Ex Consulente di Impianti Fotovoltaici Con Debiti: Come Difendersi

Hai lavorato come consulente per impianti fotovoltaici ma oggi ti ritrovi con debiti accumulati e nessuna attività in corso? Se sei un ex consulente con debiti, non tutto è perduto: la legge ti offre strumenti per bloccare i creditori, difenderti da pignoramenti e ripartire da zero senza il peso del passato.

Chiude l’attività, ma i debiti restano?
Sì. Se operavi come libero professionista o titolare di partita IVA, i debiti restano a tuo carico personale, anche se non svolgi più l’attività. Questo significa che banche, Agenzia delle Entrate e altri creditori possono:
Pignorarti conto corrente, stipendio o pensione
– Inviarti cartelle esattoriali, avvisi di accertamento e precetti
– Segnalarti come cattivo pagatore alle centrali rischi (CRIF, Experian, ecc.)

Quali sono i debiti più comuni di chi ha lavorato nel fotovoltaico?
Fatture non pagate a fornitori, collaboratori o agenti
– Debiti verso clienti per controversie o reclami
– Rate scoperte su leasing o finanziamenti aziendali
– Tasse non versate: IVA, IRPEF, contributi INPS
– Cartelle esattoriali e sanzioni per errori fiscali o dichiarazioni omesse

Come puoi difenderti legalmente?
– Puoi accedere alla procedura di sovraindebitamento per professionisti non fallibili
– Puoi chiedere al tribunale di bloccare i pignoramenti e presentare un piano di rientro sostenibile
– Se non hai più redditi sufficienti o beni, puoi avviare la liquidazione controllata
– Se sei in buona fede, puoi ottenere l’esdebitazione: la cancellazione dei debiti non pagati

Cosa puoi ottenere con l’aiuto giusto?
Stop immediato alle azioni esecutive
– Riduzione o annullamento dei debiti illegittimi
– Protezione per i beni essenziali e la tua attuale fonte di reddito
– Un percorso per uscire legalmente dalla situazione debitoria e ricominciare pulito

Cosa NON devi fare mai?
– Ignorare gli avvisi e le cartelle: la situazione peggiora
– Accettare accordi a voce o firmare piani di rientro improvvisati
– Cedere beni a familiari per evitare i creditori: è rischioso e controproducente
– Pensare che ormai non puoi più fare nulla: la legge è dalla tua parte

Anche se hai chiuso con il tuo lavoro nel fotovoltaico, puoi ancora salvare il tuo futuro.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in procedure da sovraindebitamento – ti spiega cosa fare se hai debiti come ex consulente, come bloccare i creditori e uscire definitivamente da una crisi economica personale.

Hai debiti dopo aver lavorato nel settore fotovoltaico?

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Introduzione

Hai lavorato come consulente per impianti fotovoltaici e ora ti trovi sommerso dai debiti? La crisi economica o il fallimento dei tuoi clienti ti ha lasciato con conti in rosso verso banche, fornitori o Fisco? Scopri quali strumenti legali esistono per difenderti e ripartire da zero. Ecco alcune domande chiave e risposte rapide sul tema:

Chi può liberarsi dai debiti con le procedure di sovraindebitamento?
– Qualsiasi persona fisica sovraindebitata: consumatori, piccoli imprenditori sotto soglia, professionisti e startup non soggette a fallimento.
– Debitori onesti ma sfortunati, in buona fede: chi non ha causato il proprio dissesto con frode o colpa grave.
– Persone prive di capacità di pagare i creditori con le risorse disponibili (insolvenza civile). Anche chi ha già chiuso la propria attività può accedere, se rispetta i requisiti.

Quali debiti si possono ridurre o cancellare?
– Praticamente tutti i debiti di natura civile, bancaria, finanziaria e anche fiscale rientrano nel piano: mutui e finanziamenti, scoperti di conto, carte di credito, fornitori, cartelle esattoriali (IVA, imposte, contributi).
Eccezioni: non sono generalmente cancellabili le obbligazioni alimentari (es. mantenimento familiare), le multe penali o i debiti per risarcimenti derivanti da reati gravi commessi dal debitore. Questi rimangono a carico, oppure richiedono situazioni particolari (es. riabilitazione penale) per essere trattati.
– I debiti verso lo Stato (Erario, INPS) oggi possono essere inclusi nei piani anche con pagamento parziale (falcidia), grazie alle riforme del 2020-2022. Ciò significa che anche imposte come l’IVA, un tempo intoccabili, possono essere stralciate in parte, purché la proposta sia equa e il giudice la approvi.

Come può difendersi il debitore dalle azioni esecutive?
Attivando misure protettive giudiziali: presentando un’istanza di sovraindebitamento al tribunale, il debitore può ottenere la sospensione dei pignoramenti e delle azioni dei creditori durante la procedura (stay delle azioni esecutive). Questo stop, detto anche “blocco”, tutela temporaneamente i beni in attesa della soluzione concordata o liquidatoria.
Opponendosi alle pretese illegittime: se un creditore agisce con atti viziati (es. un decreto ingiuntivo basato su clausole usurarie o nulle), il debitore può presentare opposizione anche tardiva in certi casi eccezionali. Contestare errori di calcolo, prescrizioni maturate o difetti di notifica può ritardare o annullare l’esecuzione.
Sfruttando i limiti di legge: il codice civile e di procedura civile prevedono soglie di impignorabilità – ad esempio, la pensione minima e i beni indispensabili non possono essere pignorati, lo stipendio può essere pignorato solo entro 1/5 (o meno, per il fisco, a seconda dell’importo), e l’unica casa di abitazione è protetta dal pignoramento dell’Agente della Riscossione se sussistono specifiche condizioni (unico immobile non di lusso, residenza del debitore, debito fiscale < €120.000). In generale, conoscere questi limiti permette di evitare eccessi da parte dei creditori.

Cosa fare subito se i debiti superano le proprie capacità?
Rivolgersi tempestivamente a esperti: contatta un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) o un avvocato specializzato in crisi da sovraindebitamento. Far analizzare subito la tua situazione ti aiuta a scegliere la procedura giusta e a guadagnare tempo prezioso.
Raccogliere documentazione completa: prepara l’elenco di tutti i debiti (estratti conto, finanziamenti, cartelle esattoriali) e dei beni/redditi che possiedi. La trasparenza è obbligatoria: ogni omissione o ritardo potrebbe essere visto come malafede e pregiudicare la domanda.
Valutare soluzioni ponte: se sei in trattativa per una procedura, potresti chiedere al creditore di attendere o proporre un pagamento temporaneo simbolico. Ad esempio, l’Agenzia delle Entrate – Riscossione consente piani di rateazione ordinari (fino a 72 rate) o straordinari (120 rate) che danno respiro, oppure di aderire a eventuali definizioni agevolate (rottamazione). Anche banche o finanziarie talvolta accettano accordi transattivi (saldo e stralcio) extra-giudiziali: un pagamento parziale concordato chiude la posizione, evitando il ricorso al tribunale.

Cosa NON fare quando si è indebitati?
Non fuggire dalle tue responsabilità: ignorare le comunicazioni legali (es. atti giudiziari, solleciti) peggiora la situazione. Affronta il problema con lucidità, informandoti sui tuoi diritti.
Non affidarti a scorciatoie illegali o opache: vendere beni a familiari per sottrarli ai creditori, creare trust o fondi patrimoniali all’ultimo minuto, o trasferire denaro all’estero sono mosse che il tribunale può annullare come atti in frode. Ad esempio, costituire un fondo patrimoniale non protegge dai debiti estranei ai bisogni familiari (come quelli d’impresa) e può essere revocato se fatto in malafede.
Non fare nuovi debiti per pagare i vecchi (a meno di consolidamenti sostenibili): evitare di cadere nella spirale usuraria o di rivolgersi a finanziarie poco trasparenti. Accumulare altro debito per tamponare emergenze rischia di compromettere la meritevolezza richiesta per le procedure di esdebitazione.
Non affrontare da solo procedure complesse: il sovraindebitamento è materia tecnica. Redigere un piano senza supporto può portare a errori formali o a proposte irrealistiche che il giudice rigetterà. Fatti assistere da professionisti qualificati sin dal primo momento.

Introduzione

La storia di Marco (nome di fantasia) è emblematica: ex consulente per impianti fotovoltaici, ha visto il suo unico grande cliente fallire, dovendo chiudere la partita IVA nel 2018 e rimanendo con decine di migliaia di euro di debiti non pagati. In breve tempo Marco si è trovato inseguito dalla banca – per un finanziamento aziendale – e dall’Agenzia delle Entrate Riscossione – per le imposte non versate. Una situazione di sovraindebitamento in piena regola: le uscite finanziarie ormai eccedevano di gran lunga le entrate e il patrimonio disponibile. Cosa può fare un ex imprenditore o professionista in queste condizioni per difendersi e non venire schiacciato dai creditori?

L’ordinamento italiano, in linea con le raccomandazioni europee, offre oggi strumenti avanzati per dare una seconda chance al debitore onesto ma sfortunato. Si tratta delle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, introdotte inizialmente con la legge 3/2012 (nota anche come “legge salva-suicidi”) e dal 15 luglio 2022 riordinate nel nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII). Queste procedure – pur diverse nei dettagli – perseguono un obiettivo comune: permettere al debitore meritevole di ristrutturare o liquidare i propri debiti sotto la supervisione del tribunale, ottenendo alla fine l’esdebitazione, ossia la liberazione dai debiti residui non pagati. In altre parole, azzerare i debiti e ripartire puliti, evitando che una crisi finanziaria travolga per sempre la vita economica di una persona.

Nei paragrafi che seguono delineeremo in dettaglio come “difendersi” dai debiti dal punto di vista del debitore, con un taglio tecnico-giuridico ma chiaro. Aggiorneremo il quadro normativo all’ultima evoluzione (luglio 2025), considerando:

  • le recenti riforme legislative (dai Decreti “correttivi” del Codice della Crisi, fino al D.Lgs. 136/2024) e l’impatto della direttiva UE 2019/1023 sul fresh start;
  • le più recenti sentenze della giurisprudenza di merito e di legittimità, che aiutano a interpretare questi strumenti (dalla Corte di Cassazione alle decisioni dei Tribunali fallimentari);
  • esempi pratici e simulazioni basate su casi reali di sovraindebitati (come quello di Marco) che hanno risolto i debiti attraverso la legge;
  • utili domande e risposte per dissipare i dubbi più comuni (ad esempio: posso perdere la casa? Come vengono trattati i debiti fiscali? Quanto dura la procedura?).

Il tutto, come richiesto, dal punto di vista del debitore: ci concentreremo sugli strumenti di tutela per chi è oppresso dai debiti (anziché sulle strategie di recupero del creditore), evidenziando i diritti, le opportunità e anche gli obblighi di correttezza che il debitore deve rispettare per ottenere l’agognata cancellazione dei debiti. Procediamo dunque con un quadro generale delle procedure di sovraindebitamento oggi disponibili e dei tipi di debiti che esse possono ricomprendere.

Procedure di sovraindebitamento: quadro normativo attuale

Il campo del sovraindebitamento è stato oggetto di una riforma organica con il nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII), emanato con D.Lgs. 14/2019 e in vigore dal luglio 2022. Questo Codice ha assorbito la previgente legge 3/2012, armonizzando le procedure “minori” per debitori civili e piccoli imprenditori con quelle tradizionali previste per le imprese maggiori (fallimento, concordato preventivo, ecc.). Di conseguenza, oggi chiunque – persona fisica, professionista, ditta individuale o ente non commerciale – si trovi in uno stato di insolvenza non soggetto alle procedure maggiori (liquidazione giudiziale ex fallimento) può accedere a una delle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento previste dal CCII.

Le principali tipologie di procedure disponibili (aggiornate alla riforma) sono quattro, riassunte qui di seguito:

  • Ristrutturazione dei debiti del consumatore (ex piano del consumatore): riservata ai debitori consumatori, ossia persone fisiche che hanno contratto obbligazioni per scopi estranei ad attività d’impresa o professionale. È una procedura “su misura” per la famiglia o il soggetto privato. Il debitore propone al tribunale un piano di rientro dei debiti basato sulle sue risorse (redditi futuri, patrimonio liquidabile, aiuti di familiari) da attuarsi in un periodo determinato. Non è richiesto il voto dei creditori: dopo la verifica formale dell’OCC e il controllo di legalità, il giudice può omologare il piano anche senza il consenso dei creditori. Ciò tutela il consumatore meritevole da eventuali pretese irragionevoli di creditori che, individualmente, potrebbero bloccare soluzioni vantaggiose per la maggioranza. Una volta omologato e eseguito il piano, i debiti residui si considerano estinti per effetto dell’omologazione stessa. In pratica il consumatore che rispetta il piano ottiene l’esdebitazione automatica: la “forgiveness” delle pendenze non pagate avviene di diritto, senza bisogno di un ulteriore provvedimento (salvo specifiche eccezioni di legge, ad es. per debiti di natura personale non falcidiabili).
  • Concordato minore (ex accordo di composizione dei debiti): è la procedura aperta ai debitori non consumatori, dunque imprenditori sotto soglia, professionisti, ditte individuali artigiane, start-up innovative e anche enti non profit. Inoltre, volendo, anche un consumatore potrebbe scegliere il concordato minore in alternativa al piano, ad esempio se preferisce negoziare coi creditori un accordo più flessibile. Si tratta infatti di un vero e proprio accordo concordatario: con l’ausilio dell’OCC il debitore formula una proposta di soddisfacimento del ceto creditorio, offrendo il miglior pagamento possibile in base alle sue disponibilità. Si possono prevedere pagamenti parziali dei crediti, dilazioni, e classificare i creditori in classi differenti se opportuno. I creditori votano sulla proposta; per approvarla occorre il voto favorevole di almeno il 60% dei crediti ammessi al voto (maggioranza qualificata). Se la maggioranza approva e il tribunale omologa (valutando legalità e fattibilità del piano), il concordato minore diventa vincolante per tutti i creditori inclusi, anche per i dissenzienti. L’esecuzione integrale dell’accordo comporta gli stessi effetti esdebitativi: i debiti insoddisfatti si estinguono per effetto dell’omologazione, data la natura concorsuale e vincolante dell’accordo. Il concordato minore ricalca in larga parte il vecchio accordo L.3/2012, ma risulta potenziato: il CCII lo integra con istituti tipici del concordato preventivo delle imprese (es. nomina di un commissario giudiziale, possibilità di misure protettive automatiche). Non è più richiesta la “fattibilità economica” distinta dalla convenienza – concetto che ha creato contenziosi in passato – ma rimane fondamentale il requisito della buona fede e correttezza del debitore nella formulazione della proposta.
  • Liquidazione controllata dei beni (ex liquidazione del patrimonio): è la procedura liquidatoria pura, analoga in parte a un fallimento personale. Si prevede la liquidazione (vendita) di tutti i beni del debitore ad opera di un liquidatore nominato dal tribunale, con distribuzione del ricavato ai creditori secondo le cause legittime di prelazione. Possono accedervi tutti i debitori sovraindebitati, consumatori o meno, ed è il rimedio di “ultima istanza” quando non sia praticabile un piano di ristrutturazione o un concordato. La liquidazione può essere avviata su richiesta volontaria del debitore oppure – novità introdotta dal CCII – su iniziativa dei creditori o del Pubblico Ministero, in caso di imprenditore minore. Infatti l’art. 268 CCII consente ora ai creditori (e al PM per le imprese sotto-soglia) di chiedere l’apertura di una liquidazione controllata se il debitore versa in stato di insolvenza. Questa è una differenza significativa rispetto alla legge 3/2012, dove la procedura era solo volontaria: oggi, analogamente a un fallimento, un debitore civile può essere “forzato” dai creditori in liquidazione se non paga. Durante la liquidazione controllata, il debitore viene spossessato dei suoi beni (che passano in gestione al liquidatore) e le azioni esecutive individuali restano sospese. Ci sono eccezioni importanti: ad esempio, il creditore fondiario (banca con mutuo ipotecario fondiario) mantiene il privilegio processuale ex art. 41 TUB, potendo iniziare o proseguire l’esecuzione immobiliare sul bene ipotecato anche durante la procedura concorsuale. In concreto, se il sovraindebitato ha una casa gravata da mutuo fondiario e la banca ha già avviato un pignoramento, l’apertura della liquidazione controllata non blocca la vendita dell’immobile: la banca potrà portare avanti separatamente la sua esecuzione. Questo differenzia i creditori fondiari dagli altri creditori chirografari o privilegiati ordinari, che invece sono vincolati dalla procedura. Al termine della liquidazione controllata (una procedura che tipicamente dura alcuni anni, di regola non oltre 3 anni per la parte di realizzo attivo), il debitore persona fisica può ottenere dal tribunale un decreto di esdebitazione dei debiti residui, a patto di aver cooperato lealmente e di soddisfare specifiche condizioni di meritevolezza. Su questo incide anche l’eventuale presenza di condanne penali o condotte fraudolente, come vedremo, perché la legge preclude il beneficio a chi ha compiuto gravi illeciti (es. bancarotta fraudolenta). Da notare che il CCII ha reso l’esdebitazione post-liquidazione più rapida e accessibile: ai sensi dell’art. 282, il giudice può dichiarare la liberazione dai debiti già alla chiusura della procedura o decorso il termine di 3 anni dall’apertura, senza necessità di un’ulteriore istanza del debitore. Questo meccanismo – in attuazione della direttiva UE sul “fresh start” – garantisce che in un massimo di 3 anni si possa ottenere la cancellazione dei debiti pregressi. I creditori o il Pubblico Ministero possono tuttavia opporsi o chiedere la revoca dell’esdebitazione se emergono irregolarità (ad esempio se si scoprono ex post atti in frode o se il debitore non era in buona fede).
  • Esdebitazione del debitore incapiente: è l’innovativa procedura introdotta in via sperimentale dal “Decreto Ristori” nel 2020 e ora stabilmente prevista dagli artt. 283-284 CCII. Consente al debitore persona fisica, privo di qualunque patrimonio liquidabile o reddito aggredibile – il cosiddetto incapiente – di ottenere la cancellazione totale dei debiti senza dover pagare nulla ai creditori, in virtù della sua condizione di indigenza assoluta. In sostanza, se un soggetto non è in grado di offrire ai creditori alcuna utilità nemmeno futura, può presentare direttamente al tribunale (tramite un OCC) un ricorso per essere ammesso al beneficio dell’esdebitazione “a zero”, senza attivare una liquidazione controllata formale. Si tratta di una sorta di esdebitazione “di diritto” concessa però una sola volta nella vita, e solo al ricorrere di stringenti presupposti. Oltre alla condizione oggettiva di insolvenza e totale incapienza, la legge richiede un severo giudizio di meritevolezza soggettiva: sarà escluso dal beneficio chi ha causato dolosamente o con colpa grave la propria situazione debitoria. In altre parole, il debitore deve dimostrare che la sua insolvenza deriva da eventi sfortunati e imprevedibili (es. crisi economica, perdita del lavoro, malattia, fallimento di terzi che gli dovevano denaro) e non da sue condotte fraudolente, dissipative o irresponsabili (come truffe, evasione fiscale rilevante, gioco d’azzardo patologico non curato, spese folli immotivate ecc.). Se i debiti derivano direttamente da un reato doloso commesso dal debitore – ad esempio risarcimenti per truffe – l’esdebitazione incapiente non verrà concessa, essendo egli non meritevole per definizione. Viceversa, ottenuto il decreto di esdebitazione, il debitore incapiente dovrà mantenere un comportamento trasparente per i 4 anni successivi: qualora in tale periodo sopravvengano utilità rilevanti (eredità, vincite, incrementi di reddito) che consentano di soddisfare i creditori in misura almeno del 10%, il debitore ha l’obbligo di pagamento fino a tale soglia. A tal fine, il tribunale nel decreto indica le modalità di monitoraggio: tipicamente il debitore dovrà presentare ogni anno una dichiarazione dei propri redditi e acquisizioni, sotto vigilanza dell’OCC, e in caso di disponibilità eccedenti il minimo vitale destinare il surplus ai creditori fino al limite del 10% del debito originario. Questo meccanismo evita abusi (es. furbetti che vogliano farsi cancellare i debiti per poi ricevere somme ingenti poco dopo) e tutela i creditori nel caso la situazione del debitore migliori sensibilmente entro un tempo ragionevole. In caso di omissioni o false comunicazioni sulle sopravvenienze, il beneficio può essere revocato d’ufficio, anche successivamente.

Come si vede, il panorama normativo offre diverse vie d’uscita dal sovraindebitamento, adattabili ai vari profili di debitore. È importante sottolineare che tutte queste procedure richiedono un comportamento leale e collaborativo da parte del debitore: già in fase di domanda bisogna fornire all’OCC e al giudice un quadro completo e veritiero della propria situazione patrimoniale, elencando attivi, passività, redditi e anche gli atti di disposizione compiuti negli ultimi anni. Chi tenta di nascondere beni, falsificare documenti, gonfiare passività inesistenti o favorire dolosamente alcuni creditori (pagandoli prima a discapito di altri) rischia l’inammissibilità della procedura o la revoca dei benefici. Del resto, la filosofia di base è aiutare il debitore onesto a rimettersi in carreggiata, non offrire scappatoie a furbi o speculatori. Nei prossimi paragrafi analizzeremo come queste procedure si applicano concretamente ai vari tipi di debiti che un ex consulente fotovoltaico (o un soggetto simile) può aver accumulato, e quali sono le strategie difensive più efficaci caso per caso.

Tipologie di debiti e strategie di difesa

Una corretta difesa dal sovraindebitamento parte dall’analisi della natura dei debiti contratti. Un ex consulente di impianti fotovoltaici potrebbe trovarsi con debiti di diversa origine: finanziamenti bancari usati per l’attività, esposizioni verso fornitori o collaboratori, cartelle esattoriali per imposte non versate, contributi previdenziali arretrati, magari anche obbligazioni personali (mutuo casa, prestiti personali) contratte negli anni sperando di far fronte alla crisi. Ogni categoria di debito presenta peculiarità giuridiche quanto a tutela del creditore e possibili mezzi di difesa del debitore. Vediamole in dettaglio.

1. Debiti bancari e finanziari (mutui, prestiti, fidi) – Spesso l’ex consulente avrà contratto un fido di conto corrente per liquidità, o un mutuo chirografario (prestito personale) per finanziare la sua attività. In altri casi potrebbe avere un mutuo ipotecario sulla casa di proprietà, magari usato in parte per investire nel business. Questi debiti verso banche e finanziarie seguono le regole generali delle obbligazioni civili: in caso di insolvenza, la banca può procedere giudizialmente per il recupero. Tipicamente il percorso è: decreto ingiuntivo (titolo esecutivo) emesso dal tribunale su istanza della banca, e successiva esecuzione forzata sui beni o redditi (pignoramento di conti correnti, stipendio/pensione, immobili).

Strategie di difesa:
Verifica contrattuale e di legittimità: è buona prassi far esaminare da un legale o un consulente finanziario indipendente il contratto di mutuo o prestito sottoscritto. Molti contratti bancari di finanziamento contengono clausole che possono essere nulle o vessatorie (es. tassi di mora usurari, interessi anatocistici non permessi, commissioni occulte). In presenza di tali irregolarità, il debitore può contestare il credito vantato dalla banca, eccependo in giudizio la nullità parziale delle clausole e ottenendo ricalcoli del saldo (talora riducendo drasticamente l’importo dovuto). Ad esempio, la Corte di Cassazione ha affermato che in caso di clausole vessatorie nei contratti bancari il debitore può proporre opposizione a decreto ingiuntivo anche tardivamente, oltre i termini ordinari, proprio per far valere la nullità di quelle clausole ed evitare un indebito arricchimento della banca. Dunque, un controllo anti-usura e anti-anatocismo sui conti e mutui del consulente è il primo passo: se emergono illeciti bancari, si può avviare una causa civile o opporsi all’esecuzione chiedendo la sospensione.

Opposizione a decreto ingiuntivo o a precetto: qualora la banca abbia già ottenuto un decreto ingiuntivo, il debitore può proporre opposizione entro 40 giorni dalla notifica, contestando ad esempio l’entità del credito ingiunto o la legittimità degli interessi. Se quel termine è decorso inutilmente e il decreto è divenuto esecutivo, resta la possibilità di opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. (per contestare il diritto della banca a procedere, ad esempio perché il credito si è estinto o perché vi è un accordo in corso) oppure opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. (per vizi formali del precetto o del pignoramento). Un caso particolare di vizio formale, introdotto di recente, riguarda proprio il precetto: la legge impone che nell’atto di precetto sia inserito l’avviso al debitore circa la facoltà di ricorrere alle procedure di sovraindebitamento (art. 480 co.2 c.p.c., come modificato nel 2021). Tuttavia, la Cassazione ha chiarito che la mancanza di tale avvertimento non comporta nullità del precetto, trattandosi di un onere informativo la cui omissione non inficia la validità formale dell’atto. In altre parole, il precetto resta valido ed efficace anche se il creditore non ha avvisato il debitore della “via d’uscita” concorsuale. Dunque questo vizio non può più essere sfruttato dal debitore per far annullare il precetto (come qualcuno aveva tentato); rimane però indice della scarsa collaborazione del creditore e potrà semmai rilevare a livello di abuso del processo in casi estremi.

Piano di ristrutturazione o concordato minore: una volta inserito il debito bancario all’interno di una procedura di sovraindebitamento, gli strumenti sopra descritti (piano del consumatore o concordato minore) consentono di gestirlo in modo organico. Se il consulente non ha garanzie reali su questi debiti (mutui chirografari, fidi), la banca sarà trattata come creditore chirografario, quindi potenzialmente pagata solo in parte nell’accordo e per il resto stralciata. Se invece parliamo di un mutuo ipotecario su immobile, la banca è creditore privilegiato (ipotecario) e gode di una prelazione sul ricavato dell’immobile. Nelle procedure di composizione, il debitore può comunque prevedere di soddisfare parzialmente anche i creditori privilegiati, purché per un importo non inferiore al valore di realizzo delle garanzie (salvo consenso del creditore a ricevere meno). Ad esempio, se la casa del debitore vale 100 e residuano 80 di mutuo, nel piano si dovrà offrire alla banca almeno 80 (magari mediante la vendita dell’immobile stesso nel corso della procedura) oppure un importo minore se la banca concorda. In mancanza di accordo, il creditore ipotecario può separarsi dal concorso ed escutere la garanzia da solo. Va sottolineato che in liquidazione controllata la banca ipotecaria ha un vero e proprio diritto di procedere comunque: l’art. 41 del Testo Unico Bancario le consente di continuare o iniziare la esecuzione immobiliare sul bene ipotecato anche dopo che la procedura è aperta, senza dover attendere la vendita concorsuale. Nel concordato minore invece dovrà votare e, se dissenziente, potrà opporsi all’omologazione se il trattamento offerto non rispetta la sua causa di prelazione.

Saldo e stralcio stragiudiziale: in parallelo o in alternativa alla procedura concorsuale, è sempre possibile tentare un accordo transattivo fuori dal tribunale con la banca. Ad esempio, se il debitore ha reperito una certa somma (anche tramite aiuti familiari) può offrire alla banca un pagamento immediato di una percentuale del dovuto (es. 20-30%) a fronte della rinuncia al resto. Le banche spesso valutano queste proposte se ritengono di ricavare più rapidamente e con meno spese rispetto a un lungo procedimento giudiziario dall’esito incerto. È però fondamentale documentare alla banca la situazione di insolvenza conclamata (per convincerla che altrimenti rischia di non recuperare nulla, specie se il debitore sta per avviare una liquidazione). Inoltre, occorre ottenere che la banca rinunci a ogni pretesa residua con atto scritto (quietanza a saldo e stralcio) affinché il debito si estingua definitivamente.

2. Debiti verso fornitori, clienti o altri privati – Un consulente fotovoltaico poteva avere fornitori di servizi (es. tecnici, installatori) o subappaltatori da pagare, oppure potrebbe essere stato citato per danni da qualche cliente scontento. In generale questi debiti derivanti da rapporti commerciali o obblighi risarcitori sono chirografari (senza garanzie reali) e rientrano a pieno titolo nel sovraindebitamento. Il creditore in questi casi ottiene normalmente un decreto ingiuntivo o una sentenza di condanna, poi procede con pignoramenti come un creditore qualsiasi.

Strategie di difesa:
Prescrizione e decadenza: molti debiti commerciali hanno termini di prescrizione relativamente brevi. Ad esempio, le parcelle professionali si prescrivono in 3 anni (se non riconosciute), i debiti per forniture in 5 anni se non c’è un contratto scritto, ecc. Il debitore dovrebbe verificare se qualche pretesa del fornitore è antica e non più reclamabile legalmente. Attenzione: se però il fornitore ha ottenuto un decreto ingiuntivo o una sentenza, quel debito diventa coperto da un titolo giudiziale con prescrizione di 10 anni (rinnovabile). Tuttavia, se l’azione esecutiva è rimasta ferma per anni, si può eccepire la prescrizione del titolo stesso (es. un decreto ingiuntivo non seguito da precetto per oltre 10 anni diviene inesigibile).
Opposizione per mancata qualità o inadempimenti reciproci: se il debitore contesta la fondatezza del debito (ad esempio il fornitore non ha eseguito a regola d’arte l’opera, o il cliente lamenta difetti), può far valere queste difese in giudizio. Chiaramente, ciò dipende dal merito del singolo rapporto: vanno raccolte prove (contratti, email, perizie) da opporre all’azione di recupero. In caso di soccombenza (perdita della causa) il debito diventa certo ma nulla vieta poi di includerlo in una procedura di sovraindebitamento.
Procedura concorsuale: tutti i crediti chirografari dei fornitori saranno trattati parimenti in un piano/accordo. Ad esempio, nel caso di Marco, egli aveva circa €95.000 di debiti tra banca e Fisco. Avviando la procedura, ha potuto proporre di pagarne solo €23.400 (650 €/mese per 36 mesi) in liquidazione controllata. I creditori chirografari (la banca per la parte non garantita e l’Erario per la parte falcidiabile) hanno dovuto accettare quel pagamento parziale e poi la cancellazione del resto, perché approvato dal giudice. Questo è il tipico effetto di un accordo o di una liquidazione: cram down anche dei creditori dissenzienti – nel rispetto delle regole di legge – e taglio dei debiti eccedenti la capacità contributiva del debitore.

Negoziazione stragiudiziale: come per le banche, anche con fornitori o clienti a volte si può negoziare un saldo e stralcio. Anzi, tra privati c’è spesso maggiore flessibilità: un creditore commerciale potrebbe accettare, ad esempio, il 30% subito se dubita di recuperare il 100% in tempi brevi (magari perché il debitore minaccia il fallimento personale). È fondamentale però formalizzare l’accordo transattivo per iscritto, specificando che il pagamento parziale libera il debitore da ogni obbligo ulteriore (quietanza liberatoria).

3. Debiti fiscali e contributivi (Erario e previdenza) – Molti ex imprenditori si trovano a dover fronteggiare cartelle esattoriali emesse dall’Agenzia delle Entrate – Riscossione (AdER, ex Equitalia) per imposte non pagate: IVA, IRPEF, addizionali, IRAP, oltre a eventuali contributi previdenziali INPS, premi INAIL, tributi locali, ecc. Questi debiti hanno un regime particolare: sono affidati per la riscossione coattiva all’agente pubblico (AdER), il quale ha poteri paragiudiziali di esecuzione (può iscrivere ipoteca, disporre fermi amministrativi, pignorare senza passare dal tribunale ordinario, tramite le procedure esattoriali previste dal DPR 602/1973). Inoltre, godono di privilegi e cause di prelazione su molti beni del debitore (il Fisco ha privilegio generale sui mobili, sui crediti e privilegio speciale immobiliare per alcune imposte).

Strategie di difesa:
Verifica delle notifiche e sgravio: il primo passo con le cartelle è controllare che siano state notificate regolarmente e che non siano prescritte. Ad esempio, i contributi INPS si prescrivono in 5 anni (salvo atti interruttivi); le imposte erariali generalmente in 10 anni dalla notifica della cartella se non opposta. Se emergono cartelle mai notificate o decadute, si possono impugnare davanti al giudice tributario (per tributi) o al tribunale (per contributi) e ottenerne l’annullamento. Un’altra verifica importante: controllare se rientrano in qualche stralcio legislativo. La Legge di Bilancio 2023, ad esempio, ha disposto l’annullamento automatico dei debiti fino a €1.000 affidati ad AdER dal 2000 al 2015 (cosiddetto stralcio mini-cartelle). Altre norme (come le varie “Rottamazione” delle cartelle) permettono la definizione agevolata con sconti su sanzioni e interessi. Quindi, prima di tutto: fare un estratto conto dall’AdER e capire se qualche partita debitoria si è estinta per legge o è condonabile.

Rateazione amministrativa: l’Agente della Riscossione offre la possibilità di dilazionare i pagamenti fino a 72 rate mensili (6 anni) per importi ordinari, o fino a 120 rate (10 anni) in casi di comprovata difficoltà economica. Chiedere una rateazione può bloccare sul nascere misure aggressive (pignoramenti, fermi) perché una volta concessa la dilazione l’AdER sospende le azioni esecutive purché le rate vengano pagate. È una tattica difensiva se si hanno entrate per sostenere un piano di rientro lungo. Il rischio è impegnarsi in rate troppo alte: se si decade dalla rateazione per mancato pagamento, le sanzioni riprendono a accumularsi. Pertanto, questa strada va ponderata rispetto all’eventuale accesso a una procedura concorsuale che potrebbe invece ridurre l’ammontare dovuto.

Sovraindebitamento – trattamento dei crediti erariali: nel contesto delle procedure ex L.3/2012 (ora CCII), i debiti fiscali e contributivi possono essere inclusi e ristrutturati. La legge originaria aveva posto alcune limitazioni (in passato ad esempio non era ammessa la falcidia dell’IVA o delle ritenute per legge di derivazione comunitaria), ma il Decreto Ristori (D.L. 137/2020) ha rimosso molti di questi vincoli per favorire la composizione delle crisi familiari. Oggi, dunque, anche l’IVA e le altre imposte possono essere oggetto di pagamento parziale nell’accordo o nel piano, al pari degli altri crediti. La Cassazione ha ribadito la generale ammissibilità di proporre il pagamento parziale (falcidia) dei crediti erariali nei piani del debitore civile, chiarendo che ciò non viola i principi comunitari se inserito in un contesto concorsuale autorizzato dal giudice. In concreto, come vota il Fisco? Nella ristrutturazione del consumatore non c’è voto dei creditori, quindi il Fisco subisce la decisione del giudice se il piano è meritevole. Nel concordato minore, invece, l’Erario vota come qualsiasi creditore (spesso ha una quota rilevante del passivo). Va segnalato che l’art. 109 CCII (in recepimento parziale della direttiva UE) prevede che nelle procedure di ristrutturazione dei debiti le Pubbliche Amministrazioni non possano rifiutare arbitrariamente proposte di ristrutturazione che offrano loro una soddisfazione non inferiore a quella ricavabile dalla liquidazione. In pratica, se un concordato minore offre al Fisco almeno quanto otterrebbe liquidando i beni del debitore, l’AdER dovrebbe adeguarsi (la norma cerca di evitare dinieghi “di principio” da parte del Fisco). Resta inteso che sanzioni e interessi di mora iscritti in cartella spesso vengono ridotti molto nei piani, in quanto rientrano fra i crediti chirografari “postergati” (le sanzioni soprattutto possono essere pagate in minima percentuale, trattandosi di poste punitive e non di capitale evaso).

Limiti al pignoramento esattoriale – prima casa: specificamente per difendersi da AdER occorre conoscere le tutele speciali introdotte dal 2013 per la prima casa. La legge (art. 76 del DPR 602/1973, modificato dal D.L. 69/2013) stabilisce che l’Agente della Riscossione non può pignorare l’unico immobile ad uso abitativo di proprietà del debitore, purché: (a) il debitore vi risieda anagraficamente, (b) non sia un immobile di lusso (categorie A/8, A/9 escluse), e (c) il debito fiscale totale sia inferiore a €120.000. Se tutte queste condizioni sono rispettate, la “prima casa” è impignorabile dal Fisco. Attenzione: ciò vale solo per il creditore pubblico. Un creditore privato (banca, fornitore) può pignorare anche l’unica casa del debitore indipendentemente da queste soglie. Inoltre, la norma non proibisce all’AdER di ipotecare l’immobile: infatti per debiti sopra €20.000 AdER può iscrivere ipoteca come misura cautelare, pur non potendo procedere alla vendita. Se però il debito supera €120.000, oppure il contribuente possiede più immobili, la protezione cade e anche l’abitazione principale può essere espropriata. La Cassazione, con ordinanza n. 32759/2024, ha di recente confermato la linea dell’impignorabilità dell’unico immobile nei termini di legge, rafforzandone l’applicabilità anche ai procedimenti in corso al momento dell’entrata in vigore della norma. Dunque, il debitore che possiede solo la casa in cui vive e un debito fiscale modesto può stare ragionevolmente tranquillo sul fronte esecutivo (il che non significa che il debito sparisca: rimane eventualmente iscritto come ipoteca e potrà essere recuperato se l’immobile viene venduto dal debitore stesso o ereditato).

Interventi correttivi in procedura: quando si accede al sovraindebitamento, i debiti fiscali e contributivi restano soggetti a possibili controlli da parte degli enti impositori. Ad esempio, spesso l’Agente di Riscossione interviene in procedura depositando il dettaglio aggiornato del debito e segnalando se c’è qualche cartella non sanabile. Se emergesse che taluni debiti non erano definibili (es. una multa penale, o un danno erariale per peculato), quel segmento va trattato a parte perché tali somme non possono essere oggetto di esdebitazione ai sensi di legge. L’art. 280 CCII infatti elenca una serie di debiti “protetti” che non vengono cancellati neppure con l’esdebitazione finale (analoga previsione era nell’art. 14-terdecies L.3/2012): rientrano in primis le sanzioni penali e le somme dovute per obblighi di mantenimento e alimentari. Dunque, ad esempio, se tra i debiti vi sono multe per reati tributari (come l’ammenda per omesso versamento IVA, che è sanzione penale) o assegni di mantenimento arretrati verso l’ex coniuge, quelle somme non saranno toccate dalla procedura e dovranno comunque essere pagate (non beneficiano del “perdono” dei debiti). È importante che il debitore, assistito dall’OCC, individui questi crediti particolari e li tratti correttamente nel piano (spesso prevedendo il loro integrale pagamento fuori concorso, oppure escludendoli dal perimetro di esdebitazione).

4. Debiti verso garanti, coobbligati, fideiussioni – Un consulente potrebbe aver fatto da garante per debiti altrui (es. prestando fideiussione a un collega) o viceversa aver fatto garantire i propri debiti da terzi (un familiare che ha firmato fideiussione bancaria per il fido). Come si inseriscono queste situazioni? Occorre distinguere: la procedura di sovraindebitamento riguarda solo il debitore che vi accede, non i terzi garanti. Se, ad esempio, il signor Rossi ha un debito con banca garantito dalla fideiussione del padre, e Rossi accede al concordato minore riducendo il debito, la banca potrà comunque escutere il padre garante per la parte non pagata da Rossi. Il garante infatti rimane obbligato in solido e la sua obbligazione non è toccata dall’esdebitazione del debitore principale. Quindi i coobbligati non beneficiano della procedura (salvo che anch’essi vi aderiscano con un procedimento proprio, eventualmente coordinato). D’altro canto, se il debitore principale non paga nulla perché fallisce o si sovraindebita, il garante può ritrovarsi a pagare e diventare a sua volta creditore in regresso. Questo credito di regresso però (essendo posteriore) difficilmente verrà soddisfatto: in genere rimane anch’esso falcidiato. Soluzioni? Se più componenti di una famiglia sono indebitati insieme, è spesso opportuno che presentino un unico piano familiare, sommando i debiti e le risorse, così da risolvere globalmente la crisi (la legge lo consente, parlando di procedura familiare per coniugi o parenti conviventi con indebitamento comune). Altrimenti, il garante che paga potrà poi valutare di attivare un proprio percorso di sovraindebitamento se la cifra è troppo onerosa.

5. Debiti oggetto di controversie legali (cause in corso) – Può accadere che parte dei debiti non sia ancora “cristallizzata” perché ci sono cause pendenti. Ad esempio, il consulente potrebbe aver impugnato una cartella fiscale in Commissione Tributaria, oppure essere convenuto in un giudizio civile di risarcimento danni da parte di un cliente. In tali ipotesi, l’accesso alla procedura di sovraindebitamento è comunque possibile, ma va gestito con attenzione: il debitore deve indicare tutti i debiti, anche quelli contestati o eventuali, specificando che sono sub iudice. Il tribunale, di solito, può ammettere ugualmente la procedura accantonando in apposita classe (o riserva) i crediti litigiosi, in attesa dell’esito del giudizio. Nel frattempo, le azioni esecutive dei creditori in causa vengono sospese se il giudice della procedura concede le misure protettive. Non viene invece sospeso il processo di cognizione per accertare il credito: anzi, la Cassazione ha chiarito che la pendenza della crisi da sovraindebitamento non impedisce al creditore di ottenere l’accertamento del proprio credito in tribunale. Ciò ha senso: sapere quant’è dovuto realmente è presupposto per trattarlo nel piano. Quindi il giudizio per stabilire l’eventuale debito prosegue (salvo accordi transattivi in corso di causa), ma la riscossione coattiva del credito, se già avviata, viene congelata dallo stay della procedura.

Abbiamo delineato le principali categorie di debiti rilevanti per il nostro “ex consulente fotovoltaico” e gli strumenti generali di difesa. Ora, per rendere il quadro ancor più chiaro, presentiamo alcune tabelle riepilogative che confrontano le diverse procedure disponibili e i relativi effetti sui debiti, seguite da una simulazione pratica ispirata al caso reale di Marco.

Tabelle riepilogative

Tabella 1 – Confronto fra le procedure di sovraindebitamento (punto di vista del debitore)

ProceduraChi può accedereMeccanismoEsdebitazione finale
Ristrutturazione del consumatore (ex Piano del consumatore)Persona fisica consumatore (debiti estranei ad attività d’impresa/professione).Piano di pagamento dei debiti su misura, senza voto dei creditori (omologazione giudiziale se requisiti ok). Il debitore paga quanto stabilito utilizzando redditi futuri e contributi terzi, entro una durata fattibile (es. 4–5 anni).Automatica con l’omologa, se il piano è eseguito correttamente. L’atto di omologazione produce effetti esdebitatori sui crediti falcidiati, senza bisogno di altro decreto. (Eccezioni: debiti esclusi ex lege, es. mantenimento, sanzioni penali non si estinguono).
Concordato minore (ex Accordo di composizione)Debitori non consumatori: piccoli imprenditori sotto soglia (ricavi ≤ €200k, attivo ≤ €300k, debiti ≤ €500k), professionisti, start-up, enti non commerciali. Anche un consumatore può optarlo se preferisce accordarsi coi creditori.Proposta di accordo ai creditori con l’ausilio di OCC. Prevede il miglior soddisfacimento possibile: es. pagamento parziale % dei crediti, con eventuali classi. I creditori votano; serve 60% di sì (o maggioranze per classi). Se approvato e omologato, diventa vincolante erga omnes (dissenzienti inclusi). Un commissario vigila sull’esecuzione.Automatica con l’omologa, subordinata all’esecuzione integrale dell’accordo. I crediti residui non pagati si estinguono per effetto del concordato omologato (stesse eccezioni di legge del piano: debiti non falcidiabili restano). Se il debitore non rispetta i pagamenti, l’accordo risolve e i creditori recuperano i diritti originali.
Liquidazione controllata (ex Liquidazione del patrimonio)Qualunque debitore sovraindebitato, consumatore o no. È sia volontaria (istanza debitoriale) sia forzabile dai creditori/PM se insolvenza accertata. Tipica per chi ha patrimonio liquidabile o per chi non riesce a proporre/ottenere un piano concordato.Procedura concorsuale giudiziale: il tribunale nomina un liquidatore che prende possesso dei beni del debitore e li vende per distribuire il ricavato secondo i privilegi. Il debitore coopera ma perde la disponibilità dei beni (eccetto quelli impignorabili ex lege). La durata dipende dall’attivo da liquidare (non oltre 3 anni per liquidare l’attivo ordinario, estensibile se necessario per realizzo migliori). Durante la procedura, tutte le azioni esecutive individuali sono sospese (tranne eccezioni come il creditore fondiario su bene ipotecato).Prevista a fine procedura: su istanza del debitore o anche d’ufficio il tribunale emette decreto che cancella i debiti rimasti insoddisfatti. Nel CCII l’esdebitazione può scattare automaticamente alla chiusura o trascorsi 3 anni dall’apertura. Il beneficio è concesso se il debitore ha collaborato lealmente e non è in malafede. I creditori possono opporsi se scoprono elementi ostativi (es. frodi, condanne non dichiarate). Il decreto di esdebitazione estingue tutti i debiti concorsuali chirografari residui.
Esdebitazione dell’incapiente (“fresh start a zero”)Persona fisica sovraindebitata priva di beni o redditi aggredibili, che non possa offrire alcuna utilità ai creditori. Accessibile una tantum nella vita. Richiede rigorosi requisiti di meritevolezza e buona fede.Presentazione di un ricorso diretto al tribunale, tramite l’OCC, chiedendo la cancellazione dei debiti senza attivare alcuna procedura liquidatoria. Il debitore deve allegare tutte le informazioni economiche e superare la valutazione di merito: il giudice verifica l’assenza di atti in frode e che l’indebitamento non sia dovuto a dolo o colpa grave del debitore. Se ammesso, viene emanato decreto di esdebitazione. Non c’è riparto perché non c’è attivo.Immediata con decreto: l’esdebitazione è concessa dal tribunale e cancella tutti i debiti chirografari del debitore incapiente. Tuttavia restano in vigore per 4 anni obblighi di pagamento sulle eventuali sopravvenienze: se il debitore riceve entrate significative entro 4 anni, deve destinarle ai creditori fino a soddisfarli almeno al 10%. Il decreto può essere revocato se il debitore nasconde sopravvenienze o non rispetta le condizioni.

Note: In tutte le procedure, alcuni debiti particolari non sono mai esdebitati per espressa previsione normativa (art. 282 e 280 CCII): in particolare obblighi di mantenimento, alimenti, debiti da responsabilità per danni da fatto illecito extracontrattuale (in certi casi) e multe penali non si cancellano; restano quindi dovuti anche dopo l’esdebitazione, salvo diversa indicazione del giudice. I debiti garantiti da pegno/ipoteca di norma vanno soddisfatti nei limiti del valore del bene dato in garanzia (salvo diversa pattuizione col creditore) – la parte eccedente può essere falcidiata come chirografo.

Tabella 2 – Limiti di pignorabilità ed esenzioni rilevanti per il debitore sovraindebitato

Categoria di bene/redditoRegime di pignorabilitàDettagli e riferimenti normativi
Stipendio o salario (dipendente pubblico o privato)Pignorabile nei limiti di 1/5 dell’importo netto mensile (20%).Art. 545 c.p.c.: il pignoramento di stipendi e salari non può superare la quinta parte. Eccezione: per crediti alimentari (es. assegno mantenimento) il giudice può alzare la quota (ma comunque < 50%). Se concorrono più pignoramenti (es. uno per crediti ordinari e uno per alimenti), il totale non eccede metà dello stipendio.
PensionePignorabile nei limiti di 1/5 sulla parte eccedente la “minima impignorabile”.La legge esenta dal pignoramento una quota pari all’assegno sociale aumentato della metà (circa €1000 nel 2025). La parte di pensione oltre tale soglia segue la regola generale del quinto. (Es.: pensione €1500, quota impignorabile ~€1000, restano €500 pignorabili al 20% = €100/mese).
Conto corrente (persona fisica)Se su di esso affluiscono stipendi/pensioni, vale la tutela del minimo vitale. Importi extra: pignorabili interamente se disponibili.AdER: nel pignoramento diretto del conto, deve lasciare un importo pari al triplo dell’assegno sociale se vi è accredito stipendio/pensione (art. 72-ter DPR 602/1973). Creditori ordinari: nella prassi, se il conto contiene stipendio accreditato nell’ultimo mese, il giudice applica analogamente la riserva del minimo vitale. Somme già presenti antecedentemente sono pignorabili al 100%.
Abitazione principale del debitore (unico immobile non di lusso)Impignorabile da AdER per debiti fiscali < €120.000, se il debitore vi risiede e non possiede altri immobili.Art. 76 DPR 602/1973: l’Agente della Riscossione non può espropriare l’unica casa di abitazione (non A/8 o A/9) del debitore. Nota: può però iscrivere ipoteca se il debito > €20.000; il divieto è solo di vendita forzata. Se il debito supera €120.000 o il debitore ha altri immobili, la casa diventa pignorabile. Creditori privati: non soggetti a questa limitazione – possono pignorare la casa anche per debiti inferiori (purché abbiano un titolo esecutivo valido).
Beni mobili indispensabili (letti, armadi, elettrodomestici base, abiti, ecc.)Impignorabili – esclusi dall’esecuzione forzata.Art. 514 c.p.c. elenca i beni mobili assolutamente impignorabili, tra cui: letti e biancheria, vestiti, cucina e frigo, tavolo per pasti con sedie, utensili casalinghi, oggetti sacri, decorazioni al valore, animali da compagnia, ecc., purché di valore modesto. Anche gli strumenti necessari alla professione del debitore sono impignorabili nei limiti di quanto occorre per il sostentamento suo e della famiglia.
Autoveicoli e motoveicoliPignorabili; AdER può disporre fermo amministrativo prima del pignoramento.Non esistono esenzioni generali per l’auto. Il fermo amministrativo iscritto da AdER per crediti non pagati impedisce la circolazione del mezzo (sanzioni se usato). Il debitore può evitarlo pagando o chiedendo rateazione prima che il fermo sia iscritto. In procedure concorsuali, il veicolo rientra nell’attivo liquidabile salvo che il giudice autorizzi il debitore a tenerlo se necessario (ad es. per recarsi al lavoro).

Simulazione pratica – Caso di un ex consulente indebitato

Per concretizzare quanto esposto, sviluppiamo una simulazione basata sul caso reale di Marco, l’ex consulente di impianti fotovoltaici citato in apertura. Ipotizziamo i seguenti dati semplificati:

  • Profilo: Marco, 45 anni, ex consulente tecnico per installazioni fotovoltaiche in forma di ditta individuale (partita IVA cessata). Attualmente impiegato come tecnico manutentore con stipendio netto €1.500 mensili. Sposato, due figli a carico. Possiede un appartamento (prima casa) dove risiede con mutuo ipotecario residuo.
  • Debiti: Totale circa €100.000, così composti: (a) €50.000 con una banca per un prestito chirografario ottenuto per l’attività (ora scaduto, la banca ha ottenuto decreto ingiuntivo); (b) €30.000 con l’Agenzia Entrate – Riscossione per IVA e IRPEF non versate negli anni 2016-2017 (cartelle esattoriali); (c) €15.000 verso due fornitori di attrezzature (crediti chirografari, decreti ingiuntivi emessi); (d) €5.000 di debiti personali vari (bollette, carte di credito arretrate). Inoltre l’immobile di Marco è gravato da mutuo ipotecario residuo di €80.000 con banca B (la cui rata però è sempre stata pagata regolarmente fino ad oggi, con sforzo).

Problema: Marco con €1.500/mese di stipendio non riesce a fronteggiare le richieste dei creditori. Senza intervento, la banca A (debito €50k) ha già notificato precetto e minaccia pignoramento dello stipendio; AdER ha iscritto ipoteca sulla casa e minaccia azioni appena possibile (il debito fiscale supera 20k ma la prima casa è protetta finché sotto 120k, quindi punterà ad pignorare 1/10 dello stipendio); i fornitori potrebbero pignorare il conto o lo stipendio anch’essi. Il rischio concreto è un pignoramento multiplo sul salario (fino a 1/5 per volta) che lascerebbe la famiglia di Marco senza mezzi, oltre a ipoteche e blocchi sul suo immobile.

Soluzione valutata – Procedura di sovraindebitamento: Marco si rivolge a un OCC e decide di avviare una liquidazione controllata dei beni, ritenendo di non poter offrire subito un pagamento soddisfacente ai creditori e volendo liberarsi dei debiti in max 3 anni. Vediamo i passi e l’esito previsto:

  1. Apertura della procedura e misure protettive: con l’assistenza dell’OCC, Marco deposita ricorso per liquidazione controllata presso il Tribunale competente. Chiede contestualmente le misure protettive, ossia la sospensione immediata di ogni azione esecutiva. Il tribunale emette decreto di apertura della procedura nominando un liquidatore e dispone il blocco dei pignoramenti in corso (stop al precetto della banca A, nessuno potrà iniziare nuovi pignoramenti). La banca A e i fornitori sono quindi costretti a fermare le azioni individuali, attendendo la procedura.
  2. Situazione patrimoniale iniziale: Marco ha come attivo: la casa di valore commerciale €120.000 su cui grava mutuo €80.000 (equità residua €40.000), un’auto utilitaria (€5.000), circa €3.000 sul conto corrente. Come redditi, €1.500/mese da lavoro dipendente. Ha inoltre TFR maturato di €10.000. – Il liquidatore, valutati i beni, decide che non conviene vendere la casa: vendendola all’asta si ricaverebbero forse €100.000, da cui andrebbero tolti €80.000 per la banca B (ipotecaria) e spese, lasciando quasi nulla ai chirografari. Inoltre la casa è l’abitazione familiare. Si opta per mantenere il mutuo in corso (pagato regolarmente da Marco) ed escludere l’immobile dalla liquidazione attiva, con consenso della banca B (che preferisce continuare a incassare le rate). – L’auto, strumento necessario per recarsi al lavoro, viene anch’essa lasciata al debitore (valore modesto). – Si recupera invece il TFR di Marco: il liquidatore chiede al datore di lavoro di accantonare il TFR maturato di €10.000 nella massa attiva. – Inoltre, concordando con Marco, parte del suo stipendio verrà destinata mensilmente alla liquidazione: ad es., €300 al mese (su 1.500, compatibile con un pignoramento volontario di circa 1/5).
  3. Piano di liquidazione e pagamento creditori: sulla base di quanto sopra, il liquidatore stima di poter distribuire ai creditori: €10.000 (TFR) + €10.800 (stipendi per 36 mesi, €300/mese) + €3.000 (saldo conto) = circa €23.800 in totale. Questo importo sarà ripartito secondo le prelazioni: prima si pagano le spese della procedura e il compenso del liquidatore/OCC (diciamo €3.000), poi i creditori privilegiati. In questo caso, il privilegio generale mobiliare spetta in parte all’Erario per interessi di mora e sanzioni (ma tali importi potrebbero essere postergati per legge), e ai dipendenti se ce ne fossero (non ci sono). Dunque, realisticamente quasi tutto il ricavato andrà ai chirografari (banca A, fornitori, AdER per la quota di imposte prive di privilegio). Supponiamo che su €100k di debiti, €80k siano chirografari (banca A e fornitori interamente, una parte delle sanzioni di AdER) e €20k privilegiati (imposte IVA magari privilegiate). Allora, tolte le spese, il liquidatore potrebbe soddisfare integralmente i €20k privilegiati e distribuire il resto (€800) sui chirografari pro-quota, ottenendo un soddisfacimento simbolico di circa l’1% su questi ultimi. I creditori chirografari, dunque, riceverebbero somme minime.
  4. Esdebitazione dopo 3 anni: completata la liquidazione (dopo 3 anni di prelievi sullo stipendio di Marco e chiusa la ripartizione), Marco chiederà di essere esdebitato. In realtà, grazie alla nuova normativa, non dovrà nemmeno chiedere: il tribunale, decorsi i 3 anni dall’apertura, dichiara chiusa la procedura e contestualmente – verificata l’assenza di condotte fraudolente – pronuncia l’esdebitazione di diritto di Marco. Ciò significa che tutti i debiti residui (€100k – €23.8k pagati ≈ €76.2k) sono definitivamente cancellati. Banca A, fornitori, AdER non potranno più avanzare pretese personali contro di lui. L’unico debito che resterà in essere è quello ipotecario della banca B (mutuo casa), che però Marco continuerà a pagare regolarmente come da piano originario (non essendo stato toccato dalla procedura). Marco si ritrova dunque libero dai debiti pregressi, potendo concentrare il suo stipendio sulle esigenze familiari correnti e sul pagamento del mutuo casa.
  5. Effetti collaterali: durante la procedura, Marco è iscritto nei registri dei debitori insolventi (è pur sempre una procedura concorsuale). Tuttavia, dopo l’esdebitazione, egli riacquista la piena capacità di contrarre nuovi crediti e viene cancellato dalle banche dati dei “cattivi pagatori” relativamente a quei debiti estinti. Potrà quindi gradualmente ricostruire la propria reputazione finanziaria. La casa non è mai stata pignorata grazie alla protezione del piano e al rispetto del mutuo. I figli e la moglie di Marco hanno potuto continuare a vivere nell’abitazione senza traumatici sloggi forzati.

Analisi della soluzione: nel caso simulato, la liquidazione controllata si è rivelata adatta perché Marco non aveva prospettive di pagare porzioni significative di debito in un concordato (dove i creditori avrebbero probabilmente bocciato qualsiasi proposta sotto il 20-30%). La liquidazione ha permesso di usare quel poco attivo disponibile (TFR e risparmio su stipendio) per dare almeno qualcosa ai creditori privilegiati e simbolicamente ai chirografari, ottenendo in cambio la totale cancellazione del debito. L’impatto reale sui creditori è stato modesto (hanno perso gran parte dei crediti), ma la legge tutela il favor debitoris in casi come questo: la Cassazione ha di recente confermato che non è richiesta alcuna soglia minima di pagamento ai creditori per concedere l’esdebitazione. Ciò che conta è la buona fede del debitore e l’aver messo a disposizione tutto il possibile. Anche un soddisfacimento inferiore al 1% non può essere definito “irrisorio” se rispecchia la reale situazione patrimoniale del debitore meritevole. Del resto, per i creditori, ottenere poco è comunque meglio che nulla – e soprattutto meglio che continuare a inseguire per decenni un soggetto nullatenente.

Variazioni e alternative: se Marco avesse avuto maggiori risorse, avrebbe potuto scegliere un concordato minore. Ad esempio, supponiamo che i suoi familiari fossero disposti a mettergli a disposizione €30.000 in contanti per chiudere le pendenze. Marco avrebbe potuto proporre ai creditori un concordato minore offrendo €30k subito a saldo del €100k dovuto (pari al 30%). In sede di voto, è probabile che la maggioranza dei creditori avrebbe detto sì: la banca A sa che in liquidazione probabilmente non avrebbe ricavato neanche il 5%, AdER idem (oltre al fatto che lo Stato in genere aderisce se la proposta è migliorativa rispetto alla liquidazione). Con il 30% di recupero immediato il concordato sarebbe stato approvato e, una volta versata la somma ai creditori, Marco avrebbe ottenuto l’esdebitazione immediata già con l’omologa, senza attendere 3 anni. Il vantaggio del concordato, in questo scenario, sarebbe stato chiudere tutto più rapidamente e tenere fuori la gestione dello stipendio (nessun liquidatore a controllare per 3 anni). Lo svantaggio è che serviva liquidità iniziale non disponibile autonomamente.

In definitiva, ogni situazione va calibrata: liquidazione controllata se il debitore non può proporre nulla di appetibile e vuole solo tempo e protezione (accettando però la vendita dei beni, se ci sono, e un periodo di attesa), concordato minore se può offrire una percentuale decente (grazie a qualche aiuto o a beni sacrificabili) e vuole avere voce in capitolo sulla sorte dei suoi beni, piano del consumatore se è un privato puro con reddito futuro ma necessita di tagliare il debito senza coinvolgere i creditori nelle scelte, esdebitazione incapiente se davvero non c’è nulla da dare e la vita economica è compromessa.

Domande frequenti (FAQ)

D: Il sovraindebitamento è una forma di fallimento personale?
R: In un certo senso sì, soprattutto la liquidazione controllata somiglia al fallimento, ma con importanti differenze. Il sovraindebitamento riguarda soggetti che non possono essere dichiarati falliti secondo le leggi sulle imprese (consumatori, piccoli imprenditori, professionisti). È una procedura concorsuale “minore”, con finalità più spiccatamente sociali (la legge 3/2012 era chiamata “salva suicidi” proprio perché mira a prevenire drammi personali). A differenza del fallimento (ora liquidazione giudiziale), qui c’è sempre e comunque l’obiettivo dell’esdebitazione finale del debitore persona fisica. Inoltre le procedure sono più snelle, i costi ridotti, e – salvo casi di frode – non c’è stigma: ad esempio, il debitore sovraindebitato non subisce interdizioni personali, può continuare a lavorare, etc., mentre nel fallimento tradizionale di un imprenditore vi sono restrizioni (non può ricoprire cariche societarie, perde diritti elettorali attivi e passivi finché dura, ecc.). Insomma, il sovraindebitamento è una sorta di “fallimento civile” ma concepito come aiuto al debitore più che come mero strumento di soddisfazione coattiva dei creditori.

D: Ho debiti solo personali (es. carte di credito, prestiti per consumi) e non legati a un’attività: posso accedere al concordato minore?
R: Se sei un consumatore puro, la legge prevede in primis il piano del consumatore, che non richiede voto dei creditori e potrebbe essere più vantaggioso. Nulla però vieta di chiedere il concordato minore anche come consumatore: magari in situazioni miste (debiti in parte da attività chiusa, in parte personali) o se preferisci coinvolgere i creditori nella soluzione. Tieni presente che nel concordato minore i creditori votano e quindi, se offri loro poco, rischi il no. Nel piano del consumatore deciderà invece il giudice in base alla tua meritevolezza e sostenibilità del piano, anche contro il parere dei creditori. Dunque, per debiti personali spesso conviene la ristrutturazione del consumatore, a meno che tu non abbia un motivo strategico per scegliere l’altra strada (ad es. coinvolgere anche debiti di un familiare con procedura familiare allargata).

D: Quali sono esattamente i requisiti di meritevolezza richiesti al debitore?
R: Il concetto di meritevolezza è centrale: significa sostanzialmente assenza di dolo o colpa grave nell’aver contratto i debiti o nell’aver aggravato la propria insolvenza. La buona fede si valuta su vari fronti: il debitore non deve aver frodato i creditori (niente atti di occultamento beni, niente debiti fatti scientemente senza prospettiva di pagamento, nessuna condotta disonesta come documenti falsi, ecc.). La normativa sulla meritevolezza è stata ammorbidita con le riforme del 2020: oggi l’accesso è precluso solo se il sovraindebitamento è stato determinato da colpa grave, malafede o frode del debitore. Sono stati eliminati quei criteri più soggettivi e punitivi (un tempo si guardava se il debitore aveva fatto spese sproporzionate o ricorso imprudente al credito). Ora conta più che altro che non abbia volontariamente causato o peggiorato la crisi con condotte illecite o gravemente imprudenti. Per esempio: aver accumulato debiti per gioco d’azzardo può essere causa di inammissibilità se il comportamento era incontrollato e senza cercare aiuto (c’è giurisprudenza contrastante: alcuni tribunali concedono l’accesso se il debitore prova di aver intrapreso un percorso di cura per la ludopatia, mostrando volontà di cambiare). Allo stesso modo, chi ha debiti fiscali perché ha evaso deliberatamente le tasse sarà guardato con sospetto: se c’è condanna per reati tributari gravi, l’esdebitazione sarà esclusa per legge finché la condanna non è riabilitata. In sintesi: meritevole è il debitore che, pur avendo fatto magari errori gestionali, non ha però agito con furbizia o slealtà verso i creditori. È caduto in disgrazia per cause in parte esterne o comunque senza volontà di fare del male creditizio.

D: Posso includere anche i debiti verso il Fisco e l’INPS? Non rischio qualche accusa di evasione se li “taglio”?
R: Sì, puoi (e devi) includerli: la procedura mira a regolare tutti i debiti pendenti. Omettere quelli fiscali non è possibile né utile. Ricorda che l’apertura di una procedura di composizione non è un condono unilaterale deciso dal debitore, ma un provvedimento dell’autorità giudiziaria previsto dalla legge. Non c’è alcun profilo penale nel farlo: al contrario, è l’alternativa prevista dallo Stato a situazioni che spesso derivano proprio da difficoltà a pagare le tasse. Se hai cartelle per IVA o ritenute non versate, la legge ti consente oggi di proporre il pagamento parziale anche di quelle (mentre un tempo eri costretto a offrirle integralmente, con ovvi scarsi risultati). Naturalmente, se il tuo debito fiscale deriva da comportamenti fraudolenti (es. frode IVA con false fatture, per cui magari hai un procedimento penale), allora è diverso: una condanna per frode fiscale impedisce l’esdebitazione, e anche in sede di valutazione il giudice potrebbe dichiararti non meritevole se quei debiti sono frutto di dolo. Ma attenzione: se hai solo evaso perché in difficoltà, senza artifici, e magari hai già pagato le sanzioni amministrative, l’aver debiti col Fisco non è di per sé ostativo. Anzi, la legge prevede espressamente la possibilità di riabilitazione fiscale tramite il sovraindebitamento, così da far emergere il sommerso e permettere allo Stato di incassare almeno parte del dovuto. Quindi nessuna accusa penale per il fatto stesso di falcidiare debiti erariali in un piano omologato dal tribunale.

D: Cosa succede se, dopo aver ottenuto l’esdebitazione, eredito una somma di denaro o vinco alla lotteria?
R: Dipende dalla procedura utilizzata. Se hai fatto un piano del consumatore o concordato minore, una volta omologato e poi esdebitato, i creditori non potranno più chiedere nulla anche se la tua fortuna economica migliora improvvisamente. L’esdebitazione è definitiva (salvo revoca in caso si scopra che hai dolosamente nascosto quell’eredità durante la procedura, ovviamente). Se invece hai usufruito dell’esdebitazione da incapiente (a zero), lì la legge ti impone espressamente per 4 anni di dichiarare ogni sopravvenienza e, se essa permette di pagare almeno il 10% dei debiti, devi farlo. Nel dubbio, meglio chiedere al tuo OCC o al giudice istruzioni. Anche nella liquidazione controllata c’è una regola simile: l’art. 282 CCII prevede che se entro 4 anni dalla chiusura della liquidazione emergono attivi non noti durante la procedura (es. un immobile nascosto, una causa vinta con risarcimento), l’esdebitazione può essere revocata su istanza dei creditori, così da soddisfarli con quelle nuove utilità. Ma se parliamo di eventi aleatori come una vincita o una donazione inaspettata dopo la fine della procedura, in genere non c’è obbligo di darla ai vecchi creditori (a meno che appunto fossi un incapiente con clausola 4 anni). D’altro canto, c’è anche una considerazione morale: l’istituto è costruito per chiudere col passato e ripartire. Quindi non vivrai “sorvegliato speciale” a vita. Trascorsi gli eventuali periodi di controllo previsti (massimo 4 anni post-decreto), ciò che guadagnerai sarà tutto tuo. I creditori pregressi non potranno reclamare nulla, nemmeno se diventassi milionario.

D: Posso evitare di perdere la casa di abitazione?
R: È comprensibile che la preoccupazione maggiore di chi ha debiti sia salvare la casa. La risposta varia a seconda della procedura e della situazione. Se il tuo immobile è prima casa non di lusso e hai debiti fiscali sotto soglia, come visto il Fisco non può pignorarla. Tuttavia, un creditore ipotecario privato (banca) o un altro creditore chirografario con sentenza potrebbe farlo. All’interno di una procedura concorsuale, la casa rientra tra i beni su cui costruire la proposta. Nel piano del consumatore o concordato, spesso si fa di tutto per non vendere la casa: si può proporre di mantenerla e continuare a pagare il mutuo regolarmente, offrendo ai creditori alternativi (es. liquidità da terzi). I giudici tendono a favorire soluzioni che non privino il debitore e la sua famiglia dell’abitazione, se c’è una valida alternativa e se il sacrificio dell’immobile risulterebbe sproporzionatamente penalizzante rispetto al beneficio per i creditori. In liquidazione controllata, invece, la regola sarebbe vendere tutti i beni: quindi, a meno che la casa sia di valore modesto e i creditori ottengano soddisfacimento altrove, il liquidatore potrebbe doverla mettere all’asta. Ci sono però scenari: ad esempio, se la casa ha un mutuo in corso e poco equity, come nel caso di Marco, il liquidatore può decidere di non procedere alla vendita perché non frutterebbe molto (dopo aver pagato la banca ipotecaria). In tal caso la casa resta al debitore, che continua a pagare il mutuo fuori procedura. Diciamo che salvare la casa è possibile se: (a) il valore ricavabile per i creditori chirografari è basso (ovvero c’è già un’ipoteca che assorbe quasi tutto il valore); (b) il debitore trova un accordo per compensare i creditori in altro modo (es. un parente paga una somma in cambio di non toccare la casa); (c) oppure se è giuridicamente impignorabile per legge speciale (caso prima casa vs AdER). Una dritta: costituire un fondo patrimoniale sulla casa, se fatto ante crisi, può dare qualche argomento in più per dire che è legata ai bisogni familiari e scoraggiare i creditori dal farla vendere. Ma attenzione: se i debiti sono d’impresa, i creditori potranno aggredirla lo stesso dimostrando che quei debiti non erano per bisogni della famiglia. E in ogni caso, in sede concorsuale, il giudice può autorizzare l’esecuzione sui beni in fondo patrimoniale se serve a pagare debiti qualificati (c’è giurisprudenza in evoluzione su questo). Quindi, la via maestra per tenere la casa è offrire ai creditori un quid in più altrove affinché accettino di lasciarla fuori. Una volta esdebitato, manterrai la casa e il mutuo (non esdebitando quel debito ipotecario, continui a pagarlo regolarmente).

D: Quanto dura tutta la procedura?
R: La durata dipende dal tipo di procedura e dalla complessità. Indicativamente: un piano del consumatore può chiudersi nell’arco di 6-12 mesi per l’omologazione, poi dura quanto previsto dal piano (es. altri 3-5 anni di pagamenti) – quindi totale 4-6 anni fino a esdebitazione di fatto. Un concordato minore ha tempi simili: qualche mese per l’omologa se i creditori collaborano, poi esecuzione del piano in 3-5 anni tipicamente. La liquidazione controllata è variabile: la legge fissa in 3 anni il termine auspicabile per chiudere la procedura con esdebitazione. In molti tribunali cercano di rispettare questa tempistica, almeno per la parte di esdebitazione (art. 282 CCII). Può darsi che la liquidazione dei beni prosegua anche oltre, ma intanto dopo 3 anni il debitore può essere liberato dai debiti. Nel caso di incapiente, i tempi sono più brevi: se tutto è in regola, l’esdebitazione può arrivare in pochi mesi (giusto il tempo di istruire la pratica in tribunale) e poi si apre il quadriennio di controllo delle sopravvenienze. In sintesi, oggi l’orizzonte massimo per un fresh start è di 3 anni dal momento in cui ti attivi, grazie anche alle norme europee recepite. È un enorme passo avanti rispetto al passato (in cui un fallito rimaneva insolvente a vita salvo riabilitazioni lunghe).

D: Se ho già beneficiato una volta di una procedura e poi ricado nei debiti, posso farne un’altra?
R: La legge scoraggia l’uso ripetuto degli strumenti di sovraindebitamento. In particolare, l’esdebitazione incapiente è consentita una sola volta. Se l’hai ottenuta e poi ti indebiti di nuovo, non potrai chiederla ancora. Per le altre procedure, non c’è un divieto assoluto di ripresentare domanda, ma la meritevolezza verrebbe meno se nel giro di pochi anni fossi di nuovo insolvente per tua colpa. Il CCII prevede che il debitore non deve aver già ottenuto un’esdebitazione nei 5 anni precedenti per poter accedere a una nuova. Inoltre, se un precedente sovraindebitamento è stato revocato per irregolarità o annullato per inadempimento, è molto difficile che il tribunale te ne conceda un altro: la credibilità è compromessa. Quindi, in pratica, possiamo dire: una volta nella vita se incapiente; altrimenti, se proprio dopo molti anni capita un nuovo dissesto per cause sfortunate e indipendenti (pensiamo a una grave malattia con spese mediche, etc.), la legge non ti chiude la porta, ma starà alla valutazione discrezionale del giudice ammettere o no un bis. L’obiettivo è evitare che qualcuno veda queste procedure come un “bancomat” periodico per ripulirsi dei debiti: devono restare una extrema ratio da utilizzare responsabilmente.

D: Che costi ha una procedura di sovraindebitamento? Devo pagare qualcosa in anticipo?
R: Ci sono dei costi, ma sostenibili e spesso dilazionabili. Bisogna distinguere: (a) il compenso dell’OCC o del professionista nominato, e (b) le spese di giustizia vive. L’OCC di regola chiede un acconto iniziale per le spese (ad esempio €200-500 per aprire la pratica, dipende dal caso) e poi il grosso del compenso viene riconosciuto dal tribunale e pagato con i fondi della procedura (per esempio, come % dei crediti soddisfatti). In molti casi, se il debitore è in gravi difficoltà economiche, l’OCC può accettare di essere pagato a conclusione della procedura utilizzando proprio parte di quanto il debitore mette a disposizione per i creditori. Nelle esdebitazioni incapienti, la legge addirittura dimezza per default i compensi dell’OCC data la situazione di indigenza. Le spese vive (marche da bollo, contributo unificato se dovuto – per queste procedure c’è un contributo fisso ridotto) sono nell’ordine di poche centinaia di euro. In sintesi: serve un piccolo budget iniziale (diciamo qualche centinaio di euro) per avviare la procedura e pagare bolli e acconti OCC. Il resto dei costi sarà coperto durante la procedura, magari prelevandolo da ciò che viene raccolto per i creditori. Se il debitore non possiede davvero nulla fin da subito, alcuni OCC possono operare anche pro bono o in attesa di soddisfazione futura, soprattutto se il caso ha una forte rilevanza sociale (ci sono stati esempi con associazioni antiusura, Caritas, etc., che anticipavano i costi). In ogni caso, è un investimento piccolo rispetto al risultato: pensiamo a €1000 di spese per cancellare €100k di debiti.

D: Durante la procedura posso continuare a lavorare e operare normalmente?
R: Sì, assolutamente. Il debitore conserva la capacità di svolgere attività lavorativa e di compiere atti di ordinaria amministrazione. Solo nella liquidazione c’è una limitazione più forte: scatta il divieto di gestione dei beni già esistenti nel patrimonio. Ciò significa, ad esempio, che non potrai vendere la casa o l’auto da solo – sarà il liquidatore a farlo – né disporre dei risparmi oltre un certo limite (si apre un conto dedicato alla procedura gestito dal liquidatore). Però puoi percepire regolarmente il tuo stipendio, e dal tuo stipendio ti sarà lasciata la parte necessaria al sostentamento. Se hai un’impresa, durante la liquidazione controllata potresti dover cessare l’attività se questa implica l’uso di beni che ora sono della procedura; ma il codice prevede che, su autorizzazione, il liquidatore possa anche consentirti di proseguire l’attività d’impresa se funzionale a massimizzare i ricavi per i creditori (casi rari per i piccoli debitori). Nel concordato minore e piano del consumatore, invece, tu mantieni in pieno l’amministrazione dei beni fino all’omologa; dopo, agirai secondo il piano (ad es. dovrai versare annualmente una somma ai creditori, vendere un determinato bene entro una certa data, ecc.). Non c’è una spossessione come nel fallimento. Quindi continuerai a vivere la tua vita: la procedura incide solo su atti straordinari (non puoi fare nuovo debito senza autorizzazione, non puoi alienare immobili senza rispettare il piano). In più, ottenere le misure protettive ti mette al riparo dai creditori, quindi non avrai l’ufficiale giudiziario alle calcagna, il che rende più serena la prosecuzione del lavoro.

D: Quali debiti restano comunque dopo l’esdebitazione?
R: Come già accennato, alcune categorie di debiti non godono del beneficio dell’esdebitazione per espressa disposizione di legge. I principali sono:

  • le obbligazioni alimentari e di mantenimento verso coniuge, figli o altri familiari (non puoi “cancellare” gli arretrati del mantenimento dovuto per legge, per ragioni di tutela familiare);
  • le sanzioni penali e amministrative di natura punitiva (multe, ammende, sanzioni pecuniarie per reati o anche alcune sanzioni amministrative gravi): la ratio è che non avrebbe senso “perdonare” punizioni economiche destinate a punire un illecito;
  • i debiti da illecito extracontrattuale per danni causati con dolo o colpa grave del debitore, ad esempio un risarcimento per lesioni personali da guida in stato d’ebbrezza: su questo c’è un parallelismo con quanto prevede l’art. 142 L.Fall. per la banca rotta, anche se il CCII è un po’ più vago. Tendenzialmente però, se hai un debito verso una vittima per un fatto doloso, quel debito non verrà toccato dall’esdebitazione (lo scenario tipico è: Tizio commette un reato e deve risarcire €100k alla vittima, non può fare sovraindebitamento per annullare quel debito, almeno finché la condanna penale è attuale).
  • Debiti per obblighi di restituzione derivanti da reati: se ad esempio hai un debito col Ministero della Giustizia perché sei stato condannato a restituire profitto di reato, non è esdebitabile finché la condanna non è espiata e sei riabilitato.

In generale, l’art. 280 CCII (che riprende la vecchia legge) elenca tassativamente i casi in cui l’esdebitazione non si applica. Fuori da essi, tutto viene cancellato. Quindi, ad esempio, i debiti tributari residui sono esdebitati (nonostante qualcuno pensi il contrario): se dopo il piano rimane un’IVA non pagata al 70%, quella va persa per il Fisco. Idem i debiti bancari non soddisfatti integralmente: decadono (la banca li passa a perdita). Importante: l’esdebitazione cancella i debiti solo verso il soggetto debitore procedurale. Se c’erano coobbligati, fideiussori, obbligati in solido, costoro restano obbligati per intero. Quindi, come detto altrove, se tuo padre era garante del tuo mutuo, la banca – se tu vieni esdebitato – potrà rivalersi su tuo padre per l’intero, e tuo padre dovrà pagare (la tua esdebitazione non libera il garante). Poi semmai tuo padre potrà tentare a sua volta una procedura se non ce la fa.

D: Dopo la procedura, posso tornare ad avere un mutuo, un finanziamento?
R: Sì, dopo la chiusura e l’esdebitazione, non c’è un divieto legale di accedere al credito. Durante la procedura invece non puoi assumere nuovi debiti significativi senza autorizzazione. Ovviamente, banche e finanziarie sapranno che sei stato insolvente e potresti risultare in qualche centrale rischi come soggetto “riabilitato”. In base al GDPR, le segnalazioni come cattivo pagatore dovrebbero essere cancellate con l’esdebitazione, ma può restare traccia nei registri dei tribunali (il registro delle procedure concorsuali). Tuttavia, la normativa europea incoraggia a non discriminare chi ha beneficiato del fresh start. È ragionevole che nei primi anni dopo l’esdebitazione ottenere credito sia difficile o costoso (ti chiederanno garanzie, coobbligati). Col passare del tempo e dimostrando affidabilità nei pagamenti correnti (es. bollette, affitto, ecc.), potrai riacquistare fiducia. D’altronde, se hai mantenuto la casa col mutuo in essere, quella continuità di pagamento del mutuo sarà un punto a tuo favore. In sintesi: legalmente sei libero di contrarre, praticamente dovrai ricostruire il merito creditizio. Molti istituti hanno comunque prodotti dedicati a “riparti-da-zero”, magari con importi limitati all’inizio.

D: Perché un creditore dovrebbe accettare queste procedure che lo fanno recuperare poco?
R: Dal punto di vista del creditore, in effetti le procedure di sovraindebitamento spesso comportano rinunce significative. Tuttavia, l’alternativa spesso è non recuperare nulla. Un debitore civile non fallibile, se non ci fosse la legge 3/2012, rimarrebbe indebitato a vita ma in concreto insolvente: il creditore potrebbe provare pignoramenti su pignoramenti, trovando magari il deserto (conto vuoto, nessun bene intestato). Alla fine molti debiti venivano abbandonati come inesigibili. Con la procedura concorsuale, almeno c’è una trasparenza sul patrimonio del debitore (che deve dichiarare tutto sotto giuramento) e quel poco che c’è viene distribuito equamente e in tempi più rapidi. Inoltre, per i creditori pubblici c’è un incentivo macro: far emergere situazioni sommerse e riportare il debitore nell’economia attiva (uno che esce dai debiti tornerà a produrre reddito, pagare tasse, consumare). Ecco perché anche l’Europa spinge per dare il fresh start in massimo 3 anni. Quindi, pur se al creditore individuale può “rodere” il taglio, il sistema nel complesso ne beneficia. Va detto che la legge cerca di bilanciare gli interessi: ad esempio, introduce il controllo sul tenore di vita del debitore per evitare furbizie (se dichiarava zero e poi gira in SUV, scatta revoca). Inoltre, in sede di omologa, il giudice verifica che i creditori non ricevano meno di quanto otterrebbero in una liquidazione di quel patrimonio (principio di convenienza): quindi il debitore non può fare il furbo offrendo meno del dovuto rispetto a vendere i beni, perché sennò gli bocciano il piano. In pratica, si chiede al creditore di incassare subito magari il 5% invece di forse il 10% tra 10 anni via esecuzioni frammentarie. Spesso il 5% oggi è meglio del 10% ipotetico (anche perché i costi legali delle esecuzioni ridurrebbero quel 10%). E se qualche creditore dissente, c’è il meccanismo del voto a maggioranza che lo vincola (nel concordato) oppure il giudice che decide (nel piano consumer). Insomma, al creditore conviene perché almeno chiude la posizione e può dedurre fiscalmente il resto come perdita. Meglio un uovo oggi che la gallina mai.

D: Che differenza c’è tra sovraindebitamento e saldo e stralcio o le transazioni a saldo?
R: Il saldo e stralcio è un accordo privato tra debitore e singolo creditore, di solito mediato informalmente: “ti pago X subito e ti liberi del mio debito residuo Y”. Funziona se hai pochi creditori e li convinci uno a uno. Però non risolve il problema di eventuali creditori non collaborativi. Inoltre non è vincolante per chi non aderisce. Il sovraindebitamento invece è una procedura collettiva e formale: coinvolge tutti i creditori e produce un effetto definitivo erga omnes stabilito da un giudice. Non richiede l’accordo di tutti, ma solo le maggioranze di legge o la valutazione del tribunale. In pratica, puoi vedere il piano/accordo come un “saldo e stralcio collettivo e giudiziale”, con trasparenza sui tuoi asset. Spesso, prima di andare in tribunale, si prova la carta del saldo stragiudiziale con i principali creditori: se tutti accettano, bene (eviti procedure); se alcuni rifiutano o ne hai troppi, allora passi al concorsuale che li obbliga. Un elemento psicologico: alcuni debitori si vergognano a proporre loro spontaneamente un saldo al ribasso, temendo reazioni negative. In una procedura invece è “colpa” della legge se i creditori vengono falcidiati, il debitore appare meno inadempiente e più qualcuno che sfrutta un’occasione legale (questo a volte facilita l’accettazione anche emotiva da parte del creditore istituzionale). Inoltre nel saldo stragiudiziale il creditore può sempre rivalersi se emergono altri beni dopo l’accordo (se non ben scritto); nell’esdebitazione giudiziale, no, c’è la sicurezza del clean slate (salvo frodi scoperte).

D: Se durante la procedura commetto un errore (es. dimentico di inserire un debito, oppure non pago una rata del piano), cosa succede?
R: Dipende dalla gravità. Dimenticare in buona fede un debito di modesta entità non compromette necessariamente la procedura: si può tentare di rimediare integrando la domanda se ancora in fase iniziale, oppure quel creditore non sarà esdebitato (nel senso che se non l’hai incluso, formalmente il debito verso di lui rimane fuori). La completezza dell’elenco è però fondamentale e viene controllata dall’OCC. Non pagare una rata del piano invece è più serio: se il piano del consumatore o il concordato minore non viene eseguito regolarmente, il tribunale su segnalazione può dichiararne la risoluzione. Significa che perdi la protezione e i creditori tornano all’assalto con il debito originario (detratti magari i pagamenti parziali fatti). Alcuni piani prevedono un “periodo di grazia” per ritardi non colpevoli, ma bisogna stare attenti. Nella liquidazione, se non cooperi (ad es. non consegni un bene, nascondi denaro), rischi che l’esdebitazione ti venga negata o revocata. Insomma, una volta che entri in procedura, devi rigare dritto: ogni mossa è scrutinata. Se subentrano difficoltà (metti che perdi il lavoro durante un piano concordato), la legge consente di modificare il piano o di convertirlo magari in liquidazione. L’importante è non far finta di niente: comunica subito all’OCC il problema e valuta soluzioni alternative. Ricorda sempre: la buona fede e la trasparenza sono la tua assicurazione. Finché dimostri di agire lealmente, i giudici cercano di aiutarti, magari adattando il piano. Se invece fai il furbo, perdi tutto il beneficio.

D: A chi devo rivolgermi per avviare il sovraindebitamento?
R: Devi contattare un OCC – Organismo di Composizione della Crisi oppure un professionista (avvocato, commercialista) che sia gestore della crisi da sovraindebitamento iscritto negli appositi elenchi. Gli OCC sono istituiti presso gli Ordini professionali (commercialisti, avvocati) o presso enti pubblici come le Camere di Commercio. Ad esempio, esistono OCC attivi in molti tribunali. Questi organismi, una volta investiti del tuo caso, nominano un gestore (di solito un commercialista esperto) che ti aiuta a raccogliere i documenti e redige la relazione da presentare in tribunale. Puoi anche incaricare un avvocato di fiducia per seguirti nell’iter: l’avvocato predisporrà il piano e farà da tramite con l’OCC e il tribunale. I costi dell’OCC, come detto, non sono proibitivi e in parte vengono poi coperti nella procedura. Attenzione alle società di consulenza improvvisate: purtroppo il bisogno di aiuto dei debitori ha generato un mercato con alcuni sedicenti “esperti” poco competenti. Meglio affidarsi a figure qualificate, ad esempio cercando sul sito del tribunale di zona se c’è un OCC convenzionato, o chiedendo consiglio all’Ordine degli Avvocati/Commercialisti locali. In genere la prima consulenza per valutare la fattibilità viene fornita a costi contenuti o anche gratuita in alcuni sportelli anti-crisi. Una volta individuata la via, partirà l’iter formale. In conclusione: non sei solo in questo percorso – ci sono professionisti specializzati il cui compito è proprio guidarti fuori dai debiti secondo la legge.

Fonti

  • Legge 27 gennaio 2012, n. 3 (composizione crisi da sovraindebitamento) e Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, D.Lgs. 14/2019, come modificato dai decreti correttivi D.Lgs. 147/2020, 83/2022 e 136/2024.
  • Tribunale di BergamoSentenza 14 dicembre 2022 (proc. 68/2022): caso di liquidazione controllata ex L.3/2012 concessa a ex consulente fotovoltaico con €95.000 di debiti, esdebitazione dopo 3 anni.
  • Cassazione Civile, Sez. III, 26 luglio 2022 n.23343: validità del precetto privo dell’avviso di cui all’art.480 c.p.c. comma 2 (nessuna nullità, trattandosi di mera irregolarità).
  • Cassazione Civile, Sez. I, 27 luglio 2023 n.22890: criterio di meritevolezza nel piano del consumatore alla luce delle modifiche 2020 – rileva solo il dolo o colpa grave ex art. 69 CCII, abolito il precedente “triplice test” della L.3/2012.
  • Cassazione Civile, Sez. I, 24 ottobre 2024 n.27562: confermata l’assenza di una soglia minima di pagamento ai creditori per l’esdebitazione; anche una soddisfazione non simbolica ma bassa (1%) può bastare, valutando il contesto.
  • Cassazione Civile, Sez. VI, 18 febbraio 2021 n.4270: ammessa la falcidia dei crediti erariali (IVA inclusa) negli accordi di sovraindebitamento del debitore civile.
  • Cassazione Civile, Sez. I, 11 giugno 2021 n.16564: in tema di esdebitazione post-fallimentare, la soddisfazione anche minima dei creditori non preclude il beneficio se il debitore è meritevole (principio poi recepito nel CCII).
  • Cassazione Civile, Sez. III, 16 dicembre 2024 n.32759 (ordinanza): ribadita l’impignorabilità da parte di AdER dell’unico immobile adibito ad abitazione principale ex art.76 DPR 602/1973, applicabile anche a procedure in corso al 2013.
  • Ordinanza Cass. n.9479/2023: clausole bancarie vessatorie – possibile opposizione a decreto ingiuntivo oltre i termini per far valere nullità contrattuali di protezione.
  • Direttiva (UE) 2019/1023 sulla ristrutturazione e insolvenza: principi ispiratori recepiti nel CCII (fresh start entro 3 anni, favor debitoris, etc.).

Ex consulente per impianti fotovoltaici con debiti? Fatti Aiutare da Studio Monardo

Hai lavorato come consulente nel settore fotovoltaico e oggi ti ritrovi con debiti non pagati, cartelle esattoriali o finanziamenti sospesi?
Che tu abbia operato come freelance, con partita IVA o in collaborazione con aziende energetiche, non sei solo: molti ex professionisti si trovano sommersi da obbligazioni fiscali, bancarie e previdenziali.
La buona notizia è che puoi difenderti legalmente e uscire da questa situazione grazie agli strumenti previsti dal Codice della Crisi.


Perché anche chi non ha più l’attività resta con i debiti?

La chiusura della partita IVA non cancella i debiti pregressi. Ecco i più comuni tra gli ex consulenti:

  • 💳 Finanziamenti personali o aziendali non più rimborsabili
  • 📉 Fatture di acquisto non saldate, software o strumenti tecnici
  • 🧾 Cartelle esattoriali per IRPEF, IVA, INPS o mancato versamento di imposte
  • ❌ Segnalazioni in Centrale Rischi o CRIF
  • ⚠️ Pignoramento della pensione o del conto corrente
  • 🔁 Cause civili per inadempimenti contrattuali

Molti si ritrovano così senza reddito, con pressioni dai creditori e nessuna tutela apparente.


Le soluzioni legali per ex consulenti con debiti

La legge sul sovraindebitamento ti consente di ristrutturare o cancellare i debiti, anche se non hai più un’attività.

✅ Piano del consumatore

  • Se hai un reddito (lavoro, pensione, affitto), puoi pagare in base a quanto puoi sostenere
  • Blocca pignoramenti, trattenute e aggressioni dei creditori
  • Ottieni una riduzione complessiva del debito, con protezione della casa e del patrimonio

✅ Liquidazione controllata del patrimonio

  • Se non riesci a pagare nulla, puoi avviare una procedura per chiudere i debiti legalmente
  • Dopo la liquidazione, nessun creditore può più pretendere nulla

✅ Esdebitazione del debitore incapiente

  • Se non possiedi beni né reddito, la legge consente la cancellazione totale dei debiti
  • È una soluzione definitiva e sicura

🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo

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🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

✔️ Esperto in sovraindebitamento e crisi delle partite IVA individuali
✔️ Gestore della crisi iscritto al Ministero della Giustizia
✔️ Consulente per piani del consumatore, liquidazioni e esdebitazioni approvate
✔️ Consulente per ex professionisti tecnici e consulenti del settore energetico
✔️ Consulente legale per la tutela del patrimonio e della dignità personale


Conclusione

Anche se hai chiuso la tua attività di consulenza nel fotovoltaico, i debiti non devono impedire il tuo futuro.
Con una strategia legale su misura, puoi bloccare i creditori, salvaguardare il tuo reddito e ottenere una nuova possibilità.

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Informazioni importanti: Studio Monardo e avvocaticartellesattoriali.com operano su tutto il territorio italiano attraverso due modalità.

  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista personale degli Autori, basato sulla loro esperienza professionale. Non devono essere intese come consulenza tecnica o legale. Per approfondimenti specifici o ulteriori dettagli, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si ricorda che l’articolo fa riferimento al quadro normativo vigente al momento della sua redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono subire modifiche nel tempo. Decliniamo ogni responsabilità per un uso improprio delle informazioni contenute in queste pagine.
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