Ex Titolare Attività Di Gastronomia Con Debiti: Come Reagire

Hai chiuso la tua gastronomia ma i debiti sono rimasti? Fornitori non pagati, bollette arretrate, contributi INPS o cartelle esattoriali che continuano ad arrivare? Se sei un ex titolare di attività di gastronomia con debiti, la buona notizia è che hai ancora tempo per difenderti, bloccare i creditori e ripartire legalmente.

Chiude l’attività, ma i debiti restano?
Sì. Se gestivi la gastronomia come ditta individuale, i debiti sono a carico tuo personalmente, anche dopo la cessazione. Se avevi una società di persone, potresti comunque rispondere con il tuo patrimonio. Questo significa che banche, Agenzia delle Entrate o fornitori possono:
Pignorarti il conto corrente o lo stipendio
– Inviarti cartelle, precetti, atti di pignoramento
Segnalarti al CRIF o ad altre banche dati

Quali sono i debiti più comuni dopo la chiusura di una gastronomia?
– Fatture non saldate a fornitori alimentari e di attrezzature
– Rate di leasing o finanziamenti per arredi e macchinari
– Contributi INPS non versati
IVA, IRAP o tasse locali non pagate
– Canoni d’affitto o bollette arretrate
– Cartelle esattoriali e sanzioni

Come puoi difenderti se non riesci a pagare?
– Puoi accedere alla procedura di sovraindebitamento, anche se hai già chiuso l’attività
– Puoi bloccare le azioni dei creditori e proporre un piano di rientro al giudice
– Se non hai beni rilevanti, puoi avviare la liquidazione controllata e chiudere la tua situazione debitoria
– Se sei in buona fede e in stato di bisogno, puoi chiedere l’esdebitazione totale: cioè la cancellazione dei debiti che non puoi pagare

Cosa può fare per te un avvocato esperto in crisi da sovraindebitamento?
– Analizza la tua posizione e verifica la legittimità dei debiti
– Ti assiste per bloccare pignoramenti e azioni esecutive
– Redige e presenta il piano di rientro o la domanda di liquidazione al tribunale
– Ti accompagna passo dopo passo verso la liberazione dai debiti

Cosa NON devi fare mai?
– Ignorare le cartelle o le richieste di pagamento
– Sperare che i debiti “scadano da soli”: possono agire anche dopo anni
– Firmare piani di rientro senza tutele
– Trasferire beni a parenti per sottrarli ai creditori: potresti peggiorare la tua situazione

Anche se la tua gastronomia ha chiuso, la tua vita non deve essere bloccata dai debiti. Hai diritti e strumenti legali per uscirne.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti nella tutela degli ex imprenditori e lavoratori autonomi – ti spiega come difenderti se hai debiti dopo la chiusura di una gastronomia, come bloccare i creditori e ottenere una vera seconda possibilità.

Hai ancora debiti legati alla tua ex gastronomia?

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Introduzione

Chi ha chiuso un’attività di gastronomia ma resta gravato da debiti (bancari, fiscali, previdenziali, verso fornitori o terzi) può ancora ricorrere agli strumenti di composizione della crisi previsti dal diritto italiano. In particolare la legge sul sovraindebitamento (ex L. 3/2012, oggi sostituita dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza – D.Lgs. 14/2019, vigente dal 15 luglio 2022) offre procedure mirate a ridurre il carico debitorio e a ottenere l’esdebitazione residua in favore del debitore. In parole semplici, lo Stato consente un “nuovo inizio”: il debitore propone ai creditori un piano di rientro sostenibile, pagherà solo quanto possibile rispetto al proprio reddito e patrimonio, e alla fine potrà vedersi cancellati gli eventuali debiti residui.

Le procedure sono riservate ai soggetti “non fallibili” (persone fisiche, piccoli professionisti o imprese sotto certe soglie) che versano in uno stato di sovraindebitamento, definito come «situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio liquidabile», che rende probabile l’insolvenza. In particolare la normativa contempla anche gli ex imprenditori che hanno cessato l’attività: ciò significa che anche chi ha chiuso una gastronomia – purché rientri nei limiti dimensionali (debiti complessivi fino a 500.000 euro, fatturati/modelli inferiori) – può accedere alle procedure.

Le tipologie di debito ammesse nel piano sono molto ampie: tipicamente rientrano mutui, prestiti e finanziamenti bancari, finanziamenti INPS/INAIL, debiti verso fornitori e privati, cessioni del quinto, multe, tributi nazionali e locali (IRPEF, IVA, IRES, IRAP, IMU, tributi comunali, ecc.). L’Agenzia delle Entrate ha infatti chiarito che anche i debiti di natura fiscale e previdenziale «rientrano nei debiti risanabili attraverso la composizione della crisi». L’unica categoria esplicitamente esclusa dall’esdebitazione finale sono gli obblighi alimentari (debiti di mantenimento: assegni di mantenimento per coniuge o figli), nonché i debiti derivanti da illeciti dolosi quali risarcimenti per danni non contrattuali e sanzioni penali/tributarie (a meno che non siano accessorie a debiti estinti).

È importante inquadrare questi istituti nel contesto legislativo: la disciplina del sovraindebitamento è stata introdotta dalla L. 3/2012 (la cosiddetta “legge salva-suicidi”), poi profondamente riformata dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019, operativo dal 2022). Ciò ha comportato il superamento di procedure più artigianali e l’introduzione di meccanismi uniformi a livello nazionale. Detto Codice prevede ora quattro principali strumenti per chi si trova in sovraindebitamento:

  • Piano di ristrutturazione del consumatore (ex «piano del consumatore»): procedura destinata a persone fisiche (privati o autonomi) senza partita IVA o con debiti personali, che consente di proporre un piano di pagamento basato sui redditi futuri. Prevede il controllo e omologa giudiziale del piano.
  • Concordato “minore” (ex accordo di composizione della crisi): riservato a imprenditori individuali, professionisti o piccole imprese non fallibili. Il debitore propone ai creditori un accordo che viene approvato con votazione dei creditori stessi (tipicamente maggioranza dei crediti ammessi al voto) e omologato dal tribunale. Consente di ottenere la ristrutturazione dei debiti anche con pagamento parziale.
  • Liquidazione controllata del sovraindebitato (ex liquidazione del patrimonio): il debitore chiede al tribunale di liquidare i propri beni per pagare i creditori. È la via che si segue quando non è possibile proporre un piano fattibile. Il tribunale nomina un liquidatore (gestore della crisi) che vende i beni; se il ricavato è modesto, il resto dei debiti può essere rateizzato e, al termine, il residuo verrà cancellato (esdebitazione). È ammessa anche quando il debitore non dispone di risorse, purché sia garantito un finanziamento esterno per sostenere le spese di procedura.
  • Liquidazione anticipata dell’impresa: procedimento semplificato (non giurisdizionale) per imprenditori che non vogliono più continuare l’attività. Consiste nella liquidazione dei beni in autonomia e nel concordare un piano di pagamento per i creditori.

Tutti questi strumenti portano, al termine, al decreto di esdebitazione che libera il debitore dagli obblighi residui non soddisfatti (salvo le eccezioni di cui sopra). In sostanza, superati i creditori con la liquidazione del patrimonio e dopo aver pagato quanto possibile, il debitore ottiene lo “sblocco” degli eventuali debiti rimanenti grazie al cosiddetto “favor debitoris” riconosciuto dalla legge e dalla giurisprudenza.

Soggetti ammessi e tipologie di debito

Le procedure sopra descritte sono riservate ai soggetti non fallibili. In pratica vi rientrano:

  • Consumatori: persone fisiche senza partita IVA (es. dipendenti, pensionati) che hanno debiti personali (familiari, mutuo prima casa, ecc.). Possono usare il piano del consumatore.
  • Professionisti e autonomi: persone fisiche con partita IVA che esercitano arti o mestieri (avvocati, artigiani, commercialisti, ecc.) con debiti derivanti dall’attività o personali. Anche loro possono utilizzare il piano del consumatore o il concordato minore.
  • Agricoltori e piccoli imprenditori agricoli: esplicitamente inclusi dalla L.3/2012.
  • Imprenditori individuali e PMI sotto soglia: imprese (anche individuali, SNC, SAS, SRL unipersonali di modeste dimensioni) che non superano certi limiti (tipicamente: attivo patrimoniale ≤ €300.000, ricavi ≤ €200.000/anno, debiti totali ≤ €500.000). Possono accedere al concordato minore o alla liquidazione controllata.
  • Eredi di imprenditori defunti (se continuano a pagare debiti dell’impresa eredita).
  • Ex imprenditori cancellati: chi ha cessato formalmente l’attività da oltre un anno, purché rientri comunque nelle soglie. La legge include espressamente gli “ex imprenditori cancellati”, anche quando i debiti si riferiscono all’attività ormai cessata.
  • Coobbligati e garanti: i soggetti (fideiussori, soci illimitatamente responsabili, ecc.) devono rispettare gli stessi requisiti al momento della domanda.
  • Enti non profit e soggetti speciali: alcune categorie particolari (es. onlus, associazioni sportive, start-up innovative) possono accedere alle procedure anche se formalmente società di capitali, secondo specifiche norme.

In sintesi, se l’ex titolare di gastronomia (persona fisica o impresa di piccole dimensioni) ha cessato l’attività e vive una situazione di crisi (debiti insostenibili rispetto a reddito/patrimonio), può accedere a questi istituti. Occorre semplicemente non eccedere le soglie di fallibilità e non aver commesso frodi o reati rilevanti legati al sovraindebitamento (reati tributari, bancari, ecc.), pena l’inammissibilità.

Procedure disponibili e loro iter

Le principali vie pratiche per il debitore sono:

  • Accordo di composizione (Concordato minore): il debitore presenta al tribunale un accordo con i creditori che prevede un piano di rientro basato sui suoi redditi futuri. Il piano deve essere approvato da almeno la maggioranza (in valore) dei creditori ammessi al voto (50% dei crediti). Se omologato, diventa vincolante per tutti. Viene mantenuta la continuità dell’impresa e si può rinegoziare anche i debiti tributari. Al termine, i residui vengono cancellati per legge. L’OCC (organismo di composizione della crisi) assiste il debitore nella mediazione con i creditori, e il tribunale controlla l’iter formale e omologa l’accordo.
  • Piano del consumatore: procedimento giudiziario riservato ai consumatori e ad autonomi con debiti personali. Si propone al giudice un piano di pagamento pluriennale (generalmente non più di 8 anni) calibrato sul reddito netto. I creditori possono formulare osservazioni, ma non c’è diritto di voto formale. Il giudice verifica la sostenibilità e omologa il piano se ci sono le condizioni. Non è richiesta alcuna percentuale minima di rimborso: come più volte affermato dai giudici, non importa che il soddisfacimento dei creditori sia quantitativamente piccolo, purché non sia «meramente simbolico». Una volta eseguito, il debitore ottiene l’esdebitazione del residuo.
  • Liquidazione controllata (del sovraindebitato): simile alla procedura fallimentare, ma su scala ridotta. Il debitore chiede al tribunale la liquidazione di tutti i suoi beni (case, conti, mezzi, ecc.). Il tribunale nomina un liquidatore che vende i beni. Se il ricavato è insufficiente (spesso è così, trattandosi di attività minori), il tribunale può concedere al debitore il pagamento rateale del residuo (di solito in 3-5 anni). Non servono soglie di “soddisfacimento”: il beneficio finale dipende dalla meritevolezza del debitore (non aver agito in mala fede). In caso di esiguità dell’attivo, anche una percentuale di ripagamento molto bassa non ostruisce l’esdebitazione. Del resto la Corte di Cassazione ha ribadito che un debitore meritevole non può essere estromesso dall’esdebitazione per ragioni solo quantitative: l’esito va valutato in modo complessivo, considerando anche i costi di procedura e l’ammontare dei crediti soddisfatti, pur se minimo.

In ogni caso, l’iter tipico inizia con la domanda al tribunale competente (spesso territorialmente individuato o a scelta del debitore) e l’iscrizione della procedura nel registro degli organismi di composizione della crisi. Si nomina un organismo di composizione della crisi (OCC), solitamente scelto dal debitore tra quelli iscritti presso l’albo tenuto dal Ministero della Giustizia. L’OCC verifica i requisiti e solitamente assiste alla redazione del piano/accordo. Per l’istanza occorrono i documenti economici e patrimoniali del debitore (situazione debitoria completa, attivi, redditi, ecc.) e un’relazione dello stesso professionista (gestore/curatore) che contiene il progetto di piano e il programma di liquidazione. Se il piano o l’accordo viene approvato (dagli stessi creditori o dal tribunale), il percorso prosegue fino al decreto finale. Se invece l’istanza viene respinta, il debitore può ripresentare una nuova proposta o valutare soluzioni extragiudiziali (come proposte ai singoli creditori al di fuori del tribunale).

Tabella riepilogativa delle procedure:

ProceduraDestinatariMeccanismoOrganoVoto/EsameEsdebitazione finale
Piano consumatorePersone fisiche (consumatori e autonomi con debiti personali)Piano di pagamento basato sul reddito nettoTribunaleOmologa del giudice (no voto creditori)Sì, se meritevole (senza soglia minima)
Concordato minoreImprenditori individuali, professionisti, PMI non fallibiliProposta di accordo con creditori (rea-addebiti)TribunaleApprovazione da parte maggioranza (valore crediti)Sì, se meritevole (dopo esecuzione piano)
Liquidazione controllataStessi soggetti del concordato; anche ex imprenditori sotto sogliaLiquidazione dei beni con eventuale piano di pagamento residuoTribunaleEsame del piano di liquidazioneSì, se meritevole
Liquidazione anticipataImprenditori che cessano volontariamenteVendita dei beni fuori procedura giudiziale e proposta ai creditoriNessuno/Trib. (notifica)Accordo diretto con i creditoriSì, se meritevole (alla conclusione)

Le procedure non prevedono costi fissi fasi preliminari, ma vanno considerati onorari del professionista (curatore/gestore) e spese giudiziarie, bilanciati tuttavia con le economie derivanti dall’evitare il fallimento.

Esecuzioni, opposizioni e “difese di debito”

Finché non si apre una procedura, i creditori possono agire liberamente: notificare cartelle esattoriali, pignorare beni (immobili, stipendi, conti), iscrivere ipoteche, ecc. Un debitore in crisi può comunque reagire in vari modi:

  • Opposizione all’esecuzione forzata: se un debitore ritiene invalido un atto (ad esempio un precetto o un pignoramento), può presentare opposizione in tribunale mostrando vizi di forma o merito. Ad esempio è possibile contestare interessi usurari, vizi di notifica, o legittimità degli atti esecutivi.
  • Mediazioni e composizione bonaria: anche senza avviare il procedimento formale, il debitore può trattare con singoli creditori (specialmente banche o fornitori) per ottenere ristrutturazioni, proroghe o riduzioni di debito. Spesso è consigliabile intraprendere contatti prima di rivolgersi al tribunale, per mostrare buona fede e facilitare poi l’iter giudiziale.
  • Rateizzazioni fiscali e previdenziali: prima di iscriversi alla procedura, il debitore può valutare la rottamazione o il ravvedimento operoso delle cartelle, o chiedere rateazioni straordinarie a Equitalia/INPS. Questi strumenti possono ridurre il carico (ad es. cancellazione di sanzioni o interessi moratori) e alleggerire il piano di rientro.
  • Dichiarazione di sovraindebitamento: l’accesso formale alla composizione della crisi sospende le esecuzioni in corso (sospende pignoramenti e ipoteche interdittive) per almeno 90 giorni rinnovabili. Ciò significa che blocca le nuove azioni dei creditori mentre si lavora al piano.

Importante: fornire documentazione completa. La procedura richiede di far emergere tutti i debiti, altrimenti si rischiano accuse di frode. Chi nasconde beni o crediti perde la meritevolezza. D’altra parte, avere debiti dichiarati e poi ottenere la procedura impedisce ai creditori di incolpare il debitore di incapacità.

Esdebitazione e “fresh start”

Al termine della procedura di liquidazione, l’ultimo atto è il decreto di esdebitazione. Questo decreto “cancella” i debiti residui verso i creditori ordinari (di grado chirografo e privilegiati, escluse le categorie sopra menzionate). Ciò significa che il debitore uscirà definitivamente dal ciclo debitorio risanato per quel procedimento. In base alla legge e alla recente giurisprudenza, l’esdebitazione può essere concessa purché il debitore sia ritenuto meritevole; non è richiesta la soddisfazione integrale dei creditori. Come confermato dalla Cassazione, il debitore meritevole “non può essere escluso dal beneficio [dell’esdebitazione] per ragioni meramente quantitative” finché non si sia verificato almeno un “soddisfacimento non meramente simbolico”. In termini pratici, anche un realizzo molto basso dell’attivo (ad es. pari all’1% dei debiti) non preclude l’esdebitazione, a condizione che il creditore abbia ricevuto almeno qualcosa (e che il debitore non abbia ostacolato volutamente la procedura).

Le condizioni soggettive (morali) per ottenere l’esdebitazione sono le stesse: mancata condanna per delitti finanziari e comportamento onesto nella causa del dissesto. È utile ricordare che il nuovo codice non menziona più un’obbligatoria percentuale minima di rimborso (come era previsto dall’art.142 L.F. pre-riforma): sul punto, la giurisprudenza italiana ed europea (direttiva UE insolvenza 2019/1023) è unanime nel prediligere la soluzione “fresh start” del debitore meritevole rispetto alle ragioni dei creditori non soddisfatti. Solo i crediti alimentari (mantenimento) e quelli derivanti da illeciti dolosi rimangono non esdebitabili per legge.

Strumenti fiscali e previdenziali

Dal punto di vista fiscale, l’iscrizione alla procedura consente di trattare i debiti tributari come tutti gli altri: sono riscattabili con le stesse percentuali previste dal piano. La Circolare n. 1/E dell’Agenzia Entrate ha chiarito che anche IRPEF, IVA, IMU, tributi locali e contributi INPS rientrano nei debiti risanabili mediante composizione della crisi. Questo significa che, ad esempio, se il piano consente di pagare solo il 30% di tutti i debiti, lo stesso trattamento si applicherà anche alle cartelle tributarie (salvo diverse disposizioni di legge o sospensioni straordinarie). D’altra parte, la Cassazione ha stabilito che gli Stati membri possono escludere determinate categorie di debito dall’esdebitazione solo se debitamente giustificato dal diritto interno. L’Italia – in base all’art.278 CCII – non ha previsto esclusioni speciali per tributi o contributi: l’unica eccezione sono le ipotesi menzionate (alimentari e danni da illecito). In conclusione, chi entra nella procedura potrà alleggerire significativamente anche il carico fiscale/pensionistico pregresso, ma dovrà poi necessariamente dedicare al piano tutte le risorse disponibili (redditi futuri, beni) eccedenti i minimi essenziali.

Figura: il martelletto di un giudice – le decisioni in materia di sovraindebitamento sono prese in tribunale (es. omologa piani e concordati) e la Corte di Cassazione ha chiarito i principi sull’esdebitazione finale.

Principali pronunce aggiornate

La giurisprudenza recente in materia conferma il principio del “favor debitoris” e chiarisce alcuni aspetti pratici:

  • Cass. civ. Sez. I, 24 ottobre 2024, n. 27562: ha stabilito che l’esdebitazione deve essere concessa ogni qualvolta ricorra il requisito della meritevolezza del debitore, e che un realizzo anche modesto (purché non meramente simbolico) non può da solo escludere il beneficio. In altri termini, il creditore non può imporre una soglia minima rigida; va piuttosto valutato se quel poco di soddisfazione sia congruo rispetto alle difficoltà della procedura e alla condizione patrimoniale del debitore.
  • Cass. civ. Sez. I, 6 novembre 2024, n. 28505: ha affermato che la non-ripagabilità integrale dei debiti (ad esempio residuo di IVA non pagata) costituisce ostacolo all’esdebitazione solo se imputabile a comportamenti dolosi del debitore. Se la poca soddisfazione dei creditori deriva da cause indipendenti (mobilità dei beni, costi procedura, ecc.), non ferma il decreto di liberazione.
  • Trib. Padova, 22 ott. 2024: ha ammesso la liquidazione controllata di un lavoratore dipendente il cui reddito veniva interamente assorbito dalle spese familiari, poiché la proposta di piano era sostenuta da una fonte di finanza esterna (pensione di reversibilità). Questa pronuncia dimostra che anche chi è “incapiente” in termini di reddito può ricorrere alla procedura, se c’è un’entrata aggiuntiva che garantisca il rimborso ai creditori.
  • Corte di Giustizia UE, 8 maggio 2024 (causa C‑20/23): ha confermato che i governi possono decidere di escludere determinate categorie di debiti dall’esdebitazione solo se adeguatamente giustificato da ragioni di interesse pubblico. In altre parole, l’elenco di obblighi non cancellabili (alimentari, danni da illecito) non è limitativo: l’Italia potrebbe (per es. con legge o motivazioni costituzionali) riservare un trattamento particolare anche ai debiti fiscali o previdenziali. Per ora però la nostra legge esclude solo gli obblighi di mantenimento e i danni dolosi, per cui le Entrate possono essere considerate come creditori pari agli altri.

Queste e altre decisioni recenti (Cass. sez. un., ordinanze di tribunale) ribadiscono la linea della tutela del debitore meritevole. In pratica, se l’ex titolare di gastronomia chiede correttamente la composizione della crisi e collabora con l’OCC, non vede preclusa una soluzione nemmeno da vicende prededuttive o depositi carenti: l’attenzione maggiore sarà posta sulla buona fede e sulla completezza delle informazioni.

Domande frequenti (Q&A)

  • Chi può chiedere la composizione della crisi? Anche chi ha cessato l’attività (ex imprenditore) può accedere, purché la richiesta avvenga entro i termini previsti (in genere entro l’anno dalla cancellazione dai registri, e se in possesso dei requisiti dimensionali). Rientrano anche i professionisti, consumatori e piccoli imprenditori.
  • Quali debiti vengono trattati e quali restano fuori? Nel piano si possono includere quasi tutti i debiti con banche, Inps, fornitori, affitti, fisco (IVA, IRPEF, Irap, IMU, etc.), multe e tributi locali. Rimangono estinti alla fine i debiti inclusi nel piano solo nella misura erogata; i residui vengono cancellati con l’esdebitazione. Non si cancellano solo gli obblighi di mantenimento (alimentari) e i debiti derivanti da danni dolosi/sanzioni penali.
  • Devo avere liquidità per attivare la procedura? Non necessariamente: esistono soluzioni semplificate per debitori “incapienti”. Ad esempio, la liquidazione controllata può essere ammessa anche se non resta reddito libero, come dimostrato dal Trib. Padova (22/10/2024). L’importante è garantire il finanziamento delle spese di procedura (onorari liquidatore, giudice, eventuali consulenti). Spesso il professionista predispone un preventivo di massima delle spese (che possono essere rateizzate).
  • Come tutelarsi dai creditori prima del piano? È consigliabile non ignorare le richieste di pagamento. In caso di pignoramenti, si può proporre opposizione o istanza di revoca con le cause opponibili (ad es. prescritto, vizi di notifica, o anche un ricorso d’urgenza dimostrando l’imminente domanda di composizione in arrivo). Il vantaggio principale di iscriverti alla procedura è ottenere la sospensione automatica delle esecuzioni in corso, quindi bloccare fermi, pignoramenti e ipoteche nuove.
  • Il piano va approvato da tutti i creditori? Dipende dalla procedura. Nel concordato/accordo di composizione, è necessario l’ok dei creditori (di solito maggioranza in valore). Nel piano del consumatore il consenso non è formale: se i creditori non sollevano obiezioni specifiche, il tribunale omologa il piano. Nel caso di liquidazione controllata, il tribunale valuta l’offerta senza voto formale.
  • Come dimostro i miei debiti e beni? Bisogna allegare documentazione completa: estratti conto, perizie immobiliare, visure ipotecarie (per immobili o mezzi dati in garanzia), certificati INPS, somme dovute all’Agenzia Entrate. Un’asseverazione redatta dall’OCC (o da professionista incaricato) riporta analiticamente l’elenco dei debiti e la proposta di soluzione. Maggior trasparenza nella fase iniziale è sinonimo di fiducia nei confronti del giudice e dei creditori.
  • Quali sono i tempi? Dalla domanda alla chiusura giudiziale si possono considerare alcuni mesi (3–6 mesi in media per un omologato, più la fase successiva di esecuzione del piano o vendita dei beni, solitamente 2–4 anni). Ogni procedura ha tempi propri: il concordato può durare fino a 3 anni, ma spesso viene proposto un piano di 3–5 anni. Il piano consumatore e la liquidazione controllata prevedono il termine massimo di 5 anni dall’omologa per il pagamento. Trascorso tale termine (o anche anticipatamente, in caso di esaurimento dell’attivo), il tribunale emette il decreto di esdebitazione.
  • E dopo l’esdebitazione cosa succede? Tutti i crediti residui con i creditori concorsuali diventano inesigibili. Il debitore può riprendere la propria vita economica senza il peso dei debiti passati. Deve però astenersi da nuove insolvenze immediate: il codice prevede che il beneficiario non possa avanzare una nuova domanda di composizione per un certo periodo (di solito 5 anni). Inoltre, l’eventuale ricupero di beni (eredità, vincite future ecc.) eventualmente nascosti può poi essere aggredito secondo i meccanismi consueti. In ogni caso, la procedura garantisce l’“espiazione” dei debiti residui, come stabilito anche dalla Corte di Cassazione.

Figura: un piano di rientro personalizzato – in ogni caso il debitore potrà pagare secondo le proprie possibilità e cancellare il resto. Con le sentenze citate, si ribadisce che anche un realizzo modesto può bastare se non “simbolico”.

Simulazioni pratiche

  1. Caso esemplare: Mario, ex titolare di gastronomia, ha debiti per €100.000 (di cui €30.000 verso banche, €20.000 Inps, €20.000 fornitori, €10.000 erariali, €20.000 rate IRPEF arretrata). Ha un piccolo appartamento carico di un mutuo residuo di €50.000 e un reddito netto di €1.200 mensili di pensione. Con un accordo di composizione, Mario propone ai creditori un piano di pagamento della durata di 5 anni. Viste le sue finanze, decide di rinunciare al patrimonio (propone la vendita dell’appartamento con un’offerta di €20.000) e di destinare il 50% della pensione alla procedura. L’Organismo elabora un piano sostenibile che prevede un pagamento del 20% del debito complessivo: i creditori concordano (soprattutto grazie al valore simbolico dell’immobile estinto) e il tribunale omologa l’accordo. Dopo 5 anni Mario ha versato €20.000 complessivamente. I creditori professionisti e l’Agenzia Entrate hanno ottenuto quel 20% (nemmeno un rimborso integrale delle cartelle); tuttavia, la Cassazione conferma che non conta la percentuale bassa, ma la buona fede del debitore. Al termine, il decreto di esdebitazione gli annulla i restanti €80.000: la procedura si chiude positivamente a suo favore.
  2. Concordato minore in corso d’opera: Anna, titolare individuale di gastronomie, ha debiti per €60.000 (fornitori e tributi). Non ha reddito personale e il contratto d’affitto della gastronomia è insoluto. Con l’istanza di concordato, propone di pagare almeno il 30% in 3 anni. Raccoglie il consenso del 70% dei creditori (essi preferiscono un pagamento pari al 30% che nulla) e il tribunale omologa. Nel frattempo vende un piccolo automezzo, ricavando €5.000, che destina ai pagamenti. Alla fine del piano i creditori incassano il 30% dei loro crediti. Soprattutto, Anna ottiene il decreto di esdebitazione e può riavviare la sua vita senza il peso del debito residuo.

Queste simulazioni illustrano come, anche con risorse limitate, sia possibile “staccare la spina” dalle passività, sfruttando le tutele legali. Come ricordato dalla giurisprudenza, anche un modesto contributo ai creditori non impedisce la liberazione definitiva, se il debitore è stato meritevole.

Fonti

  • Legge 3/2012 (disposizioni per composizione crisi da sovraindebitamento) e Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019, e succ. modifiche), artt. 278 ss.
  • Normativa secondaria e circolari: Circolare Agenzia Entrate n.1/E/2019 sulla composizione della crisi.
  • Cass. civ. Sez. I, 24 ott. 2024, n. 27562 (esdebitazione, meritevolezza).
  • Cass. civ. Sez. I, 6 nov. 2024, n. 28505 (esdebitazione e pagamenti parziali).
  • Cass. civ. Sez. I, 31 mag. 2023, n. 15359; Cass. civ. Sez. I, 10 giu. 2022, n. 15246 (presupposti esdebitazione).
  • Trib. Padova, ord. 22 ott. 2024 (liquidazione controllata con finanza esterna).
  • CGUE, 8 mag. 2024, C-20/23 (esdebitazione e categorie di debiti); CGUE, 10 apr. 2025, C-723/23 (esdebitazione e malafede).
  • Organismi di composizione della crisi (siti informativi di Camere di Commercio e Albo OCC).

Ex titolare di un’attività di gastronomia con debiti? Fatti Aiutare da Studio Monardo

Hai chiuso la tua gastronomia, ma ti sono rimasti solo debiti con fornitori, banche, fisco o INPS?
Non sei il solo. Molti ex esercenti del settore alimentare si trovano a gestire da soli un carico insostenibile di cartelle, solleciti e minacce di pignoramento.
Ma la legge prevede strumenti concreti per bloccare gli atti esecutivi, ridurre i debiti e ripartire con dignità.


Perché i debiti restano anche dopo la chiusura?

Chiudere la partita IVA o l’impresa non significa automaticamente azzerare i debiti. Le situazioni più comuni includono:

  • 🧾 Fornitori di alimenti e bevande mai saldati
  • 🏦 Finanziamenti o leasing per attrezzature (forni, banchi frigo, affitti d’azienda)
  • ⚠️ Cartelle esattoriali per IVA, IRPEF, contributi INPS o sanzioni
  • 💸 Fidi bancari revocati o rate non pagate
  • 🚫 Pignoramenti avviati su casa, conto o stipendio

Senza una tutela legale, si rischia di trascinare il peso dei debiti per anni, con gravi ricadute personali e familiari.


Le soluzioni previste dalla legge per ex imprenditori

Anche chi ha chiuso la gastronomia può uscire dai debiti in modo legale e protetto, grazie alle norme sul sovraindebitamento.

✅ Piano del consumatore

Se oggi hai un reddito (da lavoro, pensione, affitto):

  • Paghi solo quanto puoi realmente sostenere
  • Blocchi pignoramenti, fermi e ipoteche
  • Proteggi la casa e il patrimonio familiare
  • Ottieni una riduzione legale del debito complessivo

✅ Liquidazione controllata

Se non puoi pagare nulla, puoi cedere eventuali beni residui e chiudere la tua situazione debitoria per sempre

✅ Esdebitazione del debitore incapiente

Se non hai né reddito né beni, puoi ottenere la cancellazione totale dei debiti, anche senza offrire nulla in cambio


🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo

📂 Analizza la tua situazione debitoria e patrimoniale
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🤝 Ti tutela da ogni pressione di creditori, banche e agenzie di recupero


🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in sovraindebitamento e crisi dell’impresa individuale
✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia
✔️ Consulente per titolari di gastronomie, bar, negozi alimentari e piccole attività commerciali
✔️ Consulente per piani e cancellazioni di debiti per imprenditori in difficoltà
✔️ Consulente per chi vuole difendere la casa e ripartire senza debiti


Conclusione

Anche se la tua gastronomia ha chiuso, i debiti non devono chiudere anche la tua vita.
Con il giusto supporto legale puoi bloccare i creditori, ridurre i debiti e tornare a vivere con serenità e rispetto.

📞 Richiedi oggi una consulenza riservata con l’Avvocato Giuseppe Monardo: ogni giorno perso può peggiorare la situazione, ma ogni giorno guadagnato può cambiarla.

Leggi con attenzione: se in questo momento ti trovi in difficoltà con il Fisco ed hai la necessità di una veloce valutazione sulle tue cartelle esattoriali e sui debiti, non esitare a contattarci. Ti aiuteremo subito. Scrivici ora. Ti ricontattiamo immediatamente con un messaggio e ti aiutiamo subito.

Informazioni importanti: Studio Monardo e avvocaticartellesattoriali.com operano su tutto il territorio italiano attraverso due modalità.

  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista personale degli Autori, basato sulla loro esperienza professionale. Non devono essere intese come consulenza tecnica o legale. Per approfondimenti specifici o ulteriori dettagli, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si ricorda che l’articolo fa riferimento al quadro normativo vigente al momento della sua redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono subire modifiche nel tempo. Decliniamo ogni responsabilità per un uso improprio delle informazioni contenute in queste pagine.
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