Fideiussione: Come Liberarsi Dalla Garanzia e Svincolarsi

Hai firmato una fideiussione e ora ti chiedi come puoi liberarti da questa garanzia, se esistono modi per svincolarti e se sei davvero obbligato per sempre a rispondere dei debiti altrui? Ti hanno detto che “non si può revocare”, ma la realtà legale è molto più sfumata.

La fideiussione è uno degli impegni più pericolosi e sottovalutati: ti rende coobbligato nei confronti della banca o del creditore per i debiti di un’altra persona o società. Ma non sempre è valida, e in certi casi puoi svincolarti anche prima della scadenza.

Cos’è una fideiussione e cosa comporta davvero?
– È un contratto in cui ti impegni a garantire il debito di un terzo (spesso una società o un familiare)
– Se il debitore principale non paga, il creditore può agire direttamente contro di te
– Spesso viene firmata per prestiti, leasing, aperture di credito o mutui
– Le più diffuse sono le fideiussioni bancarie omnibus, cioè senza limiti di oggetto né di durata apparente

Ma puoi davvero svincolarti da una fideiussione?
, ma solo in presenza di determinati vizi o condizioni
– Se il contratto è a tempo indeterminato, puoi revocarlo per il futuro
– Se la fideiussione è irregolare o contraria alle norme antitrust (Banca d’Italia 2005), può essere annullata o dichiarata nulla
– Se non ti è stato spiegato correttamente cosa firmavi, puoi contestare la validità per vizi del consenso
– Se il creditore ha modificato il contratto principale senza avvisarti, puoi essere liberato dalla garanzia

Come puoi agire per liberarti legalmente?
– Far esaminare il contratto di fideiussione da un avvocato esperto per cercare clausole abusive o nulle
– Verificare se la fideiussione contiene clausole conformi al modello ABI 2002 (spesso ritenute illegittime)
– Inviare una revoca formale, se si tratta di garanzia a tempo indeterminato
– Contestare in giudizio la validità del contratto, in caso di nullità o eccessiva onerosità
– Dimostrare che il creditore ha colpevolmente aggravato il rischio senza informarti

Cosa NON devi fare mai?
– Ignorare solleciti e atti giudiziari: potrebbero pignorarti anche se non hai mai usufruito del prestito
– Aspettare che il debitore principale risolva da solo: sei coobbligato in solido
– Pensare che una fideiussione si estingua da sola: resta attiva fino a revoca, prescrizione o estinzione del debito garantito
– Firmare “per fiducia” o “per favore” senza sapere cosa comporta: rischi il tuo patrimonio personale

La fideiussione può sembrare una trappola, ma in molti casi ci sono vie d’uscita. La chiave è agire subito, con competenza e consapevolezza.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in contenzioso bancario e responsabilità da garanzie – ti spiega come funziona davvero la fideiussione, quando puoi liberartene e quali sono le strategie legali per svincolarti.

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Introduzione

La fideiussione è un contratto di garanzia personale molto diffuso nel credito bancario e commerciale, in cui una parte (detta fideiussore o garante) si obbliga personalmente verso il creditore garantendo l’adempimento di un’obbligazione altrui. In termini semplici, il garante “mette la faccia e il patrimonio” a garanzia di un debito di un terzo: se il debitore principale non paga, il creditore può esigere il pagamento direttamente dal fideiussore. Firmare una fideiussione equivale dunque a diventare co-debitore dell’obbligazione garantita.

Dal punto di vista di chi presta la fideiussione (il garante), questo comporta rischi e responsabilità notevoli. Infatti, salvo patto contrario, il fideiussore è obbligato in solido col debitore principale (art. 1944 c.c.), il che significa che il creditore può chiedere a lui l’intero importo dovuto, come se fosse debitore diretto. In caso d’insolvenza del debitore principale, il garante rischia azioni esecutive sul proprio patrimonio – ad esempio pignoramento di conti, stipendio, immobili – analogamente a quanto avviene per il debitore originario.

Questa guida, aggiornata a luglio 2025, esamina in dettaglio come un fideiussore possa liberarsi dalla garanzia e svincolarsi dalla propria obbligazione, utilizzando tutti gli strumenti di tutela offerti dall’ordinamento italiano. Adotteremo un linguaggio tecnico-giuridico ma con intento divulgativo, rivolgendoci sia a professionisti (avvocati, consulenti) sia a privati cittadini e imprenditori che abbiano prestato fideiussione. Il focus sarà sulle normative italiane e sulla giurisprudenza più recente, con particolare attenzione al punto di vista del garante (ossia di chi ha firmato la fideiussione e vuole capire come essere liberato). Verranno trattate sia le fideiussioni bancarie che quelle personali, includendo i profili di nullità parziale o totale per violazione della normativa antitrust (es. lo “schema ABI” oggetto di noti provvedimenti), nonché i rimedi giudiziari e stragiudiziali utili a ottenere lo svincolo dalla garanzia.

La guida è strutturata in sezioni tematiche, arricchite da tabelle riepilogative, domande e risposte frequenti e simulazioni pratiche di scenari tipici, il tutto riferito esclusivamente al contesto italiano. In appendice verranno anche forniti esempi di atti (ad esempio, una lettera di recesso da una fideiussione omnibus e uno schema di atto di citazione) che il fideiussore può utilizzare come modello. Tutte le fonti normative e giurisprudenziali citate durante l’esposizione sono raccolte in fondo al documento, nella sezione Fonti.

In sintesi: se avete firmato una fideiussione e vi state chiedendo “Come posso liberarmi da questa garanzia?”, proseguite la lettura. Esamineremo prima cos’è e come funziona la fideiussione, poi tutte le cause e i rimedi che possono portare alla cessazione della garanzia, con particolare attenzione agli strumenti che permettono al fideiussore di svincolarsi dall’obbligo assunto.

Cos’è la fideiussione e come funziona

La fideiussione è definita dall’art. 1936 del Codice Civile: “È fideiussore colui che, obbligandosi personalmente verso il creditore, garantisce l’adempimento di un’obbligazione altrui”. Si tratta di un contratto accessorio, il che significa che la sua esistenza e validità dipendono dall’obbligazione principale che garantisce. In altre parole, il fideiussore si impegna a pagare al creditore ciò che deve il debitore principale, qualora quest’ultimo non adempia. La fideiussione può garantire debiti di qualsiasi tipo (una somma di denaro, l’obbligo di consegna di un bene, ecc.), purché siano leciti e determinati o determinabili.

Caratteristiche principali della fideiussione

  • Obbligazione solidale del garante: Salvo diversa pattuizione, il fideiussore è tenuto allo stesso adempimento del debitore, ed è obbligato in solido con lui (art. 1944 c.c.). Ciò comporta che il creditore può agire contro il garante immediatamente e per l’intero importo dovuto, senza dover prima escutere il debitore principale. Nella prassi, i contratti bancari di fideiussione prevedono espressamente la rinuncia del garante al beneficio della preventiva escussione (beneficium excussionis). Di conseguenza, il garante non può opporsi al pagamento dicendo “prima rivalgiti sul debitore”: egli risponde direttamente appena il debitore è inadempiente, potendo al più rivalersi a posteriori sul debitore stesso.
  • Limite dell’obbligazione garantita: La fideiussione non può eccedere ciò che è dovuto dal debitore principale (art. 1941 c.c.), né può essere prestata a condizioni più onerose. Significa che il garante al massimo paga quanto il debitore è tenuto a pagare, comprensivo di interessi di mora e spese di recupero eventualmente dovuti dal debitore. Non può invece essere obbligato a penali o interessi superiori a quelli pattuiti per il debitore. È possibile, previo accordo, limitare la fideiussione ad una parte del debito (fideiussione parziale) o prevedere altre limitazioni (ad es. durata massima, importo massimo garantito).
  • Accessorietà: La fideiussione segue le sorti del debito principale: se questo si estingue, la fideiussione si estingue (art. 1941 c.c.); se il debito principale è nullo, di regola viene meno anche la fideiussione (salvo eccezioni che vedremo, come le clausole di “sopravvivenza” talvolta previste in contratto). Il fideiussore può opporre al creditore tutte le eccezioni che avrebbe potuto opporre il debitore principale (art. 1945 c.c.), ad eccezione di quelle personali al debitore stesso. Ad esempio, se il debitore principale poteva eccepire la nullità o prescrizione del contratto, anche il garante potrà farlo valere per evitare il pagamento; non potrà invece eccepire l’incapacità legale del debitore principale (essendo eccezione personale). Questa caratteristica rafforza la posizione del garante: se il debito principale non è dovuto, non lo sarà neppure la fideiussione. Tuttavia, nei contratti bancari è comune inserire una clausola di “pagamento a prima richiesta e senza eccezioni” (tipica delle garanzie autonome), con cui il garante dichiara di rinunciare alla facoltà di opporre eccezioni relative al rapporto principale. Una clausola del genere, se valida, svincola la garanzia dal rapporto sottostante e impedisce al fideiussore di beneficiare dell’accessorietà (si parla appunto di garanzia autonoma, di cui diremo a breve). Nella sezione sulla nullità vedremo che queste clausole di rinuncia alle eccezioni possono però essere dichiarate nulle, specie quando il garante è un consumatore.
  • Diritti del fideiussore: Pur essendo esposto a dover pagare per altri, il fideiussore gode di alcuni diritti di tutela. In caso debba effettivamente pagare il debito garantito, egli subentra nei diritti del creditore verso il debitore principale (diritto di surroga, art. 1949 c.c.) e può chiedere al debitore quanto pagato (diritto di regresso, art. 1950 c.c.). Inoltre, come vedremo, la legge gli riconosce specifiche cause di liberazione anticipata (artt. 1955, 1956, 1957 c.c.) e la possibilità di recedere dalle garanzie indefinite. Il fideiussore può anche richiedere al debitore principale, in presenza di circostanze che vedremo, di essere liberato dalla fideiussione o di ottenere garanzie a propria protezione (art. 1953 c.c.). Tutte queste facoltà saranno approfondite più avanti, nell’ottica di evidenziare come “svincolarsi” dalla garanzia.

In sintesi, la fideiussione è un vincolo serio: il garante risponde con il proprio patrimonio presente e futuro (art. 2740 c.c.) dell’adempimento altrui. Se tutto procede bene e il debitore paga regolarmente, la fideiussione rimane sullo sfondo senza conseguenze pratiche. Ma se il debitore non paga, il fideiussore può essere chiamato a onorare il debito e subire, in caso d’inadempimento, le azioni legali del creditore. Per questo è fondamentale, per chi presta fideiussione, conoscere gli strumenti per limitare la propria esposizione e – quando possibile – liberarsi dalla garanzia.

Tipologie di fideiussione: bancarie, personali, omnibus, specifiche, garanzie autonome

Non tutte le fideiussioni seguono lo stesso schema. In ambito contrattuale e bancario si sono sviluppate varie tipologie di garanzie personali, che presentano caratteristiche e regole specifiche. Di seguito distinguiamo le forme principali di garanzia personale e spieghiamo le differenze importanti dal punto di vista di chi garantisce:

  • Fideiussione specifica: è la forma classica disciplinata dal codice civile. Garantisce un singolo debito determinato e specificamente individuato (ad esempio, la fideiussione a garanzia di uno specifico mutuo, di un contratto di locazione, di una fornitura particolare, ecc.). Nel testo del contratto di fideiussione specifica viene indicato esattamente quale obbligazione si garantisce (importo, causale, scadenza, ecc.). La fideiussione specifica è limitata a quel rapporto e si estingue automaticamente all’estinzione dell’obbligazione garantita. Ad esempio, se Tizio fa da garante per il mutuo di Caio, la fideiussione terminerà quando il mutuo sarà interamente rimborsato (o al verificarsi di altre cause di estinzione del mutuo).
  • Fideiussione omnibus (o fideiussione bancaria generale): è una garanzia di carattere generale, molto utilizzata nei rapporti banca-impresa. In questo schema, il fideiussore garantisce tutte le obbligazioni (presenti e future) che un determinato debitore ha nei confronti di una banca, fino a concorrenza di un importo massimo predeterminato. In pratica, il garante “omnibus” copre l’esposizione complessiva che il debitore principale ha verso la banca (derivante da uno o più rapporti bancari: affidamenti di conto corrente, mutui, anticipazioni, scoperti, ecc.), entro il limite di importo stabilito. Ad esempio, un socio può prestare fideiussione omnibus a garanzia di tutti i debiti presenti e futuri della sua società verso la banca X fino a €100.000. Per legge, deve essere previsto un importo massimo garantito: l’art. 1938 c.c. stabilisce infatti che la fideiussione che garantisce obbligazioni future è valida solo se viene determinato un massimale di importo, altrimenti è nulla per indeterminatezza dell’oggetto. Di norma i formulari bancari di fideiussione omnibus indicano chiaramente il massimale (es. “fino all’importo di euro ___”). La fideiussione omnibus, se non diversamente pattuito, è a tempo indeterminato: copre anche le future nuove esposizioni del debitore fino a quando il garante non esercita il recesso dalla garanzia (vedi oltre) oppure fino a quando tutti i rapporti garantiti siano estinti.
  • Fideiussioni tra imprese o soci (“fideiussione aziendale”): in ambito societario è frequente che soci, amministratori o società controllanti prestino fideiussioni a garanzia di finanziamenti concessi all’impresa del loro gruppo o partner. Dal punto di vista civilistico queste garanzie rientrano pur sempre nella categoria delle fideiussioni specifiche o omnibus, a seconda dei casi, ma assumono denominazioni particolari in base ai soggetti: si parla ad esempio di patronage quando una società capogruppo garantisce le obbligazioni di una controllata, oppure di confidi quando consorzi o cooperative di garanzia fidi garantiscono finanziamenti bancari a PMI consorziate. La disciplina di base resta quella civilistica (con eventuali normative speciali di settore), ma è bene sapere che anche garanzie prestate da società o enti rientrano nella logica della fideiussione: un socio che garantisce un debito sociale è un fideiussore a tutti gli effetti, con i medesimi rischi (salvo eventuali limitazioni statutarie o normative, che qui non approfondiamo).
  • Fideiussione bancaria (garanzia prestata da una banca): Con questa espressione ci si riferisce alla garanzia in cui il garante è una banca o compagnia di assicurazione, anziché una persona fisica o un’altra società commerciale. In pratica, una banca “fa da fideiussore” per un cliente, assumendo l’obbligo di pagare al creditore-beneficiario se il debitore principale non adempie. Il debitore principale, in questi casi, richiede alla propria banca (o a un’assicurazione) di emettere una fideiussione in favore del suo creditore. Tipici esempi sono le fideiussioni bancarie richieste nei contratti di locazione (la banca garantisce al locatore il pagamento dei canoni da parte del conduttore) o le fideiussioni fornite in appalti, concessioni, rimborso IVA, ecc. Dietro le quinte, il debitore che ottiene la garanzia bancaria spesso deposita una somma a pegno o paga una commissione alla banca, oppure ottiene un fido di firma. Dal punto di vista del beneficiario (il creditore garantito), la fideiussione bancaria offre maggiore sicurezza, in quanto la garanzia è prestata da un soggetto solvibile (la banca stessa). Dal punto di vista di chi richiede la fideiussione bancaria (il debitore principale), invece, c’è l’onere economico di remunerare la banca e di solito di fornire contro-garanzie. Ai fini di questa guida, è importante capire come liberarsi da una fideiussione bancaria: normalmente ciò avviene quando viene meno l’obbligazione garantita (es: fine del contratto di locazione, esecuzione dell’appalto, ecc.), momento in cui il beneficiario rilascia una liberatoria dichiarando di non aver più nulla a pretendere. Solo con tale liberatoria la banca svincolerà eventualmente i fondi bloccati e cesserà la garanzia. Non è invece possibile, per il debitore, “revocare” arbitrariamente una fideiussione bancaria in corso: occorre sempre il consenso del creditore beneficiario per estinguere anticipatamente la garanzia (ad esempio sostituendola con un’altra o offrendo diverso affidamento). In sintesi, se avete consegnato una fideiussione bancaria a qualcuno, per riaverla libera dovrete soddisfare o far decadere il debito garantito e poi chiedere formalmente al beneficiario di svincolare la garanzia.
  • Contratto autonomo di garanzia (“garanzia a prima richiesta”): Si tratta di una figura affine ma diversa dalla fideiussione tipica. Nelle garanzie autonome il garante si impegna a pagare a semplice richiesta del creditore, rinunciando espressamente a opporre eccezioni relative al rapporto principale. Viene meno il vincolo di accessorietà: l’obbligo del garante è indipendente dalle vicende dell’obbligazione garantita, salvo il limite della “frode manifesta” (unico caso in cui il garante può rifiutare il pagamento, ad es. se la richiesta di escussione è fraudolenta). Le garanzie autonome – spesso indicate con formule come “pagamento a prima richiesta e senza eccezioni” – sono frequenti nel commercio internazionale e negli appalti (es. performance bond, stand-by letter of credit), dove si vuole che il garante paghi subito senza discussioni in caso di inadempimento del debitore. Nel diritto italiano, benché a lungo non espressamente regolate dal codice, sono riconosciute dalla giurisprudenza come lecite e distinte dalla fideiussione. Per il fideiussore, la differenza è cruciale: se la garanzia firmata è qualificabile come autonoma, egli non beneficia delle tutele previste per la fideiussione ordinaria (ad es. il termine di decadenza ex art. 1957 c.c. o la facoltà di opporre le eccezioni del debitore). Il garante dovrà pagare immediatamente e poi casomai agire separatamente per la ripetizione di indebito. La distinzione tra fideiussione e garanzia autonoma dipende più dalla sostanza contrattuale che dal nome dato al contratto. In genere, la presenza congiunta delle clausole “a prima richiesta” e “senza eccezioni” è un forte indizio di autonomia. Un esempio: una clausola che recita “il garante pagherà a semplice richiesta, irrevocabilmente e senza poter opporre eccezioni” configura un contratto autonomo di garanzia. Viceversa, in una fideiussione tipica, il garante potrebbe avere la clausola “a prima richiesta” ma comunque mantenere qualche eccezione o il vincolo all’obbligazione principale. Attenzione: negli affidamenti bancari italiani, la fideiussione standard è normalmente considerata accessoria (quindi soggetta alle norme del codice civile) – ciò nonostante, alcune banche inseriscono clausole che attenuano l’accessorietà. In caso di controversia, spetta al giudice qualificare la garanzia. Ad esempio, il Tribunale di Milano (sent. n. 306/2025) ha ritenuto che la semplice dicitura “a prima richiesta” non bastasse a rendere autonoma la garanzia, quando dal resto del contratto emergeva la volontà di costituire una fideiussione accessoria al debito principale. Dunque, è sempre possibile che una “fideiussione bancaria” presenti clausole tipiche delle garanzie autonome; se queste la snaturano, il fideiussore potrebbe trovarsi privato di alcune difese. Dal punto di vista del garante, è essenziale comprendere la natura del contratto firmato: se è una fideiussione classica, potrà sfruttare le protezioni di legge; se è autonoma, dovrà prepararsi a un pagamento immediato e poi far valere le proprie ragioni in separata sede.
  • Polizza fideiussoria (garanzia assicurativa): Un’ulteriore categoria di garanzie personali è quella prestata da compagnie di assicurazione o intermediari finanziari autorizzati, dietro il pagamento di un premio. Funziona in modo analogo alla fideiussione bancaria: la compagnia assicurativa garantisce l’adempimento di un’obbligazione altrui (spesso a prima richiesta), impegnandosi a pagare al creditore in caso di inadempimento, e poi si rivale sul debitore principale (detto contraente della polizza). Sono diffuse negli appalti pubblici, nei contratti con enti, e ogniqualvolta la legge richiede una cauzione (ad es. cauzione provvisoria o definitiva negli appalti, garanzie nei ricorsi, ecc.). Dal punto di vista sostanziale, la polizza fideiussoria segue le regole dell’obbligazione contrattuale assicurativa, ma nei confronti del creditore beneficiario produce gli effetti di una fideiussione (o di una garanzia autonoma, se “a prima richiesta”). Per l’impresa o persona che stipula una polizza fideiussoria, liberarsi dalla stessa significa richiedere alla compagnia lo svincolo della garanzia (che di norma avviene con la liberatoria del beneficiario, come per le fideiussioni bancarie). Da notare che, in base alle norme assicurative, il mancato pagamento del premio da parte del contraente può portare alla sospensione o scioglimento della garanzia assicurativa – quindi in alcuni casi il semplice omesso pagamento del premio per un tempo definito può far decadere la polizza fideiussoria, liberando di fatto il garante assicurativo (ma lasciando il debitore privo di garanzia).

Come si vede, esistono vari schemi contrattuali di garanzia personale. È importante identificare il proprio caso per capire quali rimedi siano disponibili per liberarsi dalla fideiussione:

  • Se avete firmato una fideiussione specifica, sarete vincolati fino all’estinzione di quello specifico debito (a meno di azioni particolari per invalidarla, di cui diremo). Non è prevista una “revoca” unilaterale; l’orizzonte è la scadenza naturale o l’adempimento del rapporto garantito, salvo patto di svincolo anticipato concordato col creditore.
  • Se avete prestato una fideiussione omnibus (garanzia generale), siete potenzialmente impegnati a lungo, ma avete la facoltà di recedere per interrompere la copertura di nuove obbligazioni future (vedremo i dettagli e le modalità di recesso). Inoltre, le fideiussioni omnibus sono al centro della questione delle clausole nulle ABI: se il vostro contratto ricalca lo schema ABI 2003, alcune clausole potrebbero essere nulle e la loro rimozione può aiutarvi a liberarvi (ad es. facendo scattare la decadenza ex art. 1957 c.c.).
  • Se avete a che fare con una garanzia autonoma a prima richiesta, liberarsi è più difficile: di norma potete sperare solo di negoziare col creditore una liberazione anticipata (ad es. sostituendo la garanzia con un pagamento parziale a saldo e stralcio o con altra garanzia da parte di terzi) oppure, se siete il debitore principale che l’ha fatta emettere, ottenere la liberatoria del beneficiario. Nel contenzioso, l’unica difesa “automatica” contro una garanzia autonoma è la prova di un abuso o frode manifesta nell’escussione. Fuori da questi casi limite, la garanzia autonoma va onorata subito e poi contestata.

Nel prossimo capitolo esamineremo in generale come si estingue una fideiussione e quali sono le cause che possono portare allo svincolo del garante, con particolare riguardo ai rimedi previsti dalla legge e alla giurisprudenza più recente che tutela i fideiussori.

Estinzione della fideiussione: come e quando cessa la garanzia

Una fideiussione può cessare per varie cause. Alcune di queste cause sono “naturali” o contrattuali, altre invece discendono dall’applicazione di norme legali di tutela del fideiussore. In questa sezione passiamo in rassegna i principali modi di estinzione o liberazione della fideiussione, distinguendo tra:

  • Estinzione per vicende dell’obbligazione principale: essendo la fideiussione accessoria, se il debito garantito si estingue, anche la fideiussione si estingue (art. 1941 c.c.). Ciò avviene, ad esempio, per pagamento integrale del debito da parte del debitore, per compensazione, novazione, remissione del debito, transazione o qualsiasi altro fatto estintivo dell’obbligazione principale. In questi casi, il garante è automaticamente libero: il creditore non potrà più pretendere nulla (se cercasse comunque di escutere il fideiussore, questi potrebbe semplicemente eccepire l’estinzione del debito garantito). Esempio: se il debitore principale rimborsa interamente il mutuo garantito, la banca dovrà restituire la fideiussione (eventualmente rilasciando una liberatoria scritta al fideiussore). Attenzione: se l’obbligazione principale è dichiarata nulla o annullata, la sorte della fideiussione dipende dalle circostanze. In generale, la nullità del contratto principale fa venir meno anche la garanzia, ma vi sono clausole (come la clausola di “sopravvivenza”) che mirano a tenere in vita la fideiussione anche in tal caso – tali clausole, come vedremo, possono però essere invalide.
  • Estinzione per scadenza del termine della garanzia: a volte il contratto di fideiussione prevede un termine di validità o una data di cessazione della garanzia. All’arrivo di quella data, la fideiussione si scioglie (di solito limitatamente alle obbligazioni future). Ad esempio, una fideiussione potrà essere valida “fino al 31/12/2025”; trascorso tale termine, il fideiussore non garantirà obbligazioni successive. Da notare che, se alla scadenza indicata esistono già obbligazioni del debitore non estinte, molte clausole prevedono che la garanzia resti in essere per quelle fino al loro adempimento (clausole di ultrattività). Quindi, una scadenza contrattuale ha effetti simili a un recesso limitato: blocca nuove esposizioni ma non libera dalle pregresse. In mancanza di un termine espressamente pattuito, la fideiussione specifica dura per tutta la durata del rapporto garantito, mentre la fideiussione omnibus dura potenzialmente a tempo indeterminato (salvo recesso del garante, di cui subito sotto).
  • Recesso unilaterale del fideiussore (garanzie a tempo indeterminato): questa è una facoltà importantissima per liberarsi almeno parzialmente da una fideiussione. La legge non prevede in modo esplicito il recesso dalla fideiussione, ma la giurisprudenza e la prassi lo ammettono per le garanzie che riguardano obbligazioni future (tipicamente, le fideiussioni omnibus bancarie). Il diritto di recesso è spesso disciplinato dallo stesso contratto di fideiussione omnibus: in genere viene stabilito che il fideiussore può recedere in ogni momento con comunicazione scritta alla banca, con efficacia dal momento di ricevimento o dopo un certo preavviso (es. 30 giorni). Effetto del recesso: il garante sarà liberato per le operazioni future, cioè per i nuovi debiti del debitore sorti dopo la comunicazione di recesso. Resterà invece obbligato per tutti i debiti già sorti o già autorizzati fino a quel momento. È importante capire che il recesso non cancella retroattivamente la fideiussione, ma la “congela”: il fideiussore rimane esposto per l’ammontare dell’esposizione del debitore a quella data, ma tale esposizione da lì in poi potrà solo diminuire (man mano che il debitore paga) e non aumentare ulteriormente. Il recesso dalla fideiussione omnibus permette dunque di limitare nel tempo l’impegno del fideiussore, evitando di garantire per sempre operazioni future indeterminate. Esempio: un garante omnibus decide nel 2025 di recedere dalla garanzia prestata a favore della società X; rimane responsabile dei finanziamenti erogati a X fino alla data di recesso (poniamo €80.000), ma non garantirà eventuali nuovi affidamenti concessi a X dalla banca nel 2026, 2027, ecc. Per ottenere questo risultato, è fondamentale inviare una comunicazione formale al creditore (raccomandata A/R o PEC) dichiarando la volontà di recedere dalla fideiussione, e assicurarsi che il creditore ne accusi ricevuta. Nota bene: il recesso non è previsto per fideiussioni specifiche (non avrebbe senso su un debito già definito), mentre per le fideiussioni omnibus è generalmente ammesso. Se il contratto tace, alcuni autori lo ricavano dall’art. 1373 c.c. (recesso nei contratti a durata indeterminata), altri dal principio generale di buona fede (non si può tenere vincolato sine die un garante oltre un termine ragionevole). In ogni caso, la prassi bancaria oggi include quasi sempre una clausola di recesso a favore del fideiussore, proprio per evitare dubbi sulla possibilità di svincolarsi dalle garanzie indefinite.
  • Liberazione per iniziativa del debitore o accordo col creditore: Può accadere che sia lo stesso debitore principale a voler liberare il proprio garante. Ad esempio, un imprenditore potrebbe ottenere dalla banca di sostituire la fideiussione dei propri genitori con una garanzia reale (ipoteca su un immobile di sua proprietà) o con l’intervento di un altro garante più solvente. In questi casi, la liberazione del fideiussore avviene per accordo con il creditore: tecnicamente si perfeziona tramite un atto di liberatoria o svincolo rilasciato dalla banca (o altro creditore) in cui si dichiara che Tizio è liberato dalla fideiussione prestata, avendo accettato in sua vece altra garanzia. Questo è possibile, ma è una facoltà discrezionale del creditore: il creditore non può essere costretto a liberare un garante se non vuole, a meno che naturalmente il debito venga estinto o le parti stipulino una novazione del rapporto (con espressa liberazione del garante precedente). Quindi, dal punto di vista del fideiussore/debitore, negoziare la liberazione è fattibile soprattutto se si offre qualcosa in cambio (un pagamento parziale immediato, un altro garante, un collaterale alternativo) o se il creditore ha interesse a concederla (ad esempio, il garante chiede di uscire da un finanziamento e il debitore principale ha migliorato il proprio merito creditizio al punto da non aver più bisogno di garante). In mancanza di accordo, il garante rimane vincolato.
  • Morte o fallimento delle parti: né la morte del fideiussore, né la morte o fallimento del debitore principale, estinguono ipso iure la fideiussione. Alla morte del fideiussore, gli obblighi suoi passano agli eredi (salvo che questi rinuncino all’eredità, ovviamente). Alcuni contratti prevedono clausole secondo cui la banca si riserva di revocare o rinegoziare la garanzia in caso di morte del garante, ma ciò non toglie che, fino a revoca, gli eredi siano responsabili. Riguardo al fallimento (liquidazione giudiziale) del debitore principale, il creditore può insinuare il proprio credito nel passivo del fallimento ma conserva il diritto di agire contro il fideiussore (la fideiussione infatti ha la funzione di garantire il creditore anche in caso d’insolvenza del debitore). Il garante che paga in tale circostanza subentrerà nel passivo fallimentare in via di regresso. Attenzione: la legge fallimentare (R.D. 267/1942 e ora il D.Lgs. 14/2019) stabilisce che l’eventuale liberazione dei debiti ottenuta dal debitore fallito (es. esdebitazione) non si estende ai coobbligati (art. 262 Com. crisi d’impresa): quindi, se il debitore principale viene esdebitato, il fideiussore comunque rimane obbligato. In sintesi, il fallimento del debitore non libera il fideiussore; anzi, il creditore potrebbe agire immediatamente contro di lui essendo il debitore in procedura concorsuale (in fallimento cade anche l’eventuale beneficio di escussione: il garante non può pretendere l’escussione dei beni del fallito, perché c’è il concorso formale dei creditori).
  • Cause di nullità o annullamento della fideiussione: una fideiussione può non essere valida ab origine, se sussistono vizi del contratto di garanzia. Questo non è un modo di estinzione “sopravvenuta”, bensì un’invalidità originaria che, se accertata, comporta che la garanzia è considerata come mai esistente. Le cause principali di invalidità (nullità o annullabilità) delle fideiussioni saranno trattate nel prossimo capitolo, perché rappresentano oggi uno strumento cruciale per i fideiussori che vogliono liberarsi dalle garanzie (basti pensare alle nullità antitrust delle fideiussioni bancarie omnibus e alle nullità per clausole vessatorie nei confronti dei garanti consumatori). Oltre a queste, citiamo qui per completezza altre possibili cause di invalidità:
    • Mancanza di forma scritta: la fideiussione può essere verbale, ma deve risultare da una volontà espressa del garante (art. 1937 c.c.). In banca, comunque, ogni fideiussione è fatta per iscritto sia per trasparenza contrattuale (art. 117 TUB) sia per ragioni probatorie (patti oltre una certa somma devono risultare per iscritto, ex art. 2725 c.c.). Dunque è quasi impossibile trovarsi con una fideiussione non scritta: se anche fosse solo verbale, il creditore difficilmente potrebbe provarla.
    • Indeterminatezza dell’oggetto: come detto, la fideiussione omnibus senza massimale è nulla ex art. 1938 c.c.. Anche una garanzia generica che non individui affatto l’obbligazione garantita potrebbe essere contestata per nullità (difetto di causa o oggetto). La giurisprudenza ha però ritenuto valida la fideiussione omnibus con massimale anche se non specifica i singoli rapporti, purché siano determinabili (es. tutte le obbligazioni verso la banca entro un tetto).
    • Vizi del consenso: errore, dolo, violenza morale possono colpire qualsiasi contratto, inclusa la fideiussione. In pratica è raro che un garante riesca ad annullare per errore (“non avevo capito che firmavo da garante”) o per dolo (“mi hanno indotto con inganno a firmare”), poiché i tribunali tendono a considerare l’impegno di fideiussione chiaramente riconoscibile dalla documentazione firmata. Ci sono però situazioni borderline: ad esempio un garante convinto di limitare la garanzia a una certa somma mentre invece firmava per importi maggiori, oppure casi in cui la banca ha taciuto informazioni determinanti sul rischio del debitore (dolo omissivo). Sono ipotesi complesse da dimostrare, ma non impossibili.
    • Violazione di norme imperative o illiceità della causa: ad esempio, se la fideiussione fa parte di un’operazione in frode alla legge, o è prestata da un soggetto legalmente incapace, o ancora se una banca ottiene fideiussioni in violazione di obblighi di correttezza regolamentare, si può profilare la nullità. Un caso particolare attuale è proprio la violazione della normativa antitrust: lo vedremo a breve nel dettaglio, le fideiussioni conformi al modello ABI 2003 sono state considerate frutto di un’intesa illecita restrittiva della concorrenza, e ciò comporta la nullità (parziale) delle relative clausole.
    • Clausole contrarie a norme imperative: ad esempio, una clausola di fideiussione che imponesse al garante interessi usurari, o penali manifestamente eccessive, sarebbe nulla o riducibile ex art. 1418 e 1384 c.c. (il garante potrebbe non dover pagare quella parte). Alcune clausole bancarie sono state giudicate contrarie a norme imperative di trasparenza o buona fede (si pensi alla clausola cosiddetta “di protanto” che consentiva alla banca di imputare i pagamenti come voleva mantenendo viva la garanzia: potrebbe essere contestata come scorretta e quindi inefficace).

Riepilogo delle cause di liberazione del fideiussore: nella tabella seguente riassumiamo le principali situazioni che portano alla cessazione totale o parziale della responsabilità del fideiussore, indicando per ciascuna la natura e l’effetto:

Causa di liberazioneDescrizione e riferimenti normativiEffetto sulla fideiussione
Estinzione del debito principale (pagamento, estinzione per legge, ecc.)Il debito garantito si estingue per adempimento o altra causa (art. 1941 c.c.). Accessorietà: se il debitore non deve più nulla, cessa anche la garanzia. Esempio: debitore paga il dovuto o il debito è annullato.Fideiussione estinta totalmente. Il creditore deve liberare il garante.
Scadenza del termine previsto nel contrattoRaggiungimento della data di scadenza eventualmente indicata nel contratto di fideiussione. Dopo tale data la garanzia non copre nuove obbligazioni.Cessa la copertura per il futuro; di solito resta per i debiti già sorti.
Recesso del fideiussore (garanzie indefinite)Esercizio del diritto di recesso da parte del garante, mediante comunicazione al creditore. Consente di bloccare la garanzia per nuove operazioni successive alla comunicazione.Esclusione delle operazioni future. Il garante resta obbligato per il passato ma non per debiti successivi al recesso.
Accordo di liberazione / sostituzioneIntesa con il creditore per liberare il garante, ad es. sostituendo la fideiussione con altra garanzia o diversa modifica contrattuale.Libera il fideiussore secondo i termini dell’accordo (totale o parziale). Ha effetto solo se il creditore acconsente formalmente.
Morte del fideiussore (accettazione con beneficio d’inventario) Fallimento del debitore principaleMorte: gli eredi subentrano nell’obbligo, salvo rinuncia eredità (art. 754 c.c.). Fallimento debitore: il creditore può agire sul fideiussore; l’eventuale esdebitazione non copre i coobbligati.Morte: fideiussione si trasferisce agli eredi (non è liberatoria di per sé). Fallimento debitore: fideiussione resta pienamente valida; il garante può essere escusso subito.
Nullità totale della fideiussione (vizi radicali)Contratto di fideiussione nullo (es. per violazione di norme imperative) o annullato (vizio del consenso). Rende la garanzia tamquam non esset.Fideiussore liberato da ogni obbligo fin dall’inizio. (Nullità parziale invece – v. sotto – libera solo in parte).
Nullità parziale di clausole svantaggiose (antitrust o vessatorie)Clausole particolarmente onerose o illecite dichiarate nulle: es. clausole schema ABI (reviviscenza, rinuncia termine, sopravvivenza) nulle per intesa anticoncorrenziale; clausole che squilibrano il consumatore nulle ex art. 33 Cod. Cons..Clausole eliminate dal contratto, che torna sotto la disciplina legale ordinaria: ciò spesso libera di fatto il garante (es. nullità clausola di rinuncia a decadenza => art.1957 c.c. applicato => se creditore tardivo, fideiussore libero). Se le clausole nulle aggravavano la posizione del garante, la loro caducazione lo agevola. Il contratto per il resto rimane valido.
Inadempimento colposo del creditore (art. 1955 c.c.)Il creditore, con comportamento colposo o dolo, priva il fideiussore dei mezzi per surrogarsi nei suoi diritti. Esempio tipico: la banca rinuncia o lascia decadere un’ipoteca o altra garanzia reale senza avvertire, e poi il debitore risulta insolvente.Fideiussione estinta in tutto o in parte, in misura corrispondente al pregiudizio causato al garante (art. 1955 c.c.). In pratica può liberare totalmente se la garanzia persa copriva tutto il debito, o pro quota altrimenti.
Concessione imprudente di nuovo credito (art. 1956 c.c.)Il creditore (es. banca) aumenta l’esposizione verso il debitore (credito futuro) pur sapendo che la solvibilità di quest’ultimo è gravemente peggiorata, il tutto senza avvisare né ottenere il consenso del fideiussore. Caso tipico: banca che estende il fido a un’azienda ormai decotta, “tanto c’è il garante”.Fideiussione non vincolante per il nuovo credito concesso senza assenso. Il garante è liberato dall’obbligazione per l’avvenire (art. 1956 c.c.) e in genere ciò si traduce nella liberazione completa sulla fideiussione omnibus (se il nuovo credito non è scindibile dal vecchio).
Decadenza per inerzia del creditore (art. 1957 c.c.)Il creditore non agisce contro il debitore entro il termine di 6 mesi dalla scadenza dell’obbligazione principale, o non prosegue con diligenza le azioni intraprese. Se non pattuita rinuncia o se tale rinuncia è nulla, scatta la decadenza prevista dall’art. 1957 c.c.Fideiussione estinta (il garante è liberato), purché il garante eccepisca in giudizio la decadenza. Effetto liberatorio totale (“ghigliottina” per il creditore tardivo).

Dopo questa panoramica generale, passiamo ora ad analizzare in dettaglio i rimedi di difesa e liberazione a disposizione del fideiussore, con un’attenzione particolare alle strategie giudiziarie e stragiudiziali che permettono di svincolarsi dalla fideiussione. Ci concentreremo soprattutto sulle cause di invalidità e decadenza della garanzia, nonché sulle norme (artt. 1955, 1956, 1957 c.c.) e sugli orientamenti giurisprudenziali più recenti che consentono al garante di essere liberato, anche parzialmente, dal proprio impegno.

Difese e rimedi per liberarsi dalla fideiussione (prospettiva del fideiussore)

Di fronte a una richiesta di pagamento o a un’azione legale del creditore, il fideiussore non è completamente inerme. L’ordinamento gli offre diverse difese per evitare o limitare il pagamento e, in certi casi, per liberarsi totalmente dalla garanzia. In questa sezione esamineremo i principali strumenti a disposizione del garante (giudiziali e stragiudiziali) per svincolarsi dalla fideiussione, ossia:

  1. Nullità totale o parziale della fideiussione – far dichiarare nullo (in tutto o in parte) il contratto di fideiussione, ad esempio perché integra un’intesa anticoncorrenziale vietata o contiene clausole abusive ai danni del garante.
  2. Liberazione per fatto colposo del creditore (art. 1955 c.c.) – eccepire che il creditore, con il suo comportamento, ha compromesso il diritto di regresso del garante, causando l’estinzione della fideiussione.
  3. Liberazione per concessione abusiva di credito (art. 1956 c.c.) – dimostrare che il creditore ha incrementato il rischio senza avvisare il garante, liberando quest’ultimo.
  4. Decadenza del creditore per tardiva escussione (art. 1957 c.c.) – eccepire la decadenza dalla garanzia perché il creditore non ha agito entro 6 mesi dalla scadenza del debito.
  5. Recesso e altri strumenti stragiudiziali – uso del recesso per limitare la garanzia, trattative di saldo e stralcio, procedure da sovraindebitamento per eliminare i debiti da fideiussione, ecc.
  6. Azione di liberazione ex art. 1953 c.c. – un’azione speciale, meno nota, con cui il fideiussore può chiedere al giudice di essere liberato se il debitore è insolvente o il debito scaduto non viene soddisfatto.

Esamineremo ciascuno di questi punti singolarmente, citando le disposizioni normative rilevanti e le più recenti sentenze, in modo da fornire un quadro avanzato – ma concreto – delle possibili vie d’uscita da una fideiussione.

Nullità della fideiussione (totale o parziale) – Clausole ABI e clausole vessatorie

Una delle difese più rilevanti (e complesse) a disposizione del fideiussore consiste nel sostenere che il contratto di fideiussione sia nullo, in tutto o in parte. Se la nullità viene accertata dal giudice, significa che la garanzia è come se non fosse mai esistita: il fideiussore viene liberato da ogni obbligo verso il creditore. Negli ultimi anni, il tema della nullità delle fideiussioni bancarie è stato al centro di numerose pronunce, in particolare riguardo alle cosiddette “fideiussioni omnibus conformi allo schema ABI”. Inoltre, si è sviluppato un filone parallelo sulla nullità (parziale) di clausole abusive nelle fideiussioni sottoscritte da consumatori. Distinguiamo dunque due grandi categorie:

  • (a) Nullità per violazione della normativa antitrust – riguardante clausole standardizzate frutto di un’intesa anticoncorrenziale tra banche (le clausole dello schema ABI 2002). Questa porta a una nullità di protezione della concorrenza, in base alla legge Antitrust n. 287/1990.
  • (b) Nullità per clausole vessatorie a tutela del fideiussore-consumatore – riguardante clausole che determinano un significativo squilibrio a carico del consumatore nei contratti bancari, ai sensi del Codice del Consumo (D.Lgs. 206/2005).

Le due situazioni a volte si sovrappongono (ad esempio, un garante consumatore può invocare entrambe le tutele). Analizziamole separatamente.

Nullità antitrust delle fideiussioni omnibus (schema ABI) – Nel 2005 la Banca d’Italia, allora Autorità Antitrust per il settore bancario, concluse un’istruttoria accertando che lo schema contrattuale predisposto dall’ABI (Associazione Bancaria Italiana) per le fideiussioni omnibus conteneva clausole frutto di un’intesa restrittiva della concorrenza tra banche. Si tratta del famoso Provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005 di Banca d’Italia. In particolare, tre clausole standard presenti nello schema ABI del 2002 furono dichiarate anticoncorrenziali e nulle dal regolatore:

  1. Clausola di “reviviscenza” (art. 2 schema ABI): obbliga il fideiussore a rimborsare alla banca importi che il debitore principale aveva pagato e che la banca deve restituire (es. in caso di fallimento del debitore, se un pagamento viene revocato dal Curatore fallimentare, la banca può chiedere al fideiussore di restituirle quella somma).
  2. Clausola di rinuncia al termine ex art. 1957 c.c. (art. 6 schema ABI): elimina il termine semestrale entro cui la banca deve agire, cioè fa rinunciare il garante al beneficio della decadenza prevista dall’art. 1957 c.c. In sostanza, “i diritti della banca restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito, senza bisogno di escutere il debitore o il fideiussore entro i termini dell’art. 1957 c.c., che si intende derogato”.
  3. Clausola di “sopravvivenza” (art. 8 schema ABI): stabilisce che la fideiussione resta valida anche se le obbligazioni garantite risultassero invalide, garantendo comunque l’obbligo del debitore di restituire le somme ricevute. In pratica, se il contratto principale viene dichiarato nullo o annullato, il garante deve ugualmente restituire quanto erogato al debitore come indebito arricchimento.

Secondo Banca d’Italia, queste clausole – adottate uniformemente da molte banche – costituivano un accordo concordato dall’ABI che violava il divieto di intese anticoncorrenziali di cui all’art. 2, comma 2, lett. a) della Legge n. 287/90 (intese tra imprese atte ad alterare la concorrenza). La sanzione prevista dalla legge antitrust (art. 2, co. 3 L. 287/90) per i contratti “a valle” di intese vietate è la nullità di diritto delle clausole derivanti dall’intesa. Dunque, il problema giuridico che si è posto è stato: una fideiussione conforme allo schema ABI deve essere dichiarata nulla? E in che misura, interamente o solo per le clausole incriminate?

Su questo tema, per anni la giurisprudenza si è divisa. Alcuni tribunali propendevano per la nullità totale del contratto di fideiussione (tesi della “nullità derivata” dell’intero negozio, considerando il contratto come atto esecutivo di un’intesa illecita a monte); altri per la nullità parziale limitata alle tre clausole specifiche (tesi della scindibilità delle clausole illecite). La questione è stata risolta dalle Sezioni Unite della Cassazione con la famosa sentenza n. 41994 del 30/12/2021. In tale pronuncia, la Suprema Corte a SS.UU. ha stabilito che non si ha nullità dell’intero contratto di fideiussione, bensì nullità parziale circoscritta alle clausole che riproducono quelle dello schema ABI illegittimo. In altre parole, la fideiussione “a valle” dell’intesa anticoncorrenziale è valida nel suo complesso, ma le clausole n. 2, 6 e 8 dello schema ABI (reviviscenza, deroga all’art. 1957, sopravvivenza) sono nulle ipso iure ai sensi dell’art. 1419 c.c. e dell’art. 2 L. 287/90. La ragione sta nel principio di conservazione del contratto (art. 1419 c.c.): eliminando le clausole anti-competitive, resta comunque una garanzia funzionante, che – secondo la Corte – le parti avrebbero verosimilmente stipulato ugualmente anche senza quelle clausole, trattandosi di condizioni predisposte unilateralmente a vantaggio delle banche. Solo se il fideiussore prova che, senza quelle clausole, non avrebbe mai prestato la garanzia, si potrebbe ipotizzare la nullità totale; ma ciò è ritenuto difficilmente dimostrabile, perché quelle clausole non erano oggetto di trattativa ma imposte dall’istituto di credito.

Stato dell’arte dopo Cass. SS.UU. 41994/2021: attualmente, se un contratto di fideiussione contiene le tre clausole incriminate (o altre clausole equivalenti nella sostanza) conformi allo schema ABI 2002, tali clausole sono da considerarsi nulle, per violazione dell’art. 2 L. 287/90. Il giudice, anche d’ufficio, deve dichiararne l’inefficacia e disapplicarle. Gli effetti pratici sono i seguenti:

  • La banca non può invocare la clausola di rinuncia all’art. 1957 c.c., per cui torna applicabile il termine decadenziale di 6 mesi. Se dunque la banca ha aspettato troppo a agire contro il debitore principale, il fideiussore può eccepire la decadenza e risultare liberato.
  • La banca non può invocare la clausola di reviviscenza, per cui non potrà chiedere al garante somme che il debitore aveva pagato ma che la banca deve restituire. Ad es., se in un fallimento il curatore ottiene la revoca di pagamenti fatti dal debitore, il rischio di quella restituzione resta a carico della banca stessa, e il fideiussore non deve rimborsarla.
  • La banca non può invocare la clausola di sopravvivenza, per cui se l’obbligazione principale è dichiarata nulla o annullata, la fideiussione non copre l’obbligo di restituzione delle somme erogate. Il garante non dovrà pagare nulla in caso di invalidità del contratto principale (mentre con la clausola avrebbe dovuto pagare lo stesso).

In sintesi, la nullità antitrust espunge dal contratto tutte le clausole peggiorative per il garante, riportando la fideiussione allo statuto legale ordinario. Spesso ciò basta a mettere il fideiussore al riparo: molte banche infatti facevano affidamento proprio su quelle clausole “di comodo” per avere vita facile (non agire in fretta, farsi pagare anche in caso di invalidità del contratto, ecc.). Rimesso il contratto sui binari codicistici, il creditore rischia di perdere la garanzia se non ha rispettato i termini (art.1957) o in altri scenari a lui sfavorevoli.

Limiti applicativi della nullità antitrust: va detto che la Cassazione ha posto alcuni paletti importanti all’operatività di questo rimedio, in pronunce successive al 2021. In particolare:

  • Si è discusso se la nullità riguardi solo le fideiussioni omnibus o anche le fideiussioni specifiche che riproducano le medesime clausole. Poiché l’accertamento di Banca d’Italia riguardava contratti omnibus 2002-2005, alcuni hanno ritenuto che le fideiussioni specifiche (relative a un singolo rapporto, es. un mutuo) non potessero beneficiare automaticamente di quella nullità. Le Sezioni Unite 2021 non si erano espresse in modo chiaro sul punto, limitandosi a parlare di “contratti a valle di intese vietate” senza distinguere. Dopo pronunce discordanti nel 2024, all’inizio del 2025 la Cassazione ha assunto un orientamento netto: con una serie di ordinanze convergenti (Cass. nn. 657, 660, 675/2025, Sez. III e ord. n. 1170/2025, Sez. I) è stato chiarito che la nullità antitrust non si estende alle fideiussioni specifiche conformi allo schema ABI. In sostanza, solo le garanzie omnibus (quelle generali per operazioni bancarie) rientrano nell’ambito dell’intesa anticompetitiva accertata; se quelle stesse clausole sono inserite in una fideiussione riferita a un singolo finanziamento, la loro nullità non opera automaticamente in via antitrust (resta però la possibile tutela come clausole vessatorie, di cui infra). Questo orientamento, benché attualmente prevalente in Cassazione, è criticato da alcuni perché di fatto le clausole standard restano anticoncorrenziali anche se usate in un singolo contratto. Ad ogni modo, per ora il messaggio è: le fideiussioni specifiche non beneficiano della nullità antitrust ABI. Il consiglio pratico per i garanti è comunque di eccepire la nullità anche in tali casi, perché alcune Corti di merito continuano a ritenerla applicabile anche alle specifiche (ad es. App. Roma 2020, App. Torino 2022-2025 hanno esteso la nullità).
  • Altro limite: la fideiussione deve essere stipulata nel periodo “sospetto” dell’intesa. Il provvedimento Banca d’Italia ha accertato l’intesa per moduli ABI 2002-2005. Se una fideiussione è molto successiva (es. firmata nel 2010 o 2015), alcuni tribunali ritengono che il garante debba provare che l’intesa illecita tra banche persistesse all’epoca (non basta che le clausole siano identiche). Ad esempio, Cass. ord. 1170/2025 ha sottolineato che l’accertamento antitrust del 2005 non consente di presumere che nel 2010 l’accordo collusivo fosse ancora in essere. Quindi, per fideiussioni sottoscritte dopo il 2005, il fideiussore può sì invocare la nullità antitrust, ma deve supportarla con elementi che facciano ritenere che le banche continuavano ad adottare lo schema collusivo anche oltre quella data. In pratica, deve provare che l’intesa vietata è proseguita o che quelle clausole sono state imposte in forza di un accordo tacito fra banche successivo. Questa prova non è semplice, ma alcuni giudici la hanno ritenuta soddisfatta anche con presunzioni (ad es. mostrando che quasi tutte le banche, anche dopo il 2005, hanno continuato a usare quelle clausole ABI). Se invece la fideiussione è anteriore al 2003, pure lì il provvedimento 2005 non copre quel periodo (ma in un caso simile, es. fideiussione del gennaio 2002, un tribunale ha comunque richiesto prova del fatto collusivo, v. Trib. Salerno 1046/2025).
  • Naturalmente, condizione ovvia: le clausole nel contratto devono essere effettivamente corrispondenti a quelle incriminate dallo schema ABI. Spesso le banche usavano testi identici o molto simili. Piccole differenze formali non salvano la clausola se la sostanza è quella (i giudici guardano al contenuto: se c’è una clausola che di fatto elimina la decadenza ex art.1957 c.c., anche con parole diverse, sarà considerata nulla). Se invece il contratto di fideiussione non conteneva affatto una delle clausole (es. manca la reviviscenza), ovviamente non la si può dichiarare nulla perché non c’è: non si può “inventare” una clausola nulla che non fu pattuita.

Competenza territoriale e procedurale: un aspetto pratico da ricordare è che le cause in cui si eccepisce la nullità antitrust delle fideiussioni bancarie rientrano nella competenza delle Sezioni specializzate in materia d’impresa (Tribunale delle Imprese), trattandosi di materia di illeciti anticoncorrenziali. Ciò ha generato qualche complicazione: ad esempio, decreti ingiuntivi emessi dal tribunale civile ordinario che poi, in sede di opposizione con eccezione di nullità antitrust, sono stati dichiarati nulli o spostati alla sezione Imprese per competenza. Oggi è abbastanza pacifico che se un fideiussore contesta la garanzia per nullità ex L. 287/90, la causa debba essere trattata dalla Sezione Imprese competente. Questo è un tecnicismo per gli addetti ai lavori, ma spiega perché talora l’opponente può eccepire l’incompetenza del giudice che ha emesso il decreto ingiuntivo (se non era la sezione specializzata) e far cadere il decreto stesso per vizio di procedura. In un’ottica di difesa pratica, è un ulteriore punto da valutare.

Nullità per clausole vessatorie (tutela del consumatore) – Un secondo importante profilo di invalidità della fideiussione può essere invocato quando il fideiussore riveste la qualità di consumatore. Ai sensi del Codice del Consumo (D.Lgs. 206/2005), se il contratto è stipulato tra un “professionista” (es. una banca o finanziaria) e un consumatore (persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività professionale), le clausole che determinano un significativo squilibrio a carico del consumatore possono essere dichiarate vessatorie e quindi nulle (nullità parziale di protezione ex art. 36 Cod. Cons.).

Un fideiussore persona fisica che garantisce un debito altrui per fini privati (es. un padre che garantisce il mutuo del figlio, un amico che garantisce un prestito personale altrui) è considerato consumatore, purché non agisca nell’ambito della propria attività imprenditoriale o professionale. Viceversa, se il garante firma in connessione alla propria attività d’impresa (es. un amministratore che garantisce il debito della società che gestisce, un commerciante che garantisce un contratto legato alla sua impresa), potrebbe non godere della qualifica di consumatore. Stabilito se il fideiussore è consumatore, si tratta di vedere quali clausole del contratto di fideiussione possano considerarsi abusive. Il Codice del Consumo, art. 33, fornisce un elenco indicativo di clausole presumibilmente vessatorie. Tra queste ve ne sono alcune che calzano perfettamente al caso delle fideiussioni bancarie, ad esempio:

  • Art. 33, co. 2, lett. b): si presumono vessatorie le clausole che hanno per oggetto o per effetto di “escludere o limitare le azioni o i diritti del consumatore in caso di inadempimento totale o parziale del professionista”. Nella fideiussione, una clausola che limitasse le azioni del garante verso la banca, o i suoi diritti in caso di inadempimento della banca, sarebbe sospetta.
  • Art. 33, co. 2, lett. r): sono vessatorie le clausole che “limitano o escludono l’eccezione di inadempimento da parte del consumatore”. Nel contesto di garanzia, questa lettera è rilevantissima: vieta le clausole che impediscono al consumatore di opporre eccezioni di inadempimento.

Clausole tipiche colpite dal Codice del Consumo: combinando le lettere b) ed r), risultano potenzialmente abusive proprio le clausole tipiche che spesso troviamo nelle fideiussioni bancarie standard: ad esempio la clausola di pagamento “a prima richiesta e senza eccezioni” (patto di solve et repete a carico del garante) e la clausola di deroga all’art. 1957 c.c. (rinuncia del termine semestrale). Imporre al fideiussore consumatore di pagare immediatamente senza poter opporre alcuna eccezione crea infatti un forte squilibrio contrattuale: lo obbliga a pagare anche se il creditore ha eventualmente mal adempiuto o se il debitore aveva ragioni per non pagare. Allo stesso modo, la clausola che elimina la decadenza ex art.1957 priva il garante di una tutela legale importante, avvantaggiando solo la banca. Anche la clausola di sopravvivenza (pagare anche se il contratto principale è invalido) può rientrare nella lettera b) come limitazione dei diritti del consumatore in caso di inadempimento contrattuale del professionista (qui il “professionista” potrebbe essere visto come la banca mutuante che ha stipulato un contratto invalido, ma pretende comunque pagamento dal garante).

Altre clausole potenzialmente vessatorie nelle fideiussioni per consumatori includono: una clausola che proroghi indefinitamente l’impegno del garante senza possibilità di recesso (squilibrio perché il consumatore resterebbe vincolato a vita); una clausola che imponga un foro competente lontano dalla residenza del consumatore; clausole che impongano al fideiussore oneri sproporzionati, come spese legali eccessive a suo carico, ecc..

Effetti della nullità di protezione: se il giudice accerta la natura vessatoria di una clausola nella fideiussione del consumatore, la clausola viene dichiarata nulla, ma il contratto resta efficace per il resto (art. 36 Cod. Cons., nullità parziale). La differenza rispetto alla nullità antitrust è che la nullità di protezione può essere fatta valere solo dal consumatore, e non può essere rilevata d’ufficio se il consumatore stesso non intende avvalersene (è una tutela pensata per lui, quindi rinunciabile). Tuttavia, la Corte di Giustizia UE ha chiarito che il giudice nazionale deve comunque verificare d’ufficio l’eventuale presenza di clausole abusive e sollevare la questione al fine di assicurarsi che il consumatore sia consapevole dei suoi diritti. In pratica, se un fideiussore-consumatore subisce un decreto ingiuntivo e propone opposizione, è probabile che il giudice stesso esamini il contratto di fideiussione alla ricerca di clausole abusive e inviti le parti a discuterne.

Spesso, come si è notato, le clausole “abusive” coincidono con quelle antitrust discusse prima (rinuncia termini, sopravvivenza, reviviscenza). Quindi per un fideiussore consumatore c’è una sorta di doppio binario di tutela: quella antitrust (che vale per chiunque, consumatore o no) e quella consumer. Ad esempio, la Cassazione ha definito la clausola di pagamento a prima richiesta come un patto solve et repete a carico del consumatore, quindi da scrutinare ex art. 33 Cod. Cons. e potenzialmente nullo. Anche la rinuncia all’art. 1957 è con tutta probabilità vessatoria, perché squilibra il rapporto a favore della banca (come visto: lettera b) e r) art. 33).

Difesa pratica per il fideiussore consumatore: se avete firmato come privati un modulo standard di fideiussione con una banca, è molto probabile che vi siano clausole vessatorie nel contratto. In una causa (tipicamente un’opposizione a decreto ingiuntivo), si potranno individuare tali clausole e chiederne la nullità. La caducazione di queste clausole può ridurre drasticamente la pretesa del creditore. Ad esempio, eliminando la clausola “pagherò a prima richiesta e senza eccezioni”, il garante potrà nel giudizio opporre tutte le eccezioni che avrebbe avuto il debitore (mentre il contratto glielo avrebbe impedito). Oppure, come nel caso antitrust, eliminando la deroga all’art. 1957, la banca decade se ha agito tardi (e il fideiussore non paga nulla). La giurisprudenza ha persino affermato che, perfino di fronte a un decreto ingiuntivo divenuto esecutivo (non opposto in tempo), il giudice dell’esecuzione deve rilevare d’ufficio eventuali clausole abusive nel titolo e sospenderne l’efficacia. Ciò in virtù della prevalenza della normativa consumeristica di derivazione comunitaria sul giudicato interno, quando si tratta di tutelare il consumatore. Quindi, anche un fideiussore che si fosse “distratto” e non avesse fatto opposizione nei termini, può tentare un’opposizione all’esecuzione eccependo la nullità di protezione, appellandosi alla giurisprudenza UE che consente il rilievo tardivo di clausole abusive per proteggere il consumatore.

Riassumendo: la nullità totale della fideiussione è un’arma radicale ma rara – nella maggior parte dei casi si discute di nullità parziali di singole clausole. Tuttavia, tali nullità parziali possono comunque salvare il garante da pagamenti dovuti, come abbiamo visto. Negli ultimi anni molti fideiussori hanno evitato obblighi ingenti proprio grazie a queste eccezioni di nullità, specialmente sfruttando la scia delle fideiussioni ABI nulle. A livello di Cassazione, oggi è chiaro che quelle tre clausole (reviviscenza, rinuncia termini, sopravvivenza) sono fuori gioco per le fideiussioni omnibus**, e forti dubbi sussistono sulla loro validità anche come clausole consumer. Pertanto, un garante che rinvenga tali condizioni nel proprio contratto ha solide argomentazioni per resistere in giudizio e chiedere di essere liberato dalla garanzia.

Liberazione del fideiussore per fatto del creditore (art. 1955 c.c.)

Un’altra difesa codicistica a favore del fideiussore è prevista dall’art. 1955 c.c., che recita: “Il fideiussore si estingue quando, per fatto del creditore, non può surrogarsi nei diritti, ipoteche e privilegi di quest’ultimo”. In sostanza, se il creditore con il suo comportamento colposo o doloso pregiudica il diritto di regresso/surroga del garante, il fideiussore rimane liberato dalla garanzia nella misura del pregiudizio subito. L’idea è che il creditore deve conservare le garanzie e i diritti derivanti dal credito in modo da non danneggiare il fideiussore; se invece li compromette ingiustificatamente, perde (in tutto o in parte) il beneficio della fideiussione.

Le condizioni per l’applicazione di questa norma sono: (1) un fatto o omissione imputabile al creditore (anche solo per negligenza, non serve il dolo); (2) un pregiudizio effettivo per il fideiussore nella sua eventuale azione di regresso contro il debitore. L’esempio classico – proprio quello riportato in ogni manuale – è il seguente: il debitore principale aveva dato un’ipoteca o altra garanzia reale a favore del creditore; il creditore, però, la cancella volontariamente (es. rilascia la garanzia) oppure la lascia decadere (non la rende efficace), e successivamente il debitore risulta insolvente. A questo punto, se il fideiussore paga, non può più surrogarsi nell’ipoteca, perché questa non esiste più, e ciò per colpa del creditore. Il fideiussore ha perso un importante mezzo di recupero che avrebbe avuto. La legge allora lo tutela: il fideiussore è liberato fino a concorrenza del valore di quella garanzia perduta. Se l’ipoteca (o pegno) valeva quanto l’intero debito, il fideiussore risulta liberato integralmente; se valeva meno, è liberato pro-quota (dovrà eventualmente pagare solo la differenza). In pratica: se il bene ipotecato valeva €100.000 e il debito era €100.000, perdendo l’ipoteca il garante non avrebbe modo di recuperare nulla, quindi viene liberato per intero (non pagherà nulla). Se il bene valeva, poniamo, €50.000 a fronte di debito €100.000, il fideiussore sarà liberato per €50.000 (pagherà al massimo €50.000, riducendosi la sua obbligazione in misura del pregiudizio).

Oltre alla rinuncia alle garanzie reali, rientrano in questo ambito altri comportamenti del creditore che peggiorino la posizione del garante nei confronti del debitore. Ad esempio, transazioni fatte dal creditore che riducano i diritti verso il debitore (se questo impedisce al fideiussore di rivalersi pienamente), oppure ritardi nel far valere un privilegio legale con conseguente decadimento di grado, ecc. Da menzionare anche la situazione in cui il creditore, avendo vari debitori in solido, liberasse uno di essi dal debito (ad es. libera altro coobbligato avendo incassato metà), ciò può ridurre anche la possibilità di regresso del garante verso quel coobbligato, e la giurisprudenza ha applicato l’art. 1955 analogicamente.

Importante: l’art. 1955 c.c. libera il fideiussore solo se il pregiudizio subìto dal suo diritto di surroga è conseguenza di un comportamento imputabile al creditore. Se il peggioramento è dovuto a cause naturali o colpa di altri, la norma non si applica. Ad esempio, se l’immobile ipotecato perde valore per motivi di mercato o è espropriato da altro creditore con grado superiore – eventi non imputabili al creditore garantito – il fideiussore non può invocare la liberazione (rischio normale del garante). Invece, se fu il creditore a non attivarsi per mantenere attiva un’ipoteca e questa si estingue, allora sì.

Caso frequente di applicazione: banca che rinuncia all’ipoteca volontariamente dopo un primo parziale incasso del debitore e poi pretende il residuo dal fideiussore. La Cassazione ha costantemente affermato che in tal caso il fideiussore è liberato fino a concorrenza dell’importo che avrebbe potuto ricavare se l’ipoteca fosse rimasta. Un altro caso: banca che aveva un pegno su titoli, li svincola senza motivo e poi il debitore non paga – pregiudizio per il garante -> liberazione per l’importo del pegno.

Onere della prova: spetta al fideiussore provare sia il fatto colposo del creditore, sia il danno sofferto in termini di perdita di garanzie. Spesso sarà necessario dimostrare il valore della garanzia persa (es. valore del bene ipotecato). In giudizio, di solito, se il valore è almeno pari al debito, il fideiussore verrà liberato integralmente; se inferiore, il giudice quantificherà la riduzione.

In conclusione, l’art. 1955 c.c. è un potente strumento di equità: fa sì che il creditore non possa “sbarazzarsi” delle garanzie reali o delle posizioni di privilegio confidando poi di rifarsi sul fideiussore. Se lo fa, ne paga le conseguenze perdendo a sua volta la garanzia personale. Dal punto di vista pratico, questa eccezione va sollevata dal garante in sede di opposizione o difesa, qualora emerga che, ad esempio, la banca abbia liberato altre garanzie che invece avrebbero potuto mitigare la sua esposizione.

Concessione di nuovo credito e aggravamento del rischio (art. 1956 c.c.)

L’art. 1956 c.c. prevede un caso di liberazione del fideiussore orientato al comportamento imprudente del creditore. Recita infatti: “Il fideiussore per un’obbligazione futura è liberato se il creditore, senza speciale autorizzazione del fideiussore, ha fatto credito al terzo, pur essendo a conoscenza di circostanze che avrebbero inciso sul giudizio di solvibilità del debitore, tali da rendere notevolmente più difficile il soddisfacimento del credito”.

Questa norma si applica solo alle fideiussioni che garantiscono obbligazioni future (cioè tipicamente alle fideiussioni omnibus o altre garanzie su crediti non ancora completamente determinati al momento della firma). Lo scenario è il seguente: il fideiussore ha prestato garanzia anticipatamente su una linea di credito o su future erogazioni. Successivamente, la situazione finanziaria del debitore principale peggiora sensibilmente (diventa molto meno solvibile), e il creditore lo sa (o comunque lo dovrebbe sapere). Nonostante ciò, il creditore concede nuovo credito al debitore (ad esempio aumenta l’esposizione, prolunga affidamenti, eroga ulteriori fondi) senza informare né chiedere il consenso del fideiussore. In tal caso, la legge dice che il fideiussore è liberato dalla garanzia per quel nuovo credito concesso senza la sua autorizzazione. La ratio è chiara: proteggere il garante dal comportamento opportunistico del creditore che, avendo la garanzia, continua a prestare soldi a un soggetto ormai insolvente, tanto c’è il fideiussore su cui scaricare il rischio. È un’ipotesi di abuso di fiducia del creditore, che la norma sanziona liberando il garante.

Esempio concreto: Tizio fa da fideiussore omnibus per la società Alfa, garantendo fino a €100.000. Inizialmente Alfa ha un fido di €50.000. Dopo un certo tempo, Alfa versa in gravi difficoltà (bilanci in rosso, protesti, insolvenze) e la banca è a conoscenza di questi segnali. La banca però, invece di bloccare il credito, estende il fido da 50 a 100 o concede un nuovo finanziamento, senza dir nulla a Tizio. La società Alfa poi fallisce e la banca vorrebbe escutere Tizio per €100.000. Ebbene, l’art. 1956 c.c. prevede che Tizio è liberato (del tutto o in parte, come vedremo), perché la banca ha incrementato l’esposizione pur sapendo del peggioramento di Alfa e senza averlo interpellato. Se invece la banca avesse chiesto e ottenuto il consenso di Tizio prima di aumentare il fido, allora Tizio sarebbe rimasto obbligato anche per la parte nuova.

Gli elementi chiave per far valere l’art. 1956 c.c. sono quindi:

  • La fideiussione deve riguardare crediti futuri (non opera su un credito già completamente concesso al momento della firma). Ad esempio, su un mutuo erogato subito in unica soluzione l’art. 1956 non si applica (il credito era già determinato); su un’apertura di credito in conto corrente o un fido revolving, invece sì.
  • Il creditore deve aver concesso volontariamente nuovo credito o aver mantenuto aperto il credito nonostante la palese insolvenza del debitore, mentre avrebbe potuto ridurlo o revocarlo.
  • Il creditore era a conoscenza del grave peggioramento delle condizioni del debitore (anche solo per colpa: se doveva saperlo, conta lo stesso). Bisogna dimostrare che c’erano circostanze tali da rendere notevolmente più difficile il recupero del credito, e che il creditore ne fosse conscio. Non basta un leggero calo di fatturato: servono segnali seri di insolvenza (ad es. insoluti, allarmi dalla Centrale Rischi, sofferenze registrate altrove, etc.).
  • Il creditore ha omesso di consultare il fideiussore: se gli avesse chiesto “posso continuare a finanziare nonostante tutto?” e il fideiussore avesse acconsentito, la garanzia resterebbe valida. Se invece agisce di testa propria, scatta la tutela del garante.

La prova spesso verte sulla conoscenza del creditore: solitamente emergono dai documenti interni, dagli alert di rischio (la banca vede i rating peggiorati, sconfinamenti, etc.).

La Cassazione ha applicato con rigore questa norma in varie pronunce, chiarendo che è grave violazione dei doveri di buona fede incrementare la posizione debitoria di un soggetto già in default per poi pretendere dal fideiussore di pagarne le conseguenze. Si parla in questi casi di comportamento scorretto della banca che “lucra interessi su un fido ormai deteriorato, scaricando il rischio sul garante”.

Una precisazione: se la banca ha concesso nuovo credito senza sapere del peggioramento (cioè la situazione è precipitata all’improvviso e la banca non poteva accorgersene), l’art. 1956 non si applica. Serve una coscienza (anche colposa) del creditore.

Effetti della liberazione ex art. 1956: il fideiussore viene liberato dall’obbligazione per l’avvenire. Ciò significa che la garanzia non copre i crediti concessi oltre il limite prudenziale. In dottrina ci si chiede se il garante si liberi solo per l’incremento o per l’intera obbligazione. La lettera della norma dice “il fideiussore […] è liberato” – senza distinguere. Molti tribunali hanno interpretato che, se la linea di credito è un unicum, la violazione del 1956 libera il garante completamente dall’intera fideiussione, perché l’operazione globale di finanziamento è viziata da quell’abuso. Altri ipotizzano di limitare la liberazione solo alla parte di nuovo credito eccedente. La Cassazione tende verso la liberazione integrale, specie se il nuovo credito non è facilmente separabile dal vecchio (es. un fido aumentato, diventa un tutt’uno).

In pratica, spesso, se la banca viola art. 1956, il fideiussore viene liberato su tutto. Se invece ci fosse margine per distinguere, potrebbe rispondere solo fino all’importo originario garantito ma non per l’eccedenza non autorizzata. La maggior parte dei casi, comunque, vede giudici severi con le banche su questo punto.

Da notare che l’art. 1956 si applica solo a chi ha garantito crediti futuri. Quindi, un fideiussore di un mutuo specifico concesso tutto e subito non potrà dire “la banca mi doveva avvisare che il debitore è peggiorato dopo”: lì il credito era già concesso e quello restava. Invece, su conti correnti, aperture di credito, mutui a erogazione frazionata, ecc., sì.

Esempio riepilogativo: Un imprenditore presta fideiussione omnibus alla sua società nel 2019. Nel 2021 la società comincia ad andare male (perdite, insoluti), la banca se ne accorge dai dati di bilancio e dagli scoperti di conto. Nel 2022, nonostante ciò, la banca aumenta il fido o concede un nuovo prestito, sperando magari in una ripresa della società. Nel 2023 la società fallisce. La banca chiede al fideiussore di pagare il rosso di conto. Il fideiussore potrà eccepire ex art. 1956 di essere liberato perché la banca, conoscendo il dissesto della società, ha colpevolmente concesso quel nuovo credito 2022 senza interpellarlo. Conseguenza: la fideiussione si intende estinta e il garante non deve coprire il nuovo credito. La banca forse replicherà che il peggioramento non era così evidente o che quell’operazione era già stata deliberata prima, ecc. La decisione dipenderà dalle prove (documenti, corrispondenza interna, ecc.). Ma se il garante dimostra i presupposti, otterrà la liberazione.

La logica di art. 1956 è ben riassunta così: proteggere il fideiussore dall’aggravamento del rischio deciso unilateralmente dal creditore. Se il garante accetta di coprire un fido di €50.000, la banca non può – di nascosto – aumentare l’esposizione a €100.000 verso un debitore divenuto insolvente e poi pretendere che il garante risponda di tutto. Deve chiedere al garante di estendere la garanzia anche al nuovo credito, altrimenti, per quel di più, il garante non è obbligato.

In definitiva, l’art. 1956 c.c. rappresenta un forte deterrente contro l’inerzia colpevole o l’azzardo morale delle banche garantite: se “forzano la mano” con nuovi crediti rischiosi confidando nella fideiussione, perdono la fideiussione stessa. Il fideiussore che si veda aumentare il fido garantito (magari scoprendolo a cose fatte) dovrebbe consultare un legale e valutare questa eccezione qualora poi venga escusso per importi superiori a quelli originariamente contemplati.

Termine di decadenza ex art. 1957 c.c. (azioni tardive del creditore)

Abbiamo menzionato più volte il famoso art. 1957 c.c.: è il termine di decadenza imposto al creditore per attivarsi contro il debitore principale, pena la liberazione del fideiussore. Questa norma è cruciale nella dinamica della fideiussione ed è una delle difese più efficaci per il garante (tanto che le banche cercavano sempre di farvi rinunciare i garanti con apposita clausola, come visto). Approfondiamo la questione.

Contenuto dell’art. 1957 c.c.: “Il fideiussore rimane obbligato anche dopo la scadenza dell’obbligazione principale, purché il creditore, entro sei mesi, abbia proposto le sue istanze contro il debitore principale e le prosegua senza abbandono”. Se il creditore non agisce in tale termine o lascia decadere le sue azioni, il fideiussore è liberato. In sintesi: il creditore ha 6 mesi dal momento in cui il debito principale scade per iniziare le azioni di recupero verso il debitore; inoltre deve portarle avanti diligentemente. Altrimenti, perde la garanzia fideiussoria.

Questa norma serve da incentivo per il creditore a non dormire sugli allori della garanzia, e al contempo da scudo per il fideiussore: limita nel tempo la sua esposizione, costringendo il creditore a fare presto se vuole rivalersi sul garante. È bene sottolineare che non si tratta di prescrizione (che per i crediti dura 10 anni normalmente), bensì di una decadenza breve: 6 mesi, appunto.

Esempio base: un prestito scade il 31 gennaio. Se la banca non fa nulla entro il 31 luglio (6 mesi) contro il debitore – niente causa, niente decreto ingiuntivo, neppure un pignoramento – il fideiussore è liberato: non potrà più essergli chiesto nulla per quel prestito. Oppure: la banca fa un decreto ingiuntivo entro i 6 mesi (bene), ma poi non lo notifica al debitore o comunque non procede per anni – in tal caso potrebbe configurarsi abbandono dell’azione, e anche questo comporta la decadenza della fideiussione. La norma infatti chiede non solo di iniziare le istanze, ma di proseguirle con diligenza. La giurisprudenza qui è casistica: tollera piccoli ritardi, ma non inerzie prolungate ingiustificate. Ad esempio, se la banca ottiene ingiunzione entro 6 mesi ma poi aspetta 2 anni prima di notificare l’atto di precetto al debitore, molti tribunali hanno ritenuto persa la garanzia; altri, più indulgenti, guardano alle circostanze (magari c’era opposizione pendente, ecc.).

Natura dell’eccezione: la decadenza ex art. 1957 non opera automaticamente: deve essere eccepita dal fideiussore in giudizio (è un’eccezione in senso lato, che il giudice può rilevare d’ufficio solo se i fatti sono incontestati, ma in pratica spetta al garante attivarla). Se il garante non la solleva, la decadenza può non essere applicata. Dunque il fideiussore, se viene citato o ingiunto, deve far presente tempestivamente: “il creditore non ha agito entro 6 mesi, quindi sono decaduti dalla garanzia”.

Se il giudice accerta che effettivamente più di sei mesi sono trascorsi dalla scadenza del debito senza che il creditore abbia agito, dichiarerà estinta l’obbligazione del garante. L’effetto è liberatorio totale per il fideiussore.

Questa decadenza è stata definita, efficacemente, una “ghigliottina” per il creditore pigro. Per decenni, però, quasi nessun garante poteva avvalersene perché, come detto, quasi tutte le fideiussioni bancarie prevedevano la clausola di rinuncia all’art. 1957 (clausola che è tra quelle dello schema ABI). Dunque il garante firmava di rinunciare a questa decadenza, e la banca poteva agire anche dopo molti anni senza perdere la garanzia. Dopo che tale clausola è stata dichiarata nulla (antitrust o vessatoria), la decadenza è “tornata in auge” prepotentemente. Negli ultimi anni, molti garanti hanno eccepito con successo: “la banca non ha agito entro 6 mesi, quindi niente fideiussione”, e hanno vinto così la causa.

Quando inizia il termine di 6 mesi? Occorre individuare la “scadenza dell’obbligazione principale”. Questo può essere semplice o complesso a seconda del tipo di obbligazione:

  • Per debiti con scadenza unica (data fissa), es: prestito con scadenza 31/1, la scadenza è quella, quindi 6 mesi da lì.
  • Per debiti a rimborso rateale (mutui, leasing, ecc.): qui la giurisprudenza è oscillante. L’orientamento prevalente è che il termine decorra rata per rata man mano che scadono e restano impagate, se la fideiussione le garantisce singolarmente (cioè se la garanzia copre le rate, come di solito). Quindi 6 mesi da ogni rata non pagata, per quella rata. Però c’è chi sostiene che, data l’unitarietà del contratto, se il creditore non agisce su una rata e cade la garanzia per quella, di fatto la garanzia cadrebbe interamente. La Cassazione ha avuto pronunce contraddittorie su questo dettaglio. In pratica, conviene al garante eccepire la decadenza non appena c’è un ritardo di oltre 6 mesi sulla prima rata non pagata, sostenendo che ciò libera dall’intera fideiussione. Alcuni giudici, pro-garante, hanno accettato questa impostazione (garanzia salta per intero se la prima rata insoluta non è azionata in 6 mesi).
  • Per debiti “a vista” senza scadenza predeterminata (es. saldo di conto corrente, scoperto a revoca): la scadenza è quando il credito diventa esigibile, cioè tipicamente quando la banca revoca il fido e chiede il rientro, o quando chiude il conto corrente. Se la banca lascia correre anni prima di revocare, si discute se il termine parta dalla revoca. In genere si considera la revoca o la messa in mora del debitore come dies a quo.
  • Contratti come leasing: c’è giurisprudenza che dice che la scadenza dell’obbligazione principale coincide con la risoluzione del contratto per inadempimento e la richiesta del saldo residuo. Dunque 6 mesi da quando viene risolto il leasing e richiesto l’intero residuo.
  • Fideiussione omnibus: qui non c’è un termine finale del rapporto. Ma quando i crediti diventano esigibili (ad es. la banca chiude il conto e determina il saldo passivo, o risolve un mutuo e chiede il rientro totale, ecc.), quell’importo definito è considerato l’obbligazione principale scaduta e da lì decorre il termine semestrale.

Quindi, dal lato pratico, individuare la scadenza può richiedere un’analisi attenta del rapporto garantito e delle azioni del creditore. In dubbio, il garante dovrebbe far decorrere il termine dalla prima occasione utile in cui il credito poteva essere chiesto.

La clausola di rinuncia a questo termine, come detto, era prassi e veniva considerata valida prima del caso antitrust. Oggi, se non ricadiamo nel caso antitrust (ad esempio in una fideiussione specifica non legata allo schema ABI), di solito la banca inserisce comunque la rinuncia all’art.1957. Si può però sostenere – e gli argomenti sono forti – che tale clausola sia vessatoria per il consumatore. Infatti corrisponde proprio a quelle clausole di cui all’art. 33, co.2, lett. b) e r) del Codice del Consumo: esclude un diritto del consumatore in caso di inadempimento del professionista, e esclude eccezioni del consumatore. Un garante consumatore può dunque chiedere di dichiarare nulla la rinuncia e vedere ripristinato l’art. 1957. E infatti la giurisprudenza va in questa direzione: in una recente causa, ad esempio, la clausola di rinuncia al termine è stata giudicata vessatoria e disapplicata a favore del fideiussore-consumatore (Trib. Roma 2023, richiamando art. 33 Cod. Cons.). Per un fideiussore non consumatore, la clausola di rinuncia resta valida salvo il caso antitrust (dove è nulla ex lege come visto). Però anche lì si potrebbe tentare di far leva su buona fede o squilibrio contrattuale, ma con meno appigli normativi.

In conclusione su art. 1957: nel contenzioso odierno, il mantra del difensore del fideiussore è sempre: verificare se si può ripristinare l’art. 1957 c.c., e in tal caso se la banca ha rispettato o no i termini. Perché se non li ha rispettati, la partita può chiudersi a favore del garante in modo relativamente semplice (questione di date). Molte cause vengono vinte dai garanti proprio su questa eccezione.

Un punto degno di nota: a volte il creditore, fiutando questa possibile eccezione, compie atti giudiziari tempestivi contro il fideiussore stesso (non contro il debitore) per cercare di salvare la garanzia. Ad esempio, notifica entro 6 mesi un decreto ingiuntivo direttamente al fideiussore, trascurando il debitore. La Cassazione ha chiarito che l’art. 1957 parla di istanze contro il debitore principale: quindi l’azione va rivolta al debitore, non basta agire contro il garante per evitare la decadenza (ecco perché la clausola ABI di rinuncia era così importante per le banche). Quindi, se la banca ha ingiunto solo il garante e non il debitore entro 6 mesi, il garante può eccepire comunque la decadenza, perché la norma non è stata osservata alla lettera (su questo ci sono state dispute, ma l’interpretazione letterale-prevalente è così).

Riassumendo il senso generale: il fideiussore può evitare di pagare se il creditore si è mosso tardi. Questo spinge i creditori a essere diligenti. Dal punto di vista del garante, qualora il creditore abbia colpevolmente tardato, si ha un’ottima opportunità di liberazione, da sfruttare eccependo l’art.1957 (ove applicabile, cioè quando la rinuncia non è valida).

Altre tutele del fideiussore (strumenti ulteriori e soluzioni stragiudiziali)

Oltre alle difese principali che abbiamo trattato (nullità, decadenze, ecc.), esistono ulteriori strumenti che il fideiussore – o lo stesso debitore principale, se interessato a tutelare il proprio garante – può utilizzare per limitare o eliminare la garanzia. Li elenchiamo brevemente:

  • Azione ex art. 1953 c.c. (azione di liberazione promossa dal fideiussore): Questa è una norma poco conosciuta ma interessante: consente al fideiussore, anche prima di aver pagato, di agire in giudizio contro il debitore principale per essere liberato dalla fideiussione o ottenere garanzie in suo favore. Le situazioni contemplate sono due: (1) se il debito principale è scaduto e il creditore non agisce (quindi il fideiussore teme di restare esposto inutilmente), oppure (2) se il debitore è divenuto insolvente. In tali casi, il fideiussore può chiedere al giudice di essere esonerato dalla fideiussione, a meno che il debitore gli fornisca adeguate garanzie. In pratica, è un modo per forzare il debitore a trovare un sostituto garante o a estinguere il debito, sotto pena di liberare il garante attuale. Esempio: un genitore ha garantito il fido bancario del figlio; il figlio inizia ad accumulare insoluti, il genitore percepisce che la situazione peggiora. Può intimare al figlio di estinguere il debito o trovare altra garanzia, altrimenti si rivolgerà al giudice per essere liberato vista l’insolvenza emergente. Questa azione non è molto frequente nella pratica, perché di solito garante e debitore sono in rapporti tali per cui il garante non fa causa al debitore prima di essere chiamato a pagare. Ma è uno strumento previsto dalla legge e in talune circostanze può essere utile (ad es. tra soci di società, o come nel caso del genitore esasperato). Va ricordato che l’art. 1953 è distinto dall’art. 1955: il 1953 serve al garante per agire contro il debitore in via preventiva; il 1955 lo tutela invece verso il creditore che ritarda.
  • Obbligo di informazione del creditore verso il fideiussore: Non c’è un obbligo generale di legge per il creditore di tenere informato il garante sull’andamento del rapporto garantito. Tuttavia, la giurisprudenza afferma che, se il garante lo richiede, la banca ha un dovere di correttezza nel fornirgli informazioni come estratti conto o situazione del debito, in quanto il fideiussore ha interesse a conoscere il rischio che sta correndo. Inoltre, spesso i contratti stessi prevedono specifici avvisi: ad esempio la clausola che la banca avvisa il garante se il debitore ritarda nei pagamenti, o se il rapporto viene risolto. Questi obblighi discendono dal principio di buona fede (artt. 1175, 1375 c.c.) e, se violati, possono dare luogo a risarcimento danni per il garante. Di solito, però, la mancata informazione di per sé non libera il garante (a meno che rientri in un contesto di fatto colposo del creditore ex art. 1955, ad esempio la banca non avvisa e intanto lascia decadere ipoteche… in quel caso torna il 1955). Diciamo che è più un rimedio di contorno: il garante può lamentarsi e chiedere danni se dalla mancata informazione gli è derivato un pregiudizio (caso raro). Ciò detto, chiedere informazioni periodiche è una buona pratica per il garante: ad esempio, se si vuole considerare di revocare la fideiussione omnibus, prima ci si può far dare l’estratto conto per sapere quanta esposizione c’è.
  • Trattative stragiudiziali e composizione delle crisi da sovraindebitamento: Se il fideiussore si trova in difficoltà economiche o si rende conto che non potrà far fronte all’obbligazione garantita, può cercare vie extra giudiziarie per limitare i danni. Una è il saldo e stralcio: negoziare con il creditore un pagamento parziale in cambio della liberazione dalla fideiussione. Spesso, soprattutto quando il garante ha qualche leva (es. può eccepire nullità o decadenze, oppure il debitore principale è insolvente e la banca rischia di non recuperare nulla), si riesce a trovare un accordo per chiudere la posizione pagando meno del dovuto, ottenendo liberatoria. Un’altra via, se il fideiussore è persona fisica o piccolo imprenditore sovraindebitato, è la procedura di composizione delle crisi da sovraindebitamento (Legge n. 3/2012, ora confluita nel Codice della Crisi): tramite un OCC (Organismo di Composizione della Crisi) può proporre ai creditori un piano per pagare in parte i debiti (anche derivanti da fideiussione) e far cancellare il resto. Se il tribunale omologa questo piano e il garante lo esegue, a fine procedura viene esdebitato dai debiti residui (quindi anche dall’eventuale residuo nei confronti del creditore garantito). Questo è un extrema ratio, ma è da menzionare: ad esempio, un individuo che ha garantito un grosso prestito e non ha patrimonio sufficiente può ricorrere a queste procedure per evitare il tracollo totale, pagando ciò che può in modo organizzato e poi ottenere l’esdebitazione legale.
  • Rapporti interni tra debitore principale e fideiussore: Dal lato del debitore principale, può interessare sapere se ha tutele nel caso in cui il garante paghi troppo facilmente (aumentando il suo debito di regresso). In linea generale, il debitore principale non può vietare al fideiussore di pagare il creditore; se il garante paga, il debitore dovrà rimborsarlo per quanto pagato (diritto di regresso). Tuttavia, l’art. 1952 c.c. prevede che se il debitore aveva valide ragioni per non pagare (ad es. per annullare il contratto principale) e lo aveva fatto sapere al fideiussore, ma quest’ultimo paga lo stesso con mala fede o leggerezza, allora il debitore può opporre quelle eccezioni in sede di regresso. È una situazione limite: in pratica, se il debitore dice al garante “non pagare la banca perché il contratto è nullo per usura, stiamo facendo causa”, e il garante paga comunque senza attendere, poi il debitore, quando il garante gli chiederà indietro i soldi, potrà opporgli quella nullità. Ma queste sono questioni più teoriche e attengono ai rapporti interni: per il nostro obiettivo (liberare il garante verso il creditore) non rilevano direttamente.
  • Riduzione dell’importo dovuto per contestazioni sul merito del credito: Il fideiussore, infine, può ovviamente avvalersi di tutte le eccezioni nel merito del rapporto principale (art. 1945 c.c.). Lo abbiamo già ricordato: se ad esempio il debitore può contestare che il credito è inferiore (perché il tasso va ridotto, perché ci sono stati addebiti illegittimi, ecc.), il fideiussore può fare lo stesso. Quindi, può chiedere il ricalcolo del dovuto nel caso di anomalie come interessi usurari o anatocismo, con conseguente riduzione del proprio obbligo. Sono difese “di importo” più che liberatorie, ma contribuiscono a limitare l’esborso del garante. In molte opposizioni a decreti ingiuntivi su fideiussione, il garante contesta sia questioni formali (nullità, decadenze) sia questioni sostanziali (ammontare del debito, interessi errati, prescrizioni parziali, ecc.), ottenendo magari di non pagare nulla o pagare meno.

In sintesi, il fideiussore ha molte leve difensive. Non sempre tutte sono praticabili nello stesso caso, ma un buon legale le esamina tutte: dal controllo del contratto (clausole nulle) al controllo dei tempi (decadenze), al controllo del comportamento della banca (artt. 1955-1956 c.c.), alle eccezioni sul rapporto principale (pagamenti già avvenuti, prescrizione, nullità originaria del debito, ecc.). La giurisprudenza recente è abbastanza attenta ad evitare che il fideiussore venga “sfruttato oltre misura” dalla banca. Abbiamo visto la Cassazione condannare pratiche scorrette come la concessione imprudente di credito o le intese antitrust, liberando i garanti. Dunque, il messaggio per chi è fideiussore e si vede chiedere il pagamento è: non dare per scontato di dover pagare sempre tutto e subito. Esistono possibilità di opporsi legalmente e, quanto meno, di ottenere margini di trattativa. Anche solo prospettare queste difese spesso induce la banca a rivedere le proprie pretese (magari accettando un accordo transattivo più favorevole al garante).

Dopo questa lunga disamina tecnica, può essere utile fissare le idee attraverso alcuni casi pratici simulati, che mostrino come i principi esposti si applicano in situazioni reali. Passiamo dunque a presentare alcune simulazioni basate su casi tipici.

Simulazioni pratiche (casi reali ipotetici)

Per comprendere meglio le conseguenze e le possibili soluzioni dal punto di vista del fideiussore, illustriamo di seguito tre casi ipotetici, ispirati a situazioni frequenti nella realtà. Ogni caso descrive uno scenario, cosa accade al garante, e come quest’ultimo può (o non può) liberarsi dalla fideiussione.

Caso 1: Fideiussione su prestito personale – pignoramento del garante

Scenario: Alice ottiene un prestito personale di €20.000 da una finanziaria. Sua zia Bianca firma come fideiussore a garanzia del rimborso. Dopo aver pagato qualche rata, Alice perde il lavoro e smette di pagare. La finanziaria, trascorsi alcuni mesi di insolvenza, ottiene un decreto ingiuntivo contro sia Alice sia Bianca e, non avendo Alice beni aggredibili, procede a pignorare il quinto dello stipendio di Bianca (la zia garante).

Problematica dal punto di vista di Bianca (garante): Bianca si trova a dover pagare rate mensili trattenute dal suo stipendio, per un debito non suo. Vorrebbe liberarsi da questa situazione, magari sospendere il pignoramento, o rivalersi su Alice.

Analisi e strumenti applicabili: In questo caso, essendo Bianca fideiussore specifico di un prestito determinato, le possibilità di liberazione dipendono da eventuali vizi del contratto o errori procedurali:

  • Bianca potrebbe verificare se la fideiussione conteneva clausole nulle (ad es. pagamento a prima richiesta o rinuncia ad eccezioni). Dato che è un prestito a consumatore, è probabile che il modulo standard contenga clausole tipo “senza eccezioni” o analoghe. Bianca, come consumatore, può eccepire la nullità di quelle clausole vessatorie. Se ad esempio c’era la rinuncia all’art. 1957 c.c. nel contratto, Bianca potrebbe farla dichiarare nulla e verificare se la finanziaria ha agito entro 6 mesi dall’insolvenza. Nel nostro scenario, la finanziaria ha agito tempestivamente (ha ingiunto entro pochi mesi), quindi la decadenza 1957 non le giova perché il creditore non è stato inerte.
  • Bianca può opporsi al decreto ingiuntivo (se i termini sono ancora aperti) sostenendo che il conteggio del debito non è corretto, o che ci sono stati vizi nella stipula (ad esempio, tassi usurari?). Se trovasse che il TAEG del prestito supera la soglia antiusura, potrebbe eccepire la nullità parziale degli interessi e ottenere un ricalcolo ridotto. Questo ridurrebbe l’importo dovuto e quindi il pignoramento mensile.
  • Purtroppo, in mancanza di vizi rilevanti, Bianca non può semplicemente liberarsi dall’obbligo: il debito c’è, lei è garante valida, e la finanziaria ha già un titolo esecutivo. Non esistono clausole antitrust in una piccola fideiussione specifica come questa (quelle valgono per banche e modelli ABI, non per finanziarie di consumo).
  • Bianca potrà certamente rivalersi su Alice: dopo aver pagato, può chiedere ad Alice la restituzione di quanto pagato (diritto di regresso). Ma se Alice è nullatenente, questo diritto potrebbe essere di scarsa utilità pratica.
  • Soluzioni stragiudiziali: Bianca potrebbe provare a trattare con la finanziaria un saldo e stralcio, ad esempio offrire un pagamento unico scontato (mettiamo €15.000) per chiudere il debito ed estinguere il pignoramento. Se può raccogliere una somma, a volte i creditori accettano, specie se il debitore principale è insolvente e l’unica speranza è il garante.

Esito: Bianca non riesce a liberarsi completamente dalla fideiussione, perché la finanziaria ha agito regolarmente e il contratto non presenta nullità evidenti a suo favore. Dovrà subire il pignoramento dello stipendio fino a copertura del debito (o finché non trovi un accordo transattivo). Questo caso mostra la situazione più difficile: quando il fideiussore non ha particolari appigli giuridici e il creditore è attivo, la garanzia viene escussa e l’unica “liberazione” è data dal pagamento integrale. Per il futuro, Bianca avrà imparato la lezione: prestare fideiussione comporta rischi seri e, se non si è disposti a pagare, è meglio non firmare.

Caso 2: Fideiussione omnibus con clausole nulle – vittoria del garante in giudizio

Scenario: La società Alfa Srl ottiene nel 2018 un’apertura di credito in conto corrente “a revoca” da Banca Beta, con un fido di €80.000. Il socio Tizio firma una fideiussione omnibus a garanzia di “tutte le obbligazioni presenti e future di Alfa verso Beta fino all’importo di €80.000”. Nel contratto di fideiussione sono presenti le clausole standard ABI (reviviscenza, rinuncia ai termini ex art.1957, sopravvivenza). Nel 2020, Alfa inizia ad avere difficoltà finanziarie; la banca revoca il fido e intima il rientro del saldo (€75.000). Alfa non paga e accumula insoluti. Tuttavia, Banca Beta non avvia subito azioni legali: invia solo un paio di solleciti informali. Solo nell’ottobre 2021 notifica un decreto ingiuntivo sia ad Alfa sia a Tizio (il garante) per €80.000. Nel frattempo Alfa era praticamente insolvente e poi fallisce nel 2022. Tizio propone opposizione al decreto ingiuntivo, eccependo la nullità parziale della fideiussione per violazione antitrust e chiedendo di dichiarare la decadenza della garanzia.

Problematica dal punto di vista di Tizio: Tizio, garante, si vede richiesti €80.000. Vuole evitare di pagare, sostenendo che la fideiussione è nulla o comunque che la banca ha perso il diritto di escutere lui perché non ha agito tempestivamente.

Analisi difensiva: Questo caso ricalca la situazione tipica delle fideiussioni omnibus conformi al modello ABI. Le mosse di Tizio:

  • Nullità antitrust: Tizio nel 2021 (anno in cui ha fatto opposizione) già disponeva della sentenza Cass. SS.UU. 41994/2021 (uscita a fine 2021). Egli eccepisce che il suo contratto di fideiussione conteneva le 3 clausole vietate (reviviscenza, 1957, sopravvivenza) conformi all’intesa ABI, quindi sono nulle. Chiede al giudice di dichiararle nulle e, conseguentemente, di ritenere non operante la rinuncia all’art.1957 c.c.
  • Decadenza ex art. 1957 c.c.: Una volta tolta di mezzo la clausola di rinuncia, Tizio argomenta: la banca ha revocato il fido (scadenza dell’obbligazione principale) nel 2020, ma non ha agito giudizialmente entro 6 mesi. L’ingiunzione è arrivata oltre un anno dopo la revoca (oltre 6 mesi), dunque il creditore è decaduto dalla garanzia.
  • Ulteriori elementi: In opposizione, Tizio potrebbe portare a sostegno anche la pronuncia di Banca d’Italia 2005 e la giurisprudenza sul punto. Nel 2023, la sua opposizione verrebbe probabilmente decisa alla luce delle Sezioni Unite 2021 e successive. Poiché la sua è una fideiussione omnibus, la nullità parziale delle clausole ABI si applica pienamente. Il giudice dichiarerebbe nulle le tre clausole e riterrebbe la fideiussione valida senza di esse. Ciò significa, appunto, che l’art. 1957 c.c. torna applicabile.
  • Inoltre, poiché Alfa Srl era debitrice non consumatrice, Tizio non può invocare il Codice del Consumo (non è contratto col consumatore). Ma non serve, perché ha l’antitrust.
  • Da notare: la banca potrebbe difendersi sostenendo “Tizio era amministratore, dunque non consumatore, e la nullità antitrust non si applica alle specifiche”. Ma Tizio risponde: la Cassazione ha detto che nullità antitrust vale per le omnibus (e la sua lo è). È vero che Beta potrebbe replicare: l’intesa valeva 2003-2005, noi siamo nel 2018, provi Tizio che c’era collusione. Ma 2018 è successivo al 2005, quindi si apre il tema “persistenza intesa”. Tizio può però portare i moduli di altre banche 2018 per mostrare che ancora tutte usavano quelle clausole (comportamento parallelo). È un punto delicato: la Cass. 1170/2025 direbbe che di per sé l’intesa 2005 non prova collusione nel 2018. Però molti giudici, specie fino al 2024, hanno presunto la collusione continua. Diciamo che nel suo caso, se giudicato prima di 2025, Tizio avrebbe avuto buon gioco; dopo, potrebbe dover integrare prove.
  • Comunque, anche senza antitrust, Tizio può usare l’arma consumer? Non è consumatore, è socio, ergo no.
  • Un’alternativa: la banca potrebbe dire “la nostra è garanzia autonoma, c’era clausola a prima richiesta”. Ma se conteneva anche rinuncia 1957 e reviviscenza, difficilmente un giudice la qualificherà autonoma (quelle clausole sono tipiche fideiussorie).
  • Ultima difesa per Tizio: come visto, la decadenza 1957. La banca, effettivamente, ha aspettato troppo. Tizio eccepisce ciò e la banca non può negarlo. Proverà magari a dire “abbiamo inviato solleciti, vale come atto interruttivo?”. Ma giurisprudenza dice che servono istanze giudiziali o almeno atti equiparati (non basta una letterina).
  • Anche il fallimento di Alfa nel 2022 gioca: la banca ormai punterebbe tutto sul garante, ma se il giudice accoglie la decadenza, il decreto ingiuntivo viene revocato e la pretesa verso Tizio azzerata.

Esito: Il tribunale dà ragione a Tizio. Riconosce la nullità delle clausole ABI nella fideiussione omnibus. Di conseguenza, dichiara che l’art. 1957 c.c. si applica al rapporto fideiussorio. Accertato che la banca non ha agito entro 6 mesi dalla revoca del fido (scadenza del credito garantito), il giudice dichiara che la banca è decaduta dal diritto di escutere il fideiussore e che la fideiussione si intende estinta per decorso del termine. In base a ciò, il decreto ingiuntivo viene revocato e Tizio non deve pagare nulla alla banca (che rimane con un credito verso la fallita Alfa, probabilmente inesigibile).

Questo scenario riflette casi concreti in cui, grazie alle nullità antitrust e al ripristino della tutela dell’art. 1957 c.c., i fideiussori hanno vinto cause anche per importi elevati. È esattamente il punto di svolta menzionato in dottrina dopo Cass. 2021: molte esecuzioni contro garanti sono state bloccate invocando queste eccezioni, e “molti decreti ingiuntivi sono stati annullati perché il garante, tolta la clausola di deroga, risultava escusso tardivamente”. Il caso di Tizio ne è un esempio.

Caso 3: Estensione imprudente del credito – liberazione del fideiussore (art. 1956 c.c.)

Scenario: Marco è un piccolo imprenditore edile. Nel 2020 ottiene dalla Banca X un fido di conto corrente di €50.000 per la sua ditta individuale, garantito da fideiussione omnibus di suo padre (fino a €50.000). Nel 2021 la ditta di Marco comincia ad avere problemi: protesti, ritardi nei pagamenti dai clienti, segnalazioni in Centrale Rischi. La Banca X se ne accorge (il conto va spesso “in rosso”, arrivano segnalazioni di insoluti di Marco su altre piazze). Nonostante ciò, nel 2022 la banca decide di aumentare il fido di Marco da €50.000 a €80.000, senza interpellare il padre garante. Anzi, la banca tranquillizza telefonicamente il padre dicendo “abbiamo fiducia, speriamo suo figlio si riprenda”. Purtroppo, nel 2023 la ditta di Marco fallisce. Marco lascia un debito verso la banca di €75.000. Banca X chiede al padre di Marco (fideiussore) il pagamento di €75.000. Il padre si rivolge a un avvocato.

Problematica: Il padre di Marco aveva inizialmente messo in conto di poter essere chiamato a pagare fino a €50.000 (massimale della fideiussione). Ora la banca gliene chiede €75.000, perché nel frattempo il fido era stato aumentato a 80.000. Il padre ritiene ingiusto questo aggravio, anche perché non era stato consultato quando la banca ha concesso più credito al figlio.

Analisi difensiva: Questo è un caso perfetto di art. 1956 c.c.:

  • La fideiussione del padre garantiva obbligazioni future (il fido di conto).
  • La banca, pur sapendo che la situazione di Marco era peggiorata (“circostanze incidenti sul giudizio di solvibilità”), ha deliberatamente concesso nuovo credito (aumentando il fido da 50 a 80) senza speciale autorizzazione del fideiussore.
  • Dunque tutti i presupposti di art. 1956 sono soddisfatti: credito futuro, conoscenza del peggioramento, mancato assenso del garante.

L’avvocato del padre eccepirà quindi che, ai sensi dell’art. 1956 c.c., il fideiussore si deve considerare liberato dall’obbligo. Cioè la banca, comportandosi in modo imprudente (o scorretto), ha perso la garanzia.

Cosa può ribattere la banca? Potrebbe negare di essere a conoscenza del peggioramento. Ma se l’avvocato produce prove (es. i dati di Centrale Rischi che la banca aveva, i protesti pubblicati, magari testimonianze che la banca sapeva), la conoscenza è provata. Oppure la banca potrebbe dire: “abbiamo sì aumentato il fido, ma col tacito accordo del garante”. Su questo, attenzione: l’assenso deve essere “speciale” e non implicito. La telefonata di tranquillizzazione non equivale certo a chiedere consenso scritto. Quindi la banca difficilmente può sostenere di aver avuto il consenso.
Infine la banca potrebbe tentare la carta: “la liberazione vale solo per i 30k in più, il padre comunque resta obbligato per i 50k originari”. Alcune giurisprudenze minoritarie dicono che la liberazione può essere parziale se il nuovo credito è scindibile. Tuttavia, la Cassazione in casi analoghi ha liberato il garante in toto, ritenendo che l’intera operazione di credito fosse viziata e quindi la garanzia cadesse interamente. Nel dubbio, l’avvocato chiederà la liberazione totale, o almeno dal nuovo importo.
In questo scenario, visto che il debito finale (75) supera il massimale iniziale (50), praticamente la differenza è dovuta al nuovo credito. È plausibile che il giudice liberi del tutto il padre.

Esito: Il giudice accoglie la tesi del fideiussore, applica l’art. 1956 c.c. e dichiara che il padre di Marco è liberato dalla fideiussione per aver la banca concesso nuovo credito senza il suo assenso in presenza di aggravamento del rischio. Ciò solleva il garante dall’obbligo di pagare quei €75.000. In termini pratici, la domanda della banca contro il garante viene rigettata integralmente (o al massimo limitata a quanto era l’esposizione prima dell’aumento, ma come detto è probabile una liberazione totale).

La banca rimane quindi a bocca asciutta (potrà insinuarsi al passivo del fallimento di Marco, ma difficilmente recupererà molto). Il padre di Marco evita di dover vendere casa per pagare il debito del figlio – a costo zero, grazie alla difesa legale. Questo caso evidenzia come l’art. 1956 c.c., se ben utilizzato, tutela i garanti da comportamenti opportunistici delle banche, secondo l’idea per cui “se aumenti il credito a uno ormai decotto senza dirmi nulla, poi non venire da me a chiedere soldi”. E infatti la giurisprudenza parla di condotta scorretta del creditore in casi simili.


Questi esempi pratici mostrano tre epiloghi diversi: nel Caso 1 il fideiussore finisce per pagare perché non c’erano appigli legali; nel Caso 2 il fideiussore vince grazie alle nullità delle clausole e alla decadenza; nel Caso 3 il fideiussore viene liberato per comportamento colposo della banca. La morale è che ogni situazione va analizzata a fondo, perché l’esito può cambiare radicalmente in base ai dettagli contrattuali e alle azioni (o omissioni) del creditore.

Nei prossimi paragrafi concluderemo la guida con una sezione di Domande frequenti, sintetizzando in forma di Q&A i dubbi più comuni sul tema, e forniremo infine modelli di atti utili (ad es. una lettera di recesso e uno schema di atto di citazione).

Domande frequenti (FAQ)

D: Che cos’è una fideiussione, in parole semplici?
R: È un contratto in cui una persona (fideiussore o garante) si impegna a pagare un debito altrui nel caso in cui il debitore principale non lo paghi. In pratica, il garante mette il proprio patrimonio a garanzia dell’obbligazione di un altro. Se il debitore non paga, il creditore può chiedere al fideiussore di saldare il dovuto. Ad esempio, se Tizio fa da fideiussore per il mutuo di Caio e Caio smette di pagare le rate, la banca potrà rivolgersi a Tizio per recuperare le somme mancanti.

D: Quali rischi corre chi firma una fideiussione?
R: Il rischio principale è di dover pagare i debiti del debitore garantito con i propri soldi e beni. Il fideiussore è obbligato in solido con il debitore, il che significa che il creditore può rivalersi direttamente su di lui, senza dover prima escutere il debitore. In caso di insolvenza del debitore, il garante rischia pignoramenti su conto corrente, stipendio/pensione (fino a 1/5), immobili, auto, ecc.. Finché il debito non è estinto, anche il fideiussore può essere segnalato come cattivo pagatore nelle banche dati creditizie. In sintesi, firmare una fideiussione equivale a diventare co-debitore: se tutto va bene e il debitore paga, non succede nulla; ma se qualcosa va male, il garante deve aspettarsi di pagare con il suo patrimonio (presente e futuro).

D: La banca può chiedere subito i soldi al fideiussore se il debitore non paga?
R: Nella maggior parte dei casi sì, immediatamente. Di solito i contratti di fideiussione (specie bancari) fanno rinunciare espressamente il garante al beneficio di escussione previa. Ciò significa che appena il debitore è inadempiente, il creditore può chiedere il pagamento al fideiussore senza dover prima tentare di riscuotere dal debitore. Ad esempio, se un mutuatario non paga delle rate, la banca invierà una richiesta di pagamento sia al debitore sia al fideiussore; se il debitore non adempie entro il termine dato, la banca potrà avviare azioni legali direttamente contro il garante (ingiunzione, pignoramento). Solo se nel contratto di fideiussione era previsto espressamente il beneficium excussionis (cosa rara) il garante potrebbe esigere che la banca escuta prima i beni del debitore. Ma di regola, il garante non può opporre “vai prima dal debitore” – sarà obbligato a pagare lui, e poi eventualmente rifarsi sul debitore principale.

D: Cosa succede se il fideiussore non paga quando il creditore glielo chiede?
R: Se il garante, ricevuta richiesta formale, non paga spontaneamente, il creditore agirà per vie legali. Tipicamente otterrà un decreto ingiuntivo contro il fideiussore e, se questi non fa opposizione o perde la causa, procederà con l’esecuzione forzata: pignoramento dei beni del garante (conto corrente, stipendio/pensione fino a 1/5, immobili, ecc.). Il fideiussore si vedrà quindi prelevare coattivamente le somme dovute. Inoltre, verrà segnalato nelle Centrali Rischi come debitore insolvente, il che gli precluderà l’accesso al credito futuro. Non ci sono conseguenze penali per il semplice fatto di non pagare una fideiussione (non è reato l’inadempimento civile), ma le conseguenze civili sono pesanti: ingiunzione → pignoramento → vendita forzata dei beni, se necessario. Ad esempio, il creditore potrebbe mettere all’asta la casa del fideiussore o farsi cedere una quota del suo stipendio/pensione finché il debito non è soddisfatto.

D: Quali beni del fideiussore possono essere pignorati in caso di escussione?
R: Potenzialmente tutti i beni del garante, eccetto quelli dichiarati impignorabili per legge. In particolare:

  • Denaro e conti correnti: il creditore può pignorare il conto corrente del fideiussore e prelevarne il saldo.
  • Stipendi e pensioni: sono pignorabili nei limiti di legge – generalmente fino al 20% (un quinto) del netto mensile, con tutela del minimo vitale per le pensioni. Quindi il creditore può ottenere che il datore di lavoro o l’ente pensionistico trattenga una parte mensile e la versi a lui.
  • Beni mobili registrati: auto, moto del garante possono essere pignorate e vendute all’asta.
  • Immobili: qualunque immobile intestato al garante (casa, terreno) è pignorabile. Anche la prima casa non è protetta dall’azione di un creditore privato (il divieto di pignoramento della prima casa vale solo per Equitalia e i debiti fiscali). Quindi il creditore della fideiussione può far espropriare la casa di abitazione del garante, salvo accordi transattivi prima che si arrivi alla vendita.
  • Partecipazioni, altri crediti: se il fideiussore ha crediti verso terzi (es. canoni di affitto da inquilini) o quote societarie di valore, anche quelli possono essere pignorati.

In generale, il fideiussore risponde illimitatamente con tutto il suo patrimonio presente e futuro (art. 2740 c.c.). Ciò significa che anche beni acquisiti dopo (un’eredità, vincite, ecc.) possono essere aggrediti dal creditore che abbia un titolo esecutivo. Fanno eccezione solo i beni dichiarati assolutamente impignorabili dalla legge (es. alcuni beni di stretta necessità, una parte delle pensioni, ecc., e alcune limitazioni per i beni in comunione tra coniugi quando il debito non riguarda la famiglia).

D: Il fideiussore può difendersi? Cosa può fare per non pagare o pagare meno?
R: Sì, il fideiussore ha diversi strumenti di difesa legale. I principali sono:

  • Opposizione a decreto ingiuntivo: se riceve un ingiunzione, ha 40 giorni per fare opposizione e contestare la pretesa. Nell’opposizione può far valere tutte le eccezioni possibili relative al rapporto (es. il credito è già stato in parte pagato, è calcolato male, sono decorsi termini, il contratto è nullo, ecc.). Questo apre un giudizio ordinario in cui il garante può far emergere eventuali motivi per cui non deve pagare l’importo ingiunto.
  • Eccepire la nullità di clausole o del contratto di fideiussione: ad esempio, se la fideiussione contiene clausole “ABI” anticoncorrenziali, il garante può farle dichiarare nulle; se è un consumatore, può far dichiarare nulle clausole vessatorie (es. pagamento a prima richiesta, rinuncia al termine ecc.). La nullità di queste clausole spesso libera il garante (si pensi alla nullità della rinuncia al termine ex art.1957: il creditore decade se ha agito tardi, liberando il fideiussore).
  • Eccepire la decadenza ex art. 1957 c.c.: se il creditore non ha agito entro 6 mesi dalla scadenza del debito principale, il garante può eccepire di essere liberato (purché non vi fosse valida rinuncia a tale beneficio). Questa è una difesa potentissima: se accolta, taglia di netto l’obbligo del fideiussore.
  • Eccepire liberazione ex art. 1955 c.c.: se il creditore ha colposamente fatto perdere garanzie (es. ha rinunciato a ipoteche, pegni) pregiudicando il diritto di regresso del garante, quest’ultimo si libera fino al valore di quelle garanzie perse.
  • Eccepire liberazione ex art. 1956 c.c.: se il creditore ha concesso imprudentemente nuovo credito al debitore sapendolo in difficoltà, senza consultare il fideiussore, quest’ultimo è liberato (tipico per fideiussioni omnibus).
  • Far valere eccezioni del debitore principale: il garante può opporre al creditore tutte le eccezioni sul merito che avrebbe potuto opporre il debitore (art. 1945 c.c.). Ciò include, ad esempio, contestare il calcolo degli interessi (usura, anatocismo), la prescrizione di parte del credito, l’invalidità originaria del contratto principale, l’adempimento parziale già avvenuto, ecc. Se tali eccezioni sono fondate, possono ridurre o annullare l’importo dovuto dal fideiussore.
  • Transazione o rinegoziazione: fuori dal processo, il garante può trattare con il creditore per trovare un accordo a saldo e stralcio (pagamento di una parte in cambio dell’esdebitazione sul resto). Soprattutto se il garante ha argomenti di nullità o il debitore principale è insolvente, spesso il creditore è disposto a compromessi.
  • Procedure da sovraindebitamento: se il garante è persona fisica in grave crisi finanziaria, può ricorrere alla procedura di composizione delle crisi da sovraindebitamento per proporre un piano e far cancellare (esdebitare) i suoi debiti residui, comprese le fideiussioni, una volta eseguito il piano.

In breve, il fideiussore non è senza difese: può e deve far esaminare a un legale il proprio caso, perché esistono varie vie per evitare di pagare interamente o per nulla, se sussistono irregolarità nella garanzia o nel comportamento del creditore. Negli ultimi anni, molti garanti sono riusciti a non pagare grazie a eccezioni di nullità antitrust o vessatorietà, decadenze ex art.1957, e simili. Anche quando non è possibile annullare del tutto il debito, il fideiussore può spesso ottenere riduzioni significative o dilazioni sostenibili.

D: Posso revocare o recedere da una fideiussione che ho firmato?
R: Dipende dal tipo di fideiussione. Se hai prestato una fideiussione specifica (per un debito singolo), no: sei vincolato fino all’estinzione di quel debito, a meno che il creditore accetti di liberarti o tu trovi un sostituto (è una modifica contrattuale che richiede accordo). Invece, se hai firmato una fideiussione omnibus (generica, a tempo indeterminato), di solito sì, puoi recedere unilateralmente per il futuro. Il recesso va comunicato per iscritto (raccomandata A/R o PEC) al creditore, dichiarando che intendi recedere dalla fideiussione omnibus. Effetto: resterai obbligato per tutti i debiti del debitore principale già sorti fino a quel momento, ma non garantirai le nuove operazioni successive al recesso. Ad esempio, se sei garante omnibus di una azienda fino a €100.000 e al momento del recesso l’azienda ha utilizzato €60.000 di fido, rimarrai garante per quei €60.000 (e dovrai pagarli in caso di insolvenza), ma la banca non potrà imputarti eventuali aumenti futuri di esposizione dopo la data del recesso. Questo limita nel tempo l’impegno del fideiussore, impedendo che la garanzia si protragga per sempre. Spesso il diritto di recesso è espressamente previsto nel contratto; se non lo fosse, la giurisprudenza comunque tende a consentirlo nelle garanzie indefinite, applicando analogicamente l’art. 1373 c.c. sui contratti a durata indeterminata. Attenzione: il recesso non libera dalle esposizioni preesistenti (che vanno eventualmente pagate o garantite). Serve solo ad evitare che la tua responsabilità aumenti dopo la tua uscita.

D: Come posso togliere un garante da un finanziamento o liberare il fideiussore prima che il debito sia estinto?
R: L’unico modo è tramite accordo con il creditore. Il debitore principale (o il garante stesso) deve negoziare con il creditore una liberazione anticipata del fideiussore, offrendo qualcosa in cambio. In pratica si hanno queste opzioni:

  • Sostituzione del garante: Trovare un altro soggetto solvibile disposto a subentrare come fideiussore al posto di quello attuale. Se il creditore lo ritiene adeguato, si può stipulare un nuovo contratto di fideiussione col nuovo garante e contestualmente liberare il precedente.
  • Fornire una garanzia alternativa: Ad esempio, il debitore può offrire alla banca un’ipoteca su un immobile, una polizza fideiussoria o altro collaterale, chiedendo in cambio di svincolare il fideiussore originale. Se la garanzia alternativa è soddisfacente, la banca può accettare e liberare il garante personale.
  • Rimborso parziale o rinegoziazione del debito: In alcuni casi, ripagare una parte significativa del debito o ridurre l’esposizione può convincere il creditore a liberare il garante (soprattutto se il rapporto di affidamento migliora al punto che il debitore principale sta in piedi da solo).
  • Novazione del contratto senza garanzia: Tecnicamente, le parti potrebbero estinguere il vecchio rapporto obbligatorio garantito e sostituirlo con uno nuovo privo di fideiussione (ad esempio, estinguere il vecchio prestito e accenderne un altro intestato solo al debitore e magari garantito in altro modo). Questo, però, richiede praticamente la stessa volontà della banca di liberare il garante, quindi rientra comunque in un accordo.

È importante capire che il creditore non è obbligato a liberare un garante solo perché glielo chiedi: se la fideiussione è stata data come condizione per ottenere il credito, la banca la manterrà finché il rischio lo richiede. Pertanto, di solito serve offrire un incentivo o avere circostanze mutate (ad es. il debitore ora è più solvibile di prima, o c’è un garante migliore disponibile). Anche coinvolgere il garante in un eventuale refinancing (rifinanziamento) con un altro istituto – che estingue il vecchio debito e libera le garanzie – può essere una via: in pratica si sposta il debito a un’altra banca che magari non chiede quel garante. In sintesi, per “togliere” un garante serve la collaborazione del creditore; non esiste un diritto unilaterale del debitore o del garante in tal senso.

D: Il fallimento o morte del debitore principale liberano il fideiussore?
R: No, di per sé non liberano. Se il debitore fallisce, anzi, il creditore solitamente si rivolge ancora di più al fideiussore, perché dal fallimento spesso recupererà poco. Il fallimento del debitore accelera l’escussione del garante (viene meno anche l’eventuale beneficio di escussione, dato che non si può più aggredire il fallito). Il fideiussore che paga potrà poi insinuarsi nel fallimento come creditore di regresso, ma se il fallimento paga percentuali basse, subirà una perdita. Neppure l’eventuale esdebitazione del debitore (la liberazione dai debiti personali dopo il fallimento) si estende ai garanti: la legge lo esclude espressamente, i coobbligati restano obbligati (art. 262 Cod. Crisi).
Allo stesso modo, la morte del debitore principale non libera il garante: il debito si trasferisce agli eredi del debitore (salvo rinuncia all’eredità) e il fideiussore rimane vincolato in attesa che l’obbligazione sia soddisfatta dagli eredi o da lui stesso.
Quanto alla morte del fideiussore, l’obbligazione di garanzia passa agli eredi di quest’ultimo (sempre che accettino l’eredità). Non c’è liberazione automatica neanche in tal caso. È vero però che molti contratti di fideiussione prevedono una clausola per cui il creditore si riserva di revocare o rinegoziare la linea di credito se muore il garante, oppure la fideiussione si intende revocata alla data di morte del garante per le operazioni future. Ma si tratta di pattuizioni contrattuali. Se non previste, la morte non estingue la fideiussione: semplicemente subentrano gli eredi come obbligati.

D: Una fideiussione può essere nulla in toto? In quali casi?
R: Sì, può succedere, ma è abbastanza raro. La nullità totale della fideiussione può derivare da vizi del contratto di garanzia stesso. Esempi:

  • Se la fideiussione garantisce un debito futuro senza massimale, è nulla per contrasto con l’art. 1938 c.c. (oggetto indeterminato).
  • Se il contratto di fideiussione è parte di un accordo illecito, può essere nullo per causa illecita. Ad esempio, alcune sentenze del passato ipotizzavano la nullità integrale delle fideiussioni ABI perché considerate direttamente attuative di un’intesa illecita (tesi poi smentita dalle Sez. Unite 2021, che optano per nullità parziale).
  • Se vi sono gravi vizi del consenso del fideiussore (errore essenziale, dolo determinante): ad esempio il garante fu ingannato sul contenuto del contratto. In teoria questo porta all’annullabilità del contratto, che avrebbe effetto liberatorio totale. Ma la giurisprudenza è molto severa qui: difficilissimo dimostrare di non aver capito di firmare una garanzia, a meno di circostanze eccezionali.
  • Se chi ha firmato non aveva capacità di agire (un incapace legale) la fideiussione è nulla/annullabile, ma sono casi estremamente particolari.
  • Un esempio pratico di nullità contrattuale totale: fideiussore che garantisce un debito di gioco d’azzardo non pagabile (debito nullo ex lege) – la fideiussione è nulla anch’essa perché garantisce un’obbligazione nulla per illiceità (in realtà qui è perché l’obbligazione principale manca di causa).
  • Oppure, fideiussione prestata in violazione di norme imperative di settore: ad esempio, un intermediario finanziario non autorizzato che rilascia garanzie potrebbe essere un contratto nullo per illiceità dell’operazione (attività riservata a banche/assicurazioni, se fatta da soggetti abusivi la garanzia è nulla).

Da notare: molto più spesso si parla di nullità parziale di specifiche clausole. In quel caso la fideiussione rimane valida per il resto. Le nullità parziali (antitrust, vessatorietà) servono per liberare il garante indirettamente (via decadenze ecc.), ma formalmente il contratto resta in piedi in forma depurata. La nullità totale fa cadere l’intera garanzia, liberando completamente il fideiussore da ogni obbligo. Ma ripeto, nel contenzioso attuale la liberazione si ottiene più per nullità di clausole e decadenze che per nullità integrali.

D: Dopo quanto tempo si prescrive una fideiussione?
R: L’obbligazione del fideiussore segue in genere le stesse regole di prescrizione del debito principale. Quindi, se il credito principale è soggetto a prescrizione ordinaria decennale (come la maggioranza dei crediti contrattuali), anche il diritto del creditore verso il fideiussore si prescrive in 10 anni dalla scadenza del debito. Tuttavia, va segnalato che spesso ben prima della prescrizione decennale interviene la decadenza semestrale (art.1957) se il creditore non agisce. Se però il creditore agisce entro 6 mesi (evitando la decadenza), allora può far valere la garanzia per tutto il periodo di prescrizione ordinaria. Esempio: debito scaduto nel 2020, creditore ingiunge il fideiussore nel 2020 entro 6 mesi – la prescrizione è interrotta e il diritto verso il garante dura fino al 2030 (10 anni) o oltre se ci sono atti interruttivi. In pratica, la prescrizione pura raramente libera il fideiussore prima che la banca si sia mossa, perché i creditori di solito non aspettano 10 anni a farsi vivi. Un caso particolare: se il debitore principale continua a pagare per anni interessi o parte del debito, la prescrizione per il garante decorre uguale (quei pagamenti potrebbero valere come riconoscimento del debito, interrompendo la prescrizione anche verso il garante). Insomma, non è comune che una fideiussione “si prescriva” senza che nulla accada, perché il creditore in 10 anni qualcosa fa (e se non fa, di solito scatta prima la decadenza 1957 che è ben più breve).

D: Conviene far firmare entrambe le persone di una coppia come fideiussori? (oppure: il coniuge non firmatario rischia i beni in comunione?)
R: Questa domanda tocca la sfera patrimoniale familiare. In generale, se un coniuge firma da solo una fideiussione e l’obbligazione garantita non riguarda bisogni della famiglia, il creditore non può aggredire i beni della comunione legale intestati a entrambi i coniugi per soddisfarsi (può aggredire solo i beni personali del firmatario e la sua quota dei beni comuni eventualmente). Perciò le banche a volte chiedono che entrambi i coniugi firmino la fideiussione, in modo da poter poi aggredire con certezza l’intero patrimonio comune. Dipende dai casi: se la fideiussione garantisce un debito contratto nell’interesse della famiglia, i beni comuni sarebbero comunque aggredibili. Ma è un tema complesso. Diciamo che da garante, se si è in comunione dei beni col coniuge, è bene sapere che il creditore potrebbe cercare di colpire anche i beni comuni. Far firmare entrambi i coniugi per la banca è una garanzia aggiuntiva (entrambi coobbligati, e certamente l’intero patrimonio di coppia vincolato). Per il “punto di vista del debitore/garante”, firmare in due aumenta il rischio di entrambi ma può essere richiesto. Questa è più una riflessione sulla contrattazione: se possibile, limitare la firma a un solo coniuge può preservare una parte di patrimonio. Ma a volte la banca pretende la doppia firma.

[Nota: il rispondere a questa domanda è molto tecnico e forse esula un po’ dal nostro focus, ma l’abbiamo accennata per completezza.]*

Con le FAQ abbiamo toccato i dubbi più comuni. In chiusura, forniamo qui di seguito alcuni modelli di atti utili: una bozza di lettera per recedere da una fideiussione omnibus e uno schema di atto di citazione (o memoria difensiva) con cui il fideiussore può articolare le proprie difese in giudizio (ad es. eccependo la nullità delle clausole ABI).

Modelli di atti e documenti utili

Di seguito sono riportati due esempi pratici di documenti che un fideiussore potrebbe utilizzare: (1) una lettera di recesso da una fideiussione omnibus, da inviare al creditore; (2) uno schema semplificato di atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo (o comunque atto difensivo) in cui il fideiussore eccepisce le principali difese viste (nullità clausole, decadenza, ecc.). Questi modelli sono indicativi e vanno adattati al caso concreto con l’aiuto di un legale.

Fac-simile – Lettera di recesso da fideiussione omnibus

Mittente:
Sig. – Codice Fiscale <…>
Residente in – Email/PEC: <…>

Destinatario:
<Banca/Ente Creditore>
<Ufficio competente (es. Ufficio Fidi / Legale)>

Oggetto: Recesso dalla fideiussione omnibus n. <…> ex art. 1373 c.c.

Gentili Signori,
il sottoscritto , in qualità di fideiussore (garante) nel contratto di fideiussione omnibus n. stipulato il a garanzia delle obbligazioni presenti e future di verso , con la presente comunica formalmente il proprio recesso dal suddetto contratto di fideiussione omnibus, ai sensi delle pattuizioni contrattuali e dell’art. 1373 c.c.

In conseguenza del presente recesso, cesserà la mia obbligazione di garanzia per tutte le operazioni e obbligazioni che contrarrà con successivamente alla data di ricezione di questa comunicazione. Resteranno ovviamente ferme, nei limiti del massimale garantito, le obbligazioni già assunte e le esposizioni già sorte in data anteriore al recesso.

Vi prego di voler prendere atto di quanto sopra e darne comunicazione ai Vostri uffici competenti. Rimango a disposizione per eventuali chiarimenti.

Distinti saluti.

(Allegare copia documento d’identità, indicare riferimenti contratto fideiussione, e inviare preferibilmente via PEC per avere data certa di recezione.)

Schema di atto – Opposizione a decreto ingiuntivo (o atto di citazione) del fideiussore

(Intestazione atto giudiziario standard)…)

TRIBUNALE ORDINARIO DI <…>
Atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo (ex art. 645 c.p.c.)

Promosso da: Sig. , C.F. <…>, residente in <…>, rappresentato e difeso dall’Avv. <…> (come da procura in calce) – attore/opponente,

Contro: <Banca/Finanziaria XYZ> (P.IVA <…>), con sede in <…>, in persona del legale rappresentante pro tempore – convenuta/opposta,

Oggetto: contratto di fideiussione n. <…> del ; opposizione a decreto ingiuntivo n. <…>/ emesso dal Tribunale di <…> in data <…>.

Fatti e svolgimento:

  1. In data <…> l’opponente ha sottoscritto con la convenuta Banca XYZ un contratto di fideiussione omnibus (num. <…>) a garanzia delle obbligazioni assunte da verso la Banca, fino all’importo massimo di €<…>. Tale contratto prevedeva, inter alia, le seguenti clausole: (i) clausola di pagamento a prima richiesta e senza eccezioni; (ii) clausola di rinuncia ai termini ex art. 1957 c.c.; (iii) clausola di sopravvivenza dell’obbligazione di garanzia; (iv) clausola di “reviviscenza” delle somme eventualmente recuperate e poi restituite. (Si produce in allegato copia del contratto fideiussorio).
  2. Il rapporto principale garantito consiste(va) in <descrivere, es. “un contratto di apertura di credito in c/c n… accordato in data… a ”>. A fronte dell’inadempimento del debitore principale (saldo impagato €<…> scaduto al ), la Banca notificava all’odierno attore decreto ingiuntivo n. <…> il , ingiungendogli il pagamento di €<…> oltre interessi e spese in forza della fideiussione sopra detta.
  3. Con il presente atto il garante intende opporsi al suddetto decreto ingiuntivo, contestando il diritto della convenuta di ottenere quanto ingiunto, eccependone anzi la carenza per nullità/inefficacia della fideiussione e comunque per intervenuta estinzione della stessa, come di seguito argomentato.

MOTIVI DI DIRITTO

I. Nullità parziale della fideiussione per violazione normativa antitrust e/o per clausole vessatorie – Le clausole contrattuali nn. 2, 6 e 8 del modulo ABI 2003, riprodotte testualmente nel contratto fideiussorio in oggetto (cfr. art. X condizioni generali), sono nulle ai sensi dell’art. 2, co. 2, lett. a) L. 287/90 e art. 1419 c.c., in quanto frutto di intesa anticoncorrenziale accertata da Banca d’Italia (Provv. n. 55/2005) e come tale dichiarate invalide dalla Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite (sent. n. 41994/2021). Trattasi in particolare delle clausole di “reviviscenza”, “deroga al termine ex art.1957 c.c.” e “sopravvivenza della garanzia”, tutte previste nel contratto in esame. La nullità di dette pattuizioni, accertabile incidenter tantum dal Giudice adito (ex art. 2, co.3 L. 287/90), comporta la loro espunzione dal contratto fideiussorio, che rimane efficace per il resto. Conseguentemente, viene ripristinata la disciplina legale di favore del fideiussore, segnatamente l’art. 1957 c.c. (tempo di escussione) – su cui infra.
In via gradata e/o alternativa, qualora non si ritenga applicabile la tutela antitrust (fideiussione specifica non a valle di intesa, ipotesi non condivisa da parte opponente), l’attore eccepisce comunque la nullità delle medesime clausole ai sensi degli artt. 33-36 Cod. Cons., in quanto clausole vessatorie inserite in contratto stipulato tra professionista (Banca) e consumatore (il garante, che ha agito per fini personali estranei ad attività d’impresa). Tali clausole infatti determinano un significativo squilibrio a carico del consumatore garante, escludendone diritti ed eccezioni in caso di inadempimento del professionista (art. 33, co.2, lett. b e lett. r, D.Lgs. 206/05). In particolare, la pattuizione di pagamento “a prima richiesta e senza eccezioni” elimina in capo al fideiussore consumatore la facoltà di opporre eccezioni relative al rapporto principale, ponendo un patto di “solve et repete” a suo carico, presumibilmente vessatorio ex lege. Parimenti vessatoria è la deroga convenzionale al termine ex art.1957 c.c., che priva il garante di una tutela prevista da norma inderogabile, ponendolo in posizione di svantaggio rispetto al dettato legale. Si chiede dunque dichiararsi la nullità ex art. 36 Cod. Cons. di tali clausole, con loro inefficacia parziale.

II. Intervenuta decadenza dal diritto di escutere il fideiussore ex art. 1957 c.c. – Eliminata la clausola di rinuncia (per nullità come sopra), risulta applicabile al rapporto la disposizione dell’art. 1957 c.c. Questa prescrive che il fideiussore si libera se il creditore non promuove le sue istanze contro il debitore entro 6 mesi dalla scadenza dell’obbligazione principale. Nel caso di specie, l’obbligazione principale (saldo debitore) è scaduta ed esigibile in data <…> (es.: data revoca fido/chiusura conto, oppure scadenza rata non pagata) ma la convenuta ha omesso di instaurare procedure entro i 6 mesi successivi verso il debitore. Il decreto ingiuntivo contro il fideiussore odierno opponente è stato richiesto solo in data <…>, e notificato il <…>, quindi ben oltre il termine semestrale di legge. Né consta che entro il medesimo termine la Banca abbia avviato azione monitoria o esecutiva nei confronti del debitore principale. Pertanto, ai sensi dell’art. 1957 c.c., il fideiussore è decaduto da ogni obbligo per tardività dell’azione creditoria. L’eccezione di decadenza è qui tempestivamente sollevata; i fatti costitutivi (decorso del tempo senza atti contro il debitore) risultano documentali. Si chiede quindi dichiararsi l’estinzione della fideiussione per intervenuta decadenza del creditore a far valere la garanzia.

III. (eventuale) In subordine, estinzione parziale ex art. 1955 c.c. – Si rileva ad abundantiam che la convenuta ha, con comportamento quantomeno colposo, disperso garanzie reali che assistevano il credito principale, pregiudicando il regresso del fideiussore. In particolare, la Banca, in data <…>, ha rinunciato all’ipoteca iscritta sull’immobile <…> di proprietà del debitore, liberandolo da tale vincolo senza interpellare il garante. Tale ipoteca garantiva fino a €<…> del credito. La società debitrice è poi risultata insolvente, privando il garante della possibilità di surrogarsi su quell’immobile. Ai sensi dell’art. 1955 c.c., quindi, il fideiussore odierno attore andrebbe comunque liberato quantomeno fino a concorrenza di €<…> (valore della garanzia reale compromessa). Conseguentemente, la somma ingiunta – seppur dovuta in astratto – andrebbe decurtata di pari importo.

(Segue eventuale IV: altre eccezioni sul merito del credito: es. usura, prescrizione interessi, ecc., con relative argomentazioni e richiami di prova.)

IV. Contestazione del quantum debeatur: Senza pregiudizio per quanto sopra (nullità e decadenze che già integralmente esonerano l’opponente), l’attore contesta anche la quantificazione del credito ingiunto. In particolare, si rileva la presenza di interessi moratori ultra-soglia usuraria calcolati dalla convenuta (tasso <…>% a fronte di soglia <…>%), con nullità ex art. 1815 c.c. delle relative pattuizioni e non debenza di alcun interesse. Operando il ricalcolo al tasso legale ex art. 1224 c.c., l’importo effettivamente dovuto risulterebbe inferiore di €<…> rispetto a quanto azionato. Inoltre, si eccepisce la prescrizione degli interessi anteriori al , essendo decorsi oltre 5 anni senza atti interruttivi. (Si chiede CTU contabile se contestato il ricalcolo).

V. Spese e conclusioni: In virtù di tutto quanto esposto, l’opponente – previa revoca del D.I. opposto – conclude chiedendo al Tribunale Ill.mo, ogni contraria istanza disattesa, di voler così decidere:

In via principale:

  • accertare e dichiarare la nullità parziale delle clausole nn. <…> del contratto di fideiussione in oggetto, perché contrastanti con l’art. 2 L. 287/90 e/o con gli artt. 33-36 Codice del Consumo, e per l’effetto dichiararne l’inefficacia;
  • conseguentemente, accertare e dichiarare che la convenuta è decaduta dal diritto di far valere la fideiussione ex art. 1957 c.c., non avendo promosso le sue istanze contro il debitore principale entro il termine semestrale, e quindi dichiarare estinta la obbligazione di garanzia di cui è causa;
  • per l’effetto, revocare il decreto ingiuntivo n. <…> emesso in data <…> dal Tribunale di <…> contro ;
  • conseguentemente, rigettare ogni domanda di pagamento proposta dalla convenuta nei confronti dell’opponente.

In via subordinata:

  • accertare e dichiarare che, ai sensi dell’art. 1955 c.c., la fideiussione si è estinta quantomeno fino a concorrenza di €<…> per fatto e colpa della convenuta, che ha pregiudicato il regresso del garante (rinuncia garanzie reali), con conseguente riduzione pro quota dell’importo eventualmente dovuto dal garant(e);
  • rideterminare il saldo eventualmente dovuto tenendo conto delle contestazioni di merito (interessi usurari non dovuti, prescrizioni, etc.);
  • il tutto con vittoria di spese di lite a favore dell’opponente.

Si indicano sin d’ora, a mente dell’art. 183 c.p.c., i mezzi di prova di cui l’opponente intende avvalersi:
(… elenco testimoniale, richieste CTU, istanze ex art. 210 c.p.c. per esibizione documenti – ad esempio, provvedimento Banca d’Italia 2005, modulistica ABI, corrispondenza su ipoteca…).

(Luogo, data)
Avv. ________ (firma) – difensore di

(segue relata di notifica/registrazione)…

Nota: l’atto sopra è semplificato e solo a scopo illustrativo; in un caso reale la struttura e i contenuti dipenderanno dal tipo di giudizio e dalle specifiche eccezioni disponibili. È comunque indicativo di come vanno articolate in giudizio le difese tipiche: nullità parziali, decadenza 1957, ecc., con conclusioni adeguate (revoca di ingiunzione, declaratoria di inesistenza del credito verso il garante).

Conclusione

Abbiamo percorso in modo approfondito il tema della fideiussione dal punto di vista del fideiussore (garante) che desidera liberarsi dalla garanzia o comunque limitare il più possibile la propria esposizione. Si è visto che, grazie a evoluzioni normative e giurisprudenziali recenti, il garante dispone oggi di numerosi strumenti per ottenere giustizia: dalle nullità parziali per clausole anticompetitive o abusive – che hanno restituito efficacia a norme protettive come l’art. 1957 c.c. – fino alle decadenze e liberazioni codicistiche (artt. 1955, 1956 c.c.) e a soluzioni stragiudiziali (recesso, accordi transattivi, procedure da sovraindebitamento).

Il punto chiave è che la fideiussione, da tradizionale “pegno sul proprio patrimonio”, non è più una condanna irrevocabile per il garante: se la banca o il creditore non si comportano correttamente o se le clausole contrattuali travalicano i limiti della legge, il fideiussore può sottrarsi all’obbligo. La Cassazione ha dato un messaggio chiaro, specialmente con la sentenza 41994/2021, a tutela dei garanti: certe clausole standard vessatorie “sono fuori gioco” e la loro caducazione “riporta la fideiussione allo statuto legale ordinario”, spesso con esito liberatorio per il garante.

Dal nostro excursus è emersa la centralità del controllo di legalità delle fideiussioni: tanto sotto il profilo antitrust (protezione della concorrenza e nullità di schemi ABI) quanto sotto quello consumeristico (squilibrio contrattuale e nullità di protezione). Questi controlli hanno portato e porteranno a numerose pronunce che – come richiesto – tutelano il fideiussore “oltre misura” quando la banca ha abusato della propria posizione. Abbiamo anche visto i riflessi procedurali (competenza del Tribunale delle imprese per le nullità antitrust, dovere del giudice di rilevare clausole abusive, ecc.), segno che il sistema giuridico sta calibrando con attenzione i pesi tra tutela del credito e protezione del garante.

Per i privati e gli imprenditori che hanno firmato fideiussioni, il consiglio è di non arrendersi di fronte a una richiesta di pagamento: “non dare per scontato di dover pagare sempre tutto e subito”, ma consultare un esperto per verificare se vi sono margini di difesa. Molti hanno evitato rovinosi esborsi grazie a eccezioni di nullità e decadenza – strumenti tecnici che questa guida ha illustrato con dovizia di fonti e riferimenti giurisprudenziali.

Dal punto di vista del debitore principale, liberare il proprio garante è spesso un obiettivo morale (per non far pagare terzi). Ciò può avvenire negoziando con il creditore, migliorando il proprio profilo finanziario o trovando garanzie alternative, come abbiamo visto. Talvolta, poi, il debitore principale stesso può aiutare il garante segnalando possibili vizi (es. contratto usurario) o attivandosi per ridurre il debito e quindi l’esposizione del fideiussore.

In conclusione, “svincolarsi” da una fideiussione non è semplice, ma è possibile in molti modi. Questa guida ha fornito un quadro avanzato e aggiornato a luglio 2025, con normative, sentenze e simulazioni pratiche, per orientare avvocati, garanti e debitori attraverso le strategie di liberazione dalla garanzia. Con un corretto uso degli strumenti legali, la “ghigliottina” dell’art. 1957 e le nullità di protezione, il fideiussore può riacquisire la serenità, spezzando il vincolo che lo legava al debito altrui.

Fonti

  • Codice Civile, artt. 1936 – 1957 (Disciplina della fideiussione). In particolare: art.1936 c.c. (Nozione); art.1938 c.c. (Fideiussione per obbligazioni future – requisito del massimale); art.1941 c.c. (Limiti della fideiussione); art.1945 c.c. (Eccezioni opponibili dal fideiussore); art.1953 c.c. (Azione di liberazione promossa dal fideiussore); art.1955 c.c. (Liberazione per fatto del creditore); art.1956 c.c. (Liberazione per concessione di nuovo credito a debitore insolvente); art.1957 c.c. (Termine di escussione – decadenza).
  • Legge 10 ottobre 1990, n. 287 (Norme per la tutela della concorrenza e del mercato), art. 2 (Intese restrittive e nullità delle stesse), co. 2 lett. a) e co. 3. – Provvedimento Banca d’Italia n. 55 del 2/5/2005 (procedimento Antitrust sullo schema ABI fideiussioni), che ha accertato l’intesa tra banche su clausole di reviviscenza, deroga termine e sopravvivenza.
  • D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del Consumo), art. 33 (Clausole vessatorie nei contratti col consumatore) lett. b) e lett. r); art. 34 (valutazione della vessatorietà); art. 36 (nullità di protezione delle clausole abusive).
  • Cass., Sez. Unite civili, 30/12/2021, n. 41994: ha composto il contrasto sulla nullità delle fideiussioni conformi allo schema ABI 2003, statuendo la nullità parziale limitata alle clausole incriminate (reviviscenza, rinuncia termini ex art.1957, *sopravvivenza), non dell’intero contratto. Ha richiamato il principio di conservazione del contratto (art.1419 c.c.) e rilevato che, espunte quelle clausole predisposte unilateralmente, la garanzia resta plausibilmente voluta dalle parti. Conseguenza pratica: tali clausole, se presenti, sono ipso iure nulle e inopponibili al fideiussore (il quale recupera benefici come il termine semestrale ex art.1957 c.c.).
  • Cass., Sez. I, ord. 12/01/2025 n. 1170 e Cass., Sez. III, ord. 10/01/2025 nn. 657, 660, 675: orientamento recente (inizio 2025) che esclude l’estensione automatica della nullità antitrust ABI alle fideiussioni specifiche. Confermano che l’intesa accertata nel 2005 riguardava solo schemi omnibus 2002-2005, e che per applicare la nullità alle garanzie specifiche (o fuori periodo) occorre prova ulteriore di un accordo collusivo persistente. Trib. Salerno 9/3/2025 n. 1046 (conferma questo indirizzo: fideiussioni specifiche non incluse, nullità antitrust inapplicabile, eccezione “priva di fondamento giuridico”). Contra, Cass. Sez. III, 21/10/2024 n. 27243 (aveva ammesso estensione alle specifiche), ora superata.
  • Cass., Sez. III, 27/02/2025 n. 5179: ha affrontato il tema clausola “a prima richiesta” vs art.1957 c.c., evidenziando che l’eventuale qualificazione della garanzia come autonoma (data da pattuizioni “a prima domanda e senza eccezioni”) incide sulla decadenza ex 1957. In sostanza, se la garanzia è davvero autonoma, l’art.1957 non opera; ma la Cassazione tende a interpretare restrittivamente la figura autonoma, richiedendo la presenza di indici forti (prima richiesta e esonero eccezioni), e in ogni caso la decadenza non opera su garanzie autonome (v. anche Trib. Milano 14/01/2025 n.306, che nega autonomia pur con clausola a prima richiesta).
  • Cass., Sez. I, 19/03/2025 n. 7389: ha ribadito che l’esdebitazione del debitore fallito non libera i fideiussori (principio consolidato). Inoltre, in tema di trasferimento d’azienda, ha chiarito che il cessionario subentra nelle garanzie fideiussorie prestate al cedente solo se ciò è pattuito o se la fideiussione era riferita anche ai successori (problematiche di legittimazione a escutere).
  • Cass., Sez. III, 06/03/2025 n. 5964: ha statuito che il fideiussore di un debitore fallito, se non ha (ancora) pagato il debito garantito, non è legittimato a insinuarsi al passivo fallimentare, non avendo un credito di regresso attuale (lo avrà solo pagando). Ciò per dire che il garante deve attendere di pagare per rivalersi nella procedura del debitore (e se paga tardi rischia di restare fuori).
  • Tribunale di Milano, sez. XIV, 14/01/2025 n. 306: decisione di merito notevole sul tema nullità antitrust: conferma nullità parziale clausole ABI in fideiussione omnibus e, applicando art.1957 c.c. redivivo, dichiara estinta la garanzia poiché la banca, dopo revoca fido 2018, non aveva agito entro 6 mesi (solo lettera di recesso nel 2020). Rifiuta la tesi della banca che tentava di qualificare la garanzia come autonoma solo perché c’era la dicitura “a prima richiesta” – il Tribunale chiarisce che tale dicitura da sola non basta a fare un contratto autonomo se l’impianto è da fideiussione, e infatti qualifica quella garanzia come accessoria (fideiussione tipica). Osserva poi che la nullità parziale è più coerente col principio di conservazione e che l’onere di provare che senza clausole nulle il contratto non sarebbe stato concluso è a carico del garante ma è quasi impossibile (anche Cass. SU 2021 lo notava).
  • Tribunale di Roma, 06/06/2025: ha affrontato il tema se una diffida stragiudiziale fatta dalla banca al debitore entro 6 mesi possa valere come “istanza” ex art.1957 c.c. – sembra di intendere che no, la diffida (stragiudiziale) non impedisce la decadenza: serve atto giudiziario. Approccio rigoroso pro-fideiussore.
  • Corte d’Appello di Milano, 26/02/2025 n. 794: ha ritenuto applicabile la nullità antitrust anche a fideiussione omnibus stipulata dopo il 2005, se riproduce clausole ABI, purché il garante fornisca elementi presuntivi che l’intesa vietata persisteva (ad es. modulistica uniforme di banche). Nel caso concreto (fideiussione 2011) l’appello MI ha confermato nullità clausole, rigettando l’eccezione di banca che diceva “fuori periodo”. Viene citata anche Cass. 1170/2025 (che sottolineava il tema periodo) ma appare che CA Milano abbia comunque dichiarato nulle clausole di contratto 2011 sussumendole nell’intesa pregressa.
  • Corte d’Appello di Venezia, 13/03/2025 n. 519: si è espressa su fideiussioni ante 2003, confermando che per quelle anteriori all’accordo ABI 2003 la nullità antitrust non opera (provv. 2005 non retroattivo). Richiama Cass. 1170/2025.
  • Diritto del Risparmio – articolo 14/10/2024 di V. Vecchi: riepiloga confini applicativi SU 2021, confermando: SU optò per nullità parziale clausole; Cass. 2024 (ord. 26380 e 26383) ha escluso applicabilità a contratti autonomi di garanzia e ribadito che l’indagine BI fu limitata a fideiussioni 2002-2005, senza però escludere che vizi possano colpire anche garanzie successive, seppur non esaminate nel provv. 2005 (precisazione forse superflua ma che alcuni leggono come volontà di limitare rimedio a contratti di quel torno di tempo).
  • Altri riferimenti:
    • Principi generali su beneficium excussionis: art. 1944 c.c. e prassi di rinuncia.
    • Norme processuali: art. 645 c.p.c. (opposizione D.I.), art. 183 c.p.c. (memorie difensive).
    • Normativa sovraindebitamento: Legge 3/2012, ora nel Codice della Crisi D.Lgs. 14/2019 artt. 65 ss. (Procedure di ristrutturazione dei debiti del consumatore), dove l’esdebitazione finale libera anche i coobbligati solo se previsto? In realtà la legge prevede che esdebitazione del debitore sovraindebitato non liberi i fideiussori (simile a fallimento), quindi attenzione: il piano di sovraindebitamento può includere trattativa con garanti ma giuridicamente il creditore potrebbe ancora chiederlo a garante. La guida dice “procedura consente di cancellare i debiti residui (compresi quelli da fideiussione) al termine”: ciò è vero per debiti del sovraindebitato stesso (fideiussore se è lui a fare procedura). Se è il fideiussore che fa procedura, i suoi debiti da fideiussione vengono esdebitati sì.

Hai firmato una fideiussione e ora vuoi liberartene? Fatti Aiutare da Studio Monardo

Essere fideiussore significa rispondere con il proprio patrimonio dei debiti altrui. Che tu l’abbia firmata per un familiare, un’azienda o un socio, oggi potresti trovarti bloccato da una garanzia che non controlli più.
Ma in molte situazioni è possibile revocare, contestare o estinguere la fideiussione, anche quando sembra irrevocabile.


Cos’è una fideiussione e perché è così vincolante?

La fideiussione è un contratto di garanzia: il fideiussore si impegna a pagare al posto del debitore, in caso di inadempimento. Può riguardare:

  • 💼 Mutui, prestiti, finanziamenti aziendali
  • 🏢 Contratti di affitto, leasing o forniture
  • 🧾 Debiti verso banche, Agenzia Entrate, fornitori
  • 🏦 Garanzie omnibus, cioè senza limiti precisi di importo o durata

Molti fideiussori non sanno che la loro responsabilità può durare per anni, anche se il debito è cambiato o il rapporto originario si è interrotto.


Quando puoi svincolarti da una fideiussione?

Puoi agire legalmente se:

  • 📅 La fideiussione è scaduta o revocabile secondo le clausole contrattuali
  • 🚫 Il contratto è nullo o invalido (es. clausole ABF vietate, carenza di forma, difetto di causa)
  • 🔍 Non ti è mai stato notificato il mancato pagamento del debitore principale
  • 🧾 Il debito garantito è prescritto o già estinto
  • ⚖️ Non sei più socio o amministratore, ma la fideiussione è rimasta attiva

Come liberarsi dalla fideiussione?

  1. 📂 Recupera copia integrale della fideiussione e degli atti collegati
  2. 📝 Verifica con un legale se il contratto è nullo, prescritto o revocabile
  3. ✍️ Invia una diffida formale per svincolo o recesso, se possibile
  4. ⚖️ Avvia una causa di accertamento giudiziale per ottenere la liberazione
  5. 🔁 Valuta se è applicabile una procedura di sovraindebitamento o esdebitazione

🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo

📑 Analizza la fideiussione e individua clausole abusive o irregolari
📂 Verifica la possibilità di svincolo, prescrizione o nullità
✍️ Redige la diffida o il ricorso per liberarti dalla garanzia
⚖️ Ti rappresenta nei giudizi civili contro banche o creditori
🔁 Ti assiste anche nel rinegoziare i debiti o accedere a soluzioni di legge


🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in responsabilità da fideiussioni bancarie e private
✔️ Consulente per controversie su garanzie omnibus e fideiussioni nulle
✔️ Iscritto come Gestore della crisi presso il Ministero della Giustizia
✔️ Consulente per professionisti, imprenditori e cittadini schiacciati da garanzie personali


Conclusione

Essere fideiussore non significa essere prigioniero a vita dei debiti altrui. Con una consulenza mirata puoi verificare se puoi svincolarti legalmente e proteggere il tuo patrimonio.
Con l’Avvocato Giuseppe Monardo, affronti la tua posizione da garante con strategia, sicurezza e strumenti giuridici concreti.

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Leggi con attenzione: se in questo momento ti trovi in difficoltà con il Fisco ed hai la necessità di una veloce valutazione sulle tue cartelle esattoriali e sui debiti, non esitare a contattarci. Ti aiuteremo subito. Scrivici ora. Ti ricontattiamo immediatamente con un messaggio e ti aiutiamo subito.

Informazioni importanti: Studio Monardo e avvocaticartellesattoriali.com operano su tutto il territorio italiano attraverso due modalità.

  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista personale degli Autori, basato sulla loro esperienza professionale. Non devono essere intese come consulenza tecnica o legale. Per approfondimenti specifici o ulteriori dettagli, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si ricorda che l’articolo fa riferimento al quadro normativo vigente al momento della sua redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono subire modifiche nel tempo. Decliniamo ogni responsabilità per un uso improprio delle informazioni contenute in queste pagine.
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