Hai ricevuto un avviso di accertamento IMU e ti stai chiedendo se è corretto, se puoi impugnarlo e cosa succede se non lo contesti nei termini? Ti accusano di non aver pagato l’imposta sugli immobili o di aver pagato meno del dovuto?
L’avviso di accertamento IMU è un atto esecutivo e impugnabile, emesso dal Comune per recuperare imposte che ritiene non versate o versate in misura insufficiente. Ma non sempre è legittimo, e in molti casi può essere contestato con successo se contiene errori formali o sostanziali.
Cos’è un avviso di accertamento IMU e cosa comporta?
– È un atto che ti contesta il mancato pagamento, il pagamento parziale o in ritardo dell’IMU
– Contiene già la liquidazione dell’imposta, le sanzioni e gli interessi
– Ha efficacia esecutiva: se non lo impugni entro i termini, il Comune può procedere con il recupero forzato, anche tramite pignoramento
Quando puoi impugnare l’avviso di accertamento IMU?
– Entro 60 giorni dalla notifica
– Presentando ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale territorialmente competente
– È impugnabile se ci sono errori sul calcolo dell’imposta, sull’identificazione dell’immobile, sull’aliquota applicata, sull’applicazione di esenzioni o agevolazioni
Cosa puoi contestare con il ricorso?
– Che l’immobile era esente da IMU (es. abitazione principale, immobili inagibili, esenzioni speciali)
– Che l’aliquota applicata non è corretta
– Che il Comune ha usato rendite catastali errate o non ha considerato variazioni comunicate regolarmente
– Che hai già pagato e puoi dimostrarlo con quietanze o F24
– Che l’atto non è stato notificato correttamente o è privo di motivazione
Cosa succede se non impugni l’avviso nei termini?
– Diventa definitivo e non più contestabile
– Il Comune può iscrivere a ruolo l’importo dovuto e affidarlo alla riscossione coattiva
– Potresti subire fermo amministrativo, pignoramento del conto corrente o dell’immobile
Cosa NON devi fare mai?
– Aspettare pensando che “si sistemerà da solo”: la procedura va avanti anche senza il tuo intervento
– Pagare subito senza controllare se l’atto è corretto: potresti versare somme non dovute
– Fare ricorso da solo senza una valutazione tecnica: un errore procedurale può compromettere tutto
– Ignorare la notifica: dopo 60 giorni non potrai più difenderti
L’avviso di accertamento IMU è un atto formale e aggressivo, ma può essere contestato con efficacia se agisci subito e con una difesa ben costruita.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in contenzioso tributario e difesa da accertamenti locali – ti spiega quando un avviso IMU è illegittimo, cosa puoi impugnare e come evitare che diventi esecutivo.
Hai ricevuto un accertamento IMU e vuoi sapere se puoi bloccarlo?
Richiedi, in fondo alla guida, una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Analizzeremo l’atto, verificheremo la legittimità della pretesa del Comune e costruiremo una strategia completa per difenderti e tutelare il tuo patrimonio immobiliare.
Introduzione
L’avviso di accertamento IMU è il provvedimento con cui il Comune contesta al contribuente il mancato o insufficiente versamento dell’Imposta Municipale Propria (IMU) relativa a uno o più immobili. Si tratta di un atto formale, motivato e notificato al contribuente, che quantifica l’imposta dovuta (oltre sanzioni e interessi) e intima il pagamento entro 60 giorni. Trascorso tale termine senza che il contribuente paghi o impugni l’atto, l’avviso diventa definitivo ed esecutivo, costituendo titolo per la riscossione coattiva immediata delle somme contestate. In altri termini, l’accertamento IMU odierno vale anche come ingiunzione di pagamento: superati i 60 giorni, l’ente impositore può attivare direttamente misure esecutive come il fermo amministrativo di veicoli, l’iscrizione di ipoteca sugli immobili o il pignoramento di beni e conti correnti, senza bisogno di ulteriori atti.
Ricevere un avviso di accertamento IMU può quindi destare allarme, specie perché coinvolge il patrimonio immobiliare del contribuente (privato cittadino o impresa). Tuttavia, il destinatario ha il pieno diritto di contestare l’atto e far valere le proprie ragioni entro precisi termini di legge. Impugnare correttamente e tempestivamente un accertamento IMU è spesso doveroso per evitare conseguenze patrimoniali gravi (come l’espropriazione forzata) qualora le pretese del Comune risultino illegittime o infondate. In questa guida forniremo un quadro aggiornato a luglio 2025, con taglio giuridico-divulgativo, su come impugnare un avviso di accertamento IMU. Analizzeremo la normativa di riferimento, le fasi pre-contenziose (come l’eventuale autotutela o accertamento con adesione), la procedura del ricorso tributario e le strategie difensive più efficaci, inclusi i profili di illegittimità più comuni da far valere. Faremo riferimento alle più recenti novità normative (come la riforma del processo tributario del 2023/2024) e alle sentenze più aggiornate in materia, con particolare attenzione ai diritti del contribuente (il “debitore” contestato) e alle possibili tattiche difensive per proprietari di molti immobili (es. imprenditori del settore immobiliare). Il tutto sarà arricchito da tabelle riepilogative, esempi pratici e una sezione di Domande & Risposte, per offrire una guida completa e di livello avanzato, utile sia ai professionisti (avvocati tributaristi, commercialisti) sia ai privati cittadini e imprenditori che vogliono capire come tutelarsi di fronte a un accertamento IMU.
L’avviso di accertamento IMU: natura, contenuto e termini
Dal 1° gennaio 2020 gli avvisi di accertamento emessi dai Comuni in materia di IMU sono, per legge, atti “impo-esecutivi”, ossia contemporaneamente atti di accertamento (che determinano l’imposta dovuta) e titoli esecutivi per la riscossione coattiva. Questa importante novità è stata introdotta dalla Legge n. 160/2019 (legge di Bilancio 2020), art. 1, comma 792, nel quadro della riforma della riscossione locale. In pratica, l’avviso di accertamento IMU odierno include già un’intimazione ad adempiere: invita il contribuente a pagare le somme dovute entro il termine per presentare ricorso (60 giorni dalla notifica) e lo avverte che, decorso tale termine, in caso di mancato pagamento né impugnazione, si procederà direttamente alla riscossione forzata. Pertanto non verrà più notificata una cartella di pagamento separata: l’accertamento stesso, una volta definitivo, è sufficiente per avviare pignoramenti, ipoteche, fermi ecc.. Questa forma di “accertamento esecutivo” rende ancora più cruciale per il contribuente reagire tempestivamente se ritiene l’atto illegittimo o errato.
Contenuto obbligatorio dell’avviso. Ogni avviso di accertamento IMU deve indicare, a pena di nullità, una serie di elementi essenziali. In particolare:
- La motivazione su fatti e ragioni giuridiche che hanno portato alla contestazione (es: mancato versamento per l’anno X, importo versato inferiore al dovuto, immobili non dichiarati, perdita dei requisiti per esenzione, ecc.). La motivazione deve essere chiara e tale da permettere al contribuente di capire da cosa nasce la pretesa. Se manca o è incomprensibile, l’atto è nullo per difetto di motivazione.
- Gli immobili e periodi d’imposta oggetto dell’accertamento, con relativi imponibili accertati (es: rendite catastali, valore dell’area fabbricabile) e le aliquote applicate secondo le delibere comunali vigenti per quegli anni.
- L’ammontare dell’imposta dovuta (IMU evasa) e degli accessori: in dettaglio sanzioni amministrative e interessi calcolati fino alla data dell’accertamento. Ad esempio, per omesso pagamento IMU è in genere prevista una sanzione del 30% dell’imposta non versata (ridotta ad 1/3 = 10% in caso di pagamento entro 30 giorni dalla contestazione); gli interessi legali invece maturano giorno per giorno.
- Le istruzioni per il contribuente, cioè: l’ufficio comunale a cui rivolgersi per informazioni o per eventuale definizione in autotutela; il responsabile del procedimento (figura prevista dallo Statuto del Contribuente, art.7 L.212/2000); le modalità e termini di pagamento (tipicamente tramite modello F24 allegato, entro 60 giorni); l’autorità giurisdizionale a cui è possibile ricorrere (le Corti di Giustizia Tributaria di primo grado, ex Commissioni Tributarie, competenti per territorio). Deve inoltre essere esplicitato che il termine per il ricorso è di 60 giorni dalla notifica, e che l’atto diventerà esecutivo trascorso tale termine.
- L’avvertimento sul titolo esecutivo e la riscossione frazionata: l’atto deve chiarire che, se non si paga entro 60 giorni, il debito diviene esecutivo e sarà affidato all’Agente della Riscossione per il recupero coattivo. Contestualmente, la legge prevede che – se il contribuente propone ricorso – sia dovuto in via provvisoria un importo pari a 1/3 dell’imposta accertata (oltre interessi) entro il termine di ricorso. Questo meccanismo (analogo a quello per le imposte erariali ex art.15 DPR 602/1973) significa che, pur impugnando l’avviso, il contribuente dovrebbe versare subito un terzo dell’IMU contestata a titolo cautelativo. In mancanza di tale versamento provvisorio, il Comune può comunque incaricare il concessionario della riscossione di procedere coattivamente per tale importo parziale. Il restante 2/3 resterebbe sospeso fino all’esito del primo grado (salvo casi di pericolo per la riscossione, vedi oltre).
- Sospensione di 180 giorni e avvisi successivi: la normativa prevede che dall’affidamento all’Agente della Riscossione decorrano 180 giorni di sospensione legale dell’esecuzione forzata. In pratica, dopo aver ricevuto il carico, l’esattore attende 180 giorni prima di iniziare pignoramenti ed esecuzioni, per dar modo al contribuente di ottenere una sospensione giudiziale. Attenzione: questa moratoria di 180 giorni opera solo se il contribuente ha effettivamente presentato ricorso e richiesto al giudice tributario la sospensione dell’atto impugnato. In caso di pericolo nel ritardo (ad es. rischio concreto di incapienza del patrimonio del debitore), la legge consente all’ente impositore di accelerare subito la riscossione integrale dopo 60 giorni, senza attendere i 30 giorni ulteriori né il periodo di sospensione. Infine, se l’esecuzione forzata inizia oltre un anno dopo la notifica dell’accertamento, l’esattore dovrà notificare al contribuente un ulteriore avviso (intimazione) di pagamento con 5 giorni di anticipo, ai sensi dell’art.50 DPR 602/1973 (norma applicabile per rinvio).
Va sottolineato che la disciplina dell’accertamento IMU è uniforme su tutto il territorio nazionale (essendo basata su leggi statali), ma ciascun Comune può deliberare aliquote, detrazioni ed esenzioni locali nei limiti previsti dalla legge. Inoltre i Comuni possono dotarsi di Regolamenti propri per disciplinare aspetti procedurali (ad esempio l’eventuale contraddittorio endoprocedimentale, o l’accertamento con adesione in ambito locale). Pertanto, quando si riceve un avviso IMU, è importante verificare non solo la normativa nazionale, ma anche le delibere e i regolamenti del Comune creditore per l’anno d’imposta contestato. Ad esempio, l’aliquota IMU su un’seconda casa può variare da Comune a Comune (entro il tetto massimo statale), incidendo sul calcolo; oppure un Comune potrebbe aver previsto agevolazioni ulteriori (come riduzioni per immobili storici, o per fabbricati inagibili) che, se non riconosciute nell’accertamento, vanno contestate con riferimento alla delibera locale.
Termini di decadenza: l’ente impositore deve emettere e notificare l’avviso di accertamento IMU entro precisi termini decadenziali, pena la nullità dell’atto. In base alla normativa vigente (art.1, commi 161 e 163, Legge n.296/2006) gli avvisi di accertamento per omesso, insufficiente o tardivo versamento di tributi locali devono essere notificati entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui doveva essere effettuato il pagamento. In pratica, per l’IMU dell’anno X, il Comune ha tempo fino al 31 dicembre dell’anno X+5 per accertare (salvo eventuali sospensioni dei termini in casi particolari, ad es. provvedimenti emergenziali). Ad esempio, un’omissione IMU relativa al 2020 può essere contestata al massimo entro il 31/12/2025; oltre tale data interviene la decadenza e l’avviso sarebbe illegittimo per tardività. Analogamente, per dichiarazioni IMU infedeli od omesse (ove tuttora previste: si ricorda che dal 2012 la dichiarazione IMU va presentata solo in casi particolari, non ogni anno), il termine di decadenza è quello quinquennale decorrente dall’anno in cui la dichiarazione andava presentata. È bene evidenziare che la decadenza non è prorogabile (salvo sospensioni di legge, come la sospensione dei termini nel 2020 causa emergenza Covid, o simili): un avviso notificato fuori termine è nullo senza bisogno di dimostrare alcun pregiudizio. Ad esempio, se un avviso per IMU 2016 viene notificato il 2 gennaio 2023, il contribuente potrà farne dichiarare la nullità per decadenza (termini scaduti al 31/12/2022). Su questo punto la giurisprudenza è costante.
Notifica dell’atto al contribuente. Ai fini della decorrenza dei 60 giorni per impugnare, è fondamentale il momento della notifica dell’accertamento. La notifica può avvenire con diverse modalità lecite: tramite messo comunale o ufficiale giudiziario, tramite posta raccomandata con avviso di ricevimento, oppure tramite PEC (Posta Elettronica Certificata) se il contribuente ha un domicilio digitale registrato. Molti Comuni ormai prediligono la notifica via PEC per le persone dotate di PEC (società, professionisti, ma anche privati che l’hanno comunicata): l’atto viene inviato in formato digitale (spesso firmato digitalmente) e si considera notificato quando il destinatario scarica la PEC o comunque decorsi i termini di giacenza digitale. La notifica a mezzo posta si perfeziona, per il notificante, alla data di spedizione e, per il destinatario, alla data di ricezione. Può essere effettuata direttamente dall’ufficio tributi comunale ex lege 296/2006, oppure tramite agenti della riscossione (come Agenzia Entrate-Riscossione) se delegati dal Comune.
Se la notifica postale non va a buon fine (destinatario assente, indirizzo errato ecc.), l’atto può essere depositato presso la casa comunale e ne viene data comunicazione con raccomandata CAD; in caso di irreperibilità assoluta, possono applicarsi le norme sulla notifica per pubblici proclami o l’art.60 DPR 600/73 (affissione all’albo). Data la complessità, eventuali vizi di notifica (mancato rispetto delle forme di legge) possono costituire motivi di ricorso, come vedremo, ma vanno valutati con attenzione e documentati. Ad esempio, se l’atto è stato consegnato a persona non autorizzata (né familiare convivente né addetta alla casa/ufficio) o inviato a un indirizzo non corretto, la notifica è inesistente o nulla. Anche nel caso di notifica via PEC, la mancanza dell’attestazione di conformità della copia analogica all’originale digitale può rendere nullo l’atto: la Corte di Cassazione ha infatti chiarito che la copia cartacea notificata deve riportare l’attestazione che essa è conforme all’originale informatico firmato digitalmente, altrimenti non vi è certezza giuridica che il destinatario abbia ricevuto lo stesso contenuto dell’atto. Su questo tema, alcune pronunce (Cass. nn.1150/2021 e 1557/2021) avevano ritenuto valida la notifica su carta di un atto digitale se il documento reca un QR code o un codice identificativo per accedere all’originale; altre sentenze più recenti (Cass. n. 29945/2022) hanno invece sancito la nullità dell’avviso digitalmente sottoscritto ma notificato senza attestazione di conformità. In pratica, è buona norma controllare sulla copia ricevuta la presenza della dicitura di conformità all’originale e degli estremi del certificato digitale: la sua assenza è un possibile vizio formale da far valere.
Riassumendo, un avviso di accertamento IMU correttamente emesso deve arrivare al contribuente entro i termini di decadenza, contenere tutti gli elementi essenziali (soggetti, motivazioni, importi, riferimenti normativi, istruzioni sul da farsi) e risultare validamente notificato. In mancanza di anche uno solo di questi requisiti, l’atto può essere considerato nullo o annullabile. Nei paragrafi successivi vedremo come il contribuente può reagire, prima e dopo la notifica, per tutelare i propri diritti.
Prima del ricorso: verifiche e rimedi in via amministrativa (autotutela, adesione, conciliazione)
Quando si riceve un avviso di accertamento IMU, prima di adire il giudice tributario è opportuno effettuare alcune verifiche preliminari e valutare l’utilizzo di strumenti deflativi del contenzioso, cioè soluzioni che possono risolvere (o attenuare) la controversia senza arrivare necessariamente al processo. Dal punto di vista del contribuente, questi strumenti – sebbene non obbligatori – possono rivelarsi vantaggiosi in termini di costi, tempi e risultati, specialmente se la pretesa dell’ente impositore è frutto di un errore materiale o se si intende comunque evitare una lite giudiziaria dall’esito incerto. Vediamo i principali rimedi pre-contenziosi disponibili:
- Pagare con “acquiescenza” entro 60 giorni: Se il contribuente, valutato l’accertamento, riconosce fondato il debito contestato (ad esempio, si era effettivamente dimenticato di pagare l’IMU e l’importo richiesto è corretto), può decidere di pagare quanto dovuto entro 60 giorni dalla notifica. In tal caso, ha diritto a una significativa riduzione delle sanzioni: le sanzioni amministrative vengono ridotte a 1/3 del minimo previsto (art. 15, co.1, D.Lgs. 218/1997, sul cosiddetto “ravvedimento operoso entro i termini di impugnazione”, spesso chiamato anche acquiescenza all’accertamento). Ad esempio, su una sanzione base del 30%, pagare nei 60 giorni comporta di versare solo il 10%. L’acquiescenza comporta la rinuncia al ricorso: pagando integralmente l’imposta accertata, più interessi e sanzioni ridotte, il contribuente accetta l’atto e questo diventa definitivo. Tale scelta può avere senso quando l’ente impositore ha ragione e non vi sono motivi validi di contestazione, oppure quando la riduzione della sanzione è conveniente rispetto ai costi/benefici di un eventuale ricorso. Attenzione: per usufruire di questa agevolazione, occorre pagare tutto il dovuto entro 60 giorni; un pagamento parziale non perfeziona l’acquiescenza e il Comune potrà comunque esigere il residuo (anche avviando la riscossione coattiva dopo la scadenza).
- Richiedere una rateizzazione del pagamento: In molti casi il contribuente potrebbe trovarsi d’accordo sul dovuto ma in difficoltà economica a pagare in unica soluzione l’intero importo. I Comuni generalmente consentono di chiedere un pagamento rateale del debito accertato (tipicamente, applicando le stesse regole previste per le cartelle esattoriali, ad es. dilazioni fino a 72 rate mensili in base all’importo e all’ISEE del contribuente). La rateazione non sospende formalmente i termini di ricorso: se il contribuente inizia a pagare a rate senza impugnare, compie di fatto un’acquiescenza (accettazione) dell’atto. Alcuni Comuni prevedono comunque che, se la rateazione è richiesta entro i 60 giorni, la sanzione sia ridotta a 1/3 come in caso di pagamento in unica soluzione. È importante informarsi presso l’Ufficio Tributi comunale sulle modalità di richiesta di rateazione e sulle condizioni (ad esempio, necessità di fideiussione per importi elevati, decadenza dal piano di rate se salta una rata, ecc.). Nota bene: optare per la rateazione senza ricorso è consigliabile solo se si è certi di dover pagare; se invece si nutrono dubbi sulla legittimità dell’accertamento, meglio valutare l’adesione o il ricorso, poiché il semplice avvio del pagamento rateale può precludere contestazioni successive.
- Istanza di autotutela (richiesta di annullamento/rettifica in via amministrativa): Se si individuano errori evidenti o illegittimità nell’avviso, il contribuente può presentare al Comune (di solito all’Ufficio Tributi) un’istanza di autotutela, cioè una richiesta motivata di annullamento o correzione dell’atto senza dover ricorrere in commissione tributaria. L’autotutela è un procedimento discrezionale: l’ente impositore può annullare d’ufficio l’accertamento se riconosce l’errore, ma non è obbligato a farlo. È comunque uno strumento da tentare in tempi rapidi, soprattutto quando la fondatezza delle ragioni del contribuente è palese. Esempi tipici in cui l’autotutela è consigliabile: errore di persona (avviso intestato al soggetto sbagliato), errori di calcolo nell’importo, errata applicazione di aliquote o esenzioni (ad es. il contribuente aveva diritto all’esenzione prima casa ma il Comune ha calcolato IMU come seconda casa), doppia imposizione (richiesta di pagamento per un periodo già pagato o già accertato), oppure pagamento già effettuato entro le scadenze ma non registrato dal Comune. In questi casi l’istanza dovrebbe essere corredata dai documenti che provano l’errore (ricevuta F24 di pagamento, visura catastale, copia della dichiarazione IMU presentata, ecc.). Se l’ufficio riconosce l’errore, può emettere un provvedimento di annullamento in autotutela o rettifica dell’avviso. Attenzione: la presentazione di un’istanza di autotutela non sospende il termine dei 60 giorni per il ricorso. Ciò significa che, se entro i 60 giorni il Comune non ha ancora risposto o non annulla l’atto, il contribuente – per sicurezza – dovrebbe comunque predisporre il ricorso giudiziario, altrimenti scaduti i termini perderebbe la possibilità di difendersi. In alcuni casi, l’Ufficio tributi, ricevuta l’istanza, invita a non presentare ricorso in attesa dell’esito: tale suggerimento non ha valore legale vincolante, quindi è sempre consigliabile, vicino alla scadenza, presentare ricorso (eventualmente rinunciandovi se poi l’atto viene annullato in autotutela).
- Accertamento con adesione (definizione concordata): L’accertamento con adesione è uno strumento che consente di definire in maniera concordata la pretesa tributaria, attraverso un confronto diretto tra contribuente e ufficio, con il beneficio di una riduzione delle sanzioni. Introdotto per gli accertamenti fiscali statali (D.Lgs. 218/1997), è stato reso facoltativo per gli enti locali: i Comuni possono prevederlo nei propri regolamenti tributari (ai sensi dell’art.50 L.449/1997). Molti Comuni hanno adottato l’istituto estendendo per lo più le disposizioni del D.Lgs.218/97 anche alle imposte locali (IMU, TARI, etc.). In sostanza, il contribuente che riceve un avviso IMU può presentare un’istanza di accertamento con adesione (di solito utilizzando un modulo predisposto o un fac-simile disponibile sul sito comunale) entro 60 giorni dalla notifica dell’atto. La presentazione dell’istanza comporta un differimento di 90 giorni del termine per fare ricorso (sospensione prevista dall’art.6, co.3 D.Lgs.218/97): in pratica i 60 giorni si “congelano” e riprendono a decorrere dopo 90 giorni (arrivando così, se necessario, a 150 giorni totali). Durante questo periodo, l’ufficio invita il contribuente a un contraddittorio, in cui si discute l’accertamento e si valuta se e come ridurre le somme contestate. Spesso si trova un accordo su una cifra inferiore (ad esempio riconoscendo parzialmente le ragioni del contribuente, o tenendo conto di documenti forniti) e si formalizza un atto di adesione, con il contribuente che si impegna a pagare quanto concordato. Vantaggi dell’adesione: la sanzione viene ridotta a 1/3 del minimo (quindi parimenti al 10% se la base è 30%) e l’importo concordato può essere rateizzato in fino a 8 rate trimestrali (12 rate se oltre 50.000 €). Inoltre, l’adesione elimina il contenzioso: firmando l’accordo il contribuente rinuncia al ricorso. Svantaggi: se non si trova un accordo, i 90 giorni di sospensione passano e il contribuente dovrà comunque ricorrere; tuttavia avrà “guadagnato” tempo. Con le riforme recenti, l’accertamento con adesione ha subito alcune modifiche: il D.Lgs. 13/2024, in vigore dal 30 aprile 2024, ha integrato l’adesione con il nuovo contraddittorio preventivo (vedi oltre). In sintesi, oggi se per un certo atto non è previsto il contraddittorio endoprocedimentale obbligatorio, il contribuente può presentare istanza di adesione entro il termine di ricorso (60 gg); se invece l’atto era soggetto a contraddittorio obbligatorio (es. avviso su materia non automatica), l’adesione va chiesta entro 30 giorni dalla comunicazione dello schema di atto (se il contribuente non aveva già presentato osservazioni in sede pre-accertamento) o entro 15 giorni dalla notifica dell’avviso definitivo (se il contribuente aveva partecipato al contraddittorio con osservazioni). Queste distinzioni derivano dall’esigenza di non duplicare il confronto: in sostanza, se il contribuente è già stato sentito prima dell’atto, l’adesione posteriore ha tempi più stretti e limitati ai soli elementi già dedotti. Ad ogni modo, il consiglio pratico è: verificare se il proprio Comune ammette l’adesione per l’IMU (in genere la presenza dell’istituto è indicata sul retro dell’avviso stesso, con le istruzioni e i termini per l’istanza). Se sì e se ci sono margini per un accordo (ad esempio contestazione su imponibili, valori catastali, percentuali di possesso, ecc.), l’adesione può ridurre notevolmente la sanzione ed evitare il ricorso. Se invece la questione è prettamente giuridica (es. esenzione prima casa negata, su cui si vuole far valere una sentenza favorevole) e il Comune non è intenzionato a riconoscerla in adesione, probabilmente questo strumento non porterà frutto.
- Reclamo e mediazione tributaria (solo per atti fino al 2023): Fino al 2023 l’ordinamento prevedeva, per le controversie di valore fino a 50.000 €, l’istituto del reclamo/mediazione obbligatoria: il contribuente, prima di agire in giudizio, era tenuto a presentare il ricorso come reclamo all’ente impositore, il quale aveva 90 giorni per eventualmente accogliere o transigere (mediazione) la pretesa; decorso tale termine, il ricorso acquistava efficacia e si incardinava in Commissione Tributaria. Questo procedimento – disciplinato dall’art.17-bis D.Lgs.546/92 – aveva lo scopo di ridurre le liti minori, ma si è rivelato in parte inefficace (solo ~30% di esiti deflattivi secondo le statistiche 2022). Con la riforma attuata dal D.Lgs. n. 130/2022 e dal successivo D.Lgs. 220/2023, il reclamo-mediazione è stato abolito per i nuovi ricorsi a partire dal 2024. In particolare, l’art. 17-bis D.Lgs.546 è stato abrogato dal 4 gennaio 2024; dopo una breve incertezza interpretativa sulla decorrenza, il MEF ha chiarito ufficialmente che non è più obbligatorio il reclamo per i ricorsi notificati dal 4 gennaio 2024 in poi. Dunque, oggi (2025) chi intende impugnare un accertamento IMU non è tenuto a inviare preventivamente il reclamo al Comune, ma può procedere direttamente con il ricorso in Commissione Tributaria (ora Corte di Giustizia Tributaria). Resta inteso che la possibilità di definire bonariamente la lite anche dopo il ricorso è sempre aperta tramite la conciliazione giudiziale (disciplinata dall’art.48 D.Lgs.546/92): si tratta di un accordo transattivo tra contribuente e Ente davanti al giudice, con ulteriori benefici sulle sanzioni (ridotte al 50% in caso di conciliazione raggiunta in primo grado). La conciliazione può avvenire fino all’udienza di trattazione oppure, in appello, solo nella prima udienza. Per completezza, segnaliamo che restano valide le procedure di reclamo avviate per ricorsi notificati fino al 3 gennaio 2024 (che seguono la previgente disciplina), ma questa è ormai una situazione transitoria.
Riassumendo le opzioni pre-ricorso: se l’accertamento presenta errori chiari, l’autotutela è la prima cosa da tentare; se la pretesa è parzialmente fondata e si vuole ridurre il danno, l’adesione offre sconti sulle sanzioni; se invece si ritiene l’atto totalmente infondato, si può procedere direttamente col ricorso, magari preceduto da un reclamo bonario (anche se non più obbligatorio) per vedere se l’ente è disposto a trattare. In ogni caso, è fondamentale tenere d’occhio il termine dei 60 giorni, che – a meno di sospensioni dovute ad adesione o ferie – resta il limite invalicabile per avviare l’iter di impugnazione giurisdizionale. Nel prossimo paragrafo vediamo nel dettaglio come impostare e presentare correttamente il ricorso all’autorità competente.
Come presentare il ricorso contro un accertamento IMU
Vediamo ora la procedura di impugnazione vera e propria. Il ricorso contro un avviso di accertamento IMU è un ricorso tributario e, in quanto tale, soggetto alle regole del D.Lgs. 31/12/1992 n. 546 (come modificato dalle riforme più recenti). Illustriamo i passaggi fondamentali:
1. Giudice competente e termini. La competenza a giudicare sui ricorsi IMU spetta alle Corti di Giustizia Tributaria di primo grado (CGT I grado), che hanno sede nelle province o sezioni distaccate regionali (fino al 2022 si chiamavano Commissioni Tributarie Provinciali). La competenza territoriale è individuata in base al luogo in cui ha sede l’ente impositore (il Comune): quindi, se ad esempio l’accertamento IMU è emesso dal Comune di Milano, il ricorso andrà presentato alla CGT I grado di Milano. Il termine per la proposizione del ricorso è di 60 giorni dalla data di notificazione dell’atto. Il computo del termine esclude il giorno di notifica e include l’ultimo giorno utile (se cade di sabato o festivo, slitta al primo giorno lavorativo successivo). È prevista la sospensione feriale dal 1° al 31 agosto di ogni anno (c.d. “ferie fiscali”), durante la quale i termini processuali sono congelati. Dunque, per un atto notificato ad esempio il 30 giugno, i 60 giorni scadrebbero il 29 agosto, ma ricadendo il periodo 1-31 agosto come sospeso, la scadenza effettiva sarà prorogata al 29 settembre. Altre cause di sospensione o proroga del termine di impugnazione: la presentazione dell’istanza di accertamento con adesione (+90 giorni come detto); oppure il caso di decesso o perdita di capacità del contribuente durante il termine, che comporta una proroga di 6 mesi a favore degli eredi o rappresentanti (art.22 co.1 D.Lgs.546/92, richiamando l’art.297 c.p.c.).
2. Assistenza tecnica. Per le controversie di valore superiore a 3.000 € è necessario farsi assistere in giudizio da un difensore abilitato (avvocato, commercialista, consulente del lavoro, o altri professionisti iscritti in appositi elenchi). Sotto tale soglia (3.000 €, calcolata al netto di interessi e sanzioni) è consentito il ricorso in proprio del contribuente, senza difensore tecnico, ma questa opzione – pur possibile – va ponderata: la materia tributaria è complessa e un errore formale può compromettere l’esito. Pertanto, anche nelle liti minori è consigliabile rivolgersi a un professionista. Dal 2023, con la riforma del processo tributario (L.130/2022), ai soli avvocati è riconosciuta la possibilità di patrocinare in Cassazione per il tributario; tuttavia, in primo e secondo grado restano abilitati anche altri professionisti. In ogni caso, all’atto del deposito del ricorso in giudizio, se ci si avvale di un difensore, va conferita la procura alle liti su foglio separato o in calce al ricorso, sottoscritta dal contribuente.
3. Contenuto del ricorso. Il ricorso deve essere un atto scritto contenente tutti gli elementi indicati dall’art.18 D.Lgs.546/92. In particolare deve indicare:
- Le generalità del ricorrente (dati anagrafici o denominazione, codice fiscale/partita IVA, domicilio o elezione di domicilio) e l’eventuale domicilio eletto o indirizzo PEC per le comunicazioni di cancelleria.
- L’ente contro cui si ricorre: nel caso IMU sarà il Comune che ha emesso l’atto (va indicato l’ente impositore, e si può aggiungere la denominazione dell’ufficio, es. “Ufficio Tributi del Comune di …”). È bene indicare anche i riferimenti dell’eventuale concessionario della riscossione se presente, ma formalmente la controparte è il Comune.
- L’atto impugnato: va individuato con gli estremi (numero di protocollo o riferimento, data dell’avviso, anno d’imposta contestato, importo) e ne va allegata copia integrale. Di solito è opportuno inserire in ricorso una frase tipo: “Si impugna l’avviso di accertamento IMU n. … emesso dal Comune di … notificato in data … (doc.1 allegato)”.
- I motivi del ricorso, cioè le contestazioni di merito e di legittimità mosse all’atto. Questa è la parte più corposa: occorre svolgere in punti separati le varie censure (es: 1) Violazione del termine di decadenza; 2) Erronea determinazione dell’imposta per aliquota applicata in misura errata; 3) Violazione di legge per mancata indicazione del responsabile del procedimento; 4) Illegittimità per difetto di motivazione… ecc.). Per ogni motivo vanno citate le norme pertinenti (es. art.1 c.161 L.296/06 per la decadenza, art.3 L.241/90 e art.7 L.212/2000 per l’obbligo di motivazione, giurisprudenza rilevante, ecc.) e spiegato perché l’atto è errato su quel punto, con eventuali richiami a documenti. I motivi possono riguardare vizi formali (es. di notifica, difetto di motivazione, incompetenza di chi ha firmato) oppure di merito (es. non era dovuta l’IMU perché l’immobile è esente, o il valore imponibile è minore, o l’unità immobiliare è pertinenza di prima casa, ecc.). In questa fase occorre essere chiari e precisi: il giudice tributario infatti decide nei limiti dei motivi dedotti dal ricorrente (principio dispositivo).
- Le conclusioni, ovvero la richiesta al giudice. Generalmente si chiede: l’annullamento totale dell’avviso impugnato (o in subordine l’annullamento parziale, se ad esempio si riconosce dovuta una parte e si contesta il resto), con vittoria di spese di giudizio. Se si vuole, si può già qui chiedere la sospensione dell’atto (ma meglio farlo con istanza separata, vedi oltre). Le conclusioni possono includere anche la riserva di chiedere la conciliazione giudiziale o la compensazione delle spese in caso di definizione bonaria.
- Data e firma. Il ricorso va sottoscritto dal difensore e dal contribuente (se è assistito). Se il difensore firma digitalmente (per deposito telematico), la procura alle liti deve essere analogica scansionata con firma o digitale con firma elettronica del contribuente.
4. Notifica del ricorso al Comune. Una volta redatto e sottoscritto, il ricorso va innanzitutto notificato alla controparte, cioè all’ente che ha emesso l’atto (art.20 D.Lgs.546/92). La notifica può avvenire in tre modi principali:
- Notifica a mezzo PEC: è oggi la modalità più usata dai difensori. Il ricorso (in PDF firmato digitalmente) viene inviato dalla casella PEC del difensore alla PEC istituzionale del Comune (spesso indicata sull’atto o reperibile dagli elenchi pubblici). Entro il giorno successivo, il difensore invia anche l’istanza di iscrizione a ruolo tramite PEC alla segreteria della CGT competente, allegando le ricevute PEC di accettazione e consegna del ricorso notificato. La notifica via PEC è immediata e comoda, ma attenzione: bisogna assicurarsi che la casella PEC dell’ente sia attiva e corretta; inoltre il file deve essere firmato digitalmente (formato p7m preferibilmente) e l’oggetto della PEC deve contenere la dicitura obbligatoria di legge (es. “Notificazione ai sensi del D.M. 163/2013”).
- Notifica in proprio a mezzo posta raccomandata: l’avvocato difensore, se autorizzato alla notifica in proprio, può spedire il ricorso tramite raccomandata all’ente, inserendo copia conforme e relata di notifica. La notifica si perfeziona con l’avviso di ricevimento firmato dall’ufficio comunale (o dall’agente della riscossione se delegato).
- Notifica tramite ufficiale giudiziario: meno frequente ormai, ma sempre possibile. L’UNEP provvede a consegnare l’atto al Comune seguendo il Codice di procedura civile.
La notifica deve essere effettuata (ossia avviata, se postale) entro il 60° giorno. Entro 30 giorni dalla notifica del ricorso, il ricorrente deve poi costituirsi in giudizio depositando il ricorso presso la segreteria della CGT (telematicamente o in cartaceo, vedi punto successivo). Se non avviene il deposito entro 30 gg, il ricorso è inammissibile. Vi è un dibattito transitorio dovuto all’abrogazione del reclamo: per i ricorsi notificati tra il 4 gennaio e il 1° settembre 2024 alcuni ritengono che si applichi ancora il termine lungo di costituzione di 90 giorni (vecchia regola del reclamo), ma per prudenza è consigliabile rispettare i 30 giorni canonici, onde evitare eccezioni procedurali.
5. Deposito (costituzione in giudizio). Oggi il processo tributario telematico è la regola. Il ricorso e i documenti allegati (copia atto impugnato, ricevute di notifica, procura alle liti, documenti probatori) vanno depositati preferibilmente in via telematica tramite il portale SIGIT (Sistema Informativo Giustizia Tributaria). Il difensore firma digitalmente gli atti e li carica, ottenendo le ricevute di accettazione dal sistema. In alternativa, un contribuente non assistito (o in casi eccezionali) può depositare in cartaceo presso la segreteria della Corte, ma dal 1° luglio 2019 il telematico è divenuto obbligatorio per i professionisti. Al momento del deposito va pagato il contributo unificato tributario (diritti di segreteria) il cui importo varia in base al valore della lite: per esempio €30 se la controversia vale fino a €2.582, €50 fino a €5.000, €100 fino a €25.000, €200 fino a €75.000, €500 fino a €200.000, €1.500 oltre €200.000 (queste cifre sono indicative e soggette ad aggiornamenti normativi). La prova del pagamento (F23 o pagoPA) va allegata. Dopo il deposito, la segreteria assegna un numero di R.G. (registro generale) e la causa è pendente: il Comune resistente sarà chiamato a sua volta a costituirsi entro 60 giorni dalla notifica del ricorso, depositando eventuale memoria difensiva (controdeduzioni) e documenti.
6. Sospensione dell’atto impugnato (tutela cautelare). L’impugnazione dell’accertamento non sospende automaticamente la riscossione dell’importo dovuto, salvo i limiti della riscossione frazionata (il famoso 1/3 provvisorio) di cui abbiamo detto. Pertanto, se il contribuente vuole evitare che il Comune (o l’agente di riscossione) avvii misure esecutive durante il processo, deve presentare una domanda di sospensione dell’atto (c.d. sospensiva) al giudice tributario (art.47 D.Lgs.546/92). Tale istanza cautelare può essere inserita nel ricorso stesso (nelle conclusioni) o presentata con atto separato contestualmente al ricorso. Conviene redigerla separatamente per motivarla adeguatamente. Occorre infatti dimostrare due requisiti: il fumus boni iuris (cioè che il ricorso non è pretestuoso ma vi sono valide ragioni di annullamento dell’atto) e il periculum in mora (cioè che l’esecuzione dell’atto, nelle more del giudizio, causerebbe un danno grave e irreparabile al contribuente). In ambito IMU, il pericolo nel ritardo si configura ad esempio se l’importo è molto elevato e l’Agente della riscossione potrebbe a breve iscrivere ipoteca sugli immobili dell’azienda o pignorare conti, mettendo a rischio la continuità d’impresa, oppure se è già stato minacciato un fermo amministrativo di un mezzo indispensabile al lavoro, ecc. Il contribuente deve allegare all’istanza eventuali prove (es. visure ipotecarie, bilanci, per far capire l’impatto). La CGT fisserà l’istanza in camera di consiglio (non pubblica) di solito entro 30-45 giorni dal deposito e deciderà con ordinanza. Se concede la sospensione, l’efficacia esecutiva dell’accertamento è congelata fino alla decisione di merito (sentenza di primo grado). Ciò significa che l’ente non potrà procedere alla riscossione coattiva nel frattempo, oppure – se avesse già avviato qualcosa – dovrà sospendere (ad es. un fermo auto in atto). Se invece l’istanza è respinta, l’atto resta esecutivo: a quel punto il contribuente, per evitare danni, può valutare di pagare quanto meno l’1/3 dovuto provvisoriamente, oppure chiedere rateazione in pendenza di giudizio (ma spesso ciò viene visto come acquiescenza, quindi attenzione). In caso di rigetto il contribuente può riproporre l’istanza in appello qualora faccia impugnazione della sentenza sfavorevole. Va notato che, come menzionato, la legge comunque concede una “sospensione ex lege” di 180 giorni dall’affidamento all’esattore se il contribuente ha presentato ricorso e chiesto sospensione. Questo di solito copre il tempo in cui il giudice decide sull’istanza cautelare. Se per assurdo il giudice tardasse e i 180 giorni decorressero, l’Agente potrebbe agire salvo poi dover tornare indietro se la sospensione sopravvenisse.
7. Discussione e decisione. Una volta istruita la causa (depositi di parte resistente, eventuali repliche del ricorrente, ecc.), si arriva alla fase decisoria. Per le liti di valore fino a 5.000 € vi è la possibilità del rito semplificato (sentenza sintetica) senza pubblica udienza, ma per avvisi IMU di solito gli importi superano tale soglia. Il contribuente può chiedere espressamente che la causa sia discussa in pubblica udienza (altrimenti potrebbe decidersi in camera di consiglio). Davanti al collegio, il difensore svolge un’arringa evidenziando i punti salienti. La Corte si riserva e deposita la sentenza entro normalmente 1-3 mesi. Gli esiti possibili: ricorso accolto (annullamento totale/parziale dell’atto impugnato) oppure rigettato (ricorso respinto, l’atto è valido) o anche una via di mezzo (accoglimento parziale). Se il ricorso è accolto, l’avviso viene annullato e nulla è dovuto (o è dovuta solo la parte non annullata); il Comune dovrà anche rimborsare il contributo unificato e, se il giudice lo dispone, rifondere le spese legali al contribuente. Se il ricorso è respinto, l’atto diviene definitivo e l’importo accertato diviene esigibile integralmente: il Comune/agente potrà riprendere o avviare la riscossione coattiva di tutto il dovuto. In tal caso, per evitare esecuzioni, il contribuente dovrebbe provvedere a pagare o quantomeno a concordare un piano rateale immediatamente dopo la sentenza (salvo appello, vedi sotto). La sentenza di primo grado è immediatamente esecutiva per la parte di imposta non sospesa: in genere ciò significa che, se c’era 1/3 già versato, il contribuente in caso di perdita deve pagare anche il residuo 2/3 più interessi. Se invece aveva vinto la sospensiva, con la sentenza a sfavore deve ottemperare a quanto deciso.
8. Impugnazione della sentenza (appello e Cassazione). Sia il contribuente sia l’ente locale possono appellare la sentenza di primo grado davanti alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado (ex Commissione Regionale). L’appello va notificato alla controparte entro 60 giorni dalla notifica della sentenza (se la sentenza non è notificata da nessuna parte, c’è un termine lungo di 6 mesi dal deposito). I motivi di appello possono riguardare errori di diritto o di valutazione commessi dal primo giudice. In appello, se la sentenza di primo grado era favorevole al contribuente, quest’ultimo non deve pagare nulla nel frattempo, ma l’ente può chiedere in via cautelare la sospensione dell’esecutività della sentenza (in genere rara). Viceversa, se la sentenza di primo grado è sfavorevole al contribuente, per proporre appello deve versare l’importo corrispondente a 2/3 di imposta ancora contestata (art.68 D.Lgs.546/92) entro 30 giorni dalla notifica della sentenza stessa, altrimenti l’appello è inammissibile. Ciò significa che, avendo già eventualmente versato 1/3 prima grado, in appello deve arrivare a 2/3 totali (in pratica versare un altro terzo). Se poi anche l’appello viene rigettato, per andare in Cassazione (solo per motivi di diritto, entro 60 gg) occorre versare il residuo. Questo regime di riscossione frazionata in pendenza di giudizio è stato oggetto di dibattito se valga identico per le entrate locali con accertamento esecutivo, ma la legge di Bilancio 2020 ha richiamato l’art.68 per cui tendenzialmente si applica anche a IMU.
Come si vede, il percorso processuale può essere lungo e oneroso. Per questo motivo, già in corso di giudizio, le parti possono scegliere di accordarsi: conciliazione giudiziale. Ad esempio, dopo la prima udienza il Comune potrebbe proporre di abbattere le sanzioni al 50% se il contribuente versa l’imposta, e sottoscrivere un verbale di conciliazione. Ciò comporta l’estinzione della causa e il pagamento concordato, evitando ulteriori gradi. È una scelta da valutare caso per caso, a seconda delle probabilità di vittoria e dell’interesse a chiudere in fretta.
In conclusione su questo capitolo procedurale: impugnare un avviso di accertamento IMU richiede attenzione ai termini, ai formalismi e spesso l’aiuto di un esperto. Ma è un diritto fondamentale del contribuente e l’unico strumento per evitare di pagare somme non dovute. Nel seguito, approfondiremo cosa contestare, ovvero i motivi di illegittimità più comuni degli accertamenti IMU, e quali strategie difensive adottare, specie per chi possiede patrimoni immobiliari rilevanti, al fine di ottenere l’annullamento (in tutto o in parte) delle pretese indebite.
Motivi di ricorso: profili di illegittimità più comuni dell’accertamento IMU
Non tutti gli avvisi di accertamento sono inoppugnabili: al contrario, l’esperienza pratica insegna che vi sono numerosi vizi che possono inficiarne la validità. In questa sezione esamineremo i profili di illegittimità più frequenti che il contribuente (e il suo difensore) dovrebbero ricercare in un accertamento IMU, poiché possono costituire efficaci motivi di ricorso. Tali vizi possono riguardare sia aspetti formali dell’atto, sia il merito della pretesa fiscale. Ecco una rassegna dei principali, con i riferimenti normativi e giurisprudenziali:
- 1. Notifica tardiva oltre i termini di decadenza: Come già evidenziato, l’accertamento IMU va notificato entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di imposta. Un avviso notificato oltre tale termine è irrimediabilmente decaduto. Ad esempio, un avviso IMU 2017 notificato dopo il 31/12/2022 è nullo ipso iure. Questo motivo va sempre verificato per primo (basta controllare la data di spedizione/posta o relazione di notifica e confrontarla con l’anno di imposta). La Cassazione ha più volte confermato che il mancato rispetto del termine di decadenza determina la nullità dell’atto, non sanabile nemmeno se il contribuente lo riceve (è una decadenza sostanziale del potere impositivo). In giudizio è sufficiente produrre la busta o relata con la data, per ottenere l’annullamento dell’atto per decorso del termine. Nota: la decadenza è diversa dalla prescrizione: la decadenza attiene all’azione di accertamento (5 anni); la prescrizione invece riguarda la riscossione dei tributi locali, ed è anch’essa quinquennale ma decorre dalla definitività del credito (art.2948 c.c.). Ad esempio un’IMU 2016 non accertata entro il 2021 è decaduta; una cartella IMU 2016 regolarmente notificata e non pagata entro il 2021 si prescrive.
- 2. Vizi di notifica dell’avviso: Anche se emesso tempestivamente, l’atto può non essere stato notificato secondo le forme di legge, inficiando il diritto di difesa. Ad esempio, casi frequenti: notifica a soggetto non legittimato (consegnato a un vicino di casa o portiere senza successiva raccomandata di conferma, oppure a un familiare non convivente); notifica presso un indirizzo errato (es. inviato alla vecchia residenza nonostante il cambio risultante all’anagrafe comunale); mancato invio della raccomandata informativa in caso di deposito al Comune per irreperibilità relativa; notifica via PEC invalida (es. casella PEC errata, o allegato in formato non aperto, o mancanza attestazione conformità della copia analogica). Un vizio di notifica può rendere l’atto inesistente (se manca del tutto la consegna secondo forme legali) o nullo (se irregolare). Va però considerato che, secondo la Cassazione, se il contribuente ha comunque impugnato l’atto venendone a conoscenza, non può lamentare nullità relative alla notifica salvo sia stato pregiudicato (es. per le sanzioni da omessa impugnazione nei termini). Tuttavia, per prudenza, è possibile includere nel ricorso anche l’eccezione di notifica nulla, chiedendo l’annullamento dell’atto per tale motivo. Ad esempio Cass. 15795/2021 ha annullato un accertamento IMU notificato via PEC perché la copia cartacea consegnata non conteneva l’attestazione di conformità all’originale digitale, ritenendo ciò violazione dell’art.3-bis L.53/1994 e del diritto di difesa. Anche la CTR Lazio sent.88/2022 ha accolto ricorso per notifica a indirizzo sbagliato nonostante cambio di residenza. Insomma, questo motivo va valutato caso per caso e sollevato ove riscontrato, poiché può portare all’annullamento indipendentemente dal merito.
- 3. Difetto di motivazione (art.7 L.212/2000 e art.3 L.241/1990): Ogni avviso deve contenere la motivazione, ovvero l’indicazione chiara dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che lo fondano. Se la motivazione manca del tutto o è talmente generica da non far capire al contribuente perché gli si chiede quell’IMU, l’atto è nullo. Ad esempio, un accertamento che si limitasse a intimare “Versa IMU anno 2020 importo € XXX” senza spiegare su quale immobile, quale omissione, quale calcolo, sarebbe sicuramente annullabile. Anche motivazioni per relationem prive degli atti richiamati configurano nullità. Ad esempio la Corte di Cassazione ha affermato che “è illegittimo l’accertamento che è carente di motivazione e non consente al contribuente di individuare la base del calcolo”. In una pronuncia di merito (CTP Napoli sent.8578/2022) è stato ribadito che l’avviso IMU è nullo se non esplicita le ragioni del ricalcolo e il confronto con quanto dichiarato dal contribuente. Dunque verificare sempre se l’atto spiega il perché della richiesta: ad esempio “omesso versamento seconda rata IMU 2019 su immobile sito in…, rendita catastale…, aliquota…”. Se tale spiegazione manca o è errata (ad es. indica un immobile non di proprietà), questo è un punto forte su cui far leva in ricorso.
- 4. Errata intestazione o difetto di legittimazione passiva: Può capitare che l’IMU venga richiesta al soggetto sbagliato, ad esempio al venditore di un immobile per un periodo successivo alla vendita, oppure a uno solo dei comproprietari invece che pro-quota a ciascuno, o ancora al locatario invece che al possessore effettivo. IMU è un tributo legato al possesso immobiliare: soggetti passivi sono proprietari o titolari di diritti reali (usufrutto, ecc.). Se l’accertamento è rivolto a chi non era possessore nel periodo contestato (magari per un ritardo nell’aggiornamento catastale), il ricorso evidenziando l’estraneità del soggetto porterà all’annullamento. Analogamente, se c’è stata una successione ereditaria e il Comune ha notificato solo al de cuius deceduto (atto notificato a persona defunta), la notifica è nulla e l’accertamento andrà rinnovato nei confronti degli eredi. Un caso particolare: coniuge separato assegnatario della casa coniugale – chi paga IMU? La legge esenta l’abitazione principale, ma in caso di coniugi con residenze diverse c’era il problema normativo (vedi oltre punto 9). In ogni caso, chi riceve un avviso deve verificare se era effettivamente lui il soggetto passivo nel periodo: se no, questo è motivo decisivo (va allegata magari copia dell’atto di vendita, o della visura catastale aggiornata, o della sentenza di separazione che assegna la casa all’altro coniuge contribuente, ecc.).
- 5. Sottoscrizione dell’atto da parte di soggetto non autorizzato: L’art.1, c.87, L.549/1995 dispone (in analogia all’art.42 DPR 600/73) che gli avvisi di accertamento per tributi locali siano sottoscritti dal responsabile dell’ufficio o da altro funzionario delegato dal dirigente. Se manca la firma oppure chi firma non aveva la delega, l’atto è nullo per difetto di sottoscrizione. La Cassazione ha di recente ribadito che, in caso di contestazione specifica da parte del contribuente, spetta all’ente dimostrare l’esistenza e regolarità della delega di firma. In altre parole, se nel ricorso il contribuente eccepisce “l’avviso non è firmato dal Capo area Tributi ma da Tizio di cui non si conosce la qualifica né risulta la delega”, il Comune in giudizio dovrà produrre l’atto interno di delega. Se non lo fa o se la delega risulta viziata (ad esempio data a un funzionario di categoria non adeguata, o firmata da un soggetto privo di potere), la giurisprudenza considera nullo l’avviso. Anche l’apposizione di una firma meccanografica è stata oggetto di contenzioso: la Corte di Cassazione (ord.29820/2021) ha ritenuto legittima la firma a stampa se la riproduzione meccanica è autorizzata e tracciabile, mentre altre sentenze hanno richiesto almeno l’indicazione a stampa del nome del firmatario. In pratica, sull’avviso di solito c’è scritto in calce “Il Dirigente/Dott. Caio (firma autografa o digitale)”: se manca del tutto, è un vizio grave. Se c’è una sigla illeggibile, conviene chiedere di dimostrare la delega. Le Sezioni Unite della Cassazione già nel 2015 (sent.22810/2015) stabilirono che la mancata sottoscrizione costituisce difetto insanabile, ma che la prova della delega può essere data anche successivamente dall’ente. Dunque come contribuente bisogna sollevare l’eccezione, poi sta al Comune discolparsi. Se non lo fa, l’atto salta.
- 6. Omessa indicazione del responsabile del procedimento: Lo Statuto del Contribuente (L.212/2000) all’art.7 co.2 lett.a) prevede che gli atti impositivi debbano indicare il responsabile del procedimento di istruttoria e di emanazione dell’atto. La mancata indicazione può comportare la nullità dell’atto, sebbene su questo la giurisprudenza non sia sempre stata uniforme. In passato, alcune Commissioni hanno annullato avvisi IMU privi di tale indicazione richiamando la norma statutaria come vincolante anche per i Comuni. Altre hanno ritenuto che la mancata indicazione non incida sulla comprensibilità dell’atto e sia un vizio formale non invalidante. In via prudenziale, se sull’avviso non è indicato alcun responsabile del procedimento, conviene inserirlo tra i motivi di ricorso, invocando la violazione dell’art.7 L.212/2000. Nel contesto delle riforme 2023, è stato ribadito che lo Statuto del Contribuente si applica anche agli enti locali e deve essere rispettato in ogni suo punto (il MEF nella circolare 1/DF/2020 ad esempio ha ricordato l’obbligo per i Comuni di indicare il responsabile). Quindi un giudice potrebbe annullare su questa base.
- 7. Errori sul calcolo dell’imposta o applicazione di aliquote/agevolazioni: Questo è un vizio di merito: l’avviso potrebbe essere illegittimo perché sbagliato nei numeri. Esempi: il Comune applica un’aliquota errata (magari quella delle seconde case anziché quella agevolata prevista per l’immobile in questione); oppure ignora una detrazione spettante (ad es. €200 di detrazione prima casa, se ancora applicabile, o riduzione del 50% per immobile di interesse storico-artistico ex art.10 D.Lgs.42/2004); oppure calcola male i mesi di possesso (contando 12 mesi anziché 6 dopo una vendita a metà anno). Oppure ancora, doppia tassazione di un periodo: capita con cambi di rendita catastale o frazionamenti, che lo stesso immobile venga contato due volte. Questi errori possono sembrare banali, ma costituiscono motivi per chiedere la rettifica o l’annullamento parziale dell’atto. In sede di ricorso vanno evidenziati con una tabella di ricalcolo corretta, documentando l’aliquota giusta tramite la delibera comunale (spesso reperibile sul sito del MEF – Dip. Finanze, elenco delibere IMU anno per anno). Se l’errore è rilevante, può portare anche all’annullamento totale se la pretesa risulta infondata. Ad esempio, se l’ente chiede IMU come “area edificabile” ma l’immobile era un fabbricato iscritto al catasto, c’è un errore sul presupposto (non poteva tassare come area). Oppure se viene richiesto IMU su un terreno agricolo che in quell’anno era esente perché coltivato da CD o IAP, ecc. Quindi vanno conosciute bene le regole agevolative IMU e confrontarle con la situazione concreta.
- 8. Violazione del contraddittorio endoprocedimentale (mancata attivazione prima dell’accertamento): Questo motivo è diventato molto attuale a seguito della riforma fiscale del 2023. L’art.6-bis dello Statuto del Contribuente (introdotto dal D.Lgs. 216/2017 e ora modificato dal D.Lgs. 219/2023) stabilisce l’obbligo generalizzato di contraddittorio preventivo per gli atti impositivi non “automatizzati”. In pratica, prima di emettere un accertamento che non consista in una mera liquidazione aritmetica, l’ente impositore deve comunicare al contribuente i motivi che vorrebbero portare all’accertamento e dargli possibilità di replica. A livello statale, l’Agenzia Entrate lo fa tramite avvisi di compliance o PVC; a livello locale, molti Comuni già inviavano avvisi bonari o inviti (es. “avviso di accertamento bonario” o “invito a regolarizzare”) prima dell’emissione formale dell’atto. Dal 2023 questo contraddittorio è divenuto obbligatorio anche per i Comuni (principio di cooperazione fisco-contribuente). Ne consegue che un accertamento IMU emesso senza previa attivazione del contraddittorio, in situazioni non meramente automatiche, può essere dichiarato nullo per violazione di legge. Ad esempio, se il Comune intende disconoscere l’esenzione prima casa per residenza del coniuge altrove, avrebbe dovuto prima invitare il contribuente a fornire chiarimenti (magari sullo stato di famiglia, sulle utenze, ecc.); se non l’ha fatto e ha direttamente accertato, l’atto è impugnabile per violazione dell’art.6-bis Statuto. La Cassazione già con sentenze del 2018-2019 aveva iniziato a annullare accertamenti locali sostanziali senza contraddittorio, ma ora con la norma chiara è ancora più solido. Il contribuente dovrà evidenziare nel ricorso: “L’atto impugnato è stato emesso in assenza di previo contraddittorio, sebbene l’oggetto non fosse un controllo formale ma sostanziale (non trattandosi di mera liquidazione di importi dichiarati). Ciò in violazione dell’art.6-bis L.212/2000, applicabile agli enti locali, e dei principi europei sul contraddittorio (Corte UE caso Sopropé)”. In diversi casi le Commissioni hanno già annullato atti IMU per tale motivo, e dottrina e prassi invitano i Comuni ad adeguarsi inviando sempre un “avviso di accertamento in bozza” prima. Insomma, questo può essere un asso nella manica del ricorrente quando applicabile. Attenzione: non è applicabile ai controlli “a tavolino” su dati certi (es. omesso versamento riscontrato da banco dati F24: quello è atto automatizzato, non richiede contraddittorio). Ma se l’accertamento implica valutazioni (es: valore venale di area fabbricabile, spettanza di esenzione per residenza, ecc.), allora sì.
- 9. Contestazione su esenzioni e agevolazioni particolari (casi alla luce di giurisprudenza recente): Molti accertamenti IMU nascono da differenze di interpretazione su agevolazioni. Due casi su tutti meritano menzione per l’evoluzione giurisprudenziale:
- Esenzione prima casa e residenza dei coniugi in immobili diversi: la normativa IMU (fino al 2021) negava l’esenzione per abitazione principale se i membri dello stesso nucleo familiare fissavano la residenza in case diverse (anche in Comuni diversi). In pratica una famiglia, per avere esenzione, doveva avere un’unica abitazione principale per tutti. Questo ha portato a molti accertamenti: ad es. marito residente nella Casa A (Comune X) e moglie con figli nella Casa B (Comune Y); entrambi reclamavano esenzione ma la legge gliene dava una sola, quindi uno dei due immobili veniva tassato come “seconda casa” e spesso il Comune notificava accertamento. Ebbene, la Corte Costituzionale con sentenza n. 209/2022 ha dichiarato l’illegittimità di questa preclusione, affermando che l’esenzione IMU per abitazione principale spetta ad entrambe le case se i coniugi hanno residenze e dimore abituali effettive in immobili diversi, anche in Comuni differenti. La Corte ha ritenuto discriminatorio limitare l’agevolazione a un solo immobile per nucleo, penalizzando coppie costrette a vivere separate per lavoro o altri motivi. Dunque, dopo questa sentenza (pubblicata il 13/10/2022), i Comuni non possono più negare l’esenzione in tali casi, e devono anche riconoscere il diritto al rimborso per gli anni non prescritti. Cosa comporta ciò per gli accertamenti? Se un contribuente ha ricevuto (o riceve ancora, magari per 2017-2021) un accertamento IMU sulla casa in cui risiede, solo perché il coniuge ha diversa residenza altrove, tale accertamento è ora illegittimo in base alla dichiarazione di incostituzionalità. Va impugnato citando espressamente la sentenza C. Cost. 209/2022 e chiedendo l’annullamento dell’atto perché l’imposta non era dovuta (norma base espunta dall’ordinamento). Già commissioni tributarie e la prassi MEF si sono adeguate: la Direzione Finanze del MEF ha chiarito che l’esenzione spetta in questi casi e i Comuni devono riconoscerla. Pertanto, questa è una difesa molto forte per il contribuente. Ad esempio: marito e moglie proprietari ciascuno di una casa in due città diverse per lavoro, entrambi con residenza in dette case al 2020; se uno dei due si è visto recapitare accertamento IMU 2020 come “seconda casa”, ora può far annullare l’atto perché la norma applicata è incostituzionale, e ha diritto all’esenzione su entrambe le case (purché effettivamente ognuno dimorasse stabilmente nella propria casa). Ovviamente, il contribuente dovrà provare la dimora abituale (consumi utenze, certificati ecc.) se il Comune solleva dubbi di abuso. Ma in principio la pretesa non regge più.
- Esenzione “immobili merce” delle imprese costruttrici: per anni c’è stato un tira e molla normativo sull’IMU per i fabbricati costruiti dalle imprese edilizie e rimasti invenduti (i cosiddetti beni-merce). Attualmente, grazie alla L.160/2019 (art.1 c.751), è in vigore dal 1° gennaio 2022 l’esenzione IMU per tali immobili, purché non locati. Ciò significa che, dal 2022 in avanti, le imprese costruttrici non pagano IMU sulle unità immobiliari nuove invendute (magari appartamenti invenduti in un condominio appena edificato). Negli anni precedenti (2013-2021) invece l’esenzione non c’era, salvo un breve periodo nel 2014-2015 con aliquota ridotta al 1‰ poi abolita. È importante perché un imprenditore potrebbe ricevere accertamenti IMU su questi immobili:
- Se l’accertamento riguarda anni 2022 o 2023, l’impresa può eccepire che l’IMU non era dovuta per legge (esenzione vigente) a patto di aver rispettato i requisiti (immobile classificato come costruito e destinato alla vendita, mai affittato, e – condizione fondamentale – presentazione della dichiarazione IMU attestante tale condizione). La Cassazione infatti ha chiarito con ord.5190/2022 che l’esenzione spetta solo se l’impresa ha presentato la dichiarazione IMU indicando i beni merce, altrimenti l’agevolazione è preclusa. Quindi in ricorso l’azienda dovrà dimostrare di aver presentato la dichiarazione e che l’immobile era invenduto e non locato. Se così, l’accertamento sarà annullato perché l’imposta non era dovuta.
- Se l’accertamento riguarda anni precedenti il 2022, purtroppo la legge all’epoca non prevedeva esenzione (dopo la breve sospensione dell’IMU 2013 per i fabbricati merce, dal 2014 fu reintrodotta l’IMU con aliquota ordinaria, poi dal 2016 niente agevolazioni fino al 2021). Quindi per quegli anni l’accertamento è probabilmente legittimo in sé (salvo errori). Alcune imprese hanno eccepito incostituzionalità o chiesto esenzione analogica, ma senza successo. Solo un’agevolazione: la legge di bilancio 2021 ha introdotto la riduzione al 50% dell’IMU 2021 sui beni merce (poi dal 2022 esenzione totale). Quindi un accertamento su IMU 2021 non pagata potrebbe essere contestato almeno per la metà: la CTR Lombardia, ad esempio, ha riconosciuto che per il 2021 spettava l’agevolazione 50%.
- La Cassazione, per parte sua, ha di recente (ordinanza 10392/2025) precisato un aspetto: l’esenzione non spetta ai fabbricati che l’impresa ha acquistato e ristrutturato per rivenderli, perché in tal caso non sono “costruiti” ex novo dall’impresa stessa. Ciò ha creato distinzione: solo il costruttore originario gode dell’esenzione, non chi compra un vecchio edificio, lo sistema e lo rivende. Questa interpretazione restrittiva contrasta con una Risoluzione del MEF del 2013 che era più estensiva, ma adesso farà giurisprudenza. Quindi un’impresa che avesse omesso IMU su fabbricati acquistati e invenduti potrebbe perdere in giudizio. Chi invece costruisce ex novo è a posto.
- In sintesi, per imprenditori immobiliari: se ricevete accertamenti su “immobili merce”, controllate l’anno e le condizioni. Per il 2022-2023, impugnate assolutamente rivendicando l’esenzione (se dichiarata); per il 2021, rivendicate almeno la riduzione 50%; per prima del 2021, la vedo dura, salvo puntare su altri vizi formali.
- Altre esenzioni rilevanti: es. terreni agricoli esenti (comuni montani o coltivatori diretti): se il Comune accerta IMU su terreno esente, impugnare con doc che prova qualifica CD/IAP e ubicazione montana (circolare Min.Finanze 9/1993 e succ.); immobili enti non commerciali: qui è complesso (esenzione solo su usi non commerciali, sentenze UE su scuole paritarie ecc.), accertamenti in corso; fabbricati collabenti (ruderi): hanno rendita 0, se accertano su quelli è sbagliato il presupposto.
- 10. Errori di persona e duplicazioni (casi particolari): Meno comuni ma possibili: il Comune ha emesso due avvisi per lo stesso immobile e anno (doppio accertamento) – chiaramente il secondo è nullo perché non si può duplicare pretesa per stesso tributo; oppure ha notificato a entrambi i coniugi atti identici per l’intera imposta (invece andava ripartita al 50% ciascuno): in tal caso ciascuno può impugnare affermando di dover semmai solo la sua quota. Ancora: errori grossolani di calcolo dell’arretrato – a volte comuni inseriscono anni prescritti. Ad esempio, nel 2022 mandano un accertamento che cumula IMU 2016+2017: la parte 2016 è decaduta e va annullata, il resto no. Quindi anche un motivo potrebbe essere “In parte qua l’atto è decaduto e va annullato per quell’anno”. Il giudice può annullare parzialmente l’atto per l’anno decaduto e lasciare valido per l’altro.
Abbiamo elencato molti possibili motivi. In sede di ricorso, è buona norma articolare tutti i motivi applicabili, sia di merito sia di legittimità, per avere più frecce al proprio arco. Importante: molti di questi vizi devono essere sollevati a pena di decadenza nel ricorso introduttivo, altrimenti non saranno considerati (principio del “tantum devolutum quantum appellatum”). Ad esempio non si può aggiungere in appello un vizio di notifica non lamentato prima. Quindi conviene fare un ricorso iniziale il più completo possibile.
Strategie difensive avanzate per imprenditori e grandi proprietari immobiliari
Dal punto di vista del contribuente-debitore, le strategie difensive possono variare a seconda del profilo: un conto è il singolo proprietario di seconda casa che riceve un accertamento per poche centinaia di euro, un altro è l’imprenditore con un ampio patrimonio immobiliare che potrebbe ricevere numerosi avvisi IMU con importi complessivi elevati. In quest’ultimo caso, è fondamentale adottare un piano di difesa più strutturato e proattivo, considerando anche gli impatti finanziari sul business. Ecco alcuni consigli e focus specifici per imprese e grandi possessori di immobili:
- 1. Monitoraggio e audit interno dei tributi locali: Le aziende con molti immobili (es. società immobiliari, grande distribuzione con sedi in vari comuni, imprese edili con cantieri, ecc.) dovrebbero implementare procedure di controllo periodico dei versamenti IMU e degli obblighi dichiarativi. Un “tax compliance check” interno può far emergere eventuali omissioni prima che lo faccia il Comune. Ad esempio, incrociare il catasto dei propri immobili con gli F24 pagati negli anni, o verificare se per ciascuna compravendita è stata presentata la dichiarazione IMU ove necessaria. Questo consente, se emergono mancanze, di rimediare tramite il ravvedimento operoso (si può ravvedere spontaneamente l’IMU non pagata con sanzione ridotta del 1/10 se fatto prima della notifica di accertamento). Prevenire l’accertamento è la miglior difesa. Inoltre, un audit può individuare situazioni borderline (es. immobili merce non dichiarati, o dubbi su pertinenze) da chiarire col Comune magari prima che scatti l’accertamento.
- 2. Centralizzare la gestione del contenzioso: Per aziende multi-immobili, è opportuno centralizzare l’approccio alle contestazioni. Ciò significa, ad esempio, nominare un unico consulente/legale tributarista che segua tutti i ricorsi IMU dell’azienda in vari comuni, in modo da garantire coerenza di argomentazioni e visione d’insieme. Questo consente anche di eventualmente coordinare le difese: se più comuni contestano lo stesso tipo di questione (es. esenzione merce o valore di certe aree edificabili), si può approntare una linea difensiva univoca e utilizzare in tutti i procedimenti le eventuali pronunce favorevoli ottenute in uno (presentandole come orientamento). Inoltre si possono presentare ricorsi cumulativi se la legge lo permette: l’art. 14 D.Lgs.546 consente, a certe condizioni, di impugnare con un solo ricorso più atti “connessi” emessi dallo stesso ente verso lo stesso contribuente. Ad esempio, se un Comune notifica 10 avvisi IMU (uno per anno dal 2015 al 2024) alla stessa società, si possono unire in un unico ricorso (risparmiando contributi unificati multipli e avendo un giudizio unitario). Anche avvisi relativi a immobili diversi ma con identica questione di diritto a volte si possono unire. Questo riduce costi e rischio di decisioni contrastanti. Certo, va valutato con l’avvocato caso per caso.
- 3. Difesa tecnica sui valori catastali ed aree edificabili: Spesso le grandi aziende possiedono aree fabbricabili o immobili con rendite da aggiornare. Un terreno edificabile paga IMU sul valore venale, e i comuni contestano quando dichiarato troppo basso. In questi casi la difesa richiede perizie tecniche: un imprenditore dovrebbe premunirsi di valutazioni immobiliari da parte di esperti (ingegneri, periti) per sostenere che il valore utilizzato era congruo. Ad esempio, se un Comune accerta maggiore IMU su un’area stimando 100 €/mq, l’azienda può difendersi mostrando che l’area ha vincoli o costi di bonifica tali da abbattere il valore a 50 €/mq, con perizia asseverata. Queste argomentazioni tecniche sono complesse ma necessarie in tribunale per smontare le pretese. Lo stesso se vengono cambiati i classamenti catastali di alcuni immobili strumentali (magari l’Agenzia Entrate aumenta la rendita, e su quella il Comune chiede arretrati IMU): si può impugnare la rendita e di riflesso l’IMU, coordinando i ricorsi (attenzione alle competenze: il ricorso contro rendita va alla Commissione tributaria provinciale di solito). In sintesi, per patrimoni rilevanti la difesa tributaria va di pari passo con la difesa tecnico-estimativa. Budget permettendo, investire in buone perizie può far risparmiare milioni in tasse.
- 4. Sfruttare tutte le agevolazioni ed esenzioni disponibili: Le imprese dovrebbero assicurarsi di beneficiare di ogni agevolazione di legge applicabile, per poi difendersi se non riconosciuta. Abbiamo visto il caso degli immobili merce esenti dal 2022 – è cruciale aver presentato la dichiarazione per fruirne. Un altro esempio: immobili storici di proprietà di società – la legge (art.13, c.3, D.L.201/2011) dà una riduzione del 50% della base imponibile IMU per i fabbricati di interesse storico/artistico. Se il Comune per errore non l’ha considerata e accerta come se nulla, l’azienda deve saperla rivendicare. Altre potenziali agevolazioni: gli immobili inagibili o inabitabili (riduzione 50% base imponibile, previa dichiarazione); gli immobili di categoria D sfitti (nessuna agevolazione nazionale ma alcuni comuni deliberano aliquote ridotte per capannoni inutilizzati – se deliberato, farlo valere). Pertinenze: solo una pertinenza per categoria C/2, C/6, C/7 può avere l’aliquota prima casa col bene principale – se il Comune ne contesta una seconda, l’impresa può provare che in realtà erano due unità fuse, ecc. Insomma, il legale deve avere un quadro normativo completo e personalizzare la difesa su ogni immobile sfruttando qualsiasi normativa di favore. Le grandi imprese a volte sottovalutano pochi punti percentuali di aliquota, ma su basi imponibili enormi incidono. Ad esempio convincere un giudice che un terreno dal 2019 era tornato agricolo (quindi esente) può far risparmiare decine di migliaia di euro a una società agricola.
- 5. Gestione finanziaria del rischio tributario: Se una società riceve avvisi per importi consistenti, deve anche pensare a mitigare il rischio di esborso durante il contenzioso. Ad esempio, se non ottiene sospensive, c’è il pericolo di dover pagare 1/3 subito e magari un altro 1/3 in appello. Questo può pesare sui flussi di cassa. Quindi l’azienda può valutare – parallelamente al ricorso – di mettere a bilancio un fondo rischi per quelle imposte (se la causa appare di esito incerto), oppure di chiedere linee di credito per far fronte a eventuali pagamenti forzati. È bene inoltre comunicare con eventuali istituti di garanzia: in alcuni casi, se ci sono ipoteche minacciate, negoziare con l’agente della riscossione una polizza fideiussoria per sospendere i provvedimenti cautelari. Ad esempio, Equitalia (oggi Agenzia Entrate-Riscossione) accetta polizze a garanzia del debito in contenzioso per non ipotecare i beni. Ciò non rimuove il debito, ma evita danni come l’erosione del rating creditizio dell’azienda. Sono aspetti che un imprenditore oculato considera nel quadro difensivo: non basta avere ragione, bisogna arrivare vivi alla vittoria in Cassazione senza essere falliti prima.
- 6. Approccio negoziale con l’ente impositore: A differenza dell’Agenzia delle Entrate (più rigida su importi), i Comuni talvolta – specie per importi molto elevati e situazioni complesse – sono disposti a trattare con i contribuenti, per evitare lunghe cause dall’esito incerto. Un imprenditore con patrimonio immobiliare diffuso in un Comune potrebbe ad esempio incontrare i funzionari tributi e prospettare un accordo globale: pagare subito alcune annualità e rinunciare a ricorrere, in cambio dell’annullamento di altre annualità contestate più controverse. Non c’è una procedura formale per fare ciò (se non la conciliazione in giudizio), ma in pratica a volte i Comuni, col beneplacito della Giunta, possono esercitare l’autotutela su accertamenti dubbi se il contribuente fa concessioni su altri. Questo è più probabile nei piccoli comuni e per aziende che hanno un ruolo importante localmente (es. grande fabbrica, ecc.). Ovviamente occorre muoversi con diplomazia e trasparenza (magari interpellando il dirigente o assessore al bilancio) e mai offrire soluzioni illegali. Ma trovare un win-win può risparmiare spese legali a entrambi. Lo strumento formale può essere la conciliazione giudiziale su lotti di cause collegate: si fissano tutte in un’udienza e si presenta un accordo parziale. Per esempio, su 10 avvisi per totali 100k€, l’azienda accetta di pagarne 60k€ rinunciando a impugnare 5 avvisi, e il Comune annulla in autotutela gli altri 5 (40k€). Così ognuno dimezza il rischio. È un approccio business-oriented che un avvocato tributarista può facilitare.
- 7. Considerare soluzioni “straordinarie” in caso di crisi d’impresa: Se l’imprenditore si trova non solo con debiti IMU ma in generale in difficoltà finanziarie, potrebbe intraprendere procedure concorsuali o di ristrutturazione (piani di risanamento, concordato preventivo, ecc.). In tali contesti esistono strumenti come la transazione fiscale (art.182-ter L.F.) che permettono di includere i debiti tributari (anche di enti locali) in un accordo falimentare con falcidia parziale e dilazioni. È un campo specialistico, ma in sostanza, se l’azienda sta per fallire, una strategia difensiva è portare anche gli accertamenti IMU sul tavolo della trattativa complessiva coi creditori, magari offrendo al Comune il pagamento di una percentuale del dovuto (che in caso di fallimento prenderebbe zero). Molti comuni sono restii ad accettare transazioni, ma la legge glielo consente oggi (previa autorizzazione ministeriale in alcuni casi). Dunque, per imprenditori in crisi con grandi esposizioni tributarie, la difesa può passare anche per questi canali, oltre che per il contenzioso.
In generale, per chi ha molti immobili e rischia accertamenti a tappeto, la parola chiave è pianificazione: conoscere il proprio portafoglio immobiliare, regolarizzare ove possibile prima, e per ciò che arriva contestare con metodo, affidandosi a professionisti competenti. Anche perché un grande patrimonio immobiliare implica anche alto valore di tasse in gioco, quindi investire in una difesa adeguata è economico rispetto al costo potenziale. Un’ultima notazione: se un imprenditore ritiene che un Comune stia abusando di accertamenti infondati come strumento vessatorio (magari per far cassa, contando sul fatto che qualcuno pagherà comunque), oltre al ricorso tributario non c’è molto da fare nell’immediato, ma si può valutare a posteriori un’azione per risarcimento danni in caso di soccombenza reiterata del Comune in giudizio (teoricamente possibile ma difficile). Più pragmaticamente, in tali situazioni potrebbe essere utile coinvolgere le associazioni di categoria o segnalare la cosa al difensore civico regionale per mediazione. Tuttavia, la via maestra rimane sempre il ricorso tributario ben argomentato: vincere le cause è il modo migliore per scoraggiare l’ente dal perseverare in pretese illegittime.
Esempi pratici e simulazioni di difesa
Per comprendere meglio come applicare i principi e le strategie illustrate, presentiamo di seguito alcune simulazioni pratiche di casi di accertamento IMU e possibili linee di difesa dal punto di vista del contribuente.
Esempio 1: Accertamento IMU su “seconda casa” coniuge lavoratore fuori sede.
Scenario: Il signor Mario e sua moglie Anna risultano residenti in due Comuni diversi: Mario a Milano (dove lavora) in un appartamento di sua proprietà, Anna ad Ancona nella casa familiare di sua proprietà (dove vive coi figli). Fino al 2021 la legge considerava esente solo una abitazione principale per nucleo, quindi i Comuni hanno sempre tassato una delle due case come “seconda casa”. Nel 2023 Mario riceve dal Comune di Milano un avviso di accertamento IMU per gli anni 2019-2021 sulla sua casa di Milano, in quanto considerata seconda casa (nonostante vi abbia residenza e dimora per lavoro). Importo richiesto: 3 annualità di IMU con aliquota max, totali €4.500 (sanzioni incluse). Mario ritiene ingiusta la tassazione, dato che quella è a tutti gli effetti la sua abitazione principale.
Difesa: Mario, tramite il suo legale, impugna gli avvisi dinanzi alla CGT di Milano. Il motivo principale di ricorso è la sopravvenuta illegittimità della norma che ha escluso l’esenzione per le abitazioni principali dei coniugi con residenze separate, in forza della sentenza della Corte Costituzionale n.209/2022. Nel ricorso si argomenta che la norma in base alla quale il Comune ha preteso l’IMU è stata dichiarata incostituzionale e quindi come se non fosse mai esistita, almeno per i rapporti ancora pendenti. Dunque per gli anni accertati Mario aveva diritto all’esenzione prima casa sulla sua abitazione (così come Anna sull’altra). Viene chiesto l’annullamento totale degli avvisi e, in subordine, il rimborso di quanto eventualmente pagato in eccesso. A supporto si cita la pronuncia della Consulta e anche la circolare MEF esplicativa. Inoltre, si allegano prove che l’abitazione di Milano era effettivamente la dimora abituale di Mario (contratti di lavoro, bollette) per scongiurare eventuali eccezioni del Comune su possibili abusi. Esito atteso: Molto probabilmente, la Commissione accoglierà il ricorso, essendo dirimente la pronuncia costituzionale. Il Comune dovrebbe prendere atto e annullare l’atto in autotutela ancor prima della sentenza (in molti casi i Comuni lo fanno, invitando il contribuente a ritirare il ricorso). Mario ottiene così di non pagare nulla e – se aveva pagato acconti negli anni contestati – potrà chiederne la restituzione.
Esempio 2: Accertamento IMU a società costruttrice per “immobili merce” invenduti.
Scenario: La Alfa Costruzioni Srl ha ultimato nel 2021 un fabbricato di 10 appartamenti in un Comune. Al 1° gennaio 2022 ne ha venduti solo 2, gli altri 8 sono rimasti invenduti (e mai affittati). Dal 2022 è in vigore l’esenzione IMU per immobili costruiti e destinati alla vendita (beni-merce). La società però, per dimenticanza, non ha presentato la dichiarazione IMU 2022 per segnalare tali immobili come merce. Nel 2023 il Comune notifica un avviso di accertamento IMU 2022 chiedendo IMU per gli 8 appartamenti invenduti, ritenendoli imponibili (aliquota 1,06% sugli imponibili catastali). Importo totale contestato: €15.000 circa. La società era convinta che fossero esenti e non aveva versato nulla per il 2022.
Difesa: La Alfa Srl impugna l’accertamento davanti alla CGT, sostenendo che l’IMU non è dovuta perché la legge prevede l’esenzione per i fabbricati costruiti e non locati dall’impresa costruttrice (art.1 co.751 L.160/2019). Nel ricorso però emerge il nodo della dichiarazione omessa: il Comune infatti nelle controdeduzioni affermerà che la società non avendo dichiarato i beni merce non può fruire dell’esenzione, in base all’art. 1 co.769 L.160/2019 (che richiama l’obbligo dichiarativo per le esenzioni) e alla giurisprudenza (Cass.5190/2022). La difesa allora punterà su due fronti: (a) far valere comunque la sostanza, ossia che i requisiti materiali dell’esenzione c’erano (immobili non locati, vendibili, come risulta da visura e bilancio); (b) cercare di sanare l’omissione con un ravvedimento operoso (se ancora possibile) o invocare la non essenzialità formale della dichiarazione. Potrebbe depositare tardivamente la dichiarazione e pagare una sanzione ridotta per omesso adempimento, chiedendo clemenza sul tributo. L’esito è incerto: alcune Commissioni potrebbero dare ragione alla società ritenendo sproporzionato negare l’esenzione solo per la mancata dichiarazione (specie se il Comune comunque era a conoscenza, ad es., attraverso l’agibilità, che quell’immobile era invenduto). Altre potrebbero rigettare richiamando la linea dura della Cassazione. Possibile esito: la Commissione, se segue Cass. 2022, rigetta il ricorso confermando l’IMU (magari solo sanzioni ridotte). La società allora valuterebbe appello, ma intanto potrebbe aderire a una definizione agevolata (nel 2023 ad es. c’era la rottamazione delle liti pendenti) o tentare conciliazione: offrire di pagare il 50% dell’IMU accertata in cambio dell’esenzione riconosciuta per futuro e sanzioni azzerate. Se il Comune teme di perdere in appello (magari c’è giurisprudenza di merito altalenante), potrebbe accettare. In caso negativo, la società potrebbe anche decidere per il futuro di non commettere più l’errore: per il 2023 infatti avrà cura di presentare la dichiarazione IMU, così da blindare l’esenzione. Questa simulazione mostra l’importanza, per le imprese, di rispettare gli adempimenti formali per non vanificare i benefici di legge.
Esempio 3: Accertamento IMU per omessa rendita aggiornata di immobile strumentale.
Scenario: La Beta S.p.A. possiede un grande capannone industriale costruito nel 2018. Per i primi anni l’immobile era tassato in base a una rendita catastale provvisoria di 50.000 €. Nel 2021 l’Agenzia delle Entrate – Territorio attribuisce al capannone una rendita definitiva molto più alta (80.000 €), con validità retroattiva al 2019. La società Beta, non accorgendosi subito della variazione in catasto, continua a versare IMU 2019-2020-2021 sulla base della vecchia rendita (pagando quindi di meno). Nel 2022 il Comune notifica avvisi di accertamento IMU per gli anni 2019-2021 chiedendo l’imposta integrativa dovuta sulla base della rendita catastale definitiva, con sanzioni e interessi. Importo complessivo accertato: €30.000.
Difesa: La Beta S.p.A. impugna gli avvisi. Qui la questione è tecnica: formalmente il Comune ha ragione perché l’IMU va calcolata sulla rendita vigente (e se è aumentata retroattivamente, c’è un differenziale dovuto). La difesa potrebbe però mirare a contestare la rendita catastale stessa, ritenendola eccessiva. La società infatti può aver presentato ricorso alla Commissione Tributaria contro l’atto di attribuzione rendita (entro 60 gg dalla notifica). Se lo ha fatto ed è pendente, chiederà alla CGT di sospendere i giudizi IMU in attesa della definizione del giudizio catastale, dato che l’esito di quello influisce su questi (principio della pregiudiziale catastale). Potrebbe anche chiedere la sospensione dell’esecutività degli avvisi IMU presentando la querela di falso se contesta la notificazione dell’atto di classamento (ma è complesso). Supponiamo che la Beta non abbia impugnato la rendita in tempo utile: allora tenterà di farlo con autotutela o in sede di appello straordinario. In parallelo, per ridurre le sanzioni negli accertamenti IMU, Beta può invocare l’“obiettiva incertezza” (dicendo: pensavamo valesse la rendita vecchia finché non comunicavano quella nuova, c’era confusione). Potrebbe chiedere quantomeno la non applicazione delle sanzioni per questi motivi (il DLgs 472/97 art.6 prevede che se c’è incertezza normativa, niente sanzioni). Inoltre Beta potrebbe aver nel frattempo ottenuto un’riduzione della rendita via autotutela (Agenzia Entrate convinta dalle sue osservazioni), e quindi far valere quella in giudizio come nuovo fatto. Esito possibile: se Beta dimostra che la rendita definitiva è sbagliata e magari ottiene una correzione entro il giudizio, può vincere (il giudice ridetermina l’IMU sul nuovo valore e annulla il surplus). Se ciò non accade, probabilmente perderà sul tributo ma potrebbe ottenere la sanzione ridotta o annullata per buona fede (molte CTP in casi simili applicano l’art.6 co.2 Dlgs 472/97). In definitiva pagherà la differenza d’imposta e interessi, ma forse non la multa del 30%. Questo scenario evidenzia come per grandi imprese sia cruciale seguire anche i procedimenti catastali: la difesa del contribuente deve essere a 360°, non solo sul tributo ma anche sull’atto presupposto (classamento).
Esempio 4: Accertamento IMU per cambio uso di immobile e contraddittorio mancante.
Scenario: La Gamma SRL possiede un immobile accatastato A/10 (ufficio) nel Comune X. Fino al 2020 l’azienda ci svolgeva effettivamente uffici e pagava IMU come immobile strumentale. Nel 2021 l’immobile è stato concesso in comodato d’uso gratuito a una ONLUS che vi svolge attività sociale senza scopo di lucro (centro ricreativo anziani). La ONLUS per legge avrebbe diritto all’esenzione IMU (immobile utilizzato per attività non commerciale di ente non profit, art.7 co.1 lett.i D.Lgs.504/92). Tuttavia la Gamma SRL non comunica nulla al Comune. Nel 2023 il Comune effettua un controllo: vede che l’immobile risulta ancora di Gamma (che infatti ne è proprietaria) e che non ha pagato IMU 2021 e 2022, e presume sia stata un’evasione. Senza prendere informazioni, emette un avviso di accertamento IMU per 2021-2022 chiedendo imposta + sanzioni come se l’immobile fosse utilizzato commercialmente. Importo: €10.000.
Difesa: La Gamma SRL ricorre evidenziando che l’immobile era esente in quanto utilizzato da ONLUS per fini sociali (attività meritoria equiparabile a esente IMU per ente non commerciale). Allega documentazione: contratto di comodato con la ONLUS, statuto ONLUS, dichiarazione della ONLUS sulle attività svolte lì, eventuale richiesta presentata tardivamente di esenzione. Inoltre, eccepisce un vizio procedurale: il Comune ha agito senza contraddittorio, mentre sarebbe stato doveroso inviare quantomeno una richiesta di informazioni all’azienda o effettuare un sopralluogo, ai sensi dell’art.6-bis Statuto. Se ci fosse stato, Gamma avrebbe chiarito subito la situazione. La mancanza di contraddittorio ha portato a un atto infondato, quindi se ne chiede l’annullamento per violazione di legge oltre che nel merito per insussistenza del presupposto d’imposta. Probabilmente, vedendo la prova dell’uso non commerciale, lo stesso Comune in sede di giudizio potrebbe desistere dall’atto (magari previo parere della sua avvocatura, riconoscendo la ONLUS). In mancanza, il giudice quasi certamente annullerà l’accertamento: infatti l’IMU non era dovuta (è un errore di fatto) e il procedimento era viziato dalla mancata attivazione del contraddittorio in una situazione non di liquidazione automatica. Questo esempio insegna che i Comuni dovrebbero sempre verificare prima di colpire, e per il contribuente è importante portare in giudizio tutte le prove della sua buona ragione. Gamma SRL, tra l’altro, imparerà a presentare subito le dichiarazioni richieste (anche se l’esenzione enti non commerciali non è automatica, richiede possesso di requisiti e spesso un modulo al Comune, in questo caso era l’ente utilizzatore a doverlo chiedere forse).
Questi esempi coprono alcuni casi tipici. Ovviamente ogni situazione concreta può presentare sfumature diverse. Il denominatore comune per il contribuente è: non subire passivamente l’accertamento, ma analizzarlo, raccogliere documenti, studiare la normativa applicabile e far valere con decisione i propri diritti nelle sedi opportune. Nei prossimi paragrafi risponderemo in forma di FAQ (domande e risposte) ad alcuni quesiti ricorrenti che i contribuenti si pongono riguardo agli accertamenti IMU e alla loro impugnazione.
Domande frequenti (FAQ) su accertamenti IMU e ricorsi
Q: Che cos’è esattamente un avviso di accertamento IMU?
A: È l’atto ufficiale con cui il Comune contesta al contribuente di non aver pagato (o di aver pagato meno del dovuto) l’IMU per uno specifico anno e immobile. In pratica, attraverso l’avviso il Comune accerta l’imposta evasa, applica le relative sanzioni e interessi, e intima il pagamento entro 60 giorni. Dal 2020, l’accertamento IMU ha valore di titolo esecutivo, quindi se non viene impugnato o pagato in tempo, permette all’ente di procedere subito a riscossione forzata (esecuzioni, pignoramenti) senza ulteriori avvisi. Di solito l’avviso indica l’anno d’imposta, i dati dell’immobile, quanto il Comune calcola dovuto e quanto risulta versato dal contribuente (se qualcosa è stato versato), evidenziando la differenza. Include poi sanzione (di norma 30% dell’imposta non versata) e interessi. Si tratta quindi di un atto molto importante: è il punto di partenza formale di una pretesa fiscale che, se non contestata, diventa definitiva e immediatamente esecutiva.
Q: Entro quanto tempo deve essere notificato l’accertamento IMU?
A: Il Comune deve notificare l’avviso entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello a cui si riferisce l’imposta (termine di decadenza previsto dalla legge). Ad esempio: per IMU 2020, il termine è il 31/12/2025; per IMU 2021, 31/12/2026 e così via. Se si riferisce invece a omessa presentazione della dichiarazione IMU in caso obbligatorio, sempre 5 anni dall’anno in cui la dichiarazione andava presentata. Notifiche oltre tali termini sono nulle. Attenzione: “notifica” vuol dire consegna dell’atto al contribuente (o invio raccomandata/PEC) entro quella data. Se la raccomandata è spedita il 31 dicembre ma arriva dopo, fa fede la spedizione (per il notificante) e la ricezione (per valutare il termine di ricorso). Quindi conviene sempre conservare buste e timbri per controllare la tempestività.
Q: Come viene notificato l’avviso? Posso riceverlo via PEC?
A: Sì, i Comuni possono notificare gli atti tributari tramite PEC (Posta Elettronica Certificata) ai soggetti che ne hanno uno domicilato negli elenchi pubblici (imprese, professionisti, ma anche privati se hanno registrato un domicilio digitale). In tal caso il contribuente riceve un messaggio PEC con l’atto in allegato (spesso firmato digitalmente). In alternativa, possono usare la raccomandata A/R tradizionale, oppure il messo comunale/ufficiale giudiziario che consegna a mano. La notifica PEC è istantanea (vale la ricevuta di avvenuta consegna). La notifica postale è valida anche se ritirata da un familiare convivente. Se il destinatario è assente temporaneamente, c’è la compiuta giacenza (dopo 10 giorni l’atto si considera consegnato). Se è irreperibile, l’atto viene depositato al Comune. In breve: aspettatevi l’avviso tramite PEC se avete una PEC attiva; altrimenti occhio alle raccomandate in arrivo.
Q: Quanto tempo ho per fare ricorso contro un accertamento IMU?
A: 60 giorni esatti dalla data di notifica. Fa testo la data in cui avete ricevuto l’atto (data firma ricevuta postale, o di consegna PEC). Il calcolo esclude il giorno iniziale e include l’ultimo. Se l’ultimo giorno è sabato, domenica o festivo, si proroga al giorno seguente non festivo. Inoltre c’è la sospensione feriale dei termini dal 1° al 31 agosto di ogni anno: se il vostro termine cade in quel periodo, slitta in avanti. Esempio: atto notificato 20 giugno, 60gg scadrebbero il 19 agosto, ma essendo pausa estiva (1-31/8), si proroga al 19 settembre. Se presentate un’istanza di accertamento con adesione entro quei 60gg, allora i 60gg si sospendono e riprendono dopo 90 giorni, dandovi più tempo per il ricorso (ma l’istanza va fatta entro i 60 originari!). Importante: se perdete il termine di 60 giorni senza aver pagato, l’atto diventa definitivo e difficilmente rimediabile. Si potrà solo tentare un ricorso tardivo per “errore scusabile” (raramente accolto) o una procedura di annullamento straordinario. Quindi va rispettato rigorosamente.
Q: Cosa succede se non faccio ricorso entro 60 giorni?
A: L’accertamento diventa definitivo. Ciò significa che l’importo contestato viene iscritto a ruolo o comunque affidato all’Agente della riscossione come debito certo e dovuto. Trascorsi i 60 giorni, avrete in genere altri 30 giorni per pagare (intimazione contenuta nell’atto), dopodiché il Comune incaricherà Agenzia Entrate-Riscossione o altra concessionaria di riscuotere coattivamente. In pratica, se ignorate l’avviso: dopo 2 mesi e mezzo circa vi potete trovare cartella esattoriale (nei vecchi sistemi) o direttamente azioni esecutive (pignoramento, fermo auto) perché, come spiegato, l’atto dal 2020 è esso stesso titolo esecutivo. Non ci sarà un “giudice” che ve lo conferma – semplicemente scatta l’incasso forzato. Inoltre, non potrete più contestare nel merito l’esistenza di quel debito: diventa definitivo. È una situazione da evitare, a meno che decidiate consciamente che è tutto corretto e volete pagare (in tal caso però conviene farlo entro 60 giorni per ridurre sanzioni).
Q: Devo farmi assistere da un avvocato per fare ricorso?
A: Dipende dal valore in gioco. Se l’importo dell’imposta contestata (al netto di sanzioni e interessi) supera €3.000, la legge richiede l’assistenza tecnica di un difensore abilitato. Questi può essere un avvocato, commercialista, esperto contabile o consulente del lavoro iscritto negli albi, oppure un funzionario di CAF/tutore nominato (in casi particolari). Sotto i 3.000 €, potete teoricamente stare in giudizio da soli (presentare personalmente il ricorso). Tuttavia, anche nei casi di modesto valore, è consigliabile almeno consultare un professionista, perché il diritto tributario è complesso e formale: rischiate di vedere respinto un ricorso per vizi procedurali. Un avvocato tributarista o un commercialista esperto saprà impostare i motivi di ricorso correttamente e far valere tutte le eccezioni. Inoltre, oggi il processo tributario è telematico, cosa che per un privato da solo può essere ostica (richiede firma digitale, PEC, ecc.). Quindi, pur non essendo sempre obbligatorio per legge, di fatto è fortemente raccomandato farsi assistere.
Q: Il ricorso va presentato al Comune o in Commissione Tributaria?
A: Entrambi, in due fasi. Prima si notifica il ricorso al Comune che ha emesso l’atto (o al concessionario se indicato). Questa notifica deve avvenire entro 60 giorni dalla notifica dell’avviso (è l’atto introduttivo del contenzioso). Può essere fatta via PEC, raccomandata o ufficiale giudiziario. Dopo aver notificato al Comune, entro i successivi 30 giorni dovete costituirvi in giudizio depositando il ricorso (con prova della notifica) presso la segreteria della Corte di Giustizia Tributaria di primo grado competente (ex Commissione Tributaria). In pratica, il ricorso si invia prima alla controparte e poi al giudice. Se saltate la notifica al Comune, il ricorso è inammissibile; se non depositate in Commissione entro 30 gg, idem. Quindi occhio a entrambe le scadenze.
Q: Devo pagare qualcosa (tipo bolli) per presentare il ricorso?
A: Sì, c’è da pagare il Contributo Unificato Tributario (CUT), che è una tassa di iscrizione a ruolo. L’importo dipende dal valore della controversia. Per esempio: liti fino a €2.582,28 -> €30; fino a €5.000 -> €50; fino a €25.000 -> €100; fino a €75.000 -> €200; fino a €200.000 -> €500; oltre €200.000 -> €1.500. L’avviso stesso di solito riporta l’importo di riferimento. Va versato con F23 o modello pagoPA indicando il codice tributo apposito e allegando la ricevuta al ricorso. Se non lo pagate, la Commissione vi invita a regolarizzare; se proprio non lo pagate, alla fine potrebbe essere dovuto in doppio. Non ci sono marche da bollo ulteriori. Solo questo contributo (che in caso di vittoria può esservi rimborsato dal soccombente se il giudice liquida le spese).
Q: Se faccio ricorso, devo comunque pagare subito l’IMU richiesta o posso attendere?
A: Presentare il ricorso non sospende automaticamente il pagamento dell’imposta accertata, però la legge limita l’esigibilità solo a una parte durante il giudizio. In particolare, per effetto dell’accertamento esecutivo, dopo la notifica se fate ricorso, l’ente può comunque riscuotere in via provvisoria 1/3 dell’imposta (oltre interessi). Il restante 2/3 resta sospeso fino alla sentenza di primo grado. Cosa significa in pratica: l’ente di solito non chiede spontaneamente il pagamento di 1/3 all’atto del ricorso (aspetta). Però ha il potere di iscrivere a ruolo quel terzo. Se volete stare tranquilli, potreste decidere di versare volontariamente il 1/3 (anche perché se poi perdete ve lo chiederanno comunque con interessi). Se invece non pagate nulla, avete il rischio che, scaduti i 60 giorni, l’Agente della riscossione avvii procedure per quel 1/3. Tuttavia, c’è un meccanismo di garanzia: la normativa prevede che l’esecuzione forzata (pignoramenti) sia sospesa per 180 giorni se avete presentato ricorso e chiesto sospensiva. Quindi spesso nei 6 mesi successivi non succede nulla in attesa della sospensione. In conclusione: non siete obbligati a pagare subito tutto, ma dovete quantomeno mettere in conto il pagamento parziale provvisorio di un terzo. Per evitare anche quello, l’unica via è ottenere dal giudice tributario una sospensione totale dell’atto (misura cautelare). Se il giudice vi sospende l’accertamento, l’ente non potrà riscuotere nulla finché non c’è la sentenza. Ecco perché è importante chiedere la sospensiva in ricorso quando l’importo è rilevante o vi sono rischi per la vostra liquidità.
Q: Come posso chiedere la sospensione dell’atto (sospensiva)?
A: Dovete presentare una istanza motivata al giudice tributario, contestualmente al ricorso. Nell’istanza dovete spiegare che l’atto impugnato è sbagliato (fumus boni iuris) e che l’esecuzione immediata vi causerebbe un danno grave irreparabile (periculum in mora). Ad esempio, potete evidenziare che l’importo contestato è molto alto rispetto alla vostra situazione economica, o che l’Agente della riscossione ha già minacciato un’ipoteca sulla vostra casa, o che il pignoramento dei conti vi impedirebbe di pagare fornitori o stipendî, ecc. Allegare documenti (es. situazione contabile, spese mediche, ecc. a seconda dei casi) aiuta. Il giudice di solito decide in 1-2 mesi, in camera di consiglio, emettendo un’ordinanza. Se concede la sospensione, l’atto è “congelato” fino alla sentenza di merito. Se nega, potreste dover pagare il terzo provvisorio o subire esecuzione per quello. Potete poi riproporre la richiesta in appello se servisse. La sospensiva è spesso concessa se il ricorso appare fondato e l’importo elevato. Ad esempio, per un avviso da 50.000 € su un contribuente che dichiara reddito modesto, è probabile la concedano. Vale la pena provarci quasi sempre per stare sereni.
Q: Posso evitare il ricorso e trovare un accordo col Comune?
A: Sì, esistono strumenti deflativi. Prima di tutto, puoi chiedere un riesame in autotutela al Comune, segnalando eventuali errori e invitandoli ad annullare l’atto senza andare in contenzioso. Il Comune non è obbligato ad aderire, ma se l’errore è palese spesso lo fa (es: hai pagato e non se ne erano accorti). Un altro strumento è l’accertamento con adesione: devi presentare istanza entro 60 giorni e sederti a tavolino con l’ufficio per trovare un accordo. Se l’accordo si trova, paghi il concordato (con sanzioni ridotte a 1/3) e chiudi la vicenda senza ricorso. Se non si trova, potrai comunque fare ricorso e intanto avrai guadagnato 90 giorni di tempo. Inoltre, fino al 2023 c’era la mediazione obbligatoria sotto i 50k, ma dal 2024 non c’è più (puoi comunque sempre provare a trattare informalmente). Anche durante il processo, c’è la conciliazione giudiziale: in qualunque momento prima della sentenza puoi accordarti col Comune magari per una soluzione a metà e il giudice la ratifica (con sanzioni ridotte al 50%). In sostanza: se riconosci di dover qualcosa ma non tutto, vale la pena proporre un accordo. Ad esempio, se ti contestano 4 anni di IMU su un immobile perché per loro non era esente, e tu sai che almeno 2 anni forse li dovresti pagare, puoi proporre: “pago subito questi 2 anni e mi annullate gli altri 2”. Molti comuni sono disponibili a transigere, specialmente se la norma è poco chiara o la prova incerta. Quindi sì, tentare un dialogo conviene, parallelamente al ricorso (senza però far scadere i termini!).
Q: Ho ricevuto l’accertamento, ma in effetti ho dimenticato di pagare l’IMU: posso pagare ora evitando sanzioni?
A: Una volta che l’accertamento è emesso, la sanzione del 30% è già applicata. Però la legge ti consente un’ultima chance di “ravvedimento operoso speciale” chiamato acquiescenza all’accertamento: se paghi tutto entro 60 giorni, la sanzione viene ridotta a 1/3. Quindi, se riconosci che il Comune ha ragione (ad esempio ti eri dimenticato di pagare e non hai motivi validi per contestare), ti conviene pagare entro i 60 giorni dalla notifica: così la sanzione del 30% si riduce al 10%. Nell’avviso stesso dovrebbe essere indicato l’importo scontato da versare in caso di definizione per acquiescenza. Importante: pagando in acquiescenza rinunci al ricorso e all’adesione (non puoi più fare causa dopo). Quindi usala solo se sei sicuro di dover pagare. Se invece credi di avere ragione su qualcosa, vale la pena ricorrere o almeno aderire. Nota: se vuoi pagare a rate, puoi chiedere la dilazione ma di solito ciò non dà diritto alla riduzione sanzione (in teoria no, perché la definizione agevolata richiede pagamento integrale entro 60gg, però alcuni comuni applicano la riduzione anche se concedono rate, purché tu faccia richiesta entro i 60gg). Verifica col tuo Comune questa possibilità.
Q: È vero che un atto può essere nullo se manca la firma o il nome di chi l’ha firmato?
A: Sì. L’avviso deve essere sottoscritto dal dirigente o funzionario delegato, e in genere riporta il nominativo. Se mancasse del tutto la firma, sarebbe nullo. Se c’è una firma illeggibile senza indicazione, o una sigla, è terreno di contestazione: la giurisprudenza richiede che comunque sia identificabile l’autorità emanante e che ci sia una delega valida se non è il capo ufficio a firmare. Quindi, se ricevi un atto con firma “per procura” o simile e hai dubbi che il firmatario fosse titolato, puoi eccepirlo in ricorso. L’ente dovrà provare di aver conferito delega. Se non lo fa, l’avviso può essere annullato per vizio di sottoscrizione. Va detto che spesso gli enti predispongono deleghe formali, quindi è un motivo che conviene sollevare (non si sa mai), ma non sempre porta all’annullamento, perché possono sanare in giudizio esibendo la delega. Comunque è un tuo diritto sapere chi ha firmato (responsabile del procedimento). Se non è indicato affatto, è un difetto.
Q: Il mio accertamento IMU riguarda una cartella di pagamento “TARI” che in realtà mi aveva già richiesto la Tari, è normale?
A: Attenzione a non confondere: qui parliamo di avviso di accertamento IMU. A volte i comuni mandano avvisi di accertamento con più tributi (IMU, TASI – quando c’era – e TARI). Dal 2020 infatti l’avviso unico può contenere anche la TARI evasa. Se nel tuo atto ci sono sia IMU che TARI, vuol dire che contestano entrambe. Occhio che la TARI (tariffa rifiuti) ha regole simili ma non identiche. Ad esempio per la Tari c’è il principio che se la cifra è sotto 30 euro non la contestano. Può capitare quindi di avere un avviso misto. In quel caso dovresti impugnare lo stesso atto contestando entrambi gli aspetti. La difesa sulla TARI sarà diversa (in base a superficie e occupanti). Fai attenzione se l’importo del contributo unificato lo calcolano sul totale di IMU+TARI o separatamente: di solito sul totale. Un altro scenario: potresti aver ricevuto una cartella di pagamento da Agenzia Riscossione per IMU non pagata. Quella è diversa dall’avviso di accertamento. Se tu non hai mai ricevuto prima un avviso di accertamento per quell’anno, allora la cartella sarebbe nulla (perché non potevano iscriverti a ruolo senza accertamento, a meno che tu non hai presentato dichiarazione infedele su cui fanno liquidazione). Se ti trovi in questa situazione (cartella IMU senza avviso precedente), puoi fare ricorso contro la cartella per vizio proprio (mancanza di presupposto). È un caso particolare ma da segnalare.
Q: Ho già pagato l’IMU richiesta, come posso dimostrarlo e far annullare l’accertamento?
A: Se ritieni che l’avviso sia un errore perché tu hai pagato regolarmente, la prima cosa è raccogliere la prova del pagamento: copie dei modelli F24 con cui hai versato l’IMU per quell’anno e immobile. Controlla anche se magari hai sbagliato qualche codice (es. hai indicato codice comune errato, oppure sbagliato anno). Spesso l’accertamento nasce perché il pagamento non è stato attribuito correttamente. Con la ricevuta F24, recati subito all’Ufficio Tributi e segnala l’errore: in molti casi annullano in autotutela seduta stante, correggendo l’imputazione del tuo pagamento. Se per assurdo non lo fanno, nel ricorso dovrai allegare le quietanze e spiegare che hai pagato nei termini, quindi nulla è dovuto (magari c’era solo un errore formale). Il giudice ti darà ragione e annullerà l’atto. Le quietanze vanno allegate preferibilmente in copia conforme (ma ormai anche la copia semplice va bene se non contestata). Ricorda: l’onere di provare il pagamento effettivo è tuo; se non trovi le ricevute, puoi chiederle in banca o all’intermediario che fece il pagamento.
Q: Ho perso in primo grado, devo pagare subito?
A: Se la sentenza di primo grado ti è sfavorevole (ricorso respinto), l’atto viene confermato. A quel punto, a meno che tu non faccia appello, il Comune potrà procedere a riscuotere l’intero importo. In realtà la legge prevede che, per andare in appello, devi aver pagato nel frattempo 2/3 dell’imposta (considerando il meccanismo frazionato: 1/3 poteva già essere riscosso, e un ulteriore 1/3 va versato per appellare, restando sospeso l’ultimo terzo fino al secondo grado). Se non paghi quel 2/3, l’appello può essere dichiarato inammissibile. Quindi, pragmaticamente: dopo una sconfitta, se intendi appellare, devi versare il dovuto in misura di due terzi entro 30 giorni dalla notifica della sentenza (ti notificheranno la sentenza? Se non la notificano, hai 6 mesi per appello ma comunque conviene pagare per non subire intanto). Se invece decidi di non appellare, devi pagare tutto entro 30 giorni dalla notifica della sentenza, sennò partirà la riscossione con aggi e interessi moratori. In ogni caso, dopo la prima sentenza, salvo sospensioni, pagare è necessario altrimenti il debito cresce. Puoi però eventualmente aderire se c’è una sanatoria (es. definizione liti pendenti, dove pagando solo il tributo si chiude la causa: nel 2023 c’era una norma simile). Valuta queste opzioni con il legale in base alle normative vigenti al momento.
Q: Se vinco il ricorso, recupero le spese legali?
A: Dipende. Nel processo tributario il giudice può condannare la parte soccombente al rimborso delle spese di lite (onorario del difensore, contributo unificato, ecc.) su domanda di parte. Se vinci integralmente, normalmente chiedi le spese e il giudice di solito le liquida (magari in misura ridotta rispetto al richiesto, in base a parametri). Se vinci parzialmente, può disporre una compensazione totale o parziale (cioè ognuno paga le proprie spese). Se perdi, potresti essere condannato tu alle spese del Comune (che però spesso è assistito da interno e non chiede compensi, quindi di fatto paghi solo il contributo unificato tuo). Diciamo che, realisticamente, se la tua causa era fondata e ottieni annullamento, nella maggior parte dei casi vedrai riconosciuto il rimborso delle spese (magari un po’ inferiore a quanto pagato, ma significativo). Alcuni giudici compensano le spese anche se vinci, appellandosi a “materia complessa” o giurisprudenza oscillante. Non dovrebbero, ma accade. In appello e Cassazione, in caso di vittoria confermata, puoi ottenere anche le spese di quei gradi. Quindi, sì, c’è possibilità di recuperare i costi. È importante inserire sempre nel ricorso e negli atti la richiesta di condanna alle spese della controparte, altrimenti il giudice potrebbe non disporla.
Q: Quali sono i motivi più efficaci per far annullare un accertamento IMU?
A: In sintesi, i motivi di ricorso “vincenti” spesso riguardano:
- Errori procedurali gravi: atto notificato in ritardo oltre i termini; atto privo di motivazione intelligibile; atto non firmato regolarmente; mancanza contraddittorio obbligatorio; notifica nulla. Questi portano ad annullamento per vizi formali.
- Errori sul presupposto: l’imposta non era proprio dovuta per legge (esenzione prima casa coniugi – incostituzionalità; bene merce esente dal 2022 – se dichiarato; terreno esente perché agricolo ecc.).
- Errori di persona o di calcolo evidenti: ti chiedono di pagare qualcosa due volte, o a te mentre spettava ad altri, oppure hanno applicato aliquota sbagliata. Il giudice in tali casi rettifica l’atto o lo annulla.
- Documentazione schiacciante a tuo favore: se alleghi prove inconfutabili (p.es. ricevute pagamenti, certificati di residenza, bollette a dimostrare dimora) e l’ente non le aveva considerate, l’atto verrà annullato o riformato.
In generale, combinare più motivi aumenta le chance: ad esempio un atto tardivo e che viola il contraddittorio e sbaglia aliquota, ha altissime probabilità di essere annullato totalmente. Uno solo di questi motivi può bastare. Molto efficaci sono anche i richiami a precedenti della Cassazione o della Corte Costituzionale pertinenti: i giudici tributari spesso li seguono. Ad esempio citare Cass. SU sull’obbligo di prova della delega firma se contesti la firma, o la C.Cost. 209/2022 se pertinente. Insomma: i motivi efficaci sono quelli fondati su norme solide e su prove documentali.
Q: Dopo quanti anni l’IMU non pagata si prescrive?
A: La prescrizione dei tributi locali (IMU inclusa) è di 5 anni dal momento in cui il tributo è definitivo. Attenzione però: la prescrizione riguarda la fase di riscossione. Se il Comune ti ha notificato un accertamento e tu non paghi né ricorri, quell’accertamento diventa definitivo e il Comune ha 5 anni per eseguire la riscossione (tramite cartelle o ingiunzioni) prima che il diritto si prescriva. Ogni atto interruttivo (come una cartella, un sollecito) fa decorrere di nuovo 5 anni. Invece, se parliamo di decadenza dell’accertamento (che a volte viene confusa con prescrizione), è come detto 5 anni dall’anno successivo a imposta. Quindi se non ti hanno mai accertato nulla entro 5 anni, quell’annualità è “persa” per il Comune. Esempio: IMU 2016 mai accertata entro fine 2021 = non te la possono più chiedere, è decaduta. Diverso dire “prescrizione”: se hai un avviso 2016 notificato nel 2021 e tu non paghi, il Comune può farti cartella fino al 2026, se entro allora non fa nulla quel debito si estingue per prescrizione. Sintetizzando: 5 anni è sia la finestra per accertare, sia il termine di prescrizione per riscuotere i crediti IMU non pagati.
Q: Cos’è la “mediazione tributaria” e vale per l’IMU?
A: Era una procedura che obbligava, per controversie di valore fino a 20.000 (poi 50.000) euro, a presentare prima un reclamo al posto del ricorso, dando 90 giorni all’ente per mediare. Riguardava anche gli enti locali. Però dal gennaio 2024 è stata abolita per i nuovi ricorsi. Quindi attualmente non devi fare nulla di diverso: fai direttamente il ricorso. Se per caso hai presentato un reclamo nel dicembre 2023, quello segue la vecchia procedura, ma è un periodo ormai passato. Ora puntano più sulla conciliazione in giudizio che su quella amministrativa. Quindi non preoccupartene, non è più un tuo onere. Puoi comunque, come detto, provare a negoziare informalmente col Comune prima di depositare il ricorso (magari scrivendo che saresti disponibile a mediare): se c’è apertura, potete concludere un accordo e poi non formalizzare il ricorso. Però formalmente oggi puoi saltare il reclamo.
Q: Posso fare un unico ricorso per più avvisi di accertamento?
A: Sì, se ci sono certi requisiti. L’art.14 D.Lgs.546/92 consente di proporre un ricorso cumulativo contro più atti quando sono “connessi” per oggetto o per titolo. Ad esempio, più avvisi riguardanti lo stesso contribuente e lo stesso tributo ma diversi anni, oppure lo stesso anno e tributo ma diversi contribuenti legati da un rapporto (tipo coobbligati). Nel caso IMU, tipicamente se ti arrivano 5 avvisi (uno per ciascun anno 2017-2021 sul medesimo immobile), puoi fare un ricorso unico contro tutti e 5, indicando tutti gli estremi e motivi comuni (es. contestazione su quell’immobile esente per tutti gli anni). Questo fa risparmiare contributi unificati (ne paghi uno) e semplifica la causa (un solo fascicolo). Anche due coniugi che ricevono ciascuno un avviso per il 50% ciascuno dello stesso immobile possono fare ricorso congiunto (perché la questione di diritto è identica, e chiedere riunione delle cause). Attenzione: se invece sono enti diversi (es. un avviso da Comune X e uno da Comune Y), non puoi unirli perché competenze diverse. Dovrai ricorrere separatamente nelle rispettive Corti. Quindi cumula quando si può, ma non forzare: un cumulo improprio può portare a dover scorporare i ricorsi poi. Un legale saprà consigliarti se la connessione è sufficiente.
Q: Il Comune mi ha inviato una “ingiunzione fiscale” per IMU non pagata senza fare accertamento, posso impugnarla?
A: Sì. L’ingiunzione fiscale (ex R.D.639/1910) è uno strumento di riscossione alternativo alla cartella esattoriale. Alcuni comuni lo usano. Se ricevi un’ingiunzione che ti ingiunge di pagare IMU di anni passati, devi distinguere: se preliminarmente avevi ricevuto un avviso di accertamento divenuto definitivo (non impugnato), allora l’ingiunzione è solo un atto della fase di riscossione coattiva. Non è impugnabile nel merito del tributo (puoi impugnarla solo per vizi propri, tipo notifica). Se invece non avevi mai ricevuto alcun accertamento (o ne hai ricevuto uno ma lo hai impugnato e magari il giudizio è pendente), l’ingiunzione potrebbe essere tu stesso l’atto impugnabile. Cioè fungere da “accertamento esecutivo” se spedita entro i termini. La normativa è un po’ complicata: dal 2020 l’avviso di accertamento è già titolo esecutivo, quindi l’ingiunzione non dovrebbe servire se non come sollecito oltre un anno. Comunque, in generale, se ti arriva un’ingiunzione e non c’è un accertamento precedente, considera di fare ricorso come fosse l’atto impositivo (eccependo magari la mancanza di avviso precedente). Spiega la situazione ad un legale per decidere la strategia. L’ingiunzione va impugnata entro 60 giorni anch’essa davanti al giudice tributario, perché contiene una pretesa tributaria.
Q: Cosa significa che la Commissione Tributaria adesso si chiama “Corte di Giustizia Tributaria”?
A: Fa parte della riforma della giustizia tributaria (Legge 130/2022). Dal 2023 le Commissioni Tributarie Provinciali e Regionali sono state rinominate rispettivamente Corti di Giustizia Tributaria di primo grado e di secondo grado. Inoltre sono stati introdotti giudici tributari professionali (d’ora in poi saranno magistrati a tempo pieno) e altre modifiche procedurali. Ma per il contribuente non cambia molto a livello pratico: i ricorsi si presentano sempre lì, le regole di base sono rimaste, salvo l’abolizione del reclamo di cui si è detto. Nei vostri atti magari troverete ancora scritto “Commissione Tributaria”: non preoccupatevi, corrisponde alla Corte attuale. Basta adeguare la terminologia nelle intestazioni dei ricorsi (es. “Ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria di I Grado di …”). Anche i siti internet del processo tributario e dei documenti si stanno aggiornando con la nuova dicitura.
Q: Perché sul mio avviso c’è scritto sia IMU che TASI? Devo pagare entrambe?
A: La TASI era il tributo per i servizi indivisibili, in vigore fino al 2019, che si pagava assieme all’IMU su alcuni immobili (escluse le prime case). Dal 2020 è stata abolita e inglobata nell’IMU. Quindi per annualità fino al 2019 potresti ricevere un accertamento con due voci: IMU e TASI. Sì, in quel caso devi l’una e l’altra se non le hai pagate. Dal 2020 in poi c’è solo IMU (con aliquote più alte perché comprendono la vecchia Tasi). Dunque se su un avviso 2020 leggi ancora “TASI”, è un errore materiale (dovrebbe essere zero o voce non presente). Verifica l’anno di riferimento: se 2018 o 2019 è normale. Paga/ricorri di conseguenza.
Q: È vero che per i terreni agricoli e fabbricati rurali l’IMU non è dovuta?
A: Dipende dalle situazioni. I terreni agricoli sono esenti IMU se ubicati in Comuni montani o collinari secondo l’elenco ISTAT oppure se posseduti e condotti da coltivatori diretti o imprenditori agricoli professionali (CD/IAP) iscritti alla previdenza agricola. Quindi se sei agricoltore e il terreno è usato da te, esente. Se non lo sei ma il comune è totalmente montano, esente. Altrimenti, un terreno edificabile è sempre imponibile (anche se usato agricolo di fatto). I fabbricati rurali strumentali (stalle, fienili, ecc.) sono esenti IMU per legge. I fabbricati rurali abitativi (categorie A/6) se prima casa esenti come prime case, se seconde case pagano come normali (non c’è più ICI con esenzione rurali). Quindi occhio: se ricevi accertamento su un terreno ma tu hai i requisiti da esenzione, difenditi producendo certificato di CD/IAP e visura del terreno, e quell’accertamento verrà annullato. Viceversa se non li hai, l’IMU era dovuta.
Q: Dopo aver vinto in Cassazione contro l’accertamento IMU, posso chiedere i danni al Comune?
A: In teoria l’ordinamento prevede la responsabilità per lite temeraria (art.96 c.p.c. applicabile) e si potrebbe anche ipotizzare un’azione separata per danni se l’ente ha agito con dolo o colpa grave. Nella pratica però ottenere risarcimenti dal fisco è difficile. Dovresti provare un danno emergente ulteriore rispetto alle spese legali (che già ti vengono rifuse in sentenza di regola). Ad esempio, se per colpa dell’accertamento ingiusto ti hanno bloccato conti e hai perso un affare o hai avuto un danno reputazionale, potresti tentare un’azione. Sono cause complesse e raramente intraprese. In ambito tributario quasi mai i giudici condannano per lite temeraria la PA, a meno di comportamenti veramente assurdi. Quindi non fare troppo affidamento su questo. Piuttosto, la soddisfazione sarà di non dover pagare nulla e aver eventualmente recuperato le spese. Se proprio c’è stato un abuso (es. accertamento replicato mille volte, atteggiamento vessatorio) la strada più concreta è segnalarlo agli organi di controllo (Corte dei Conti, Difensore civico). Ma il risarcimento monetario è improbabile senza un lungo contenzioso civile successivo.
Con queste domande e risposte speriamo di aver chiarito molti dubbi pratici. Chiudiamo la guida con qualche tabella riepilogativa dei punti chiave: scadenze, opzioni e motivi ricorrenti, per avere sott’occhio le informazioni essenziali quando si affronta un avviso di accertamento IMU.
Tabelle riepilogative
Tempistiche e fasi di impugnazione di un avviso di accertamento IMU
Fase/Passaggio | Tempistica | Dettagli e note |
---|---|---|
Notifica dell’avviso | Giorno 0 (data di notifica) | Inizia il termine per impugnare (60 giorni). Se notifica a mezzo PEC, coincide con ricevuta di consegna; se raccomandata, con data ritiro/giacenza. |
Termine per ricorso | Entro 60 giorni dalla notifica | Proroghe: +31 gg se il termine ricade dal 1° al 31 agosto (sospensione feriale); +90 gg in caso di istanza accertamento con adesione; +6 mesi se interviene decesso o perdita capacità della parte. |
Notifica del ricorso al Comune | Entro il 60° giorno | Va notificato all’ente impositore (Comune) che ha emesso l’atto. Può essere tramite PEC, raccomandata o ufficiale giudiziario. La notifica tempestiva interrompe la decadenza. |
Deposito (costituzione in giudizio) | Entro 30 giorni dalla notifica ricorso | Il ricorrente deposita il ricorso (telematicamente su SIGIT o in segreteria) presso la CGT competente. Allegare prova notifica (ricevuta PEC o avviso ricevimento) e procura, oltre a documenti e ricevuta contributo unificato. |
Istanza di sospensione (facoltativa) | Contestuale al ricorso (o poco dopo) | Se si vuole la sospensiva, presentare istanza motivata col ricorso o immediatamente dopo. La decisione cautelare di solito entro ~30-60 giorni dal deposito. Se concessa, blocca esecutività atto fino a sentenza. |
Fase decisionale in primo grado | Variabile (6-24 mesi in media) | Scambio di memorie: Comune deposita controdeduzioni entro 60 gg da notifica ricorso; ricorrente facoltativamente memoria entro 30 gg prima udienza; repliche 15 gg prima. Udienza pubblica se richiesta. Sentenza depositata in genere entro qualche mese dalla discussione. |
Esito primo grado: ricorso accolto | – | L’avviso viene annullato (in tutto o in parte). Se già pagato qualcosa, matura diritto a rimborso. Eventuali somme provvisorie versate devono essere restituite con interessi. Possibile condanna del Comune a spese. Il Comune può appellare entro 60 gg. |
Esito primo grado: ricorso respinto | – | L’avviso viene confermato. Il contribuente deve versare quanto dovuto (dedotto l’eventuale terzo già pagato) salvo appello. Per appellare, deve pagare complessivamente il 2/3 dell’imposta. Se non appella entro 60gg, l’atto diventa definitivo e si procede a riscossione integrale. |
Appello (secondo grado) | Entro 60 giorni dalla notifica sentenza di primo grado (o 6 mesi se non notificata) | Procedura analoga: appello a CGT II grado. Obbligo assistenza tecnica sempre. Pagamento 2/3 imposta se si era perso in primo grado. Sentenza di appello immediatamente esecutiva per la parte soccombente (il che chiude questione di merito, salvo ricorso in Cassazione su diritto). |
Ricorso in Cassazione | Entro 60 giorni dalla notifica sentenza d’appello (o 6 mesi se non notificata) | Solo per motivi di diritto (violazioni di legge). Non sospende esecuzione salvo specifica istanza e provvedimento della Cassazione (raro). Se si arriva qui, spesso per questioni interpretative. |
(Tabella riepilogativa – tempistiche e fasi del ricorso tributario contro avviso esecutivo: dall’atto iniziale fino ai possibili esiti nei vari gradi di giudizio.)
Opzioni del contribuente entro 60 giorni dalla notifica dell’avviso
Opzione | Descrizione | Vantaggi | Svantaggi/Note |
---|---|---|---|
Pagare integrale (“acquiescenza”) | Pagamento dell’imposta + interessi + sanzioni ridotte a 1/3 entro 60 gg. Comune archivia l’accertamento. | Niente lite, definizione immediata. Sanzione ridotta (10% anziché 30%). Evita ulteriori interessi e spese legali. | Rinuncia a qualsiasi contestazione. Costo comunque dell’imposta intera. Rateazione non sempre compatibile con sanzione ridotta (verificare). |
Richiedere rateizzazione | Istanza al Comune per pagamento dilazionato (di solito ammessa se difficoltà economica, in base a regolamento). | Allevia impatto finanziario distribuendo l’esborso nel tempo. | Spesso implica accettazione del debito (niente ricorso). Sanzioni normalmente non ridotte, interessi dilazione aggiuntivi. Decade se salto rate. |
Autotutela (richiesta annullamento) | Istanza motivata al Comune per annullare/modificare l’avviso per errori evidenti (pagamento effettuato, doppio addebito, ecc.). | Procedimento informale, gratuito. L’atto può essere annullato rapidamente senza procedura giudiziaria. | Discrezionale: il Comune può ignorarla o respingerla. Non sospende il termine di 60 gg (va fatto ricorso comunque se non arriva esito in tempo). |
Accertamento con adesione | Istanza di adesione entro 60 gg per avviare confronto col Comune. Sospende termini per 90 gg. Si cerca accordo su imposta dovuta. Se accordo: atto di adesione e pagamento con sanzioni ridotte 1/3 (rate fino 8 o 12 trimestri). Se niente accordo: si può procedere con ricorso al termine. | Sanzioni ridotte (10%). Possibilità di ottenere riduzione dell’imposta concordando su alcuni punti. Tempo extra (90 gg) prima di dover ricorrere. Rapporto meno conflittuale col Comune. | L’istanza va presentata tempestivamente e segue regole (nuove regole dal 2024 con contraddittorio). Se non si trova accordo, si rischia di aver solo ritardato l’iter. Necessaria disponibilità dell’ente a negoziare (non garantita). |
Ricorso giudiziario | Predisposizione e notifica ricorso alla Corte Giustizia Tributaria contro l’accertamento. Avvio formale del contenzioso. | Sospende la definitività dell’atto. Giudice terzo valuterà la legittimità. Possibilità di ottenere sospensione esecuzione. Se si vince, nulla è dovuto (o ridotto). | Tempi potenzialmente lunghi per esito finale (possono volerci anni con appelli). Costi di assistenza legale e contributo unificato. Rischio di dover pagare una parte durante causa (1/3) e spese se si perde. |
Reclamo-mediazione (NON più obbligatorio dal 2024) | (Fino al 2023, per importi ≤50.000€, il ricorso iniziale valeva come reclamo al Comune, con 90 gg per mediare). Dal 2024 non previsto, ma il contribuente può comunque segnalare volontà di accordo nelle memorie. | (Non più applicabile per nuovi atti) Permetteva riduzione sanzioni 35% se mediazione riusciva. | Era un passaggio obbligato, ora abolito dal 2024. Oggi il reclamo non va presentato, si ricorre direttamente. |
(Tabella: possibili scelte del contribuente dopo la notifica dell’accertamento, con pro e contro. La scelta dipende dalla fondatezza della pretesa e dalla capacità finanziaria: se il Comune ha ragione e l’importo è gestibile, conviene acquiescenza; se ci sono dubbi o errori, meglio autotutela o adesione e poi ricorso.)
Principali motivi di illegittimità di un avviso IMU (da verificare)
Profilo di illegittimità | Descrizione | Riferimenti normativi/giurisprudenziali | Esito sul procedimento |
---|---|---|---|
Notifica oltre termini (decadenza) | Avviso notificato oltre il 31/12 del 5° anno successivo al dovuto. | Art.1, c.161 L.296/2006. Cass. SU n.258/2012. | Nullità dell’atto per decadenza del potere accertativo. |
Vizi di notifica | Notifica non conforme: es. consegnata a soggetto non abilitato, indirizzo errato, mancate comunicazioni di legge, ecc. | Art.137 e segg. c.p.c.; L.890/1982 (notifiche postali); art.60 DPR600/73 (irreperibili). Vari precedenti Cass. (es. Cass. 12083/2019). | Annullabilità o inesistenza dell’atto (a seconda del vizio). Se ricorso comunque proposto, alcuni vizi si considerano sanati tranne quelli radicali. |
Difetto di motivazione | Motivazione assente o insufficiente a comprendere le ragioni della pretesa. | Art.7, c.1 L.212/2000 (Statuto contrib.); Art.3 L.241/1990. Cass. n.12247/2020: necessaria indicazione chiara presupposti. Sent. CTP Napoli 8578/2022: nullo per motivazione generica. | Nullità dell’atto ex art.7 Statuto (vizio insanabile). |
Soggetto passivo errato | Atto intestato a persona non titolare dell’obbligazione (es. venduto immobile prima, soggetto deceduto, quota non dovuta). | Art.1 D.Lgs.504/92 (soggetti passivi IMU sono proprietari/usufruttuari al 1/1). Cass. n.13345/2018 (notifica a de cuius nulla). | Annullamento per inesistenza del presupposto a carico del destinatario. (L’ente dovrà eventualmente riemetterlo al soggetto corretto se nei termini). |
Sottoscrizione irregolare | Mancata firma o firma di funzionario privo di delega valida. | Art.1, c.87 L.549/1995; Art.42 DPR 600/73 (principio generale). Cass. ord.8009/2025 ribadisce onere prova delega a carico ente; Cass.19190/2019 cit. in ord.8009. Cass. SS.UU. 22810/2015. | Nullità dell’atto ai sensi delle norme citate. (Se eccepito e ente non prova delega in giudizio, l’atto viene annullato). |
Mancato contraddittorio preventivo | Omessa attivazione del contraddittorio endoprocedimentale (quando obbligatorio). | Art.6-bis L.212/2000 introdotto da D.Lgs. 219/2023 (obbligo generalizzato tranne atti automatizzati). Cass. n.701/2020 (contraddittorio necessario in tributi non armonizzati se previsto). Vari richiami a Corte UE. | Annullabilità dell’atto per violazione di legge (nullità relativa, da eccepire in ricorso). In giudizio: annullamento se si prova che l’atto non era mera liquidazione e manca contraddittorio. |
Errore sul quantum (calcoli/aliquote) | Importi calcolati erroneamente: rendita sbagliata, mq errati, aliquota non conforme a delibera, detrazioni ignorate, doppia imposizione di periodi, etc. | Art.1, c.162 L.296/2006 (rettifica su dichiarazione infedele); Delibere comunali annuali (aliquote); Artt.13-15 D.L.201/2011 conv. L.214/2011 (discipline aliquote e detrazioni prima casa). Giurisprudenza varia (CT di merito su ricalcoli). | In caso di fondatezza: il giudice ridetermina l’imposta corretta e annulla parzialmente l’avviso per l’eccedenza non dovuta. Se l’errore inficiava tutto (es. imposta già pagata interamente), annullamento totale. |
Esenzione/agevolazione non riconosciuta | Contribuente avente diritto a esenzione o riduzione IMU che non è stata applicata. Esempi: abitazione principale (esente) tassata; immobile storico con riduzione 50% ignorata; “immobile merce” esente dal 2022 non considerato. | Art.13, c.2 DL 201/2011 (esenzione abitazione principale salvo cat.A1/A8/A9); Sent. Corte Cost. 209/2022 (coniugi in case diverse esenzione doppia); Art.1, c.751 L.160/2019 (esenzione fabbricati costruiti e invenduti dal 2022); Art.13, c.3 DL 201/2011 (riduzione 50% edifici d’interesse storico). | Se il contribuente dimostra di rientrare nelle condizioni di esenzione/riduzione, l’accertamento per quella parte è illegittimo. Il giudice annulla l’IMU richiesta su quell’immobile/periodo. (A volte il Comune può opporre decadenza da beneficio per omessa dichiarazione, va valutato caso per caso). |
Decadenza dell’atto presupposto (rendita) | (Caso particolare) Se l’accertamento si basa su un aumento di rendita catastale notificato oltre termini o impugnato e annullato. | Art.74 L.342/2000 (termine notifica rendite); Cass. SS.UU. 7665/2016 (rapporti accertamento ICI – contenzioso catastale). | L’avviso IMU viene meno se la rendita su cui è calcolato viene annullata o ridotta (accertamento “a cascata” perde fondamento). Giudice sospende in attesa definizione rendita o annulla accertamento rinviando al ricalcolo con rendita esatta. |
(Tabella: elenco sintetico di possibili vizi dell’accertamento IMU da controllare. Se presenti, costituiscono motivi di ricorso efficaci per ottenere l’annullamento totale o parziale dell’atto impugnato.)
Conclusione
Impugnare un avviso di accertamento IMU è un diritto del contribuente e, in molti casi, la scelta più saggia per evitare di pagare importi non dovuti o sanzioni ingiuste. Come abbiamo visto, il punto di vista del debitore – sia esso un privato cittadino, un professionista o un imprenditore con numerosi immobili – deve focalizzarsi su alcuni aspetti chiave: il rispetto rigoroso dei termini processuali, l’individuazione dei possibili vizi dell’atto (sia procedurali che sostanziali) e l’utilizzo degli strumenti difensivi più appropriati alla situazione (dall’autotutela all’adesione, fino al ricorso e oltre). Abbiamo approfondito la normativa italiana aggiornata a luglio 2025, tenendo conto delle recenti riforme (processo tributario “2.0”, obbligo di contraddittorio, fine della mediazione) e delle pronunce giurisprudenziali di rilievo (Corte Costituzionale sulla prima casa dei coniugi, Cassazione su delega di firma, su immobili merce, ecc.).
Per i contribuenti privati, questa guida offre una panoramica di come difendersi efficacemente: ricordate sempre che un accertamento non va mai ignorato – anche solo presentare un’istanza al Comune o un ricorso in Commissione può evitare effetti irreparabili come pignoramenti o iscrizioni di ipoteca. Molti avvisi, inoltre, risultano annullabili per errori o interpretazioni errate: la legge tributaria è complessa e nemmeno gli uffici comunali sono infallibili. Far valere le proprie ragioni con i mezzi previsti dall’ordinamento è non solo legittimo, ma doveroso quando si è convinti di avere subìto un’imposizione sbagliata.
Per gli imprenditori e le aziende, poi, la difesa dagli accertamenti IMU rientra in una più ampia gestione del rischio fiscale locale. Abbiamo evidenziato strategie avanzate: dall’audit interno per prevenire omissioni, alla centralizzazione del contenzioso, fino all’eventuale negoziazione globale con i Comuni e alla considerazione di strumenti concorsuali in casi estremi. L’IMU, pur essendo un tributo locale, può incidere significativamente sui bilanci di chi possiede molti immobili; ma al contempo offre una serie di agevolazioni (spesso poco note) che, se correttamente rivendicate, possono alleggerire il carico tributario. Un caso emblematico è quello dei fabbricati merce delle imprese edili: conoscere la normativa (esenzione dal 2022) e gli oneri dichiarativi connessi può fare la differenza tra ricevere un accertamento salato e non riceverlo affatto.
In definitiva, impugnare un avviso di accertamento IMU richiede una combinazione di tempestività, competenza tecnica e strategia. Tempestività, perché i termini sono stringenti (60 giorni volano) e non rispettarli pregiudica ogni difesa. Competenza, perché occorre padroneggiare norme tributarie, procedure e spesso anche aspetti catastali o civilistici; per questo l’assistenza di un professionista qualificato è quasi indispensabile, soprattutto per contenziosi di valore. Strategia, perché bisogna saper scegliere le battaglie giuste (ad esempio valutare se aderire per ridurre le sanzioni, o se ricorrere fino in fondo per un principio importante) e gestire eventualmente più procedimenti in parallelo (ricorsi su più anni, o ricorsi su rendita + su IMU).
Il legislatore italiano, con la riforma in atto, sembra voler semplificare alcuni passaggi e concentrarsi sulla fase di confronto anticipato e sulla conciliazione in giudizio, piuttosto che obbligare a passaggi formalistici. Ciò potrebbe nel prossimo futuro rendere ancora più agevole per i contribuenti trovare soluzioni rapide eque. Ad esempio, se il contraddittorio preventivo verrà applicato diligentemente, molti errori potranno essere sanati prima dell’emissione degli atti, riducendo la necessità di ricorrere.
Nel frattempo, però, resta fondamentale conoscere i propri diritti e doveri. Questa guida ha fornito le basi normative aggiornate e i consigli pratici per affrontare un accertamento IMU dal punto di vista di chi lo subisce. Ogni caso ha le sue peculiarità: per dubbi specifici, è sempre consigliabile rivolgersi a un esperto di fiducia (avvocato tributarista o commercialista) fornendo tutta la documentazione del caso. Con un approccio informato e proattivo, molte “cartelle pazze” o pretese infondate possono essere neutralizzate, e anche quando la pretesa è fondata si può spesso mitigare l’impatto (con sanzioni ridotte o accordi rateali).
In conclusione, come impugnare un avviso di accertamento IMU non è solo un esercizio procedurale: è l’espressione concreta della tutela dei diritti del contribuente di fronte al potere impositivo. In uno Stato di diritto, l’ente pubblico dispone di strumenti per riscuotere il dovuto, ma il cittadino ha parimenti strumenti per difendersi da errori o eccessi. Usarli responsabilmente ed efficacemente è nell’interesse di entrambi: del contribuente, per non pagare più del giusto, e dell’amministrazione, per vedere accertata solo la reale capacità contributiva.
Fonti e riferimenti normativi
- Agenzia delle Entrate – Guida al ricorso tributario (sito ufficiale) – Come impugnare un accertamento fiscale, art.18 D.Lgs.546/92.
- Ministero Economia e Finanze – Comunicato Stampa n.13 del 22/01/2024 – Chiarimenti su reclamo/mediazione dopo D.Lgs.220/2023.
- Dipartimento Finanze MEF – Esenzione IMU per coniugi con diversa residenza (FAQ 2022 post sentenza Corte Cost.).
- Corte Costituzionale – Sentenza n.209/2022 – Esenzione IMU abitazione principale e requisiti del nucleo familiare.
- Corte di Cassazione – Ordinanza n.8009/2025 (Sez. Trib.) – Onere della prova della delega di firma sugli avvisi.
- Corte di Cassazione – Ordinanza n.5190/2022 – Esenzione IMU “immobili merce” e obbligo dichiarativo.
- Corte di Cassazione – Ordinanza n.10392/2025 – Esclusa esenzione IMU per immobili merce acquistati e ristrutturati.
- Giustizia Insieme – F. Tesauro, Accertamento e riscossione tributi locali dopo le riforme (2023) – analisi tecnica (contraddittorio, L.160/2019, ecc.).
- D.L. 27/12/2019 n.160 (Legge di Bilancio 2020) – commi 738-787: istituzione “nuova IMU” (aliquote, avvisi esecutivi, esenzioni immobili merce dal 2022 art.1 c.751).
- L. 27/12/2006 n.296 (Finanziaria 2007) – art.1 commi 161-170: termini decadenza accertamenti tributi locali.
- D.Lgs. 31/12/1992 n.546: art.18 (contenuto ricorso), art.17-bis (mediazione, abrogato da D.Lgs.220/2023), art.47 (sospensione giudiziale), art.48 (conciliazione), art.68 (riscossione frazionata 1/3 – 2/3).
- D.Lgs. 19/06/1997 n.218: accertamento con adesione (art.6 sospensione 90gg; art.8 sanzioni 1/3).
- Risoluzione MEF n.11/DF dell’11/12/2013 – Immobili merce e imponibilità IMU (orientamento poi superato da Cass.2025).
- Sentenza Corte Cass. SS.UU. 17/12/2014 n.262 (costituzionalità mediazione tributaria).
Hai ricevuto un avviso di accertamento IMU? Fatti Aiutare da Studio Monardo
Se ti è stato notificato un avviso di accertamento IMU da parte del Comune, è importante sapere che non si tratta di una semplice comunicazione, ma di un atto esecutivo che può avere conseguenze concrete: ingiunzioni, interessi di mora, sanzioni e persino il pignoramento.
La buona notizia? Puoi impugnarlo entro termini precisi, facendo valere i tuoi diritti.
Cos’è l’avviso di accertamento IMU e perché arriva?
L’avviso di accertamento IMU è l’atto con cui il Comune contesta:
- 🧾 Il mancato pagamento totale o parziale dell’IMU
- 💰 Un errore nel calcolo dell’imposta (sul valore dell’immobile o sulla rendita catastale)
- 🏘️ Una dichiarazione omessa o infedele
- 📆 Il ritardo nel versamento rispetto alle scadenze stabilite
Questo atto ha valore impositivo ed esecutivo, e può essere seguito da azioni forzate se non impugnato nei tempi previsti.
Entro quanto tempo si può fare ricorso?
Hai 60 giorni dalla data di notifica dell’avviso per presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria competente.
In caso di silenzio o rigetto dell’istanza di autotutela, i termini restano invariati.
Quando l’avviso IMU può essere contestato?
Puoi impugnarlo se:
- ❌ Hai già pagato l’imposta, anche se in ritardo
- 🧮 Il calcolo del Comune è errato (valore, rendita, detrazioni)
- 🏘️ L’immobile è esente da IMU (es. abitazione principale, immobili inagibili)
- 📝 Hai presentato correttamente la dichiarazione IMU, ma non è stata considerata
- ⛔ L’avviso è stato notificato fuori termine (oltre 5 anni)
Come si presenta il ricorso?
- 📄 Predisponi un ricorso motivato con dati catastali, ricevute, normativa di riferimento
- ✍️ Presentalo alla Corte di Giustizia Tributaria della provincia dove ha sede l’immobile
- ⚖️ Chiedi eventualmente anche la sospensione dell’esecuzione dell’atto
- 📂 Valuta con un legale la possibilità di una difesa in autotutela, nei casi più semplici
🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo
📑 Verifica la correttezza dell’avviso di accertamento ricevuto
📂 Ricostruisce la tua posizione IMU con documentazione fiscale e catastale
✍️ Redige il ricorso nei termini, con motivazioni tecniche e giurisprudenziali
⚖️ Ti rappresenta in giudizio per ottenere l’annullamento dell’atto
🔁 Ti assiste anche in eventuali rimborsi o rettifiche da parte del Comune
🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in contenzioso tributario e imposte locali (IMU, TARI, TASI)
✔️ Consulente contro accertamenti illegittimi dei Comuni
✔️ Iscritto come Gestore della crisi patrimoniale presso il Ministero della Giustizia
✔️ Consulente per proprietari di immobili, contribuenti e professionisti immobiliari
Conclusione
Un avviso di accertamento IMU non è definitivo: se è sbagliato, puoi impugnarlo con successo. Ma è fondamentale agire subito, con una difesa ben preparata.
Con l’Avvocato Giuseppe Monardo, puoi contestare l’avviso e proteggere il tuo patrimonio immobiliare da pretese indebite.
📞 Richiedi ora una consulenza riservata per impugnare l’avviso di accertamento IMU prima che diventi definitivo.