Canoni Del Leasing Non Pagati: Cosa Fare

Hai firmato un contratto di leasing ma ora non riesci più a pagare i canoni mensili? La società di leasing ti ha inviato solleciti o ha già minacciato la risoluzione del contratto e la richiesta di saldo immediato? Se sei in difficoltà, sappi che ci sono soluzioni legali per difenderti e salvare il tuo patrimonio, anche in presenza di canoni non pagati.

Cosa succede se non paghi i canoni di leasing?
– La società può risolvere il contratto dopo due canoni non pagati
– Ti può chiedere la restituzione del bene (auto, attrezzatura, macchinario, immobile)
– Può pretendere il pagamento dell’intero debito residuo, anche se non hai più il bene
– Potresti subire un’azione legale con decreto ingiuntivo e successivo pignoramento
– Se sei un garante, può agire anche contro il tuo patrimonio personale

Quali sono i tuoi diritti?
– Verificare se il contratto contiene clausole abusive o nulle
– Contestare l’importo richiesto, soprattutto se non proporzionato al bene già restituito
– Opporsi a interessi e penali eccessive
– Richiedere una rinegoziazione delle condizioni in caso di difficoltà temporanea
– Usare gli strumenti della crisi d’impresa o del sovraindebitamento per bloccare le azioni legali

Cosa puoi fare legalmente?
– Se sei un imprenditore, puoi accedere alla composizione negoziata della crisi, anche con debiti da leasing
– Se sei un consumatore, libero professionista o ditta individuale, puoi avviare una procedura di sovraindebitamento
– Se il contratto è viziato, puoi contestarlo con perizia tecnica e azione legale
– Puoi ottenere una riduzione del debito o un saldo e stralcio, anche dopo la risoluzione
– In alcuni casi, puoi ottenere la restituzione di quanto già versato se il leasing è stato squilibrato o illegittimo

Perché è importante agire subito?
– Perché appena il contratto viene risolto, scatta il diritto della società a richiederti tutto e subito
– Perché il tempo gioca a favore del creditore, che può iscrivere ipoteche, pignorare conti o redditi
– Perché agendo in tempo puoi trovare una soluzione sostenibile e tutelata

Cosa NON devi fare mai?
– Ignorare le lettere o gli avvisi della società di leasing
– Sottoscrivere piani di rientro insostenibili solo per guadagnare tempo
– Vendere il bene in leasing senza autorizzazione: è un reato
– Sperare che la situazione si risolva da sola: accadrà il contrario

Anche con canoni non pagati, puoi difenderti e trovare una via d’uscita legale e sostenibile.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto bancario, leasing e procedure di crisi – ti spiega cosa fare se non riesci più a pagare il leasing, come bloccare le azioni legali e quali strumenti usare per ristrutturare o chiudere il debito.

Hai ricevuto una richiesta di saldo dal leasing e non sai come reagire?

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Introduzione

Il contratto di leasing finanziario è un accordo trilaterale in cui una banca o società di leasing acquista un bene scelto dall’utilizzatore (conduttore) e lo concede in godimento a quest’ultimo dietro pagamento di canoni periodici, assumendo il conduttore tutti i rischi (anche di perdita o danneggiamento) e riconoscendogli al termine un’opzione di riscatto a un prezzo prestabilito. La legge 4/8/2017 n.124 (art.1, commi 136-140) ha ora fornito una disciplina organica del leasing finanziario, definendolo espressamente come “contratto con cui una banca o intermediario finanziario iscritto all’albo ex art.106 TUB acquista (o fa costruire) un bene, su scelta e indicazione dell’utilizzatore, mettendolo a disposizione di quest’ultimo per un tempo determinato verso un canone, assumendo l’utilizzatore tutti i rischi anche di perimento del bene, e riconoscendogli alla scadenza il diritto di acquistare la proprietà a un prezzo prestabilito, ovvero l’obbligo di restituirlo se non esercita tale diritto”.

Dal punto di vista pratico, esistono varie modalità di leasing:

  • Leasing finanziario (traslativo): finalizzato all’acquisto finale del bene, tipico per automezzi, macchinari, immobili strumentali. L’utilizzatore intende di norma esercitare l’opzione finale di acquisto.
  • Leasing operativo: offerto spesso dal produttore del bene, assomiglia al noleggio; l’utilizzatore paga un canone per l’uso (incluso spesso servizi accessori) ma normalmente non ha opzione di acquisto a un prezzo simbolico, potendo restituire o rinnovare il contratto.
  • Leasing immobiliare: applicato a immobili (commerciali o residenziali). In particolare, il “leasing prima casa” è disciplina speciale introdotta dalla legge n.208/2015, che in caso di perdita involontaria del lavoro consente la sospensione fino a 12 mesi dei pagamenti dei canoni.
  • Sale-and-leaseback: operazione in cui un’impresa vende un proprio bene a una società di leasing e contestualmente lo riprende in leasing. Pur legalmente lecita (Cass. 1625/2015), in caso di inadempimento l’impresa rischia di perdere definitivamente il bene e restare comunque esposta al pagamento delle somme dovute. Infatti la Cassazione ha chiarito che tali contratti legittimamente includono un “patto marciano”, secondo il quale, in caso di inadempimento, il bene viene stimato a valori di mercato e, se il ricavato supera il credito del concedente, il surplus viene restituito al cedente («il debitore perderà … la proprietà del suo bene per un prezzo giusto … perché il surplus gli sarà restituito»).

Queste distinzioni sono rilevanti perché, prima della riforma del 2017, la giurisprudenza applicava regole analogiche diverse in caso di risoluzione anticipata: nel leasing di godimento si richiamava l’art.1458 c.c. (risoluzione senza effetto retroattivo sui canoni già pagati), mentre nel leasing traslativo si faceva analogia con la vendita con riserva di proprietà (art.1526 c.c.), restituendo le rate versate ma trattenendo un indennizzo per l’uso e l’eventuale penale (riducibile dal giudice se eccessiva). Con la legge 124/2017 questi due modelli sono stati superati: si applica ora un regime unitario (c.d. patto marciano di legge), valido per i contratti il cui inadempimento scatta dopo il 29/8/2017. Per i contratti conclusi o risolti prima di quella data restano vigenti le regole previgenti di “godimento” vs “traslativo” (comprese le analogie con art.1458 e 1526 c.c.). Notazioni generali: la Cassazione (Cass. 4367/1997) ha inoltre precisato che il concedente in un leasing è esonerato da responsabilità sui vizi del bene (l’utilizzatore lo sceglie direttamente dal fornitore), mentre il conduttore deve custodirlo e restituirlo (o riscattarlo) allo stato ricevuto.

Soglie di inadempimento e clausola risolutiva

La risoluzione del contratto di leasing per mancato pagamento scatta in base alle clausole contrattuali e alle norme di legge. Se il contratto contiene una clausola risolutiva espressa (ex art. 1456 c.c.) relativa al mancato pagamento dei canoni, l’avverarsi del relativo presupposto (p.es. la “morosità” per un certo numero di rate) determina ipso iure la risoluzione del contratto. In assenza di clausola risolutiva, il mancato pagamento può comunque integrare inadempimento tale da giustificare la risoluzione giudiziale (ex art.1453 c.c.), quando il ritardo sia grave. La legge 124/2017 ha però stabilito soglie minime di “grave inadempimento”: oggi è illegittimo risolvere per un unico canone mancato quando la legge richiede di più. In particolare, l’art.1 c.137 L.124/2017 fissa per il leasing di beni mobili (macchine, veicoli, attrezzature, etc.) il mancato pagamento di 4 mensilità non necessariamente consecutive come causa automatica di risoluzione; per il leasing immobiliare la soglia è di 6 mensilità oppure 2 mensilità trimestrali mancanti. I contratti possono prevedere limiti più favorevoli per l’utilizzatore (p.es. 8 rate non pagate) ma non inferiori ai minimi di legge. In pratica, spesso dopo la seconda morosità il leasing invia solleciti e l’interesse di mora; al 3°-4° canone mancato (4 per beni mobili) scatta l’intimazione di pagamento (diffida ad adempiere); superata la soglia di grave inadempimento il contratto può essere risolto.

Tabella 1 – Soglie di grave inadempimento (art.1 c.137 L.124/2017)

  • Leasing immobiliare: ≥6 canoni mensili (o ≥2 mensilità trimestrali) non pagati.
  • Leasing beni mobili: ≥4 canoni mensili non pagati.

Effetti della risoluzione per mancato pagamento

Quando scatta la risoluzione anticipata del leasing per morosità (sia automatica sia giudiziale), il contratto si estingue. Il bene deve essere restituito dal conduttore al concedente e quest’ultimo può procedere alla vendita del bene stesso. Ai sensi della riforma 2017, dal momento della risoluzione l’utilizzatore perde il diritto di godimento del bene e non acquista più la proprietà, ma resta obbligato nei confronti del concedente al pagamento delle somme dovute. Tali somme comprendono infatti non solo i canoni scaduti ancora insoluti, ma anche l’eventuale saldo dell’obbligazione originaria (p.es. le rimanenti mensilità “attualizzate” come penale). Tuttavia – secondo le regole “patto marciano” – dal totale complessivo di ciò che l’utilizzatore deve al concedente si detrarrà il valore del bene così come ottenuto dalla vendita o, se il bene non è venduto immediatamente, il suo valore di mercato al momento della riconsegna.

  • Canoni già versati: in generale, i canoni già pagati durante il contratto restano acquisiti dal concedente a titolo di corrispettivo per l’uso goduto. L’utilizzatore non ha diritto di indietro alle rate versate, salvo che dalla vendita emerga un surplus. Ad esempio, se l’utilizzatore ha già pagato gran parte dei canoni e mancava poco al riscatto, e la vendita del bene realizza una somma superiore alle somme dovute, l’eventuale eccedenza viene restituita all’utilizzatore (surplus). Nella prassi post-2017, tuttavia, di solito non si restituiscono né il bene né le rate pagate, poiché si applica il meccanismo per cui il concedente trattiene di norma l’intero importo del canone come indennizzo. Prima della riforma 2017, in un leasing traslativo i giudici potevano ordinare la restituzione delle rate pagate al netto di un compenso per l’uso e della penale, ma nella realtà ciò era gestito trattenendo i canoni come corrispettivo e restituendo l’eccedenza solo se la vendita produceva più del debito residuo.
  • Canoni scaduti non pagati: sono dovuti e rientrano nel credito del concedente al momento della risoluzione. In pratica, oltre a essere causa di risoluzione, le rate non saldate fino a quel momento sono interamente a carico dell’utilizzatore (e possono essere oggetto di ingiunzione di pagamento).
  • Canoni futuri: il contratto risolto non genera più canoni futuri. Tuttavia, di norma il concedente può esigere, a titolo di penale, il “valore attualizzato” delle mensilità residue (cioè il totale del credito residuo). In formula contrattuale questo equivale spesso al previsto saldo finale. L’importo così calcolato costituisce una penale, che il concedente imputerebbe come credito residuo; ma anche questa somma viene poi ridotta dell’ammontare ricavato dalla vendita del bene. In sostanza, l’utilizzatore deve pagare la differenza tra debito residuo e ricavato: se il bene copre interamente il debito, non dovrà più nulla; se vale meno, pagherà la differenza; se vale di più, otterrà il surplus. In termini contrattuali si parla spesso di “penale” ridotta mediante il valore di realizzo (patto di deduzione). Ad esempio: restituendo anticipatamente il bene, il leasing calcola l’ammontare del debito residuo (capitale scontato) più eventuali rate scadute; poi detrae il valore di mercato/ricavato del bene. Se il debito residuo è 5.000€ e il bene viene venduto a 3.000€, il conduttore pagherà solo 2.000€.
  • Valore del bene: secondo la legge 124/2017, la vendita del bene riacquisito deve avvenire in modo trasparente e tempestivo, mediante procedure concorsuali (es. asta pubblica) o perizia di mercato. Se la vendita avviene a un prezzo «vile» (troppo basso), il concedente rimane responsabile nei confronti dell’utilizzatore: questi potrà ottenere il risarcimento del danno per vendita negligente ex art.1227 c.c., a tutela dell’equità e per evitare arricchimenti indebiti. Ciò significa che, se il leasing vende il bene a un prezzo molto inferiore al valore di mercato senza adeguata motivazione (per esempio a una parte correlata), il conduttore può chiedere una compensazione del danno subìto.

In sintesi, al termine dell’operazione il concedente avrà trattenuto il valore ottenuto dalla vendita del bene e un compenso ragionevole per l’uso pregresso; l’utilizzatore perderà il bene ma otterrà eventuali eccedenze oltre al suo debito.

Clausola penale e poteri del giudice

Molti contratti di leasing prevedono espressamente clausole penali o di “trattenimento” che stabiliscono cosa accade in caso di inadempimento grave. Ad esempio, il patto di deduzione (c.d. patto marciano contrattuale) fa sì che, cessato il rapporto, il concedente tratti­enga i canoni residui come penale fino a coprire il credito. La Corte di Cassazione ha confermato che in sede di risoluzione tali clausole contrattuali devono essere riesaminate dal giudice ai sensi dell’art.1384 c.c.: se appaiono “manifestamente eccessive” rispetto all’equilibrio contrattuale, il giudice può ridurle. In particolare, la Cass. n.10249/2022 (Sez. I) ha stabilito che, in caso di clausola che consente al concedente di trattenere tutte le rate già pagate (c.d. “clausola di confisca”), il giudice può d’ufficio ridurne l’importo rivalutando equamente i contrapposti vantaggi: ciò richiede di stimare il valore di mercato del bene al momento della restituzione, sottraendolo dalle somme dovute al concedente e restituendo all’utilizzatore l’eventuale residuo. In pratica, si bilancia il giovamento economico del concedente con il legittimo margine di profitto promesso all’inizio del contratto.

Tuttavia la Cassazione ha anche precisato (Cass. 30/10/2023 n.28037) che la clausola penale non può essere azzerata automaticamente dal fatto che il concedente non subisca un danno effettivo: bisogna valutare l’eccesso in relazione alle circostanze. In particolare, il giudice confronta lo squilibrio contrattuale (nel momento della stipula) con la situazione attuale al tempo della risoluzione. Se il patto appare sproporzionato in partenza o inopportuno nelle conseguenze, potrà ridurlo. Lo stesso principio si applica anche in caso di fallimento del conduttore: la Corte ha confermato che, se il contratto era stato già risolto prima del fallimento, bisogna applicare analogicamente l’art.1526 c.c. (non l’agevolazione concorsuale dell’art.72-quinquies L.F.). In tal caso il curatore del fallito può rivalersi sul saldo residuo, indicando nell’atto di insinuazione la somma ricavata dalla vendita o il valore stimato del bene, per permettere al giudice di verificare l’eventuale congruità della penale. In definitiva, l’utilizzatore può far valere l’ammontare effettivo del bene riacquistato come limite alla penale, sia in tribunale ordinario sia nella procedura concorsuale.

Tutela del debitore e strumenti operativi

Dal punto di vista del debitore, la posizione è in genere debole di fronte alla risoluzione: occorre però agire tempestivamente per limitare i danni. È fondamentale anzitutto verificare i termini contrattuali: se il numero di canoni mancati non ha raggiunto la soglia legale, va sollecitata la banca prima di arrivare alla risoluzione. Se invece la risoluzione è stata intimata, il conduttore deve controllare l’esattezza del calcolo del debito residuo e del valore del bene; un professionista può contestare eventuali errori di conteggio o clausole vessatorie (ad es. interessi di mora usurari, v. Cass. 3930/2024 per i tassi moratori pre-2003).

In sede stragiudiziale il debitore può cercare di negoziare un accordo transattivo con il concedente, ad esempio proponendo un piano di rientro o una vendita concordata del bene. Nei casi di difficoltà finanziaria grave (p. es. imprese in crisi), esistono strumenti di riequilibrio: dal 2019 il nuovo Codice della crisi d’impresa ha introdotto procedure di composizione negoziale e concordato preventivo che possono coinvolgere i leasing. L’utilizzatore può chiedere l’inclusione del debito da leasing in un piano di ristrutturazione (sottoposto a organo di controllo) o, se consumatore in sovraindebitamento, rivolgersi a una procedura di liquidazione controllata. In tali casi la prassi è che la società di leasing contesti al curatore/fallito di avere già ripreso il bene e quindi un credito ridotto (valore residuo), ma il debitore può far valere i propri diritti al conguaglio e alla riduzione della penale eccessiva.

Durante emergenze nazionali (ad es. pandemia COVID-19) lo Stato italiano ha spesso consentito moratorie sui pagamenti. Ad esempio il D.L. 34/2020 (c.d. “Rilancio”) all’art.56 ha sospeso fino al 30/9/2020 il pagamento delle rate di mutui e leasing per le PMI (a condizione di non avere già esposizioni deteriorate). Misure analoghe di sospensione (Cura Italia, Sostegni, ecc.) hanno consentito proroghe o rateizzazioni straordinarie. Un debitore in difficoltà dovrebbe verificare l’eventuale diritto di sospendere o rinegoziare i canoni sulla base di tali norme speciali o di eventuali piani di liquidità pubblici. In ogni caso, non esiste un diritto soggettivo del conduttore di uscire unilateralmente dal leasing prima della scadenza senza penali: se il bene non serve più, l’unica via è l’estinzione anticipata consensuale (pagando in un’unica soluzione il debito residuo e riscatto) o la cessione del contratto a un terzo (previa approvazione del concedente). Altrimenti l’interruzione unilaterale configura inadempimento, con conseguente risoluzione e tutte le conseguenze suindicate.

Dal lato procedurale, se il concedente intenta un’azione esecutiva o un decreto ingiuntivo per far valere il proprio credito, il conduttore può opporsi eccependo compensazioni, versamenti già effettuati o eccezioni di vizio del titolo. Ad esempio, la Suprema Corte ha escluso che la mancata consegna del bene da parte del concedente giustifichi la sospensione automatica dei canoni (ossia, il conduttore resta obbligato al pagamento in attesa di difesa su altri fronti). D’altro canto, se il conduttore ritiene illegittima una azione (p.es. non è stato pagato ma esiste un vizio del bene), può sollevare eccezioni in giudizio. Importante: non è necessario intraprendere mediazione obbligatoria prima di agire in giudizio contro la società di leasing. La giurisprudenza (Cass. 15200/2018 e seguenti) ha chiarito che i contratti di leasing finanziario non rientrano nelle fattispecie per cui la mediazione (D.Lgs.28/2010) è condizione di procedibilità. Il debitore può quindi rivolgersi direttamente al tribunale, se necessario, senza attendere esito di tentativo di conciliazione.

Aspetti fiscali e contabili per l’utilizzatore

Dal punto di vista fiscale, la risoluzione anticipata del leasing ha diverse implicazioni per l’utilizzatore. In linea di principio, la deducibilità dei canoni già pagati non decade: se il contratto rispettava la durata minima fiscale (di norma 3-5 anni a seconda del bene), i canoni versati rimangono deducibili secondo le regole ordinarie, anche se il contratto si chiude prima. La cessazione anticipata non comporta la riassoggettamento a tassazione dei canoni già portati in deduzione, purché sia rispettata la durata fiscale originaria. La durata contrattuale prevista all’origine è quella rilevante: la risoluzione anticipata non è di per sé considerata elusiva ai fini fiscali.

D’altro canto, con il venir meno dei canoni futuri, vengono a mancare le quote deducibili che si sarebbero maturate. Se nei primi anni erano stati dedotti canoni extra (es. un “maxicanone” iniziale) attraverso poste di risconto, le quote residue non ancora dedotte possono essere interamente dedotte nell’esercizio in cui si risolve il contratto (come onere straordinario).

La penale finale eventualmente pagata a saldo (ad es. per chiudere il contratto anticipatamente) costituisce anch’essa un costo deducibile nell’anno in cui si sostiene. Si tratta di una perdita contrattuale collegata all’inadempimento, quindi fiscalmente riconosciuta come componente negativo di reddito. Allo stesso modo, eventuali spese legali o consulenziali sostenute per contestare la risoluzione restano in genere deducibili come oneri inerenti all’attività (ad esempio come sopravvenienze passive).

Invece, le somme recuperate dall’utilizzatore ex cedente (i.e. il surplus di vendita del bene) vanno considerate un provento tassabile nell’esercizio in cui si percepiscono. Dal punto di vista IVA, la risoluzione comporta l’emissione di note di credito da parte del concedente sulle fatture non incassate (ritorno del diritto alla detrazione). L’utilizzatore dovrà restituire al Fisco l’IVA già detratta sui canoni ora annullati. In pratica, se il conduttore aveva detratto l’IVA su rate che poi non ha pagato, la stessa va considerata indetraibile e va versata. Le somme finali (penali o compensi) addebitate al conduttore di solito assoggettano IVA ordinaria, salvo diversa interpretazione fiscale (spesso si ritiene che la penale sia assoggettata a IVA se equiparata a corrispettivo).

Tabella 2 – Conseguenze fiscali per l’utilizzatore (risoluzione anticipata)

  • Deducibilità canoni già pagati: conservata, se rispettata la durata minima iniziale.
  • Canoni futuri: non più deducibili (non più dovuti). Eventuali residui di canoni anticipati rimangono deducibili (quota mancante).
  • Penale finale: deducibile come costo/sopravvenienza passiva nell’anno in cui si paga.
  • Surplus (somme recuperate dalla vendita): componente di reddito tassabile (sopravvenienza attiva).
  • IVA: le rate non pagate e stornate comportano note di credito da parte del concedente e obbligo per l’utilizzatore di riversare l’IVA già detratta su quelle rate.

In sintesi, la risoluzione non pregiudica i benefici fiscali ottenuti in precedenza, ma ne impedisce il proseguimento: il carico fiscale dell’operazione si chiude al momento della risoluzione, trattando eventuali componenti straordinari come costi o ricavi da imputare nell’ultimo esercizio di vita del leasing.

Procedure esecutive e azioni in giudizio

Se il concedente agisce per riscuotere le somme dovute o far restituire il bene, occorre distinguere i vari contesti:

  • Leasing mobile (automezzi, beni mobili): in genere il concedente, in caso di contratto risolto, invia ingiunzione di pagamento al conduttore. Se questi non paga, il concedente può proporre opposizione al precetto o agire esecutivamente (ad es. pignoramento di crediti) o tentare di sequestrare il bene. Può anche rivolgersi direttamente all’autorità (anche polizia giudiziaria) affinché sequestri e riconsegni il bene stesso al concedente, trattandosi di detenzione illecita del bene oggetto di contratto risolto.
  • Leasing immobiliare: la materia è diversa da un normale affitto urbano. In un leasing di immobile, il concedente esercita una specie di diritto di godimento equiparabile alla locazione, ma non può procedere con lo sfratto coattivo come nel locatore tradizionale (art.38 legge affitti). In caso di inadempimento, il concedente deve ottenere dall’autorità giudiziaria l’ordine di riconsegna dell’immobile. In pratica, si agisce mediante decreto ingiuntivo per il pagamento dovuto e, se necessario, con un’ordinanza ex art. 40 c.p.c. o con atto di citazione ordinario per ottenere la restituzione del bene. La Corte di Cassazione ha affermato che, anche se il bene viene riconsegnato durante il giudizio di locazione, rimane interesse del concedente accertare la pregressa causa di risoluzione (Cass. 34158/2019). Inoltre, va tenuto presente che la legge attribuisce l’obbligo IMU (e TARI) sull’immobile al conduttore durante il leasing: qualora il leasing sia in corso non risolto, l’utilizzatore paga l’IMU; al contrario, dalla data di risoluzione tale onere ritorna automaticamente al concedente, come stabilito dalla Cassazione (Cass. n.6232/2024).

In ogni caso, il conduttore può opporsi con i mezzi ordinari (es. opposizione all’ingiunzione di pagamento) sollevando eccezioni sostanziali (compensazione, pagamenti effettuati, etc.). È importante reagire prontamente all’atto di costituzione in mora: il debitore dispone di dieci giorni dalla notifica del decreto ingiuntivo per proporre opposizione, durante i quali può anche chiedere la sospensione dell’esecuzione in presenza di questioni complesse (art.644 c.p.c.). Se viene richiesto il pignoramento del bene, il conduttore può opporsi all’esecuzione insinuando le sue eccezioni (ad es. difetti di forma nell’accertamento della risoluzione o nell’atto di precetto).

Domande e risposte frequenti (FAQ)

D: Quante rate posso saltare prima che scatti la risoluzione del leasing?
R: Dipende dalle soglie di legge. In base all’art.1 c.137 L.124/2017, nel leasing di beni mobili il mancato pagamento di 4 canoni mensili (anche non consecutivi) costituisce grave inadempimento, mentre nel leasing immobiliare la soglia è di 6 mensilità (o 2 trimestrali) non pagate. Molti contratti richiamano espressamente queste soglie o prevedono livelli più alti (es. risoluzione dopo 8 rate), ma non possono fissare soglie più basse (non si può risolvere per una sola rata). In pratica, saltando 1-2 rate l’istituto di leasing di solito invia solleciti e applica interessi di mora; alla 3ª-4ª rata mancante potrebbe già diffidare il conduttore; superata la soglia di 4 (o 6), la banca può risolvere il contratto. È dunque consigliabile non superare le 3 rate non pagate senza contattare il concedente.

D: Cosa succede una volta risolto il contratto? Posso riavere indietro i canoni già pagati?
R: In linea di massima no. I canoni versati sono acquisiti dal concedente come corrispettivo per l’uso passato del bene. L’unica eccezione è se, dopo la risoluzione, il bene venduto frutta un importo maggiore del debito residuo (canoni residui più eventuali spese): in tal caso il surplus va restituito all’utilizzatore. Ad esempio, se mancano pochi mesi al termine e il bene ha un buon prezzo di rivendita, l’eccedenza rispetto al credito residuo spetta all’utilizzatore. In altre parole, non si recupera “a pieno” quanto pagato: quei canoni remuneravano l’uso goduto. Prima del 2017, per il leasing traslativo i giudici ordinavano in teoria la restituzione delle rate al netto di equo compenso per l’uso, ma nella pratica ciò coincideva spesso con trattenere quasi tutte le somme. Oggi resta fermo che i canoni già pagati vengono trattenuti, salvo l’eventuale surplus di vendita.

D: Devo comunque pagare tutte le rate rimanenti se restituisco anticipatamente il bene?
R: Sì, nelle modalità illustrate. Il leasing procederà a calcolare l’ammontare residuo dovuto: tipicamente si considerano solo le quote capitale dei canoni futuri (attualizzate), la quota capitale delle rate non saldate più eventuali rate scadute, e il prezzo finale di riscatto. A questo totale si sottrae il valore ottenuto dal bene reso. Il risultato è l’importo effettivo da pagare. In pratica, non si sborsa tutto quanto ancora previsto contrattualmente: l’importo dovuto dipende dal valore del bene. Se il bene copre completamente il debito residuo, non rimane nulla da pagare; se ne copre solo in parte, il conduttore versa la differenza. Ad esempio, se il debito residuo calcolato è 5.000€ e la vendita del bene rende 3.000€, il conduttore dovrà pagare 2.000€. Se il bene risultasse valutato allo stesso importo residuo, il contratto si chiuderebbe senza altri esborsi. In sintesi: l’utilizzatore paga ciò che resta tra debito residuo e ricavato del bene. Spesso si parla di “penale” che viene poi ridotta del ricavato (c.d. patto di deduzione).

D: Posso recedere liberamente da un leasing se non mi serve più il bene?
R: Normalmente no. Il leasing finanziario non prevede un diritto di recesso unilaterale dell’utilizzatore durante la durata. L’obbligo è pagare tutti i canoni concordati. È possibile estinguere anticipatamente il contratto solo pagandone il residuo: questo significa saldare in un’unica soluzione tutto il capitale dovuto (più eventuale penale per interessi non goduti) e riscattare contestualmente il bene. Ma si tratta di estinzione anticipata consensuale (o contrattualmente regolata), spesso onerosa. Se l’utilizzatore “decide di interrompere” senza accordo, ciò costituisce un inadempimento grave che fa scattare la risoluzione con tutte le conseguenze (restituzione del bene e pagamento delle somme dovute). Alcuni contratti possono prevedere clausole di recesso anticipato dopo un periodo minimo, ma è sempre un’opzione di acquisto onerosa, non un semplice scioglimento senza oneri. Se il bene non serve più, l’alternativa praticabile è cercare di “cedere” il contratto a un terzo (subentro), previo assenso della società di leasing, oppure negoziare con il concedente una risoluzione consensuale (transazione).

D: Cosa accade se il bene in leasing viene distrutto o rubato prima della fine del contratto?
R: In genere il contratto stabilisce che l’utilizzatore soffre il rischio di perdita totale del bene (come disposto dall’art.1511 c.c.): il leasing normalmente non si estingue automaticamente. Tuttavia i beni in leasing sono quasi sempre assicurati per responsabilità del conduttore. Se il bene va distrutto o rubato, la polizza risarcisce di norma il valore residuo del bene alla società di leasing. Se l’indennizzo copre integralmente il credito residuo, l’utilizzatore viene liberato dall’obbligo di pagamento; se rimane un scoperto, il conduttore deve versare la differenza. Molti contratti prevedono anche che in caso di perdita totale del bene si proceda a risoluzione anticipata dell’accordo: in tal caso la società incamera l’indennizzo come se fosse il ricavato di vendita e lo confronta col debito residuo. Ad esempio, se l’auto in leasing viene distrutta, il leasing incassa dal sinistro assicurativo l’eventuale valore del veicolo e lo detrae dal debito residuo.

D: Chi paga l’IMU e le spese condominiali se il leasing è stato risolto?
R: Fino a prova contraria, la legge impone che durante il leasing il conduttore paghi le imposte sull’immobile (IMU/TASI) e le spese condominiali. Tuttavia, la Cassazione ha stabilito che, dal momento in cui il contratto viene risolto anticipatamente, il conduttore cessa di essere soggetto passivo IMU, e l’onere fiscale (IMU) torna a carico della società di leasing. Ciò significa che il conduttore non deve continuare a versare l’IMU dopo la restituzione del bene; al contrario, il leasing dovrà farsi carico della tassa per la restante durata. In passato la giurisprudenza era oscillante, ma le recenti ordinanze (es. Cass. ord. 6232/2024) confermano che l’effettivo passaggio di tassazione al concedente avviene con la risoluzione.

D: Devo fare mediazione obbligatoria prima di agire contro la società di leasing?
R: No. La giurisprudenza ormai consolidata (Cass. 15200/2018, 30520/2019, 35476/2022, e diversi casi dei tribunali) ha chiarito che le controversie derivanti da contratti di leasing finanziario non rientrano nell’elenco degli affari per cui la mediazione ex art.5 D.Lgs.28/2010 è condizione di procedibilità. Anche le Corti d’Appello (p.es. Firenze 802/2023) confermano che la mediazione non è necessaria nei contenziosi di leasing (né operativo né immobiliare). In sostanza, se il debitore deve contestare in giudizio la pretesa del leasing (o viceversa), può rivolgersi direttamente al giudice senza preliminarmente esperire mediazione obbligatoria.

D: Posso contestare la penale come eccessiva?
R: Sì, puoi chiederne la revisione giudiziale. Come detto, il giudice può ridurre gli importi pattuiti se risultano manifestamente sproporzionati. In sostanza, è possibile opporsi al decreto di ingiunzione o causa di risoluzione argomentando che l’importo richiesto (crediti residui + penali) è eccessivo rispetto al vantaggio che il concedente avrebbe legittimamente tratto. La giurisprudenza indica che il confronto deve tenere conto dell’interesse economico delle parti al momento della stipula e delle circostanze attuali. In ambito concorsuale, come detto, il curatore può insinuare il credito del leasing indicando il valore realiz­zato, consentendo al giudice fallimentare di parametrare eventuali poste e ridurre la penale se del caso.

D: Se la banca vende il bene a un prezzo troppo basso, cosa posso fare?
R: Secondo la legge, la vendita del bene rientrato in leasing deve seguire criteri trasparenti (perizia o asta). Se il prezzo di realizzo è significativamente inferiore al valore di mercato e ciò dipende dalla condotta negligente del concedente, il conduttore può chiedere il risarcimento per l’enorme diminuzione di valore (art.1227 c.c.). In altri termini, la normativa attribuisce al concedente la responsabilità di non svendere il bene: se la vendita è avvenuta a un prezzo vile, il conduttore può ottenere una compensazione di valore.

Esempi pratici

Per chiarire con numeri come funziona il calcolo, consideriamo un paio di esempi semplificativi (valori ipotetici):

  • Esempio 1 (leasing auto): Un’impresa prende in leasing un’auto del valore commerciale 30.000€ per 4 anni, canone mensile 600€. Dopo 12 mesi (12×600€=7.200€ già pagati) decide di restituire l’auto, avendo ancora 36 canoni da pagare (debito residuo circa 21.600€). Il valore di mercato dell’auto usata è stimato 20.000€. Allo scioglimento, il leasing calcola il debito residuo (21.600€) meno il ricavato 20.000€, ottenendo 1.600€ da pagare. In pratica, l’impresa verserà 1.600€ e non i 21.600€ totali. I 7.200€ già pagati restano acquisiti dalla società come indennizzo per l’uso passato (nessun rimborso). Se invece l’auto fruttasse 25.000€, il concedente restituirebbe all’utilizzatore la differenza (3.400€ di surplus) perché il bene copriva interamente il debito residuo.
  • Esempio 2 (leasing immobiliare “prima casa”): Un lavoratore dipendente prende in leasing (prima casa) un appartamento. Paga 24 mensilità da 500€ e poi perde il lavoro. Grazie alla legge 208/2015, può sospendere il pagamento dei canoni per 12 mesi. Scaduto l’anno di “moratoria sociale”, non avendo più reddito, interrompe i pagamenti. Superata la soglia di 6 rate arretrate, la società risolve il leasing. I 24 canoni versati (12.000€ totali) restano acquisiti dal concedente. Supponiamo che il valore di mercato dell’appartamento sia oggi 95.000€, mentre il debito residuo (riscatto finale + rate non pagate scontate) è pari a 92.000€. Allora la differenza (3.000€ di surplus) spetta al conduttore. In ogni caso il dipendente dovrà pagare i 3.000€ per chiudere il contratto (ammesso che accetti la soluzione transattiva) oppure potrebbe cercare di rinegoziare con la banca una nuova entità di pagamento. Inoltre, il dipendente non dovrà più pagare l’IMU: dalla risoluzione in poi l’onere grava sul concedente.

Fonti normative e giurisprudenziali

  • Corte di Cassazione, sez. I, 30 marzo 2022, n. 10249 – Risoluzione per inadempimento di leasing traslativo ante riforma 2017; applicazione analogica art.1526 c.c.; potere giudice di riduzione ex art.1384 c.c..
  • Corte di Cassazione, sez. I, 30 luglio 2024, n. 21293 – Risoluzione leasing traslativo e successivo fallimento del conduttore: clausola penale e limiti (art.1526 c.c.).
  • Corte di Cassazione, sez. I, 4 ottobre 2023, n. 28037 – Criteri di valutazione della clausola penale in leasing: no riduzione a zero per mancata lesione effettiva; valutazione secondo l’equilibrio contrattuale.
  • Corte di Cassazione, sez. I, ordinanza 13/02/2024, n. 3930 – Leasing immobiliare: tasso di interesse e usura; conformità della determinazione del “tasso leasing” ai requisiti di trasparenza.
  • Cass. civ. 28 gennaio 2015, n. 1625 – Sale&leaseback: legittimità del patto marciano (“surplus” restituito al debitore), in adesione all’art.48-bis TUB.
  • Cass. civ. 4367/1997 – Definizione di locazione finanziaria; rapporto trilaterale, esonero del concedente da responsabilità sui vizi del bene.
  • Cass. civ. 4195/1996 – Obblighi delle parti nel leasing: il concedente garantisce il pacifico godimento; l’utilizzatore deve custodire e restituire il bene nelle condizioni ricevute.
  • Cass. civ. n. 30520/2019; Cass. ord. n. 15200/2018; Cass. ord. n. 35476/2022 (concordate) – Mediazione obbligatoria in leasing: la mediazione ex D.Lgs.28/2010 non è condizione di procedibilità per i contratti bancari/finanziari (es. leasing).
  • Corte di Cassazione, Sez. V, ordinanza 07/03/2024, n. 6232 – IMU e risoluzione leasing: la soggettività passiva dell’IMU torna in capo alla società di leasing dalla data di risoluzione.
  • Cass. civ. sez. V, ord. 20 aprile 2023, n. 10733 – Sanzioni tributarie: incertezza normativa sul leasing e art.8 D.Lgs.546/1992 (no sanzioni).
  • Corte di Cassazione, sez. I, sentenza n. 4992/2023 – “Patto marciano” contrattuale: configurabilità e limiti (menzionata in testo).
  • Legge 4 agosto 2017, n.124, art.1, commi 136-140 (Legge di Bilancio 2018) – Disciplina organica del leasing finanziario, effetto patto marciano, durata e risoluzione.
  • Legge 208/2015, art.1 co.76-81 – Sospensione dei pagamenti del leasing prima casa in caso di perdita involontaria del lavoro.
  • Legge 52/1991 (legge sul leasing, abrogata, richiamata a volte) – Precedente disciplina del leasing finanziario.
  • D.Lgs. 385/1993 (TUB), art. 106, 185 e art.48-bis – Regolamentazione di banca e leasing finanziario (definizione del concedente); introduzione del patto marciano garantito (D.Lgs.59/2016, art.2).
  • D.Lgs. 231/2002 (Codice del Consumo) – Tutela del consumatore nel leasing abitativo (diritto di recesso nel c.d. contratto di credito ai sensi MIFID, menzionato per contesto).
  • Normativa fiscale: TUIR art.102 e ss.; DPR 917/1986; D.P.R. 131/1986 (IGI); Legge 160/2019 (legge bilancio 2020) – Regime IMU leasing (“abitazione principale”), art.1 c.136 L.160/2019; modifiche di esenzione.

Non riesci più a pagare i canoni del leasing? Fatti Aiutare da Studio Monardo

Hai firmato un contratto di leasing per un’auto, un macchinario o un immobile, ma a causa di difficoltà economiche hai saltato uno o più canoni?
Attenzione: la società di leasing può agire in tempi molto rapidi con risoluzione del contratto, richiesta del bene e ingiunzione di pagamento.
Ma esistono soluzioni legali per negoziare, sospendere o ristrutturare il debito, evitando conseguenze peggiori.


Cosa succede se non paghi i canoni del leasing?

In caso di mancato pagamento, il concedente può:

  • ⚠️ Risollevare il contratto per inadempimento
  • 🚗 Pretendere la restituzione immediata del bene
  • 💰 Chiedere il pagamento dei canoni scaduti e futuri, più penali
  • ⚖️ Agire con decreto ingiuntivo o esecuzione forzata
  • 📉 Segnalarti alla Centrale Rischi e alla CRIF

La clausola risolutiva espressa del contratto consente alla società di agire subito e senza preavviso, aggravando la tua posizione.


Come difendersi in caso di leasing non pagato?

La chiave è agire prima che partano le azioni legali. Ecco le soluzioni:

✅ Trattativa stragiudiziale

  • Rinegoziazione del contratto
  • Proposta di piano di rientro sostenibile
  • Sospensione temporanea del pagamento
    Spesso la società è disponibile se agisci in anticipo.

⚖️ Opposizione al decreto ingiuntivo

Se ricevi un decreto ingiuntivo, puoi contestarlo entro 40 giorni, soprattutto se:

  • Il contratto presenta clausole abusive
  • Il calcolo dei canoni non è chiaro o comprende interessi e penali illegittimi
  • Il leasing è stato revocato in modo irregolare

🔁 Accesso agli strumenti di composizione della crisi

  • Concordato minore o liquidazione controllata
  • Piano di ristrutturazione dei debiti
    Consentono di bloccare l’esecuzione e proporre il pagamento in forma ridotta.

🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo

📂 Analizza il contratto di leasing e la documentazione debitoria
📉 Verifica la legittimità di interessi, penali e richieste della società
⚖️ Ti difende da ingiunzioni, pignoramenti e segnalazioni negative
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✍️ Redige ricorsi e opposizioni per proteggere beni e attività


🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

✔️ Esperto in contenzioso bancario e contratti di leasing
✔️ Gestore della crisi iscritto al Ministero della Giustizia
✔️ Consulente per azioni legali per ristrutturare o annullare contratti gravosi
✔️ Difensore di imprenditori, artigiani e professionisti in crisi di liquidità
✔️ Consulente per il risanamento aziendale e la continuità dell’impresa


Conclusione

Saltare i canoni di leasing non significa essere senza difese.
Con la giusta assistenza legale puoi evitare il peggio, salvare il bene, o ridurre il debito in modo sostenibile.

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