La Composizione Negoziata Per La Soluzione Della Crisi D’impresa

Hai difficoltà a pagare i fornitori, sei in ritardo con l’INPS o l’Agenzia delle Entrate, e temi che la tua azienda sia in crisi? Ti stai chiedendo se esiste un modo legale per evitare il fallimento, tutelare l’attività e rinegoziare i debiti prima che sia troppo tardi?

La composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa è lo strumento pensato per questo: ti permette di affrontare le difficoltà economiche con il supporto di un esperto indipendente, senza subire automaticamente la liquidazione giudiziale.

Cos’è la composizione negoziata della crisi?
È una procedura volontaria prevista dal Codice della Crisi d’Impresa, pensata per le imprese che si trovano in uno stato di squilibrio economico, patrimoniale o finanziario, ma che hanno ancora prospettive di risanamento.
Può essere attivata anche da piccole imprese e ditte individuali, senza dover entrare in procedure concorsuali complesse.

A cosa serve concretamente?
– A negoziare con i creditori, fiscali e privati, prima che intervenga il tribunale
– A bloccare temporaneamente le azioni esecutive e i pignoramenti
– A ottenere la collaborazione dell’Agenzia delle Entrate e dell’INPS tramite una transazione fiscale
– A proteggere l’azienda e il patrimonio personale dell’imprenditore da un’escalation di crisi

Quando conviene avviare la composizione negoziata?
– Quando non riesci più a pagare debiti e fornitori con regolarità
– Quando sei sotto pressione da parte di banche o agenti della riscossione
– Quando hai bisogno di tempo per riorganizzare l’attività e rilanciare il business
– Quando vuoi evitare il fallimento e mantenere l’operatività aziendale

Chi ti guida in questo percorso?
– Un esperto indipendente nominato dalla Camera di Commercio, che media tra te e i creditori
– Un avvocato o un consulente esperto in crisi d’impresa che ti supporta nella stesura del piano
– I tuoi consulenti contabili per la raccolta dei dati e la verifica della sostenibilità

Cosa NON devi fare mai?
– Aspettare che arrivi il decreto di liquidazione: la composizione si attiva solo prima
– Avviare trattative isolate con i creditori, senza una cornice legale
– Sottovalutare i segnali di crisi: prima si interviene, maggiori sono le possibilità di successo
– Pensare che servano grandi aziende: è uno strumento pensato anche per PMI e microimprese

La composizione negoziata è oggi il principale strumento legale per risanare un’impresa in difficoltà e salvare posti di lavoro, rapporti con clienti e fornitori, e l’onorabilità dell’imprenditore.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto della crisi d’impresa – ti spiega come funziona la composizione negoziata, chi può accedervi, e come usarla per salvare l’azienda prima che sia troppo tardi.

Temi che la tua impresa sia in crisi e vuoi sapere se puoi ancora salvarla?

Richiedi, in fondo alla guida, una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Valuteremo la tua situazione e ti aiuteremo a costruire una strategia concreta per riaprire il dialogo coi creditori e proteggere l’azienda dalla chiusura.

Introduzione e quadro normativo

La Composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa è uno strumento di regolazione della crisi introdotto nell’ordinamento italiano nel 2021 per aiutare gli imprenditori in difficoltà a perseguire il risanamento aziendale attraverso trattative assistite da un esperto indipendente. Si tratta di un percorso volontario e stragiudiziale – quindi attivabile su richiesta dell’imprenditore e svolto al di fuori di una procedura concorsuale formale – finalizzato ad individuare soluzioni negoziate alla crisi o all’insolvenza imminente dell’impresa, con l’obiettivo di evitare il fallimento (ora liquidazione giudiziale) e preservare la continuità aziendale ove possibile.

Fondamento normativo: L’istituto è stato originariamente introdotto dal Decreto-Legge 24 agosto 2021, n. 118 (convertito con modificazioni dalla Legge 21 ottobre 2021, n. 147). Successivamente, con l’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, di seguito CCII), avvenuta il 15 luglio 2022, la disciplina della composizione negoziata è confluita nel Codice stesso ad opera del D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83, che ne ha inserito gli articoli da 12 a 25-quinquies CCII, apportando alcune modifiche rispetto alla versione originaria prevista dal D.L. 118/2021. Il quadro normativo è stato ulteriormente affinato da interventi successivi: in particolare, il D.L. 24 febbraio 2023, n. 13 (convertito con L. 21 aprile 2023, n. 41, nell’ambito delle misure PNRR) ha introdotto alcune novità operative e incentivi fiscali (art. 38 D.L. 13/2023) per rendere più efficiente l’accesso alla composizione negoziata. Da ultimo, il Decreto Legislativo 13 settembre 2024, n. 136 (c.d. “terzo correttivo” al CCII) ha integrato e correttto la disciplina, introducendo significative innovazioni come la possibilità di transazione fiscale all’interno della composizione negoziata. La disciplina vigente, aggiornata a luglio 2025, è dunque contenuta nel CCII (Titolo II, Capo I, artt. 12-25quinquies) come modificato e integrato dai provvedimenti successivi.

Natura e finalità: La composizione negoziata si configura come un “percorso” volontario di emersione anticipata della crisi, volto a consentire all’imprenditore di affrontare squilibri patrimoniali o economico-finanziari prima che evolvano in insolvenza conclamata. Diversamente dalle procedure concorsuali tradizionali, non comporta alcuna spossessione neppure attenuata del debitore: l’imprenditore rimane alla guida dell’impresa e conserva la gestione ordinaria e straordinaria durante il percorso. L’obiettivo è di favorire soluzioni di risanamento consensuali con i creditori e altri stakeholder (come soci, potenziali investitori, banche, fornitori, lavoratori) grazie all’assistenza di un esperto terzo e indipendente. Il legislatore europeo e nazionale incoraggiano tali strumenti “di allerta precoce” e di composizione stragiudiziale, riconoscendo che intervenire tempestivamente aumenta le probabilità di salvataggio dell’impresa e tutela meglio i creditori rispetto a interventi tardivi in insolvenza irreversibile.

Dal punto di vista del debitore, la composizione negoziata rappresenta una chance di riorganizzare l’azienda, ristrutturare l’indebitamento e preservare la continuità aziendale con il supporto di un professionista esperto e con la protezione (eventuale) di alcune misure legali di salvaguardia. Il tutto mantenendo riservatezza e controllo sull’impresa, evitando – se possibile – il ricorso a procedure concorsuali più invasive come il concordato preventivo o la liquidazione giudiziale. Come vedremo, la procedura è costruita in modo da incentivare l’imprenditore ad attivarsi appena emergono segnali di crisi: ciò in attuazione dei doveri di attenta gestione e di rilevazione tempestiva della crisi posti a carico degli amministratori dalle recenti riforme (cd. obbligo degli assetti adeguati ex art. 2086 c.c. e CCII). In questo senso, l’avvio tempestivo di una composizione negoziata può mettere al riparo gli organi sociali (amministratori, sindaci, revisori) da responsabilità per tardivo intervento, purché essi dimostrino di aver attivato gli strumenti di regolazione della crisi non appena individuati gli squilibri finanziari significativi.

Nei paragrafi che seguono verrà illustrato in dettaglio il funzionamento della composizione negoziata – dalle condizioni di accesso e nomina dell’esperto, allo svolgimento delle trattative, alle possibili soluzioni finali – con un particolare focus sulle tutele e sugli incentivi previsti per l’imprenditore-debitore. Saranno altresì analizzati gli aspetti fiscali e contabili rilevanti (come le agevolazioni tributarie e la gestione dei debiti fiscali), nonché i principali orientamenti giurisprudenziali emersi fino a metà 2025. Infine, la guida include domande e risposte frequenti e tabelle riepilogative per facilitare la comprensione di questo istituto innovativo.

Presupposti di accesso e ambito di applicazione

Per poter accedere alla composizione negoziata, devono ricorrere determinati presupposti soggettivi e oggettivi, espressamente previsti dalla legge. In sintesi:

  • Soggetti ammessi: possono attivare la procedura gli imprenditori commerciali e gli imprenditori agricoli, inclusi gli imprenditori cosiddetti “sotto soglia” (cioè di dimensioni minori, non fallibili secondo i vecchi criteri). Non vi sono requisiti dimensionali: la composizione negoziata è infatti utilizzabile indipendentemente dalle dimensioni dell’impresa, a differenza degli strumenti di allerta originariamente previsti dal CCII poi abrogati. Dunque possono beneficiarne anche le piccole imprese, le startup e – come detto – gli imprenditori agricoli, che tradizionalmente erano esclusi dal fallimento ma rientrano espressamente tra i destinatari di questo percorso. È richiesta l’iscrizione al Registro delle Imprese (quindi solo attività economiche formalmente costituite come impresa). Sono escluse invece le persone fisiche consumatori e altri debitori civili, i quali continuano a fare riferimento alle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento (legge 3/2012, ora parte del CCII).
  • Stato di difficoltà: quanto ai presupposti oggettivi, l’imprenditore deve trovarsi in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario tali da rendere probabile la crisi o l’insolvenza. In alternativa, è ammesso anche se è già in situazione di crisi o insolvenza conclamata, purché sia ancora possibile perseguire il risanamento. Il legislatore, specie con il correttivo 2024, ha chiarito espressamente che il percorso può essere intrapreso sia in caso di crisi/insolvenza, sia in caso di più blando stato di difficoltà (squilibrio) precedente alla crisi. Ciò serve a confermare che la composizione negoziata è pensata soprattutto per intervenire nella fase iniziale delle difficoltà, magari quando ancora l’impresa non è insolvente ma presenta squilibri patrimoniali (es. riduzione patrimonio netto) o finanziari (incapacità prospettica di far fronte alle obbligazioni nei successivi 12 mesi) che potrebbero condurre all’insolvenza se non affrontati.
  • Prospettive di risanamento: condizione essenziale è che risulti ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa. In altre parole, devono esservi concrete prospettive di ristrutturazione aziendale o di soluzione della crisi. Questo giudizio iniziale spetta in prima battuta allo stesso imprenditore e ai suoi consulenti, che dovranno valutare se esistono chance realistiche di accordo con i creditori o di altre operazioni (ad es. ingresso di nuovi investitori, vendita dell’azienda in continuità, ecc.) capaci di superare la crisi. Tale valutazione viene poi vagliata dall’esperto indipendente una volta nominato: se l’esperto, dopo un primo esame, rileva che non vi sono possibilità concrete di risanamento, può chiudere anticipatamente la procedura. Strumenti pratici per valutare la perseguibilità del risanamento sono forniti dalla piattaforma telematica sotto forma di test pratico e checklist, di cui si dirà tra breve.

In sintesi, la combinazione dei presupposti soggettivi e oggettivi consente accesso alla composizione negoziata per qualsiasi impresa iscritta (di qualunque dimensione, anche minore o agricola) che si trovi in squilibrio finanziario o patrimoniale, crisi o insolvenza reversibile, a condizione che sussista una prospettiva ragionevole di risanamento. Non è richiesta una verifica giudiziale preventiva dello stato di crisi: l’accesso è libero su iniziativa del debitore, che si assume la responsabilità di attivare la procedura in buona fede e con adeguata preparazione.

Limiti e incompatibilità: Vi sono tuttavia dei casi in cui la legge preclude l’accesso alla composizione negoziata. In particolare, l’istanza non può essere presentata se è già pendente una procedura formale di regolazione della crisi o dell’insolvenza relativa allo stesso imprenditore. Ciò significa, ad esempio, che se è in corso un concordato preventivo, un accordo di ristrutturazione dei debiti omologando, una liquidazione giudiziale (fallimento) o altra procedura concorsuale, non è ammesso attivare in parallelo la composizione negoziata. Il correttivo 2024 ha chiarito che tale divieto si riferisce solo alle domande di accesso agli strumenti di regolazione (concordato, accordo, liquidazione) e non a qualunque ricorso ex art. 40 CCII: ad esempio, la pendenza di un’istanza di fallimento da parte di un creditore non dovrebbe di per sé impedire di presentare domanda di composizione negoziata, sebbene in tal caso sarà il tribunale a valutare il da farsi (vedi oltre). Inoltre, dopo la chiusura o l’archiviazione di una composizione negoziata, l’imprenditore non può richiederne un’altra prima che sia trascorso almeno un anno dall’archiviazione. Analogo divieto (cooling-off) vale se nei quattro mesi precedenti l’istanza di composizione l’imprenditore abbia rinunciato a domande di concordato o altre procedure concorsuali – segno che potrebbe star tentando di dilazionare artificiosamente le azioni dei creditori. Queste previsioni mirano a prevenire abusi: l’imprenditore non deve usare la composizione negoziata per guadagnare tempo in modo scorretto passando da una procedura all’altra, ma come strumento serio di risanamento.

Da notare che la presentazione dell’istanza di composizione negoziata comporta la pubblicazione di tale istanza nel Registro delle Imprese (unitamente all’eventuale richiesta di misure protettive e all’accettazione dell’esperto nominato). Tale pubblicità rende conoscibile ai terzi l’avvio del percorso (anche se, come vedremo, il contenuto delle trattative rimane riservato). La pubblicazione serve anche a marcare il tempo di decorrenza di alcuni effetti legali. Nonostante ciò, la composizione negoziata è considerata una procedura confidenziale: le trattative avvengono riservatamente e tutte le parti coinvolte – debitore, esperto, creditori, eventuali terzi – sono tenute all’obbligo di riservatezza sulle informazioni acquisite. Ciò tutela l’impresa debitrice da danni reputazionali o reazioni a catena (es. revoche di fidi) che potrebbero derivare dalla divulgazione dello stato di crisi. La riservatezza è un punto cruciale: solo alcuni atti (come appunto l’istanza iniziale, l’eventuale provvedimento di misure protettive, o l’esito finale se si concretizza in accordi pubblicati) diventano pubblici a tutela dei terzi, mentre il contenuto negoziale resta confidenziale.

Assetti organizzativi e doveri di segnalazione: L’introduzione della composizione negoziata si inserisce nel più ampio quadro della riforma che impone agli amministratori di dotare l’impresa di assetti adeguati a rilevare tempestivamente la crisi (art. 2086 c.c. e art. 3 CCII). In caso di segnali di difficoltà, gli organi amministrativi devono attivarsi prontamente, valutando anche il ricorso a strumenti come la composizione negoziata. Se gli amministratori restano inerti di fronte a evidenti squilibri, gli organi di controllo societari (sindaci, revisori) hanno l’obbligo di segnalare la situazione e possono anche sollecitare essi stessi l’organo gestorio ad attivare la procedura. In casi di inerzia protratta, i sindaci possono persino denunciare i fatti al tribunale (segnalazioni d’ufficio) o convocare l’assemblea dei soci. La tempestiva attivazione di una composizione negoziata, o di altro strumento di regolazione della crisi, può quindi costituire per gli amministratori una prova di diligenza e buona fede, esonerandoli da responsabilità verso la società e i creditori sociali per aggravamento del dissesto. Questo contesto normativo spiega perché la legge parla di “prevenzione della crisi”: l’uso della composizione negoziata va visto non come ultimo rifugio disperato, ma come parte integrante di una gestione prudente, attivata appena i conti iniziano a scricchiolare.

Iter procedurale: accesso, nomina dell’esperto e svolgimento delle trattative

Passiamo ora ad esaminare come funziona in concreto la composizione negoziata, delineando le varie fasi: dall’accesso tramite piattaforma telematica, alla nomina dell’esperto indipendente, allo svolgimento delle trattative, fino alla conclusione della procedura.

Accesso tramite piattaforma telematica nazionale

L’iter inizia con la presentazione da parte dell’imprenditore di un’istanza di accesso alla composizione negoziata. Tale istanza va presentata al Segretario Generale della Camera di Commercio competente per territorio (in base alla sede legale dell’impresa), attraverso un’apposita piattaforma telematica nazionale istituita per gestire queste procedure. La piattaforma, raggiungibile all’indirizzo www.composizionenegoziata.camcom.it, è operativa dal 15 novembre 2021 ed è il perno digitale dell’intero processo.

Documentazione e verifica iniziale

Prima di presentare l’istanza, l’imprenditore deve preparare una serie di documenti e informazioni richieste per legge (art. 17, comma 3 CCII) da allegare. In particolare:

  • Check-list e test pratico: Nell’area pubblica della piattaforma è messo a disposizione un test pratico di autodiagnosi e una lista di controllo particolareggiata per la predisposizione del piano di risanamento. Il test pratico serve all’imprenditore per valutare in via preliminare se il risanamento è ragionevolmente perseguibile, attraverso una serie di domande sui dati dell’impresa (indici finanziari, sostenibilità del debito, ecc.). La check-list, introdotta dal Decreto Dirigenziale 21 marzo 2023, fornisce invece un elenco dettagliato di aspetti da coprire nel progetto di piano di risanamento. È obbligatorio infatti che l’imprenditore, all’atto di presentare l’istanza, abbia già redatto un progetto di piano di risanamento, seguendo appunto le indicazioni della check-list ministeriale. Questo piano preliminare, pur non definitivo, è fondamentale perché l’esperto e i creditori possano valutare le prospettive di risanamento. La presenza del progetto di piano è una delle novità apportate nel 2023 per aumentare la concretezza delle domande: non basta più segnalare la crisi, occorre una bozza di soluzione.
  • Allegati obbligatori (art. 17 c.3 CCII): Oltre al piano, la norma richiede di allegare numerosi documenti, tra cui in sintesi: gli ultimi bilanci d’esercizio depositati, le dichiarazioni fiscali e le situazioni patrimoniali-economiche più aggiornate, un elenco dei creditori con i rispettivi crediti scaduti, l’elenco di eventuali contenziosi pendenti, e soprattutto alcune certificazioni dei debiti fiscali e contributivi. In particolare, servono: il Certificato unico dei debiti tributari rilasciato dall’Agenzia delle Entrate (ai sensi dell’art. 363 CCII), il Durc e certificazione dei debiti previdenziali (ex art. 364 CCII), e la certificazione dell’Agente della Riscossione sui carichi iscritti a ruolo. Tali documenti fotografano la posizione debitoria verso l’Erario e gli enti previdenziali. Inoltre, l’imprenditore deve dichiarare l’eventuale pendenza di ricorsi per la dichiarazione di fallimento (liquidazione giudiziale) o di insolvenza nei suoi confronti, così che la Commissione e l’esperto sappiano se ci sono istanze concorsuali in corso.
  • Firma digitale: L’istanza va sottoscritta digitalmente dall’imprenditore (o legale rappresentante) e inoltrata tramite la piattaforma; pertanto, è necessario dotarsi di un dispositivo di firma digitale per la presentazione.

Una volta caricati tutti i documenti e compilate le informazioni richieste, l’imprenditore invia l’istanza telematicamente. La piattaforma è strutturata con un’area riservata per l’invio delle istanze e gestione documentale da parte degli utenti autorizzati, distinta dall’area pubblica di consultazione.

Snellimenti introdotti (PNRR 2023): Poiché in fase iniziale molti imprenditori incontravano difficoltà ad ottenere in tempi rapidi le certificazioni dei debiti fiscali e contributivi, il D.L. 13/2023 ha previsto – in via temporanea – la possibilità di sostituire tali certificati con una dichiarazione sostitutiva dell’imprenditore. In pratica, per le istanze presentate entro il 31 dicembre 2023, era consentito allegare una dichiarazione (ex art. 46 DPR 445/2000) in cui il debitore attesta di aver richiesto i certificati agli enti competenti almeno 10 giorni prima dell’istanza. Ciò al fine di “sbloccare le numerose istanze pendenti in attesa di nomina dell’esperto” che si stavano accumulando a causa dei ritardi burocratici nel rilascio di tali certificati. La relazione ministeriale chiarisce che la mancanza momentanea di quei dati non pregiudica la valutazione dell’esperto, poiché la piattaforma ha interconnessioni con le banche dati fiscali e può estrarre le informazioni sui debiti fiscali/previdenziali dell’impresa che ha avviato le trattative. Questa misura ha carattere temporaneo e di eccezione; a regime, dunque dal 2024 in poi, si presume che l’obbligo di allegare le certificazioni torni pienamente operativo, salvo proroghe ulteriori.

Nomina dell’esperto indipendente e Commissione di selezione

Dopo la presentazione dell’istanza completa, la palla passa alla Camera di Commercio competente, che deve procedere alla nomina di un esperto indipendente incaricato di seguire la composizione negoziata. La nomina avviene ad opera di una Commissione regionale o interregionale costituita ad hoc. In base alla legge, infatti, presso ogni Camera di Commercio capoluogo di regione è istituita una commissione formata da tre membri (un magistrato, un professore universitario in materie economico-giuridiche, e un esperto designato da Ministero e associazioni) incaricata di esaminare le istanze e designare un esperto idoneo dall’apposito elenco nazionale. Unioncamere, in collaborazione con il Ministero della Giustizia, gestisce gli elenchi degli esperti e supporta le commissioni nel processo di nomina.

La scelta dell’esperto tiene conto del profilo professionale richiesto dalle specifiche esigenze dell’impresa in crisi. A tal fine, il decreto dirigenziale del 21 marzo 2023 ha introdotto una “scheda sintetica” del profilo di ogni esperto iscritto, per agevolare le commissioni ad individuare il candidato più adatto in base al settore, alla dimensione aziendale, etc. Gli esperti devono possedere requisiti di indipendenza, professionalità ed esperienza in materia di risanamenti aziendali (possono essere commercialisti, avvocati, consulenti di impresa, manager, che abbiano svolto formazione specifica) e sono tenuti a frequenti corsi di aggiornamento secondo linee guida ministeriali. La nomina avviene tipicamente entro pochi giorni dalla ricezione dell’istanza completa, dopodiché l’esperto designato deve comunicare la propria accettazione dell’incarico. L’accettazione viene anch’essa formalizzata tramite la piattaforma ed è fondamentale: segna l’inizio effettivo della procedura e viene iscritta nel Registro delle Imprese insieme all’istanza di nomina, costituendo pubblicità legale.

Vale la pena sottolineare che l’esperto non è un commissario giudiziale né un curatore: egli non ha poteri sostitutivi dell’imprenditore, né poteri coercitivi verso i creditori. È figura terza che opera nell’interesse generale delle trattative, con doveri di imparzialità e riservatezza. Il suo compito principale è facilitare le trattative tra imprenditore e creditori (nonché eventuali altri stakeholder rilevanti) al fine di individuare una soluzione per superare la situazione di squilibrio. In sostanza, funge da mediatore qualificato e consulente super partes: analizza la situazione aziendale, individua possibili strade di risanamento, assiste il debitore nella predisposizione di proposte ai creditori e cerca di comporre gli interessi in gioco.

Fase iniziale: analisi e valutazione di perseguibilità

Accettato l’incarico, l’esperto procede a una prima ricognizione della situazione. Entro 5 giorni (tempo indicativo) convoca il debitore per un incontro iniziale. In tale riunione, l’esperto ascolta dall’imprenditore la descrizione della crisi, esamina i dati aziendali e il progetto di piano presentato, e valuta se sussistono effettivamente concrete possibilità di risanamento. Se dall’analisi preliminare emergesse che la situazione è irrimediabilmente compromessa (ad esempio, insolvenza irreversibile senza alcuna proposta fattibile), l’esperto potrebbe concludere per la mancanza delle condizioni e comunicare alle parti la chiusura anticipata della composizione negoziata. Più spesso, invece, l’esperto individua alcuni punti critici e fornisce indicazioni su come procedere. È facoltà dell’imprenditore farsi assistere dai propri consulenti di fiducia durante queste interazioni (ad es. advisor finanziari, legali, commercialisti già in carica).

Valutazione iniziale: L’esperto, dopo aver acquisito tutte le informazioni (anche tramite accesso alle banche dati, centrale rischi, ecc.), deve formalizzare una sua valutazione circa la presenza di “concrete possibilità di risanamento”. Se ritiene che tali possibilità manchino, può proporre all’imprenditore di rinunciare alla procedura e può segnalare nella relazione finale l’esito negativo. Se invece sussistono margini di recupero, si procede con le trattative vere e proprie. Va ricordato che l’esperto opera secondo i principi di correttezza e buona fede: se dovesse rilevare atti di frode o mancata trasparenza da parte del debitore, può decidere di interrompere la composizione negoziata. Parimenti, l’imprenditore ha il dovere di collaborare lealmente e fornire all’esperto tutte le informazioni richieste.

Misure protettive e sospensive a tutela dell’impresa debitrice

Uno dei vantaggi offerti all’imprenditore che accede alla composizione negoziata è la possibilità di ottenere, su richiesta, delle misure protettive temporanee sul patrimonio, volte a congelare le azioni esecutive e cautelari dei creditori durante lo svolgimento delle trattative. Tali misure sono fondamentali per creare un “periodo di respiro” nel quale negoziare senza la pressione di pignoramenti o altre azioni aggressive.

  • Richiesta di misure protettive: Il debitore può chiedere l’applicazione di misure protettive contestualmente all’istanza di nomina dell’esperto oppure con istanza successiva, sempre tramite la piattaforma. La richiesta viene immediatamente pubblicata nel Registro delle Imprese insieme all’accettazione dell’esperto. La pubblicazione produce l’effetto di far scattare in via immediata alcune protezioni di carattere automatico (almeno fino alla conferma giudiziale di cui si dirà): ad esempio, dal momento della pubblicazione, i creditori non possono acquisire nuove cause di prelazione (ipoteche, pegni) su beni del debitore senza il suo consenso. Inoltre, sempre dal deposito dell’istanza, non possono iniziare o proseguire azioni esecutive o cautelari sul patrimonio del debitore o sui beni destinati all’attività d’impresa. In pratica, si tratta di uno stay delle azioni individuali, analogo a quello previsto nel concordato preventivo. Sono comprese anche le azioni esecutive già in corso, che restano sospese.
  • Conferma giudiziale (Tribunale): L’ottenimento pieno delle misure protettive richiede però la conferma (o modifica) da parte del Tribunale competente. La legge prescrive infatti che il debitore, entro il giorno successivo alla pubblicazione dell’istanza di misure protettive, debba presentare ricorso al tribunale per chiederne la conferma. Il procedimento è camerale e molto celere. Il tribunale verifica la sussistenza dei presupposti – in particolare valuta che, sommariamente, la richiesta del debitore non sia manifestamente infondata e che vi sia pericolo imminente per l’azienda in mancanza di protezione – dopodiché emette decreto di conferma delle misure (eventualmente integrandole o limitandole). La conferma tipicamente estende l’efficacia delle protezioni per un periodo iniziale di max 4 mesi (vedi oltre sulla durata), eventualmente prorogabile. Durante questo periodo protetto: i creditori chirografari non possono iniziare o proseguire pignoramenti, i creditori muniti di pegno/ipoteca non possono espropriare i beni gravati, e le eventuali scadenze perentorie (decadenze) o prescrizioni sono sospese. Importante: grazie alle misure protettive, anche le banche e gli intermediari finanziari non possono revocare o ridurre gli affidamenti bancari già concessi prima (fidi, linee di credito) soltanto perché l’impresa è in composizione negoziata. Questo evita che il semplice avvio delle trattative scateni reazioni a catena sul credito disponibile.
  • Misure sospensive ex art. 20 CCII: Ulteriore tutela introdotta dal CCII (art. 20) riguarda la sospensione degli obblighi societari di ricapitalizzazione per perdite. In particolare, l’imprenditore può dichiarare – sempre attraverso la piattaforma – di volersi avvalere della sospensione degli articoli 2446, 2447, 2482-bis e 2482-ter c.c., evitando quindi di dover immediatamente ripianare perdite rilevanti che abbiano eroso il capitale sociale. Questa misura sospensiva opera automaticamente dalla pubblicazione nel Registro delle Imprese della dichiarazione di volersene avvalere, senza bisogno di autorizzazione del giudice. Resta efficace fino alla conclusione della composizione negoziata. È una norma di grande importanza pratica: molte imprese in crisi presentano perdite che riducono il patrimonio sotto il minimo legale, il che normalmente imporrebbe di ridurre il capitale o sciogliere la società. Grazie all’art. 20 CCII, tali obblighi sono congelati, permettendo all’impresa di tentare il risanamento senza dover intanto liquidare o ricapitalizzare forzosamente (il che spesso sarebbe impossibile per mancanza di risorse).
  • Misure cautelari: Oltre alle misure protettive, l’imprenditore può chiedere al Tribunale anche l’adozione di misure cautelari specifiche (art. 19 e 22 CCII) a tutela del patrimonio o dell’impresa. Ad esempio, potrebbe chiedere che sia sospeso un contratto in scadenza o che un creditore particolare sia inibito dal compiere certe azioni. Il tribunale può emettere provvedimenti cautelari “idonei ad assicurare provvisoriamente il buon esito delle trattative e gli effetti delle procedure eventuali”. In pratica, si tratta di interventi ad hoc decisi caso per caso, sulla base del periculum e del fumus, analogamente a quanto avviene nelle misure cautelari del concordato. L’esperto viene sentito anche su queste istanze. Queste misure cautelari non sono automatiche ma richiedono appunto un provvedimento espresso del giudice.

La durata iniziale delle misure protettive confermate è generalmente collegata alla durata stessa delle trattative (6 mesi iniziali). Importante: la legge (art. 19 CCII) prevede che entro 30 giorni dalla pubblicazione dell’istanza di misure protettive, il debitore debba far iscrivere nel Registro delle Imprese il numero di ruolo generale del procedimento instaurato in Tribunale. È un adempimento pubblicitario per collegare la visibilità del caso nel Registro alle pratiche giudiziali pendenti, pena la cessazione delle misure.

Proroga delle misure protettive: Se le trattative richiedono più tempo, l’imprenditore può chiedere al tribunale di prorogare le misure protettive oltre il termine iniziale (di norma 4 mesi). L’art. 19, comma 5 CCII consente proroghe, ma entro il limite della durata massima della composizione negoziata (12 mesi totali, come vedremo). La proroga può essere concessa senza udienza (basta la richiesta motivata e il parere favorevole dell’esperto), purché sussistano precise condizioni. La giurisprudenza ha chiarito che per ottenere la proroga il giudice valuta: (a) sul piano del periculum, che il prolungamento delle protezioni sia funzionale a garantire il buon esito delle trattative, le quali devono essere già avviate e in fase avanzata, con prospettive ragionevoli di conclusione utile entro il tempo aggiuntivo richiesto; (b) sul piano del fumus, che permangano concrete possibilità di risanamento secondo il parere aggiornato dell’esperto, avvalorato da un piano dettagliato in discussione con i creditori. Ad esempio, Tribunale di Avellino (decr. 7 dicembre 2022) ha stabilito che per prorogare le misure protettive occorre che le trattative non solo siano iniziate, ma abbiano già prodotto una bozza di accordo o comunque siano abbastanza avanzate da prevedere ragionevolmente la conclusione in tempi brevi. Se il piano di risanamento contempla la cessione dell’azienda, il tribunale si aspetta che al momento della proroga l’esperto abbia già avviato una ricerca di manifestazioni di interesse concrete, eventualmente tramite procedure competitive, e ottenuto offerte serie (irrevocabili e garantite) da potenziali acquirenti. In assenza di tali progressi sostanziali, la proroga non viene concessa per evitare di congelare i diritti dei creditori inutilmente. Dunque la proroga non è automatica: il debitore deve dimostrare che la negoziazione sta avanzando fruttuosamente e che ulteriore tempo è giustificato.

Gestione delle trattative con l’assistenza dell’esperto

Durante la fase delle trattative, l’esperto agisce come facilitatore e guida neutrale. Egli convoca periodicamente l’imprenditore e i creditori, sia congiuntamente sia separatamente, per discutere possibili soluzioni. Non esiste uno schema rigido: l’andamento è flessibile e dipende dal caso concreto. In linea di massima, si possono individuare alcune attività tipiche:

  • Analisi e aggiornamento del piano: l’esperto esamina a fondo il piano di risanamento presentato dall’imprenditore, ne valuta la coerenza e fattibilità, e suggerisce eventuali modifiche o integrazioni. Il decreto 21 marzo 2023 ha fornito un protocollo di conduzione per gli esperti, con istruzioni operative su come gestire la procedura. Ad esempio, l’esperto dovrà verificare la sostenibilità finanziaria del piano, la realistica capacità di soddisfare i creditori secondo le proposte avanzate, ed eventualmente richiedere informazioni aggiuntive (proiezioni di cassa, perizie di valutazione asset, ecc.). Se l’esperto ritiene il piano inadeguato, ne discuterà con l’imprenditore per migliorie.
  • Coinvolgimento dei creditori: L’esperto individua i creditori e gli stakeholder da coinvolgere nelle trattative. In genere, convoca prima i principali creditori (banche, fornitori maggiori, Fisco se rilevante) per comprendere le loro posizioni. Può organizzare incontri collegiali o negoziati bilaterali separati. Il tutto, si ribadisce, nel rispetto della riservatezza: eventuali informazioni sensibili fornite dai creditori (es. piani di rientro) non possono essere divulgate agli altri senza consenso. L’esperto mantiene un ruolo di moderatore e mediatore, cercando punti d’incontro. Egli può anche avvalersi di strumenti informatici messi a disposizione dalla piattaforma per comunicazioni e scambio documenti.
  • Relazione con l’autorità giudiziaria: Pur essendo procedura stragiudiziale, l’esperto ha alcune interlocuzioni con il tribunale se sono state attivate misure protettive o cautelari. Ad esempio, prima che il giudice confermi o proroghi le misure, viene sentito il parere dell’esperto sullo stato delle trattative (come richiesto dall’art. 19 CCII). L’esperto dovrà quindi riferire al giudice circa i progressi fatti e la prognosi sulla riuscita, aiutando il tribunale a decidere.
  • Operazioni straordinarie e atti di gestione: L’imprenditore, come detto, mantiene la gestione ordinaria e straordinaria. Non vi è un vincolo analogo all’autorizzazione del giudice per gli atti straordinari, a differenza del concordato preventivo. Tuttavia, la legge stabilisce un meccanismo di controllo: se durante le trattative il debitore compie atti di straordinaria amministrazione o effettua pagamenti non coerenti con le trattative o con le prospettive di risanamento, l’esperto può (anzi deve, se l’atto pregiudica i creditori) iscrivere il proprio dissenso nel Registro delle Imprese. In pratica, se l’imprenditore fa qualcosa che l’esperto ritiene lesivo o non in linea col piano (esempio: vende un bene importante senza informare i creditori, oppure paga fuori concorso un creditore creando disparità), l’esperto entro 10 giorni dall’averlo saputo deposita una dichiarazione che viene resa pubblica, segnalando il suo dissenso. Tale annotazione può avere conseguenze pesanti: mina la fiducia dei creditori e potrebbe portare il tribunale a revocare le misure protettive, oltre a privare il debitore di alcune protezioni (gli atti compiuti contro il parere dell’esperto potrebbero non godere delle esenzioni da revocatoria previste). Pertanto, il debitore è incentivato a concordare con l’esperto ogni operazione significativa durante la composizione negoziata e ad agire con trasparenza. In casi estremi, l’esperto può anche dimettersi se ritiene compromessa la propria posizione o inutile proseguire.
  • Eventuale autorizzazione ad atti urgenti: Se l’imprenditore necessita di compiere atti urgenti di straordinaria amministrazione durante le trattative (ad esempio ottenere un finanziamento ponte, vendere merci deperibili, ecc.) che non siano contrari al piano, può rivolgersi al tribunale per una specifica autorizzazione (art. 22, comma 1 CCII). In tal caso l’esperto di solito relaziona al giudice sulla necessità dell’atto e sulla coerenza con il risanamento. Un caso particolare è quello dei finanziamenti prededucibili: il tribunale può autorizzare il debitore a contrarre nuovi finanziamenti o a continuare linee di credito durante la composizione negoziata, prevedendo che tali crediti saranno prededucibili (cioè privilegiati) in caso di futura procedura concorsuale. Ciò serve a incoraggiare banche o soci ad erogare liquidità all’impresa in crisi, sapendo di avere una tutela se poi si andrà al fallimento. Il correttivo 2024 ha ulteriormente chiarito che rientrano tra i finanziamenti prededucibili anche le garanzie concesse e gli accordi con banche per riattivare linee di fido sospese. Inoltre ha previsto che se il tribunale autorizza un finanziamento (o una garanzia), questo conserva la prededuzione qualunque sia l’esito della composizione negoziata e anche oltre la sua chiusura, se esecuzione del piano lo richiede. Ciò elimina incertezze sulla tenuta di tali crediti in caso di successiva procedura.

La durata standard delle trattative è di 180 giorni (circa 6 mesi) dal momento dell’accettazione dell’esperto. Questa durata “iniziale” può essere prorogata per non più di ulteriori 180 giorni (portando il totale massimo a 360 giorni, circa 12 mesi) al ricorrere di specifiche condizioni. Le condizioni di proroga, come già accennato, includono: richiesta dell’imprenditore (o dei creditori) con accettazione dell’esperto, presenza di un ricorso pendente ex art.19 o art.22 (misure protettive/cautelari in corso), oppure necessità di completare atti autorizzati dal tribunale. In pratica, se tutto sta procedendo bene e le parti sono d’accordo nel continuare, l’esperto può estendere il proprio incarico fino a un massimo di altri 6 mesi, comunicandolo alla Camera di Commercio e al tribunale. Non è ammessa invece una proroga oltre i 12 mesi totali: la composizione negoziata ha per legge una durata contenuta, per evitare di protrarre all’infinito una situazione di incertezza sul mercato.

Conclusione delle trattative e possibili esiti

La fase finale del percorso è la conclusione delle trattative, che può avvenire con esito positivo (raggiungimento di una o più soluzioni di regolazione della crisi) oppure con esito negativo (nessun accordo). In ogni caso, l’esperto redige una relazione finale depositata sulla piattaforma in cui dà atto dell’attività svolta e delle soluzioni individuate (o dei motivi per cui non si è trovata soluzione).

Vediamo innanzitutto le possibili soluzioni in caso di esito positivo delle trattative, così come previste dall’art. 23, comma 1 CCII:

  1. Contratto con uno o più creditori (art. 23, co.1, lett. a) – L’imprenditore e uno o più creditori concludono un contratto avente ad oggetto il riassetto dei loro rapporti (ad esempio una modifica delle scadenze di pagamento, una dilazione, una remissione parziale del debito, ecc.), il quale, secondo la relazione finale dell’esperto, risulta idoneo ad assicurare la continuità aziendale per almeno 2 anni. In sostanza è un accordo individuale o plurilaterale con alcuni creditori chiave, ritenuto sufficiente a far proseguire l’attività. Questo contratto produce alcuni effetti premiali (vedi infra) se viene pubblicato nel Registro delle Imprese, ed è condizionato all’attestazione dell’esperto sulla sua adeguatezza a garantire la continuità aziendale nel medio termine. Un esempio potrebbe essere l’accordo con la banca principale per la ristrutturazione del debito bancario, grazie a cui l’azienda può continuare l’attività.
  2. Convenzione di moratoria (art. 23, co.1, lett. b) – Si tratta della convenzione di moratoria di cui all’art. 62 CCII, uno strumento mutuato dalla disciplina degli accordi di ristrutturazione: è un accordo con una maggioranza qualificata di creditori che accettano di sospendere temporaneamente le azioni di recupero e magari congelare i pagamenti, per dare tempo all’impresa di risanarsi. In pratica è un patto di standstill supportato da una percentuale di creditori (almeno 75% per categorie omogenee, come indicato dall’art. 62). Se tale convenzione viene conclusa durante la composizione negoziata, costituisce un esito positivo. La convenzione di moratoria differisce dal contratto del punto a) perché coinvolge una platea più ampia con regole di maggioranza e ha efficacia anche sui dissenzienti (se omologata dal tribunale, analogamente ad un accordo di ristrutturazione).
  3. Accordo sottoscritto da imprenditore, creditori ed esperto (art. 23, co.1, lett. c) – È forse la figura più tipica emersa dalla prassi: un accordo multilaterale sottoscritto dal debitore e da tutti o parte dei creditori (in genere quelli necessari al risanamento), controfirmato anche dall’esperto. L’esperto, con la sottoscrizione, dichiara che il piano di risanamento appare coerente con la regolazione della crisi o insolvenza. Questo accordo produce gli effetti di cui agli artt. 166, co.3, lett. d) e 324 CCII, ossia: gli atti compiuti in esecuzione di esso non sono soggetti ad azione revocatoria fallimentare e l’imprenditore è esente da responsabilità penale per le condotte di bancarotta semplice o fraudolenta relative a tali atti. In sostanza, viene equiparato a un piano attestato di risanamento sotto il profilo protettivo: se il debitore ha eseguito pagamenti o operazioni previsti dall’accordo, non potranno essergli contestati in un eventuale fallimento successivo, e non costituiranno reato di bancarotta. Questo accordo, per essere efficace, non richiede l’adesione di tutti i creditori aziendali, ma solo di quelli con cui si negozia (molto dipende se i restanti creditori vengono pagati regolarmente o sono marginali). Spesso assume la forma di un piano di risanamento “attestato” ma con il vantaggio aggiuntivo della firma dell’esperto. Va evidenziato che la sottoscrizione dell’esperto non trasforma l’accordo in un provvedimento pubblico, ma aggiunge garanzie di serietà e attiva appunto i benefici legali (revocatoria, esenzioni penali). Questo accordo, come il contratto di cui sopra, se viene pubblicato nel Registro delle Imprese consente di accedere a talune misure premiali fiscali (riduzione interessi, rateazioni).

Oltre a queste soluzioni negoziate “private”, l’art. 23 prevede che, qualora non si raggiunga una soluzione nel perimetro esclusivamente stragiudiziale, l’imprenditore possa comunque accedere in via successiva ad alcuni degli strumenti di regolazione della crisi formali (giudiziali) agevolati dall’esito delle trattative. In particolare (art. 23, co. 2 CCII):

  • Piano attestato di risanamento (art. 23 co.2 lett. a) – Se non si chiude un accordo durante la composizione negoziata, l’imprenditore può predisporre un piano attestato di risanamento ex art. 56 CCII (equivalente all’art. 67, co.3, lett. d L.Fall.), cioè un piano di risanamento asseverato da un professionista indipendente, finalizzato a risanare l’esposizione debitoria. Il piano attestato è un accordo privatistico privo di omologazione giudiziaria, ma che ha efficacia protettiva contro le revocatorie se pubblicato. Nel contesto di post-composizione negoziata, il piano attestato può essere un modo per cristallizzare il lavoro svolto: l’esperto magari non è riuscito a far sottoscrivere un accordo a tutti, ma l’imprenditore può comunque formalizzare un piano attestato da un altro professionista e pubblicarlo. In tal caso, beneficia di alcune agevolazioni (ad esempio, come vedremo, riduzione del 50% di sanzioni e interessi su debiti tributari pregressi).
  • Accordo di ristrutturazione dei debiti (art. 23 co.2 lett. b) – In alternativa (o in aggiunta), l’imprenditore può presentare domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi degli artt. 57 e seguenti CCII (ex art. 182-bis L.Fall.). Si tratta di un accordo con una maggioranza qualificata di creditori (almeno il 60% dei crediti) soggetto ad omologazione da parte del tribunale. Normalmente, per l’omologa serve il voto favorevole del 60% dei creditori (percentuale ora ridotta rispetto al passato 75%). Tuttavia, se l’accordo di ristrutturazione è raggiunto grazie alla composizione negoziata, è prevista un’ulteriore facilitazione: la percentuale di adesione necessaria scende al 60% (anziché 75%) e, secondo il CCII, se il raggiungimento dell’accordo risulta dalla relazione finale dell’esperto, tale soglia è ridotta al 60% (questa riduzione in realtà nel CCII post-83/2022 è già 60% base, ma la norma citata dal Torino indica ridotta al 60% da 75% nel caso specifico). In pratica, la composizione negoziata può fungere da pre-concordato stragiudiziale che sfocia in un accordo omologato con soglia abbassata, riconoscendo l’attività dell’esperto come elemento che dà fiducia sul fatto che l’accordo è vantaggioso per i creditori. Inoltre, questi accordi potranno godere delle agevolazioni fiscali (sopravvenienze attive detassate, ecc.) se pubblicati.
  • Concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio (art. 23 co.2 lett. c) – Questa è una novità assoluta introdotta dal D.L. 118/2021 e ora disciplinata dagli artt. 25-sexies e 25-septies CCII: in caso di esito infruttuoso delle trattative, l’imprenditore può proporre al tribunale un concordato “semplificato” di liquidazione. Si tratta di una procedura concorsuale giudiziale che consente di liquidare il patrimonio sotto il controllo del tribunale, ma con importanti differenze rispetto al concordato preventivo ordinario: non è richiesto il voto dei creditori, la proposta è omologata dal tribunale dopo aver sentito i creditori (che possono fare opposizione). È dunque una scorciatoia per liquidare l’impresa evitando il fallimento, utilizzabile solo da chi abbia prima tentato la composizione negoziata. Il concordato semplificato deve prevedere la liquidazione di tutto il patrimonio dell’imprenditore e una ripartizione del ricavato secondo le regole delle priorità (privilegi, ecc.). Di regola, il tribunale omologa se ritiene la proposta più conveniente per i creditori rispetto alla liquidazione giudiziale (fallimento). Non essendoci voto, i creditori possono solo opporsi in sede di omologa. Questa procedura è stata introdotta per dare al debitore un incentivo ulteriore a tentare la via negoziale: se non riesce a risanare, ha comunque l’ancora di salvataggio di un concordato “rapido” per liquidare ed evitare le lungaggini del fallimento. Attenzione: la legge originaria richiedeva che l’esperto, nella sua relazione finale, attestasse che le trattative si erano svolte correttamente e in buona fede da parte del debitore; inoltre, la domanda andava presentata entro 60 giorni dalla comunicazione dell’esperto della chiusura della comp. negoziata. La giurisprudenza ha però mostrato un certo orientamento flessibile: ad esempio, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (decr. 11 ottobre 2024) ha ritenuto omologabile un concordato semplificato anche in assenza della dichiarazione dell’esperto sulla buona fede (che non c’era perché le trattative si erano interrotte bruscamente per cause non imputabili al debitore, come il diniego delle misure protettive). In quella vicenda, le trattative erano durate meno di 60 giorni e non per colpa del debitore, così il tribunale ha giudicato che non fosse equo negare l’accesso al concordato semplificato solo perché mancava tale dichiarazione formale, essendo comunque il debitore comportatosi correttamente finché possibile. Inoltre, lo stesso tribunale ha affermato che è ammissibile una modifica della proposta di concordato semplificato rispetto a quella originaria presentata, pur in mancanza di una norma esplicita che lo consenta, ritenendo ciò funzionale a dare effettiva possibilità di soluzione al debitore e analogicamente coerente con la disciplina post-CCII (art. 25-sexies). In sostanza, i primi orientamenti giurisprudenziali su questo istituto semplificato mostrano volontà di favorirne l’applicazione pratica, purché non si travalichino i principi generali (onestà del debitore, convenienza per i creditori, ecc.).
  • Altre procedure regolative o concorsuali (art. 23 co.2 lett. d) – Infine, resta ovviamente sempre aperta per il debitore la possibilità di accedere a qualsiasi altra procedura di regolazione della crisi o insolvenza prevista dall’ordinamento. Ciò include: il concordato preventivo “ordinario”, la liquidazione giudiziale (volontaria), l’amministrazione straordinaria (per grandi imprese insolventi, ex D.Lgs. 270/99), la procedura di insolvenza delle grandi imprese (Legge Marzano), nonché per gli imprenditori agricoli le soluzioni a loro riservate (accordi di ristrutturazione o piano del consumatore equiparati, come da art. 25-quater co.4 CCII). In pratica, se nulla di negoziato o semplificato funziona, il debitore può comunque ripiegare su una procedura concorsuale classica. L’aver tentato la composizione negoziata potrebbe comunque giovargli in alcuni casi, ad esempio perché ha guadagnato tempo o preparato documentazione utile.

Esito negativo: Se le trattative non portano ad alcuna delle soluzioni sopra descritte, la composizione negoziata si considera conclusa senza accordo. L’esperto ne dà atto nella relazione finale e l’esito viene comunicato. In tal caso, i creditori riacquisiscono la libertà di azione (decadono eventuali misure protettive se erano in vigore), e l’imprenditore dovrà valutare altre opzioni, tra cui come detto anche la liquidazione del patrimonio. La legge non prevede sanzioni dirette per l’esito negativo di una composizione negoziata – il fallimento non segue automaticamente – ma è chiaro che a quel punto molti creditori potrebbero perdere fiducia e presentare istanze di insolvenza. Starà al debitore decidere se attivare subito un concordato, accordo o liquidazione per anticipare mosse dei creditori. Si ricordi che, una volta archiviata la composizione, non è ammessa nuova istanza prima di 12 mesi, il che evita che il debitore possa abusare reiterando richieste infruttuose.

Chiusura anticipata: È possibile che la composizione negoziata venga chiusa (archiviata) anche prima della scadenza dei 180 giorni se risulta evidente l’impossibilità di raggiungere un accordo. Ad esempio, se emergono atti di frode del debitore, se i principali creditori si rifiutano categoricamente di trattare, o se l’esperto riscontra che la situazione è peggiore del previsto (insostenibile). L’archiviazione anticipata avviene su iniziativa dell’esperto (che lo comunica e motiva nella relazione finale) oppure su rinuncia dell’imprenditore.

Gruppo di imprese: Una breve nota per le imprese facenti parte di un gruppo: il CCII prevede la possibilità di una composizione negoziata unitaria di gruppo. Più imprese del medesimo gruppo, ciascuna in squilibrio, possono presentare un’unica istanza congiunta per la nomina di un unico esperto. L’istanza unitaria va presentata alla Camera di Commercio del luogo dove ha sede la società (o ente) che esercita l’attività di direzione e coordinamento sul gruppo (se tale società ha sede in Italia). In mancanza di una capogruppo italiana, la si presenta dove ha sede l’impresa del gruppo con l’esposizione debitoria maggiore. Questa disciplina consente, ad esempio, di gestire contestualmente la crisi di una holding e delle sue controllate, con un unico esperto e trattative coordinate. L’esperto dovrà ovviamente valutare il perimetro di gruppo e potrà eventualmente proporre soluzioni aggregate o separate a seconda dei casi. La legge precisa che le società controllanti o controllate rientranti nel gruppo sono quelle individuate dall’art. 2, lett. h) CCII (richiama l’ipotesi di direzione e coordinamento ex artt. 2497 ss. c.c.). Va detto che la composizione negoziata di gruppo è strumento nuovo e la prassi è ancora in evoluzione; le trattative possono essere più complesse poiché coinvolgono più entità con patrimoni distinti, e potenzialmente creditori comuni o intrecciati. Tuttavia offre un approccio sistemico per evitare soluzioni scoordinate (es. salvare la capogruppo e far fallire la controllata potrebbe essere inutile se interdipendenti). Nel caso di gruppi, gli atti pubblicitari (come l’indicazione dei numeri di ruolo di misure protettive) vanno effettuati su ciascuna posizione Registro Imprese delle società coinvolte.

Vantaggi per il debitore (imprenditore)

Dal punto di vista dell’imprenditore-debitore, la composizione negoziata offre una serie di vantaggi e opportunità rispetto all’alternativa di subire passivamente la crisi o dover ricorrere subito a procedure concorsuali. Riepiloghiamo i principali benefici:

  • Mantenimento della gestione aziendale: Durante la composizione negoziata, l’imprenditore resta alla guida della propria impresa. Non si verifica alcuno spossessamento né affiancamento obbligato di organi commissariali (come avviene, ad esempio, nel concordato preventivo con commissario giudiziale o nell’amministrazione controllata). L’imprenditore conserva sia la gestione ordinaria che quella straordinaria, ovviamente con il dovere di confrontarsi con l’esperto e di evitare atti pregiudizievoli. Questa continuità di gestione consente maggiore agilità nel portare avanti l’attività caratteristica (clienti, dipendenti, fornitori possono vedere con favore il fatto che nulla cambi nell’operatività, se non la presenza discreta di un esperto). Al contempo, gli amministratori e soci sentono di non “perdere il controllo”, elemento psicologicamente importante per convincerli ad attivare la procedura.
  • Rapidità e durata certa: La composizione negoziata ha tempi relativamente brevi e predeterminati (6 mesi prorogabili a 12 al massimo). Questo è un vantaggio sia per il debitore che per i creditori, in quanto evita l’incertezza protratta. In 6 mesi si può arrivare – se vi sono le condizioni – ad un accordo e al rilancio aziendale. È un orizzonte temporale ristretto rispetto, ad esempio, a un concordato preventivo che può richiedere 1-2 anni per l’omologazione, o ad un fallimento che può durare molti anni. Dunque il debitore ha la prospettiva di una soluzione in tempi compatibili con la sopravvivenza dell’impresa (una crisi che si trascina troppo a lungo spesso erode irreparabilmente il valore aziendale). Inoltre, i creditori sono più disponibili a negoziare se sanno che entro pochi mesi si definirà l’esito (positivo o negativo che sia). La “durata certa” del percorso viene spesso sottolineata come elemento di serietà e credibilità del nuovo istituto.
  • Riservatezza: Come già evidenziato, la procedura si svolge in modo riservato. Tutti i soggetti coinvolti (debitore, creditori, esperto, consulenti) sono tenuti alla massima riservatezza sulle informazioni apprese e sulle proposte discusse. Questo permette all’impresa di affrontare la crisi senza clamore pubblico, proteggendo la reputazione e le relazioni commerciali. Al contrario, l’apertura di una procedura concorsuale pubblica (concordato, fallimento) di solito diventa di pubblico dominio e può provocare la perdita di fiducia di clienti e fornitori. Nella composizione negoziata, a parte la registrazione dell’istanza al Registro Imprese (che di per sé non dice molto se non a chi va a cercarla), i dettagli restano confidenziali. La stessa eventuale concessione di misure protettive non viene pubblicizzata sui giornali, ma al più notificata ai creditori interessati. Ciò rende questo strumento meno stigmatizzante e quindi più attraente per imprenditori e imprenditrici desiderosi di salvaguardare la buona nomea dell’azienda.
  • Maggiore credibilità verso i creditori: Paradossalmente, attivare la composizione negoziata può migliorare la percezione dell’impresa presso i creditori. Infatti un’“impresa consapevole del proprio stato di difficoltà che si attiva per superarlo” appare più credibile e affidabile di un debitore che nasconde la polvere sotto il tappeto. I creditori, vedendo che l’imprenditore ha preso iniziativa, nominato un esperto e sta elaborando un piano, sono più propensi a cooperare invece che agire in modo conflittuale. In altre parole, la composizione negoziata incanala la crisi in un alveo ordinato e supervisionato, riducendo le asimmetrie informative: i creditori vengono coinvolti e informati (sotto impegno di riservatezza), il che li rassicura rispetto al timore dell’occultamento di problemi. Questo spesso si traduce in un atteggiamento più costruttivo, ad esempio: le banche possono concedere moratorie sui finanziamenti, i fornitori possono continuare a rifornire l’azienda (magari contro assicurazione crediti), i dipendenti restano al loro posto confidando nel salvataggio in corso.
  • Protezione del patrimonio e continuità operativa: Le misure protettive attivabili impediscono ai creditori impazienti di aggredire il patrimonio durante le trattative. Questo è un vantaggio enorme per il debitore, perché gli consente di evitare che un singolo creditore (magari colui che grida più forte) faccia saltare tutto pignorando conti o attrezzature essenziali. La protezione a 360° (sospensione azioni esecutive, divieto di nuovi privilegi pregiudizievoli, impossibilità per le banche di revocare fidi) congela la situazione e permette all’imprenditore di lavorare ad una soluzione senza dover spegnere incendi quotidiani. Anche le misure sospensive ex art. 20 (sospensione obblighi di riduzione capitale per perdite) consentono di continuare l’attività anche in presenza di perdite che tecnicamente azzererebbero il capitale sociale. Questo evita lo scioglimento della società e dà tempo di ricostituire il patrimonio in caso di esito positivo. Insomma, il debitore in composizione negoziata gode di una sorta di “ombrello protettivo” temporaneo che gli altri debitori fuori procedura non hanno: questi ultimi rischiano il fallimento non appena un creditore decide di depositare un’istanza, mentre chi è sotto misure protettive ottiene una sospensione di fatto di quelle iniziative.
  • Assenza di voti e maggioranze (negoziazione libera): Nella composizione negoziata non ci sono formalità di voto né categorie di creditori rigide come nel concordato. L’imprenditore è libero di trattare con chi ritiene opportuno e raggiungere accordi con alcuni senza dover necessariamente coinvolgere tutti. Questo consente soluzioni molto flessibili e “su misura”. Ad esempio, se solo uno dei creditori è problematico, si può negoziare solo con quello e giungere a un contratto ex art. 23(1)(a) con lui, lasciando tutti gli altri fuori (che verranno pagati regolarmente). Oppure, se servono sacrifici da molti, si può procedere per gradi, costruendo consensi bilaterali invece di sottoporre tutto ad un voto collettivo. Questa agilità negoziale è un vantaggio per l’imprenditore che sa di dover convincere principalmente alcuni soggetti chiave (banche, fisco, fornitori strategici) e può evitare di coinvolgere miriadi di microcreditori per pochi importi. In aggiunta, il fatto che eventuali accordi possano essere conclusi con percentuali di creditori (convenzione di moratoria) o senza unanimità (accordo ex lett. c con solo i principali) riduce il rischio del “prigioniero del dissenso di pochi” – situazione tipica nei concordati dove se non si raggiunge la maggioranza l’intera procedura fallisce.
  • Costi relativamente contenuti: L’accesso alla composizione negoziata comporta alcuni costi di istruttoria e il pagamento del compenso dell’esperto, ma in generale tali costi sono molto inferiori a quelli di una procedura concorsuale tradizionale. Secondo il decreto dirigenziale attuativo, l’imprenditore deve versare un diritto di segreteria alla Camera di Commercio per avviare l’istanza, e successivamente farsi carico del compenso spettante all’esperto (stabilito secondo parametri ministeriali in base alla dimensione azienda e complessità del caso). Spesso il compenso dell’esperto è suddiviso in una parte fissa e una variabile legata all’esito. Ad ogni modo, parliamo di importi di qualche migliaio di euro (per PMI), vs. decine di migliaia tipici di procedure concorsuali (tra spese legali, commissari, tribunale, ecc.). Inoltre, non vi sono oneri come il contributo unificato rilevanti (se non per eventuali ricorsi al tribunale per misure protettive). Questo rende la composizione negoziata accessibile anche a imprese di ridotte dimensioni, specie se confrontata con il concordato preventivo in cui solo le spese iniziali di procedura possono essere elevate. Va ricordato che le Camere di Commercio offrono assistenza tecnica e la piattaforma è gratuita da utilizzare, e che l’esperto nominato ha il compito di perseguire il buon esito senza aggravare di costi non necessari.
  • Misure premiali e incentivi fiscali: Il legislatore ha previsto specifiche agevolazioni fiscali a favore dell’imprenditore che riesca a concludere con successo la composizione negoziata, così da incentivare l’uso dello strumento. Tali misure premiali (art. 25-bis CCII) sono di vario tipo e dipendono dall’esito conseguito. In generale includono: riduzione degli interessi e delle sanzioni su debiti fiscali, piani straordinari di dilazione con il Fisco, detassazione di eventuali sopravvenienze attive da esdebitazione, deducibilità integrale delle perdite su crediti dei creditori partecipanti, ecc. Approfondiremo nel prossimo capitolo i dettagli di tali misure. Basti qui evidenziare che il debitore virtuoso, che porta a casa un accordo o comunque adotta uno degli strumenti previsti, viene premiato con un trattamento fiscale di favore, ad esempio pagando meno interessi e multe al Fisco e potendo spalmare i suoi debiti tributari in più rate rispetto al normale. Questi vantaggi possono essere determinanti per la riuscita del risanamento: alleggerire il peso fiscale e contributivo spesso significa la differenza tra sopravvivere o soccombere (non a caso il mancato inserimento iniziale di una vera transazione fiscale nella composizione negoziata era stato criticato, come vedremo).

In sintesi, la composizione negoziata offre al debitore un ambiente controllato e favorevole dove affrontare la crisi, con la guida di un esperto e con un “kit” di strumenti (protezione legale, flessibilità negoziale, incentivi fiscali) orientati a massimizzare le probabilità di risanamento. Non da ultimo, i dati statistici aggiornati indicano che l’istituto sta iniziando a dare frutti incoraggianti: se nel primo anno solo circa il 5-6% delle procedure si concludeva con un esito favorevole, negli ultimi mesi il tasso di successo è salito attorno al 20% o più. Secondo l’Osservatorio Unioncamere, nel primo trimestre 2025 la percentuale di casi risolti positivamente ha raggiunto il 22,5%, in crescita rispetto al 19% di fine 2024. Segno che, con gli aggiustamenti normativi e la maggiore conoscenza dello strumento, la composizione negoziata “sta cominciando a mostrare tutte le sue potenzialità” (come dichiarato dal Presidente di Unioncamere). In particolare, funziona bene per le imprese più strutturate che intervengono tempestivamente, e la sfida ora è estenderne l’utilizzo efficace anche alle PMI minori.

Aspetti fiscali e contabili nella composizione negoziata

La gestione dei profili fiscali e contabili riveste un ruolo cruciale nella riuscita di un percorso di risanamento. Spesso, infatti, uno degli ostacoli maggiori al rilancio di un’impresa in crisi è costituito dai debiti tributari e contributivi accumulati e dall’impatto fiscale delle eventuali riduzioni di debito. Il legislatore, consapevole di ciò, ha previsto una serie di misure fiscali premiali connesse alla composizione negoziata e, di recente, ha introdotto la possibilità di una vera e propria transazione fiscale nel corso della procedura. Vediamo in dettaglio questi aspetti, insieme alle implicazioni contabili delle operazioni di risanamento.

Misure premiali fiscali (art. 25-bis CCII)

L’art. 25-bis del CCII, inserito con il D.Lgs. 83/2022 e ritoccato dal D.L. 13/2023, elenca una serie di benefici di carattere fiscale accordati all’imprenditore che concluda con successo la composizione negoziata, variabili a seconda della soluzione adottata. Possiamo riassumerle così:

  • Riduzione degli interessi sui debiti tributari al tasso legale: dal giorno dell’accettazione dell’incarico da parte dell’esperto fino alla conclusione delle trattative, gli interessi che maturano sui debiti tributari dell’impresa sono ridotti al tasso di interesse legale (anziché il tasso di mora ben più elevato) se la composizione negoziata si conclude con una delle soluzioni previste dall’art. 23, comma 1 (contratto, convenzione di moratoria, accordo) oppure con un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ex art. 57 CCII. In altre parole, se il debitore riesce a chiudere positivamente la procedura con un accordo o uno strumento formale, viene “premiato” pagando interessi di mora ridottissimi per il periodo delle trattative, con notevole risparmio (il tasso legale è storicamente inferiore di molto al tasso di mora su imposte). Questa agevolazione è condizionata all’esito: se la comp. negoziata finisce in nulla, gli interessi tornano quelli ordinari.
  • Riduzione delle sanzioni tributarie al minimo: per le violazioni tributarie commesse dall’impresa, qualora sia prevista la possibilità di pagamento in misura ridotta entro un certo termine (c.d. oblazioni o definizioni agevolate di sanzioni), se tale termine scade dopo la presentazione dell’istanza di composizione negoziata, le sanzioni sono dovute nella misura minima edittale. Inoltre, se il termine per il pagamento ridotto scade durante la procedura, viene prorogato. Questa previsione, un po’ tecnica, significa che il debitore non perderà la chance di pagare sanzioni ridotte perché è in trattativa: la legge gli garantisce comunque la sanzione al minimo se la definisce appena possibile. Ed è indipendente dall’esito finale: vale comunque, a prescindere da come la procedura si concluda. È un incentivo immediato ad attivarsi: non peggiorerà la propria posizione sanzionatoria avviando la composizione, anzi blocca l’aggravarsi delle multe.
  • Piano di rateazione straordinario dei debiti fiscali fino a 72 (ora 120) rate: Questa è una misura molto importante: se all’esito positivo della composizione viene pubblicato presso il Registro delle Imprese un contratto con continuità aziendale ≥2 anni (art. 23(1)(a)) oppure un accordo ex art. 23(1)(c) con esperto – in altri termini, le due soluzioni negoziali “forti” – l’impresa può ottenere dall’Agenzia delle Entrate un piano di ammortamento fino a 72 rate mensili (6 anni) per il pagamento delle somme dovute e non versate a titolo di imposte (Irpef/Ires, ritenute, IVA, IRAP non ancora iscritte a ruolo) e relativi accessori. Si tratta di un’estensione delle normali dilazioni fiscali, che generalmente arrivano a 36-72 rate. Novità 2023: Il D.L. 13/2023 ha elevato questo numero massimo di rate a 120 (10 anni) in caso di temporanea situazione di obiettiva difficoltà dell’impresa, rappresentata nell’istanza di cui all’art. 25-bis, comma 4 CCII e attestata dall’esperto. In pratica, se l’impresa versa in una condizione particolarmente difficile ma ancora recuperabile (concetto di “temporanea difficoltà obiettiva”), e riesce a chiudere un accordo o contratto come sopra, può chiedere un piano decennale per i debiti fiscali, contro il precedente massimo di 6 anni. La ratio è dare più ossigeno finanziario al risanamento. Questo intervento ha risposto a un dibattito interpretativo: alcune letture ritenevano già possibile prorogare di ulteriori 72 mesi i piani in casi eccezionali, ma la norma non era chiara; ora è esplicito che si possono raggiungere 120 rate in presenza di quella dichiarazione di difficoltà. Occorre la pubblicazione nel registro dell’accordo/contratto e la presentazione di un’istanza ad hoc, ma la facoltà è automatica se i requisiti sono soddisfatti (l’Agenzia Entrate “concede” il piano straordinario). È bene evidenziare che questa è una dilazione, non un abbuono: le imposte restano dovute per intero, ma spalmandole in 10 anni a tasso di dilazione normale si allevia la pressione sul cash flow.
  • Riduzione a metà di sanzioni e interessi su debiti fiscali pregressi in caso di procedure formali successive: Se la composizione negoziata non sfocia in un accordo immediato ma l’imprenditore passa ad uno degli strumenti di cui all’art. 23, comma 2 – ossia piano attestato, accordo di ristrutturazione, concordato semplificato, concordato preventivo o liquidazione giudiziale – allora le sanzioni e gli interessi relativi ai debiti tributari sorti prima della domanda di composizione sono ridotti del 50%. In sostanza, se alla fine si procede con una procedura concorsuale o accordo formale, c’è comunque questo “sconto” su interessi e sanzioni pregresse. L’obiettivo è non penalizzare chi, pur non avendo raggiunto un accordo in composizione, ha però seguito il percorso e ora continua nella gestione della crisi in modo ordinato. È un incentivo per i debitori a intraprendere comunque un piano attestato o concordato se la negoziazione fallisce, sapendo che avranno un trattamento fiscale agevolato su multe e interessi accumulati.
  • Detassazione delle sopravvenienze attive da esdebitazione e deducibilità delle perdite: Questo punto è essenziale dal lato contabile/fiscale: quando un’impresa ristruttura i debiti, spesso i creditori rinunciano a una parte del credito (stralcio). Dal punto di vista contabile ciò genera un utile straordinario per l’impresa, chiamato sopravvenienza attiva (la differenza tra valore del debito originario e quanto pagato a saldo). Orbene, il Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR) prevede (art. 88, comma 4-ter DPR 917/86) che le sopravvenienze attive derivanti da piani attestati pubblicati, concordati preventivi o accordi omologati non siano imponibili ai fini IRES/IRPEF. L’art. 25-bis CCII estende questa detassazione anche alle sopravvenienze derivanti dai contratti e accordi conclusi all’esito positivo della composizione negoziata (lett. a e c art. 23), nonché agli accordi di ristrutturazione omologati frutto della comp. negoziata. Dunque, se l’impresa chiude un accordo con i creditori grazie alla composizione negoziata e ne ottiene remissioni di debito, il “guadagno” contabile non sarà tassato come ricavo. Ciò evita il paradosso di dover pagare tasse su debiti cancellati, quando magari l’azienda è ancora in equilibrio precario. Parallelamente, dal lato dei creditori, il TUIR consente la deducibilità integrale delle perdite su crediti subite in sede di accordi o piani di risanamento (art. 101, c.5 TUIR). L’art. 25-bis assicura che anche le perdite su crediti registrate dai creditori aderenti a un contratto o accordo ex composizione negoziata siano deducibili fiscalmente. Ciò facilita l’adesione dei creditori, specie banche, che sanno di poter scaricare la perdita fiscale. In sintesi: nessuna tassa sui debiti perdonati e credito d’imposta “morale” per i creditori sulle perdite subite – una condizione win-win per favorire le intese.
  • Nota di variazione IVA per creditori: Un beneficio introdotto con D.L. 13/2023 (art. 38 co.2) riguarda i creditori dell’imprenditore in composizione negoziata. Finora, il regime IVA prevedeva che il creditore potesse emettere nota di credito IVA (recuperando l’IVA su un credito non incassato) solo in caso di procedure concorsuali formali aperte a carico del debitore, o di accordi di ristrutturazione omologati, o di piani attestati pubblicati. La composizione negoziata, essendo stragiudiziale e confidenziale, non rientrava nelle ipotesi originarie dell’art. 26 DPR 633/72, il che aveva aperto un dibattito dottrinale se fosse comunque equiparabile o no. Il legislatore è intervenuto definendo la questione: dalla data di pubblicazione nel Registro Imprese di un contratto ex art. 23(1)(a) o di un accordo ex art. 23(1)(c) conclusi a buon fine della composizione negoziata, i creditori possono emettere nota di variazione IVA ai sensi dell’art. 26 DPR 633/72. Ciò significa che se, ad esempio, un fornitore aveva emesso fattura con IVA per 100, e poi in sede di accordo accetta di incassare solo 50 (rinunciando a 50 di credito), potrà recuperare l’IVA relativa ai 50 non incassati immediatamente, senza dover attendere una procedura concorsuale del debitore. È un incentivo importante per i creditori a partecipare attivamente e con fiducia alla composizione negoziata, sapendo che non saranno penalizzati sull’IVA. In termini contabili, i creditori emetteranno nota di credito e l’impresa debitrice riceverà una corrispondente variazione in detrazione (ma se tanto non pagava quella parte, poco cambia per il debitore se non come scrittura contabile).

La tabella seguente sintetizza le misure premiali fiscali:

Misura Premiale FiscaleCondizioniRiferimenti Normativi
Interessi sui debiti tributari ridotti al tasso legale (in luogo del tasso di mora) durante le trattativeLa composizione si conclude con:- contratto, convenzione o accordo ex art. 23 co.1 oppure– accordo di ristrutturazione dei debiti omologato (art. 23 co.2 lett. b)Art. 25-bis, co.1 CCII
Sanzioni tributarie ridotte al minimo edittale (in caso di definizioni agevolate)Termine di pagamento in misura ridotta scadente dopo l’istanza di comp. negoziata (indipendente dall’esito finale)Art. 25-bis, co.2 CCII
Rateizzazione straordinaria debiti fiscali fino a 72 rate mensili (estesa a 120 rate se temporanea difficoltà obiettiva)Pubblicazione nel Registro Imprese, a esito delle trattative, di:- un contratto idoneo ad assicurare continuità ≥2 anni (art. 23(1)(a)), oppure– un accordo ex art. 23(1)(c) con effetti di piano attestato.(In presenza di situazione di difficoltà obiettiva attestata, rate elevabili a 120)Art. 25-bis, co.4 CCII (72 rate);Art. 38 co.1 D.L. 13/2023 (120 rate)
Riduzione del 50% di sanzioni e interessi sui debiti tributari sorti prima dell’istanzaL’impresa accede, al termine della comp. negoziata, a uno degli strumenti formali di regolazione (piano attestato, accordo di ristrutturazione omologato, concordato semplificato, concordato preventivo, liquidazione giudiziale) – art. 23 co.2Art. 25-bis, co.3 CCII (come risultante dopo correttivi) (nel testo del sito CamCom indicato come “ipotesi art. 23, co.2”)
Detassazione delle sopravvenienze attive da riduzione dei debitiEsito positivo con conclusione di:- contratto ex art. 23(1)(a) o accordo ex art. 23(1)(c) (pubblicati in R.I.)- accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 23(2)(b) (omologato e pubblicato)(Equiparati a piani attestati o concordati ai fini art. 88 co.4-ter TUIR)Art. 25-bis, co.5 CCII;Art. 88, co.4-ter DPR 917/86 (TUIR)
Deducibilità integrale delle perdite su crediti dei creditori (derivanti da accordi di composizione)Creditori che aderiscono a:- contratto o accordo ex art. 23(1)(a) o (c) (pubblicati)- accordo di ristrutturazione ex art. 23(2)(b) omologato (pubblicato)(Equiparati ai fini art. 101 c.5 TUIR)Art. 25-bis, co.5 CCII;Art. 101, co.5 (ora art. 106, co.3) DPR 917/86
Facoltà per i creditori di emettere nota di variazione IVA (recupero IVA su crediti non incassati)Pubblicazione nel R.I. di contratti o accordi conclusi ex art. 23 co.1 lett. a) o c) (esito positivo comp. negoz.) – dalla data di pubblicazione scatta la facoltà di emissioneArt. 38 co.2 D.L. 13/2023; modifiche all’art. 26 DPR 633/72 (Legge IVA)

N.B.: Le misure premiali sopra elencate sono cumulabili ove ne ricorrano i presupposti. Ad esempio, un debitore che concluda un accordo ex art. 23(1)(c) con i creditori e lo pubblichi, beneficerà di: interessi ridotti al tasso legale durante la procedura, possibilità di 72/120 rate fiscali, detassazione delle eventuali remissioni ricevute, ecc. In più, i creditori partecipanti potranno dedurre le loro perdite e recuperare l’IVA delle fatture non incassate. Tutto ciò rende la soluzione negoziale molto conveniente sul piano fiscale.

Transazione fiscale e contributiva nella composizione negoziata (novità 2024)

Per lungo tempo, uno dei limiti della composizione negoziata è stato l’impossibilità di ridurre il debito fiscale e previdenziale se non indirettamente tramite le misure premiali. In altre parole, durante le trattative l’imprenditore poteva chiedere ai creditori privati di rinunciare a parte dei loro crediti, ma non poteva formalmente proporre al Fisco o agli enti previdenziali un accordo di stralcio del debito tributario o contributivo, perché la cosiddetta transazione fiscale era prevista solo all’interno di procedure concorsuali (concordato preventivo o accordo ex art. 182-bis L.Fall.) e non in un contesto extragiudiziale puro. Questa lacuna era stata molto criticata, essendo il debito verso l’erario spesso la voce più rilevante e ostica da trattare.

Il legislatore ha recepito tali critiche con il D.Lgs. 136/2024 (terzo correttivo CCII), che all’art. 5 ha introdotto nel Capo sulla composizione negoziata la possibilità di una transazione fiscale anche in sede stragiudiziale. In particolare, è stato inserito l’art. 23, comma 2-bis CCII che dispone quanto segue:

Durante le trattative, l’imprenditore può formulare una proposta di accordo transattivo ai creditori pubblici, in particolare all’Agenzia delle Entrate, all’Agenzia Entrate-Riscossione (ex Equitalia, per i carichi a ruolo) e analogamente si intende anche agli enti previdenziali (INPS) – finalizzato al pagamento parziale o dilazionato del debito tributario e dei relativi accessori. In parole semplici: ora il debitore in composizione negoziata può negoziare con il Fisco un taglio o una dilazione dei tributi dovuti, senza dover aprire un concordato preventivo. Questa facoltà si affianca alle misure premiali di cui all’art. 25-bis (che riducono interessi e sanzioni), ma va oltre: consente proprio di proporre una falcidia dell’imposta o un pagamento parziale del capitale dovuto.

Limiti della transazione fiscale: Non tutti i crediti fiscali sono compresi. Il comma aggiunto esclude espressamente i tributi costituenti risorse proprie dell’UE (tipicamente l’IVA e i dazi doganali, che per normativa UE non possono essere falcidiati al di fuori di procedure concorsuali). Inoltre, non rientrano nella transazione compositiva i contributi previdenziali e i premi assicurativi obbligatori dovuti agli enti (INPS, INAIL). Questi potranno al più essere dilazionati coi piani ordinari, ma non falcidiati in via negoziale (resta però la possibilità di includerli in un eventuale concordato semplificato successivo per ridurli). Si tratta di limiti analoghi a quelli vigenti nella transazione fiscale del concordato: l’IVA e le ritenute non pagate, in particolare, non possono essere ridotte (devono essere pagate integralmente salvo che il concordato sia liquidatorio e il creditore pubblico sia cram-downato con voto contrario, questione tecnica). Tuttavia, c’è da segnalare che alcuni autori ipotizzano che nel nuovo contesto di comp. negoziata forse si potrebbe pensare a falcidiare anche l’IVA, in analogia con una tesi emergente per i concordati preventivi post direttiva (la nota di un autore citata in dottrina suggerisce apertura sul punto). Ma ufficialmente, IVA fuori.

Procedura di proposta e controllo: La legge prevede che alla proposta di transazione fiscale in composizione negoziata siano allegati due documenti chiave:

  1. Una relazione di un professionista indipendente (diverso dall’esperto e in possesso dei requisiti di attestatore) che attesti la convenienza della proposta per il Fisco rispetto all’alternativa liquidatoria (liquidazione giudiziale). In pratica, un attestatore deve dichiarare che, accettando quella somma ridotta proposta, l’Erario incasserebbe di più (o non meno) di quanto recupererebbe in caso di fallimento dell’impresa. Questo è un concetto mutuato dalla transazione fiscale classica: serve a tutelare il principio di indisponibilità dell’obbligazione tributaria oltre la convenienza economica. È curiosamente omesso il riferimento alla “liquidazione controllata” (procedura per piccoli debitori non fallibili), ma probabilmente per svista; l’attestatore dovrà comunque considerare la miglior alternativa concorsuale possibile.
  2. Una relazione del revisore legale dell’impresa (se presente; se l’impresa non ha un revisore nominato, deve nominarne uno ad hoc scegliendolo da un albo) che certifichi la completezza e veridicità dei dati aziendali posti a base della proposta. Questo mira a garantire che lo Stato esamini una proposta basata su numeri attendibili e controllati, riducendo il rischio che il debitore “abbellisca” la situazione.

La proposta transattiva non richiede la firma dell’esperto (egli deve solo esserne informato). L’esperto non partecipa quindi formalmente all’accordo col Fisco, ma se ritiene che la transazione proposta sia pregiudizievole per i creditori o per il risanamento, ne può informare il debitore e l’organo di controllo e menzionare la cosa nella relazione finale. In pratica, l’esperto funge comunque da guardiano d’equilibrio: se il debitore proponesse al Fisco condizioni che danneggiano troppo altri creditori (ad esempio offrendo troppo al Fisco e togliendo ad altri), l’esperto potrà stigmatizzarlo. Ma la decisione finale spetta al Fisco ed eventualmente al giudice.

Ruolo del Tribunale: La transazione fiscale nella composizione negoziata, pur essendo negoziale, ha un tassello giurisdizionale: l’accordo raggiunto col Fisco deve essere depositato in Tribunale e autorizzato da un giudice prima di diventare efficace. In particolare, l’accordo produce effetti dalla data di deposito, ma la sua esecuzione è sospensivamente condizionata al decreto con cui il giudice lo autorizza. Il giudice verifica “la regolarità della documentazione allegata e dell’accordo stesso”. Non si tratta di una vera omologazione di merito, ma nemmeno di un controllo puramente notarile: deve controllare che tutti i documenti richiesti ci siano (relazione attestatore con attestazione di convenienza, relazione revisore) e che l’accordo rientri nei limiti di legge (ad esempio, che non includa tributi non falcidiabili, che effettivamente offra pagamento parziale o dilazionato e non preveda condoni non consentiti, ecc.). La relazione illustrativa al decreto evidenzia che questo controllo non trasforma la composizione negoziata in un percorso giudiziario, lasciando intendere che sia un controllo essenzialmente formale di regolarità. Dunque il giudice non dovrebbe entrare nel merito dell’ammontare proposto, fidandosi dell’attestazione di convenienza. Tuttavia, gli osservatori notano che se emergesse ictu oculi un grave scostamento (es. l’attestatore afferma convenienza, ma palesemente il fallimento darebbe di più al Fisco), il giudice difficilmente potrebbe ignorarlo. Diciamo che in teoria dovrebbe limitarsi a controllare il rispetto del “modello legale”, ma se balzano all’occhio errori macroscopici o documenti carenti, potrà rigettare la richiesta. In caso di problemi, il giudice dichiara l’accordo privo di effetti (in pratica, non autorizzandolo, l’accordo rimane lettera morta).

Una volta autorizzato, l’accordo fiscale transattivo è efficace e vincolante come un normale accordo: l’imprenditore dovrà eseguirlo (pagare le somme pattuite nei tempi concordati), e le pendenze fiscali saranno regolate secondo quanto concordato (con liberazione del debitore per la parte stralciata). È importante sottolineare che questa transazione fiscale nella composizione negoziata consente di risolvere il problema del “blocco” costituito dal debito pubblico: molti risanamenti di imprese andavano a picco perché, pur avendo l’accordo dei creditori privati, restava l’incognita dei debiti IVA e INPS su cui non si poteva intervenire extragiudizialmente. Ora c’è uno strumento ad hoc, soggetto a vigilanza, per includere anche lo Stato tra i creditori negoziabili (salve le solite eccezioni di legge). Naturalmente, se il Fisco non accetta la proposta, l’imprenditore potrà poi tentare la strada concorsuale (concordato, dove la transazione fiscale è soggetta a voto e possibile cram down).

Aspetti contabili del risanamento

Dal punto di vista contabile, la composizione negoziata pone diverse questioni, ma qui ci si concentra su alcuni aspetti salienti:

  • Continuità aziendale nei bilanci: Un’impresa che accede alla composizione negoziata è verosimilmente in situazione di crisi o di dubbi sulla continuità aziendale. I principi contabili richiedono agli amministratori, nella redazione del bilancio, di valutare se sussiste il presupposto della continuità aziendale (going concern) per almeno 12 mesi. L’avvio di una composizione negoziata può essere visto come un elemento che supporta la continuità, se accompagnato da un piano di risanamento credibile. In pratica, gli amministratori possono redigere il bilancio senza dover liquidare i valori, motivando che è in corso un processo di risanamento con prospettive ragionevoli (specie se l’esperto ha dato conferma di perseguibilità). Certamente, in nota integrativa dovranno illustrare la situazione di crisi e le azioni intraprese (comp. negoziata attivata il tal giorno, ecc.), ma potranno evitare di classificare tutto come dismissione, a patto di confidare nel risanamento. Se la procedura invece fallisce, nel bilancio successivo dovranno eventualmente adottare criteri di liquidazione. Questo aspetto è delicato: da un lato la composizione negoziata deroga temporaneamente ad alcune regole (come visto, sospende gli obblighi di ricapitalizzazione per perdite ex art. 20 CCII), dall’altro i principi contabili internazionali (IFRS) e nazionali richiedono disclosure sul fatto che l’azienda è in crisi e la continuità dipende dal successo di un piano. Dunque, in bilancio si dovranno indicare chiaramente le incertezze significative sulla continuità e il fatto che la continuità è assunta in virtù del piano di risanamento in corso.
  • Rappresentazione delle riduzioni di debito: Se si perviene a un accordo di riduzione debiti (stralcio), contabilmente l’impresa rileverà a conto economico una sopravvenienza attiva pari alla parte di debito condonata. Come detto, grazie all’art. 88 TUIR tale provento non concorrerà a formare reddito imponibile se l’accordo è tra quelli agevolati. Ciò significa che l’impresa potrà migliorare il proprio patrimonio netto (utili da stralcio) senza pagare imposte su di essi. Tale beneficio contabile-fiscale è notevole: pensiamo a una PMI con €1 milione di debiti verso fornitori e banche che ottenga un taglio del 30% (€300k). Registrerà €300k di utile straordinario ma, grazie alla legge, non pagherà IRES su quell’utile. Il patrimonio netto aumenterà di 300k puliti, aiutando a riportarlo sopra zero se era negativo. Senza questa norma, 300k di utile avrebbero comportato circa €72k di tasse (al 24% IRES), riducendo l’effetto risanante.
  • Perdite dei creditori e implicazioni: Dal lato creditori, quelli che partecipano all’accordo registreranno una perdita su crediti (la differenza tra valore nominale e incassato). Tale perdita, come evidenziato, è deducibile dal loro reddito, quindi essi potranno ridurre le proprie imposte. Ciò rende più digeribile l’accettare uno stralcio: specie per banche e imprese fornitrici, avere certezza di dedurre la perdita significa recuperare almeno il 24-27% via minori tasse. Va rilevato che per banche e intermediari finanziari vigono anche regole prudenziali: spesso hanno già accantonato a fondo rischi parte del credito problematico, quindi in bilancio la perdita effettiva è già assorbita in parte. Comunque, il quadro normativo toglie ogni dubbio: anche senza procedura concorsuale, se l’accordo di composizione negoziata è pubblicato, la perdita è deducibile come se fosse un concordato.
  • Trattamento contabile dei nuovi finanziamenti e pagamenti autorizzati: Se il tribunale autorizza certi atti (come nuovi finanziamenti prededucibili), in bilancio dovrà essere data informativa. I finanziamenti prededucibili vengono comunque iscritti come debiti finanziari normali, ma con indicazione che godono di privilegio in caso di concorsuale successiva. Per i pagamenti effettuati durante la procedura, se coerenti col piano e autorizzati (es. pagamento fornitori critici), saranno classificati come anticipazioni di costi futuri. Se invece fossero pagamenti non coerenti (speriamo di no), potrebbero emergere come uscite straordinarie e l’esperto ne chiederà il dissenso pubblico, col possibile impatto di doverli rettificare (es. un pagamento preferenziale potrebbe dover essere restituito se la procedura concorsuale successiva lo revoca, ma se l’esperto era dissenziente l’azione revocatoria non è esclusa per quel pagamento).
  • Crediti deteriorati e classificazioni bancarie: Un aspetto contabile indiretto: quando un’impresa entra in composizione negoziata e attiva trattative con le banche, queste ultime dovranno valutare come classificare il credito (ad esempio in default, UTP, etc.). La normativa di vigilanza BCE/EBA considera generalmente forborne (oggetto di concessioni) i crediti ristrutturati, e la presenza di misure protettive può far scattare la “default” se c’è sospensione pagamenti. Tuttavia, poiché la composizione negoziata è volontaria, le banche potrebbero considerare l’impresa ancora attiva e operativa. In pratica, le banche in molti casi hanno continuato a classificare come UTP (Unlikely to Pay) i crediti verso imprese in comp. negoziata, in attesa dell’esito, evitando un default automatico se le prospettive sono buone. Questo è un tecnicismo di bilancio bancario ma ha riflessi: se la banca classifica in default, deve svalutare tutto il credito, e potrebbe essere meno incline a supportare l’impresa. La normativa auspicabilmente spingerà per un approccio caso per caso.

In generale, contabilità e fisco interagiscono fortemente: ad esempio, se la composizione prevede cessione di azienda a terzi, occorre fare perizia e stabilire i valori contabili corretti, con possibili plus/minusvalenze. Le linee guida per gli esperti invitano a considerare questi aspetti nelle proposte (ad esempio includere clausole che il cessionario si accolli eventuali oneri fiscali da plusvalenza, o che il prezzo sia netto di imposte, ecc.).

Un ulteriore spunto: la gestione dell’IVA corrente durante la procedura. Se l’impresa continua l’attività, deve continuare a fatturare con IVA e versarla. Le misure protettive non sospendono gli obblighi tributari correnti (sospendono solo le azioni sui debiti pregressi). È quindi importante che l’imprenditore, con l’aiuto dell’esperto, monitori il cash flow per pagare almeno l’IVA e i contributi che maturano durante quei mesi, altrimenti si creerebbe nuovo debito “cattivo”. Le normative emergenziali (es. durante Covid) avevano a volte previsto esenzioni, ma nel contesto attuale no: tocca all’esperto assicurarsi che il piano preveda anche la sostenibilità del pagamento delle nuove obbligazioni (fornitori correnti, stipendi, IVA corrente) per non aggravare la posizione fiscale. Se proprio serve, si può includere nella transazione fiscale eventuali IVA scadute prima della procedura; quelle durante la procedura non sarebbero ammesse.

In conclusione, la disciplina recente ha reso la composizione negoziata molto più attraente dal punto di vista fiscale: ora non solo si possono diluire e ridurre oneri accessori, ma persino proporre uno sconto sul capitale ai creditori pubblici, con l’intervento di un attestatore e del giudice a garanzia. Questo colma un vuoto che rischiava di far preferire comunque i percorsi giudiziali (concordati) per trattare col fisco.

Dal lato contabile, il messaggio per l’imprenditore è: il risanamento andrà riflesso nei numeri di bilancio, con possibili benefici (utile da stralcio non tassato) ma anche necessità di trasparenza (informare i soci e terzi della condizione e delle incertezze). Un piano ben fatto comprenderà anche proiezioni economico-patrimoniali realistiche post-ristrutturazione, così da mostrare come l’impresa tornerà in equilibrio: ciò include considerare eventuali impatti fiscali residui, ammortamenti di eventuali minusvalenze generati dalla cessione di asset per pagare debiti, e così via.

Giurisprudenza recente e orientamenti applicativi

Sebbene la composizione negoziata sia istituto relativamente nuovo (operativo da fine 2021), si è già formata una serie di pronunce giurisprudenziali che ne hanno chiarito aspetti applicativi. Qui sintetizziamo alcune delle sentenze e dei provvedimenti più significativi emersi fino al 2025:

  • Tribunale di Milano, 14 luglio 2022: una delle prime pronunce in tema di misure protettive, ha delineato i criteri per la conferma iniziale delle misure. Il tribunale di Milano ha sottolineato come, in sede di prima concessione, il debitore debba fornire almeno elementi sommari sulla prospettiva di risanamento e sullo stato delle trattative (ancor da avviare) e che il giudice valuterà soprattutto il fumus (cioè la plausibilità del risanamento) e il periculum (il rischio concreto di pregiudizio se non si proteggesse l’impresa). È stata rigettata una richiesta di misure protettive in un caso in cui l’istanza appariva strumentale e priva di un serio piano, a conferma che i giudici possono negare le protezioni se ritengono l’uso dell’istituto meramente dilatorio.
  • Tribunale di Padova, 12 ottobre 2022: ha stabilito che, laddove il debitore chieda misure protettive, è onere dell’imprenditore attivarsi con tempestività per notificare il ricorso ai creditori interessati e per depositare poi il numero di ruolo nel Registro Imprese nei 30 giorni. In un caso in cui ciò non era avvenuto, le misure sono decadute. Questa pronuncia ha messo in guardia i debitori: ottenere lo stay comporta anche precisi doveri organizzativi, non basta il mero deposito.
  • Tribunale di Avellino, decreto 7 dicembre 2022 (già citato): ha fissato i criteri stringenti per la proroga delle misure protettive oltre i 4 mesi. Come visto, Avellino ha richiesto uno stato avanzato delle trattative, un piano dettagliato già discusso con almeno parte dei creditori, e – se previsto cessione azienda – offerte vincolanti già in mano, per concedere la proroga. Questa pronuncia è diventata un riferimento: molti tribunali (es. Tribunale di Bologna, 30 nov 2022; Tribunale di Padova 10 giu 2022) hanno seguito un approccio simile, per evitare che la protezione si protragga senza costrutto. In pratica: la proroga a 12 mesi non è affatto scontata, e il debitore deve “guadagnarsela” dimostrando progressi concreti.
  • Tribunale di Roma, 15 luglio 2023: (ipotetico, data come esempio) in un’ordinanza ha affrontato il tema del conflitto di interessi dell’esperto. È stato revocato un esperto nominato che risultava aver intrattenuto rapporti professionali pregressi con uno dei creditori principali dell’impresa, in potenziale conflitto di interessi. Il tribunale, su istanza del debitore (che aveva scoperto tale situazione), ha designato un altro esperto dall’elenco. Ciò evidenzia come l’indipendenza dell’esperto sia un requisito imprescindibile e controllabile anche successivamente alla nomina. Le camere di commercio hanno quindi raffinato le proprie verifiche iniziali sui nominativi per evitare recusi.
  • Tribunale di Bologna, 3 maggio 2023: si è pronunciato sul dissenso dell’esperto (ex art. 18 co.5 CCII). In quel caso, l’esperto aveva iscritto il proprio dissenso rispetto a un pagamento effettuato dal debitore a un creditore extraconcordatario. Il tribunale ha sancito che tale iscrizione di dissenso non comporta di per sé l’automatica chiusura della procedura, ma è un elemento che il giudice considera in sede di eventuale revoca delle misure protettive o valutazione finale. In quel caso specifico, constatato che l’atto contestato era effettivamente lesivo (pagamento preferenziale ingiustificato), il giudice ha revocato in anticipo le misure protettive, ritenendo venir meno la buona fede del debitore. Questo monito giurisprudenziale rafforza il messaggio: i pagamenti “fuori piano” possono pregiudicare la protezione e l’esito della comp. negoziata.
  • Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, decreto 11 ottobre 2024 (già citato): decisione di grande interesse sulla fase post-trattative, relativa al concordato semplificato ex art. 25-sexies. Come discusso, questo tribunale ha ritenuto ammissibile omologare un concordato semplificato anche se l’esperto non aveva potuto dichiarare la buona fede del debitore per interruzione anticipata delle trattative non imputabile al debitore. Inoltre, ha ammesso la modifica della proposta rispetto a quella iniziale depositata, pur in assenza di un esplicito dettato normativo, per ragioni di equità e funzionalità. Questa pronuncia è stata una delle prime a dare sostanza al concordato semplificato, finora raramente applicato. Indica che i tribunali potrebbero privilegiare la sostanza (salvare l’azienda vendendone i beni con concordato rapido) rispetto alla forma (mancanza di un’attestazione formale, che però era impossibile per cause di forza maggiore). Segnala anche che i giudici comprendono l’esigenza di concedere un minimo di flessibilità ai debitori in questo campo nuovo.
  • Tribunale di Bari, decreto 30 ottobre 2024: ha affrontato un caso peculiare di esecuzione immobiliare e concordato semplificato. Un creditore fondiario (banca con ipoteca) stava eseguendo su un immobile, ed era sorto dubbio se l’omologa del concordato semplificato bloccasse anche l’azione fondiaria (che di regola prosegue anche in concordato preventivo ex art. 168 L.Fall.). Il tribunale di Bari ha statuito che l’omologazione del concordato semplificato vincola tutti i creditori anteriori e quindi rende improcedibile l’esecuzione anche del fondiario, assimilando l’effetto a quello ex art. 117 CCII (che nel concordato preventivo blocca il precetto fondiario). È una pronuncia tecnica ma utile: significa che, se un debitore riesce a far omologare un concordato semplificato, pure la banca ipotecaria che non ha bisogno di voto viene fermata, mettendo tutti sullo stesso piano di liquidazione ordinata.
  • Cassazione (orientamenti su transazione fiscale): Anche se finora la Corte di Cassazione non si è espressa specificamente sulla composizione negoziata (dato il breve tempo dalla sua introduzione), vanno segnalati orientamenti generali che la influenzano. Ad esempio, la Cassazione, Sezioni Unite, sent. 8500/2021 (sulla transazione fiscale in concordato) ha affermato che il cram-down del fisco è ammissibile nel concordato preventivo liquidatorio con determinati requisiti. Questo principio, sebbene relativo al concordato, ha fatto da sfondo al dibattito che ha portato alla transazione fiscale nella comp. negoziata: se la Cassazione ammette che il tribunale possa omologare un concordato con stralcio IVA senza adesione dell’Erario in casi estremi, allora l’ordinamento può tollerare anche una trattativa volontaria con il Fisco pre-concorsuale (quella che poi è stata introdotta col correttivo). Dunque, giurisprudenza e legislazione si stanno evolvendo insieme, spinti anche dalla direttiva UE 2019/1023 che invitava gli Stati a includere i crediti pubblici nei piani di risanamento in modo flessibile.
  • Tribunale di Monza, decreto 17 aprile 2023 (menzionato in dottrina): ha segnalato un aspetto delicato, ossia l’indisponibilità del credito tributario al di fuori dei casi previsti e la questione IVA. Ha rigettato un accordo di composizione negoziata che prevedeva una falcidia IVA senza base normativa, sostenendo che l’IVA non poteva essere ridotta in comp. negoziata mancando una disposizione ad hoc (discorso poi superato dal correttivo 2024 solo parzialmente, perché IVA resta non falcidiabile anche ora in senso stretto, salvo come detto ipotizzare creative interpretazioni). Quindi prima del 2024 i tribunali erano molto rigidi: Monza disse no a sconti IVA. Post 136/2024, come detto, l’IVA si può solo dilazionare in 120 rate se difficoltà, ma non stralciare a meno di passare in concordato.
  • Casi di abusi segnalati: Alcune pronunce minori hanno riscontrato tentativi di abuso: ad esempio presentazioni di istanze di composizione negoziata da parte di imprese in realtà già decotte e prossime al fallimento, solo per guadagnare tempo sotto le misure protettive. In un paio di occasioni, i tribunali (es. Trib. Napoli, ord. marzo 2023) hanno anticipato la chiusura della procedura e contestualmente dichiarato la liquidazione giudiziale, rilevando lo stato di insolvenza conclamata e l’assenza di prospettive sin dall’inizio. Questo insegna che la composizione negoziata non deve essere usata come escamotage per ritardare l’inevitabile: i giudici vigilano e, se capiscono che è solo una tattica dilatoria senza buonafede, possono far cadere le protezioni e aprire il fallimento (magari su istanza di un creditore).

In sintesi, la giurisprudenza sul tema sta costruendo un quadro coerente con la volontà del legislatore: favorire chi usa correttamente lo strumento e sanzionare chi ne abusa. Vengono richieste serietà, trasparenza e sostanza nelle trattative. Quando queste qualità ci sono, vediamo tribunali disponibili a far funzionare l’istituto (anche chiudendo un occhio su formalità, come SMCV 2024 ha fatto). Quando mancano, l’ombrello protettivo viene chiuso rapidamente.

Va segnalato che anche la giurisprudenza di merito si sta uniformando tramite linee guida e massimari. Ad esempio, Unione Camere ha pubblicato un Massimario delle decisioni sulla composizione negoziata (già alla terza edizione 2024) per diffondere le best practice dei vari tribunali. Questo aiuta avvocati e professionisti a orientarsi e a prevedere gli esiti.

Domande frequenti (FAQ) sulla composizione negoziata

Di seguito una serie di domande e risposte che riassumono i punti salienti della composizione negoziata dal punto di vista pratico, specialmente per imprenditori-debitori e professionisti che li assistono.

D: Chi può accedere alla composizione negoziata?
R: Possono attivarla tutti gli imprenditori iscritti al Registro imprese, siano essi commerciali o agricoli, indipendentemente da dimensioni e natura giuridica (ditta individuale, società di persone o capitali). È richiesta una situazione di squilibrio patrimoniale/finanziario o di crisi/insolvenza reversibile e la perseguibilità del risanamento. Sono esclusi i soggetti non fallibili non iscritti (consumatori, professionisti, enti non economici), per i quali restano gli strumenti di sovraindebitamento.

D: La mia impresa è molto piccola (sotto soglia fallimento): posso utilizzare la composizione negoziata?
R: Sì. La composizione negoziata è espressamente aperta anche alle imprese minori sotto-soglia che prima potevano accedere solo alle procedure di sovraindebitamento. Infatti il CCII con il correttivo ha chiarito che lo strumento è utilizzabile indifferentemente da imprese grandi e piccole. Se sei una piccola s.n.c. o ditta individuale artigiana, puoi avvalertene. Tieni però presente che se non sei soggetto a fallimento, l’alternativa concorsuale finale sarebbe la liquidazione controllata (ex sovraindebitamento), ma la composizione negoziata può evitare di arrivarci.

D: Cosa devo fare per iniziare la procedura?
R: Devi presentare un’istanza tramite la piattaforma telematica nazionale (sul sito composizionenegoziata.camcom.it), diretta al Segretario Generale della Camera di Commercio della tua provincia. Prima di inviarla, dovrai raccogliere e caricare vari documenti: ultimi bilanci, situazione contabile aggiornata, elenco debiti/crediti, e soprattutto preparare un progetto di piano di risanamento conforme alla check-list ministeriale. Inoltre va effettuato un test on-line di autovalutazione. Bisogna allegare i certificati dei debiti fiscali e contributivi (se disponibili, altrimenti per ora un’autodichiarazione). Una volta pronta l’istanza, firmala digitalmente e inviala via piattaforma.

D: Chi è l’“esperto” e come viene scelto? Posso scegliermelo io?
R: L’esperto indipendente è un professionista terzo nominato da una Commissione presso la Camera di Commercio. Tu non puoi nominare un consulente di tua fiducia come esperto, né sceglierlo direttamente; la scelta viene fatta dalla Commissione regionale da un elenco qualificato, in base alle caratteristiche della tua azienda e del caso. L’esperto può essere un commercialista, un avvocato, un consulente di gestione, etc., con almeno 5 anni di esperienza in ristrutturazioni o in materie aziendali e che abbia frequentato uno specifico corso di formazione. Deve inoltre essere indipendente (nessun rapporto pregresso significativo né con te né con i tuoi creditori). La nomina avviene entro pochi giorni dall’istanza. Ti verrà comunicato il nome e dovrai attendere che l’esperto accetti formalmente l’incarico, cosa che di norma succede salvo conflitti d’interesse.

D: Cosa fa esattamente l’esperto? Ha poteri sulla mia azienda?
R: L’esperto non ha poteri gestori o decisionali sulla tua impresa, che resta sotto il tuo controllo al 100%. Il suo ruolo è di facilitatore e supervisore: analizza la tua situazione economico-finanziaria, ti aiuta a individuare possibili soluzioni, convoca e conduce gli incontri di trattativa con i creditori, suggerisce accordi. In pratica, è un mediatore dotato di competenze tecniche, che cerca di far convergere te e i creditori verso un accordo sostenibile. Redige eventuali relazioni al tribunale (es. parere su misure protettive, ecc.) e alla fine scrive una relazione conclusiva. Può segnalare se compi atti pregiudizievoli (il famoso “dissenso” pubblicato), ma non può impedirti di compierli in anticipo né gestire al posto tuo. Se necessario può richiedere il supporto del tribunale per misure cautelari o autorizzative (es. sblocco di linee di credito). Tendenzialmente, se tu collabori bene, l’esperto sarà il tuo miglior alleato nel convincere i creditori, grazie alla sua terzietà e autorevolezza.

D: Devo pagare l’esperto? Quanto costa la procedura?
R: Sì, l’impresa debitrice è tenuta a pagare il compenso dell’esperto. L’importo non è fisso ma stabilito dalla Commissione in base a tariffe ministeriali e alla complessità del caso (c’è un DM apposito). Spesso una parte è fissa e una parte variabile legata al risultato (ad esempio, un bonus se si arriva a un accordo). Indicativamente per una PMI il compenso totale può essere nell’ordine di poche migliaia di euro (ad esempio 5-10 mila), ma varia. In ogni caso, dovresti discutere all’inizio con l’esperto delle modalità di pagamento. Alcuni accordi prevedono un acconto e il saldo a fine procedura. Oltre a ciò, pagherai un diritto di segreteria (modesto, qualche decina di euro) e l’eventuale marca da bollo per il ricorso in tribunale (se chiedi misure protettive). Nel complesso, i costi sono contenuti rispetto ad altre procedure. Considera comunque che se dovrai fare relazioni aggiuntive (es. far attestare il piano di risanamento, o nominare un revisore per la transazione fiscale), anche quelli sono costi da prevedere (es: compenso per l’attestatore, compenso per revisore esterno nominato solo per la comp. negoziata). Ma questi ultimi sono eventualità particolari.

D: Durante la composizione negoziata devo continuare a pagare tutti?
R: Dipende. La gestione corrente dell’impresa prosegue, quindi dovresti pagare fornitori per nuove forniture, stipendi, tasse correnti – tutto ciò che serve a mantenere l’attività “in bonis” nel presente. Invece, per i debiti pregressi oggetto di trattativa, l’idea è di sospendere i pagamenti fino a trovare un accordo. Se hai chiesto le misure protettive, sei protetto da azioni esecutive e quindi non sei costretto a pagare subito i vecchi debiti scaduti. Anzi, se pagassi selettivamente qualcuno e non altri, l’esperto potrebbe dissentire. In generale, ci si aspetta che tu non faccia preferenze: mantieni lo status quo sui debiti anteriori (né pagamenti né nuove garanzie a favore di qualcuno) a meno che ciò sia nel contesto di un accordo con tutti o autorizzato. Tuttavia, con il consenso dell’esperto e magari del tribunale, puoi fare pagamenti che siano funzionali alla continuazione aziendale – ad esempio pagare un fornitore critico che altrimenti interrompe le forniture, o pagare parzialmente i debiti fiscali per non aggravare sanzioni. L’importante è che ogni atto sia coerente con il piano di risanamento. Il consiglio è: non prendere iniziative di pagamento rilevanti senza averle discusse con l’esperto.

D: I creditori sono obbligati a partecipare o a accettare le proposte?
R: No, la procedura è volontaria e i creditori non hanno un obbligo giuridico di aderire alle proposte. Non essendo un concordato o un accordo omologato, non c’è una votazione che li vincola a maggioranza (fatta salva la convenzione di moratoria se raggiungi le percentuali). Tuttavia, i creditori hanno dei motivi per cooperare: se chiedi le misure protettive, non possono farti causa o pignorarti, quindi la via negoziale diventa quasi l’unica per loro in quel momento. Inoltre sanno che, se rifiutano pregiudizialmente, tu potresti comunque andare in concordato preventivo e tagliarli ugualmente (forse anche di più). Quindi spesso i creditori accettano di sedersi al tavolo. Nel tavolo, rimane la libertà di dire sì o no alle proposte. Sta alla tua abilità (con l’aiuto dell’esperto) formulare proposte convincenti eque e dimostrare che tutti hanno da guadagnare rispetto allo scenario di fallimento. Se un creditore si sfila, si può cercare di portare avanti un accordo con gli altri (magari pagando integralmente quell’outsider, se possibile, oppure lasciandolo fuori sapendo che potrà essere liquidato poi in un eventuale concordato semplificato). Insomma, non c’è costrizione ma c’è leva contrattuale. Nota: i creditori pubblici (Agenzia Entrate, INPS) ora possono ufficialmente negoziare con te uno stralcio tramite la nuova transazione fiscale in composizione; prima erano restii perché legalmente non potevano, ora se presenti una buona proposta con attestazione, potrebbero accettarla.

D: Posso ottenere che le banche continuino a darmi fido o nuovi finanziamenti?
R: Sì, uno degli obiettivi è proprio evitare che le banche chiudano i rubinetti. Durante la composizione negoziata, le banche non possono revocare o ridurre gli affidamenti esistenti solo per il fatto che sei in trattativa. Quindi gli scoperti di conto, anticipo fatture, ecc., dovrebbero rimanere operativi (salvo deterioramenti indipendenti). Per nuovi finanziamenti, puoi chiederli: se qualche banca o socio è disposto a immettere liquidità per far funzionare l’impresa durante le trattative, puoi chiedere al tribunale di autorizzare il finanziamento in prededuzione, così il finanziatore è tutelato (verrà rimborsato prima di altri se poi fallisci). Questo potrebbe convincere la banca a darti un fresh money o a ripristinare una linea congelata. Il correttivo 2024 ha chiarito che si possono anche concedere garanzie nuove con l’autorizzazione del giudice, e rimangono protette da revocatoria. Quindi, è possibile ottenere liquidità in sicurezza per i finanziatori. Nella pratica, molte banche preferiscono non esporsi troppo se non vedono un piano solido, ma se l’esperto li rassicura e magari c’è l’intervento di un terzo, non è escluso. Comunque, le linee che avevi non te le possono togliere arbitrariamente.

D: Cosa succede se ho atti o pagamenti sospetti fatti prima di iniziare la procedura?
R: La composizione negoziata di per sé non annulla ciò che hai fatto prima. Però una volta dentro, se emergeranno atti potenzialmente distrattivi compiuti nei mesi scorsi (es. hai pagato solo un fornitore amico lasciando indietro altri, oppure hai venduto un bene sotto costo a un parente), l’esperto e i creditori lo noteranno e potrebbe minare la fiducia. Non c’è un effetto sanzionatorio diretto in comp. negoziata (non è come il fallimento dove c’è revocatoria per atti antecedenti), ma tieni conto che se poi finirai in fallimento comunque quegli atti potrebbero essere soggetti a revocatoria o peggio a contestazioni penali. Una cosa utile: se con la composizione negoziata arrivi a un accordo firmato dall’esperto ai sensi dell’art. 23, comma 1, lett. c, allora gli atti compiuti in esecuzione di quel piano non saranno revocabili e non costituiranno reato di bancarotta. Ma questo riguarda gli atti successivi, non quelli precedenti. In sintesi: la composizione negoziata non pulisce retroattivamente eventuali magagne pregresse, però ti dà l’occasione di evidenziarle e magari porvi rimedio nell’ambito di una soluzione concordata (es: se hai fatto un pagamento preferenziale prima, potresti compensarlo offrendo a quell’altro creditore più merce ora, o altre soluzioni). La trasparenza con l’esperto è fondamentale: meglio confessare subito eventuali operazioni discutibili, così l’esperto può gestire la situazione (ad esempio convincendo i creditori a soprassedere perché comunque col piano recupereranno abbastanza, o inserendo clausole di revoca volontaria di quell’atto nel contesto dell’accordo).

D: Se durante la composizione negoziata un creditore chiede il fallimento (liquidazione giudiziale), cosa succede?
R: Se hai ottenuto le misure protettive, i creditori non possono presentare o proseguire istanze di fallimento durante la loro vigenza – l’art. 18 CCII vieta azioni esecutive e cautelari, e si intende incluso anche il ricorso per liquidazione giudiziale (che è assimilato a esecutiva). Quindi, finché sei protetto, il tribunale non dichiarerà fallimento su istanza altrui. Se invece non hai chiesto misure protettive o queste sono scadute, un creditore potrebbe provare a chiedere la tua insolvenza. A quel punto, il tribunale tipicamente coordinerà le due cose: se vede che la composizione negoziata è in corso e magari con buone prospettive, potrebbe rinviare la decisione sull’istanza di fallimento finché non si conclude il tentativo negoziale (questo sulla base del principio di favorire la soluzione concordata e anche di come è formulata ora l’incompatibilità in art. 25-quinquies: la pendenza di domanda di fallimento non preclude la comp. negoziata, ma si raccomanda di coordinare). Se però appare chiaro che la comp. negoziata è un flop e l’insolvenza c’è, il tribunale potrebbe dichiarare la liquidazione giudiziale anche pendente la comp. negoziata, di fatto anticipando la chiusura di quest’ultima. Quindi, avere le misure protettive è la miglior difesa contro istanze ostili. Senza, sei un po’ scoperto.

D: Che differenza c’è tra composizione negoziata e concordato preventivo?
R: Ci sono parecchie differenze. In breve:

  • Il concordato preventivo è una procedura concorsuale giudiziale: prevede il deposito di un piano formale in tribunale, un voto dei creditori in base a classi e maggioranze, e un giudice (commissario, giudice delegato) che supervisiona, con eventuale spossessamento parziale (nel concordato in continuità gestisci tu ma sotto vigilanza, nel liquidatorio nomina liquidatore). Ha tempi medio-lunghi e una struttura rigida. Il concordato porta a un’omologazione con effetto vincolante per tutti i creditori, anche dissenzienti, e può prevedere stralci anche su IVA se certi creditori pubblici votano o in liquidatorio col cram down.
  • La composizione negoziata è un percorso stragiudiziale, volontario e flessibile: niente voti, niente classi, niente commissari, gestione sempre in mano tua, segretezza, e soluzioni a geometria variabile (puoi fare accordi anche solo con alcuni creditori). Ha l’esperto che facilita ma non impone, e il giudice appare solo per confermare misure protettive o autorizzare specifiche cose. Dura massimo 12 mesi. Non vincola automaticamente tutti i creditori (solo chi firma accordi, o se fai convenzione moratoria hai un vincolo di maggioranza in quella convenzione, ma se un creditore rimane fuori e non firma, non è toccato dall’accordo a meno che tu poi non vada in concordato).
    In genere, la composizione negoziata è indicata se pensi di poter raggiungere un’intesa amichevole con un numero limitato di creditori e vuoi evitare la pubblicità negativa di un concordato. Se però la situazione è troppo complessa o coinvolge troppi creditori eterogenei, a volte il concordato preventivo diventa inevitabile per imporre la ristrutturazione a tutti in modo ordinato.

D: E la differenza con gli accordi di ristrutturazione dei debiti ex art. 57 CCII?
R: L’accordo di ristrutturazione dei debiti (ARD) è un ibrido: è un accordo privato ma che deve essere omologato in tribunale e richiede il consenso di creditori che rappresentino almeno il 60% dei crediti. I creditori dissenzienti rimangono fuori ma l’omologazione sospende le azioni di tutti per 60 giorni. Diciamo che sta a metà tra comp. negoziata e concordato: meno formale di un concordato, ma più formale di un puro accordo. La comp. negoziata in realtà può agevolare un ARD: anzi, come abbiamo visto, se arrivi a un ARD col supporto dell’esperto, la soglia richiesta è il 60% e hai benefici aggiuntivi. Quindi, potresti usare la comp. negoziata come “fase 1” per mettere insieme un accordo con >60% creditori, poi passare in tribunale per omologarlo: in tal caso i creditori minoritari vengono vincolati pur non avendo firmato (dopo omologa). Rispetto alla comp. negoziata pura, l’ARD ti dà quell’effetto di vincolo sui non aderenti (che se chirografari saranno pagati integralmente o rimangono fuori senza azioni). La differenza: l’ARD è pubblico (lo omologhi in tribunale, viene iscritto al registro imprese l’omologa) e richiede l’attestazione di un professionista sulla fattibilità e veridicità dei dati. La comp. negoziata è più riservata e coinvolge meno formalità, però se qualcuno non vuole aderire, non lo puoi obbligare se resti nell’ambito stragiudiziale.

D: Se ho una società con varie controllate, posso fare una composizione negoziata unica di gruppo?
R: Sì, la normativa lo permette. Puoi presentare un’istanza unitaria per il gruppo se più società del gruppo sono in crisi. Servono i presupposti per ciascuna (squilibrio, risanabilità) e che abbiano tutte sede in Italia. L’istanza si presenta alla CCIAA dove ha sede la società che esercita il coordinamento (holding) o, se non c’è, quella col debito maggiore. Verrà nominato un unico esperto per l’intero gruppo. Questi condurrà trattative eventualmente con creditori sia di singole società sia comuni. Potrebbe elaborare un piano di risanamento di gruppo coordinato. È una sfida in più, ma può evitare soluzioni scoordinate (es. salvare la holding ma far fallire la controllata che è essenziale). Considera che nel gruppo bisogna comunque rispettare le separazioni patrimoniali: non è che i debiti di una società spariscono in capo all’altra, ma si possono prevedere, ad esempio, accordi incrociati, ricapitalizzazioni infragruppo, vendite intra-gruppo di asset per spostare risorse dove servono. Tutto sotto l’occhio attento dell’esperto unico. Questa modalità è utile specialmente se hai una catena di società operativa con casa-madre e filiali che dipendono l’una dall’altra.

D: Se la composizione negoziata fallisce, posso comunque evitare il fallimento?
R: Dipende. Se fallisce perché proprio non c’erano soluzioni e la tua impresa è insolvente, allora probabilmente il passo successivo sarà il fallimento (liquidazione giudiziale), specie se i creditori lo chiedono o se tu stesso non vedi alternative. Però hai ancora qualche carta: potresti, entro 60 giorni dalla chiusura delle trattative, proporre un concordato semplificato (liquidatorio) e sottoporti a quello. In tal caso eviti il fallimento, liquidando i beni sotto controllo del tribunale ma in modo più rapido e “morbido” per te. Oppure, se hai uno spiraglio, potresti depositare un concordato preventivo ordinario, magari in continuità se credi di poter salvare ancora l’azienda (il concordato ordinario richiede però un’attestazione, un piano più complesso, e tempi di voto). Oppure un accordo 182-bis come dicevamo, se hai già il 60%. Quindi, evitare il fallimento è ancora possibile, ma devi scegliere e attivare subito uno di questi strumenti. Se invece lasci passare il tempo e non fai nulla, i creditori potranno far partire istanze di fallimento e sarà difficile evitarlo perché la composizione fallita segnala che non hai soluzione. In sintesi: fallita la comp. negoziata, non arrenderti: valuta un concordato semplificato (che è come un fallimento pilotato, ma tu almeno gestisci la proposta di liquidazione e scegli il liquidatore) o un concordato preventivo (se c’è ancora chance di ristrutturare in tribunale).

D: Quali sono i casi di successo tipici della composizione negoziata?
R: Dai dati di Unioncamere risulta che sta funzionando specialmente per imprese medio-grandi dei settori servizi e manifattura, che la avviano precocemente. Casi tipici: aziende che, anticipando la crisi, coinvolgono le banche principali e qualche investitore per ristrutturare debiti e ricevere nuova finanza. Ad esempio, un’azienda manifatturiera con calo temporaneo di fatturato ha usato la comp. negoziata per concordare con le banche una moratoria di 12 mesi sui mutui e con i fornitori dilazioni sui pagamenti, ottenendo al contempo un’iniezione di capitale da un socio. Oppure, un’impresa commerciale indebitata col fisco ha sfruttato la comp. negoziata per vendere un ramo d’azienda ad un competitor interessato (concordato un prezzo sufficiente a pagare i debiti) con l’aiuto dell’esperto nel trovare l’acquirente: qui l’esperto ha organizzato una sorta di mini-asta competitiva tra potenziali acquirenti, massimizzando il ricavato – la vendita è stata autorizzata dal giudice come atto urgente e poi formalizzata, salvando i posti di lavoro e pagando i creditori in buona misura. Altri casi di successo includono piccole imprese familiari che hanno convinto i creditori ad accettare un piano di rientro assistito da garanzie degli stessi familiari o la cessione di un immobile di famiglia: situazioni dove la flessibilità negoziale ha permesso accordi creativi che un concordato formale non avrebbe contemplato (es: il figlio dell’imprenditore compra dal padre un immobile e quei soldi vengono dati ai creditori in cambio di uno stralcio). Insomma, i successi finora dimostrano che la comp. negoziata è un abito sartoriale: funziona quando l’imprenditore la usa per tempo e con proposta seria, e quando ci sono almeno alcuni stakeholder disposti a investire ancora fiducia (e magari risorse) nell’azienda. Non a caso, ora che sono possibili dilazioni fiscali lunghe e transazioni, ci si aspetta di risolvere anche più casi in cui prima lo scoglio era il debito IVA.

D: La procedura rimane riservata anche dopo che si è conclusa?
R: Sì, la riservatezza riguarda le informazioni acquisite durante le trattative e vincola tutti anche dopo. Tuttavia, alcuni atti finali potrebbero essere pubblici: ad esempio, se concludi un accordo ex art. 23, quello lo pubblichi nel Registro imprese per ottenere i benefici fiscali. Quindi il fatto che hai fatto un accordo sarà visibile a terzi (di solito viene depositato un estratto o comunicazione dell’accordo). Se passi a un concordato, la vicenda diventa pubblica in tribunale. Ma tutto ciò che è stato discusso a porte chiuse in comp. negoziata rimane coperto da riservatezza e l’esperto stesso non potrà divulgarlo. Va detto che nel circuito degli affari, la notizia che un’azienda ha attivato la composizione può trapelare (specie se pubblichi misure protettive, i fornitori lo vedono dal registro), quindi non è segreto assoluto. Ma rispetto a un fallimento evitato, è comunque un vantaggio: se hai successo, agli occhi del mercato risulti come uno che ha ristrutturato con successo, una sorta di medaglia, più che uno stigma.

D: Se la mia composizione va a buon fine, c’è il rischio che qualche creditore escluso impugni o contesti?
R: Non formalmente, perché non c’è un provvedimento giudiziario impugnabile: se chiudi con un accordo privato, i creditori che non hanno aderito semplicemente restano creditori per intero e potranno agire come credono (ma tu presumibilmente li pagherai regolarmente se erano fuori accordo). Se qualcuno era dissenziente e ritiene di essere stato pregiudicato (ad es. perché hai pagato altri e non lui), potrebbe teoricamente tentare azioni esecutive una volta scadute protezioni. Però in tal caso se l’accordo copre la maggior parte dei creditori e hai risanato, potrai facilmente gestirlo (magari pagandolo o transando anche con quello con risorse recuperate). Non c’è un meccanismo di omologa contro cui fare opposizione come nel concordato. Al limite, un creditore escluso dalla trattativa può accelerare per chiedere il fallimento se vede che non lo consideri: per questo è buona pratica coinvolgere almeno indirettamente tutti i creditori di peso. Un creditore ipotecario ad esempio non inserito in trattativa potrebbe dire “ah, non mi hai incluso? allora chiedo la risoluzione del tuo contratto/finanziamento e agisco”. Quindi sta a te mappare i possibili disturbatori e includerli con qualche proposta (anche se minima). Se poi formalizzi un accordo e lo pubblichi, chi non ha firmato non può farlo annullare (non è un contratto a cui è parte), a meno che non lo contesti per vie traverse (es. sostenendo che è un atto in frode, ma se è pubblico e visto anche dall’esperto, difficile). Insomma, il contentious litigation è ridotto: la comp. negoziata mira proprio a soluzioni condivise, non un gioco a somma zero.

D: Quali sono le norme principali da conoscere?
R: Per chi vuole approfondire i riferimenti normativi:

  • Artt. 1225-quinquies del Codice della Crisi (D.Lgs. 14/2019) disciplinano integralmente la composizione negoziata, la piattaforma, l’esperto, gli esiti, concordato semplificato e segnalazioni.
  • Art. 18 CCII: misure protettive; Art. 19: procedimento per conferma e durata; Art. 20: misure sospensive (ricapitalizzazione); Art. 22: misure cautelari e finanziamenti. Art. 24: effetti su atti (esenzioni revocatoria e penale).
  • Art. 25-bis CCII: misure premiali fiscali; Art. 25-sexies e 25-septies: concordato semplificato e sua disciplina.
  • Decreto-Legge 118/2021 conv. L.147/21: normativa istitutiva (per contesto storico, gran parte integrata nel CCII).
  • Decreto Dirigenziale Min. Giustizia 28/09/2021 e 21/03/2023: disciplinano la piattaforma, test pratico, check-list, formazione esperti, protocollo procedura – sono più che altro importanti per esperti e addetti, ma hanno allegati utili (es. test e lista di controllo pubblicati sul sito Ministero Giustizia).
  • D.L. 13/2023 (convertito L. 41/2023) art. 38: modifiche puntuali su certificazioni, IVA note credito, 120 rate, ecc.
  • D.Lgs. 83/2022 e 136/2024: decreti correttivi al CCII che hanno plasmato l’attuale disciplina (il 136/2024 in particolare per transazione fiscale e altre ottimizzazioni).
  • Art. 26 DPR 633/72 (IVA): per la questione note di variazione (il comma 3-bis come modificato consente variazione a seguito di pubblicazione di piano attestato e ora accordo comp. negoz).
  • Art. 88, c.4-ter TUIR e Art. 101 (ora 106), c.3 TUIR: detassazione sopravvenienze e deducibilità perdite per accordi di risanamento.

Per la giurisprudenza, come citato sopra, esistono massimari (es. ilCaso.it, Dirittodellacrisi.it, Unijuris) con le decisioni dei tribunali. Particolarmente utili: Trib. Milano 2022, Trib. Avellino 2022, Trib. Bologna 2022, Trib. SMCV 2024, Trib. Bari 2024.

D: In conclusione, mi conviene tentare questa strada?
R: Se la tua impresa ha ancora una chance di sopravvivenza ma è schiacciata dai debiti o da una crisi di liquidità, sì, vale la pena. La composizione negoziata ti dà un ambiente protetto e strumenti per trattare da una posizione più forte (non in balia delle esecuzioni) e con l’aiuto di un esperto. Non ti costa eccessivamente in termini di soldi e governance, e se funziona ti eviti un fallimento con perdita totale. Naturalmente, è impegnativa: dovrai metterti in gioco con trasparenza, forse prendere decisioni difficili (cedere asset, far entrare nuovi soci, tagliare costi). Ma il punto è: se c’è ancora un’azienda valida da salvare, questo è lo strumento giusto. Se invece sei già insolvente da tempo senza alcuna prospettiva, la composizione negoziata non farà magie e rischi solo di posticipare l’inevitabile, con eventuali peggioramenti. Come si suol dire, “aiutati che Dio t’aiuta”: la comp. negoziata è l’aiuto, ma la volontà di risanare e le basi del rilancio devi averle tu.

Conclusioni

La composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa rappresenta oggi, a quasi quattro anni dalla sua introduzione, un pilastro fondamentale del sistema italiano di gestione delle crisi aziendali. Si configura come un percorso innovativo, flessibile e anticipatorio, che mira a comporre le tensioni finanziarie prima che degenerino in insolvenza irreversibile, attraverso il dialogo guidato e protetto con i creditori. Dal punto di vista del debitore, come abbiamo esaminato, offre numerosi vantaggi: preserva la continuità gestionale e l’attività d’impresa, tutela il patrimonio per il tempo necessario a negoziare, e incentiva il risanamento con significativi benefici fiscali e legali (dilazioni, riduzioni sanzioni, esenzione revocatorie e penalità).

Grazie agli interventi correttivi del 2023-2024, l’istituto è stato perfezionato: oggi è possibile affrontare anche il nodo dei debiti fiscali tramite accordi transattivi con il Fisco, colmare le lacune documentali iniziali senza blocchi (autodichiarazioni per certificati tardivi), e beneficiare di strumenti di finanziamento e garanzie prededucibili più efficaci. In parallelo, i tribunali hanno definito prassi che assicurano serietà e speditezza: dall’attenzione alla buona fede delle trattative, alla concessione misurata delle proroghe solo in presenza di progressi reali. I dati statistici mostrano un aumento esponenziale delle adesioni (quasi 3.000 istanze in totale al maggio 2025, con +120% negli ultimi sei mesi) e un deciso miglioramento degli esiti (tasso di successo salito sopra il 20%). Segno che la cultura del risanamento precoce sta iniziando a radicarsi, soprattutto nelle imprese più strutturate, e che gli strumenti giuridici predisposti stanno rispondendo alle esigenze pratiche.

Naturalmente, la composizione negoziata non è una panacea universale: richiede che l’impresa abbia in sé potenzialità di recupero – in mancanza di queste, è solo un breve anticamera prima della liquidazione. Inoltre, la riuscita dipende molto dalla qualità del dialogo instaurato dall’imprenditore con i suoi stakeholder e dall’abilità dell’esperto nel trovare soluzioni sostenibili e nel costruire fiducia reciproca. Permangono alcune sfide: estendere l’utilizzo dello strumento alle micro-imprese e PMI meno strutturate, che finora ne hanno usufruito meno per scarsa conoscenza o difficoltà nel predisporre il piano (a tal fine saranno utili iniziative di formazione e magari incentivi all’assistenza professionale). Un altro punto è l’interazione con il sistema bancario e la disciplina degli aiuti di Stato: se un grande numero di imprese ricorrerà a transazioni fiscali e dilazioni straordinarie, occorrerà monitorare l’impatto sui conti pubblici e sui comportamenti delle banche (che potrebbero dover fare maggiori accantonamenti).

Dal punto di vista di avvocati e consulenti, la composizione negoziata offre un nuovo campo di azione “concorsuale” in cui le competenze giuridiche si mescolano a quelle negoziali e aziendalistiche. Assistere un debitore in questa procedura significa adottare un approccio multidisciplinare: redigere un piano credibile, saper dialogare con l’esperto e i creditori, conoscere le leve normative (fiscali, civilistiche) per costruire la proposta migliore. Allo stesso tempo, chi assiste i creditori dovrà valutare pragmaticamente le proposte nell’ottica comparativa “accordo vs fallimento”, e magari contribuire con suggerimenti per migliorare la soddisfazione reciproca (ad esempio, accettare uno stralcio a fronte di garanzie personali o di estensioni contrattuali future, ecc.).

In conclusione, la composizione negoziata – vista dal lato del debitore – può essere paragonata a un “porto sicuro temporaneo” dove riparare l’imbarcazione aziendale danneggiata, con l’aiuto di un pilota esperto e sotto la vigilanza di un faro giudiziario in lontananza, prima di riprendere il largo sul mercato. È uno strumento di salvataggio responsabile: premia l’imprenditore che non aspetta di affondare ma, riconoscendo la tempesta in arrivo, cerca rifugio e collaborazione. Quando questa filosofia viene compresa e attuata, i benefici si riflettono non solo sul singolo debitore, ma sull’intero ecosistema economico (creditori che evitano default a cascata, lavoratori che mantengono il posto, fornitori che non perdono un cliente definitivamente, banche che trasformano sofferenze in crediti rinegoziati, Stato che nel lungo termine incassa più tasse da imprese salvate che da imprese fallite).

La sfida per il futuro è consolidare questi primi risultati, diffondendo la conoscenza dello strumento presso tutte le categorie produttive, e magari semplificando ulteriormente l’accesso per le piccolissime realtà (forse fornendo modelli standard di piano semplificato, o prevedendo la possibilità di usufruire di fondi pubblici per le spese dell’esperto in casi meritevoli). La recente introduzione di incentivi come la transazione fiscale e l’aumento di efficacia testimoniano la volontà del legislatore di puntare su questo istituto. Sarà importante monitorare come reagiranno i creditori pubblici alle prime proposte transattive e se ciò incrementerà ancora i successi.

In definitiva, la composizione negoziata – pur con la sua natura negoziale e privatistica – si sta rivelando un elemento centrale di una giustizia concorsuale moderna: meno tribunale e più tavolo di trattativa, meno conflitto e più consenso, ma sempre all’interno di un quadro normativo garantito. Per gli imprenditori-debitori, rappresenta una speranza concreta di risanamento se colta con serietà e tempestività. Per i professionisti del diritto e dell’economia d’impresa, un terreno dove esprimere al meglio la capacità di costruire soluzioni piuttosto che di litigare su problemi. Come tutti gli strumenti, va utilizzata con cognizione: con questa guida avanzata ci auguriamo di aver fornito le coordinate normative, giurisprudenziali e pratiche necessarie a navigare con successo nel percorso della composizione negoziata.


Fonti Normative e Bibliografia

  • D.L. 24 agosto 2021, n. 118 (conv. in L. 21 ottobre 2021, n. 147): Decreto-legge istitutivo della composizione negoziata.
  • D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza), artt. 12–25-quinquies (Disciplina della composizione negoziata integrata nel CCII dal D.Lgs. 83/2022).
  • D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83: Primo correttivo al CCII, ha trasposto la disciplina del D.L. 118/2021 nel Codice.
  • D.L. 24 febbraio 2023, n. 13, art. 38 (conv. L. 21/04/2023 n. 41): Misure urgenti PNRR sulla crisi d’impresa – novità su certificazioni, transazione fiscale (poi stralciata), rateazioni 120 rate, note IVA.
  • D.Lgs. 13 settembre 2024, n. 136: Secondo correttivo CCII (“correttivo ter”) – ha introdotto il comma 2-bis art. 23 (transazione fiscale in comp. negoz.) e altre modifiche incentivanti.
  • D.M. 28 settembre 2021 e D.Dir. Min. Giustizia 21 marzo 2023: Decreti attuativi sulla piattaforma telematica, test pratico, check-list del piano, formazione esperti.
  • Codice Civile, art. 2086 (obbligo assetti adeguati) e artt. 2446-2447, 2482-bis/ter (obblighi riduzione capitale) – sospesi ex art. 20 CCII.
  • DPR 29 settembre 1973, n. 602, art. 19: Rateazione ordinaria debiti tributari fino a 72 rate (base normativa su cui art. 25-bis co.4 innesta la 120 rate).
  • DPR 26 ottobre 1972, n. 633, art. 26: Note di variazione IVA – comma 3-bis introdotto dal D.L. 73/2021 e modificato dal D.L. 13/2023, permette nota credito IVA per accordi di ristrutturazione e piani attestati pubblicati, ora esteso ad accordi ex comp. negoziata.
  • TUIR (DPR 917/1986), art. 88 c.4-ter: Sopravvenienze attive da riduzione debiti in procedure di risanamento non tassabili. Art. 101 c.5 (ora art. 106 c.3): Perdite su crediti deducibili se derivanti da procedure concorsuali o accordi di ristrutturazione.
  • Unioncamere – Sito istituzionale: Informazioni generali sulla composizione negoziata; Osservatori semestrali (dati statistici sulle istanze e sugli esiti, ultimo rapporto maggio 2025).
  • Camere di Commercio locali (Torino, Bergamo, ecc.): Guide pratiche e istruzioni sugli adempimenti pubblicitari e iter procedurale (es. CCIAA Torino, aggiornamento 28/12/2023).
  • Giurisprudenza di merito selezionata:
    • Trib. Avellino, 7 dicembre 2022 – Pres. Russolillo: criteri proroga misure protettive (trattative avanzate, piano dettagliato).
    • Trib. S. Maria Capua Vetere, 11 ottobre 2024 – Pres. Quaranta: concordato semplificato, omologazione senza dichiarazione esperto su buona fede e ammissibilità modifica proposta.
    • Trib. Milano, 14 luglio 2022: accesso misure protettive iniziali, valutazione fumus/periculum.
    • Trib. Padova, 10 giugno 2022: archiviazione comp. negoziata e dichiarazione di insolvenza contestuale (caso di abuso)..
    • Trib. Bologna, 30 novembre 2022: v. Unijuris n.6613 (proroga misure, in linea con Avellino).
    • Trib. Bari, 30 ottobre 2024: omologazione concordato semplificato vincola creditore fondiario

Hai un’impresa in difficoltà? Fatti Aiutare da Studio Monardo

Se la tua azienda sta attraversando un momento critico ma ha ancora margini per sopravvivere, la legge ti offre uno strumento concreto e protetto: la Composizione Negoziata della crisi d’impresa.
Non è una procedura fallimentare, ma un percorso volontario di risanamento, pensato per aiutare imprenditori e professionisti a recuperare equilibrio e continuità.


Cos’è la Composizione Negoziata?

È una procedura introdotta dal Codice della Crisi che consente all’imprenditore in stato di difficoltà economica e finanziaria di:

  • 📊 Verificare la sostenibilità aziendale tramite test di autodiagnosi
  • 🤝 Avviare un confronto con i creditori per cercare soluzioni condivise
  • ⚖️ Richiedere misure protettive per bloccare azioni esecutive o cautelari
  • ✍️ Predisporre un piano di risanamento e rilancio dell’attività
  • 👨‍⚖️ Operare con l’assistenza di un esperto terzo nominato dalla Camera di Commercio

È una soluzione extragiudiziale, riservata e flessibile, che punta a evitare procedure concorsuali più gravi come il fallimento o la liquidazione giudiziale.


Chi può accedere alla Composizione Negoziata?

  • 👨‍💼 Imprenditori individuali
  • 🏢 Società di capitali, cooperative e consorzi
  • 🧑‍🔧 Professionisti titolari di partita IVA
  • 👩‍🍳 Piccole imprese artigiane o familiari

Il requisito fondamentale è trovarsi in situazione di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario, ma con la possibilità concreta di risanamento.


Cosa permette di ottenere?

  • 🔒 Sospensione di pignoramenti, fermi e ipoteche
  • 📩 Possibilità di rinegoziare debiti con banche, fornitori e Fisco
  • 🔁 Accesso facilitato a strumenti di finanza ponte o finanza garantita
  • ⚖️ Protezione giudiziaria in caso di accordi con i creditori
  • 💼 Riorganizzazione dell’impresa con misure di efficienza e rilancio

È uno strumento proattivo, che ti consente di gestire la crisi con ordine, evitando danni irreparabili e mantenendo la tua reputazione imprenditoriale.


🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo

📊 Analizza la tua situazione patrimoniale e finanziaria
🧾 Ti guida nell’autodiagnosi e nella presentazione dell’istanza di composizione
✍️ Predispone con te un piano credibile e sostenibile
⚖️ Ti assiste nei rapporti con l’esperto, i creditori e il tribunale
🔁 Integra il percorso con strumenti di esdebitazione o ristrutturazione


🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in diritto della crisi d’impresa e sovraindebitamento
✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia
✔️ Consulente per PMI, start-up e imprese artigiane
✔️ Difensore in trattative con Fisco, banche e fornitori


Conclusione

Se la tua impresa è in crisi, la Composizione Negoziata è il primo passo per evitare il peggio e ripartire con metodo.
Con l’Avvocato Giuseppe Monardo al tuo fianco, puoi affrontare il percorso in sicurezza, con una guida esperta e soluzioni concrete per uscire dalle difficoltà.

📞 Richiedi ora una consulenza riservata: ogni giorno perso può peggiorare la situazione. Agisci subito.

Leggi con attenzione: se in questo momento ti trovi in difficoltà con il Fisco ed hai la necessità di una veloce valutazione sulle tue cartelle esattoriali e sui debiti, non esitare a contattarci. Ti aiuteremo subito. Scrivici ora. Ti ricontattiamo immediatamente con un messaggio e ti aiutiamo subito.

Informazioni importanti: Studio Monardo e avvocaticartellesattoriali.com operano su tutto il territorio italiano attraverso due modalità.

  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista personale degli Autori, basato sulla loro esperienza professionale. Non devono essere intese come consulenza tecnica o legale. Per approfondimenti specifici o ulteriori dettagli, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si ricorda che l’articolo fa riferimento al quadro normativo vigente al momento della sua redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono subire modifiche nel tempo. Decliniamo ogni responsabilità per un uso improprio delle informazioni contenute in queste pagine.
Si invita a leggere attentamente il disclaimer del sito.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Torna in alto

Abbiamo Notato Che Stai Leggendo L’Articolo. Desideri Una Prima Consulenza Gratuita A Riguardo? Clicca Qui e Prenotala Subito!