Decreto Ingiuntivo Mutuo Ipotecario: Come Tutelarsi

Hai ricevuto un decreto ingiuntivo per un mutuo ipotecario e ti stai chiedendo cosa succede adesso, quali sono i tuoi diritti e come puoi difenderti prima che la banca avvii il pignoramento della casa? Ti hanno intimato il pagamento immediato di tutto il debito residuo e temi di perdere il tuo immobile?

Il decreto ingiuntivo è un atto serio: è un titolo esecutivo che consente alla banca di procedere al pignoramento, se non reagisci subito. Ma non tutti i decreti ingiuntivi sono legittimi, soprattutto se il mutuo contiene anomalie nei tassi, clausole abusive o è già stato in parte pagato. Difendersi è possibile, ma serve agire tempestivamente.

Cos’è un decreto ingiuntivo sul mutuo ipotecario?
– È un provvedimento emesso dal giudice su richiesta della banca per ottenere rapidamente il pagamento delle rate non pagate o del capitale residuo
– Riguarda mutui in sofferenza, risolti anticipatamente o con rate insolute da mesi
– Viene notificato al debitore con ingiunzione a pagare entro 40 giorni, pena l’esecuzione forzata

Cosa puoi fare se ricevi un decreto ingiuntivo sul mutuo?
– Presentare opposizione entro 40 giorni dalla notifica, per bloccare l’efficacia esecutiva
– Verificare se il contratto presenta vizi come anatocismo, usura, errata determinazione degli interessi, violazione di norme sulla trasparenza
– Analizzare il piano di ammortamento e i pagamenti effettuati: molte volte il credito richiesto è errato o sovrastimato
– Se ci sono irregolarità gravi, chiedere la sospensione dell’esecuzione e il rigetto del decreto

Cosa succede se non ti opponi nei termini?
– Il decreto diventa definitivo ed esecutivo, e la banca può iscrivere pignoramento sull’immobile ipotecato
– Rischi la vendita all’asta della casa, anche per debiti inferiori al valore dell’immobile
– Diventa molto più difficile difendersi in un secondo momento

Come puoi tutelarti in concreto?
– Affidati subito a un avvocato esperto in diritto bancario: il tempo è limitato
– Richiedi e analizza tutta la documentazione: contratto di mutuo, piano di ammortamento, estratti conto, decreto notificato
– Avvia una perizia econometrica sul mutuo, per verificare anomalie finanziarie
– Presenta opposizione motivata e documentata: la banca ha l’onere di dimostrare la correttezza del credito

Cosa NON devi fare mai?
– Ignorare il decreto: dopo 40 giorni diventa esecutivo e non potrai più difenderti
– Trattare direttamente con la banca senza difesa tecnica: potresti firmare accordi sfavorevoli o rinunciare a diritti
– Aspettare che ti pignorino l’immobile per agire: molte difese vanno fatte prima
– Pensare che “tanto non possono togliermi la casa”: con il decreto esecutivo possono farlo, e in tempi brevi

Un decreto ingiuntivo sul mutuo ipotecario può essere bloccato. Ma hai solo 40 giorni per farlo.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in contenzioso bancario e difesa da decreti ingiuntivi – ti spiega come reagire legalmente, quali vizi puoi contestare e come salvare la casa da un pignoramento imminente.

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Introduzione

Il decreto ingiuntivo in materia di mutuo ipotecario rappresenta uno strumento rapido attraverso cui la banca (o altro creditore) può ottenere un ordine di pagamento dal giudice per le somme dovute su un finanziamento garantito da ipoteca. Dal punto di vista del debitore – tipicamente un privato che ha stipulato un mutuo per l’acquisto di una casa – ricevere un decreto ingiuntivo può essere un evento allarmante e carico di conseguenze. Questa guida, aggiornata a giugno 2025, offre un’analisi approfondita e di livello avanzato su come il debitore può tutelarsi in tale situazione, con riferimenti normativi (ordinamento italiano) e giurisprudenziali recenti. Il taglio è tecnico-giuridico ma divulgativo, pensato tanto per avvocati quanto per privati cittadini interessati a comprendere i propri diritti e le possibili strategie difensive.

Struttura della guida: Inizieremo spiegando cos’è il decreto ingiuntivo e come funziona il procedimento monitorio, con particolare riferimento ai crediti derivanti da mutui ipotecari. Illustreremo poi le possibili difese del debitore, distinguendo le diverse fasi: dall’opposizione al decreto ingiuntivo (entro 40 giorni) alle strategie difensive nel caso in cui il decreto sia già esecutivo (ad esempio perché è provvisoriamente esecutivo o perché non è stato opposto tempestivamente). Verranno presentati casi pratici e simulazioni ambientati nell’ordinamento italiano, con esempi concreti dal punto di vista del debitore (privato consumatore). Saranno incluse domande e risposte frequenti (FAQ) per chiarire i dubbi più comuni, nonché tabelle riepilogative che schematizzano le principali informazioni: ad esempio i termini processuali, i rimedi esperibili e le recenti sentenze di rilievo. In chiusura, troverete una sezione con tutte le fonti normative e giurisprudenziali citate, tra cui articoli di legge (Codice civile, Codice di procedura civile, Testo Unico Bancario) e pronunce aggiornate della Corte di Cassazione (incluse Sezioni Unite) e dei tribunali italiani, così da fornire riferimenti autorevoli e verificabili.

Cos’è un decreto ingiuntivo e come funziona (procedimento monitorio)

Il decreto ingiuntivo è un provvedimento giudiziale emesso inaudita altera parte (cioè senza previo contraddittorio con il debitore) su ricorso di un creditore, con cui il giudice ingiunge al debitore di pagare una somma di denaro (o consegnare una cosa determinata) entro un certo termine. Si tratta di uno strumento del cosiddetto procedimento monitorio, disciplinato dagli artt. 633 e seguenti del Codice di procedura civile.

In termini semplici, il decreto ingiuntivo consente al creditore di ottenere in tempi rapidi un titolo esecutivo – equiparato a una sentenza di condanna – con cui poter avviare l’esecuzione forzata, evitando una causa ordinaria lunga e dall’esito incerto. Infatti, una volta emesso e notificato, il decreto diviene definitivo (e quindi esecutivo in via definitiva) se il debitore non lo oppone entro i termini di legge. Vedremo a breve i dettagli su tali termini e sull’opposizione.

Perché un giudice emetta un decreto ingiuntivo, il creditore deve soddisfare alcuni presupposti di legge (art. 633 c.p.c. e seguenti):

  • Credito certo, liquido ed esigibile: il credito deve riguardare una somma determinata (liquida) e già scaduta (esigibile). In altre parole, l’importo dev’essere facilmente quantificabile e il pagamento deve essere dovuto al momento del ricorso (ad esempio perché la scadenza è già avvenuta o il contratto è risolto). Un credito futuro o subordinato a condizione non consente ingiunzione (se non a determinate condizioni, v. art. 633 comma 2 c.p.c.).
  • Prova scritta del credito: il creditore deve fornire documentazione scritta a supporto della propria pretesa. L’art. 634 c.p.c. elenca esempi di prove scritte: promesse di pagamento sottoscritte, cambiali o assegni, polizze, telegrammi, estratti autentici delle scritture contabili, contratti sottoscritti dalle parti, ecc. In generale, un contratto di mutuo per iscritto costituisce certamente prova scritta del credito residuo vantato dalla banca, purché il creditore alleghi anche l’ammontare dovuto (ad esempio tramite un estratto conto che quantifichi il debito residuo). Come vedremo, per le banche esiste una disposizione speciale – art. 50 del Testo Unico Bancario (T.U.B.) – che consente di presentare in sede monitoria un estratto conto certificato dal dirigente dell’istituto, con efficacia di prova scritta del credito.
  • Competenza del giudice e contributo unificato: il ricorso per ingiunzione va presentato al giudice competente per valore e territorio (nel caso di mutuo, tipicamente il Tribunale civile del luogo in cui il debitore risiede, essendo di norma importi elevati; il Giudice di Pace è competente solo per crediti fino a €5.000). È richiesto il pagamento di un contributo unificato in base al valore del credito azionato, come per ogni procedura civile.

Se tali presupposti sono rispettati, il giudice, entro circa 30 giorni dal deposito del ricorso (salvo carichi di lavoro), può accogliere la domanda emettendo il decreto ingiuntivo. Il provvedimento ingiuntivo contiene l’ordine per il debitore di pagare la somma indicata (oltre interessi e spese legali) entro 40 giorni dalla notifica, con l’avvertimento che in difetto si procederà ad esecuzione forzata. Inoltre, è indicato che il debitore può opporre il decreto nei 40 giorni (art. 641 c.p.c.).

È importante sottolineare che, in questa fase sommaria, non vi è contraddittorio: il debitore non viene sentito prima dell’emissione del provvedimento. Il giudice decide inaudita altera parte sulla base degli atti prodotti dal creditore. Ciò non significa però che il debitore sia privo di difese: potrà farle valere in seguito, tramite l’opposizione. In altre parole, il procedimento monitorio inverte la sequenza ordinaria: prima si emette l’ordine di pagamento (se la documentazione del creditore appare regolare), poi si lascia al debitore la facoltà di contestare in giudizio quella pretesa, instaurando un giudizio di merito a posteriori.

Vantaggi per il creditore: Il ricorso a decreto ingiuntivo è molto comune per le banche che devono recuperare crediti, perché consente di ottenere rapidamente un titolo esecutivo e avviare il pignoramento dei beni del debitore senza attendere i tempi di una causa ordinaria. Ad esempio, di fronte a rate di mutuo non pagate e all’intero capitale residuo divenuto esigibile, la banca può ottenere un decreto ingiuntivo in poche settimane e, trascorsi 40 giorni senza opposizione, procedere al pignoramento dell’immobile ipotecato o di altri beni.

Provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo: Di regola, dopo la notifica al debitore decorre un termine (40 giorni) prima che il decreto diventi esecutivo e il creditore possa procedere con l’esecuzione forzata. Tuttavia, la legge consente al creditore, in taluni casi, di chiedere ed ottenere la cosiddetta esecutorietà provvisoria del decreto ingiuntivo (art. 642 c.p.c.). Ciò significa che il decreto ingiuntivo è immediatamente esecutivo e può essere utilizzato subito come titolo per il pignoramento, senza attendere la scadenza dei 40 giorni (pur restando ferma la facoltà del debitore di opporsi). Le ipotesi principali in cui il giudice può concedere la provvisoria esecuzione sono:

  • Quando il credito è fondato su cambiale, assegno bancario o altri titoli di credito (art. 642 co.1 n.2 c.p.c.) oppure su atto ricevuto da notaio (es. mutuo notarile) che abbia efficacia di titolo esecutivo di per sé. In tal caso, l’ingiunzione viene emessa già in forma esecutiva.
  • Quando il creditore può dimostrare che dal ritardo nella riscossione deriverebbe un grave pregiudizio (art. 642 co.1 n.1 c.p.c.). Ad esempio, se vi è pericolo concreto che il debitore disperda o sottragga i beni, il giudice potrebbe motivare l’urgenza e rendere il decreto immediatamente esecutivo.
  • Nei casi espressamente previsti dalla legge; ad esempio, in materia di locazioni e di assegni di mantenimento sono previste corsie preferenziali.

Nel contesto del mutuo ipotecario, è possibile che la banca richieda la provvisoria esecuzione se ritiene che vi siano rischi nel differire l’esecuzione di 40 giorni (ad esempio, se il debitore sta vendendo beni o l’immobile sta per essere alienato a terzi). Tuttavia, occorre precisare che molto spesso, in pratica, le banche che agiscono per crediti da mutuo non hanno nemmeno bisogno del decreto ingiuntivo: come spiegheremo, il contratto di mutuo fondiario (mutuo bancario garantito da ipoteca) stipulato per atto pubblico notarile è esso stesso un titolo esecutivo ai sensi dell’art. 474 c.p.c. Ciò consente al creditore di agire direttamente in via esecutiva (con precetto e pignoramento) senza passare dal giudice per ottenere un’ingiunzione. Dunque, è importante comprendere quando e perché viene utilizzato il procedimento monitorio in caso di mutuo ipotecario, e quali differenze vi sono rispetto alla esecuzione diretta basata sul contratto.

Mutuo ipotecario: titolo esecutivo e peculiarità rispetto all’ingiunzione

Il mutuo ipotecario è il contratto di finanziamento (di solito a medio-lungo termine) con il quale una banca eroga una somma a un privato, garantendosi il rimborso mediante l’iscrizione di un’ipoteca su un immobile di proprietà del debitore (spesso la casa acquistata col mutuo). Dal punto di vista giuridico, il mutuo è tipicamente formalizzato con un atto pubblico notarile: ciò rende il contratto stesso un titolo esecutivo stragiudiziale ai sensi dell’art. 474 c.p.c., in quanto atto ricevuto da pubblico ufficiale contenente l’obbligazione di una somma di denaro certa e liquida. In pratica, la banca, disponendo di un contratto notarile e di documentazione che quantifica il debito residuo, può evitare di passare per il giudice: le basta notificare al debitore un atto di precetto (intimazione di pagamento entro 10 giorni) allegando un estratto conto certificato ex art. 50 TUB, e poi, in mancanza di pagamento, procedere con il pignoramento dell’immobile ipotecato.

Perché allora le banche chiedono un decreto ingiuntivo sul mutuo? Ci sono vari motivi e scenari da considerare:

  • Talvolta il mutuo potrebbe non essere stato formalizzato con atto notarile (ad esempio, mutui concessi da finanziarie non bancarie o prestiti con garanzia ipotecaria di natura diversa). In tal caso il contratto non è di per sé titolo esecutivo e la banca deve ottenere un provvedimento giudiziale (decreto ingiuntivo o sentenza) per poter pignorare i beni del debitore.
  • Anche se il contratto è un titolo esecutivo, la banca potrebbe preferire ottenere un decreto ingiuntivo per cristallizzare meglio il credito in una fase monitoria. Ad esempio, se vi sono contestazioni possibili sui conteggi, oppure se oltre al capitale mutuato la banca intende chiedere importi per spese, interessi di mora, penali, ecc., presentare tutto al giudice in sede monitoria può essere ritenuto più prudente. Una volta scaduti i termini di opposizione, il decreto ingiuntivo acquista autorità di cosa giudicata sul credito accertato.
  • In passato (e ancora oggi, per i crediti fondiari), ottenere un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo permetteva alla banca di agire immediatamente e contemporaneamente avviare l’esecuzione immobiliare. In effetti, la disciplina speciale del credito fondiario (art. 38 e ss. TUB) offre alcuni vantaggi al creditore: uno di questi è la possibilità di iniziare o proseguire l’esecuzione immobiliare anche in caso di procedure concorsuali del debitore. Un altro, sancito dall’art. 41 TUB (ora abrogato e sostituito da norme del Codice della crisi), era la facoltà di escutere l’ipoteca con procedimento sommario. Oggi, la giurisprudenza conferma che il creditore fondiario (banca) può proseguire la sua esecuzione anche se il debitore accede a procedure di sovraindebitamento: “l’improseguibilità delle procedure esecutive individuali conseguente alla liquidazione controllata del sovraindebitato non necrotizza l’esecuzione forzata intrapresa da un così detto ‘creditore fondiario’”. In sostanza, la banca con mutuo fondiario ha uno status privilegiato: ad esempio, se il debitore fa istanza di liquidazione del patrimonio (una sorta di fallimento personale), l’asta immobiliare della banca ipotecaria può andare avanti lo stesso, con distribuzione del ricavato privilegiata.
  • Se il debitore è moroso solo con poche rate, la banca inizialmente non può chiedere l’intero capitale residuo. Occorre la decadenza dal beneficio del termine: in base all’art. 40 TUB, il contratto di mutuo può essere risolto e il debito residuo diventare immediatamente esigibile quando il mutuatario è in ritardo nel pagamento di almeno sette rate (anche non consecutive), ciascuna in ritardo di almeno 30 giorni oltre la scadenza. In pratica, dopo varie rate non pagate, la banca invia una comunicazione formale di risoluzione del contratto e richiesta di pagamento immediato di tutto il dovuto (capitale residuo più interessi e spese). Se il debitore non paga, la banca potrà agire: se ha titolo esecutivo (contratto notarile) andrà direttamente con precetto; altrimenti, chiederà un decreto ingiuntivo per formalizzare l’ordine di pagamento dell’intero importo.

Vale la pena ribadire: il contratto di mutuo fondiario è titolo esecutivo, quindi spesso il debitore di un mutuo in sofferenza si vede notificare direttamente un atto di precetto seguito dal pignoramento immobiliare, senza passare per il decreto ingiuntivo. In tal caso, ovviamente, non ci sarà un’opposizione a decreto (non essendoci stato decreto), ma il debitore potrà eventualmente proporre opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. (se contesta il diritto della banca di procedere, ad es. perché il contratto è nullo o il debito estinto) oppure opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. (se ci sono vizi formali nel precetto o nel pignoramento). Questi rimedi li tratteremo in seguito.

Ipoteca volontaria vs ipoteca giudiziale: Nel caso del mutuo, l’ipoteca esiste già perché costituita volontariamente a garanzia del prestito. Tuttavia, dopo un decreto ingiuntivo (anche prima che diventi definitivo), il creditore potrebbe comunque iscrivere una ipoteca giudiziale su altri beni del debitore. Ad esempio, se il mutuatario possiede altri immobili non coperti dall’ipoteca volontaria, la banca – ottenuto il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo – potrebbe iscrivere ipoteca giudiziale su di essi per maggior tutela (art. 2818 c.c.). Ciò rientra nelle strategie possibili del creditore, ma dal punto di vista del debitore costituisce un ulteriore aggravio: più beni vincolati a garanzia del debito. Se il debitore poi oppone il decreto e ne ottiene la revoca, potrà chiedere la cancellazione di tali ipoteche giudiziali.

In sintesi, il decreto ingiuntivo per un mutuo ipotecario è uno strumento che la banca utilizza soprattutto quando non dispone già di un titolo esecutivo idoneo o vuole rafforzare la propria posizione con un provvedimento giudiziale. Quando viene notificato un decreto ingiuntivo relativo a un mutuo, significa in genere che la situazione è grave: il mutuo è stato risolto, l’intero debito residuo è richiesto in una soluzione unica, e la banca si sta preparando – in mancanza di opposizione o pagamento – a procedere con il pignoramento della casa o di altri beni. È quindi fondamentale che il debitore capisca cosa fare immediatamente dopo la notifica di un decreto ingiuntivo. Passiamo dunque ad esaminare i rimedi a disposizione del debitore, iniziando dall’opposizione ordinaria entro 40 giorni.

Notifica del decreto ingiuntivo e termine per l’opposizione (40 giorni)

La notifica del decreto ingiuntivo al debitore è un passaggio cruciale: da essa decorre il termine perentorio di legge entro cui il debitore può reagire con l’opposizione. In base all’art. 641 c.p.c., il decreto ingiuntivo deve essere notificato a cura del creditore entro 60 giorni dall’emissione (pena la sua inefficacia); una volta notificato, il debitore ha 40 giorni di tempo per proporre opposizione. Se il decreto non viene opposto entro questo termine, esso acquista efficacia di giudicato e diventa definitivamente esecutivo (art. 647 c.p.c.), equiparabile a una sentenza passata in giudicato.

È essenziale dunque annotare la data esatta in cui si riceve la notifica: i 40 giorni decorrono da quella data (con qualche particolarità se la notifica avviene irreperibilità o per pubblici proclami, ma sono casi rari per i mutui). Inoltre, se il debitore risiede all’estero, la legge concede un termine più lungo (60 giorni o 90 giorni, a seconda dei casi) per l’opposizione. Ma nella stragrande maggioranza di casi, parliamo di 40 giorni.

Durante questo termine, il decreto ingiuntivo non può ancora essere eseguito, a meno che – come detto – il giudice non lo abbia dichiarato provvisoriamente esecutivo. Se il decreto non è provvisoriamente esecutivo, la banca-creditore dovrà attendere lo spirare dei 40 giorni; se il debitore propone opposizione, l’esecutività rimane sospesa (salvo diversa decisione) finché il giudizio di opposizione non si conclude. Al contrario, se il decreto è provvisoriamente esecutivo, la banca può notificare un precetto e iniziare il pignoramento anche prima dei 40 giorni. In tale scenario il debitore, per evitare di subire l’esecuzione immediata, deve valutare azioni urgenti: ad esempio, può chiedere al giudice la sospensione della provvisoria esecutività (art. 649 c.p.c.) contestualmente all’opposizione, ottenendo un provvedimento d’urgenza che blocchi temporaneamente l’esecuzione in attesa dell’esito del giudizio di merito.

Facciamo chiarezza con un esempio pratico:

  • Esempio: Tizio riceve dalla banca X un decreto ingiuntivo, notificato il 1° settembre 2025, che gli intima il pagamento di €100.000 quale saldo di un mutuo risolto, oltre interessi e spese. Il decreto non è provvisoriamente esecutivo. Tizio ha tempo fino all’11 ottobre 2025 (40 giorni dal 1° settembre, contando dal giorno successivo) per depositare un atto di citazione in opposizione. In tale periodo, la banca non può iniziare il pignoramento. Se Tizio il 5 ottobre deposita opposizione, il processo di merito avrà inizio e il decreto resterà sospeso in attesa della sentenza (che confermerà, modificherà o annullerà l’ingiunzione). Se invece Tizio lascia decorrere i 40 giorni senza agire, dal 12 ottobre il decreto diviene definitivo: la banca a quel punto potrà procedere con precetto e pignoramento dell’immobile ipotecato di Tizio.
  • Variante: Se nel caso sopra il decreto fosse stato emesso con la clausola di provvisoria esecutorietà, la banca potrebbe già dai primi di settembre notificare a Tizio un atto di precetto (ingiungendogli di pagare entro 10 giorni) e, trascorso tale termine, attivare il pignoramento immobiliare anche prima del 11 ottobre. In tale contesto, Tizio – per evitare di vedersi pignorare la casa entro poche settimane – dovrebbe agire immediatamente: presentare l’atto di opposizione ben prima della scadenza dei 40 giorni e contestualmente depositare un’istanza in tribunale per ottenere un provvedimento di sospensione dell’efficacia esecutiva (ex art. 649 c.p.c.). Il giudice dell’opposizione, valutati gli elementi (ad esempio se emergono motivi seri di contestazione o rischi di danno grave per il debitore), può sospendere l’esecuzione fino all’esito del giudizio di opposizione. Se la sospensione viene concessa, la banca dovrà interrompere o non iniziare il pignoramento, pur restando il titolo provvisoriamente valido. Se invece la sospensione non viene concessa, l’esecuzione può proseguire parallelamente al giudizio di opposizione.

In sintesi, quando si riceve un decreto ingiuntivo relativo a un mutuo ipotecario, le prime mosse per il debitore dovrebbero essere:

  1. Verificare la data di notifica e calcolare il termine di 40 giorni per l’opposizione. Annotare anche eventuali vizi di notifica (indirizzo errato, consegna a persona non autorizzata, ecc.), perché possono rilevare (lo vedremo nell’opposizione tardiva).
  2. Controllare se il decreto è provvisoriamente esecutivo. Questo di solito è indicato espressamente nel decreto stesso (“… visto l’art. 642 c.p.c., concede provvisoria esecuzione…”). In mancanza di tale dizione, il decreto non è immediatamente esecutivo.
  3. Consultare immediatamente un legale per valutare i motivi di opposizione e predisporre l’atto, soprattutto se il credito è contestabile. Il tempo di 40 giorni può sembrare lungo, ma predisporre una buona difesa richiede raccolta di documenti (es. contratto di mutuo, estratti conto, ricevute di pagamento, corrispondenza con la banca) e analisi giuridica. Inoltre, notificare l’atto di citazione in opposizione alla banca con congruo anticipo è importante (ad es., se si arriva all’ultimo giorno utile, il rischio di errori o contrattempi aumenta).
  4. Decidere se chiedere la sospensione dell’esecutività (art. 649 c.p.c.): se il decreto è provvisoriamente esecutivo o se comunque la banca ha già minacciato azioni esecutive immediate (ad es. ha preannunciato iscrizione di ipoteca giudiziale o pignoramento), l’opponente può inserire nell’atto di citazione un’istanza al giudice affinché sospenda l’efficacia esecutiva del decreto ingiuntivo fino alla decisione. Questa istanza verrà valutata in una prima udienza (che la riforma del 2021 ha reso più celere), seguendo criteri simili a quelli cautelari: il giudice verifica il fumus (serietà dei motivi di opposizione) e il periculum (pregiudizio dall’esecuzione).

Nei prossimi paragrafi affronteremo nel dettaglio le strategie difensive vere e proprie: prima l’opposizione nei termini (ordinaria) con i motivi tipici da far valere, e poi – nel caso in cui il decreto sia ormai esecutivo perché non opposto in tempo – i rimedi tardivi e le difese in sede esecutiva. Il focus sarà dal punto di vista del debitore (consumatore), evidenziando anche le recenti tutele introdotte dalla giurisprudenza per i contratti bancari con consumatori (ad esempio il controllo delle clausole abusive d’ufficio, di cui hanno parlato le Sezioni Unite nel 2023).

Opposizione al decreto ingiuntivo (entro 40 giorni): procedimento e motivi di difesa

L’opposizione a decreto ingiuntivo è l’atto con cui il debitore ingiunto instaura un ordinario giudizio di cognizione per contestare, in tutto o in parte, la pretesa del creditore. Tecnicamente, si tratta di un atto di citazione (art. 645 c.p.c.) da notificare alla controparte (creditore opposto) entro il termine di 40 giorni dalla notifica del decreto. Con l’opposizione, il debitore diventa attore nel giudizio di merito e il creditore l’opposto (convenuto); tuttavia, l’onere di provare il credito rimane in capo al creditore opposto, trattandosi pur sempre della domanda originaria azionata con il monitorio. In pratica il processo prosegue come una causa ordinaria di primo grado, in cui il giudice riesaminerà la vicenda come se fosse sin dall’inizio contenziosa.

Procedura: L’atto di citazione in opposizione va notificato alla banca (presso il suo indirizzo legale o al procuratore costituito se indicato nel decreto) e poi depositato in tribunale con iscrizione a ruolo. Da lì si avvia il giudizio. È importante che nell’atto di opposizione il debitore esponga tutti i motivi di contestazione al credito, poiché in base al rito ordinario eventuali eccezioni non sollevate tempestivamente potrebbero essere precluse in seguito. L’opposizione può essere totale (contesta l’intera somma ingiunta) o parziale (ad esempio, si ammette un debito minore ma si contesta una parte). In caso di contestazione parziale, il decreto ingiuntivo può essere dichiarato esecutivo per la parte non contestata (art. 648 c.p.c., cosiddetta esecuzione provvisoria in corso di causa).

Effetti dell’opposizione: Se il decreto non era provvisoriamente esecutivo, l’opposizione proposta nei termini impedisce al creditore di procedere esecutivamente: il titolo rimane sospeso. Se invece era già esecutivo, l’opposizione di per sé non sospende l’esecutorietà (a meno di provvedimento ex art. 649 c.p.c., come sopra discusso). L’opposizione trasforma il procedimento in un giudizio a cognizione piena, dove si applicano le norme ordinarie del processo civile. Ciò significa, ad esempio: obbligo di comparizione delle parti, eventuale mediazione obbligatoria (nel caso di contratti bancari, il giudice normalmente, ex d.lgs. 28/2010, deve disporre un tentativo di mediazione nel corso dell’opposizione, essendo materia bancaria), possibilità di presentare domande riconvenzionali, istruttoria con prove testimoniali o CTU, ecc. L’esito sarà una sentenza del tribunale che deciderà se confermare, modificare o revocare il decreto ingiuntivo opposto.

Motivi di opposizione tipici nei mutui ipotecari: Dal punto di vista del debitore-consumatore, vi sono diversi filoni di difesa che possono essere articolati nell’opposizione. Elenchiamo i più frequenti e rilevanti, avendo cura di distinguere tra vizi formali del procedimento monitorio e contestazioni sostanziali sul rapporto di mutuo:

  1. Mancanza di prova scritta o invalidità del contratto: Il debitore può eccepire che la banca non aveva i presupposti per ottenere il decreto ingiuntivo. Ad esempio, se manca un contratto scritto valido a base del credito. Può sembrare raro, ma è accaduto: contratti di finanziamento non sottoscritti dalla banca, moduli incompleti o clausole essenziali assenti (tasso di interesse non indicato), tali da rendere nullo il contratto per difetto di forma o indeterminatezza. L’art. 117 TUB richiede la forma scritta a pena di nullità per i contratti bancari, e l’art. 1346 c.c. richiede che l’oggetto del contratto sia determinato o determinabile. Dunque, se il mutuo presenta vizi di forma gravi (es. documento privo di firma della banca, condizioni economiche non chiare), il debitore in opposizione può sostenere la nullità del contratto o l’assenza di valida prova scritta, con conseguente insussistenza del credito ingiunto. Ad esempio, Cassazione ha affermato che una fattura da sola può giustificare un decreto ingiuntivo, ma poi in opposizione deve essere provato il rapporto sottostante. Allo stesso modo, un contratto monco o nullo non basta a sostenere la condanna: in giudizio di opposizione il creditore dovrà provare il credito con tutti i mezzi, non potendosi più accontentare dell’estratto conto unilaterale.
  2. Errori nel calcolo del debito, interessi non dovuti, usura: È cruciale verificare come la banca è arrivata alla somma richiesta. Il debitore può contestare gli interessi applicati, le commissioni e spese addebitate durante il rapporto di mutuo, per verificare se sono legittimi. In base all’art. 1284 c.c. e all’art. 117 TUB, gli interessi ultralegali, le spese e commissioni devono essere pattuiti per iscritto e in modo chiaro, altrimenti non sono dovuti. Ad esempio, se la banca ha capitalizzato interessi (anatocismo) senza pattuizione valida, o ha addebitato commissioni non previste dal contratto, tali importi vanno eliminati dal conto. Frequenti contestazioni:
    • Interessi corrispettivi oltre il tasso legale senza pattuizione scritta: se nel contratto manca l’indicazione del tasso, per legge il mutuo produrrebbe solo interessi al tasso legale. Ogni interesse maggiore addebitato sarebbe indebito.
    • Interessi di mora (moratori) usurari: L’applicazione di un tasso di mora superiore al tasso soglia antiusura (stabilito trimestralmente dalla legge 108/1996) è nulla ai sensi dell’art. 1815 co.2 c.c. (“se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi”). La Cassazione ha chiarito che la disciplina antiusura si applica anche agli interessi moratori e che va individuata una soglia specifica per essi; la nullità colpisce gli interessi di mora eccedenti ma non travolge gli interessi corrispettivi leciti né l’intero contratto. Inoltre ha confermato che non si possono sommare tasso corrispettivo e di mora per sostenere il superamento della soglia: va valutato separatamente ciascun tasso. Dunque, se la banca ha applicato un tasso di mora usurario, il debitore in opposizione potrà chiedere che nessun interesse di mora sia dovuto (pur restando dovuti eventualmente gli interessi corrispettivi fino alla risoluzione del mutuo). Attenzione: la presenza di usura può anche dare luogo a eccezioni di nullità parziale e rideterminazione del piano di ammortamento. In casi estremi, si può configurare il reato di usura bancaria, ma ai fini civili conta ottenere la non debenza degli interessi usurari.
    • Anatocismo e interessi su interessi: per i mutui, in genere gli interessi corrispettivi sono calcolati con metodo “alla francese” nelle rate, incorporando già una quota interessi. L’anatocismo è regolato dall’art. 1283 c.c. e da norme speciali: attualmente, per le operazioni bancarie in conto corrente è vietato il calcolo trimestrale a debito se non a certe condizioni di reciprocità. Nei mutui, l’anatocismo può emergere se, ad esempio, interessi scaduti vengono sommati al capitale e su di essi ulteriormente calcolati interessi (interessi composti). La contestazione può essere tecnica (spesso occorre una consulenza contabile). Se emerge anatocismo non pattuito, il debitore può chiedere la ricalcolo del debito eliminando la capitalizzazione illecita.
    • Commissioni occulte o spese non dovute: a volte nei contratti di mutuo vi erano clausole su penali per estinzione anticipata (ora regolate per legge), commissioni di massimo scoperto in finanziamenti in conto, spese di assicurazione imposte, etc. Alcune di queste voci potrebbero essere nulle (ad es. penali oltre limiti di legge, o spese non trasparenti). Oppure la banca potrebbe aver addebitato spese legali o di sollecito in modo forfettario non concordato. Ogni importo non concordato per iscritto è contestabile.
    In sintesi, l’opponente può eccepire che il saldo richiesto dalla banca è errato perché contiene somme non dovute o calcolate illegittimamente. In sede di giudizio, il giudice può disporre una CTU contabile per rideterminare l’esatto dare-avere eliminando gli addebiti illegittimi. Spesso, l’azione di difesa del debitore consiste proprio nel far emergere che il debito è inferiore a quanto preteso, se non addirittura annullabile in parte.
  3. Clausole contrattuali nulle o abusive (codice del consumo): Se il mutuatario è un consumatore (ossia persona fisica che ha stipulato il mutuo per scopi estranei ad attività imprenditoriale/professionale, tipico caso dell’acquisto della prima casa), si applicano le tutele del Codice del Consumo. In particolare, possono essere contestate le clausole vessatorie ai sensi degli artt. 33-36 del d.lgs. 206/2005. Clausole che creano squilibrio a danno del consumatore, non negoziate individualmente, possono essere dichiarate nulle. Nei mutui, esempi di possibili clausole abusive: clausole che prevedono interessi di mora troppo elevati, o che consentono alla banca variazioni unilaterali sfavorevoli, o che impongono spese eccessive al consumatore in caso di inadempimento. La Corte di Giustizia UE ha più volte affermato che il giudice deve rilevare d’ufficio la vessatorietà di clausole del contratto del consumatore, in ogni stato e grado, anche oltre i limiti del giudicato, per garantire la tutela prevista dalla direttiva 93/13/CEE. Recentemente, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite (sentenza n. 9479 del 6 aprile 2023) ha affrontato proprio il tema delle clausole abusive nei procedimenti per decreto ingiuntivo non opposto, introducendo importanti novità (di cui diremo dettagliatamente più avanti, parlando dell’opposizione tardiva). In sede di opposizione ordinaria, comunque, il debitore-consumatore deve dedurre le eventuali clausole abusive che incidono sul credito, se ne è a conoscenza, perché il giudizio di opposizione verte sull’esistenza e quantificazione del credito. Il giudice ha il potere-dovere di valutare d’ufficio la nullità di clausole abusive solo se queste rilevano sul calcolo del dovuto e solo entro certi limiti, cioè se dal ricorso monitorio stesso emergeva l’applicazione di tali clausole. In pratica, per evitare che il decreto ingiuntivo diventi un giudicato implicito sulle clausole, la Cassazione ha stabilito linee guida rigorose: il giudice che emette il decreto deve già motivare sull’eventuale presenza di clausole abusive e, se non lo fa, si aprono spiragli per opposizioni tardive (ne parleremo). Nel giudizio di opposizione (nei termini), comunque, il consumatore può far valere clausole nulle (es. clausola di determinazione interessi non chiara, clausola penale eccessiva, ecc.) e chiedere la riduzione del credito di conseguenza.
  4. Eccezioni sul contratto di mutuo stesso: Oltre a vizi nel calcolo, il debitore potrebbe eccepire nullità radicali del mutuo: ad esempio, in passato si è discusso della nullità del mutuo fondiario per violazione del limite di finanziabilità (mutuo oltre l’80% del valore dell’immobile). La giurisprudenza attuale (Cass., Sez. Un., 16 novembre 2022, n. 33719) ha però risolto il contrasto stabilendo che il superamento del limite dell’80% (art. 38 TUB) non comporta nullità del contratto e non consente al giudice di “declassare” il mutuo fondiario a mutuo ordinario: la norma sul limite è di vigilanza prudenziale, non un elemento essenziale del contratto. Dunque, il debitore non può ottenere l’annullamento del mutuo solo perché la banca ha finanziato oltre l’80% senza garanzie aggiuntive; resta comunque un mutuo valido e dovuto (semmai, la banca potrebbe perdere i benefici fondiari). Allo stesso modo, eccezioni come la mancata erogazione effettiva della somma (es. mutuo con depositi cauzionali) sono state chiarite dalla Cassazione: le Sez. Unite 2021 hanno stabilito che anche il mutuo con deposito cauzionale è titolo esecutivo ed è valido. In sintesi, difese “estreme” volte a far dichiarare nullo l’intero contratto di mutuo raramente hanno successo, salvo veri e propri vizi di consenso (es. usura originaria potrebbe essere motivo di nullità parziale degli interessi, ma non annulla il capitale; un’eventuale truffa contrattuale o falsità del contratto sarebbero da provare penalmente).
  5. Questioni procedurali: In opposizione, il debitore può anche far valere questioni procedurali come l’incompetenza del giudice che ha emesso il decreto (che renderebbe nullo il decreto stesso). Ad esempio, se la banca ha errato nel determinare il foro competente, e il giudice monitorio era incompetente, in sede di opposizione il nuovo giudice dichiarerà la propria incompetenza e il decreto verrà revocato. Oppure se il decreto è stato notificato senza il rispetto dei termini, ecc. Sono aspetti tecnici che il legale valuterà. Generalmente, però, l’opposizione a decreto ingiuntivo tende a focalizzarsi sul merito del diritto di credito.

Il giudizio di opposizione: Al termine della causa di opposizione, il tribunale emetterà sentenza. Se l’opposizione è accolta, il decreto ingiuntivo viene revocato (in tutto o in parte) e, se del caso, il giudice ridetermina l’importo dovuto o rigetta integralmente la pretesa della banca. Se l’opposizione è respinta, il decreto viene confermato e acquista efficacia esecutiva definitiva per l’importo stabilito. La sentenza che decide sull’opposizione è a tutti gli effetti una sentenza di primo grado, impugnabile con appello in Corte d’Appello (entro 30 giorni dalla notifica o 6 mesi se non notificata) e successivamente con ricorso per Cassazione. Va osservato che, se il debitore opposto aveva ottenuto in corso di causa la sospensione dell’esecuzione, con la sentenza di rigetto dell’opposizione il giudice d’appello può comunque disporre che l’esecuzione riprenda immediatamente. Di converso, se il debitore ottiene in sentenza una riduzione del dovuto o annulla il titolo, potrà chiedere la restituzione di quanto eventualmente già pagato alla banca in forza del decreto poi revocato (ad esempio, se l’immobile era stato pignorato e venduto, sorgono complessi problemi di restituzione del ricavato, gestione delle distribuzioni, ecc., ragione per cui è fondamentale cercare di bloccare per tempo l’esecuzione in pendenza di giudizio).

Costi e rischi: Il debitore che propone opposizione deve considerare i possibili esiti. Se l’opposizione viene respinta, infatti, egli potrebbe essere condannato alle spese legali in favore della banca (onorari dell’avvocato della banca, spese vive) e inoltre, durante il periodo del giudizio, maturano ulteriori interessi sul debito. Viceversa, se l’opposizione ha successo (anche parzialmente, ad esempio riducendo il dovuto), le spese possono essere compensate o poste a carico della banca. Pertanto, un’analisi costi-benefici con il proprio legale è opportuna: opporsi a un decreto ingiuntivo ha senso quando esistono fondati motivi di contestazione, altrimenti si rischia solo di aggiungere costi. Tuttavia, va detto che nelle materie di consumo i giudici sono spesso propensi a compensare le spese, soprattutto se l’opposizione ha portato a rettifiche del saldo o ha sollevato questioni di buona fede contrattuale.

Riassumendo, l’opposizione ordinaria è lo strumento principale di difesa entro i 40 giorni. Il debitore deve usarla per far valere tutti i motivi sostanziali e formali contro il decreto ingiuntivo relativo al mutuo: dalla verifica del contratto, al controllo del tasso di interesse, all’eventuale presenza di clausole abusive. Nel prossimo paragrafo considereremo invece la situazione – purtroppo frequente – in cui il debitore non abbia fatto opposizione nei termini, e il decreto sia divenuto esecutivo: quali rimedi esistono tardivamente e cosa si può fare se ormai la casa è oggetto di esecuzione.

Opposizione tardiva (art. 650 c.p.c.): l’ultima risorsa a decreto già esecutivo

Può accadere, per vari motivi, che il debitore non riesca ad opporsi entro 40 giorni. Magari non ha compreso subito la gravità della situazione, oppure – molto spesso – non ha proprio avuto conoscenza del decreto in tempo utile. Infatti, non è raro che la notifica del decreto ingiuntivo vada a vuoto (ad esempio perché il destinatario era temporaneamente assente e l’atto viene depositato in comune, o inviato ad una vecchia residenza). In questi casi, la legge prevede uno strumento di “rimessione in termini” straordinario: l’opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c. Questa opposizione è ammessa solo in casi tassativi, ossia quando il debitore prova di non aver avuto tempestiva conoscenza dell’ingiunzione per causa a lui non imputabile.

In particolare, l’art. 650 c.p.c. consente l’opposizione oltre i 40 giorni in tre ipotesi:

  • Irregolarità della notificazione del decreto ingiuntivo;
  • Caso fortuito;
  • Forza maggiore.

Queste circostanze devono aver impedito al debitore di proporre opposizione tempestiva. La classica situazione è la prima: un vizio di notifica (ad es. notifica effettuata ad un indirizzo errato, o a mani di persona non convivente che non ha riferito l’atto, ecc.). “Caso fortuito o forza maggiore” sono nozioni più vaghe: potrebbero includere situazioni eccezionali, come il debitore colpito da grave malattia o incidente durante tutto il periodo utile, eventi naturali (terremoti, alluvioni) che abbiano impedito di attivarsi, ecc. La giurisprudenza è tradizionalmente restrittiva, ma ha ammesso ad esempio la tardiva opposizione in caso di grave impedimento di salute documentato.

Termine per l’opposizione tardiva: Va proposta “entro dieci giorni dal primo atto di esecuzione” (art. 650 co.2 c.p.c.). Nella prassi, il primo atto di esecuzione è la notifica dell’atto di pignoramento (poiché il precetto è atto preterexecutoriale e non di esecuzione in senso stretto). Quindi, se il debitore scopre dell’esistenza del decreto ingiuntivo solo quando gli arriva il pignoramento immobiliare o un pignoramento presso terzi (stipendio, conto), ha 10 giorni da quella notifica per reagire. Ad esempio: decreto notificato male a marzo, mai opposto; la banca procede e notifica a luglio un pignoramento casa; il debitore lo riceve il 1° luglio: avrà fino al 11 luglio per fare opposizione tardiva, dimostrando che la notifica iniziale era viziata e dunque non per colpa sua non ha opposto prima.

L’opposizione tardiva si propone con le stesse forme dell’opposizione normale (atto di citazione) e nel relativo giudizio il debitore potrà far valere sia i motivi di merito che quelli relativi alla mancata conoscenza. Ovviamente, dovrà anche dare prova del motivo che giustifica la tardività (esibire documenti sulla notifica nulla o su causa di forza maggiore). Se il giudice accerta che c’era un’irregolarità di notifica, l’opposizione tardiva è ammissibile e il giudizio di merito si svolge come normale opposizione (anche se fuori termine). Se invece non ritiene fondata la scusa, dichiarerà inammissibile l’opposizione tardiva.

Va ricordato che l’opposizione tardiva non sospende automaticamente l’esecuzione in corso (art. 650 co.2 c.p.c. precisa che l’esecuzione può essere sospesa dal giudice se ricorrono gravi motivi, con provvedimento a parte). Quindi, spesso occorre anche chiedere al giudice dell’esecuzione la sospensione dell’esecuzione pendente, in attesa dell’esito dell’opposizione tardiva.

Novità 2023: tutela del consumatore e clausole abusive (Cass. Sez. Unite 9479/2023)

Un capitolo a sé – di grande importanza per i debitori consumatori – riguarda una forma atipica di opposizione tardiva delineata dalla Cassazione a Sezioni Unite nel 2023. Come anticipato, la sentenza n. 9479/2023 delle S.U. ha introdotto una tutela speciale nei casi in cui:

  • Il decreto ingiuntivo è stato emesso su un contratto concluso tra un professionista (es. banca) e un consumatore;
  • Il decreto non è stato opposto nei termini ed è divenuto definitivo;
  • Nel contratto potrebbero essere presenti clausole abusive rilevanti sull’ammontare del credito, e il giudice che ha emesso l’ingiunzione non ha motivato in ordine alla verifica di tali clausole, né ha avvisato il debitore della necessità di opporsi entro 40 giorni per evitare il formarsi del giudicato implicito su di esse.

In tali circostanze, la Cassazione ha individuato una sorta di “falla” nel sistema: il consumatore, confidando magari di non poter più far nulla dopo i 40 giorni, potrebbe subire un’esecuzione basata su un titolo che ingloba clausole potenzialmente nulle (es. interessi o spese non dovute) mai esaminate da un giudice. Ciò contrasterebbe con il dovere dei giudici di ufficio di proteggere il consumatore da clausole vessatorie.

La soluzione delle Sezioni Unite è stata innovativa: hanno stabilito che il giudice dell’esecuzione (G.E.), se si trova ad occuparsi dell’esecuzione di un decreto ingiuntivo non opposto ottenuto su un contratto di consumo, deve controllare d’ufficio l’eventuale presenza di clausole abusive che incidono su “an” o “quantum” del credito. Se dal fascicolo dell’ingiunzione o dagli atti disponibili non è possibile accertare subito la natura abusiva, il G.E. può condurre una breve istruttoria anche in fase esecutiva. A esito del controllo:

  • Se individua clausole potenzialmente abusive rilevanti, deve informarne le parti (creditore e debitore) e avvisare il debitore che ha 40 giorni di tempo per proporre opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c. limitatamente alla verifica delle clausole abusive.
  • Nel frattempo, il G.E. sospende la vendita o l’assegnazione del bene pignorato fino alla decisione del giudice dell’opposizione tardiva.
  • Se il debitore proponeva magari un’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. lamentando clausole abusive (perché non sapeva di poter fare 650 c.p.c.), il giudice deve riqualificare tale azione come opposizione tardiva ex 650 e rimetterla al giudice competente per il merito. In sostanza c’è una translatio iudicii verso il giudice dell’ingiunzione.
  • Se invece il debitore aveva già un’opposizione all’esecuzione pendente per altri motivi, il G.E. può comunque dare 40 giorni per la 650 c.p.c. sulle clausole (sospendendo intanto la vendita).

Questa pronuncia rivoluzionaria crea dunque un ulteriore scudo: anche dopo la scadenza dei termini ordinari, finché l’esecuzione immobiliare non è arrivata alla vendita, il consumatore può essere rimesso in gioco per far valere nullità di clausole che altrimenti sarebbero rimaste coperte dal giudicato implicito. È un caso atipico di opposizione tardiva “ultratifo” (oltre i 10 giorni dal pignoramento), reso possibile perché il G.E. stesso attiva il meccanismo in virtù del dovere europeo di tutela del consumatore.

Esempio pratico: riprendiamo Tizio che non ha opposto il decreto ingiuntivo mutuo e subisce pignoramento della casa. L’immobile sta per essere venduto all’asta. Tizio però si accorge (magari con un consulente) che il contratto di mutuo conteneva una clausola di interessi di mora molto alta e forse nulla. Il giudice dell’esecuzione, alla luce di Cass. 9479/2023, dovrebbe: verificare se nel decreto ingiuntivo non v’è traccia di controllo su quella clausola; se non v’è, dovrebbe sospendere la procedura prima della vendita e avvisare Tizio che può fare opposizione tardiva entro 40 giorni per accertare l’abusività di quella clausola. Tizio potrà dunque avviare un giudizio di opposizione tardiva in cui il tribunale riesaminerà solo quel profilo (la clausola e gli importi derivatene). Se la clausola verrà dichiarata nulla, il decreto ingiuntivo verrà parzialmente revocato nella parte di interessi/spese e il credito ridotto; l’esecuzione riprenderà su un importo minore (oppure, se la differenza era molto grande, la banca potrebbe dover ricalcolare se magari il ricavato dell’asta basterebbe a estinguere il nuovo importo).

È importante notare che tale tutela vale solo per contratti con consumatori e per clausole di cui non si sia formato giudicato (cioè che il giudice monitorio non ha affrontato affatto). Non copre altri vizi o motivi non consumeristici. Ad esempio, se il debitore non consumatore non ha opposto in tempo per sua colpa, potrà fare opposizione tardiva solo se c’è vizio di notifica entro 10 giorni dal pignoramento; non avrà la sponda delle clausole abusive. La ratio di questa eccezione, come detto, è allineare il procedimento ingiuntivo italiano alle esigenze di tutela europee (dove altrove, tipo in Spagna, si era già intervenuti per consentire al giudice di bloccare esecuzioni basate su mutui con clausole abusive).

Come si innesta l’opposizione tardiva “sui generis”: Di fatto, quando il G.E. avvisa il debitore e concede 40 giorni per art. 650 c.p.c., quell’azione tardiva sarà circoscritta a far valere solo la nullità delle specifiche clausole abusive indicate. Non si potrà riaprire l’intera vicenda su altri motivi ormai preclusi (ad esempio non si potrà più contestare il capitale dovuto se non lo si contestò allora, a meno che quella quantificazione derivasse anch’essa dalla clausola nulla). È una finestra molto mirata, ma spesso vitale: si pensi a quei casi in cui la presenza di interessi usurari o penali occulte potrebbe ridurre drasticamente il debito, magari sotto il valore dell’immobile pignorato.

Proceduralmente, il debitore deve comunque proporre formale atto di citazione in opposizione tardiva (indicando che è ex art. 650 c.p.c. su sollecitazione del G.E.). Tale atto va contro la banca e si radicherà davanti al tribunale competente per il decreto (ossia lo stesso che aveva emesso l’ingiunzione, salvo diverso indirizzo indicato dal G.E.). Il processo è analogo a un’opposizione normale, ma limitato a quelle questioni. Nel frattempo l’esecuzione resta sospesa fino alla definizione di questa opposizione.

In conclusione, oggi un debitore consumatore che si trova con un decreto ingiuntivo non opposto ha comunque un ultimo spiraglio di difesa: verificare con un legale esperto se il proprio contratto di mutuo conteneva clausole che potrebbero definirsi abusive. Se sì, può (e deve) evidenziarlo al giudice dell’esecuzione, il quale – se non lo fa d’ufficio – può essere sollecitato a eseguire quel controllo. Questa è una materia di frontiera, inaugurata nel 2023, e già tribunali di merito (ad es. Trib. Verona 6 luglio 2023) si sono adeguati riconoscendo tali poteri al G.E.. Naturalmente, l’ideale per il debitore è non arrivare a questo punto, ma esercitare le difese già nella fase di opposizione tempestiva. Tuttavia sapere che anche a decreto esecutivo vi è quest’arma aggiuntiva è fondamentale per gli avvocati e i privati, così da non lasciar cadere situazioni recuperabili.

Fase esecutiva: pignoramento dell’immobile ipotecato e difese del debitore

Se il decreto ingiuntivo diventa definitivo (per mancata opposizione o dopo la sentenza che rigetta l’opposizione), la banca otterrà dal tribunale l’apposizione della formula esecutiva sul decreto e potrà procedere con la esecuzione forzata sui beni del debitore. Nel caso di mutuo ipotecario, il bene primario a rischio è proprio l’immobile gravato da ipoteca. La procedura tipica è il pignoramento immobiliare (artt. 555 ss. c.p.c.). Analizziamo brevemente come funziona questa fase e quali strumenti ha il debitore per tutelarsi.

Pignoramento immobiliare – cenni: Il creditore (banca) notificherà al debitore un atto di precetto (art. 480 c.p.c.), intimandogli nuovamente di pagare entro non meno di 10 giorni sotto pena di esecuzione. Trascorso quel termine senza pagamento, la banca può far notificare l’atto di pignoramento immobiliare, che viene anche trascritto nei registri immobiliari. Il pignoramento è eseguito dall’Ufficiale Giudiziario e contiene l’ingiunzione al debitore di astenersi da atti di disposizione del bene pignorato. Contestualmente o successivamente, il tribunale nomina un custode giudiziario dell’immobile (spesso lo stesso debitore viene nominato custode, se vi abita, per evitargli l’immediato sgombero). Si apre quindi la procedura di espropriazione immobiliare, gestita da un giudice dell’esecuzione. Verrà stimato il valore dell’immobile, fissata la vendita all’asta, etc. Il debitore, di norma, può continuare ad abitare l’immobile pignorato fino alla vendita (specialmente se nominato custode); l’eventuale ordine di liberazione viene disposto se il custode ha necessità di possesso o dopo l’aggiudicazione.

Conseguenze per il debitore: Il pignoramento immobiliare della prima casa è forse la più traumatica conseguenza per un privato. In Italia non vi è (salvo crediti fiscali sotto certe soglie) un’esenzione generale per la prima casa: la banca può pignorare e far vendere all’asta anche l’abitazione principale del debitore, anzi è il caso tipico nei mutui. La vendita all’asta spesso avviene a valori inferiori a quelli di mercato, con rischio che il ricavato non copra l’intero debito. In tal caso, il debitore resta comunque obbligato verso la banca per la parte non soddisfatta (che diventa debito residuo chirografario dopo l’asta). Ciò significa che, persa la casa, il debitore potrebbe vedersi pignorare anche altri beni (stipendio, conto corrente) per recuperare la differenza. Questo scenario è purtroppo comune quando il mercato immobiliare è al ribasso e il debito residuo è elevato.

Difese e strategie durante l’esecuzione immobiliare: Dal punto di vista del debitore esecutato, una volta avviato il pignoramento esistono alcune possibili linee di azione:

  • Opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c.: È un giudizio di merito (parallelo alla procedura esecutiva) in cui il debitore contesta il diritto del creditore di procedere a esecuzione. Nel caso di mutuo, motivi possibili: il titolo esecutivo è viziato o è venuto meno. Ad esempio, se dopo il decreto ingiuntivo sono emersi fatti estintivi (il debitore ha pagato o la banca ha rinunciato), oppure se il contratto di mutuo era nullo e ciò non fu dedotto prima (qui però se il titolo è giudiziale definitivo, i margini sono strettissimi se non inesistenti, salvo questioni non coperte da giudicato come le clausole abusive di cui sopra). L’opposizione all’esecuzione può essere preventiva (prima che inizi l’esecuzione, ad esempio dopo precetto) oppure successiva (dopo il pignoramento, ma in tal caso va proposta al più tardi con la comparsa ex art. 615, co.2 c.p.c. prima che sia disposta la vendita). Nel nostro contesto, l’opposizione all’esecuzione troverebbe spazio soprattutto se non c’è stato decreto ingiuntivo (perché la banca ha agito col solo contratto): allora il debitore può contestare in sede esecutiva questioni di merito del rapporto di mutuo (interessi, usura, etc.), essendo il titolo un contratto e non un giudicato. Se invece c’è un decreto ingiuntivo definitivo, i motivi di opposizione all’esecuzione sono limitati a vicende successive (pagamenti fatti dopo, prescrizione sopravvenuta) o aspetti non dedotti per nullità non rilevabili nel giudicato (vedi clausole abusive come discusso). L’opposizione all’esecuzione va proposta con citazione contro il creditore avanti al giudice competente (spesso lo stesso tribunale dell’esecuzione). Il debitore può chiedere al giudice dell’esecuzione una sospensione in via d’urgenza (art. 624 c.p.c.) per bloccare l’asta in attesa della decisione sulla opposizione all’esecuzione. Ottenere la sospensione richiede di convincere il giudice che l’opposizione non è pretestuosa e vi è un grave pericolo. Ad esempio, se si porta evidenza chiara che il debito è stato pagato in larga parte o che la banca sta chiedendo più del dovuto.
  • Opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c.: Serve a censurare vizi formali degli atti della procedura (precetto, pignoramento, avvisi, ecc.). Ad esempio, se il precetto non conteneva la indicazione del titolo o dell’indirizzo giusto; oppure se il pignoramento è nullo per mancanza di requisiti (manca l’ingiunzione al debitore, o la trascrizione è avvenuta oltre i termini). Queste opposizioni vanno proposte entro 20 giorni dalla notifica o dalla conoscenza dell’atto viziato. Non discutono il merito del credito, ma possono ritardare o far ricominciare da capo l’esecuzione se accolte. Ad esempio, un vizio nel pignoramento potrebbe far estinguere quella procedura, costringendo la banca a notificare un nuovo atto corretto (guadagnando tempo al debitore). Le opposizioni ex 617 c.p.c. non sospendono di diritto la procedura, ma si può chiedere la sospensione al giudice dell’esecuzione. In genere servono se ci sono errori evidenti, altrimenti spesso il giudice li rigetta senza fermare l’asta.
  • Conversione del pignoramento (art. 495 c.p.c.): Questa è una opportunità preziosa per il debitore che vuole salvare l’immobile, introdotta per dargli un’ultima chance di evitare la vendita. Consiste nel diritto del debitore di chiedere al giudice di sostituire i beni pignorati con una somma di denaro pari all’importo dovuto (comprensivo di interessi e spese). In pratica: il debitore deposita in tribunale una somma iniziale (cauzione) e chiede la conversione; se il giudice accorda la conversione, il debitore potrà pagare il debito in rate mensili (più eventuale saldo finale) e, completato il pagamento, il pignoramento viene cancellato. La legge è stata modificata di recente per favorire di più il debitore: oggi (dopo la riforma attuata con D.L. 135/2018 e L. 12/2019) è richiesto un deposito iniziale di almeno 1/6 del credito pignorato (prima era un quinto) e si possono concedere fino a 48 rate mensili (prima erano massimo 18 rate). Ciò significa che, ad esempio, su €120.000 di debito pignorato, il debitore può chiedere conversione depositando subito €20.000 (1/6) e poi pagando il resto in 48 rate mensili di circa €2.500 ciascuna, garantite dalla cauzione. È chiaro che non tutti i debitori riescono a permetterselo, ma in alcuni casi – con l’aiuto di familiari o con la rinegoziazione di un prestito – può essere fattibile. La conversione va chiesta prima che avvenga la vendita (o l’assegnazione) del bene, idealmente nei primi mesi della procedura. Dalla presentazione dell’istanza, la procedura esecutiva è sospesa di diritto (non si fanno aste) finché il giudice decide. Se viene concessa, il debitore dovrà rispettare scrupolosamente le scadenze: basta un mancato pagamento per decadere dalla conversione e far riprendere l’esecuzione (senza possibilità di chiederla di nuovo). Ma se riesce, salva la casa: terminati i versamenti, il pignoramento è revocato.
  • Accordo a saldo e stralcio con la banca: Parallelamente alle vie giudiziali, nulla vieta che creditore e debitore trovino un accordo. Anzi, spesso le banche sono disponibili a trattative quando vedono che l’esecuzione potrebbe essere lunga o dall’esito incerto (es. l’immobile è gravato da altre ipoteche, o di difficile collocazione). Il debitore può proporre un saldo e stralcio, cioè il pagamento di una somma inferiore al totale dovuto, in via stragiudiziale, chiedendo in cambio la rinuncia all’esecuzione. Ad esempio, se il debito è €100.000 e la casa all’asta forse ne renderebbe 80.000 ma in tempi lunghi, il debitore potrebbe offrire €75.000 subito (magari tramite un parente o un acquirente interessato all’immobile): la banca incasserebbe immediatamente senza i rischi d’asta. Per il debitore è una soluzione se riesce a trovare risorse alternative o un compratore per la casa: a volte si combina infatti la vendita privata dell’immobile e la banca accetta di accontentarsi del ricavato chiudendo la posizione (cancellando l’ipoteca). Questa strategia richiede abilità negoziale e spesso l’assistenza di professionisti (avvocati, consulenti finanziari). Bisogna muoversi prima che l’asta sia troppo avanzata. Tenere la banca informata di eventuali acquirenti aiuta. Alcune banche hanno reparti interni per gestire NPL (crediti deteriorati) e accettano transazioni ragionevoli.
  • Sovraindebitamento e procedure concorsuali del debitore: Un debitore privato sovraindebitato (incapace di pagare tutti i debiti) ha la possibilità di ricorrere alle procedure di composizione della crisi previste dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (d.lgs. 14/2019). Per un privato consumatore, c’è il Piano di ristrutturazione del debitore (ex “piano del consumatore”) o la Liquidazione controllata del sovraindebitato (una sorta di liquidazione giudiziale personale). Se il debitore presenta un piano al tribunale (ad esempio proponendo di pagare una percentuale ai creditori in tot anni, tenendosi la casa), il tribunale può omologarlo se ne ricorrono i presupposti. L’omologazione di un piano può comportare la sospensione delle azioni esecutive individuali. Tuttavia, attenzione: per i crediti ipotecari fondiari, la legge mantiene dei privilegi. Come accennato, il creditore fondiario può proseguire l’esecuzione immobiliare anche se viene aperta la liquidazione controllata, dovendo però poi coordinarsi con la procedura per la distribuzione. Quindi, se un debitore apre una procedura di sovraindebitamento, potrebbe ottenere un blocco temporaneo delle aste per crediti chirografari, ma la banca col mutuo potrebbe continuare la propria, salvo includersi gli esiti nel piano. Questo è un campo delicato: se c’è margine, conviene includere la banca nel piano offrendo qualcosa. Ad esempio, tramite un concordato minore il debitore potrebbe chiedere di vendere lui la casa a un certo prezzo e distribuire il ricavato secondo un piano concordato con i creditori, evitando le aste. Ci sono stati casi in cui giudici hanno sospeso aste per permettere la vendita concordata in sede di crisi da sovraindebitamento. È comunque una strada che richiede tempi e l’assistenza di un OCC (organismo di composizione crisi) e di avvocati specializzati. Vale la pena menzionarla come ultima ratio se la situazione debitoria è generale (più debiti oltre il mutuo).
  • Ritardare la procedura per ottenere tempo: Non è una “strategia difensiva” in senso nobile, ma talora il debitore, pur non potendo evitare alla fine la vendita, può avere interesse a guadagnare tempo (ad es. per trovare un alloggio alternativo, o per far crescere i figli fino a fine scuola, ecc.). In questo senso, anche viziare formalmente la procedura può servire: ad esempio, se emergono vizi (come la notifica del pignoramento incompleta) si possono far rilevare affinché l’asta venga annullata e debba ripartire, dando altri mesi di respiro. Oppure presentare istanze dilatorie se vi è margine (ad esempio, opporsi alla relazione di stima chiedendone una nuova). Ovviamente, l’abuso dello strumento processuale può portare a spese ulteriori, e non è consigliabile se non per ragioni gravi. Inoltre, le riforme hanno cercato di snellire le esecuzioni per evitare troppe dilazioni. Ma realisticamente, un atteggiamento collaborativo spesso conviene: se il debitore non può proprio pagare, a volte mantenere l’immobile occupato e in ordine fino all’asta e collaborare con il custode può convincere la banca a concedere un piccolo termine per liberare volontariamente dopo la vendita, evitando uno sfratto forzoso.

Ricapitolando le opzioni in esecuzione: L’Opposizione all’esecuzione è utile se ci sono motivi sostanziali nuovi (o nei casi senza giudicato). L’Opposizione agli atti serve per vizi formali (rinviando o annullando atti specifici). La Conversione del pignoramento è la soluzione regina se il debitore riesce a raccogliere i fondi: permette di estinguere il debito a rate e salvare il bene (ormai con condizioni più favorevoli: deposito 1/6 e rate fino a 4 anni). L’Accordo transattivo con la banca è sempre consigliabile tentarlo, specie se si può offrire subito un valore vicino al ricavato d’asta. Le Procedure da sovraindebitamento vanno valutate se il mutuo non è l’unico debito, ma l’efficacia sul mutuo ipotecario è parziale (il creditore ipotecario ha privilegio). In tutti i casi, il tempismo è fondamentale: prima ci si muove, più opzioni ci sono (ad esempio, la conversione non è più possibile dopo che l’asta è tenuta; il saldo e stralcio è più facile prima che si creino troppi costi di procedura; l’opposizione all’esecuzione va proposta prima della vendita, ecc.).

Domande frequenti (FAQ)

D: Che cos’è in parole semplici un decreto ingiuntivo su mutuo ipotecario?
R: È un ordine del giudice che intima al debitore di un mutuo (che non paga le rate) di versare alla banca l’intero importo dovuto. Viene emesso senza sentire prima il debitore, su richiesta della banca che presenta documenti scritti (il contratto di mutuo, estratti di conto ecc.). Se il debitore non reagisce entro 40 giorni, diventa definitivo ed equiparabile a una sentenza: la banca potrà usarlo per pignorare la casa ipotecata o altri beni del debitore per recuperare il suo credito.

D: Quanto tempo ho per oppormi a un decreto ingiuntivo della banca?
R: Hai 40 giorni dalla notifica per fare opposizione (salvo casi di notifica all’estero, dove sono 50 o 60 giorni). Il termine decorre dalla data in cui ti viene consegnata (o notificata) la copia del decreto ingiuntivo. Se lasci passare 40 giorni senza agire, il decreto diventa definitivo. In circostanze eccezionali (notifica irregolare o forza maggiore che ti ha impedito di agire) potrai fare opposizione tardiva entro 10 giorni dal primo atto esecutivo (di solito la notifica del pignoramento), ma conviene assolutamente muoversi nei 40 giorni.

D: Cosa devo fare appena ricevo un decreto ingiuntivo per il mutuo?
R: Prima di tutto, non ignorarlo. Segna la data di notifica e consulta subito un avvocato esperto in materia bancaria. Nel frattempo, raccogli il tuo contratto di mutuo, le comunicazioni della banca, il conteggio del debito, e verifica se il decreto è provvisoriamente esecutivo (lo leggerai sul decreto stesso). Entro 40 giorni dovrai eventualmente far depositare dall’avvocato un’opposizione. Se il decreto è provvisoriamente esecutivo, può essere opportuno chiedere al giudice la sospensione di quell’esecuzione, altrimenti la banca potrebbe attivarsi subito col pignoramento. In breve: agire tempestivamente è fondamentale per proteggere i tuoi beni.

D: Il decreto ingiuntivo che ho ricevuto dice “provvisoriamente esecutivo”: significa che possono subito pignorarmi la casa?
R: Significa che la banca non è tenuta ad aspettare i 40 giorni: può considerare il decreto immediatamente come titolo esecutivo. Quindi, sì, teoricamente potrebbe notificare subito un atto di precetto e, trascorsi 10 giorni, avviare il pignoramento, anche se i 40 giorni per opposizione non sono scaduti. Di solito qualche settimana la banca attende, ma potrebbe muoversi velocemente. Tu puoi ancora fare opposizione entro i 40 giorni, e in più dovresti chiedere al tribunale di sospendere la provvisoria esecuzione (art. 649 c.p.c.). Se il giudice concede la sospensione, la banca dovrà fermarsi fino all’esito del giudizio di opposizione. Se invece non la concede, l’esecuzione (pignoramento) può andare avanti anche mentre la causa è in corso. Ecco perché, se vedi la frase “provvisoriamente esecutivo”, recati immediatamente da un legale: il fattore tempo è urgente.

D: Posso oppormi solo a una parte del decreto ingiuntivo? Devo per forza contestare tutto?
R: Puoi anche fare un’opposizione parziale. Ad esempio, riconosci di dovere il capitale residuo del mutuo ma non le spese e interessi che la banca ha aggiunto. In tal caso, nell’opposizione specificherai che contesti solo una parte (quantificando cosa secondo te è dovuto e cosa no). Il giudice in questi casi potrebbe, su istanza della banca, concedere esecuzione provvisoria per la parte non contestata (art. 648 c.p.c.): significa che per quella somma “minima” la banca potrebbe procedere, mentre per il resto si discute in causa. Ma se la parte non contestata è significativa (es. gran parte del capitale) la banca comunque potrebbe già agire su quella. In pratica, spesso conviene contestare tutto il dovuto e poi semmai in causa dichiararsi disponibili a pagare la parte non controversa. Valuta con l’avvocato: un’opposizione parziale è ammissibile ma da gestire con attenzione tattica.

D: Quali sono i motivi più efficaci per opporsi a un decreto ingiuntivo della banca?
R: I motivi dipendono dal caso. Alcuni efficaci, se presenti, sono:

  • Errori di calcolo della banca: es. interessi calcolati male, anatocismo non dovuto, importi già pagati non scalati.
  • Tassi usurari o clausole illegali: se il tasso di mora supera la soglia d’usura, l’interesse di mora non è dovuto. Se mancano patti scritti su interessi e spese, puoi far valere che oltre al capitale non erano dovuti (o solo interessi legali).
  • Nullità parziali del contratto: ad es. clausole vessatorie del contratto (tipico: clausole ABI delle fideiussioni, che la Cassazione ha dichiarato nulle in parte, o altre clausole inique al consumatore). La loro nullità può ridurre il debito.
  • Vizi di forma sostanziali: se il mutuo non fosse nemmeno sottoscritto regolarmente o se la banca non avesse allegato documenti essenziali (casi rari ma non impossibili).
  • Questioni procedurali: incompetenza del giudice che ha emesso il decreto, vizio di notifica (questi spesso rientrano nell’opposizione tardiva se non hai saputo del decreto).

Ogni caso ha la sua storia: a volte motivi “tecnici” fruttano (es. far valere una determinata legge anti-usura o anti-anatocismo), a volte conta più cercare un accordo se il debito è chiaro. Un’analisi da parte di un legale con magari un perito contabile può rivelare sorprese (non di rado si scopre che il debito reale è inferiore a quello richiesto).

D: Se non ho fatto opposizione entro 40 giorni, sono completamente senza speranza?
R: Non completamente. In primo luogo, se non hai fatto opposizione perché non sapevi del decreto (magari ti è stato notificato male), hai la strada dell’opposizione tardiva entro 10 giorni da quando vieni a conoscenza con il pignoramento. Quella riapre il caso. Se invece l’hai proprio ignorato colpevolmente e ora il decreto è definitivo, puoi solo agire durante la fase esecutiva con altri strumenti:

  • Puoi contestare il precetto o il pignoramento se hanno vizi formali (opposizione agli atti).
  • Puoi eventualmente avviare un’opposizione all’esecuzione se sopravvengono fatti nuovi (es. hai pagato una parte dopo il decreto, e la banca non lo considera).
  • Molto importante per i consumatori: grazie alla Cassazione 2023, se nel tuo contratto di mutuo c’erano clausole abusive che il giudice del decreto non ha valutato (ad es. tassi, spese unilaterali), il giudice dell’esecuzione può sospendere l’asta e darti 40 giorni per fare opposizione tardiva su quelle clausole. È una novità: in pratica, anche dopo i 40 giorni, c’è uno spiraglio per attaccare il decreto sul punto delle clausole vessatorie del contratto di consumo (interessi, costi esagerati, ecc.). Ovviamente devi farlo presente al giudice dell’esecuzione magari con un’istanza (se non lo fa lui d’ufficio). Questo non cancella l’intero decreto ma può ridurre l’importo se quelle clausole vengono dichiarate nulle.
  • Infine, puoi sempre trattare con la banca per concordare un pagamento e chiudere lì (transazione), anche a decreto passato in giudicato.

In breve: dopo 40 giorni le difese si riducono, ma non è detta l’ultima parola – soprattutto se sei un consumatore e ci sono state scorrettezze nel contratto.

D: Cosa succede se la casa all’asta viene venduta a meno del debito? Devo ancora dei soldi?
R: Sì, purtroppo. La banca (creditore ipotecario) prende il ricavato dell’asta fino a concorrenza del suo credito. Se la casa è stata venduta a un prezzo inferiore al debito, dopo la distribuzione la banca può ottenere dal giudice dell’esecuzione un titolo per il residuo (un’ordinanza) e procedere per recuperare la differenza su altri beni o sullo stipendio. Ad esempio: debito €150.000, casa venduta a €100.000 netti; restano €50.000 che la banca può chiederti ancora. Diventa un debito chirografario (non più garantito da ipoteca poiché la casa non è più tua), ma è sempre esigibile. La banca potrebbe notificare un altro precetto per €50.000 e pignorarti magari il quinto dello stipendio o altro conto. Ci sono però alcuni casi particolari: se il mutuo era un credito fondiario e tu sei in una procedura di liquidazione concorsuale, la banca fondiaria spesso si soddisfa solo sull’immobile (il residuo potrebbe non essere più azionabile in concorso, ma qui entriamo in tecnicismi fallimentari). In un caso normale, rimani responsabile del residuo. A volte, prima che la casa sia venduta, si può negoziare con la banca di accettare il ricavato come soddisfacimento totale (saldo e stralcio): ad esempio la banca potrebbe dire “vendo casa, qualunque prezzo prendo chiudo la posizione”. Ma se non c’è un accordo, formalmente sei tenuto al saldo.

D: Possono pignorarmi anche lo stipendio o il conto corrente oltre alla casa?
R: Se il decreto ingiuntivo è definitivo, la banca ha un titolo esecutivo verso di te che le permette di pignorare qualsiasi tuo bene (nei limiti di legge). Quindi sì, potrebbe in teoria avviare più pignoramenti contemporaneamente: ad esempio, oltre al pignoramento immobiliare, anche un pignoramento del conto in banca o del quinto dello stipendio. In pratica, le banche di solito concentrano gli sforzi sull’immobile ipotecato, perché è la garanzia principale. Però, se l’immobile non copre tutto o la procedura va per le lunghe, potrebbero agire su altri fronti. Specialmente se hai stipendio (possono prenderne al massimo il 20% al mese) o altri immobili non ipotecati. Il nostro ordinamento consente al creditore di scegliere più forme esecutive in parallelo, purché non esageri in modo abusivo. Ad esempio, Cassazione ha detto che due pignoramenti sullo stesso debitore non sono abuso se servono a recuperare in fretta su beni diversi; diventerebbe abuso se il creditore fraziona il credito in cause separate per moltiplicare spese. Comunque, preparati: l’atto di precetto che seguirà il decreto ingiuntivo elenca già i possibili beni su cui agiranno (molti precetti dicono “pignoreremo immobili e mobili, anche crediti verso terzi”). Quindi, sì, occhio anche al conto corrente: se hai denaro depositato, potrebbe arrivare un blocco. Una volta pignorato lo stipendio o il conto, quei soldi andranno a ridurre il debito residuo eventualmente.

D: Posso vendere io la casa prima che sia venduta all’asta, per pagare la banca?
R: Dopo il pignoramento, l’immobile è “congelato”: non puoi venderlo liberamente (c’è un vincolo noto a tutti dalla trascrizione). Tuttavia, puoi trovare un acquirente interessato e chiedere alla banca e al giudice di sospendere l’asta per permettere la vendita privata. Spesso funziona così: trovi un compratore disposto a pagare, la somma ricavata va a coprire il debito (magari il compratore paga direttamente la banca per quanto dovuto e l’eventuale eccedenza a te). La banca di solito è d’accordo se il prezzo copre il suo credito – preferisce prendere i soldi subito da una vendita privata che aspettare le aste. Formalmente, dovresti far presentare al giudice dell’esecuzione un’istanza per autorizzare la vendita liberamente: c’è una norma, art. 591 c.p.c., che consente al G.E. di sospendere o rinviare la vendita se le parti lo richiedono e se è nell’interesse di tutti (ad esempio perché c’è trattativa di vendita privata in corso). Dal 2021 esistono procedure come la delegazione al creditore di vendere o similari, ma più semplicemente: parla con la banca, trovate l’accordo economico, poi con gli avvocati chiedete al giudice di congelare l’asta per completare la vendita (a volte si fa ricorso alla conversione del pignoramento: il compratore versa i soldi, il debitore li usa per convertire e poi si perfeziona la vendita senza più pignoramento). Insomma, , puoi vendere, ma devi coinvolgere la banca e il tribunale; non puoi farlo da solo con atto notarile perché c’è il pignoramento. Se invece non è ancora arrivato il pignoramento (sei nei 40 giorni dopo il precetto, ad esempio), sei ancora libero di vendere – ma in quel caso la banca, se fiuta la vendita, può precipitare il pignoramento per bloccarla. Inoltre l’acquirente vorrà essere sicuro che col suo pagamento l’ipoteca si estingue. Quindi spesso meglio gestire il tutto alla luce del sole con accordo.

D: Ho sentito parlare di “piano del consumatore” o “esdebitazione”. Possono aiutarmi con il mutuo non pagato?
R: Il piano del consumatore (oggi chiamato piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore nel Codice della Crisi) è una procedura dove presenti al giudice un progetto per pagare i tuoi debiti (magari parzialmente) in un certo periodo, in base alle tue risorse, e chiedi di essere esdebitato (liberato dai debiti residui) a fine piano. È pensato per chi ha debiti insostenibili (es. più finanziarie, mutuo, bollette) per ragioni non imputabili a lui (sovraindebitamento da cause come perdita lavoro, malattia, ecc.). In tale piano puoi includere anche il mutuo ipotecario. Tuttavia, la banca ipotecaria ha un privilegio: devi in genere prevedere di soddisfarla almeno quanto otterrebbe dall’esecuzione forzata. Ad esempio, se vuoi tenere la casa, devi comunque pagare il valore equo dell’immobile alla banca nel tempo. Oppure prevedere la vendita dell’immobile in ambito concordato, con la banca che prende il ricavato. Il giudice può omologare il piano anche senza consenso della banca, se vede che è più vantaggioso per tutti (nel piano del consumatore puro non serve il voto dei creditori, a differenza dell’accordo di ristrutturazione). In ogni caso, avviare questa procedura può sospendere per un po’ le esecuzioni. Ma attenzione: la legge consente al creditore fondiario (la banca del mutuo) di proseguire comunque la sua azione fino alla vendita, se sei in liquidazione controllata. In un piano, si tende a includere la gestione dell’immobile. Ad esempio: vendere la casa entro X mesi tramite agenzia (a un prezzo magari migliore dell’asta) e soddisfare così la banca, poi il resto dei debiti con eventuali altre risorse. Oppure prevedere che continui a pagare rate di mutuo ridotte. È complesso, serve consulenza di un OCC (Organismo di Composizione della Crisi) e un avvocato. Può essere utile se hai molti debiti e la situazione generale è compromessa – consente alla fine di ottenere una esdebitazione, ovvero la cancellazione dei debiti non pagati a fine piano (o fine liquidazione). Se il mutuo è l’unico grosso problema e vuoi tenere la casa, spesso un accordo diretto con la banca o la conversione del pignoramento sono strade più pratiche. Se invece sei sommerso dai debiti, il piano di ristrutturazione o la liquidazione possono darti un nuovo inizio (ad esempio vendendo la casa ma poi liberandoti di eventuali residui e altri debiti con un colpo solo).

D: Ho fatto da fideiussore (garante) per il mutuo di un familiare, e la banca ha ingiunto anche me: posso difendermi diversamente?
R: Se sei un fideiussore e ricevi decreto ingiuntivo, le difese in opposizione sono simili (puoi contestare il debito principale con gli stessi argomenti del debitore principale, e anche eccepire eventuali nullità della fideiussione stessa). Un punto importante: molte fideiussioni bancarie omnibus (quelle standard ABI) contengono clausole intese come anticoncorrenziali e quindi nulle in parte. La Cassazione a Sezioni Unite n. 41994/2021 ha confermato la nullità di alcune clausole tipiche delle fideiussioni ABI (clausola di reviviscenza, rinuncia ai termini ex art.1957 c.c., ecc.). Ciò non annulla tutta la fideiussione ma elimina quelle clausole squilibrate. In pratica, potresti sostenere che, eliminando la clausola di rinuncia ai termini, la banca ha perso la garanzia perché non ha agito nei termini dell’art.1957 c.c. (entro 6 mesi dalla scadenza dell’obbligazione principale). Se tale eccezione riesce, tu garante verresti liberato. Questa è una difesa tecnica da valutare con un avvocato, ma è molto usata per i garanti. Inoltre, se la banca non ha escusso prima il debitore principale, potresti eccepire il beneficio di escussione (ma spesso nelle fideiussioni viene rinunciato). In sintesi, i garanti hanno qualche asso nella manica in più sul piano formale delle clausole di fideiussione. Vale la pena far controllare il testo che hai firmato e vedere se rientra nello schema ABI sanzionato da Banca d’Italia nel 2005 (di solito sì). In opposizione, certamente puoi far valere queste nullità parziali.

D: Dopo aver perso l’opposizione, posso fare appello? E l’esecuzione intanto?
R: Sì, la sentenza che decide l’opposizione a decreto ingiuntivo è appellabile (in Corte d’Appello) entro 30 giorni dalla notifica della sentenza stessa (o 6 mesi dalla pubblicazione se non notificata). In appello puoi riproporre i motivi che ritieni non valutati correttamente in primo grado. Tuttavia, l’appello non sospende automaticamente l’esecutività della sentenza di primo grado. Significa che, se hai perso in primo grado, il decreto ingiuntivo viene confermato e la banca può procedere esecutivamente (se magari era stato sospeso torna efficace). Puoi chiedere alla Corte d’Appello una sospensione della provvisoria esecuzione della sentenza impugnata, ma viene concessa raramente e solo in casi di grave e fondato pericolo. Quindi, realisticamente, se hai perso l’opposizione, la banca potrà andare avanti col pignoramento anche se fai appello. Se poi in appello vincerai, avrai diritto a riavere i beni/pagamenti, ma nel frattempo potresti averli persi. Dunque la fase critica è il primo grado. In appello potresti anche chiedere in via d’urgenza la sospensione alla Corte, ma devi dare seri elementi (ad es. la sentenza di primo grado è evidentemente erronea e l’esecuzione causerebbe danno irreparabile). Non impossibile, ma da valutare.

D: Il mio mutuo è cointestato con il coniuge, ma il decreto è arrivato solo a me: è valido?
R: Di solito la banca chiede il decreto ingiuntivo nei confronti di tutti i debitori obbligati. Se per errore l’ha chiesto solo contro uno dei cointestatari, potrebbe aver deciso strategicamente (se quell’uno ha beni sufficienti, ad esempio). Tuttavia, l’obbligazione di mutuo è solidale: la banca può agire contro uno solo per l’intero importo. Quindi il decreto solo a tuo nome è valido e possono chiedere a te tutto. Tu poi avrai diritto di rivalsa verso l’altro debitore per la sua parte. Se invece intendi dire che non è arrivato all’altro perché l’altro magari non vive più lì, può darsi che abbiano notificato anche a lui altrove. Verifica in tribunale se risulta ingiunzione anche a suo nome. Comunque, giuridicamente anche uno solo dei coobbligati può essere ingiunto per intero. Non è un motivo sufficiente di opposizione dire “mancava l’altro”. Diverso è se c’è un fondo patrimoniale o un regime di comunione: in quel caso, eventualmente, per pignorare certi beni serve che l’obbligazione sia familiare, ecc. (questioni di diritto di famiglia), ma esula un po’. In sintesi: la banca può riscuotere anche da uno solo, poi i debitori tra loro sistemano le quote.

D: La banca può dichiarare risolto il mutuo per poche rate non pagate? C’è un limite?
R: Sì, c’è una regola specifica. L’art. 40 TUB dice che la banca può invocare come causa di risoluzione il ritardato pagamento di almeno sette rate (anche non consecutive), considerato “ritardato” se pagato oltre 30 giorni dalla scadenza. Quindi se sei in ritardo grave su 7 rate (o ad esempio 7 mensilità anche non di fila), può chiederti tutto il debito. Addirittura alcune clausole contrattuali prevedono anche l’insolvenza conclamata come causa di risoluzione anticipata (ad es. se sei soggetto a procedure concorsuali, o se diminuisci le garanzie). La legge comunque impone quel minimo di 7 rate per il ritardo. Durante il Covid fu introdotto il limite di 18 rate mensili di ritardo per gli immobili prima casa (Decreto Cura Italia), ma credo sia decaduto e si sia tornati a 7. Quindi se hai “saltato” un paio di rate soltanto, la banca formalmente non può ancora risolvere; dovrebbe attendere il verificarsi della condizione contrattuale (di solito i contratti riprendono quanto sopra: 7 rate non pagate o pagate in grave ritardo). Alcune banche aspettano anche meno e comunque accelerano, ma legalmente se non ci sono 7 rate la risoluzione potrebbe essere contestabile. In opposizione, potresti dire: la banca ha illegittimamente risolto con 3 rate scadute, quindi il credito non era esigibile interamente (chiedendo magari di limitare la condanna alle rate scadute più interessi). Ma onestamente, arrivare al punto di decreto ingiuntivo per 2-3 rate è raro; di solito quando si muovono già sei ben oltre.

D: Mi conviene rivolgermi a quei consulenti che promettono di ridurre il debito del mutuo trovando tassi usura o anatocismo?
R: Bisogna stare attenti. È vero che esistono professionisti (avvocati e consulenti finanziari) specializzati nel contestare anomalie bancarie e a volte ottengono risultati (ad esempio ricalcoli che riducono il debito, o annullamento di interessi moratori). Tuttavia, diffida di chi garantisce miracoli: ogni caso è a sé. Far cause temerarie sostenendo usura dove non c’è, può portarti solo spese. Invece, se il tuo caso presenta realmente cose anomale (es.: TAEG calcolato male, interessi che superano soglia di poco), un esperto può quantificarlo e fornirlo all’avvocato per argomentare in opposizione. Quindi, sì ad un consulto tecnico, ma all’interno di una strategia legale coordinata. Fai analizzare il contratto e i conteggi da un professionista di fiducia. Evita assolutamente personaggi improvvisati o agenzie non legali che chiedono soldi anticipati promettendo annullamenti totali del mutuo: spesso vendono perizie di parte inutili in tribunale. Meglio passare tramite il tuo avvocato, che eventualmente incaricherà un consulente contabile di redigere una relazione seria da usare in giudizio.

D: Dopo tutto questo iter, se perdo la casa e resto debitore residuo, c’è modo di liberarmi del debito e ripartire da zero?
R: Se rimani con un debito residuo importante e non hai modo di pagarlo, hai la possibilità – una volta esaurite le esecuzioni – di chiedere al tribunale l’esdebitazione del debitore incapiente (art. 283 CCII, nuova normativa). È una misura introdotta recentemente: se sei una persona fisica che “meritevolmente” ha distribuito tutti i suoi beni ai creditori (es. hanno venduto la casa, ti hanno preso tutto il pignorabile) ma ancora non copri tutti i debiti, puoi chiedere di essere esdebitato, cioè che i debiti residui vengano cancellati, per darti la possibilità di ricominciare senza un peso eterno. Questo beneficio lo puoi ottenere una volta sola nella vita e solo se non hai dolo o colpa grave nel crearti i debiti. Per esempio, se la casa è stata venduta e ai creditori (banca inclusa) è andato tutto ciò che poteva andare, ma rimane un “insoluto”, il giudice potrebbe, su istanza, dichiarare l’esdebitazione dell’incapiente: tu non devi più nulla su quel residuo e i creditori non possono più avanzare pretese. È una sorta di “fresh start” per chi ha perso tutto. Ovviamente devi essere effettivamente nullatenente (altrimenti, se hai stipendio o altri beni, prima dovresti farli aggredire o includerli in un piano). Questa è una norma nuova (in vigore dal 2023) e sarà interessante vederla applicata. Per te significa che, se proprio finisce male e ti trovi sommerso da un debito non colmabile, c’è un’ultima speranza per toglierti il fardello legalmente e ripartire. Conviene farsi seguire in quell’iter da un legale esperto in procedure concorsuali.

D: Alla fine, cosa consigliate di fare in concreto a un debitore sotto ingiunzione di mutuo?
R: Riassumendo:

  • Non perdere tempo. I 40 giorni volano e molte difese dipendono dalla tempestività.
  • Affidarsi a un legale competente in diritto bancario. Le cause contro banche sono tecniche; un avvocato generalista potrebbe trascurare eccezioni specifiche (es. usura, clausole consumeristiche) o mediazione obbligatoria.
  • Verificare bene il contratto e i conti. Errori o irregolarità sono la tua chance.
  • Valutare soluzioni negoziali parallele. Anche se fai opposizione, mantenere un canale di dialogo con la banca può portare a un accordo (magari una dilazione, un taglio di interessi, ecc.) e chiudere la lite. A volte, l’opposizione serve anche per “prendere tempo” e spingere la banca a trattare, specie se intravede rischi di perdere in giudizio.
  • Prepararsi all’eventualità dell’esecuzione. Sperare nel meglio (vincere la causa), ma avere un piano B se la causa non va: ad esempio, cosa fare con la casa, dove andare se sarà venduta, come tutelare la famiglia. E conoscere strumenti come conversione del pignoramento, saldo e stralcio, ecc., per essere pronti a usarli.
  • Non affidarsi a scorciatoie miracolose o attendismi. Certe società promettono di bloccare tutto con istanze pretestuose o con querele di usura: la verità è che la tutela migliore è nel processo civile stesso, con argomenti solidi, o al tavolo delle trattative. Un uso strumentale del penale (denunce infondate di usura) spesso non ferma nulla e complica. Meglio concentrarsi sul processo giusto.

Ogni situazione è diversa, ma la regola d’oro è: informarsi, agire subito, e non arrendersi passivamente. Il debitore informato dei propri diritti può evitare errori (come lasciar scadere termini o non far valere eccezioni di nullità) e magari salvare la casa o ridurre drasticamente il suo debito.

Tabelle riepilogative

Tabella 1 – Principali rimedi per il debitore e relative caratteristiche

Rimedio difensivoQuando si applicaTermineEffetti sul titolo/esecuzione
Opposizione ordinaria (art. 645 c.p.c.)Il decreto ingiuntivo è stato notificato da meno di 40 giorni. Il debitore contesta il credito (in toto o in parte).40 giorni dalla notifica (termine perentorio).Si apre un giudizio di merito che rimette in discussione il credito. Se il decreto non era esecutivo, rimane ineseguibile durante la causa. Se era provvisoriamente esecutivo, l’esecuzione prosegue salvo sospensione ex art. 649 c.p.c.. Esito: sentenza che conferma, modifica o revoca il decreto.
Opposizione tardiva (art. 650 c.p.c.)Il decreto è definitivo perché non opposto in tempo, ma il debitore prova di non averne avuta conoscenza tempestiva per irregolarità di notifica o forza maggiore. Si utilizza spesso entro 10 giorni dal primo atto esecutivo (pignoramento).10 giorni dal primo atto di esecuzione (tipicamente dalla notifica del pignoramento). Oltre tale termine, è possibile un’opposizione tardiva atipica solo per clausole abusive se attivata dal giudice esecuzione (caso SU 9479/2023).Il giudizio verte sull’ingiunzione come nell’opposizione normale. L’esecuzione in corso può essere sospesa dal giudice se ci sono gravi motivi. Se l’opposizione tardiva è accolta, il decreto è revocato (in tutto o in parte) e l’esecuzione viene dichiarata improcedibile. Se rigettata, l’esecuzione riprende. Nel frattempo, il G.E. in caso di clausole abusive deve sospendere la vendita e avvisare il debitore di proporre l’opposizione tardiva consumeristica.
Opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.)L’esecuzione forzata è minacciata o iniziata e il debitore contesta il diritto del creditore a procedere. Esempi: il debito è già pagato (in tutto o parte), il titolo è invalido o estinto, la persona non è legittimata (es. non è più proprietario del bene). Nel caso di titolo giudiziale definitivo, i motivi sono limitati a fatti posteriori o non deducibili prima (es. pagamento sopravvenuto, prescrizione del titolo, nullità di clausola non esaminata). Nel caso di titolo stragiudiziale (contratto), i motivi possono riguardare l’intero rapporto (es. nullità del mutuo, usura, ecc.).Preventiva: dopo il precetto ma prima del pignoramento.Successiva: dopo il pignoramento (entro l’udienza distribuzione se motivi sopravvenuti). Idealmente va proposta subito per poter chiedere sospensione.È un giudizio autonomo di cognizione. Il debitore può chiedere al G.E. la sospensione della procedura esecutiva (art. 624 c.p.c.) in attesa della decisione. Se il giudice rileva fumus nei motivi di opposizione e pericolo, può sospendere l’esecuzione. Se l’opposizione all’esecuzione viene accolta, l’esecuzione viene estinta per difetto di titolo o di diritto (ad es. dichiarato nullo il contratto, o accertato il pagamento integrale). Se rigettata, l’esecuzione prosegue.
Opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.)Il debitore (o altri interessati) riscontrano un vizio di forma o irregolarità formale in un atto dell’esecuzione: es. precetto privo di requisiti, notifiche invalide, pignoramento carente di avvertimenti di legge, avviso di vendita non regolare, ecc.20 giorni dalla notifica o dall’avvenuta conoscenza dell’atto viziato. (Termine perentorio di decadenza)L’opposizione è un giudizio sommario (rito camerale). Non sospende automaticamente l’esecuzione, ma si può chiedere la sospensione al G.E. Il giudice valuta se l’irregolarità c’è e se ha arrecato pregiudizio. Se accoglie l’opposizione, annulla o dichiara inefficace l’atto impugnato (che va ripetuto correttamente, se possibile, per proseguire). L’esecuzione può subire ritardi o dover ripartire da capo (ad es. precetto nullo → nuovo precetto; pignoramento annullato → decadde l’esecuzione in toto). Se rigetta, la procedura va avanti senza intoppi.
Conversione del pignoramento (art. 495 c.p.c.)L’esecuzione immobiliare (o mobiliare) è iniziata e il debitore preferisce “monetizzare” il valore pignorato per evitare la vendita forzata. Deve poter reperire una somma pari al credito e spese. Tipicamente usata nel pignoramento immobiliare per evitare l’asta della casa.La richiesta va presentata prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione del bene pignorato (quindi entro l’udienza in cui il G.E. decide sull’istanza di vendita). Il debitore deve depositare un importo iniziale ≥ 1/6 del debito pignorato (cauzione).Se ammessa, il G.E. fissa con ordinanza le modalità: di regola rate mensili per saldare il restante (max 48 rate mensili con attuale normativa). L’esecuzione viene sospesa durante il pagamento delle rate. Se il debitore paga tutte le somme nei termini, l’esecuzione si estingue e il bene è salvo (il pignoramento viene cancellato). Se manca un pagamento o è in ritardo, il debitore decade dalla conversione e l’esecuzione riprende come prima, trattenendo però quanto versato (che verrà distribuito ai creditori, riducendo il debito). La conversione è un diritto del debitore salvo abuso (il G.E. difficilmente la nega se i requisiti di legge sono rispettati).
Trattativa e saldo-stralcio con il creditore (soluzione stragiudiziale)In qualsiasi fase (anche prima del decreto, o durante l’opposizione, o durante l’esecuzione) le parti possono accordarsi. Il debitore deve avere la possibilità di offrire una somma ragionevole o garanzie alternative.N/A (quanto prima, meglio è). In esecuzione, l’ideale è prima che l’asta sia fissata o quanto meno prima che avvenga.Se si raggiunge un accordo, si formalizza per iscritto (meglio con l’assistenza dei legali). Esito tipico: la banca accetta un pagamento inferiore al totale (es. il ricavato di una vendita privata) e rilascia quietanza a saldo e stralcio, impegnandosi a rinunciare all’esecuzione e a cancellare ipoteche. Una volta pagato l’importo concordato, il creditore revoca il pignoramento o rinuncia agli atti della procedura, che viene chiusa. Questo permette al debitore di evitare l’asta e spesso di estinguere completamente il debito residuo anche se non ha pagato il 100%. Ovviamente, se non si rispetta l’accordo (es. non si paga la somma pattuita), la banca può riprendere l’azione dal punto in cui era (spesso l’accordo prevede clausole di decadenza).
Procedure da sovraindebitamento (Codice della Crisi): Piano del consumatore, ristrutturazione debiti, liquidazioneIl debitore è una persona sovraindebitata (incapace di pagare tutti i debiti). Include il caso del consumatore sommerso dai debiti. Si può attivare anche dopo pignoramento.Può essere attivata in ogni momento di grave squilibrio finanziario. Se già c’è un’esecuzione immobiliare in corso, conviene depositare la domanda prima che la vendita sia fissata (per poter chiedere una sospensione).Con il ricorso, il debitore chiede al tribunale misure come la sospensione delle azioni esecutive. Se il piano viene ammesso e omologato, i creditori rimangono vincolati al piano e non possono procedere fuori da esso. Per il creditore ipotecario, di solito il piano prevede la vendita dell’immobile o il pagamento del suo valore. Esempio: piano consumatore con vendita della casa a prezzo di mercato – sospende l’asta e consente di vendere meglio l’immobile, poi ripagare la banca e altri crediti con eventuali eccedenze. Oppure liquidazione controllata: l’esecuzione sul bene prosegue ma coordinata con la procedura concorsuale. Al termine, il debitore (persona fisica) può ottenere l’esdebitazione: la cancellazione dei debiti residui. Particolare beneficio: l’esdebitazione dell’incapiente (art. 283 CCII) permette, se il debitore non ha più nulla da offrire e ha agito in buona fede, di essere liberato dai debiti non soddisfatti, anche senza alcun pagamento, una volta esaurito il patrimonio. Questo include eventuali residui post-asta non pagati.

Tabella 2 – Verifiche sul contratto di mutuo e possibili contestazioni

Aspetto da verificareRiferimenti normativiPossibili contestazioni e effetti
Forma scritta del contratto: Il mutuo e le eventuali modifiche (patti su interessi, spese) sono stati sottoscritti da entrambe le parti?Art. 117 TUB (contratti bancari a forma scritta a pena di nullità); Art. 1350 c.c. (forme per atti immobiliari, mutuo se ipotecario va per atto pubblico); Art. 2697 c.c. (onere della prova).Mancanza di contratto scritto o firma banca mancante: Nullità del contratto di mutuo. Il creditore perderebbe il diritto agli interessi convenzionali (forse applicabile solo tasso legale su capitale erogato). In caso estremo, se mai concluso regolarmente, potrebbe cadere l’intera pretesa (ma se il mutuo è già stato erogato e usato, si configurerebbe quantomeno un’obbligazione di restituzione del capitale).– Vizi nella sottoscrizione di garanzie (es. ipoteca non validamente costituita): non tolgono il debito ma fanno venir meno la garanzia. (Il decreto ingiuntivo tuttavia riguarda il credito, non l’ipoteca in sé).
Determinazione del tasso di interesse e altre condizioni economiche: Il contratto indica chiaramente il TAN (tasso annuo nominale), il TAEG, il tasso di mora, e ogni commissione o spesa? Ci sono clausole di indicizzazione o variabilità chiare?Art. 1284 c.c. (interessi superiori al legale vanno pattuiti per iscritto); Art. 1346 c.c. (oggetto del contratto determinato o determinabile); Art. 117 TUB comma 4 (clausole non chiare su tassi sono nulle, si applica tasso BOT minimo); Delibere CICR in materia di pubblicità di tassi; D.lgs. 385/93 art. 120 TUB (anatocismo bancario);Mancata indicazione del tasso corrispettivo: se nel contratto non c’è scritto il tasso di interesse, sono dovuti solo interessi legali ex art. 1284 c.c. Quindi la banca non può pretendere interessi ultralegali.– Tasso di mora non specificato o formula indeterminata: potrebbe rendere nulla la clausola di mora, applicando solo il tasso corrispettivo fino a scadenza e poi interessi legali dopo risoluzione.– Clausola di variazione tasso poco trasparente: ex art. 117 TUB, se la clausola di ius variandi unilaterale è generica, può essere nulla. In tal caso la banca non poteva variare il tasso o si applica la norma suppletiva (tasso invariato o indicizzato a parametri di legge).– TAEG errato: se l’ISC/TAEG indicato nel contratto è significativamente diverso dal costo effettivo, può configurare violazione degli obblighi di trasparenza. Non sempre ciò comporta nullità, ma in alcuni casi la giurisprudenza ha sanzionato la banca (ad es. ricalcolo interessi al tasso BOT se l’errore è grave, invocando l’art. 117 TUB).
Usura (tassi superiori alla soglia): Somma di interessi corrispettivi + eventuali moratori e spese > soglia? Tasso di mora singolarmente > soglia?Legge 108/1996 (usura), art. 644 c.p. (reato di usura); D.L. 394/2000 conv. L.24/2001 (interpretazione soglie usura); Cass. civ. Sez. Unite n. 24675/2017 (calcolo usura sopravvenuta – escl. rilevanza); Cass. civ. 26286/2019, Cass. 19300/2018 (sommatoria interessi, orientamenti); Cass. 23192/2017 (TAEG usura include ogni costo). Cass. 13144/2023 (no sommatoria corrispettivi+mora).Interessi promessi superiori al tasso soglia al momento della pattuizione: Clausola nulla ex art. 1815 co.2 c.c.: non sono dovuti interessi (né quelli usurari né quelli legali in sostituzione, zero interessi). Il capitale resta dovuto.– Interessi di mora oltre soglia: orientamento attuale: nulli solo gli interessi di mora (non cadono i corrispettivi leciti). Quindi la banca perderebbe il diritto agli interessi di mora, potendo chiedere solo il capitale e gli eventuali interessi corrispettivi fino alla scadenza.– Sommatoria tassi corrispettivi + mora: non va effettuata per confronto con soglia; si valuta separatamente. Dunque niente “cumulo” per dichiarare usura se né il tasso base né il tasso di mora superano singolarmente la soglia.– Usura sopravvenuta: se un tasso pattuito lecito supera la soglia in corso di contratto per mutamento soglie, la giurisprudenza (SU 2017) dice che non si verifica nullità o automatica riduzione, ma il debitore può chiedere riduzione equitativa ex art. 1384 c.c. degli interessi di mora eccessivi maturati in ritardo. Non c’è certezza normativa, ma di solito non considerato usura civilistica.– Spese e commissioni occulte che portano TAEG oltre soglia: potrebbe configurare usura se erano collegate come oneri nel contratto. Se provato, analogamente porta a nullità della clausola di interessi (o di quelle spese).
Clausole vessatorie (per consumatore): Il contratto contiene clausole che squilibrano diritti/doveri a tuo sfavore? (Es: decadenza dal termine per mancato pagamento di una sola rata – più gravoso di legge; penali esagerate; facoltà unilaterali per banca; spese a tuo carico impreviste; limitazioni di difese).Artt. 33-36 Codice del Consumo (D.lgs. 206/2005); Cass. Sez. Unite 9479/2023 (doveri giudice monitorio ed esecutivo su clausole abusive); Art. 1421 c.c. (nullità rilevabile d’ufficio).Clausola vessatoria non trattata: dichiarazione di nullità della clausola ex art. 36 Cod. Cons. con conseguente sua inapplicabilità. Esempi: se clausola prevedeva spese legali forfettarie a tuo carico anche senza tua mora – nulla, non dovute; clausola che ti priva di difese o di compensazioni – nulla. – Clausole di garanzia a prima richiesta, decadenze unilaterali etc.: se ritenute vessatorie, vengono eliminate. Nel contesto mutuo, spesso rileva la clausola di risoluzione anticipata: ma qui è regolata da TUB, quindi difficilmente considerata vessatoria se rispetta soglie di legge. Una penale di risoluzione anticipata troppo alta invece potrebbe esserlo.Impatto processuale: Se il decreto ingiuntivo definitivo non aveva affrontato le clausole, il G.E. deve attivarsi e potresti ottenere opposizione tardiva focalizzata. Nel merito, l’annullamento di clausole può ridurre l’importo dovuto (es. eliminare interessi di mora convenzionali se la clausola di mora è ritenuta abusiva perché troppo alta e non contrattata – anche indipendentemente da soglia usura, in teoria).
Fideiussione collegata (garante): Se c’è un fideiussore, il modulo è conforme allo schema ABI sanzionato? (clausole di reviviscenza, rinuncia art.1957 c.c., etc.)Art. 2, 6, 8 schema ABI 2003 (Banca d’Italia 2005 – intesa restrittiva concorrenza); Cass. Sez. Un. 41994/2021; Art. 1938-1957 c.c. (garanzia, termini escussione).Clausole standard nulle: Cass. SU 41994/21 ha dichiarato nulle per contrasto con norme antitrust alcune clausole tipiche di fideiussioni omnibus ABI. Effetto: nullità parziale del contratto di fideiussione. In particolare, la clausola che derogava all’art. 1957 c.c. (onere per banca di escutere entro 6 mesi dall’obbligazione principale) essendo nulla, rimette in vigore l’art. 1957: se la banca non ha agito tempestivamente verso il garante, la fideiussione si estingue. Quindi il garante può essere liberato se la banca ha lasciato passare più di 6 mesi dal mancato pagamento senza chiedergli il saldo. Anche la clausola di “reviviscenza” (art. 2 schema ABI) è nulla: significa che se il debitore principale fallisce, il garante non deve pagare oltre ciò che avrebbe pagato in concorso. Sono aspetti tecnici, ma in opposizione il garante può far valere queste nullità per sottrarsi totalmente o parzialmente alla garanzia. Non incidono sul debito del mutuatario principale, ma sulla responsabilità del garante sì.

Tabella 3 – Simulazione pratica di tempi e azioni (timeline semplificata)

Tempo (giorni)Azione/EventoDettagli e possibili reazioni del debitore
T = 0Notifica del decreto ingiuntivo al debitore.Il debitore riceve l’ingiunzione (es. tramite ufficiale giudiziario o PEC se ha domicilio digitale). Da qui decorrono i 40 giorni per opporsi. Debitore: consulta legale, verifica se decreto è esecutivo, raccoglie contratti e documenti, valuta motivi di opposizione.
T = 10(In caso di provvisoria esecutività concessa) Notifica atto di precetto da parte della banca.Se il decreto è immediatamente esecutivo, la banca potrebbe già intimare il pagamento entro 10 giorni con precetto. Debitore: può a questo punto presentare opposizione e istanza di sospensione ex art. 649 c.p.c. per fermare le azioni esecutive. Deve farlo urgentemente, preferibilmente prima che scada il termine del precetto.
T = 20(Se precetto non pagato) La banca potrebbe predisporre il pignoramento.Il pignoramento immobiliare richiede tempo (notaio/ufficiale per notifica e trascrizione). Debitore: se non già fatto, depositare opposizione. Se opposizione già depositata, insistere sulla sospensione. Se pignoramento viene notificato, comunque c’è la via dell’opposizione tardiva entro 10 gg se non aveva opposto prima (in caso di mancata conoscenza).
T = 40Scadenza termine opposizione ordinaria. Senza opposizione, il decreto diviene definitivo.La banca può chiedere al tribunale l’apposizione della formula esecutiva (se non era già esecutivo). Debitore: se ha lasciato decorrere il termine, ora può agire solo tardivamente se ne ha i presupposti o prepararsi alle difese in esecuzione.
T = 50(Decreto definitivo) Pignoramento immobiliare notificato e trascritto.Parte ufficialmente l’espropriazione della casa. Debitore: ultimi 10 giorni per opposizione tardiva se non ha mai ricevuto l’ingiunzione regolarmente. In parallelo, valutare conversione pignoramento (raccogliere almeno 1/6 importo) o trattative con banca. Può anche fare opposizione all’esecuzione se emergono motivi (es. importo pagato parzialmente). Richiedere eventualmente al G.E. termine per vendere privatamente.
T = 80Udienza autorizzazione vendita (tempi variabili, ipotizziamo ~30 gg dal pignoramento).Il G.E. esamina documenti, nomina un perito stimatore. Se debitore ha chiesto conversione e depositato cauzione, il G.E. la valuta: se accolta, emette ordinanza di conversione e sospende la vendita, dando piano rate. Debitore: se conversione concessa, seguire piano pagamenti. Se no, può ancora trovare acquirente e chiedere al G.E. sospensione asta (non garantita).
T = 110Stima peritale e avviso di vendita.Il perito deposita la valutazione immobile, il G.E. fissa condizioni d’asta (es. prezzo base, data asta fra, ad es., 60 giorni) e manda gli avvisi. Debitore: può segnalare acquirenti interessati al custode, o proporre alla banca un saldo e stralcio pari a un prezzo minimo d’asta. Eventuale opposizione agli atti se ci sono errori nell’avviso.
T = 170Prima asta (ipotetica). Se aggiudicazione, in 120 gg circa l’acquirente paga e la casa è trasferita.Se l’asta va deserta, G.E. ne indice un’altra con prezzo ribassato. Debitore: fino a prima dell’aggiudicazione, può ancora presentare un piano del consumatore per sospendere, o trovare accordo per far sospendere l’asta (es. un compromesso di vendita privata). Dopo aggiudicazione, poco da fare: non si può più opporsi (opposizione tardiva non è ammessa se bene già trasferito). Resta solo da attendere la distribuzione.
T = 200Decreto di trasferimento dell’immobile all’aggiudicatario; ordinanza di distribuzione del ricavato.La banca riceve le somme dell’asta (prioritariamente fino a concorrenza del credito). Se avanza credito residuo, proseguirà su altri beni. Debitore: se ha famiglia in casa, dovrà lasciarla (il custode o acquirente chiederà liberazione). Può chiedere una proroga al G.E. per esigenze particolari, ma non è assicurato. A questo punto, se rimane debito, valutare esdebitazione del residuo (se non ha altri beni aggredibili).

(N.B.: i tempi sopra sono esemplificativi; nella realtà le tempistiche possono essere molto più dilatate, specie le vendite all’asta che talvolta richiedono anni e più tentativi.)

Conclusione

Dal punto di vista del debitore, affrontare un decreto ingiuntivo su un mutuo ipotecario è una sfida complessa, ma non una causa persa in partenza. Come abbiamo visto, l’ordinamento italiano – pur tutelando il creditore nel diritto di recuperare quanto gli spetta – offre al debitore una serie di strumenti di tutela e difesa, sia sul piano processuale che sostanziale.

La chiave è conoscere i propri diritti e i tempi: le azioni giuste al momento giusto possono fare la differenza tra perdere la propria casa o riuscire a salvarla (o quantomeno gestire la situazione in modo meno traumatico). L’opposizione al decreto ingiuntivo è il primo e fondamentale baluardo: va preparata con rigore, approfondendo ogni aspetto del rapporto di mutuo (validità del contratto, conteggi degli interessi, eventuali clausole illegittime). Negli ultimi anni la giurisprudenza – in particolare la Corte di Cassazione – ha mostrato attenzione verso l’equità nei confronti del consumatore: dalla nullità delle clausole abusive nei contratti bancari, alla nullità delle fideiussioni anticoncorrenziali, fino alla possibilità di riaprire spiragli di difesa anche tardivamente in sede esecutiva. Questi sviluppi offrono ulteriori frecce all’arco del debitore diligente e ben assistito.

Parallelamente, durante la fase esecutiva, il debitore non è affatto privo di potere: può negoziare con la banca (cercando soluzioni come il saldo e stralcio), sfruttare istituti come la conversione del pignoramento per rateizzare il dovuto ed evitare l’asta, o in situazioni estreme ricorrere alle procedure di sovraindebitamento per ottenere una ristrutturazione o persino l’esdebitazione finale. Importante è muoversi con buona fede e trasparenza: i giudici tendono a favorire il debitore che mostra di voler adempiere il possibile (ad esempio vendendo volontariamente l’immobile al giusto prezzo) piuttosto che chi cerca solo di dilatare i tempi in modo pretestuoso.

In conclusione, “come tutelarsi” di fronte a un decreto ingiuntivo su mutuo ipotecario significa adottare un approccio attivo e consapevole:

  • Attivarsi subito con l’aiuto di professionisti per contestare ciò che è contestabile (vizi formali, errori di calcolo, clausole nulle, mancanza di presupposti) citando le normative e sentenze aggiornate a supporto.
  • Utilizzare ogni strumento procedurale idoneo a guadagnare tempo utile non fine a sé stesso, ma per trovare soluzioni (una vendita privata, un finanziamento sostitutivo, un accordo transattivo).
  • Comunicare con il creditore: molte volte anche le banche preferiscono una soluzione concordata – ad esempio, incassare subito il capitale residuo riducendo interessi e spese, piuttosto che affrontare lunghe esecuzioni dall’esito incerto.
  • Tenersi informati sulle evoluzioni normative: come abbiamo visto, la soglia per la conversione del pignoramento è diventata più favorevole (da 1/5 a 1/6) e le rate sono aumentate, offrendo più respiro ai debitori; oppure le nuove norme sull’esdebitazione permettono finalmente di chiudere col passato dopo aver perso tutto, cosa impensabile fino a pochi anni fa.

Affrontare un procedimento del genere è impegnativo e stressante, ma l’ordinamento fornisce gli strumenti per assicurare che l’eventuale sacrificio dei beni del debitore avvenga nel rispetto rigoroso delle regole e senza abusi. Il debitore, dal canto suo, deve esercitare con tempestività e cognizione i propri diritti, poiché – come si suol dire – “la legge aiuta chi si aiuta da sé”. Con un’azione informata e ben strutturata, il debitore può quantomeno mitigare le conseguenze della propria situazione debitoria, se non addirittura capovolgere l’esito di fronte a pretese creditorie scorrette o infondate.

In definitiva, la tutela del debitore nel caso di decreto ingiuntivo per mutuo ipotecario passa per una combinazione di competenza tecnica, strategia legale e, non ultima, negoziazione pragmatica. Questa guida ha fornito un panorama avanzato di tutte queste dimensioni, con l’auspicio che un debitore informato possa divenire – insieme al suo difensore – un soggetto attivo e consapevole, capace di far valere le proprie ragioni e di condurre la vicenda verso la soluzione meno gravosa possibile.


Fonti e riferimenti normativi e giurisprudenziali

Normativa (Codici e leggi):

  • Codice Civile: artt. 1186 (decadenza dal termine), 1283 (anatocismo), 1284 (tassi ultralegali), 1346 (determinabilità dell’oggetto), 1421 (rilevabilità nullità d’ufficio), 1815 c.2 (interessi usurari, nullità), 1957 (beneficio escussione garante).
  • Codice di Procedura Civile: artt. 633-642 (procedimento ingiuntivo, presupposti e provvisoria esecutorietà), 645 (opposizione a decreto ingiuntivo), 649 (sospensione esecutorietà), 650 (opposizione tardiva), 480 (atto di precetto), 495 (conversione pignoramento, come modificato da L.12/2019), 555 ss. (pignoramento immobiliare), 624 (sospensione esecuzione su opposizione), 615 (opposizione all’esecuzione), 617 (opposizione atti esecutivi).
  • Testo Unico Bancario (D.lgs. 385/1993): art. 38 (credito fondiario definizione, limite finanziabilità 80%), art. 40 (decadenza dal beneficio del termine, 7 rate), art. 50 (facilitazioni probatorie per banche: estratto conto ex dirigente), art. 117 (forma scritta e trasparenza contratti bancari), art. 120 (disciplina anatocismo).
  • Codice del Consumo (D.lgs. 206/2005): artt. 33-36 (clausole vessatorie nei contratti con consumatori, nullità di protezione).
  • Legge sull’usura: L. 108/1996 e decreto applicativi (tasso soglia trimestrale); art. 644 Codice Penale.

Giurisprudenza – sentenze e pronunce principali:

  • Cass., Sez. Unite, 6 aprile 2023 n. 9479: ha stabilito l’obbligo del giudice dell’ingiunzione di motivare sul controllo delle clausole abusive nei contratti di consumo e ha introdotto la tutela in sede esecutiva per il consumatore, permettendo opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c. per clausole abusive non esaminate (principi recepiti da Trib. Verona 6 luglio 2023).
  • Cass., Sez. Unite, 16 novembre 2022 n. 33719: ha risolto il contrasto sul mutuo fondiario “sovrafinanziato”, stabilendo che il superamento del limite di finanziabilità (80% ex art. 38 TUB) non comporta nullità del mutuo né sua riqualificazione in mutuo ordinario.
  • Cass., Sez. Unite, 30 dicembre 2021 n. 41994: ha dichiarato nulle, per violazione della normativa antitrust, varie clausole dei contratti di fideiussione omnibus conformi al modello ABI, in particolare le clausole di “reviviscenza”, di rinuncia al termine ex art.1957 c.c., e di sopravvivenza della garanzia.
  • Cass., Sez. I, 15 maggio 2023 n. 13144: (in linea con Cass. 11275/2023) ha confermato che per verificare l’usura non si sommano interessi corrispettivi e moratori, e che l’eventuale usurarietà del solo tasso di mora comporta nullità di quella clausola senza travolgere gli interessi corrispettivi lecitamente pattuiti.
  • Cass., Sez. III, 20 giugno 2022 n. 19825: (orientamento su usura) ha ribadito che la disciplina antiusura si applica anche agli interessi moratori e a tutte le remunerazioni collegate al credito; la verifica va fatta comparando omogeneamente i tassi con i tassi soglia e l’usura originaria produce nullità ex art.1815 c.c. della clausola di interessi (corrispettivi o moratori) eccedente.
  • Cass., Sez. I, 4 gennaio 2023 n. 145: ha statuito che se sono usurari gli interessi moratori, va applicata la sanzione di cui all’art. 1815 c.c. limitatamente ad essi (esclusione integrale di interessi moratori) e non sull’intero rapporto; inoltre, ai fini del calcolo, i tassi di mora vanno considerati con la maggiorazione media rilevata (tasso soglia mora distinto). (Principio in linea con Cass. 13144/2023 sopra cit.)
  • Cass., Sez. III, 13 febbraio 2023 n. 4330: ha confermato che l’atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo deve rispettare i termini e le forme del rito ordinario (atto di citazione, non ricorso).
  • Cass., Sez. III, 12 luglio 2023 n. 19944: ha affermato che una fattura è idonea per ottenere un decreto ingiuntivo, ma se il decreto è opposto, la fattura da sola non prova il credito che va dimostrato aliunde (principio applicabile analogicamente: l’estratto conto ex art.50 TUB è sufficiente in monitorio ma non basta in giudizio di opposizione se il debitore contesta).
  • Cass., Sez. I, 22 settembre 2023 n. 27183: (tema frazionamento crediti) ha sancito che in caso di frazionamento abusivo di un credito in più decreti ingiuntivi, il giudice deve eliminarne gli effetti distorsivi, ad esempio revocando i decreti opposti e regolando spese in modo da neutralizzare vantaggi indebiti (questo per dire che decreti ottenuti in violazione del divieto di frazionamento possono essere revocati).
  • Tribunale di Verona, 6 luglio 2023 (est. Burti): in più pronunce ha applicato i principi di Cass. SU 9479/2023, precisando che il giudice dell’opposizione a d.i. tardiva valuta solo clausole che incidono su an/quatum del credito e che il giudice dell’esecuzione deve avvisare il debitore e consentirgli opposizione tardiva sulle clausole non esaminate, non essendosi formato alcun giudicato su di esse.
  • Tribunale di Larino, 17 ottobre 2023: ha confermato che l’apertura della liquidazione controllata del sovraindebitato non blocca l’esecuzione individuale promossa dal creditore fondiario (banca), la quale può proseguire sino alla distribuzione, con coordinamento col liquidatore (v. anche art. 150 CCII per analogia).

Hai ricevuto un decreto ingiuntivo per il mutuo ipotecario? Fatti Aiutare da Studio Monardo

Ricevere un decreto ingiuntivo dalla banca per il mancato pagamento di un mutuo ipotecario è un evento grave, ma non definitivo.
Hai il diritto di opporsi legalmente e difenderti, soprattutto se ci sono errori contrattuali, irregolarità nei conteggi o clausole abusive.


Cos’è un decreto ingiuntivo su mutuo ipotecario?

Il decreto ingiuntivo è un provvedimento del giudice che ordina al debitore di pagare una somma di denaro.
Nel caso del mutuo ipotecario, la banca può richiederlo se ritiene che tu abbia smesso di pagare le rate, anche solo parzialmente.

Spesso è seguito da:

  • 🛑 Pignoramento dei beni (inclusa la casa)
  • ⚖️ Procedura esecutiva sul tuo patrimonio
  • 📩 Notifica con termini ristretti per reagire

Cosa controllare prima di pagare o subire

Un decreto ingiuntivo non è sempre corretto. Prima di accettarlo passivamente, verifica:

  • 📑 Se il mutuo contiene clausole nulle o abusive (es. interessi usurari, anatocismo)
  • 📉 Se il calcolo del debito è errato o gonfiato
  • 🕒 Se il credito è prescritto o già rinegoziato
  • ❗ Se la banca ha violato obblighi informativi o contrattuali
  • 💬 Se hai accordi scritti o verbali di sospensione o modifica delle rate

Come ci si può difendere legalmente?

Hai 40 giorni dalla notifica per proporre opposizione al decreto ingiuntivo.
Con l’opposizione puoi:

  • ⚖️ Bloccare l’efficacia del decreto
  • 📂 Contestare il contenuto del contratto di mutuo
  • 🔎 Chiedere una perizia bancaria sulle anomalie del finanziamento
  • 🛡️ Difendere la tua casa dall’esecuzione immobiliare
  • 🔁 Avviare una trattativa stragiudiziale o una rinegoziazione assistita

🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo

📑 Analizza il decreto e il contratto di mutuo per individuare errori o vizi gravi
✍️ Redige l’opposizione e la deposita entro i termini di legge
📂 Avvia accertamenti tecnici su anatocismo, usura e illegittimità bancarie
⚖️ Ti rappresenta in giudizio per bloccare l’azione esecutiva
🔁 Ti assiste nella rinegoziazione del debito o nella definizione agevolata


🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in diritto bancario e contenzioso da mutuo ipotecario
✔️ Iscritto come Gestore della crisi presso il Ministero della Giustizia
✔️ Consulente per famiglie, imprenditori e fideiussori in difficoltà


Conclusione

Un decreto ingiuntivo per mutuo ipotecario non significa perdere tutto. Se agisci nei tempi e con competenza, puoi difendere la tua casa e contestare ogni irregolarità.
Con l’Avvocato Giuseppe Monardo, hai al tuo fianco un professionista capace di proteggerti legalmente e negoziare soluzioni reali.

📞 Richiedi subito una consulenza riservata per bloccare il decreto ingiuntivo e tutelare il tuo patrimonio.

Leggi con attenzione: se in questo momento ti trovi in difficoltà con il Fisco ed hai la necessità di una veloce valutazione sulle tue cartelle esattoriali e sui debiti, non esitare a contattarci. Ti aiuteremo subito. Scrivici ora. Ti ricontattiamo immediatamente con un messaggio e ti aiutiamo subito.

Informazioni importanti: Studio Monardo e avvocaticartellesattoriali.com operano su tutto il territorio italiano attraverso due modalità.

  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

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