisito soggettivo (meritevolezza del debitore) e superando l’antico vincolo del soddisfacimento minimo dei creditori.

Responsabilità personali. L’ex titolare risponde per i debiti del negozio nella misura in cui li abbia garantiti: se era imprenditore individuale o socio illimitato (es. snc, sas), risponde con il proprio patrimonio personale. Anche se era socio di SRL, potrebbe avere firmato garanzie personali (fideiussioni) per banche o franchisor. In tali casi i creditori possono aggredire anche il patrimonio personale dell’ex titolare. Inoltre, un eventuale comportamento fraudolento o la distrazione di fondi (come evidenziato nella giurisprudenza di casi di franchising in crisi) può integrare illecito civile (art. 2043 c.c.) o penale. L’art. 1270 c.c. (cambio del titolare del contratto) o art. 2741 c.c. (responsabilità del garante) possono trovare applicazione se l’ex titolare ha agito in qualità di fideiussore o datore di garanzie. Infine, l’INPS e l’Agenzia delle Entrate possono pretendere contributi e imposte residue, anche da imprese cessate, come debiti chirografari. È dunque fondamentale valutare caso per caso se e in che misura le responsabilità personali permangono; per esempio, la Cassazione ha affermato che in caso di liquidazione del patrimonio dei sovraindebitati non si può escludere a priori la consegna dell’esdebitazione con un’unica banca soddisfatta (vedi oltre).

2. Tipologie di debito dell’ex titolare e prescrizioni

Un ex affiliato in franchising può accumulare varie categorie di debiti, ciascuna con regole proprie:

  • Debiti bancari e finanziari: mutui, prestiti, scoperti di conto, leasing per ristrutturazione o attrezzature. Spesso garantiti da ipoteca o fideiussione personale. Possono anche essere derivanti da cessioni del quinto dello stipendio (anche questi fermi fino a procedura di sovraindebitamento). Termine di prescrizione ordinario: 10 anni (art. 2946 c.c.), salvo termini speciali (es. 5 anni per cambiali non protestate, assegni, cedolino o note di credito non saldate, competenze di lavoro).
  • Debiti verso fornitori/forniture: fatture di acquisto merce, energia, canoni di locazione, servizi vari (es. spese condominiali se sede in condominio), royalties contrattuali o canone franchising non pagati. Questi crediti commerciali tra imprese prescrivono in 10 anni, salvo eccezioni (ad esempio, 5 anni se stabilito tra professionisti ai sensi art. 2948 c.c.). Gli strumenti difensivi in questa sfera includono opposizioni a decreti ingiuntivi (art. 645 c.p.c.) o opposizioni esecutive (art. 617 ss. c.p.c.), e azioni revocatorie se il debitore ha spostato beni prima di chiudere.
  • Debiti tributari e previdenziali: imposte non versate (IVA, IRPEF, IRES/IRAP, tributi locali), multe, contributi INPS non versati per sé e per eventuali dipendenti. L’Agenzia delle Entrate e l’INPS costituiscono creditori pubblici con legittimazione diretta a notificare cartelle esattoriali esecutive. Questi debiti si estinguono per prescrizione in 10 anni, ma solitamente il Fisco può emettere nuovi ruoli sino al termine ultimo, e i crediti previdenziali seguono la stessa disciplina civile (salvo eccezioni). Importante: la legge sul sovraindebitamento riconosce che anche debiti fiscali e contributivi sono ammissibili nelle procedure di composizione della crisi, consentendo di inserirli nel piano di rientro e, ove possibile, di ottenere una riduzione (falcidia) o esdebitazione finale. La circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 13/E del 2020, ad esempio, riconosce che l’esdebitazione può comprendere IRPEF, IVA, IMU, IRES, IRAP e contributi INPS, se dovuti alla data di apertura della procedura. In pratica, il debitore sovraindebitato non è esente dal fisco in assoluto, ma può ricomprendere le cartelle nel piano di rientro e ottenere (in prospettiva) la cancellazione residua dei debiti tributari e contributivi riconosciuti.
  • Debiti verso dipendenti: stipendio maturato e non pagato, ferie e permessi non goduti, TFR maturato, trattamento di fine rapporto, contributi correlati. Se il negozio era impresa con dipendenti, il titolare risponde in solido per le retribuzioni non corrisposte, anche verso enti bilaterali e INPS (Legge n. 108/1990). Questi crediti (art. 2744 c.c.) possono essere prelativi in caso di liquidazione aziendale e si prescrivono in 5 anni dall’ultima retribuzione dovuta. A livello pratico, i creditori dipendenti vengono iscritti per primi nello stato passivo.
  • Debiti derivanti da contratti pregressi: il franchisor stesso può reclamare l’importo delle royalty arretrate o una penale per chiusura anticipata del negozio. Se il franchising era in un centro commerciale, può esserci anche debito residuo di canone di affitto o spese condominiali. Le obbligazioni che derivano da contratti (franchising, affitto, fornitura) applicano in genere l’art. 1376 c.c. (obbligo di buona fede nell’adempimento) e la sentenza Cass. 11737/2024, se citata, tutela il franchisee dalla rescissione forzata prima che trascorrano tre anni. Queste rivendicazioni contrattuali si prescrivono normalmente in 5 o 10 anni a seconda del titolo scritto sottostante (art. 2946, 2952 e 2953 c.c.).
Tipo di debitoEsempiTermine di prescrizione
Debiti bancari/finanziariMutui, leasing, fidi, conti correntiDi regola 10 anni (art. 2946 c.c.)
Debiti verso fornitoriFatture merce, utilities, condominio10 anni (art. 2946 c.c.), se commerciale
Debiti fiscali e contributiviIRPEF, IVA, IMU, IRES, INPS10 anni (art. 2948 c.c.); il Fisco può riattivare ruoli
Debiti verso dipendentiSalari, TFR, contributi INPS5 anni (art. 2946 c.c. equiparato)
Altri (contractual)Canoni franchising, affitto, penali5 o 10 anni, a seconda del contratto

3. Strategie difensive in sede civile

3.1 Impugnazioni e opposizioni

Opposizione a decreto ingiuntivo: se un creditore ottiene ingiunzione di pagamento (es. franchisor chiede insoluti royalties con decreto ingiuntivo), il debitore ha 40 giorni (art. 645 c.p.c.) dalla notifica per proporre opposizione formale. Nell’atto di opposizione va esposta in modo documentato la difesa: si può contestare l’esistenza del debito (es. merci mai consegnate, errori nella fatturazione), chiedere la riduzione dell’importo, opporre cause estintive (ad es. compensazione o estinzione per prescrizione) o addirittura l’illegittimità del titolo (contratto invalido, usura). L’opposizione sospende l’efficacia del decreto ingiuntivo e obbliga il giudice a riesaminare i fatti in contradditorio. Anche in assenza di un decreto ingiuntivo, il debitore può chiedere fin dallo stato esecutivo in un giudizio monitorare e far emergere vizi del titolo (art. 617 c.p.c.). In generale, ogni qualvolta si trovi davanti a un’azione esecutiva (pignoramento, ipoteca, fermo) può essere proposto reclamo o opposizione (artt. 615-bis e ss. c.p.c.) per ottenere il blocco delle vendite di beni o l’annullamento dell’atto esecutivo in caso di illegittimità (es. carenza di forme, notifiche errate, violazione del domicilio eletto).

Opposizione a cartelle esattoriali: in caso di pignoramenti direttamente notificati da Agenzia delle Entrate-Riscossione, il debitore può impugnare le cartelle entro 60 giorni (art. 19 D.Lgs. 546/1992) davanti alle Commissioni tributarie, indicando motivi come vizi di forma, debito inesistente, prescrizione, cumulo eccessivo di sanzioni. Anche qui, bloccare pignoramenti esecutivi sull’immobile o sul conto corrente è possibile chiedendo sospensiva al giudice tributario.

Esecuzione forzata limitata: se il patrimonio del debitore è scarno (poco attivo vendibile), possono non esserci effetti concreti dei pignoramenti: ad es. sulla casa principale può esistere un limite di esecuzione (art. 1, co. 497 Legge 160/2019, primo decreto “anti-sfratto”), e lo stipendio (se lavoro dipendente) e la pensione godono di quote impignorabili (fino a determinate soglie). Il debitore deve comunicare al giudice esecutivo le proprie fonti di reddito esenti (es. assegni pensionistici, ASPI non trattenuti) e il giudice dovrebbe disporre percentuali massime esecutive (art. 545 c.p.c.).

Scudo penale e altre cause: se i debiti derivano da attività imprenditoriale, occorre valutare eventuali violazioni amministrative o penali. Ad esempio, una dichiarazione infedele dei redditi o omesso versamento IVA potrebbe comportare reati fiscali; tuttavia, l’ex titolare non risponde penalmente automatically per insolvenza aziendale, a meno di condotte dolose (es. bancarotta fraudolenta). In campo penale, le ipotesi di revoca fallimentare (art. 67 L.F.) non si applicano direttamente alle procedure di sovraindebitamento, che sono in gran parte affrontate in sede civile. Resta cruciale comunque che il debitore si astenga da atti di frode (trasferimenti simulati, distrazione di beni) prima o durante le trattative con i creditori, perché tale condotta pregiudica il requisito di “meritevolezza” per l’esdebitazione.

3.2 Cumulo dei crediti ed effetti sui prescritti

Se l’ex titolare ha cessato l’attività da oltre un anno, non decade automaticamente dal diritto a opporsi ai debiti. Tuttavia, molti crediti potrebbero già essere prescritti nel frattempo (ad es. fisco e INPS notoriamente notificano entro anni). È opportuno verificare i termini di prescrizione di ciascun credito, depositare opposizioni o eccezioni prima del termine finale e segnalare al Tribunale (tramite un reclamo) l’eventuale prescrizione. Un debito scaduto non può essere eseguito, e la procedura concorsuale di sovraindebitamento richiede che i debiti siano “esigibili” alla data di domanda, perciò eventuali crediti prescritti semplicemente non si includono nell’elenco.

3.3 Azioni revocatorie e anno bianco

Nell’ottica di pulizia del patrimonio, se l’ex titolare ha in passato compiuto atti di disposizione che hanno indebolito i creditori (es. venduto immobili a prezzo irrisorio, distratto fondi), questi atti possono essere impugnati tramite azioni revocatorie: quella ordinaria (art. 2901 c.c.), che si prescrive in 5 anni dall’atto, e quella fallimentare (artt. 67 e 68 L.F.), che non si applica in sostanza al sovraindebitamento se non di riflesso. Tuttavia, un difensore esperto può segnalare al giudice (in una procedura di composizione della crisi) la nullità o risarcimento per quegli atti. Si tenga presente che il Codice della Crisi ha esteso gli effetti di revocatoria anche a eventuali procedimenti di concordato o accertamento del passivo, consentendo al curatore (o al professionista) di eccepire tali atti durante la procedura.

Tabella riepilogativa – Principali rimedi in sede civile:

RimedioDescrizione
Opposizione all’ingiunzioneDepositare atto in 40 giorni per contestare il decreto ingiuntivo (art. 645 c.p.c.).
Opposizione all’esecuzioneRicorso al giudice dell’esecuzione (art. 615-bis ss. c.p.c.) per vizi formali o eccesso di espropriazione.
Impugnazione cartelleRicorso in Commissione tributaria entro 60 giorni per vizi di forma o illegittimità del debito fiscale.
Eccezioni processualiFar valere cause estintive come prescrizione, compensazione, articolo 125 c.p.c. (riduzione somma).
Reclamo fallimentareIn procedure di sovraindebitamento, reclamo su provvedimenti di omologazione o inammissibilità (Cass. 30529/2024).
Revocatoria ordinariaAnnullare atti di disposizione a danno dei creditori (art. 2901 c.c.) prima del termine.

4. Procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento

Quando i debiti superano le capacità di rimborso, il debitore può avvalersi delle procedure di sovraindebitamento (ex “Legge Salva-suicidi” 3/2012 e Codice della Crisi). Gli strumenti fondamentali sono:

  • Concordato preventivo (art. 80 ss. CCII): Sebbene tradizionalmente riservato alle imprese “fallibili”, dal 2020 anche piccoli imprenditori hanno modelli agevolati. Il concordato prevede un piano di rientro pluriennale (max 5 anni, con possibilità di proroga) che, se approvato dai creditori (almeno 50% in valore) e omologato dal Tribunale, vincola tutti i creditori all’adesione. L’ex titolare può offrire pagamenti parziali (cram-down su fisco e INPS) o cessione del compendio. Dopo 5 anni (o anticipatamente, se piano completato) può ottenere l’esdebitazione per i residui.
  • Concordato “minore” (artt. 74-78 CCII): Introdotto dal Codice, e modificato dal correttivo-ter (d.lgs. 136/2024), è riservato a imprenditori con attivo patrimoniale ≤ €300.000 o fatturato ≤ €200.000. È una procedura semplificata (curatore non necessario, votazioni più snelle) per pagare i creditori chirografari entro 3 anni. Consente una liberazione del sovraindebitato anche con garanzia del più alto numero di creditori possibile (banca, fornitori, ecc.), a fronte di un piano realizzabile. Importante: la riforma 2024 ha esteso la possibilità di avviare questa procedura anche dopo la cessazione dell’attività, facilitando l’accesso alla liquidazione controllata e all’esdebitazione per gli imprenditori individuali.
  • Accordo di composizione della crisi (art. 60-63 CCII e art. 7 L.3/2012): È una soluzione “negoziata” sotto supervisione giudiziale. Il debitore, attraverso l’Organismo di Composizione (OCC), propone ai creditori un piano di rientro (pagamenti in unica soluzione o rateizzati). Se un numero sufficiente di creditori approva, il piano può essere omologato in tribunale. L’esdebitazione avviene a conclusione del piano. Se invece la proposta è dichiarata inammissibile, la Cassazione ha affermato che tale provvedimento non è appellabile in Cassazione perché non decide su diritti contrapposti.
  • Liquidazione del patrimonio (art. 86 CCII ex art. 14-ter L.3/2012): Procedura riservata ai soggetti non fallibili (ad es. imprenditori individuali con debiti e pochi attivi). Consiste nella vendita forzata del patrimonio del debitore, gestita da un liquidatore, per ripartire i ricavi tra i creditori. Il debitore può presentare anche in questo caso un accordo liquidatorio (piano di riparto). Se la procedura dura almeno 3 anni e il debitore rispetta gli impegni (divieto di compiere atti dilatori), ottiene automaticamente l’esdebitazione finale per tutto ciò che non è stato pagato. Grazie al correttivo 2024, è ora possibile aprire la liquidazione controllata anche dopo l’interruzione dell’attività (deroga temporale), favorendo l’accesso all’esdebitazione.
  • Piano del consumatore (art. 64-72 CCII): Se l’ex titolare ha anche qualifiche di consumatore (parte dei debiti è personale, non legata all’attività), può chiedere un piano (solo se privo di partita IVA) con riduzione del debito e possibile cancellazione dei residui. Tale strumento, molto simile al concordato minore, è utilizzato quando non ci sono creditori privilegiati.

In tutte queste procedure, il presupposto fondamentale è la meritevolezza del debitore: chi ha agito con dolo o eccessiva colpevolezza (p.e. ha distratto beni) viene escluso dall’agevolazione. Cass. 14835/2025 ribadisce che l’esdebitazione va concessa solo se sussistono i requisiti soggettivi (onestà del debitore) e oggettivi (corretta esecuzione della procedura) secondo le norme originarie (art. 142 L.F. o art. 14-terdecies L.3/2012). In altre parole, non basta presentare domanda dopo il 15 luglio 2022: se si accede tramite vecchia legge (p.e. liquidazione ex L.3/12) si applicano ancora i criteri tradizionali di merito e comportamento.

Simulazione di composizione (ipotesi semplificativa): Mario, ex titolare di un negozio in franchising, ha debiti per 100.000 € (60k banca, 20k franchisor, 20k Erario). Non possiede liquidità, ma ha un piccolo immobile in comproprietà, del valore netto 30.000 €. Con l’OCC propone un concordato minore: si impegna a vendere l’immobile e versare 30.000 € ai creditori in 3 anni (pari al 30% dei debiti). I creditori accettano (voto favorevole di banche e fornitori). Il Tribunale omologa, Mario versa i 30.000 € (es. 10k all’anno). Al termine dei 3 anni, i 70.000 € residui vengono cancellati tramite esdebitazione. In alternativa, con la liquidazione del patrimonio Mario avrebbe lo stesso effetto: dopo i 3 anni di procedura (venduto l’immobile), anche senza apporti aggiuntivi residui debiti verrebbero annullati. Entrambe le procedure richiedono la verifica dei requisiti soggettivi (assenza di frode, proporzione attivo/debito sostenibile) e la copertura delle spese di procedura.

5. Q&A: Domande frequenti

  • D: Quali debiti posso includere in una procedura di sovraindebitamento?
    R: In generale qualsiasi debito esigibile al momento della domanda. Questo comprende mutui e prestiti (bancari/finanziari), fatture non pagate (fornitori, condominio, franchisor), multe, tasse e contributi (Agenzia Entrate, INPS) e qualsiasi altro credito chirografario. Vanno dichiarati anche debiti pubblici (IMU, tasse comunali). Debiti non includibili sono tipicamente quelli alimentari (alimenti al coniuge o figli, che per prassi italiana non si azzerano) e le sanzioni penali. La circolare AE 13/E/2020 chiarisce che IRPEF, IVA, IMU, IRES, IRAP, tributi locali e contributi INPS possono rientrare nel piano di rientro e nell’esdebitazione.
  • D: Posso oppormi a un decreto ingiuntivo ottenuto dal franchisor?
    R: Sì. Se il franchisor ottiene un decreto ingiuntivo per royalty o penali, il debitore ha 40 giorni dalla notifica per fare opposizione (art. 645 c.p.c.). Nell’atto dovrà eccepire in modo concreto (es. royalties già pagate, lavori non eseguiti) l’inesistenza o la parziale esigibilità del debito. L’opposizione sospende l’ingiunzione e induce un processo ordinario. Analogamente, se interviene un pignoramento (banca fissa ipoteca su auto, CRA pignorano il conto), si può chiedere revoca o sospensione dell’esecuzione per gravi motivi (art. 617 c.p.c.). L’assistenza di un legale esperto è raccomandata per usare al meglio queste eccezioni.
  • D: Il franchisor può esigere comunque royalty dopo la chiusura dell’attività?
    R: Dipende dal contratto. Se il contratto prevedeva royalty anche dopo cessazione, si analizzi il periodo minimo obbligatorio. A seguito della sentenza Cass. 11737/2024, un franchisor non può considerare valido un recesso prima di 3 anni se il contratto è a tempo indeterminato (anche cosiddetto “light”): qualora abbia interrotto il rapporto prima, i pagamenti richiesti potrebbero essere considerati abusivi. Inoltre, il principio di buona fede (art. 1375 c.c.) può indurre la richiesta di un equo indennizzo delle scorte in stock, ma non legittima pretese eccessive, specialmente se l’ex affiliato ha subito gravi perdite a causa della crisi.
  • D: Cosa succede ai miei debiti se chiudo l’attività e non faccio nulla?
    R: I creditori possono procedere a pignoramenti di beni e stipendi, e chiedere il fallimento (o la liquidazione del patrimonio se prevista). L’attitudine di non pagare conduce ad accumulare interessi e sanzioni, e alla cattiva segnalazione nelle centrali rischi. Con il nuovo sistema concorsuale, rimanere inerte significa rinunciare all’opportunità di risolvere la crisi: senza un accordo di composizione, alla fine il Tribunale ammetterà la liquidazione (art. 86 CCII) e solo l’esdebitazione finale (dopo 3 anni) estinguerà i debiti residui. In altre parole, un ex titolare che “fa il morto” non cancella le obbligazioni, ma anzi le fa lievitare. Si consiglia vivamente di rivolgersi a un organismo di composizione della crisi o a un avvocato specializzato prima che i debiti esplodano definitivamente.
  • D: Quali sono i passaggi chiave per ottenere l’esdebitazione?
    R: Innanzitutto aprire una procedura (concordato, accordo, liquidazione del patrimonio). Durante la procedura, il debitore deve collaborare (fornire elenchi debiti/crediti, atti) e soddisfare le spese di procedura. Al termine, per ottenere l’esdebitazione serve aver rispettato le condizioni di legge: non avere causato la crisi con dolo o colpa grave, aver restituito quanto possibile ai creditori (anche simbolicamente), e aver completato il piano (oppure sopportato la liquidazione per 3 anni). La Cassazione sottolinea che non esiste una soglia minima rigida di riparto (anche il 1% oltre lo zero può essere sufficiente), ma l’operato del debitore deve essere “meritevole” (onesto) e il riparto non può essere completamente irrisorio.
ProceduraChi può accedereDurata maxRisultato finale
Concordato preventivo (CP)Impresa fallibile (anche titolare IVA)5 anni (+3 proroga)Piano pagamento con bilanciamento creditori
Concordato minorePiccoli imprenditori ≤ 300k attivo, <500k debiti3 anniPagamento rateale semplificato, esdebitazione residui
Accordo sovraindebitamentoConsumatori, autonomi, imprenditori agricoli e piccoli5 anniPiani di rientro con omologazione giudiziaria
Liquidazione controllata (Liq. ex art. 86)Imprenditori individuali, esercenti professione, start-up, ecc.3 anniVendita forzata patrimonio, esdebitazione residui
Piano del consumatoreConsumatori con debiti estranei all’impresa5 anniPagamenti in base al reddito, cancellazione residui

6. Tabelle riepilogative

Per facilitare la lettura, proponiamo due tabelle sintetiche sui temi trattati:

Tabella 1. Debiti del franchising: categorie e azioni immediate

Categoria di debitoChi reclamaAzione difensiva suggerita
Merce e serviziFornitori, condominioVerificare fatture, pagare posizioni “liti pendenti”, negoziare transazioni
Royalties/Canoni di affiliazioneFranchisorControllare condizioni contrattuali (durata minima di 3 anni), opporsi a pretese eccessive
Mutui, finanziamentiBanche, finanziarieVerificare garanzie, valutare riacquisto a sconto, proporre rinegoziazione o insolvenza; opporsi a ingiunzioni ingiustificate
Cartelle esattoriali (fisco)Agenzia Entrate–Riscoss.Contenzioso tributario in Commissione (eccepire prescrizione o errori), valutare piano di rientro in concordato sovraindebitamento
Contributi previdenzialiINPSSimile all’Agenzia Entrate: verificare le cifre, impugnare ruoli, considerare richiesta di rateizzo o piano concordatario tributi.
Stipendi e TFRDipendenti/INPSVerificare liquidazione TFR, corrispondere maturandi, in solido con l’impresa; in procedure, i crediti dipendenti sono privilegiati (pagati prima).

Tabella 2. Cronologia e prescrizione dei debiti (esempi)

DebitoScadenza / TerminePrescrizione
Ultima fattura fornitoriScadenza fattura concordata10 anni (art. 2946 c.c.)
Cartelle esattoriali IRPEFTermine pagamento cartella10 anni
Contributi INPS annuiScadenza contributiva10 anni
Salari e TFR dipendenteData ultima retribuzione5 anni (art. 2946 c.c.)
Pignoramento immobiliaredopo notifica esecuzioneil debito deve essere ancora valido

7. Conclusioni e consigli pratici

Per un ex titolare di negozio franchising l’approccio difensivo deve essere tempestivo e multiforme. Innanzitutto, è essenziale un inventario preciso dei creditori (bancari, fiscali, contrattuali) e del patrimonio disponibile. In molti casi, la strada più favorevole è quella della composizione concordata della crisi, anziché subire passivamente le azioni dei creditori. Grazie alle riforme recenti (Codice della Crisi e correttivi 2024), un imprenditore anche cessato può avviare procedure “leggere” come il concordato minore o la liquidazione controllata e beneficiare automaticamente dell’esdebitazione a conclusione. La giurisprudenza recente è indubbiamente orientata a favorire il debitore onesto: la Cassazione ha ribadito che non serve una percentuale minima rigida di riparto per ottenere lo sgravio dei debiti, insistendo piuttosto su una valutazione complessiva (il cosiddetto “prudente apprezzamento” del giudice). In pratica, anche un soddisfacimento irrisorio può essere sufficiente, purché non si configuri come “affatto irrisorio”.

Il punto di vista del debitore sottolinea sempre il principio del favor debitoris: il sistema è concepito per evitare lo stato di necessità totale e il rischio che un imprenditore rovini sé e i familiari (il cosiddetto fresh start). Pertanto, chiusura di un negozio, dismissione di macchinari, e oneri di liquidazione (tasse, dipendenti) non comportano la condanna a vita: aprendo una procedura di sovraindebitamento il debitore si dota di tutele importanti (moratoria generalizzata, blocco dei pignoramenti, crediti d’imposta etc.) e punta a rinegoziare l’intero debito.

In conclusione, l’ex affiliato deve agire in anticipo: consultare un organismo di composizione della crisi o un avvocato specializzato per presentare in tribunale il piano adeguato. Le fonti normative italiane (Codice Civile, Legge Fallimentare R.D. 267/1942, L.3/2012, D.Lgs. 14/2019 e L.129/2004 sul franchising) e la giurisprudenza aggiornata (Cass. 19964/2024, 27562/2024, 11737/2024, 14835/2025, ecc.) confermano che il legislatore e i giudici proteggono il debitore meritevole. Tra le sentenze recenti, quelle sulla materia dell’esdebitazione sottolineano che non v’è un obbligo soggettivo di soddisfare una quota fissa di creditori: basta evitare situazioni estreme e dimostrare buona fede. L’ex titolare, dunque, può rialzarsi dalla crisi: con gli strumenti legali oggi a disposizione può arginare le pretese, salvaguardare il patrimonio essenziale e ottenere alla fine la cancellazione dei debiti residui.


Fonti e normativa citate

  • Cass. civ., Sez. I, 19 lug. 2024, n. 19964 (accesso all’esdebitazione e percentuale di soddisfacimento).
  • Cass. civ., Sez. I, 24 ott. 2024, n. 27562 (soglia minima di soddisfazione per esdebitazione).
  • Cass. civ., Sez. I, 3 giu. 2025, n. 14835 (applicabilità norme vecchia legge fallimentare/L.3/2012).
  • Cass. civ., Sez. III, 2 mag. 2024, n. 11737 (durata minima 3 anni del contratto di franchising).
  • Cass. civ., Sez. I, 27 nov. 2024, n. 30529 (ricorso in cassazione improponibile contro provvedimenti di mero diniego di inammissibilità).
  • D.Lgs. 14/2019 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza) e successive modifiche; Legge 3/2012 (sovraindebitamento); R.D. 267/1942 (Legge fallimentare); L. 129/2004 (franchising).
  • Circolare Agenzia delle Entrate n. 13/E/2020 (inclusione debiti tributari nel sovraindebitamento).
  • Art. 142 L. fall., art. 14-terdecies L. 3/2012 (presupposti esdebitazione); art. 645 c.p.c. (opposizione ingiunzione).

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