Ex Titolare Di Sala Giochi Con Debiti: Le Soluzioni

Hai chiuso la tua sala giochi ma i debiti non ti danno tregua? Tasse non pagate, fornitori da saldare, rate di leasing o cartelle esattoriali che continuano ad arrivare? Se sei un ex titolare di sala giochi con debiti, sappi che non sei solo… e non sei senza difese. La legge oggi ti permette di bloccare i creditori e lasciarti alle spalle il passato.

La chiusura dell’attività cancella i debiti?
No. Se gestivi la sala giochi come ditta individuale, i debiti rimangono interamente a tuo carico personale, anche dopo la chiusura. Se avevi una snc o una sas, puoi comunque rispondere in modo illimitato con il tuo patrimonio. Questo significa:
Pignoramento del conto corrente
Blocchi su stipendio o pensione
Notifiche di atti esecutivi, cartelle, precetti
Segnalazioni al CRIF e altre banche dati

Quali sono i debiti più frequenti per ex gestori di sale giochi?
– Canoni di affitto non pagati
– Fatture di fornitori per apparecchiature, assistenza tecnica o noleggio slot
– Rate di leasing non saldate
IVA, IRAP e contributi INPS non versati
– Sanzioni dell’Agenzia delle Dogane o dell’Agenzia delle Entrate
Cartelle esattoriali e atti di pignoramento

Come puoi difenderti legalmente?
– Con la procedura di sovraindebitamento, prevista per chi non è fallibile (come ex imprenditori o piccoli artigiani)
– Puoi bloccare pignoramenti e azioni esecutive in corso
– Puoi presentare al giudice un piano di rientro sostenibile, oppure chiedere la liquidazione controllata dei beni
– Se agisci in buona fede, puoi ottenere l’esdebitazione: la cancellazione definitiva dei debiti non pagati

Cosa puoi ottenere concretamente?
– Sospensione immediata delle azioni dei creditori
– Tutela per i beni essenziali e il tuo reddito attuale
– Uscire dai registri dei cattivi pagatori
– Una nuova possibilità per ricominciare da zero, senza il peso del passato

Cosa NON devi fare mai?
– Ignorare le cartelle pensando che “ormai l’attività è chiusa”
– Firmare piani di rientro senza assistenza legale
– Trasferire i beni a familiari: può essere considerato un atto fraudolento
– Aspettare che “passi la tempesta”: più aspetti, più rischi

Anche se hai chiuso la sala giochi, non hai chiuso con i problemi. Ma oggi puoi affrontarli con strumenti legali che ti permettono di uscire dal tunnel e tornare a vivere.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in crisi d’impresa e sovraindebitamento – ti spiega cosa può fare un ex titolare di sala giochi pieno di debiti, quali soluzioni offre la legge e come ottenere una seconda occasione.

Hai debiti legati alla tua vecchia sala giochi?

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Introduzione

L’insolvenza di un ex titolare di sala giochi – un imprenditore che ha gestito una sala giochi (ad es. un locale con slot machine, videogiochi, biliardi, ecc.) e che ha cessato l’attività accumulando debiti – pone numerose questioni giuridiche complesse. In Italia, esistono strumenti di tutela e procedure specifiche per consentire al debitore sovraindebitato di difendersi dalle azioni esecutive dei creditori e, in molti casi, di ottenere una “ripartenza” liberandosi dai debiti residui (la cosiddetta esdebitazione). Questa guida – aggiornata a luglio 2025 – offre un’analisi approfondita e avanzata di tali strumenti, con linguaggio tecnico ma divulgativo, rivolta sia ai professionisti legali (avvocati, consulenti) sia ai privati cittadini e piccoli imprenditori coinvolti. L’obiettivo è illustrare come un ex imprenditore del settore sale giochi possa difendersi dai debiti, facendo riferimento alla normativa italiana vigente (in particolare il nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza) e alle più recenti sentenze e prassi giurisprudenziali, dal punto di vista del debitore.

La guida prenderà in esame tutte le tipologie di debito rilevanti – da quelli fiscali a quelli bancari, dai debiti verso fornitori a quelli verso dipendenti o enti previdenziali – e le possibili soluzioni sia stragiudiziali (accordi bonari, piani di rientro) sia giudiziali (procedure concorsuali minori come il piano del consumatore, il concordato minore, la liquidazione controllata e l’esdebitazione del debitore incapiente, nonché la liquidazione giudiziale ex fallimento). Verranno inoltre fornite tabelle riepilogative, sessioni di domande e risposte su quesiti frequenti, ed esempi pratici o simulazioni applicati al contesto italiano, per chiarire l’utilizzo di ciascuno strumento. Tutte le fonti normative e giurisprudenziali citate sono riportate in fondo, nella sezione Fonti, per consentire ulteriori approfondimenti.

Scenario tipico: debiti di un ex titolare di sala giochi

Un ex titolare di sala giochi spesso si trova ad affrontare una varietà di debiti eterogenei dopo la cessazione dell’attività. È importante identificare la natura di questi debiti, poiché il trattamento giuridico e le possibili soluzioni possono variare a seconda del tipo di credito e del creditore. Ecco le principali categorie di debiti che tipicamente gravano su un ex imprenditore di questo settore:

  • Debiti bancari e finanziari: Prestiti bancari contratti per avviare o gestire la sala giochi (ad esempio mutui per l’acquisto del locale o finanziamenti per l’allestimento e le macchine da gioco) e scoperti di conto, oppure debiti verso società finanziarie (leasing per apparecchiature, prestiti personali usati per l’azienda). Questi rientrano tra i debiti chirografari o privilegiati a seconda delle garanzie: ad esempio un mutuo ipotecario sul locale o sull’abitazione del titolare crea un credito privilegiato ipotecario per la banca.
  • Debiti verso fornitori e altri privati: Fatture impagate a fornitori di macchinari da gioco, arredamenti, servizi di manutenzione, o debiti verso il proprietario dell’immobile (canoni di affitto arretrati), bollette non pagate, ecc. Anche questi sono debiti che, in caso di insolvenza, diventano esigibili e possono condurre a decreti ingiuntivi e pignoramenti. Rientrano tra i debiti ordinari (chirografari) salvo eventuali diritti di privilegio speciale (ad es. fornitori che vantino riserva di proprietà su beni forniti).
  • Debiti fiscali e tributari: Il settore delle sale giochi è soggetto a specifici obblighi fiscali. Tra questi vi sono l’Imposta sugli intrattenimenti, eventuali contributi concessori o PREU (Prelievo Erariale Unico sulle slot machine) dovuti all’Erario tramite l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, oltre ai comuni debiti tributari d’impresa come IVA, IRAP, IRES/IRPEF, e tasse locali (TARI, occupazione suolo pubblico se applicabile, ecc.). In caso di difficoltà, l’ex titolare può avere cartelle esattoriali emesse dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione (già Equitalia) per imposte non versate o accertamenti definiti. Rientrano qui anche eventuali multe (ad esempio sanzioni amministrative per violazioni di regolamenti comunali sul gioco, o per tardivi versamenti tributari). Tali debiti godono spesso di privilegi (ad esempio IVA e ritenute non versate sono crediti privilegiati ex lege) e il loro recupero è affidato a procedure esattoriali speciali.
  • Debiti previdenziali e verso dipendenti: Se la sala giochi aveva dipendenti o collaboratori, il titolare potrebbe avere debiti verso l’INPS per contributi non versati o verso l’INAIL per premi assicurativi, nonché eventuali retribuzioni non pagate ai dipendenti o TFR maturato. Questi debiti hanno natura privilegiata (privilegio sui mobili dell’imprenditore, ai sensi del Codice Civile, per i crediti di lavoro) e sono anch’essi spesso riscossi tramite cartelle esattoriali (per i contributi) o ingiunzioni di pagamento (per salari non corrisposti).
  • Garanzie personali: Inoltre, un ex imprenditore individuale o socio illimitatamente responsabile può essere escusso per debiti dell’ex azienda. Se l’attività era gestita tramite una società (es. una S.n.c. o S.a.s.), i soci potrebbero aver firmato fideiussioni personali a garanzia di prestiti bancari o contratti di fornitura. Allo stesso modo, se l’attività era svolta tramite una S.r.l. ma il titolare ha prestato garanzie personali su mutui o leasing, quelle garanzie comportano debiti personali diretti. In pratica, l’ex titolare si trova ad essere debitore in proprio per obbligazioni aziendali garantite personalmente (fatto molto frequente). Tali fideiussori possono accedere alle procedure di sovraindebitamento in qualità di coobbligati non fallibili.
  • Altre passività: Potrebbero esservi debiti residuali come utenze (luce, acqua, gas) non pagate intestate al titolare, debiti personali contratti magari per tamponare le perdite dell’attività (es. prestiti tra privati, scoperti di carte di credito), o debiti legali (spese di avvocati, decreti ingiuntivi esecutivi con spese di giudizio a carico). Nel caso particolare di sale giochi, se l’imprenditore ha ceduto l’attività potrebbe aver garantito i debiti aziendali fino al subentro del nuovo titolare, ritrovandosi richieste di pagamento se la cessione non ha coperto tutte le esposizioni.

Questa varietà di debiti comporta che l’ex titolare di sala giochi sia un debitore “promiscuo”, cioè con obbligazioni di diversa natura: debiti “commerciali” derivanti dalla vecchia attività imprenditoriale e debiti “civili” personali. Tale situazione è tipica e l’ordinamento la considera espressamente: per un imprenditore individuale cessato, i debiti civili e commerciali confluiscono comunque sullo stesso patrimonio personale e vanno trattati unitariamente. Non è raro, dunque, che un ex imprenditore presenti questa commistione di passività.

Importante: il fatto di aver chiuso l’attività di sala giochi non estingue di per sé i debiti. Anche una eventuale cancellazione dal Registro delle Imprese non cancella le obbligazioni pregresse: i creditori possono continuare ad agire sul patrimonio personale del debitore (salvo il caso in cui la ditta individuale o società sia stata assoggettata a fallimento/liquidazione concorsuale formale, come vedremo). Un imprenditore individuale che si cancella dal registro rimane personalmente responsabile dei debiti d’impresa contratti prima della chiusura, e anzi la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che, in tema di insolvenza, rilevano tutti i debiti, sia quelli “commerciali” sia quelli “civili”.

Conseguenze del sovraindebitamento e rischi per il debitore

Trovarsi nella condizione di sovraindebitamento – definita come la situazione in cui non si riesce a far fronte ai propri debiti con regolarità, “a causa di uno scompenso tra le entrate e le uscite” – comporta una serie di rischi e conseguenze giuridiche per il debitore ex imprenditore. Dal punto di vista del debitore (che in questo contesto è un soggetto non fallibile, come approfondiremo), i principali rischi e impatti dell’insolvenza sono i seguenti:

  • Azioni esecutive individuali: I creditori, ottenuto un titolo esecutivo (es. un decreto ingiuntivo non opposto, una sentenza, o nel caso di debiti fiscali la cartella esattoriale decorsi i termini di legge), possono attivare procedure di pignoramento dei beni del debitore. Ciò include pignoramenti mobiliari (su beni mobili, conti correnti, crediti verso terzi), immobiliari (sulla casa o altri immobili di proprietà) e pignoramenti presso terzi (ad es. dello stipendio o pensione, se il debitore ha trovato un lavoro dipendente dopo l’attività). Il pignoramento comporta il blocco e successiva vendita forzata dei beni per soddisfare i creditori. Per un ex titolare di sala giochi, tipicamente i beni aggredibili possono essere la casa di abitazione, l’auto, eventuali immobili o terreni, eventuali macchinari rimasti o quote societarie, nonché redditi futuri (stipendi, pensioni) entro i limiti di legge. Difendersi significa qui conoscere i limiti e le opposizioni possibili:
    • Limiti alle pignorabilità: Alcuni beni sono impignorabili o parzialmente pignorabili. Ad esempio, se il debitore ha uno stipendio, i creditori privati possono pignorarlo nei limiti di 1/5 (20%) mensile, mentre l’agente della riscossione fiscale (AdER) può pignorare in misura variabile (1/10, 1/7 o 1/5 a seconda dell’importo dello stipendio) ma comunque non oltre il 20%. La prima casa del debitore merita un discorso specifico (vedi oltre), così come gli strumenti di lavoro indispensabili (ad es. un’automobile necessaria per recarsi al lavoro può in certi casi evitare il fermo amministrativo se qualificata come bene indispensabile). Inoltre, beni di minimo valore o strettamente personali (abbigliamento, mobilio essenziale, animali da compagnia, ecc.) sono impignorabili per legge (art. 514 c.p.c.).
    • Opposizioni esecutive: Il debitore può proporre opposizione al pignoramento o all’esecuzione se vi sono vizi procedurali (es. un atto di precetto viziato, un pignoramento su bene impignorabile, prescrizione del titolo, ecc.) oppure opposizione al titolo (contestando il debito in sé, ad esempio impugnando una cartella esattoriale per vizi propri o eccependo la prescrizione dei tributi). Queste difese, però, non cancellano il debito in caso di rigetto, ma servono solo ad annullare atti illegittimi o a guadagnare tempo. Pertanto, l’opposizione è un rimedio da valutare caso per caso con un legale, e non risolve strutturalmente la crisi di sovraindebitamento se il debito è fondato.
  • Azioni collettive concorsuali: Se l’ex titolare di sala giochi rientra nella categoria di soggetti fallibili (ossia imprenditori commerciali sopra certe soglie dimensionali), i creditori potrebbero anche presentare un’istanza di fallimento (ora liquidazione giudiziale secondo il Codice della Crisi) entro i termini di legge. Tradizionalmente, un piccolo esercente come una sala giochi individuale potrebbe non superare le soglie di fallibilità (patrimonio attivo annuo > €300.000, ricavi > €200.000, debiti > €500.000), il che lo qualifica come “soggetto non fallibile”. Tuttavia, se i volumi fossero maggiori e l’impresa fosse di dimensioni rilevanti, il rischio di fallimento esiste: in tal caso un tribunale, su richiesta di creditori o del debitore stesso, apre una procedura concorsuale formale. La liquidazione giudiziale (ex fallimento) implica la spossessamento dei beni del debitore imprenditore e la loro gestione da parte di un curatore, con ripartizione del ricavato ai creditori secondo l’ordine delle cause di prelazione. Durante la procedura, il debitore può subire limitazioni (divieti di gestire beni, eventuali interdizioni dagli uffici direttivi nelle imprese, ecc.) e controlli (es. indagini su eventuali condotte di bancarotta). Per un ex titolare di sala giochi, tale scenario può aversi se l’attività era strutturata in forma societaria e di dimensioni medio-grandi, oppure se come ditta individuale superava i limiti: in questi casi la vera difesa consiste nell’attivarsi proattivamente con strumenti come il concordato preventivo o altre procedure del Codice della Crisi per evitare l’istanza di fallimento dei creditori. In questa guida comunque ci concentriamo soprattutto sui soggetti non fallibili e sulle procedure di sovraindebitamento, poiché la maggior parte dei piccoli imprenditori rientra in queste categorie.
  • Interessi e sanzioni crescenti: Il perdurare del mancato pagamento aggrava la posizione debitoria. Gli interessi moratori sui debiti finanziari e commerciali continuano a maturare (talora a tassi elevati per effetto di clausole contrattuali), così come sanzioni e aggi sui debiti fiscali iscritti a ruolo (l’Agenzia delle Entrate-Riscossione applica interessi di mora e compensi di riscossione). Ciò significa che, più tempo passa senza una soluzione, più l’ammontare complessivo del debito cresce, rendendo ancora più difficile uscirne. Procedure come la “rottamazione delle cartelle” (quando disponibili per legge) possono ridurre sanzioni e interessi, ma restano misure limitate nel tempo e su iniziativa legislativa. Inoltre, le spese legali dei creditori (atti di precetto, spese di esecuzione) si sommano all’esposizione. Il sovraindebitamento rischia quindi di diventare cronico se non viene affrontato: da qui la necessità di strumenti per congelare la situazione e ristrutturare o cancellare i debiti eccessivi.
  • Reputazione ed effetti personali: Anche se non strettamente giuridici, vanno menzionati gli effetti “collaterali” per il debitore: la segnalazione nelle banche dati dei cattivi pagatori (CRIF, Centrale Rischi Bankitalia per esposizioni bancarie insolute), che preclude l’accesso al credito futuro; lo stress psicologico e il rischio di emarginazione sociale (specialmente se il sovraindebitamento è visto come un “fallimento personale”); la possibile perdita di opportunità lavorative (es. appalti pubblici preclusi a chi ha determinate pendenze). Da notare che una procedura formale di composizione della crisi (concordato minore, piano del consumatore, liquidazione controllata) se da un lato è un procedimento pubblico (iscritto nei registri del tribunale), dall’altro consente poi al debitore di ripulire la propria posizione e ripartire con la cosiddetta “riabilitazione finanziaria” a fine procedura.

In sintesi, dal punto di vista del debitore ex imprenditore, difendersi dai debiti significa dover contenere gli effetti delle azioni dei creditori (evitando se possibile espropriazioni dei beni essenziali) e utilizzare gli strumenti legali a disposizione per ristrutturare o cancellare il carico debitorio eccessivo, tornando in bonis. Il legislatore italiano ha predisposto specifiche misure volte al “favor debitoris” (favorire il debitore meritevole nel ottenere un nuovo inizio) in attuazione anche dei principi europei sul fresh start. Nel prossimo paragrafo esamineremo quali sono questi strumenti di difesa, distinguendo tra soluzioni negoziali e procedure giudiziali.

Strumenti di difesa: soluzioni stragiudiziali e giudiziali

La risposta al sovraindebitamento dell’ex titolare di sala giochi si articola su due piani principali:

  1. Soluzioni stragiudiziali (o “di fatto”) – ovvero strategie e accordi fuori dalle aule di tribunale, basati sulla negoziazione diretta con i creditori. Queste includono piani di rientro volontari, transazioni a saldo e stralcio, o rinegoziazioni dei debiti con banche e fisco. Si tratta di soluzioni flessibili ma che richiedono la collaborazione dei creditori su base volontaria e non offrono, da sole, protezione dalle azioni esecutive se un creditore dissenziente decide di procedere.
  2. Procedure giudiziali di composizione della crisi da sovraindebitamento – ossia strumenti previsti dalla legge che coinvolgono l’autorità giudiziaria e che, una volta attivati, producono effetti legali vincolanti per tutti i creditori, inclusa la sospensione delle azioni esecutive individuali. In questa categoria rientrano le procedure introdotte originariamente con la Legge 3/2012 (detta “legge sul sovraindebitamento” o “legge salva suicidi”) e ora trasfuse e innovate nel Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII) entrato pienamente in vigore dal 15 luglio 2022. Tali procedure sono: il piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore (ex piano del consumatore), il concordato minore (ex accordo di composizione dei debiti), la liquidazione controllata del sovraindebitato (ex liquidazione del patrimonio) e l’esdebitazione del debitore incapiente (novità del CCII). Esse consentono di pagare quanto effettivamente possibile e di ottenere la cancellazione dei debiti residui non pagati (esdebitazione). Anche la liquidazione giudiziale (ex fallimento) seguita da esdebitazione rientra nelle soluzioni giudiziali, ma come estrema ratio per gli imprenditori soggetti a fallibilità.

Nel prosieguo, analizzeremo dapprima le soluzioni stragiudiziali, che dovrebbero essere il primo tentativo del debitore, e successivamente le procedure concorsuali minori previste dalla normativa italiana vigente per il sovraindebitamento, evidenziandone requisiti, vantaggi e limiti.

Soluzioni stragiudiziali: negoziazione e accordi con i creditori

Le vie stragiudiziali offrono al debitore la possibilità di risolvere la propria esposizione debitoria senza ricorrere formalmente al tribunale, evitando dunque i tempi e i costi di una procedura concorsuale e, in parte, la pubblicità che essa comporta. Tuttavia, esse richiedono una trattativa efficace con i creditori e, soprattutto, il raggiungimento di un accordo volontario. Ecco le principali modalità:

  • Rinegoziazione dei debiti bancari: Se il debitore ha mutui o finanziamenti in sofferenza, può contattare la banca per cercare soluzioni come la rinegoziazione del piano di ammortamento, la concessione di una moratoria (sospensione temporanea delle rate), o un consolidamento (accorpamento di più prestiti in uno solo, con allungamento della durata per abbassare la rata). In alcuni casi la banca può accettare un saldo e stralcio, cioè il pagamento in un’unica soluzione di un importo ridotto rispetto al debito originario, soprattutto se il debitore minaccia il ricorso a procedure concorsuali (in cui la banca potrebbe ottenere ancora meno). Ad esempio, un ex titolare di sala giochi con un mutuo residuo potrebbe proporre alla banca di vendere privatamente un immobile dato in garanzia e versare alla banca il ricavato in cambio dell’esdebitazione del debito residuo (short sale). È utile presentare alla banca un piano realistico supportato magari da un professionista (ad es. un consulente finanziario o legale) che illustri la convenienza dell’accordo rispetto all’alternativa concorsuale.
  • Transazioni a saldo e stralcio con fornitori e altri creditori chirografari: Molti creditori non garantiti, di fronte all’impossibilità del debitore di saldare integralmente, preferiscono ottenere subito una parte dei loro crediti piuttosto che rischiare lunghe procedure concorsuali con esito incerto. Il debitore può quindi proporre accordi transattivi individuali: ad esempio offrire il 20-30% del dovuto ai fornitori, pagato magari da un familiare o con una nuova linea di credito, in cambio della liberatoria sul resto. Tali accordi vanno formalizzati per iscritto e, una volta adempiuti, il creditore rinuncia formalmente ad azioni per la differenza (importante farsi rilasciare quietanze a saldo stralcio dettagliate). Naturalmente, serve liquidità immediata per offrire il saldo stralcio: spesso i debitori ricorrono all’aiuto di parenti o amici, o vendono beni non essenziali per procurarsi la somma transattiva. Dal punto di vista giuridico, la transazione novativa estingue l’obbligazione originaria, ma se il debitore poi non paga nei termini l’importo concordato, il creditore può rivalersi per l’intero importo originario salvo diversa pattuizione. È dunque cruciale assicurarsi di poter onorare la cifra stralciata nei tempi stabiliti.
  • Piano di rientro artigianale (non omologato): Il debitore può predisporre un piano di rientro unilaterale, ovvero un prospetto in cui si impegna a pagare ciascun creditore in forma dilazionata nel tempo (ad esempio, “pagherò €500 al mese alla banca X, €200 al mese al fornitore Y, etc.”). Questo piano viene proposto ai creditori chiedendo loro di sospendere le azioni legali in corso e di attenersi al piano. Se tutti o la gran parte dei creditori accettano e si comportano di conseguenza, il debitore otterrà respiro e potrà cercare di eseguire il piano. Tuttavia, senza un ombrello legale, qualsiasi creditore dissenziente o inadempiente può in ogni momento sottrarsi e procedere comunque a escutere forzosamente il debitore. Pertanto, il piano non omologato funziona solo se vi è un ampio consenso spontaneo. Spesso questo avviene nei casi in cui il debitore ha pochi creditori principali e li coinvolge tutti nell’accordo. In pratica, questo è simile a un concordato preventivo “privato”, privo però di efficacia vincolante erga omnes.
  • Assistenza di organismi o mediatori: In alcuni casi, il debitore può farsi assistere da enti specializzati o professionisti nella negoziazione stragiudiziale. Ad esempio, esistono società o associazioni (come alcune Organizzazioni di composizione della crisi – OCC che offrono anche servizi di consulenza, o associazioni di consumatori) che si fanno carico di contattare i creditori e proporre soluzioni coordinate. Questo può aiutare a superare diffidenze e a strutturare in modo più credibile le offerte di saldo e stralcio. Un ruolo peculiare potrebbe giocarlo il compositore negoziatore introdotto dal D.L. 118/2021 (Composizione negoziata per la crisi d’impresa): tuttavia, tale figura è pensata per imprese in attività che vogliono risanarsi e non tanto per ex imprenditori liquidati. In ogni caso, la composizione negoziata è uno strumento recentemente introdotto (facoltativo e stragiudiziale sebbene con alcuni ausili giudiziari) che permette alle imprese in crisi di negoziare con i creditori con la guida di un esperto indipendente. Per un ex titolare di sala giochi, la composizione negoziata potrebbe essere utilizzata solo se l’attività fosse ancora in essere o per gestire la crisi prima di cessarla, mentre a posteriori non è lo strumento adatto (si ricorrerà invece alle procedure di sovraindebitamento).
  • Rottamazione delle cartelle e definizioni agevolate dei debiti fiscali: Sul fronte dei debiti fiscali, il debitore può sfruttare eventuali finestre normative di definizione agevolata. Ad esempio, negli ultimi anni il legislatore ha introdotto più volte la cosiddetta “rottamazione delle cartelle” (da ultimo la rottamazione-quater prevista dalla L. 197/2022 per le cartelle fino al 2017), che consente di pagare il debito iscritto a ruolo senza sanzioni e interessi di mora. Ciò può ridurre significativamente l’importo dovuto al Fisco. Inoltre, per le cartelle fino a €1.000 relative a determinati anni si è avuta una cancellazione automatica (“stralcio”) sempre con la manovra 2023. L’ex imprenditore dovrà informarsi se rientra in queste misure e, in caso positivo, aderire nei termini previsti. Ad esempio, se ha €50.000 di cartelle per IVA e IRAP degli anni fino al 2017, la rottamazione-quater gli permetterebbe di pagare solo il capitale e pochi oneri (senza sanzioni/interest), magari dilazionando in 18 rate. Attenzione: la rottamazione è utile se il debitore ha comunque la capacità di pagare il netto agevolato; in caso contrario (se non può pagare nemmeno il capitale), allora meglio valutare le procedure concorsuali che consentono anche la cancellazione del capitale non pagato. Infatti, la legge sul sovraindebitamento (oggi CCII) permette di cancellare anche parte del capitale dei debiti tributari, non solo sanzioni e interessi, purché nel contesto di un piano omologato dal giudice. In ogni caso, se misure come la rottamazione sono disponibili, vanno considerate come parte di una strategia complessiva.

In generale, una soluzione stragiudiziale ha successo se: (a) il debitore è proattivo e trasparente con i creditori, dimostrando la propria buona fede e reale difficoltà (magari fornendo documentazione finanziaria, ISEE, ecc. per provare che più di tanto non può pagare); (b) riesce a raccogliere qualche risorsa (denaro da terzi, liquidazione di beni non essenziali) per rendere appetibile l’offerta transattiva; (c) convince i creditori che la alternativa giudiziale (fallimento o procedure di sovraindebitamento) li vedrebbe probabilmente recuperare meno di quanto proposto. In tal senso, far presente ai creditori l’esistenza delle procedure di sovraindebitamento può essere tatticamente utile: ad esempio, si potrà dire alla banca “Guardate che potrei avviare una liquidazione controllata e in tal caso recuperereste forse il 5% del vostro credito fra 3 anni; vi propongo invece subito il 20%”. Questa leva negoziale spesso funziona, specie con banche e agenti della riscossione, purché il debitore sia credibile.

Tuttavia, se i debiti sono molti e i creditori non trovano un accordo corale (è sufficiente un creditore importante dissenziente per far fallire un piano informale), o se il debitore non dispone di alcuna risorsa da offrire nell’immediato, la soluzione stragiudiziale potrebbe non bastare. In tal caso, occorre ricorrere ai rimedi giudiziali, che offrono l’enorme vantaggio di vincolare anche i creditori non consenzienti (entro certi limiti) e di sospendere le azioni esecutive durante la procedura. Esaminiamoli.

Procedure di sovraindebitamento (Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza)

Le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento costituiscono, per così dire, il “arsenale” legale a disposizione del debitore civile o piccolo imprenditore in difficoltà. Esse nascono con la Legge n. 3/2012 e sono ora disciplinate dal D.Lgs. 14/2019 (Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, abbreviato CCII) agli articoli 65-91 (piano di ristrutturazione del consumatore), 74-83 (concordato minore) e 268-277 (liquidazione controllata), nonché 282-283 (esdebitazione del debitore incapiente), oltre a disposizioni generali. Tali procedure, riservate ai soggetti non fallibili, mirano a concorsualizzare la crisi del debitore, cioè a gestirla in un contesto controllato dal Tribunale e con la partecipazione di tutti i creditori, secondo regole predefinite, con l’obiettivo di soddisfare i creditori per quanto possibile e poi liberare il debitore dai debiti residui.

Di seguito, analizziamo in dettaglio le diverse opzioni, premettendo però due concetti chiave applicabili a tutte:

  • Meritevolezza e buona fede: Il debitore che accede a queste procedure deve essere meritevole, cioè non deve aver provocato il proprio sovraindebitamento con dolo o colpa grave e non deve aver compiuto atti in frode ai creditori (es. distrazione di beni). Questa valutazione di meritevolezza è particolarmente stringente per il piano del consumatore, ma, come vedremo, rileva in qualche misura anche nel concordato minore e sicuramente nell’esdebitazione. Ad esempio, un ex imprenditore che abbia dilapidato volontariamente i propri beni o contratto debiti per scopi illeciti potrebbe vedersi negare l’accesso. In particolare, la Corte di Cassazione ha affermato che anche nel concordato minore, pur non essendo formalmente richiesta la “meritevolezza” come nel piano del consumatore, il giudice deve comunque valutare l’affidabilità del proponente e le cause dell’indebitamento, verificando se il debitore abbia tenuto un comportamento gravemente imprudente. Ad esempio, nella sentenza Cass. 30538/2024 si è ritenuto rilevante che un imprenditore avesse reiteratamente omesso di pagare imposte (anche di modesto importo) e contemporaneamente acquistato un immobile aggravando il debito, giudicando ciò un indice di scarsa affidabilità tale da giustificare il diniego dell’omologazione dell’accordo. Questo per dire che “come si è creato il debito” conta: un sovraindebitamento derivato da sfortuna, crisi economica, scelte non irragionevoli avrà tutela, mentre uno causato da speculazione azzardata o malafede no.
  • Soglia di fallibilità e legittimazione: Queste procedure sono accessibili ai soggetti non fallibili. Chi sono? La definizione classica (ex art. 1 L.Fall. e ora art. 2 CCII) include: privati consumatori, piccoli imprenditori sotto le soglie di cui sopra, imprenditori agricoli, start-up innovative, enti non profit, professionisti, ecc.. In pratica, chiunque non sia soggetto a liquidazione giudiziale (fallimento) può utilizzare la legge sul sovraindebitamento. Le soglie di non fallibilità sono rimaste quelle storiche: attivo patrimoniale annuo ≤ €300.000, ricavi ≤ €200.000, debiti ≤ €500.000 negli ultimi 3 esercizi. Se l’ex sala giochi rientra in questi parametri, potrà accedere. Va aggiunto che il CCII ha fatto chiarezza su alcuni soggetti particolari: ad esempio, i soci di società di persone per debiti estranei alla società, i fideiussori, gli eredi dell’imprenditore defunto (che abbiano accettato con beneficio d’inventario dopo un anno dalla morte), possono essere soggetti non fallibili e quindi rientrare nel sovraindebitamento. Nel caso del socio di S.n.c. o accomandatario di S.a.s., se è personalmente responsabile di debiti sociali e la società non è fallita, egli potrebbe usare la legge 3/2012 per la sua posizione personale. Nota Bene: c’è una peculiare esclusione, attualmente, per l’imprenditore individuale che si sia cancellato dal Registro Imprese e voglia proporre un concordato minore liquidatorio: l’art. 33 co. 4 CCII (come mod. dal D.Lgs 147/2020) stabilisce che la sua domanda è inammissibile. Ciò significa che un ex imprenditore, se aveva dimensioni piccole, potrà comunque accedere alla liquidazione controllata o forse al piano del consumatore (se i debiti sono per lo più personali), ma non potrà scegliere il concordato minore dopo la cancellazione. Questa limitazione è oggetto di critiche dottrinali e si auspica un intervento correttivo, ma al luglio 2025 è vigente. Dunque, un ex titolare di sala giochi che abbia chiuso la partita IVA e cancellato l’impresa, se vuol fare una proposta ai creditori dovrà eventualmente qualificarsi come consumatore o ricorrere alla liquidazione controllata.

Detto ciò, vediamo le singole procedure:

Piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore (già Piano del consumatore)

Cos’è: È una procedura riservata al consumatore, ossia alla persona fisica che ha contratto debiti per scopi estranei all’attività imprenditoriale eventualmente svolta. In sostanza, è l’evoluzione del “piano del consumatore” della L.3/2012. Permette al debitore di proporre un piano di pagamento parziale o dilazionato dei debiti senza necessitare del consenso dei creditori: sarà il Tribunale a valutare ed eventualmente omologare il piano, se ritiene che sia fattibile e che il debitore meriti l’esdebitazione (in base alla sua condotta pregressa).

Chi può accedervi: Solo il debitore persona fisica non fallibile che ha debiti di natura prevalentemente personale o familiare. Se il debitore ha svolto un’attività d’impresa, può comunque presentarsi come consumatore per i debiti di natura civile. Il discrimine sta nell’origine dei debiti: ad esempio, se l’ex titolare di sala giochi ha contratto la maggior parte dei debiti come privato (prestiti personali per spese familiari, finanziamenti al consumo, bollette, ecc.) e solo marginalmente debiti d’impresa, potrebbe qualificarsi come consumatore. In caso di commistione di posizioni, la giurisprudenza valutava prevalenza e meritevolezza. Da notare che il D.Lgs. 136/2024 (“correttivo ter”) ha modificato la nozione di consumatore, probabilmente escludendo taluni casi dubbi. In dottrina si ritiene che l’ex imprenditore individuale con debiti d’impresa non pagati non possa definirsi consumatore solo per essersi cancellato: contano la natura delle obbligazioni. Quindi, un ex titolare di sala giochi con ingenti debiti fiscali e verso fornitori sarà difficilmente ammesso al piano consumatore, perché quei debiti derivano dall’attività.

Meccanismo: Il debitore, con l’ausilio obbligatorio di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) e di un gestore nominato, elabora un piano dettagliato che indica:

  • l’elenco di tutti i creditori e i rispettivi crediti;
  • quanto propone di pagare a ciascuno (eventualmente prevedendo anche pagamenti parziali, falcidie di crediti chirografari, dilazioni nel tempo);
  • le risorse che utilizzerà per pagare (redditi futuri, aiuti da terzi, vendita di qualche bene, ecc.);
  • la durata del piano (ad es. piano quinquennale di versamenti mensili);
  • le cause dell’indebitamento e la condotta tenuta (nella relazione dell’OCC deve emergere la meritevolezza: l’OCC relaziona sul fatto che il sovraindebitamento non deriva da frodi o colpe gravi, e sul fatto che il debitore non ha assunto obbligazioni oltre le proprie possibilità volontariamente).

Il piano può anche prevedere il pagamento parziale di debiti privilegiati o fiscali, ma in questo caso occorre il voto (assenso) del creditore privilegiato se la falcidia è inferiore a quanto otterrebbe in liquidazione. Diversamente dal concordato minore, nel piano del consumatore puro non c’è votazione generale, ma è richiesta per legge la non contestazione da parte di eventuali creditori privilegiati degradati. In pratica:

  • i creditori chirografari sono vincolati dal piano omologato anche se otterranno solo una percentuale minima dei loro crediti;
  • i creditori privilegiati (es. il Fisco, banche con ipoteca) vanno di norma pagati per intero almeno fino a concorrenza del valore del bene su cui hanno privilegio o garanzia; se il piano propone di pagare di meno, serve il loro accordo espresso. Su questo punto, l’art. 68 CCII consente la falcidia dei crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca solo se: o il creditore aderisce, oppure se il piano prevede che essi riceveranno non meno di quanto otterrebbero in una ipotetica liquidazione dei beni del debitore. Quindi ad esempio: se il contribuente ha un debito IVA di €50.000 e il piano offre €10.000, il tribunale potrebbe non omologare se ritiene che in liquidazione l’Erario avrebbe ottenuto di più vendendo i beni del debitore. Va detto che la cassazione e la dottrina hanno discusso la possibilità di stralciare l’IVA: alcuni tribunali prima del 2022 lo consentivano integralmente, altri richiedevano almeno il pagamento del capitale IVA (considerando l’IVA un tributo di ordine pubblico). Il CCII ha recepito la Direttiva UE 2019/1023 che tende a permettere il fresh start, quindi è orientato a consentire il taglio anche dell’IVA se necessario, in linea col favor debitoris europeo, purché il piano sia equo e il debitore meritevole.

Vantaggi del piano consumatore:

  • Nessun voto dei creditori chirografari: a differenza di altre procedure, qui il debitore non deve convincere la maggioranza dei creditori. È sufficiente che il Giudice valuti positivamente il piano e la condotta del debitore. Ciò è utile quando i creditori sono ostili o numerosi, poiché si bypassa il loro consenso attivo.
  • Sospensione azioni esecutive: Dalla presentazione del ricorso per omologazione, il tribunale può sospendere le esecuzioni in corso e vietare nuovi pignoramenti (automaticamente o su istanza). L’omologazione rende poi il piano vincolante e blocca ogni azione individuale: i creditori dovranno attenersi ai pagamenti previsti dal piano, e non potranno pignorare altri beni.
  • Flessibilità e tutela del debitore: Il piano può modulare i pagamenti secondo le effettive possibilità. Ad esempio, può prevedere che il debitore mantenga per sé una quota di reddito necessaria a vivere dignitosamente e destini solo il surplus ai creditori. Il CCII esplicita che il debitore deve poter conservare il minimo vitale (parametrato all’assegno sociale aumentato della metà, moltiplicato per nucleo familiare, nelle linee guida). Inoltre, debiti come multe, bollette, finanziamenti vari possono essere azzerati in parte o totalmente se il piano dimostra che il debitore proprio non può pagarli. Restano esclusi solo debiti di natura personale non eliminabili, come le obbligazioni alimentari verso il coniuge o figli (assegni di mantenimento), che per legge non possono essere toccate da queste procedure.
  • Esdebitazione integrale finale: Una volta eseguiti i pagamenti promessi nel piano (anche se fossero solo una piccola percentuale del totale debiti), il debitore ottiene la cancellazione di tutti i debiti residui inclusi nel piano (salvo quelli non ammessi per legge). L’esdebitazione nel piano del consumatore è contestuale all’omologazione: l’art. 69 CCII prevede che l’omologazione produce effetti esdebitativi sub conditione del completamento del piano. Se il debitore rispetta il piano, i debiti vengono definitivamente annullati.

Svantaggi e limiti:

  • Accesso selettivo: Richiede elevata meritevolezza. Se emergono comportamenti anche solo gravemente imprudenti (es. indebitamento colposo eccessivo), il giudice può negare l’omologazione. Ad esempio, Cass. 34150/2024 ha ribadito che il giudice deve scrutinare attentamente l’origine del debito e il comportamento del consumatore, specie se ci sono state leggerezze nel contrarre nuovi debiti.
  • Solo per debiti privati: se i debiti principali sono d’impresa, occorre ripiegare su concordato minore o liquidazione controllata. Il piano consumatore non può essere usato come escamotage per debiti professionali: la riforma 2024 ha chiarito che non è ammissibile un piano del consumatore se il debitore ha anche debiti professionali o d’impresa non marginali (limitando la procedura ai debiti “100% consumeristici”).
  • Rigore nei pagamenti futuri: Una volta omologato, il piano diventa legge: il debitore deve rispettare le scadenze. Un eventuale inadempimento grave (solitamente, saltare pagamenti per oltre 90 giorni o non pagare almeno il 10% di quanto promesso) può portare alla revoca dell’omologazione su istanza dei creditori e far perdere il beneficio. Occorre quindi un piano prudente e sostenibile.
  • Durata limitata: Di solito il piano non può eccedere 5 anni (linee guida OCC e prassi; il CCII non fissa un termine rigido, ma piani eccessivamente lunghi sono malvisti perché tengono i creditori in sospeso troppo a lungo).
  • Costi procedurali: Bisogna considerare il compenso dell’OCC e le spese legali. Tuttavia, se il debitore ha basso reddito può chiedere il patrocinio a spese dello Stato per le spese legali, e i compensi OCC sono regolati dal DM 202/2014 (spesso rapportati a una percentuale sui debiti e riducibili). Per i debitori incapienti c’è anche il neoistituito Fondo per l’esdebitazione degli incapienti (introdotto dalla L. 197/2022) che può contribuire a coprire le spese OCC e procedurali, evitando che i costi siano un ostacolo.

In conclusione, il piano del consumatore è lo strumento ideale se l’ex titolare di sala giochi, ora privato cittadino, ha la maggior parte dei debiti derivanti da esigenze personali (es. mutuo casa, prestiti, carte di credito) e può offrire una soluzione di pagamento parziale ragionevole. Se invece i debiti sono stati contratti per l’attività commerciale, allora come detto bisogna guardare al concordato minore.

Concordato minore (già Accordo di composizione dei debiti)

Cos’è: Il concordato minore è la procedura destinata ai debitori non fallibili che non sono consumatori puri, quindi tipicamente piccoli imprenditori, professionisti con debiti professionali, etc. Corrisponde all’“accordo di composizione della crisi” della L.3/2012. A differenza del piano consumatore, qui il debitore propone un accordo ai creditori e serve il voto favorevole di una certa maggioranza di essi (almeno il 60% dei crediti ammessi al voto secondo la vecchia legge; il CCII ha ridotto al 50% la maggioranza richiesta). Una volta raggiunto l’accordo e omologato dal tribunale, esso è vincolante per tutti i creditori anteriori.

Chi può accedervi: Qualsiasi debitore non fallibile che non sia un consumatore o che, pur essendo persona fisica, abbia debiti in parte derivanti da attività d’impresa o professionale. Il concordato minore è la via maestra per l’ex titolare di sala giochi con debiti legati all’attività. Ad esempio, un artigiano, un commerciante sotto soglia, un imprenditore agricolo, un professionista con Partita IVA indebitato verso fornitori e fisco. Anche le società non fallibili (come una startup innovativa o un ente non profit) potrebbero teoricamente utilizzare il concordato minore. Attenzione: Come già notato, una problematica clausola esclude l’imprenditore individuale cancellato dal registro imprese dalla domanda di concordato minore. Ciò significa che se la persona ha chiuso la propria ditta individuale, la legge oggi come oggi gli impedirebbe il concordato minore, forzandolo verso la liquidazione controllata. Questa rigidità appare irrazionale (perché magari costui potrebbe pagare qualcosa ai creditori, ma non può farlo tramite concordato minore) ed è dibattuta; non di meno, occorre tenerne conto nella pratica.

Meccanismo: Procede così:

  • Il debitore presenta una proposta di concordato minore con un piano di fattibilità allegato e la relazione dell’OCC. La proposta indica come intende soddisfare i creditori (percentuali e tempi). Può prevedere sia continuità (cioè proseguire un’attività, se ad es. la sala giochi fosse ancora aperta e si vuole ristrutturare il debito mantenendola attiva) sia liquidazione dei beni (vendita di asset, immobili, ecc. per pagare i creditori). La proposta in genere offrirà ai creditori chirografari una certa percentuale sul loro credito (ad es. “il 20%, pagato in 4 anni”) e ai creditori privilegiati il pagamento integrale o per il valore di realizzo delle garanzie.
  • Il tribunale, ricevuta l’istanza, valuta preliminarmente l’ammissibilità (requisiti soggettivi e documenti in regola). Se ammette la procedura, nomina un gestore della crisi (dall’OCC) che cura il procedimento.
  • I creditori vengono chiamati a votare sulla proposta. La votazione può avvenire per mezzi telematici o in adunanza. Si applica la regola del silenzio-assenso: i creditori che non esprimono voto entro il termine assegnato si considerano favorevoli. Ciò è stato pensato per agevolare il raggiungimento della maggioranza anche in presenza di creditori poco attivi. La Cassazione ha chiarito che il termine per il voto, se cade in periodo feriale, non subisce sospensione feriale (trattandosi di termine sostanziale interno alla procedura concorsuale). Occorre il voto favorevole di creditori rappresentanti almeno il 50% dei crediti ammessi al voto. I crediti privilegiati possono votare solo per la parte eventualmente falcidiata (non per l’intero se vengono pagati integralmente).
  • Se la maggioranza vota sì, il tribunale procede all’omologazione. Anche in caso di mancato raggiungimento del quorum, il debitore ha una chance: il tribunale può omologare d’ufficio se ritiene che il mancato raggiungimento sia dovuto a inerzia e che la proposta sia comunque vantaggiosa per i creditori (principio di cram down, introdotto dal CCII in linea con la direttiva UE). Ad esempio, se vota solo il 30% dei creditori ma tutti favorevoli e gli altri non rispondono, il giudice può ritenere approvata per silenzio-assenso implicito.
  • Con l’omologazione, il concordato minore diventa vincolante per tutti i creditori anteriori, compresi dissenzienti e non votanti. Da quel momento in poi i creditori potranno solo ricevere quanto stabilito nel concordato e non agire diversamente.
  • Una volta eseguito il concordato (cioè effettuati i pagamenti promessi), il debitore persona fisica ottiene l’esdebitazione per i crediti chirografari residui eventualmente non soddisfatti (ad es. se il concordato prometteva 20%, il restante 80% viene cancellato).

Vantaggi:

  • Consente accordi “su misura”: Può essere molto flessibile. Ad esempio, il debitore potrebbe proporre di pagare integralmente i piccoli creditori fino a €1000 (per ragioni etiche o pratiche), e pagare al 30% i creditori maggiori; oppure creare classi di creditori trattati in modo differenziato (es. separare i fornitori dall’erario). Le classi sono ammesse se vi sono ragioni di diversità nella posizione dei creditori e facilitano la votazione per classi.
  • Richiede il 50%, non l’unanimità: Convincere la metà (in valore) dei crediti è fattibile in molte situazioni, specie se il creditore principale vede convenienza. Quelli dissenzienti sono comunque trascinati se la maggioranza è raggiunta.
  • Possibilità di moratoria ai privilegiati: Nel concordato minore con continuità l’imprenditore può chiedere di pagare i creditori privilegiati (es. Fisco, banca ipotecaria) nell’arco di tempo fino a 2 anni dall’omologazione, a norma dell’art. 86 CCII, anche se il creditore non è d’accordo. Questo dà respiro in cassa, fermo restando che vanno soddisfatti integralmente o secondo l’accordo.
  • Conservazione dell’attività: Se l’ex titolare volesse riavviare o proseguire un’attività (magari convertendo la sala giochi in altro business) può farlo tramite concordato minore in continuità, ottenendo la protezione dai creditori mentre ristruttura l’impresa.
  • Blocco delle azioni esecutive: Come per il piano consumatore, durante la procedura i creditori non possono avviare o proseguire esecuzioni individuali. Ciò è vitale per preservare beni chiave (es. impedire l’asta della casa mentre si cerca l’accordo).
  • Esdebitazione finale: Il debitore meritevole, completato il piano concordatario, è liberato dai debiti residui non soddisfatti. Da notare: nel concordato minore la legge non richiede una soglia minima di pagamento ai fini dell’esdebitazione. Già la Cassazione (ord. 27562/2024) in tema di esdebitazione fallimentare ha chiarito che non serve un soddisfacimento minimo percentuale dei creditori per concedere la liberazione dai debiti, spostando il focus sul comportamento del debitore. Questo principio di favor vale a maggior ragione nel sovraindebitamento: se il concordato paga anche solo una piccola quota ma è il massimo realisticamente ottenibile, il debitore a fine procedura sarà esdebitato.

Svantaggi:

  • Procedura più complessa: Serve la fase di voto, che può richiedere tempo e formalità. Se i creditori sono molti, la raccolta dei voti è impegnativa. Inoltre, se un creditore importante vota contro e supera il 50% da solo, può bloccare il piano (es. l’Erario ha il 60% dei crediti e dice no: non si raggiunge la maggioranza). Tuttavia, notiamo che nei casi di forte dissenso di un creditore privilegiato, spesso significa che la proposta per quel creditore non era conveniente; il debitore potrebbe allora modificare la proposta (nei limiti) per ottenere quel sì, oppure passare alla liquidazione controllata se un accordo non è fattibile.
  • Vincolo del 50%: In alcune situazioni di frammentazione dei crediti, è difficile ottenere metà dell’ammontare. Ad esempio, se il debitore ha 100 piccoli creditori e molti non partecipano, si rischia di non fare numero. Il silenzio-assenso attenua il problema, ma occorre comunque raggiungere il quorum. Il meccanismo del silenzio-assenso è applicabile solo se almeno un creditore ha votato espressamente: se tutti tacciono, non c’è base per omologare. La Cassazione (sent. 13877/2023) ha posto un limite: il silenzio-assenso vale solo se il creditore è stato regolarmente informato e invitato al voto, altrimenti non lo si può considerare favorevole tacito. Quindi è cruciale la notifica corretta a tutti i creditori.
  • Esclusione post-chiusura impresa: Come detto, l’ex imprenditore cancellato non può fare concordato minore liquidatorio. Ciò è un limite normativo attuale: se Tizio ha chiuso la sua ditta e vuole proporre di liquidare i beni con un accordo ai creditori, paradossalmente la legge glielo vieta; dovrà necessariamente avviare una liquidazione controllata (procedura concorsuale liquidatoria giudiziale) invece di un accordo negoziato.
  • Rispetto delle cause di prelazione: Nel concordato minore occorre rispettare la regola di trattare meglio i creditori con garanzie rispetto a quelli chirografari, salvo consenso contrario. Non si possono far preferenze indebite né violare l’ordine legale. C’è la possibilità di deroga al par condicio solo con consenso di tutti i pregiudicati. Ad esempio, non si può proporre di pagare zero un creditore ipotecario lasciando intatta l’ipoteca e soddisfare altri: bisognerebbe liquidare il bene ipotecato e dare quel ricavato al creditore ipotecario.

In conclusione, il concordato minore è lo strumento più adatto per un ex titolare di sala giochi che voglia evitare la mera liquidazione e abbia una proposta attiva da fare (ad esempio pagando parzialmente i debiti con i proventi di una nuova attività o con aiuti terzi). Se tuttavia nessuna proposta appare praticabile o i creditori non collaborano, rimane la liquidazione controllata.

Liquidazione controllata del sovraindebitato (già Liquidazione del patrimonio)

Cos’è: È la procedura liquidatoria prevista per il sovraindebitato. In pratica equivale a un “fallimento volontario” del debitore non fallibile, con la differenza che ha finalità di esdebitazione. Si realizza la vendita di tutti i beni del debitore (salvo quelli impignorabili) sotto il controllo del tribunale, e il ricavato viene distribuito ai creditori. Importante: a differenza del fallimento tradizionale, qui la legge prevede esplicitamente e automaticamente la liberazione dai debiti residui a fine procedura (esdebitazione) senza bisogno di una separata istanza. La liquidazione controllata è uno strumento di “ultima istanza”: si usa quando il debitore non ha la possibilità di proporre o sostenere un piano/concordato, oppure quando essi falliscono.

Chi può accedervi: Qualsiasi debitore sovraindebitato non fallibile può chiedere l’apertura della propria liquidazione controllata. Anzi, anche il creditore o il pubblico ministero possono chiederla (novità del CCII): se il debitore è manifestamente insolvente, un creditore potrebbe istigare la liquidazione controllata d’ufficio, però in tal caso non ci sarebbe esdebitazione automatica salvo meritevolezza (il CCII prevede che se la liquidazione è iniziata su istanza di terzi, l’esdebitazione a fine procedura non è automatica ma va richiesta e concessa se il debitore collabora). Nel nostro scenario, è generalmente il debitore stesso a farne istanza, perché vede nella liquidazione controllata la via per chiudere i conti una volta per tutte con i creditori.

Meccanismo:

  • Il debitore deposita un’istanza di apertura di liquidazione controllata al tribunale competente (sua residenza o sede), allegando l’elenco di tutti i beni, i creditori, l’OCC, ecc. Non serve l’accordo dei creditori.
  • Il tribunale, verificati i presupposti (sovraindebitamento, documentazione regolare, assenza di atti fraudolenti macroscopici, ecc.), dichiara aperta la liquidazione con decreto. Nomina un liquidatore (spesso un professionista gestore della crisi) che sostituirà il debitore nell’amministrazione dei beni.
  • Da quel momento, tutti i beni non necessari alla vita quotidiana del debitore entrano nella massa attiva da liquidare. Il liquidatore dovrà fare l’inventario, vendere i beni mobili e immobili magari tramite procedure competitive (aste) oppure anche trattativa privata autorizzata. Il debitore è spossessato, analogamente al fallimento: può però ottenere un budget per il mantenimento proprio e della famiglia, e può continuare eventuali attività lavorative con controllo del liquidatore sui guadagni.
  • Tutti i creditori devono presentare domanda di partecipazione (insinuazione) al passivo entro termini stabiliti nel decreto di apertura (tipicamente 30 giorni dalla pubblicazione). Il liquidatore esamina le domande e predispone uno stato passivo, che il giudice approva.
  • Eventuali contenziosi su crediti (opposizioni allo stato passivo) vengono risolti dal tribunale come in un mini-fallimento.
  • Il liquidatore poi procede a distribuire man mano il ricavato delle vendite secondo le prelazioni: prima i creditori con pegni/ipoteche sul ricavato di quei beni, poi i privilegiati nei limiti, infine se avanza qualcosa, ai chirografari pro quota.
  • La durata della liquidazione controllata è stata ridotta: il CCII stabilisce che normalmente la procedura debba chiudersi entro 3 anni dall’apertura, contro i 4 anni della vecchia legge. Trascorsi tre anni, il debitore ha diritto che il procedimento si chiuda salvo proroghe per casi eccezionali (ad es. se ci sono cause pendenti che potrebbero far entrare attivo). Va menzionato che una pronuncia (Trib. Savona 23/1/2025) ha osservato che, in presenza di ragioni giustificate, la procedura di liquidazione controllata può prolungarsi oltre il triennio (ad esempio se è in corso una causa per recuperare un credito del debitore, o se un immobile non si vende in tempo), ma resta ferma la regola generale dei 3 anni.
  • Al termine, il liquidatore presenta il rendiconto finale e il giudice dichiara chiusa la liquidazione.

Esdebitazione: La grande àncora di salvezza per il debitore è che, trascorsi i tre anni, il liquidatore attesta l’adempimento degli obblighi e il giudice dichiara l’esdebitazione del debitore per tutti i debiti anteriori non soddisfatti. E questo senza bisogno di un’apposita istanza (diversamente da quanto accadeva prima, dove il debitore fallito doveva fare richiesta di esdebitazione dopo la chiusura). Diventa dunque un effetto “automatico” incorporato nella procedura. Ci possono essere cause ostative: ad esempio se il debitore ha tenuto comportamenti fraudolenti, o non ha cooperato, l’esdebitazione può essergli negata. Ma se è meritevole e ha rispettato le regole, ottiene la liberazione. Non è richiesto aver pagato una soglia minima di debito (come confermato dall’evoluzione normativa e dalla Cass. 27562/2024); l’importante è la condotta. Ciò significa che anche se i creditori hanno ricevuto solo l’1% dei loro crediti, l’esdebitazione sarà concessa, purché quell’1% rappresentasse tutto il ricavabile onestamente dal patrimonio del debitore. La Cassazione ha chiarito che va valutato il contesto: se la percentuale è bassa ma il debitore ha fatto tutto il possibile, non è “irrisoria” in senso colpevolizzante.

Vantaggi:

  • Semplicità: Non serve convincere creditori né fare proposte complesse. È una procedura standard: utile quando il debitore non ha nulla da offrire se non i propri beni per quello che valgono. Ad esempio, l’ex titolare di sala giochi è disoccupato, possiede solo un piccolo appartamento e null’altro: la liquidazione venderà l’appartamento, distribuirà i proventi e il debitore sarà libero dal residuo.
  • Protezione immediata: Con il decreto di apertura, scatta il divieto di azioni esecutive individuali e cautelari. I pignoramenti in corso vengono dichiarati improcedibili (salvo quelli già compiuti, che confluiscono eventualmente nella liquidazione). Questo mette al riparo il debitore dal far west delle esecuzioni e centralizza tutto.
  • Tempistica definita: Il debitore sa che in 3 anni (salvo eccezioni) finirà l’incubo. Questo termine certo è una conquista del CCII, che ha voluto evitare liquidazioni sine die.
  • Residuo di reddito protetto: Come accennato, il debitore può tenersi una parte dei redditi futuri per vivere. Il giudice di merito di solito fissa una somma mensile impignorabile per il mantenimento. Quindi se il debitore trova lavoro durante la liquidazione, non è detto che tutto il suo stipendio vada ai creditori: il “sovrappiù” rispetto alle esigenze di vita sì, ma il minimo vitale no.
  • Unico evento per risolvere tutto: La liquidazione controllata consente di chiudere tutti i debiti in un colpo solo: anche i debiti verso lo Stato (salvo eccezioni come multe penali, alimenti, etc., che comunque di regola non sono esdebitabili). Ad esempio, i debiti fiscali rientrano e vengono trattati alla pari degli altri (con i loro privilegi in graduatoria, ma se il patrimonio non copre, il residuo va cancellato). L’Agenzia delle Entrate potrà insinuarsi per l’IVA, l’IRPEF etc., ma se ricava il 5% amen, il restante 95% è perso e il debitore non ne risponde più. Ciò è fondamentale: come confermato, la legge 3/2012 prima e il CCII poi si applicano a tutti i debiti fiscali, pure se era stata chiesta rottamazione, e possono cancellare capitale, interessi e sanzioni. Per l’IVA alcuni giudici ammettono cancellazione totale, altri parziale (pagamento almeno del capitale), ma con la nuova normativa l’orientamento è di consentire l’esdebitazione totale conformemente ai principi europei, salvo dolo.

Svantaggi:

  • Perdita del patrimonio: Il rovescio della medaglia è ovvio: il debitore deve rinunciare ai suoi beni. La casa di abitazione, se non rientra nei casi protetti (prima casa non pignorabile dal fisco, vedi infra), verrà venduta. I conti, se c’è liquidità, verranno usati. Qualunque asset di valore deve essere sacrificato. Questo è doloroso ma è il prezzo per la liberazione dai debiti. Tuttavia, talvolta il debitore può concordare col liquidatore soluzioni meno traumatiche: es. trovare un acquirente per la casa che gli permetta di rimanere come affittuario; oppure cedere beni di famiglia in accordo. Ma formalmente il patrimonio diventa gestito da altri.
  • Stigma e controllo: La procedura viene iscritta nel casellario delle procedure concorsuali e pubblicizzata (PEC ai creditori, registro pubblico). Inoltre, durante i tre anni il debitore vive sotto controllo: deve informare l’OCC di eventuali miglioramenti economici, non può fare nuove spese eccessive né indebitarsi ulteriormente. È un periodo di “purgatorio” in cui deve rigare dritto.
  • Esclusione casi di frode: Se emergono atti in frode (vendite simulate, distrazione di beni) il tribunale può revocare la liquidazione e negare l’esdebitazione, lasciando il debitore con i debiti e magari pure azioni di responsabilità. Quindi chi intende usare questo strumento deve prima mettersi in regola: ad esempio, evitare di aver venduto la macchina al parente per un euro poco prima di chiedere la liquidazione. Tali atti sarebbero revocati o cause di inammissibilità.
  • Una volta sola: L’esdebitazione successiva a liquidazione può essere concessa una sola volta nella vita (principio generale, già nel vecchio art. 142 L.Fall. e confermato nel CCII). Dunque il debitore deve giocarsi bene questa carta perché non potrà ottenere un’altra cancellazione dei debiti in futuro se dovesse ricadere in insolvenza (salvo il caso particolare dell’esdebitazione incapiente di cui a breve, la quale è anch’essa one-shot).
  • Possibile richiesta di contributo futuro: Il CCII ha introdotto, per l’esdebitazione post liquidazione, un obbligo in capo al debitore: se entro 4 anni dalla chiusura liquidazione egli dovesse conseguire utilità rilevanti (es. un’eredità, una vincita, una forte crescita di reddito) tali da permettergli di pagare almeno il 10% dei debiti esdebitati, allora deve segnalarlo all’OCC e pagare ai vecchi creditori quella parte fino al 10%. Questo per evitare finti “poveri” che azzerano tutto e poi vincono alla lotteria. Si tratta quindi di una condizione risolutiva parziale dell’esdebitazione: se uno fa improvvisamente fortuna entro 4 anni, i creditori possono riavere qualcosa.

In conclusione, la liquidazione controllata è il paracadute finale per l’ex titolare di sala giochi che non riesce altrimenti a risolvere il sovraindebitamento. Gli consente di chiudere definitivamente col passato, al costo di consegnare i propri beni (ma salvando la propria persona dalla morsa perpetua dei debiti). È da scegliere consapevolmente, magari dopo aver tentato accordi o piani meno drastici.

Esdebitazione del debitore incapiente (o “esdebitazione senza utilità”)

Cos’è: Una novità importantissima introdotta dal Codice della Crisi (D.Lgs 14/2019, art. 283) e resa operativa dal 15 luglio 2022 è la possibilità per il debitore persona fisica sovraindebitato, privo di qualsiasi capacità di offrire ai creditori utilità (cioè senza beni liquidabili né redditi aggredibili), di ottenere comunque la cancellazione dei propri debiti senza dover prima liquidare un patrimonio. È l’esdebitazione dell’incapiente, soprannominata anche esdebitazione “a zero” o “senza utilità”. Rappresenta un istituto di “clemenza” verso il debitore completamente in disgrazia ma meritevole, per dargli un fresh start pur non avendo nulla da distribuire ai creditori.

Chi può accedervi: Solo persone fisiche (no società) che:

  • siano non fallibili e sovraindebitate;
  • siano meritevoli (non abbiano commesso frodi, atti in frode, né contratto debiti con colpa grave);
  • soprattutto, non siano in grado di offrire nessuna utilità ai creditori nemmeno tramite un’eventuale procedura di liquidazione. In altre parole, il debitore non deve avere beni vendibili né capacità di generare eccedenze di reddito da destinare ai creditori. Deve proprio essere un nullatenente o giù di lì. Ad esempio, un ex imprenditore disoccupato, senza casa di proprietà (magari in affitto), senza auto di valore, con solo modesti arredi e stipendio minimo che gli serve per vivere.

Procedura: Il debitore presenta al tribunale un’istanza di esdebitazione incapiente, allegando una relazione dell’OCC che attesti la sua situazione patrimoniale nulla e le cause del sovraindebitamento. Non c’è un piano di pagamento perché nulla può pagare. Il tribunale convoca i creditori per sentire eventuali opposizioni: i creditori possono infatti contestare ad esempio che il debitore in realtà qualche bene lo aveva o lo ha nascosto, o che non sia meritevole (ad es. “è indebitato perché ha giocato d’azzardo incautamente”, anche se su questo poi c’è giurisprudenza favorevole ai ludopatici meritevoli). Se non emergono opposizioni fondate e i requisiti sono confermati, il tribunale emette un decreto di esdebitazione che cancella tutti i debiti del debitore incapiente.

Effetti: I debiti anteriori al decreto (di qualsiasi natura, fiscali inclusi) sono inesigibili. Il debitore rinasce pulito. Questo decreto è soggetto a revoca solo se, entro i 4 anni successivi, il debitore dovesse conseguire delle utilità rilevanti (analogamente a quanto visto per la liquidazione) e non le condividesse con i creditori. In pratica, se entro 4 anni l’incapiente “baciato dalla fortuna” non corrisponde almeno il 10% ai vecchi creditori, il beneficio può essere revocato su richiesta dei creditori (quindi i debiti tornano in vita per la parte non pagata del 10%). Il debitore deve informare annualmente l’OCC sulla propria situazione economica per quel quadriennio.

Vantaggi:

  • Risolve i casi disperati: È l’unica via per chi non ha neanche i soldi per pagare una procedura di liquidazione. Prima del 2022, tali persone restavano intrappolate a vita dai debiti (a meno di condoni legislativi). Ora possono appellarsi alla clemenza del tribunale per avere una seconda chance. Ad esempio, un soggetto indigente con €100.000 di debiti sanitari o di ex attività, nullatenente, può tornare a zero debiti e ricostruirsi una vita.
  • Procedura veloce ed economica: Non essendoci attivo da amministrare, la procedura è rapida. Il giudice valuta e decide. Anche i costi OCC sono contenuti: il CCII prevede che i compensi OCC in questo caso siano dimezzati e spesso vengono coperti da fondi di solidarietà o dallo Stato, soprattutto se il debitore ha i requisiti per il gratuito patrocinio. Il contributo unificato è basso (€98) e può essere anticipato dallo Stato se il debitore è ammesso al patrocinio.
  • Nessuna pubblicità di una procedura concorsuale lunga: Si evita di aprire una procedura di liquidazione che in realtà costerebbe più di quanto rende. Tutto si riduce a un provvedimento giudiziale.
  • Applicabilità ampia: Può includere anche debiti derivati da fideiussioni o coobbligazioni d’impresa, finanche debiti di ex imprenditori che però davvero non hanno mantenuto nulla dall’impresa. È quindi utile in situazioni di ex soci che hanno perso tutto e si trovano lo stesso inseguiti dai creditori.

Svantaggi e limiti:

  • Criterio severo di meritevolezza: Qui ancor di più il giudice valuta l’origine dei debiti. Se il sovraindebitamento è frutto di “comportamenti scellerati” del debitore, l’istanza sarà respinta. Ad esempio, se il soggetto ha dilapidato volontariamente il patrimonio o ha speso in lusso oltre le sue possibilità, difficilmente otterrà compassione dal tribunale. Viceversa, se le cause sono sfortunate (malattia, perdita del lavoro, fideiussione escussa a seguito fallimento altrui, ecc.), c’è buona chance. È significativo che anche chi ha contratto debiti per ludopatia (dipendenza dal gioco d’azzardo) potrebbe accedere, in quanto alcune sentenze passate hanno riconosciuto l’incolpevolezza di soggetti ludopatici, trattandosi di una patologia che porta a indebitarsi compulsivamente.
  • Debitore totalmente incapiente: Deve essere davvero nullatenente. Se c’è anche solo un bene liquidabile o un margine di reddito, allora la strada giusta è la liquidazione controllata, non questa. Il tribunale in genere respingerà se ritiene che qualcosa si poteva dare. Ad esempio, se il debitore ha un’auto da €5.000, anche modesta, può dire: vendila e fai liquidazione. L’istituto è calibrato sui casi proprio di miseria.
  • Una tantum: Vale la regola generale, concessa una volta sola nella vita. Quindi è un jolly irripetibile.
  • Vigilanza post-esdebitazione: Come detto, per 4 anni c’è questo dovere di informare e la spada di Damocle di dover pagare se si rifà una piccola fortuna. Questo può scoraggiare qualcuno? In realtà è equo: permette di chiudere col passato ma se c’è un colpo di fortuna, si condivide un pezzetto con i creditori. Non è un vero svantaggio, ma da tenere presente.

In definitiva, l’esdebitazione incapiente è la misura di civiltà giuridica che consente di dire: “anche il povero assoluto può essere liberato dai debiti”. Potrebbe riguardare il nostro ex titolare di sala giochi se, ad esempio, l’attività è fallita e lui è rimasto senza niente, magari in affitto, mantenuto dai familiari. In tal caso, presentata la domanda e accertata la genuinità, otterrà il decreto di esdebitazione e potrà ripartire con dignità. L’assistenza di un professionista rimane opportuna perché la predisposizione del ricorso e il dialogo con l’OCC richiedono competenze (la legge lo consiglia espressamente).

Fallimento (Liquidazione giudiziale) ed esdebitazione post-fallimentare

Per completezza, dal punto di vista del debitore ex imprenditore, affrontiamo brevemente anche l’ipotesi in cui egli sia soggetto a liquidazione giudiziale (cioè il “fallimento” secondo il CCII). Questo può accadere se la sua impresa superava i limiti di non fallibilità, oppure se era una società di capitali, o se i creditori hanno forzato tale esito. Ad esempio, immaginiamo che l’ex titolare di sala giochi gestiva tramite una S.r.l. con debiti di €1 milione; la società viene dichiarata in liquidazione giudiziale su istanza creditori e il socio garantì i debiti: la persona fisica potrebbe comunque essere coinvolta (come garante) e poi cercare esdebitazione.

Nel sistema attuale, la liquidazione giudiziale comporta:

  • nomina di un curatore, spossessamento dei beni dell’imprenditore fallito (se ditta individuale) o della società fallita;
  • liquidazione di tali beni;
  • al termine, chiusura della procedura. Se il debitore è persona fisica (imprenditore individuale) può richiedere entro un anno dalla chiusura il beneficio dell’esdebitazione (ex art. 279-282 CCII). Il CCII ha semplificato anche qui, togliendo il requisito che venisse soddisfatto almeno in parte ogni creditore (ricordiamo che la L.Fall. art.142 richiedeva di pagare almeno parzialmente i creditori, sebbene la giurisprudenza fosse già elastica). Ora la legge dice che l’esdebitazione può essere concessa anche se i creditori non hanno ricevuto nulla, valutando solo la condotta del debitore. Quindi un imprenditore fallito può essere esdebitato se è stato cooperativo, non condannato per bancarotta fraudolenta, ecc.

Un elemento peculiare: se il debitore fallito aveva commesso reati fallimentari, prima era escluso dall’esdebitazione. Con il CCII è previsto che anche in tal caso, se ottiene la “riabilitazione” in sede penale (cioè estinzione degli effetti penali della condanna), può accedere al beneficio. La Cassazione 2461/2025 ha proprio affermato che la riabilitazione penale costituisce il presupposto sufficiente perché anche un condannato per reati connessi all’impresa possa essere esdebitato. Ciò segna un’apertura: il passato criminale, scontata la pena e riabilitato, non impedisce al debitore di essere graziato dai debiti civili.

Quindi, dal punto di vista del debitore:

  • Se è società fallita: la società alla fine viene cancellata e i debiti insoddisfatti si estinguono con essa (la società non esiste più). Ma attenzione: eventuali obbligati personali (es. soci garanti, fideiussori) restano debitori e dovranno loro attivare procedure di sovraindebitamento o esdebitazione per liberarsene.
  • Se è persona fisica fallita: può usare la norma sull’esdebitazione post-fallimentare per essere liberato dai debiti residui. I criteri di meritevolezza sono analoghi: no frodi, cooperazione col curatore, nessun intralcio, ecc. L’esdebitazione può essere negata o revocata se si scopre malafede.

Nel contesto della nostra guida, supponiamo l’ex titolare di sala giochi fosse stato dichiarato fallito come imprenditore individuale (ipotesi remota per dimensioni, ma possibile). Egli, chiuso il fallimento, chiederà l’esdebitazione al tribunale: se accordata, tutti i debiti antecedenti al fallimento, non soddisfatti, vengono cancellati. Ciò include anche eventuali debiti esattoriali (con le eccezioni di legge: il fallimento, come il sovraindebitamento, non estingue obblighi alimentari, multe penali e poco altro). Dunque l’esito pratico è simile alle procedure di cui sopra.

Il Codice della Crisi ha unificato la filosofia: favorire il debitore onesto nella liberazione dai debiti. Non c’è più distinzione di principio tra fallimento ed altre procedure sul punto dell’esdebitazione, se non per le modalità. Resta che le procedure di sovraindebitamento sono molto più accessibili e snelle per i piccoli debitori.

Tutela del patrimonio personale del debitore: cosa si può salvare?

Dal punto di vista pratico di un ex imprenditore con debiti, “difendersi” non significa solo attivare procedure concorsuali, ma anche conoscere quali beni e redditi sono protetti per legge dall’aggressione dei creditori, così da evitare panico ingiustificato o, viceversa, tutelare al meglio ciò che la legge consente di tutelare.

Elenchiamo alcune importanti tutele del patrimonio personale previste dall’ordinamento italiano:

  • Imprescrittibilità della prima casa da parte del Fisco: Come anticipato, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione (ex Equitalia) non può pignorare l’unica casa di abitazione del debitore se ricorrono tutte queste condizioni:
    1. Il debitore possiede un solo immobile ad uso abitativo (oltre magari a pertinenze come box) e vi risiede anagraficamente;
    2. L’immobile non è di lusso (non accatastato A/8 o A/9, quindi niente ville, castelli);
    3. L’importo totale del debito con AdER è inferiore a €120.000;
    4. (Implicito) Il credito è di natura esattoriale (tributi, contributi).
      Se TUTTE queste condizioni sono rispettate, la legge (DPR 602/1973, art. 76) vieta ad AdER di procedere all’espropriazione immobiliare. Può tuttavia iscrivere ipoteca a garanzia se il debito supera €20.000, ma senza poter poi eseguire il pignoramento finché resta “prima casa” protetta e debito < 120k. Ad esempio, se l’ex titolare di sala giochi ha solo l’appartamento in cui vive, debiti fiscali per €80.000, AdER potrà ipotecarlo ma non metterlo all’asta. Questa è una forte tutela introdotta nel 2013 e confermata da Cassazione (ordinanza 32759/2024) che ha ribadito l’impignorabilità dell’unico immobile non di lusso del debitore da parte del fisco. Attenzione: se il debito fiscale sale sopra 120k, oppure se il debitore possiede un secondo immobile, allora la protezione cade. In tal caso AdER può pignorare e vendere anche la casa di abitazione.
      Inoltre, questa protezione non vale per i creditori privati: banche, finanziarie, fornitori, ecc., se muniti di titolo, possono pignorare la casa anche se unica (purtroppo). L’unico limite per i privati è che non possono pignorare beni di valore sproporzionato per crediti modesti (principio di abuso del mezzo esecutivo), ma in pratica non c’è un divieto normativo analogo a quello pro-Fisco. Dunque, se la casa non è al riparo con il sovraindebitamento, occorre proteggersi diversamente (es. convertire il pignoramento pagando, o vendere prima l’immobile tentando di stralciare il debito).
  • Limiti al pignoramento di stipendi e pensioni: Abbiamo visto che c’è una quota impignorabile del reddito da lavoro. Attualmente:
    • Stipendi e salari: impignorabili per il minimo vitale (pari all’assegno sociale mensile, circa €574 nel 2025), e pignorabili per la parte eccedente fino a 1/5 da creditori ordinari e massimo 1/5 per il Fisco (ma con scaglioni: 1/10 se salario < €2.500, 1/7 se tra 2.500 e 5.000, 1/5 sopra 5.000).
    • Pensioni: analogamente c’è una soglia impignorabile pari a 1,5 volte l’assegno sociale (intorno a €860) e il resto pignorabile nelle stesse percentuali. Quindi un pensionato minimo è praticamente impignorabile.
    • Conto corrente su cui viene accreditato stipendio/pensione: per legge rimane impignorabile l’ultimo accredito di stipendio (in misura integrale se avvenuto prima del pignoramento, nei limiti sopra se dopo).
      Questi limiti fanno sì che il debitore mantenga un minimo per vivere. I creditori non possono andare oltre.
  • Beni mobili impignorabili: Oltre agli strumenti di lavoro necessari al debitore (in misura minima) e agli oggetti di quotidiano (letti, tavoli, frigorifero, vestiti, ricordi personali, animali di affezione), è impignorabile ad esempio il veicolo adattato per disabilità del debitore o dei suoi familiari. Quanto agli automezzi ordinari, essi sono pignorabili. Tuttavia, come visto, il Fisco nel porre fermo amministrativo (blocco della circolazione del veicolo per mancato pagamento cartelle) deve esentare i veicoli se vengono dimostrati come beni mobili indispensabili al lavoro o alla famiglia. Questo è un dettaglio: il d.lgs. 69/2013 introdusse che se il debitore prova che quell’auto è essenziale (es. unico mezzo per lavorare di un rappresentante, o per portare un malato a cure) può evitare il fermo.
  • Trust o fondi patrimoniali: Alcuni debitori tentano di proteggere beni (tipicamente la casa) conferendoli in un fondo patrimoniale o in un trust per sottrarli ai creditori. Bisogna avvertire che queste manovre hanno efficacia limitata e spesso vengono dichiarate inopponibili ai creditori se fatte dopo che i debiti sono sorti (azione revocatoria). Ad esempio, se l’ex imprenditore, fiutando la crisi, mette la casa nel fondo patrimoniale per la famiglia, i creditori per debiti pregressi possono comunque pignorare l’immobile se dimostrano che il debito era per bisogni estranei alla famiglia. E un trust liquidatorio se serve solo a dilazionare, può non proteggere dall’istanza di fallimento. Insomma, queste soluzioni “asset protection” vanno prese con cautela e con largo anticipo. In generale, non esistono trucchi miracolosi: la legge tende a garantire che il patrimonio del debitore risponda dei debiti, salvo le eccezioni umanitarie viste sopra.
  • Assicurazioni sulla vita e pensioni integrative: I crediti derivanti da polizze vita e da alcuni fondi pensione individuali non sono aggredibili dai creditori fino al momento in cui diventano liquidità per il debitore. Questo significa che se il debitore ha una polizza vita con beneficiari i familiari, essa non rientra nell’asse pignorabile. Tuttavia se è il debitore stesso beneficiario in vita, il creditore può pignorare l’indennità quando venga corrisposta. All’atto pratico, queste sono nicchie che raramente interessano un ex imprenditore in crisi (che anzi spesso avrà riscattato tali polizze per fare fronte ai debiti).

Riassumendo, il debitore può “difendere” attivamente il proprio patrimonio sfruttando queste previsioni di legge. Ad esempio, se possiede più immobili ma uno è la casa in cui abita, potrebbe vendere quelli non protetti per pagare i debiti, tenendo la prima casa finché i debiti fiscali restano sotto soglia – e se necessario, affrontare i debiti residui con sovraindebitamento proteggendo l’abitazione fino all’ultimo. Oppure, sapendo che stipendio e pensione sono in parte risparmiati, può valutare di usare la cessione del quinto (che è volontaria) in cambio di un prestito per stralciare dei debiti, poiché sa che oltre quel quinto nessuno può andare (tra l’altro la cessione del quinto, se attivata prima, riduce la quota pignorabile residua; ma attenzione a non esagerare con l’indebitamento volontario aggiuntivo).

In definitiva, la miglior difesa del patrimonio è la tempestività: appena la situazione debitoria diventa ingestibile, rivolgersi a professionisti o OCC per scegliere la strada giusta. Il patrimonio non ancora aggredito può spesso essere preservato meglio all’interno di una procedura concordataria (ad esempio, permettendo di vendere l’immobile a valore di mercato anziché a prezzo d’asta ribassato) o tramite accordi, piuttosto che subirne la dispersione forzata.

Domande Frequenti (FAQ)

Di seguito proponiamo alcune domande e risposte comuni dal punto di vista del debitore ex imprenditore indebitato, per chiarire dubbi pratici ricorrenti:

D: Rischio conseguenze penali se non pago i miei debiti?
R: In generale, l’insolvenza civile (non pagare prestiti, fornitori, ecc.) non è un reato. Non si va in prigione per i debiti, salvo specifiche eccezioni. Le eccezioni riguardano condotte fraudolente: ad esempio, evasione fiscale sopra certe soglie (non pagare volutamente IVA o altre imposte per importi rilevanti può configurare reato tributario), oppure reati fallimentari (se si è dichiarati falliti e si sono distratti beni, si incorre in bancarotta fraudolenta). Ma il semplice fatto di non riuscire a pagare per mancanza di soldi non è reato. Non esiste più il carcere per debiti civili da molti decenni. Dunque, l’ex titolare di sala giochi indebitato non verrà arrestato per i debiti in sé.
Tuttavia, potrebbe essere soggetto a sanzioni amministrative (multe) per omessi versamenti, che però restano nell’alveo civile (o amministrativo). E se commette frodi verso i creditori (ad esempio nasconde beni durante una procedura concorsuale), allora quello sì può costituire reato (ad es. bancarotta semplice o fraudolenta, a seconda). Inoltre, attenzione ai debiti alimentari: se il debitore ha obblighi di mantenimento verso figli o coniuge e non paga, può scattare l’art. 570 c.p. (violazione degli obblighi di assistenza familiare). Ma questo esula dai debiti commerciali. In sintesi: nessun gendarme bussa alla porta per portarti via se hai debiti, ma è fondamentale agire legalmente per risolverli ed evitare di commettere illeciti nella gestione della crisi.

D: Se attivo una procedura di sovraindebitamento, perdo automaticamente tutti i miei beni?
R: Non in ogni caso – dipende dalla procedura scelta:

  • Nel piano del consumatore o concordato minore, in genere si cerca di conservare almeno i beni essenziali. Ad esempio, spesso il piano prevede che il debitore mantenga la propria abitazione (se i creditori ricevono soddisfazione altrimenti, magari con rate di reddito futuro o con la vendita di altri beni). Non c’è uno spossessamento automatico come nel fallimento. Certo, se il piano funziona solo vendendo la casa, allora la casa andrà venduta, ma è frutto di una scelta negoziale. Un piano ben congegnato prova a salvare il salvabile compatibilmente con un ritorno ai creditori.
  • Nella liquidazione controllata, invece, c’è la regola dello spossessamento: formalmente tutti i beni (salvo quelli impignorabili) diventano liquidabili dal liquidatore. Quindi, sì, in liquidazione controllata il debitore perde la disponibilità dei beni. Detto ciò, come visto, se la casa è prima casa non di lusso, il liquidatore fiscale non poteva pignorarla prima e dunque quel bene rimarrebbe nel patrimonio? In realtà, con la liquidazione controllata volontaria cade il privilegio della protezione prima casa: poiché è il debitore stesso a far entrare il bene nella procedura per soddisfare tutti i creditori. Quindi va messo in conto che la casa verrà venduta, ma magari con la possibilità di ottenere un prezzo migliore e di concordare modi e tempi (ad es. vendere con calma sul mercato). È da notare che in alcune pronunce, i giudici hanno escluso dalla liquidazione i beni di cui non conviene la vendita (es: un’auto vecchia che costerebbe più di spese che di ricavo, può essere lasciata al debitore). Ma per i beni maggiori, la regola è liquidarli.
  • Nell’esdebitazione incapiente, il problema non si pone perché presuppone che il debitore beni non ne abbia. Se ne ha, il giudice potrebbe rigettare l’istanza e indicargli semmai di procedere con liquidazione dove quei beni verrebbero liquidati.
    In conclusione, solo scegliendo una procedura liquidatoria si è certi di perdere i beni, ma si guadagna la liberazione dai debiti; scegliendo una procedura di ristrutturazione (piano/concordato) c’è margine per mantenere alcuni beni, se ciò non lede i creditori oltre misura. Ad esempio, spesso i debitori riescono a mantenere l’automobile necessaria al lavoro, o la casa se il suo valore è marginale rispetto al debito e magari i creditori accettano soluzioni alternative.

D: Ho debiti con lo Stato (Agenzia Entrate Riscossione) molto alti: lo Stato partecipa ai voti nel concordato? Accetta decurtazioni?
R: L’Agenzia delle Entrate (così come altri enti pubblici creditori come INPS, Comuni, ecc.) può legalmente accettare proposte di saldo parziale nell’ambito delle procedure di sovraindebitamento. Nel piano del consumatore il suo consenso non è determinante (decide il giudice, purché la trattazione non sia peggiore di quella degli altri). Nel concordato minore, invece, l’Erario vota come gli altri creditori. Attenzione: chi vota per l’Erario? La Cassazione ha chiarito che il soggetto titolato ad esprimere il voto sui crediti tributari è l’Agenzia delle Entrate (ente impositore) e non l’Agente della Riscossione. Quindi, nelle trattative pratiche, bisogna interloquire con l’ufficio legale dell’Agenzia Entrate competente. Solitamente l’Agenzia aderisce se la proposta è seria e rispettosa delle norme (ad esempio, se il debitore offre in concordato l’equivalente di quel che l’Erario ricaverebbe liquidando i beni: in tal caso, perché opporsi?). Se invece la proposta è troppo penalizzante (es: offrire 5% sul debito IVA senza una ragione), l’Erario potrebbe votare no.
Detto ciò, la prassi negli ultimi anni vede spesso l’Agenzia delle Entrate aderire alle procedure di sovraindebitamento, soprattutto per debiti che altrimenti resterebbero inesigibili. La legge consente loro margini di manovra. E la giurisprudenza ha anche stabilito che, se l’Agenzia non risponde alla richiesta di voto, vale il silenzio-assenso (trattandosi di creditore chirografo per l’eventuale parte falcidiata). Quindi il debitore non è alla mercé di un veto automatico statale: può includere i debiti fiscali nel piano e tagliarli con successo, come dimostrano molti casi omologati (es. Tribunale di Brescia 12.10.2021, un ex CEO di spa ha azzerato 3,7 milioni di debiti anche erariali tramite liquidazione).
Infine, se la preoccupazione è: “ma non è obbligatorio pagare IVA e ritenute integralmente?”, rispondiamo che solo nel concordato preventivo “grande” vi era una regola rigida (art. 182-ter L.Fall, pagamento almeno 20% IVA se falcidia). Nel sovraindebitamento questa rigidità non c’è; il principio è il miglior soddisfacimento possibile. Quindi, se i creditori (Erario incluso) ottengono in un piano il meglio che realisticamente possono, la falcidia anche su IVA può passare. E a fine procedura, la parte di debito fiscale non pagata è cancellata al pari degli altri crediti (con l’unica eccezione di eventuali sanzioni penali che restassero a carico personalmente, ma quelle non sono oggetto di queste procedure).

D: Quanto costa avviare una procedura di sovraindebitamento?
R: I costi principali sono:

  • il compenso dell’OCC (Organismo di Composizione della Crisi) e del gestore nominato: solitamente è parametrato ai debiti e all’attivo. Per esempio, potrebbe essere qualche migliaio di euro per procedure con debiti medi (spesso i tariffari OCC prevedono percentuali decrescenti sull’ammontare del debito, più un minimo fisso). Nelle esdebitazioni incapienti tale compenso è dimezzato e spesso si riduce al minimo tariffario (qualche centinaio di euro), a volte coperto in parte dal Fondo di solidarietà OCC o dal già citato Fondo per incapienti.
  • le spese legali per l’avvocato che assiste il debitore: l’assistenza legale in teoria non è obbligatoria per legge (basterebbe l’OCC), ma praticamente è vivamente consigliata e quasi necessaria per interloquire col tribunale e i creditori. Molti OCC richiedono che il debitore sia affiancato da un legale. I costi legali possono variare: alcuni avvocati applicano tariffe forfettarie, altri percentuali. Se il debitore ha basso reddito, può chiedere il gratuito patrocinio a spese dello Stato, coprendo così i compensi dell’avvocato fino a certi importi (oggi accessibile se reddito < ~€11.700 annui).
  • il Contributo Unificato: per presentare il ricorso al tribunale c’è un contributo fisso di €98 (per le procedure concorsuali minori) più marca da €27, che però nel caso dell’incapiente può essere anticipato dallo Stato col patrocinio.
  • eventuali spese vive: bolli, raccomandate/PEC ai creditori, spese di pubblicazione del decreto (es. registro imprese per l’avviso, se ditta), che di solito sono limitate (qualche centinaio di euro al massimo).
    In sintesi, un piano o concordato semplice potrebbe costare nell’ordine di 2.000-5.000 euro totali di spese (tra OCC e legali), ma molto dipende dalla complessità e dal numero di creditori. Una liquidazione controllata ha costi coperti preferibilmente dall’attivo liquidato (il liquidatore si paga da lì). Se l’attivo è nullo o insufficiente, c’è il rischio che i professionisti chiedano un anticipo al debitore – ma in tali casi di solito conviene puntare all’esdebitazione incapiente direttamente. Il legislatore ha consapevolezza che chi è indebitato spesso non ha liquidità per pagare i costi: ecco perché ha previsto strumenti come il patrocinio a spese dello Stato e il Fondo incapienti per evitare che nessuno resti escluso per ragioni economiche.

D: Posso includere nella procedura anche i debiti futuri (ad es. rate di mutuo non ancora scadute) o i coobbligati?
R: Le procedure riguardano i debiti esistenti al momento del deposito della domanda (anteriore). Non coprono le obbligazioni che matureranno in futuro. Quindi, se un debitore ha un mutuo ventennale e chiede un piano, nel piano si dovrà considerare l’intero debito residuo come dovuto (anche se non tecnicamente scaduto, si considera risolto il mutuo e il credito per capitale residuo diventa esigibile – a meno che il piano non preveda di continuare il mutuo regolarmente). Se invece lascia fuori il mutuo e vuole continuarlo, potrebbe farlo ma dovrebbe essere in regola con le rate. In genere, nei piani si tende a includere tutto per pulire la situazione: quindi, sì, anche le rate non ancora scadute dei finanziamenti vengono considerate e stralciate.
Quanto ai coobbligati: la legge sul sovraindebitamento non copre i coobbligati estranei alla procedura. Cioè, se Tizio e Caio sono co-firmatari di un debito, e solo Tizio fa la procedura e ottiene l’esdebitazione, Caio resta comunque obbligato per l’intero verso il creditore (il creditore non soddisfatto potrà rifarsi su Caio). Non c’è l’effetto estensivo della liberazione ad altri debitori solidali. Quindi, ciascun coobbligato deve eventualmente attivare la propria procedura. Unica eccezione: il CCII ora permette di presentare procedure familiari unitarie. Ad esempio, marito e moglie indebitati insieme possono depositare un’unica procedura se conviventi e se i debiti hanno origine comune, così da avere un piano congiunto e costi ridotti. In tal caso, in effetti la soluzione è corale. Ma se il coobbligato non fa parte della procedura, non è toccato dall’omologazione di quell’altro.

D: Dopo l’esdebitazione, potrò chiedere nuovi prestiti? La mia storia creditizia torna pulita?
R: L’esdebitazione per legge rimuove l’obbligo di pagare i debiti pregressi, ma non cancella le segnalazioni negative pregresse nelle banche dati creditizie per il periodo di conservazione previsto. Ad esempio, un debito bancario non pagato viene segnalato in CRIF per 36 mesi dal suo ultimo aggiornamento o dalla chiusura. Se è chiuso per esdebitazione, la banca dovrebbe segnalare come “saldo a stralcio” o simili, e dopo 36 mesi la segnalazione sarà rimossa. Anche nei database pubblici, la procedura di sovraindebitamento (come il fallimento) viene registrata nel registro dei protesti/pregiudizievoli, ma successivamente vi è la possibilità di annotare l’esdebitazione. Ad esempio, nel Registro Informatico dei Protesti i dati di fallimento ed esdebitazione potrebbero risultare; ma l’interessato può chiedere la cancellazione decorsi i termini di legge o in virtù del provvedimento di esdebitazione. Diciamo che nel medio termine (qualche anno) la posizione creditizia del debitore si risana, specie se nel frattempo costruisce nuove esperienze positive (es. nuovo lavoro, conto corrente senza sconfinamenti, ecc.). Dal punto di vista legale, una volta esdebitato, il soggetto è giuridicamente come “riabilitato”: può intraprendere nuove iniziative imprenditoriali, non ha più preclusioni ad essere amministratore di società (salvo quelle derivanti da eventuali reati) e i creditori passati non possono più disturbarlo.
Convincere una banca a dare nuovo credito dipenderà dalla politica di rischio di quella banca: alcune potrebbero attendere un po’, altre, soprattutto se il debitore ha un reddito e zero debiti residui, potrebbero considerarlo nuovamente finanziabile dopo un periodo. C’è da dire che l’introduzione di queste leggi sta togliendo il tabù del fallito a vita: oggi è compreso che il secondo tentativo va favorito. La direttiva UE 2019/1023 chiedeva agli Stati di fare in modo che gli imprenditori esdebitati possano accedere a finanziamenti per ripartire. Dunque, formalmente nulla osta a chiedere un prestito dopo l’esdebitazione; realisticamente, bisognerà ricostruire fiducia, magari iniziando con piccoli prestiti o una carta di credito con basso fido per dimostrare affidabilità.

D: Ho un pignoramento in corso (es. stanno per vendere la mia casa all’asta). Posso bloccarlo avviando la procedura?
R: Sì, una delle caratteristiche chiave delle procedure di sovraindebitamento è la possibilità di sospendere e bloccare le azioni esecutive in corso. Quando depositi il ricorso per piano, concordato o liquidazione, puoi chiedere al giudice l’immediata sospensione dell’esecuzione in atto. Il giudice la concede se ritiene la domanda ammissibile e non manifestamente infondata. Ad esempio, se la casa è all’asta, il giudice può disporre il rinvio sine die dell’asta in attesa della decisione sul piano. Una volta omologato il piano/concordato, quell’esecuzione viene estinta, perché i creditori devono accontentarsi di quanto previsto dalla procedura. Nel caso della liquidazione controllata, il decreto di apertura sostituisce il pignoramento: il bene pignorato rientra nella liquidazione e sarà venduto lì, non più tramite l’esecuzione individuale. In pratica l’asta individuale viene chiusa e se ne occuperà il liquidatore. Questo è un forte incentivo ad attivarsi prima che i beni vengano venduti: se sei già in esecuzione avanzata, devi agire in fretta, ma sappi che la legge ti consente di tirare il freno a mano richiedendo la procedura concorsuale.
Nota: la sospensione non è automatica appena depositi la domanda; serve un provvedimento del giudice. Quindi conviene depositare con un minimo di anticipo rispetto alle date cruciali (es. almeno qualche giorno prima dell’asta, allegando richiesta di urgenza). Ci sono stati casi in cui l’omologa del piano è arrivata il giorno prima dell’asta e ha impedito la vendita all’ultimo minuto. Idealmente, però, muoviti non appena capisci che non puoi sostenere l’esecuzione.

D: Posso scegliere io quale procedura attivare o decide il tribunale?
R: In linea di massima decide il debitore cosa chiedere. Puoi presentare ricorso per un piano del consumatore, oppure per un concordato minore, o direttamente per la liquidazione, a seconda di ciò che preferisci e per cui hai requisiti. Il tribunale verifica la sussistenza dei presupposti per quella specifica procedura. Se la ritiene inammissibile (es. presenti un piano consumatore ma emerge che non sei un consumatore, magari perché i debiti sono d’impresa), può dichiararla inammissibile. In alcuni casi la legge consente al tribunale di “conversione”: ad esempio, se presenti un piano ma poi non ottieni l’omologazione, puoi chiedere di convertire in liquidazione controllata invece di far decadere tutto (lo prevedeva già la L.3/2012 e vale anche ora). Quindi è possibile un piano B: chiedere in subordine la liquidazione nel caso il piano fallisca.
Ma la scelta iniziale spetta al debitore in base alla sua strategia. Un buon consulente valuterà la convenienza di ciascuna: se hai ancora margine e vuoi salvare la casa, tenterai un piano; se sei al tracollo totale senza beni, andrai di esdebitazione incapiente; se sei in una via di mezzo e vuoi uscirne con dignità, forse la liquidazione controllata è adatta. Il giudice non impone d’ufficio “no, tu non fai il piano, devi liquidare” (a meno che appunto manchi un requisito tecnico). Egli giudica la fattibilità: se proponi un concordato assurdo e non approvabile, non te lo omologa. Dovrai allora ripiegare sulla liquidazione. Ma finché sei nei binari di legge, la scelta è tua.

D: Dopo aver ottenuto l’esdebitazione, se eredito dei soldi devo ridarli ai vecchi creditori?
R: Come spiegato, c’è questa clausola post-esdebitazione di 4 anni durante la quale se il debitore riceve utilità significative (eredità, donazioni, vincite, incrementi reddito), ha l’obbligo di pagare ai vecchi creditori fino al 10% dei crediti loro rimasti insoddisfatti. Facciamo un esempio: Mario ottiene esdebitazione oggi su €100.000 di debiti. Fra due anni gli zii gli lasciano un’eredità di €50.000. Egli dovrà avvisare l’OCC e destinare €10.000 (il 10% di 100k) ai vecchi creditori, suddivisi proporzionalmente, entro quello stesso anno. Così prevede la legge. Se non lo fa spontaneamente e i creditori lo scoprono, possono chiedere la revoca dell’esdebitazione, ritrovandosi autorizzati a esigere di nuovo l’intero credito (poco auspicabile per Mario!). Quindi, sì, in caso di colpi di fortuna nei 4 anni post-esdebitazione, c’è un dovere di fairness verso i creditori passati. Dopo il quarto anno, qualunque vincita/eredità rimane totalmente del debitore libero.
Va evidenziato che questa regola del 10% si applica all’esdebitazione “senza utilità” sicuramente, e in maniera analoga anche all’esdebitazione dopo liquidazione (sempre quadriennio di vigilanza). Nel caso di piani e concordati, invece, se dopo l’omologazione il debitore becca un’eredità, formalmente i creditori non hanno titolo per pretenderla perché il loro credito è già ridotto ex lege al quanto previsto dal piano omologato. Non c’è una norma di riapertura. Quindi, questa “lotteria” dei 4 anni concerne le procedure con esdebitazione automatica. In pratica, lo Stato dice: ti cancello i debiti benché tu non li paghi, ma se entro un ragionevole periodo ti capita la possibilità di pagarne almeno una frazione (10%), devi farlo. È un meccanismo equo.

Esempio pratico: simulazione di un caso (Mario, ex titolare di sala giochi)

Per chiarire come si applicano concretamente questi strumenti, presentiamo una simulazione pratica di un caso semplificato:

Situazione di partenza:
Mario aveva una sala giochi avviata come ditta individuale a Firenze. A causa di nuove restrizioni normative sui giochi e il calo di clientela, l’attività è andata in crisi. Nel 2023 Mario ha chiuso la partita IVA e cessato l’attività. Ora (2025) ha 45 anni, lavora come dipendente part-time in un negozio (stipendio €1.200/mese) e vive con la famiglia in un appartamento di sua proprietà (80 mq, valore €150.000, su cui grava un mutuo residuo di €50.000). Ha accumulato i seguenti debiti:

  • Banca Alpha: mutuo casa residuo €50.000 (garantito da ipoteca sulla casa).
  • Banca Beta: prestito chirografario aziendale insoluto €30.000 (fideiussione di Mario).
  • Agenzia Entrate-Riscossione: cartelle esattoriali per IVA e IRPEF anni 2020-21 per €40.000 (di cui €5.000 sanzioni e interessi).
  • Fornitore giochi XYZ: decreto ingiuntivo €20.000 non pagato.
  • 2 ex dipendenti: vertenza conclusa con decreto pagamento €10.000 (TFR e stipendi arretrati).
    Totale debiti: circa €150.000.
    Mario possiede: la casa (valore netto €100.000 considerando il mutuo), un’auto utilitaria (valore €5.000), pochi risparmi (€2.000).

Opzioni valutate:

  • Accordo stragiudiziale: Mario prova a contattare i creditori. Propone: vendere la casa e ricavare €100.000, con cui pagherebbe: banca Alpha interamente (€50.000 per chiudere mutuo e liberare ipoteca), e il resto €50.000 da dividere pro-rata agli altri (circa 33%). Alcuni creditori sono possibilisti (fornitore e dipendenti preferiscono avere il 30% subito che rischiare di meno), ma l’Agenzia Entrate è titubante perché vendendo la casa dovrà vedersi pagata proporzionalmente come chirografaria (non avendo ipoteca, avrebbe circa €13.000 su €40.000). Anche Banca Beta, chirografa, vorrebbe qualcosa in più magari. Mario non ha altri fondi, se dà tutto il ricavato casa ottiene 33%. Le trattative si arenano un po’. Mario a questo punto considera la procedura di sovraindebitamento per rendere vincolante l’accordo.
  • Concordato minore (continuità indiretta): Mario elabora, con un OCC, un piano: vendere la casa tramite la procedura (entro 1 anno dall’omologa) e con il ricavato soddisfare i creditori al meglio. Propone: Banca Alpha (ipotecaria) prenderà €50.000 dal ricavato (100% del suo credito garantito) – deve essere così per togliere ipoteca; i restanti €100.000 (ipotizziamo casa venduta a €150k) andranno ripartiti con una percentuale a Banca Beta, Fornitore, Dipendenti e Agenzia Entrate. Egli offre loro circa 50% dei rispettivi crediti (perché €100k su €200k residui totali darebbe 50%, ma qui residui totali dopo Alpha sono €100k – occorre aggiustare i numeri: in realtà, debiti residui chirografi sono 100k, ricavato 100k → dividendo 100%). Per prudenza supponiamo commissioni spese e OCC per €10k, restano €90k da distribuire, quindi ognuno piglia 90% del proprio credito chirografo). Mario si impegna inoltre a destinare ai creditori anche €200 al mese per 3 anni (dai suoi futuri stipendi) così da aumentare il soddisfacimento. Questo apporto addizionale di €7.200 porterà i chirografari magari al 95%.
    L’OCC valuta il piano fattibile e certifica che i creditori chirografari prendono in concordato almeno quanto otterrebbero da una liquidazione (in liquidazione, vendendo la casa, ipoteca Alpha prende il suo, i restanti chirografi… prenderebbero simile quota). Il piano viene sottoposto a voto: Banca Beta e fornitore votano sì (sono il 1/3 del credito ciascuno circa), l’INPS/dipendenti pure (hanno privilegio su parte ma li paghiamo al 100% in prelazione con la casa? Sì, i €10k dipendenti sono privilegiati e saranno pagati al 100% con precedenza sui €100k – facciamo i conti corretti: Casa 150k → 50k a banca Alpha, restano 100k; privilegio dipendenti €10k, li paghiamo per intero = restano 90k; da dividere su Banca Beta 30k, Fornitore 20k, Agenzia 40k = totale 90k, giusto 100% ciascuno. Quindi in realtà la proposta potrebbe addirittura soddisfare tutti al 100% tranne sanzioni tributarie condonate. In tal caso è un concordato quasi pieno, facile da approvare). L’Agenzia Entrate, vedendo che nel piano prende 100% di IVA/IRPEF capitale e solo non prende sanzioni, non si oppone (o vota sì). Il quorum c’è (anche se l’Agenzia non votasse, il silenzio varrebbe assenso). Il tribunale omologa il concordato minore. Mario vende l’immobile sotto supervisione OCC, paga tutti secondo piano (di fatto quasi integralmente). A fine 3 anni, Mario è esdebitato (sono rimaste solo forse le sanzioni fiscali condonate nel piano, ma quelle erano comunque inesigibili per legge a seguito omologa). Mario ha perso la casa, ma ha saldato i debiti ed è libero; col suo stipendio ora potrà magari ottenere un mutuo piccolo in futuro per ricomprare casa, chissà. I creditori hanno preso quasi tutto (questo esempio è quasi un caso di successo totale più che sovraindebitamento, per semplificare conti).
    Nota: Concordato minore convenuto così è simile a un accordo. Mario avrebbe potuto fare un piano del consumatore? No, perché i debiti includono quelli d’impresa (fornitore, dipendenti) non marginali. Quindi doveva essere concordato.
  • Alternativa Liquidazione controllata: Se i creditori fossero stati meno collaborativi, Mario poteva optare per la liquidazione: in tal caso il liquidatore avrebbe venduto la casa (magari all’asta a €120k, meno soddisfazione per creditori), pagato Alpha, dipendenti etc., i chirografari avrebbero preso meno (diciamo 50%). Dopo 3 anni Mario esdebitato. Esito: Mario perde casa comunque, creditori prendono la metà. Questo scenario poteva accadere se il concordato non passava per mancanza di voti, ed è peggiore per tutti, quindi solitamente spinge i creditori ad accettare un concordato ragionevole.
  • Caso Esdebitazione incapiente: Supponiamo scenario diverso: Mario NON ha casa (era in affitto). Allora l’unica risorsa era stipendio 1200 mese, a malapena per vivere (ha moglie e figlio). In tal caso, Mario poteva direttamente chiedere esdebitazione incapiente: portare evidenza di zero patrimonio e reddito modesto. Il giudice avrebbe potuto accoglierla liberandolo dai 150k debiti senza pagare nulla. I creditori non avrebbero gradito ma se Mario è davvero nullatenente, non avrebbero comunque ricavato nulla dalle esecuzioni. Mario rimarrebbe con lo stipendio libero da pignoramenti e i debiti cancellati.

Questo esempio mostra come, a seconda delle circostanze, si modulano le soluzioni. Ogni caso è a sé: importi, tipi di creditori, beni disponibili e obiettivi del debitore determinano la strategia. Un buon piano di difesa del debitore valuta prima la via negoziale, poi disegna un eventuale concordato o piano, lasciando sempre pronto il paracadute della liquidazione controllata come ultima spiaggia.

Tabelle riepilogative

Per facilitare la comprensione delle differenze fra le procedure e dei punti chiave, riportiamo alcune tabelle riepilogative:

Tabella 1: Confronto tra le procedure di sovraindebitamento

ProceduraSoggetti ammessiNecessità accordo creditoriEffetti sui beniDurata tipicaEsdebitazione finale
Piano del consumatore (artt. 67-73 CCII)Persona fisica consumatore (debiti personali)No voto (decide il giudice). Creditori possono opporsi ma senza voto.Il debitore mantiene i beni non destinati al piano. Può scegliere quali liquidare secondo il piano. Nessuno spossessamento generale.3-5 anni circa (piani oltre 5 anni difficili).Sì, automatico a completamento piano omologato. Se piano eseguito, debiti residui cancellati.
Concordato minore (artt. 74-83 CCII)Debitore non fallibile non consumatore (piccoli imprenditori, professionisti, ex imprenditori con debiti d’impresa). Società minori e enti non profit inclusi. Escluso imprenditore cancellato per concordato liqui. voto richiesto: ≥50% crediti favorevoli. Silenzio-assenso applicabile. Opposizione poss. in omologa da creditori dissenzienti minoranza.Il debitore può essere autorizzato a continuare gestione. Nessuno spossessamento integrale, ma beni possono essere venduti se previsti dal piano. Patrimonio sotto controllo OCC ma resta al debitore fino ad esecuzione piano.Variabile. Se liquidatorio di solito 1-2 anni per vendite + eventuali dilazioni fino ~4-5 anni sui pagamenti.Sì, a fine esecuzione del concordato omologato, liberazione da debiti residui non pagati (se debitore persona fisica). (Per società, debiti estinti con chiusura liquidazione societaria)
Liquidazione controllata (artt. 268-277 CCII)Qualsiasi debitore non fallibile insolvente. Avviabile anche da creditore o PM. Scelta tipica se incapace di pagare con piani.No voto. Creditori partecipano solo tramite insinuazione.Spossessamento: patrimonio del debitore amministrato dal Liquidatore nominato dal giudice. Beni liquidati tutti (tranne impignorabili).Massimo 3 anni per chiudere (possibile estensione se motivata).Sì, automatico nel decreto di chiusura: il giudice dichiara esdebitato il debitore per i debiti insoddisfatti, salvo revoca se malafede.
Esdebitazione incapiente (art. 283 CCII)Persona fisica sovraindebitata senza beni né reddito disponibile, meritevole. Una volta sola nella vita.Non applicabile (non c’è un accordo da approvare, è richiesta unicamente al giudice). I creditori possono essere sentiti per contestazioni.Il debitore mantiene i (pochi) beni che ha, poiché comunque di valore trascurabile. Non c’è procedura liquidatoria.Procedura veloce: pochi mesi per decreto esdebitazione, poi 4 anni di “osservazione”.Sì, immediata con il decreto: debiti cancellati. Clausola: se entro 4 anni debitore ottiene utilità >10%, deve pagarle pro-quota ai creditori o rischia revoca.

Tabella 2: Tipi di debito e trattamenti possibili

Tipo di DebitoIncluso nelle procedure?Trattamento nelle procedureEsdebitabile? (cancellabile)
Bancario/finanziario (mutui, prestiti, fidi)Sì, incluso pienamente in tutte le procedure.Piano/Concordato: può essere falcidiato (ridotto) e/o ristrutturato (rateizzato) secondo la proposta. Se garantito (ipoteca/pegno) va rispettato almeno fino a valore garanzia o con accordo. Liquidazione: banca privilegiata prende da vendita bene, chirografa partecipa pro-quota.Sì, saldo non pagato viene esdebitato. (Eventuali garanzie reali su beni di terzi restano, ma debitore personale è liberato).
Fiscale (tributi erariali: IVA, imposte reddito, bollo, ecc.)Sì, incluse cartelle e avvisi accertamento.Piano: possibili falcidie anche su tributi. Giudice valuta equità. Alcuni giudici richiedono pagamento almeno capitale IVA, ma norma non lo impone strettamente. Concordato: falcidia consentita, soggetta a voto Agenzia Entrate. Liquidazione: Agenzia partecipa come creditore privilegiato/chirografo secondo natura tributo.Sì, in generale esdebitabili. Anche l’IVA e IRPEF non versate diventano inesigibili per la parte non pagata. Eccezione: sanzioni penali (multe penali, confische) non sono esdebitate. Sanzioni tributarie amministrative invece sì (sono debiti come altri).
Contributi previdenziali (INPS, INAIL)Sì.Trattati come crediti pubblici: contributi hanno privilegio generale mobiliare. Piano: falcidia con eventuale voto INPS. Liquidazione: privilegio su attivo mobiliare.Sì, contributi non versati (e relative sanzioni) sono esdebitati se non pagati integralmente.
Debiti verso dipendenti (stipendi, TFR)Sì.Hanno privilegio di grado elevato su mobilio e immobili (limitatamente per ultimi 2 anni su immobili). In qualsiasi procedura vanno pagati integralmente salvo incapienza (sono tra i primi nella graduatoria). Spesso in piani si prevede pagamento 100% ai dipendenti per meritevolezza.Se, per incapienza, non venissero pagati integralmente, il residuo viene esdebitato. (Ma nella pratica raramente resta molto residuo non pagato a dipendenti in una liquidazione, perché vengono prima di altri).
Fornitori e altri chirografariSì.Piano/Concordato: generalmente falcidiati (es. pagati in %). Possono essere suddivisi in classi se differenze di posizione. Liquidazione: di solito ricevono una quota bassa dopo privilegiati.Sì, la parte non soddisfatta è esdebitata.
Multa amministrativa (es. contravvenzione stradale, sanzione Autorità)Sì, rientra (multe rientrano espressamente).Trattata come credito chirografo (lo Stato/ente locale si insinua). Può essere falcidiata o azzerata nel piano.Sì, esdebitabile. (Diverso il caso di multa penale: quella è pena accessoria, non un credito civilistico esigibile, quindi non rientra affatto tra i debiti oggetto di queste procedure).
Debiti da risarcimento danni (es. sentenza civile)Sì, rientrano.Trattati secondo la presenza di eventuali privilegi (es. se derivano da fatto illecito possono avere privilegio generale). Altrimenti chirografari.Sì, esdebitabili, tranne se derivano da fatti dolosi non attinenti all’attività? (In passato l’esdebitazione fallimentare escludeva debiti da dolo non attinenti. Il CCII su sovraindebitamento non pone distinzione, richiede solo meritevolezza generale). In pratica, se la condotta è stata dolosa potrebbe inficiarne la meritevolezza; ma se accolta la procedura, il debito è esdebitato.
Obblighi alimentari (assegni mantenimento, alimenti ex art. 433 c.c.)No, non sono compresi dalla procedura per espressa esclusione normativa (sono crediti non soggetti a concorso).Non trattati nel piano né liquidazione. Restano a carico del debitore. Se vi sono arretrati per mantenimento, non possono essere falcidiati.Non esdebitabili. Rimangono dovuti anche dopo. (Si tratta di debiti verso familiari protetti costituzionalmente).
Debiti per sanzioni penali / ammendeNo, non sono debiti civili ma pene pecuniarie.Non esdebitabili perché non rientrano proprio. Anche le spese di giustizia per procedimenti penali restano dovute (alcune pronunce però dibattono se spese processuali penali possano esdebitarsi; in genere no, rientrano tra obblighi di diritto pubblico).

Conclusioni

Dal punto di vista di un debitore sovraindebitato, specialmente se ex imprenditore di una sala giochi con una mole di debiti diversificati, l’ordinamento italiano offre oggi una gamma di strumenti di difesa e di soluzione molto più ampia e avanzata che in passato. La chiave di volta è la figura di un debitore meritevole che agisce in buona fede: il nostro ordinamento, aggiornato alle più recenti direttive europee, è orientato a dare a costui una seconda opportunità, bilanciando il diritto del creditore a un soddisfacimento ragionevole con il diritto del debitore a non restare oppresso a vita dai debiti.

La guida ha illustrato come:

  • Negoziare direttamente può in taluni casi evitare la concorsualità, ma richiede risorse immediate e consenso volontario di tutti i creditori chiave.
  • Le procedure di sovraindebitamento (piano del consumatore, concordato minore, liquidazione controllata, esdebitazione incapiente) costituiscono spesso la soluzione più efficace e definitiva, congelando le azioni esecutive e conducendo – in tempi relativamente contenuti – a una liberazione dai debiti residui a fronte del pagamento di quanto effettivamente possibile.
  • Anche in caso di fallimento, esiste oggi la prospettiva della riabilitazione economica tramite l’esdebitazione post-liquidazione giudiziale, con criteri più umani (focus sul comportamento del debitore e non su rigide soglie di pagamento).

Per un ex titolare di sala giochi, ciò significa che, pur avendo magari perso la propria attività e accumulato debiti rilevanti, non tutto è perduto: con l’assistenza di professionisti competenti (avvocati, gestori OCC) può valutare la strada migliore per difendere i propri diritti, conservare quanto possibile del proprio patrimonio e, soprattutto, uscire dal tunnel del sovraindebitamento. Sia che la soluzione passi per un accordo transattivo con i creditori, sia che richieda l’intervento del Tribunale per omologare un piano o aprire una liquidazione, il debitore ha oggi voce in capitolo e strumenti legali da utilizzare attivamente, anziché subire passivamente l’iniziativa dei creditori.

Il punto di vista che abbiamo adottato – quello del debitore – non toglie che anche i creditori abbiano tutele; ma l’evoluzione normativa ha cercato un nuovo equilibrio, superando l’idea punitiva ottocentesca per cui il debitore insolvente doveva essere emarginato (basti pensare che una volta c’era addirittura la “prigione per debiti”). Oggi l’insolvenza è vista come un fatto economico da gestire: il debitore onesto ma sfortunato viene aiutato a rientrare nel circuito produttivo, cosciente che comunque i creditori riceveranno il meglio possibile data la situazione.

In conclusione, “come difendersi” per un ex titolare di sala giochi con debiti significa:

  • Conoscere i propri diritti e le proprie possibilità: informarsi subito sulle procedure come la legge 3/2012 e il Codice della Crisi, magari consultando un OCC o un legale specializzato.
  • Agire con tempestività e trasparenza, evitando di aggravare la posizione con atti di testa propria (tipo pagare solo alcuni creditori trascurandone altri, o peggio cercare di sottrarre beni – comportamenti che poi verrebbero sanzionati in sede concorsuale).
  • Coinvolgere i creditori in modo ordinato, proponendo soluzioni realistiche, oppure, se ciò fallisce, attivare la procedura concorsuale minore adeguata prima che siano i creditori a farlo in modo disordinato (non di rado, un debitore che propone un piano in tribunale ottiene un trattamento migliore di uno che subisce 10 pignoramenti e poi si trova con niente).
  • Mantenere un ruolo attivo e collaborativo durante la procedura scelta: presentare tutte le informazioni, rispettare le indicazioni dell’OCC o del liquidatore, dimostrando di aver imparato dall’esperienza ed essendo meritevole di fiducia per il “fresh start”.

Seguendo questi passi, anche una situazione che pare disperata – debiti ben superiori alle proprie capacità finanziarie – può trovare una soluzione di legge. Un ex imprenditore può così difendersi efficacemente dai debiti, nel senso di gestirli e risolverli legalmente, tornando alla serenità economica.

Fonti

Corte di Cassazione – Ordinanza n. 27562 del 24/10/2024, Sez. I Civ.

Corte di Cassazione – Sentenza n. 30538 del 27/11/2024, Sez. I Civ. (necessaria valutazione condotta del debitore anche in accordo di composizione; voto crediti tributari spetta ad Agenzia Entrate).

Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs 12/01/2019 n.14, in vigore dal 15/07/2022): Artt. 65-83 (ristrutturazione debiti consumatore e concordato minore), 268-277 (liquidazione controllata), 282-283 (esdebitazione incapiente), 280-281 (esdebitazione post-liquidazione giudiziale).

Legge 3/2012 (abrogata e confluita nel CCII) – per riferimenti storici e di confronto (in particolare art. 7, art. 14-ter, etc.).

Studi e prassi OCC (es. ODCEC Milano, ODCEC Pisa) – Linee guida sovraindebitamento 2022 (durata procedure, compensi OCC).

Direttiva (UE) 2019/1023 – sui quadri di ristrutturazione e sulla seconda possibilità, recepita dal D.Lgs 83/2022 (principi di fresh start in ambito UE).

Cassazione Civ. Sez. VI, ord. n. 32759 del 16/12/2024 –

Ex titolare di sala giochi con debiti? Fatti Aiutare da Studio Monardo

Hai chiuso la tua sala giochi o videolottery, ma sei rimasto con debiti verso fornitori, banche, Agenzia delle Entrate o enti previdenziali?
Non sei l’unico: molti ex gestori di attività nel settore dell’intrattenimento si trovano sommersi da debiti personali dopo la chiusura dell’attività.
La buona notizia? Esistono strumenti legali per difendersi, bloccare pignoramenti e ottenere la cancellazione dei debiti.


Perché i debiti restano anche dopo la chiusura?

Chiudere una partita IVA o cessare un’attività commerciale non basta per liberarsi dai debiti.
Ecco i problemi più frequenti:

  • 💸 Debiti verso fornitori di macchinari, software o slot
  • 🧾 Cartelle esattoriali per imposte non pagate (IVA, IRPEF, imposta sugli intrattenimenti)
  • 🏦 Mutui e finanziamenti per l’avvio o la gestione della sala giochi
  • ⚠️ Contributi INPS e sanzioni accumulate
  • 🚫 Azioni esecutive e pignoramenti su conti, casa o stipendio

Tutto questo può ricadere sul titolare anche dopo anni, con conseguenze gravi sul piano economico e familiare.


Le soluzioni previste dalla legge per ex titolari di sala giochi

Il Codice della Crisi d’Impresa prevede strumenti concreti per uscire dal sovraindebitamento, anche per ex imprenditori individuali.

✅ Piano del consumatore

  • Ristruttura i debiti in base alla tua capacità attuale
  • Blocca pignoramenti, fermi amministrativi e ipoteche
  • Ti consente di salvaguardare il patrimonio personale
  • Può prevedere la riduzione o la cancellazione parziale dei debiti

✅ Liquidazione controllata

  • Se non puoi più pagare nulla, puoi chiudere i debiti legalmente
  • Dopo la procedura, sei libero da ogni obbligazione residua

✅ Esdebitazione del debitore incapiente

  • Se non hai più reddito o beni, la legge ti consente di ottenere la liberazione totale dai debiti
  • Soluzione definitiva e senza bisogno di pagamenti minimi

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🤝 Si occupa della tutela del tuo patrimonio e della tua famiglia


🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in sovraindebitamento e crisi da chiusura di attività commerciali
✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia
✔️ Difensore in cause per cartelle, debiti fiscali e bancari
✔️ Consulente per la tutela legale di ex esercenti e lavoratori autonomi


Conclusione

Se sei un ex titolare di sala giochi e sei ancora inseguito dai debiti, non aspettare che la situazione peggiori.
Con gli strumenti giusti, puoi bloccare i creditori, alleggerire il carico debitorio e riprendere il controllo sulla tua vita.

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La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

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