Ex Imprenditore Settore Traslochi Con Debiti: Come Difendersi

Hai chiuso la tua ditta di traslochi ma ora ti ritrovi con debiti che non riesci più a gestire? Cartelle esattoriali, rate scadute, contributi non versati o richieste dai fornitori continuano ad arrivare anche se non sei più operativo? Se sei un ex imprenditore del settore traslochi, oggi hai a disposizione strumenti legali per difenderti dai debiti e ripartire.

Cosa succede ai debiti dopo la chiusura dell’attività?
Se lavoravi come ditta individuale o libero professionista, i debiti restano personali, anche se hai cessato l’attività. Questo significa che l’Agenzia delle Entrate, l’INPS, le banche e i fornitori possono continuare a chiederti:
– Pagamento delle cartelle esattoriali per tasse e contributi
– Rate di finanziamenti e leasing per i mezzi aziendali
– Fatture non saldate
– Fideiussioni o garanzie personali firmate

Cosa rischi se non intervieni?
– Pignoramento del conto corrente
– Blocco o decurtazione dello stipendio o della pensione
– Ipoteca sulla casa o fermo su un’auto personale
– Iscrizione in centrale rischi e difficoltà a ottenere credito
– Azioni legali da parte dei creditori

Come puoi difenderti in modo legale?
Anche se non hai più l’impresa, la legge ti consente di accedere alla procedura di sovraindebitamento, pensata proprio per ex imprenditori individuali che non riescono più a pagare. Ti permette di:
Bloccare le azioni dei creditori, comprese cartelle e pignoramenti
Ristrutturare i debiti, con rate sostenibili rispetto al tuo reddito
Azzerare i debiti che non puoi più pagare, se sei in buona fede

Quali strumenti puoi usare?
Concordato minore: se puoi proporre un piano di rientro parziale
Liquidazione controllata: se non hai reddito o beni sufficienti
Esdebitazione del debitore incapiente: se sei senza patrimonio e non puoi offrire nulla

Cosa NON devi fare mai?
– Accendere nuovi prestiti per coprire quelli vecchi
– Intestare beni a terzi per “metterli al sicuro”
– Ignorare cartelle, solleciti o notifiche
– Affidarti a chi propone scorciatoie fuori legge

Anche da ex imprenditore nel settore traslochi, puoi uscire dai debiti con strumenti legali, efficaci e su misura.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in crisi da sovraindebitamento e tutela dell’ex imprenditore – ti spiega come puoi difenderti se hai cessato l’attività di traslochi ma i debiti continuano a inseguirti.

Hai chiuso la tua impresa ma i creditori bussano ancora alla porta?

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Introduzione

L’ex imprenditore individuale (o di piccola impresa) che si trovi oberato dai debiti – fiscali, bancari, previdenziali o verso fornitori – può tentare di superare la crisi ricorrendo alle procedure per sovraindebitamento e ristrutturazione previste dal Codice della Crisi (D.Lgs. 14/2019 e ss.mm.). Lo scopo finale è l’esdebitazione: la liberazione definitiva dai debiti residui, concedendo al debitore una “seconda chance” economica. Queste procedure seguono il principio del favor debitoris, come ricordato dalla dottrina: orientano a favorire il risanamento del debitore attraverso strumenti protettivi piuttosto che punitivi. In pratica, le procedure consentono di bloccare pignoramenti in corso e concordare con i creditori pagamenti più sostenibili, anche parziali o dilazionati, sulla base delle reali capacità finanziarie del debitore.

L’ordinamento italiano, dal 2012 in poi, ha messo a disposizione dell’ex imprenditore indebitato vari strumenti. In particolare: il piano del consumatore (destinato ai soggetti definiti “consumatori” dall’art.2 CCII), l’accordo di composizione negoziata (per imprese non fallibili), il concordato minore (ristrutturazione semplificata dei debiti fino a €5 milioni), la liquidazione controllata (procedura liquidatoria semplificata) e, in casi estremi di totale incapacità di pagamento, l’esdebitazione per incapiente. Ognuno di questi istituti ha requisiti, regole e vantaggi specifici. Il nostro scopo è illustrarli in modo completo e di taglio pratico, ponendo spesso la domanda di un creditori/ debitore tipo e fornendo la risposta giuridica approfondita, con tabelle di sintesi e casi esemplificativi.

Nota. Nei casi concreti è importante verificare attentamente se la procedura deve seguire le norme del nuovo Codice della crisi (CCII, D.Lgs. 14/2019 e correttivi) o quelle della vecchia legge 3/2012. In generale, se la procedura è stata aperta prima del 15 luglio 2022, si applica ancora la disciplina transitoria della L.3/2012. In ogni caso, in questa guida useremo come riferimento il quadro normativo aggiornato (inclusi D.Lgs. 83/2022 e 136/2024) ed evidenzieremo le novità del “correttivo” del 2024.

Quadro normativo e categorie di debitori ammessi

La riforma entrata a regime dal 15 luglio 2022 ha unificato le procedure in un unico Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII). Gli articoli 65-83 CCII disciplinano le procedure per i non fallibili (ex soggetti sovraindebitati). I principali riferimenti normativi sono: la Legge 27/1/2012 n.3 (vecchia Legge sul sovraindebitamento), i Decreti Legislativi 14/2019 (Codice), il D.Lgs. 83/2022 e il D.Lgs. 136/2024 (“Correttivo ter”) per le modifiche recenti.

Per consumatore si intende la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività d’impresa o professionale. L’ex imprenditore cessato rientra in una situazione particolare: se tutti i debiti residui derivano da obbligazioni non imprenditoriali (es. mutui personali, prestiti famiglia, spese domestiche), egli può candidarsi come “consumatore”. In ogni caso il Codice riconosce nell’ambito del sovraindebitamento: i consumatori (debiti privati), i professionisti non fallibili, l’imprenditore minore (soglia fatturato sotto soglie minime), l’imprenditore agricolo, e altri enti non fallibili (art.2 CCII). Importante: il legislatore ha ribadito che deve trattarsi di debiti inestranei all’impresa per rientrare nel piano del consumatore. Debiti misti (parte persona, parte d’impresa) sono possibili ma richiedono attenzione (vedi infra).

In ogni caso, anche quando l’impresa è cessata e la partita IVA è chiusa, rimangono in vita le obbligazioni contratte in passato: l’imprenditore individuale ne risponde personalmente in modo illimitato con il proprio patrimonio. Chiudere la ditta non estingue i debiti; l’Agenzia delle Entrate – Riscossione può continuare ad agire su beni e conti del debitore. Questo vale anche per i coobbligati (ad es. coniuge che ha concesso fideiussione): il Codice della Crisi non prevede immunità per coobbligati, ma gli effetti dell’omologazione coinvolgono normalmente solo il debitore richiedente (si vedano i punti sull’esdebitazione). In sintesi, ogni studioso onesto del problema deve partire dal presupposto che i debiti contratti dall’impresa gravano inevitabilmente sulle finanze personali dell’ex imprenditore.

Le procedure per superare i debiti

1. Il Piano del Consumatore (ric. art.66-70 CCII)

Il piano del consumatore (piano di ristrutturazione del debitore consumatore) è pensato per privati con debiti “esclusivamente personali” e senza aziende in attività. L’ex imprenditore può usufruirne solo se la sua situazione si inquadra da consumatore: ossia l’attività imprenditoriale è cessata definitivamente e i debiti residui non sono legati all’impresa. In pratica, molte recenti interpretazioni giurisprudenziali tollerano che un ex imprenditore sia trattato come consumatore a condizione che i debiti d’impresa non siano preponderanti e l’impresa sia chiusa. In tale procedura:

  • Accesso e contenuto del piano: il debitore propone un piano di pagamento rateale (o parziale) che disponga la soddisfazione dei creditori secondo le sue possibilità economiche. Gli importi possono essere ridotti o dilazionati. Possono essere compresi debiti con banche, carte di credito, fornitori, cartelle fiscali (a patto di aver tentato ogni altra negoziazione, come la definizione agevolata dei tributi).
  • Voto dei creditori: il piano del consumatore non richiede il voto dei creditori. Il giudice valuta la sostenibilità e la convenienza complessiva del piano senza tenere conto del consenso formale dei creditori privilegiati o chirografari. Ciò evita, ad esempio, il rischio di veto da parte di una banca o dell’Erario.
  • Omologa e esdebitazione: una volta che il Tribunale omologa il piano (se ritenuto meritevole e realizzabile), il debitore dovrà rispettare i pagamenti nei termini previsti. Con il termine dell’esecuzione del piano, l’ordinanza di omologa rende definitivamente liberatorio il debitore per il residuo dei debiti. In sostanza, l’esdebitazione è implicita nell’omologazione stessa: omologando un piano sostenibile, il giudice riconosce che la parte pagata ai creditori libera il debitore dal resto. Tradotto, se il debitore onora puntualmente quanto concordato, al termine avrà ottenuto il cancellamento dei debiti non pagati residuali (esdebitazione).
  • Condizioni particolari: il debitore deve dimostrare meritevolezza (assenza di mala fede e di colpe gravi nella causa del sovraindebitamento) e aver ricostruito onestamente attivo e passivo. Fino al 2024 l’ammissibilità era severa (giudice valutava imprudenze passate), ma il correttivo ha introdotto criteri più oggettivi di meritevolezza, alleggerendo i requisiti e riducendo il rischio di esclusioni arbitrarie.

Vantaggi principali:

  • Il debitore conserva la gestione dei propri beni (casa, auto, piccoli risparmi) impegnandosi solo a versare una parte di valore su un arco temporale (ad es. può vendere parte dell’equity della casa, pagando rate mensili).
  • Non c’è alcun voto dei creditori da ottenere, quindi non sono necessarie maggioranze: ciò rende la procedura più rapida e con esiti certi, purché il piano sia credibile.
  • Blocca immediatamente ipoteche, pignoramenti, fermi amministrativi pendenti (sospensione ex art. 67).
  • Alla fine si ottiene automaticamente l’esdebitazione (scrittura definitiva: residui scomparsi).

Svantaggi/limiti:

  • Spesso il piano richiede di “mettere a garanzia” un reddito futuro o parte del patrimonio (ad es. vendere casa o quote finanziarie). Il giudice può imporre l’alienazione o il mantenimento di reddito.
  • Il debito tax (tributi e contributi) rientra nel piano solo se l’Agenzia delle Entrate (o INPS) ha votato a favore (quando coinvolta) oppure se la legge consente la caducazione degli atti tributari; in alcuni casi può essere necessario un placet dell’Erario. Tuttavia, : la normativa moderna ammette la falcidia dei debiti tributari (inclusa l’IVA) se negoziata, purché rientrino nel piano omologato. Questo significa che, ad esempio, l’IRPEF o l’IVA dovute possono essere parzialmente condonate nell’ambito del piano, così come interessi e sanzioni (ora la transazione fiscale lo permette in via ordinaria).
  • Il debito relativo all’impresa stessa (es. fatture non pagate o mutuo aziendale) non può di norma essere nel piano del consumatore: in tal caso si doveva ricorrere ad altre procedure (concordato minore, liquidazione). In pratica, se i debiti “di traslochi” (quelli dell’attività di trasporti) sono preponderanti, non si può usare il piano consumatore.

2. L’Accordo di Ristrutturazione e il Concordato Minore (Capo II, Titolo II CCII)

Per l’ex imprenditore che non rientra nell’ambito consumatori, le procedure a disposizione sono:

  • Accordo di composizione negoziata (D.Lgs.14/2019, art. 53-64) – un procedimento stragiudiziale facilitato dalla nomina di un “gestore della crisi”, che assiste l’impresa nel negoziare con creditori privilegiati (banche, INPS, fisco) un piano di ristrutturazione del debito. Può includere anche i debiti fiscali attraverso la transazione fiscale (vedi oltre). È adatto a imprese con un minimo di redditività residua o beni da valorizzare. Richiede massima collaborazione del debitore e ha spesso durata fino a 360 giorni. Al termine, se l’intesa è approvata da creditori e tribunale la omologa (produzione di effetti analoghi a un concordato preventivo).
  • Concordato minore – è la ristrutturazione semplificata del debito prevista dal Capo II del Codice (art. 72 e ss. CCII) per imprese e privati non consumatori con debiti entro 5 milioni di euro. Può essere in continuità o liquidatorio: l’ex imprenditore traslochi potrebbe proporlo se ha un’attività (ad es. ditta cessata e riaperta) o pochi beni da liquidare. Richiede il voto favorevole dei creditori che rappresentano almeno il 50% dei crediti (soglia ridotta dal correttivo 2024). Il concordato può includere la transazione fiscale e prevede la nomina di un curatore fallimentare. Con l’omologa si ottiene anch’essa esdebitazione al termine (art. 279, 280 CCII).
  • Liquidazione controllata (ex art. 74 CCII, detto anche concordato fallimentare) – procedura semplificata di liquidazione del patrimonio dell’impresa, che evita la dichiarazione di fallimento. Il debitore (o altri) propone un programma in cui cede beni aziendali a terzi o trasferisce quote sociali; il curatore lo attua e redistribuisce il ricavato ai creditori. È richiesta l’omologazione del piano di liquidazione. L’ex imprenditore cessato può chiedere di accedere alla liquidazione controllata anche dopo la cancellazione dal registro imprese, senza limiti di tempo. Ciò è un punto cruciale: l’art. 33(4) CCII esclude il concordato minore e concordato preventivo all’imprenditore cancellato, ma non impedisce affatto la liquidazione controllata. Anzi, per il “piccolo imprenditore cancellato” la liquidazione controllata è pienamente disponibile in qualsiasi momento. Al termine della liquidazione il debitore può chiedere l’esdebitazione per i crediti non soddisfatti (secondo art. 14-terdecies L.3/2012 e art. 280 CCII).

In queste procedure non consumatori, valgono regole analoghe: sospensione delle azioni esecutive dal momento del deposito del piano, obbligo di trasparenza e collaborazione, preclusioni ai debiti scaduti e non ammessi (art. 38 CCII), e limiti per il trattamento degli obbligazionisti garantiti. In particolare, i debiti garantiti da pegno o ipoteca non possono essere falcidiati senza compensazione (il creditore può detrarre dalla misura di riduzione il valore della garanzia realizzata).

Un aspetto da sottolineare è la transazione fiscale nell’ambito di questi piani. Il legislatore italiano ha previsto che nel concordato (sia minore che preventivo) il debitore possa includere un accordo con l’Agenzia delle Entrate per pagare solo in parte i debiti tributari residui. Questo accordo formale copre tutti i tributi (IVA, IRPEF, IRES, etc.) e prevede il pagamento parziale o dilazionato del debito, comprensivo di sanzioni e interessi. Ad esempio, un piano concordatario può proporre di saldare il 60% dei debiti fiscali dovuti, con il restante 40% stralciato, previa omologa giudiziaria. Le uniche eccezioni sono i tributi interamente destinati a risorse proprie UE (che in pratica non includono l’IVA, come chiarito dalle fonti UE). In sostanza, i debiti tributari possono essere ridotti come gli altri debiti nell’ambito di un accordo omologato, grazie a questa procedura deflattiva.

3. Strumenti deflattivi fiscali e previdenziali

Oltre alla transazione fiscale nei piani concorsuali, esistono strumenti “straordinari” per gestire i debiti con il Fisco e l’INPS:

  • Definizioni agevolate (legislazione emergenziale): periodicamente lo Stato ha offerto condoni e rottamazioni di cartelle (ad es. “Saldo e stralcio”, rateizzazioni agevolate, ecc.). Questi si configurano come abbuoni parziali di debiti tributari e contributivi. Un ex imprenditore può avvalersene autonomamente (fuori dalle procedure di crisi) purché rispetti i termini di presentazione delle domande ed i pagamenti a rate. Tali strumenti però non garantiscono sospensione di procedure esecutive in corso: per questo si usano in genere insieme alle procedure di composizione della crisi, se ancora aperte.
  • Transazione fiscale nella composizione negoziata: con il correttivo 2024 è stato introdotto un modello di transazione fiscale semplificata anche nella fase stragiudiziale di composizione negoziata. Il debitore, insieme alla richiesta di nomina dell’esperto, può presentare agli agenti fiscali un’offerta di pagamento dilazionato/parziale. Il giudice della composizione negoziata dà mandato all’esperto di contrattare con gli enti creditizi (Agenzia Entrate, INPS) un accordo: i crediti pubblici possono essere falcidiati, ma serve l’accordo formale (o il cosiddetto cram-down fiscale, se i creditori ordinari approvano il piano). In ogni caso, in composizione negoziata concordata (art.53 ss.), il debitore ha a disposizione quasi tutti gli strumenti del concordato (inclusa la transazione fiscale vera e propria).
  • Piano del consumatore con debiti fiscali: nel piano del consumatore tradizionale non è prevista una transazione fiscale formale, ma la procedura consente comunque al giudice di determinare i crediti fiscali ammissibili in modo analogo. Attualmente si ritiene che l’omologa del piano produca effetti di esdebitazione anche sui debiti tributari residui (salvo casi di dolo). In pratica, se il Fisco non solleva opposizione, l’Erario può venire incluso nel piano e partecipare al soddisfacimento parziale; al termine, con l’esdebitazione, i debiti fiscali residui regolarmente iscritti si estinguono come per gli altri creditori.

4. Esdebitazione: lo “slash” finale dei debiti

L’esdebitazione è l’ultimo step: la cancellazione dei debiti sopravvissuti al piano concordatario o liquidazione. La legge (art. 280 CCII) prevede che il tribunale “ripristini il debitore nella piena disponibilità dei propri beni” se sussistono determinate condizioni soggettive e oggettive. In sintesi, il debitore (o imprenditore) ha diritto al beneficio dell’esdebitazione quando:

  • Ha beneficiato diligentemente della procedura omologata (piano o concordato) o, in caso di liquidazione, ha collaborato fino alla vendita dei beni, consegnando il rendiconto.
  • Non deve essere stato già esdebitato negli ultimi 5 anni e non avere ricevuto più di due esdebitazioni in vita.
  • Non aver commesso reati finanziari gravi (art. 278 CCII). Per chi ha eventuali condanne, la Corte di Cassazione ha chiarito che è sufficiente aver ottenuto la riabilitazione penale (rimozione della pena) per non precludere l’esdebitazione. In pratica, a chi ha agito con scaltrezza fraudolenta o criminale possono essere preclusi i benefici, mentre all’imprenditore onesto (anche con colpe di gestione) viene concesso il “fresh start”.

Una pronuncia recente della Cassazione ha evidenziato che l’esdebitazione non è una procedura a sé, ma una fase conclusiva della procedura concorsuale sottostante. Ciò significa che le condizioni da rispettare per ottenerla sono stabilite dalle norme della procedura originaria (fallimentare o ex legge 3/2012). Ad esempio, la Cassazione ha affermato che un debitore assoggettato a liquidazione L.3/2012 (come era il caso) deve rispettare le condizioni di esdebitazione previste da quella legge, e non viene automaticamente assoggettato alle nuove norme del CCII (artt. 278 ss.). In pratica, se l’imprenditore ha chiuso la procedura (piano o liquidazione), trascorsi di norma tre anni dalla chiusura senza nuovi elementi ostativi, può chiedere il “decreto di esdebitazione”. Il tribunale verificherà cooperazione del debitore e aver attuato il piano, poi dichiarerà esdebitati i debiti residui non soddisfatti.

La tabella seguente riepiloga sinteticamente i principali istituti con finalità di risanamento dal punto di vista del debitore:

ProceduraDestinatariDebiti ammessiVoto creditoriEsito
Piano del consumatoreConsumatori (incl. ex impr. cessati con debiti privati)Tutti i debiti privati (preference: bancari, privati, fiscali se ammessi)Nessuno (solo valutazione giudice)Omologa senza voto e scrittura esdebitativa finale
Composizione negoziataImprese non fallibili (anche ex impr. con attività minima)Tutti i debiti (inclusi Fisco, INPS con transazione)Sì (accordo stragiudiziale con maggioranze creditori)Omologa del piano / accordo (se approvato) -> esdebitazione
Concordato minore (art.72)Imprese soglia (≤€5MLN) anche cessate (ma v. art.33)Tutti i debiti aziendali (bancari, fiscali, fornitori)Sì (50% crediti favorevoli)Omologa -> cancellazione residui (esdebitazione)
Liquidazione controllata (art.74)Imprese cessate o cessanti (imprenditore di piccola impresa)Vendita beni aziendali, senza concordato specificoNo (procedure liquidatoria)Vendita beni, riparto attivo; al termine, possibilità di esdebitazione
Esonero del debitore incapienteConsumatori e imprenditori non fallibili senza alcun reddito né patrimonio– Nessun pagamento possibile (debiti pregressi)Beneficio automatico dopo 3 anni dall’apertura e approvazione finale (apertura ex art. 374 CCII)

Domande frequenti (Q&A)

  1. «Posso usare il piano del consumatore anche se i miei debiti derivano dall’attività di traslochi?»
    Solo parzialmente. Se hai cessato l’attività e sei attualmente “consumatore”, puoi proporre il piano del consumatore per i debiti personali e familiari residui (mutui casa, prestiti personali, carte di credito, ecc.). Tuttavia, i debiti insorti nell’esercizio dell’attività di traslochi (es. affitto magazzino, crediti fornitori di corrieri, IVA e IRPEF d’impresa) non rientrano tecnicamente nel piano consumatore. In tal caso devi valutare un concordato minore o liquidazione controllata. Giurisprudenza recente chiarisce che un ex imprenditore con debiti “misti” non può cancellarli tutti tramite il solo piano consumatore.
  2. «Che succede se l’Agenzia delle Entrate non vota il mio piano?»
    Nel piano del consumatore non è previsto un voto specifico dei creditori pubblici. Se il Fisco si oppone strumentalmente, di fatto può bloccare il piano. Ma con il nuovo strumento della transazione fiscale (o con un accordo stragiudiziale ex art. 53) si può negoziare in anticipo una proposta direttamente con l’Agenzia e ottenere un parere favorevole. In ogni caso, grazie alla normativa vigente, anche senza voto l’Erario subisce gli effetti dell’omologa: l’art. 14-undevicies L.3/2012 (ora art. 279 CCII) riconosce che l’esdebitazione vale “a prescindere dal consenso” dei pubblici creditori se il piano viene eseguito onestamente. In pratica, se nella pratica del concordato o nel consumatore il debito fiscale è stato inserito e omologato, al termine viene esdebitato come gli altri.
  3. «Gli anni di prescrizione aiutano?»
    Sì, i debiti tributari e contributivi vecchi (oltre 5-10 anni) possono essere ormai prescritti. Se lo sono (ossia l’Agenzia non li ha riscossi o opposti negli ultimi anni), possono essere eccepiti ed esclusi dalla procedura. Nell’analisi di un piano o accordo conviene stimare quali partite si estinguono e quali permangono.
  4. «E se ero socio di una SRL di traslochi?»
    A livello personale, se sei stato amministratore di una SRL di traslochi estinta, devi distinguere: in linea di massima l’azione dei creditori sociali si esaurisce sul patrimonio della società. Tuttavia, se risulta dolo o colpa grave nella gestione o nella liquidazione, il curatore o l’erario può chiedere la responsabilità verso gli amministratori (art. 2394 c.c.) per ottenere cofinanziamenti personali. Diversamente, in assenza di tali profili penali o civili, l’amministratore che ha svolto correttamente il proprio mandato non risponde dei debiti sociali con il proprio patrimonio. Se invece sei stato socio di una società di persone (snc/sas) o una ditta individuale, rispondi in solido e illimitatamente per le obbligazioni sociali, esattamente come se fossero tue personali.
  5. «Qual è la procedura più veloce?»
    Dipende dal carico debitorio e dalla situazione patrimoniale. Spesso il piano del consumatore è veloce in termini di voto (nessuno) e durata (fino a 5 anni di rateizzazione). L’accordo negoziato consente una moratoria fino a 360 giorni per chiudere la trattativa con tutti i creditori. La liquidazione controllata può essere più lunga se richiede vendita complessa di beni. Comunque, dall’apertura alla chiusura dell’intera procedura di solito passano almeno 1-2 anni, quindi è sempre consigliabile agire per tempo e in modo trasparente.
  6. «Se il giudice omologa il piano/concordato, devo pagare tutto? E i coobbligati?»
    Con l’omologa, il debitore è vincolato a versare quanto previsto (somme dilazionate o asset ceduti). Il piano è esecutivo e non può essere modificato unilateralmente. I creditori, coobbligati e garanti inclusi, ottengono quindi la loro parte concordata, mentre i residui (se non coperti) si cancellano. Nota però: l’esdebitazione riguarderà solo il debitore che ha chiuso la procedura. Se c’erano fideiussori o coobbligati, normalmente rimangono tenuti a rispondere ai debiti residui (es. un garante rimane garante del residuo debito mai saldato). Tuttavia, se il debitore principale è esdebitato, il giudice potrebbe valutare la vicenda in modo complessivo e concedere soluzioni anche per i coobbligati (ad es. riduzioni) se presenti nel piano.

Simulazioni pratiche

  • Caso 1 – Mario, ex titolare di una ditta individuale di traslochi. L’attività è cessata da 1 anno. Ha debiti complessivi di 120.000€: di cui 30.000€ tributari (IVA e IRPEF) e 90.000€ tra mutuo casa, prestiti e fornitori. Vive con la famiglia e ha un reddito da dipendente di 20.000€/anno.
    Opzioni: Mario potrebbe presentare un piano del consumatore poiché è divenuto privato (ex imprenditore cessato) e i debiti d’impresa non sono eccessivi. Nel piano inserirebbe i debiti person ali (mutuo e prestiti) e i tributi (tramite transazione fiscale o estromettendo l’IVA, a seconda dell’analisi fiscale). Ad esempio, propone di pagare in 5 anni il 70% dei crediti tramite versamenti mensili: in base al reddito, il tribunale stabilirà rate sostenibili (es. 300€/mese). Non essendo previsto voto, il piano viene omologato se ritenuto fattibile. Al termine, i debiti residui (30%) verrebbero stralciati per esdebitazione. Nel frattempo, Mario beneficia di sospensione pignoramenti. Il suo mutuo potrebbe essere oggetto di cessione o rinegoziazione con la banca.
  • Caso 2 – Lucia, ex socia di una Snc di trasporti che si è sciolta. Oggi Lucia ha 150.000€ di debiti con l’Erario (IVA/IRPEF non versate) e debiti personali di 50.000€. Non ha reddito fisso.
    Opzioni: Non rientra nel piano consumatore (debiti d’impresa preponderanti). Dovrebbe ricorrere a un concordato minore o a una composizione negoziata. Potrebbe tentare una transazione fiscale extragiudiziale: nominando un esperto, negoziare con il Fisco di pagare solo una parte (ad es. 60%) dei 150k; per il resto si affida all’eventuale concordato che proporrà qualcosa anche ai creditori bancari/personali. Se ottiene un accordo con la maggioranza dei creditori (ad esempio, offrendo il 50% di tutto il dovuto in 7 anni) e il tribunale omologa, otterrà l’esdebitazione del 50% residuo. In alternativa, potrà richiedere la liquidazione controllata: vendere eventuali beni esistenti (es. licenze di autocarri) o quote di azienda, e dopo 3 anni chiedere l’esdebitazione sui residui (a condizione di buona fede).
  • Caso 3 – Paolo, anziano ex artigiano edile (settore traslochi come seconda attività), indebitato con 40k€ di contributi INPS e 20k€ di prestiti personali. Il figlio vive con lui ed è anch’egli senza reddito.
    Opzioni: Potrebbe stipulare una procedura familiare unitaria: insieme al figlio, proporre un piano del consumatore familiare. Offrirebbero una rata commisurata alle risorse totali (es. entrambi impegnano una piccola quota di futura pensione del padre). La procedura omologa tratterebbe entrambi i debiti in blocco e al termine libererebbe entrambi dagli importi non versati.

Conclusioni

L’ex imprenditore del settore traslochi con debiti ha a disposizione un ventaglio di strumenti legali per difendersi e ripartire. La scelta del percorso ottimale dipende dai redditi correnti, dal patrimonio disponibile, dall’ammontare e composizione dei debiti e dalla condizione soggettiva (p.e. buona fede). È fondamentale agire attivamente e con trasparenza (cooperare con i professionisti delegati) per ottenere l’esdebitazione finale. Anche i debiti fiscali e contributivi, se regolarmente iscritti, possono essere ristrutturati o condonati nei piani omologati. Al contempo, restano ferme le responsabilità personali: chi ha indebitato la sua impresa individuale ne risponde con ogni bene personale. Tuttavia, grazie all’approccio “favor debitoris” e alle ultime modifiche normative, chi agisce in buona fede può sperare realisticamente di liberarsi definitivamente dai debiti residui e riprendere l’attività economica o professionale senza il peso degli anni passati di mala gestio.

Fonti:

  • D.Lgs. 14/2019 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza) e ss.mm.ii. (in particolare artt. 65-83, 278-282).
  • Legge 27 gennaio 2012, n.3 (Norme sulla composizione della crisi da sovraindebitamento); D.Lgs. 83/2022, 136/2024 (c.d. correttivi).
  • Codice Civile (art. 2740 c.c. sulla responsabilità patrimoniale).
  • Cass. civ., Sez. I, 3 giugno 2025, n.14835 (esdebitazione dei debitori in liquidazione L.3/2012).
  • Trib. Catanzaro, 14 marzo 2025 (procedura L.3/2012, esdebitazione: resta applicabile la legge 3/2012).
  • Cass. civ., Sez. I, 2 febbraio 2025, n.2461 (esdebitazione in caso di condanne penali).

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✔️ Avvocato esperto in crisi da sovraindebitamento per ex imprenditori
✔️ Gestore della crisi iscritto al Ministero della Giustizia
✔️ Consulente per ex titolari di imprese individuali e piccole società
✔️ Consulente per chi ha cessato attività ma è ancora perseguito dai creditori


Conclusione

Chiudere un’impresa non significa restare prigioniero dei debiti per sempre.
Con la strategia giusta puoi difenderti, salvare i tuoi beni e tornare a vivere senza paura.

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  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

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