Debiti Con L’Agenzia Entrate: Dove Vedere E Come

Hai ricevuto delle cartelle, notifiche o solleciti e temi di avere debiti con l’Agenzia delle Entrate, ma non sai dove vederli, come controllare la tua posizione e soprattutto se puoi ancora intervenire prima che partano pignoramenti o fermi amministrativi?

Se sei un imprenditore, un libero professionista o un privato cittadino, verificare i debiti con l’Agenzia delle Entrate – Riscossione è il primo passo per difenderti tempestivamente e valutare le soluzioni disponibili.

Dove si vedono i debiti con l’Agenzia delle Entrate?
– Puoi accedere all’area riservata del sito www.agenziaentrateriscossione.gov.it con SPID, CIE o CNS
– Seleziona “Estratto conto” o “Situazione debitoria” per vedere:
– Cartelle di pagamento
– Avvisi di accertamento esecutivi
– Avvisi di addebito INPS
– Rateizzazioni attive o decadute
– Puoi anche richiedere l’estratto conto cartaceo presso uno sportello su appuntamento
– Se hai ricevuto una cartella, puoi verificare i dettagli direttamente dal codice riportato sull’atto

Cosa trovi nell’estratto conto?
– L’elenco dettagliato dei debiti con causale, anno e importo
– Lo stato di ogni debito: pagato, sospeso, in riscossione, oggetto di rateazione
– Le scadenze e gli interessi maturati
– Eventuali azioni esecutive già avviate (es. pignoramenti, ipoteche, fermi)

Perché è importante controllare subito?
– Perché potresti non essere a conoscenza di un atto notificato per posta o per PEC
– Perché decorrono termini brevi per fare opposizione o ricorso (di solito 60 giorni)
– Perché puoi ancora agire per rateizzare, sospendere o contestare i debiti prima che diventino esecutivi

Cosa puoi fare se emergono debiti inaspettati?
Chiedere copia integrale degli atti alla Riscossione per controllare la legittimità
– Avviare un ricorso se l’atto è impugnabile
Domandare la rateizzazione, anche se ci sono pignoramenti in corso
Verificare se hai diritto alla rottamazione, saldo e stralcio o sovraindebitamento

Cosa NON devi fare mai?
– Ignorare la situazione: i debiti non spariscono, ma si aggravano
– Affidarti a soluzioni “fai da te” senza capire la natura giuridica degli atti
– Firmare proposte di saldo senza prima analizzare le tue reali possibilità difensive

Conoscere i tuoi debiti è il primo passo per proteggere te stesso e il tuo patrimonio.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in difesa da debiti fiscali e crisi da sovraindebitamento – ti spiega dove vedere i debiti con l’Agenzia delle Entrate, come interpretarli e come agire per evitare che diventino un problema irreversibile.

Hai debiti fiscali ma non sai da dove iniziare?

Richiedi, in fondo alla guida, una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Verificheremo per te lo stato reale della tua posizione fiscale e ti aiuteremo a scegliere la strategia giusta per tutelarti, bloccare i creditori e uscire dalla crisi.

Introduzione

I debiti verso l’Agenzia delle Entrate (in particolare quelli affidati all’Agenzia delle Entrate-Riscossione, ex Equitalia) rappresentano somme dovute al Fisco o ad altri enti pubblici (ad esempio imposte statali, tributi locali, contributi previdenziali, sanzioni amministrative) la cui riscossione è stata incaricata all’Agente della Riscossione. Dal punto di vista del debitore, è essenziale sapere come verificare la propria posizione debitoria, quali strumenti esistono per regolarizzare i debiti (pagamento integrale o rateizzato, definizioni agevolate), come contestare somme non dovute (tramite ricorsi o istanze di autotutela) e quali effetti particolari insorgono in casi specifici (ad es. decesso del contribuente, prescrizione del debito, fallimento del debitore, decadenza da piani di rateazione, ecc.). In questa guida avanzata – aggiornata a luglio 2025 e corredata di riferimenti normativi e pronunce giurisprudenziali recenti – forniremo una panoramica completa su dove vedere i debiti con l’Agenzia delle Entrate e come gestirli, adottando un linguaggio giuridico ma divulgativo, utile a professionisti (avvocati, consulenti) e ai privati e imprenditori interessati. A seguire troverete anche tabelle riepilogative, domande e risposte frequenti e simulazioni pratiche riferite al contesto italiano, sempre dal punto di vista del debitore.

Verifica dei debiti: piattaforme digitali e canali di accesso

Per controllare se si hanno debiti affidati all’Agenzia delle Entrate-Riscossione (AdER) e consultare l’elenco di cartelle di pagamento o avvisi a proprio carico, oggi è possibile utilizzare vari strumenti digitali messi a disposizione dal Fisco. In particolare, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione ha sviluppato un’area riservata online e servizi telematici accessibili tramite credenziali uniche (SPID, CIE, CNS) che consentono al contribuente di verificare in tempo reale la propria situazione debitoria, senza recarsi allo sportello. Di seguito esaminiamo i principali canali disponibili per vedere i debiti.

Area Riservata online di Agenzia Entrate-Riscossione

Il portale web dell’AdER offre un’Area Riservata dedicata ai contribuenti registrati (distinta in sezioni per Cittadini, Imprese e Intermediari fiscali – EquiPro). Accedendo con la propria identità digitale (SPID, Carta d’Identità Elettronica, Carta Nazionale Servizi, oppure con le credenziali Fisconline/Entratel dell’Agenzia Entrate), l’utente può consultare tutti i dati personali relativi alla riscossione. In particolare, tramite il servizio “Situazione debitoria – consulta e paga” presente nell’area riservata, è possibile visualizzare l’elenco di tutte le cartelle e avvisi a proprio carico, con dettagli sullo stato di ciascun carico (ad esempio se “già saldato”, “sospeso” oppure “da saldare”). Vengono inoltre evidenziati eventuali piani di rateizzazione attivi o procedure di definizione agevolata (come condoni o rottamazioni in corso), nonché l’eventuale presenza di procedure esecutive o cautelari avviate (pignoramenti, fermi, ipoteche).

Accedendo all’area riservata, il sistema permette anche di pagare online le somme dovute (funzione “consulta e paga”), di scaricare documenti e comunicazioni, e di utilizzare vari servizi interattivi di gestione del debito (come vedremo in dettaglio oltre, per es. presentare istanze di rateizzazione, sospensione, etc.). L’accesso è gratuito e disponibile 24/7. L’area riservata rappresenta dunque il canale principale per “vedere i debiti con l’Agenzia Entrate” in modo immediato e completo, con il vantaggio di ottenere informazioni personalizzate grazie all’autenticazione dell’utente.

Esempio pratico: Un contribuente che desidera sapere se ha cartelle esattoriali non pagate può accedere all’area riservata AdER con SPID; qui, nella sezione Situazione debitoria, troverà l’elenco di tutte le cartelle a suo nome. Ad esempio, potrebbe individuare una cartella relativa a IRPEF 2018 da €5.000 che risulta “da saldare”, una cartella per sanzioni del Codice della Strada del Comune che risulta “sospesa” (magari perché oggetto di contestazione), e un avviso bonario già “saldato” nel 2022. Per ciascuna cartella può visualizzare i dettagli (numero atto, ente creditore, importo originario, interessi maturati, ecc.) e lo stato aggiornato. In questo modo ha il quadro chiaro dei suoi debiti e può decidere le azioni successive (pagamento, richiesta di rateazione, ecc.).

App mobile “Equiclick” e integrazioni digitali

Oltre al sito web, AdER mette a disposizione un’app mobile denominata Equiclick, che consente servizi analoghi sullo smartphone o tablet. Tramite l’app, dopo aver effettuato l’accesso (sempre con SPID/CIE/CNS), il contribuente può utilizzare la funzione “La mia situazione debitoria” per avere, sul dispositivo mobile, la lista delle proprie cartelle/avvisi e relative informazioni aggiornate. L’app consente anche di procedere al pagamento online tramite la piattaforma PagoPA, generando i codici per il versamento. In pratica, Equiclick offre gli stessi servizi principali dell’area riservata web in formato ottimizzato per mobile, garantendo così che il proprio debito col Fisco sia “a portata di mano” in ogni momento.

Da notare che l’App Equiclick è sincronizzata con il profilo utente dell’area riservata: ad esempio, un piano di dilazione richiesto via app apparirà anche sul sito, e viceversa. Anche eventuali messaggi o comunicazioni (es. avvisi di scadenza rate) possono essere notificati via app o tramite servizi collegati (come l’App IO, se l’utente l’ha attivata per i servizi fiscali). L’innovazione digitale consente dunque di monitorare i debiti e interagire con AdER in modo rapido e senza dover produrre documentazione cartacea, sfruttando gli strumenti telematici sviluppati negli ultimi anni.

Servizi via PEC, email o Sportello online

Non tutti i contribuenti hanno familiarità con l’uso di SPID o dell’area riservata; inoltre può accadere che serva ottenere informazioni o assistenza senza accesso immediato ai servizi online autenticati. Per queste esigenze, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione ha predisposto canali alternativi di consultazione e contatto. Ad esempio, è disponibile sul portale un servizio in area pubblica denominato “Invia una e-mail al servizio contribuenti”, attraverso cui chiunque (anche senza autenticazione) può richiedere informazioni sulla propria situazione debitoria. In tal caso, il richiedente compila un form online inserendo i propri dati anagrafici e dettagli della richiesta, e allega copia di un documento d’identità e l’eventuale documentazione utile. Il personale di AdER risponderà via email inviando le informazioni richieste (ad esempio l’estratto della situazione debitoria o copia di cartelle). Analogamente, è possibile inviare una PEC agli indirizzi indicati sul sito AdER (distinti per area geografica) per ottenere un estratto conto delle cartelle: anche in questo caso occorre allegare i documenti identificativi del contribuente.

Un ulteriore strumento è lo Sportello online: il contribuente può prenotare un appuntamento virtuale (via videochiamata o telefono) con un operatore AdER tramite il portale, per discutere della propria posizione. In alternativa, resta sempre possibile rivolgersi agli sportelli territoriali fisici (presenti in ogni provincia) oppure al Contact Center telefonico dell’AdER, fornendo il proprio codice fiscale per farsi illustrare gli eventuali debiti a ruolo.

Riepilogo – Modalità per verificare i debiti:

  • Area Riservata online (sito AdER) – Accesso con SPID/CIE/CNS, servizio Situazione debitoria per elenco completo cartelle/avvisi, stato dei pagamenti, piani in corso, ecc.. Consente anche pagamento online.
  • App Equiclick (AdER) – Accesso mobile ai medesimi dati (La mia situazione debitoria), con possibilità di pagamento e servizi equivalenti.
  • Richiesta via e-mail/PEC – Servizio “Invia una e-mail al servizio contribuenti” sul sito AdER (area pubblica) con risposta tramite e-mail PEC, previa identificazione.
  • Sportello (fisico o online) – Informazioni ottenibili di persona agli sportelli AdER oppure tramite appuntamento a distanza; supporto anche via Contact center telefonico.

Tipologie di debiti esattoriali e relative caratteristiche

Quando si parla di “debiti con l’Agenzia Entrate”, in realtà si fa riferimento a diverse tipologie di crediti che l’Agente della Riscossione è incaricato di riscuotere. È importante per il debitore distinguere la natura del debito, perché da essa dipendono regole specifiche (ad es. in materia di termini di prescrizione, oppure di strumenti definitori disponibili). Di seguito elenchiamo le principali categorie di debiti iscritti a ruolo e affidati all’AdER, con qualche precisazione:

  • Tributi erariali (statali): rientrano in questa categoria le imposte dirette e indirette gestite dall’Agenzia delle Entrate (IRPEF, IRES, IVA, addizionali, imposta di registro, bollo, successione, ecc.) non pagate spontaneamente dal contribuente e per le quali l’Agenzia ha emesso un atto di accertamento divenuto definitivo o un avviso di liquidazione, iscrivendo quindi a ruolo le somme dovute. Tali debiti sono fiscali in senso stretto e soggetti alla giurisdizione delle Commissioni Tributarie (ora Corti di Giustizia Tributaria). In assenza di termini specifici più brevi, il termine di prescrizione per la riscossione dei crediti tributari erariali è considerato quello ordinario di 10 anni, ai sensi dell’art. 2946 c.c. (come confermato anche da Cass. ord. 17234/2023).
  • Tributi locali: comprendono imposte e tasse dovute ad Enti locali (Comuni, Province, Regioni), quali IMU, TARI (tassa rifiuti), TOSAP/COSAP (occupazione suolo pubblico), bollo auto (tassa automobilistica regionale), etc., che gli Enti locali possono affidare in riscossione all’AdER. Spesso per queste entrate la legge o la giurisprudenza prevede termini di prescrizione più brevi: tipicamente 5 anni per i tributi locali più comuni, in ragione della loro natura di prestazioni periodiche o ricorrenti. Ad esempio, la Cassazione ha ribadito che i tributi comunali (come la TARSU/TARI) si prescrivono in cinque anni dal momento in cui il tributo è esigibile (in mancanza di atti interruttivi), salvo naturalmente che intervenga un atto amministrativo divenuto definitivo che possa fungere da titolo (evenienza rara per i tributi locali).
  • Contributi previdenziali e assistenziali: si tratta dei crediti vantati da enti previdenziali come INPS (contributi obbligatori pensionistici) o INAIL (premi assicurativi contro gli infortuni sul lavoro), che in caso di mancato pagamento volontario vengono iscritti a ruolo. La prescrizione dei contributi previdenziali è fissata ex lege in 5 anni (L. 335/1995), termine ormai applicato pacificamente anche dalla giurisprudenza di legittimità. Anche i contributi pertanto rientrano tra i carichi a riscossione con prescrizione quinquennale. L’INPS e gli altri enti hanno facoltà di emettere avvisi di addebito che vengono poi affidati all’AdER per la riscossione coattiva.
  • Sanzioni amministrative e contravvenzioni: l’Agente della Riscossione riscuote anche somme dovute a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria, come ad esempio le multe stradali per violazioni del Codice della Strada, sanzioni amministrative irrogate da varie autorità (Prefetture, Enti regolatori, Comuni per violazioni regolamentari, ecc.). Per queste sanzioni, la legge prevede autonomamente il termine di 5 anni per la riscossione (derivante dall’art. 28 L. 689/1981 per le sanzioni amministrative in genere, e dall’art. 209 Codice della Strada per le multe stradali). Pertanto le cartelle esattoriali per multe cadono in prescrizione quinquennale se nel frattempo non intervengono atti interruttivi notificati. Si noti inoltre che le sanzioni tributarie (cioè le sanzioni amministrative per violazioni fiscali, es. omesso versamento IVA) seguono la regola generale di 5 anni se non cristallizzate in giudicato: infatti, in base all’art. 20, c.3, D.Lgs. 472/1997, le sanzioni tributarie irrogate con atto non opposto si prescrivono in cinque anni, mentre solo se vi è un titolo passato in giudicato si applicherebbe la conversione in decennale ex art. 2953 c.c.. La Cassazione ha confermato tale principio, distinguendo la prescrizione delle imposte (in genere decennale) da quella delle sanzioni e interessi ad esse relative (quinquennale ove non diversamente disposto).
  • Altre entrate: tra i debiti a ruolo possono esservi anche altre tipologie, ad esempio spese di giustizia non pagate, sanzioni penali pecuniarie, ingiunzioni di pagamento emesse da enti pubblici, ecc. Ciascuna di queste segue la disciplina propria (ad es. le spese processuali penali hanno prescrizione decennale come le ordinarie obbligazioni dello Stato). L’AdER funge da riscossore per conto dei vari enti creditori e l’estratto di ruolo indica sempre, per ciascun carico, l’ente impositore (es. Agenzia Entrate, Comune di X, Ministero, ecc.) e la causale del debito (tipo di tributo o sanzione).

Di seguito una tabella riassuntiva dei termini di prescrizione ordinari per le principali categorie di debito esattoriale (salvo atti interruttivi o cause di sospensione):

Tipo di debitoTermine di prescrizione ordinarioRiferimenti
Imposte erariali (IRPEF, IVA, ecc.)10 anni (art. 2946 c.c.), salvo disposizioni specialiCass. 17234/2023
Tributi locali (IMU, TARI, ecc.)5 anni, di regola (spesso considerati “periodici”)Cass. 24679/2011; Cass. 31260/2023
Contributi INPS, premi INAIL5 anni (L. 335/1995)Cass. SS.UU. 23397/2016; L.335/95
Sanzioni tributarie (non giudicato)5 anni (art. 20 D.Lgs. 472/97)Cass. 7486/2022
Interessi (su imposte o sanzioni)5 anni (rate o interessi sono prestazioni periodiche)Art. 2948 n.4 c.c.; Cass. 30362/2018
Multe stradali, altre sanz. amm.ve5 anni (art. 209 CdS; L. 689/1981)Cass. 7066/2018; art. 28 L.689/81

Nota: I termini sopra indicati decorrono, in generale, dalla data in cui il titolo esecutivo (cartella o atto esecutivo equiparato) è stato notificato al debitore, o dalla scadenza di eventuali rate non pagate, e possono essere interrotti da successive intimazioni o atti della procedura esecutiva. Inoltre, se il debito trae origine da un atto divenuto definitivo (es: avviso di accertamento non impugnato), va considerato che non si applica l’art. 2953 c.c. (prescrizione decennale del diritto da sentenza) in modo automatico: la Cassazione a Sezioni Unite ha chiarito che, se un atto impositivo non è impugnato, i termini di prescrizione della riscossione dipendono comunque dalla natura del tributo e non vengono “allungati” automaticamente a dieci anni. In altri termini, la cartella esattoriale “non opposta” non sempre comporta prescrizione decennale: se il credito sottostante avrebbe avuto termine quinquennale (ad es. contributi, tributi locali), rimane tale (orientamento consolidato dopo Cass. SS.UU. n. 23397/2016). Viceversa, per i tributi erariali privi di termine breve specifico, si applica il decennale ordinario.

Pagamento e rateizzazione dei debiti

Una volta individuati i debiti iscritti a ruolo, il debitore può procedere al pagamento delle somme dovute. La riscossione coattiva prevede che, a seguito della notifica della cartella di pagamento (o di altro atto esecutivo), il contribuente abbia generalmente 60 giorni di tempo per pagare il dovuto; trascorso tale termine senza pagamento né impugnazione, l’Agente della Riscossione potrà attivare misure cautelari (fermo amministrativo, ipoteca) e procedure esecutive (pignoramenti). Tuttavia, la legge offre la possibilità di chiedere un pagamento rateale (rateizzazione o “dilazione”) del debito, nonché – in certe situazioni – di aderire a misure definitive agevolate (come condoni o rottamazioni, trattati più avanti).

Focus di questa sezione è la rateizzazione ordinaria delle cartelle esattoriali ai sensi dell’art. 19 DPR 602/1973, istituto che è stato oggetto di recenti modifiche normative (ultima riforma nel 2023-2024) per ampliare le possibilità di dilazione e aggiornare le soglie. Analizzeremo anche la decadenza dal beneficio della rateazione (ovvero cosa accade in caso di mancato pagamento di alcune rate) e le conseguenze per il debitore.

Modalità di pagamento: unica soluzione o rate

Pagamento immediato: Il debitore può sempre saldare il proprio debito in un’unica soluzione. Tramite il portale AdER, come visto, è possibile selezionare la cartella e procedere al pagamento online con i canali telematici (pagoPA), semplicemente inserendo il codice fiscale e il codice avviso (IUV) riportato sul documento. In alternativa, il bollettino pagoPA allegato alla cartella può essere pagato presso banche, poste, tabaccai o altri punti abilitati. Il vantaggio del pagamento integrale nei termini (entro 60 giorni dalla notifica) è evitare l’aggravio di ulteriori interessi di mora e bloccare sul nascere azioni esecutive. Se il pagamento avviene dopo i 60 giorni, oltre agli interessi, potrebbero essersi aggiunti compensi di riscossione. In ogni caso, una volta saldata la cartella, l’Agente della Riscossione ne registra l’avvenuto pagamento e eventuali misure cautelari decadono (es: un fermo auto viene cancellato).

Pagamento rateale (dilazione): Quando il contribuente non è in grado di pagare subito l’intera somma, può presentare un’istanza di rateizzazione ad AdER. La normativa (art. 19 DPR 602/73) consente di suddividere l’importo dovuto in rate mensili, a condizione di trovarsi in una situazione temporanea di obiettiva difficoltà economica. Importo e numero di rate: Attualmente, per effetto della riforma introdotta dal D.Lgs. 29 luglio 2024 n.110 (attuativo della L. 130/2022, c.d. riforma fiscale), sono previste diverse soglie e massimali in funzione dell’importo del debito e dell’anno di presentazione dell’istanza.

In sintesi, dal 1° gennaio 2025 si applicano le seguenti regole ordinarie:

  • Debiti fino a €120.000: rateazione concessa su semplice richiesta (senza necessità di documentare lo stato di difficoltà) fino a un massimo di 84 rate mensili per le istanze presentate nel 2025-2026, 96 rate se presentate nel 2027-2028, e 108 rate se presentate dal 2029 in poi. (Si noti: 84 rate equivalgono a 7 anni, 108 rate a 9 anni).
  • Debiti oltre €120.000: per importi superiori a €120.000, è sempre richiesto di documentare la temporanea situazione di obiettiva difficoltà economico-finanziaria del debitore. In tal caso si può ottenere fino al massimo di 120 rate mensili (10 anni) indipendentemente dall’anno della richiesta.
  • Debiti fino a €120.000 con difficoltà documentata: qualora anche per un debito ≤ €120.000 il contribuente voglia una dilazione più lunga di quella “automatica”, può scegliere di presentare documentazione finanziaria: se l’istanza è corredata di prova della grave difficoltà, il piano può essere esteso fino a 120 rate anche per importi sotto soglia, secondo una gradazione minima crescente col tempo: es. 85-120 rate se richiesta nel 2025-26, 97-120 rate nel 2027-28, 109-120 rate dal 2029.

Le regole sopra esposte riflettono le modifiche normative recenti (adeguamento all’andamento economico e post pandemia). Fino al 31 dicembre 2024, infatti, la disciplina previgente prevedeva un massimo di 72 rate senza documenti per debiti ≤ €120.000, estendibili a 120 solo in caso di comprovata grave difficoltà (come da DM 6/11/2013). Questa soglia era stata progressivamente elevata negli ultimi anni (da €50.000 a 100.000 e infine 120.000). Ora, la riforma graduale aumenta il numero di rate con cui i debiti di importo contenuto possono essere dilazionati, incentivando la compliance.

Procedura per la richiesta: Il contribuente può richiedere la rateizzazione direttamente online, attraverso l’area riservata AdER, utilizzando il servizio “Rateizza il debito – Rateizza adesso”. Il sistema elenca i carichi rateizzabili e consente di selezionare quelli da dilazionare, calcolando automaticamente il piano possibile in base alla normativa (numero di rate e importo). Se il totale rientra nei 120.000 € e si scelgono fino a 84 rate (nel 2025-26), l’esito è immediato: viene generato il piano di dilazione e i bollettini delle rate. Se invece occorre documentare la difficoltà (importi maggiori o richieste di oltre 84 rate), è necessario compilare i moduli appositi (denominati RDF per persone fisiche/ditte individuali semplificate, RDG per società o ditte in ordinaria, validi dal 2025) allegando i documenti reddituali/patrimoniali richiesti. Tali moduli si trasmettono via PEC agli indirizzi indicati, dopo di che AdER valuterà la richiesta. In ogni caso, senza autenticazione, il contribuente può scaricare dal sito i moduli standard (Mod. R1, R2, R3 fino al 2024; Mod. RS, RDF, RDG dal 2025) e inviarli firmati via PEC per ottenere la dilazione.

Concessione e effetti della rateazione: Se la richiesta viene accolta, l’Agente della Riscossione comunica il provvedimento di accoglimento con il piano di ammortamento delle rate. La prima rata va pagata entro 30 giorni (o 60 giorni se diversamente indicato) per perfezionare la dilazione. Durante la rateizzazione, vengono sospese le azioni esecutive da parte di AdER relative ai debiti inclusi nel piano (non verranno avviati nuovi pignoramenti, e quelli in corso possono essere congelati, con eccezione di eventuali fermi o ipoteche già iscritti che di norma permangono a garanzia). Inoltre, l’adesione a un piano rateale sospende i termini di prescrizione dei debiti rateizzati, poiché il pagamento a rate comporta un riconoscimento del debito che interrompe i termini finché la dilazione prosegue regolarmente. È importante rispettare le scadenze delle rate, altrimenti si incorre nella decadenza dalla dilazione.

Decadenza dalla rateazione e nuove regole

La decadenza dal beneficio della rateizzazione si verifica quando il debitore non paga un certo numero di rate previste. In tal caso, il piano di dilazione viene revocato: l’intero importo residuo diventa immediatamente riscuotibile in un’unica soluzione e l’Agente della Riscossione può riprendere (o iniziare) le azioni di recupero senza ulteriori avvisi. È dunque fondamentale sapere quante rate si possono saltare prima di decadere, e se sia possibile chiedere una nuova rateizzazione dopo la decadenza.

Le condizioni di decadenza sono cambiate nel tempo, specialmente a causa di interventi legislativi durante l’emergenza COVID-19. Riportiamo le soglie attuali:

  • Per piani concessi a partire dal 16 luglio 2022: la decadenza scatta in caso di mancato pagamento di 8 rate, anche non consecutive. Questo è il regime vigente e si applica anche ai piani richiesti nel 2025 in poi: dunque saltare fino a 7 rate (anche sparse) non fa decadere, ma al mancato pagamento dell’ottava rata (sommando tutte le inadempienze) il piano si annulla.
  • Per piani concessi dal 1º gennaio 2022 al 15 luglio 2022: la soglia era di 5 rate non pagate, anche non consecutive, per far scattare la decadenza. Questa era sostanzialmente la regola “ordinaria” preesistente (5 rate) tornata in vigore dopo le misure emergenziali.
  • Per piani concessi dopo l’8 marzo 2020 (data di inizio lockdown) fino al 31 dicembre 2021: in via straordinaria la decadenza avveniva con 10 rate non pagate, grazie ai decreti emergenziali che avevano allentato le condizioni per aiutare i debitori colpiti dalla pandemia.
  • Per piani già in essere all’8 marzo 2020 (pre-Covid): il legislatore aveva previsto, sempre in via eccezionale, che servissero addirittura 18 rate non pagate per far decadere, se il piano era in corso all’inizio dell’emergenza (21/02/2020 per zona rossa lombarda).

Come detto, oggi si applica di regola la soglia di 8 rate impagate (piani post luglio 2022). Ciò significa, ad esempio, che se un contribuente con un piano di 60 rate salta la 1ª, 5ª, 8ª, 12ª, 20ª, 30ª, 31ª rata (sette rate in totale non pagate), il piano resta valido; al mancato pagamento di un’ulteriore rata (l’ottava inadempienza complessiva) subentrerà la decadenza automatica. La decadenza comporta che l’intero debito residuo non può più essere dilazionato con un nuovo piano per quegli stessi carichi. Infatti, la normativa oggi prevede (art. 19, c.3-quater DPR 602/73, introdotto dal D.L. 50/2022) che i debiti per cui si è decaduti da piani presentati dal 16/07/2022 in poi non sono più rateizzabili. In altre parole, se un contribuente ha ottenuto un piano dopo luglio 2022 e lo perde per decadenza, non potrà chiedere un ulteriore piano sullo stesso debito residuo: l’unica via sarà pagare il dovuto (eventualmente fruendo di definizioni agevolate se previste) o subire le azioni di recupero.

Diverso è il caso dei piani decaduti richiesti fino al 15 luglio 2022: in tali ipotesi, era consentito presentare una nuova istanza di rateizzazione per i carichi ancora dovuti, ma solo a condizione di versare tutte le rate scadute del precedente piano al momento della domanda. Questa possibilità di “rientro” era prevista in passato, ma è stata eliminata per le richieste successive (in ottica di responsabilizzazione del debitore).

Effetti della decadenza: Oltre alla perdita del beneficio della dilazione, la decadenza comporta che il debitore perde il diritto ad eventuali piani futuri sul medesimo carico (come visto) e riprendono a pieno ritmo le azioni di riscossione. Inoltre, le eventuali misure cautelari (fermi, ipoteche) iscritte prima o durante la rateazione rimangono valide e operative – la rateazione non le aveva cancellate, ma solo sospese nella loro escalation. In caso di decadenza, l’Agente può procedere immediatamente ad esecuzione forzata senza bisogno di ulteriori intimazioni (la comunicazione di decadenza di solito avverte che il beneficio è perso e invita al saldo immediato). Va anche evidenziato che la decadenza non fa venir meno gli eventuali coobblighi: se ad esempio vi era una garanzia o terzi responsabili, l’Agente potrà escutere anche questi ultimi.

Nuova rateazione di carichi diversi: Una nota importante: la legge chiarisce che se un contribuente è decaduto da un piano per alcuni carichi, può comunque chiedere la dilazione per altri debiti diversi. La decadenza da una rateazione su certe cartelle non preclude la possibilità di ottenere rateazioni su altri carichi per i quali non si era ancora chiesto nulla. Quindi il “divieto” post-decadenza è circoscritto ai medesimi debiti già rateizzati e non pagati.

Caso pratico: Mario ha due cartelle, A e B. Ottiene nel 2023 una rateizzazione sulla cartella A, ma poi non riesce a pagare 8 rate e decade dal piano A nel 2025. A questo punto, per la cartella A non può più ottenere altri piani e dovrà pagarla intera (o attendere eventuali sanatorie). Tuttavia, se Mario nel 2026 vuole rateizzare la cartella B (mai rateizzata prima), potrà farlo regolarmente (la decadenza su A non gli impedisce di dilazionare B).

Riammissione e tolleranza: Segnaliamo infine che il legislatore negli ultimi tempi ha introdotto alcune misure di riammissione in termini per i decaduti da definizioni agevolate o piani particolari. Ad esempio, con il Milleproroghe 2023 e 2024 sono state previste proroghe per pagare rate scadute di rottamazioni e mantenere i benefici (ne parleremo nella sezione condoni). Per le rateazioni ordinarie, non vi sono riammissioni automatiche se si decade, ma l’Agente può in taluni casi concordare piani di recupero a breve termine per evitare l’esecuzione, purché il quadro normativo lo consenta.

Tabella – Soglie di decadenza rateazione:

Piano concesso nel periodoDecadenza al mancato pagamento di…
Entro l’8 marzo 2020 (zona rossa: 21/2/20)5 rate (ordinario, ante Covid) / 18 rate durante Covid
9 marzo 2020 – 31 dicembre 202110 rate (norma emergenziale)
1 gennaio 2022 – 15 luglio 20225 rate (ritorno disciplina previgente)
Dal 16 luglio 2022 in poi (vigente)8 rate (nuova soglia aumentata)

Nota: le rate non pagate si contano cumulativamente. Anche rate non consecutive contribuiscono alla soglia (es. saltare la 1ª, 3ª e 5ª rata equivale a 3 rate non pagate).

Definizioni agevolate e “Pace fiscale”: saldo e stralcio, rottamazione, stralcio mini-debiti

Oltre alla rateizzazione ordinaria, negli ultimi anni il legislatore italiano ha varato diverse misure di definizione agevolata dei debiti esattoriali – spesso note con il termine giornalistico di “pace fiscale”. Tali misure permettono, a determinate condizioni, di regolarizzare i debiti pendenti con l’Erario beneficiando di sconti su sanzioni e interessi, o addirittura di riduzioni sull’importo dovuto (saldo e stralcio). In questa sezione esaminiamo gli strumenti più rilevanti da un punto di vista del debitore:

  • Definizione agevolata delle cartelle (c.d. “rottamazione”): consiste nella possibilità di pagare le somme iscritte a ruolo senza sanzioni né interessi di mora, versando quindi solo le imposte/contributi originari e un lieve aggio. Avviata per la prima volta nel 2016, la definizione agevolata è stata riproposta più volte (rottamazione-bis, -ter) e da ultimo nel 2023 con la rottamazione-quater.
  • Saldo e Stralcio: misura speciale introdotta nel 2019 (L. 145/2018) rivolta ai contribuenti in grave difficoltà economica (ISEE basso), che consentiva di pagare solo una percentuale ridotta (dal 16% al 35%) dei debiti fiscali e contributivi riferiti a determinati carichi, stralciando il restante. Non è stata riproposta nelle leggi più recenti, ma il concetto di saldo e stralcio rimane un precedente importante e potrebbe essere riutilizzato in futuro.
  • Stralcio “mini-cartelle”: la Legge di Bilancio 2023 (L. 197/2022) ha previsto l’annullamento automatico dei debiti di importo residuo fino a €1.000 affidati tra il 2000 e il 2015. Si tratta di uno stralcio generalizzato di micro-crediti, attuato d’ufficio dall’AdER entro il 31 marzo 2023, con esclusione di alcune tipologie (come debiti da aiuti di Stato, da condanne erariali, ecc.). Questo intervento rientra nelle misure di pace fiscale 2023.
  • Transazione fiscale e altre procedure concorsuali: in contesti di crisi d’impresa o sovraindebitamento, esistono strumenti per definire i debiti fiscali con accordi o piani (vedi infra la transazione fiscale nell’ambito di concordati o composizioni della crisi).

Esaminiamo più in dettaglio rottamazione-quater e saldo e stralcio, data la loro importanza per i debitori.

“Rottamazione-quater” (Definizione agevolata 2023)

La Legge n. 197/2022 (Legge di Bilancio 2023), ai commi 231-252 dell’art.1, ha introdotto una nuova edizione della definizione agevolata delle cartelle, denominata popolarmente “rottamazione-quater”. Questa misura consente ai contribuenti di estinguere i debiti risultanti dai carichi affidati all’Agente della Riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022 pagando solo il capitale e le spese di notifica ed eventuali diritti di esecuzione, con stralcio integrale delle sanzioni e degli interessi di mora. In caso di multe stradali o altre sanzioni amministrative, l’agevolazione consiste nello stralcio degli interessi di mora e delle maggiorazioni ex legge, dovendosi comunque pagare la sanzione base.

Caratteristiche principali della rottamazione-quater:

  • Ambito oggettivo: Debiti a ruolo dal 2000 a metà 2022, inclusi anche carichi di enti locali che abbiano aderito. Sono esclusi per legge alcuni debiti particolari (ad es. somme dovute per recupero di aiuti di Stato, crediti da sentenze di condanna della Corte dei conti, multe UE, e poche altre eccezioni).
  • Vantaggi: Non si pagano le sanzioni tributarie né gli interessi di mora. Per le multe stradali, non si pagano gli interessi di legge e le maggiorazioni semestrali previste dal CdS. Restano dovuti invece: il capitale originario, l’aggio/oneri di riscossione (che però in base a normative recenti sono ridotti al costo di notifica e pochi euro di diritti), e le spese per eventuali procedure già avviate (es. spese per un pignoramento già notificato). Il risparmio per il debitore può essere consistente soprattutto su cartelle datate, dove gli interessi di mora si accumulano nel tempo.
  • Procedura di adesione: Bisognava presentare domanda entro i termini previsti (inizialmente 30 aprile 2023, prorogati al 30 giugno 2023) tramite il portale AdER, area riservata o servizio online dedicato, elencando le cartelle che si intendeva definire. L’Agente della Riscossione ha poi comunicato entro fine 2023 l’importo complessivo dovuto e il piano dei pagamenti.
  • Pagamento rateale: La rottamazione-quater consente di pagare in un massimo di 18 rate: 1° e 2° rata ciascuna pari al 10% del dovuto con scadenza (originariamente) 31 ottobre e 30 novembre 2023, e le restanti 16 rate ripartite nei quattro anni successivi (2024-2027) con scadenze trimestrali il 28 febbraio, 31 maggio, 31 luglio, 30 novembre di ogni anno. Su tali rate successive si applicano interessi ridotti al 2%. Va segnalato che, in sede di conversione del Decreto Milleproroghe 2023, le scadenze delle prime rate sono state prorogate di qualche mese (es. prima rata spostata a 31 ottobre 2023 al posto di 31 luglio).
  • Effetti sull’eventuale contenzioso: Se il debito rottamato è oggetto di una causa pendente (ricorso in Commissione), l’adesione comporta l’impegno a rinunciare al ricorso. La norma prevede che, con il pagamento della prima rata, il giudizio venga dichiarato estinto per cessata materia del contendere. Importante: la Cassazione ha di recente chiarito che, in caso di definizione agevolata, il processo tributario si estingue anche se il contribuente non completa poi i pagamenti. Tuttavia, in tal caso, l’agevolazione viene revocata e l’ente potrà riscuotere il residuo (il processo non riprende, ma il debito ritorna esigibile per intero).
  • Decadenza dalla rottamazione: se il contribuente non paga anche solo una rata nei termini (dopo eventuali 5 giorni di tolleranza), decade dalla definizione agevolata. Ciò significa che il beneficio si annulla e il debito residuo non può più essere rottamato. Nelle precedenti edizioni, la legge vietava anche di rateizzare ulteriormente il residuo, ma per la rottamazione-quater non è stato ripetuto esplicitamente tale divieto. Ciò lascia intendere (ed è opinione di alcuni) che un debito decaduto dalla rottamazione-quater potrebbe essere rateizzato secondo le regole ordinarie, cosa invece prima preclusa (questo punto però ha visto interpretazioni, e AdER nelle FAQ ha invitato comunque al pagamento puntuale, confermando la decadenza come definitiva perdita dei benefici).
  • Riammissione 2024-2025: Considerata la difficoltà di alcuni a rispettare i pagamenti, il D.L. 148/2023 (Milleproroghe) ha introdotto una finestra di riammissione per chi fosse decaduto dalla rottamazione-quater dopo le prime scadenze del 2023. In particolare, era possibile presentare entro il 30 aprile 2024 un’istanza di riammissione, pagando le rate scadute non oltre il 31 luglio 2024, per poter proseguire la definizione. Inoltre, è in discussione (al luglio 2025) un’ulteriore proroga della rata di marzo 2025 a fine aprile 2025. Queste continue modifiche sottolineano che il legislatore monitora l’andamento della misura per evitare eccessive decadenze.

Vantaggi e considerazioni per il debitore: La rottamazione-quater è stata accolta da moltissimi contribuenti (oltre 1,5 milioni di domande nel 2023). Per un debitore, aderire significava ridurre notevolmente il debito da pagare. Esempio: su una cartella IRPEF da €10.000 del 2015, di cui €6.000 imposta, €2.000 interessi e €2.000 sanzioni, in rottamazione-quater si pagano circa €6.000 + una piccola quota di interessi dal 2023 al pagamento (2%), risparmiando i €2.000 di sanzioni e quasi tutti gli €2.000 di interessi di mora maturati. Tuttavia, è cruciale la capacità di rispettare le rate: se il debitore prevede di non poter garantire i pagamenti costanti, potrebbe valutare di non aderire, poiché la decadenza lo lascerà con lo stesso debito iniziale (al netto di quanto versato, che verrà imputato a capitale per primo).

“Saldo e Stralcio” dei debiti (legge 2019)

Il Saldo e Stralcio è stato un provvedimento una tantum previsto dalla Legge di Bilancio 2019 (L. 145/2018, commi 184-198) rivolto alle persone fisiche in comprovata difficoltà economica. In particolare, potevano beneficiarne i contribuenti con ISEE fino a €20.000 o che avessero procedure di insolvibilità in corso (p. es. già dichiarati falliti o con liquidazione). La misura permetteva di estinguere i debiti fiscali e contributivi affidati all’Agente della Riscossione dal 2000 al 2017 versando soltanto una percentuale ridotta del dovuto, così articolata: 16% dell’importo (quota capitale + interessi da ritardata iscrizione a ruolo) per ISEE fino a €8.500; 20% per ISEE 8.500-12.500; 35% per ISEE 12.500-20.000. Nessuna sanzione e interessi di mora venivano dovuti in aggiunta. Per chi era già in procedura di liquidazione (sovraindebitamento), la percentuale era il 10%.

In sostanza, il saldo e stralcio ha consentito a contribuenti non abbienti di condonare oltre la metà (a volte l’80-90%) del proprio debito. Esempio: un contribuente disoccupato con ISEE €10.000 e cartelle per €50.000 (principalmente tasse e contributi) ha potuto chiudere tutte le posizioni pagando circa €10.000 (20%). Lo Stato ha dunque rinunciato al resto, valutando che si trattava di somme difficilmente esigibili.

Questa misura straordinaria non è stata più riproposta nelle manovre successive (2020-2025), anche per il costo elevato in termini di gettito mancato. Tuttavia, i debitori che hanno aderito nel 2019 ne hanno tratto grande beneficio. Oggi non c’è un saldo e stralcio “aperto”, ma è utile citarlo perché:

  • Ha fissato un principio: in certi casi socialmente meritevoli, il legislatore accetta che il contribuente versi solo una parte del dovuto (saldo parziale) in cambio dello stralcio definitivo del debito residuo. Ciò è diverso dalla rottamazione (dove comunque il capitale va pagato per intero); nel saldo e stralcio invece anche una parte del capitale è condonata.
  • Potrebbe essere reintrodotto in futuro se le condizioni economiche lo suggeriranno. Ad esempio, in periodi post-crisi si discute di possibili nuovi “saldo e stralcio” per famiglie in difficoltà.
  • Esistono strumenti analoghi nell’ambito delle procedure concorsuali dei privati (piano del consumatore e liquidazione del sovraindebitato) dove di fatto c’è un saldo e stralcio giudiziale dei debiti: il debitore paga quel che può, e il resto viene esdebitato. Ma questo attiene al diritto fallimentare e lo tratteremo nella parte sui soggetti falliti.

Stralcio automatico debiti fino 1000 €: Da distinguere dal “Saldo e stralcio” è lo stralcio automatico introdotto dalla L. 197/2022 per i micro debiti ≤ €1.000 affidati tra 2000 e 2015. Questo non richiedeva domanda: l’AdER ha semplicemente annullato d’ufficio tali carichi (quota interessi e sanzioni sempre, e anche il capitale per i carichi erariali, mentre per enti diversi dallo Stato il capitale rimaneva a carico dell’ente che poteva scegliere se aderire o meno all’annullamento). Tale operazione si è conclusa entro il 31/3/2023. Per un debitore, ciò ha significato ad esempio vedersi cancellate vecchie multe o residui fiscali minori. È stato un alleggerimento del “magazzino crediti” e rientra negli interventi occasionali di pace fiscale.

Conclusione su definizioni agevolate: Le definizioni agevolate sono opportunità importanti per il debitore di abbattere il debito. Vanno però seguite attentamente (scadenze, requisiti). Inoltre, finché il debitore aderisce e rispetta i pagamenti, le azioni esecutive sono sospese. Ad esempio, presentata la domanda di rottamazione-quater entro giugno 2023, da quella data e per tutto il periodo di pagamento, AdER non può intraprendere nuove misure di recupero sui carichi definendi. Se però si decade o non ci si avvale, il debito rimane dovuto per intero.

Contestare i debiti: sospensione, opposizione e ricorso

Dal punto di vista del debitore, è fondamentale sapere che non tutti i debiti iscritti a ruolo sono necessariamente dovuti: potrebbero esserci casi di errore, di avvenuto pagamento non correttamente risultante, di decadenza o prescrizione intervenuta, oppure il contribuente potrebbe non aver mai ricevuto l’atto presupposto (es. la cartella) e venirne a conoscenza solo successivamente. Pertanto, la legge predispone vari strumenti per contestare o opporsi alle pretese dell’Agente della Riscossione. Tali strumenti spaziano da rimedi amministrativi interni (richieste in autotutela) fino ai veri e propri ricorsi giudiziari dinanzi all’autorità competente (giudice tributario o ordinario, a seconda dei casi). In questa sezione delineeremo le principali modalità di contestazione, opposizione e ricorso, includendo anche le ipotesi particolari come la sospensione della riscossione e le questioni relative a cartelle non notificate.

Istanza di sospensione e autotutela (art. 38 DL 112/1999 e L. 228/2012)

Un primo strumento, spesso a portata di mano del debitore, è la richiesta di sospensione della riscossione per somme non dovute, che rientra nell’ambito dell’autotutela amministrativa. In particolare, la Legge n. 228/2012, art.1 cc.537-543 ha previsto che se il contribuente ritiene che una cartella o un avviso di AdER non sia dovuto (ad esempio perché ha pagato il relativo importo prima, o perché ha ottenuto una sospensione giudiziale, o perché il debito è caduto in prescrizione, o ancora perché vi è un errore di persona, un condono ecc.), può presentare direttamente all’Agente della Riscossione una domanda motivata di sospensione allegando la documentazione a supporto.

Ricevuta l’istanza, l’AdER sospende immediatamente ogni attività di riscossione su quei carichi e la trasmette all’Ente creditore (es. Agenzia Entrate, INPS o Comune) per le verifiche del caso. L’ente creditore ha 60 giorni di tempo per confermare se il debito è ancora esigibile oppure se effettivamente non era dovuto (in tal caso disporrà l’annullamento, il cosiddetto “sgravio”). Se entro 200 giorni dall’istanza l’ente creditore non risponde affatto, la legge prevede che il debito si consideri annullato di diritto. Questa procedura tutela il contribuente da evidenti situazioni di richiesta illegittima in fase di riscossione e consente di ottenere un risultato senza dover avviare un giudizio, affidandosi al “riesame” in autotutela.

Ad esempio, un contribuente riceve una cartella per un importo che aveva già pagato (magari un duplicato di pagamento): allegando la ricevuta di versamento e chiedendo la sospensione, ottiene il blocco immediato del recupero e la successiva archiviazione del debito. Oppure, un contribuente che ha in corso un ricorso accolto con sentenza sospensiva, può comunicare la cosa ad AdER affinché sospenda la riscossione.

Come presentare l’istanza: Oggi è possibile farlo online, tramite l’area riservata, con il servizio “Sospendi la riscossione”. In alternativa, si può inviare via PEC un modulo con la spiegazione e i documenti. È importante dettagliare bene la motivazione (es. “debito già annullato dall’ente, si allega provvedimento” oppure “pagamento effettuato in data X, si allega quietanza”). Questa è una forma di autotutela mirata prevista dalla legge, che l’Agente deve accogliere se la documentazione è plausibile.

Autotutela generale: Al di là del caso disciplinato da L.228/2012, esiste un più ampio potere di autotutela in capo sia agli enti impositori che allo stesso AdER (per la parte di sua competenza). L’ente impositore, ad esempio l’Agenzia delle Entrate, può procedere a sgravio di proprie iscrizioni a ruolo se si accorge di un errore (anche su semplice richiesta del contribuente). Questo trova fondamento nei principi generali dell’attività amministrativa (L. 241/1990) e nello Statuto del Contribuente (L. 212/2000) che incoraggia la correzione di errori senza formalismi. Naturalmente, l’autotutela è discrezionale: l’ufficio la attiva in presenza di evidenti illegittimità o inesattezze. Non è un diritto esigibile pretendere l’annullamento, soprattutto se la questione è controversa in fatto o in diritto (in quei casi si deve andare in giudizio). Tuttavia, vale sempre la pena, prima di intraprendere vie giudiziarie, di segnalare l’errore all’ente e chiedere un riesame in autotutela: se l’ufficio concorda, l’atto può essere annullato parzialmente o totalmente, risolvendo la faccenda in via amministrativa.

Impugnazione delle cartelle e ricorsi al giudice competente

Se il debito derivante da una cartella o avviso è contestato nella fondatezza (ad esempio si ritiene che la tassa non fosse dovuta, o che sia scaduto il termine per accertarla, o che vi sia un vizio formale), lo strumento principale è il ricorso giurisdizionale. Bisogna distinguere però cosa impugnare e dove:

  • Se si intende contestare il merito del tributo o la legittimità dell’atto impositivo sottostante, la competenza è del Giudice Tributario (Commissioni Tributarie Provinciali, ora denominate Corti di Giustizia Tributaria di primo grado) per i tributi, oppure del Giudice Ordinario (di norma il Giudice di Pace o Tribunale) per le sanzioni amministrative non tributarie. Ad esempio: una cartella da controllo formale IRPEF – se contesto che il calcolo sia sbagliato o che avevo diritto a deduzioni – devo rivolgermi al giudice tributario; una cartella per multa stradale – se contesto nel merito la multa – devo rivolgermi al Giudice di Pace (se nei termini) o al Tribunale in sede esecutiva se la multa è divenuta titolo definitivo.
  • Se la cartella viene impugnata per vizi propri (es. difetti di notifica, decadenza della cartella, prescrizione del credito intervenuta DOPO la notifica della cartella), occorre individuare il giudice competente in base alla natura del credito. Su questo la giurisprudenza è complessa, ma un principio recente molto importante è stato affermato dalle Sezioni Unite della Cassazione nel 2022 (ord. n. 30666/2022) e ribadito nel 2024: la contestazione della prescrizione del credito tributario maturata dopo la notifica della cartella attiene comunque al merito della pretesa tributaria ed è quindi devoluta alla giurisdizione tributaria. In pratica, se un contribuente riceve nel 2025 un’intimazione di pagamento su una cartella del 2010 e obietta che il credito è ormai prescritto, deve far valere tale eccezione dinanzi al giudice tributario (con ricorso contro l’intimazione) e non dal giudice ordinario. La Cassazione (SS.UU. n. 26817/2024) ha infatti chiarito che qualsiasi questione sull’“an” o “quantum” del tributo – e la prescrizione incide sul diritto del Fisco a riscuotere, quindi sull’“an” – rientra nel perimetro della giurisdizione tributaria. Il giudice ordinario resta competente solo per le controversie attinenti a atti dell’esecuzione forzata successivi (es. un pignoramento) e non riguardanti la debenza del tributo in sé.
  • Se si lamentano vizi della procedura esecutiva (ad esempio, un pignoramento viziato, la violazione di regole sul precetto, ecc.), allora si agisce con le opposizioni tipiche del codice di procedura civile: opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. (per contestare il diritto di procedere ad esecuzione, di solito per fatti sopravvenuti o vizi del titolo se non deducibili altrove) oppure opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. (per vizi formali degli atti della procedura). Queste andranno proposte al giudice ordinario competente (Tribunale) se la procedura esecutiva è già in corso. Ad esempio, se AdER iscrive ipoteca o avvia un pignoramento e si ritiene che ciò sia avvenuto in violazione di legge (cartella già pagata, o atto non preceduto da intimazione, ecc.), si può agire in sede ordinaria con opposizione, sempre però distinguendo le ragioni: se l’opposizione si basa sulla non debenza del tributo, come detto, potrebbe essere rigettata dal giudice ordinario per difetto di giurisdizione (dovendo andare dal tributario).

Termini per impugnare: In materia tributaria, la cartella di pagamento va impugnata entro 60 giorni dalla notifica, davanti alla Commissione Tributaria (ora Corte di Giustizia Trib. 1° grado) competente per territorio, seguendo le regole del D.Lgs. 546/1992. Se la cartella trae origine da un precedente accertamento non impugnato, il contribuente non può in sede di ricorso rimettere in discussione il merito del tributo, ma può solo far valere vizi propri della cartella (notifica, calcolo interessi, ecc.) o fatti estintivi successivi (pagamento, prescrizione maturata dopo). Viceversa, un avviso di addebito INPS va impugnato entro 40 giorni davanti al giudice del lavoro (Tribunale), essendo materia previdenziale.

Ricorso tardivo e casi di mancata notifica: Cosa succede se il contribuente non ha mai ricevuto la cartella e scopre il debito solo dopo (es. da un estratto di ruolo o da un’intimazione)? In tal caso, la legge prevede che l’impugnazione ordinaria sia proposta avverso il primo atto notificato utile (ad esempio l’intimazione di pagamento può essere impugnata eccependo l’inesistenza della notifica della cartella precedente). La giurisprudenza, prima del 2022, ammetteva persino la possibilità di impugnare la cartella “mai notificata” una volta conosciuta tramite un estratto di ruolo rilasciato da AdER (Cass. SS.UU. n. 19704/2015). In quella storica sentenza, le Sezioni Unite ritennero che il contribuente potesse, per non dover aspettare l’esecuzione forzata, impugnare direttamente la cartella non notificata di cui avesse avuto conoscenza dall’estratto, al fine di far valere subito la nullità della notifica. Ciò fu considerato necessario per garantire il diritto di difesa, evitando che l’Agente potesse tenere “nascosto” un debito per anni e poi agire all’improvviso.

Tuttavia, il legislatore è intervenuto con il D.L. 146/2021 (conv. in L. 215/2021) aggiungendo il comma 4-bis all’art. 12 DPR 602/73, che stabilisce espressamente che “l’estratto di ruolo non è impugnabile” e che il ruolo e la cartella invalidamente notificata sono impugnabili solo in taluni casi tassativi. Questi casi sono: quando dall’iscrizione a ruolo deriva un pregiudizio diretto per il contribuente in termini, ad esempio, di partecipazione a gare di appalto, riscossione di crediti verso PA, o perdita di un beneficio pubblico. Fu un giro di vite contro l’impugnazione “facilitata” delle cartelle via estratto. Le Sezioni Unite della Cassazione nel 2022 (sent. n. 26283/2022) hanno confermato la legittimità di questa norma, sottolineando che l’estratto di ruolo è solo un documento informativo interno e non un atto impugnabile. Attenzione: ciò non significa che il contribuente sia privo di tutela se una cartella non gli è stata notificata: significa che deve attendere o sollecitare un vero atto impugnabile. La stessa norma infatti suggerisce che gli atti intestati al defunto (nel caso di successione) o non notificati possano essere impugnati unitamente al successivo atto notificato oppure subito se c’è quel pregiudizio (appalto, ecc.). In pratica, la tutela c’è ma con diverse modalità.

Esempio: Tizio scopre da estratto di ruolo nel 2025 di avere una cartella del 2018 mai notificata. Oggi, dopo la riforma, Tizio non può impugnare solo l’estratto di ruolo. Dovrà o chiedere copia della cartella ad AdER e poi impugnarla (se entro 60 giorni dalla conoscenza, secondo alcuni) oppure aspettare che arrivi un’intimazione di pagamento o un pignoramento e impugnare quello, eccependo la nullità della notifica della cartella. In alternativa, se Tizio deve partecipare a una gara d’appalto e quel debito a ruolo glielo impedisce, allora può impugnare subito il ruolo/cartella dimostrando il pregiudizio “da appalto”.

In sintesi, il quadro attuale è: l’estratto di ruolo come tale non legittima un ricorso, ma il contribuente ha diritto a ottenere copia degli atti e, se li reputa nulli per notifica, far valere la nullità contestando il primo atto che riceve o nei casi speciali ammessi.

Domande frequenti sulla contestazione dei debiti (FAQ)

  • D: Posso fare ricorso contro una cartella anche se sono trascorsi più di 60 giorni dalla notifica?
    R: In linea generale no, oltre 60 giorni la cartella diventa definitiva. Tuttavia, puoi far valere eventuali vizi in sede di impugnazione del successivo atto (es. intimazione) per eccepire ad esempio prescrizione sopravvenuta o vizio di notifica della cartella. Inoltre, se non hai mai saputo della cartella perché mai notificata, la potrai contestare quando ne avrai conoscenza tramite un atto successivo, eccependo la nullità della notifica.
  • D: Ho ricevuto una cartella, ma ritengo di aver pagato tutto il dovuto in precedenza. Devo fare ricorso?
    R: Prima di ricorrere, è consigliabile presentare un’istanza di sospensione in autotutela ad AdER allegando la prova del pagamento effettuato. AdER girerà la pratica all’ente creditore e, se confermano il pagamento, annulleranno la cartella (sgravio) senza necessità di giudice. Il ricorso giudiziario resta un’opzione residuale se l’ente non riconosce l’errore.
  • D: Ho un debito molto vecchio (oltre 10 anni) mai sollecitato: è vero che è “prescritto” e non devo pagarlo?
    R: È possibile, ma va verificato. Molti debiti fiscali si prescrivono in 5 anni (ad es. bollo auto, IMU) o 10 anni (IRPEF) dal momento in cui la cartella è notificata. Se dopo l’ultima notifica sono passati più anni del termine e nessun atto interruttivo ti è stato notificato, puoi eccepire la prescrizione. Attenzione però: devi farlo in sede opportuna (ricorso se ti notificano un intimazione o pignoramento). La prescrizione non opera automaticamente: devi sollevarla formalmente. Inoltre accertati che davvero non vi siano stati atti (a volte vengono notificati per compiuta giacenza e il contribuente non ne è a conoscenza immediata).
  • D: Ho aderito alla rottamazione-quater, posso comunque fare ricorso contro la cartella?
    R: No, l’adesione alla definizione agevolata comporta rinuncia al contenzioso. Se hai già un ricorso pendente, dovrai rinunciarvi (o comunque, il giudizio verrà chiuso dopo il pagamento). Se pensi di fare ricorso, non aderire alla rottamazione su quel debito: le due strade sono alternative. Tieni presente però che la rottamazione non ammette selezione delle motivazioni – se ritieni di non dover nulla, è più coerente fare ricorso; se invece il debito è dovuto ma vuoi solo lo sconto di sanzioni/interessi, la rottamazione è opportuna.
  • D: Cosa succede se AdER notifica una cartella a una persona deceduta?
    R: La cartella intestata a un defunto, notificata dopo la morte, non è valida se non indirizzata correttamente agli eredi. Entro il primo anno dal decesso, l’ufficio può notificare “impersonalmente e collettivamente” agli eredi presso l’ultimo domicilio del defunto, ma dopo un anno deve notificare personalmente a ciascun erede presso la sua residenza. In ogni caso, la notifica fatta direttamente a un singolo erede (anche se l’ufficio non ha fatto prima quella impersonale) è stata ritenuta valida dalla Cassazione, purché la cartella sia a nome dell’erede in qualità di erede. Se ricevi atti intestati a un tuo parente deceduto, puoi contestarne la nullità perché avrebbero dovuto rivolgerli a te come erede (caso molto frequente: cartella intestata a “XYZ (defunto)” inviata anni dopo – in tal caso è nulla e va impugnata per farla annullare).
  • D: L’Agenzia Entrate Riscossione mi ha pignorato il conto senza mai notificarmi la cartella: come posso difendermi?
    R: In tal caso puoi proporre un’opposizione all’esecuzione davanti al Tribunale (art. 615 c.p.c.), eccependo la mancata notifica del titolo. Il giudice valuterà se effettivamente la cartella non fu notificata regolarmente; se confermato, il pignoramento verrà dichiarato improcedibile. Tieni presente che la Cassazione considera questa contestazione (mancata notifica cartella) come rientrante comunque nell’alveo tributario, ma ormai essendo in sede esecutiva, l’opposizione ex 615 è il mezzo corretto. In futuro, AdER dovrà notificarti la cartella per poter riprendere l’azione.
  • D: Una cartella può essere annullata per vizi formali (es. firma mancante, notifica via PEC non conforme)?
    R: Dipende. Molti vizi formali, se non ledono i diritti di difesa, vengono considerati meri errori e non comportano l’annullamento. Ad esempio, la Cassazione ha stabilito che una cartella di pagamento priva di firma digitale (CAdES/PAdES) ma proveniente da casella PEC dell’Agente e con riferimenti chiari all’ente emittente non è nulla. In sostanza se il documento è genuino e riconducibile all’ente, non verrà annullato per la sola mancanza di firma. Diverso sarebbe se mancassero elementi essenziali (es. la cartella senza l’indicazione del ruolo o dell’importo). In generale, i giudici tributari tendono a sanzionare vizi che impediscono la comprensione o il corretto esercizio della difesa; le irregolarità formali che non pregiudicano il contribuente spesso vengono sanate.

Casi particolari e tematiche avanzate

In questa ultima parte affronteremo alcune situazioni particolari riguardanti i debiti fiscali dal punto di vista del debitore, che richiedono un approfondimento specifico: debiti di contribuenti deceduti (responsabilità degli eredi), debiti in situazioni di procedure concorsuali o fallimento, nonché questioni relative a prescrizione e decadenza delle pretese fiscali che possono giovare al debitore.

Debiti del contribuente deceduto: eredi e successione

Quando un contribuente con debiti fiscali o cartelle muore, quei debiti non si estinguono automaticamente (fatta eccezione per le sanzioni, come vedremo a breve). Essi divengono debiti della sua eredità e ricadono sugli eredi in caso di accettazione dell’eredità. Secondo l’art. 65 DPR 600/1973, gli eredi rispondono in solido delle obbligazioni tributarie del defunto già esistenti prima della morte, ciascuno in proporzione alla propria quota ereditaria (salvo diversi accordi interni).

Notifica degli atti agli eredi: La norma appena citata (art.65) prevede che gli eredi comunichino all’Amministrazione finanziaria il proprio domicilio fiscale entro 3 mesi dalla morte. In mancanza di ciò, il quarto comma consente all’Ufficio di notificare gli atti intestati al de cuius “impersonalmente e collettivamente” agli eredi presso l’ultimo domicilio del defunto (efficace per gli eredi che non abbiano fatto la comunicazione 30 giorni prima almeno). Questa modalità – affissione di avviso nella casa del defunto, indicando che c’è un atto per gli eredi – è una facoltà data al Fisco per semplificare nel periodo immediatamente successivo al decesso. Tuttavia, la Cassazione ha chiarito che la notifica diretta ad uno degli eredi, anche senza aver eseguito prima quella impersonale, è da ritenersi valida. Dunque, se l’ufficio conosce un erede, può notificare l’atto a quell’erede nominativamente, e ciò è sufficiente (come da Cass. ord. 12964/2024).

In pratica, trascorso un anno circa dal decesso, qualunque notifica di cartella deve essere fatta nominando gli eredi e inviandola ai loro indirizzi personali. Una cartella intestata al defunto e notificata anni dopo all’ultimo indirizzo del defunto è nulla (come riconosciuto da molte pronunce di merito e di legittimità). In caso di vizi, gli eredi potranno impugnare la cartella per nullità della notifica.

Sanzioni tributarie non trasmissibili: Un principio fondamentale del diritto tributario successorio è che le sanzioni amministrative tributarie non si trasmettono agli eredi. Ciò è sancito dall’art. 8 D.Lgs. 472/1997: “L’obbligazione al pagamento della sanzione non si trasmette agli eredi”. La ratio è che la sanzione ha natura personale e afflittiva, punendo una condotta del trasgressore; con la sua morte, viene meno la persona da punire, e non sarebbe giusto punire gli eredi che non hanno colpa. La Cassazione ha di recente ribadito questo principio con l’ordinanza n. 8684/2025, confermando che le sanzioni per violazioni fiscali commesse dal de cuius non possono gravare sui successori. In concreto: se una cartella include imposte, interessi e sanzioni del defunto, gli eredi dovranno pagare solo imposte e interessi, mentre la parte sanzionatoria deve essere eliminata. AdER in genere procede d’ufficio a sgravare le sanzioni quando la notifica è rivolta agli eredi, ma l’erede deve prestare attenzione e, se necessario, contestare la richiesta di sanzioni. Questo vale per tutte le sanzioni amministrative (non solo tributarie, anche ad es. multe stradali del defunto non passano agli eredi).

Accettazione dell’eredità: L’erede che accetta pura e semplice eredita attivi e passivi illimitatamente. Chi invece accetta con beneficio d’inventario separa il patrimonio del defunto dal proprio: pagherà i debiti ereditari nei limiti dell’attivo ereditario. Se l’eredità viene rifiutata, l’erede non risponde affatto dei debiti (si apre la possibilità di accettazione da parte di altri chiamati, o devoluzione allo Stato). Dunque, se un contribuente lascia debiti molto superiori ai beni, i chiamati all’eredità valuteranno se rinunciare per non farsene carico.

Procedura in caso di decesso: È importante sapere che se il defunto aveva una rateizzazione in corso, gli eredi possono chiedere la continuazione della dilazione a loro nome, evitando la decadenza. Allo stesso modo, per rottamazioni o definizioni agevolate, l’erede subentra nei benefici se continua i pagamenti. È opportuno comunicare il decesso all’AdER e fornire i dati degli eredi per la regolarizzazione delle posizioni.

Conclusione: Dal punto di vista dell’erede-debitore, occorre:

  • Verificare tramite AdER i debiti del de cuius (si può richiedere un estratto di ruolo intestato al codice fiscale del defunto, mostrando certificato di morte e qualità di erede).
  • Valutare se accettare o no l’eredità in base alla sostenibilità dei debiti.
  • In caso di accettazione, comunicare al Fisco i propri dati (per corrette notifiche) e gestire i debiti eventualmente con richieste di rateazione o definizioni agevolate.
  • Non pagare eventuali sanzioni incluse: chiederne lo sgravio richiamando l’art. 8 D.Lgs.472/97.
  • Se arrivano atti intestati al defunto nonostante il tempo trascorso, impugnarli per nullità.

Prescrizione e decadenza dei debiti tributari a favore del debitore

Abbiamo toccato il tema della prescrizione in precedenza nelle tipologie di debito, ma merita un focus finale in ottica “difensiva”. La prescrizione è l’istituto giuridico per cui un diritto si estingue se il titolare non lo esercita entro un certo tempo. Per il debitore, eccepire la prescrizione significa far valere che il Fisco ha tardato troppo a riscuotere e ha perso il diritto di pretendere il pagamento.

Termini applicabili: Come visto, vi è una distinzione:

  • Tributi erariali: 10 anni dal titolo esecutivo, salvo eccezioni.
  • Tributi locali, contributi, sanzioni: 5 anni di norma.
  • Atti prefinali come avvisi di accertamento hanno termini di decadenza per essere emessi (es. avviso 2017 per redditi 2013, ecc.), ma una volta emessi e divenuti definitivi diventano ruoli con prescrizione come sopra.

Decadenza vs Prescrizione: Nel linguaggio fiscale spesso si confondono. La decadenza è il termine entro cui l’ente deve compiere un atto (es. notificare un accertamento o una cartella). Se non lo fa in tempo, perde potere di emetterlo. La prescrizione riguarda invece il diritto di riscuotere importi accertati e decorre generalmente dall’atto definitivo. Per il debitore che si difende:

  • Se riceve un avviso oltre i termini (decadenza), impugnerà l’atto stesso per tardività.
  • Se riceve un’intimazione su cartella prescritta, eccepirà la prescrizione come visto.

Interruzione dei termini: Va ricordato che ogni atto notificato di messa in mora o esecutivo interrompe la prescrizione, che ricomincia da capo. Ad esempio, se IRPEF prescritta 10 anni: cartella 2012 -> prescrizione al 2022; se nel 2018 AdER notifica un sollecito, il termine riparte dal 2018 al 2028, e così via. Anche una richiesta di rateazione da parte del debitore interrompe la prescrizione (riconosce il debito).

Eccezione in giudizio: La prescrizione non è rilevata d’ufficio dal giudice, va sollevata dal debitore. Quindi se non la eccepisci, il giudice non la applica. Dunque è cruciale che il contribuente, in un ricorso, deduca “il credito è prescritto” supportandolo con date e riferimenti (es. “cartella notificata il 1/1/2010, nessun atto fino a intimazione del 2020: oltre 5 anni per tributo locale -> prescritto”). La Cassazione ha ribadito che l’eccezione di prescrizione attiene al merito e spetta al giudice tributario valutarla.

Prescrizioni “eccezionali”: Nel 2020, con il DL 34/2020, per via del Covid, c’è stata una sospensione straordinaria dei termini di prescrizione e decadenza della riscossione per circa 8 mesi (art. 157 DL 34/2020): in pratica il 2020 non ha contato ai fini del computo. Questo può dilatare di un anno i termini per taluni calcoli.

In sintesi per il debitore: Verifica sempre le date degli atti:

  • Se ti notificano oggi (2025) una cartella per IRPEF 2012, quell’IRPEF doveva essere accertata entro il 31/12/2017 (decadenza, verificare se c’è stato atto nel 2017). Se non c’era nulla, la cartella è illegittima per decadenza e va impugnata.
  • Se ti notificano un intimazione oggi per cartella 2010, verifica se tra 2010 e 2025 hai ricevuto atti; se no, probabilmente è prescritta (5 o 10 anni a seconda).
  • Fai valere la prescrizione come motivo principale nel ricorso o opposizione.

Soggetti in fallimento o procedure concorsuali

Quando il debitore è un soggetto fallito (impresa o imprenditore in liquidazione giudiziale secondo il nuovo Codice della Crisi), la gestione dei suoi debiti fiscali segue regole particolari. In generale, all’apertura di una procedura concorsuale (fallimento ante 2022, liquidazione giudiziale post riforma) tutti i creditori devono insinuarsi al passivo e le azioni individuali sono bloccate (art. 51 L.F. e ora art. 150 CCII). Quindi l’Agenzia Entrate-Riscossione sospende i pignoramenti e presenta domanda di insinuazione al passivo per i crediti dell’Erario. I debiti tributari in fallimento vengono classificati come privilegiati (per imposte, ritenute) o chirografari (per sanzioni, interessi ecc.) secondo la legge (es. art. 2752 c.c.).

Dal punto di vista del debitore fallito:

  • Se è un’impresa, potrà eventualmente proporre un concordato preventivo o un accordo di ristrutturazione. In tal sede, grazie alla transazione fiscale (art. 63 Codice Crisi, ex art. 182-ter L.F.), potrà offrire un pagamento parziale delle imposte e contributi dovuti nell’ambito del piano. L’Amministrazione finanziaria valuterà la proposta e potrà accettarla se ritiene di incassare di più che nella liquidazione. Con le modifiche recenti (D.Lgs. 83/2022 e D.Lgs. 136/2024), la transazione fiscale è stata rafforzata: ora è possibile anche una sorta di cram-down fiscale, cioè l’omologazione forzosa del concordato/accordo anche senza il voto favorevole del Fisco, purché il trattamento offerto sia “conveniente” e non deteriore rispetto alla liquidazione.
  • Per il debitore persona fisica fallito, esiste l’istituto dell’esdebitazione a fine procedura: significa che dopo la chiusura del fallimento, se il soggetto non ha pagato interamente i debiti, può ottenere la cancellazione delle passività residue (tranne alcune eccezioni). Con la riforma del 2022, anche i debiti tributari possono rientrare nell’esdebitazione (prima c’era incertezza per debiti verso Erario). Dunque un ex-fallito onesto può essere liberato anche dai debiti fiscali rimasti insoddisfatti.
  • Per i consumatori sovraindebitati (non fallibili), il nuovo Codice della Crisi prevede procedure come il piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore e la liquidazione controllata. Anche qui i debiti fiscali entrano nel perimetro e possono essere falcidiati. Addirittura dal settembre 2024, grazie al correttivo D.Lgs. 136/2024, è possibile proporre una transazione fiscale nell’ambito della composizione negoziata della crisi d’impresa, cosa prima non ammessa: quindi un imprenditore in composizione negoziata può già trattare col Fisco uno stralcio dei debiti senza attendere il concordato.

Caso particolare – azienda fallita con debiti fiscali: Supponiamo una SRL fallita con €500.000 di debiti fiscali. Lo Stato si insinua per l’intero importo, ma dalla liquidazione si ricava poco e le percentuali di soddisfacimento sono basse. Se i soci o un investitore propongono un concordato fallimentare, potrebbero offrire di pagare (ad es.) il 20% di quei debiti fiscali. Grazie alla transazione fiscale, l’Agenzia Entrate può accettare (vincolando anche l’INPS per i contributi) se ritiene la proposta migliore dell’alternativa. Una volta omologato il concordato, il debito fiscale si riduce al 20% concordato ed il resto è stralciato. Questo è un saldo e stralcio giudiziale in pratica.

Tributi locali in procedure concorsuali: Nota: la transazione fiscale codicistica riguarda i tributi erariali e contributi previdenziali; i tributi locali formalmente non sono inclusi (il correttivo 2024 non li ha inseriti). Quindi per tagliare debiti verso Comuni o Regioni serve il loro accordo extra-transazione o li si paga interamente nella misura privilegiata.

Conclusione per il debitore in crisi: le leggi offrono strumenti per negoziare i debiti fiscali in situazioni di insolvenza, che possono portare a pagare solo una parte e liberarsi del resto (concordati, piani del consumatore, esdebitazioni). È però materia altamente specialistica, che richiede l’intervento di professionisti e il vaglio del tribunale. Dal punto di vista del debitore, sapere che esiste la transazione fiscale lo aiuta a capire che anche col Fisco “ci si può accordare” in extremis, specie se l’alternativa è il fallimento con esito peggiore per tutti.


Fonti

  • Agenzia Entrate-Riscossione – Guida “I servizi di AdeR a portata di click”, luglio 2024 – (contenuti descrittivi dei servizi online: verifica situazione, rateazione, sospensione)
  • D.Lgs. 29 luglio 2024 n.110, art. 13 (modifica DPR 602/73 art.19) – (riforma delle rateizzazioni fiscali 2025)
  • Agenzia Entrate-Riscossione – FAQ e modulistica rateizzazione (agg. 2025) – (note sulla preclusione nuove dilazioni per piani post 16/7/22 decaduti)
  • Agenzia Entrate – Circolare su sospensione art.1 c.537 L.228/2012 – (disciplina istanza autotutela sospensiva)
  • Corte di Cassazione – Sez. Unite civ. – Ordinanza 18/10/2022 n.30666 – (giurisdizione tributaria su eccezione di prescrizione dopo cartella)
  • Corte di Cassazione – Sez. Unite trib. – Sentenza 30/01/2025 n.2098 – (conflitto giurisdizione, conferma giurisd. tributi su prescrizione crediti tributari)
  • Corte di Cassazione – Sez. V trib. – Ordinanza 15/06/2023 n.17234 – (principi su prescrizione: 10 anni imposte erariali, 5 anni sanzioni se no giudicato, eccezioni per tributi locali)
  • Normativa di riferimento: DPR 602/1973 (riscossione coattiva, art.19 rateazione, art.12 estratto ruolo), DPR 600/1973 (art.65 obblighi eredi), D.Lgs. 546/1992 (processo tributario), Codice Civile (art.2946-2948 prescrizioni, art.2953 giudicato), L. 228/2012 (sospensione su istanza), L. 145/2018 (Saldo-stralcio 2019), L. 197/2022 (rottamazione-quater, stralcio mini-debiti), D.Lgs. 14/2019 e correttivi 2020-2024 (Codice crisi d’impresa, transazione fiscale), D.Lgs. 472/1997 art.8 (sanzioni non trasmesse).

Hai debiti con l’Agenzia delle Entrate? Fatti Aiutare da Studio Monardo

Hai ricevuto una cartella esattoriale, una raccomandata o un avviso bonario e non sai a quanto ammonta il tuo debito?
Oppure vuoi semplicemente sapere se hai posizioni aperte con il Fisco, prima che partano pignoramenti, fermi o altri atti?
Controllare i propri debiti con l’Agenzia delle Entrate è possibile e, soprattutto, fondamentale per evitare sorprese e difenderti per tempo.


Dove vedere i debiti con l’Agenzia delle Entrate?

Puoi accedere al dettaglio delle tue posizioni debitorie in due modi:

🖥️ 1. Area riservata del sito Agenzia delle Entrate – Riscossione

Accedi con SPID, CIE o CNS all’indirizzo ufficiale. All’interno troverai:

  • 🧾 L’elenco delle cartelle esattoriali emesse
  • 📄 I debiti rateizzati o scaduti
  • ⏳ Lo stato delle procedure in corso (es. fermi, pignoramenti, sospensioni)

📲 2. App Equiclick (per dispositivi mobili)

Se preferisci lo smartphone, puoi consultare l’estratto debitorio con l’app gratuita Equiclick, sempre tramite SPID o CIE.


Cosa controllare esattamente?

Una volta entrato, verifica:

  • L’importo totale dovuto
  • La data di notifica delle cartelle
  • Gli interessi e le sanzioni applicate
  • Se ci sono rateizzazioni attive o decadute
  • Se esistono misure cautelari o esecutive già avviate (es. fermo auto, pignoramenti)

E se i dati non tornano?

Non è raro trovare errori nei conteggi, cartelle mai notificate correttamente o debiti prescritti ancora indicati. In questi casi puoi:

  • ✍️ Richiedere un riesame o annullamento parziale
  • ⚖️ Presentare un ricorso o un’istanza di sospensione
  • 🛡️ Attivare una difesa legale immediata per evitare azioni esecutive

🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo

📂 Verifica la correttezza dei tuoi debiti iscritti a ruolo
📝 Ti assiste nel chiedere la sospensione, annullamento o sgravio di cartelle
⚖️ Ti difende da fermi amministrativi, ipoteche o pignoramenti
🔁 Ti guida in un piano di rateizzazione o nella gestione della crisi debitoria
💼 Ti rappresenta davanti alla Commissione Tributaria per l’opposizione


🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

✔️ Esperto in contenzioso tributario e debiti con il Fisco
✔️ Gestore della crisi iscritto al Ministero della Giustizia
✔️ Difensore di persone fisiche, imprenditori e professionisti in difficoltà fiscale


Conclusione

Conoscere i propri debiti fiscali è il primo passo per difendersi.
Se hai posizioni aperte con l’Agenzia delle Entrate, agisci subito: ogni giorno di attesa può portare a un blocco del conto, un fermo dell’auto o un pignoramento.

📞 Richiedi ora una consulenza riservata con l’Avvocato Giuseppe Monardo: la tua difesa inizia da un controllo completo e professionale della tua posizione fiscale.

Leggi con attenzione: se in questo momento ti trovi in difficoltà con il Fisco ed hai la necessità di una veloce valutazione sulle tue cartelle esattoriali e sui debiti, non esitare a contattarci. Ti aiuteremo subito. Scrivici ora. Ti ricontattiamo immediatamente con un messaggio e ti aiutiamo subito.

Informazioni importanti: Studio Monardo e avvocaticartellesattoriali.com operano su tutto il territorio italiano attraverso due modalità.

  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista personale degli Autori, basato sulla loro esperienza professionale. Non devono essere intese come consulenza tecnica o legale. Per approfondimenti specifici o ulteriori dettagli, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si ricorda che l’articolo fa riferimento al quadro normativo vigente al momento della sua redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono subire modifiche nel tempo. Decliniamo ogni responsabilità per un uso improprio delle informazioni contenute in queste pagine.
Si invita a leggere attentamente il disclaimer del sito.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Torna in alto

Abbiamo Notato Che Stai Leggendo L’Articolo. Desideri Una Prima Consulenza Gratuita A Riguardo? Clicca Qui e Prenotala Subito!