Hai ricevuto un avviso di presa in carico del ruolo dall’Agenzia delle Entrate Riscossione e ti stai chiedendo di cosa si tratta, se è già un atto esecutivo o se puoi difenderti prima che partano pignoramenti o fermi amministrativi? È normale non sapere cosa fare: questi avvisi arrivano spesso senza spiegazioni chiare, ma possono avere conseguenze molto concrete.
L’avviso di presa in carico segnala che un tuo debito è stato iscritto a ruolo e che sta per essere avviata la riscossione coattiva, anche se non è ancora una cartella esattoriale. Ma attenzione: da quel momento inizia a decorrere il tempo in cui l’Agenzia può attivare procedure come fermo, pignoramento o ipoteca. Ecco perché è fondamentale capire subito cosa significa e come reagire.
Cos’è l’avviso di presa in carico del ruolo?
– È una comunicazione informativa, con cui l’Agenzia ti avvisa che è stato formato un carico a tuo nome
– Non è ancora un atto esecutivo, ma è il segnale che una cartella è in arrivo o che è già stata emessa
– Può riguardare tributi, sanzioni, contributi INPS, multe o altri debiti pubblici
Cosa comporta la presa in carico?
– Da quel momento il debito è trasferito alla riscossione, anche se non ti è stata notificata la cartella
– Può precedere azioni come fermi auto, pignoramenti o iscrizioni ipotecarie
– Se non intervieni, potresti ricevere un avviso di intimazione al pagamento o un’azione esecutiva entro pochi mesi
Come puoi difenderti?
– Verifica la correttezza del debito iscritto a ruolo: potrebbero esserci errori, prescrizioni o importi duplicati
– Controlla se hai mai ricevuto la cartella o l’atto presupposto
– Puoi presentare istanza di accesso agli atti per conoscere tutti i dettagli del ruolo
– Se ci sono vizi o irregolarità, puoi avviare una procedura di opposizione o impugnazione
– In alternativa, puoi valutare una rateizzazione o la procedura di sovraindebitamento, se il debito è elevato
Cosa NON devi fare mai?
– Ignorare l’avviso pensando che “non sia nulla di ufficiale”: è il primo passo verso il pignoramento
– Aspettare che arrivi l’atto esecutivo per difenderti: potrebbe essere troppo tardi
– Accettare la somma acriticamente: molti ruoli contengono errori o sono prescritti
– Pensare che la presa in carico significhi che puoi ancora pagare senza interessi: i costi aumentano ogni giorno
La presa in carico del ruolo è un momento cruciale: se agisci subito, puoi difenderti, bloccare l’esecuzione e persino annullare l’iscrizione se illegittima. Ma serve l’assistenza di un avvocato esperto in riscossione.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in difesa contro cartelle, ruoli e pignoramenti – ti spiega cosa significa ricevere un avviso di presa in carico, quali sono i tuoi diritti e come costruire una strategia legale per bloccare le azioni dell’Agente della Riscossione.
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Introduzione
Quando un contribuente riceve un avviso di presa in carico del ruolo, si trova di fronte a una comunicazione relativa a debiti fiscali o contributivi affidati all’Agente della Riscossione (Agenzia Entrate-Riscossione, ex Equitalia). Questo avviso – introdotto nel sistema tributario italiano con la riforma della riscossione esattiva immediata – informa il debitore che le somme risultanti da un precedente atto impositivo (ad esempio un avviso di accertamento esecutivo) sono state prese in carico per la riscossione coattiva. Dal punto di vista del debitore, capire la natura di tale avviso è fondamentale per valutare le possibili strategie difensive e le azioni da intraprendere.
Importanza dell’aggiornamento normativo: La disciplina della riscossione in Italia ha subito modifiche significative negli ultimi anni (ad esempio con il D.L. 78/2010, la Legge 160/2019 e interventi successivi), rendendo immediatamente esecutivi molti atti impositivi senza passare per la tradizionale cartella esattoriale. Ciò comporta che i debitori possano ricevere comunicazioni come l’avviso di presa in carico e altri atti coattivi in tempi più rapidi rispetto al passato. Questa guida – aggiornata a giugno 2025 – fornisce un quadro avanzato e completo, con un linguaggio giuridico ma accessibile, delle caratteristiche dell’avviso di presa in carico e degli strumenti di tutela a disposizione di privati, imprenditori e professionisti legali (avvocati e consulenti). Verranno trattate tutte le tipologie di ruoli e contesti applicativi, illustrando differenze rispetto ad altri atti della riscossione (come cartelle di pagamento, intimazioni, fermi, ipoteche, ecc.), le strategie difensive sia stragiudiziali sia giudiziali, il panorama normativo di riferimento e la giurisprudenza più recente e autorevole in materia. Inoltre, troverete tabelle riepilogative e una sezione di Domande e Risposte frequenti per chiarire i principali dubbi dal punto di vista del debitore.
Obiettivo della guida: mettere il debitore (o il suo difensore) in condizione di comprendere esattamente cosa significhi ricevere un avviso di presa in carico del ruolo e come difendersi in modo efficace, evitando errori che possano compromettere i propri diritti. Verranno analizzati i profili fiscali (come sanzioni e interessi in gioco) e processuali, fornendo esempi pratici e riferimenti a norme e sentenze aggiornate, in modo che il lettore possa orientarsi con sicurezza in questo ambito complesso della riscossione tributaria.
Cos’è l’avviso di presa in carico del ruolo
Definizione e funzione: L’avviso di presa in carico del ruolo è una comunicazione inviata dall’Agente della Riscossione al contribuente per notificargli che un certo debito tributario (risultante da un atto ormai definitivo ed esecutivo, ad esempio un avviso di accertamento fiscale) è stato affidato in carico per la riscossione forzata. In altri termini, l’ente creditore (es. l’Agenzia delle Entrate per imposte, o un Comune per tributi locali, o l’INPS per contributi) informa l’Agente della Riscossione delle somme dovute, e quest’ultimo “prende in carico” il debito iscrivendolo a ruolo e predisponendo le azioni di incasso. L’avviso in questione informa il debitore di tale passaggio amministrativo.
Contenuto dell’avviso: Sebbene non sia un atto impositivo in senso stretto, l’avviso di presa in carico contiene una serie di informazioni utili al contribuente. Tipicamente vi sono indicati: i dati anagrafici del debitore, il numero di ruolo o di riferimento interno, la descrizione del debito (ad esempio “somme dovute per avviso di accertamento n. XYZ dell’Agenzia delle Entrate”), l’importo complessivo dovuto (comprensivo di imposte, interessi e sanzioni maturate), nonché una scadenza per il pagamento spontaneo e le modalità per effettuare il pagamento. In pratica, il contribuente viene invitato a regolarizzare la posizione pagando quanto dovuto entro un certo termine, pur trattandosi di una comunicazione partecipativa e non di un’intimazione formale (come vedremo, la differenza è giuridicamente rilevante). L’avviso può anche richiamare il precedente atto (es. l’accertamento immediatamente esecutivo) da cui origina il debito, specificandone gli estremi.
Come viene notificato: A differenza di una cartella esattoriale o di un avviso di accertamento, l’avviso di presa in carico non viene notificato tramite ufficiale giudiziario o raccomandata con ricevuta di ritorno. La legge prevede infatti che sia trasmesso via raccomandata semplice o per posta elettronica (PEC). Ciò significa che il recapito avviene con mezzi ordinari (una raccomandata priva di avviso di ricevimento, oppure un messaggio PEC all’indirizzo digitale del destinatario, se noto). Non essendo richiesto l’avviso di ricevimento, l’invio dell’avviso di presa in carico è principalmente un obbligo informativo a carico dell’Agente della Riscossione, ma non costituisce una notifica formale ai fini di legge. Questo aspetto ha due importanti conseguenze pratiche: (1) l’eventuale mancata ricezione dell’avviso (ad esempio perché la lettera ordinaria va smarrita) non inficia la validità della procedura di riscossione – che potrà comunque proseguire – e (2) l’avviso stesso, non essendo un atto notificato nelle forme legali, normalmente non interrompe i termini di decadenza o prescrizione del credito (poiché per interrompere la prescrizione è necessario un atto notificato al debitore). In sostanza, l’avviso di presa in carico non è concepito come un atto giuridicamente “perfezionato” nei confronti del destinatario, ma solo come comunicazione di cortesia obbligatoria.
Quando viene inviato: L’avviso di presa in carico interviene tipicamente in seguito a un avviso di accertamento immediatamente esecutivo emesso dall’ente creditore. Ad esempio, l’Agenzia delle Entrate, a partire da una certa data (analizzata più avanti), emette atti di accertamento che contengono già una intimazione di pagamento e che diventano titoli esecutivi trascorso il termine per il ricorso. Una volta che tali atti divengono definitivi (perché il contribuente non li ha impugnati entro 60 giorni, oppure perché ogni eventuale ricorso è stato deciso), l’Ufficio finanziario procede a iscrivere a ruolo le somme dovute e affida il carico all’Agente della Riscossione. Quest’ultimo, entro un certo intervallo di tempo (stabilito dalla normativa), invia al contribuente l’avviso di presa in carico per comunicare il passaggio al ruolo esecutivo. In genere, l’avviso viene spedito allo scadere di un periodo dilatorio di legge (come vedremo, attualmente 180 giorni dall’affidamento in carico) durante il quale non si possono iniziare azioni esecutive.
Va sottolineato che l’obbligo per l’Agente della Riscossione di informare il contribuente mediante l’avviso di presa in carico viene meno in una specifica circostanza: quando vi è un fondato pericolo per il buon esito della riscossione. In caso di urgenza – ad esempio se si teme che il contribuente stia per sottrarre beni al fisco o sia in procinto di fallire/cessare l’attività – la legge consente di procedere in via straordinaria all’affidamento del carico senza attendere i termini ordinari e senza effettuare la comunicazione informativa. Questo è noto come ruolo straordinario (vedi oltre) e consente di attivare immediatamente le misure cautelari o esecutive (fermi, ipoteche, pignoramenti) per evitare il rischio di perdita del credito. In tal caso, il debitore potrebbe non ricevere alcun avviso di presa in carico prima di vedere avviate le azioni coattive (il che ovviamente limita la possibilità di prepararsi, ma è giustificato dalla situazione d’emergenza prevista dalla norma).
Natura giuridica (informativa vs provvedimentale): Un punto chiave da comprendere è che l’avviso di presa in carico non è un provvedimento impositivo o coercitivo autonomo, ma un atto amministrativo a contenuto informativo, privo di efficacia provvedimentale lesiva. Questo concetto, affermato espressamente dalla Corte di Cassazione, significa che l’avviso in sé non crea né accerta nuovi obblighi a carico del contribuente, né impone direttamente pagamenti o sanzioni ulteriori: si limita a “partecipare” (cioè comunicare) un fatto, ossia che la competenza della riscossione è passata dall’ente creditore all’Agente della Riscossione. Non contiene un ordine di pagamento immediatamente coercibile né commina sanzioni in caso di mancato pagamento entro il termine indicato (il termine presente sull’avviso è perlopiù sollecitatorio, volto a invitare il debitore a pagare spontaneamente). In altre parole, non si tratta di un atto paragonabile a una cartella esattoriale o a un precetto: è privo di forza cogente unilaterale e non modifica da solo la posizione giuridica del destinatario. Questa qualificazione giuridica avrà rilevanza quando discuteremo dell’impugnabilità o meno dell’avviso di presa in carico: proprio perché considerato “mero atto partecipativo non lesivo” dalla giurisprudenza prevalente, esso di norma non può essere impugnato autonomamente (salvo eccezione, come vedremo) in sede contenziosa.
Riassumendo, l’avviso di presa in carico del ruolo è: (a) una comunicazione successiva alla formazione di un titolo esecutivo tributario, (b) trasmessa con mezzi ordinari (raccomandata semplice/PEC) al debitore, (c) dal contenuto principalmente informativo (dati del debito, importo, riferimento all’atto precedente, invito a pagare), e (d) priva, di per sé, di efficacia autoritativa o di intimazione coattiva. Il suo scopo è di mettere a conoscenza il contribuente che la macchina della riscossione coattiva si è attivata e che, in mancanza di adempimento spontaneo, potranno seguire a breve ulteriori atti di riscossione forzata. Nella sezione seguente vedremo in dettaglio il contesto procedurale in cui questo avviso si colloca – ossia il funzionamento del ruolo e le differenze rispetto alla tradizionale cartella esattoriale – per comprendere meglio “da dove viene” e “a cosa porta” un avviso di presa in carico.
Il ruolo e la riscossione coattiva: dal ruolo alle azioni esecutive
Per capire la funzione dell’avviso di presa in carico, è utile inquadrare brevemente il meccanismo della riscossione a mezzo ruolo e come questo sia cambiato con l’introduzione degli accertamenti esecutivi. Di seguito analizziamo: (1) cos’è il ruolo e come operava il sistema tradizionale con le cartelle di pagamento; (2) cosa cambia con gli avvisi di accertamento immediatamente esecutivi e l’eliminazione della cartella; (3) i tempi e le fasi della procedura, compresi i termini ordinari (180 giorni) e i casi straordinari (ruolo straordinario in caso di pericolo).
Il ruolo e la cartella di pagamento (sistema tradizionale)
Il ruolo è l’elenco dei debiti che un ente creditore (ad esempio l’Agenzia delle Entrate, l’INPS, un Comune, etc.) iscrive a fini della riscossione coattiva, affidandolo all’Agente della Riscossione. Possiamo immaginarlo come un registro o un fascicolo contenente i dati dei debitori, le somme dovute per imposte, sanzioni e interessi, e gli estremi degli atti da cui tali somme scaturiscono. Una volta formato il ruolo, l’Agente della Riscossione procede a emettere la cartella di pagamento (anche detta “cartella esattoriale”), che è l’atto con cui si intima formalmente al debitore di versare le somme iscritte a ruolo entro un termine (in genere 60 giorni dalla notifica).
Cartella esattoriale: La cartella è un atto di natura provvedimentale: viene notificata in modo formale (tipicamente tramite raccomandata A/R o ufficiale notificatore) e contiene un’intimazione di pagamento rivolta al contribuente, specificando l’importo da pagare, il termine (60 giorni) e le conseguenze in caso di inadempimento (ossia l’avvio di procedure esecutive). La cartella indica anche i riferimenti al ruolo e all’ente creditore, nonché le istruzioni su come pagare e come fare ricorso (ex art. 19 D.Lgs. 546/1992, la cartella di pagamento è uno degli atti impugnabili davanti al giudice tributario). Il valore giuridico della cartella è duplice: costituisce sia un titolo esecutivo (poiché basata sul ruolo reso esecutivo dall’ente creditore) sia un atto contenente un precetto (l’intimazione a pagare entro un termine per evitare l’esecuzione forzata). In passato, quindi, la sequenza tipica per riscuotere coattivamente un tributo era: accertamento del tributo (eventualmente contestato dal contribuente), iscrizione a ruolo del dovuto, emissione e notifica della cartella esattoriale, e – in mancanza di pagamento nei 60 giorni – avvio delle misure esecutive (pignoramenti) o cautelari (fermo amministrativo di veicoli, ipoteca su immobili, ecc.). Se tra la notifica della cartella e l’inizio dell’esecuzione passava oltre un anno, la legge impone(va) la notifica di un avviso di intimazione (un ulteriore sollecito formale di pagamento entro 5 giorni, previsto dall’art. 50 D.P.R. 602/1973) prima di procedere al pignoramento.
Iscrizione a ruolo ordinario e termini: In regime ordinario, le amministrazioni finanziarie dovevano rispettare precisi termini di decadenza per l’iscrizione a ruolo e l’emissione delle cartelle. Ad esempio, per le imposte dirette e l’IVA, fino a qualche anno fa vigeva la regola che le somme dovute in base a un avviso di accertamento definitivo dovevano essere iscritte a ruolo entro la fine del secondo anno successivo a quello in cui l’accertamento era divenuto definitivo, pena la decadenza della riscossione. Le cartelle esattoriali, inoltre, recavano una validità annuale: se non si avviava la procedura esecutiva entro un anno dalla notifica, come detto, era necessario notificare un avviso di intimazione per poter procedere oltre (l’intimazione perdeva efficacia trascorsi 180 giorni senza esecuzione). Tutto questo apparato procedurale garantiva al contribuente tempi relativamente dilatati prima di subire un pignoramento, ma al contempo rendeva la riscossione piuttosto lenta. Per migliorare l’efficienza, il legislatore ha introdotto il meccanismo dell’accertamento immediatamente esecutivo che riduce i passaggi.
L’accertamento esecutivo e l’eliminazione della cartella (riforma post-2010)
Con il D.L. 78/2010 (art. 29, comma 1, lett. a e b, convertito in L. 122/2010) è stata avviata una rivoluzione nel sistema della riscossione: per una serie di tributi erariali, gli avvisi di accertamento dell’Agenzia delle Entrate sono divenuti atti “immediatamente esecutivi”, contenenti essi stessi un’intimazione al pagamento entro il termine di proposizione del ricorso. In pratica, l’atto di accertamento (per imposte sui redditi, IVA, IRAP e relative sanzioni) emesso dall’Agenzia delle Entrate deve oggi contenere, a pena di nullità, l’ordine di pagamento degli importi accertati, entro lo stesso termine previsto per presentare ricorso (generalmente 60 giorni dalla notifica). Inoltre, lo stesso art. 29 D.L. 78/2010 stabilisce che tali atti diventano esecutivi decorso il termine utile per il ricorso e devono recare espressamente l’avvertimento che, decorsi 30 giorni dal termine ultimo per il pagamento, la riscossione delle somme richieste sarà affidata in carico agli agenti della riscossione anche ai fini dell’esecuzione forzata, in deroga alla necessità di emissione della cartella di pagamento.
In parole semplici, per gli accertamenti fiscali “nuovo tipo”:
- Pagamento entro 60 giorni: Il contribuente, se non intende ricorrere, dovrebbe pagare le somme indicate nell’accertamento esecutivo entro 60 giorni dalla notifica (in tal caso l’accertamento non diventa esecutivo e la vicenda si chiude col pagamento). Se paga solo una parte, l’esecutività riguarderà la parte residua non pagata.
- Se non paga entro 60 giorni: L’accertamento forma automaticamente un titolo esecutivo per procedere a riscossione coattiva. Contestualmente scattano alcune conseguenze sanzionatorie: si applica la sanzione amministrativa del 30% sulle imposte non versate entro il termine (ex art. 13 D.Lgs. 471/1997), iniziano a maturare interessi di mora (dal giorno della notifica dell’atto, ex art. 30 DPR 602/1973, al tasso annuo determinato – circa il 5% nel periodo considerato) e si rende dovuto l’aggio di riscossione in favore dell’Agente (tradizionalmente il 9% delle somme non pagate). Questi importi accessori fanno crescere il debito del contribuente in caso di inadempimento, aggravandone la posizione.
- 30 giorni dilatori aggiuntivi: La norma prevede poi un ulteriore periodo di 30 giorni (successivi ai 60) come termine dilatorio prima di attivare l’esecuzione. In questo intervallo (dal 61° al 90° giorno dalla notifica dell’accertamento), l’Agenzia delle Entrate può preparare l’iscrizione a ruolo ma il contribuente, pur essendo formalmente in mora, non può ancora essere oggetto di azioni esecutive o cautelari. Egli può ancora pagare in questi 30 giorni aggiuntivi evitando il pignoramento (anche se ormai le sanzioni e gli interessi di mora maturano lo stesso). Trascorsi i 30 giorni dilatori (cioè 90 giorni dopo la notifica dell’accertamento esecutivo), l’Agenzia delle Entrate procede a affidare il carico all’Agente della Riscossione.
- Affidamento del ruolo all’Agente: Dunque, al 91° giorno (salvo sospensioni dovute a eventuali richieste di sgravio o simili), il debito viene iscritto nel ruolo e affidato all’Agente della Riscossione, anche ai fini dell’esecuzione forzata. Ciò avviene senza bisogno di emettere una cartella di pagamento: l’accertamento stesso ha preso il posto della cartella. A questo punto entra in gioco il famoso avviso di presa in carico: quando l’Agente della Riscossione riceve il carico delle somme, è tenuto a comunicarlo al cittadino, appunto con l’avviso di presa in carico inviato per raccomandata semplice o PEC.
Schema riassuntivo della tempistica (accertamento esecutivo):
- Giorno 0: Notifica dell’avviso di accertamento esecutivo da parte dell’ente creditore (Agenzia Entrate, Comune, etc.). Il contribuente ha 60 giorni per pagare o presentare ricorso. L’atto contiene già l’intimazione a pagare entro tale termine.
- Giorno 60: Scadenza del termine per pagare/impugnare. Se il contribuente paga integralmente entro questa data, l’accertamento non diventa esecutivo e il procedimento si chiude. Se ricorre entro 60 giorni, l’esecutività è solo parziale (di regola, un terzo delle imposte, con riscossione frazionata) in attesa della decisione. Se non paga né ricorre, l’accertamento diventa esecutivo per l’intero importo, e maturano sanzioni e interessi come detto.
- Giorno 61-90: Termine dilatorio di 30 giorni ex lege. In questo periodo l’Agenzia Entrate prepara l’affidamento al riscossore. Il contribuente è ormai inadempiente, ma può ancora pagare senza subire pignoramenti fino al 90° giorno. Un pagamento tardivo in questi 30 giorni comunque non evita la qualifica di morosità (la sanzione del 30% si applica comunque), ma evita l’azione esecutiva e limita ulteriori aggi e interessi.
- Giorno ~90: L’ente creditore compila il ruolo e affida il carico all’Agente della Riscossione (Equitalia/Agenzia Entrate-Riscossione). A questo punto, inizia la fase di riscossione coattiva vera e propria.
- Dopo affidamento – Comunicazione e attesa: Ricevuto il ruolo, l’Agente della Riscossione invia al contribuente l’avviso di presa in carico per informarlo ufficialmente che la riscossione è in mano sua. Contestualmente, la legge prevede oggi che l’Agente aspetti 180 giorni prima di intraprendere azioni esecutive o cautelari, salvo che l’accertamento sia definitivo o salvo casi di pericolo. Questo significa che, dal momento dell’affidamento (presa in carico), vi è una sospensione di 6 mesi dell’esecuzione forzata: in tali 180 giorni il contribuente può ancora pagare, chiedere rateizzazione o eventualmente agire in giudizio (se ne ha titolo), e in generale ha un’ultima finestra di tempo per evitare i pignoramenti.
- Trascorsi 180 giorni: L’Agente della Riscossione può procedere con le misure cautelari (come il preavviso di fermo amministrativo sui veicoli o di ipoteca sugli immobili) e poi con le misure esecutive vere e proprie (pignoramento di conti, stipendi, immobili, ecc.), se il debitore non ha pagato né ottenuto una sospensione. Non è necessaria un’ulteriore cartella o atto di precetto, a meno che sia passato oltre un anno dalla notifica dell’accertamento: in tal caso, si rende applicabile l’art. 50 DPR 602/73, ossia la notifica di un avviso di intimazione 5 giorni prima del pignoramento (alcune interpretazioni estendono questa garanzia anche agli accertamenti esecutivi, assimilando la notifica dell’accertamento a quella di una cartella ai fini del computo dell’anno).
Accertamenti definitivi e casi particolari: Abbiamo menzionato che la riscossione resta sospesa per 180 giorni dalla presa in carico “salvo che si tratti di accertamenti definitivi”. Questo si riferisce al fatto che, se l’atto è già definitivo (ad esempio, il contribuente ha fatto ricorso ma lo ha perso in via definitiva, o ha rinunciato all’impugnazione), l’Agenzia potrebbe ritenere di non dover attendere l’intero periodo per procedere. In pratica, però, spesso l’Agente della Riscossione rispetta comunque un’attesa di alcuni mesi per motivi operativi anche in caso di accertamento definitivo non impugnato, ma la norma gli consentirebbe, volendo, di attivarsi anche prima dei 180 giorni (in quanto non c’è più alcun contenzioso pendente né possibilità di ricorso). Va anche detto che la regola dei 180 giorni è stata introdotta proprio per coordinare la riscossione con i tempi del processo tributario: la Corte di Giustizia Tributaria può infatti concedere, su istanza del contribuente, la sospensione giudiziale della riscossione durante il contenzioso. Normalmente, l’organo di primo grado decide sull’istanza cautelare entro circa 180 giorni dal ricorso; quindi, quell’arco temporale di rispetto evita che il contribuente subisca un pignoramento prima di sapere se la sua richiesta di sospensiva è accolta. Se la sospensiva viene concessa dal giudice tributario, la riscossione resta bloccata oltre i 180 giorni (finché dura la sospensione); se viene negata, l’Agente potrà procedere trascorsi i 180 giorni.
Ruolo straordinario e affidamento anticipato (pericolo per la riscossione)
In situazioni eccezionali, l’ente creditore può formare un ruolo straordinario, ovvero anticipare l’affidamento del debito all’Agente della Riscossione prima dei termini ordinari, in presenza di un fondato pericolo per la riscossione (ad esempio rischio concreto di insolvibilità del debitore). La disciplina (art. 15-bis DPR 602/1973 e art. 11 comma 3 DPR 602/1973) richiede che l’ente motivi tale pericolo e l’importo può essere iscritto anche in misura integrale (non frazionata). In tali casi, come anticipato, l’Agente può procedere subito senza inviare l’avviso di presa in carico (l’obbligo informativo “viene meno” in caso di pericolo, potendosi procedere senza preventiva comunicazione). Trattandosi però di un’eccezione alla regola, la giurisprudenza ha chiarito che il mancato rispetto dei presupposti può rendere illegittimo l’operato: ad esempio, la Cassazione ha statuito che l’iscrizione a ruolo straordinario deve essere motivata, pena la nullità della cartella o dell’atto derivato. Dal punto di vista difensivo, quindi, un debitore che si veda notificare improvvisamente una cartella o un pignoramento senza aver mai ricevuto un accertamento né un avviso di presa in carico, dovrà sospettare che si tratti di un ruolo straordinario e potrà verificare se nell’atto impositivo (o nella cartella stessa) è esplicitata la motivazione del pericolo. In mancanza di motivazione, potrà eccepirne l’illegittimità.
Esempio pratico (confronto): Si consideri un’impresa che riceve un avviso di accertamento per IVA non versata:
- Scenario ordinario: l’impresa non paga né ricorre; dopo 90 giorni il debito va in carico all’Agenzia Entrate-Riscossione; questa invia l’avviso di presa in carico al contribuente; attende 180 giorni; poi notifica un preavviso di fermo dei veicoli e, passati altri 30 giorni, procede con il fermo amministrativo; successivamente potrebbe iniziare un pignoramento presso terzi (ad es. sui conti correnti). Tutte queste mosse sarebbero precedute da atti: il preavviso di fermo (che è impugnabile davanti al giudice tributario in quanto atto lesivo, in quanto prelude al fermo effettivo) e l’atto di pignoramento (impugnabile avanti al giudice dell’esecuzione).
- Scenario con ruolo straordinario: l’impresa, supponiamo, sta dismettendo i propri beni e il Fisco teme di non riuscire a recuperare; l’Ufficio, anziché attendere 60+30 giorni, richiede subito (magari pochi giorni dopo la notifica dell’accertamento) l’iscrizione a ruolo straordinario; l’Agente notifica immediatamente una cartella di pagamento (in deroga al meccanismo ordinario) o, più probabilmente, avvia subito un’ipoteca legale sugli immobili o un sequestro conservativo, comunicando contestualmente che trattasi di riscossione straordinaria. In questa situazione, l’impresa potrebbe subire l’azione coattiva quasi contestualmente all’accertamento, ma avrebbe titolo per contestare la mancanza di motivazione adeguata sul ruolo straordinario. La Cassazione ha infatti confermato che l’omessa indicazione dei presupposti di urgenza rende illegittimo l’affidamento anticipato.
Tributi locali e contributi previdenziali: È opportuno notare che il concetto di accertamento esecutivo e ruolo senza cartella si è esteso anche oltre le imposte erariali. Per i tributi locali, la Legge 160/2019 (Bilancio 2020) ha previsto che dal 1° gennaio 2020 gli avvisi di accertamento dei Comuni (IMU, TARI, ecc.) abbiano efficacia di titolo esecutivo decorsi i termini per il ricorso. Tali accertamenti contengono analoghe intimazioni e, se il Comune si avvale dell’Agenzia Entrate-Riscossione, seguono lo stesso iter: avviso di presa in carico, attesa 180 giorni, ecc. Se invece il Comune riscuote in proprio, può utilizzare lo strumento dell’ingiunzione fiscale (R.D. 639/1910) in luogo della cartella: in tal caso l’ingiunzione funge da titolo e precetto, e non vi sarà un avviso di presa in carico (poiché l’ente agisce direttamente o tramite concessionario locale). Per i contributi INPS, già dal 2011 è in vigore un sistema analogo: l’INPS emette l’avviso di addebito immediatamente esecutivo (che ha valore di titolo esecutivo e contiene l’intimazione a pagare contributi omessi entro 60 giorni). Dopo tale termine, l’avviso di addebito viene affidato all’Agente della Riscossione per il recupero forzato senza necessità di cartella. Anche in questo caso, se il contribuente non ha pagato né contestato, l’Agenzia Entrate-Riscossione potrà inviare un’analoga comunicazione di presa in carico (sebbene non specificata espressamente per INPS, in pratica la prassi è informare il debitore dell’affidamento del credito contributivo). Da notare che le controversie sui contributi INPS seguono un diverso binario giudiziario (competenza del giudice del lavoro) rispetto alle controversie tributarie, ma il principio di fondo – immediata esecutività e niente cartella – è analogo.
Conclusione di sezione: Nel sistema attuale, quindi, l’avviso di presa in carico è diventato un passaggio standard nella riscossione post-accertamento esecutivo, in parallelo a come la cartella di pagamento lo era (ed è tuttora, per atti “vecchio stile”) nella riscossione a mezzo ruolo tradizionale. Nella prossima sezione confronteremo direttamente l’avviso di presa in carico con la cartella e con altri atti correlati, così da evidenziare differenze di contenuto, forma e tutela.
Differenze tra avviso di presa in carico, cartella esattoriale ed altri atti
Sebbene l’avviso di presa in carico del ruolo possa sembrare simile, nell’esperienza del contribuente, a una “cartella esattoriale” o ad altri atti di riscossione, esso presenta differenze sostanziali rispetto a questi strumenti. In questa sezione mettiamo a confronto l’avviso di presa in carico con: (a) la cartella di pagamento (atto classico della riscossione), (b) l’avviso di intimazione (sollecito esecutivo finale), e (c) altri atti come i preavvisi di fermo/ipoteca o l’estratto di ruolo, per chiarirne natura e impugnabilità. Una tabella riepilogativa seguirà le spiegazioni testuali.
Confronto con la cartella di pagamento
- Natura dell’atto: La cartella di pagamento è un atto impugnabile e di natura provvedimentale: essa contiene un’ingiunzione di pagamento rivolta al contribuente e se non viene ottemperata consente all’Agente della Riscossione di procedere al pignoramento trascorsi 60 giorni. L’avviso di presa in carico, invece, come già evidenziato, è un atto meramente informativo e normalmente non impugnabile autonomamente (salvo eccezione del “primo atto”, trattata più avanti). Esso non intima il pagamento con la forza autoritativa di un precetto, ma sollecita il contribuente a provvedere, avvisandolo che la partita è passata all’esattore pubblico. Pertanto, sul piano giuridico, la cartella è un titolo esecutivo + precetto, mentre l’avviso di presa in carico è una comunicazione amministrativa priva di autonoma efficacia esecutiva.
- Forma e notifica: La cartella viene notificata con le stesse formalità di un atto giudiziario (raccomandata A/R con relata o tramite messo notificatore, eventualmente PEC per imprese e professionisti). L’avviso di presa in carico viene inviato per raccomandata semplice o PEC, senza relata né firma di ricezione. Ciò significa che per la cartella l’Agente deve provare la corretta notifica (esibendo l’avviso di ricevimento o la relata di notifica) e da quella notifica decorrono termini precisi di impugnazione (60 giorni) e di pagamento (60 giorni). Per l’avviso di presa in carico, non essendoci notifica formale, non decorrono termini per ricorsi (salvo il caso particolare in cui lo si impugni come primo atto, vedi oltre) né termini per adempiere imposti per legge – il termine indicato è interno alla comunicazione ma non sanzionato da decadenze immediate.
- Contenuto e allegati: La cartella contiene il dettaglio delle somme dovute per ciascun ruolo, con indicazione delle voci di imposta, interessi, sanzioni, aggi di riscossione, ecc., e riporta come allegato il cosiddetto “modello di pagamento” (F35 o oggi sezione del modello di pagamento unificato) per consentire al contribuente di pagare direttamente. L’avviso di presa in carico tipicamente contiene anch’esso un prospetto delle somme dovute, spesso suddiviso per ente creditore e atto presupposto, e fornisce i riferimenti per il pagamento (bollettini, codice RAV o pagoPA). Quindi da questo punto di vista pratico, per il destinatario cambia poco: in entrambi i casi c’è un documento con importi e bollettini da pagare. La differenza sostanziale è che nella cartella tali importi sono dovuti entro 60 giorni a pena di esecuzione forzata, mentre nell’avviso di presa in carico il termine di pagamento indicato (spesso 30 giorni o 60 giorni) è un invito, il cui mancato rispetto non fa scattare immediatamente un pignoramento ma porterà – trascorso il periodo legale di 180 giorni – agli ulteriori atti esecutivi (che saranno a loro volta notificati formalmente).
- Impugnabilità e rimedi: La cartella di pagamento, essendo espressamente inserita nell’art. 19 D.Lgs. 546/1992, può essere impugnata davanti al giudice tributario per una serie di motivi: ad esempio, vizi propri (come la notifica irregolare, la prescrizione del credito, errori nel contenuto), oppure per far valere vizi dell’atto precedente non contestato (entro certi limiti, ad esempio se si contesta che l’atto precedente non fu notificato o è decaduto). L’avviso di presa in carico non figura nell’elenco dell’art. 19 e, secondo la Cassazione, non avendo natura provvedimentale lesiva, non è di per sé impugnabile. Il debitore non può quindi, di norma, proporre ricorso tributario unicamente contro l’avviso di presa in carico per contestare il merito del debito (che andava semmai contestato impugnando l’accertamento nei termini) né per contestare aspetti formali (poiché non è atto “impugnabile in sé”). L’unica situazione in cui l’ordinamento consente di utilizzare l’avviso di presa in carico come atto impugnabile è quando esso rappresenta il primo ed unico atto con cui il contribuente viene a conoscenza della pretesa tributaria (cioè se, per ipotesi, la cartella o l’accertamento presupposti non gli sono mai stati notificati). In tal caso, come si approfondirà nella prossima sezione, l’avviso di presa in carico può essere impugnato al fine di far valere la mancata notifica dell’atto precedente. Ma in situazione normale, se l’accertamento esecutivo era stato regolarmente notificato, l’avviso di presa in carico non aggiunge nulla di contestabile.
- Efficacia e seguito: Se il contribuente non paga una cartella entro 60 giorni e non la impugna, la cartella diviene definitiva e l’Agente può attivare subito le procedure (salvo invio dell’intimazione dopo un anno, se necessario). Se il contribuente non paga dopo aver ricevuto un avviso di presa in carico, nell’immediato non succede nulla (oltre al maturare di ulteriori interessi): l’Agente attenderà lo spirare dei 180 giorni (o del termine più breve se l’atto è definitivo e decide di accelerare) e poi procederà con un preavviso di misura cautelare (fermo/ipoteca) o direttamente con un pignoramento. In ogni caso, prima di subire un danno effettivo (es. l’auto bloccata o lo stipendio pignorato) il contribuente riceverà un atto formale notificato (il preavviso di fermo/ipoteca sono notificati con raccomandata AR; l’atto di pignoramento è notificato dall’ufficiale giudiziario). Questi atti successivi sono certamente impugnabili (il preavviso di fermo/ipoteca davanti al giudice tributario, l’atto di pignoramento con le opposizioni all’esecuzione davanti al giudice ordinario) – di qui si comprende perché l’avviso di presa in carico sia considerato dall’Amministrazione un atto “neutro”: non occorre impugnarlo perché comunque il contribuente avrà modo di impugnare uno degli atti successivi se qualcosa non va. Tuttavia, come vedremo, aspettare l’atto esecutivo può a volte complicare la difesa (si pensi al caso in cui la vera eccezione sia la mancata notifica dell’accertamento: sarebbe preferibile farla valere in sede tributaria prima del pignoramento, invece che in sede di opposizione esecutiva dopo, con i problemi di competenza che ne derivano).
Confronto con l’avviso di intimazione e con i solleciti di pagamento
Nel processo di riscossione, oltre alla cartella e all’avviso di presa in carico, esistono altri atti denominati “avvisi” o “solleciti” che è utile distinguere:
- Avviso di intimazione (intimazione di pagamento): è un atto previsto dall’art. 50 del DPR 602/1973, che l’Agente della Riscossione notifica come ultimo sollecito quando sta per avviare l’esecuzione forzata. In particolare, se è trascorso più di un anno dalla notifica della cartella (o dell’accertamento esecutivo) senza che sia intervenuto pagamento, l’Agente deve notificare un avviso di intimazione, intimando il pagamento entro 5 giorni; solo decorso tale breve termine potrà procedere al pignoramento. L’avviso di intimazione ha natura di atto amministrativo autoritativo, molto simile a un precetto: è un vero e proprio ultimatum che prelude immediatamente all’esecuzione. Dal punto di vista delle impugnazioni, la giurisprudenza ha oscillato: alcuni ritenevano che fosse impugnabile avanti al giudice tributario (visto che è l’atto che innesca l’esecuzione esattoriale), altri sostenevano di no in quanto atto meramente sollecitatorio se il contribuente ha già avuto notifica della cartella. Oggi, dopo la riforma del 2021, l’avviso di intimazione è incluso tra gli atti impugnabili (art. 19 co.1 lett. i-quinquies D.Lgs. 546/92) ma solo per vizi propri. In sostanza: l’avviso di intimazione si notifica formalmente (a differenza dell’avviso di presa in carico) e ha efficacia costitutiva di uno stato di morosità imminente; perciò, pur essendo anch’esso in certo senso “ricognitivo” di un debito già noto, viene trattato alla stregua di un atto impugnabile se comporta lesione (es. se è inviato senza che vi sia una cartella valida a monte, lo si può impugnare eccependo la mancata notifica della cartella stessa).
Confronto: presa in carico vs intimazione – L’avviso di presa in carico viene inviato prima che parta la fase esecutiva, e non contiene un’ingiunzione immediata a 5 giorni, ma un invito a pagare entro (solitamente) 30 giorni per evitare futuri problemi. L’avviso di intimazione viene notificato quando l’esecuzione è imminente e ordina di pagare entro 5 giorni. Il primo non interrompe termini, il secondo sì (l’intimazione, essendo notificata, interrompe la prescrizione del credito e costituisce in mora definitiva il debitore). Dal lato difensivo: l’avviso di intimazione, se viziato (ad es. notificato quando la cartella a monte non fu notificata), può e deve essere impugnato in Commissione Tributaria per far valere quei vizi; l’avviso di presa in carico, se il debitore lamenta la mancata notifica dell’atto a monte, può essere impugnato (secondo la Cassazione) solo se quell’atto a monte non è mai giunto a conoscenza in altro modo (cioè appunto come primo atto).
- Solleciti di pagamento e preavvisi di misure cautelari: Spesso l’Agente della Riscossione invia anche dei “solleciti di pagamento” relativi a cartelle scadute o debiti a ruolo, che non sono previsti obbligatoriamente dalla legge ma vengono usati per stimolare il pagamento prima di procedere. I preavvisi di fermo e preavvisi di ipoteca invece sono atti previsti (rispettivamente dall’art. 86 e 77 del DPR 602/73, come modificati): l’Agente, prima di iscrivere un fermo auto o un’ipoteca, notifica al debitore un preavviso concedendogli 30 giorni per pagare o proporre osservazioni. Tali preavvisi sono atti lesivi (perché il decorso del termine legittima l’imposizione del vincolo sul bene) e la Corte di Cassazione li ha considerati impugnabili davanti al giudice tributario in quanto rientranti tra gli “altri atti della riscossione” lesivi pur non elencati in art. 19. Ad esempio, il preavviso di fermo può essere impugnato eccependo che il contribuente non ha mai ricevuto la cartella o che il debito è prescritto, ottenendone l’annullamento prima che il fermo diventi effettivo.
Confronto: presa in carico vs preavviso di fermo/ipoteca – Il preavviso di fermo è notificato (raccomandata AR) e ha un contenuto fortemente lesivo (minaccia concreta di un provvedimento restrittivo sul patrimonio se non si paga entro 30 giorni); l’avviso di presa in carico è, al confronto, un documento dal contenuto “neutro” che non minaccia direttamente misure specifiche ma informa genericamente che si potrà procedere ad esecuzione. Mentre il preavviso è chiaramente impugnabile (è pacifico in giurisprudenza), l’avviso di presa in carico – torniamo sempre lì – di per sé non lo è, a meno che il contribuente lo usi come veicolo per far valere la mancanza di altre notifiche.
- Estratto di ruolo: L’estratto di ruolo non è un atto notificato, bensì un documento interno (l’elenco delle proprie pendenze, rilasciato allo sportello o scaricato dal sito). Non è un atto impugnabile in sé, secondo le Sezioni Unite della Cassazione, salvo che serva a far emergere l’esistenza di cartelle mai notificate: in tali casi la giurisprudenza ha ammesso la possibilità di impugnare direttamente la cartella (o il ruolo) cui l’estratto si riferisce, proprio perché il contribuente ne è venuto a conoscenza solo tramite l’estratto stesso. È un tema collegato: se un contribuente scopre da un estratto di ruolo di avere debiti derivanti da atti mai ricevuti, può fare ricorso chiedendo l’annullamento di quegli atti per difetto di notifica, anche se l’estratto in sé non sarebbe un atto impugnabile. Questo scenario è analogo a quello dell’avviso di presa in carico usato come primo atto noto.
Tabella riepilogativa delle differenze principali:
Caratteristica | Cartella di pagamento | Avviso di presa in carico |
---|---|---|
Chi emette | Agente della Riscossione su ruolo ordinario dell’ente creditore. | Agente della Riscossione, dopo accertamento esecutivo ente. |
Contenuto | Intimazione a pagare somme iscritte a ruolo entro 60 giorni; indica importi dettagliati, estremi del ruolo, istruzioni ricorso. | Comunicazione dell’affidamento del debito a riscossione; indica importo dovuto, atto presupposto, termini sollecitati di pagamento, modalità di pagamento. |
Notifica/Invio | Notifica formale (ufficiale giud., messo notificatore o raccomandata AR; PEC per aziende). | Invio per raccomandata senza AR o PEC (atto partecipativo, non notificato formalmente). |
Effetti giuridici immediati | Costituisce titolo esecutivo e precetto: trascorsi 60 gg non pagati, esecuzione possibile (previa intimazione se >1 anno). Lesivo per il contribuente. | Atto meramente informativo: non è precetto né aggiunge titoli. Non abilita da solo l’esecuzione (che segue solo dopo ulteriori atti formali). In sé, non lesivo (tranne il caso di primo atto notificatorio). |
Termine per pagare | 60 giorni dalla notifica (stabilito per legge, con sanzioni in caso di ritardo e interessi di mora dal 61° giorno). | Solitamente 30 giorni (indicativo, dato nell’avviso stesso, non fissato da legge con effetti decadenziali immediati). Il mancato pagamento entro tale termine comporterà, dopo i 180 gg di legge, l’avvio delle procedure esecutive. |
Impugnabilità autonoma | Sì – ricorribile in Commissione Tributaria entro 60 gg per vizi propri o del ruolo (art. 19 co.1 lett. e, D.Lgs. 546/92). | No (di regola) – non elencato in art. 19; ritenuto atto non provvedimentale e non immediatamente lesivo. Eccezione: impugnabile se costituisce il primo atto con cui si prende conoscenza del debito (mancata notifica atto precedente). |
Conseguenze se ignorato | Dopo 60 gg, il debito diviene definitivo; l’Agente può procedere a misure cautelari/esecutive (pignoramento, fermo, ipoteca) – se >1 anno serve intimazione 5 gg. | Dopo invio, l’Agente attende 180 gg (salvo urgenza); poi invierà preavvisi (fermo/ipoteca) o notificherà atti esecutivi (pignoramento). Il contribuente avrà ancora notifica di questi ultimi, potendoli impugnare. |
(Tabella: confronto tra cartella esattoriale e avviso di presa in carico del ruolo)
Come si evince, l’avviso di presa in carico sostituisce la cartella di pagamento solo funzionalmente (nel senso che informa l’inizio della riscossione), ma non giuridicamente (non ne ha la stessa forza esecutiva né lo stesso regime di impugnabilità). Questa differenza è stata al centro di dibattiti dottrinali e giurisprudenziali, in particolare riguardo alla possibilità di contestare l’avviso di presa in carico. Nella prossima sezione analizzeremo proprio gli orientamenti delle Commissioni Tributarie e della Cassazione sull’impugnabilità di tale avviso, e chiariremo quando (e come) il contribuente può far valere le proprie ragioni contro un avviso di presa in carico ritenuto illegittimo o infondato.
Impugnabilità dell’avviso di presa in carico: orientamenti giurisprudenziali
Uno degli aspetti più delicati per il debitore è capire se e quando sia possibile fare ricorso contro un avviso di presa in carico ricevuto. Come anticipato, tale avviso non compare tra gli atti impugnabili elencati dall’art. 19 del D.Lgs. 546/1992 (norma che elenca in modo non tassativo ma indicativo gli atti contestabili dinanzi al giudice tributario). Tuttavia, la giurisprudenza ha da tempo affermato che l’elenco di cui all’art. 19 non è esaustivo: possono essere impugnati anche atti non elencati, purché abbiano natura provvedimentale e incidano in modo autoritativo sulla posizione del contribuente. Dunque, la questione centrale è: l’avviso di presa in carico ha natura ed effetti tali da essere considerato un provvedimento lesivo? La risposta che oggi prevale è negativa, ma con una importante eccezione. Ripercorriamo gli orientamenti:
Orientamento dell’Amministrazione e della Cassazione (non impugnabilità autonoma)
La posizione ufficiale sostenuta dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione e confermata dalla Corte di Cassazione è che l’avviso di presa in carico non è un atto autonomamente impugnabile. Tale principio è stato ribadito di recente, tra l’altro:
- dall’Ordinanza della Cassazione n. 21254/2019 (Sez. Trib.),
- dall’Ordinanza Cass. n. 13775/2019,
- dall’Ordinanza Cass. n. 22184/2017,
- e da ultime pronunce tra cui l’Ordinanza Cass. n. 4903 del 26 febbraio 2025.
In particolare, l’ordinanza n. 4903/2025 (Cass. Sez. Trib.) ha chiarito che la comunicazione di presa in carico inviata dall’Agente della Riscossione non costituisce un atto impugnabile, in quanto non rientra nell’elenco dell’art. 19 e, soprattutto, non è un atto lesivo ma un mero atto partecipativo privo di effetti sulla sfera giuridica del contribuente. La Cassazione evidenzia che, anche volendo estendere la tutela impugnatoria ad atti “atipici”, occorre comunque che questi abbiano natura provvedimentale e arrechino una lesione concreta: nel caso dell’avviso di presa in carico, così non è. Esso “si limita a informare” il contribuente del passaggio di consegne all’esattore, e non incide unilateralmente sui suoi diritti. Pertanto, un ricorso proposto avverso il solo avviso di presa in carico, con l’intento magari di far dichiarare “nulla” la notifica dell’accertamento presupposto o simili, è destinato a essere dichiarato inammissibile, poiché rivolto contro un atto non impugnabile.
Questo orientamento è coerente con la logica sistematica: al contribuente viene chiesto di impugnare l’atto sostanziale che genera il debito (es. l’accertamento) entro i termini, oppure di impugnare eventuali atti esecutivi lesivi (es. il fermo, l’ipoteca, il pignoramento). L’avviso di presa in carico, dal punto di vista della Cassazione, non rientra in nessuna di queste categorie – è un atto intermedio che, di per sé, non produce né pregiudizio immediato né accertamento nuovo, e dunque non va impugnato isolatamente.
Si noti che la Cassazione già in passato aveva adottato un ragionamento simile per altri atti “intermedi”: ad esempio aveva negato in origine l’impugnabilità dell’estratto di ruolo in quanto tale (considerandolo, appunto, un mero elaborato informativo interno); tuttavia, le Sezioni Unite nel 2022 (sent. n. 26283/2022) hanno fatto parziale chiarezza stabilendo che, pur non essendo l’estratto impugnabile di per sé, il ruolo e la cartella sottostanti possono essere impugnati se il contribuente li conosce solo tramite l’estratto e lamenta un vizio di notifica. Ecco, lo stesso principio di fondo è quello applicato all’avviso di presa in carico.
La Corte di Cassazione infatti ammette una sola ipotesi in cui l’avviso di presa in carico diventa “impugnabile”: quando rappresenta il primo atto con cui il contribuente viene messo a conoscenza della pretesa tributaria (cioè quando l’Amministrazione finanziaria ha omesso di notificare l’avviso di accertamento esecutivo presupposto). Lo ha chiarito espressamente, ad esempio, la Cassazione nell’ordinanza n. 21254/2023 e confermato in successive pronunce: in tali casi eccezionali, l’avviso di presa in carico si può considerare come atto “lesivo” perché di fatto contiene la prima contestazione sostanziale del debito che il contribuente riceve. In altre parole: se il contribuente dichiara (e dimostra prima facie) di non aver mai ricevuto l’atto impositivo principale (accertamento), allora l’avviso di presa in carico – pur nascendo come atto meramente informativo – assume rilevanza impugnabile, poiché è il mezzo attraverso cui per la prima volta viene portato a sua conoscenza un provvedimento impositivo (quello presupposto). In tale scenario, il ricorso non avrà ad oggetto “l’avviso di presa in carico” in sé e per sé, bensì il fatto che il debito indicato non può esigersi perché l’accertamento sottostante non è stato validamente notificato. Di conseguenza, il giudice tributario, pur dichiarando non impugnabile l’avviso come atto autonomo, dovrà entrare nel merito della vicenda per verificare se effettivamente l’accertamento (o cartella) presupposto manchi di notifica: se ciò risulta vero, allora dovrà annullare l’atto presupposto e, in via consequenziale, anche l’avviso di presa in carico diviene privo di oggetto e va annullato.
Cass. 4903/2025: esempio pratico – L’ordinanza Cass. 4903/2025 citata sopra riguardava proprio un caso tipico: un contribuente aveva ricevuto la comunicazione di presa in carico relativa a un accertamento notificato anni prima. Egli propose ricorso lamentando la nullità della notifica dell’accertamento (senza contestare il merito delle imposte). Le Commissioni Tributarie di merito rigettarono il ricorso, ritenendo valido l’accertamento. Il contribuente ricorse in Cassazione. La Cassazione ha rigettato a sua volta il ricorso del contribuente, confermando che non è possibile contestare la nullità della notifica dell’accertamento impugnando la sola comunicazione di presa in carico. In quell’occasione, la Corte ha ribadito i principi: l’avviso di presa in carico non è atto impugnabile e non può costituire esso il veicolo per eccepire vizi dell’accertamento che dovevano essere fatti valere impugnando l’accertamento stesso. Nel caso specifico, peraltro, il contribuente aveva effettivamente impugnato l’accertamento (anche se solo per motivi formali e non sul merito) e aveva perso: quindi non poteva cercare un diverso esito attaccando la comunicazione successiva.
Conclusione sul punto: Dal punto di vista della Cassazione, quindi, il quadro è chiaro: non si può fare causa contro un avviso di presa in carico solo perché esso esiste, né per contestare il debito che riporta, tranne nel caso in cui si sostenga di non aver mai avuto notizia prima di quel debito per omissione di notifica dell’atto presupposto. In quest’ultimo caso, tecnicamente il ricorso è comunque contro l’atto presupposto (mai notificato) mediante l’impugnazione dell’avviso di presa in carico come primo atto notificato. Se il contribuente avesse già avuto modo di venire a conoscenza del debito (es. perché l’accertamento gli è stato notificato o perché ha ritirato un estratto di ruolo), l’avviso di presa in carico torna ad essere un atto inimpugnabile.
È utile sottolineare inoltre che la Cassazione – in un’ottica di effettività della tutela – ha anche affermato che se il contribuente riceve direttamente un atto esecutivo (es. un pignoramento) senza aver ricevuto l’atto presupposto, deve essere ammesso a far valere quell’eccezione: questo può avvenire tramite l’opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.) davanti al giudice ordinario, ma la Cassazione ha precisato che, in materia tributaria, la sede propria per contestare la notifica dell’atto impositivo è comunque il giudice tributario (ragion per cui conviene non attendere il pignoramento, ma agire già all’atto dell’avviso di presa in carico, se quello è il primo segnale). C’è dunque un delicato confine di giurisdizione: se si impugna l’avviso di presa in carico sostenendo di non aver ricevuto l’accertamento, si resta in ambito tributario (competenza Corte Giustizia Tributaria); se si aspetta il pignoramento e si solleva allora il vizio di notifica, si entra nell’ambito dell’esecuzione forzata (competenza del giudice dell’esecuzione ordinario), il quale però potrebbe a sua volta dire: “la notifica dell’accertamento era materia da far valere in Commissione Tributaria, ora è tardi”. Per evitare questo vuoto di tutela, è importante che il contribuente agisca tempestivamente non appena apprende di un debito “sconosciuto”, impugnando l’atto disponibile (avviso di presa in carico, estratto di ruolo, preavviso di fermo) per far valere l’assenza di notifica del titolo.
Orientamenti delle Corti di merito (dibattito sull’efficacia lesiva)
Prima che la Cassazione consolidasse la sua posizione, diverse Commissioni Tributarie provinciali e regionali avevano espresso orientamenti talora discordanti. In particolare, alcune pronunce di merito hanno ritenuto che l’avviso di presa in carico debba considerarsi impugnabile, valorizzando la sua funzione di sollecito. Ad esempio:
- CTR Lazio n. 677/2021: ha affermato che l’avviso di presa in carico “non ha solo un contenuto informativo, ma anche funzione contestativa e sollecitatoria, e può dunque essere paragonato sostanzialmente a un’intimazione di pagamento”. Di conseguenza, pur non elencato in art. 19, sarebbe impugnabile con le stesse modalità, però – aggiunge la CTR – solo in caso di mancata notifica dell’atto presupposto, analogamente all’avviso di intimazione (questa pronuncia in realtà giunge alla stessa conclusione pratica della Cassazione: non impugnabile se l’atto presupposto era noto, impugnabile se era ignoto).
- CTP Milano n. 4096/2019 e CTP Roma n. 2575/2018: entrambe hanno statuito chiaramente che l’atto di presa in carico è impugnabile “allorquando costituisce il primo atto con il quale il contribuente viene messo al corrente del debito tributario, perché il Fisco ha omesso di notificare l’avviso di accertamento immediatamente esecutivo”. Anche qui, il concetto è allineato a quello poi fatto proprio dalla Cassazione.
- Corti di Giustizia Tributaria di primo grado (CTP) più recenti: Nel 2023-2024 si sono avute però anche alcune pronunce di merito “più coraggiose”, che hanno ipotizzato un’impugnabilità più ampia dell’avviso di presa in carico. Ad esempio, viene citata una decisione della CGT di Roma (primo grado) e una della CGT di Napoli (secondo grado): queste pronunce (riportate in commenti dottrinali) avrebbero accolto i ricorsi di contribuenti annullando l’avviso di presa in carico e affermando un principio di impugnabilità più generale. In particolare, la CGT di Roma (sentenza 2024) avrebbe considerato l’avviso impugnabile in quanto amplia la gamma degli atti contestabili includendo quelli che non solo informano, ma possono avere impatto sollecitatorio. Tali pronunce di merito, tuttavia, non fanno giurisprudenza consolidata e spesso vengono appellate.
In sostanza, la quasi totalità delle Commissioni aderisce ormai alla linea: impugnabilità sì, ma solo se primo atto mai notificato. Nessuna giurisprudenza autorizza invece il ricorso contro l’avviso di presa in carico per contestare nel merito il tributo o la legittimità di un accertamento comunque notificato: in quei casi il ricorso verrebbe respinto.
Va menzionato che anche parte della dottrina si è interrogata sulla natura ambigua di questo avviso: taluni autori hanno sostenuto che, pur non essendo formalmente un’intimazione, l’avviso di presa in carico svolge di fatto una pressione sul contribuente e preannuncia l’esecuzione, per cui dovrebbe essere assimilato a un’intimazione di pagamento e quindi impugnabile come tale. Questa impostazione, però, è stata rigettata dalla Cassazione, che l’ha definita una “ipotesi non verificata, generata dall’assunto soggettivo del destinatario”. In altri termini, il giudice di legittimità dice: comprendiamo che il contribuente possa percepire l’avviso di presa in carico come una minaccia di pagamento, ma oggettivamente quell’atto non contiene una ingiunzione esplicita, dunque tale interpretazione soggettiva non può fondare un ricorso.
Riassumiamo i punti fermi ad uso pratico del debitore:
- Se hai ricevuto l’accertamento (o comunque eri a conoscenza del debito) e poi ricevi l’avviso di presa in carico, non puoi impugnare l’avviso stesso per contestare il debito. Devi aver contestato l’accertamento entro 60 giorni dalla sua notifica; se quel termine è trascorso, l’avviso di presa in carico non riapre i giochi.
- Se non hai mai ricevuto l’accertamento (né eventuale cartella) prima dell’avviso di presa in carico, allora hai la facoltà di impugnare in Commissione Tributaria tale avviso, deducendo la mancata notifica dell’atto presupposto. In questo caso, il ricorso è ammissibile e il giudice dovrà verificare la notifica. Se si prova il vizio, verrà annullato l’atto presupposto (e con esso cadrà la pretesa). Importante: il ricorso va proposto entro 60 giorni dalla ricezione dell’avviso di presa in carico (analogamente a quanto si fa quando si impugna un estratto di ruolo appena conosciuto). Pur non essendo notifica formale, infatti, quel momento segna la tua conoscenza del debito e conviene agire subito.
- Se ricevi direttamente un atto esecutivo (pignoramento) senza aver avuto né accertamento né avviso di presa in carico, puoi far valere l’assenza di notifica mediante opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.) davanti al Tribunale ordinario, chiedendo di sospendere l’esecuzione e dichiarare inefficace il pignoramento per mancanza di titolo notificato. Tuttavia, preparati a possibili contestazioni sulla competenza, dato che l’Agente della Riscossione potrebbe eccepire che dovevi rivolgerti al giudice tributario prima. In tali casi complessi, spesso è utile agire parallelamente: ad esempio, se scopri il debito solo dal pignoramento, potresti contestualmente presentare un ricorso tributario (magari chiedendo remissione in termini) e un’opposizione in sede civile, per coprire ogni rischio.
- Un caso particolare è se l’avviso di presa in carico contiene errori materiali (ad es. importo sbagliato, persona errata). Trattandosi solo di comunicazione, quegli errori non incidono sul titolo esecutivo sottostante (che rimane l’accertamento corretto). Pertanto non ha molto senso impugnare l’avviso per tali errori – meglio eventualmente segnalarli con un’istanza di autotutela all’Agente, oppure semplicemente ignorarli se il titolo vero è corretto. Se invece l’errore rivelasse che il ruolo è stato affidato per un importo non dovuto (magari perché hai pagato nel frattempo), puoi presentare all’Agente un’istanza di sgravio allegando le prove del pagamento, e in caso di inerzia attivarti sul piano esecutivo (ma qui andiamo nell’ambito difensivo stragiudiziale, trattato nella prossima sezione).
In chiusura, la Cassazione recentemente (ordinanza 6405 dell’11 marzo 2025, e altre) ha continuato a rimarcare: “l’avviso di presa in carico comunicato dall’Agenzia Entrate-Riscossione non costituisce atto autonomamente impugnabile, rappresentando un semplice atto partecipativo privo di effetti lesivi”. Dunque, il contribuente-debitore dovrà concentrare le sue energie difensive sugli atti davvero impugnabili (l’accertamento, la cartella se c’è, il preavviso di fermo/ipoteca, l’intimazione, etc.), oppure invocare l’eccezione di mancata notifica nella sede e nei tempi giusti.
Nel prossimo capitolo passiamo in rassegna le strategie difensive complessive dal punto di vista del debitore. Vale a dire: una volta ricevuto un avviso di presa in carico (magari inaspettato), cosa conviene fare? Ricorso, richiesta di sospensione, pagamento, rateazione, o attendere? E come prevenire le azioni esecutive successive? Tutto questo verrà esaminato, tenendo presenti anche i profili fiscali (sanzioni, interessi) che evolvono con il passare del tempo.
Strategie difensive e opzioni del debitore
Dal punto di vista del debitore, ricevere un avviso di presa in carico del ruolo è un segnale che il proprio debito tributario/contributivo è passato alla fase di riscossione forzata. È il “campanello d’allarme” che precede, di norma, eventuali provvedimenti come fermi, ipoteche o pignoramenti se non si interviene. A questo punto, il debitore ha diverse possibili strategie difensive o di gestione della situazione. Tali strategie si possono suddividere in strumenti stragiudiziali (non richiedono di andare in giudizio) e strumenti giudiziali (ricorsi, opposizioni). Un debitore accorto, magari assistito da un avvocato o commercialista, valuterà tutte le opzioni, tenendo conto dell’importo in questione, della fondatezza o meno del debito, della propria capacità finanziaria e dei costi/benefici delle azioni legali.
Di seguito esaminiamo le principali mosse difensive, in ordine logico:
1. Verifica preliminare della situazione
Controllare gli atti presupposti: La prima cosa da fare è capire perché si è ricevuto l’avviso di presa in carico e a quale debito si riferisce. Nell’avviso troverai il riferimento all’atto che ha originato il debito (ad es. “Avviso di accertamento n… del… importo X”). Bisogna chiedersi: Ho ricevuto quell’atto? Ne ero a conoscenza? Se sì, allora vuol dire che quell’atto (un accertamento, una liquidazione d’imposta, una cartella precedente) è diventato definitivo e non è stato pagato. Se no, ovvero se l’avviso di presa in carico cita un atto che non ti risulta mai notificato, questo è un segnale di possibili vizi. In tal caso, come detto, hai la possibilità di contestare la situazione. Un controllo utile è procurarsi un estratto di ruolo presso l’Agente della Riscossione (anche tramite area riservata online): l’estratto di ruolo elenca tutti i debiti a tuo carico affidati in riscossione, con date di iscrizione e atti correlati. Ciò aiuta a capire se magari c’è stata una notifica effettuata in precedenza a un vecchio indirizzo, oppure una giacenza in posta mai ritirata.
Verificare eventuali pagamenti o sgravii non registrati: Talvolta potresti aver pagato il debito prima, o ottenuto un annullamento in autotutela dall’ente impositore, ma l’informazione non è giunta all’Agente della Riscossione. Se ritieni di aver già risolto quel debito (ad esempio hai aderito a una definizione agevolata “rottamazione” o hai versato con ravvedimento, etc.), raccogli la documentazione (ricevute, provvedimenti di sgravio) perché potresti dover presentare un’istanza di sospensione per intervenuto pagamento.
Controllare i termini di prescrizione/decadenza: A seconda della natura del debito, potrebbero essere maturati termini di decadenza o prescrizione. Ad esempio, le imposte erariali si prescrivono in 10 anni (salvo atti interruttivi), alcune entrate locali in 5 anni. Se l’accertamento risale a molti anni fa, verifica se l’affidamento a ruolo è avvenuto entro i termini (oggi con gli accertamenti esecutivi, l’affidamento dev’essere fatto entro fine anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo, se no c’è decadenza). Oppure, se sono passati più di 5 anni dall’ultimo atto notificato, valuta l’eccezione di prescrizione. Ad esempio: accertamento definitivo nel 2017, nessuna cartella né intimazione notificata nel frattempo, avviso di presa in carico nel 2025 → probabilmente il diritto alla riscossione è prescritto (5 anni dal 2017 al 2022 senza atti interruttivi) e questo potrà essere fatto valere. La difficoltà è che l’avviso di presa in carico in sé non interrompe la prescrizione (perché notifica non formale), quindi se l’ente ha dormito, il debito potrebbe essere prescritto e l’avviso di presa in carico appare tardivo. Bisogna essere pronti a sollevare tale eccezione all’occorrenza (preferibilmente appena possibile, ad es. impugnando un eventuale successivo preavviso di fermo o pignoramento e deducendo la prescrizione).
Valutare l’importo e la fattibilità del pagamento: Una considerazione pratica importantissima: posso permettermi di pagare questo debito? Se l’importo non è eccessivo e il debito è effettivamente dovuto (ad esempio: è una liquidazione automatica di imposta che non ho mai contestato, somme che so di dovere), potrebbe essere prudente pagare o quantomeno attivare una rateizzazione, per evitare l’escalation di sanzioni e spese. Se invece l’importo è elevato o ritieni il debito ingiusto, allora ha senso pensare alle vie difensive giudiziarie.
2. Strumenti stragiudiziali: dialogo con l’Agente e soluzioni di pagamento
Richiesta di rateizzazione: Uno strumento ampiamente utilizzato dai debitori è la rateizzazione (dilazione) del debito. Anche dopo aver ricevuto un avviso di presa in carico, è possibile chiedere all’Agenzia delle Entrate-Riscossione di pagare a rate il dovuto. La normativa vigente consente, per debiti fino a 120.000€, una rateazione semplificata fino a 72 rate mensili (6 anni) senza necessità di documentare lo stato di difficoltà; per importi maggiori si può richiedere fino a 120 rate (10 anni) con dimostrazione della temporanea situazione di obiettiva difficoltà. Presentare la domanda di rateazione blocca le azioni esecutive: l’Agente non può procedere a fermo/pignoramento finché sei in regola con le rate. Dunque, se decidi di non contestare il debito ma hai difficoltà a pagare in unica soluzione, chiedere subito la dilazione è una difesa molto efficace per guadagnare tempo e evitare provvedimenti pregiudizievoli. Tieni presente che la richiesta di rateizzazione non implica una rinuncia a eventuali ricorsi già presentati, ma se presenti un ricorso dopo aver rateizzato, in genere devi comunque continuare a pagare le rate fino a un’eventuale sospensione.
Istanza di sospensione amministrativa della riscossione: L’art. 1, co.537 L. 228/2012 consente al debitore di presentare all’Agente della Riscossione una istanza di sospensione della riscossione quando ritiene che il credito sia inesistente o già pagato, allegando le prove (ad es. ricevute di pagamento, sentenze di annullamento, ecc.). Se tali documenti sono convincenti, l’Agente sospende le procedure per 90 giorni e invia la pratica all’ente creditore per le verifiche. Se entro 220 giorni l’ente non conferma la fondatezza del debito, esso viene annullato di diritto. Questa procedura è utile, ad esempio, se l’avviso di presa in carico riguarda un tributo che tu hai pagato (magari con F24) ma l’ente non ne ha tenuto conto. Oppure se hai una sentenza favorevole che annulla l’accertamento, ma nonostante ciò il ruolo è stato iscritto. Inviare copia del pagamento o della sentenza all’Agenzia delle Riscossione con istanza di sospensione dovrebbe bloccare immediatamente ogni azione e portare allo sgravio. È uno strumento gratuito e amministrativo, da tentare ogni qualvolta ci siano evidenti errori.
Autotutela presso l’ente creditore: Parallelamente, se si riscontrano errori nell’atto presupposto (ad esempio, l’ufficio ha iscritto a ruolo importi sbagliati, oppure tu hai elementi nuovi che potrebbero portare all’annullamento in autotutela dell’accertamento), puoi presentare una istanza di autotutela all’ente impositore (Agenzia Entrate, Comune, ecc.) chiedendo l’annullamento o la rettifica del debito. L’autotutela è discrezionale per l’ente, ma se adduci motivi validi (es. decadenza dei termini, palese errore di calcolo, doppia imposizione, ecc.), l’ente potrebbe intervenire. Durante l’istruttoria di autotutela, però, la riscossione non è automaticamente sospesa (a meno che l’ente creditore stesso non comunichi la sospensione all’Agente). Quindi in molti casi conviene comunque chiedere la sospensione all’Agente come detto sopra, per sicurezza.
Verificare possibilità di definizioni agevolate: Il 2023 ha visto la “Rottamazione-quater” delle cartelle (definizione agevolata dei debiti 2000-2017) e lo “Stralcio” dei debiti fino 1.000€. Al momento (giugno 2025) non è attiva una nuova rottamazione generalizzata, ma il legislatore frequentemente introduce sanatorie. Se il tuo debito rientrava in una definizione agevolata ma te ne sei accorto solo ora con l’avviso di presa in carico, verifica se puoi ancora aderirvi (magari presentando istanza tardiva, se previsto da proroghe normative). Ad esempio, per la rottamazione-quater 2023, le domande erano entro giugno 2023, ma nel 2024 ci sono stati casi di riammissione per decadenze. In sintesi, resta informato su eventuali opportunità di sanatoria: talvolta pagare l’importo base senza sanzioni e interessi è meglio che impelagarsi in cause lunghe.
Evitare aggravamenti: Se decidi di non (o non puoi) pagare subito, almeno cerca di limitare i danni. Ad esempio, se possiedi un’auto e sai di avere debiti, è probabile un fermo amministrativo: potresti valutare di vendere il veicolo prima che scatti il fermo (benchè ciò non sia pienamente corretto, poiché al momento della vendita dovresti dichiarare che l’auto è libera da gravami; vendere per evitare il fermo potrebbe configurare una sottrazione di garanzia se fatto dolosamente). Oppure, se hai solo un conto corrente su cui confluiscono entrate essenziali, potresti aprire un altro conto per diversificare, in attesa di risolvere – in modo che un eventuale pignoramento non paralizzi totalmente la tua liquidità. Queste però sono considerazioni di gestione del rischio più che difensive, e vanno ponderate con un consulente, agendo sempre entro i limiti della legalità (ad esempio, non nascondere beni o attuare atti in frode, perché si rischiano conseguenze anche penali in casi gravi).
3. Strumenti giudiziali: ricorsi in Commissione Tributaria
Se la situazione lo richiede (debito ingiusto, vizi procedurali importanti, importo rilevante), il debitore può scegliere la via del ricorso giudiziario. Nel contesto dell’avviso di presa in carico, come visto, il ricorso andrà calibrato sull’atto sostanziale:
- Ricorso contro l’atto presupposto (accertamento): Se il contribuente non ha ancora impugnato l’atto impositivo originario e i termini non sono scaduti (60 giorni dalla notifica di quell’atto), può ancora farlo. Ad esempio, potrebbe essere il caso in cui l’Agenzia delle Entrate – per prassi – abbia affidato il ruolo prima che scadessero i 60 giorni (lo può fare, ma l’esecuzione comunque non partirà prima del termine dilatorio). In tal caso, se ricevi l’avviso di presa in carico entro i 60 giorni dall’accertamento, sei ancora in tempo a presentare ricorso contro l’avviso di accertamento stesso. Il fatto che sia arrivato l’avviso di presa in carico non impedisce il ricorso sull’accertamento (anzi, è un promemoria che ti mancano pochi giorni!). Dunque, valuta col tuo professionista i motivi di impugnazione dell’accertamento – nel ricorso potrai anche far presente al giudice che, nonostante il ricorso pendente, l’Agente ha già preso in carico le somme (il che è consentito dalla legge, ma potresti chiedere contestualmente la sospensione cautelare dell’esecutività dell’accertamento).
- Ricorso contro l’avviso di presa in carico (come primo atto): Se, come detto, l’avviso costituisce il primo atto conosciuto, il ricorso in Commissione Tributaria dovrà essere proposto indicando come atto impugnato proprio l’“avviso di presa in carico prot… del…”, e articolando il motivo che l’atto presupposto non è stato notificato. In tali casi, è fondamentale allegare al ricorso una istanza di sospensione dell’esecuzione ex art. 47 D.Lgs. 546/92: chiedi cioè alla Commissione di sospendere la riscossione in attesa della decisione sul merito. La Commissione deciderà la sospensione di solito entro 60-90 giorni. Nel frattempo (dalla data di ricorso e richiesta sospensione fino alla decisione su di essa, e poi eventualmente fino alla sentenza finale) l’Agente della Riscossione deve sospendere le azioni esecutive per legge. Infatti, l’Agenzia Entrate-Riscossione è vincolata a non eseguire se pende una domanda di sospensione in giudizio (lo ha chiarito la normativa emergenziale Covid e poi confermato da prassi: l’Agente attende l’esito dell’istanza per 180 giorni). Dunque, presentare ricorso con istanza cautelare offre protezione temporanea. Se poi in giudizio riuscirai a dimostrare la mancata notifica dell’atto impositivo, vincerai la causa e il debito verrà annullato. Se invece risulta che l’atto fu notificato regolarmente (magari a un indirizzo vecchio ma valido per legge), potresti perdere: in tal caso il debito torna esigibile e l’Agente riprenderà l’esecuzione.
- Ricorso contro altri atti collegati: È possibile che l’avviso di presa in carico sia accompagnato o seguito da un preavviso di fermo o da un avviso di intimazione (ad esempio, se è un carico affidato da tempo, l’Agente potrebbe aver già mandato un’intimazione insieme all’avviso di presa in carico). In tal caso, è opportuno impugnare anche quell’atto più formale. Ad esempio, se contestualmente alla comunicazione di presa in carico hai ricevuto un preavviso di ipoteca (che è notificato per raccomandata AR), certamente impugna quello entro 60 giorni, deducendo in quella sede tutti i vizi (compresa l’eventuale mancata notifica dell’accertamento). Il giudice tributario potrà annullare l’ipoteca e di riflesso il debito a monte se il vizio è fondato.
Attenzione ai costi e rischi del contenzioso: Prima di intraprendere un ricorso, considera i costi (spese di contributo unificato, parcella del professionista) e il rischio di dover poi pagare anche le spese di giudizio alla controparte se perdi. Inoltre, ricorda che fare ricorso non sospende automaticamente la riscossione: serve l’istanza di sospensione e la relativa ordinanza favorevole. Se tale sospensione non viene concessa, l’Agente potrebbe legalmente procedere anche durante il processo (sebbene la prassi dei 180 giorni di attesa copra spesso questo periodo iniziale, è prudente comunque valutare se serve chiedere d’urgenza provvedimenti inibitori al giudice).
Opposizione in sede civile: Come già accennato, se la procedura sfocia in atti dell’esecuzione forzata (ad es. pignoramento), il contribuente potrà reagire con strumenti del codice di procedura civile. Ma l’obiettivo è evitare di arrivare a quel punto: le opposizioni esecutive (art. 615 c.p.c. per contestare il titolo o il diritto di procedere; art. 617 c.p.c. per vizi formali degli atti esecutivi) devono rispettare termini stringenti (20 giorni dalla notifica dell’atto per l’opposizione agli atti esecutivi) e si svolgono davanti al giudice ordinario. Questi spesso non entra nel merito fiscale, limitandosi a questioni procedurali (es. se il pignoramento è stato notificato correttamente, se è rispettato il termine annuale dall’ultima notifica, ecc.). È un terreno specialistico su cui conviene muoversi guidati da un legale esperto di esecuzioni e di diritto tributario, data l’interazione delle due materie. In generale, è preferibile far valere ogni possibile difesa prima, in sede tributaria, piuttosto che in sede di esecuzione, a meno che la violazione emerga solo in quel momento.
4. Strategie combinate e simulazione pratica
Spesso la soluzione migliore è una combinazione di azioni. Vediamo alcune situazioni tipo e possibili strategie:
- Caso A: Debito riconosciuto e nessun vizio formale – importo pagabile. Mario riceve avviso di presa in carico per €5.000 derivante da liquidazione 730 non pagata. Mario sa di doverli (ha saltato il versamento). Non ha impugnato nulla entro i termini. In questo caso, la strategia ottimale è evitare l’escalation: Mario può chiedere rateizzazione in 72 rate (circa €70 al mese) e mettersi in regola. Non ha senso avviare ricorsi infondati (che sarebbero inammissibili), e più aspetta più maturano interessi e rischio di fermo auto ecc. Quindi: soluzione amministrativa e pagamento dilazionato.
- Caso B: Debito potenzialmente non dovuto – notifica regolare ma importo grosso. ACME Srl riceve avviso di presa in carico per €200.000 da avviso di accertamento IRAP su cui nutre forti dubbi di legittimità (ma non ha impugnato nei termini per errore). L’avviso è stato notificato via PEC alla società, quindi formalmente regolare, ma i rilievi erano discutibili. Ora, essendo tardi per ricorso, ACME non può contestare il merito. Tuttavia €200k è una somma che manderebbe in crisi la società se pignorata. Strategia: negoziare una rateazione maxi (120 rate, circa €1.666/mese) per respirare. Parallelamente, valutare se esistono strade di definizione agevolata (magari sperare in una futura rottamazione-quinqies del 2026?) o se emergono elementi nuovi per un’istanza di autotutela all’Agenzia Entrate (difficile, ma tentare non nuoce). ACME potrebbe anche valutare procedure concorsuali se il debito fiscale è insostenibile (ma questo esula da qui). In sintesi: difesa non litigiosa perché sul piano legale c’è poco margine, ma difesa patrimoniale (diluire il pagamento) per evitare il collasso.
- Caso C: Notifica mancante – contribuente in buona fede ignaro. Lucia scopre tramite avviso di presa in carico di avere un debito di €15.000 per un accertamento fiscale di due anni fa che dice di non aver mai ricevuto (forse inviato a un vecchio indirizzo). Qui Lucia ha dalla sua un forte argomento: notifica nulla. Strategia: entro 60 giorni dal ricevimento dell’avviso, presentare ricorso in Commissione Tributaria contro l’avviso di presa in carico deducendo la nullità della notifica dell’accertamento (allegando magari certificato di residenza storico per mostrare che all’epoca era altrove, ecc.). Chiedere sospensione immediata. Nel frattempo, Lucia può anche depositare all’Agente una dichiarazione di non aver ricevuto l’accertamento e chiedere la sospensione in autotutela per evitare misure. Verosimilmente, la Commissione sospenderà la riscossione e poi annullerà l’accertamento se riscontra la mancata notifica (la difesa erariale potrebbe sostenere notifiche per compiuta giacenza o a irreperibile, ma se c’è qualche vizio sarà valutato). Lucia così potrebbe azzerare il debito. Se per caso in giudizio emergesse che l’accertamento fu notificato correttamente (es. consegnato a un familiare e lei non lo sapeva), Lucia potrebbe a quel punto cercare un accordo di rateazione per evitare il peggio.
- Caso D: Accertamento impugnato e pendente – arrivo avviso di presa in carico. Marco ha presentato ricorso contro un accertamento da €50.000 (merito contestato), il processo è in corso da 6 mesi. Riceve comunque l’avviso di presa in carico (perché trascorsi i 90 giorni). Marco ha già ottenuto la sospensione dal giudice tributario (magari per i 2/3 contestati, come da prassi). In tal caso l’avviso di presa in carico è “innocuo”: l’Agenzia Riscossione non potrà comunque eseguire per la parte sospesa. Marco terrà monitorata la situazione: finché la causa è pendente e la sospensione attiva, non deve far nulla. Se perdesse in primo grado, l’Agenzia dopo 180 giorni potrebbe pretendere 1/3 (se sospensione non c’era) o tutto (se ricorso inammissibile): a quel punto l’avviso di presa in carico già inviato tornerebbe attuale e se la sentenza è sfavorevole conviene pagare quel tanto per evitare altre mosse, oppure appellare e chiedere di nuovo sospensione in secondo grado (ma in secondo grado la sospensione è più difficile). Diciamo: se hai un contenzioso in corso, l’avviso di presa in carico ti ricorda di vigilare sulle scadenze post-sentenza. Non serve impugnarlo separatamente: concentrati sul vincere la causa principale.
- Caso E: Esecuzione già avviata – difesa in extremis. Se purtroppo il debitore ha ignorato tutto e arriva un pignoramento (ad esempio, pignoramento del conto), e solo in quel momento si attiva, la strategia sarà di emergenza. Occorre entro 20 giorni dal pignoramento proporre opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.) per eccepire eventuali vizi formali (magari mancata intimazione se erano passati oltre 12 mesi dalla cartella/accertamento). E/o opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.) se si vuole contestare il diritto a procedere (es. atto mai notificato). In parallelo, se i motivi riguardano questioni tributarie (es. notifica nulla dell’accertamento), conviene notificare un ricorso tributario tardivo chiedendo rimessione in termini per non aver mai saputo nulla prima: non sempre verrà accolto, ma tentar non nuoce, soprattutto se si può dimostrare la totale inconsapevolezza. Queste situazioni sono complesse e sottolineano l’importanza di muoversi nelle fasi precedenti.
5. Profili fiscali: sanzioni, interessi e aggio – impatto delle scelte
Dal lato fiscale-economico, ogni scelta ha conseguenze. Alcune note rilevanti:
- Maturazione di interessi e sanzioni: Come visto, dopo la scadenza dei 60 giorni dall’atto impositivo, scatta la sanzione da omesso versamento (30%) e gli interessi di mora. Tali oneri aggiuntivi sono ormai consolidati nel ruolo preso in carico. Più tempo passa, più interessi maturano (il tasso di mora viene fissato annualmente: ad esempio intorno al 4-5% annuo, può variare). Impugnare il debito non ferma il maturare degli interessi, a meno che tu vinca la causa (in tal caso il debito è annullato e spariscono anche interessi e sanzioni connessi). Se perdi, dovrai pagare anche gli interessi accumulati. Dunque una strategia dilatoria (attendere senza pagare) ha il costo degli interessi in più. Viceversa, pagare subito riduce gli interessi ma comporta esborso immediato – è sempre un bilanciamento.
- Effetti della rateizzazione su sanzioni/interessi: Attenzione: chiedere la rateizzazione non annulla né riduce sanzioni e interessi già maturati (salvo tu avessi aderito a una definizione agevolata). Rateizzare significa solo che pagherai col tempo, con un piccolo interesse dilatorio sulle rate (di solito un tasso legale). Se però speravi in una rottamazione futura (che tipicamente toglie le sanzioni e interessi di mora), devi considerare che se inizi a rateizzare e poi arriva la rottamazione, i pagamenti fatti non vengono restituiti (anzi spesso chi ha una dilazione può aderire alla rottamazione per il residuo). Difficile fare “speculazioni” su questo, ma è un elemento da valutare: se il Governo domani facesse una definizione agevolata togliendo sanzioni, chi ha già pagato le sanzioni a rate di fatto le ha perse. Però non si può prevedere e non è prudente contare su condoni futuri.
- Aggio di riscossione: L’aggio (compenso) dell’Agente della Riscossione è una componente del debito che il contribuente paga se paga oltre certi termini. Sino a qualche anno fa era pari al 8-9%. Oggi tecnicamente l’aggio è stato “abolito” e sostituito da una remunerazione a carico dello Stato, ma per i ruoli relativi a debiti antecedenti (e alcuni lo erano) o comunque come partite di calcolo, al contribuente vengono ancora richiesti alcuni oneri accessori. In pratica, se l’avviso di presa in carico include un addendum per “oneri di riscossione”, quelli li pagherai in ogni caso se paghi dopo la formazione del ruolo. Sono invece annullati se vinci il ricorso e viene annullato il debito.
- Costi delle procedure esecutive: Se non paghi e si arriva ad esecuzione (pignoramento mobiliare o immobiliare), sappi che ulteriori costi si aggiungeranno: spese di notifica, compensi per eventuali interventi di ufficiali giudiziari, spese di custodia, ecc., che pagherai tu come debitore in aggiunta. Quindi c’è un forte incentivo economico a risolvere prima (anche negoziando vendite di beni per pagare, piuttosto che farsi vendere i beni all’asta con spese elevate).
- Impatto sulla reputazione e attività: Un fermo amministrativo può bloccare l’auto (se sei un professionista che la usa per lavoro, danno notevole), un’ipoteca abbassa la tua affidabilità creditizia, un pignoramento su conto può congelare i tuoi fondi. Questi effetti “parafiscali” vanno considerati: difendersi significa anche prevenire questi danni collaterali. Talvolta pagare un debito anche ingiusto può essere “conveniente” se il costo di un fermo o ipoteca sarebbe maggiore (es. un imprenditore potrebbe perdere un finanziamento perché risulta ipotecato dal fisco per un debito in contestazione – forse valeva la pena pagare e poi ricorrere per il rimborso, se ne era certo).
In sintesi, la strategia difensiva va cucita sul caso concreto: valutare legittimità del debito, economicità delle soluzioni (pagare, rateizzare, litigare), e tempistiche (attenersi ai termini per ricorsi, per rate, ecc.). Nel prossimo paragrafo, proponiamo uno schema Q&A che affronta domande frequenti con risposte mirate, per ricapitolare i punti chiave di difesa dal punto di vista del debitore.
Domande frequenti (FAQ)
D: Ho ricevuto un avviso di presa in carico: devo pagare subito?
R: Non c’è un obbligo legale immediato di pagamento entro il termine indicato nell’avviso (di solito 30 giorni), perché l’avviso di presa in carico è un atto informativo e non un’intimazione coattiva. Tuttavia, è fortemente consigliabile valutare il pagamento o una rateizzazione prima possibile. Se il debito è dovuto e definitivo, pagare entro il termine dell’avviso evita che dopo i 180 giorni l’Agente attivi misure come fermi o pignoramenti. Inoltre, prima paghi meno interessi di mora maturano. Quindi, pur non essendo strettamente obbligatorio pagare entro 30 giorni, ignorare l’avviso è pericoloso: passati i 180 giorni, la riscossione coattiva può scattare senza ulteriori avvisi formali (se non quelli relativi alle singole azioni, come il preavviso di fermo). Valuta anche la possibilità di rateizzare se non riesci in un’unica soluzione.
D: L’avviso di presa in carico è impugnabile? Posso fare ricorso in Commissione Tributaria contro di esso?
R: Di regola no, l’avviso di presa in carico in sé non è impugnabile autonomamente. Fa eccezione il caso in cui rappresenti per te la prima comunicazione del debito tributario (cioè se l’atto impositivo precedente non ti è mai stato notificato). In tal caso, la giurisprudenza riconosce la possibilità di impugnarlo entro 60 giorni, per far valere proprio la mancata notifica dell’atto presupposto. Fuori da questa ipotesi, un ricorso contro il solo avviso di presa in carico verrebbe dichiarato inammissibile. In pratica: se conoscevi già il debito (perché ti era arrivato l’accertamento o la cartella) non puoi usare l’avviso come scusa per riaprire i termini di ricorso. Se invece scopri il debito solo ora con l’avviso, allora puoi/dovresti impugnarlo tempestivamente per tutelarti.
D: Non ho mai ricevuto l’accertamento fiscale a cui si riferisce l’avviso di presa in carico. Cosa devo fare per difendermi?
R: Questa è la situazione in cui hai più margine di difesa. Entro 60 giorni dal ricevimento dell’avviso di presa in carico, presenta un ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado (ex Commissione Tributaria) sostenendo che l’avviso di accertamento presupposto non ti è stato notificato e chiedendo quindi l’annullamento del debito. Allegando l’avviso di presa in carico, dovrai specificare che è il primo atto con cui vieni a conoscenza della pretesa. È fondamentale, contestualmente al ricorso, chiedere la sospensione cautelare della riscossione. Il giudice esaminerà la questione della notifica: se risulta assente o nulla, ti darà ragione e annullerà tutto. Inoltre, mentre il ricorso è pendente, l’Agente della Riscossione normalmente sospende le azioni esecutive in attesa della decisione (specie se hai chiesto la sospensione e questa viene concessa). Importante: se hai cambiato residenza o domicilio fiscale in passato, recupera i documenti (certificato storico di residenza, PEC aziendali, ecc.) per dimostrare che la notifica è andata a un indirizzo sbagliato o che non hai mai avuto PEC (se il fisco afferma di averti notificato via PEC, verifica di avere/aver avuto quell’indirizzo). In parallelo al ricorso, puoi inviare all’Agente una comunicazione in cui segnali la mancata notifica e chiedi la sospensione amministrativa della pratica, allegando il ricorso presentato.
D: Che differenza c’è tra avviso di presa in carico e cartella esattoriale?
R: In breve, la cartella esattoriale è un ordine di pagamento vero e proprio, notificato formalmente e impugnabile, mentre l’avviso di presa in carico è solo una comunicazione informativa dell’affidamento del debito al riscossore. Con una cartella, se non paghi entro 60 giorni rischi subito l’esecuzione forzata; con l’avviso di presa in carico, non hai un obbligo immediato perentorio, ma dopo 180 giorni dall’affidamento (non dalla ricezione, nota bene) l’Agente può iniziare le procedure coattive. Inoltre la cartella viene notificata con raccomandata A/R o messo, l’avviso no (raccomandata semplice/PEC). La cartella la puoi impugnare in autonomia, l’avviso di presa in carico di norma no. In sostanza: l’avviso di presa in carico non sostituisce la cartella in termini di forza esecutiva (anche se nasce per prassi al posto della cartella, nel sistema degli accertamenti esecutivi).
D: Cosa succede se ignoro l’avviso di presa in carico e non faccio nulla?
R: Se non intraprendi alcuna azione (né paghi, né fai ricorso, né chiedi rateazione), trascorso il periodo di garanzia (indicativamente 180 giorni dall’affidamento del ruolo), l’Agente della Riscossione potrà adottare misure cautelari ed esecutive. In pratica potresti ritrovarti, senza ulteriori avvisi “di cortesia”, un preavviso di fermo sul veicolo, un’ipoteca immobiliare se il debito supera 20.000€, oppure direttamente un pignoramento sul conto corrente o stipendio/pensione. Generalmente la sequenza è: preavviso di fermo/ipoteca (con 30 giorni per pagare), poi iscrizione del fermo/ipoteca e/o notifica di pignoramento. Nel caso di pignoramento mobiliare o immobiliare, di solito prima ti mandano un’intimazione di pagamento 5 giorni (se è passato più di un anno dalla notifica del titolo originale). Insomma, ignorare l’avviso di presa in carico significa che prima o poi (potenzialmente pochi mesi dopo) ti arriverà un atto esecutivo vero e proprio. Inoltre, come abbiamo spiegato, il debito continuerà a lievitare per interessi e aggi. Quindi, ignorare non è affatto una strategia: rischi di perdere la possibilità di difesa in sede tributaria e subire direttamente il pignoramento, dove le difese sono più complesse.
D: L’avviso di presa in carico interrompe la prescrizione del debito?
R: No, poiché non è un atto notificato formalmente con raccomandata A/R o ufficiale, l’avviso di presa in carico in sé non ha efficacia interruttiva della prescrizione. La prescrizione si interrompe con la notifica di uno degli atti previsti (es. la cartella, un’intimazione, un pignoramento, oppure con un riconoscimento di debito, ecc.). L’avviso di presa in carico è inviato con raccomandata semplice: in giudizio, l’Agente della Riscossione non potrebbe provare esattamente il momento di ricezione da parte tua (non c’è firma), quindi non può essere utilizzato per dire “il debitore è stato messo a conoscenza, quindi la prescrizione si interrompe”. Questo significa che se, ad esempio, un credito era prossimo alla prescrizione quinquennale e l’Agente ha solo inviato l’avviso di presa in carico ma non altri atti notificati, la prescrizione può comunque maturare. Esempio: debito da sanzione amministrativa (prescrizione 5 anni) del 2018, avviso di presa in carico spedito nel 2022 ma nessuna cartella o altro notificato: nel 2023 il debito è prescritto. Naturalmente, l’Agente potrà sempre sostenere di averti inviato qualcosa, ma in giudizio la mancanza di notifica formale dell’avviso di presa in carico gioca a tuo favore nel far valere la prescrizione. Quindi, l’onere di interrompere efficacemente la prescrizione per l’Agente è notificare un atto “forte” (intimazione, pignoramento, ecc.). Se ricevi un avviso di presa in carico relativo a un debito molto vecchio, non darlo per buono: verifica bene la cronologia, perché potresti eccepire la prescrizione quando eventualmente ti notificheranno un atto successivo.
D: Posso chiedere all’Agente della Riscossione di attendere perché ho fatto ricorso (o perché farò ricorso)?
R: Sì. Se hai già un ricorso pendente sull’atto principale, comunicalo subito all’Agente Entrate-Riscossione (magari allegando copia del ricorso e dell’istanza di sospensione se presentata). L’Agente in genere sospende spontaneamente 90-180 giorni in attesa della decisione cautelare. Se invece stai per fare ricorso ora (ad esempio perché hai scoperto il debito dall’avviso di presa in carico), puoi presentare una richiesta di sospensione amministrativa all’Agente entro 60 giorni dalla comunicazione, dichiarando che impugnerai l’atto e chiedendo di non procedere intanto. L’Agente non è obbligato a concederla, ma spesso accoglie tali istanze temporaneamente, in attesa che tu protocolli il ricorso e ottenga la sospensiva giudiziale. Ricorda tuttavia: la vera tutela viene dall’ordinanza di sospensione del giudice. Senza quella, trascorsi i 180 giorni, l’Agente potrebbe comunque attivarsi (anche se c’è ricorso pendente, se non ha formale obbligo di stop, potrebbe procedere per la parte non sospesa, tipo 1/3 delle imposte in caso di ricorso pendente senza sospensiva). Quindi la cosa migliore è: appena depositi il ricorso tributario, ottieni copia della ricevuta e presentala all’Agente con una richiesta di sospendere in attesa della pronuncia cautelare. Di solito l’Agente attende.
D: Posso ancora rateizzare dopo che sono iniziati i pignoramenti?
R: Sì, la rateizzazione è ammessa anche in fase avanzata, salvo che sia già avvenuta l’assegnazione di beni/pagamenti all’esattore. Mi spiego: se ti hanno pignorato uno stipendio ma l’udienza di assegnazione non c’è ancora stata, tu puoi chiedere la dilazione e, se ottenuta, l’Agente dovrà rinunciare al pignoramento (per legge la concessione della rateizzazione fa venir meno il pignoramento in corso, salvo che il terzo abbia già versato le somme). In pratica, anche se sei “in extremis”, puoi correre ai ripari: l’Agenzia delle Entrate-Riscossione accetta domande di rateazione fino a che il debito non è stato interamente riscosso coattivamente. Tieni conto però che se è il secondo pignoramento e magari eri già decaduto da una precedente rateazione, la faccenda si complica: se si decade da una rateazione, per ottenere una nuova dilazione bisogna pagare prima alcune rate scadute. In sintesi: sì, puoi rateizzare quasi in ogni momento, ma prima lo fai meglio è, perché eviti che partano procedure (e che si aggiungano spese di queste).
D: L’avviso di presa in carico indica un numero di “ruolo” e “riferimento interno”. A cosa servono?
R: Quelli sono riferimenti amministrativi interni. Il numero di ruolo è il codice dell’elenco in cui il tuo debito è iscritto; il riferimento interno è un identificativo usato dall’Agente (in passato Equitalia forniva ad esempio un “numero partita di cartella” anche per i debiti da accertamento esecutivo). Questi dati ti servono ad esempio se vuoi compilare moduli di rateazione (spesso viene chiesto di indicare il numero di ruolo o il numero dell’atto). Inoltre, se contatti il call center o sportello dell’Agente, potrai fornire quel riferimento per far individuare esattamente la tua pratica. Non devi fare nulla di specifico con quei numeri, se non utilizzarli nelle comunicazioni eventualmente. In caso di pagamento F24 (a volte per accertamenti esecutivi ancora si può pagare con codice tributo apposito), potrebbe essere richiesto di indicare il numero di ruolo. Ad ogni modo, trattali come dati identificativi del debito.
D: Dopo quanto tempo arriva il pignoramento dall’avviso di presa in carico?
R: In condizioni normali, non prima di 6-7 mesi almeno. Questo perché per legge l’Agente deve attendere 180 giorni dall’affidamento in carico prima di avviare l’espropriazione. Se l’avviso ti è arrivato ad esempio a gennaio, è probabile che l’affidamento sia avvenuto poco prima; quindi fino a circa luglio l’Agente non può farti pignoramenti (salvo pericolo straordinario). È possibile però che già dopo pochi mesi arrivino atti cautelari: ad esempio, dopo 90-120 giorni potresti ricevere un preavviso di fermo auto. Il pignoramento vero e proprio (conto/stipendio) di solito viene dopo i 180 giorni e spesso iniziano con un intimazione 5 giorni (se era trascorso un anno dal titolo). Quindi potresti ricevere: a 6 mesi dall’avviso, un’intimazione di pagamento; a 6 mesi + 5 giorni, il pignoramento. Questa è una tempistica tipica. Se l’Agente è ingolfato, i tempi si allungano. Se invece c’è pericolo (caso raro, ma ad es. se sanno che stai vendendo casa, l’ente potrebbe autorizzare subito ipoteca senza attendere), allora può essere molto più rapido come detto. Mediamente, comunque, l’esperienza mostra che l’Agente non attiva pignoramenti immediatamente dopo i 180 giorni, spesso concede ancora qualche sollecito. Ma non farci affidamento: considera quei 6 mesi come tempo a tua disposizione per risolvere o difenderti, scaduti i quali devi essere pronto a subire misure.
D: Ho trovato la mia auto bloccata da fermo amministrativo senza aver ricevuto nulla prima. È legittimo?
R: Normalmente no. Il fermo amministrativo (blocco al PRA del veicolo) per legge va preceduto da un preavviso notificato 30 giorni prima (come previsto dal comma 2 dell’art. 86 DPR 602/73). Se davvero non hai ricevuto alcun preavviso, puoi impugnare il fermo per chiederne l’annullamento immediato per difetto di notifica del preavviso. L’Agente però di solito invia il preavviso per raccomandata A/R: verifica quindi se magari la notifica c’è stata (es. compiuta giacenza). Potrebbe esser successo che tu abbia trascurato una raccomandata credendo fosse l’avviso di presa in carico (che arriva invece con raccomandata semplice). In ogni caso, se l’auto è già ferma, l’unico modo rapido per “sbloccarla” è pagare o rateizzare il debito e ottenere l’esito di revoca fermo. Oppure, presentare un ricorso urgente se hai motivi solidi (es. debito già prescritto o sgravato). Dato che il fermo incide sul diritto di circolare, la giurisprudenza consente la tutela cautelare anche in via d’urgenza. Ma realisticamente, pagare/rateizzare è la via più veloce.
D: Il mio debito è molto vecchio (risale a oltre 10 anni fa). L’avviso di presa in carico è arrivato ora: posso eccepire decadenza?
R: Dipende. Bisogna distinguere decadenza e prescrizione. La decadenza riguarda il termine entro cui l’ente doveva formare il ruolo: ad esempio, per gli accertamenti, se l’ente non affidava il ruolo entro fine anno successivo alla definitività, il diritto di riscuotere decadeva. Oggi con gli accertamenti esecutivi questa regola c’è ancora ma andrebbe vista caso per caso. La prescrizione è il termine oltre il quale il debito non è più esigibile se non sono intervenuti atti interruttivi (in genere 5 anni per la maggior parte dei tributi locali e contributi, 10 anni per tributi erariali non pagati). Se il tuo debito è davvero molto datato e tu non hai mai ricevuto null’altro nel frattempo, è probabile che sia prescritto. Puoi far valere la prescrizione quando impugni un atto successivo (ad esempio un preavviso di fermo) o, se possibile, tramite ricorso sull’avviso di presa in carico come primo atto (ma la prescrizione tecnica in teoria andrebbe fatta valere sull’atto presupposto). In parole povere: se è passato tanto tempo, la difesa c’è, ed è la prescrizione. Verifica però attentamente se qualche atto magari lo hai avuto (es. un’intimazione 5 anni fa, una comunicazione interruttiva) perché a volte il contribuente dimentica. In udienza, l’Agente porta l’estratto di ruolo dove risultano eventuali invii. Quanto alla decadenza, se l’affidamento a ruolo è fuori tempo massimo e ciò risulta dagli atti, anche quella è un’eccezione che puoi sollevare (ad es. accertamento definitivo nel 2018, ruolo consegnato nel 2021 oltre il termine – decadenza). Sono questioni tecniche su cui consigliamo assistenza di un tributarista. Ma in generale, debiti ultra-decennali spesso sono difficilmente esigibili, e l’avviso di presa in carico suonerebbe un po’ “fuori tempo”.
D: Se faccio ricorso contro l’avviso di presa in carico (perché primo atto), posso contestare anche il merito del tributo?
R: Sì, in teoria nulla vieta che nel tuo ricorso tu aggiunga motivi di merito contro l’accertamento sottostante (es. “oltre a non essermi stato notificato, quell’accertamento è anche infondato perché…”). Però devi essere cauto: la Commissione valuterà prima di tutto se l’atto presupposto è stato notificato o no. Se trova che non fu notificato, annullerà l’accertamento per quel vizio senza neppure entrare nel merito (e a te sta bene così). Se invece risulta che la notifica era valida, c’è il rischio che il tuo ricorso venga dichiarato inammissibile perché tardivo sul merito (ricordi, andava fatto entro 60 gg dalla notifica originaria, non dall’avviso di presa in carico). Alcune Commissioni però, in casi del genere, trasformano il ricorso contro l’avviso in un ricorso tardivo contro l’accertamento e lo esaminano, specie se ravvisano elementi eccezionali. Non è garantito. Formalmente, se la notifica era valida, tu avresti dovuto impugnare entro 60 gg da allora: quindi il ricorso ora sul merito risulterebbe tardivo e lo potrebbero respingere per questo. Dunque conviene focalizzarsi sul vizio di notifica. Se proprio vuoi inserire motivi di merito (magari come subordinati, cioè “in via subordinata, qualora si ritenesse tardiva la mia eccezione di notifica, allora rilevo che nel merito l’accertamento è errato per…”) puoi farlo, ma sappi che è un terreno scivoloso. Meglio sarebbe, se scopri di essere fuori tempo, puntare su una definizione agevolata (se esistesse) piuttosto che su un merito ormai precluso.
D: Il mio debito è con l’INPS (contributi): cambia qualcosa rispetto all’Agenzia Entrate?
R: Per i contributi INPS, come accennato, il sistema è simile ma non identico. L’INPS emette un avviso di addebito che ha già efficacia esecutiva. Se non paghi entro 60 gg, l’avviso di addebito viene affidato all’Agenzia Entrate-Riscossione. A quel punto, l’Agente può inviarti una comunicazione analoga di presa in carico (anche se non è espressamente normata come per gli accertamenti fiscali, spesso l’Agente manda “Avviso di presa in carico debito INPS…”). Le regole di impugnazione però differiscono: le controversie contributive vanno al Giudice del Lavoro entro 40 giorni (non Commissione Tributaria). L’avviso di addebito INPS è sicuramente impugnabile (come fosse una cartella). Se tu non hai impugnato l’avviso di addebito entro 40 gg e poi ricevi la comunicazione di presa in carico, purtroppo in sede di giudice del lavoro è tardi per contestare il merito (il giudice dichiarerebbe decaduto il ricorso perché oltre 40 giorni). Dovresti eventualmente sperare di far valere la mancata notifica (stessa logica). Insomma, concettualmente è lo stesso: l’avviso di presa in carico non aggiunge tutele, devi guardare all’atto contributivo originario.
D: In conclusione, qual è la migliore difesa per un debitore di fronte a un avviso di presa in carico?
R: La miglior difesa è la tempestività e la conoscenza dei propri diritti. Appena ricevi l’avviso:
- Analizza: Che debito è? Ero a conoscenza? È giusto o no?
- Consulta un esperto se il caso non è chiaro.
- Agisci entro i tempi: 60 giorni per eventuali ricorsi, altrimenti predisponi un piano di pagamento (unica soluzione o rate).
- Non ignorare la comunicazione sperando svanisca: non succederà, anzi peggiorerà.
- Sfrutta i margini di legge: se c’è un vizio (notifica mancante, prescrizione) usalo subito a tuo favore in sede appropriata. Se non ce ne sono, meglio pagare (magari dilazionato) che trascinare una posizione debitoria che col tempo genera solo more e spese.
- Mantieni la documentazione: conserva l’avviso di presa in carico (fa prova della data in cui ne hai avuto conoscenza), le buste, e ogni atto. Ti serviranno se fai ricorsi.
- Usa i canali ufficiali: per pagare o rateizzare, segui le indicazioni dell’Agente (sportello online, numero unico, moduli scaricabili). Per i ricorsi, rispetta le forme (notifica via PEC o ufficiale alla controparte e deposito in segreteria del tribunale tributario).
In pratica, difendersi significa essere proattivi: o reagisci legalmente entro i termini, o cerchi una soluzione di pagamento sostenibile. Inattività e ritardi giocano tutti a favore del Fisco.
Tabelle riepilogative
Tabella 1 – Principali atti nella riscossione coattiva e loro caratteristiche:
Atto | Emittente | Come arriva | Contenuto | Impugnabilità | Tempistiche e scadenze |
---|---|---|---|---|---|
Avviso di accertamento esecutivo (tributi) | Ente impositore (Es: Agenzia Entrate, Comune) | Notifica formale (messo, raccomandata AR o PEC) | Accertamento del tributo + intimazione a pagare entro 60 gg (o importo provvisorio se ricorso). | Sì, ricorso alla CGT entro 60 gg. Se non impugnato, diventa definitivo ed esecutivo. | 60 gg per pagare o ricorrere. Dopo, titolo esecutivo; 30 gg aggiuntivi poi affidamento a riscossione. |
Cartella di pagamento | Agente riscossione (su ruolo) | Notifica formale (AR, PEC) | Intimazione a pagare entro 60 gg somme a ruolo, dettagli importi e istruzioni ricorso. | Sì, ricorso CGT entro 60 gg (vizi cartella o atto a monte). | 60 gg per pagare. Trascorso, esecuzione possibile. Validità notifica 1 anno per esecuzione (poi intimazione). |
Avviso di presa in carico | Agente riscossione | Raccomandata semplice o PEC | Comunicazione: somme di atto esecutivo prese in carico; importo, ruolo, scadenza sollecitata (indicativa). | No (salvo primo atto noto: impugnabile per mancata notifica atto precedente). | Termine pagamento indicato (es. 30 gg) non perentorio. Azioni esecutive sospese 180 gg dall’affidamento. |
Avviso di intimazione (pagamento) | Agente riscossione | Notifica formale (AR) | Intima pagamento entro 5 gg su cartella/accertamento scaduti, prima di esecuzione (art.50 DPR 602) | Sì, ricorso CGT entro 60 gg per vizi propri (es: mancata notifica cartella) – Atto lesivo. | 5 gg per pagare. Se ignorato, trascorso questo termine l’Agente può pignorare. Vale 180 gg poi da rinnovare. |
Preavviso di fermo amministrativo | Agente riscossione | Notifica formale (AR, PEC) | Avvisa di imminente fermo veicoli per debito X; 30 gg per pagare prima dell’iscrizione fermo. | Sì, ricorso CGT entro 60 gg (lesivo perché prelude al fermo) – invocabile ad es. prescrizione, difetto notifica atti precedenti. | 30 gg per pagare. Trascorso, viene iscritto il fermo (che poi per essere revocato richiede pagamento o sentenza). |
Preavviso di ipoteca | Agente riscossione | Notifica formale (AR, PEC) | Avvisa di ipoteca su immobile per debito > €20.000; 30 gg per pagare o evitare iscrizione. | Sì, ricorso CGT entro 60 gg (lesivo). | 30 gg per pagare. Se no, iscrizione ipoteca dopo tale termine (impugnabile anch’essa in CT se vizi). |
Atto di pignoramento (es. presso terzi) | Agente riscossione (Ufficiale Giudiziario/posta) | Notifica formale (ufficiale giud. per mobili e terzi, UNEP o messo) | IngIunge al terzo (banca, datore) di trattenere somme del debitore; notifica anche al debitore. | Sì, opposizione in sede civile: – art. 615 cpc se contesti inesistenza titolo/es. pagamento già fatto;- art. 617 cpc (entro 20 gg) per vizi formali notifica o procedura. Giurisdizione ordinaria. | Esegue immediatamente il vincolo su somme. Opposizione 20 gg per atti esecutivi. Se non opponi, si procede ad assegnazione somme. |
(Tabella 2: principali atti della riscossione coattiva, confronto su emissione, forma, contenuto, tutela e tempi)
Note: CGT = Corte di Giustizia Tributaria (già Commissione Tributaria); AR = raccomandata con avviso di ricevimento. Come si osserva, l’avviso di presa in carico è l’unico atto tra questi che non viene notificato formalmente e che normalmente non può essere impugnato, a meno di usarlo per far emergere vizi precedenti. Il debitore deve quindi porre particolare attenzione agli atti successivi notificati (preavvisi, intimazioni, pignoramenti) perché quelli sono le vere “ultime chiamate” per opporsi prima che il patrimonio venga intaccato.
Conclusioni
Dal punto di vista del debitore, l’avviso di presa in carico del ruolo rappresenta un momento cruciale ma al contempo insidioso nel procedimento di riscossione: è un campanello d’allarme che preannuncia l’avvio della fase esecutiva, pur senza costituire esso stesso un ordine perentorio. La sua natura “ibrida” – atto amministrativo partecipativo, non immediatamente coercitivo – può indurre alcuni a sottovalutarlo. Al contrario, come abbiamo sottolineato, il debitore accorto deve reagire tempestivamente: questo significa pagare o trovare un accordo di dilazione se riconosce il debito, oppure attivare gli strumenti legali di tutela se ritiene il debito non dovuto o viziato.
Abbiamo esaminato le differenze tra l’avviso di presa in carico e altri atti come la cartella esattoriale, evidenziando che l’avviso in sé non è impugnabile (tranne nel caso in cui supplisca una mancata notifica) e non richiede un adempimento forzoso immediato, ma rappresenta comunque un passo formale importante: sposta la competenza all’Agente della Riscossione e fa decorrere termini (i 180 giorni prima dell’esecuzione). Ignorarlo equivale a lasciar decorrere questi termini senza approntare difese, col rischio di subire poi misure drastiche.
Inoltre, attraverso l’analisi normativa e giurisprudenziale aggiornata a giugno 2025, abbiamo chiarito che l’orientamento consolidato (Cass. 2023-2025) esclude categoricamente la possibilità di impugnare l’avviso di presa in carico come atto a sé stante, salvo che funzioni da “notifica surrogatoria” del provvedimento impositivo sconosciuto. Questa precisazione è fondamentale per i legali: qualsiasi ricorso costruito unicamente sull’avviso, senza vizi di notifica a monte, sarà dichiarato inammissibile. Ciò comporta che gli sforzi difensivi vadano indirizzati sugli atti sostanziali (accertamenti, cartelle) e, se i termini per questi sono scaduti, sulle eventuali irregolarità formali (come la mancata notifica) o sui limiti di legge (decadenze, prescrizioni) rimasti invocabili.
Abbiamo anche fornito esempi pratici e consigli operativi: dalle strategie stragiudiziali (rateazioni, sospensioni, comunicazioni con l’Agente) a quelle giudiziali (ricorsi tributari, opposizioni civili), mettendo in guardia circa i costi/benefici di ciascuna opzione. Un messaggio chiaro che emerge è l’importanza di non isolare l’avviso di presa in carico dal contesto: esso è un ingranaggio della macchina esattoriale, e la difesa migliore consiste nel gestire l’intero ingranaggio – a monte e a valle dell’avviso stesso.
Per i privati e le imprese, questa guida evidenzia che una buona amministrazione dei propri affari fiscali include monitorare eventuali comunicazioni dell’Agente della Riscossione (anche quelle non via raccomandata AR, come appunto questo avviso) e agire di conseguenza. Per gli avvocati e i professionisti, il taglio avanzato con riferimenti normativi e giurisprudenziali fornisce le basi per impostare correttamente una difesa tecnica, evitando passi falsi (come ricorsi infondati) e sfruttando invece gli appigli legalmente validi (ad esempio, citando Cass. 4903/2025 a supporto di un’eccezione di inammissibilità, o invocando Cass. 21254/2023 a sostegno di un ricorso in caso di prima conoscenza).
In conclusione, dal punto di vista del debitore, “difendersi” di fronte a un avviso di presa in carico significa soprattutto: essere informati, tempestivi e strategici. Informati, perché bisogna conoscere i propri diritti e obblighi (sapere cos’è questo avviso e cosa implica realmente); tempestivi, perché le finestre di intervento (ricorso o pagamento) sono strette e ben definite; strategici, perché occorre scegliere la via più adatta (giudiziale vs. negoziale, totale vs. parziale) in base alle proprie circostanze. Solo così il debitore potrà evitare di trovarsi passivamente travolto dalla riscossione e, invece, gestire attivamente – e magari risolvere – la propria posizione debitoria nel modo meno oneroso possibile.
Fonti utilizzate
- Corte di Cassazione – Sez. Tributaria. Ordinanza n. 21254 del 19/07/2023. In tema di impugnabilità dell’avviso di presa in carico del ruolo. Estratto e commento su FiscoOggi (Agenzia Entrate).
- Corte di Cassazione – Sez. Tributaria. Ordinanza n. 4903 del 26/02/2025. Massima: “La comunicazione di presa in carico da parte dell’Agente della riscossione non rientra tra gli atti impugnabili e non è considerata lesiva, essendo un mero atto informativo”.
- Agenzia delle Entrate-Riscossione – Sito ufficiale, sezione “Avvisi e solleciti”. Descrizione dell’avviso di presa in carico: modalità di invio (raccomandata semplice o PEC) e sospensione di 180 giorni dell’esecuzione, salvo pericolo per riscossione.
- D.L. 78/2010 conv. L.122/2010, art. 29. (Introduzione dell’accertamento esecutivo). Previsione dell’intimazione ad adempiere entro il termine di ricorso e dell’affidamento al riscossore decorsi 30 gg dal termine pagamento.
- D.P.R. 602/1973 (Riscossione delle imposte): art. 50 (intimazione 5 gg dopo un anno), art. 86 (fermo), art. 77 (ipoteca), art. 15-bis (ruolo straordinario con fondato pericolo), art. 11 c.3 (consegna dei ruoli straordinari).
- Circolare Agenzia Entrate n. 22/E del 2017 e prassi AdER sulle sospensioni: (sospensione automatica 90 gg in caso di istanza ex L.228/2012, 180 gg in caso di richiesta sospensiva in corso di giudizio).
- Giurisprudenza di merito (Commissioni Tributarie): CTR Lazio n.677/2021; CTP Milano n.4096/2019; CTP Roma n.2575/2018 – posizioni sull’impugnabilità dell’avviso di presa in carico come primo atto (con funzione assimilabile a intimazione).
- Codici e normative: D.Lgs. 546/1992 art. 19 (atti impugnabili), art. 47 (sospensione); D.Lgs. 471/1997 art. 13 (sanzione 30%); D.Lgs. 112/1999 art. 17 (aggio 9%); L.160/2019 commi 792-795 (accertamenti esecutivi enti locali).
Hai ricevuto un avviso di presa in carico del ruolo? Fatti Aiutare da Studio Monardo
Se ti è arrivata una comunicazione con oggetto “presa in carico del ruolo”, non ignorarla: si tratta di un atto ufficiale con cui l’Agenzia delle Entrate-Riscossione ti informa che sta per procedere alla riscossione coattiva di un debito.
Anche se non è ancora un atto esecutivo, è il momento giusto per agire e tutelarti legalmente.
Cos’è l’avviso di presa in carico del ruolo?
Si tratta di una comunicazione inviata dall’Agente della Riscossione per avvertirti che:
- 🧾 Il tuo debito è stato iscritto a ruolo da parte dell’ente impositore (Agenzia Entrate, INPS, Comune ecc.)
- 📂 La cartella è pronta per essere notificata o è stata già inviata
- ⚠️ Potranno seguire azioni esecutive come pignoramenti, fermi o ipoteche
- 📬 La notifica può avvenire tramite PEC o posta tradizionale
Non è un atto impugnabile, ma è un segnale chiaro: il debito è ora sotto gestione esattoriale.
Cosa succede dopo l’avviso?
Dopo la presa in carico del ruolo, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione può:
- ✉️ Notificarti una cartella esattoriale (se non l’ha già fatto)
- 🚫 Iniziare azioni esecutive (pignoramento dello stipendio, conto corrente, immobili)
- 💼 Iscrivere fermi amministrativi su veicoli o ipoteche
- 📅 Aggiungere interessi e sanzioni ogni giorno di ritardo
Agire subito è fondamentale per evitare danni gravi e perdere la possibilità di difenderti.
Come difendersi in modo efficace?
- 📂 Verifica subito l’origine e la legittimità del debito iscritto a ruolo
- ⚖️ Controlla se hai ricevuto correttamente gli atti precedenti (avvisi, accertamenti, notifiche)
- ✍️ Valuta la possibilità di impugnare la cartella (se non ancora scaduti i termini)
- 💸 Se il debito è corretto, puoi richiedere una rateizzazione per bloccare le azioni esecutive
- 🛡️ In caso di illegittimità, puoi impugnare la cartella o l’atto esecutivo collegato
🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo
📑 Verifica la validità dell’iscrizione a ruolo e dei debiti contestati
⚖️ Ti assiste nel ricorso contro cartelle illegittime o mai notificate
✍️ Redige istanze di rateizzazione o sospensione legale
🔒 Blocca eventuali atti esecutivi in corso (pignoramenti, fermi, ipoteche)
🔁 Ti segue anche nelle procedure di sovraindebitamento se hai più debiti accumulati
🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in contenzioso tributario e riscossione coattiva
✔️ Consulente per procedimenti per cartelle esattoriali illegittime o prescritte
✔️ Consulente per vizi nella notifica o nell’iscrizione a ruolo
✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia
✔️ Consulente per privati, imprese e professionisti con debiti fiscali o previdenziali
Conclusione
L’avviso di presa in carico del ruolo è un campanello d’allarme. Ignorarlo significa lasciare campo libero a pignoramenti e ipoteche.
Con l’Avvocato Giuseppe Monardo, puoi analizzare la tua posizione, contestare eventuali irregolarità o trovare una soluzione legale per bloccare l’escalation.
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