IMU Non Pagata Dopo 5, 10 Anni: Cosa Fare

Hai scoperto di avere un’IMU non pagata da 5 o addirittura 10 anni e ti stai chiedendo cosa rischi, se è ancora esigibile e come puoi risolvere la situazione senza subire sanzioni o pignoramenti? Hai ricevuto un sollecito, un avviso di accertamento o addirittura una cartella esattoriale?

L’IMU è un tributo comunale che non va mai sottovalutato: anche dopo molti anni può essere richiesto, ma solo se il Comune ha rispettato i termini di notifica. Se non lo ha fatto, puoi far valere la prescrizione e non pagare nulla. Ma per difenderti, serve agire subito e nel modo corretto.

Quando si prescrive l’IMU non pagata?
– La prescrizione dell’IMU è di 5 anni, a partire dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello in cui doveva essere pagata
– Esempio: l’IMU 2018 si prescrive il 1° gennaio 2024, salvo atti interruttivi
– Se ricevi un avviso dopo la scadenza dei 5 anni, puoi opporlo per prescrizione del credito tributario

Cosa succede se hai un’IMU non pagata da oltre 5 o 10 anni?
– Se il Comune non ha mai notificato un avviso di accertamento o una cartella, il debito è prescritto e non va pagato
– Se invece hai ricevuto un atto nei termini, la prescrizione si interrompe e riparte da capo
– In caso di notifica irregolare o mai avvenuta, puoi impugnare l’atto e chiedere l’annullamento totale

Come puoi difenderti da una richiesta tardiva di IMU?
– Verifica le date esatte dei versamenti mancati e degli atti ricevuti
– Controlla se la notifica è avvenuta nei termini di legge
– Se l’avviso è tardivo, presenta opposizione per intervenuta prescrizione
– Se hai dubbi sulla correttezza della richiesta, puoi chiedere l’annullamento in autotutela o, in caso di cartella, presentare ricorso entro 60 giorni

Cosa puoi ottenere con una buona difesa?
– L’annullamento totale del debito IMU prescritto
– La cancellazione della cartella o dell’avviso di accertamento
– La protezione da iscrizioni a ruolo, fermi o pignoramenti
– In alcuni casi, puoi sanare la situazione con un ravvedimento operoso agevolato, se sei ancora nei termini

Cosa NON devi fare mai?
– Ignorare l’avviso ricevuto: potrebbe diventare definitivo dopo 60 giorni
– Pagare senza controllare: molti comuni notificano atti su IMU già prescritta
– Pensare che “dopo 10 anni non possono fare nulla”: dipende da cosa hanno notificato nel frattempo
– Sottovalutare il rischio esattoriale: la cartella può portare a blocchi e pignoramenti

Se l’IMU è davvero prescritta, puoi non pagarla. Ma devi saperlo dimostrare con precisione e tempestività.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario e difesa da cartelle comunali – ti spiega quando un’IMU non pagata può ancora essere richiesta, come funziona la prescrizione e come opporsi a richieste illegittime.

Hai ricevuto un sollecito o un avviso per IMU di anni passati e vuoi sapere se devi davvero pagare?

Richiedi, in fondo alla guida, una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Verificheremo la tua posizione, controlleremo gli atti notificati e costruiremo una difesa mirata per annullare il debito e tutelare i tuoi beni.

Introduzione

L’IMU (Imposta Municipale Propria) è la principale imposta patrimoniale sugli immobili in Italia. Colpisce il possesso di fabbricati, aree fabbricabili e terreni situati nel territorio italiano, con alcune eccezioni. Introdotta inizialmente dal “Decreto Salva Italia” del 2011 (D.L. 201/2011, convertito in L. 214/2011) e riformata dalla L. 160/2019, l’IMU ha sostituito l’ICI e accorpato la TASI dal 2020. In generale sono tenuti a pagarla i proprietari e i titolari di altri diritti reali sugli immobili (usufrutto, uso, abitazione, ecc.) siti in Italia. I soggetti non residenti proprietari di immobili in Italia sono anch’essi tenuti al pagamento.

Quando non si paga l’IMU? Le abitazioni principali non di lusso (cioè non classificate A/1, A/8 o A/9) sono esenti dall’IMU, così come i fabbricati rurali strumentali e altri casi specifici previsti dalla legge (ad esempio i terreni agricoli in certi Comuni montani). Le prime case di lusso (cat. A/1, A/8, A/9) pagano invece l’IMU ma con aliquota ridotta allo 0,4% e una detrazione di 200 €. Per tutti gli altri immobili (seconde case, immobili concessi in affitto, case vacanza, negozi, capannoni, terreni edificabili, ecc.) l’IMU è dovuta con l’aliquota ordinaria deliberata dal Comune (di base 0,86%, con margini di aumento/riduzione). È importante sottolineare che il pagamento dell’IMU avviene in autoliquidazione: il contribuente deve calcolare e versare l’imposta dovuta entro le scadenze previste, anche se il Comune non invia alcun avviso o bollettino. L’eventuale mancato recapito di promemoria da parte del Comune non esonera dal pagamento, in quanto l’obbligo nasce direttamente dalla legge.

Questa guida – aggiornata a giugno 2025 – esamina in dettaglio cosa succede quando l’IMU non viene pagata e passano molti anni (5, 10 o più), dal punto di vista del debitore (il contribuente proprietario dell’immobile). Illustreremo:

  • Le sanzioni amministrative e gli interessi applicati sull’IMU non versata;
  • I termini di decadenza e prescrizione che limitano il potere del Comune di accertare e riscuotere l’imposta dopo un certo numero di anni;
  • Le azioni da intraprendere se sono trascorsi 5 anni (o 10 anni) senza aver pagato l’IMU, distinguendo i casi in cui il debito è ormai prescritto da quelli in cui è ancora dovuto;
  • Gli strumenti di regolarizzazione (come il ravvedimento operoso, la rateizzazione, l’istanza in autotutela, il ricorso tributario) per sanare la posizione debitoria o far valere i propri diritti;
  • Alcune simulazioni pratiche di casi reali, con domande e risposte frequenti;
  • Un approfondimento sugli immobili detenuti all’estero da residenti italiani: l’IVIE (Imposta sul valore degli immobili esteri), le relative esenzioni (prima casa all’estero) e cosa fare in caso di mancato pagamento di tale imposta.

Lo stile sarà giuridico ma divulgativo: verranno citate le norme rilevanti (leggi e decreti) e le sentenze più recenti in materia, ma con spiegazioni chiare adatte sia a professionisti (avvocati, fiscalisti, imprenditori) sia a privati cittadini interessati a capire i propri diritti e doveri. In fondo alla guida troverete un’ampia sezione di fonti e riferimenti normativi utilizzati.

Caso emblematico: “Non ho mai pagato l’IMU per la mia seconda casa dal 2013 ad oggi: posso essere ancora obbligato a pagare dopo oltre 10 anni?”. Oppure: “Il Comune mi ha chiesto nel 2025 l’IMU relativa al 2017: è lecito o quel tributo è decaduto?”. A queste e altre domande risponderemo, fornendo anche fac-simili di atti (ad esempio un’istanza di autotutela per intervenuta prescrizione, o uno schema di ricorso) e tabelle riepilogative per facilitare la comprensione.

Che cos’è l’IMU e chi deve pagarla

L’IMU è un’imposta patrimoniale comunale dovuta sul possesso di immobili. È “patrimoniale” perché colpisce il valore del bene, indipendentemente dal reddito prodotto. Di seguito riepiloghiamo gli elementi essenziali dell’IMU:

  • Soggetti passivi: proprietari di immobili (fabbricati, aree fabbricabili, terreni agricoli) situati in Italia. Sono parificati ai proprietari anche i titolari di diritti reali di godimento sugli immobili (usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie). Ad esempio, l’usufruttuario paga l’IMU al posto del nudo proprietario. In caso di leasing finanziario, l’utilizzatore (conduttore) è tenuto all’IMU dalla data di stipula e per tutta la durata del leasing.
  • Immobili imponibili: tutti i fabbricati iscritti (o da iscrivere) al Catasto edilizio urbano con rendita catastale, le aree edificabili (terreni con potenzialità edificatoria, valutati in base al valore di mercato) e – salvo esenzioni – i terreni agricoli. I terreni agricoli godono di esenzione IMU se ubicati in Comuni montani o collinari specificati dalla legge, o se posseduti e condotti da coltivatori diretti/imprenditori agricoli professionali (IAP) iscritti alla previdenza agricola. In caso non rientrino in queste casistiche, il terreno agricolo è imponibile con un’aliquota ridotta (tipicamente 0,76% salvo variazioni comunali) e base imponibile calcolata sul reddito dominicale rivalutato e moltiplicato per 135.
  • Immobili esenti: come anticipato, l’abitazione principale (dove il contribuente e famiglia risiedono anagraficamente e dimorano abitualmente) è esente se classificata in categoria catastale diversa da A/1, A/8, A/9. Pertinenze: sono esenti fino a un massimo di 3 pertinenze (una per ciascuna delle categorie C/2 cantina/soffitta, C/6 box, C/7 tettoia) legate all’abitazione principale. Se l’abitazione principale è di lusso (A/1, A/8, A/9), non scatta l’esenzione: l’immobile paga l’IMU ma con aliquota agevolata 0,4% e detrazione fissa €200. Sono inoltre esenti dall’IMU gli immobili di enti non profit destinati esclusivamente a finalità sociali, i fabbricati rurali strumentali (aliquota base 0,1%, spesso azzerata), i fabbricati collabenti (diroccati, cat. F/2) e alcuni altri casi particolari (fabbricati di proprietà dello Stato, enti pubblici, ecc.).
  • Base imponibile: per i fabbricati provvisti di rendita catastale, si calcola rivalutando la rendita del 5% e moltiplicandola per un coefficiente fisso (es. 160 per abitazioni, 55 per uffici, 65 per negozi, 80 per laboratori, 140 per magazzini, ecc.). Per le aree edificabili, è il valore venale di mercato al 1° gennaio dell’anno di imposizione. Il Comune può indicare valori orientativi delle aree fabbricabili, ma in caso di compravendita il valore reale di cessione è riferimento minimo. Per i terreni agricoli imponibili, base imponibile = reddito dominicale * 1,25 * 135.
  • Aliquote: ogni Comune ogni anno delibera le aliquote IMU entro certi tetti fissati per legge. L’aliquota standard per gli immobili diversi dall’abitazione principale è 0,86% (8,6 per mille), ma i Comuni possono aumentarla o diminuirla di norma di 0,3-0,4 punti. Molti Comuni adottano aliquote differenziate: ad esempio abitazioni a disposizione (seconde case) 1,06% (che dal 2020 è il massimo standard, elevabile al 1,14% in casi particolari); immobili locati a canone concordato 0,76% o con riduzione del 25% dell’imposta; fabbricati produttivi cat. D (capannoni) aliquota statale base 0,76% + quota comunale; ecc. È quindi opportuno controllare le delibere comunali per conoscere l’aliquota applicabile al proprio immobile in ciascun anno.
  • Detrazioni: Oltre alla detrazione fissa di €200 per l’abitazione principale (solo se di lusso, perché se non di lusso l’esenzione totale rende inutile la detrazione), vi erano riduzioni del 50% per immobili storici vincolati (ora trasformate spesso in riduzioni di base imponibile) o per fabbricati dichiarati inagibili/inabitabili e non utilizzati (riduzione al 50% della base imponibile per il periodo di inutilizzo certificato). Dal 2022 c’è riduzione del 37,5% per casa data in comodato gratuito a parenti di primo grado che la usano come abitazione principale (se il comodante ha una sola altra casa e risiede nello stesso Comune) – agevolazione soggetta a regolare dichiarazione IMU al Comune. Immobili per cui è stata presentata denuncia di inagibilità post-sisma possono avere esenzioni temporanee.

Scadenze di pagamento: L’IMU si versa tipicamente in due rate: un acconto entro il 16 giugno e un saldo entro il 16 dicembre di ogni anno, calcolando l’imposta dovuta per l’intero anno (conguaglio a saldo in base alle aliquote definitive pubblicate). Il contribuente può anche pagare in un’unica soluzione annuale entro il 16 giugno. I versamenti si eseguono tramite modello F24 presso banche, poste o online (usando gli appositi codici tributo per IMU, differenti per tipologia di immobile e quota Stato/Comune), oppure tramite bollettino postale IMU. Importante: molti Comuni hanno un minimo annuale di versamento – ad esempio €12 – al di sotto del quale l’IMU non è dovuta (per ragioni di economicità della riscossione). Verificate il regolamento comunale: la soglia minima generalmente è fissata per legge a 12 € complessivi annui.

Obbligo dichiarativo: In alcuni casi è obbligatorio presentare la Dichiarazione IMU al Comune, entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello in cui sono intervenute variazioni rilevanti ai fini dell’imposta. Ad esempio, la dichiarazione IMU va presentata per comunicare al Comune situazioni particolari che l’ente non è in grado di conoscere tramite le banche dati catastali: l’acquisto o la perdita di requisiti per esenzioni/agevolazioni (es. comodato a parenti, immobile storico vincolato, immobile inagibile, immobile di impresa costruito e rimasto invenduto – esente fino a vendita, ecc.), l’immobile ereditato con più eredi e accordi divisione oneri, l’immobile di categoria D senza rendita definita, ecc. In generale, per le compravendite ordinarie di immobili la dichiarazione non è necessaria (è il notaio che trasmette i dati al catasto e al Comune). La mancata presentazione della dichiarazione IMU quando dovuta comporta una specifica sanzione (dal 100% al 200% dell’imposta dovuta relativa alle informazioni non dichiarate, minimo €50). Se però l’omissione dichiarativa non ha inciso sul pagamento (ad esempio avete pagato comunque l’IMU dovuta), la sanzione può essere ridotta. È possibile rimediare con ravvedimento anche alla dichiarazione tardiva/omessa (come vedremo, ad esempio presentandola entro 90 giorni con sanzione minima di 5 €).

Riassumendo: chi possiede un immobile tassabile deve pagare l’IMU ogni anno entro le scadenze, calcolando autonomamente il dovuto. Se non adempie spontaneamente, il Comune potrà accertare il mancato pagamento e richiedere l’imposta, con sanzioni e interessi.

Di seguito entriamo nel merito proprio delle conseguenze del mancato pagamento dell’IMU, dei tempi massimi entro cui il Comune può pretendere il tributo, e delle soluzioni per regolarizzare o difendersi.

Omesso pagamento IMU: sanzioni e interessi

Cosa succede se non pago l’IMU entro la scadenza? Dal giorno successivo alla scadenza del 16 giugno (per l’acconto) o 16 dicembre (per il saldo) scattano automaticamente sia gli interessi moratori sia una sanzione pecuniaria per omesso o tardivo versamento. Tuttavia, la legge offre l’opportunità di ridurre la sanzione mediante il ravvedimento operoso se il contribuente si ravvede spontaneamente pagando il dovuto con interessi entro certi termini (prima di eventuali notifiche del Comune).

Interessi moratori

Gli interessi sul tributo non pagato decorrono dalla data di scadenza fino al giorno del pagamento (o, se non si paga, fino alla data di emissione dell’avviso di accertamento che liquida il debito). Il tasso di interesse applicabile è stabilito dal regolamento comunale entro limiti di legge. Generalmente i Comuni utilizzano il tasso di interesse legale vigente (art. 1284 c.c.) o un tasso leggermente superiore, entro un massimo (ad esempio molti regolamenti fissano interessi moratori pari al tasso legale aumentato di qualche punto). Nella pratica, spesso è proprio il tasso legale a essere adottato per i tributi locali. Questo tasso è soggetto a variazioni annuali decise dal MEF: ad esempio era 0,05% annuo nel 2020, ridotto addirittura a 0,01% nel 2021, poi in rialzo a 1,25% nel 2022, impennato a 5% nel 2023 per via dell’inflazione, quindi abbassato a 2,5% nel 2024 e ulteriormente al 2% dal 1° gennaio 2025. Ciò significa che, nel calcolo degli interessi di mora su IMU dovute per anni passati, bisognerà considerare il tasso legale via via vigente per ciascun periodo di riferimento: gli interessi vanno calcolati giorno per giorno, tenendo conto dell’eventuale cambio di tasso in corso d’opera. Ad esempio, per un IMU dovuta dal 2019 e pagata nel 2025, maturerà interessi al 0,8% annuo per il 2019 (dal 17/6 o 17/12/2019 a fine anno), 0,05% per il 2020, 0,01% per il 2021, 1,25% per il 2022, 5% per il 2023, 2,5% per il 2024 e 2% per i giorni del 2025. Gli interessi moratori non sono puniti ulteriormente: si calcolano sul solo importo dell’imposta (non sulle sanzioni) e non sono riducibili tramite ravvedimento (il ravvedimento incide solo sulle sanzioni). Tuttavia, pagando prima possibile si limitano gli interessi, che crescono col tempo.

Nota: Molti Comuni indicano espressamente il tasso di interesse applicato sui tributi comunali nel proprio regolamento. In mancanza di diversa indicazione vale il tasso legale. Gli interessi maturati vanno versati solitamente cumulandoli all’imposta, utilizzando sul modello F24 lo stesso codice tributo IMU oppure uno specifico codice per gli interessi (a seconda delle istruzioni fornite dall’ente).

Sanzione per omesso o tardivo versamento

La sanzione amministrativa per il mancato pagamento dell’IMU (o pagamento parziale/tardivo) è fissata a carico del contribuente dal D.Lgs. 471/1997, art. 13. Fino al 2024, la sanzione base prevista era pari al 30% dell’importo non versato. Dal 1° settembre 2024, per effetto della riforma attuata col D.Lgs. 87/2024, la sanzione base è stata ridotta al 25%. Questa modifica si applica alle violazioni commesse a partire dal 1/9/2024, quindi ad esempio sull’IMU saldo 2024 omesso (scadenza 16/12/2024) si applicherà il 25%, mentre per l’acconto 2024 omesso (scadenza 16/6/2024, quindi violazione avvenuta prima di settembre) si applica ancora il 30%.

La sanzione del 30% (o 25% dal 2024) scatta in caso di mancato versamento oltre i 90 giorni dalla scadenza. Tuttavia, sono previste sanzioni ridotte per chi paga con un ritardo contenuto oppure si ravvede spontaneamente prima di essere scoperto. Ecco il quadro delle sanzioni ridotte in vigore:

  • Ritardo entro 14 giorni: è il cosiddetto ravvedimento sprint. Per le violazioni fino al 31/8/2024, la sanzione è dello 0,1% per ogni giorno di ritardo (circa 1,4% se 14 giorni di ritardo). Dal 1/9/2024, il nuovo regime prevede una sanzione giornaliera pari a 1/15 del 12,5% per ogni giorno di ritardo, cioè 0,8333% al giorno. Quest’ultima percentuale, apparentemente più alta, in realtà è riferita al nuovo quadro sanzionatorio (dove la sanzione piena entro 90 giorni è 12,5%, come vedremo). Dunque ad esempio, un pagamento con 5 giorni di ritardo comporterà una sanzione dell’4,17% (0,8333×5) dell’imposta dovuta nel regime post-riforma, contro lo 0,5% (0,1×5) del regime previgente – un aumento significativo per i ravvedimenti molto brevi. Occorre quindi prestare attenzione: la riforma ha ridotto la sanzione piena, ma ha anche irrigidito il trattamento dei ritardi di pochi giorni (penalizzandoli più di prima). In ogni caso, pagare entro due settimane comporta una sanzione irrisoria rispetto al 25-30% ordinario.
  • Ritardo da 15 a 30 giorni: per violazioni ante riforma, la sanzione era fissa pari all’1,5% (1/10 del 15%) se il pagamento avveniva tra il 15° e il 30° giorno di ritardo. Con la riforma 2024, i ritardi fino a 30 giorni rientrano comunque nella fascia fino a 90 giorni (vedi punto successivo) e beneficiano di sanzione 12,5%; non esiste più un trattamento specifico per la sottocasistica 15-30 (se non per il calcolo pro-rata giorno per giorno fino a 15).
  • Ritardo entro 90 giorni: se il versamento avviene con un ritardo superiore a 30 giorni ma non oltre 90 giorni dalla scadenza originaria, la sanzione è più elevata ma resta ridotta. Fino al 31/8/2024 era prevista una sanzione del 1,67% (pari a 1/9 del 15%) per i ravvedimenti effettuati tra il 31° e il 90° giorno. Dal 1/9/2024, come accennato, per i versamenti tardivi entro 90 giorni la sanzione è fissata al 12,5% (cioè metà del 25%). Quindi, ad esempio, se non avete versato l’acconto IMU di giugno 2025 ma lo pagate entro metà settembre 2025, incorrerete in una sanzione pari al 12,5% dell’imposta (oltre interessi), perché la violazione (giugno 2025) ricade nel nuovo regime a sanzione base 25%.
  • Ritardo oltre 90 giorni ed entro 1 anno: per versamenti effettuati con un ritardo maggiore di 90 giorni ma comunque entro 1 anno dalla scadenza, il ravvedimento prevede una sanzione pari al 3,75% (cioè 1/8 del 30%) nel regime ante riforma. Con la riduzione della sanzione base al 25%, è ragionevole attendersi (in mancanza di chiarimenti normativi, si applica il criterio generale) che per ravvedimenti oltre 90 giorni nel regime nuovo la sanzione sia 3,125% (ossia 1/8 di 25%). Tuttavia, attenzione: il D.Lgs. 87/2024 ha parzialmente rimodulato queste frazioni per allinearle ad altre novità (contraddittorio, ecc., vedi oltre). In realtà per violazioni commesse dal 2025 potrebbe applicarsi direttamente la regola “oltre l’anno entro dichiarazione successiva → 1/7 del minimo” (che su 25% dà 3,57%). Nel dubbio, conviene far riferimento alla norma di ravvedimento aggiornata (art. 13 D.Lgs. 472/97 modificato).
  • Ritardo oltre 1 anno: il ravvedimento lungo introdotto dalla L. 190/2014 e D.Lgs. 158/2015 permette di sanare omissioni oltre l’anno. Prima della riforma, se il pagamento avveniva oltre l’anno ma comunque prima che il Comune notificasse un avviso di accertamento, la sanzione era 5% (1/6 del 30%). Dopo la riforma, come anticipato, dovrebbe applicarsi la sanzione ridotta ad 1/7 del minimo se il versamento avviene dopo il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno della violazione (quindi oltre un anno). Su una base del 25%, 1/7 corrisponde a circa 3,57%. Dunque dal 2025 in poi, per pagamenti spontanei oltre un anno di ritardo si avrebbe una sanzione intorno al 3,57% (anziché 5%). Questo è in linea con l’obiettivo della riforma di incentivare il ravvedimento anche tardivo.
  • Dopo avvio formale del procedimento (contraddittorio): la riforma 2024 ha introdotto la possibilità di ravvedersi persino dopo che l’ente ha avviato un confronto. In particolare è prevista una riduzione della sanzione a 1/6 del minimo se la regolarizzazione avviene dopo la comunicazione dello schema di atto impositivo che dà avvio al contraddittorio ma prima della notifica formale dell’avviso vero e proprio. In assenza di un contraddittorio generalizzato nei tributi locali (che raramente attivano una comunicazione di esito prima dell’accertamento, a differenza di alcuni tributi erariali), questa ipotesi potrebbe applicarsi soprattutto nei casi di inviti bonari dei Comuni o di procedure di accertamento con adesione. Analogamente, è prevista riduzione a 1/5 del minimo per ravvedimento successivo a un verbale di constatazione (ovvero dopo che la violazione è stata constatata, ma prima della notifica del successivo atto), e 1/4 del minimo se la regolarizzazione avviene dopo la comunicazione dell’atto impositivo (quando non c’è adesione). Queste fattispecie sono nuove e mirano ad ampliare il ravvedimento a fasi pre-contenzioso, per favorire la chiusura anticipata delle controversie.

In sintesi, se non avete pagato l’IMU entro la scadenza avete due opzioni:

  1. Ravvedersi spontaneamente il prima possibile, pagando imposta + interessi + sanzione ridotta calcolata in base al ritardo. Più si attende, maggiore sarà la sanzione (anche se comunque inferiore a quella piena del 25-30%). Finché non ricevete notifica di un avviso di accertamento, potete ravvedervi. Anche dopo eventuali comunicazioni informali o inviti, la legge ora consente ravvedimento con sanzioni ridotte (1/5, 1/6, 1/4 a seconda del momento), ma in pratica una volta ricevuto un Avviso di Accertamento IMU vero e proprio, non è più possibile il ravvedimento operoso ordinario su quell’annualità (dovrete allora valutare altre soluzioni, come adesione o ricorso).
  2. Non fare nulla e attendere l’intervento del Comune: in tal caso, rischiate che vi venga notificato un avviso di accertamento per omesso versamento. In tale atto il Comune vi chiederà l’imposta non pagata, gli interessi maturati e applicherà la sanzione piena (30% o 25% a seconda del periodo) senza alcuna riduzione. L’accertamento comporta anche oneri aggiuntivi come le spese di notifica. Se non reagite all’accertamento, dopo 30 giorni l’importo dovuto sarà iscritto a ruolo o considerato titolo esecutivo, e si passerà alla riscossione coattiva (con ulteriori aggi e spese). Dunque attendere passivamente aggrava notevolmente la posizione debitoria.

Esempio pratico: Mario doveva versare €500 di IMU a saldo entro il 16/12/2023 ma se ne dimentica. Se Mario si ravvede e paga tutto a luglio 2024 (ritardo di ~7 mesi), nel vecchio regime gli si applicherebbe una sanzione del 3,75% (€18,75) più interessi di circa 5% annuo pro-rata (circa €14), per un totale dovuto intorno a €533. Se invece Mario aspettasse di ricevere un avviso dal Comune, poniamo nel ottobre 2025, gli verrebbe richiesta l’imposta €500 + 30% (€150) di sanzione + interessi legali per quasi 2 anni (supponendo 5% e poi 2,5%, circa €50) + spese notifica: totale magari oltre €700. Inoltre, se trascorressero troppi anni, Mario potrebbe trovarsi l’importo iscritto a ruolo con ulteriore aggravio del aggio di riscossione (circa il 3%–6%). Morale: il ravvedimento conviene, e prima lo si fa meglio è.

Sanzioni per omessa dichiarazione IMU

Come accennato, oltre alle sanzioni per il mancato pagamento, esistono sanzioni per la violazione dell’obbligo dichiarativo. Se il contribuente omette di presentare la dichiarazione IMU quando invece sarebbe tenuto a farlo (ad esempio non comunica al Comune che una casa è data in comodato al figlio beneficiando dell’aliquota agevolata, o non dichiara un’area edificabile acquistata), la sanzione ordinaria è dal 100% al 200% dell’imposta corrispondente alle informazioni non dichiarate, con un minimo di €50 (alcune fonti indicano €51). In pratica, se l’omessa dichiarazione ha comportato anche omesso versamento, si rischia in teoria di pagare tanto quanto l’imposta evasa. Tuttavia, la sanzione è ridotta alla metà (50% – 100% imposta) se la dichiarazione viene presentata con ritardo non superiore a un anno. Inoltre, attraverso il ravvedimento operoso si può ridurre drasticamente la penalità: ad esempio, presentando la dichiarazione IMU mancante entro 90 giorni dal termine (di solito entro fine settembre se scadenza era 30 giugno) la sanzione è ridotta a 1/10 del minimo, quindi a soli €5 in molti casi. Entro un anno, si applicherebbe 1/9 del minimo (circa 5,56%) e così via. In caso di dichiarazione infedele (dati errati che incidono sull’imposta) la sanzione è dal 50% al 100% della maggiore imposta dovuta.

È importante ricordare che l’obbligo dichiarativo IMU riguarda situazioni specifiche: la maggior parte dei contribuenti che si limitano a pagare l’IMU sulle seconde case non deve inviare alcuna dichiarazione annuale, perché i dati degli immobili e delle compravendite arrivano al Comune tramite catasto e atti notarili. Ma se rientrate in una casistica di dichiarazione omessa, conviene sanare appena possibile per evitare guai (anche perché il Comune ha 10 anni di tempo per contestare una dichiarazione omessa, vedi oltre).

Prescrizione e decadenza dell’IMU non pagata: entro quanto tempo il Comune può esigere il tributo

Quando un contribuente non paga l’IMU dovuta, il Comune ha a disposizione strumenti accertativi e di riscossione coattiva per recuperare il credito. Tuttavia, il potere del Comune non è illimitato nel tempo: esistono precisi termini di decadenza entro cui il Comune deve notificare l’atto di accertamento, e successivamente termini di prescrizione del credito tributario, trascorsi i quali il contribuente non può più essere obbligato a pagare. Questi istituti – decadenza e prescrizione – sono fondamentali per chi si chiede: “Il Comune può chiedermi l’IMU arretrata dopo 5 anni? e dopo 10 anni?”. Approfondiamoli separatamente, chiarendo anche l’importante distinzione tra i due concetti.

Decadenza: il termine per notificare l’accertamento IMU

La decadenza nel diritto tributario indica la perdita del potere impositivo se l’ente impositore non esercita tale potere entro un certo termine. Per i tributi locali come l’IMU, la legge finanziaria 2007 (L. 296/2006) ha fissato un termine uniforme di 5 anni per l’attività di accertamento. In particolare, l’art. 1 comma 161 L.296/2006 stabilisce che gli avvisi di accertamento (sia in rettifica di quanto dichiarato/pagato dal contribuente, sia d’ufficio in caso di totale omissione) devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui il versamento avrebbe dovuto essere effettuato.

In altre parole, se non avete pagato l’IMU di un dato anno X, il Comune ha tempo fino al 31 dicembre dell’anno X+5 per emettere e notificare un avviso di accertamento che vi contesti l’omesso pagamento di quell’anno. Ad esempio:

  • IMU 2018 non pagata: termine di decadenza per l’accertamento al 31/12/2023 (quinto anno successivo al 2018).
  • IMU 2019 non pagata: termine al 31/12/2024 (quinto anno dal 2019).
  • IMU 2020 non pagata: termine al 31/12/2025, e così via.

Se il Comune non vi notifica alcun avviso entro quella data, la pretesa tributaria per l’anno in questione è decaduta, ossia l’ente perde il diritto di accertare quell’omissione. Un eventuale accertamento notificato oltre il termine è nullo per decadenza e potrà essere annullato se impugnato tempestivamente dal contribuente.

Differenza tra anno di imposta e anno di versamento: L’IMU è dovuta anno per anno. Per l’acconto si versa nell’anno di imposta stesso, per il saldo pure. Dunque l’anno successivo a cui si riferisce la legge è quello successivo all’anno di imposta. Ad esempio, per IMU 2018 (dovuta in acconto e saldo 2018) il primo anno pieno successivo è il 2019, contando cinque si arriva al 2023.
Nel caso particolare di omessa presentazione della dichiarazione IMU, il termine di 5 anni decorre dall’anno in cui la dichiarazione omessa avrebbe dovuto essere presentata (che di solito è l’anno successivo all’evento). Ad esempio, per variazioni 2017 non dichiarate entro il 30/6/2018, il termine di accertamento (omessa dichiarazione) scade a fine 2023. Le tabelle ufficiali distinguono infatti tra omesso versamento e omessa dichiarazione, ma il concetto è simile: 5 anni dal momento dell’adempimento omesso.

Sospensioni dei termini (esempio COVID-19): Bisogna tener conto che alcuni eventi eccezionali possono sospendere o prorogare i termini di decadenza. Un caso importante è stato l’emergenza Covid: il Decreto “Cura Italia” (D.L. 18/2020, art. 67) ha sospeso i termini di accertamento dall’8 marzo al 31 maggio 2020 per gli enti impositori, pari a 84 giorni di sospensione. La norma prevedeva che i termini in scadenza entro il 2020 fossero prorogati di 84 giorni oltre la scadenza ordinaria. In pratica, gli accertamenti IMU 2015 (scadenza normale 31/12/2020) sono stati prorogati al 25/03/2021, quelli sul 2016 prorogati al 25/03/2022, 2017 al 25/03/2023, 2018 al 25/03/2024, 2019 al 25/03/2025. Pertanto, verificando oggi (2025) le annualità ancora accertabili: l’IMU 2019 poteva essere accertata fino al 25 marzo 2025, mentre l’IMU 2020 fino al 31/12/2025 (per il 2020 non c’era proroga perché la scadenza è oltre il 2020, ma anche su quell’anno incide la sospensione del 2020, quindi si valuta se 84gg andranno aggiunti al 31/12/2025 portando a marzo 2026: interpretazioni leggermente divergenti, ma la prudenza per i Comuni è emettere entro fine 2025).

Forma e notifica dell’accertamento: L’atto con cui il Comune esercita il potere impositivo è l’Avviso di Accertamento motivato, normalmente un atto cartaceo (oggi spesso digitale via PEC per le imprese/P.IVA) che viene notificato al contribuente con mezzi legali (ufficiale notificatore, posta raccomandata o PEC). La notifica entro il termine significa che la spedizione/notifica deve avvenire entro il 31/12 del quinto anno. Fa fede la data di consegna all’ufficio postale o al messo notificatore, non la data in cui il contribuente la riceve (es: se il Comune spedisce il 30 dicembre, la decadenza è salva anche se il destinatario riceve a gennaio). Su ciò la giurisprudenza è consolidata: conta la consegna per la notifica entro il termine, non la ricezione.

L’avviso di accertamento IMU emesso dal 2020 in poi ha assunto la veste di “accertamento esecutivo”: ciò significa che nell’atto viene già intimato il pagamento entro generalmente 60 giorni, e trascorso tale termine senza pagamento né impugnazione, l’accertamento diventa titolo esecutivo per la riscossione forzata (come vedremo a proposito della prescrizione). Per gli anni precedenti, invece, l’avviso di accertamento non era esecutivo e doveva essere seguito, se non ottemperato, da una cartella di pagamento (Agenzia Entrate-Riscossione) o un’ingiunzione fiscale (società di riscossione locale) entro un ulteriore termine di decadenza di 2 anni (ex art. 1 c.163 L.296/2006). In sostanza: oggi c’è un unico termine di decadenza di 5 anni per accertare e rendere esecutivo il titolo, mentre in passato c’era un termine di 5 anni per accertare + 2 anni per iscrivere a ruolo il dovuto se l’accertamento non veniva pagato.

Effetti della decadenza: Se il Comune notifica l’accertamento fuori termine (oltre i 5 anni), l’atto è illegittimo per decadenza. Il contribuente dovrà però attivarsi per far valere tale decadenza, preferibilmente impugnando l’avviso davanti alla Commissione Tributaria (ora “Corte di Giustizia Tributaria”) entro 60 giorni, eccependo la decadenza e chiedendo l’annullamento dell’atto. La decadenza, essendo un vizio dell’atto impositivo, se non viene impugnato nei termini l’atto diviene definitivo e si perde la possibilità di far valere la decadenza (salvo rari casi di intervento in autotutela del Comune). Quindi, non basta che siano passati 5 anni: se vi arriva comunque un avviso tardivo, dovete reagire per far valere i vostri diritti. In seguito forniremo un modello di eccezione di decadenza.

Prescrizione: il termine per riscuotere coattivamente l’IMU

La prescrizione estingue il diritto al pagamento di un tributo dopo il decorso di un certo periodo di tempo dall’ultima azione interruttiva. A differenza della decadenza (che riguarda l’azione accertativa, ovvero la formazione del titolo esecutivo nei termini), la prescrizione attiene alla riscossione del credito tributario divenuto definitivo. Per l’IMU – come per tutti i tributi locali periodici (IMU, TASI, TARI, ICI, ecc.) – la prescrizione è di regola quinquennale (5 anni). Questo principio deriva dal fatto che l’IMU è considerata una obbligazione periodica di natura annuale, e quindi rientra nella previsione dell’art. 2948, comma 1 n.4 del Codice Civile, che fissa in 5 anni la prescrizione per “tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi”.

La conferma autorevole arriva dalla Corte di Cassazione, che in varie pronunce – fino alle più recenti – ha ribadito la prescrizione quinquennale dei tributi locali. Ad esempio, Cass. ord. n. 13683/2020 e Cass. ord. n. 31260/2023 hanno affermato che l’ICI/IMU si prescrive in 5 anni in quanto non si tratta di una prestazione istantanea bensì periodica (annuale). La Cassazione ha contrapposto tali tributi alle prestazioni unitarie, dove l’obbligazione potrebbe essere adempiuta “uno actu” e varrebbe la prescrizione ordinaria decennale ex art. 2946 c.c., ma ha escluso che l’IMU rientri in queste ultime.

Una svolta decisiva è arrivata con la pronuncia a Sezioni Unite n. 23397/2016, confermata poi dalle Sezioni Unite n. 11676/2024: la Suprema Corte a sezioni riunite ha sancito che “un atto amministrativo divenuto definitivo (non impugnato) non si trasforma in un giudicato tale da estendere la prescrizione a dieci anni; permane il termine di prescrizione proprio del tributo”. In parole più semplici, se ricevete un avviso di accertamento IMU e non lo impugnate entro 60 giorni, quell’atto diventa definitivo ma non si converte in un titolo di pari efficacia di una sentenza passata in giudicato (che avrebbe prescrizione decennale ex art. 2953 c.c.). Rimane invece assoggettato alla prescrizione breve quinquennale tipica dei tributi locali. Questo ha risolto un annoso dibattito: prima del 2016 alcune interpretazioni ritenevano che l’atto definitivo non impugnato facesse scattare la prescrizione decennale (equiparandolo al giudicato), ma le Sezioni Unite hanno escluso tale automatismo. L’unico caso in cui si applica la prescrizione decennale (ex art. 2953 c.c.) è se il credito tributario è consacrato in una sentenza passata in giudicato – caso raro e successivo ad un eventuale contenzioso tributario – oppure se addirittura dopo il contenzioso viene formato un ruolo derivante da sentenza (actio iudicati). Ma se non fate causa e l’atto rimane amministrativo, la prescrizione resta di 5 anni.

Decorrenza della prescrizione: In ambito IMU, il termine prescrizionale inizia a decorrere in genere dalla data in cui il credito è definitivamente esigibile. Se il contribuente non ha mai pagato né ricevuto atti, la prescrizione parte dalla scadenza del versamento (es. dal 17 giugno o 17 dicembre dell’anno di imposta, o dal 1° gennaio dell’anno seguente secondo alcune prassi). In caso di emissione di un avviso di accertamento, la notifica dell’accertamento interrompe la prescrizione in corso e ne fa decorrere una nuova (quinquennale) dalla data in cui l’atto diventa definitivo (60 giorni dopo la notifica, se non impugnato). Dunque, esempio: IMU 2017 non pagata, accertamento notificato il 10/10/2022. Da tale data (o meglio dal 60° giorno dopo se non impugnato) decorre un nuovo termine di 5 anni entro cui il Comune deve attivare la riscossione coattiva. Se lascia passare oltre 5 anni senza riscuotere, il diritto si prescrive.

Interruzione e sospensione: La prescrizione, a differenza della decadenza, è interrompibile. Un valido atto interruttivo fa ripartire da zero il conteggio dei 5 anni (art. 2945 c.c.). La legge fiscale prevede espressamente che gli atti della riscossione coattiva interrompano la prescrizione. In particolare, la notifica di una cartella di pagamento (da parte dell’Agente della Riscossione) o di una ingiunzione fiscale (riscossione locale) costituisce atto di messa in mora che interrompe il termine prescrizionale. Così anche un sollecito di pagamento o un intimazione di pagamento notificate successivamente, o un pignoramento avviato, sono atti interruttivi. Dopo ogni interruzione, inizia un nuovo quinquennio da calcolare dal giorno successivo all’atto interruttivo. Atti interruttivi possono essere anche comunicazioni inviate dal Comune per richiedere il pagamento (purché scritte e contenenti l’inequivoca richiesta del debito): ad esempio, una lettera raccomandata o PEC di sollecito inviata dall’ufficio tributi del Comune può valere come riconoscimento o intimazione tale da interrompere la prescrizione. Invece, l’avvio di un eventuale ricorso tributario da parte del contribuente non interrompe né sospende la prescrizione del credito, perché durante il contenzioso il debito è comunque congelato in attesa di giudizio (ma il decorso della prescrizione continua se l’ente non compie atti nel frattempo).

Ci sono anche cause legali di sospensione del termine di prescrizione (diverse dall’interruzione): ad esempio, la presentazione di una domanda di rateizzazione o di adesione a definizioni agevolate (rottamazione) sospende la prescrizione per tutto il periodo di dilazione o definizione in corso. Se poi il contribuente decade dal beneficio (es. salta le rate), la prescrizione riprende a decorrere dal momento in cui l’ente comunica la decadenza.

Termini di prescrizione nella riscossione IMU: Dato quanto sopra, possiamo delineare i principali scenari:

  • Se non avete mai ricevuto nessun atto dal Comune o dall’agente di riscossione relativo all’IMU non pagata, e sono trascorsi oltre 5 anni dalla scadenza del pagamento, allora il diritto del Comune di riscuotere quelle somme è prescritto. Ad esempio, se entro fine 2023 non vi è arrivato nulla per l’IMU 2017, quell’anno è da considerarsi prescritto. In termini pratici, se anche il Comune in futuro tentasse di riscuotere (magari iscrivendo a ruolo l’importo), voi potrete opporre l’eccezione di prescrizione.
  • Se avete ricevuto un Avviso di Accertamento (ad esempio per IMU 2018 notificato a novembre 2023), quell’atto interrompe la prescrizione precedente. Da quel momento, il credito diventa esigibile e il Comune (o l’Agente della Riscossione se incaricato) ha 5 anni per portare a termine la riscossione coattiva. Nel regime previgente, dopo l’accertamento seguiva la cartella esattoriale: anche la notifica della cartella era atto interruttivo, e la Cassazione ha chiarito che da ogni notifica di cartella decorre un nuovo termine di prescrizione. Nel nuovo regime di accertamento esecutivo (dal 2020), non essendoci più cartella, sarà la notifica di un’intimazione di pagamento ex art. 50 DPR 602/73 (dopo l’anno dalla notifica senza pagamento) a scandire un eventuale controllo dei termini.
  • Se avete un debito IMU affidato all’Agenzia Entrate-Riscossione (AER) ed è stata emessa una cartella di pagamento, la prescrizione è comunque di 5 anni (la cartella non impugnata non vale titolo con prescrizione decennale, come visto). Quindi, dalla notifica della cartella avete 5 anni. L’AER di solito invia in caso di mancato pagamento un’intimazione entro il quinto anno, che interrompe di nuovo. Se l’ente riscossore lasciasse trascorrere 5 anni senza alcun atto (cosa rara perché il ruolo ha validità lunga, ma può accadere), il debito si prescrive e potrà essere annullato su istanza dell’interessato.
  • Atti come il fermo amministrativo su un veicolo o l’ipoteca su un immobile iscritte dall’agente non interrompono da sole la prescrizione (non essendo atti direttamente recettizi per il debitore se non comunicati). Ciò che conta è la notifica degli atti presupposti (intimazioni, solleciti) o dell’esecuzione forzata (pignoramento).

In definitiva, anche dopo un regolare accertamento notificato nei 5 anni, il contribuente conserva la possibilità di non pagare se l’ente trascurasse il recupero coattivo per un periodo di 5 anni dall’ultimo atto noto. Ovviamente, questa è un’arma difensiva: non significa che automaticamente dopo 5 anni il debito sparisce dal ruolo. Occorre quasi sempre attivarsi e far valere la prescrizione in sede opportuna (vedremo come).

Cassazione 2023 sul punto: La Cass. ord. 31260/2023 ha chiarito un caso in cui era stata notificata un’intimazione oltre 5 anni dopo la cartella: la Corte ha confermato che Ici e tributi locali si prescrivono in 5 anni, quindi l’intimazione era tardiva. La stessa ordinanza sottolinea che per i tributi locali non trova applicazione l’art. 2953 c.c. e che la prescrizione quinquennale riguarda anche le sanzioni tributarie se iscritte a ruolo, ai sensi dell’art. 20 D.Lgs. 472/1997. Quest’ultimo dettaglio è importante: le sanzioni amministrative tributarie (come il 30% per omesso versamento) si prescrivono in 5 anni dall’irrogazione, quindi al pari dell’imposta anche le sanzioni non possono essere riscosse oltre il quinquennio.

Schema riassuntivo termini IMU:

  • Decadenza accertamento: 5 anni (31/12 del quinto anno successivo). Se non c’è avviso entro tale termine, il tributo non può più essere richiesto (non nasce titolo esecutivo).
  • Prescrizione riscossione: 5 anni dal momento in cui il credito è esigibile (scadenza o notifica atto), con interruzioni che fanno ripartire il termine. Se trascorrono 5 anni senza atti interruttivi, il debito si estingue per prescrizione e non può più essere legalmente riscosso.

Di seguito, vediamo cosa deve fare un contribuente che si trovi con IMU non pagata da molti anni, distinguendo se sono trascorsi oltre 5 anni (debito presumibilmente prescritto) oppure no (debito ancora esigibile), dal suo punto di vista.

IMU non pagata da oltre 5 anni: debito prescritto? Cosa fare

Se sono passati più di 5 anni dall’omesso versamento dell’IMU e non avete mai ricevuto alcun atto (né avvisi di accertamento dal Comune, né cartelle/ingiunzioni), molto probabilmente il diritto del Comune di riscuotere quelle somme è prescritto. Ad esempio, a metà 2025 risultano ormai prescritte (salvo eccezioni) le IMU relative agli anni fino al 2017 compreso, poiché il termine per accertarle è scaduto al 31/12/2022 (con proroga Covid al 25/3/2023) e non sono stati notificati atti entro tale data. Se anche il Comune si “svegliasse” ora chiedendo IMU 2017 o precedenti, sarebbe fuori tempo massimo.

Tuttavia, il contribuente non deve semplicemente ignorare eventuali tardive richieste: occorre far valere formalmente la prescrizione per tutelarsi. Vediamo i passi consigliati.

Verificare l’assenza di atti interruttivi

Prima di tutto, assicuratevi che in quei 5 anni effettivamente non vi siano stati atti interruttivi. A volte il Comune può aver inviato comunicazioni che magari non avete ricevuto (es. notifica presso vecchio indirizzo, o PEC su casella non consultata). Chiedete all’Ufficio Tributi del Comune un estratto della vostra posizione o fate un’istanza di accesso agli atti per verificare eventuali accertamenti notificati a vostra insaputa (ad esempio, presso la casa dove risiedevate anni fa). Se risultasse un avviso inviato e mai ritirato (comunque notificato per compiuta giacenza), quel atto ha interrotto la prescrizione. In assenza di atti, potete procedere a far valere la prescrizione.

Eccepire la prescrizione in autotutela

Il primo strumento, non contenzioso, è presentare al Comune una istanza in autotutela sollevando l’eccezione di intervenuta prescrizione e chiedendo l’annullamento/rinuncia alla riscossione del tributo prescritto. Questa istanza va inviata preferibilmente a mezzo PEC o raccomandata A/R all’Ufficio Tributi, indicando i vostri dati, l’anno d’imposta e l’importo che risulterebbe non pagato, e motivando che sono trascorsi oltre 5 anni senza atti interruttivi, per cui il diritto di esigere l’IMU per quell’anno si è estinto ex art. 2948 c.c..

Ecco un fac-simile di istanza di autotutela per prescrizione IMU:

Oggetto: Istanza di annullamento in autotutela per intervenuta prescrizione – IMU anno ____.

Il sottoscritto ______________ (CF _______), residente in __________, via ________, in qualità di contribuente soggetto all’IMU nel Comune di ______, espone quanto segue:

– In riferimento all’IMU dovuta per l’anno ______ sull’immobile sito in ______, identificato catastalmente al foglio ___ particella ___ sub ___, di proprietà del sottoscritto;

– Rilevato che tale imposta, per un importo di € _____, non risulta versata entro le previste scadenze;

– Rilevato altresì che dal momento della scadenza (16/06/____ e 16/12/____) ad oggi non ho mai ricevuto alcun avviso di accertamento, sollecito di pagamento, ingiunzione, cartella esattoriale o altra comunicazione da parte del Comune di ______ o dell’Agente della Riscossione relativo a tale omesso versamento;

– Considerato che sono ormai decorsi oltre cinque anni dal giorno in cui il pagamento avrebbe dovuto essere eseguito;

– Richiamato l’art. 2948, comma 1 n. 4 del Codice Civile, il quale dispone che si prescrivono in cinque anni “tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno”;

– Richiamata la consolidata giurisprudenza (Cass. Civ. sez. V n. 13683/2020; Cass. ord. n. 31260/2023) secondo cui l’IMU (come già l’ICI) è tributo di carattere periodico e soggiace alla prescrizione quinquennale ex art. 2948 c.c.;

– Evidenziato che pertanto il diritto del Comune di esigere il suddetto tributo risulta estinto per prescrizione sin dal //____ (5 anni dopo la scadenza dell’ultima rata dovuta);

Tutto ciò premesso, il sottoscritto chiede che codesto spettabile Ufficio voglia procedere, in via di autotutela, all’annullamento/l’archiviazione di ogni eventuale atto o partita iscritta relativa all’IMU ______ ormai prescritta, dando comunicazione all’Agente della Riscossione di non dare corso ad alcuna attività.

In mancanza, il sottoscritto si riserva di far valere l’intervenuta prescrizione in ogni sede competente, incluso il ricorso alla Commissione Tributaria ai sensi dell’art. 19 D.Lgs. 546/92 avverso eventuali atti che venissero notificati nonostante il decorso del termine quinquennale.

Si allega copia documento identità e ogni altra documentazione utile.

Distinti saluti.

Luogo, data.

Firmato: _____________

Questa istanza, ben motivata in fatto e in diritto, spesso induce il Comune – se effettivamente i termini sono trascorsi – a prendere atto della prescrizione e a non procedere oltre. Molti uffici comunali preferiscono evitare un contenzioso su crediti evidentemente prescritti, anche perché sanno che sarebbero soccombenti in giudizio. È possibile che l’ufficio risponda comunicando che “il credito è stato annullato per intervenuta prescrizione” oppure che semplicemente non dia seguito a nessuna azione (tacitamente accogliendo l’istanza).

Impugnare gli atti tardivi (ricorso)

Se invece il Comune ha già emesso un atto di accertamento (o una cartella/ingiunzione) e ve l’ha notificato fuori termine, dovrete necessariamente impugnare quell’atto entro 60 giorni dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale (ora denominata Corte di Giustizia Tributaria di I grado) competente, per farlo annullare. Nel ricorso solleverete l’eccezione di prescrizione e/o decadenza a seconda del caso:

  • Se si tratta di un Avviso di Accertamento notificato oltre 5 anni dall’anno d’imposta, va eccepita la decadenza ex art. 1 c.161 L.296/06: l’ente impositore ha notificato l’atto oltre il termine perentorio, quindi l’accertamento è nullo. Ad esempio “il Comune di X ha notificato l’avviso in data 10/02/2024 relativo all’IMU 2017, laddove il termine decadenziale era scaduto al 25/03/2023; pertanto l’atto è illegittimo”. La decadenza è motivo di nullità dell’atto impositivo stesso.
  • Se si tratta di una Cartella di pagamento o Ingiunzione emessa a seguito di un precedente accertamento, e la cartella vi è stata notificata oltre 5 anni dopo l’avviso (o dopo l’ultimo atto interruttivo), si eccepisce la prescrizione sopravvenuta del diritto di riscossione. Ad esempio: cartella notificata nel 2023 per IMU 2015 accertata nel 2016 – sono passati 7 anni senza altri atti, quindi il diritto a riscuotere è prescritto. Analogamente per un’intimazione di pagamento notificata oltre 5 anni dopo la cartella precedente.

Spesso negli atti tardivi del Comune (specie accertamenti oltre i 5 anni) viene menzionata l’esistenza di normative speciali di proroga (es. sospensione Covid) nel tentativo di giustificare il ritardo. Bisogna verificare: se effettivamente c’è stata proroga, può darsi che l’atto sia in termine (ad es. molti avvisi su 2015 sono stati notificati entro 25/03/2021 proprio grazie alla sospensione). Ma se i conti non tornano, l’eccezione resta valida.

Nel redigere il ricorso, è utile citare sia le norme (art. 2948 c.c., art. 1 c.161 L.296/06 ecc.) sia la giurisprudenza. Ad esempio la Cassazione 2024 a Sezioni Unite che ha confermato la prescrizione quinquennale per i tributi locali, o la Cass. 2023 citata prima. Un passaggio possibile:

“Come affermato dalla Suprema Corte (Cass. SS.UU. n. 11676/2024), i crediti relativi ai tributi locali sono soggetti a prescrizione quinquennale, trattandosi di entrate periodiche. Nella fattispecie, dall’ultimo atto interruttivo (accertamento notificato il //2016) sono decorsi oltre cinque anni (notifica cartella il //2023), sicché il diritto di procedere a riscossione coattiva risulta estinto per prescrizione ai sensi dell’art. 2948 c.c.”.

Oppure, in caso di decadenza:

“L’avviso impugnato è stato notificato ben oltre il termine di legge. L’art. 1 c.161 L.296/06 impone la notifica entro il 5° anno successivo a quello di imposta (per l’IMU 2016, entro il 31/12/2021, prorogato al 31/03/2022 per effetto del DL 18/2020); nel caso di specie la notifica è avvenuta il 15/10/2022, quando il potere di accertamento era già decaduto. Ciò determina la nullità dell’atto per intervenuta decadenza del potere impositivo.”

Il ricorso tributario richiede forma e contenuto specifici (indicazione delle parti, del provvedimento impugnato, motivi in diritto, istanza di sospensione se si vuole bloccare la riscossione, copia degli atti, notifiche, ecc.). Se non siete pratici, conviene affidarvi a un professionista (avvocato tributarista o commercialista) per redigerlo. In questa sede forniamo solo linee generali e consigli, e un fac-simile di schema di ricorso limitato alla parte motivazionale:

Commissione Tributaria Provinciale di [XXX] – Ricorso
Ricorrente: [Vostro Nome], C.F…, residente in…, elettivamente domiciliato in… (se rappresentati da difensore indicare anche il difensore e relativi dati)
Resistente: Comune di XXX – Ufficio Tributi, P.IVA…, con sede in…
Atto impugnato: Avviso di Accertamento IMU n… anno… notificato il … (oppure Cartella di pagamento n… emessa da ADER, numero di ruolo…, ecc.)
Motivi del ricorso:

  1. Intervenuta decadenza dell’azione accertatrice – L’avviso impugnato è stato notificato oltre il termine di cui all’art. 1 c.161 L.296/2006. … [spiegazione come sopra] … Ne consegue la nullità dell’atto impugnato.
  2. Prescrizione del credito tributario – Anche a voler ritenere tempestivo l’accertamento, si rileva che il successivo atto di riscossione (cartella/ingiunzione) è stato notificato oltre il termine quinquennale di prescrizione di cui all’art. 2948 c.c., applicabile ai tributi locali. … [spiegare decorso >5 anni senza atti] … Pertanto il credito risulta estinto per prescrizione e l’atto impugnato ne pretende illegittimamente il pagamento.
    Richiesta: il ricorrente chiede l’annullamento dell’atto impugnato per i motivi esposti.
    [Eventuale richiesta di sospensione della riscossione ai sensi dell’art. 47 D.Lgs.546/92 se ci sono gravi motivi].
    Si allegano: copia atto impugnato, provvedimento notificato, ricevuta di notifica, documenti [elenco].
    Luogo, data, firma.

(Segue il deposito secondo le regole telematiche o cartacee previste, notifica del ricorso al Comune, ecc.)

Se il ricorso viene accolto, l’atto sarà annullato e il Comune non potrà più riscuotere. Ricordate che la prescrizione è un’eccezione: significa che il giudice tributario non la applica d’ufficio, dovete invocarla voi (mentre la decadenza essendo vizio proprio dell’atto potrebbe teoricamente essere rilevata d’ufficio, ma meglio sempre sollevarla esplicitamente).

Casi particolari di debiti prescritti

Un caso frequente: scoprire che esistono delle iscrizioni a ruolo “dormienti” relative a vecchie IMU mai notificate. Ad esempio, tramite Estratto di ruolo chiesto all’Agenzia Riscossione risulta un importo per “IMU 2014” iscritto, ma voi non ne sapevate nulla. È possibile in passato che alcune somme siano state iscritte in cartella senza notifica di un accertamento (magari in anni di transizione normativa). In tali situazioni, spesso si tratta di ruoli illegittimi e comunque, se mai notificati oltre 5 anni, prescritti. Si potrà procedere con un’istanza di sgravio in autotutela all’ente creditore o un ricorso contro la cartella (se nel frattempo notificata) eccependo nullità per difetto di notifica dell’atto presupposto e prescrizione. La difesa del contribuente in materia di ruoli prescritti può passare anche tramite un’azione ordinaria di accertamento negativo del debito (soprattutto se non c’è un atto impugnabile recente): la Cassazione ha ammesso la tutela giudiziaria del contribuente contro cartelle prescritte anche oltre i 60 giorni tramite l’opposizione ex art. 615 c.p.c. davanti al giudice ordinario, quando si fa valere appunto l’estinzione del debito tributario per prescrizione dopo la formazione del ruolo. Ma entriamo in tecnicismi: nella gran parte dei casi, se vi muovete per tempo (entro 60 gg dagli atti) starete nell’alveo del giudice tributario.

In sintesi, se l’IMU non pagata è datata e il Comune non ha fatto nulla entro 5 anni, il debito è “scaduto”. Il contribuente può dormire sonni relativamente tranquilli, ma meglio vigilare: se arrivano richieste tardive, reagire subito eccependo prescrizione/decadenza. Nel prossimo paragrafo vediamo invece l’ipotesi opposta: IMU non pagata ma non ancora prescritta (meno di 5 anni), e quindi cosa fare per regolarizzare o gestire il debito.

IMU non pagata da meno di 5 anni: come regolarizzare e difendersi

Se l’omesso pagamento dell’IMU è relativamente recente (ad esempio negli ultimi 2–3 anni) siamo ancora entro i termini in cui il Comune può legittimamente agire. In questo caso il debito non è prescritto e il contribuente deve valutare come procedere: pagare spontaneamente (magari con ravvedimento per ridurre sanzioni), oppure attendere l’accertamento e poi eventualmente contestarne il merito o chiedere agevolazioni di pagamento. Esaminiamo le opzioni dal punto di vista del debitore.

Ravvedimento operoso: regolarizzazione spontanea

La soluzione più vantaggiosa per chi si accorge di non aver pagato una o più annualità di IMU recenti è di ricorrere al ravvedimento operoso, finché si è in tempo. Come già spiegato, il ravvedimento consente di pagare l’imposta dovuta con sanzioni ridotte in misura proporzionale al ritardo e con gli interessi legali maturati. Conviene farlo prima che il Comune notifichi un avviso di accertamento. Una volta notificato l’avviso, infatti, non è più possibile il ravvedimento sull’anno oggetto di accertamento (l’atto interrompe la facoltà di ravvedersi).

Come fare il ravvedimento IMU:

  1. Calcolo dell’imposta dovuta: determinare la quota IMU non versata per ciascun anno e ciascun immobile (tenendo conto di eventuali acconti pagati, esenzioni spettanti, errori di calcolo originali ecc.). Verificate le aliquote deliberate dal Comune per quegli anni e ricalcolate l’importo esatto. Ricordate di considerare eventuali detrazioni se era prima casa di lusso, riduzioni se comodato, ecc. Se l’errore è che avete versato meno del dovuto per sbaglio (versamento insufficiente), il ravvedimento si applica sulla differenza non pagata.
  2. Calcolo delle sanzioni ridotte: in base a quanti giorni/mesi sono trascorsi dalla scadenza. Esempi pratici (valido per violazioni fino ad agosto 2024; per quelle successive ridurre un po’ le percentuali come spiegato):
    • Pagamento entro 14 giorni dal termine: sanzione = 0,1% * giorni di ritardo.
    • Pagamento dal 15° al 30° giorno: sanzione fissa 1,5%.
    • Pagamento dal 31° al 90° giorno: sanzione 1,67%.
    • Pagamento dal 91° giorno ed entro 1 anno: sanzione 3,75%.
    • Pagamento oltre 1 anno: sanzione 5% (se il Comune non ha ancora notificato nulla).
    Se state ravvedendo IMU 2022 a metà 2025, sono passati più di 1 anno ma nessun accertamento: la sanzione sarebbe 5% dell’imposta. Se state ravvedendo IMU 2023 a settembre 2024, siete entro 1 anno quindi 3,75%. Se ravvedete IMU 2024 a febbraio 2025, la violazione è post-riforma: sanzione oltre 90gg ~3,125% (25%/8), entro 90gg 12,5% ecc. Può essere utile consultare le tabelle aggiornate dal Comune o da siti specializzati per assicurarsi delle frazioni esatte dopo la riforma.
  3. Calcolo interessi: vanno calcolati giorno per giorno sulla somma dovuta, dal giorno successivo alla scadenza fino al giorno del versamento. Usare i tassi legali vigenti nei vari periodi. Esempio: IMU saldo 2021 non pagata (scad. 16/12/2021), ravvedimento il 30/09/2023. Interessi dal 17/12/21 al 31/12/21 a 1,25%, dal 1/1/22 al 31/12/22 a 1,25%, dal 1/1/23 al 30/09/23 a 5%. Per semplicità potete usare i calcolatori online (molti siti di settore forniscono calcolo ravvedimento).
  4. Modello F24: compilare un F24 per pagare. Bisogna indicare:
    • Codice tributo: es. “3918” per IMU altri fabbricati – quota Comune, “3916” per aree fabbricabili, “3914” per terreni, “3912” per abitazione principale di lusso (quota Comune), “3925” per IMU cat. D – quota Stato (capannoni industriali, solo aliquota base 0,76% va allo Stato). Usare il codice corretto per l’anno e tipo immobile.
    • Anno di riferimento: l’anno d’imposta a cui si riferisce il ravvedimento (ad esempio 2022).
    • Importi: bisogna versare separatamente l’imposta e la sanzione e gli interessi, ciascuno col proprio codice tributo oppure cumulati? Attenzione: per l’IMU spesso non esistono codici separati per sanzioni e interessi, si utilizza lo stesso codice tributo dell’imposta anche per sanzioni e interessi, sommando tutto. Molti Comuni specificano di sommare sanzioni e interessi all’imposta quando si fa ravvedimento e indicare importo unico (altri eventualmente chiedono di fare righe separate con stesso codice tributo e note). Verificate le istruzioni del vostro Comune; in genere, un rigo per ogni codice tributo/immobile per anno, con l’importo totale comprensivo di sanzioni e interessi.
    • Barrare “Ravv.”: sul modello F24 c’è una casellina “Ravv.” che va barrata per indicare che è un pagamento da ravvedimento operoso.
  5. Invio al pagamento: l’F24 può essere pagato online via home banking, tramite intermediario, o stampato e pagato in banca/posta. Conservate ricevuta.
  6. Comunicazione al Comune (facoltativa): Non sarebbe obbligatorio comunicare nulla al Comune, perché il ravvedimento è un’autotassazione spontanea. Tuttavia, può essere buona prassi informare l’Ufficio Tributi con una breve lettera o email, segnalando di aver effettuato il ravvedimento per IMU anno X e allegando copia dell’F24 pagato. Questo per facilitare l’aggiornamento delle banche dati comunali ed evitare che magari parta un avviso automatico. Ad esempio: “Oggetto: comunicazione di ravvedimento operoso IMU anno __ – Si trasmette copia del versamento F24 eseguito in data __ per regolarizzare l’omesso versamento IMU anno __, importo comprensivo di sanzioni ridotte ex art.13 D.Lgs.472/97 e interessi”. Non è obbligo, ma segno di trasparenza e vi tutela da eventuali errori di registrazione.

Il ravvedimento operoso vi mette al riparo da ulteriori sanzioni: una volta pagato tutto con ravvedimento, il Comune non potrà più emettere accertamento (perché il tributo è stato assolto seppur in ritardo). Al massimo, se avete calcolato male qualcosa, potrebbe contestarvi eventuali differenze non versate.

Ricordiamo che con la riforma entrata in vigore dal 2023/2024, il ravvedimento è stato esteso anche a fasi successive, ma con sanzioni meno ridotte. In sostanza:

  • Ravvedimento “ordinario” prima di qualunque contatto: sanzioni da 1/10 fino a 1/7 del minimo a seconda del timing.
  • Ravvedimento “medio” dopo comunicazioni/inviti: sanzioni 1/6, 1/5, 1/4 come visto.
  • Dopo la notifica dell’avviso finale di accertamento esecutivo, non è più ammesso ravvedimento, perché ormai l’atto è emesso e va eventualmente conciliato con adesione o definito in giudizio.

In pratica, conviene agire prima di ricevere formali avvisi. Anche se avete ricevuto solo un preavviso bonario (es. “Gentile contribuente, dai nostri controlli risulta non versato… può regolarizzare entro 30 gg”), siete ancora in tempo a ravvedervi (ora formalmente anche oltre i 30 gg con 1/6 del minimo).

Accertamento IMU ricevuto: difesa nel merito e strumenti deflativi

Può capitare che non vi siate accorti di un’omissione e che il Comune vi notifichi un Avviso di Accertamento per IMU non pagata, entro i 5 anni. In tal caso la sanzione applicata sarà quella piena (30% o 25%) e l’importo richiesto può essere consistente (imposta + 30% + interessi). Dal punto di vista del debitore, occorre valutare due aspetti: (a) verificare la correttezza dell’accertamento (magari voi ritenete di aver pagato o non dovevate pagare) e (b) in caso il tributo sia effettivamente dovuto, valutare possibili strumenti deflativi o agevolazioni per ridurre l’esborso o dilazionarlo.

Verifica dell’accertamento: Appena ricevuto l’avviso (di solito via raccomandata o PEC), controllate: per quale anno e immobile vi chiedono l’IMU? Qual è la motivazione? Può darsi che:

  • Avete effettivamente dimenticato di pagare e l’accertamento è corretto nel merito.
  • Oppure c’è un errore del Comune: ad esempio vi chiedono IMU su un immobile venduto prima, o non considerano che era esente (prima casa, o altro), oppure un calcolo sbagliato di rendita/aliquota.

Se ritenete errato o parzialmente errato l’accertamento, potete presentare una istanza di autotutela al Comune per segnalare l’errore (ad esempio allegando la prova che avevate pagato, o che l’immobile era esente per legge). In alcuni casi l’ufficio può riconoscere l’errore e annullare/rettificare l’avviso senza bisogno di fare ricorso. Questa strada va tentata immediatamente, ma non sospende i termini di 60 giorni per il ricorso! Quindi, se l’ufficio non risponde o rigetta, dovrete comunque fare ricorso entro i 60 giorni se volete contestare formalmente. Tenete a mente questa scadenza.

Se invece il debito è giusto e dovuto, avete diverse possibilità:

  • Pagamento entro 60 giorni: potete semplicemente pagare quanto richiesto dall’accertamento (anche utilizzando il modulo F24 precompilato spesso allegato). In questo modo eviterete l’iscrizione a ruolo e ulteriori sanzioni. Da notare: se pagate entro 60 giorni, non avete diritto ad alcuna riduzione automatica (perché il 30% è già applicato). Pagando tacitamente accettate l’accertamento. Se l’importo è molto elevato e non riuscite in unica soluzione, potete chiedere rateazione (vedi dopo).
  • Accertamento con adesione: l’IMU rientra tra i tributi per cui è astrattamente ammesso l’accertamento con adesione (D.Lgs. 218/1997). Questo strumento permette di dialogare con l’ufficio e concordare l’importo dovuto, con il beneficio della riduzione delle sanzioni ad 1/3 di quelle applicate. In pratica, presentando istanza di adesione all’accertamento IMU entro 60 giorni, la riscossione è sospesa e viene fissato un contraddittorio. Se trovate un accordo, pagherete l’imposta + interessi + sanzione ridotta (30% × 1/3 = 10%). È utile soprattutto se ci sono incertezze su calcoli (es. valore area edificabile) e margine di trattativa. Spesso però sui tributi “semplici” come omesso versamento IMU c’è poco da negoziare (l’imposta è quella e si sa). Comunque, l’adesione può farvi risparmiare i 2/3 della sanzione. Se l’importo della sanzione è rilevante conviene. Attenzione: aderendo rinunciate al ricorso.
  • Definizione agevolata delle sanzioni (conciliazione o mediazione): se fate ricorso, potete successivamente trovare un accordo col Comune in sede di mediazione tributaria (obbligatoria se importo in contestazione < €50.000) o conciliazione giudiziale, ottenendo la sanzione ridotta fino a 1/3 o 1/2. Ad esempio, con conciliazione potreste ottenere riduzione sanzione al 15% o 10%. Però il ricorso ha costi (contributo unificato, eventuale parcella legale) da valutare.
  • Definizioni straordinarie: talvolta il legislatore prevede condoni o rottamazioni. Ad esempio nel 2023 c’è stata la “definizione agevolata delle controversie tributarie” e lo “stralcio cartelle fino €1000” per ruoli 2000-2015 (che poteva includere residui IMU affidati ad agente). Verificate se l’accertamento rientra in qualche misura di condono o rottamazione. Nel 2023 i Comuni potevano deliberare l’adesione allo stralcio automatico dei ruoli fino a 1000€ dal 2000-2015: molti debiti IMU in cartella di piccolo importo e vecchi sono stati annullati (se il Comune non si è opposto). Altra misura, la rottamazione-quater (DL 34/2023) permetteva di pagare ruoli senza sanzioni e interessi. In futuro potrebbero essercene altre. Al momento, però, per gli accertamenti recenti (2020 in avanti) non vi sono condoni attivi.

Rateizzazione del debito IMU

Se l’importo dovuto è elevato e non riuscite a pagarlo in un’unica soluzione, avete diritto a chiedere una rateizzazione. Ci sono due ipotesi:

  • Accertamento in fase amministrativa: molti regolamenti comunali permettono, su richiesta del contribuente, di rateizzare gli importi accertati prima che siano trasmessi al riscossore. Ad esempio, il Comune può concedere fino a 8 rate trimestrali per importi oltre una certa soglia (tipicamente >€1.000) o più rate se importo molto alto. La richiesta va fatta entro 30 giorni dalla notifica dell’accertamento esecutivo (spesso indicato nell’atto stesso). Il pagamento rateale generalmente comporta il pagamento degli interessi di dilazione (spesso al tasso legale) sulle rate successive. Se saltate una rata, decade il beneficio e si va in riscossione coattiva.
  • Debito in cartella presso ADER: se l’IMU è già finita a ruolo (cartella esattoriale), potete chiedere la rateizzazione all’Agenzia Entrate-Riscossione secondo le regole generali: fino a €120.000 debito si ottengono 72 rate mensili facilmente, oltre si può chiedere fino a 120 rate mensili con prova di difficoltà. La domanda si fa online o agli sportelli ADER. Una volta ottenuta la dilazione e pagate le prime rate, ADER non procederà ad azioni esecutive finché siete in regola.

La rateazione non blocca la prescrizione definitivamente, ma la sospende finché pagate regolarmente. Se decaderete dalla rateazione, la prescrizione ripartirà dall’atto di decadenza.

Avvertenza: se pensate di fare ricorso, chiedere rateizzazione non è compatibile con la contestazione giudiziale (pagare a rate equivale ad accettare il debito). Dovreste eventualmente pagare intanto e poi farvi restituire se vincete (poco realistico). Quindi decidete: o trattate e rateizzate, o contestate.

Casi particolari e consigli pratici

  • Omesso versamento dovuto a errore del Comune: Talora capita che il contribuente non versi perché indotto in errore (es. Comune comunicazioni sbagliate sulle aliquote). In generale questo non esonera dal tributo, ma in sede di ricorso può essere un argomento per ottenere quantomeno l’annullamento della sanzione per obiettiva incertezza. La sanzione può essere annullata se il contribuente prova di essere in buona fede per via di informazioni fuorvianti dell’ente (non facile, ma possibile).
  • IMU “dimenticata” per distrazione: Se scoprite di aver saltato un anno per semplice svista, niente panico: se siete ancora entro i 5 anni, ravvedetevi e tutto si chiude lì. Se ve ne accorgete dopo aver ricevuto l’accertamento, valutate se chiedere almeno l’adesione (riduce sanzioni). Se ve ne accorgete dopo i 5 anni, in teoria ormai è prescritto, ma non fate comunque versamenti tardivi spontanei oltre i 5 anni: sarebbe un pagamento non dovuto che non potrete poi richiedere indietro (poiché un debito prescritto è una obbligazione naturale: se la paghi volontariamente, non è ripetibile).
  • Somme minime non versate: Ricordate la soglia di esenzione (€12). Se non avete pagato perché l’importo era sotto soglia, l’accertamento non è dovuto. Se erroneamente fosse arrivato, segnalatelo per annullamento. Attenzione però: la soglia si riferisce all’imposta annua complessiva per Comune. Se possedete due immobili ciascuno con IMU 10€, la somma 20€ supera 12 e andava pagata.
  • Prescrizione vs Decadenza: In alcuni casi, un avviso può essere notificato entro i 5 anni (niente decadenza) ma la riscossione tramite cartella avvenire tardi. Ad esempio: Avviso IMU 2015 notificato il 20/12/2020 (in tempo), però cartella emessa il 2023 e notificata nel 2024: l’avviso era valido, ma la cartella è oltre 2 anni (violazione c.163 L.296/06, se applicabile al vecchio regime) e oltre 5 anni dall’avviso (prescrizione). In ricorso potreste dover sommare eccezione di decadenza del ruolo e di prescrizione. La Cassazione ha chiarito che con l’accertamento esecutivo dal 2020 non serve la cartella, quindi niente più termine di decadenza intermedio. Per gli anni precedenti invece c’era: se la cartella fu tardiva (oltre c.163), va eccepita la decadenza del potere di iscrivere a ruolo. Anche questo va segnalato se pertinente.
  • Misure cautelari: Il Comune/ADER per IMU può iscrivere ipoteca se il debito supera €20.000, o disporre fermo auto se supera €1.000. Se ritenete il debito non dovuto o prescritto, contestate subito, perché altrimenti queste misure possono creano disagi (es. fermo impedisce di usare l’auto). Se il debito è dovuto ma non avete liquidità, considerare di chiedere rateazione: durante la rateazione, nuove ipoteche/pignoramenti di norma sono sospesi.

Riassumendo, per IMU non pagata recente: agite presto, ravvedetevi se potete, altrimenti preparatevi a gestire l’accertamento con gli strumenti di riduzione sanzioni o rateazione. Evitate di accumulare anni su anni di arretrati sperando in un condono: è rischioso e nel frattempo vi trovereste con importi maggiorati.

IMU e IVIE per immobili all’estero: obblighi dei residenti italiani e mancato pagamento

Parliamo ora del caso particolare citato nella richiesta: immobili all’estero posseduti da residenti italiani e relative imposte. Molti contribuenti si chiedono: “Ho una casa all’estero, devo pagare l’IMU anche su quella?”. La risposta è che gli immobili situati all’estero NON sono soggetti all’IMU italiana, in quanto l’IMU è un tributo applicabile solo a immobili siti nel territorio comunale italiano. Tuttavia, dal 2012 l’ordinamento fiscale italiano ha introdotto un’imposta patrimoniale parallela proprio per gli immobili detenuti all’estero da residenti: l’IVIE (Imposta sul Valore degli Immobili all’Estero). Dunque, il residente in Italia proprietario di immobili oltre confine deve verificare sia gli obblighi fiscali nel paese dove si trova l’immobile, sia l’obbligo IVIE in Italia. Vediamo in dettaglio:

Che cos’è l’IVIE e chi deve pagarla

L’IVIE è stata istituita dall’art. 19 comma 13 del D.L. 201/2011 (conv. L.214/2011 Monti) ed è in vigore dal periodo d’imposta 2012. Colpisce il valore degli immobili situati all’estero di proprietà (o altro diritto reale) di persone fisiche residenti in Italia. Inizialmente era pari allo 0,76% del valore, analoga all’aliquota ordinaria IMU. Dal 2024 la Legge di Bilancio 2024 (L. 197/2023) ha elevato l’aliquota IVIE all’1,06%, per equipararla all’aliquota massima ordinaria IMU (precedentemente 0,76%). Dunque:

  • Fino al 2023: IVIE 0,76% del valore dell’immobile estero (pro quota e pro rata giorni possesso).
  • Dal 2024: IVIE 1,06% del valore.

Aliquota ridotta e esenzione prima casa estera: È previsto un regime agevolato per l’immobile estero adibito ad abitazione principale del contribuente residente. In parallelo a quanto avviene in Italia:

  • Dal 2012 al 2015, l’abitazione principale estera pagava IVIE con aliquota ridotta 0,4% e detrazione €200, analogamente a una prima casa di lusso in Italia.
  • Dal 2016, grazie alla L. 208/2015, è stata introdotta una esenzione per l’abitazione principale estera non di lusso, allineandosi all’abolizione IMU prima casa in Italia: gli immobili all’estero adibiti a abitazione principale del residente sono esenti IVIE se in Italia non sarebbero di cat. A/1, A/8, A/9. Quindi se un residente ha la sua prima casa a Parigi e vi risiede, e tale immobile non rientrerebbe nelle categorie di lusso, non paga IVIE dal 2016 in poi. Invece, se l’immobile estero è abitazione principale ma “di lusso” (concetto non chiarissimo all’estero, ma in pratica assimilabile ad A/1-A/8-A/9 se fosse in Italia), allora paga IVIE con aliquota 0,4% e detrazione €200.

Esempio: un pensionato residente in Italia ha l’unica casa in Portogallo dove trascorre >6 mesi e l’ha come residenza principale. Se non è lusso, niente IVIE (oltre al fatto che se è pensionato estero potrebbe rientrare in altra agevolazione, vedi oltre). Se la casa fosse di lusso, pagherebbe 0,4% con €200 detrazione.

Valore imponibile: come si determina il valore su cui applicare l’IVIE? Dipende dal paese in cui è sito l’immobile:

  • Se l’immobile è ubicato in un Paese UE o SEE che dispone di un valore catastale o fiscale (tipo rendita o valore catastale locale imposte), si può assumere quello. Ad esempio, in Francia c’è un valeur cadastrale usata per la taxe foncière? O in UK c’è council tax band? L’Agenzia Entrate ha chiarito che va usato il valore preso a riferimento per eventuali imposte patrimoniali estere (se esiste).
  • Se il Paese non ha valori catastali (es. USA, o anche se li ha ma non per quell’uso) allora il valore è dato dal costo di acquisto o dal valore di mercato al 31 dicembre di ciascun anno. In pratica si prende il maggiore tra costo di acquisto e eventuale valore di mercato corrente (quest’ultimo è discrezionale, di solito ci si attiene al costo storico se non c’è un regime catastale).
  • Per immobili acquisiti per successione/donazione, si può usare il valore dichiarato in quell’atto.

Il valore va considerato al lordo di eventuali mutui (niente deduzione del debito residuo, purtroppo). Il calcolo IVIE poi si fa in base alla percentuale di possesso e mesi di possesso (proprio come l’IMU).

Franchigia €200: c’è una particolarità: se l’IVIE calcolata (senza considerare crediti d’imposta) è pari o inferiore a €200, non è dovuto pagamento. Questo funge da franchigia. Ad esempio, se avete un piccolo immobile il cui valore × aliquota dà 150€, siete esonerati e neppure dovete compilarlo nel quadro RM (ma comunque va dichiarato in RW). Il “non superare €200” è calcolato globalmente sul contribuente e su tutti gli immobili? In genere sì, è sul totale IVIE dovuta per contribuente.

Doppia imposizione e credito d’imposta: La normativa IVIE ha previsto che “dall’IVIE si detrae, fino a concorrenza, un credito pari all’eventuale imposta patrimoniale sugli immobili pagata nello Stato estero”. Ciò significa che se il vostro immobile estero è già tassato localmente con una patrimoniale immobiliare, potete evitare la doppia imposizione scomputando quella pagata all’estero dall’IVIE italiana. Esempio: avete un appartamento in Spagna dove pagate l’“IBI” (Impuesto sobre Bienes Inmuebles, simile all’IMU). Se l’IBI è €300 annui e l’IVIE italiana verrebbe €500, dovrete pagare la differenza €200 in Italia. Se l’IBI fosse €800 e IVIE €500, non pagate nulla in Italia (ma non c’è rimborso per eccedenza). Questo credito spetta solo per imposte patrimoniali estere analoghe, non per imposte sui redditi o altro. Inoltre, se l’immobile è in paese con accordo di scambio di informazioni, ok; se in paradiso fiscale, credo il credito valga solo se c’è effettivamente imposta patrimoniale pagata lì.

Obbligo di dichiarazione (RW e Redditi): Possedere un immobile estero implica per il residente:

  • Dichiararlo nel Quadro RW del Modello Redditi PF (monitoraggio fiscale) indicando paese, valore, quota possesso, ecc. Questo a fini del monitoraggio anti-evasione.
  • Dichiarare l’IVIE dovuta nel quadro RM (rigo RM33 in UNICO PF) fino al 2019; dopo le modifiche del 2020 mi pare l’IVIE confluisce nel quadro “LI” del modulo fabbricati o comunque sempre in dichiarazione dei redditi (nel Modello Redditi Persone Fisiche, non nel 730 se non erro, a meno che 730 preveda gestione IVIE se RW precompilato? In genere no, il 730 gestisce IVIE/IVAFE solo se compilate le apposite sezioni, spesso chi ha asset esteri deve usare Unico).
  • In caso di utilizzo del 730, c’è una sezione per indicare IVIE dovuta, ma non tutti i CAF la gestiscono, spesso in tali casi conviene Redditi PF.

Se non si presenta la dichiarazione RW/IVIE, oltre alla sanzione per IVIE evasa (30% su imposta) ci sono pesanti sanzioni per monitoraggio fiscale: l’omessa indicazione di immobili in RW comporta sanzione dal 3% al 15% del valore non dichiarato (per paesi white list; raddoppia 6%–30% se in paesi black list) per ogni anno di violazione. È una sanzione diversa e cumulativa, comminata dall’Agenzia delle Entrate se scopre l’attività estera non monitorata. Queste sanzioni monitoraggio possono essere diminuite col ravvedimento (ad esempio ridotte a 0,3% per anno se ci si autodenuncia prima).

Mancato pagamento dell’IVIE: conseguenze e rimedi

Se un contribuente non ha mai pagato l’IVIE per il suo immobile estero e magari non l’ha nemmeno indicato in RW, può trovarsi in una posizione irregolare. Occorre distinguere:

  • Periodi ancora accertabili: l’Agenzia delle Entrate ha termini di decadenza simili a quelli delle imposte sui redditi per contestare l’IVIE non dichiarata. Trattandosi di imposta dichiarativa, se il contribuente presenta comunque la dichiarazione dei redditi ma omette IVIE, è dichiarazione infedele e il termine di accertamento è il 31 dicembre del quinto anno successivo (quindi es. anno 2019 omesso IVIE -> accertabile fino a 31/12/2024). Se non ha proprio presentato il quadro RW/RT, potrebbe configurarsi anche omessa dichiarazione (ma se il resto dei redditi è dichiarato, generalmente contestano infedele). Comunque, l’Agenzia può emettere un avviso di accertamento per recuperare IVIE non versata con sanzione 30% e interessi, e in più spesso abbina la contestazione delle sanzioni RW.
  • Prescrizione e termini: La prescrizione del credito IVIE segue la regola dei tributi erariali (essendo imposta statale). In base alla pronuncia delle Sez. Unite 2024, i tributi erariali (IRPEF, IVIE, IVAFE, ecc.) hanno termine di prescrizione decennale dopo titolo definitivo. Quindi, se l’Agenzia notifica un avviso e quello diventa definitivo, il ruolo conseguente si prescrive in 10 anni, non 5. Inoltre, se non hanno mai accertato, il termine è dato dalla decadenza (5 anni) oltre il quale non possono emettere avvisi, ma attenzione: per omessa dichiarazione la decadenza è 7 anni. Se ad esempio uno non ha dichiarato nulla nel 2016 per quell’immobile, il fisco aveva fino al 2023 per intervenire. Quindi indicativamente, a metà 2025, l’IVIE 2015 e precedenti sono decadute (non più accertabili), la 2016 forse decaduta a fine 2023 se non rilevata, la 2017 decadrebbe a fine 2024, etc.
  • Sanzioni e interessi: se arriva l’accertamento, sanzione 30% imposta evasa (riducibile a 1/3 se pagate entro 30gg = definizione agevolata in acquiescenza). Le sanzioni monitoraggio (3%-15% valore) possono essere contestate con atto a parte o insieme; spesso l’Agenzia in caso di scudo/voluntary condonava quelle e riscuoteva solo IVIE con interessi e sanzioni tributarie.

Ravvedimento operoso per IVIE: Finché non avete ricevuto contestazioni, potete rimediare volontariamente:

  • Presentare una dichiarazione dei redditi integrativa per gli anni non dichiarati (entro il limite di 5 anni indietro, oltre c’è prescrizione e non ha senso pagare imposta prescritta, anche se per RW c’è diatriba: sanzioni RW formalmente possono essere contestate per 5 anni anch’esse, quindi oltre 5 anni forse no).
  • Versare l’IVIE dovuta con F24, usando il codice tributo apposito (nel modello F24 c’era un codice “4041” IVIE acconto, “4044” IVIE saldo, o simili – da verificare sugli anni). Se fate integrativa, l’IVIE emergerà a debito e pagherete con codici imposte diretti.
  • Ravvedimento sanzioni: per l’IVIE omessa la sanzione base 30% può essere ravveduta come per l’IRPEF, con riduzioni a 1/8, 1/7, 1/6 ecc. Idem la sanzione RW 15% per anno può essere ravveduta (ridotta a 1/8 ad esempio se ci si ravvede spontaneamente prima di accertamento).
  • In alternativa alla integrativa “fai da te”, molti hanno usato in passato la Voluntary Disclosure (nel 2015 e 2017 ci furono due edizioni) per regolarizzare asset esteri. Ora non c’è una VD aperta, quindi tocca con ravvedimento normale.

Esempio caso pratico: Anna, residente italiana, possiede dal 2018 un appartamento a Londra, mai dichiarato al fisco italiano. Nel 2025 decide di regolarizzare. L’immobile vale €300.000. L’IVIE annua 2018-2023 (0,76%) sarebbe €2.280/anno. Nessuna imposta patrimoniale locale (in UK non c’è property tax paragonabile, c’è la Council Tax ma è tassa servizi, discutibile come credito). Quindi doveva €2.280 x 6 anni = €13.680 di IVIE. Ravvedendo:

  • Annualità 2018: accertabile fino 31/12/2024, quindi conviene ravvedere. Sanzione 30% = €684, ridotta a 1/8 = €85,5 se integrativa prima del controllo. Interessi su imposta da 2019 a 2025 su €2.280.
  • … similmente per 2019-2022. Il 2023 può ravvederlo a sanzione 1/8 del 30% se fa entro fine 2024.
  • Sanzioni RW: 2018-2023 6 anni × (ipotizziamo 5% del valore per ravvedimento, da 15% ridotto a 1/3, anche se su RW il ravvedimento è un po’ particolare). Il valore 300k → 15% =45k, 1/3 =15k di sanzione annua teorica? No, il ravvedimento sul monitoraggio segue altri calcoli (spesso 0,1% per ciascun mese tardivo con max 2%, ma entro 90gg; oltre si va 3% fisso per anno se spontaneo integrale). In pratica, normative complesse… In ogni caso la convenienza di autodenunciarsi c’è, perché se scoperta subirebbe 15% ×6=90% del valore, una mazzata.

Prescrizione IVIE oltre 5 anni: se sono passati più di 5 anni, in teoria l’Agenzia non può più accertare quell’anno. Ad esempio, IVIE 2014 e precedenti ormai decadute. Il contribuente potrebbe essere tentato di dire: “non dichiaro nulla e la faccio franca”. Va però valutato il rischio sanzione RW: alcuni sostengono che la sanzione RW (violazione formale) potrebbe essere contestata anche se il tributo è prescritto, ma a rigore anche quell’omissione è soggetta a decadenza cinque anni. Quindi se 2014 non dichiarata, dopo fine 2019 non contestabile. In base a questo, chi ha immobili esteri da lunghissimo tempo magari non ancora scoperti potrebbe dire: se arrivo a 6 anni senza controlli, scampato pericolo. Ma attenzione: l’Agenzia può ottenere dati esteri tramite scambio informazioni e a volte contesta più anni retroattivamente supponendo dichiarazione infedele continuativa (es. nel 2022 fanno controllo e contestano 2016-2020, e magari non contestano 2015 perché decaduto, però le sanzioni RW se hanno elementi concreti le provano a mettere a volte anche oltre, ma generalmente no).

Rischi e controlli: Dal 2017 è attivo lo scambio automatico di informazioni finanziarie (CRS) e dal 2023-2024 anche immobiliari (soprattutto UE sta per far partire DAC7 su Airbnb e forse in futuro su immobili posseduti). Quindi il fisco italiano sempre più riceve elenchi di italiani con case all’estero (p.es. in UE grazie alle registrazioni catasto, o se hanno affittato via portali). Pertanto, l’omessa dichiarazione di un immobile estero verrà prima o poi intercettata, con sanzioni salate.

Conclusioni per immobili esteri:

  • Se siete in regola all’estero (avete pagato la property tax locale) ma non avete mai dichiarato/pagato IVIE in Italia, valutate di regolarizzare con ravvedimento se siete ancora in tempo (ultimo quinquennio). Pagherete l’IVIE con interessi e una sanzione ridotta (es. 3,75% per anno invece di 30%). Inoltre, dovrete pagare qualcosa per sanare RW (es. sanzione 0,5% per anno invece di 5%). Può sembrare molto, ma è comunque enormemente meno delle sanzioni che arriverebbero se vi scovano.
  • Se avete ricevuto un accertamento dell’Agenzia Entrate per IVIE omessa: potete fare ricorso se ci sono errori di calcolo o questioni (es. contestare il valore dell’immobile, oppure invocare la non debenza per via di convenzioni contro doppia imposizione se applicabili – anche se per i patrimoni non ci sono trattati, salvo San Marino?), oppure potete valutare la definizione agevolata se disponibile (ad es. la “tregua fiscale” 2023 permetteva di definire le dichiarazioni infedeli con sanzioni ridotte 1/18, ma IVIE essendo quadro RW non so se rientrava; tendenzialmente no). L’adesione all’accertamento vi darebbe riduzione sanzioni a 1/3 (10%).
  • IVIE prescritta: se il fisco vi chiedesse IVIE oltre i termini, valgono stesse considerazioni di decadenza/prescrizione fatte per l’IMU. Potrete far valere la decadenza 5 anni. Ad esempio se nel 2025 arrivasse una contestazione per IVIE 2016, sarebbe tardiva e impugnabile.

Esempio pratico di Q&A:

  • “Sono residente in Italia e possiedo un appartamento in Francia dal 2010. Non ho mai saputo dell’IVIE e quindi non l’ho mai pagata né dichiarata. Possono chiedermi arretrati?” – Possono certamente contestarle gli ultimi 5 anni (2018-2022), eventualmente 2017 se accertano entro fine 2024. Gli anni anteriori al 2017 sono decaduti. Le conviene fare ravvedimento subito per questi ultimi anni, pagando il dovuto con sanzioni ridotte. Se il fisco francese le ha addebitato impôts fonciers, potrà detrarli. Se invece non fa nulla, rischia un accertamento con sanzioni piene 30% e soprattutto la sanzione per monitoraggio 15% del valore annuo. Molto oneroso.
  • “Ho la cittadinanza tedesca ma risiedo fiscalmente in Italia; possiedo una casa a Berlino, devo pagarci l’IMU?” – In Italia deve pagare l’IVIE, come sopra. In Germania c’è la Grundsteuer (tassa immobiliare locale) che potrà detrarre dall’IVIE. Se la casa di Berlino è la sua abitazione principale e non di lusso, dal 2016 sarebbe esente IVIE.
  • “Sono pensionato estero iscritto AIRE, devo pagare IMU sulla mia casa in Italia?” – Questo inverte la prospettiva (immobile in Italia, proprietario all’estero). Non c’entra con IVIE, ma segnaliamo: dal 2021 i pensionati esteri AIRE che percepiscono pensione estera hanno diritto all’esenzione IMU per una sola abitazione in Italia (prima era riduzione 50% dal 2015 al 2020, poi estensione esenzione totale con L. 178/2020). Quindi, se rientrate in questa categoria (pensionati esteri), e il Comune erroneamente vi chiede IMU, segnalate che eravate esenti. Serve aver iscritto AIRE e pensione estera non italiana.
  • “Cosa succede se non pago le tasse sulla casa all’estero?” – Rischia doppio problema: nel paese estero le relative sanzioni (che qui non trattiamo) e in Italia le sanzioni IVIE/RW citate. È bene regolarizzarsi in entrambi i paesi.

Domande frequenti (FAQ) su IMU non pagata e casi particolari

D: Il Comune può chiedermi l’IMU arretrata dopo 5 anni?
R: In linea generale NO, il Comune non può accertare un’omissione IMU trascorsi 5 anni dall’anno d’imposta in questione. Dopo 5 anni scatta la decadenza dell’azione di accertamento. Ad esempio, per IMU 2017 non pagata, il Comune aveva fino a fine 2022 (prorogato a marzo 2023) per notificare un avviso; oltre tale termine non può più richiederla legittimamente. Se comunque arrivasse una richiesta dopo 5 anni, il contribuente deve eccepirne l’intempestività (decadenza). Inoltre, se anche l’accertamento è stato fatto in tempo ma poi nessuna cartella/ingiunzione è giunta per oltre 5 anni, il diritto a riscuotere si prescrive. Quindi, passati 5 anni senza atti, di norma il debito IMU è inestensibile. Fanno eccezione eventuali atti interruttivi che abbiano fatto ripartire il termine (es. un sollecito entro i 5 anni). Attenzione però: la prescrizione va fatta valere dal contribuente; se non obiettate, il Comune potrebbe provarci comunque.

D: Che differenza c’è tra decadenza e prescrizione nel contesto dei tributi locali?
R: La decadenza è il termine entro il quale l’ente deve emettere l’atto impositivo (avviso di accertamento) per “cristallizzare” il credito tributario. Se perde quel termine, il tributo non può più essere richiesto. La prescrizione invece si riferisce al periodo entro cui l’ente deve riscuotere il credito dopo che c’è un titolo esecutivo. Nell’IMU la decadenza è di 5 anni dall’anno d’imposta, la prescrizione è 5 anni da ogni atto interruttivo. La decadenza tutela il contribuente dall’essere inseguito dopo troppo tempo; la prescrizione protegge dall’inerzia nella fase di riscossione. Una volta notificato l’avviso (in tempo), il Comune ha l’onere di proseguire la riscossione: se dorme oltre 5 anni, il credito si estingue.

D: Se non pago l’IMU, posso avere ripercussioni penali?
R: No, il mancato pagamento dell’IMU non è reato. Le sanzioni previste sono esclusivamente amministrative (pecuniarie). Diversamente da IVA o imposte sui redditi, per cui oltre certe soglie di evasione scatta il penale, per l’IMU non esistono fattispecie penali, trattandosi di tributo locale. Il rischio maggiore sono pignoramenti o ipoteche sui beni se il debito diventa molto elevato e non viene pagato neanche dopo la notifica degli atti.

D: Il Comune può pignorare la casa stessa per cui non ho pagato l’IMU?
R: In teoria , l’IMU non pagata è un debito verso l’ente pubblico come altri e, se si forma un titolo esecutivo (accertamento esecutivo/cartella) e non si paga, l’Agenzia Entrate-Riscossione o il Comune possono avviare espropriazione immobiliare. Tuttavia, ci sono dei limiti: la legge vietava il pignoramento della prima casa da parte dell’Agente della Riscossione, a meno che di lusso (D.L. 69/2013). Se la casa su cui non pagate è la vostra abitazione principale (non di lusso) e siete residenti lì, non può essere espropriata per debiti tributari inferiori a 120k. Se invece è una seconda casa, l’Agente può iscrivervi ipoteca per debiti sopra €20k e procedere a esproprio se il debito supera €120k. Comuni con ingiunzione fiscale applicano il RD 639/1910, qualche dubbio normativo, ma in pratica difficilmente un Comune pignora case per IMU, più probabile ipoteca come garanzia. Quindi il rischio di perdere la casa per IMU è concreto solo in situazioni estreme di debiti grossi protratti.

D: Ho venduto l’immobile, sono ancora tenuto a pagare l’IMU arretrata?
R: Sì. L’IMU è legata al soggetto che era proprietario nei periodi d’imposta considerati. La vendita non trasferisce il debito al nuovo acquirente. L’acquirente risponde dell’IMU solo a partire dalla data di acquisto. Eventuali IMU non pagate dal precedente proprietario non sono a carico del compratore, e il Comune non può chiederle a quest’ultimo. Il Comune continuerà a pretenderle dal vecchio proprietario (ormai ex proprietario). Nota: il Comune potrebbe iscrivere ipoteca sull’immobile per i debiti del precedente proprietario? In teoria se l’ipoteca non era stata iscritta prima della vendita, poi non può perché il bene è di terzo estraneo al debito (diverso da fisco su imposte dirette dove c’è un caso di privilegio sugli immobili per alcune imposte, ma non per IMU). Quindi il nuovo proprietario è salvo. Il venditore però rimane debitore personale verso il Comune.

D: Ho ricevuto un avviso IMU ma avevo pagato: cosa devo fare?
R: In questo caso recatevi subito all’Ufficio Tributi (o via PEC) con le ricevute di pagamento F24 comprovanti il versamento. Molto spesso si tratta di errori (magari pagato con codice tributo sbagliato o su un altro Comune, o pago su particella sbagliata). Se dimostrate l’avvenuto pagamento, il Comune annullerà l’accertamento in autotutela. Se il pagamento c’è ma con errore formale (ad es. versato al Comune sbagliato), di solito gli enti si accordano per il riversamento. L’importante è agire entro i 60 giorni, presentando istanza di annullamento per errore. L’ufficio dovrebbe riconoscere l’errore e archiviare l’atto. Se per assurdo non lo facesse, dovrete proporre ricorso allegando la prova dei pagamenti effettuati, e vincereste facilmente.

D: Il Comune mi ha accertato l’IMU su un immobile che credevo esente (es. comodato a figlio). Posso oppormi?
R: Dipende se l’esenzione/agevolazione spettava o meno. Ad esempio, l’agevolazione 50% comodato richiede che il comodante possieda solo una casa oltre quella di residenza e risieda nello stesso Comune, e andava presentata dichiarazione IMU. Se non avete presentato dichiarazione e il Comune ve la nega, potete fare ricorso sostenendo magari che i requisiti c’erano e chiedere sanzione ridotta perché omissione formale. Ma spesso, se non si presenta la dichiarazione, il Comune è rigido. Altro esempio: casa inagibile, se avete certificazione potevate avere riduzione 50%; se il Comune non l’ha considerata, fornite la documentazione. Insomma, valutate il merito: se l’agevolazione era dovuta e siete in grado di provarlo, contestate l’accertamento (anche in mediazione) fornendo le prove. Se invece onestamente l’esenzione non spettava (es. pensavate erroneamente che la seconda casa data al figlio fosse esente come prima casa, ma non lo era al 100%), allora la pretesa è legittima e vi conviene definire l’accertamento con adesione (riducendo sanzioni) o pagarla.

D: Non ho presentato la dichiarazione IMU ma ho pagato regolarmente l’imposta: possono multarmi?
R: Sì, se la dichiarazione era obbligatoria. Ad esempio, avete applicato un’aliquota agevolata (comodato, storico, ecc.) pagando di meno, e non lo avete dichiarato: il Comune può contestare l’omessa dichiarazione con sanzione da 100% a 200% dell’imposta “occultata” (minimo 50€). Però se l’imposta è stata comunque versata, di solito la sanzione è calcolata sul potenziale minor pagamento se l’agevolazione fosse indebita. Spesso il Comune invia un avviso di sanzioni proprio per omessa dichiarazione (capita con comodati non dichiarati, per dire). In questi casi potete ravvedere la dichiarazione tardiva prima che contestino (sanzione minima 5€ col ravvedimento sprint). Se arriva già la contestazione, potete chiedere l’applicazione del cumulo giuridico (se magari riguarda più anni) e il minimo edittale, o fare ricorso se ritenete di avere cause di non punibilità (es. incertezza normativa).

D: Perché la sanzione IMU sale dal 30% al 25% dopo settembre 2024?
R: In realtà scende, non sale: dal 30% al 25%. È un refuso della domanda forse. La riforma del 2024 (D.Lgs. 87/2024) ha abbassato la sanzione base per omesso versamento dal 30 al 25%, rendendo un po’ meno onerose le violazioni. Però contestualmente ha rimodulato al rialzo le sanzioni per i ravvedimenti brevi (entro 15 giorni) portandole a 0,83% al giorno. Complessivamente, per chi ritarda molto la situazione migliora (sanzione piena 25 invece di 30, ravvedimento oltre anno 3,57% invece di 5), per chi ritardava di pochi giorni peggiora (prima 1,5% a 15 gg, ora ~12,5% a 15 gg). L’idea del legislatore è stata di punire meno severamente chi dimentica a lungo ma poi paga spontaneamente, e disincentivare anche il piccolo ritardo (per favorire il puntuale versamento).

D: Ho una cartella esattoriale per IMU non pagata: posso chiedere lo “stralcio” dei debiti?
R: Dipende dall’importo e dall’anno. La Legge di Bilancio 2023 ha previsto l’annullamento automatico dei debiti fino a €1.000 affidati a ruolo dal 2000 al 2015, incluso quelli per IMU (o vecchia ICI). Molti Comuni però hanno escluso la quota capitale (facendo stralciare solo sanzioni e interessi). Se la tua cartella rientra in quei parametri (anno ruolo <=2015 e importo residuo sotto 1000€), potresti aver beneficiato dell’annullamento al 31/3/2023. Per debiti superiori o più recenti, c’è stata la rottamazione-quater: se hai presentato domanda entro giugno 2023, puoi pagare il debito IMU senza sanzioni e interessi di mora (in max 18 rate). Se non hai aderito entro i termini, al momento non ci sono altre definizioni agevolate generalizzate. Tieni d’occhio future norme: spesso vengono rinnovate.

D: Sono un avvocato/consulente che assiste un cliente con vari avvisi IMU su più anni: posso ottenere il cumulo giuridico delle sanzioni?
R: Fino al 2024, la giurisprudenza ammetteva il cumulo giuridico per violazioni stesse (omessi versamenti per più anni) considerandole continuazione, con sanzione unica aumentata (art. 12 D.Lgs.472/97). Ad esempio, 5 anni omessi si poteva chiedere sanzione unica 30% + metà (se concorso formale). Le Cassazione aveva qualche oscillazione ma tendeva a concederlo. Il D.Lgs. 87/2024 però ha escluso il cumulo giuridico per le violazioni di omesso pagamento di tributi locali. Di fatto, per violazioni commesse dal 1/9/2024 il cumulo non si applica agli omessi versamenti IMU, quindi le sanzioni si sommano per anno (ma essendo base 25% un po’ mitigate). Per il passato, se avete un contenzioso in corso, potete ancora provare a ottenere il cumulo sui vecchi anni (essendo norma più favorevole previgente), ma bisogna valutare caso per caso. La riforma vuole evitare che si riduca troppo la sanzione su tanti anni evasi; punta invece a definizioni per singolo anno. Quindi dal 2025 in avanti considerate le sanzioni annuali separate.


Conclusione: Abbiamo esaminato gli aspetti principali della gestione dell’IMU non pagata dal punto di vista del contribuente debitore, in ambito nazionale e con uno sguardo agli immobili detenuti all’estero (IVIE). Il quadro normativo (aggiornato a giugno 2025) conferma che per i tributi locali come l’IMU vige il termine quinquennale sia per accertare sia per riscuotere. Il contribuente, conoscendo i propri diritti, può difendersi efficacemente invocando prescrizione o decadenza quando applicabili, oppure regolarizzare a costi ridotti tramite ravvedimento operoso. In ogni caso, la parola d’ordine è: non lasciare incancrenire la situazione. Meglio affrontare il problema (pagando il dovuto se c’è, o contestando se non dovuto) piuttosto che ignorarlo. Una pianificazione attenta e un consulto con professionisti può farvi risparmiare molto tempo e denaro, evitando aggravi inutili.


Fonti e Riferimenti Normativi

  • Codice Civile, art. 2934 e segg. – Prescrizione; in particolare art. 2946 (prescrizione ordinaria 10 anni) e art. 2948 n.4 c.c. (prescrizione quinquennale dei pagamenti periodici).
  • Legge 27 dicembre 2006, n.296, art. 1 commi 161 e 163 – Termini di decadenza per accertamenti tributi locali e termine per notifica cartella su avvisi non esecutivi (2 anni).
  • D.Lgs. 30 dicembre 1992, n.504 – Istituzione ICI (storico, abrogato dall’IMU ma rilevante per giurisprudenza); D.L. 6 dic. 2011, n.201 (conv. L.214/2011) – Istituzione IMU e IVIE.
  • Legge 27 dicembre 2019, n.160, art. 1 commi 738-782 – Riforma “Nuova IMU” dal 2020 (accorpamento IMU-TASI); in particolare comma 762 (esenzione abitazione principale), comma 777 (dichiarazione IMU), comma 779 (sanzioni omessa dichiarazione equiparate all’art.13 D.Lgs.471/97). Comma 792 – Accertamento esecutivo tributi locali dal 2020.
  • D.Lgs. 18 dicembre 1997, n.472, art.13 – Ravvedimento operoso (come modificato da D.Lgs. 158/2015 e da D.Lgs. 87/2024); art.20 – Prescrizione quinquennale sanzioni tributarie; art.12 – Cumulo giuridico sanzioni (modificato dal D.Lgs.87/2024).
  • D.Lgs. 18 dicembre 1997, n.471, art.13 – Sanzione 30% omesso versamento (ridotta a 25% dal 2024 per D.Lgs.87/2024 art.2).
  • Decreto MEF 10 dicembre 2024 – Fissazione tasso interesse legale 2% dal 1/1/2025 (G.U. 16/12/2024 n.294); (storico: DM 13/12/2022 portava al 5% per il 2023, DM 6/12/2021 al 1,25% per 2022, ecc.).
  • Cassazione Civile, Sezioni Unite: n. 25790/2009 – Actio iudicati in ambito tributario (prescrizione decennale solo per sentenze); SS.UU. n.23397/2016 – Natura non giurisdizionale della cartella/atto definitivo, mantiene prescrizione breve; SS.UU. n. 11676/2024 (depositata 15/02/2024) – Distinzione tributi erariali (10 anni) vs locali (5 anni) confermata.
  • Cassazione Civ., sez. V: n. 13683/2020 – Prescrizione quinquennale ICI/IMU come obbligazione periodica; n.28576/2017 – Prescrizione quinquennale tributi locali; n.4283/2010 – Prescr. 5 anni Tarsu; n.9091/2018 – Prescrizione 3 anni bollo auto.
  • Cassazione ord. sez.V n.31260/2023 (depositata 6/11/2023) – Ribadisce prescrizione 5 anni per ICI/TARSU oggi IMU/TARI; circoscrive differenza decadenza accertamento vs prescrizione riscossione.
  • Cass. sez.V n.2095/2023 – (citata in dottrina) conferma termine 5 anni vs tesi 10 anni (prescr. tributi locali).
  • Commissione Tributaria (C.G.T.) Prov. di Milano sent. n. 2622/2019 – ad esempio, su mancata dichiarazione IMU e sanzioni (varie sentenze di merito hanno applicato sanzioni minime se ravvedimento).
  • Circolare Ag. Entrate 28/E del 2 luglio 2012, §1.1 – Chiarimenti su IVIE (ambito soggettivo e oggettivo, esenzioni prima casa estera, credito imposta estera).
  • Legge 23 dicembre 2014 n.190, commi 710-713 – Estensione IVIE/IVAFE a società semplici ed enti non commerciali dal 2020.
  • Legge 11 dicembre 2016 n.232, art.1 c.540 – (pensionati esteri AIRE, riduzione IMU 50% prima casa Italia poi esenzione con L.178/2020 art.1 c.48).
  • Legge 29 dicembre 2022 n.197 (Bilancio 2023), art.1: commi 227-229 (Stralcio automatico mini-cartelle <=€1000 2000-15); commi 231-252 (Definizione agevolata cartelle “Rottamazione-quater”); commi 153-159 (Definizione agevolata avvisi bonari); commi 174-178 (Definizione liti pendenti); commi 166-173 (Sanatoria dichiarazioni infedeli con sanzioni 1/18).
  • D.L. 34/2023 conv. L.56/2023 – Ulteriori disposizioni attuative su rottamazione-quater e stralcio interessi comuni (alcuni comuni hanno applicato solo stralcio interessi).

Hai scoperto di non aver pagato l’IMU anni fa? Fatti Aiutare da Studio Monardo

Molti contribuenti si accorgono in ritardo di non aver versato l’IMU per uno o più anni.
Se sono passati 5 o addirittura 10 anni, ti starai chiedendo: sono ancora in tempo per regolarizzare? Possono chiedermi il pagamento?
La risposta dipende dai tempi di prescrizione e da eventuali notifiche già avvenute.


Dopo quanti anni si prescrive l’IMU non pagata?

L’IMU si prescrive in 5 anni, a partire dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello in cui andava pagata.
Ma attenzione: la prescrizione può essere interrotta se il Comune ti invia:

  • 💌 Un sollecito di pagamento
  • 🧾 Un avviso di accertamento
  • ⚖️ Una cartella esattoriale o un’intimazione di pagamento

📌 Esempio: se non hai pagato l’IMU 2015, si prescrive il 31 dicembre 2021, a meno che nel frattempo tu non abbia ricevuto notifiche valide.


Cosa succede se non paghi l’IMU per anni?

Se l’IMU è ancora esigibile, puoi ricevere:

  • 📑 Avvisi di accertamento dal Comune con sanzioni e interessi
  • 💼 Cartelle esattoriali da parte dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione
  • 🛑 Fermi amministrativi, ipoteche o pignoramenti se ignori la richiesta

In alcuni casi, i Comuni notificano atti fuori termine o senza tracciabilità: in questi casi puoi difenderti efficacemente e far dichiarare la prescrizione.


Come comportarsi se ricevi un avviso o una cartella?

Se ti arriva una richiesta di pagamento IMU:

  1. 📂 Verifica subito l’anno di riferimento e la data della notifica
  2. 🕵️‍♂️ Controlla se è prescritta o illegittima
  3. ✍️ Presenta ricorso entro i termini se il Comune ha notificato fuori tempo
  4. ⚖️ Puoi anche contestare sanzioni e interessi eccessivi
  5. 🔁 In alternativa, puoi chiedere ravvedimento operoso o rateizzazione

🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo

📑 Verifica la validità della pretesa IMU ricevuta
📂 Controlla la notifica e la regolarità dell’avviso o cartella
⚖️ Presenta ricorso contro atti prescritti, errati o sproporzionati
✍️ Ti rappresenta davanti alla Commissione Tributaria
🔁 Ti assiste nella definizione agevolata o nella rateizzazione


🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

✔️ Esperto in contenzioso tributario e imposte locali
✔️ Iscritto come Gestore della crisi presso il Ministero della Giustizia
✔️ Consulente di proprietari di immobili, eredi e imprese


Conclusione

Se non hai pagato l’IMU da 5 o 10 anni, non è detto che tu debba ancora pagarla.
Con l’Avvocato Giuseppe Monardo puoi verificare la prescrizione, contestare eventuali atti irregolari e difenderti da richieste illegittime.

📞 Richiedi ora una consulenza riservata per valutare la tua posizione e tutelarti da accertamenti ingiusti.

Leggi con attenzione: se in questo momento ti trovi in difficoltà con il Fisco ed hai la necessità di una veloce valutazione sulle tue cartelle esattoriali e sui debiti, non esitare a contattarci. Ti aiuteremo subito. Scrivici ora. Ti ricontattiamo immediatamente con un messaggio e ti aiutiamo subito.

Informazioni importanti: Studio Monardo e avvocaticartellesattoriali.com operano su tutto il territorio italiano attraverso due modalità.

  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista personale degli Autori, basato sulla loro esperienza professionale. Non devono essere intese come consulenza tecnica o legale. Per approfondimenti specifici o ulteriori dettagli, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si ricorda che l’articolo fa riferimento al quadro normativo vigente al momento della sua redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono subire modifiche nel tempo. Decliniamo ogni responsabilità per un uso improprio delle informazioni contenute in queste pagine.
Si invita a leggere attentamente il disclaimer del sito.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Torna in alto

Abbiamo Notato Che Stai Leggendo L’Articolo. Desideri Una Prima Consulenza Gratuita A Riguardo? Clicca Qui e Prenotala Subito!