Hai firmato una fideiussione bancaria anni fa e ora ti chiedi se puoi revocarla, come funziona la revoca e quali sono i limiti legali? Sei stanco di restare esposto per debiti non tuoi, oppure il rapporto con il debitore è cambiato radicalmente?
Revocare una fideiussione non è sempre semplice, ma in molti casi è possibile. Bisogna però distinguere tra revoca unilaterale, recesso anticipato e nullità della fideiussione. Ogni ipotesi ha regole e conseguenze diverse. Conoscere i tuoi diritti è il primo passo per uscire da un vincolo che potrebbe durare anni.
Si può revocare una fideiussione bancaria?
– Sì, ma solo a determinate condizioni: dipende dal tipo di contratto firmato, dalla clausola di durata e dallo stato del rapporto garantito
– Se si tratta di una fideiussione a tempo determinato, non puoi revocarla prima della scadenza, salvo gravi violazioni
– Se è a tempo indeterminato, puoi recedere in qualsiasi momento, ma resti obbligato per le obbligazioni già sorte fino a quel momento
Qual è la differenza tra revoca e recesso?
– La revoca è un atto più forte: si invoca per giusta causa o vizi originari del contratto, come la nullità o l’abuso del contratto
– Il recesso, invece, è una facoltà prevista nei contratti a tempo indeterminato e vale solo per il futuro, non libera da obblighi già sorti
Quando è possibile chiedere la nullità della fideiussione?
– Se la fideiussione contiene clausole abusive o conformi allo schema ABI vietato dalla Banca d’Italia, si può chiedere la nullità parziale o totale
– Clausole come la “reviviscenza”, la “rinuncia ai termini” e la “sopravvivenza dell’obbligazione” sono spesso nulle nei contratti standard
– In questi casi è possibile contestare la validità della fideiussione anche dopo anni
Come si revoca o si contesta una fideiussione in modo corretto?
– Invia una comunicazione scritta alla banca, con PEC o raccomandata A/R, specificando l’intenzione di revocare o recedere
– Verifica attentamente le clausole contrattuali: se il contratto è a tempo determinato, occorre attendere la scadenza
– In caso di clausole nulle, si può avviare un’azione giudiziale per far dichiarare la nullità della garanzia
Cosa NON devi fare mai?
– Pensare che la revoca abbia effetto retroattivo: sei comunque responsabile per quanto sorto fino alla data della revoca
– Sottovalutare il potere della banca: una fideiussione mal gestita può rovinarti il patrimonio
– Firmare una nuova fideiussione “di favore” senza valutarne le conseguenze: sei equiparato al debitore principale
– Tentare una revoca verbale o senza tracciabilità: serve sempre una comunicazione formale e ben motivata
Una fideiussione non è per sempre. In molti casi puoi uscirne, ma serve un’analisi legale precisa e tempestiva.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in contenzioso bancario e responsabilità da garanzia – ti spiega quando e come si può revocare una fideiussione bancaria, quali clausole contestare e come liberarti da un vincolo che ti espone senza fine.
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Introduzione
La fideiussione bancaria è un contratto di garanzia personale in cui un terzo (detto fideiussore o garante) si obbliga verso una banca (creditore) a garantire l’adempimento di un’obbligazione altrui (debito del debitore principale). In termini semplici, se il debitore principale non paga quanto dovuto, la banca può rivalersi sul fideiussore per ottenere il pagamento. Questa forma di garanzia è molto diffusa in ambito bancario: ad esempio, quando una banca concede un mutuo o un finanziamento, spesso richiede che un terzo soggetto firmi una fideiussione a tutela del credito concesso. La fideiussione rafforza dunque la posizione del creditore, ampliando il patrimonio aggredibile (quello del garante, oltre a quello del debitore) in caso di inadempimento.
Dal punto di vista del fideiussore (garante) – spesso un familiare, un socio o un’altra figura vicina al debitore principale – l’impegno assunto è gravoso: egli risponde con tutti i propri beni presenti e futuri per i debiti di un altro. Ci si chiede quindi come e se sia possibile “revocare” una fideiussione bancaria, ossia liberarsi da tale vincolo, specialmente quando la situazione economica del garante o del debitore peggiora, o quando emergono irregolarità nel contratto di garanzia.
Occorre sin da subito chiarire che la revoca unilaterale di una fideiussione è generalmente esclusa, salvo specifiche eccezioni di legge o clausole contrattuali che lo consentano. Tuttavia, esistono alcuni strumenti e circostanze che possono portare allo scioglimento o all’estinzione della fideiussione. In questa guida – aggiornata a giugno 2025 e basata sulle più recenti normative e pronunce giurisprudenziali italiane – esamineremo in dettaglio:
- La disciplina legale della fideiussione bancaria e le diverse tipologie di fideiussione (omnibus, specifica, solidale, etc.), con attenzione alle differenze nelle possibilità di recesso o revoca dal punto di vista del debitore garantito e del garante.
- Le modalità di estinzione della fideiussione: pagamento del debito, consenso del creditore, recesso del fideiussore nei casi ammessi, e cause legali di liberazione del garante (ad es. art. 1955, 1956, 1957 c.c.).
- Un’analisi approfondita delle fideiussioni conformi allo schema ABI del 2003, divenute famose per la presenza di clausole dichiarate anti-concorrenziali dall’Antitrust. Vedremo quali clausole sono coinvolte, cosa hanno stabilito le sentenze più recenti (Corte di Cassazione, anche Sezioni Unite) in merito alla nullità di tali fideiussioni, e come questa possa essere invocata dal fideiussore per liberarsi dall’obbligazione.
- I rischi legati alla revoca o al recesso di una fideiussione: le possibili reazioni della banca (come la richiesta immediata del saldo del debito o la revoca dei fidi concessi al debitore principale), gli effetti sulla posizione del debitore e del garante, e altre conseguenze pratiche.
- Modelli pratici: forniremo esempi di lettera di recesso da una fideiussione (da inviare alla banca) e un esempio di atto giudiziario per far accertare la nullità o l’annullamento della fideiussione, in modo da offrire un riferimento concreto su come procedere operativamente.
- Una sezione Domande e Risposte (FAQ) che affronta i quesiti più comuni – e alcuni avanzati – in materia di revoca e liberazione dalla fideiussione bancaria, dal punto di vista del fideiussore (e, indirettamente, anche del debitore principale garantito).
L’obiettivo è fornire una guida completa e approfondita, con un taglio tecnico-legale ma dal tono chiaro e divulgativo, utile sia ai professionisti del diritto (avvocati, giuristi d’impresa) sia ai privati cittadini o imprenditori che abbiano prestato fideiussioni e vogliano capire come uscirne. Tutte le informazioni sono accompagnate da riferimenti normativi e giurisprudenziali aggiornati, con indicazione delle fonti e delle sentenze più autorevoli, per garantire affidabilità e consentire eventuali approfondimenti. Di seguito iniziamo chiarendo le nozioni di base sulla fideiussione bancaria e la sua disciplina, prima di addentrarci nelle possibilità di revoca.
Nozione e caratteristiche della fideiussione bancaria
L’art. 1936 del Codice Civile definisce la fideiussione come il contratto col quale “colui che, obbligandosi personalmente verso il creditore, garantisce l’adempimento di un’obbligazione altrui”. In altre parole, il fideiussore si assume un’obbligazione accessoria che dipende dalle sorti del debito principale: la sua responsabilità sussiste solo se e nella misura in cui sussiste l’obbligazione principale del debitore. La fideiussione, pertanto, è sempre collegata al debito garantito (rapporto di accessorietà): se il debitore principale estingue il suo debito, anche la fideiussione si estingue; se il debito principale è invalido o inesistente, in linea di massima anche la fideiussione viene meno (salvo eccezioni di legge).
Una caratteristica fondamentale della fideiussione è la solidarietà del fideiussore con il debitore principale. Salvo patto contrario, il fideiussore è obbligato in solido col debitore, il che significa che la banca può esigere il pagamento indifferentemente dall’uno o dall’altro. Il creditore può quindi pretendere l’intera somma dovuta direttamente dal fideiussore (oltre che dal debitore), senza dover prima escutere il patrimonio del debitore principale, a meno che nel contratto non sia stato pattuito il beneficio di escussione in favore del garante. In pratica, molte fideiussioni bancarie prevedono espressamente la rinuncia da parte del garante al beneficio di escussione, obbligandolo al pagamento “a prima richiesta” della banca (cioè su semplice richiesta, senza che questa debba escutere prima il debitore). Tali clausole rendono il vincolo per il fideiussore particolarmente stringente, perché di fatto equiparano la sua posizione a quella di un coobbligato principale.
Oltre a essere solidale, l’obbligazione del fideiussore è per sua natura illimitata (salvo patto contrario): la garanzia copre non solo l’importo originario del debito, ma anche interessi, spese e altri accessori dovuti dal debitore, in virtù del principio codicistico per cui la fideiussione si estende a tutto ciò che è dovuto dal debitore (art. 1942 c.c.). È però possibile limitare convenzionalmente la fideiussione ad un importo massimo o a determinate obbligazioni – anzi, come vedremo tra poco, per le fideiussioni omnibus la legge impone di indicare un importo massimo garantito (art. 1938 c.c.) a pena di nullità.
Riassumendo, dal punto di vista strutturale:
- Parti del contratto: il creditore (es. la banca) e il fideiussore. Il debitore principale non è parte necessaria del contratto di fideiussione (può anche non sapere che qualcun altro garantisce il suo debito), benché di solito sia consapevole e spesso firma per presa d’atto. La fideiussione è dunque un contratto tra banca e garante, a beneficio anche del debitore (consente di ottenere il credito).
- Forma: per prassi e ai sensi della normativa sulla trasparenza bancaria, la fideiussione viene formalizzata in forma scritta (contratto o modulo firmato dal fideiussore).
- Natura dell’obbligazione del fideiussore: personale (il garante risponde con il proprio patrimonio), solidale col debitore, accessoria (segue le vicende del debito principale), tendenzialmente illimitata salvo pattuizioni (copre debito, interessi, spese).
- Durata: dipende dal tipo di fideiussione. Può essere a tempo determinato (collegata a un’obbligazione principale che scade ad una certa data, es. la durata di un mutuo) oppure a tempo indeterminato (es. fideiussione a garanzia di un’apertura di credito in conto corrente senza scadenza predeterminata). Approfondiamo queste differenze nel prossimo paragrafo, perché sono cruciali quando si parla di recesso o revoca della fideiussione.
Tipologie di fideiussione bancaria (specifica, omnibus, solidale)
Nel linguaggio comune si utilizzano diversi aggettivi per qualificare la fideiussione bancaria, riferiti a varianti tipiche di questo contratto. Di seguito esaminiamo le principali tipologie e le loro caratteristiche, dato che le possibilità di revoca o recesso possono differire a seconda del tipo di garanzia.
- Fideiussione specifica (a tempo determinato): è la garanzia prestata per uno o più debiti determinati e specificamente indicati. Tipicamente, la fideiussione specifica è collegata ad un contratto principale di durata determinata (ad esempio un mutuo di 20 anni, un finanziamento rateale di 5 anni, un contratto di locazione della durata di 4 anni, ecc.). In questo caso la fideiussione “segue” la sorte del contratto principale e ha la medesima durata: si estingue automaticamente quando l’obbligazione principale giunge a naturale scadenza e viene adempiuta. È inusuale che una fideiussione specifica preveda facoltà di recesso anticipato per il garante, proprio perché il vincolo è temporalmente limitato dalla scadenza del contratto garantito (vedremo però che su questo punto interviene la giurisprudenza). In mancanza di diverse pattuizioni, non è ammessa la revoca unilaterale prima del termine da parte del fideiussore. Dunque, se ad esempio Caio fa da garante per il mutuo decennale di Tizio, Caio sarà vincolato per tutta la durata del mutuo (salvo estinzione anticipata del mutuo stesso) e non potrà liberarsi dalla garanzia prima del termine se non col consenso della banca (ad es. tramite sostituzione del garante).
- Fideiussione omnibus (a tempo indeterminato): si definisce comunemente omnibus la fideiussione prestata a garanzia di tutti i debiti, presenti e futuri, che un determinato debitore ha nei confronti di una banca. È tipica delle operazioni bancarie come aperture di credito in conto corrente, concessione di fidi revolving, scoperti di conto, anticipazioni bancarie, ecc., in cui la banca assicura al cliente una disponibilità di credito potenzialmente senza scadenza prefissata. In tal caso il garante si obbliga in via generale a rispondere di tutte le esposizioni del debitore verso la banca, fino a un certo massimale. Per legge (art. 1938 c.c.) la fideiussione per obbligazioni future è valida solo se contempla l’importo massimo garantito, proprio per evitare che il fideiussore resti esposto senza limite; le banche infatti indicano sempre un massimale (es: “Tizio garantisce fino a €100.000 tutti i debiti di Caio verso la Banca X”). La fideiussione omnibus è a tempo indeterminato, nel senso che non è collegata a un singolo contratto con scadenza, ma copre anche rapporti continuativi. Proprio per questo la legge e la giurisprudenza riconoscono al fideiussore la possibilità di recedere, come vedremo in dettaglio più avanti: il garante può disdire la fideiussione omnibus con effetto per le operazioni future, restando però obbligato per i debiti già sorti al momento del recesso. La fideiussione omnibus è lo schema più diffuso in ambito bancario e anche il più problematico, tanto che l’ABI (Associazione Bancaria Italiana) predispose negli anni 2000 uno schema standard di contratto omnibus. Questo schema ABI – contenente clausole poi ritenute anticoncorrenziali, come vedremo – è stato impiegato a lungo da molte banche e sarà oggetto di un’analisi dedicata in seguito.
- Fideiussione solidale e altre varianti: in verità, ogni fideiussione bancaria “classica” configura un’obbligazione solidale del garante con il debitore (salvo clausole di escussione previa). Quindi spesso l’aggettivo solidale è usato solo per enfatizzare che il garante è obbligato in solido e rinuncia ai benefici di escussione e divisione. Dal punto di vista tecnico, possiamo ricordare alcune varianti:
- La fideiussione con beneficio di escussione: è quella in cui si pattuisce che la banca creditrice debba escutere prima il debitore principale e solo in caso di esito infruttuoso potrà agire sul garante (beneficio ex art. 1944 c.c.). Nella pratica bancaria questa forma è rara, perché le banche preferiscono garanzie immediatamente escutibili; al contrario, è comune inserire la clausola di pagamento a prima richiesta (rinuncia all’escussione preventiva).
- La fideiussione pro quota: il garante limita la sua obbligazione ad una parte del debito (es. garantisce solo il 50% dell’importo). Se più garanti assumono ciascuno una quota distinta, essi non sono solidali tra loro oltre la propria quota (beneficio di divisione ex art. 1946 c.c.). In assenza di patto di divisione, più fideiussori dello stesso debitore restano tutti obbligati in solido per l’intero (salvo regresso interno proporzionale).
- Il contratto autonomo di garanzia: pur essendo simile per funzione, non è una fideiussione in senso tecnico. Si tratta di garanzie (spesso fornite da banche o assicurazioni) in cui il garante si impegna a pagare a semplice richiesta e in via autonoma, rinunciando espressamente a far valere l’eventuale nullità o estinzione del debito principale. In tal caso l’obbligazione non è accessoria ma autonoma: la banca garante paga a prima domanda e poi al limite si rivale sul debitore. Queste garanzie autonome (molto usate per cauzioni, appalti, etc.) non seguono le regole della fideiussione codicistica e non beneficiano delle cause di estinzione che vedremo (es. art. 1955, 1957 c.c. non si applicano). Bisogna dunque distinguere: di seguito tratteremo delle fideiussioni ordinarie, accessorie, regolate dal codice civile. Se il contratto è invece un autonomo “garantía first demand”, la possibilità di recesso o scioglimento dipenderà esclusivamente dai termini contrattuali pattuiti.
Tabella riepilogativa – Tipi di fideiussione bancaria e revocabilità:
Tipo di fideiussione | Descrizione | Revoca/Recesso |
---|---|---|
Fideiussione specifica | Garanzia di uno o più debiti specifici, con durata determinata (es. durata di un mutuo o leasing). | Recesso non ammesso prima della scadenza del debito principale (salvo diverso accordo col creditore). Garante vincolato fino al termine del contratto garantito. |
Fideiussione omnibus | Garanzia generale di tutti i debiti (presenti e futuri) di un debitore verso la banca, entro un massimale (art. 1938 c.c.). Tipicamente a tempo indeterminato. | Recesso ammesso con comunicazione scritta alla banca se la garanzia è a tempo indeterminato. Efficacia ex nunc: libera il garante per i debiti futuri, ma resta obbligato in solido per i debiti sorti prima del recesso. |
Fideiussione solidale | (Di fatto ogni fideiussione salvo patto contrario). Il garante è obbligato in solido col debitore, spesso con rinuncia al beneficio di escussione (pagamento a prima richiesta). | Il carattere solidale non prevede di per sé facoltà di recesso ulteriori. Si applicano le regole sopra: se a tempo indeterminato si può recedere per il futuro; se a termine no. La clausola “a prima richiesta” non preclude il recesso per il futuro, ma incide solo sulle modalità di escussione. |
Garanzia autonoma | Garanzia non accessoria (es. garanzia bancaria “a prima richiesta, senza eccezioni”). Il garante paga indipendentemente dalle vicende del rapporto principale. | Nessun recesso legale salvo patto. Trattandosi di un contratto autonomo, il garante può svincolarsi solo nei modi previsti da quel contratto (o per accordo col beneficiario). Cause di liberazione ex artt. 1955, 1956, 1957 c.c. non si applicano. |
Nota: La distinzione tra fideiussione specifica e omnibus è importante anche ai fini della nullità delle clausole ABI (tema trattato più avanti). Lo schema ABI 2003 infatti riguardava fideiussioni omnibus a garanzia di operazioni bancarie generali; l’estensione di quelle pronunce alle fideiussioni specifiche è stata oggetto di dibattito giurisprudenziale recente.
Normativa italiana di riferimento
La fideiussione è disciplinata dal Codice Civile italiano (artt. 1936-1957 c.c.), che ne tratteggia gli elementi essenziali e alcune particolari fattispecie. Di seguito richiameremo gli articoli più rilevanti per il tema della revoca/liberazione del fideiussore, con una breve descrizione:
- Art. 1936 c.c. – Nozione di fideiussione: definisce la fideiussione (v. sopra). Stabilisce la forma scritta ad substantiam per la validità (in combinato disposto con l’art. 1350 c.c., essendo contratto con effetti relativi a diritti di credito).
- Art. 1938 c.c. – Fideiussione per obbligazioni future o condizionali: impone l’indicazione di un importo massimo garantito se la fideiussione è prestata per obbligazioni future. La mancanza del massimale comporta la nullità della garanzia. Questo articolo, introdotto dalla legge n. 154/1992 a tutela dei fideiussori, mira a evitare garanzie “illimitate” nel tempo e nell’ammontare.
- Art. 1941 c.c. – Fideiussione oltre gli limiti dell’obbligazione principale: sancisce che la fideiussione può essere prestata per una parte del debito principale o a condizioni meno onerose, ma se eccede l’importo dovuto o è prestata a condizioni più onerose, si riduce ai limiti dell’obbligazione principale. Questo articolo ribadisce l’accessorietà e impedisce che il fideiussore sia tenuto a più di quanto deve il debitore.
- Art. 1944 c.c. – Obbligazione in solido del fideiussore e beneficio di escussione: prevede che, salvo patto contrario, il fideiussore è obbligato in solido col debitore principale (beneficio d’escussione escluso di default). Le parti possono però pattuire che il garante sia tenuto solo dopo l’escussione del debitore (beneficio di escussione) o anche limitare la fideiussione a un importo parziale (beneficio di divisione in caso di più garanti).
- Art. 1945 c.c. – Eccezioni opponibili dal fideiussore: il garante può opporre al creditore tutte le eccezioni che spettano al debitore principale, tranne quelle personali al debitore. Ad esempio, il fideiussore può opporre la nullità, l’annullabilità, la prescrizione, la compensazione, etc., del debito principale. Questa norma rileva perché se l’obbligazione principale è nulla (ad es. perché il contratto di mutuo è invalido) il fideiussore può rifiutare il pagamento, eccependo la nullità dell’obbligazione garantita – a meno che la nullità dipenda da incapacità del debitore, caso in cui il fideiussore rimane obbligato (art. 1939 c.c.).
- Art. 1955 c.c. – Liberazione del fideiussore per fatto del creditore: “La fideiussione si estingue quando, per fatto del creditore, non può avere effetto la surrogazione [del fideiussore nei diritti, pegni e ipoteche del creditore]”. In pratica, se il creditore con comportamento colposo o illecito pregiudica il diritto del fideiussore di rivalersi sul debitore (surroga ex art. 1949 c.c. e regresso ex art. 1950 c.c.), il fideiussore è liberato. Un esempio classico: la banca volontariamente libera una garanzia reale (pegno, ipoteca) o altra causa di prelazione che assisteva il credito, rendendo più difficile al fideiussore rivalersi sul debitore; oppure il creditore omette di insinuarsi al passivo fallimentare del debitore perdendo così possibilità di recupero. Tale condotta, se provoca la perdita delle garanzie a cui il fideiussore avrebbe avuto diritto subentrando al creditore, libera il fideiussore fino alla concorrenza del valore di quelle garanzie perse. La Cassazione ha precisato che il pregiudizio dev’essere effettivo e incidente sul diritto di surroga/regresso, non una mera maggiore difficoltà di recupero dovuta al peggioramento delle condizioni del debitore.
- Art. 1956 c.c. – Liberazione del fideiussore per obbligazioni future: “Il fideiussore per un’obbligazione futura è liberato se il creditore, senza speciale autorizzazione del fideiussore, ha fatto credito al terzo (debitore principale) pur essendo, al momento in cui è stato fatto il nuovo credito, a conoscenza che le condizioni patrimoniali di costui erano divenute tali da rendere notevolmente più difficile il soddisfacimento del credito”. Questa norma, di grande rilevanza pratica, tutela il garante nel caso di fideiussione omnibus o comunque prestata per future operazioni: se la banca continua a concedere credito al debitore quando ormai sa che costui è in difficoltà economica gravi, senza avvisare né ottenere il benestare del fideiussore, quest’ultimo viene liberato per i nuovi crediti concessi. In altre parole, il garante non risponde dei nuovi affidamenti imprudenti concessi al debitore già insolvente, a meno che egli stesso li abbia autorizzati (ad esempio, se la banca prima di aumentare il fido interpellasse il garante e questi accettasse di estendere la garanzia). La ratio è evitare che la banca “scarichi” sul garante il rischio di credito aumentando l’esposizione verso un debitore ormai insolvente. Come vedremo, la Cassazione ha chiarito che la conoscenza dello stato di dissesto del debitore da parte della banca è cruciale e va provata dal fideiussore che invoca l’art. 1956. Inoltre, non scatta liberazione se il garante era egli stesso a conoscenza della situazione o coinvolto nell’amministrazione del debitore (es. fideiussore amministratore della società debitrice), poiché in tal caso il garante non può pretendere di essere all’oscuro delle nuove concessioni di credito. Una recente sentenza di legittimità (Cass. 8304/2024) ha ribadito che grava sulla banca l’onere di provare di aver avuto l’autorizzazione del fideiussore per i nuovi crediti in presenza di aggravamento del rischio, mentre spetta al fideiussore provare le circostanze di applicazione dell’art. 1956 (peggioramento delle condizioni del debitore e concessione di credito nonostante ciò). Se i presupposti dell’art. 1956 sono rispettati, la liberazione del fideiussore opera ex lege per i nuovi crediti; se invece la banca viola i doveri di correttezza continuando a fare affidamenti confidando nel garante, il fideiussore potrà anche agire in giudizio per chiedere la risoluzione del contratto di fideiussione per inadempimento del creditore (violazione degli obblighi di buona fede contrattuale).
- Art. 1957 c.c. – Scadenza dell’obbligazione principale: detta una regola di ulteriore tutela del fideiussore: “Il fideiussore non è più obbligato (cioè la fideiussione si estingue) se, entro sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione principale, il creditore non abbia proposto le sue istanze contro il debitore principale”. In pratica, quando il debito principale diventa esigibile (scade il termine per il pagamento, o c’è decadenza dal beneficio del termine, etc.), il creditore deve attivarsi entro 6 mesi per richiederne il pagamento giudizialmente (o almeno per intimarlo anche al garante, secondo giurisprudenza). Se il creditore lascia decorrere 6 mesi senza agire né verso il debitore né verso il fideiussore, quest’ultimo è liberato. Questa disposizione tutela il fideiussore da inerzie del creditore: evita che rimanga vincolato a tempo indeterminato dopo la scadenza del debito, costringendo il creditore a fare tempestivamente i suoi passi. Tuttavia, è comune che nei contratti di fideiussione bancaria venga inserita una clausola di rinuncia preventiva all’art. 1957 c.c. da parte del garante. Tale clausola (corrispondente all’art. 6 dello schema ABI del 2003, di cui diremo) fa sì che il fideiussore resti obbligato anche se la banca non agisce in quei sei mesi. Va detto subito che la giurisprudenza più recente considera lecita la rinuncia convenzionale al beneficio del termine di cui all’art. 1957, trattandosi di una disposizione derogabile dalle parti. Solo se la rinuncia deriva da un’intesa illecita (come nel caso dello schema ABI) può essere colpita da nullità antitrust. In assenza di rinuncia, invece, il mancato rispetto del termine semestrale da parte della banca libera il fideiussore automaticamente (nulla vieta comunque al creditore di fargli causa oltre i 6 mesi; starà al garante eccepire in giudizio la decadenza ex art. 1957 c.c. per ottenere il rigetto della domanda).
Abbiamo visto dunque che il Codice Civile delinea varie cause di estinzione del rapporto di fideiussione, alcune dipendenti dal comportamento del creditore (artt. 1955 e 1957), altre dal comportamento del debitore (es.: pagamento del debito), altre ancora da scelte del legislatore per ragioni di politica del credito (art. 1956). Queste disposizioni sono cruciali per valutare i margini di liberazione del fideiussore.
Nel prossimo paragrafo analizzeremo in concreto come il fideiussore possa “revocare” o sciogliere il vincolo fideiussorio, combinando quanto previsto dal codice con la più recente giurisprudenza. Distinguendo i casi di recesso unilaterale (possibile solo in alcune circostanze) dalle altre cause di cessazione, forniremo una guida operativa dalla prospettiva del garante che voglia liberarsi.
Revoca, recesso e altre cause di liberazione del fideiussore
Parlare di “revoca” di una fideiussione non è del tutto preciso in termini giuridici: la legge non prevede un diritto generale di revoca ad nutum (cioè a piacimento) per il fideiussore. Si può però discutere di recesso unilaterale nei contratti di durata, nonché di altri strumenti per ottenere la liberazione dalla garanzia. In questa sezione esamineremo:
- Il recesso del fideiussore nei casi ammessi (tipicamente fideiussioni a tempo indeterminato), con le modalità e gli effetti.
- Le altre cause di estinzione della fideiussione che possono “liberare” il garante: pagamento del debito, accordo col creditore, cause legali come l’art. 1955, 1956, 1957 c.c., annullamento per vizi del consenso, ecc.
- Procedure pratiche: cosa deve fare il fideiussore per formalizzare la sua uscita (comunicazione scritta di recesso, richiesta di liberatoria, eventuale azione giudiziaria).
Recesso unilaterale del fideiussore
Come già anticipato, la possibilità di recesso dipende dal tipo di rapporto garantito: se la fideiussione garantisce un’obbligazione a termine (tempo determinato), il fideiussore è tenuto fino alla scadenza e non può sciogliersi anticipatamente, salvo consenso del creditore. Ciò è coerente con la funzione del contratto: la banca ha accettato la fideiussione confidando che coprisse l’intero periodo del prestito. Ad esempio, se Caio fa da garante per un mutuo decennale di Tizio, Caio non può dopo 5 anni “revocare” la propria garanzia lasciando la banca scoperta per i restanti 5 anni, a meno che la banca stessa non acconsenta (magari perché Tizio trova un sostituto garante o altra garanzia).
Di contro, se la fideiussione è a tempo indeterminato (tipicamente una fideiussione omnibus su un conto corrente aperto senza scadenza fissa), la dottrina e la giurisprudenza ammettono che il fideiussore possa recedere in qualunque momento, analogamente a quanto accade per i contratti di durata indeterminata in generale. Il recesso va esercitato mediante comunicazione scritta inviata al creditore (di solito tramite raccomandata A/R o PEC alla banca) e produce effetto dal momento in cui il creditore ne viene a conoscenza (o dalla data futura indicata dal garante nella comunicazione). È importante sottolineare che tale recesso non libera il fideiussore dai debiti già esistenti al momento della comunicazione, ma vale solo per quelli futuri: in pratica l’obbligazione di garanzia viene “circoscritta” al saldo del debito esistente al momento in cui il recesso è divenuto efficace. Il fideiussore rimane solidalmente obbligato per l’importo del debito maturato fino alla data del recesso (che costituisce il “massimale” ex post della sua garanzia), mentre non risponde dei nuovi debiti o delle ulteriori operazioni compiute dal debitore principale dopo quella data.
Questa regola è stata espressa chiaramente dalla Corte di Cassazione in più occasioni: “il recesso del fideiussore dalla garanzia prestata per i debiti di un terzo, derivanti da un rapporto destinato a durare nel tempo, produce l’effetto di limitare l’obbligazione del garante ai debiti già sorti al momento del recesso” (cfr. Cass. Civ. Sez. III, n. 12263/2015; Cass. Civ. Sez. I, n. 9848/2012). Dunque, riprendendo un esempio: se Sempronio ha garantito “tutti i debiti” di Alfa S.p.A. verso Banca X fino a €200.000, e al momento in cui Sempronio invia lettera di recesso Alfa ha un debito di €50.000, Sempronio resterà garante per quei €50.000 (ed eventuali interessi/spese maturati su essi) ma non per le nuove esposizioni successive. La banca potrà continuare a far credito ad Alfa, ma sapendo che oltre €50.000 Sempronio non garantisce più; infatti, dopo il recesso, Alfa dovrà fornire eventualmente nuove garanzie o la banca potrà ridurre/chiudere l’affidamento.
È fondamentale che il recesso venga comunicato per iscritto e preferibilmente si ottenga dalla banca una conferma (la cosiddetta liberatoria che attesta la cessazione della garanzia per il futuro). In mancanza di riscontro, il fideiussore avrà comunque la ricevuta della raccomandata/PEC come prova della data di conoscenza da parte della banca.
Va precisato che il recesso del garante è un diritto potestativo, che non richiede motivazione particolare (anche se è buona norma indicare la volontà chiara di recedere ex art. 1373 c.c. per i contratti a tempo indeterminato). Tuttavia, può essere opportuno spiegare sinteticamente le ragioni (es. mutamento delle proprie condizioni economiche). La banca non può opporsi al recesso in sé (non può “obbligare” il garante a restare per future operazioni) – a patto che si tratti di rapporto indeterminato; ma può trarne conseguenze sul rapporto col debitore principale, come vedremo nei “rischi della revoca”.
Importante: il contratto di fideiussione potrebbe contenere clausole specifiche sul recesso. Ad esempio, alcuni schemi prevedono un preavviso (es. “il fideiussore può recedere con 3 mesi di preavviso, fermo il rispetto delle obbligazioni in essere”) oppure formalità particolari. In generale, se la clausola contrattuale non esclude il recesso ma lo regola, il fideiussore dovrà attenersi a quelle condizioni (la giurisprudenza comunque tende ad applicare l’art. 1373 c.c. analogicamente anche se non espressamente richiamato). Se invece il contratto esclude espressamente ogni recesso anche per rapporti indeterminati, una siffatta pattuizione potrebbe essere ritenuta nulla perché contraria ai principi generali sui contratti di durata (nessuno può essere obbligato “a vita” in un contratto senza possibilità di scioglimento): la giurisprudenza non si è espressa nettamente su questa specifica ipotesi, ma a fronte di clausole del genere molti interpreti propongono una nullità parziale o una disapplicazione per violazione di norme imperative (libertà contrattuale).
Caso particolare – Fideiussione su contratto principale di durata determinata (es. mutuo): come detto, qui il recesso anticipato non è un diritto. La Cassazione (sent. 25171/2014) ha stabilito che se la fideiussione garantisce un debito con termine finale, il garante che invii recesso prima del termine resta comunque obbligato fino alla scadenza: il recesso è inefficace, a meno che la banca accetti di liberarlo. In tali situazioni, l’unica via è contrattare con la banca una liberazione consensuale. Ciò può avvenire:
- Sostituendo il garante: trovare un altro soggetto che subentri come nuovo fideiussore, con pari o migliori requisiti patrimoniali, e ottenere dalla banca l’accettazione formale della sostituzione e la liberazione del garante originario. Tutte le parti devono concordare (nuovo garante incluso ovviamente). La banca valuterà la solidità del nuovo garante e potrebbe richiedere documentazione e istruttorie analoghe a quelle fatte per il primo garante, con tempi e costi (è come aggiungere un garante ex novo al mutuo). Non tutti i contratti prevedono questa possibilità, ma spesso è praticabile su accordo delle parti.
- Rinegoziando o sostituendo il finanziamento: alcune banche, se il garante vuole uscire, propongono al debitore principale alternative come la sostituzione del mutuo (stipula di un nuovo mutuo che estingue il precedente, magari con garanzie reali aggiuntive al posto del fideiussore) o la surroga del mutuo con una nuova banca, ipotizzando condizioni diverse che non richiedano il medesimo garante. La surroga (portabilità) è gratuita per legge e mantiene importo e garanzie sostanzialmente invariati; la sostituzione invece comporta costi (nuova istruttoria, atto notarile, ecc.) ma consente di rimodulare completamente il contratto. In ogni caso, serve l’accordo del creditore e queste operazioni hanno senso solo se il debitore principale ha una buona capacità finanziaria o offre altre garanzie (ipoteche, ecc.) tali da rendere accettabile la liberazione del fideiussore.
Altre situazioni di possibile liberazione “extra-giudiziale” del fideiussore:
Oltre al recesso legale, esistono scenari in cui il fideiussore può venir liberato per accordo o a seguito di determinati eventi, senza dover ricorrere al giudice:
- Se il debitore principale adempie integralmente il debito garantito, la fideiussione si estingue (ovviamente). In tal caso è opportuno farsi rilasciare dalla banca una dichiarazione di svincolo/liberatoria per il garante, specie se si tratta di un rapporto omnibus, per evitare pretese su eventuali residui.
- Se la banca (creditore) rinuncia espressamente alla fideiussione o libera il fideiussore, magari perché subentra altra garanzia, la fideiussione cessa. Questa ipotesi è rara nella pratica, perché la banca di solito non rinuncia a una garanzia valida senza ottenerne una sostitutiva. Ma potrebbe accadere, ad esempio, in un contesto di ristrutturazione del debito in cui il garante paga una parte e la banca lo libera (caso del “pagamento quota parte” infra) o qualora il garante sia deceduto e la banca preferisca ridefinire le garanzie con gli eredi (che magari non intendono subentrare come garanti).
- In presenza di più fideiussori pro quota: se ogni garante è obbligato per una quota determinata del debito, è possibile che uno di essi paghi la propria quota e richieda la liberazione. Ad esempio, Tizio e Caio garantiscono ciascuno il 50% di un finanziamento; Tizio può saldare il suo 50% residuo e chiedere liberatoria per sé, lasciando la restante garanzia in capo a Caio. Questo ovviamente richiede il consenso della banca, che verificherà la solvibilità dell’altro garante per il restante. Attenzione: se invece i garanti erano obbligati in solido (ognuno per il 100%), il pagamento parziale di uno non lo libera salvo accordi espliciti; la banca potrebbe comunque pretendere il resto.
- Vizi del consenso o invalidità del contratto di fideiussione: se il fideiussore ha firmato per errore, inganno o sotto minaccia, può agire per annullare la fideiussione (artt. 1427 ss. c.c.). Ad esempio, caso non infrequente, un garante sostiene di non aver compreso la portata dell’impegno perché gli è stato fatto firmare tra moduli e fogli senza spiegazioni (“fideiussione ottenuta con inganno”). Oppure il garante era incapace di intendere e volere al momento della firma, o la firma è stata falsificata (in tal caso la nullità è radicale). Se riesce a provare tali circostanze, il giudice può annullare il contratto liberando il fideiussore. Va detto che l’annullamento per dolo o errore richiede tempi e prove stringenti (il garante di solito afferma di non aver capito, ma deve dimostrare un raggiro concreto o un errore essenziale indotto). Comunque è uno strumento di difesa da considerare se, ad esempio, la banca o il debitore hanno fatto pressioni indebite (violenza morale) per far firmare.
Infine, l’evento morte del fideiussore: la fideiussione, salvo patto, non si estingue automaticamente con la morte del garante. Gli eredi subentrano nelle obbligazioni del fideiussore defunto nei limiti dell’eredità. Tuttavia, se la fideiussione era a tempo indeterminato, gli eredi possono esercitare il recesso per il futuro (spesso i contratti stessi lo prevedono espressamente). In caso di decesso del garante, dunque, i suoi eredi farebbero bene a notificare tempestivamente alla banca una dichiarazione di recesso dalla fideiussione omnibus entro i termini eventualmente contrattuali (spesso 3 o 6 mesi dal decesso, se previsto) o comunque appena subentrano, per evitare di restare vincolati per nuovi debiti del debitore principale. Gli eredi, se non vogliono subentrare affatto nel ruolo di garanti, hanno anche la scelta di rinunciare all’eredità (estremo rimedio per non accollarsi i rischi, specie se l’asse ereditario è negativo).
Riepilogo cause di estinzione/liberazione della fideiussione
Di seguito uno schema riassuntivo delle principali cause che comportano lo scioglimento del vincolo fideiussorio e la liberazione del garante, con indicazione della natura (contrattuale o legale) e degli effetti:
Causa di liberazione | Descrizione e riferimenti | Effetti sulla fideiussione |
---|---|---|
Pagamento o estinzione del debito principale | Adempimento integrale dell’obbligazione garantita (o estinzione per altra causa, ad es. compensazione, novazione, transazione che elimina il debito) da parte del debitore o di altri. Art. 1944 c.c.: il fideiussore non può essere tenuto per più di quanto dovuto dal debitore, quindi se il debito si azzera, la fideiussione cessa. | Fideiussione estinta. Il garante è libero. È opportuno ottenere dalla banca quietanza e liberatoria. |
Rinuncia o liberazione espressa da parte del creditore | La banca acconsente a liberare il fideiussore dall’obbligazione di garanzia. Può avvenire per accordo (meglio se scritto) tra banca, debitore e garante, spesso sostituendo la garanzia con altra equivalente (nuovo garante, garanzia reale, ecc.). | Fideiussione estinta per accordo. Il garante è liberato con efficacia dalla data dell’accordo (o dalla condizione pattuita). |
Recesso unilaterale del fideiussore (fideiussione a tempo indeterminato) | Il garante esercita la facoltà di recesso prevista per i rapporti senza termine (ex art. 1373 c.c. analogico). Comunica per iscritto alla banca la volontà di recedere. Riferimenti: Cass. 12263/2015, 9848/2012. | Fideiussione limitata ai debiti esistenti fino al recesso. Il garante resta obbligato solidalmente per l’eventuale saldo maturato sino alla data di efficacia del recesso, ma non per le obbligazioni successive. |
Art. 1955 c.c. – Fatto del creditore pregiudizievole | Il creditore con fatto proprio colposo/illecito fa venir meno le garanzie o i diritti di cui il fideiussore avrebbe beneficiato per surroga o regresso (es: banca libera un’ipoteca senza garante, pregiudicando la possibilità di rivalersi). Cass. ord. 4175/2020: il pregiudizio dev’essere tale da impedire surroga/regresso, non semplice difficoltà. | Fideiussione estensibile: il garante è liberato in tutto o in parte. Precisamente, la liberazione opera nella misura in cui l’atto del creditore ha reso impossibile la surrogazione. (Se l’atto fa perdere completamente la garanzia, fideiussione estinta; se parzialmente, riduzione proporzionale). |
Art. 1956 c.c. – Concessione di credito senza autorizzazione (obbligazioni future) | La banca, sapendo che il debitore è divenuto insolvente o fortemente a rischio, gli concede nuovo credito senza informare né ottenere il benestare del fideiussore. Il garante invoca l’art. 1956 dimostrando la conoscenza della banca e l’assenza di autorizzazione. (Cass. 16827/2016: banca viola buona fede se fa credito confidando nel garante senza avviso). | Fideiussione liberata per i nuovi crediti: il garante non risponde dei debiti contratti dal debitore dopo la data in cui la banca avrebbe dovuto astenersi dal concedere ulteriore credito. Può chiedersi anche la risoluzione della fideiussione se il comportamento della banca costituisce grave inadempimento. Nota: se il garante era consapevole del rischio (es. è amministratore della società debitrice) o ha autorizzato i nuovi crediti, non vi è liberazione. |
Art. 1957 c.c. – Inazione del creditore oltre 6 mesi dalla scadenza | Il debito principale scade (es. scadenza ultima rata mutuo, o revoca fido con obbligo rientro immediato) e la banca non agisce né contro il debitore né contro il fideiussore entro 6 mesi. L’inerzia fa scattare la decadenza del creditore dalla garanzia (salvo patto di esonero art.1957, spesso presente nei contratti). | Fideiussione estinta per decadenza. Il garante è liberato dall’obbligazione di garanzia se eccepisce la tardività dell’azione oltre i 6 mesi. (Se nel contratto il garante aveva rinunciato all’art.1957 c.c., questa causa di estinzione non opera). |
Morte del fideiussore (con recesso degli eredi) | Il fideiussore muore. Se gli eredi accettano l’eredità, subentrano anche nella posizione di garanti. Possono tuttavia esercitare il recesso per i rapporti futuri (spesso previsto anche contrattualmente). Se rinunciano all’eredità, ovviamente non subentrano affatto. | Fideiussione limitata o estinta. Con il recesso, la garanzia si limita ai debiti esistenti alla data della comunicazione (simile al recesso ordinario). Senza recesso, gli eredi restano vincolati alle stesse condizioni del de cuius. |
Annullamento per vizi del consenso (o nullità per falsità della firma) | Il fideiussore dimostra che il contratto di fideiussione è viziato: errore, dolo (raggiro), violenza morale, incapacità naturale, ecc., oppure che la sua firma non è autentica. In tali casi chiede giudizialmente l’annullamento (o accerta la nullità se firma falsa). | Fideiussione annullata o nulla. Effetto retroattivo: il contratto di fideiussione viene dichiarato invalido come se non fosse mai esistito, liberando completamente il garante (fatti salvi eventuali obblighi restitutori se nel frattempo ha pagato delle somme, da chiedere in restituzione). |
Focus: cosa NON costituisce di per sé causa di liberazione
Per completezza, segnaliamo alcune circostanze che da sole non liberano il fideiussore, a meno che ricorra una delle cause sopra:
- Deterioramento delle condizioni economiche del garante: ad es. il fideiussore perde il lavoro, o subisce egli stesso pignoramenti per altri motivi. Ciò non dà diritto a uscire dalla fideiussione; può al massimo motivare un tentativo di accordo con la banca, ma legalmente il garante resta obbligato.
- Deterioramento del rapporto tra garante e debitore: ad esempio divorzio tra coniugi dove uno era garante per l’altro, uscita di un socio garante dalla società debitrice, ecc. Questi fatti non incidono sul vincolo verso la banca. Il garante può ovviamente rivalersi sul debitore (azione di regresso) se paga, ma non può semplicemente “revocare” la fideiussione per aver rotto i rapporti personali.
- Cambio di intestazione del debito principale o cessione del credito: se il debitore principale cede il contratto a un terzo (accollante) e la banca acconsente, in assenza di liberazione espressa il fideiussore rimane obbligato anche per l’obbligazione in capo al nuovo debitore (art. 1273 c.c., accollo cumulativo, richiede liberazione espressa per esonerare il garante). Parimenti, se la banca cede il suo credito a un altro istituto, la fideiussione segue il credito ceduto (art. 1263 c.c.) e il garante resta obbligato verso il nuovo creditore.
- Concessioni o modifiche contrattuali tra banca e debitore: se la banca accorda proroghe di pagamento, rateizzazioni, piani di rientro, senza coinvolgere il garante, in linea generale ciò non libera il fideiussore, a meno che la modifica sia così radicale da configurare una novazione dell’obbligazione principale (sostituzione del debito con uno nuovo). In caso di novazione, la fideiussione originaria si estingue, e il garante non è obbligato per il nuovo debito novato, salvo vi consenta (art. 1230 c.c.). Distinguere proroga vs novazione può essere sottile; la Cassazione ha affermato che semplici dilazioni non liberano il garante, specie se previste dal contratto (es. la banca concede tempo in più al debitore, ciò non incide sul garante se non gli preclude surroga). Diverso se creditore e debitore aumentano l’importo dovuto o cambiano la natura dell’obbligazione: in tal caso il garante risponde solo nei limiti originali.
- Procedura di composizione delle crisi da sovraindebitamento del debitore (Legge 3/2012): se il debitore principale persona fisica ottiene, ad esempio, un piano del consumatore o un accordo di ristrutturazione ex L.3/2012 che prevede uno stralcio dei suoi debiti, ciò non vincola direttamente il creditore verso il garante. Il garante non beneficia automaticamente dello stesso trattamento, e potrà essere chiamato a pagare la parte stralciata (ha poi diritto di regresso verso il debitore, ma il debitore ne sarà esdebitato alla fine della procedura). Tuttavia, se il garante è anch’egli sovraindebitato, potrà includere il debito da fideiussione (se già escusso o prevedibilmente escusso) nel proprio procedimento ex L.3/2012.
Fideiussioni conformi allo schema ABI: nullità delle clausole e possibilità di annullamento
Una delle vicende più rilevanti degli ultimi anni in tema di fideiussioni bancarie riguarda le fideiussioni “omnibus” conformi allo schema ABI del 2003. Si tratta di schemi contrattuali predisposti dall’Associazione Bancaria Italiana e adottati in modo uniforme da molte banche, i quali contenevano alcune clausole poi giudicate anticoncorrenziali dall’Autorità di Vigilanza (all’epoca la Banca d’Italia, nell’esercizio di funzioni antitrust). Approfondire questo tema è cruciale perché la presenza di tali clausole potenzialmente illecite può offrire al fideiussore uno spiraglio per liberarsi dalla garanzia, attraverso l’azione di nullità delle clausole o del contratto.
Lo schema ABI 2003 e le clausole incriminate
Nel 2002-2003 l’ABI predispose un modello standard di condizioni generali per fideiussioni omnibus a garanzia delle operazioni bancarie. Questo schema fu sottoposto all’esame dell’Autorità Antitrust (all’epoca la vigilanza bancaria era competente) che, dopo un’istruttoria, emanò il Provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005. In esso la Banca d’Italia accertò che lo schema ABI costituiva un’intesa restrittiva della concorrenza (vietata dall’art. 2, comma 2, lett. a) L. 287/90, la legge Antitrust) e individuò in particolare tre clausole standard ritenute lesive della concorrenza, poiché imposte uniformemente dalle banche a danno dei clienti fideiussori. Le clausole in questione – che comparivano in numerosi moduli di fideiussione omnibus degli istituti di credito – sono:
- Clausola di “riviviscenza” (art. 2 dello schema ABI) – Prevede l’obbligo del fideiussore di rimborsare alla banca le somme che questa abbia incassato dal debitore in adempimento del debito, qualora tali pagamenti vengano successivamente meno per cause giuridiche (annullamento, inefficacia o revoca dei pagamenti stessi, o per qualsiasi altro motivo). In pratica, se il debitore paga ma poi quel pagamento viene revocato (es. revocatoria fallimentare) o dichiarato inefficace, la banca può di nuovo pretendere il pagamento dal fideiussore. È una “sopravvivenza” della garanzia a vicende che estinguerebbero il debito principale.
- Clausola di rinuncia al termine ex art. 1957 c.c. (art. 6 dello schema ABI) – Stabilisce che il fideiussore rinuncia espressamente ai benefici di cui all’art. 1957 c.c., ossia accetta di rimanere obbligato anche se la banca non agisca entro i 6 mesi dalla scadenza del debito principale. È la clausola che rende di fatto inoperante la decadenza semestrale a tutela del garante. Questa pattuizione, presa singolarmente, sarebbe lecita (il garante può rinunciare a un beneficio); ma inserita in un modulo uniforme diffuso in tutto il sistema bancario è stata considerata parte dell’intesa restrittiva.
- Clausola di “sopravvivenza” della garanzia (art. 8 dello schema ABI) – Stabilisce che “qualora le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fideiussione garantisce comunque l’obbligo del debitore di restituire le somme allo stesso erogate”. In altre parole, anche se il contratto principale fosse nullo o annullato, il garante dovrebbe comunque restituire alla banca ciò che il debitore ha ricevuto. Questa clausola contrasta col principio generale che la nullità del debito travolge la fideiussione (salvo il caso di nullità per incapacità del debitore ex art. 1939 c.c.).
Secondo la Banca d’Italia, l’imposizione uniforme di queste clausole da parte di quasi tutte le banche, su coordinamento ABI, restringeva la concorrenza: i fideiussori (clienti) non trovavano alternative contrattuali nel sistema, vedendosi imporre condizioni peggiori di quelle di legge in maniera standardizzata. Dunque il provvedimento del 2005 dichiarò che tali clausole, “nella misura in cui applicate in modo uniforme”, violavano la L. 287/90. Importante: il provvedimento non dichiarò illecito tout court l’uso di quelle clausole da parte della singola banca, bensì l’accordo tra banche di adottarle tutte insieme. Si tratta dunque di un’intesa a monte illecita.
Conseguenze sulle fideiussioni stipulate (“a valle”) e orientamenti giurisprudenziali
Una volta accertata l’intesa anticoncorrenziale a monte, si pose il problema del destino dei contratti di fideiussione già stipulati sulla base di quello schema. L’art. 2, comma 3, L. 287/1990 prevede che “le intese vietate sono nulle ad ogni effetto”. Ci si chiese se la nullità colpisse anche i contratti derivati da quell’intesa.
Negli anni successivi al 2005, la giurisprudenza si è divisa in quattro orientamenti principali:
- Nullità totale del contratto di fideiussione: alcuni (tra cui Cass. Sez. I, n. 13846/2019) ritenevano che l’intera fideiussione fosse nulla in quanto “a valle” di un’intesa illecita, per violazione di norma imperativa (art. 2 L. 287/90). In pratica la presenza di quelle clausole, espressione dell’accordo, contaminava l’intero contratto, privandolo di causa lecita (nullità derivata).
- Nullità parziale (solo delle clausole): altri (Cass. Sez. I, n. 24044/2019, vari Tribunali di merito) propendevano per limitare la nullità alle sole clausole specifiche (artt. 2, 6, 8 dello schema) contrarie alla norma antitrust, conservando però il resto del contratto. Ciò in virtù del principio di conservazione degli atti (art. 1419 c.c.) quando la parte restante del contratto può avere effetto senza le clausole nulle e rispecchia comunque la volontà delle parti.
- Nullità “di protezione”: alcuni giudici (Trib. Siena 14.5.2019) ipotizzarono una nullità relativa, cioè posta a tutela del garante come contraente debole (nullità di protezione). In tale ottica, le clausole sarebbero invalide solo se il fideiussore le eccepisce, e solo a suo favore (un po’ come avviene per clausole vessatorie nel codice del consumo).
- Validità del contratto: altri (es. Trib. Treviso 2018, Trib. Napoli 2018) hanno ritenuto che le singole fideiussioni non fossero inficiate dall’intesa ABI, specie se stipulate dopo il 2005 con moduli formalmente diversi, negando collegamenti automatici.
Questa frammentazione interpretativa ha generato incertezza. Nel 2017-2018 la questione è arrivata più volte in Cassazione, finché è stata rimessa alle Sezioni Unite. Le Sezioni Unite civili, con la sentenza n. 41994 del 30 dicembre 2021, hanno composto (in teoria) il contrasto, affermando il principio di diritto seguente:
Principio di diritto (Cass. S.U. 41994/2021): “I contratti di fideiussione stipulati a valle di intese accertate come anticoncorrenziali (ex art. 2, co.2, lett. a, L. 287/1990 e 101 TFUE) sono affetti da nullità parziale ai sensi dell’art. 1419 c.c., limitatamente alle sole clausole che riproducano quelle dello schema ABI vietato, salvo che risulti (dal contratto o per altra prova) che i contraenti avrebbero diversamente voluto non concludere il contratto senza quelle clausole”.
In sostanza, le S.U. escludono la nullità totale della fideiussione: il contratto si conserva, eliminando però le clausole specifiche ricalcate sullo schema illecito (art. 2, 6, 8). Solo se si dimostra che le parti non avrebbero concluso la fideiussione senza quelle clausole (caso difficile, perché di solito la banca avrebbe comunque voluto la garanzia, e il garante pure l’avrebbe data pur di ottenere il credito al debitore), allora si potrebbe travolgere tutto il contratto. Ma è una prova gravosa e una volontà “diversa” difficilmente desumibile.
Le Sezioni Unite 2021, con questa pronuncia, hanno orientato verso la nullità parziale. Restavano però aperti alcuni interrogativi, ad esempio: la regola vale anche per fideiussioni specifiche (non omnibus)? E come applicarla alle fideiussioni stipulate dopo il 2005?
Nel 2024-2025 la Cassazione è tornata più volte sul tema, con oscillazioni iniziali. Alcune ordinanze del 2024 (es. Cass. n. 19401/2024; ord. 19 luglio 2024 ex art. 380-bis; Cass. n. 30383/2024) hanno escluso che la nullità antitrust possa applicarsi a fideiussioni specifiche, sostenendo che il provvedimento del 2005 riguardava solo le omnibus. Un’altra ordinanza (Cass. n. 27243 del 21 ottobre 2024) sembrava invece propensa ad estendere il principio anche alle specifiche, notando che le S.U. 2021 non avevano espressamente limitato alle omnibus.
La questione è stata chiarita all’inizio del 2025: con quattro pronunce di gennaio 2025, la Cassazione ha fatto definitivamente luce. Tre ordinanze della Terza Sezione (nn. 657/2025, 660/2025, 675/2025) e un’ordinanza della Prima Sezione (n. 1170 del 17 gennaio 2025) hanno stabilito che:
- La nullità parziale per conformità allo schema ABI non è applicabile alle fideiussioni specifiche, ma solo a quelle omnibus oggetto dell’intesa. In altri termini, se una garanzia riguarda uno specifico finanziamento, anche se contiene clausole simili, non si può automaticamente invocare il provvedimento antitrust del 2005 per ottenerne la nullità (a meno che non si provi un’estensione dell’intesa a quel caso, v. infra).
- La fideiussione contestata deve essere stipulata nel periodo cui si riferisce l’accertamento dell’intesa. Il provvedimento del 2005 copriva l’intesa in essere fino al 2005; per contratti successivi, non si può presumere che l’accordo illecito perduri. Se un contratto è del 2010, ad esempio, il fideiussore non può limitarsi a esibire il provvedimento del 2005, ma deve fornire prova che anche nel 2010 vi fosse un’intesa analoga o una continuazione di quella (onere probatorio aggiuntivo).
- Le clausole del contratto impugnato devono essere esattamente corrispondenti a quelle vagliate dalla Banca d’Italia nel 2005, e soprattutto devono essere presenti tutte e tre in cumulo (la cd. compresenza delle clausole incriminate). Questo perché il provvedimento considerava anti-concorrenziale lo schema unitario con quelle tre clausole; la presenza isolata di una sola clausola potrebbe non integrare gli estremi dell’intesa illecita se non c’è uniformità generale. Dunque, se una fideiussione avesse ad esempio solo la rinuncia all’art.1957 ma non la clausola di reviviscenza o quella di sopravvivenza, difficilmente sarebbe considerata “conforme allo schema ABI” sanzionato, mancando la piena coincidenza con il modulo ABI.
In aggiunta, la Cassazione ha puntualizzato un aspetto processuale rilevante: il provvedimento Antitrust del 2005 (n.55/2005) dev’essere prodotto in giudizio dalla parte che se ne avvale (il fideiussore), non potendo il giudice conoscerlo d’ufficio come fosse una legge (principio iura novit curia non opera qui, trattandosi di atto amministrativo). Quindi il garante che eccepisce la nullità deve allegare copia del provvedimento Banca d’Italia e il testo del contratto per farne constatare la coincidenza.
Implicazioni pratiche per il fideiussore (punto di vista del debitore/garante)
Dal punto di vista di chi ha firmato una fideiussione, queste evoluzioni significano che:
- Se la tua fideiussione è antecedente al 2005 (circa 2003-2005) ed è del tipo omnibus con le tre clausole ABI, puoi far valere la nullità di quelle clausole. In giudizio, il giudice potrà dichiarare nulle ex art. 1418 c.c. le clausole di reviviscenza, di rinuncia al termine e di sopravvivenza. La fideiussione rimane valida ma ripulita da tali pattuizioni, il che comporta effetti non trascurabili: ad esempio, senza la clausola di rinuncia all’art.1957, il garante potrà eccepire la decadenza se la banca è stata inattiva oltre 6 mesi; senza clausola di reviviscenza, se un pagamento del debitore è soggetto a revocatoria fallimentare, il garante non è obbligato a rifonderlo; senza clausola di sopravvivenza, se il contratto principale era nullo (non per incapacità), la banca non può pretendere comunque dal garante. In molti casi, la nullità di queste clausole può di fatto liberare il garante, o quantomeno indebolire di molto le pretese della banca, specialmente se alcune di quelle situazioni si sono verificate (es. fallimento del debitore con revocatoria, decorso di 6 mesi, etc.).
- Se la fideiussione è post-2005, è ancora possibile invocare la nullità antitrust, ma bisogna essere consapevoli che la banca potrebbe eccepire: “quell’intesa non c’era più quando abbiamo stipulato”. Starà al garante eventualmente provare che, nonostante il provvedimento del 2005, la banca ha continuato ad adottare quello schema in esecuzione della medesima intesa illecita. Non è facile, ma alcune decisioni di merito hanno ritenuto che l’intesa sia proseguita anche dopo, finché le banche non hanno modificato i moduli. In generale, c’è stata per anni inerzia nel sistema: molte banche non hanno modificato subito le modulistiche dopo il 2005, continuando a far firmare fideiussioni con le medesime clausole vietate. Questa pratica può costituire prosecuzione dell’intesa (o nuovo accordo). Si possono utilizzare indizi come la data di stampa del modulo, corrispondenza ABI, ecc., per convincere il giudice che anche nel 2010 o 2015 quella uniformità persisteva.
- Se la fideiussione garantisce un singolo mutuo o finanziamento (fideiussione specifica), attualmente – alla luce delle pronunce 2025 – la nullità antitrust “ABI” non viene applicata. Quindi, anche se il contratto ha clausole simili (magari copia-incollate dallo schema omnibus), la giurisprudenza prevalente dice che l’accertamento antitrust riguardava solo l’accordo sulle omnibus. Ci sono state eccezioni in passato (alcuni tribunali hanno annullato anche fideiussioni specifiche con quelle clausole, per es. a tutela del consumatore), ma sono orientamenti minoritari. Tuttavia, il garante-consumatore potrebbe percorrere la strada della nullità per clausole vessatorie ex Codice del Consumo, se ricorrono i presupposti (fideiussione prestata da persona fisica consumatore a favore di banca, clausole non negoziate individualmente e che creano squilibrio significativo). Per esempio, una clausola di pagamento a prima richiesta senza eccezioni in una fideiussione a favore di banca potrebbe essere valutata vessatoria nei confronti del consumatore, come clausola che esclude eccezioni o decadenze che la legge gli riconoscerebbe. Questa però è un’altra base giuridica (nullità di protezione ex artt. 33-36 D.Lgs. 206/2005) che andrebbe provata caso per caso e finora non ha avuto applicazioni clamorose in Cassazione sul tema specifico.
In sintesi, l’azione di nullità delle clausole ABI è stata e rimane uno strumento nella mano dei garanti per sottrarsi alle pretese bancarie. Molti fideiussori hanno ottenuto in giudizio la dichiarazione di nullità di quelle clausole, venendo così liberati da richieste di pagamento pesanti. L’importante è comprendere che, allo stato attuale (giugno 2025):
- Si ottiene solo la nullità parziale delle clausole, non l’annullamento integrale del contratto, salvo casi eccezionali. Quindi la banca potrebbe ancora agire in base alla fideiussione, ma senza poter invocare quelle clausole a suo favore.
- Bisogna verificare che il contratto fideiussorio contenga effettivamente le tre clausole “incriminate” formulate in maniera corrispondente allo schema ABI 2003. Anche minime differenze lessicali potrebbero essere eccepite dalla banca per dire “non è lo schema ABI, è simile ma non identico”. Ad esempio, se la clausola di reviviscenza non menziona “o per qualsiasi altro motivo” ma ha formulazione più ristretta, o se manca una delle tre clausole, la banca sosterrà che non c’è prova di intesa anticoncorrenziale nel suo caso.
- La prescrizione: ci si potrebbe chiedere se l’azione di nullità antitrust abbia limiti di tempo. La nullità è radicale e imprescrittibile, eccepibile sempre (in teoria anche oltre 10 anni). Tuttavia, alcuni tribunali hanno discusso di decadenze o termi legati alla conoscenza del provvedimento. In generale, se il garante ha già pagato e vuole ripetere le somme, deve farlo entro 10 anni dal pagamento, in via di azione di ripetizione. Se invece viene citato e deve difendersi, può eccepire sempre la nullità.
Esempio pratico: Tizio è garante omnibus di un conto corrente affidato di Caio, con massimale €100.000, contratto firmato nel 2010 contenente le clausole di cui sopra. Nel 2023 Caio fallisce, la banca escute Tizio per €80.000 di saldo negativo. Tizio in giudizio eccepisce la nullità delle clausole ABI: il giudice verifica che il modulo era proprio quello ABI del 2003 (magari prodotto) e dichiara nulle le clausole di reviviscenza, 1957 e sopravvivenza. Supponiamo che la banca, sapendo del fallimento di Caio, non abbia agito entro 6 mesi dalla revoca dell’affidamento: grazie alla nullità della rinuncia art.1957, Tizio può opporre la decadenza della banca, e il giudice potrebbe liberarlo per intero perché la banca è decaduta dalla garanzia. Oppure, se la banca aveva ottenuto alcuni pagamenti da Caio poi revocati dal curatore fallimentare, la clausola di reviviscenza nulla impedisce di rivalersi su Tizio per quelle somme restituite (la banca avrebbe dovuto insinuarle al passivo). In conclusione, Tizio verrebbe liberato o comunque la sua posizione sarebbe molto migliore.
Va considerato che alcune banche, extragiudizialmente, transigono queste controversie. Spesso, se il garante solleva la questione ABI con fondatezza, la banca può valutare di chiudere con uno stralcio o riduzione del dovuto, pur di evitare il rischio di perdere del tutto in giudizio. Questo dipende dalla politica della banca e dalla forza dell’argomentazione nel caso concreto.
Procedura pratica: come revocare una fideiussione (lettera) e come agire in giudizio
In base a quanto esposto, il fideiussore che intenda liberarsi della propria obbligazione di garanzia ha a disposizione alcune azioni pratiche. Le due principali sono:
- l’invio di una lettera di recesso (nel caso di fideiussione revocabile, cioè a tempo indeterminato, tipicamente omnibus);
- il ricorso all’autorità giudiziaria per far valere le cause legali di liberazione (ad esempio la nullità delle clausole ABI, l’annullamento per vizi del consenso, la risoluzione per art.1956 c.c., ecc.), qualora la banca non riconosca spontaneamente la liberazione.
Vediamo separatamente come procedere in ciascun caso.
Modello di lettera di recesso della fideiussione
Se la situazione rientra nel caso di fideiussione a tempo indeterminato (garanzia di rapporti futuri, es. conto corrente, affidamenti senza termine fisso) e si vuole esercitare il diritto di recesso, si dovrà predisporre una comunicazione formale alla banca. Ecco gli elementi che una lettera di recesso dovrebbe contenere:
- Intestazione: i dati del fideiussore (nome, cognome, indirizzo) e destinatario (nome della banca, indirizzo della filiale o sede legale, attenzione Ufficio Crediti/Legale). Indicare eventuale numero di contratto di fideiussione o riferimento del rapporto garantito per chiara identificazione.
- Oggetto: ad es. “Recesso dalla fideiussione omnibus – comunicazione ai sensi dell’art. 1373 c.c.” (o “Recesso dalla garanzia prestata su rapporto n….”).
- Richiamo del contratto di fideiussione: es. “Il sottoscritto ha prestato fideiussione omnibus in data , a garanzia delle obbligazioni presenti e future di ____ verso ____ (Banca), fino alla concorrenza di €, come da contratto n. ___”.
- Dichiarazione di recesso: esprimere chiaramente la volontà di recedere. Esempio: “Con la presente, ai sensi degli artt. 1373 e 1938 c.c. e delle condizioni contrattuali pattuite, il sottoscritto esercita il recesso dalla suddetta fideiussione, con effetto immediato (o: con effetto dalla data di ricezione della presente)”. Se il contratto prevede un preavviso, indicarlo (es. “il recesso avrà effetto decorsi ___ giorni dal ricevimento”). In mancanza, immediato significa dalla data di notifica.
- Limitazione di responsabilità: chiarire gli effetti: “Pertanto, il garante non si riterrà più vincolato per le obbligazioni contratte dal debitore principale successivamente alla data di efficacia del recesso, restando ferma unicamente la garanzia per l’eventuale debito esistente alla data odierna”. Questa frase riprende quanto stabilito dalla Cassazione, così non ci sono dubbi interpretativi.
- Richiesta di riscontro/liberatoria: es. “Si chiede alla spettabile Banca di voler confermare per iscritto l’avvenuta presa d’atto del recesso e l’ammontare del debito del debitore principale esistente alla data odierna, ai fini della determinazione dell’importo massimo garantito residuo”. In pratica, si invita la banca a dichiarare il saldo attuale del debitore (se c’è un fido utilizzato ecc.), che costituirà il limite dell’obbligo del garante dopo il recesso. E si chiede conferma che la banca ha registrato il recesso.
- Indicazioni operative (facoltative): se ad esempio il garante offre contestualmente un sostituto o altra garanzia, può inserirlo; oppure se il garante sta pagando la sua quota (caso coobbligato pro quota) può comunicare che allega copia bonifico ecc. Spesso però il recesso è “a freddo” senza offerte.
- Formula di chiusura: ringraziamenti e disponibilità a eventuale incontro, ecc., e saluti formali.
- Firma: firma autografa del fideiussore (o firma digitale se inviato via PEC).
La lettera va spedita preferibilmente con modalità tracciabile e che provi la ricezione: raccomandata A/R oppure PEC (all’indirizzo PEC ufficiale della banca). Conservare con cura la ricevuta di ritorno o la ricevuta di consegna PEC come prova.
Esempio di lettera di recesso: (fac-simile)
Oggetto: Recesso dalla fideiussione omnibus n.12345/2018 relativa ai rapporti di conto corrente n.55555 – Cliente: Alfa Srl
Spett.le ABC Banca S.p.A. – Ufficio Legale Creditizio
Indirizzo PEC: abc.banca@pec.itIo sottoscritto ______________, nato a _____ il //___, residente in _____, Codice Fiscale __, in qualità di fideiussore garante delle obbligazioni di Alfa Srl verso ABC Banca S.p.A., giusta contratto di fideiussione omnibus sottoscritto in data // (rif. pratica n.),
comunico con la presente di voler recedere dal suddetto contratto di fideiussione con effetto immediato dalla data di ricezione della presente comunicazione.
Ai sensi dell’art. 1373 c.c. e delle pattuizioni contrattuali applicabili ai rapporti di durata indeterminata, il recesso comporta che il sottoscritto non sarà più vincolato per le operazioni e obbligazioni future del debitore garantito Alfa Srl nei confronti di ABC Banca, restando invece confermata la garanzia fideiussoria limitatamente ai debiti già esistenti alla data odierna (o alla data di efficacia del recesso, come sopra).
Si invita pertanto codesta spettabile Banca a voler: (i) prendere atto del presente recesso, aggiornando le proprie evidenze contabili; (ii) comunicare allo scrivente l’ammontare attuale dell’esposizione debitoria di Alfa Srl garantita dal sottoscritto, esistente alla data odierna, che rimane oggetto di fideiussione; (iii) rilasciare, non appena possibile, una dichiarazione liberatoria attestante la cessazione della fideiussione per le obbligazioni successive al //____ e l’importo residuo garantito prima del recesso.
In attesa di un cortese riscontro scritto, porgo distinti saluti.
Luogo, Data
Firma
Nota: il modello sopra è indicativo. In base alle circostanze, si potrebbe aggiungere (ad es.) “il presente recesso è motivato dal mutato orientamento della scrivente in merito alla propria esposizione patrimoniale” oppure “dalle mutate condizioni reddituali” ecc., ma non è obbligatorio. La chiarezza e completezza delle informazioni è fondamentale per evitare contestazioni.
Dopo l’invio, cosa aspettarsi? La banca solitamente risponde confermando la presa d’atto e specificando il saldo debitore alla data di recesso. Potrebbe invitare il debitore principale a rientrare dell’affidamento se quel saldo è “a revoca”. Questo aspetto viene trattato nella sezione rischi della revoca.
Se la banca non risponde, il recesso comunque vale (abbiamo la ricevuta); il garante però farebbe bene a sollecitare una risposta e tenere monitorata la situazione (ad es., se il debitore aumenta l’esposizione nonostante il recesso, informare la banca che non è garantita per l’eccedenza).
Azione giudiziale per liberarsi della fideiussione
Nel caso in cui il fideiussore non possa o non voglia confidare nel mero recesso (o se non applicabile) e si trovi impossibilitato a ottenere spontaneamente la liberazione da parte della banca, l’unica via è adire le vie legali. Le situazioni tipiche in cui serve il giudice:
- La banca ha già escusso il fideiussore o lo ha citato in giudizio per ottenere pagamento, e il garante vuole opporre motivi di nullità/estinzione.
- Il garante, pur non essendo ancora escusso, vuole agire in via proattiva per far accertare la nullità o l’inefficacia della fideiussione (ad esempio per clausole ABI illecite) e quindi liberarsi preventivamente dall’obbligo, specie se il rischio di escussione è concreto (es. debitore insolvente).
- Il garante intende risolvere il contratto di fideiussione per grave inadempimento della banca (art. 1956, violazione buona fede, etc.) o annullarlo per vizi del consenso, necessitando quindi di una pronuncia costitutiva del tribunale.
A seconda del caso, lo strumento può essere una domanda riconvenzionale (se si è convenuti in giudizio dalla banca) oppure un atto di citazione (se il garante prende l’iniziativa). In entrambi i casi, è vivamente consigliata l’assistenza di un avvocato esperto in diritto bancario, dati i profili tecnici. Qui forniremo un’idea del contenuto di un atto giudiziale per revocare/annullare la fideiussione.
Poniamo il caso più comune: azione di accertamento della nullità parziale per clausole anticoncorrenziali (schema ABI). Il fideiussore, temendo di essere chiamato a pagare, cita in giudizio la banca chiedendo di dichiarare la nullità delle clausole e quindi di essere liberato. L’atto di citazione conterrà:
- Indicazione del tribunale competente: di regola, il foro è quello del luogo dove la banca ha sede o eventualmente il foro del consumatore se il garante è consumatore e invoca la normativa consumeristica.
- Individuazione delle parti: “Tizio, cod.fisc…, domiciliato presso lo studio dell’Avv… (come da procura allegata), attore” contro “ABC Banca SpA, con sede…, p.iva…, in persona del legale rapp., convenuta”.
- Fatti: narrazione di tutta la vicenda. Esempio: “In data __ Tizio firmava una fideiussione omnibus a favore di ABC Banca a garanzia dei debiti di Caio. La fideiussione era redatta su modulo ABI (doc.1) e conteneva le seguenti clausole: art. __ (riviviscenza), art.__ (rinuncia termini ex art.1957 c.c.), art.__ (sopravvivenza obblighi in caso di nullità). Nel __ la banca ha chiesto a Tizio il pagamento di €__, essendo Caio inadempiente. Tizio ritiene di non dovere quanto richiesto poiché il contratto di fideiussione è affetto da nullità parziale…” e così via. Si farà riferimento al Provvedimento n.55/2005: “Si evidenzia che tali clausole riproducono pedissequamente lo schema contrattuale censurato dalla Banca d’Italia con provvedimento n.55/2005 (doc.2) in quanto frutto di intesa anticoncorrenziale ex L.287/90. In forza di detto provvedimento e della giurisprudenza conseguente (Cass. S.U. 41994/2021), le clausole in questione devono ritenersi nulle”. Si descrivono quindi le conseguenze: “Eliminate tali clausole, la fideiussione residua risulta priva di causa concreta, poiché – come si deduce dallo stesso tenore del contratto – la volontà delle parti era di subordinare la validità della garanzia a quelle pattuizioni (in subordine, si evidenzia che la banca non avrebbe accettato di concedere il fido senza la garanzia con quelle clausole, e il garante non avrebbe acconsentito a prestarla a condizioni diverse). Pertanto ricorre l’ipotesi dell’art.1419 co.1 c.c., con nullità dell’intero contratto” (questa parte si allega nel caso si voglia spingere per nullità totale, anche se la Cassazione la esclude salvo prova: si può tentare di sostenere che senza quelle clausole il contratto non sarebbe stato concluso, ma come detto è arduo).
- Fondamenti di diritto: si inquadrano giuridicamente le richieste. Si citerà l’art. 2 L.287/90, il comma 3 (nullità delle intese), l’art.1418 c.c. (nullità per illiceità della causa/violazione norma imperativa), l’art.1419 c.c. (nullità parziale), e la giurisprudenza: Cass. 13846/2019 (nullità integrale, se si vuole citare), Cass. 24044/2019 (nullità parziale), Cass. S.U. 41994/2021 (principio di diritto), Cass. 1170/2025 (limiti temporali e soggettivi). Si può citare il provvedimento Banca d’Italia integralmente (magari allegando estratti salienti).
- Richieste finali (petitum): ad esempio, “Voglia l’Ill.mo Tribunale: accertare e dichiarare la nullità delle clausole di cui agli artt. X, Y, Z del contratto di fideiussione sottoscritto il __ da Tizio a favore di ABC Banca, perché contrarie a norme imperative (art.2 L.287/90) in quanto riproduttive di intesa anticoncorrenziale; e per l’effetto dichiarare che il Sig. Tizio nulla deve alla convenuta ABC Banca in forza del suddetto contratto di fideiussione, liberando definitivamente l’attore da ogni obbligo verso la convenuta; in subordine dichiarare la nullità totale del contratto di fideiussione per illiceità della causa e consequenziale insussistenza di obbligazioni di garanzia a carico di Tizio verso la banca; con vittoria di spese e competenze di lite”. Se Tizio avesse già subito un decreto ingiuntivo o un pignoramento, chiederebbe anche la declaratoria di inesigibilità o la revoca di tali atti. Se invece agisce prima di qualsiasi richiesta di pagamento, chiede solo l’accertamento (azione di mero accertamento).
L’esito sperato è che il tribunale accolga e dichiari la nullità parziale delle clausole e quindi la non debenza delle somme da parte del garante. In alcuni casi, i tribunali hanno direttamente “liberato il fideiussore dall’obbligo di pagare il debito” con sentenza, offrendo a quest’ultimo la tranquillità di non dover più temere richieste sul punto.
Altre azioni giudiziarie possibili:
- Se il fideiussore invoca l’art.1956 c.c., potrebbe agire per fare accertare la sua liberazione rispetto a crediti concessi senza autorizzazione. Ad esempio, presentare domanda di risoluzione della fideiussione o declaratoria di inefficacia per quei nuovi affidamenti. Il petitum sarebbe: “accertare che il credito di €X derivante dall’affidamento concesso in data ___ è escluso dalla garanzia fideiussoria ex art.1956 c.c. e per l’effetto dichiarare risolto il contratto di fideiussione/liberato il garante limitatamente a tale esposizione”. Sono cause meno frequenti perché spesso questo argomento si solleva come difesa se la banca chiede soldi per affidamenti aumentati.
- Per annullamento per vizi del consenso, l’attore (fideiussore) deve provare dolo, errore, ecc. Quindi l’atto di citazione dovrà evidenziare ad esempio: “Tizio firmò perché minacciato da Caio di grave male, quindi la volontà fu estorta – chiedo l’annullamento ex art. 1434 c.c.”. Oppure: “Tizio credeva di firmare come semplice riferimento e non una fideiussione, errore essenziale indotto dalla banca – chiedo annullamento per errore”. Queste cause si concludono, se accolte, con sentenza costitutiva che annulla il contratto ex tunc.
- In ogni caso, se la banca ha già escusso il garante e questi ha pagato, il garante può agire per ripetere l’indebito (art. 2033 c.c.) se si scopre che la fideiussione era nulla. Ad esempio, alcuni garanti che avevano pagato su fideiussioni ABI nulle hanno fatto causa per riavere indietro i soldi, fondandosi sulla nullità. Anche in questo scenario va dichiarata la nullità e poi condannata la banca a restituire quanto indebitamente percepito.
Va ricordato che le sentenze di Cassazione più recenti richiedono rigore probatorio: è essenziale produrre i documenti (contratto di fideiussione; provvedimento antitrust se del caso; contratto principale se serve; corrispondenza). Il giudice valuterà se effettivamente la situazione rientra nelle ipotesi di legge.
È utile anche menzionare che nel contenzioso bancario spesso è opportuno tentare una negoziazione assistita o mediazione: a volte la banca può accordarsi col garante per una soluzione transattiva (ad esempio liberarlo a fronte di un pagamento parziale). Tuttavia, su questioni come la nullità ABI, se la giurisprudenza è favorevole al garante, quest’ultimo potrebbe spuntare un annullamento totale in giudizio, quindi dipende dalla convenienza.
Rischi e conseguenze della revoca (per il garante e per il debitore)
La decisione di “revocare” o comunque attivarsi per uscire da una fideiussione non è priva di conseguenze. È importante che il fideiussore comprenda i possibili rischi e effetti collaterali sia per sé che per il debitore principale. Di seguito evidenziamo i principali:
- Reazione della banca al recesso: quando un garante esercita il recesso su una fideiussione omnibus, la banca valuta immediatamente la situazione del debitore principale “scoperto”. Nella maggior parte dei casi, se la banca aveva richiesto un garante, significa che dubitava della piena solvibilità del debitore. Venendo meno la garanzia per il futuro, la banca può decidere di ridurre o chiudere le linee di credito concesse al debitore principale. Ad esempio, se c’è un fido di conto corrente, la banca potrebbe revocarlo o non rinnovarlo; se c’è uno scoperto, potrebbe chiedere il rientro immediato; se c’è un affidamento autoliquidante, potrebbe diminuirne l’importo. Questo comportamento è legittimo: la banca ha facoltà di tutelarsi visto che la base della concessione del credito (la fideiussione) è venuta meno. Dunque, un effetto tipico del recesso è che il debitore principale potrebbe trovarsi a dover restituire all’istante tutto il debito esigibile. In pratica, la banca spesso trasforma il saldo del debitore (fino ad allora garantito) in un importo da rientrare subito, coinvolgendo così il garante stesso che rimane obbligato per quel saldo. Esempio: Caio ha un fido di 50.000€. Il garante Tizio recede. La banca comunica a Caio che il fido è revocato e di versare i 40.000€ attualmente utilizzati. Se Caio non paga immediatamente, la banca potrà comunque agire contro Tizio (per i 40.000€ ante recesso) e Caio. Quindi Tizio ha ottenuto di non dover garantire oltre 40k, ma intanto la banca vuole quei 40k subito. Questo rischio va ponderato perché a volte il recesso innesca il problema che si voleva evitare (l’escussione).
- Peggioramento dei rapporti con il debitore principale: la revoca da parte del garante può creare tensioni col debitore garantito. Spesso il debitore vede la fideiussione come segno di fiducia; se il garante recede, il debitore potrebbe subirne un danno (perdita di affidamento, richiesta di rientro) e imputarlo al garante. Va quindi gestita con tatto, magari informando il debitore in anticipo e concordando soluzioni (es. se possibile, il debitore trova altro garante o riduce il debito prima del recesso). In contesti familiari o societari, questa dinamica può essere delicata.
- Persistenza della responsabilità pregressa: come più volte detto, il recesso non cancella la garanzia sugli importi già dovuti. Dunque il garante deve comunque essere pronto all’eventualità di dover pagare quel saldo. Il rischio concreto è che, accelerando la richiesta (la banca potrebbe non aver chiesto nulla finché c’era fiducia, ma dopo la revoca decide di incassare dal garante subito il pregresso), il garante si ritrovi a far fronte finanziariamente all’obbligo. Se il garante non è in grado di pagare il debito pregresso e neanche il debitore lo fa, la banca agirà legalmente (decreto ingiuntivo, pignoramenti) magari prima e con più determinazione.
- Rischio di azioni legali e costi: intraprendere un’azione giudiziaria (per far dichiarare la nullità o altro) comporta tempi, costi legali e incertezza. Se il giudice non dovesse dar ragione al garante, questi potrebbe restare obbligato e in più dover pagare le spese legali alla banca. Ad esempio, non tutti i tribunali interpretano uniformemente le questioni: benché ora la Cassazione abbia chiarito, c’è sempre margine di imprevedibilità. Quindi un rischio è perdere la causa e magari dover pagare comunque. È importante fare causa su basi solide (ad esempio, contratto con clausole identiche allo schema ABI, ecc.) e valutare il rapporto costi-benefici.
- Segnalazioni e affidabilità creditizia: se il garante recede o contesta la fideiussione e ciò porta a tensioni sul rapporto creditizio, la banca potrebbe – in casi estremi – segnalare il debitore principale come “affidamento revocato” alle centrali rischi. Questo può peggiorare il rating del debitore e indirettamente coinvolgere il garante (ad es. se era socio, o se compaiono informazioni creditizie collegate). Anche il garante stesso, se la banca subodora difficoltà, potrebbe trovarsi una segnalazione come coobbligato. Tuttavia, l’esercizio di un diritto (recedere) di per sé non dovrebbe portare a segnalazioni negative sul garante. Bisogna però monitorare.
- Decadenza da benefici per il debitore: in alcuni contratti è previsto che la presenza di un garante faccia ottenere condizioni migliori (tassi, dilazioni). Togliendo la garanzia, la banca potrebbe revocare quei benefici. Esempio: un mutuo con garante aveva tasso ridotto; senza garante, la banca (accordo mediante) potrebbe adeguare il tasso. Oppure la concessione di un periodo di grazia poteva essere condizionata alla fideiussione. Insomma, il debitore principale può vedersi cambiate le condizioni contrattuali in peggio. È bene controllare il contratto principale per clausole del genere.
- Possibile escussione immediata del garante: come detto, il recesso non lo libera dal passato, quindi se il debitore non paga il saldo, la banca può attaccare subito il garante. Ad esempio, se il debito è a scadenza futura ma il garante revoca, la banca potrebbe sostenere che la scadenza è anticipata per il garante (questo in realtà non sarebbe corretto, dipende dal contratto). In generale, finché il debito principale non è scaduto, il garante non dovrebbe essere tenuto a pagarlo anticipatamente. Ma se con la revoca la banca revoca anche il fido, quel debito diventa subito esigibile, e allora sì che il garante può essere chiamato.
- Effetto boomerang se la revoca è inefficace: se il garante revoca in un caso in cui non poteva (es. garanzia specifica) pensando di essersi liberato, ma in realtà giuridicamente il recesso non è valido, potrebbe incorrere in un falso senso di sicurezza. La banca potrebbe ignorare la lettera e anni dopo escutere il garante, che rimarrebbe obbligato perché quel recesso era privo di effetti legali. Ad esempio, Tizio garante di un mutuo invia recesso; la banca risponde “non previsto, quindi nulla”; Tizio pensa di esserne fuori ma a scadenza mutuo se Caio non paga, chiamano Tizio e lui scopre di essere ancora incastrato. Quindi, prima di “revocare”, assicurarsi di essere in un caso ammesso, altrimenti la mossa è inutile e anzi può far abbassare la guardia inutilmente.
In definitiva, revocare una fideiussione (o tentare di liberarsene) è una scelta da ponderare strategicamente. Dal punto di vista del debitore principale, la revoca da parte del garante è quasi sempre negativa, perché segnala alla banca una riduzione delle garanzie e quindi può peggiorare il rapporto di credito. Dal punto di vista del garante, a volte è necessaria (perché magari la sua situazione non gli permette più di rischiare, o i rapporti personali col debitore sono cambiati, ecc.), ma deve essere accompagnata dalla consapevolezza che si potrebbe passare dalla padella alla brace se il debito attuale è già elevato.
Un consiglio prudente per il garante è di cercare, se possibile, di ridurre prima il debito garantito (ad esempio convincendo il debitore a rimborsare una parte, o intervenendo lui stesso) così che al momento del recesso l’esposizione residua sia bassa o nulla. Il caso ideale è quando il debito è momentaneamente zero: se un conto affidato è a zero e il garante revoca, la banca chiuderà il fido ma non potrà escutere nulla del passato (perché non c’è). Purtroppo non sempre è fattibile.
Da ultimo, evidenziamo che la liberazione del fideiussore incide anche sui rapporti interni: se più garanti e uno viene liberato, ciò non deve pregiudicare gli altri (la banca di solito lo vieta). E nei rapporti tra garante e debitore, se il garante paga per liberarsi, ha diritto di regresso. Ma se il debitore è insolvente, tale regresso può essere inutile. Insomma, cessare la fideiussione non cancella i problemi economici sottostanti: è più che altro un modo per delimitare il danno per il garante.
Domande frequenti (FAQ) sulla revoca della fideiussione bancaria
Domanda: Posso revocare una fideiussione bancaria in qualsiasi momento?
Risposta: Non in qualsiasi momento e non in tutti i casi. Se la fideiussione è a tempo determinato (cioè garantisce un contratto con scadenza precisa, es. un mutuo o un leasing), il fideiussore di regola non può recedere anticipatamente prima della naturale scadenza del contratto garantito. Invece, se la fideiussione è a tempo indeterminato (tipicamente una fideiussione omnibus su crediti in conto corrente, senza termine finale prestabilito), allora il garante ha facoltà di recedere unilateralmente con effetto per il futuro. Il recesso va comunicato per iscritto alla banca e libera il fideiussore solo per i debiti successivi alla comunicazione, restando invece responsabile per tutti quelli sorti prima del recesso. Dunque, la “revoca” è possibile solo nel secondo caso. Negli altri casi, l’unica via è ottenere un accordo con la banca (ad esempio sostituendo la garanzia con un’altra) oppure far valere eventuali cause legali di nullità o risoluzione in giudizio.
Domanda: In cosa consiste il recesso del fideiussore e quali sono gli effetti per i debiti già esistenti?
Risposta: Il recesso del fideiussore è l’atto unilaterale con cui il garante scioglie il vincolo fideiussorio per il futuro. Si esercita tipicamente nelle fideiussioni omnibus (garanzie di crediti indeterminati). Gli effetti sono ex nunc: significa che tutto ciò che il debitore ha accumulato come debito fino al momento del recesso resta coperto dalla garanzia (il fideiussore ne risponde ancora), mentre i nuovi debiti successivi non sono più garantiti. In pratica, la garanzia viene “congelata” all’importo del debito esistente alla data del recesso. Esempio: se al momento in cui il garante invia la lettera di recesso il debitore aveva uno scoperto di 20.000€, quella è la cifra massima per cui il garante potrà ancora essere chiamato; se dopo il recesso il debitore aumenta lo scoperto a 30.000€, la banca potrà chiedere al fideiussore al massimo 20.000 (ossia il saldo al momento del recesso). Naturalmente, se il debitore ripaga in parte il debito esistente, il garantito si riduce di conseguenza. Il recesso non cancella quindi la responsabilità pregressa; serve solo a evitare che aumenti ulteriormente.
Domanda: Che cos’è esattamente una fideiussione “omnibus conforme allo schema ABI” e perché se ne parla tanto?
Risposta: La fideiussione omnibus è, come detto, la garanzia su tutti i debiti presenti e futuri di un certo debitore verso la banca, entro un massimale. Lo “schema ABI” è un modello standard di contratto di fideiussione omnibus che l’Associazione Bancaria Italiana aveva predisposto nel 2003 e che molte banche hanno usato in modo uniforme. Questo modello conteneva alcune clausole (tre in particolare: clausola di riviviscenza dei pagamenti, rinuncia al termine ex art.1957 c.c., e clausola di sopravvivenza della garanzia) che sono state giudicate illecite dall’Antitrust (Banca d’Italia) nel 2005, perché frutto di un accordo tra banche in violazione della legge sulla concorrenza. Di conseguenza, tutte le fideiussioni conformi a quello schema – cioè che riportano tali clausole in forma identica o sostanzialmente uguale – sono potenzialmente colpite da nullità parziale di quelle clausole. Se un fideiussore ha firmato una fideiussione omnibus e nel testo trova che c’è la clausola che lo obbliga a rimborsare pagamenti revocati, la clausola che rinuncia ai 6 mesi dell’art.1957, e la clausola che lo tiene obbligato anche se il contratto è nullo, allora è molto probabile che quella fideiussione sia “conforme allo schema ABI”. In tal caso il garante può sollevare la questione in giudizio e far dichiarare nulle quelle parti, indebolendo molto la pretesa della banca. È un tema di grande rilievo perché tantissime fideiussioni bancarie negli anni 2000-2010 contenevano tali clausole standard; molte persone citate in causa dalle banche hanno evitato di pagare facendo valere questa nullità. Attenzione però: dal 2021 la Cassazione (Sezioni Unite) ha chiarito che la nullità colpisce solo le clausole specifiche, non l’intero contratto, salvo casi eccezionali. Quindi oggi la tesi è che la fideiussione rimane valida ma “depurata” da quelle tre clausole. Ciò può comunque significare, ad esempio, che se la banca ha tardato a fare causa, il fideiussore è libero per via dell’art.1957 (non più derogato). Dunque se ne parla tanto perché è stata ed è tuttora una difesa fondamentale per molti garanti. (Va aggiunto: recenti sentenze 2025 hanno stabilito che ciò vale solo per fideiussioni omnibus e contratti nel periodo dell’intesa, non per garanzie specifiche fuori contesto).
Domanda: La mia fideiussione risale al 2018 e contiene clausole simili a quelle ABI; posso farle annullare ugualmente?
Risposta: È possibile tentare, ma va detto che ufficialmente il provvedimento Antitrust ha riguardato l’intesa sino al 2005. Per fideiussioni firmate nel 2018, la Cassazione 2025 ha precisato che non si può automaticamente presumere che quell’accordo illecito fosse ancora in atto. Bisogna eventualmente portare elementi che indichino che la banca stava ancora adottando pedissequamente lo schema ABI, magari per prassi consolidata (ci sono state decisioni di merito che hanno ragionato così). In mancanza di prove aggiuntive, c’è il rischio che un giudice dica: “dopo il 2005 non c’è evidenza di un accordo restrittivo, quindi le clausole non sono nulle per antitrust”. Tuttavia, una possibilità è inquadrare le clausole come vessatorie verso un consumatore (se il garante è un consumatore). Non è garantito, ma alcuni hanno sostenuto che la rinuncia al termine o la clausola di pagamento a semplice richiesta possano essere vessatorie ai sensi del Codice del Consumo, quindi nulle se non approvate specificamente o se creano squilibrio. Insomma, nel 2018 la battaglia legale è più incerta: certamente se le clausole ci sono tutte e tre, il garante solleverà la nullità e starà alla banca difendersi dicendo “non c’è più intesa”. Alcuni tribunali post-2018 hanno comunque continuato ad annullare le clausole, considerando che la modulistica era la stessa e di fatto l’accordo non era mai stato formalmente rimosso. In sintesi: sì, puoi eccepire la nullità delle clausole stile ABI anche per un contratto 2018, ma sappi che è un terreno più scivoloso rispetto a un contratto del 2004. Conviene farsi assistere e preparare bene la questione.
Domanda: Il garante di un mutuo può farsi sostituire da un altro garante o togliersi se il debitore paga un po’ di debito?
Risposta: Sì, ma solo con l’accordo della banca. Non c’è un diritto del garante alla sostituzione automatica. In pratica, se il debitore principale trova un nuovo garante (ad esempio un parente disposto a subentrare) che abbia solidità equivalente o superiore, può proporre alla banca di liberare il vecchio fideiussore e far firmare il nuovo. La banca valuterà la cosa come se fosse una nuova garanzia: controllerà il merito creditizio del nuovo garante, potrebbe richiedere documenti di reddito, ecc. Se è soddisfatta, farà firmare la fideiussione al nuovo e rilascerà una liberatoria per il vecchio garante a decorrere da una certa data. Questa operazione è relativamente comune in contesti familiari (es. un genitore sostituisce l’altro, o un fratello subentra come garante). Altro caso: se il debitore rimborsa una parte consistente del debito, riducendo molto l’esposizione, la banca potrebbe – su richiesta – liberare uno dei garanti, specie se ve ne erano due. Ad esempio, se inizialmente c’erano due garanti per un mutuo di €200.000 e ora il debito residuo è sceso a €50.000, la banca potrebbe acconsentire a mantenere uno solo dei due garanti e liberare l’altro (magari su richiesta del debitore o per motivi familiari). Ma nulla obbliga la banca a farlo: è sempre una scelta discrezionale. In generale, pagare una parte del debito non obbliga la banca a liberare il garante, a meno che l’obbligazione del garante fosse formalmente limitata a una quota e quella quota sia stata pagata. Ciò detto, in sede di trattativa privata tutto è possibile: il debitore e il garante possono negoziare con la banca la liberazione del garante dietro versamento di una somma (essenzialmente come un patteggiamento: il garante paga qualcosa e la banca lo libera per il resto). Questo però è equiparabile a un saldo e stralcio sulla garanzia e va formalizzato bene per iscritto con liberatoria.
Domanda: Se il debitore principale fallisce o va in liquidazione, il fideiussore rimane vincolato?
Risposta: Sì. Il fallimento (o altra procedura concorsuale) del debitore principale non libera il fideiussore, anzi la banca solitamente agirà proprio contro di lui per recuperare quanto non potrà ottenere dal debitore insolvente. Il garante tuttavia mantiene tutti i suoi diritti di eccezione e di regresso: ad esempio può eccepire la revocatoria fallimentare di pagamenti per non doverli ripagare (se la clausola di riviviscenza è nulla, come visto) e soprattutto, una volta pagato il debito alla banca, ha diritto di insinuarsi nel passivo del fallimento del debitore in via di regresso (surroga). In pratica, il garante pagante diventa creditore del debitore fallito e potrà chiedere di recuperare qualcosa dal fallimento (spesso poco o nulla, purtroppo). C’è una norma specifica (art. 1949 c.c.) che sancisce la surrogazione del fideiussore nei diritti del creditore soddisfatto: quindi se la banca aveva ipoteche o privilegi, il garante che paga subentra in quelle garanzie nel fallimento. Peccato che in molti casi la banca è chirografaria e quindi il garante subentra come chirografario. Comunque, ribadendo: la procedura concorsuale del debitore non fa venir meno la fideiussione. (Unico scenario in cui il fallimento potrebbe indirettamente aiutare il garante è se la banca, ingolosita dal fallimento, si distrae e non lo cita entro 6 mesi dalla scadenza del debito → in tal caso l’art.1957 c.c. lo libererebbe; ma la banca di solito si cautela).
Domanda: Quali sono i tempi di prescrizione per rivalersi o liberarsi?
Risposta: La prescrizione dell’azione della banca contro il fideiussore coincide con quella del debito principale (spesso 10 anni se è obbligazione di pagamento di capitale). Ogni atto interruttivo verso il debitore principale o verso il fideiussore interrompe per entrambi (solidarietà). Per il garante che vuole far valere la nullità, non c’è un termine di prescrizione perché la nullità è imprescrittibile; tuttavia, se il garante ha già pagato e vuole indietro i soldi, deve agire entro 10 anni dal pagamento (prescrizione dell’azione di indebito). L’azione di annullamento per vizi va proposta entro i termini soliti (es. 5 anni dalla scoperta del dolo/violenza). L’azione di regresso del garante contro il debitore prescrive in 10 anni dal pagamento. Infine, per l’art.1957 c.c., ricordiamo: il creditore deve attivarsi entro 6 mesi dalla scadenza del debito principale; se non lo fa, il garante è liberato, ma dovrà eccepire tale decadenza in giudizio. Non è propriamente una prescrizione, ma un termine di decadenza a carico del creditore.
Domanda: Dopo la revoca, la banca mi chiede subito di pagare il debito residuo: può farlo?
Risposta: Dipende dal contratto del debitore e dalla situazione. Se la banca ha revocato il fido o risolto il contratto principale a seguito del recesso del garante, allora sì, può chiedere immediatamente il saldo (che per definizione è scaduto se il fido è revocato). E tu garante, essendo ancora obbligato per quel saldo, devi pagare se il debitore non paga. Se invece il contratto del debitore continua (es. un mutuo in corso), la banca non può anticipare la scadenza al garante solo perché hai revocato: il garante resta obbligato fino a scadenza naturale. Tuttavia, come spiegato, spesso la banca quando perde la garanzia cerca di tutelarsi: o alza il tasso, o chiede rientro. Quindi nella prassi succede che, direttamente o indirettamente, al garante venga chiesto di coprire subito il dovuto. Legalmente parlando, la banca non ottiene nuovi diritti dal tuo recesso (anzi ne perde per il futuro); ma può usare quelli esistenti più rapidamente. Se ritieni che la banca stia agendo scorrettamente, puoi negoziare o difenderti. Ma se il debito è scaduto (perché il fido era a revoca e l’hanno revocato), la richiesta è legittima.
Domanda: Sono co-fideiussore insieme ad altri, posso revocare solo la mia parte?
Risposta: Se avete garantito tutti in solido per l’intero debito, il recesso di uno solo non è previsto in automatico: è come se quel garante volesse liberarsi unilateralmente, cosa che lo può fare solo se la fideiussione è indeterminata e per il futuro, ma così facendo di fatto ridurrebbe la garanzia complessiva per la banca. Di solito la banca non accetta un recesso parziale di un solo garante mantenendo gli altri due. Formalmente tu puoi inviare lo stesso il recesso: l’effetto sarà che tu non garantirai i nuovi debiti, ma gli altri garanti rimangono obbligati in solido e la banca potrebbe comunque chiedere a loro (o anche a te per il pregresso). Gli altri garanti non possono opporsi al tuo recesso, ma ne subiranno le conseguenze (la banca potrebbe chiedere a loro di integrarla o aggiungere qualcun altro al posto tuo). Se invece i garanti si erano divisi per quote (ognuno garantisce X euro), il tuo recesso libera solo la tua quota per il futuro. In generale è una situazione complessa: conviene concertare la mossa anche con gli altri garanti, per evitare di lasciarli “scoperti” con la banca. Magari tutti insieme potete recedere, costringendo la banca a prendere atto che dal giorno X non c’è più nessun garante per il futuro. Sappiamo di casi in cui più garanti hanno revocato contestualmente: la banca ha dovuto accettare, e ovviamente ha raffreddato i rapporti col debitore. Insomma, si può fare ma va coordinato.
Fonti normative e giurisprudenziali (Riferimenti)
- Codice Civile italiano: artt. 1936 – 1957 c.c. – Disciplina della fideiussione (obbligazione del fideiussore, fideiussione per debiti futuri, diritti ed eccezioni del garante, cause di liberazione).
- Cassazione Civile, Sez. Unite, 30 dicembre 2021, n. 41994 – Principio di diritto sulla nullità parziale delle fideiussioni conformi allo schema ABI 2003 (clausole anticoncorrenziali nulle ex art. 2 L.287/90).
- Cassazione Civile, Sez. I, 17 gennaio 2025, n. 1170 – Ordinanza che conferma l’applicabilità della nullità antitrust alle sole fideiussioni omnibus oggetto del provvedimento Banca d’Italia 2005, escludendola per fideiussioni specifiche; chiarisce i limiti temporali (contratti stipulati entro il 2005, altrimenti serve prova di intesa successiva) e la necessità di compresenza delle clausole incriminate.
- Cassazione Civile, Sez. I, 22 maggio 2019, n. 13846 – Sentenza (orientamento poi superato) che aveva affermato la nullità integrale della fideiussione conforme allo schema ABI, quale applicazione dell’intesa illecita.
- Cassazione Civile, Sez. I, 26 settembre 2019, n. 24044 – Sentenza che ha sostenuto la nullità parziale limitata alle clausole anticoncorrenziali, in linea poi con l’orientamento SU.
- Cassazione Civile, Sez. III, 26 novembre 2014, n. 25171 – Pronuncia che chiarisce come la fideiussione si protragga fino alla scadenza del rapporto principale a termine; il recesso anticipato del fideiussore (nel caso, garanzia su contratto di locazione) è inefficace se esercitato prima del termine contrattuale.
- Cassazione Civile, Sez. I, 13 maggio 2016, n. 9764 (ord. 16827/2016) – Pronuncia in tema di art. 1956 c.c., che evidenzia la violazione degli obblighi di buona fede da parte della banca che concede nuovo credito al debitore già in dissesto confidando nel fideiussore senza avvisarlo.
- Cassazione Civile, Sez. III, 13 agosto 2015, n. 16798 – (Riguarda fideiussione su locazione) Conferma l’inefficacia del recesso del fideiussore su garanzia a tempo determinato.
- Cassazione Civile, Sez. III, 3 aprile 2009, n. 8129 – In materia di durata: “la fideiussione si protrae per lo stesso termine entro cui le prestazioni garantite devono essere eseguite” (nessun recesso ante termine salvo patto).
- Cassazione Civile, Sez. III, 12 febbraio 2020, n. 4175 (Ord.) – Chiarisce l’ambito di applicazione dell’art. 1955 c.c.: il fatto del creditore libera il fideiussore solo se rende impossibile la surrogazione/regresso, non se la rende solo più difficile.
- Cassazione Civile, Sez. I, 24 marzo 2023, n. 8304 – Sull’art. 1956 c.c.: ribadito onere della banca di provare l’eventuale autorizzazione del fideiussore per i nuovi crediti concessi (non valida un’eventuale preventiva rinuncia del fideiussore a tale tutela).
- Provvedimento Banca d’Italia n. 55/2005 – (Antitrust) “ABI – condizioni generali di contratto per fideiussione a garanzia operazioni bancarie”: accerta l’intesa restrittiva ex art.2 L.287/90 e dichiara che gli artt. 2, 6, 8 dello schema ABI 2003 contengono clausole contrastanti con l’art.2, co.2, lett.a) L.287/90. (Fonte: sito Banca d’Italia).
- Legge 10 ottobre 1990, n. 287, art. 2 – Normativa antitrust italiana: divieto di intese restrittive della concorrenza; comma 3 dispone la nullità per violazione antitrust. (Invocata per nullità delle clausole ABI).
Sei garante in una fideiussione bancaria? Fatti Aiutare da Studio Monardo
Molti sottoscrivono una fideiussione bancaria per aiutare un familiare o per ottenere un finanziamento aziendale.
Ma col tempo, quella firma può trasformarsi in una responsabilità pesante, che continua anche quando il debito principale si modifica o si estingue solo in parte.
Se ti stai chiedendo come revocare una fideiussione, devi sapere che la legge prevede strumenti concreti, ma serve un’azione tecnica e tempestiva.
Cos’è la fideiussione bancaria e perché è difficile liberarsene?
La fideiussione è un contratto con cui ti impegni a garantire il pagamento del debito altrui.
Nel caso delle fideiussioni bancarie “omnibus” o “continuative”, la garanzia copre più obbligazioni, anche future, rendendo il vincolo molto esteso nel tempo.
⚠️ Attenzione: anche se il finanziamento cambia o viene rinnovato, il fideiussore resta obbligato, salvo espressa revoca o sostituzione.
Quando si può revocare una fideiussione?
La possibilità di revocare la fideiussione dipende da:
- 📑 La tipologia di contratto firmato (a tempo determinato o indeterminato)
- ⏳ La durata prevista e le eventuali clausole di recesso
- 🧾 La data del recesso e la posizione debitoria del debitore principale
- ⚖️ La presenza di clausole nulle o abusive (es. fideiussioni ABI dichiarate illegittime dalla Cassazione)
💡 Se la fideiussione è a tempo indeterminato, puoi revocarla per il futuro con una comunicazione formale, ma resti responsabile per le obbligazioni già sorte.
Come si revoca correttamente una fideiussione bancaria?
Per revocare una fideiussione in modo corretto:
- 📝 Invia una comunicazione scritta alla banca, con PEC o raccomandata A/R
- 📂 Verifica che il contratto consenta la revoca o il recesso
- 🛡️ Richiedi alla banca l’estinzione o sostituzione della garanzia, anche con altro soggetto
- ⚖️ In caso di fideiussione nulla o viziata, valuta l’azione giudiziale per la liberazione
❗ Le fideiussioni contenenti le clausole standard ABI (ritenute anticoncorrenziali) possono essere contestate per nullità, anche retroattivamente.
🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo
📑 Analizza il testo della fideiussione e individua eventuali clausole abusive
📂 Redige la revoca formale e la invia alla banca con efficacia legale
⚖️ Presenta opposizione a decreti ingiuntivi o richieste di pagamento fondate sulla fideiussione
✍️ Avvia l’azione giudiziaria per far dichiarare la nullità del contratto di garanzia
🔁 Ti assiste anche nel dialogo con la banca per ottenere la liberazione del vincolo
🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in diritto bancario e contratti di garanzia
✔️ Consulente per procedimenti per liberazione da fideiussione omnibus
✔️ Iscritto come Gestore della crisi presso il Ministero della Giustizia
✔️ Consulente di privati, imprenditori e garanti coinvolti in posizioni debitorie
Conclusione
Revocare una fideiussione è possibile, ma serve una strategia legale precisa.
Con l’Avvocato Giuseppe Monardo, puoi liberarti da garanzie inutili o abusive, difenderti da richieste illegittime e tutelare il tuo patrimonio personale.
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