Hai gestito una pizzeria che poi hai dovuto chiudere, ma i debiti continuano a inseguirti? Fornitori, banche, Agenzia delle Entrate o l’INPS ti chiedono soldi che non riesci più a pagare? Se sei un ex titolare di pizzeria con debiti, non sei solo. E soprattutto: non sei senza difese.
La pizzeria è chiusa, ma i debiti restano?
Sì. Se avevi una ditta individuale o una società di persone (come una SNC), i debiti ricadono direttamente su di te. Anche dopo la chiusura dell’attività, i creditori possono:
– Pignorarti il conto, lo stipendio o la pensione
– Avviare azioni legali e iscrizioni a ruolo
– Segnalarti alle centrali rischi come cattivo pagatore
– Aggredire eventuali beni personali, compresa la casa se non è protetta
Quali sono i debiti più comuni per chi ha avuto una pizzeria?
– Fatture non pagate a fornitori alimentari e distributori di bevande
– Contributi INPS e premi INAIL arretrati
– Tasse non versate: IVA, IRPEF, TARI, IRAP
– Canoni di locazione commerciale arretrati
– Rate di mutui o leasing per forni, attrezzature, arredi
– Cartelle esattoriali per accertamenti o omessi versamenti
Cosa puoi fare per difenderti legalmente?
– Accedere alla procedura di sovraindebitamento per chi non è soggetto a fallimento
– Bloccare pignoramenti, azioni legali e interessi
– Proporre un piano di rientro parziale con una sola rata mensile, anche ridotta
– Avviare la liquidazione controllata se non hai redditi sufficienti
– Ottenere l’esdebitazione: la cancellazione legale dei debiti residui, se sei in buona fede
Con l’aiuto giusto puoi:
– Fermare ogni azione esecutiva in corso
– Proteggere il tuo reddito e i tuoi beni essenziali
– Ridurre drasticamente i debiti
– Ricominciare senza più paura di lettere, cartelle o ufficiali giudiziari
Cosa NON devi fare mai?
– Ignorare gli atti ricevuti: il silenzio aggrava la situazione
– Firmare cambiali o piani di rientro non sostenibili
– Vendere i beni a familiari per “salvarli” dai creditori
– Aspettare che la situazione “si sistemi da sola”: non lo farà
Hai chiuso una pizzeria, ma puoi ancora salvare il tuo futuro.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in difesa di ex imprenditori – ti spiega come reagire se hai debiti dopo la chiusura della tua pizzeria, come bloccare i creditori e come ottenere la cancellazione dei debiti in modo legale.
Hai debiti dopo la tua pizzeria e non sai come uscirne?
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Introduzione
Un ex titolare di pizzeria (o di altra piccola attività di ristorazione) che si ritrova con debiti insostenibili può trovare una “seconda chance” nella legge italiana. Negli ultimi anni il legislatore ha infatti introdotto strumenti specifici per il debitore non fallibile (piccoli imprenditori individuali, professionisti, consumatori) che non riesce più a pagare i propri debiti. Con la legge n. 3/2012 (cd. “salva-suicidi”, confluita nel Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, D.lgs. 14/2019) sono nate procedure di composizione della crisi che permettono di ristrutturare i debiti oppure di liquidare il patrimonio con risultati equi. L’obiettivo finale è l’esdebitazione, cioè la cancellazione dei debiti residui non pagati: il debitore potrà così cancellare i suoi debiti insoddisfatti e ripartire da zero. In questa guida, aggiornata a luglio 2025, spieghiamo dal punto di vista del debitore (imprenditore cessato o privato) come funzionano queste procedure, con riferimenti normativi e alle più recenti sentenze.
Chi può ricorrere alla legge sul sovraindebitamento
La legge sul sovraindebitamento si applica ai soggetti “non fallibili”, ossia persone fisiche o enti che per legge non possono essere dichiarati falliti. Rientrano in questa categoria:
- Consumatori: persone fisiche che hanno contratto debiti “personali” (ad es. mutui ipotecari, finanziamenti, debiti con la famiglia) privi di vincolo con un’attività di impresa. Il piano del consumatore (artt.67-73 CCII) è riservato a loro.
- Piccoli imprenditori individuali e professionisti: ad esempio, un titolare di pizzeria con fatturato modesto e debiti complessivi entro certi limiti (attivo ≤300.000€, ricavi ≤200.000€, debiti ≤500.000€). Anche loro possono accedere a procedure semplificate (come il concordato minore).
- Imprese non commerciali e no-profit: start-up innovative, associazioni, fondazioni, entri non commerciali indebitati possono usare gli stessi strumenti.
- Imprenditori cessati da >1 anno: un caso centrale è l’imprenditore cancellato dal Registro delle Imprese da oltre 12 mesi. Nonostante la cessazione dell’attività, l’ex imprenditore può comunque accedere alle procedure di sovraindebitamento. Il Codice (art.33 CCII) prevede infatti che, anche dopo cancellazione definitiva, il debitore non fallibile può chiedere misure di composizione della crisi. (Se invece la cessazione è recente, entro 1 anno si può ricorrere all’ex-fallimento [liquidazione giudiziale] secondo art.10 l.fall., ora art.33 CCII.)
In sintesi, un ex titolare di pizzeria che ha continuato a ricevere debiti (con fornitori, banca, fisco, INPS, ecc.) anche dopo aver chiuso l’impresa può usare queste procedure di sovraindebitamento. Tutte le sue passività personali e professionali vanno dichiarate (debiti bancari, fatture insolute, cartelle fiscali e contributive, conti correnti, ecc.). Durante la procedura, i beni del debitore (casa, auto, attrezzature) sono protetti dalle espropriazioni individuali: infatti, dal deposito della domanda tutte le azioni esecutive sono sospese e i creditori partecipano alla procedura comune.
Tipi di procedura per la composizione della crisi
La legge prevede fondamentalmente due strade concordate e una liquidatoria:
- Piano di ristrutturazione dei debiti (piano del consumatore) – riservato al consumatore (persona fisica senza attività di impresa). Il debitore propone una ristrutturazione (soluzione concordata) ai creditori, basata ad esempio sulla rateizzazione dei debiti residui pagabili con il proprio reddito futuro. Il Giudice valuta la proposta (scritta) e, se ritiene che il piano sia meritevole e sostenibile, lo omologa diventando vincolante anche per i creditori. Il piano del consumatore evita la liquidazione totale del patrimonio: i creditori accettano di rinunciare all’integrale saldo in cambio di pagamenti futuri e la conservazione di alcuni beni del debitore. Non è richiesto il consenso formale dei creditori, ma il tribunale ne valuta gli effetti ed esamina che sia più conveniente del default. In caso di rigetto, è possibile passare alla liquidazione controllata (conversione). .
- Concordato “minore” (accordo di composizione della crisi) – dedicato a imprenditori individuali minori, professionisti e piccole imprese non fallibili. Qui il debitore propone un accordo vincolante (con piano di pagamenti, cessione di beni o concorso di creditori) e deve ottenere l’approvazione di almeno il 60% dei crediti (con fattore di ponderazione pari al valore del credito). Se l’accordo è omologato dal tribunale, i creditori devono accettare la proposta e il debitore può mantenere parte del patrimonio impegnandosi a versare quanto concordato. Anche questo strumento può salvare il patrimonio del debitore e richiede un giudizio di convenienza rispetto alla liquidazione. In assenza di credito esteri, gli effetti sono simili al piano del consumatore. Notare che il concordato minore è inaccessibile all’imprenditore già cancellato dal Registro (art. 33 CCII): in tal caso non gli è permesso proporre nuovi accordi in tribunale. (È possibile invece depositare accordi di ristrutturazione stragiudiziale ai sensi di artt. 67-69 CCII, ma questi necessitano di maggioranze qualificate dei creditori.)
- Accordo di ristrutturazione dei debiti (art.67 CCII) – una procedura speciale introdotta per consentire all’imprenditore (anche sopra soglia fallimentare) di concordare piani con i creditori, ma richiede il voto favorevole dei creditori rappresentanti almeno il 60% del debito. Qui la differenza è tecnica: il “concordato minore” è in sostanza una versione semplificata di questo accordo per i piccoli imprenditori, mentre l’art.67 CCII si applica spesso a imprese più grandi in stato di crisi. In molti casi di piccolo imprenditore, si parla comunemente di concordato minore.
- Liquidazione controllata del sovraindebitato (artt.268-277 CCII) – è la procedura liquidatoria “ultima ratio” disponibile a qualsiasi debitore non fallibile. Se il titolare di pizzeria ex impresa non può trovare un accordo con i creditori (o non ha redditi sufficienti per un piano), può domandare al tribunale l’apertura della liquidazione controllata. Si tratta di una specie di “fallimento personale”: il tribunale designa un liquidatore che vende tutti i beni pignorabili del debitore (immobili, macchinari, automezzi, ecc.) e distribuisce il ricavato ai creditori, rispettando l’ordine legale di pagamento. Durante la procedura, il debitore non può compiere vendite unilaterali (il suo patrimonio è “vincolato” alla procedura). Il termine massimo di durata è di 3 anni (salvo proroghe eccezionali), entro i quali il liquidatore svolge vendite e azioni legali (ad es. revocatorie) per recuperare valore patrimoniale. Al termine, il liquidatore deposita rendiconto finale e il tribunale dichiara chiusa la procedura.
L’apertura della liquidazione controllata produce effetti protettivi: ogni azione esecutiva individuale (pignoramenti, fermi amministrativi, cartelle esattoriali, ecc.) viene sospesa e i beni vengono aggregati nella procedura comune (par condicio creditorum). Inoltre, con la domanda si sospende il calcolo degli interessi debitori fino alla chiusura. Va annotato però che alcuni tribunali richiedono che la liquidazione controllata venga proposta per forza dall’imprenditore cessato (invece di soluzioni più flessibili); questo orientamento è al vaglio della giurisprudenza, ma riflette la norma che riserva al fallimento (liquidazione) il destino dell’azienda ormai chiusa.
- Esdebitazione (artt.280-283 CCII) – è l’ultimo “premio” per il debitore che ha portato a termine una procedura con onestà. Una volta conclusa positivamente una delle sopra procedure (piano, concordato, liquidazione), il debitore può ottenere dalla legge la cancellazione definitiva dei debiti rimasti insoddisfatti. In particolare, trascorsi 3 anni dall’apertura della procedura di liquidazione controllata (o dall’omologa del piano/concordato) – tempi durante i quali il debitore ha sempre collaborato con il giudice e il liquidatore – l’esdebitazione scatta “di diritto” (non serve nemmeno presentare domanda) se sussistono le condizioni previste dalla legge. In pratica l’esdebitazione cancella ogni residuo passivo: i creditori non potranno più agire per quanto non hanno recuperato nel piano o nella liquidazione. Le condizioni di ammissibilità sono elencate nell’art.280 CCII: tra queste, non aver già usufruito di un’esdebitazione nei 5 anni precedenti e non averne avute due complessive (si vuole evitare abusi), non aver commesso reati fallimentari/gravi scorrettezze e avere operato con correttezza. Svolta la procedura e concesso il “perdono” legale, il debitore esce come da un fallimento con i debiti azzerati e può tornare a operare economicamente.
In estrema sintesi, le procedure del Codice della crisi danno agli ex imprenditori indebitati – inclusi i titolari di pizzeria – due possibili “vie d’uscita” di tipo concordato e una liquidazione: chiude o ratifica un accordo vantaggioso (piano o concordato), oppure liquida i beni (liquidazione controllata) per poi liberarsi dei debiti. In entrambi i casi si agisce sotto controllo giudiziario, e si mira in ultimo all’esdebitazione.
Procedura passo dopo passo
In generale, se lei è un ex titolare di pizzeria con debiti, il percorso tipico è:
- Valutazione e preparazione: deve raccogliere i documenti che attestano la sua situazione (bilanci, elenco creditori, documentazione fiscale e bancaria, dichiarazioni reddituali, ecc.) e rivolgersi a un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) competente. L’OCC (spesso presso CCIAA o Collegi di Commercialisti) nomina un gestore della crisi (commercialista o avvocato) che valuta la fattibilità del piano o concordato. L’OCC redige una relazione dettagliata che riassume attivo, passivo, e verifica i requisiti (assenza di altre procedure negli ultimi 5 anni, corretta ricostruzione di stato patrimoniale, assenza di reati, ecc.).
- Scelta dello strumento: insieme al gestore, il debitore valuta quale procedura conviene proporre. Se ha un reddito da lavoro o pensione sufficiente, potrebbe prediligere un piano del consumatore (se è consumatore) oppure concordato minore (se è ex imprenditore di fatto non più attività). Se invece non ha redditi stabili o i creditori chiedono troppo, potrebbe essere preferibile la liquidazione controllata.
- Deposito della domanda: il professionista presenta al tribunale (sezione fallimentare) il ricorso per l’apertura della procedura scelta. Non sempre serve un avvocato: nel ricorso del debitore la legge esonera dall’obbligo di patrocinio legale, per garantire risparmio economico al debitore e vigilanza diretta dell’OCC. Nella domanda vanno elencati i creditori e allegati tutti i documenti della relazione dell’OCC.
- Apertura e protezione: se il tribunale ritiene ammissibile la domanda, emette un decreto di apertura (piano o concordato) o di apertura della liquidazione controllata (art. 270 CCII). Da questo momento in poi si applicano gli effetti di “concorso”: i pignoramenti individuali si fermano e le azioni esecutive pendenti vengono assorbite nella procedura. Il debitore gode di una protezione totale: nessun creditore può rivalersi sui suoi beni al di fuori della procedura.
- Svolgimento:
- Se è un Piano o Concordato: il giudice (o tribunale) convoca l’udienza di approvazione. Nel frattempo, il debitore deve comunicare ogni evoluzione reddituale e immobiliare al giudice e agli OCC. Al momento dell’udienza, i creditori possono farsi rappresentare (o esprimere voto nei concordati). Se il piano o il concordato raccolgono il consenso legale (nel caso del piano del consumatore non serve quorum ma solo giudizio di credibilità, nel caso del concordato serve il voto favorevole), il giudice omologa l’accordo. In caso di mancata approvazione, il debitore può chiedere la conversione in liquidazione controllata.
- Se è Liquidazione controllata: il tribunale nomina il liquidatore. Questo professionista verifica l’elenco creditori (redatto dal debitore), accerta lo stato passivo e attivo e procede a vendere i beni del debitore. Il liquidatore può anche promuovere azioni revocatorie (ad esempio per annullare donazioni o vendite sospette fatte dal debitore in danno dei creditori). Durante tutta la procedura il liquidatore deposita i ricavi su un conto dedicato e, se del caso, effettua riparti parziali ai creditori. Entro 3 anni (termine di norma perentorio secondo la Corte Costituzionale) la procedura si conclude.
- Chiusura: al termine operativo (esaurimento dell’attivo o scadenza triennale) il liquidatore deposita il rendiconto finale e chiede la chiusura al tribunale. Il tribunale emette il decreto di chiusura, con cui si estingue la procedura stessa. Contestualmente (o immediatamente dopo) si valuta e concede l’esdebitazione del debitore.
- Esdebitazione finale: se il debitore ha operato in buona fede e non è incappato in fattori ostativi (gravi colpe, ripetuti utilizzi abusivi delle procedure, condanne penali rilevanti), il tribunale sancisce l’esdebitazione: i crediti insoddisfatti restanti diventano inesigibili. In pratica, il debitore è liberato da ogni debito residuo e può tornare ad avere accesso al credito. In particolare, l’art.282 CCII stabilisce che l’esdebitazione “scatta di diritto” dopo 3 anni dall’apertura della procedura, senza bisogno di un’ulteriore istanza. (Questo termine triennale è considerato limite finale per completare tutto e dare atto alla “seconda chance” al debitore.)
Nel complesso, le tappe includono presentare domanda al tribunale tramite OCC, ottenere l’omologa o l’apertura, eseguire il piano o la liquidazione, e infine chiudere con esdebitazione. Tutto il percorso è regolato dal Codice della crisi (artt.65 e ss. CCII) e richiede trasparenza verso il giudice e i creditori. Va evidenziato che non serve definire a monte una percentuale di versamento fissa: come chiarito dalle Sezioni Unite della Cassazione, la legge non impone una soglia minima di pagamenti per ottenere l’esdebitazione, ma valuta caso per caso la convenienza della proposta rispetto alla liquidazione alternativa.
Tabelle riepilogative
Procedura | Debitori ammessi | Effetti principali | Durata / requisiti |
---|---|---|---|
Piano del consumatore | Consumatori (persone fisiche con debiti personali) | Il debitore propone rateizzazioni: il tribunale omologa un piano di pagamenti ai creditori; sospensione pignoramenti; nessuna cessione forzata di beni. Richiede solo giudizio di meritevolezza (no quorum voti). | Di solito fino a 3 anni (salvo proroga); il debitore mantiene il patrimonio; omologazione con o senza consenso creditori. |
Concordato minore | Imprenditori individuali “minori” e professionisti non fallibili | Il debitore propone un accordo (spesso saldo e stralcio) da votare; se approvato, sospensione esecuzioni; pagamento parziale concordato (es. percentuale del debito residuo). | In genere 5 anni (art.79 CCII); serve il voto favorevole di almeno il 60% dei crediti (ponderati); se bocciato, si passa a liquidazione. |
Liquidazione controllata | Qualsiasi debitore non fallibile con insolvenza | Si vende tutto il patrimonio pignorabile: somme raccolte vanno ai creditori privilegiati e chirografari. Pignoramenti fermi; attività gestite da un liquidatore. | Termine di norma 3 anni dall’apertura (art.281 CCII); alla fine si chiede la chiusura. |
Esdebitazione finale | Debitori che hanno concluso con onestà una procedura di composizione | Cancellazione giuridica di tutti i debiti rimasti insoddisfatti: i creditori non possono più reclamarli. Il debitore riacquista credito. | Scatta automaticamente dopo la fine della procedura (art.282 CCII: dopo 3 anni). Soggetta alle condizioni di “meritevolezza” (art.280 CCII). |
Domande frequenti
D: Chi può chiedere l’accesso a queste procedure?
R: Possono chiedere assistenza di questo tipo i soggetti non fallibili, ossia i piccoli imprenditori individuali e professionisti con partita IVA di piccole dimensioni, i consumatori (persone fisiche con debiti personali) e gli enti non commerciali indebitati. Un ex titolare di pizzeria rientra in questa categoria se non supera le soglie di “fallibilità” o se è una persona fisica. Anche se ha già chiuso l’attività e si è cancellato dal Registro delle Imprese, può comunque accedere alle procedure se la cessazione è avvenuta da oltre un anno.
D: Posso usare il concordato preventivo o devo fare la liquidazione?
R: Se l’attività è terminata e si è effettuata la cancellazione, il concordato preventivo (ordinario) non è ammissibile: l’art.33 CCII prevede che un imprenditore cancellato non può riproporre il concordato, né il concordato minore, né omologare accordi di ristrutturazione. Di fatto, dopo la cancellazione l’unica strada giudiziaria possibile (oltre al piano del consumatore se si è consumatori) è la liquidazione controllata. Alcuni tribunali ammettono varianti (ad esempio considerare “consumatore” un ex imprenditore con debiti misti), ma in linea generale la cessazione spinge verso la liquidazione controllata.
D: Cosa succede ai miei beni (casa, macchina, attrezzatura)?
R: Nelle procedure concordate (piano o concordato), il debitore di solito mantiene il patrimonio: paga con reddito futuro senza cedere i beni (salvo che il piano li preveda come garanzia). Nella liquidazione controllata, invece, i beni vincolati vengono venduti dal liquidatore per ripagare i creditori. I proventi vanno prima ai creditori privilegiati (come Equitalia, banche con ipoteca, lavoratori) e poi ai chirografari (fornitori, ecc.). Se i beni non bastano, lo Stato applica l’esdebitazione: i residui resteranno inutilizzabili contro di lei. In ogni caso, quando la procedura è aperta nessun creditore può togliere o pignorare altro: la legge sospende le azioni individuali.
D: Che garanzie o impegni devo dare ai creditori?
R: Nel piano o concordato il debitore propone ai creditori un piano di ripagamento (es. “ti pago il 40% dei tuoi crediti in 3 anni”). È una proposta discrezionale: può essere anche molto bassa se il tribunale la giudica credibile e sufficiente. Non c’è un minimo fisso richiesto per legge. Tuttavia, solitamente la proposta deve soddisfare almeno i creditori garantiti (p.e. concedere loro importi pari alla realizzazione delle loro garanzie) e promettere una percentuale ragionevole ai chirografari. Se i creditori principali sono d’accordo, la procedura ha altissime probabilità di successo. L’alternativa (liquidazione) significa che in pratica non lascia niente, quindi anche offerte modeste vengono accettate se migliore di questa alternativa.
D: Devo obbligatoriamente nominarmi un avvocato?
R: No, nel ricorso iniziale del debitore la legge esonera dall’assistenza legale obbligatoria. Il debitore presenta la domanda tramite l’OCC e il professionista nominato. Di solito l’OCC assicura la correttezza formale e sostanziale dell’istanza. In ogni caso però può comunque rivolgersi ad un avvocato per assistenza se lo desidera, anche se non è obbligatorio.
D: Cosa succede dopo l’omologa di un piano o concordato?
R: Dopo l’omologa, il debitore deve attuare il piano (pagare regolarmente le rate, spesso con attenzione ai creditori privilegiati) e il liquidatore (o giudice delegato) controlla l’adempimento. Se tutto procede, al termine si otterrà la chiusura e quindi l’esdebitazione. Se invece il debitore non rispetta il piano (ad esempio non paga), i creditori possono chiedere il fallimento (liquidazione) o il tribunale lo dichiara inadempiente. In quest’ultimo caso scatta la conversione in liquidazione controllata: il debitore perde il beneficio del concordato e subisce la liquidazione dei beni, pur conservando il diritto all’esdebitazione finale se si dimostra “meritevole”.
D: Esempio pratico – cosa può succedere?
Immaginiamo il caso di Mario, ex titolare di una pizzeria a Roma:
- Situazione patrimoniale e debiti: Mario ha debiti complessivi pari a 100.000€ (30k alla banca, 50k a fornitori, 20k di imposte non pagate). Il suo patrimonio è costituito da una casa di 50.000€ (ipotecata per un debito fisco di 10k) e attrezzature per 10.000€. Mario ora lavora come dipendente e percepisce uno stipendio di 1.200€ netti/mese.
- Concordato minore fallito: Mario tenta un accordo con i fornitori proponendo di pagare il 30% (30k) dei loro crediti in 4 anni. I fornitori chiedono il 50% e votano contro. L’accordo non passa.
- Liquidazione controllata: Mario deposita ricorso per liquidazione controllata. Il tribunale nomina un liquidatore. Questo vende la casa (50k) e le attrezzature (10k), incassando 60k. Ripartizione: i 10k ipoteca del fisco vengono saldati, 50k rimangono per la massa. Togliamo spese legali e debiti privilegiati (p.es. mensilità arretrate) per un totale di 15k, restano 35k. Questi 35k saranno divisi tra gli altri creditori (es. la banca e i fornitori). In pratica, i creditori recuperano solo una parte del loro credito: la banca ad esempio riceve il ricavato della casa (netto 40k dopo spese) per parziale soddisfazione, i fornitori ricevono (insieme al lavoratore dipendente) qualche migliaio di euro complessivamente.
- Esdebitazione: Trascorsi 3 anni dall’apertura, Mario ottiene l’esdebitazione automatica. I 100.000€ residui diventano inesigibili. Mario esce quindi dalla procedura senza debiti residui e può ricominciare a ottenere credito.
Questo esempio mostra come, anche in una situazione apparentemente senza uscita (100k di debiti e patrimoni solo per 60k), la legge permetta al debitore di “sopportare” una liquidazione parziale e poi vedersi azzerare i debiti residui.
Tabelle riassuntive di confronto
Caratteristiche | Piano del consumatore | Concordato minore | Liquidazione controllata |
---|---|---|---|
Debitori ammessi | Solo consumatori (debiti personali, no partita IVA) | Imprenditori individuali “minori” e professionisti | Qualsiasi debitore non fallibile in insolvenza |
Obiettivo | Rateizzazione al tribunale di parte dei debiti | Proposta di accordo vincolante di pagamento concordato | Vendita di tutti i beni per ripartizione |
Ruolo del tribunale | Omologa piano se ritenuto conveniente e meritevole | Omologa concordato se approvato da 60% crediti (ponderati) | Riceve rendiconto finale, dichiara chiusa |
Consenso creditori | Non serve maggioranza formale (il giudice valuta) | Richiesto consenso di creditori rappresentanti ≥60% debito (art.79 CCII) | Non rilevante (liquidazione d’ufficio) |
Effetti su pignoramenti | Sospensione completa dopo deposito domanda | Sospensione completa dopo deposito domanda | Sospensione completa dopo deposito domanda |
Trattamento del patrimonio | Conservazione dei beni non pignorati (salvo piano diverso) | Conservazione beni salvo piano (salvo cessione concordata) | Tutti i beni pignorabili venduti dal liquidatore |
Durata tipica | Fino a 3 anni (omologazione in tempi brevi) | Fino a 5 anni (anche più breve se previsto) | Massimo 3 anni (art.281 CCII) |
Esdebitazione finale | Si ottiene dopo esecuzione piano e accesso esdebitazione | Si ottiene dopo esecuzione concordato e accesso esdebitazione | Si ottiene automaticamente dopo 3 anni |
Rischio | Se piano non onorato → liquidazione controllata | Se accordo bocciato → liquidazione controllata | Se pochi beni venduti → i debiti residui solitamente rimangono d’esdebitazione inevitabile |
Note | Delega larga al tribunale sul piano | Prevede organo di composizione e voto dei creditori | Funziona come “fallimento personale”; prevede liquidatore, azioni revocatorie |
Conclusioni
Per un ex titolare di pizzeria indebitato, le norme italiane offrono strumenti di tutela a cui ricorrere prima che le banche e il fisco portino avanti azioni legali paralizzanti. A seconda della situazione patrimoniale e reddituale, si può proporre ai creditori un piano di pagamento o accordo transattivo con l’intervento del tribunale, oppure – se non c’è altra via – chiedere la liquidazione controllata del proprio patrimonio. In ogni caso, superata la procedura, la legge consente lo stralcio dei debiti residui tramite l’esdebitazione.
Ricordiamo sempre che è fondamentale agire con trasparenza e diligenza: ogni documento deve essere veritiero e non devono esserci atti fraudolenti a scapito dei creditori. Se le condizioni previste (assenza di frodi, comportamenti scorretti o condanne) sono soddisfatte, l’esdebitazione cancellerà definitivamente i debiti, restituendo al debitore l’onore di cittadino libero da obblighi insostenibili.
Per orientarsi al meglio nella procedura giusta per il suo caso, è consigliabile rivolgersi a un professionista (avvocato o commercialista esperto di crisi d’impresa), ma non dimentichi che anche la Corte di Cassazione ha sottolineato la necessità di un trattamento equo: non esistono soglie fisse di rimborso stabilite a priori, e il debitore meritevole ha diritto alla “seconda chance” sancita dalla legge.
Fonti e riferimenti: normativa e prassi aggiornate a luglio 2025. Si vedano, tra gli altri, D.Lgs. 14/2019 (Codice della Crisi e Insolvenza), art. 65 e ss. CCII; Legge 3/2012; Cass. Sez. I, ord. n.12395/2025; Cass. SS.UU. n.21789/2019;
Ex titolare di pizzeria con debiti? Fatti Aiutare da Studio Monardo
Hai gestito una pizzeria con impegno e sacrificio, ma oggi sei rimasto con debiti fiscali, bancari o verso fornitori?
Una chiusura forzata o una crisi d’incassi può lasciare strascichi pesanti, anche quando l’attività non esiste più.
Ma c’è una buona notizia: la legge ti offre strumenti concreti per bloccare le azioni esecutive e liberarti dai debiti.
Perché restano i debiti anche dopo la chiusura?
La cessazione della partita IVA o la liquidazione dell’attività non estingue automaticamente i debiti contratti. Ecco i casi più frequenti tra gli ex titolari di pizzerie:
- 🧾 Cartelle esattoriali per IVA, IRPEF, INPS o Tari non pagate
- 💳 Finanziamenti per arredi, forni, celle frigorifere o ristrutturazioni
- 📉 Fornitori di materie prime (farina, mozzarella, bevande) non saldati
- 🛑 Pignoramenti su conto, casa o reddito personale
- ⚠️ Solleciti da parte di banche o recupero crediti
Senza una difesa adeguata, si rischia di trascinare questi debiti per anni, compromettendo anche il futuro personale o familiare.
Le soluzioni previste dalla legge per ex ristoratori
Grazie alla normativa sul sovraindebitamento, puoi azzerare o ridurre legalmente i tuoi debiti, anche se non hai più l’attività.
✅ Piano del consumatore
- Se oggi hai un reddito (da lavoro, pensione o affitto), puoi:
- Pagare in base a ciò che puoi davvero sostenere
- Bloccare pignoramenti, decreti ingiuntivi e fermi amministrativi
- Tutelare la casa e i beni di famiglia
✅ Liquidazione controllata
- Se non hai più reddito o risorse, puoi chiudere i debiti legalmente, cedendo ciò che puoi
- Dopo la procedura, nessun creditore può più agire contro di te
✅ Esdebitazione dell’incapiente
- Se sei completamente privo di beni o reddito, puoi chiedere la cancellazione totale dei debiti, senza offrire nulla in cambio
🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo
📂 Ricostruisce la tua situazione debitoria e verifica la miglior procedura
✍️ Presenta e segue la domanda di sovraindebitamento presso il tribunale
⚖️ Blocca azioni esecutive e ti difende da ogni aggressione dei creditori
🔁 Ti accompagna fino all’approvazione del piano o alla cancellazione definitiva dei debiti
🤝 Ti tutela anche nella gestione di eventuali beni personali o familiari
🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
✔️ Esperto in sovraindebitamento e crisi dell’impresa individuale
✔️ Gestore della crisi iscritto al Ministero della Giustizia
✔️ Consulente per ex titolari di pizzerie, ristoranti e locali in difficoltà
✔️ Consulente legale per chi vuole difendere la casa dai debiti
Conclusione
Anche se la tua pizzeria non esiste più, i debiti non devono bloccare la tua vita.
Con l’assistenza giusta puoi ripartire, bloccare i creditori e uscire da ogni incubo fiscale o bancario.
📞 Richiedi ora una consulenza riservata con l’Avvocato Giuseppe Monardo: ogni giorno che passa può peggiorare i problemi, ma anche essere l’inizio della soluzione.