Hai ricevuto cartelle, avvisi dell’Agenzia delle Entrate o sei sommerso da debiti fiscali che mettono a rischio la tua impresa? Ti stai chiedendo se la composizione negoziata della crisi può aiutarti anche in presenza di problemi con il Fisco?
La risposta è sì: la composizione negoziata può essere uno strumento concreto anche quando la crisi d’impresa ha una natura prevalentemente fiscale. Ma devi agire tempestivamente e con una strategia precisa per evitare che i debiti si trasformino in azioni esecutive e chiusura dell’attività.
Cosa significa affrontare una crisi fiscale con la composizione negoziata?
– Significa avviare un percorso assistito, previsto dal Codice della Crisi d’Impresa, per negoziare i debiti anche con l’Agenzia delle Entrate e l’INPS
– Consente di bloccare pignoramenti, fermi e procedure esecutive, mentre si costruisce un piano di risanamento
– È applicabile anche in presenza di cartelle scadute, ruoli iscritti o accertamenti esecutivi
– Ti permette di proporre il pagamento parziale dei debiti fiscali, anche tramite dilazioni e stralci
Cosa puoi ottenere con questo strumento se hai una crisi fiscale in corso?
– La sospensione temporanea delle azioni di riscossione
– La possibilità di ottenere attestazioni di sostenibilità per un piano fiscale
– L’accesso alla transazione fiscale, per trattare direttamente con l’Agenzia delle Entrate Riscossione
– La tutela dell’impresa, del lavoro e del patrimonio personale dell’imprenditore
Quando conviene attivare la composizione negoziata?
– Quando il debito fiscale sta paralizzando la gestione ordinaria dell’impresa
– Quando ci sono più di 120.000€ di debiti fiscali non pagati, anche con rateizzazioni decadute
– Quando vuoi evitare la liquidazione giudiziale e tentare una ristrutturazione credibile
– Quando l’impresa è ancora viva, ma ha bisogno di tempo, strumenti e supporto professionale
Cosa NON devi fare mai?
– Ignorare le cartelle e gli avvisi, sperando che “passi da sola”: l’Agenzia delle Entrate non si ferma
– Pensare che la composizione negoziata sia solo per grandi aziende: è pensata anche per PMI e ditte individuali
– Iniziare il percorso da solo, senza avvocato: serve una strategia chiara, documenti solidi e un advisor esperto
– Proporre un piano improvvisato senza sostenibilità: verrà bocciato, e scatterà il rischio di fallimento
La crisi fiscale è una delle più gravi per un’impresa, ma oggi puoi affrontarla con strumenti legali avanzati che ti permettono di ristrutturare i debiti e salvare la tua attività.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in composizione negoziata e difesa in caso di debiti fiscali – ti spiega come funziona la composizione negoziata in presenza di cartelle e accertamenti, e come puoi usarla per trattare con il Fisco e rilanciare l’impresa.
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Introduzione
La composizione negoziata della crisi d’impresa è uno strumento relativamente recente nell’ordinamento italiano, concepito per aiutare imprenditori e aziende in difficoltà a risanarsi attraverso trattative volontarie assistite da un esperto indipendente, evitando – quando possibile – procedure concorsuali giudiziali più gravose. Introdotta nel 2021 con il D.L. 118/2021 (convertito dalla L. 147/2021) e ora disciplinata nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII, D.Lgs. 14/2019) agli artt. 12-25-octies, la composizione negoziata consente di affrontare in modo proattivo uno stato di squilibrio, crisi o insolvenza reversibile con l’obiettivo primario di salvaguardare la continuità aziendale.
Un aspetto cruciale – e focus principale di questa guida – riguarda la “crisi fiscale”, ossia la gestione dei debiti tributari e contributivi nel contesto della crisi d’impresa. Spesso infatti il peso dei debiti verso l’erario (Agenzia delle Entrate e Agenzia Entrate-Riscossione) e gli enti previdenziali (INPS) risulta determinante nelle vicende di insolvenza. Il legislatore ha previsto specifiche misure premiali fiscali e strumenti di transazione del debito tributario all’interno della composizione negoziata, per favorire il risanamento delle imprese in crisi. Ciò comporta, ad esempio, la possibilità di ottenere piani di pagamento agevolati fino a 10 anni, la riduzione o azzeramento di sanzioni e interessi dovuti al Fisco e la neutralità fiscale delle sopravvenienze attive da esdebitamento. Tali misure rappresentano una sorta di “premio” per chi attiva per tempo la procedura, incentivando la trasparenza e la tempestività nell’emersione della crisi.
Questa guida avanzata – rivolta ad avvocati, professionisti e imprenditori – fornirà un quadro completo e aggiornato (a luglio 2025) della composizione negoziata e del trattamento dei debiti fiscali, dal punto di vista del debitore. Saranno esaminati i riferimenti normativi più rilevanti (inclusi gli ultimi correttivi del 2022 e 2024), le sentenze più recenti delle autorità giudiziarie, nonché esempi pratici e modelli di atti utili al debitore. Il linguaggio sarà giuridico ma divulgativo, per consentire anche ai non addetti ai lavori – imprenditori e privati cittadini – di orientarsi in questa materia complessa. In particolare, approfondiremo:
- Normativa di riferimento e finalità della composizione negoziata: evoluzione dal D.L. 118/2021 al Codice della Crisi (CCII) novellato, con le ultime modifiche del D.Lgs. 83/2022 (attuativo direttiva UE Insolvency) e del D.Lgs. 136/2024 (c.d. “correttivo ter”).
- Presupposti di accesso e soggetti ammessi: chi può attivare la procedura (imprese commerciali di qualsiasi dimensione e anche imprese agricole), in quali condizioni di crisi o pre-crisi, con cenni alle categorie particolari (imprese sotto-soglia, imprese agricole, gruppi di imprese, soggetti non fallibili).
- Procedura operativa: modalità di presentazione dell’istanza tramite piattaforma, nomina ed indipendenza dell’esperto, ruolo della Camera di Commercio e dell’OCC per le PMI, svolgimento delle trattative e durata (iniziale 180 giorni + eventuale proroga), misure protettive e autorizzazioni del Tribunale (sospensione delle azioni esecutive, atti urgenti di gestione, accesso a finanziamenti ponte), esiti e possibili sbocchi (accordi stragiudiziali, piani attestati, accordi di ristrutturazione omologati, concordato semplificato in caso di insuccesso delle trattative).
- Crisi fiscale e misure premiali tributarie/contributive: analisi dettagliata dell’art. 25-bis CCII e successive modifiche, illustrando tutte le agevolazioni previste in favore del debitore fiscale durante e all’esito della composizione negoziata (riduzione interessi e sanzioni, dilazione straordinaria dei debiti, regime fiscale delle remissioni di debito). Si evidenzieranno anche le novità introdotte dal D.Lgs. 136/2024, in primis la possibilità di proporre una transazione fiscale durante le trattative (art. 23 co. 2-bis CCII), con pagamento parziale/dilazionato dei tributi erariali (ad esclusione dell’IVA e dei tributi UE).
- Interazione con i creditori pubblici: prassi e comportamenti di Agenzia delle Entrate, Agenzia Entrate-Riscossione e INPS di fronte alla composizione negoziata. Vedremo come gli enti valutano le proposte transattive (termini di 90 giorni, competenze decisionali interne) e come la giurisprudenza di merito ha supportato soluzioni pragmatiche (es. sospensione delle rate da “rottamazione” durante la procedura).
- Focus su categorie di debitori: differenze procedurali per imprese minori (sotto-soglia) rispetto alle imprese maggiori (documentazione richiesta semplificata, possibilità di rivolgersi a un Organismo di Composizione della Crisi, ecc.); peculiarità per l’imprenditore agricolo; considerazioni per i gruppi di imprese e coordinamento delle trattative; cenni ai soggetti non fallibili (professionisti e consumatori) e alle procedure alternative di sovraindebitamento quando la composizione negoziata non è accessibile.
- Esempi pratici e simulazioni: saranno illustrate situazioni tipo in cui un debitore utilizza la composizione negoziata per gestire la propria crisi fiscale. Ad esempio, il caso di una PMI con rilevanti debiti IVA e previdenziali che riesce a ottenere un accordo di ristrutturazione grazie alle misure premiali; oppure il caso di un’impresa per cui le trattative falliscono ma, attraverso il percorso negoziato, approda a un concordato semplificato di liquidazione, minimizzando i tempi e i costi del default.
- Tabelle riepilogative: inseriremo schemi riassuntivi dei benefici fiscali nelle varie fasi (pendenza della procedura, esito positivo, ecc.), nonché delle differenze tra imprese sopra-soglia e sotto-soglia, e un cronoprogramma tipico della procedura negoziata.
- Domande frequenti (FAQ): una sezione dedicata ai quesiti ricorrenti e ai dubbi interpretativi emersi nella prassi quotidiana – ad esempio chi può accedere, se la procedura è pubblica o riservata, come si ottiene la sospensione delle cartelle esattoriali, cosa accade se le trattative falliscono, in cosa consiste la transazione fiscale, ecc. – con risposte ragionate e riferimenti a norme, prassi o sentenze utili a chiarire ogni punto.
In chiusura, sarà fornito un elenco completo e aggiornato delle fonti normative e bibliografiche utilizzate, incluse le sentenze più autorevoli (di merito e di legittimità) pertinenti all’argomento e i materiali istituzionali di riferimento.
Quadro normativo e finalità della composizione negoziata
Evoluzione legislativa: La composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa è stata introdotta con il D.L. 24 agosto 2021 n. 118 (conv. in L. 147/2021) in via transitoria, anticipando l’entrata in vigore del nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII). Successivamente, il CCII – emanato con D.Lgs. 14/2019 – è entrato in vigore il 15 luglio 2022 e ha integrato stabilmente la composizione negoziata, disciplinandola nel Titolo II, Capo I (artt. 12–25-octies). Il legislatore ha dunque privilegiato un approccio volontario e stragiudiziale alla gestione anticipata della crisi, accantonando le originarie procedure di “allerta” obbligatoria (gli artt. 12-14 del CCII previgente che istituivano gli OCRI non sono mai entrati in vigore).
Negli anni successivi, due importanti interventi correttivi hanno affinato l’istituto:
- D.Lgs. 17 giugno 2022 n. 83 (c.d. “Correttivo bis”), attuativo della direttiva UE 2019/1023 sulla ristrutturazione preventiva. Questo decreto ha adeguato il CCII introducendo, tra l’altro, disposizioni sulla transazione fiscale e contributiva nelle procedure di concordato e accordi di ristrutturazione, e ha modificato alcuni aspetti della composizione negoziata (ad es. chiarendo i presupposti di accesso e semplificando la documentazione per le PMI).
- D.Lgs. 13 settembre 2024 n. 136 (c.d. “Correttivo ter”), in vigore dal 28 settembre 2024. Questo intervento ha stabilizzato definitivamente la disciplina della composizione negoziata, intervenendo su vari punti: ha esplicitato che vi si può accedere anche in situazione di semplice squilibrio pre-crisi (non solo di insolvenza imminente); ha rafforzato il ruolo dell’esperto (ad esempio prevedendo che nella scelta si tenga conto anche degli esiti delle procedure da lui già seguite); ha semplificato l’accesso per le imprese minori (riduzione documenti richiesti); e soprattutto ha introdotto nella composizione negoziata la transazione fiscale durante le trattative. Quest’ultima novità consente dal 29 settembre 2024 alle imprese in composizione negoziata di formulare proposte di pagamento parziale o dilazionato dei debiti fiscali erariali, con eventuale riduzione di imposte (eccetto IVA) oltre che sanzioni e interessi. È una svolta importante per collegare l’accordo stragiudiziale con i creditori pubblici a possibili esiti concordatari o di ristrutturazione omologata.
Finalità dell’istituto: La composizione negoziata nasce con l’obiettivo di anticipare l’emersione della crisi e facilitare soluzioni di risanamento meno invasive per l’impresa e più soddisfacenti per i creditori. A differenza del concordato preventivo (procedura concorsuale giudiziale) o della liquidazione giudiziale (fallimento), la composizione negoziata non implica spossessamento né intervento diretto del Tribunale nella gestione, almeno finché le parti negoziano in buona fede. Si tratta di un percorso volontario e riservato, attivabile dall’imprenditore stesso, mirato a verificare la ragionevole perseguibilità del risanamento dell’impresa. In altri termini, offre al debitore uno spazio protetto per predisporre e negoziare un piano di rilancio o ristrutturazione del debito con i propri creditori, sotto la guida di un esperto terzo, cercando di evitare esiti liquidatori distruttivi del valore aziendale.
La finalità primaria è salvaguardare la continuità aziendale, ove possibile, conservando il valore organizzativo e i posti di lavoro. Proprio in quest’ottica, la legge non consente di utilizzare la composizione negoziata a fini meramente liquidatori: come chiarito dal Tribunale di Bologna (decr. 2 maggio 2025), “non può accedere alla procedura un imprenditore che intenda proporre un piano consistente nella sola cessazione dell’attività e dismissione atomistica degli asset, neppure se tale soluzione offre maggior soddisfazione ai creditori rispetto alla liquidazione giudiziale”. L’art. 12, co.1 CCII richiede infatti che “risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa”, segno che lo scopo della composizione negoziata non è la semplice liquidazione del patrimonio, ma il tentativo di proseguire l’attività (anche tramite cessione a terzi, cioè continuità indiretta) evitando la dispersione di valore. In sostanza, la composizione negoziata è uno strumento di ristrutturazione e risanamento, non un surrogato del fallimento: se fin dall’inizio l’unica prospettiva è liquidatoria, il percorso appropriato sarà semmai quello del concordato liquidatorio o della liquidazione controllata, non la composizione negoziata stessa.
Va però precisato che anche quando le trattative negoziali non portano a un accordo di ristrutturazione, la procedura può comunque sfociare in uno strumento concorsuale liquidatorio in via fisiologica (il cosiddetto concordato semplificato ex art. 25-sexies CCII) senza che ciò sia considerato un “fallimento” dell’istituto. Il correttivo 2024 ha chiarito infatti che tra gli esiti possibili della composizione negoziata vi è anche l’accesso a una procedura liquidatoria giudiziale (concordato semplificato o altre) – soluzione da leggersi come risultato comunque utile del percorso: pur non avendo salvato l’impresa, la fase negoziale avrà facilitato una liquidazione più ordinata e rapida nell’interesse dei creditori. In sintesi, la composizione negoziata ha esito positivo principalmente se conduce a un accordo o piano di risanamento e di continuità; tuttavia, la legge ne riconosce la funzione anche laddove serva da preludio a una liquidazione concordata più efficiente rispetto al fallimento tradizionale.
Prospettiva del debitore: Dal punto di vista dell’imprenditore debitore, la composizione negoziata offre diversi vantaggi immediati, tra cui: la permanenza in carica degli amministratori (non vi è spossessamento né nomina di curatori/commissari), la riservatezza (nessuna pubblicità della fase iniziale, salvo si richiedano misure protettive), la possibilità di congelare le azioni esecutive dei creditori durante le trattative (ottenendo uno scudo temporaneo dal Tribunale) e – come vedremo – l’accesso a significative agevolazioni fiscali se l’imprenditore agisce tempestivamente. Inoltre, l’avvio della composizione negoziata comporta la sospensione di alcuni obblighi civilistici che altrimenti graverebbero sugli amministratori in caso di perdite di capitale. In particolare, dalla pubblicazione dell’istanza di nomina dell’esperto, non si applicano nei confronti dell’imprenditore gli articoli 2446 (commi 2-3), 2447, 2482-bis (commi 4-6) e 2482-ter c.c. relativi alla riduzione del capitale per perdite e allo scioglimento della società per perdita del capitale. Ciò significa che, durante la procedura negoziata, l’imprenditore non è tenuto a ricapitalizzare o liquidare la società a causa di perdite che erodono il capitale sotto il minimo legale, né tali perdite determinano cause automatiche di scioglimento: un forte incentivo a utilizzare per tempo l’istituto, evitando di incorrere in responsabilità per tardiva adozione dei provvedimenti sul capitale.
Riassumendo, la cornice normativa attuale (luglio 2025) della composizione negoziata può sintetizzarsi così:
- È disciplinata nel Codice della Crisi e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019), artt. 12-25-octies, come modificati da D.L. 118/2021 conv. L.147/2021, D.Lgs. 83/2022 e D.Lgs. 136/2024.
- Ha natura volontaria, riservata e stragiudiziale, pur prevedendo supporto dell’autorità giudiziaria per taluni atti (tutela cautelare, autorizzazioni, omologhe eventuali).
- Scopo: favorire il risanamento dell’impresa in difficoltà (continuità diretta o indiretta); la liquidazione è ammessa solo come eventuale esito finale (concordato semplificato) se il risanamento non è attuabile.
- Benefit per il debitore: conserva la gestione, ottiene tempo per negoziare e può godere di protezioni e incentivi (sospensione azioni esecutive, riduzione oneri fiscali, sospensione obblighi sul capitale, ecc.).
- Interesse dei creditori: la procedura, pur volontaria, comporta doveri di correttezza anche per i creditori; idealmente porta a soluzioni di maggior soddisfazione rispetto al fallimento, oppure – se fallisce – anticipa comunque l’emersione della crisi riducendo le perdite complessive.
Nel prosieguo, analizzeremo i dettagli operativi della composizione negoziata e in particolare gli aspetti attinenti alla crisi fiscale, ossia il trattamento dei debiti verso Fisco ed enti previdenziali, con frequenti riferimenti pratici e normativi.
Soggetti ammessi e condizioni di accesso
Chi può accedere: Possono avviare la composizione negoziata tutte le imprese iscritte nel Registro delle Imprese, incluse le imprese individuali (ditte individuali) e società di persone o di capitali, nonché gli imprenditori agricoli. L’art. 12, co.1 CCII stabilisce infatti che “l’imprenditore commerciale o agricolo” può richiedere la nomina di un esperto indipendente quando ricorrono determinate condizioni. Non vi sono più soglie dimensionali di accesso: a differenza della vecchia legge fallimentare che escludeva i “piccoli” imprenditori sotto certi limiti, il nuovo Codice prevede procedure ad hoc per le imprese minori ma comunque consente loro di utilizzare la composizione negoziata. In breve, anche un’impresa “sotto-soglia” (v. infra) può attivare la procedura al pari di una grande impresa, e anche un imprenditore agricolo tradizionalmente “non fallibile” è ammesso a questo strumento volontario.
Sono esclusi invece i soggetti non iscritti al Registro Imprese, come i professionisti intellettuali (avvocati, commercialisti, ecc. che operano come persone fisiche) e i consumatori privati: costoro, non essendo “imprenditori” ai sensi civilistici, non rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 12 CCII. Le loro situazioni di insolvenza restano disciplinate dalle procedure di sovraindebitamento (piani di ristrutturazione dei debiti del consumatore o concordati minori ex artt. 65 ss. CCII). Ad esempio, un professionista con sola partita IVA non iscritta alla Camera di Commercio non potrà accedere alla composizione negoziata, ma potrà semmai proporre un concordato minore al tribunale competente. Analogamente, un privato cittadino sovraindebitato (es. per debiti fiscali personali) dovrà avvalersi degli strumenti ex L. 3/2012 (ora trasfusi nel CCII agli artt. 65-83) e non di questo istituto destinato alle attività d’impresa.
Presupposti oggettivi – Stato dell’impresa: L’imprenditore può richiedere la nomina dell’esperto quando si trova in una situazione di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario tale da far “ragionevolmente presumere la crisi o l’insolvenza” (art. 12, co.1 CCII). Quindi la procedura è attivabile sia in fase di pre-crisi (quando vi è un probabile futuro stato di crisi), sia in piena crisi, fino anche alle soglie dell’insolvenza conclamata, purché quest’ultima sia ancora “reversibile”. In pratica, la norma contempla varie gradazioni:
- Squilibrio o crisi incipiente: la presenza di indicatori di difficoltà (ad es. perdite rilevanti, tensioni di liquidità, esposizioni scadute) che fanno temere un’evoluzione in senso peggiorativo. L’impresa non è ancora insolvente ma rischia di diventarlo a breve se nulla cambia. Questa situazione di “pre-crisi” è sufficiente per accedere alla composizione negoziata, secondo il correttivo 2024 che ha esplicitato come non sia necessario attendere lo stato di insolvenza imminente.
- Crisi conclamata: l’impresa è già in stato di crisi ai sensi dell’art. 2, lett. a) CCII (cioè manifesta difficoltà ad adempiere regolarmente alle obbligazioni, ma ancora reversibili) oppure in insolvenza non irreversibile. In questo caso, l’accesso è chiaramente consentito se vi è una prospettiva concreta di risanamento. Ad esempio, un’azienda con debiti scaduti e incapace di farvi fronte nel breve termine (insolvenza), ma che può essere salvata tramite ristrutturazione del debito e magari nuova finanza, rientra nel perimetro. Non sarebbe invece ammissibile l’impresa la cui insolvenza appare irreversibile e che non offre alcuna prospettiva di continuità (cfr. supra, divieto di piani puramente liquidatori): in tal caso la composizione negoziata non è lo strumento idoneo e sarebbe “inutile avviarla”.
In sintesi, il requisito chiave è la ragionevole perseguibilità del risanamento. Questo concetto (art. 12 co.1) è stato oggetto di interpretazione pratica: ad esempio, secondo le Linee Guida del Tribunale di Livorno, si può ritenere soddisfatto quando “a fronte di (i) una continuità aziendale che distrugge risorse, (ii) indisponibilità dell’imprenditore ad immettere nuove risorse, (iii) assenza di valore del compendio aziendale, la probabilità che l’insolvenza sia reversibile sono assai remote… in questi casi è inutile avviare le trattative”. In altre parole, se non c’è uno scenario plausibile di turnaround (né dall’interno né tramite terzi), la domanda andrebbe scoraggiata. Viceversa, basta anche una chance di continuità indiretta (ad esempio vendita dell’azienda o di rami a investitori) a giustificare il tentativo negoziale.
Requisiti formali e dichiarazioni: L’imprenditore richiedente deve attestare alcune condizioni e allegare documenti. In sede di istanza iniziale (art. 17 CCII, v. oltre) tipicamente dichiara:
- che non pendono procedimenti concorsuali a suo carico (es. istanze di fallimento) – oppure, se pendenti, li indica dettagliatamente;
- di non aver già fatto ricorso agli strumenti di regolazione della crisi negli ultimi 5 anni (periodo indicato dall’art. 12, co.2 CCII come intervallo minimo tra due composizioni negoziate per la stessa impresa, salvo autorizzazione del tribunale in casi eccezionali);
- che i dati e documenti forniti sono veritieri e completi, assumendosene la responsabilità.
Queste dichiarazioni servono a garantire trasparenza e buona fede nell’accesso. L’esperto e il Segretario Generale della Camera di Commercio verificheranno l’assenza di impedimenti (ad es. se c’è già un fallimento in corso, la composizione non può partire; se l’imprenditore ha mentito sui dati, l’esperto potrà rilevarlo e far cessare la procedura).
Imprese “sotto-soglia” (minori): una menzione particolare meritano le imprese minori, ossia quelle che non superano congiuntamente le soglie di non fallibilità dell’art. 2, lett. d) CCII: attivo patrimoniale ≤ €300.000, ricavi ≤ €200.000, debiti ≤ €500.000. Tali parametri riprendono il vecchio art. 1 LF e identificano soggetti che non sarebbero assoggettabili a liquidazione giudiziale (fallimento). Nel nuovo sistema, per essi esistono procedure concorsuali dedicate (es. concordato minore in luogo del concordato preventivo ordinario, liquidazione controllata ex art. 268 CCII in luogo del fallimento). L’accesso alla composizione negoziata però è aperto anche alle imprese minori, come detto, alle stesse condizioni di principio delle imprese maggiori. La differenza sta in alcune semplificazioni procedurali previste per adattare l’istituto alla loro realtà:
- Documentazione ridotta: alle imprese minori è richiesto un set di documenti iniziali più limitato. Ad esempio, non occorre allegare i bilanci (spesso non disponibili per micro-imprese) né un piano di risanamento dettagliato sin dall’inizio. Basteranno i dati essenziali: una situazione debitoria aggiornata (es. certificato unico debiti tributari, DURC per contributi, estratto della Centrale Rischi, elenco creditori), l’eventuale presenza di ricorsi pendenti, ecc.. L’idea è di non gravare le piccole imprese di oneri documentali impossibili, pur garantendo all’esperto informazioni sufficienti.
- Canale alternativo OCC: oltre alla piattaforma telematica nazionale gestita da Unioncamere, le imprese sotto-soglia possono scegliere di presentare l’istanza presso un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) del proprio territorio. Questo doppio binario è stato previsto per sfruttare la rete degli OCC (già attivi per le procedure da sovraindebitamento) a supporto delle micro-imprese. In pratica:
- Se l’istanza è presentata via piattaforma camerale, la procedura segue il percorso “ordinario”: verifica del Segretario Generale della CCIAA e nomina dell’esperto da parte della Commissione regionale presso la Camera di Commercio capoluogo di regione.
- Se invece l’istanza è depositata tramite un OCC, sarà quest’ultimo ad occuparsi della nomina di un esperto indipendente (scelto dai propri gestori della crisi) e della gestione iniziale. Il D.Lgs. 136/2024 ha uniformato i criteri di liquidazione del compenso dell’esperto in entrambi i casi (sempre a cura del Segretario Generale CCIAA), eliminando alcune incertezze sulla competenza economica.
- Strumenti finali differenti: se l’impresa minore in composizione negoziata non trova un accordo, potrà accedere ai suoi strumenti concorsuali propri. Ad esempio, invece del concordato preventivo standard accederà al concordato minore (artt. 74-83 CCII), che presenta soglie più basse di consenso e requisiti semplificati rispetto al concordato ordinario. Oppure, in caso di insolvenza, finirà in liquidazione controllata (art. 268 CCII) anziché in liquidazione giudiziale. Tuttavia, queste differenze riguardano la fase successiva: la procedura negoziata in sé si svolge con le stesse regole di base anche per i sotto-soglia, con l’unica eccezione delle semplificazioni sopra citate. In altre parole, durante i 180 giorni di trattative non conta la dimensione dell’impresa: ciò che varia sarà eventualmente l’esito (ad es. un accordo omologato ex art. 74 CCII per un debitore minore anziché ex art. 48 per un debitore maggiore).
Imprenditore agricolo: Particolarmente significativa è l’apertura dell’istituto agli imprenditori agricoli, storicamente esclusi dal fallimento. Oggi l’agricoltore in crisi può attivare la composizione negoziata alle stesse condizioni (stato di crisi o insolvenza reversibile). Se dovesse poi necessitare di una procedura concorsuale, la sua disciplina segue l’art. 25-quater CCII: in sostanza l’imprenditore agricolo insolvente non può accedere a concordato preventivo o liquidazione giudiziale, ma può accedere a soluzioni come il concordato minore o la liquidazione controllata (la legge equipara l’agricoltore al debitore minore per certi versi). Ad ogni modo, durante la composizione negoziata l’agricoltore può trattare con i creditori, incluso l’erario, e beneficiare delle misure premiali fiscali come qualsiasi altra impresa.
Gruppi di imprese: Il CCII prevede anche la composizione negoziata di gruppo (art. 25 CCII): più imprese facenti parte di un gruppo possono richiedere con istanze separate ma contestuali la nomina dello stesso esperto o di esperti coordinati, in modo da gestire unitariamente la crisi del gruppo. L’art. 25, co.1 CCII consente di condurre trattative coordinate per le imprese in gruppo, con un unico esperto se possibile. Ciò è utile quando le società sono legate da interdipendenze (es. holding e controllate): il risanamento viene affrontato in maniera aggregata, evitando soluzioni frammentate. Il Tribunale competente in caso di misure protettive per il gruppo è quello del luogo dove ha sede la società superiore o quella con attivo maggiore (criterio fissato dall’art. 25-quater CCII). Il correttivo 2024 non ha modificato radicalmente questi aspetti, se non per enfatizzare che l’esperto dovrà valutare il perimetro del gruppo e l’impatto delle misure su tutte le entità.
Quando attivare la procedura: Dal punto di vista pratico, è fondamentale che l’imprenditore valuti tempestivamente il ricorso alla composizione negoziata. La logica delle “misure premiali” è premiare chi si muove prima che sia troppo tardi. Attendere che l’insolvenza diventi irreversibile riduce drasticamente le chance di successo e fa perdere alcuni benefici (es. la riduzione al 50% di sanzioni e interessi sui debiti fiscali si applica solo se la composizione si chiude con un accordo, mentre se si arriva al fallimento tali riduzioni decadono). Inoltre, attivare la procedura prima che i creditori avviino azioni esecutive o presentino istanze di fallimento consente di sfruttare appieno lo scudo protettivo offerto (vedi infra). In sintesi, l’istituto è concepito come uno strumento di emersione anticipata dei problemi aziendali: un imprenditore accorto dovrebbe farne uso ai primi segnali di crisi, anche solo prospettica, per massimizzare le probabilità di risanamento e i vantaggi fiscali connessi.
Di seguito passeremo a descrivere il funzionamento concreto della procedura – dall’istanza iniziale alla conclusione delle trattative – e successivamente entreremo nel dettaglio delle interazioni con il Fisco e i relativi istituti (misure premiali e transazione fiscale).
Procedura: dalla domanda all’esito delle trattative
Presentazione dell’istanza e nomina dell’esperto
L’iter della composizione negoziata si avvia con la presentazione di un’istanza di nomina dell’esperto indipendente da parte dell’imprenditore, ai sensi dell’art. 17 CCII. Tale istanza va presentata attraverso la piattaforma telematica nazionale gestita da Unioncamere (accessibile dal portale dedicato, es. composizionenegoziata.camcom.it) oppure – per le imprese minori – tramite un Organismo di Composizione della Crisi locale, come visto sopra. In entrambi i casi, l’istanza richiede la compilazione di un modulo online e l’allegazione di determinati documenti.
Contenuto dell’istanza: L’istanza deve indicare i dati dell’impresa e del rappresentante che la sottoscrive, e contenere la richiesta espressa di nomina di un esperto indipendente per avviare la composizione negoziata. Di solito è strutturata come una breve domanda in cui il debitore:
- Premette di trovarsi in condizioni di squilibrio o crisi che rendono probabile l’insolvenza, ma con ragionevoli prospettive di risanamento (questa frase riprende il dettato normativo, per inquadrare la situazione).
- Chiede formalmente la nomina di un esperto ex art. 17 CCII per l’avvio della procedura.
- Dichiara e attesta i requisiti richiesti (assenza di procedure concorsuali pendenti, veridicità dei dati, ecc., come elencato nel capitolo precedente).
- Allega l’elenco dei documenti previsti dalla legge e dal portale (es. ultimi bilanci depositati o, se non disponibili, situazione contabile aggiornata; elenco creditori e debiti scaduti; certificato dei debiti tributari rilasciato dall’AE; documento unico di regolarità contributiva – DURC – da INPS/INAIL; relazione sulle cause della crisi, se predisposta; estratto della Centrale Rischi Bankitalia, ecc.). La piattaforma guida il depositante indicando quali allegati caricare, diversificando leggermente tra PMI (set ridotto) e imprese più grandi (set più ampio).
L’istanza si considera presentata con il pagamento di una piccola tassa di segreteria (indicata sul portale) e la sua pubblicazione nel Registro delle Imprese. Attenzione: la pubblicità dell’istanza è limitata e non equivale a una pubblicazione in Gazzetta Ufficiale come per le procedure concorsuali. Viene effettuata un’annotazione nel Registro Imprese che l’imprenditore ha avviato la composizione negoziata (accessibile ai terzi che consultino la visura camerale). Ciò rende formalmente conoscibile ai creditori l’avvio della procedura, condizione necessaria poi per l’efficacia di eventuali misure protettive (vedi infra). Non vi è comunque un regime di pubblicità equivalente al fallimento: la procedura mantiene un profilo di riservatezza, nel senso che i creditori non sono chiamati pubblicamente come in un concordato, ma verranno contattati individualmente nel corso delle trattative.
Esame dell’istanza e nomina dell’esperto: Una volta ricevuta l’istanza, l’ufficio competente della Camera di Commercio (generalmente la Segreteria Generale) procede in tempi molto rapidi. Entro 5 giorni (massimo) dalla presentazione, devono accadere due cose:
- Verifica formale: Il Segretario Generale della CCIAA esamina la completezza della domanda e dei documenti allegati. Se qualcosa manca o è irregolare, può richiedere integrazioni all’imprenditore. In genere, essendo la piattaforma ben strutturata, le domande incomplete vengono segnalate automaticamente al momento del caricamento. Una volta ritenuta completa la documentazione, il Segretario attesta che l’istanza è ammissibile.
- Designazione dell’esperto: La nomina è effettuata:
- Per via camerale ordinaria: da una Commissione istituita presso la Camera di Commercio del capoluogo di regione competente. Ogni regione (o provincia autonoma) ha una Commissione che attinge a un Elenco degli esperti formato secondo i criteri di legge (professionisti qualificati in crisi d’impresa iscritti in apposito albo tenuto dalle Camere di Commercio).
- Per istanze via OCC (imprese minori): dall’OCC adito, che sceglie un esperto indipendente tra i propri iscritti e ne dà comunicazione al Segretario Generale per la formalizzazione della nomina.
L’esperto selezionato verifica di non avere cause di incompatibilità o conflitto di interessi con l’impresa o con i creditori (es. non deve aver prestato consulenze a loro nei 3 anni precedenti). Dopodiché, entro 2 giorni circa, accetta l’incarico sottoscrivendo la dichiarazione di indipendenza e riservatezza. L’accettazione segna l’inizio ufficiale delle trattative: da quel momento decorrono i 180 giorni di durata base.
Figura dell’esperto indipendente: Può essere nominato come esperto un commercialista, un avvocato o un consulente del lavoro, purché con almeno 5 anni di iscrizione al rispettivo albo e specifiche competenze in materia di risanamento aziendale. Inoltre deve aver frequentato appositi corsi formativi organizzati da Unioncamere e risultare iscritto nell’elenco degli esperti tenuto dalle Camere di Commercio (aggiornato annualmente). Le regole di indipendenza sono stringenti: come detto, nessun rapporto professionale recente con l’impresa o parti correlate; obbligo di imparzialità, riservatezza e assenza di conflitti. L’esperto è tenuto a svolgere l’incarico con professionalità e terzietà, senza favorire una parte a danno di altre. Egli non rappresenta né l’imprenditore né i creditori, ma ha il compito di facilitare le trattative e valutare la sostenibilità del piano proposto.
Doveri dell’imprenditore: Specularmente, l’imprenditore (e i suoi eventuali amministratori) hanno il dovere di collaborare lealmente con l’esperto, fornendo tutte le informazioni e i documenti richiesti. Comportamenti reticenti, omissivi o peggio in mala fede possono spingere l’esperto a interrompere prematuramente la procedura con esito negativo, segnalando l’accaduto (ciò potrebbe anche emergere in un successivo fallimento con conseguenze di responsabilità). In pratica, la legge impone un canone di leale cooperazione: la procedura negoziata non è pensata per “prendere tempo” a discapito dei creditori, ma per trovare soluzioni e quindi richiede trasparenza. L’esperto, se riscontra atti in frode o scarsa collaborazione, può dimettersi e dichiarare conclusa la composizione negoziata senza accordo.
Compenso dell’esperto: Il compenso è a carico dell’imprenditore, ma viene liquidato solo al termine dell’incarico, dal Segretario Generale della Camera di Commercio, secondo parametri fissati dal Decreto Dirigenziale 28 settembre 2021 del MISE. Tali parametri prevedono un compenso base modulato su fatturato e complessità, con possibili incrementi in caso di successo (ad esempio se si raggiunge un accordo significativo). Per favorire le PMI, è stato previsto un incentivo pubblico: un credito d’imposta fino a €4.000 a rimborso dei costi dell’esperto per le imprese sotto determinate soglie, finanziato dal Fondo per la prevenzione della crisi d’impresa. Dunque le piccole imprese possono recuperare almeno in parte il costo dell’esperto, specie se la procedura si conclude con un accordo di risanamento.
Schema temporale tipico: Di seguito una tabella riassume le principali fasi temporali della composizione negoziata, secondo l’esperienza media:
Fase | Tempistica Indicativa |
---|---|
Presentazione istanza & verifica | Giorno 0: invio istanza. Entro ~5 giorni la CCIAA verifica documenti e designa l’esperto. |
Accettazione dell’esperto | ~Giorno 5-7: l’esperto accetta la nomina e sottoscrive l’indipendenza. Decorrenza incarico (T₀). |
Primo incontro e analisi iniziale | Entro 10 giorni da T₀: l’esperto convoca l’imprenditore per un primo confronto, esamina i dati, identifica i principali creditori e pianifica le trattative. |
Richiesta misure protettive (opz.) | In qualsiasi momento (anche contestualmente all’istanza iniziale): se l’imprenditore chiede protezione, il Tribunale decide entro circa 5-15 giorni, con effetto dal momento della pubblicazione del decreto. (Vedi infra per dettagli) |
Svolgimento delle trattative | Giorni 15-180: l’esperto conduce gli incontri con i creditori chiave; l’imprenditore gestisce l’azienda e può chiedere autorizzazioni per atti urgenti (Tribunale provvede ex art. 19 e 22 CCII). L’esperto può caricare relazioni intermedie sulla piattaforma per tenere traccia dei progressi. |
(Eventuale) Proroga dell’incarico | Verso il giorno 180: se vi sono trattative in corso promettenti ma non concluse, su richiesta motivata l’incarico può essere prorogato fino a ulteriori 180 giorni (massimo 360 totali), con consenso dell’esperto e decreto del Tribunale. |
Conclusione delle trattative | Entro il giorno 180 (o 360 se proroga): l’esperto redige la relazione finale ex art. 17 co.8 CCII, indicando l’esito (accordo raggiunto o meno, condizioni concordate, eventuali prospettive) e la comunica all’imprenditore e al Registro delle Imprese. La pubblicazione della relazione finale segna la chiusura formale della composizione negoziata. |
Esiti successivi | Entro 60 giorni dalla comunicazione finale: l’imprenditore può depositare un ricorso per concordato semplificato (se le trattative sono fallite senza accordo); oppure presentare domanda di omologazione per un accordo di ristrutturazione o piano attestato eventualmente emerso; oppure dare esecuzione agli accordi stragiudiziali raggiunti privatamente con i creditori. In mancanza di iniziative, i creditori riacquistano libertà di azione (possono ad esempio presentare istanza di fallimento). |
Nota: la durata massima della composizione negoziata è di 180 giorni + 180 di proroga = 360 giorni. In media, le procedure effettivamente concluse con successo finora hanno avuto durate intorno ai 300-330 giorni, complice spesso la necessità di proroga. Una statistica Unioncamere (novembre 2024) riporta un tempo medio di chiusura favorevole di 325 giorni. È comunque possibile chiudere prima: se ad esempio un accordo viene raggiunto in 4 mesi, l’esperto può chiudere anticipatamente con relazione finale.
Misure protettive e cautelari: il “scudo” per il debitore
Uno dei vantaggi cruciali per il debitore che intraprende la composizione negoziata è la possibilità di ottenere la sospensione temporanea delle azioni esecutive e cautelari dei creditori, grazie alle misure protettive previste dall’art. 18 CCII. Queste misure equivalgono a un automatic stay (blocco delle azioni individuali) simile a quello del concordato preventivo, ma modulabile in funzione delle trattative.
Richiesta iniziale: L’imprenditore può richiedere l’applicazione delle misure protettive già nell’istanza di composizione negoziata oppure con ricorso separato successivo, da presentare al Tribunale del luogo in cui l’impresa ha sede (Tribunale competente per le procedure concorsuali). Spesso, se l’azienda è già sotto pressione dei creditori (pignoramenti imminenti, scadenze di pagamento improrogabili, etc.), conviene chiedere subito le misure protettive contestualmente all’avvio della procedura.
Effetti delle misure protettive: Dal momento in cui il giudice pubblica il decreto di concessione, e per la durata stabilita, sono sospese o vietate:
- Le azioni esecutive individuali sul patrimonio dell’imprenditore. Ciò significa che i creditori non possono avviare né proseguire pignoramenti, esecuzioni mobiliari, immobiliari o presso terzi nei confronti dell’impresa.
- Le azioni cautelari e conservative (es. sequestri, ipoteche giudiziali) sempre sul patrimonio del debitore.
- Le istanze di fallimento o insolvenza: i creditori non possono presentare (o vengono sospese) richieste di apertura di liquidazione giudiziale o altre procedure concorsuali. Anche eventuali udienze già fissate per dichiarazione di insolvenza vengono rinviate.
- Pagamenti dovuti nell’ambito di piani di dilazione pregressi: ad esempio, il caso in cui l’impresa abbia in corso una “rottamazione” delle cartelle esattoriali (pagamento rateale agevolato di debiti fiscali): se scadono rate durante la composizione negoziata, il Tribunale può disporne la sospensione temporanea per evitare la decadenza dal beneficio. Su questo punto c’è stata importante giurisprudenza (Tribunale di Vasto 6/12/2024 e Tribunale di Napoli 17/1/2025), che ha concesso 60 giorni di sospensione del termine per pagare una rata della rottamazione quater, invocando l’art. 19, co.1 CCII quale base per “i provvedimenti cautelari necessari a condurre a termine le trattative”. Si è ritenuto che il buon esito delle trattative abbia la precedenza sul puntuale pagamento di quella rata, e che la temporanea dilazione sia una misura proporzionata e funzionale al risanamento.
Le misure protettive decorrono dalla pubblicazione del decreto del Tribunale nel Registro delle Imprese (che funge da mezzo di pubblicità verso i terzi) e durano per il periodo fissato, inizialmente fino a 120 giorni. Possono essere confermate o rinnovate dal giudice, ma la loro efficacia complessiva non può superare i limiti di durata della procedura (al massimo 180 giorni + proroga) e in ogni caso sono soggette a controlli periodici.
Procedimento in Tribunale: L’imprenditore deposita il ricorso per misure protettive allegando l’istanza di composizione e un parere motivato dell’esperto (se già nominato) o una relazione iniziale sulle ragioni della richiesta. Il Tribunale, entro pochi giorni (spesso in camera di consiglio senza udienza), emette un decreto di concessione provvisoria delle misure. Tale decreto viene notificato ai creditori noti. I creditori hanno la facoltà di proporre opposizione (art. 18 co.5 CCII) se ritengono che la protezione non sia giustificata o rechi pregiudizio ingiusto. Il Tribunale entro 30 giorni dalla prima concessione fissa udienza per confermare, modificare o revocare le misure protettive, valutando le opposizioni e il parere dell’esperto. In questa sede l’esperto riferisce sull’andamento iniziale delle trattative e sulla necessità di mantenere lo scudo. Se il giudice rileva che l’imprenditore non sta negoziando in buona fede o che non vi sono concrete possibilità di accordo, può revocare le misure prima della scadenza. Viceversa, se le trattative proseguono seriamente, le misure vengono confermate fino al termine (o prorogate contestualmente all’eventuale proroga della procedura).
Una decisione interessante è del Tribunale di Bologna (2/5/2025) che ha negato la conferma delle misure protettive in un caso in cui il piano dell’imprenditore era chiaramente liquidatorio (cessazione e vendita pezzi dell’azienda). Il giudice ha ritenuto che, essendo la composizione negoziata incompatibile con un piano di sola liquidazione (come spiegato sopra), in tal caso l’istanza di misure protettive non potesse essere accolta. In sostanza: il beneficio della moratoria sulle azioni dei creditori va concesso solo a chi utilizza la procedura per tentare un risanamento, non per guadagnare tempo in vista di chiusura. Questa pronuncia conferma l’orientamento che lo scudo va bilanciato con la finalità del risanamento.
Atti urgenti e autorizzazioni del Tribunale: Durante le trattative, l’imprenditore continua a gestire ordinariamente l’impresa. Per gli atti di gestione straordinaria potenzialmente pregiudizievoli per i creditori, l’art. 19 CCII prevede che l’imprenditore possa chiedere al Tribunale autorizzazione a compiere tali atti, ottenendo così protezione da successivi profili di responsabilità o revocabilità. Esempi di atti autorizzabili: vendere un bene aziendale importante, stipulare un finanziamento prededucibile, compiere pagamenti di crediti anteriori se necessari per la continuità. Tra questi, uno dei più rilevanti è la cessione dell’azienda o di un ramo durante la negoziazione: l’art. 22, comma 1, lett. d) CCII consente all’imprenditore di chiedere al Tribunale l’autorizzazione a trasferire l’azienda (o rami) in qualsiasi forma, senza applicazione dell’art. 2560 c.c. (quindi l’acquirente non risponde dei debiti pregressi). Il Tribunale può dare il via libera purché sia rispettato il principio di competitività nella selezione dell’acquirente. In altre parole, anche nella cornice negoziata, se si vuole vendere l’impresa senza coinvolgere i creditori (che vedranno soddisfazione nel ricavato), bisogna prima sondare il mercato per evitare vendite sottocosto a favore di qualche soggetto privilegiato.
La giurisprudenza ha chiarito che la competitività è requisito inderogabile: non serve una gara formale pubblica, ma almeno una ricerca di offerte alternative e la verifica di soluzioni migliori va fatta, altrimenti il giudice non autorizza la cessione. Ad esempio, il Tribunale di Milano (decr. 6/4/2025) ha rigettato l’istanza di autorizzazione a cedere l’azienda ad un acquirente già individuato, proprio perché l’imprenditore e l’esperto non avevano effettuato alcuna procedura competitiva, affidandosi solo ad una perizia di stima e ad un’offerta isolata. Il giudice ha sottolineato che una fairness opinion sul prezzo non basta: serve dimostrare di aver aperto al mercato la ricerca di soluzioni migliorative. Ha comunque lasciato la possibilità di riproporre l’istanza dopo aver svolto una pubblicità adeguata e raccolto eventuali manifestazioni di interesse. Questo indirizzo tutela i creditori, garantendo che la vendita dell’azienda nell’ambito stragiudiziale non avvenga a condizioni peggiori di quelle ottenibili in una procedura competitiva ordinaria.
Tra le autorizzazioni, merita menzione anche quella per ottenere finanziamenti prededucibili (art. 22, co.1, lett. a). L’imprenditore può contrarre nuovi finanziamenti durante la composizione negoziata, con priorità di rimborso in caso di fallimento successivo, previa autorizzazione del tribunale e parere dell’esperto. Il D.Lgs. 136/2024 ha introdotto il comma 1-ter dell’art. 22, chiarendo che l’attuazione di tali finanziamenti (così come delle cessioni di azienda autorizzate) può avvenire anche dopo la chiusura della composizione, se previsto nel decreto o indicato nella relazione finale dell’esperto. Ad esempio, un finanziamento ponte potrebbe essere erogato formalmente subito dopo la chiusura delle trattative ma in esecuzione di un’autorizzazione data durante la composizione – utile se il finanziatore attende la formalizzazione di un accordo.
In sintesi, le misure protettive e le autorizzazioni del tribunale rappresentano i principali punti di contatto tra composizione negoziata e autorità giudiziaria. Il tribunale funge da garante: da un lato protegge il debitore serio e collaborativo, bloccando i creditori impazienti e consentendogli le operazioni necessarie al salvataggio; dall’altro vigila contro abusi, revocando protezioni se l’impresa non cerca davvero un accordo di continuità o pretendendo trasparenza nelle vendite e nei finanziamenti.
Esiti della composizione negoziata: soluzioni stragiudiziali o concorsuali
Le trattative condotte con l’ausilio dell’esperto possono concludersi in diversi modi, che l’art. 23 CCII elenca distintamente. Possiamo raggrupparli in due categorie: soluzioni stragiudiziali (accordi privati o piani attestati, senza intervento del tribunale se non per eventuali misure fiscali) e soluzioni concorsuali/omologate (accordi o piani che richiedono l’omologazione di un giudice).
Soluzioni stragiudiziali (art. 23 co.1):
- Contratto con i creditori (art. 23 co.1 lett. a): è la soluzione più “privata”. L’imprenditore può concludere un accordo contrattuale con uno o più creditori (anche con parti terze interessate al risanamento) che consenta la continuità aziendale per almeno 2 anni. In sostanza, può trattarsi di un nuovo finanziamento, di una ristrutturazione del debito pattuita, di una convenzione di moratoria. Se l’esperto, nella sua relazione finale ex art. 17 co.8, attesta che questo contratto è idoneo ad assicurare la continuità per almeno due anni, esso produce alcuni effetti protettivi (vedi oltre misure premiali art. 25-bis). È un accordo puramente negoziale, senza omologa, efficace secondo le regole civilistiche (ad esempio, se si tratta di una rinegoziazione di mutui, sarà un contratto modificativo dei piani di rimborso).
- Convenzione di moratoria (art. 23 co.1 lett. b): è un particolare tipo di accordo previsto dall’art. 62 CCII, in cui uno o più creditori (rappresentativi di determinate classi) concordano di moratoriare i loro crediti, ossia posticipare le scadenze o sospendere temporaneamente le pretese, per favorire il risanamento. La convenzione di moratoria richiede l’adesione di una percentuale qualificata di creditori di una stessa categoria ed è vincolante anche per i dissenzienti di quella categoria. È una figura complessa e poco utilizzata finora; può realizzarsi comunque in sede di composizione negoziata se i creditori finanziari, ad esempio, accettano collettivamente una standstill agreement.
- Accordo con attestazione dell’esperto (art. 23 co.1 lett. c): l’imprenditore, i creditori aderenti e l’esperto possono sottoscrivere congiuntamente un accordo di ristrutturazione che resta stragiudiziale ma che l’esperto attesta essere coerente con la regolazione della crisi. Questo accordo, se firmato dall’esperto, produce alcuni effetti protettivi analoghi a quelli di un piano attestato (ad es. esenzione da azioni revocatorie ex art. 166, c.3, lett. d CCII, e improcedibilità di istanze di fallimento ex art. 324 CCII). In pratica, è un piano di risanamento asseverato dall’esperto, formalizzato durante la negoziazione, che rimane riservato ma offre ai creditori una certa garanzia di fattibilità grazie all’attestazione. Questa figura corrisponde a ciò che la prassi chiamava “piano di risanamento” ex art. 67, co.3, lett. d) L.F., ora trasfuso nell’art. 56 CCII. La differenza è che qui l’attestatore è proprio l’esperto nominato (quindi una figura terza e già dentro alle trattative).
Tutte queste soluzioni stragiudiziali hanno in comune il fatto che non coinvolgono il tribunale per l’omologazione: la composizione negoziata si chiude con la sottoscrizione degli accordi e la relazione finale dell’esperto, che certifica l’esito positivo e magari la continuità assicurata. Va detto che, dei tre tipi sopra, il contratto ex lett. a) e l’accordo con attestazione ex lett. c) sono quelli più frequenti. La convenzione di moratoria è un meccanismo specialistico per banche o obbligazionisti e finora rarissimo.
Soluzioni con omologazione (art. 23 co.2):
- Piano attestato di risanamento (art. 23 co.2 lett. a): l’imprenditore può predisporre un piano attestato ai sensi dell’art. 56 CCII (ex art. 67 L.F.). Il piano attestato in sé non richiede omologa giudiziaria, ma rientra tra gli strumenti elencati qui come esito “parallelo” alla composizione. In effetti, l’art. 23 co.2 specifica che oltre ai contratti o accordi di cui al co.1, l’imprenditore può alternativamente: a) fare un piano attestato; b) chiedere l’omologazione di un accordo di ristrutturazione; c) proporre un concordato semplificato; d) accedere ad altri strumenti concorsuali. Dunque il piano attestato è considerato un esito possibile: l’esperto potrebbe aiutare a definire un piano di risanamento, attestarlo (o farlo attestare da un altro professionista indipendente) e la procedura si chiude con quel piano depositato presso il registro imprese. In sé il piano non è omologato in tribunale, ma se rispettano i requisiti di legge, gli atti esecutivi di esso godono di protezione (esenzione da revocatoria).
- Accordo di ristrutturazione dei debiti omologato (art. 23 co.2 lett. b): questa è una delle vie maestre in caso di debiti diffusi. L’imprenditore, con l’assistenza dell’esperto, può raccogliere adesioni dai creditori ad un accordo ex art. 57 CCII (ex art. 182-bis LF) e poi chiederne l’omologazione al tribunale. Normalmente, per gli accordi di ristrutturazione serve almeno il 60% di crediti aderenti (art. 61, co.2, lett. c CCII). Se l’accordo viene raggiunto all’esito della composizione negoziata, la legge prevede un incentivo: la percentuale di adesione minima è ridotta dal 60% al (almeno) 50%, purché il raggiungimento dell’accordo risulti dalla relazione finale dell’esperto (oppure se la domanda di omologa è presentata entro 60 giorni dalla comunicazione conclusiva dell’esperto). Questa riduzione di soglia – introdotta dal D.Lgs. 83/2022 – rende più facile omologare accordi con anche solo la metà dei crediti concordi, in considerazione del lavoro svolto in sede negoziale. L’accordo di ristrutturazione omologato consente di estendere gli effetti anche ai creditori non aderenti, limitatamente però a quelli chirografari (salva la novità degli accordi ad efficacia estesa per alcune categorie). Da fine 2024, inoltre, è possibile inserire nell’accordo una transazione fiscale: la legge ora consente l’omologa anche senza il voto favorevole dell’Erario, se il trattamento proposto è conveniente per esso (cram-down fiscale, v. oltre). Dunque un esito tipico potrebbe essere: composizione negoziata → accordo con banche e Fisco → omologazione dell’accordo in tribunale.
- Concordato semplificato per la liquidazione (art. 23 co.2 lett. c): è lo strumento di “chiusura” se non si ottiene alcun accordo di risanamento. Introdotto inizialmente dal D.L. 118/2021 come rimedio eccezionale, è ora stabilizzato nel CCII all’art. 25-sexies. Il concordato semplificato è un concordato liquidatorio che l’imprenditore può chiedere entro 60 giorni dal termine delle trattative fallite, senza bisogno di approvazione dei creditori (è il tribunale a valutare e omologare la proposta). Serve però il presupposto che le trattative siano state condotte in buona fede ma non abbiano prodotto accordi (lo dichiara l’esperto nella relazione finale). In tal caso, il debitore può depositare un ricorso contenente un piano di concordato di sola liquidazione dei beni, anche prevedendo l’apporto di risorse esterne del 10% (requisito di legge per concordati liquidatori ordinari, ma non richiesto nel concordato semplificato). I creditori non votano, vengono solo sentiti in camera di consiglio; il tribunale omologa se ritiene la proposta più vantaggiosa del fallimento per i creditori. Questo concordato “senza voto” consente di chiudere la vicenda rapidamente: in pratica è una liquidazione giudiziale concordata dove però l’imprenditore mantiene l’iniziativa e può evitare il fallimento formale. È l’approdo residuale se la composizione non ha portato a soluzioni di continuità.
- Accesso ad altre procedure (art. 23 co.2 lett. d): clausola di chiusura: l’imprenditore può accedere a qualsiasi altro strumento di regolazione della crisi e insolvenza disciplinato dal CCII o dalle leggi speciali (es. amministrazione straordinaria grandi imprese, o per le banche). In pratica, se durante la composizione si capisce che serve un concordato preventivo “classico” (ad esempio in continuità con classi e con voto), nulla vieta al debitore di presentare quella domanda subito dopo la composizione. L’art. 23 co.2 lett. d è stato riformulato dal correttivo 2024 per chiarire che queste vie concorsuali non sono più viste come “alternative eventuali” al mancato accordo, ma come possibili esiti fisiologici del percorso negoziato. In altri termini, se anche la composizione negoziata non porta a un contratto privato, può comunque portare a depositare un concordato preventivo, e ciò non è un fallimento del sistema ma una conclusione prevista. Per l’imprenditore agricolo, come accennato, la lett. d) specifica che può accedere agli strumenti di cui all’art. 25-quater co.4, cioè concordato minore o liquidazione controllata (confermando che per i contadini non c’è il fallimento né il concordato preventivo ordinario).
Ruolo dell’esperto nella conclusione: Quando si perviene a una soluzione, l’esperto certifica l’esito con una relazione finale (ex art. 17 co.8 CCII) depositata sulla piattaforma e comunicata a imprenditore e Registro Imprese. Nella relazione, l’esperto deve indicare se le trattative si sono chiuse con il raggiungimento di una soluzione e di quale tipo (contratto, piano attestato, accordo omologando, ecc.). In alcuni casi, l’esperto è chiamato a esprimere pareri determinanti:
- Se c’è un accordo stragiudiziale ex art. 23 co.1 lett. c (piano di risanamento attestato), l’esperto lo sottoscrive attestando la coerenza del piano con la crisi.
- Se il debitore sceglie di proporre un accordo di ristrutturazione da omologare, l’esperto può essere nominato attestatore del piano di accordo, oppure l’imprenditore può affiancargli un professionista attestatore separato. In ogni caso, la relazione finale con esito positivo farà scattare la soglia ridotta del 50% per l’omologa.
- Se si va a concordato semplificato, l’esperto dovrà rendere un parere allegato al ricorso (art. 25-sexies co.3 CCII) sulle cause di insuccesso delle trattative e sulla proposta di concordato. Inoltre, spesso il tribunale nomina un ausiliario per coadiuvare nella valutazione della proposta.
- In tutti i casi in cui vengono concesse agevolazioni fiscali premiali (v. infra art. 25-bis), l’esperto riveste un ruolo chiave: ad esempio, per la dilazione straordinaria ex art. 25-bis co.4 CCII è richiesta la sua firma sull’istanza all’AE; per la transazione fiscale ex art. 23 co.2-bis CCII serve la sua attestazione di convenienza.
Chiusura senza accordo: Può accadere, naturalmente, che le trattative non conducano a nessuna delle soluzioni di cui sopra. In tal caso l’esperto dichiara la conclusione della composizione negoziata senza accordo (esito negativo). La procedura termina e i creditori riacquistano libertà di azione: le misure protettive cessano immediatamente e i creditori possono riprendere o iniziare azioni esecutive, chiedere il fallimento, ecc.. Purtroppo, in molti casi questo preluderà a istanze di liquidazione giudiziale da parte dei creditori insoddisfatti. Per il debitore, tuttavia, la chiusura senza accordo non preclude di sfruttare comunque, entro 60 giorni, l’opzione del concordato semplificato (se vuole anticipare gli eventi). Inoltre, la condotta tenuta in composizione negoziata potrebbe rilevare in seguito: ad esempio, se l’imprenditore ha ritardato colposamente la ricerca di soluzioni, ciò potrà emergere come elemento di responsabilità; viceversa, l’aver tentato seriamente di risanare può fungere da esimente parziale in eventuali azioni di mala gestio.
Importante: con la pubblicazione della relazione finale (esito positivo o negativo), terminano anche gli effetti delle misure premiali fiscali provvisorie (es. torna ad applicarsi il tasso di interesse pieno per i debiti fiscali, salvo consolidamento in caso di accordo raggiunto – v. infra art. 25-bis co.6). Dunque il momento di chiusura è uno spartiacque anche per il trattamento dei debiti tributari.
Passiamo ora ad esaminare nel dettaglio il tema della crisi fiscale, ossia come vengono gestiti i debiti verso l’erario e gli enti previdenziali durante e dopo la composizione negoziata, evidenziando gli strumenti e i vantaggi normativi predisposti per il debitore.
Crisi fiscale: gestione dei debiti tributari e contributivi nella composizione negoziata
Uno degli ostacoli principali nei piani di risanamento delle imprese italiane è la presenza di ingenti debiti fiscali e contributivi (IVA, imposte sui redditi, ritenute, contributi INPS, ecc.), spesso aggravati da sanzioni e interessi di mora. Con la composizione negoziata, il legislatore ha introdotto una serie di misure agevolative fiscali (le “misure premiali” di cui all’art. 25-bis CCII) e ha aperto la via a strumenti di trattativa specifica col Fisco (in primis la transazione fiscale ex art. 23 co.2-bis CCII dal 2024) per rendere più gestibile la cosiddetta “crisi fiscale” dell’impresa.
Esamineremo dapprima le misure premiali fiscali automatiche previste dalla legge, e successivamente il nuovo meccanismo della transazione fiscale durante la composizione negoziata e la sua interazione con i crediti previdenziali e locali.
Misure premiali fiscali (art. 25-bis CCII)
L’art. 25-bis CCII, introdotto originariamente dal D.L. 118/2021 e poi modificato dai correttivi 2022-2024, prevede diverse agevolazioni a carattere fiscale a favore dell’imprenditore che ricorre alla composizione negoziata. Tali misure si applicano in varie fasi: durante lo svolgimento delle trattative e all’esito delle stesse, qualora si raggiunga una soluzione di regolazione della crisi. In sostanza, il legislatore “premia” l’imprenditore in crisi che agisce tempestivamente offrendo sconti su interessi e sanzioni fiscali e maggiore respiro per i pagamenti. Vediamole in dettaglio per singolo comma dell’art. 25-bis:
- Comma 1 – Riduzione degli interessi durante le trattative: dal giorno in cui l’esperto accetta l’incarico e per tutta la durata delle trattative fino alla conclusione (con una delle soluzioni ex art. 23, commi 1 o 2 lett. b), gli interessi che maturano sui debiti tributari del debitore sono dovuti solo al tasso legale. Questo significa che il Fisco non calcolerà gli interessi di mora normalmente previsti (che sono elevati, ~4% o più all’anno): matureranno invece al tasso legale civile (circa lo 0,5% annuo negli ultimi anni). Esempio: se un’azienda ha un debito IVA su cui pendono interessi di mora al 4% annuo, aprendo la composizione negoziata questi interessi “futuri” scendono allo 0,5%. È una riduzione importante del carico finanziario. Il beneficio è temporaneo: vale durante la procedura. Se però la composizione si chiude con esito positivo (accordo di risanamento), tale riduzione degli interessi resta confermata definitivamente; se invece l’impresa finisce in fallimento, come vedremo, gli interessi originari tornano dovuti per intero.
- Comma 2 – Riduzione delle sanzioni su nuovi avvisi: riguarda le sanzioni tributarie irrogate con atti emessi durante la composizione negoziata. Se il Fisco notifica un avviso di accertamento con sanzioni, di solito concede un pagamento ridotto (es. sanzioni ridotte a 1/3) se si paga entro un certo termine. L’art. 25-bis co.2 stabilisce che, se tale termine scade dopo l’avvio della composizione negoziata, le sanzioni sono ridotte alla misura minima prevista dalla legge. In pratica, l’imprenditore in composizione ottiene lo sconto sanzionatorio più favorevole possibile sugli accertamenti ricevuti durante le trattative. Ad esempio, se un avviso normalmente comporta una sanzione del 100% ridotta al 30% se pagato entro 30 giorni, questa norma fa sì che la sanzione sia ridotta al minimo edittale (spesso 1/3 del massimo o anche meno) indipendentemente dal meccanismo ordinario. Il presupposto è che il termine per il pagamento agevolato cada dopo la presentazione dell’istanza di composizione. Questa misura evita che, durante le trattative, l’azienda debba affrettarsi a pagare nuovi accertamenti per non perdere gli sconti: potrà beneficiare comunque della riduzione minima di legge.
- Comma 3 – Riduzione a metà di sanzioni e interessi sui debiti pregressi in caso di accordo: questa è la misura premiale più incisiva, ma subordinata all’esito positivo. Prevede che sanzioni e interessi relativi ai debiti tributari sorti prima del deposito dell’istanza e che sono oggetto delle trattative, vengano ridotti del 50% se la composizione negoziata si chiude con una delle soluzioni omologate previste dall’art. 23, comma 2. Ciò significa: se l’impresa ottiene un accordo di ristrutturazione omologato o un piano attestato successivamente all’assistenza dell’esperto (o altro provvedimento ex art. 23 co.2 lett. b o d), allora su tutti i debiti fiscali pregressi che erano inclusi nel piano le sanzioni amministrative e gli interessi dovuti sono dimezzati. Esempio: Alfa Srl ha €100.000 di imposte + €20.000 di interessi + €30.000 di sanzioni. Dopo la composizione, ottiene un accordo ex art. 57 CCII omologato. Per effetto dell’art. 25-bis co.3, dovrà pagare solo €100.000 di imposte + €10.000 di interessi + €15.000 di sanzioni (metà di interessi e sanzioni). Questo può essere combinato con un’ulteriore falcidia se concessa in sede di transazione fiscale (vedi oltre), ma la riduzione del 50% si applica a prescindere come premio. Nota bene: il testo della norma, prima delle modifiche 2024, era ambiguo se tale beneficio spettasse anche in caso di soluzione stragiudiziale pura (art. 23 co.1). La lettera parla di “ipotesi previste dall’art. 23, comma 2”, quindi formalmente solo accordi/piani omologati. Su questo c’è stato dibattito interpretativo. Il correttivo 2024 non ha esplicitamente esteso il beneficio alle soluzioni stragiudiziali non omologate, mantenendo l’indicazione del comma 2. Pertanto, si ritiene che la riduzione di metà di sanzioni e interessi si consolidi solo se l’esito è un accordo omologato o concordato. Se invece l’imprenditore trova un accordo puramente privato (es. contratti con i creditori) senza omologa, la lettera della legge non concede il dimezzamento di sanzioni e interessi maturati, salvo future precisazioni. In ogni caso, il beneficio è rilevante e incentiva i debitori a formalizzare l’accordo in sede giudiziale per assicurarselo. (Va anche detto che in un accordo stragiudiziale puro, comunque l’Agenzia Entrate potrebbe autonomamente rinunciare a parte di sanzioni/interessi in transazione, ma senza base legale automatica).
- Comma 4 – Dilazione straordinaria dei debiti tributari non iscritti a ruolo: questa misura consente, all’esito positivo delle trattative, di ottenere un piano di rateazione speciale fino a 72 rate mensili (6 anni) per i debiti fiscali non ancora cartolarizzati (cioè quelli non ancora affidati all’Agente della riscossione). Si applica nei casi di chiusura con un contratto di cui all’art. 23 co.1 lett. a) o un accordo di cui alla lett. c) (piano attestato) – così dice la norma. In pratica, se la composizione produce un contratto di risanamento depositato al Registro o un piano attestato, l’imprenditore può richiedere all’Agenzia delle Entrate di dilazionare fino a 72 rate le imposte dovute e non versate (IRPEF, IRES, IVA, ritenute, IRAP, ecc.) non ancora iscritte a ruolo, insieme ai relativi accessori. Si applicano le norme generali dell’art. 19 DPR 602/1973 sulle rateazioni, per quanto compatibili, ma la particolarità è che la temporanea difficoltà è attestata dall’esperto (la sua firma sull’istanza di dilazione costituisce prova della difficoltà ex art. 19 DPR 602). Il correttivo 2024 ha reso questa dilazione ancor più generosa: ha aggiunto che, in caso di comprovata e grave situazione di difficoltà, l’AE può concederla fino a 120 rate mensili (10 anni). Quindi dal 28/9/2024 è possibile ottenere piani decennali in casi eccezionali. Il concetto di “grave difficoltà” deve risultare dall’istanza predisposta e sottoscritta dall’esperto. Questa dilazione straordinaria offre uno strumento simile a una “rateizzazione concordataria” fuori dalle aule giudiziarie. Importante: se successivamente l’impresa deposita un ricorso per concordato preventivo (ex art. 40 CCII) o viene dichiarato il fallimento (liquidazione giudiziale) o la liquidazione controllata, oppure se non paga anche solo una rata, il beneficio decade automaticamente. Quindi l’azienda deve essere diligente nel rispettare il piano o perderebbe la dilazione e tornerebbe immediatamente esigibile l’intero debito.
- Comma 5 – Neutralità fiscale delle sopravvenienze attive da esdebitamento: questo comma riguarda il trattamento fiscale dei vantaggi ottenuti dal debitore grazie all’accordo. Normalmente, la remissione di un debito (ad esempio sconto sui debiti bancari o abbandono di crediti da parte di fornitori) genera per il debitore un provento tassabile, la cosiddetta sopravvenienza attiva ex art. 88 TUIR. Tuttavia, la legge già prevedeva regimi di esenzione per le riduzioni concordatarie (concordati preventivi e accordi 182-bis). L’art. 25-bis co.5 estende tali esenzioni anche ai casi di composizione negoziata: stabilisce che dalla pubblicazione nel registro imprese del contratto o accordo conclusivo della composizione, si applicano l’art. 88, co.4-ter e l’art. 101, co.5 del TUIR, oltre all’art. 26, co.3-bis del DPR 633/72 (IVA). Tradotto: le riduzioni dei debiti ottenute in sede di composizione non costituiscono reddito imponibile per l’impresa, così come non lo sarebbero in un concordato omologato. Inoltre, la corrispondente IVA sui crediti non riscossi può essere portata in detrazione (nota di variazione IVA ex art. 26 DPR 633). Esempio: Beta Srl ha ottenuto che una banca le stralci €50.000 di debito e un fornitore altri €20.000, nell’ambito di un accordo di ristrutturazione concluso con l’esperto. Tali €70.000 di debiti annullati non saranno tassati come ricavo straordinario, grazie al comma 5. Ciò evita un paradosso: altrimenti l’impresa risanata si vedrebbe presentare dal Fisco una “tassa” sui debiti perdonati, vanificando in parte il risanamento. Nota: il correttivo 2024 ha aggiunto il riferimento all’art. 26, co.3-bis IVA, per allineare la norma alle modifiche intervenute nel frattempo (che consentono la variazione IVA anche in casi di procedure di sovraindebitamento). Dunque, anche ai creditori viene riconosciuto il diritto di emettere nota di credito IVA sulle perdite subite in un accordo concluso all’esito della composizione, analogamente ad un concordato.
- Comma 6 – Decadenza dai benefici in caso di fallimento successivo: questa clausola “anti-abuso” prevede che, se dopo la composizione negoziata si apre una liquidazione giudiziale (ex fallimento) o liquidazione controllata o viene accertato lo stato di insolvenza dell’imprenditore, allora gli interessi e le sanzioni tornano dovuti per intero, senza le riduzioni dei commi 1 e 2. In altre parole, se l’impresa avvia la composizione ma poi finisce ugualmente in fallimento, i creditori fiscali potranno pretendere tutti gli interessi di mora maturati e le sanzioni senza sconti, come se la procedura non fosse mai iniziata. Questo serve a evitare che un imprenditore usi la composizione solo per “congelare” o ridurre temporaneamente sanzioni/interessi, per poi fallire comunque: se accade, il Fisco riacquista i suoi diritti pieni. Fanno eccezione i benefici dei commi 3, 4 e 5: quelle riduzioni connesse ad un accordo finalizzato restano efficaci (ma se c’è fallimento, di norma quell’accordo salta; tuttavia, pensiamo ad un accordo fiscale formalizzato: se poi l’impresa fallisce entro breve, quell’accordo si risolve automaticamente, quindi comunque i benefici decadono anche per via contrattuale).
Si può riassumere il quadro delle agevolazioni fiscali con la seguente tabella:
Ambito del debito fiscale | Condizione / Esito | Beneficio fiscale (Art. 25-bis CCII) |
---|---|---|
Interessi su debiti tributari pendenti durante la CNC | Procedura aperta (dall’accettazione dell’esperto fino alla conclusione) | Interessi maturano al tasso legale anziché al tasso di mora. (Comma 1) |
Sanzioni da atti impositivi notificati durante la CNC | Termine di pagamento agevolato dell’atto scade dopo l’avvio della procedura | Sanzioni dovute ridotte al minimo legale previsto (indipendentemente dallo sconto standard). (Comma 2) |
Debiti tributari sorti prima dell’istanza (pregressi) oggetto di trattative | Composizione si chiude con strumento omologato (accordo di ristrutturazione, piano attestato omologato) | Sanzioni e interessi dimezzati (pagamento al 50% di tali somme) sui debiti fiscali inclusi nel piano. (Comma 3) |
(Idem come sopra) | Composizione si chiude con accordo non omologato (soluzione stragiudiziale pura) | (Dubbio applicativo): dalla lettera, il dimezzamento non si applicherebbe in questo caso. (Norma non chiara, interpretazione restrittiva) |
Debiti tributari non ancora a ruolo (imposte non iscritte) | Conclusione positiva con contratto ex 23.1 lett. a) o accordo ex 23.1 lett. c) (pubblicati al RI) | Rateazione straordinaria concessa da AE: fino 72 rate (6 anni) delle somme dovute; fino 120 rate (10 anni) se grave difficoltà comprovata. Esperto co-firma istanza. (Comma 4) |
Sopravvenienze attive da stralcio debiti (tutti i creditori, incl. fiscali) | Pubblicazione al RI del contratto/accordo conclusivo (stragiudiziale o omologato) | Neutralità fiscale: le riduzioni dei debiti non concorrono a formare il reddito imponibile (art. 88 co.4-ter TUIR); i creditori possono emettere note di accredito IVA (art. 26 co.3-bis DPR 633). (Comma 5) |
Interessi e sanzioni dei commi 1-2 ridotti in vigenza CNC | Apertura successiva di liquidazione giudiziale/controllata, o accertamento insolvenza | Decadenza: gli interessi e sanzioni tornano dovuti in misura intera (benefici 25-bis co.1 e 2 annullati). (Comma 6) |
Come si nota, i benefici maggiori – dimezzamento sanzioni/interessi e rateazione lunga – si ottengono se la procedura va a buon fine. Invece durante la procedura si ha principalmente sollievo sugli interessi correnti e sulle nuove sanzioni. L’intento è chiaro: stimolare l’imprenditore a perseguire seriamente un accordo, sapendo che così avrà uno sconto significativo sui costi fiscali della crisi.
Un punto fondamentale: queste misure premiali operano per legge automaticamente, non richiedono un accordo attivo col Fisco. Ad esempio, se la composizione si chiude con un accordo omologato, l’Agenzia delle Entrate d’ufficio dovrà ricalcolare sanzioni e interessi dovuti dimezzandoli. Ovviamente sarà opportuno per il debitore ricordarlo e farlo valere. Se l’Amministrazione finanziaria non applicasse i tagli, l’art. 25-bis è norma di legge che ne dà titolo.
Si segnala inoltre che, con la composizione negoziata, l’Agenzia Entrate e l’INPS hanno anche facoltà di concedere dilazioni sui carichi già a ruolo (ossia cartelle esattoriali) in modo coordinato col piano di risanamento. Ad esempio, l’imprenditore può richiedere un’ordinaria rateazione ex art. 19 DPR 602/73 delle cartelle esattoriali durante la procedura: in tal caso l’esperto firma l’istanza e ciò costituisce prova della temporanea difficoltà, agevolando l’ottenimento anche per importi elevati. Questo non è un beneficio “nuovo”, ma una sinergia con le norme preesistenti: l’esperto funge da certificatore dello stato di crisi, facilitando l’accesso a piani di rateazione ordinari (fino a 6 anni o 10 anni se straordinaria) senza bisogno di garanzie aggiuntive, etc. L’art. 25-bis co.4 stesso precisa che l’imprenditore può in alternativa avvalersi della dilazione ex art. 19 DPR 602, e in tal caso la firma dell’esperto attesta la difficoltà per importi oltre €120.000.
In definitiva, l’art. 25-bis CCII costituisce un pacchetto di norme molto favorevole al debitore fiscale: di fatto, se questi riesce a chiudere la composizione con successo, ottiene un risultato paragonabile a una “rottamazione” delle cartelle, con cancellazione totale di sanzioni e interessi oltre il 50% e ampie dilazioni. Questo peraltro senza aderire a un provvedimento straordinario di condono, ma come effetto ordinario della procedura. È un elemento che spesso fa la differenza tra un piano sostenibile e uno insostenibile.
Vale la pena sottolineare un ultimo aspetto: se la composizione negoziata si interrompe senza accordo (esito negativo), i benefici dei commi 1 e 2 cessano ex nunc, ma non vi è obbligo di retroattività salvo il caso di fallimento (comma 6). Ad esempio, durante 5 mesi di trattative i nuovi interessi maturati erano al tasso legale: se poi la procedura chiude e non c’è fallimento immediato, quei 5 mesi restano a tasso legale. Invece se entro poco scatta una liquidazione giudiziale, il curatore dovrà ricalcolare tutto al tasso pieno come se lo sconto non fosse mai esistito. Dunque l’esito negativo senza fallimento immediato lascia comunque al debitore il piccolo vantaggio di avere ritardato/limato gli interessi per il periodo in cui era sotto protezione.
La transazione fiscale nella composizione negoziata (art. 23 co.2-bis CCII)
Accanto alle misure premiali automatiche, il legislatore ha introdotto dal settembre 2024 la possibilità per il debitore di negoziare attivamente i propri debiti fiscali e contributivi durante la composizione assistita, attraverso la cosiddetta transazione fiscale in composizione negoziata. Si tratta di una novità di grande rilievo: fino al 2024, infatti, l’accordo col Fisco era possibile solo all’interno di procedure concorsuali (concordati o accordi 182-bis). Ora invece anche nel percorso stragiudiziale l’imprenditore può proporre un accordo transattivo al Fisco, con effetti vincolanti se formalizzato.
Base normativa: l’art. 23, comma 2-bis CCII aggiunto dal D.Lgs. 136/2024 dispone che “nel corso delle trattative l’imprenditore può formulare una proposta di accordo transattivo alle agenzie fiscali e all’Agenzia delle Entrate-Riscossione, prevedendo il pagamento parziale o dilazionato del debito e relativi accessori”. La proposta non può riguardare i tributi che costituiscono risorse proprie UE (in sostanza l’IVA dovuta all’UE e i dazi doganali). Alla proposta vanno allegate due relazioni: (a) una relazione di un professionista indipendente che attesta la convenienza della proposta rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale per il creditore pubblico interessato; (b) una relazione sulla veridicità dei dati aziendali, redatta dall’organo di revisione legale (se la società ce l’ha) o da un revisore indipendente appositamente designato. L’accordo transattivo, se accettato, viene sottoscritto dalle parti (imprenditore e Agenzia) e comunicato all’esperto. Produce effetti con il suo deposito presso il Tribunale competente ai sensi dell’art. 27 CCII, dove il giudice, verificata regolarità documentale, ne autorizza l’esecuzione con decreto (oppure dichiara che l’accordo è privo di effetti). L’accordo transattivo si risolve di diritto se successivamente l’impresa viene dichiarata insolvente (liquidazione giudiziale/controllata) o se l’imprenditore non esegue integralmente i pagamenti dovuti entro 60 giorni dalle scadenze previste.
Analizziamo gli elementi chiave:
- Ambito soggettivo: possono proporre la transazione fiscale tutte le imprese ammesse alla composizione negoziata, senza distinzioni di dimensione. Anche le imprese minori ne hanno diritto e, anzi, per loro è forse uno strumento ancora più vitale. È necessario ovviamente che la procedura negoziata sia stata regolarmente avviata con la nomina dell’esperto.
- Ambito oggettivo (debiti trattabili): la transazione fiscale può riguardare tutti i debiti tributari verso l’Erario (Stato) insorti fino alla data di presentazione della proposta transattiva. Rientrano:
- Imposte amministrate da Agenzia delle Entrate (IRPEF, IRES, IVA – quest’ultima con limite, vedi sotto, IRAP, addizionali, ecc.) e relative sanzioni e interessi.
- Dazi e imposte doganali amministrate da Agenzia Dogane Monopoli (anch’esse erariali).
- Carichi affidati ad Agenzia Entrate-Riscossione (AER): dunque cartelle esattoriali per imposte già accertate e non pagate.
- Contributi previdenziali e assistenziali dovuti agli enti (INPS, Casse, INAIL): pur non essendo tributi, la norma parla di “Agenzie fiscali e AER”, ma per analogia con la disciplina di concordati e accordi si ritiene inclusa anche la transazione contributiva (INPS/INAIL). In effetti l’art. 63 CCII regola congiuntamente transazione fiscale e contributiva nelle procedure concorsuali. Nel silenzio dell’art. 23 co.2-bis, la dottrina prevalente e la prassi considerano che l’accordo transattivo possa riguardare anche i contributi INPS, per coerenza sistematica.
- Limiti: i tributi costituenti risorse proprie UE non possono essere falcidiati. In pratica, IVA e dazi: su questi la proposta non può prevedere un pagamento parziale del tributo. Va però chiarito: secondo la dottrina tributaria, la quota di IVA considerata risorsa UE è una percentuale minima del gettito (circa lo 0,3% del volume imponibile). Pertanto, è opinione diffusa che la maggior parte dell’IVA dovuta possa essere comunque falcidiata, salvo versare quella percentuale minima non falcidiabile. Il divieto di falcidia IVA, una volta assoluto, è stato superato dall’evoluzione normativa e giurisprudenziale europea: oggi, in concordato, è ammessa se il Fisco la approva o anche per cram-down. Dunque anche in composizione negoziata, l’accordo potrà prevedere un pagamento parziale dell’IVA (eccedente la minima quota UE). In ogni caso, la proposta può prevedere dilazione anche dell’IVA e di ogni tributo, se non si vuole o può ridurre il capitale. Quindi si può modulare: certe imposte pagate integralmente ma rateizzate, altre falcidiate. L’importante è che il pagamento parziale o dilazionato offerto sia conveniente rispetto al fallimento.
- Sono esclusi dall’accordo i tributi locali (IMU, TARI, ecc.) poiché l’art. 23-bis non li cita e AER rappresenta solo lo Stato. È possibile che in futuro vengano inclusi, ma ad oggi i debiti con Comuni/Regioni vanno trattati separatamente (magari richiedendo essi stessi una transazione fuori da questa norma). Un comunicato del MEF di ottobre 2024 ha lasciato intendere ipotesi di riforma per includere anche i tributi locali, ma al momento restano fuori.
- Completezza: la proposta deve essere onnicomprensiva dei debiti fiscali e contributivi noti. Non si può chiedere transazione solo per alcune imposte e ignorarne altre, per evitare trattamenti preferenziali interni al Fisco. Quindi, ad esempio, se un’azienda deve IVA, IRES e IRAP, la proposta dovrebbe coprire tutte queste voci (anche con trattamenti diversi, ma deve affrontarle tutte). Restano fuori solo i tributi locali e i debiti futuri non ancora sorti.
- Cosa si può offrire: la transazione fiscale può prevedere:
- Falcidia delle imposte: riduzione parziale dell’importo dovuto a titolo di tributo. Esempio: offro di pagare il 50% dell’IRPEF dovuta.
- Stralcio totale o parziale di sanzioni e interessi: di solito si propone di azzerare o ridurre drasticamente sanzioni e interessi, privilegiando il pagamento (anche parziale) del tributo principale. Questo in coerenza con la prassi che vede punire meno chi fa emergere la crisi.
- Dilazione del pagamento: possibilità di suddividere l’importo (anche falcidiato) in rate nel tempo. Ad esempio pagare quel 60% in 5 anni a rate trimestrali. Spesso falcidia e dilazione sono combinate.
- Garanzie eventuali: non obbligatorie, ma l’imprenditore può offrire garanzie aggiuntive (fideiussioni, ipoteche volontarie su beni residui, pegni) per rendere la proposta più appetibile all’Erario. Non è un requisito di legge, ma all’atto pratico potrebbe fare la differenza se il Fisco la ritiene necessaria per tutelarsi durante la dilazione.
- Procedura di approvazione: Una volta presentata la proposta (che potrebbe essere inviata via PEC agli uffici competenti allegando i documenti richiesti), la palla passa agli enti. L’Agenzia delle Entrate ha strutturato internamente l’esame: un Provvedimento del Direttore AE (n. 21447/2024 e successivi) ha stabilito che:
- Per contribuenti di medie dimensioni, decide la Direzione Regionale competente, che valuta la proposta in prima istanza.
- Per contribuenti di grandi dimensioni (grandi contribuenti con fatturato molto alto), è coinvolta la Direzione Centrale grandi contribuenti.
- In ogni caso, serve il parere conforme della Direzione Regionale competente, dopodiché il Direttore dell’ufficio locale (la Direzione Provinciale) competente sottoscrive formalmente l’accordo in rappresentanza dell’Agenzia. In pratica, c’è una doppia firma interna: il regionale approva, il provinciale firma l’atto transattivo.
- L’Agenzia Entrate-Riscossione sottoscrive per accettazione limitatamente alle sue spettanze (compensi di riscossione, interessi di mora maturati dopo la presa in carico).
- Per l’INPS, analogamente, la decisione è presa dal Direttore Regionale INPS competente e l’accordo viene poi firmato dal Direttore della struttura territoriale che gestisce quel credito. L’INPS ha adottato termini di 90 giorni dal deposito della proposta per pronunciarsi, in linea con l’art. 63 CCII (che dà 90 giorni all’Erario per gli accordi, analogia qui).
- Gli enti dunque hanno un termine di 90 giorni per rispondere alla proposta. Se entro 90 giorni non rispondono, la posizione va interpretata come rifiuto (non c’è silenzio-assenso automatico in composizione negoziata, diversamente dal concordato dove c’è dibattito sul silenzio). La proposta può essere comunque riformulata, se i 90 passano senza esito.
- È previsto che per proposte particolarmente rilevanti, es. transazione con falcidia oltre 70% e importo oltre €30 milioni, decida un Ufficio centrale crisi d’impresa istituito presso AE. Questo per uniformare le decisioni sui casi più delicati.
- Formalizzazione e omologa: Se l’accordo viene approvato, viene firmato digitalmente dalle parti autorizzate (Direttore AE, Direttore AER per la sua parte, Direttore INPS per la sua). L’accordo a quel punto è pronto e l’imprenditore lo deposita al Tribunale competente (lo stesso dove eventualmente aveva chiesto misure protettive, di regola). Il giudice controlla che vi siano tutti i documenti a corredo (relazione esperto di convenienza, attestazione revisore su veridicità dati, eventuali delibere e firme correttamente acquisite) e, se è tutto regolare, emette un decreto di autorizzazione all’esecuzione. Questo decreto non è un’omologa classica (non c’è un processo di omologazione contenziosa), ma formalmente “autorizza” l’attuazione dell’accordo e lo rende efficace erga omnes. Se invece qualcosa non torna (dati mancanti, firma incompetente, ecc.), il giudice può dichiarare l’accordo privo di effetti. Contro il diniego c’è reclamo, ma in sostanza se le parti concordano di solito il tribunale non mette veti.
- Esecuzione e risoluzione: Una volta autorizzato, l’accordo transattivo produce effetti vincolanti per le parti: l’imprenditore dovrà pagare alle scadenze concordate, il Fisco/AER/INPS rinuncerà alle azioni di recupero per le parti falcidiate e attenderà le rate. Se però l’imprenditore non paga puntualmente anche solo un importo dovuto, scatta la risoluzione di diritto se non rimediano entro 60 giorni. Ciò significa che l’intero debito originario (al netto di quanto eventualmente già pagato) risorge con sanzioni e interessi pieni, come se la transazione non fosse mai avvenuta. Allo stesso modo, se l’impresa poi va in liquidazione giudiziale o simili, l’accordo è risolto automaticamente. Questo è logico: il Fisco accetta sacrifici solo per evitare il fallimento; se il fallimento comunque si verifica, non è tenuto più a rispettare l’accordo.
La transazione fiscale in composizione negoziata costituisce un ponte tra la fase stragiudiziale e gli istituti concorsuali. Spesso sarà utilizzata come pezzo di un puzzle più ampio: ad esempio, l’imprenditore potrebbe durante la composizione negoziata definire la transazione col Fisco e insieme un accordo con le banche, poi presentare tali accordi in un unico accordo di ristrutturazione omologato. Oppure, se tutti i creditori trovano intesa, concludere un accordo stragiudiziale globale che include l’atto transattivo col Fisco separato ma coordinato.
Un elemento importante è che, per effetto del D.Lgs. 83/2022, oggi nelle procedure formali è ammesso il cosiddetto cram down fiscale: cioè il tribunale può omologare un concordato preventivo o un accordo di ristrutturazione anche senza l’adesione dell’Agenzia Entrate o dell’INPS, se la proposta a loro rivolta è più conveniente della liquidazione. Quindi se pure la transazione fiscale in composizione negoziata non andasse a buon fine (ad esempio il Fisco rifiuta), il debitore potrebbe comunque tentare di inserire la medesima proposta in un concordato preventivo e ottenere l’omologa forzosa dal giudice. Ovviamente questo implica passare per una procedura concorsuale, ma è una tutela ulteriore. Viceversa, se il Fisco accetta la transazione in composizione negoziata, l’accordo concluso vincola l’ente e potrà essere recepito nel concordato o accordo finale senza opposizione (non sarà necessario il cram down). Dunque, la transazione fiscale stragiudiziale può facilitare enormemente l’uscita dalla crisi: evita il rischio di voto contrario del Fisco nei concordati (che in passato spesso determinava il fallimento delle trattative) e consente di risolvere la componente fiscale del debito in modo trasparente e sicuro.
Rapporto con le misure premiali: Va evidenziato che la transazione fiscale non sostituisce le misure premiali di cui sopra, ma vi si affianca. Ad esempio, l’accordo transattivo potrà prevedere la falcidia di imposte e interessi, ma se poi l’accordo viene omologato in un concordato, comunque il dimezzamento di sanzioni e interessi ex art. 25-bis co.3 si applica sulla parte residua. Quindi il debitore può beneficiare di entrambe le cose cumulativamente. In pratica:
- Durante le trattative, propone transazione fiscale e ottiene sospensione azioni esecutive.
- L’accordo viene accettato: il Fisco rinuncia ad esempio al 40% dell’imposta, 100% sanzioni e interessi con pagamento in 5 anni.
- Se la vicenda si chiude con un accordo omologato, quel 60% di imposta da pagare mantiene l’azzeramento sanzioni e interessi per via dell’accordo stesso; l’eventuale dimezzamento del comma 3 si riferisce a interessi e sanzioni che, se fossero ancora dovuti, verrebbero dimezzati. Nel caso di sanzioni già portate a zero dall’accordo, non c’è da dimezzare nulla (0 resta 0). Se l’accordo invece prevedeva pagare il 50% delle sanzioni, allora il comma 3 dimezzerebbe ulteriormente (50% → 25%). Insomma, vanno coordinati caso per caso.
Prassi e prime applicazioni: Essendo istituto nuovo (operativo da fine settembre 2024), le statistiche ancora scarseggiano. Tuttavia, Unioncamere ha segnalato un aumento dei casi di successo delle composizioni negoziate nel 2024, in parte attribuibile proprio a queste misure di favore e alla transazione introdotta. L’Agenzia delle Entrate, dal canto suo, ha emanato istruzioni interne per gestire celermente tali proposte e ha creato team dedicati presso le Direzioni Regionali (c.d. Uffici crisi d’impresa). Da notare che la transazione fiscale in sede negoziale non richiede il pagamento di un contributo o l’omologazione formale come negli accordi 182-bis, ed è quindi uno strumento snello: ciò potrebbe portare molte PMI a preferire questa strada (stragiudiziale) piuttosto che un lungo concordato in tribunale.
Già a fine 2024, come accennato, Unioncamere ha pubblicato delle Linee guida operative per recepire le novità fiscali nella composizione negoziata. Ad esempio, le linee guida camerali invitano gli esperti a supportare l’imprenditore nella predisposizione della proposta fiscale e nel raccordo con gli enti, e forniscono modelli standard di relazione di convenienza da parte dell’esperto. Inoltre, suggeriscono ai tribunali di adottare un atteggiamento collaborativo nel valutare i decreti di autorizzazione dell’accordo transattivo, evitando formalismi eccessivi (in altre parole, se l’accordo appare vantaggioso e completo, di autorizzarlo velocemente).
Esempio pratico: Gamma Srl ha €500.000 di debiti col Fisco (di cui 200k IVA, 100k IRES, 50k IRAP, 150k interessi e sanzioni varie) e €200.000 di debiti INPS. L’azienda è in crisi ma potrebbe salvarsi con un apporto di un investitore se dimezza il debito fiscale. Durante la composizione negoziata, Gamma propone ad AE e INPS: pagherò 50% delle imposte (150k su 300k) in 60 rate mensili, azzerando sanzioni/interessi e garantendo il piano con ipoteca su un immobile. L’esperto attesta che in fallimento il Fisco prenderebbe forse 20%, quindi 50% è conveniente. AE regionale approva, AE provinciale firma, INPS regionale pure. Il tribunale autorizza l’accordo. Gamma paga regolarmente le prime rate. Le trattative con gli altri creditori portano a un accordo di ristrutturazione globale che viene omologato. Gamma esce dalla crisi con un debito fiscale ridotto e sostenibile, avendo preservato l’attività. Se invece Gamma avesse saltato le rate, l’accordo fiscale sarebbe decaduto e il Fisco sarebbe tornato creditore per l’intero importo, con probabile fallimento di Gamma.
In conclusione, la transazione fiscale in composizione negoziata è un potente strumento, frutto di un’evoluzione culturale: anche fuori dalle procedure concorsuali tradizionali, si riconosce che il Fisco può sedersi al tavolo e accettare sacrifici se ciò massimizza il soddisfacimento (il famoso “principio della massimizzazione dell’attivo”). Questo colma una lacuna del passato, quando le crisi d’impresa si arenavano spesso sull’irriducibilità del debito IVA o contributivo. Ora, con le tutele offerte (attestazioni di convenienza a cura dell’esperto, controllo giudiziale finale), anche l’Erario ha le garanzie per potersi fidare di un accordo stragiudiziale.
Rapporti con enti previdenziali e tributi locali
Abbiamo già toccato l’inclusione dei debiti contributivi (INPS, INAIL) nella trattativa. La prassi emergente conferma che l’INPS applica analogamente le disposizioni previste per il Fisco: il termine di 90 giorni per rispondere alla proposta, la firma da parte del Direttore regionale, ecc.. L’INPS ha interesse a recuperare almeno parte dei contributi, e spesso accoglie proposte in linea con quelle dell’AE (ad esempio se AE accetta 50%, anche l’INPS tende ad adeguarsi, specie se la relazione dell’esperto evidenzia che in fallimento l’INPS prenderebbe molto meno). Una differenza è che le sanzioni civili INPS (interessi di mora sui contributi omessi) sono spesso altissime, ma l’INPS ha la facoltà di ridurle fino al tasso legale in casi di ristrutturazione, quindi l’accordo transattivo includerà anche la riduzione delle sanzioni civili INPS, analogamente al dimezzamento previsto per il Fisco.
Per quanto riguarda i tributi locali, come detto, attualmente non rientrano nell’accordo ex art. 23 co.2-bis. Ciò non impedisce però al debitore di negoziare separatamente con i Comuni o altri enti locali: ad esempio, può chiedere una rateazione straordinaria dei debiti tributari locali ai sensi dei regolamenti comunali, o attendere eventuali provvedimenti legislativi (es. la Legge di Bilancio 2023 ha introdotto definizioni agevolate anche per tributi locali su base volontaria degli enti). Se i tributi locali sono rilevanti nel debito complessivo, sarà opportuno farli rientrare in qualche modo nel piano di risanamento – anche solo prevedendo che vengano pagati integralmente ma a fine piano (i Comuni potrebbero accettare di attendere se vedono che l’impresa risana e se stessa e poi paga).
Nel Rapporto Unioncamere VI edizione (novembre 2024) si auspicava un intervento normativo per includere espressamente i tributi locali nella transazione fiscale della composizione, ma al momento (luglio 2025) non risulta ancora attuato.
Un punto da menzionare è il coordinamento con eventuali definizioni agevolate nazionali: se l’impresa aveva aderito a una “rottamazione-quater” delle cartelle o simili, la pendenza di quella definizione non impedisce la composizione negoziata, ma come visto il tribunale può sospendere le scadenze per evitare decadenze. In alcuni casi, l’impresa in composizione può decidere di revocare la rottamazione e includere quei debiti in una transazione fiscale più ampia: la convenienza va valutata caso per caso, ma spesso la transazione di cui sopra può offrire dilazioni più lunghe (10 anni contro i 5 anni delle rottamazioni standard) e includere contributi che le rottamazioni statali non coprono. Dunque, è uno strumento più flessibile e personalizzato rispetto alle sanatorie generalizzate.
Focus settoriali: esempi di crisi fiscale risolta con la composizione negoziata
In questa sezione, esponiamo sinteticamente due casi esemplificativi per mostrare come i benefici e gli strumenti descritti possano operare nella pratica, in settori diversi.
Caso 1: PMI manifatturiera (Società Alpha Srl) – Crisi da debiti fiscali ingenti, risanamento in continuità.
- Profilo: Alpha Srl produce componenti meccaniche. A causa di un calo di commesse e investimenti errati, accumula €800.000 di debiti fiscali (IVA non versata di due annualità, ritenute certificate ma non pagate, IRAP, il tutto con sanzioni per omessi versamenti) e €200.000 di debiti INPS per contributi dipendenti. Inoltre ha debiti bancari e con fornitori per €1,5 milioni. L’azienda è però potenzialmente redditiva se alleggerita dal fardello fiscale, e un investitore sarebbe disposto ad apportare nuova finanza per €300.000 a condizione di azzerare le sanzioni e ridurre l’IVA dovuta.
- Procedura: Alpha avvia la composizione negoziata a giugno 2024. Ottiene misure protettive dal Tribunale per bloccare due pignoramenti e una gara d’asta su un macchinario ipotecato. Durante le trattative, con l’aiuto dell’esperto, presenta a ottobre 2024 una proposta di transazione fiscale all’Agenzia Entrate: pagherà il 100% dell’IVA in 5 anni, il 50% dell’IRAP e delle ritenute in 5 anni, rinuncia totale a sanzioni e interessi. L’esperto attesta che in liquidazione giudiziale l’AE recupererebbe forse il 20%, quindi la proposta (circa 70% sul totale fiscale in valore attuale) conviene. Contestaualmente propone all’INPS di pagare in 60 rate mensili il 50% dei contributi omessi, con abbuono integrale delle sanzioni civili.
- Svolgimento: L’Agenzia Entrate Regionale approva la transazione, la Direzione Provinciale firma l’accordo a dicembre 2024. L’INPS pure aderisce. Il tribunale a gennaio 2025 autorizza l’esecuzione. Da quel momento, Alpha inizia a pagare le rate concordate. Nel frattempo l’esperto facilita un accordo con le banche: conversione di parte dei crediti in strumenti partecipativi e riscadenziamento mutui. I fornitori accettano uno stralcio del 20% sui loro crediti, considerato che l’investitore apporterà liquidità.
- Esito: A maggio 2025 la composizione negoziata si chiude positivamente con la sottoscrizione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 57 CCII, che incorpora la transazione fiscale e gli accordi con banche e fornitori, e viene omologato dal Tribunale entro l’estate 2025. Grazie a ciò:
- Il debito IVA e imposte di Alpha risulta ridotto e dilazionato secondo l’accordo (50% falcidia su alcune imposte). Le sanzioni e interessi fiscali, già azzerati dall’accordo transattivo, restano tali.
- In più, per legge, eventuali interessi di mora maturati durante la procedura (quando ancora non c’era accordo) sono ridotti al tasso legale. E tutte le remissioni di debito ottenute (20% fornitori, ecc.) non generano imponibile tassabile.
- L’investitore apporta €300k che vengono usati in parte per pagare le prime rate ai creditori e rilanciare l’attività.
- Alpha Srl prosegue l’attività, salva i suoi 15 dipendenti e riprende commesse con una struttura finanziaria sostenibile.
- Benefici per il debitore: Oltre ad evitare il fallimento, Alpha ha beneficiato di: risparmio di circa €250.000 di sanzioni e €100.000 di interessi fiscali (grazie a transazione + art.25-bis); dilazione decennale su parte del debito fiscale (con accordo AE); protezione immediata del patrimonio durante i mesi critici (nessuna esecuzione subita); nessuna tassazione sui debiti perdonati dai fornitori (risparmio di decine di migliaia di euro in IRES).
- Note: Questo caso illustra l’uso “combinato” di misure premiali e transazione fiscale per riequilibrare una posizione debitoria pesantemente segnata dal Fisco. Senza tali strumenti, un piano di continuità sarebbe stato impossibile per la rigidità del debito IVA e delle sanzioni.
Caso 2: Ditta individuale commerciale (Beta) – Impresa sotto-soglia, crisi irreversibile, concordato semplificato.
- Profilo: Beta è un piccolo commerciante (ditta individuale) con un negozio di abbigliamento. A causa del calo vendite e spese fisse, accumula €150.000 di debiti (fornitori, affitto arretrato) e €50.000 di debiti verso il Fisco (IVA, IRPEF e una cartella per multe stradali). L’attività non è più redditizia e Beta decide di chiudere il negozio, ma vuole evitare il fallimento e possibilmente liberarsi dei debiti residui consegnando i beni ai creditori.
- Procedura: Beta avvia la composizione negoziata a gennaio 2023, nonostante sia un’impresa “sotto soglia” (ricavi <€200k) – può farlo e si rivolge a un OCC territoriale per assistenza. Viene nominato un esperto. La prospettiva di risanamento è assente (il negozio cessa l’attività durante le trattative). Tuttavia l’esperto aiuta Beta a raccogliere offerte per liquidare gli asset (scorte di magazzino e arredi) e propone ai creditori un piano liquidatorio: incasso stimato €50.000 dalla vendita beni, da distribuire pro-quota. I creditori chirografari riceverebbero circa 30%, il Fisco (chirografo anch’esso per multa e parte IVA) lo stesso.
- Problema: Essendo il piano puramente liquidatorio, la composizione negoziata non potrebbe avere quello scopo. Infatti, quando Beta chiede le misure protettive per evitare un pignoramento sul magazzino, il Tribunale concede una protezione temporanea ma all’udienza di conferma solleva il dubbio che la procedura sia usata impropriamente per liquidare. L’esperto e Beta spiegano che intendono poi accedere al concordato semplificato.
- Esito: A giugno 2023, trascorsi 5 mesi senza accordo coi creditori (molti fornitori non aderiscono all’ipotesi di saldo al 30% stragiudiziale), l’esperto chiude la composizione con esito negativo ma attestando che Beta ha agito in buona fede e le trattative sono fallite per l’irriducibilità di alcuni creditori. Entro 60 giorni Beta deposita ricorso per concordato semplificato liquidatorio offrendo esattamente di liquidare i beni e distribuire il 30%. Il tribunale dichiara ammissibile il concordato semplificato (verificando che Beta ha seguito la composizione negoziata regolarmente) e omologa il piano. Beta cede i beni a un acquirente selezionato (con offerta raccolta dall’esperto durante la CNC) e ripartisce il ricavato come da piano.
- Conseguenze: Beta ottiene l’esdebitazione finale (come persona fisica ex art. 282 CCII). Grazie alle misure premiali:
- Gli interessi sulle tasse sospesi durante la CNC restano al tasso legale per quei mesi.
- Nel concordato semplificato, Beta gode comunque della non imponibilità delle somme perdonate (i creditori chirografari hanno preso 30%, il 70% di debiti cancellati non genera reddito tassabile).
- Beta ha potuto vendere l’attività senza dover pagare interamente l’IVA sulle rimanenze: la falcidia IVA nel concordato semplificato è stata ammessa (coerente col fatto che in concordato non serve il 10% di extra asset).
- Commento: Questo caso evidenzia che se non c’è continuità possibile, la composizione negoziata serve comunque per preparare una uscita ordinata: l’esperto ha aiutato a massimizzare il valore dei beni (più di quanto un pignoramento avrebbe fruttato), i creditori hanno ottenuto il 30% subito invece di anni di esecuzioni forse infruttuose, e Beta ha chiuso la vicenda debitoria. Il Tribunale di Bologna con la sua pronuncia del 2025 (posteriore a questo caso) ha chiarito proprio che un piano liquidatorio deve passare per il concordato semplificato, non può restare in composizione: Beta ha fatto esattamente così, allineandosi a quel principio, sebbene in anticipo.
Questi esempi dimostrano come la composizione negoziata, pur concepita per il risanamento, abbia strumenti utili sia per il rilancio di aziende con debiti fiscali importanti (caso Alpha), sia per la liquidazione guidata evitando il fallimento (caso Beta). In entrambi, il trattamento del debito fiscale è stato un fattore chiave: nel primo grazie alla transazione e ai tagli di legge, nel secondo grazie alla cornice protetta e alla successiva falcidia in concordato.
Differenze tra imprese sopra-soglia e sotto-soglia (tabella riepilogativa)
Come già accennato, la procedura di composizione negoziata è unica, ma presenta alcune deviazioni a seconda della dimensione dell’impresa. Riassumiamo le principali differenze operative:
Profilo | Imprese sopra-soglia (ordinarie) | Imprese sotto-soglia (minori) |
---|---|---|
Documentazione iniziale | Set ampio di documenti: ultimi 3 bilanci approvati (o progetti di bilancio se l’ultimo non approvato), situazione patrimoniale aggiornata, elenco dettagliato creditori suddivisi per tipologia, un piano di risanamento (anche solo bozza), relazione su cause della crisi, certificato dei debiti tributari (Agenzia Entrate) e certificato dei debiti contributivi (INPS), estratto Centrale Rischi Bankitalia, ecc. | Set ridotto di documenti: per le imprese minori occorrono solo documenti essenziali. Ad esempio: dichiarazione su eventuali ricorsi di fallimento pendenti, certificato unico dei debiti tributari (AE), situazione debitoria complessiva verso Agenzia Entrate-Riscossione (importi a ruolo), DURC o attestazione contributiva, estratto Centrale Rischi aggiornato. Non è obbligatorio allegare un piano di risanamento completo né i bilanci, anche se è consigliabile fornire almeno un prospetto di situazione patrimoniale e finanziaria. |
Presentazione istanza | Tramite piattaforma telematica nazionale (Unioncamere). L’istanza è esaminata dal Segretario Generale della CCIAA competente; la Commissione regionale nomina l’esperto entro 5 giorni. | Doppia modalità: l’imprenditore minore può scegliere di usare la piattaforma CCIAA (come sopra) oppure rivolgersi a un OCC competente. Se via piattaforma, il processo è come a sinistra. Se tramite OCC, sarà quest’ultimo a seguire l’iter e designare l’esperto dall’elenco dei propri gestori. In entrambi i casi i tempi sono rapidi (5 giorni per la nomina). Il D.Lgs. 136/2024 ha unificato i criteri di liquidazione compenso: ora sempre a cura del Segretario Generale CCIAA, superando dubbi sulla diversa competenza OCC prima prevista. |
Nomina esperto | Commissione regionale presso CCIAA capoluogo di regione, entro 5 giorni. La Commissione sceglie dall’elenco esperti tenendo conto di esperienza professionale e – novità – dei precedenti esiti delle procedure seguite dall’esperto. | Per istanza via piattaforma: come a sinistra (Commissione regionale). Per istanza via OCC: nomina effettuata dall’OCC (tipicamente dal responsabile OCC), pescando dall’elenco dei gestori della crisi accreditati presso quell’OCC, comunque nel termine di 5 giorni. Dal 2024, qualunque sia la via, l’esperto nominato viene poi retribuito secondo tariffe uniformi CCIAA e con possibilità di contributo pubblico (tax credit) alle PMI. |
Trattative e gestione | L’esperto conduce le trattative con i creditori significativi. L’imprenditore resta in possesso dell’azienda. Il Tribunale può autorizzare atti urgenti e concedere misure protettive. Particolarità: nelle grandi imprese con più sedi, l’esperto può convocare tavoli separati per categorie di creditori (es. banche, fornitori) e spesso l’azienda ha advisor che interagiscono con l’esperto. | Nelle imprese minori, spesso l’esperto deve supplire a carenze organizzative: aiuta l’imprenditore a redigere un piano (se non c’è), a fare inventari, ecc. C’è la possibilità di nominare, su istanza, un ausiliario dell’esperto (specie se l’OCC gestisce la procedura) che coadiuvi in compiti operativi. Le trattative sono di solito meno formali, data la natura familiare di molte micro-imprese. Il Tribunale è coinvolto allo stesso modo per le misure protettive (competente quello del circondario dell’impresa). |
Esiti possibili | Tutti quelli previsti dall’art. 23: contratti, accordi, piano attestato, accordo di ristrutturazione omologato, concordato semplificato, ecc. Un’impresa grande potrebbe anche valutare l’amministrazione straordinaria se ne ha i requisiti (art. 23 co.2 lett. d). | Anche per l’impresa minore teoricamente tutti gli esiti (tranne gli strumenti non accessibili, es. niente fallimento ma liquidazione controllata). Di fatto, spesso l’esito per i minori è: concordato minore omologato (ex concordato preventivo minore) se c’è continuità e serve una soluzione concorsuale; oppure liquidazione controllata se bisogna liquidare il patrimonio (simile a un fallimento ma semplificato). Il concordato semplificato è accessibile pure ai sotto-soglia in luogo del concordato minore, se falliscono le trattative. |
Impatti sul capitale | Durante la CNC, come detto, non operano gli obblighi di riduzione del capitale per perdite (2446-2447 c.c.) né le cause di scioglimento, indipendentemente dalla dimensione. Se poi si trova un accordo, l’impresa maggiore dovrà eventualmente ricostituire il capitale secondo il piano (spesso tramite conversione debiti in capitale). | Anche per la piccola impresa societaria vige la sospensione degli obblighi sul capitale. Per le imprese individuali non rileva. Nel concordato minore non è richiesta la ricapitalizzazione minima, si può anche chiudere l’impresa. Insomma, in caso di esito liquidatorio, la ditta individuale ottiene l’esdebitazione e cessa; la società minore va in liquidazione controllata e poi estinta. |
Questa tabella evidenzia che le differenze principali stanno a monte (documenti, canale OCC) e a valle (tipo di procedura concorsuale disponibile). Durante la negoziazione in senso stretto, invece, un esperto seguendo una micro-imprenditrice userà gli stessi strumenti di uno che assiste una società per azioni, adattando il tiro alle proporzioni. Ci sono già casi di composizioni negoziate concluse con successo da imprese artigiane individuali, segno che lo strumento è scalabile.
Domande frequenti (FAQ)
D1: Chi può accedere alla composizione negoziata?
R: Tutti gli imprenditori commerciali o agricoli iscritti al Registro Imprese, sia in forma societaria sia individuale, indipendentemente da dimensioni o soglie di fallibilità. Ciò include le PMI, le start-up, le imprese artigiane (che sono imprenditori commerciali iscritti all’albo artigiani ma anche al RI), e le imprese agricole. Esclusi invece i professionisti non “impresa” (es. avvocati, medici come persone fisiche) e i consumatori privati: questi soggetti, se sovraindebitati, devono rivolgersi alle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento (piano del consumatore, concordato minore, ecc.). In sintesi: se hai una partita IVA come impresa (anche ditta individuale), puoi accedere; se sei un privato debitore senza impresa, no.
D2: In quali condizioni conviene attivarla?
R: La composizione negoziata va attivata quando l’impresa si trova in squilibrio economico-finanziario che rischia di evolvere in crisi o insolvenza. È concepita per intervenire presto, quindi conviene attivarla tempestivamente ai primi segnali di difficoltà (perdita di fatturato, tensioni di cassa, rate non pagate). Aspettare di essere insolventi conclamati riduce le chance di successo. Idealmente, l’imprenditore dovrebbe avviarla in fase di pre-crisi, quando è ancora possibile invertire la rotta. Inoltre, conviene attivarla se c’è in prospettiva una soluzione di risanamento ragionevole (un investitore interessato, un mercato di cessione dell’azienda, ecc.). Se invece l’impresa è decotta senza speranza, la composizione può servire solo a preparare la liquidazione (come visto, preludio a concordato semplificato), ma i benefici saranno minori e il tribunale potrebbe scoraggiare l’uso distorto. In pratica: usala se hai una possibilità di salvezza e vuoi coglierla con l’aiuto di un esperto e delle protezioni di legge; se non ne hai, potresti saltare direttamente alla liquidazione controllata (per le minori) o al fallimento concordato.
D3: La procedura è pubblica? I miei creditori o concorrenti lo verranno a sapere?
R: La procedura ha un certo grado di riservatezza, ma non totale. L’istanza di nomina dell’esperto viene annotata nel Registro delle Imprese, quindi i terzi che fanno una visura della società vedranno che è in composizione negoziata. Non c’è però un avviso pubblico sui giornali o sui siti di giustizia come avviene per i concordati o fallimenti: è pubblicità legale ma molto discreta. I creditori verranno informati singolarmente nel corso delle trattative, contattati dall’imprenditore o dall’esperto. In assenza di misure protettive, la procedura potrebbe anche restare sconosciuta ai più (se l’imprenditore tratta solo con alcuni creditori principali). Se si richiedono le misure protettive, allora il decreto del tribunale che le concede viene notificato a tutti i creditori interessati e pubblicato anch’esso al Registro Imprese: dunque i creditori sapranno ufficialmente della procedura. In sintesi: non c’è clamore mediatico o liste di creditori depositate pubblicamente come nel concordato preventivo, ma non è nemmeno del tutto segreta. Nella prassi, molti fornitori apprendono della composizione quando ricevono la lettera dell’esperto o vedono sospendersi un decreto ingiuntivo. L’esperto e l’imprenditore di solito cercano di gestire la comunicazione in modo controllato, informando gradualmente i creditori man mano che presentano proposte.
D4: Cosa devo allegare alla domanda di composizione negoziata?
R: Dipende dalla dimensione. Per un’impresa medio-grande, servono: ultimi tre bilanci depositati; situazione patrimoniale recente; elenco dettagliato dei creditori e debiti; un abbozzo di piano di risanamento (o almeno indicazioni su come intendi affrontare la crisi); certificato debiti tributari dell’Agenzia Entrate; certificazione dei debiti contributivi (DURC per INPS/INAIL); estratto della Centrale Rischi Bankitalia; relazione che spiega le cause della crisi e le strategie; eventuali atti di rilievo (pendenze legali, ecc.). Per un’impresa minore, il set è semplificato: in genere bastano il certificato unico dei debiti fiscali, il DURC, un elenco dei debiti risultanti da cartelle esattoriali, l’estratto centrale rischi, e una dichiarazione sull’assenza di procedure concorsuali pendenti. Non è obbligatorio avere un piano scritto dettagliato, ma è utile predisporre almeno un prospetto di come pensi di risolvere la crisi (anche per convincere l’esperto e i creditori). La piattaforma online fornisce un elenco puntuale di documenti richiesti e segnala se manca qualcosa. L’esperto poi potrà chiedere integrazioni se vede informazioni incomplete.
D5: Quali sono i costi da sostenere?
R: I costi principali sono: un diritto di segreteria di circa €252 da versare alla presentazione dell’istanza tramite piattaforma (importo indicativo, può variare leggermente per CCIAA); l’eventuale supporto di consulenti (non obbligatorio avere un avvocato o commercialista proprio, ma spesso consigliabile, soprattutto per redigere documenti e condurre trattative complesse; molti imprenditori minori però procedono senza consulenti esterni); e soprattutto il compenso dell’esperto. L’esperto viene pagato a fine procedura e l’onere è a carico del debitore. Il compenso varia in base a parametri (dimensione impresa, esito, attività svolta) ma per dare un’idea: per microimprese potrebbe essere qualche migliaio di euro, per PMI decine di migliaia, per grandi imprese anche di più. Va detto che per le PMI esiste un fondo pubblico che rimborsa in forma di credito d’imposta una parte del compenso fino a €4.000. Se la procedura ha successo (accordo raggiunto), il compenso dell’esperto ha anche una parte variabile premiale. Ci saranno poi spese vive (es. costi di invio PEC, bolli, se serve la perizia di un professionista attestatore per transazione fiscale, etc.). In generale, i costi sono molto inferiori a quelli di un concordato preventivo o di un fallimento, perché non ci sono contributi unificati pesanti né spese di giustizia prolungate. Il vero “costo” implicito è l’impegno di tempo e risorse per predisporre i documenti e seguire le trattative.
D6: Posso ottenere la sospensione delle azioni esecutive dei creditori? Come?
R: Sì, attraverso le misure protettive (lo “scudo”). Devi presentare un ricorso al Tribunale chiedendo la sospensione delle azioni esecutive e cautelari ai sensi dell’art. 18 CCII. Puoi farlo contestualmente all’istanza iniziale (spuntando l’apposita opzione sulla piattaforma e allegando un ricorso motivato) oppure in un secondo momento se necessario. Il Tribunale, se ricorrono le condizioni (trattative in corso e pericolo imminente di pregiudizio dalle azioni dei creditori), emette un decreto che blocca tutti i pignoramenti, sequestri, ecc., in corso o futuri, contro l’impresa. Anche le procedure esecutive già iniziate restano congelate: ad esempio, se un immobile era all’asta, l’asta viene sospesa; se un conto era pignorato, il pignoramento resta fermo. Inoltre, i creditori non possono iscrivere ipoteca né acquisire prelazioni durante la protezione. Lo stay dura inizialmente fino a 120 giorni e può essere confermato/prolungato dal giudice sino al termine delle trattative (massimo 240 giorni totali, compatibilmente con proroga procedura). Dovrai comparire in tribunale (di solito entro 30 giorni) per l’udienza di conferma delle misure, dove l’esperto deposita un parere. Se stai negoziando in buona fede, il giudice confermerà il blocco sino a fine procedura. Attento: se abusi della protezione (ad es. la chiedi ma poi non tratti seriamente), i creditori possono opporsi e il tribunale potrebbe revocarla. Caso tipico: imprenditore che chiede misure ma propone un piano di mera liquidazione – in tal caso, come visto, tribunali (Bologna 2025) negano la proroga perché la CNC non può essere usata solo per liquidare. Dunque, sì allo scudo ma nel rispetto dello scopo della procedura.
D7: Durante la composizione negoziata devo continuare a pagare i debiti? Posso scegliere chi pagare?
R: La legge non impone il blocco totale dei pagamenti (non è una moratoria automatica come nel concordato). L’imprenditore continua a gestire l’impresa e può effettuare i pagamenti correnti necessari all’attività. Può anche pagare debiti anteriori, purché in buona fede – ad esempio per mantenere forniture essenziali. Tuttavia, se sono state concesse le misure protettive, egli non può pagare i debiti per cui i creditori sono vincolati dallo stay, salvo autorizzazione del tribunale (art. 18 co.4 CCII). Quindi: senza misure, tu puoi pagare chi vuoi, ma ovviamente con giudizio (l’esperto ti guiderà su cosa pagare per la continuità e cosa invece proporre di dilazionare). Con misure protettive attive, in linea di massima non dovresti soddisfare selettivamente alcuni creditori a scapito di altri, se ciò altera la parità (es. pagare un vecchio debito bancario fuori piano potrebbe essere contestato). Puoi però chiedere al giudice di autorizzare certi pagamenti urgenti di debiti precedenti, se funzionali (es. pagamento di fornitore strategico per continuare la produzione). Tale autorizzazione è data ex art. 19 CCII come “provvedimento cautelare necessario”: il giudice valuta caso per caso. In pratica, l’esperto di solito consiglia di congelare i pagamenti dei debiti pregressi durante le trattative, per mantenere la cassa e trattare da pari con tutti i creditori. Continuerai a pagare le spese correnti (stipendi, forniture continue, utenze) per non aggravare la posizione, ma per i debiti passati conviene attendere l’esito delle trattative (che potrebbe prevedere stralci o dilazioni). Anche perché, grazie alle misure premiali, gli interessi su quei debiti sono calmierati al legale, quindi il loro costo di mora è ridotto.
D8: In cosa consiste la “transazione fiscale”? È obbligatorio farla?
R: La transazione fiscale è la possibilità di stringere un accordo col Fisco (Agenzia Entrate e Riscossione, e analogamente con INPS) per pagare in modo ridotto e/o a rate i debiti tributari dell’impresa. Non è obbligatoria: è uno strumento facoltativo che il debitore può decidere di usare se ha molti debiti fiscali e li vuole regolare consensualmente. In assenza di transazione, i debiti fiscali restano soggetti alle misure premiali automatiche (riduzioni sanzioni/interessi) ma non vengono “ristrutturati” formalmente. Se invece attivi la transazione, dovrai presentare una proposta dettagliata con quantificazione di quanto intendi pagare (es. X% di imposta, zero sanzioni, ecc.) e allegare una relazione dell’esperto che attesta che la tua offerta è più vantaggiosa per il Fisco di quanto otterrebbe dal tuo fallimento. Poi attendi la risposta entro ~90 giorni dagli enti interessati. Se accettano, l’accordo viene firmato e validato dal giudice (in modo molto snello, un decreto). Da quel momento devi rispettarlo rigorosamente, altrimenti salta. Vantaggi: se riesci a farla accettare, ottieni certezza sul tuo debito fiscale (saprai esattamente quanto e come pagherai, con tagli anche su imposte che di norma non potresti tagliare, come l’IVA), ed eviti futuri contrasti col Fisco. Inoltre, un accordo fiscale facilita l’adesione degli altri creditori (sanno che anche il Fisco sta cooperando). Svantaggi: richiede predisporre documentazione extra (attestazione indipendente di convenienza) e convincere le agenzie, il che non è garantito – specie se la tua offerta è percepita troppo bassa. In composizione negoziata 2025, la transazione fiscale è uno strumento nuovo ma incentivato: l’AE ha ricevuto mandato di valutarle con apertura se c’è convenienza. Quindi, se la tua crisi vede il Fisco come attore importante, vale la pena farla. Non è obbligatorio: se i debiti fiscali sono piccoli o riesci a pagarli integralmente nel piano, puoi anche non proporla formalmente. In tal caso ti gioverai comunque delle misure premiali (es. pagherai senza sanzioni e con interessi ridotti). Ma attenzione: se poi finisci in concordato preventivo, la transazione fiscale (art. 63 CCII) sarà comunque da considerare. Riassumendo: non è obbligatoria, ma fortemente consigliata quando il debito fiscale è rilevante e vuoi ottenere uno sconto su di esso legalmente efficace.
D9: Posso includere l’IVA nella transazione fiscale? Mi avevano detto che l’IVA non si può falcidiare…
R: Storicamente l’IVA era “intoccabile” (bisognava pagarla per intero anche nei concordati). Oggi la situazione è cambiata: la normativa UE ha ammesso tagli IVA se necessari nelle ristrutturazioni e la Corte Costituzionale italiana ha eliminato il divieto nelle procedure di sovraindebitamento. Di conseguenza, sì, nella transazione fiscale in composizione negoziata puoi prevedere un pagamento parziale dell’IVA dovuta, ma tecnicamente devi rispettare il vincolo delle risorse UE. In pratica: l’IVA ha una piccola componente che va al bilancio UE (circa il 0,3% del gettito), quella quota non andrebbe falcidiata; tutto il resto si può proporre di ridurre. In sostanza, puoi tranquillamente offrire, ad esempio, di pagare il 50% dell’IVA e chiedere lo stralcio del restante 50%: l’Agenzia Entrate valuterà la proposta e, se convinta della convenienza rispetto al fallimento, può accettarla (ormai la legge glielo consente, e se poi l’accordo va in omologa, il giudice può imporla anche se AE dissentisse, per via del cram down fiscale). Quindi, l’IVA può essere falcidiata, con la cautela di giustificarlo bene nell’attestazione di convenienza (mostrare che pure riducendo l’IVA, il Fisco sta prendendo più che in liquidazione). Tieni presente che di solito nelle transazioni il Fisco chiede almeno il pagamento integrale dell’IVA al netto di sanzioni e interessi (cioè paga il capitale IVA e taglia tutto il resto). Ma non è una regola assoluta: ora c’è flessibilità, specie se l’alternativa è non vedere nulla perché l’azienda chiude. In tutti i casi, anche se proponi di ridurre l’IVA, dovrai comunque pagare integralmente l’IVA corrente sui nuovi incassi durante la procedura (non è che entrando in CNC sei esonerato dal continuare a versare l’IVA maturanda, attenzione a non creare nuovo debito fiscale). Il consiglio è di coinvolgere l’Agenzia Entrate in una interlocuzione: spesso l’Agenzia, prima di formalizzare l’accordo, può farti capire se la tua proposta sull’IVA è accettabile o se pretendono di più. L’esperto può farsi da mediatore in tal senso.
D10: Che succede se le trattative falliscono e non trovo un accordo con i creditori?
R: Se, nonostante l’impegno, non si raggiunge alcun accordo (né privato né concordatario), l’esperto redige una relazione finale negativa e la procedura si chiude. A quel punto l’imprenditore torna libero ma anche i creditori tornano liberi: decade ogni protezione, e ciascuno può riprendere azioni esecutive o chiedere il fallimento. Tuttavia, il debitore ha ancora un’ultima carta: entro 60 giorni dalla chiusura può depositare la domanda di concordato semplificato per liquidazione (se la sua situazione è quella). Il concordato semplificato permette di evitare il fallimento presentando un piano di cessione beni senza voto dei creditori. Ovviamente deve esserci stato l’insuccesso delle trattative “incolpevole” (cioè hai tentato in buona fede ma non c’è stato verso di trovare l’accordo). Se invece la tua attività resta potenzialmente salvabile, potresti valutare di accedere a un concordato preventivo ordinario (in continuità o liquidatorio) subito dopo la composizione: questo è possibile anche oltre i 60 giorni e rientra tra gli esiti possibili (art. 23 co.2 lett. d). In pratica, la composizione negoziata può essere considerata propedeutica a un successivo concordato, avendo permesso di chiarire la posizione e magari ottenuto adesioni informali. Quindi: se fallisce, o scegli di procedere concorsualmente (concordato, liquidazione controllata, ecc.) per gestire comunque in modo ordinato l’insolvenza, oppure rischi di subire passivamente le azioni dei creditori (fallimento su istanza di terzi). Molti preferiscono, a quel punto, prendere l’iniziativa col concordato semplificato (più rapido e sotto il tuo controllo). Inoltre, se la composizione fallisce perché alcuni creditori erano irragionevoli, c’è la chance col concordato preventivo di forzarli col cram down (specialmente utile col Fisco, come detto). Quindi conviene non buttare via il lavoro fatto: si “ricicla” in una procedura concorsuale. In ogni caso, se proprio lasci che le cose vadano, i creditori potranno chiedere la tua liquidazione giudiziale. Nota bene: se hai abusato della CNC per ritardare, quel comportamento potrebbe aggravare le conseguenze nel fallimento (ad esempio il tribunale potrebbe sentirsi indotto a dichiarare il fallimento con urgenza). Viceversa, aver provato la via negoziale può essere valutato positivamente (nel nuovo CCII la tempestività è un dovere degli amministratori). E sul piano penale, l’art. 25-octies CCII prevede che se hai attivato la composizione negoziata e stai eseguendo un accordo di risanamento, puoi beneficiare di una causa di non punibilità per alcuni reati tributari commessi prima (es. omesso versamento IVA): un motivo in più per tentare di concludere un accordo, perché ti mette al riparo da possibili sanzioni penali, purché i debiti fiscali poi vengano soddisfatti come da accordo.
D11: L’esperto che ruolo ha esattamente? Può obbligarmi a fare certe cose?
R: L’esperto è un facilitatore e supervisore neutrale. Non ha poteri coercitivi sull’imprenditore né può imporre accordi ai creditori. Il suo ruolo è:
- Esaminare la situazione aziendale, individuare possibili soluzioni e suggerire all’imprenditore le strategie (es. vendere un ramo, cercare un investitore, ecc.).
- Convocare e gestire le trattative con i creditori, mantenendo un clima costruttivo. Spesso redige verbali degli incontri, propone mediazioni sulle divergenze.
- Verificare la fattibilità del piano che l’imprenditore mette a punto: se ritiene che un piano sia irrealistico, glielo segnala e ne chiede la revisione.
- Attestare alcune cose: alla fine, dichiara se il risanamento appare coerente, firma eventuali accordi come attestatore, scrive la relazione finale con l’esito e le sue valutazioni. Per la transazione fiscale, attesta la convenienza per il Fisco.
- Mantenere un ruolo di garanzia verso i creditori: se l’imprenditore agisse in malafede (es. nascondendo attivi o favorendo qualcuno di nascosto), l’esperto deve segnalarlo e può interrompere il percorso.
- Interagire col tribunale per le misure protettive: rende pareri se richiesti (ad es. su proroga dello stay, come nel caso rottamazione quater sospesa a Napoli, il giudice si è basato su quanto prospettato dall’esperto).
Non può: amministrare lui l’azienda (l’imprenditore resta in carica e prende decisioni); costringere i creditori a rinunciare ai crediti (ci vuole il loro consenso agli accordi, altrimenti occorre andare in concorsuale per imporglielo). Non può neanche disporre del patrimonio: ogni atto di straordinaria amministrazione deve passare dal tribunale su richiesta dell’imprenditore stesso, con parere dell’esperto. Quindi l’esperto non è un commissario, ma un consulente “super partes”. Se l’imprenditore rifiuta ostinatamente i consigli dell’esperto e non vuole fare nessun accordo ragionevole, l’esperto può concludere l’incarico per impossibilità di prosecuzione. D’altro canto, l’imprenditore non è obbligato a sottoscrivere accordi che l’esperto propone: può sempre decidere di ritirarsi (ovviamente se recede senza motivo, i creditori poi potranno prendere provvedimenti). Ma in linea generale, l’esperto cerca di trovare un punto d’incontro, non decide lui come risolvere. Spesso suggerisce più opzioni e spetta all’imprenditore (magari col consiglio del suo legale) optare.
D12: Quanto dura la procedura? È possibile estenderla se ho bisogno di più tempo?
R: La durata standard è 180 giorni (6 mesi) dall’accettazione dell’esperto. Entro questo termine l’esperto dovrebbe concludere. Se le trattative richiedono più tempo ma stanno andando verso un esito positivo, la legge consente una proroga fino ad ulteriori 180 giorni (quindi massimo 360 giorni totali, circa un anno). La proroga non è automatica: va richiesta dall’imprenditore (o da una parte in trattativa) e serve il consenso dell’esperto e un provvedimento del Tribunale. In pratica, se ad esempio al quinto mese hai quasi definito l’accordo ma serve un altro mese o due per formalizzare tutto e ottenere magari approvazioni di terzi, puoi chiedere al tribunale altri 3 mesi di misure protettive e incarico dell’esperto. Il tribunale di solito vuole vedere il consenso di massima dei creditori alla proroga (o almeno nessuna opposizione). Nel CCII iniziale c’era scritto “su richiesta di tutte le parti coinvolte”, ma il correttivo 2024 l’ha reso più flessibile (basta richiesta dell’imprenditore con parere favorevole dell’esperto). Nella prassi, la stragrande maggioranza delle composizioni viene prorogata oltre i 6 mesi, perché 180 giorni spesso non bastano a definire accordi complessi. Le statistiche Unioncamere indicano circa 325 giorni medi per i casi di successo. Quindi si parte mentalmente su 6 mesi, ma quasi tutti poi ottengono 3-6 mesi extra. Oltre i 12 mesi non si può andare: se dopo un anno non hai concluso, l’esperto deve chiudere lo stesso. L’esperto può anche chiudere prima di 180 gg se raggiungi un accordo in minor tempo. Ad esempio, se in 90 giorni firmi un contratto di risanamento, l’esperto può subito depositare la relazione finale e stop. In tal caso hai risparmiato tempo (e anche compenso dell’esperto sarà ridotto proporzionalmente all’impegno minore). Ma chiaramente ciò avviene in situazioni semplici; nelle situazioni medie, aspettati di usare almeno 6-9 mesi.
D13: Quali vantaggi fiscali concreti ottengo con la composizione negoziata?
R: Sul piano fiscale i vantaggi sono numerosi:
- Riduzione interessi di mora: mentre negozi, gli interessi sulle imposte scadute maturano solo al tasso legale (quasi zero) e non al tasso moratorio (intorno al 4-5% annuo). Questo può risparmiare migliaia di euro in pochi mesi su grossi debiti.
- Riduzione sanzioni pendenti: se ti notificano un avviso durante la CNC, e normalmente avresti dovuto pagare entro 60 gg per avere la sanzione ridotta, hai diritto alla sanzione minima per legge anche oltre quel termine. Quindi mai più sanzioni piene su avvisi arrivati mentre trattavi.
- Dimezzamento sanzioni+interessi su vecchi debiti (se arrivi a un accordo omologato): cioè qualsiasi sanzione amministrativa tributaria e qualsiasi interesse di mora pregressi li paghi al 50%. Esempio: avevi €100k di imposte e €30k tra sanzioni e interessi già maturati -> se fai un accordo di ristrutturazione omologato, quei €30k diventano €15k dovuti.
- Rate straordinarie fino 10 anni su debiti fiscali non a ruolo: cioè se devi ancora pagare imposte autodichiarate, invece delle normali 8 rate in 2 anni o 6 anni in casi speciali, puoi ottenere fino 120 rate (10 anni) con l’ok dell’Agenzia Entrate e la firma dell’esperto. Ciò dà un polmone finanziario enorme.
- Niente tasse sulle remissioni di debiti: se i creditori ti abbuonano €1 milione di debiti, normalmente sarebbe un provento tassabile IRES (24%) e IRAP. Con l’art. 25-bis co.5, non paghi un euro di tasse su quei guadagni figurativi. E i creditori possono recuperare l’IVA sulle fatture non incassate (così anche loro contenti).
- Premi extrafiscali: sospensione obblighi di ricapitalizzazione come detto (eviti costi di notarile, ecc.), e particolare da non trascurare: se componi la crisi e ad esempio fai un concordato, certi reati tributari (omessi versamenti di ritenute, IVA) diventano non punibili se esegui l’accordo. Quindi eviti possibili conseguenze penali.
- Transazione fiscale: non è “automatica” ma se la concludi, è di per sé un vantaggio fiscale gigantesco: puoi ottenere sconti sul capitale imposto (cosa che nessuna rottamazione statale ha mai concesso se non marginalmente sull’aggio) e rate molto lunghe, con la benedizione del tribunale. Ad esempio, la soppressione integrale di sanzioni e interessi è di prassi nella transazione. In aggiunta la transazione toglie il vincolo di pagare il 100% di IVA: puoi ridurla. Insomma, è come negoziare col Fisco da privato a privato, cosa prima impensabile.
In parole povere, attivare la composizione negoziata ti mette quasi allo stesso livello di chi aderisce a una “rottamazione quater” per il Fisco, con in più la chance di tagliare anche il capitale dovuto (cosa che le definizioni agevolate non permettono, tranne casi di saldo e stralcio molto limitati). Il legislatore ha voluto chiaramente incentivare: “caro imprenditore, se ti muovi prima, noi Stato ti scontiamo sanzioni, interessi e ti diamo 10 anni di tempo”. Se invece aspetti il fallimento, paghi tutto (e comunque non pagherai perché fallisci, ma in quel caso lo Stato punisce la tardività). Quindi i vantaggi fiscali sono uno degli assi portanti dell’istituto.
D14: Se sono una piccola impresa “non fallibile” posso comunque utilizzare la composizione negoziata senza poi dover fallire?
R: Sì. Come spiegato, le imprese sotto-soglia possono accedere e la loro eventuale procedura concorsuale successiva non sarà il fallimento (liquidazione giudiziale) ma la liquidazione controllata ex art. 268 CCII, che è l’equivalente per i non fallibili. Oppure il concordato minore se c’è continuità o un accordo da omologare. Di fatto il percorso è lo stesso: ad esempio, se sei un’impresa artigiana individuale con debiti insostenibili, entri in CNC, provi a fare accordi. Se non riesci, farai la liquidazione controllata (che è meno onerosa del fallimento, c’è un unico liquidatore nominato dal giudice). E potrai chiedere l’esdebitazione finale, liberandoti dai debiti residui dopo la liquidazione, come un fallito farebbe. Quindi non temi il “fallimento” in senso tecnico, ma affronti comunque una procedura di chiusura. Comunque la CNC ti è utile perché ti permette di trattare e magari evitare anche la liquidazione controllata arrivando a un concordato minore (es. paghi 20% ai creditori chirografari con l’aiuto di parenti e salvi l’attività). Insomma: puoi usarla e restare nel perimetro delle procedure minori, non perdi lo scudo della non fallibilità. La legge è costruita per integrare i due mondi.
D15: Ci sono rischi a intraprendere la composizione negoziata?
R: Pochi se la usi correttamente, ma alcuni da menzionare:
- Se la procedura fallisce e tu perdi tempo prezioso senza poi attivare un’alternativa concorsuale, i creditori potrebbero trovarti in una situazione peggiorata e lamentare che hai aggravato il dissesto. Questo in astratto può costituire elemento di responsabilità civile (azione dei creditori o dei soci per mala gestio). Tuttavia, l’art. 4 CCII incoraggia esplicitamente il ricorso tempestivo agli strumenti di regolazione. Quindi il “rischio” è se la usi tardivamente come foglia di fico per stare fermo: allora sì, potresti esporre l’azienda a ulteriori danni. Ma se la attivi in buona fede e segui i consigli, stai proprio facendo quello che la legge ti chiede di fare. Quindi in caso di fallimento successivo, potrai difenderti dicendo “ho provato tutto il possibile”.
- Dal punto di vista reputazionale, la notizia della composizione potrebbe far suonare un campanello ai partner commerciali (anche se meno che un concordato). Bisogna gestirla bene: spesso l’esperto consiglia di avvisare i clienti principali per evitare defezioni. Se la cosa trapela male, potresti avere qualche difficoltà (es. fornitori che da aperto credito passano a chiedere pagamento anticipato). È un rischio temporaneo mitigato se spieghi che sei protetto e stai negoziando.
- Se non collabori con l’esperto o fornisci dati falsi, rischi la revoca delle misure protettive e ovviamente la perdita di credibilità. L’esperto potrebbe addirittura segnalare al PM eventuali profili di frode.
- Attenzione anche al fatto che la procedura non ferma l’obbligo di depositare i bilanci annuali né altri obblighi civilistici (tranne quelli sul capitale): devi continuare ad amministrare diligentemente. Non è come il fallimento dove arriva il curatore: qui tu resti il gestore. Quindi se commetti scorrettezze (es. preferisci di nascosto un creditore pagandolo integralmente mentre altri sono in sospeso) potresti esporre quell’atto a revocatoria se poi fallisci. In sintesi: non approfittare della riservatezza per fare favoritismi, altrimenti hai rischi legali dopo.
- C’è anche il rischio che i creditori chiave non collaborino e usino la CNC per studiare le tue mosse e poi si sfilino. Però se hai misure protettive, almeno li hai bloccati nel frattempo. Ad ogni modo, convincere tutti non è scontato: se fallisce, sei un po’ “scoperto” ai loro attacchi. Il rimedio è passare a concordato prima che possano colpirti.
- Infine, se l’impresa è destinata a liquidazione e tu rimandi troppo la decisione di convertire la procedura in concordato semplificato, potresti perdere occasione di fare tu una proposta e farti invece arrivare un fallimento coatto. Quindi il rischio maggiore è sapere quando passare la palla dal negoziato alla procedura concorsuale formale se le cose non decollano.
In conclusione, la composizione negoziata è tendenzially low-risk se usata come strumento di emersione anticipata (fa quello che deve: limitare i danni e dare opportunità). L’importante è agire con trasparenza e non aspettarsi miracoli se la situazione è disperata. In quel caso, il “rischio” è solo di posticipare l’inevitabile di qualche mese (ma magari quei mesi li usi per preparare meglio la liquidazione e intanto usufruire di qualche sconto fiscale con rottamazioni nel frattempo – alcuni lo fanno opportunisticamente).
Modelli e fac-simile di atti (dal punto di vista del debitore)
Di seguito forniamo alcuni schemi di atti utili al debitore che si accinge alla composizione negoziata. Si tratta di fac-simili semplificati che andranno adattati al caso concreto, ma possono fungere da traccia.
Fac-simile di istanza iniziale (richiesta nomina esperto)
(Da presentare tramite piattaforma telematica o OCC – schema valido per una società di capitali)
Oggetto: Istanza di nomina dell’esperto per la composizione negoziata ex art. 17 CCII
Il sottoscritto [Nome Cognome], nato a … il …, residente in …, in qualità di legale rappresentante della [Denominazione Impresa] S.r.l. (C.F./P.IVA …), con sede legale in …, iscritta al Registro Imprese di … n. …,
premesso che la suddetta impresa si trova in condizioni di squilibrio economico-finanziario tali da rendere probabile la crisi o l’insolvenza, ma risulta ragionevolmente perseguibile il suo risanamento,
CHIEDE
la nomina di un esperto indipendente ai sensi degli artt. 17 e 25-quater D.Lgs. 14/2019, per l’avvio della procedura di composizione negoziata della crisi d’impresa.
A tal fine, dichiara:
- che nei propri confronti non pendono ricorsi per l’apertura di liquidazione giudiziale o altre procedure concorsuali (ovvero, se pendono, indicare tribunale e n. RG dei procedimenti pendenti);
- di non aver già fatto ricorso agli strumenti di regolazione della crisi previsti dal CCII negli ultimi 5 anni (salvo autorizzazione tribunale ex art. 12 co.2 CCII, che in caso occorre allegare);
- che i dati e le informazioni fornite, nonché i documenti allegati, sono veritieri, completi e aggiornati.
Documenti allegati a corredo dell’istanza:
- Ultimi tre bilanci d’esercizio (201x-201y, ciascuno completo di nota integrativa);
- Situazione patrimoniale e finanziaria aggiornata al //2025;
- Elenco dettagliato dei creditori con indicazione di importo, scadenza, eventuali garanzie e privilegio;
- Certificato dei debiti tributari (Agenzia delle Entrate) aggiornato al //2025;
- Documento attestante i debiti contributivi/previdenziali (DURC o certificato INPS) al //2025;
- Estratto della Centrale Rischi Banca d’Italia al //2025;
- Relazione illustrativa sulle cause della situazione di difficoltà e sulle linee di risanamento prospettate (bozza di piano);
- Attestazione di avvenuto pagamento del contributo di segreteria (€___).
Luogo, data …
Firma digitale dell’imprenditore …
(La piattaforma genera automaticamente un “profilo di impresa” con dati anagrafici e l’elenco documenti caricati. Assicurarsi che tutti gli allegati richiesti siano stati inseriti, altrimenti il Segretario Generale chiederà integrazione.)
Fac-simile di ricorso per misure protettive
(Da presentare al Tribunale competente, di solito in via telematica attraverso il portale ministeriale. Si propone uno schema sintetico.)
TRIBUNALE CIVILE DI [LUOGO] – Sezione Fallimentare
Ricorso ex art. 18 D.Lgs. 14/2019 per misure protettive nell’ambito di composizione negoziata
Procedura di composizione negoziata n. …/2025 (Registro Imprese)
Ricorrente: [Denominazione Impresa] S.r.l., C.F…, con sede in…, in persona del legale rappresentante [Nome], elettivamente domiciliata in … presso lo studio dell’Avv. XYZ (eventuale procuratore).
Premesso che:
- In data //2025 la ricorrente ha presentato istanza di nomina dell’esperto indipendente ai sensi dell’art. 17 CCII per accedere alla composizione negoziata della crisi d’impresa. L’istanza risulta iscritta al Registro delle Imprese di ____ in data //2025;
- In data //2025 il competente Segretario Generale CCIAA ha nominato quale esperto il Dott./Avv. ____ (che ha accettato l’incarico il //2025). La procedura negoziata è quindi pendente;
- La società versa in stato di crisi caratterizzato da un passivo di circa €______, con significativa esposizione verso [banche/fornitori/Erario]. Sono in corso trattative con i creditori principali, secondo il programma concordato con l’esperto;
- Tuttavia, alcuni creditori hanno intrapreso azioni esecutive/cautelari che minacciano di pregiudicare la continuità aziendale e compromettere le trattative. In particolare:
- la Banca X ha notificato atto di pignoramento mobiliare presso la sede per €___, con vendita dei beni fissata al //2025;
- il fornitore Y ha ottenuto decreto ingiuntivo n…/2024 e minaccia esecuzione forzata;
- l’Agenzia Entrate-Riscossione ha iscritto ipoteca sugli immobili sociali in data __;
- Tali iniziative, se non sospese, renderebbero vano ogni sforzo di composizione, disgregando l’integrità patrimoniale e costringendo la società alla chiusura immediata.
- Sussiste pertanto l’urgenza di misure protettive idonee e necessarie per condurre a termine le trattative in corso, ai sensi dell’art. 18 co.1 e art. 19 co.1 CCII.
Tutto ciò premesso, la società ricorrente, come sopra rappresentata,
RICORRE
a codesto On.le Tribunale affinché voglia:
- Disporre che sino alla conclusione della procedura di composizione negoziata (o per il periodo di 120 giorni ex lege) siano provvisoriamente adottate le seguenti misure protettive:
a) il divieto per tutti i creditori di iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio della ricorrente;
b) la sospensione delle procedure esecutive già pendenti, in particolare del pignoramento promosso da Banca X (R.G.E. n… Tribunale di …) e di ogni eventuale pignoramento avviato successivamente;
c) il divieto per i creditori chirografari di acquisire titoli di prelazione (ipoteche giudiziali, pegni) su beni o crediti della società durante la pendenza delle misure; - Fissare, ai sensi dell’art. 18 co.5 CCII, l’udienza per la comparizione delle parti e dell’esperto entro 30 giorni, per confermare, modificare o revocare le misure protettive con eventuale decorrenza finale;
- Dare atto che dall’eventuale decreto di conferma decorrono gli effetti indicati dall’art. 20 CCII (sospensione cause esecutive individuali, improcedibilità istanze di fallimento ai sensi art. 20 co.3, ecc.).
Si allegano:
- visura Registro Imprese attestante l’avvio composizione e nominativo esperto;
- relazione sintetica dell’esperto indipendente in data __ (ove già disponibile) a supporto della richiesta di misure protettive;
- documentazione delle azioni esecutive pendenti (pignoramento, precetti, ecc.);
- situazione debitoria aggiornata e piano finanziario provvisorio durante il negoziato (per evidenziare fattibilità della continuazione sotto protezione).
Luogo, data.
Firmato digitalmente: Avv. ___ / Legale rapp.te ___
(Il tribunale, ricevuto il ricorso, emetterà un decreto inaudita altera parte se i presupposti sono evidenti, sospendendo le azioni sino all’udienza di conferma. È importante indicare con precisione le procedure da sospendere e convincere sulla necessità: la premessa sopra serve a questo.)
Fac-simile di proposta di transazione fiscale (istanza all’Erario)
(Da inviare a mezzo PEC alla Direzione Regionale AE competente e p.c. all’Agenzia Entrate-Riscossione. Deve essere molto dettagliata: qui solo la struttura base.)
Oggetto: Proposta di accordo transattivo ai sensi dell’art. 23 co.2-bis CCII – [Denominazione impresa] S.r.l. – Composizione negoziata crisi d’impresa n. … – Pagamento parziale/dilazionato debiti tributari
Alla spett.le Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate per [Regione] – Ufficio Fiscalità crisi d’impresa (PEC: ____@pec.agenziaentrate.it)
E, p.c.: Agenzia delle Entrate-Riscossione – Direzione Regionale [Regione] (PEC: ______)
La sottoscritta [Denominazione impresa] S.r.l., C.F…, in persona del legale rappresentante [Nome],
premesso che:
- in data //2025 ha avviato la procedura di composizione negoziata della crisi d’impresa, tuttora in corso, con nomina dell’esperto [Dr. XXX];
- tra i debiti aziendali figurano ingenti esposizioni tributarie verso l’Erario, come dettagliate in seguito, il cui adempimento integrale risulta incompatibile con gli obiettivi di risanamento;
- l’Agenzia delle Entrate risulta creditrice di complessivi €_______, così composti:
- €______ per IVA annualità , di cui imposta €, interessi €, sanzioni € (atto: cartella/avviso n…);
- €______ per IRES anno , di cui imposta €_, interessi €, sanzioni €__;
- €______ per ritenute non versate periodo /, di cui imposta €, sanzioni €, interessi €__;
- (elencare tutte le voci debito tributario, distinte per tributo e tipologia, includendo eventuali ruoli affidati ad AER con numero di cartella);
- l’Agenzia delle Entrate-Riscossione è altresì creditrice per spese di riscossione e aggi su tali carichi (stima €___);
- la società intende proseguire l’attività d’impresa ed ha elaborato, con l’ausilio dell’esperto, un piano di risanamento che prevede anche il soddisfacimento parziale e rateizzato dei debiti fiscali, come di seguito proposto;
- ai sensi dell’art. 23 co.2-bis D.Lgs.14/2019, è facoltà dell’impresa formulare proposta di accordo transattivo all’Amministrazione finanziaria prevedendo pagamento parziale o dilazionato dei debiti tributari e relativi accessori, allegando attestazioni di esperto indipendente sulla convenienza rispetto alla liquidazione;
tutto ciò premesso, la società propone il seguente accordo di transazione fiscale:
- Ambito dei debiti inclusi: tutti i debiti fiscali di [Denominazione impresa] S.r.l. maturati fino alla data odierna verso l’Erario, come riepilogati nella Tabella A allegata (tributi erariali e relativi accessori; inclusi i carichi iscritti a ruolo e affidati ad AER). Restano esclusi solo i tributi locali e le sanzioni amministrative diverse da quelle tributarie. L’importo complessivo oggetto di transazione è quantificato in €________ (capitale + sanzioni + interessi).
- Pagamento offerto: la società si impegna a pagare complessivamente la somma di €XXX.XXX a saldo di tutti i debiti tributari suddetti, così suddivisa:
- Imposte: pagamento di €___ su un totale di €___ dovuti a titolo di imposte (pari al % dell’imponibile complessivo). In particolare: IVA: pagamento 100% dell’imposta (€) senza falcidia sul capitale; IRES: pagamento 40% dell’imposta dovuta (€__ su €); ritenute: pagamento 50% (€ su €___). [Si può modulare diverso per ogni tributo].
- Sanzioni: pagamento integralmente escluso di tutte le sanzioni tributarie relative ai debiti indicati (stralcio 100% sanzioni, equivalenti a €___ di sanzioni condonate).
- Interessi e aggi: pagamento in misura ridotta pari al % degli interessi moratori maturati e compensi di riscossione. In particolare, interessi su IVA e imposte dirette: si offre il pagamento del 10% degli interessi iscritti (€ su €); compensi AER: pagamento solo spese vive senza aggio (€ su €).
*(Risultato: dei €____ di debito lordo, la società propone di pagarne €______, con uno stralcio di circa __% del totale, concentrato su sanzioni/interessi.)*
- Dilazione: l’importo di €XXX.XXX sarà pagato in maniera dilazionata in 60 rate mensili (5 anni), come da piano allegato (Allegato B), con rate crescenti da €___ a €___ in base alla stagionalità dell’attività. La prima rata verrà versata entro 30 giorni dall’autorizzazione dell’accordo da parte del Tribunale ex art. 23 co.2-bis. Le rate successive, con scadenza l’ultimo giorno di ogni mese, saranno maggiorate degli interessi al tasso legale sull’importo via via residuo.
- Garanzie: a garanzia del pagamento rateale, la società offre: (a) il rilascio di una fideiussione bancaria dell’importo di €___ (pari alle ultime 12 rate) entro 30 giorni dall’omologazione dell’accordo; (b) il mantenimento dell’ipoteca legale già iscritta su immobile in [luogo], valore periziato €___, a beneficio dell’Erario fino al completamento dei pagamenti.
- Impegni ulteriori: la società si impegna a essere corrente con gli obblighi fiscali durante la dilazione: verserà regolarmente IVA e ritenute successive alla data dell’accordo, a pena di risoluzione.
- Attestazioni allegate: si allega la Relazione asseverativa di esperto indipendente (Allegato C, a firma Dr. ____ in data //2025) che valuta la convenienza della proposta per l’Erario rispetto alla liquidazione giudiziale. In sintesi, l’esperto stima che in caso di fallimento l’AE recupererebbe circa €___ (pari al %), mentre con la proposta recupera €_ (pari al __%) in valore attuale, evidenziando quindi un miglior soddisfacimento. Si allega inoltre la Relazione del revisore legale [nome] (Allegato D) che attesta la completezza e veridicità dei dati aziendali presentati (situazione patrimoniale al //2025 e lista debiti).
- Procedura e autorizzazione tribunale: Qualora codesta Agenzia aderisse alla presente proposta, l’accordo formalizzato verrà immediatamente depositato presso il Tribunale di _____ ex art. 23 co.2-bis CCII per l’ottenimento del decreto di autorizzazione all’esecuzione. Solo dopo il decreto il presente accordo produrrà effetti ed i termini di pagamento decorreranno da tale data.
- Risoluzione: Si specifica che l’accordo si intenderà risolto di diritto in caso di mancato pagamento anche di una sola rata entro 60 giorni dalla scadenza, nonché in caso di apertura di liquidazione giudiziale o altra procedura concorsuale dell’impresa.
Si invita pertanto l’Agenzia delle Entrate, entro il termine di 90 giorni previsto dall’art. 63 CCII (per analogia applicabile), a voler comunicare formale adesione alla proposta in oggetto. In caso di accettazione, verrà predisposto atto negoziale da sottoscrivere a cura dei soggetti competenti (come da Provv. AE n. ____/2024).
Restando a disposizione per eventuali chiarimenti o incontri (anche tramite l’esperto Dr. __, contattabile a ___), si porgono distinti saluti.
Luogo, data.
[Denominazione impresa] S.r.l. – il legale rappresentante [firma digitale]
Allegati: A) Tabella dettagliata debiti fiscali; B) Piano di rateazione proposto; C) Relazione esperto indipendente [Nome] del //2025; D) Relazione attestazione revisore [Nome] del //2025; E) Situazione patrimoniale al //2025; F) Visura CCIAA e documentazione composizione negoziata avviata.
(Dopo l’invio, l’impresa informerà l’esperto. L’Agenzia risponderà con lettera di accettazione condizionata con indicato il dirigente che firmerà. Poi si redigerà un accordo vero e proprio da firmare in duplice via. Infine si depositerà l’accordo firmato con relative attestazioni in tribunale per il decreto.)
Conclusione
La composizione negoziata della crisi rappresenta oggi uno strumento fondamentale per il debitore d’impresa in difficoltà, offrendo un’occasione di risanamento tempestivo con il supporto di un esperto e la protezione dell’ordinamento. Soprattutto, consente di affrontare la crisi fiscale – spesso il nodo più difficile – con strumenti innovativi come la transazione fiscale e le misure premiali che alleggeriscono il peso di sanzioni e interessi.
Dal punto di vista dell’imprenditore, il messaggio è chiaro: agire presto, agire in modo trasparente, e coinvolgere creditori e istituzioni in un percorso negoziale può fare la differenza tra salvare l’azienda (o parte di essa) oppure andare incontro a una liquidazione disordinata. L’ordinamento premia chi agisce responsabilmente: riduce l’imposizione fiscale sul risanamento, offre scudi legali e protezioni, e perfino prevede esimenti penali. La composizione negoziata è dunque un “porto sicuro” dove l’imprenditore onesto può attraccare per riparare la nave prima di riprendere il mare.
Abbiamo visto come le ultime evoluzioni normative (il correttivo ter 2024) abbiano ulteriormente potenziato l’istituto, rispondendo alle esigenze pratiche: ora è possibile includere l’Erario nelle trattative con una soluzione concordata, superando antichi ostacoli come l’intangibilità dell’IVA, e modulare i pagamenti fiscali su periodi lunghissimi. Ciò era impensabile solo pochi anni fa ed è frutto anche delle sollecitazioni provenienti dalla prassi e dagli organi come Unioncamere.
Va tuttavia ribadito che la composizione negoziata non è la panacea universale: richiede impegno, sincerità e spesso sacrifici da parte del debitore stesso (può voler dire cedere l’azienda a terzi, o immettere nuove risorse personali). Non sempre i creditori saranno collaborativi, e non sempre il risanamento è realizzabile – ma anche in tali casi la procedura offre un metodo per ridurre i danni e chiudere in modo ordinato, tramite il concordato semplificato e l’esdebitazione.
In definitiva, dal punto di vista del debitore, il consiglio è di considerare la composizione negoziata come un’opportunità da cogliere senza indugio quando la situazione lo richiede. E di farsi assistere da professionisti esperti in crisi aziendali per sfruttarla al meglio: la presenza di un buon advisor e la fiducia nell’esperto nominato possono aumentare significativamente le probabilità di successo.
Le istituzioni – tribunali, camere di commercio, Agenzia Entrate – stanno dimostrando, con le prime applicazioni, un approccio pragmatico e collaborativo per far funzionare l’istituto. Sentenze innovative (come quella di Napoli sulla rottamazione sospesa, o di Milano sulla competitività nelle cessioni) segnano i confini e le potenzialità della composizione. Chi scrive questa guida auspica che sempre più imprese in crisi possano imboccare per tempo questa strada negoziale, evitando così sia la dispersione di valore del fallimento sia il protrarsi di situazioni di insolvenza “paralizzata”.
In appendice, segue un elenco delle fonti normative, giurisprudenziali e dottrinali citate nel testo, per approfondire ulteriormente ciascun aspetto trattato. La materia è in continua evoluzione (siamo al luglio 2025 e sicuramente nuovi interventi e prassi arricchiranno il quadro), per cui si raccomanda di verificare eventuali aggiornamenti successivi delle norme richiamate e di monitorare gli orientamenti dei tribunali in questa fase di assestamento del nuovo Codice della Crisi.
Fonti e riferimenti
- Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 12 gennaio 2019 n. 14), artt. 12-25-octies, come modificato dal D.L. 118/2021 conv. L. 147/2021, D.Lgs. 83/2022 e D.Lgs. 136/2024. Disponibile su normativa online aggiornata.
- Art. 25-bis CCII (“Misure premiali”) – Testo normativo vigente (in vigore dal 28/09/2024). Introduce riduzione interessi e sanzioni, dilazione straordinaria e neutralità fiscale delle sopravvenienze.
- Art. 23 CCII (“Conclusione delle trattative”) – Testo vigente aggiornato al 2024. Elenca esiti possibili (co.1 contratti e accordi stragiudiziali; co.2 strumenti omologati; co.2-bis transazione fiscale; co.2-ter disposizioni finali).
- Decreto-Legge 24 agosto 2021 n. 118, convertito dalla Legge 147/2021 – Relazione illustrativa e relazione ministeriale (in particolare sulla ratio delle misure premiali fiscali e concordato semplificato).
- D.Lgs. 17 giugno 2022 n. 83 (secondo correttivo CCII) – Relazione Governo e testo normativo. Ha abbassato soglia accordi al 50%, introdotto cram-down fiscale nei concordati.
- D.Lgs. 13 settembre 2024 n. 136 (terzo correttivo CCII) – Relazione illustrativa e comunicati stampa (Unioncamere) sulle principali novità: accesso esteso a pre-crisi, documentazione PMI ridotta, transazione fiscale in composizione negoziata.
- Provvedimento Agenzia Entrate prot. n. 2021/360039 del 28.09.2021 – Criteri e modalità di rilascio del certificato unico dei debiti tributari (utilizzato nelle composizioni negoziate).
- Provvedimento Direttore AE n. 21447 del 31.01.2024 – Istruzioni interne AE per la gestione delle transazioni fiscali CNC (competenza Direzioni Regionali, soglie decisionali).
- Agenzia delle Entrate, Circolare n. 3/E del 7.02.2023, §4 – Indicazioni su trattamenti fiscali nelle procedure di crisi (conferma estensione art. 88 c.4-ter TUIR ai piani di risanamento ex art. 25-bis co.5 CCII).
- Tribunale di Napoli, sez. fall., decreto 17 gennaio 2025 – Ha sospeso il termine di pagamento di una rata della rottamazione-quater durante la composizione negoziata, confermando decreto Trib. Vasto 6/12/2024.
- Tribunale di Milano, sez. fall., decreto 6 aprile 2025 (Giud. Pipicelli) – Principio di competitività inderogabile nella cessione d’azienda durante CNC. In assenza di procedura competitiva, rigettata autorizzazione ex art.22.
- Tribunale di Brescia, decreto 7 novembre 2024 – Simile a Trib. Milano, sottolinea obbligo di “previa pubblicità e raccolta offerte” prima di autorizzare cessione a terzo individuato. Nota in Unijuris (Ferrini) con riferimenti al correttivo 2024 sui commi 1-bis/1-ter art.22.
- Tribunale di Bologna, sez. I civ., decreto 2 maggio 2025 (Giud. Mirabelli) – Esclude conferma misure protettive se il piano è meramente liquidatorio senza prospettiva di continuità. Rileva che art.12 CCII richiede risanamento perseguibile, e chiarisce che neppure il correttivo 2024 consente di considerare “ammissibile” un’impresa destinata solo a liquidazione.
- Tribunale di Ancona, decreti 27 marzo 2025 e 1 aprile 2025 – In tema di concordato semplificato: confermano che va depositato entro 60 gg dalla comunicazione finale dell’esperto (anche in caso di “domanda in bianco” semplificata); e ribadiscono presupposti di accesso (trattative svolte in buona fede).
- Unioncamere – Osservatorio composizione negoziata (VI ed., nov. 2024) – Rapporto statistico e qualitativo. Dati: 1860 istanze da nov. 2021 a nov. 2024; tasso di successo in aumento (205 casi riusciti vs 83 sei mesi prima). Analisi esiti positivi e negativi, durata media (~325 gg). Sollecitazioni accolte nel correttivo ter (es. transazione fiscale).
- Linee guida Tribunale di Livorno (ottobre 2024) – Suggerimenti per esperti e ausiliari. In particolare definisce crisi vs insolvenza reversibile, cita protocolli e test pratico. Rilevante il § iniziale: se insolvenza non reversibile (“assenza valore compendio, indisponibilità nuovo capitale, continuità distrutta”), inutile avviare trattative
Sei un imprenditore con debiti fiscali? La Composizione Negoziata può salvarti. Fatti Aiutare da Studio Monardo
Se la tua impresa è soffocata da debiti con l’Agenzia delle Entrate, l’INPS o altri enti fiscali, non aspettare il fallimento.
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È una procedura che può aiutarti a bloccare le azioni esecutive e trattare direttamente con il Fisco.
Cos’è la Composizione Negoziata?
È una procedura stragiudiziale, volontaria, che consente all’imprenditore in difficoltà di:
- 🧾 Analizzare la propria situazione economica e fiscale
- 🤝 Avviare un confronto con i creditori, compresa l’Agenzia delle Entrate
- ⚖️ Ottenere misure protettive (blocco dei pignoramenti)
- ✍️ Proporre un piano sostenibile per il risanamento
- 🔄 Evitare il fallimento e salvare l’attività
Tutto avviene con l’assistenza di un esperto nominato dalla Camera di Commercio, e può essere il primo passo per tornare in equilibrio.
Perché è utile in caso di crisi fiscale?
I debiti fiscali sono spesso la causa principale della crisi d’impresa. Con la Composizione Negoziata puoi:
- 📂 Chiedere la sospensione di fermi, pignoramenti e notifiche
- ✍️ Avviare trattative dirette con il Fisco e altri creditori pubblici
- 🔁 Integrare la procedura con istanze di rateizzazione o transazione fiscale
- ⚖️ Presentare un piano che consenta la continuità aziendale
- ✅ Dimostrare la volontà di risanamento e ottenere la fiducia dei fornitori
Quando conviene attivarla?
- Se hai debiti fiscali rilevanti e non più sostenibili
- Se sei sotto pressione da parte dell’Agenzia Entrate-Riscossione
- Se vuoi evitare l’insolvenza o il blocco dell’attività
- Se hai bisogno di tempo e protezione legale per ristrutturare i debiti
È fondamentale muoversi prima che la situazione diventi irreversibile.
🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo
📊 Analizza il tuo stato patrimoniale e fiscale in chiave preventiva
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⚖️ Cura l’accesso alla Composizione Negoziata e le istanze al tribunale
🤝 Ti assiste nel dialogo con l’Agenzia delle Entrate e altri enti pubblici
🔁 Integra la strategia con soluzioni di sovraindebitamento o transazione fiscale
🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in crisi d’impresa e fiscalità aziendale
✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia
✔️ Consulente per trattative con Agenzia Entrate e Agenzia Riscossione
✔️ Consulente legale per PMI, ditte individuali e professionisti in crisi
Conclusione
La crisi fiscale non è una condanna, ma un segnale che richiede una strategia chiara e tempestiva.
Con la Composizione Negoziata, puoi proteggere l’impresa, dialogare con il Fisco e uscire dal sovraindebitamento in modo strutturato.
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