Hai debiti che non riesci più a pagare e stai valutando la vendita di un immobile per liberarti dalle pressioni? Ti stai chiedendo se puoi vendere casa o altri beni durante la procedura di sovraindebitamento o se sia meglio aspettare? Hai paura che i creditori possano bloccare tutto o che tu debba perdere tutto?
La procedura di sovraindebitamento consente, in alcuni casi, di gestire la vendita degli immobili in modo controllato, tutelato e vantaggioso, evitando pignoramenti o svendite forzate. Ma è fondamentale muoversi per tempo e con un piano ben strutturato, perché le vendite fatte nel modo sbagliato possono essere annullate o addirittura considerate dannose per i creditori.
Posso vendere casa se ho debiti e voglio accedere al sovraindebitamento?
Sì, ma solo se:
– La vendita è fatta prima della procedura, senza frode o sottrazione ai creditori
– Oppure se è inserita nel piano di sovraindebitamento approvato dal tribunale
– Deve esserci trasparenza totale: nessuna vendita “fittizia” a parenti o prestanome
– È necessario dimostrare che il ricavato sarà usato per soddisfare almeno in parte i creditori
Cosa succede se vendo casa prima di accedere alla procedura?
– Se è una vendita corretta, reale e a prezzo di mercato, può essere accettata
– Se è simulata, sottocosto o fatta per evitare il pignoramento, può essere revocata
– Il gestore della crisi e il giudice valuteranno se la vendita ha danneggiato gli altri creditori
E se non vendo? Posso comunque salvarmi l’immobile?
– Sì, in molti casi si può mantenere la prima casa, soprattutto se è proporzionata al tuo nucleo familiare e al piano
– Se c’è un mutuo in corso, si può prevedere la continuazione dei pagamenti
– L’importante è che il valore dell’immobile non venga considerato un “lusso” o un bene eccedente
Quando conviene vendere l’immobile nell’ambito del piano?
– Quando la vendita può soddisfare parzialmente i creditori e migliorare le condizioni per ottenere l’omologazione
– Se vuoi ridurre le rate mensili, eliminare il mutuo e ripartire più leggero
– Se la casa è comunque a rischio pignoramento: meglio venderla in modo tutelato e con valore pieno, piuttosto che perderla all’asta
Cosa NON devi fare mai?
– Vendere senza avvisare i creditori, sperando che non se ne accorgano
– Intestare immobili ad altri per “salvarli”: è revocabile e può avere conseguenze penali
– Presentare una procedura di sovraindebitamento dimenticando di indicare immobili ceduti da poco
– Agire senza il supporto di un avvocato esperto: basta una mossa sbagliata per bloccare tutto
La legge ti consente di vendere immobili nell’ambito della procedura di sovraindebitamento, ma solo se lo fai in modo lecito, trasparente e controllato. È uno strumento per proteggerti, non per scappare dai creditori.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in sovraindebitamento e tutela patrimoniale – ti spiega quando puoi vendere casa se hai debiti, cosa devi dimostrare e come strutturare la procedura in modo da uscire pulito e senza errori.
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Introduzione
Il sovraindebitamento è la condizione in cui una persona o piccola impresa non riesce più a fare fronte ai debiti con il proprio patrimonio o reddito disponibile. In Italia, dal 2012 esiste una normativa dedicata per gestire queste situazioni, diversa dal tradizionale fallimento riservato alle imprese maggiori. Questa guida esamina in modo approfondito (aggiornato a luglio 2025) il funzionamento delle procedure di sovraindebitamento con particolare riguardo alla vendita di immobili del debitore e alle interazioni con procedure esecutive come il pignoramento immobiliare e l’esdebitazione finale. L’obiettivo è spiegare – in un linguaggio giuridico ma accessibile – come un debitore sovraindebitato possa gestire o cedere i propri immobili nell’ambito di tali procedure, alla luce della normativa italiana vigente e della giurisprudenza più recente.
Quadro Normativo Aggiornato al 2025
La disciplina del sovraindebitamento nasce con la Legge 27 gennaio 2012, n. 3 (nota anche come “legge salva-suicidi”), che introdusse per la prima volta tre strumenti concorsuali per debitori civili e imprenditori non fallibili. Questa legge, pionieristica nel dare una via d’uscita ai debiti insostenibili, è stata abrogata e assorbita dal nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII), emanato con D.Lgs. 14/2019 e definitivamente entrato in vigore dal 15 luglio 2022. Il CCII ha rinominato e in parte modificato gli istituti, mantenendo però la stessa filosofia di fondo: permettere al debitore onesto ma sfortunato di ristrutturare o liquidare i debiti offrendo ai creditori tutto il possibile, in cambio della liberazione dai debiti residui (fresh start).
Norme principali: Oggi la materia è regolata dagli articoli 65–83 CCII (che disciplinano il piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore e il concordato minore) e dagli articoli 268–283 CCII (che disciplinano la liquidazione controllata e l’esdebitazione del debitore incapiente). Tali procedure sono riservate ai soggetti non fallibili, cioè persone fisiche, professionisti, ditte sotto le soglie di fallibilità, enti non profit, imprenditori agricoli, startup innovative, etc.. In pratica quasi chiunque, tranne le società di maggiori dimensioni, può accedere a queste procedure se si trova nell’impossibilità di pagare i propri debiti.
Aggiornamenti recenti: Il legislatore è intervenuto più volte per migliorare gli strumenti:
- Decreto “Ristori” (L.176/2020): in attesa del Codice ha introdotto nella legge 3/2012 alcune novità importanti, come l’ampliamento della definizione di “consumatore” (includendo, ad es., il socio illimitatamente responsabile per i debiti estranei all’attività sociale) e soprattutto la possibilità di esdebitazione del debitore incapiente (debitoro senza beni né reddito).
- D.Lgs. 83/2022: decreto correttivo del CCII, attuativo della direttiva UE 2019/1023, ha affinato alcuni aspetti delle procedure da sovraindebitamento prima dell’entrata in vigore.
- D.Lgs. 136/2024: ulteriori modifiche al CCII per recepire integralmente la direttiva UE sulle ristrutturazioni. Ad esempio, è stato esteso da 1 a 2 anni il periodo massimo di moratoria per pagamento dei creditori privilegiati nei piani del consumatore.
Sul piano giurisprudenziale, le corti italiane – incluse diverse pronunce di merito e di legittimità – hanno chiarito molti dubbi applicativi. Si segnalano, tra le più recenti, la decisione della Cassazione n. 22914/2024 sul rapporto tra pignoramento immobiliare fondiario e liquidazione controllata, e la Cass. n. 9549/2025 sul trattamento dei crediti ipotecari nei piani del consumatore (falcidia del credito oltre il valore del bene e moratoria biennale). Verranno richiamati nel corso della guida i principi di tali sentenze.
Tipologie di Procedure di Sovraindebitamento
Il Codice della crisi prevede diverse procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, adatte a situazioni e soggetti differenti. Dal punto di vista del debitore, è fondamentale scegliere lo strumento giusto in base alla natura dei debiti (personali o d’impresa), alla presenza di beni da liquidare (come immobili) e all’obiettivo perseguito (riduzione dei debiti mantenendo eventualmente i beni, oppure liquidazione totale). Vediamole in dettaglio.
Ristrutturazione dei debiti del consumatore
È l’evoluzione del “piano del consumatore” della L.3/2012, destinata esclusivamente al debitore consumatore, cioè la persona fisica che ha contratto debiti per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta. Si tratta quindi di privati, lavoratori dipendenti, pensionati, ecc., per i debiti familiari, mutui, credito al consumo, tasse, ecc.
Contenuto del piano: Il consumatore, con l’ausilio di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) o professionista nominato dal giudice, predispone un piano che propone ai creditori il soddisfacimento, anche parziale e in forme differenziate, di tutti i debiti. Il contenuto è libero: può prevedere pagamenti rateali con tagli degli importi, vendite di beni, mantenimento di alcuni contratti essenziali, ecc., purché sia idoneo a risolvere la crisi. Non è necessario il consenso dei creditori: questi non votano sul piano. Sarà il Tribunale a valutare se omologarlo, verificando che:
- il debitore sia meritevole (non abbia causato il proprio sovraindebitamento con dolo o colpa grave, né abbia violato l’obbligo di leale collaborazione);
- i creditori ricevano con il piano una soddisfazione non inferiore a quella ricavabile da una liquidazione dei beni (il cosiddetto criterio di convenienza);
- il piano sia fattibile e non causi pregiudizio ai creditori non aderenti.
Se queste condizioni sono rispettate, il giudice omologa il piano anche senza l’assenso dei creditori (che tuttavia possono essere sentiti e possono contestare la convenienza). Non è dunque un accordo contrattuale, ma una soluzione giudiziale “imposta” ai creditori nell’interesse del debitore onesto.
Requisiti di accesso: Oltre a essere consumatore, il debitore:
- non deve aver già ottenuto un’esdebitazione negli ultimi 5 anni, né aver beneficiato di procedure sovraindebitamento più di due volte;
- non deve aver determinato il proprio indebitamento con mala fede o frode (ad es. ricorrendo ulteriormente al credito sapendo di non poter pagare, o dissipando patrimoni poco prima);
- se ha presentato una precedente domanda respinta per dolo o colpa grave, devono essere passati almeno 5 anni.
Va precisato che la legge, grazie alle modifiche del 2020, considera consumatore anche il socio illimitatamente responsabile di una società, per i debiti estranei all’attività sociale. Inoltre, i debiti fiscali e contributivi possono essere inclusi e falcidiati nel piano, a differenza di quanto avveniva nel passato remoto: il piano può prevedere stralci di cartelle esattoriali, purché il Fisco ottenga quanto otterrebbe in una liquidazione (ad esempio il valore di eventuali ipoteche sui beni).
Effetti dell’apertura: Quando il tribunale emette il decreto di apertura della procedura (cioè ammette il debitore alla ristrutturazione e fissa l’udienza per l’omologa):
- Nomina un OCC (organismo o professionista) che affiancherà il debitore e relazionerà al giudice.
- Può disporre, su istanza del debitore, la sospensione delle procedure esecutive individuali in corso, se la loro prosecuzione pregiudicherebbe la fattibilità del piano. Ad esempio, se la casa del debitore è pignorata e il piano la coinvolge, il giudice sospende l’asta fino alla decisione sull’omologa.
- Può disporre anche il divieto di iniziare nuove azioni esecutive o cautelari sul patrimonio del debitore fino alla fine della procedura. Ciò crea una tutela simile all’“automatic stay” delle procedure concorsuali, ma concessa caso per caso dal giudice.
- Ordina che non vengano acquisiti nuovi diritti di prelazione sui beni del debitore (divieto di iscrivere ipoteche giudiziali, pignoramenti, ecc. dal decreto in poi).
- Di regola, vieta al debitore di compiere atti di straordinaria amministrazione senza autorizzazione (per evitare che disponga di beni a danno dei creditori).
Durante la procedura, quindi, il patrimonio è protetto e “congelato”: i creditori devono attendere l’esito senza poter agire individualmente, tranne alcune eccezioni (crediti impignorabili, ecc., che tuttavia di solito non riguardano gli immobili).
Trattamento dei crediti con garanzia (ipoteche, pegni): Anche nel piano del consumatore è possibile prevedere che i creditori ipotecari o privilegiati non vengano soddisfatti integralmente. La legge consente infatti di:
- Frazionare il loro credito: al creditore ipotecario va pagato almeno il valore di stima del bene gravato; la parte eccedente (se il debito è maggiore del valore del bene) può essere degradata a chirografo, ossia trattata come un normale credito senza garanzie.
- Prevedere una moratoria fino a 2 anni dall’omologazione per iniziare i pagamenti ai creditori prelatizi. Ciò significa che, ad esempio, il piano può stabilire che le rate del mutuo ipotecario riprendano dopo un anno dall’omologa, senza che ciò impedisca l’omologazione stessa.
- Pagare i creditori con prelazione anche in misura parziale, purché il giudice ritenga che non sarebbero soddisfatti in misura maggiore in una liquidazione. Il creditore privilegiato che contesta il trattamento può far valutare al giudice la convenienza del piano: l’omologa verrà concessa solo se quel creditore non subisce un pregiudizio economico rispetto all’alternativa liquidatoria.
In sintesi, il piano può anche sacrificare (in parte) le pretese dei creditori ipotecari, se il debitore è meritevole e offre tutto il valore disponibile. Per esempio, se su un immobile gravano mutui per 200.000 € ma il valore di mercato è 150.000 €, il piano potrebbe prevedere che 150.000 € siano pagati (magari tramite vendita o rate) a soddisfazione dei mutui, e i restanti 50.000 € di debito ipotecario vengano trattati come chirografari (pagando solo una percentuale simbolica, o nulla, e poi cancellati). Il giudice verificherà che, in caso di vendita forzata, tanto (o forse meno) avrebbe ricavato la banca dopo le spese, e potrà comunque omologare.
Fase di omologazione: Se non vi sono opposizioni dei creditori, o se queste sono superate dal giudice (che le respinge valutando convenienza e meritevolezza), il tribunale omologa il piano. Da quel momento il piano è vincolante per tutti i creditori anteriori. Il debitore dovrà eseguire puntualmente gli impegni presi (pagare le somme promesse, vendere i beni indicati, ecc.) sotto la sorveglianza dell’OCC. Se il debitore adempie, otterrà al termine l’esdebitazione, ossia la cancellazione di ogni eventuale debito residuo non soddisfatto col piano. Se invece il debitore non rispetta il piano, l’omologazione può essere revocata e i creditori tornano liberi di agire (vedi FAQ).
Concordato minore
È la procedura corrispondente, per i debitori non consumatori, a quella che era l’“accordo di ristrutturazione” della legge 3/2012. Vi accedono imprenditori piccoli (imprenditori minori), start-up innovative, imprenditori agricoli, professionisti, ditte individuali, enti non profit e in genere tutti i soggetti non fallibili che però non sono semplici “consumatori” perché i debiti hanno natura aziendale o mista. Anche un consumatore in teoria non può accedere al concordato minore (deve usare il piano), ma il confine può essere sottile quando un soggetto ha sia debiti personali sia debiti di impresa: la giurisprudenza ammette la procedura che prevale in base alla natura prevalente dei debiti (ad esempio, Trib. Napoli 5/5/2025 ha ritenuto ammissibile la ristrutturazione del consumatore per un soggetto con debiti promiscui, in prevalenza personali).
Scopo e contenuto: Il concordato minore serve a regolare i debiti e, preferibilmente, a consentire la prosecuzione dell’attività imprenditoriale o professionale del debitore. Il piano proposto ai creditori può prevedere qualsiasi forma di soddisfacimento (anche qui, dilazioni, stralci, cessione di beni, continuità aziendale, ecc.), ma se il debitore prevede di cessare l’attività, la legge richiede un sacrificio aggiuntivo: il piano deve includere l’apporto di risorse esterne che aumentino in modo apprezzabile l’ammontare offerto ai creditori. Ciò per evitare che il debitore non consumatore usi il concordato minore come una “scorciatoia” rispetto alla liquidazione, offrendo ai creditori solo i propri beni senza alcun valore aggiunto.
Procedura di voto e omologazione: Diversamente dal piano del consumatore, il concordato minore è una soluzione negoziale: richiede il consenso della maggioranza dei creditori. In particolare:
- Il tribunale, verificati i requisiti, ammette il debitore e fissa un’udienza; l’OCC comunica la proposta a tutti i creditori.
- Si forma la votazione: il concordato è approvato se i creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti votanti esprimono voto favorevole. Se un singolo creditore ha più del 50% dei crediti, occorre anche la maggioranza “per teste” dei votanti, per evitare dominio assoluto di un solo creditore. È possibile dividere i creditori in classi omogenee; in tal caso occorre anche la maggioranza delle classi.
- I creditori privilegiati (pignoratizi, ipotecari) non votano se la proposta prevede il loro integrale pagamento. Se invece il piano chiede loro una falcidia (pagamento non integrale), allora partecipano al voto come chirografari per la parte falcidiata (analogia col concordato preventivo).
- Se la maggioranza approva, il tribunale omologa il concordato dopo aver verificato che siano rispettate le norme (meritevolezza del debitore, corretta informazione ai creditori, ecc.). Anche qui i creditori dissenzienti potrebbero opporsi per contestare la convenienza, ma il giudice può omologare lo stesso se ritiene la proposta più vantaggiosa della liquidazione.
Effetti sul patrimonio: Con l’apertura della procedura, scatta un divieto generale di azioni esecutive individuali su tutti i beni del debitore (analogo a quello del concordato preventivo ex art. 54 CCII). Ciò significa che i pignoramenti in corso vengono sospesi e nuovi pignoramenti non sono permessi, a tutela della massa. Il tribunale nomina eventualmente un commissario giudiziale, ma di solito la gestione dell’azienda rimane al debitore (non c’è spossessamento, coerentemente con l’idea di continuare l’attività). Il debitore però deve astenersi da atti straordinari non previsti nel piano, se non autorizzati. Se la proposta prevede la liquidazione di alcuni beni (in specie immobili), può essere nominato un liquidatore ad hoc per curarne la vendita secondo regole competitive, similmente a quanto accade per i beni nel piano del consumatore (vedi oltre).
Caso di inadempimento: Se il debitore, ottenuta l’omologazione, non adempie agli obblighi (ad esempio non paga le percentuali promesse ai chirografari, o non versa le risorse esterne offerte), il concordato minore può essere risolto ou annullato dal tribunale. In genere, l’esito è la conversione in liquidazione controllata: i creditori insoddisfatti infatti possono chiedere che si apra la liquidazione dei beni residui, per evitare che tornino alle azioni individuali disordinate.
Va segnalato che il concordato minore, come il piano, presuppone la meritevolezza del debitore (assenza di frode o colpa grave). Inoltre, non vi può accedere chi ha ottenuto un’esdebitazione nei 5 anni precedenti o ha già usato queste procedure due volte, e nemmeno chi ha commesso atti in frode ai creditori (es. sottrazione di beni).
Liquidazione controllata
Questa procedura corrisponde alla vecchia “liquidazione del patrimonio” della L.3/2012. È lo strumento destinato a liquidare tutti i beni del debitore sovraindebitato, sotto il controllo del tribunale, quando non sia possibile o conveniente un piano di ristrutturazione. Possono accedervi sia il debitore (persona fisica o soggetto non fallibile) sia, novità introdotta dal CCII, i creditori o il Pubblico Ministero in alcuni casi. Di fatto, la liquidazione controllata è una sorta di “fallimento personale” semplificato, dove il patrimonio del debitore viene aggredito in maniera concorsuale ma con la prospettiva di una esdebitazione finale.
Avvio e spossessamento: Il debitore (o il creditore istante) presenta ricorso al tribunale, che verifica i requisiti:
- Stato di insolvenza o di sovraindebitamento non risolvibile altrimenti.
- In caso di domanda del debitore, proposta completa con elenco dei creditori, inventario dei beni, indicazione di eventuali atti di disposizione compiuti di recente, e nomina di un OCC.
- Se la domanda viene dal creditore, il tribunale prima convoca il debitore per consentirgli eventualmente di proporre un proprio piano o accordo (il debitore ha una sorta di “precedenza” se vuole attivarsi). Se il debitore non offre alternative valide, si procede con la liquidazione.
Con la sentenza o decreto di apertura, il tribunale:
- nomina un liquidatore (spesso viene confermato l’OCC già coinvolto);
- spossessa il debitore dei suoi beni: tutto il patrimonio, presente e futuro (fino alla chiusura), diventa oggetto della procedura. Il debitore non può più disporne liberamente. Nota: rimangono esclusi i beni impignorabili per legge, ad esempio stipendi in misura della parte necessaria al sostentamento, beni di uso personale essenziale, etc., che non entrano nella massa attiva.
- dispone la cessazione/sospensione di tutte le azioni esecutive individuali. Vige il principio cardine del concorso: i creditori non possono più agire da soli sui beni del debitore. Ogni pignoramento in corso resta congelato e poi estinto, salvo rare eccezioni (la principale eccezione è quella dei creditori fondiari, v. oltre).
- ordina al debitore di consegnare o mettere a disposizione i beni al liquidatore e di collaborare (obbligo di informazione e assistenza).
- stabilisce eventuali limiti di reddito che il debitore può trattenere per le esigenze di vita (il resto va conferito alla procedura se ha uno stipendio, ad esempio).
Ruolo del liquidatore: Il liquidatore redige lo stato passivo, cioè l’elenco dei crediti ammessi e dei rispettivi privilegi (sotto controllo del giudice, con possibilità di opposizioni da parte di creditori esclusi o degradati). Quindi prepara un programma di liquidazione e procede a vendere tutti i beni del debitore (mobili, immobili, crediti, ecc.) secondo modalità competitive. In caso di beni immobili, si seguono di norma le procedure delle aste giudiziarie, con pubblicità sul portale delle vendite pubbliche, nomina di esperti per la stima se necessario, ecc. Il liquidatore può anche subentrare in eventuali procedure esecutive già pendenti per evitare duplicazioni.
Interferenza con pignoramenti immobiliari pendenti: Come detto, l’apertura della liquidazione blocca i pignoramenti. Tuttavia, per i crediti fondiari bancari, la legge bancaria (art. 41 TUB) prevede una deroga: la banca munita di mutuo fondiario ipotecario può iniziare o proseguire l’azione esecutiva sull’immobile ipotecato anche dopo l’apertura di una procedura concorsuale (fallimento o liquidazione). La Cassazione, Sez. I, 19 agosto 2024 n. 22914 ha confermato che tale privilegio processuale sopravvive anche nel Codice della crisi e si applica alla liquidazione controllata. Ciò significa che, se il debitore ha ad esempio la prima casa ipotecata dalla banca, quest’ultima può comunque far proseguire la vendita all’asta in tribunale dell’immobile, nonostante il debitore sia entrato in liquidazione controllata (che di regola bloccherebbe le esecuzioni). È una notizia sfavorevole per il debitore, che sperava forse di congelare il pignoramento: di fatto la banca resta libera di agire separatamente. Resta inteso però che il ricavato di quella vendita confluirà comunque nel concorso: la somma ottenuta andrà prima alla banca ipotecaria, ma se vi fosse un surplus esso verrebbe distribuito agli altri creditori concorsuali. Viceversa, se dalla vendita il credito ipotecario non viene soddisfatto integralmente, la banca parteciperà per la differenza come creditore chirografo nella liquidazione (e tale importo residuo potrà essere esdebitato a fine procedura, come visto nell’esempio più avanti).
A parte il caso dei fondiari, normalmente il liquidatore procederà alla vendita degli immobili all’interno della procedura concorsuale, con l’autorizzazione del giudice delegato. Gli eventuali acquirenti otterranno decreti di trasferimento dal giudice con effetto purgativo, ossia liberi da ipoteche e pignoramenti precedenti. Ciò garantisce anche qui che la vendita concorsuale sia appetibile e dia massima garanzia di titolo pulito all’acquirente (analoga a una vendita all’asta).
Ordine di distribuzione: Il ricavato di tutte le vendite viene distribuito dal liquidatore secondo le cause di prelazione risultanti dallo stato passivo. Ad esempio, il prezzo di una casa ipotecata andrà in primo luogo alla banca ipotecaria (detratti i costi della procedura), eventuali residui a creditori con ipoteca di grado inferiore o altri privilegi, e solo se resta qualcosa ai creditori chirografari. Se i beni liquidati non bastano a soddisfare tutti – cosa frequente – i crediti restano insoddisfatti o soddisfatti parzialmente.
Chiusura ed esdebitazione: Terminata la liquidazione (quando non ci sono più beni da realizzare né cause in sospeso), il tribunale dichiara chiusa la procedura. Il debitore persona fisica, a questo punto, può ottenere l’esdebitazione di tutti i debiti concorsuali insoddisfatti. La novità del Codice della crisi è che tale beneficio è pressoché automatico e incorporato: non serve un separato ricorso del debitore come avveniva prima. Salvo che emerga qualche motivo ostativo (es. frodi, violazioni gravi del debitore durante la procedura), il giudice contestualmente alla chiusura emette il decreto che libera il debitore da ogni debito residuo. In questo modo, il debitore che ha sacrificato tutto il proprio patrimonio ottiene il “fresh start” e può ripartire senza somme pendenti.
Va evidenziato che la liquidazione controllata non è una via reversibile: una volta venduti i beni, non c’è modo di riaverli. Dunque il debitore vi ricorre tipicamente come ultima risorsa o quando non ha alternative; ma è comunque preferibile subire una liquidazione controllata (che porta all’esdebitazione) piuttosto che subire molteplici pignoramenti separati dai quali si esce ancora indebitati.
Esdebitazione del debitore incapiente
Questa è una procedura speciale, introdotta prima in via sperimentale nel 2020 e ora stabilizzata nel CCII (art. 283). Si rivolge al debitore persona fisica completamente privo di beni e di reddito utilmente liquidabili – il cosiddetto nullatenente – che sia meritevole. In tali casi estremi, svolgere una procedura di liquidazione sarebbe inutile (non c’è niente da distribuire) e gravoso; tuttavia, prima del 2020 non c’era soluzione e il debitore restava tecnicamente indebitato a vita. La legge ha quindi previsto che il debitore incapiente, una volta nella vita, possa chiedere al tribunale di essere liberato dai debiti immediatamente, senza dare nulla ai creditori.
Condizioni chiave:
- Il debitore deve dimostrare di non poter offrire alcuna utilità ai creditori, nemmeno in futuro. Ciò significa niente proprietà, niente risparmi, nessun reddito disponibile oltre il minimo vitale, nessuna capacità di versare quote ai creditori nemmeno in prospettiva.
- Deve essere meritevole: non deve aver aggravato volontariamente la propria insolvenza, né tenuto comportamenti maliziosi (esempio: dilapidare il patrimonio per farsi dichiarare nullatenente). In particolare, se ha compiuto atti in frode o trasferimenti sospetti prima, l’esdebitazione è esclusa.
- Non deve aver già ottenuto un’esdebitazione incapiente in passato (è concessa una sola volta nella vita).
- Non deve aver altre procedure concorsuali in corso.
Procedura: Il debitore presenta un ricorso al tribunale competente, allegando una dettagliata esposizione della propria situazione economica e la documentazione comprovante l’assenza di beni (es. certificati catastali negativi, estratti conto in rosso, attestazioni di disoccupazione o pensione minima). È obbligatorio farsi assistere da un OCC o da un avvocato? Il CCII non lo impone espressamente, e alcuni tribunali hanno ritenuto che l’istanza possa essere presentata anche senza difensore, trattandosi di volontaria giurisdizione; tuttavia, spesso è consigliabile avere un esperto per predisporre la pratica.
Il tribunale valuta in camera di consiglio se il richiedente possiede i requisiti. Non c’è un contraddittorio con i creditori (che però potrebbero essere sentiti informalmente o fare osservazioni se informati). Se tutto è in regola, viene emesso un decreto che:
- concede l’esdebitazione di tutti i debiti chirografari del debitore;
- fa salve eventuali garanzie: attenzione, l’esdebitazione incapiente non cancella le ipoteche o i pegni. Se, ad esempio, il debitore aveva un debito garantito da ipoteca su una casa (di proprietà sua o anche di terzi), quella ipoteca resta valida e il creditore potrà comunque escutere il bene (per questo, di regola, non si è proprio ammessi all’incapiente se c’è un bene ipotecato di proprietà del debitore, perché significa che qualche utilità per i creditori esiste: bisognerebbe semmai liquidare quel bene).
- impone al debitore un obbligo di trasparenza per i 4 anni successivi: se durante tale periodo il debitore “miracolosamente” entra in possesso di beni o denaro significativi (una vincita, un’eredità, un aumento reddituale consistente, etc.), dovrà informare i creditori e il tribunale e pagare ai vecchi creditori una somma che permetta loro di ottenere almeno il 10% di quanto era stato cancellato. Se non lo fa, o se si scopre che aveva mentito sulla sua incapienza, l’esdebitazione può essere revocata.
In caso di esdebitazione incapiente, non c’è una vera “chiusura” di procedura concorsuale (perché in effetti non si è aperta alcuna liquidazione). Il debitore ottiene subito il beneficio. È però un istituto utilizzato con prudenza: bisogna convincere il giudice di essere davvero nullatenenti e onesti. Spesso chi ha anche solo un piccolo bene (es. un’auto usata, una nuda proprietà, un TFR maturando) viene indirizzato alla liquidazione controllata classica per monetizzare quello che c’è. L’incapiente puro invece esce dal tunnel dei debiti senza pagare nulla: per lui i creditori non recuperano niente, accollandosi il 100% delle perdite (è una scelta di politica legislativa orientata a evitare sacche di indebitamento perenne e dare dignità al debitore civile disperato).
Procedure familiari
Un’importante innovazione del Codice della crisi è la possibilità di trattare i debiti di più membri della stessa famiglia in un’unica procedura unitaria, la cosiddetta procedura familiare. Se ad esempio marito e moglie sono entrambi indebitati con più creditori, magari comuni, possono presentare un solo ricorso di sovraindebitamento con un unico piano o concordato, oppure essere congiuntamente parte della stessa liquidazione. Ciò comporta vantaggi in termini di coordinamento, costi (si paga un solo OCC) e soluzioni più organiche (es. evitare che la casa comune sia oggetto di due procedure separate).
Condizioni: I membri della famiglia devono essere conviventi oppure i loro debiti devono avere origine comune (es. coobbligati per la stessa fideiussione, o socio e società per debiti fiscali in solido). Sono considerati famiglia, ai fini di legge, i coniugi, le parti di unione civile, i conviventi di fatto, i parenti fino al 4° grado e affini fino al 2° grado.
Funzionamento: Si applicano le regole della procedura che viene scelta. Ad esempio, se tutti i membri della famiglia sono consumatori, potranno presentare un unico piano del consumatore familiare; se uno è consumatore e l’altro ha debiti di impresa, allora l’unica procedura sarà un concordato minore familiare (la legge dice che in tal caso si applicano le disposizioni del concordato minore). La soddisfazione dei creditori attingerà al patrimonio e al reddito di tutti i familiari coinvolti considerati unitariamente (salvo distinzioni nel piano). La procedura familiare è utile anche quando, ad esempio, un bene immobile è in comunione tra coniugi: invece di gestire la metà di uno in una procedura e metà in un’altra, si vende l’intero nell’ambito della procedura comune e si spartiscono i proventi secondo le quote.
Vantaggi: Oltre al risparmio di costi, evita soluzioni scoordinate (come un coniuge che liquida i beni e l’altro che invece tiene la casa: situazioni incompatibili) e riduce i tempi. Il tribunale competente è quello dell’abituale residenza del centro principale degli interessi comuni della famiglia.
Tabella comparativa delle procedure da sovraindebitamento:
Procedura | Soggetti Ammessi | Approvazione | Effetti sui Beni e sulle Esecuzioni | Durata tipica | Esdebitazione finale |
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Ristrutturazione dei debiti del consumatore | Consumatori (persone fisiche non fallibili con debiti personali) | Nessun voto dei creditori; deciso dal Tribunale se il piano è fattibile e il debitore meritevole. | Su istanza del debitore il giudice può sospendere pignoramenti pendenti e vietare nuove azioni fino all’omologa. Il debitore mantiene l’amministrazione dei beni salvo divieto di atti straordinari. | Variabile in base al piano (spesso 4-5 anni di pagamenti). | Sì, al termine dell’esecuzione del piano i debiti residui sono cancellati (salvo eccezioni legali). |
Concordato minore | Debitori non consumatori non soggetti a fallimento (imprenditori minori, professionisti, enti non commerciali, ecc.) | Richiede l’approvazione dei creditori a maggioranza del credito ammesso al voto e omologazione del Tribunale. | Dalla data di apertura è inibita ogni azione esecutiva individuale (come in concordato preventivo). Il debitore rimane in possesso, ma un commissario giudiziale vigila. Se attività cessata, apporto di risorse esterne obbligatorio per proporre il concordato. | Può durare diversi anni se prevede pagamenti dilazionati; tempi di omologa simili al piano del consumatore (mesi). | Sì, con l’omologa e a completamento degli obblighi concordatari il debitore è liberato dai debiti residui non soddisfatti. |
Liquidazione controllata | Qualsiasi debitore “non fallibile” insolvente (consumatore o no). Può essere richiesta dal debitore o dai creditori. | Disposta dal Tribunale con sentenza/decreto di apertura; non c’è voto dei creditori. | Tutte le azioni esecutive individuali si bloccano ex lege (divieto ex art. 150 CCII), tranne l’eventuale prosecuzione di pignoramento fondiario bancario. Un liquidatore nominato gestisce e vende tutti i beni (mobili e immobili). | Circa 2-3 anni per liquidare l’attivo (il Codice fissa 3 anni salvo proroghe limitate). | Sì, il debitore persona fisica ottiene l’esdebitazione di diritto alla chiusura della liquidazione (automaticamente, salvo revoche per mala fede). |
Esdebitazione del debitore incapiente | Persone fisiche meritevoli che non possiedono alcun bene liquidabile né reddito aggredibile. Non accessibile a società. | Concessa dal Tribunale con decreto, dopo verifica dei requisiti, senza coinvolgere i creditori (che non hanno soddisfazione). | Non si apre un concorso sui beni (poiché inesistenti). Il provvedimento comporta la cancellazione dei debiti immediata. Eventuali azioni esecutive in corso decadono per mancanza di oggetto (il debito è annullato). | Tempistiche brevi (mesi), trattandosi di un giudizio sull’istanza. | Sì, totale sui debiti pregressi. Tuttavia se nei 4 anni successivi sopravvengono nuove disponibilità rilevanti, il debitore deve pagarle ai creditori fino al 10% dell’importo dei debiti estinti, pena revoca dell’esdebitazione. |
Effetti delle Procedure sul Patrimonio Immobiliare del Debitore
Passiamo ora al tema centrale: come vengono gestiti gli immobili del debitore nelle procedure di sovraindebitamento e quali sono gli effetti sulle eventuali esecuzioni forzate già in corso. La casa di abitazione o altri beni immobili spesso rappresentano il bene più prezioso ma anche il più esposto del debitore insolvente; capire se e come possono essere venduti, preservati o sottratti al pignoramento è cruciale.
Protezione dai Creditori e Sospensione delle Esecuzioni
Una delle prime conseguenze dell’accesso a una procedura di sovraindebitamento è la “tregua” dalle azioni esecutive individuali. In altre parole, i creditori chirografari e quelli muniti di garanzie dovrebbero fermare i pignoramenti in atto e non poterne iniziare di nuovi, poiché il caso viene trattato in sede concorsuale.
Tale protezione opera però con modalità diverse a seconda della procedura:
- Nel piano del consumatore, come visto, il giudice può sospendere specifici pignoramenti in corso se rischiano di compromettere il piano; e può vietare nuovi pignoramenti fino all’omologa. Non è automatico: serve la richiesta del debitore e una valutazione del tribunale sulla necessità.
- Nel concordato minore, l’effetto di sospensione è più generale: dal momento in cui è aperta la procedura, scatta il divieto di iniziare o proseguire azioni esecutive su tutti i beni (per analogia con l’art. 168 L.F. e oggi 54 CCII). Quindi qui si ha un automatic stay vero e proprio, come nel concordato preventivo, per tutelare la par condicio dei creditori mentre si svolge la trattativa e la votazione.
- Nella liquidazione controllata, il divieto di azioni esecutive individuali è espresso direttamente dalla legge (art. 150 CCII) ed è assoluto dal momento dell’apertura: tutti i pignoramenti vengono congelati e poi sostituiti dalla procedura concorsuale. Tuttavia, come anticipato, esiste un’eccezione rilevante: il credito fondiario bancario. In base all’art. 41 comma 2 del Testo Unico Bancario, la banca che vanta un credito garantito da ipoteca fondiaria può proseguire o iniziare il pignoramento dell’immobile ipotecato anche dopo l’apertura di procedure concorsuali. Questo privilegio, nato per il fallimento, è stato ritenuto applicabile anche alle procedure di sovraindebitamento come la liquidazione controllata. In pratica:
- Se il debitore ha una casa ipotecata a garanzia di un mutuo fondiario, la banca può andare avanti con l’esecuzione immobiliare (o avviarne una nuova) nonostante il debitore presenti un piano o sia in liquidazione. Il giudice dell’esecuzione non dichiarerà improcedibile quel pignoramento su istanza del debitore, proprio in forza dell’eccezione di legge.
- Questo non significa che la procedura concorsuale sia inutile: la banca agirà per conto proprio per vendere l’immobile, ma poi dovrà coordinarsi col concorso per la distribuzione del ricavato. Inoltre, tutti gli altri creditori rimangono comunque bloccati: quindi il debitore almeno si libera dalla pressione degli altri pignoramenti, e soprattutto potrà ottenere l’esdebitazione del debito residuo verso la banca se il ricavato dell’asta non copre tutto il mutuo (vedi oltre).
Dal punto di vista del debitore, la notizia è agrodolce: la procedura di sovraindebitamento di per sé tutela i beni dai creditori, ma non riesce a fermare la banca munita di mutuo fondiario sulla casa. In una simile situazione, è importante valutare strategie ad hoc: ad esempio, proporre un piano del consumatore in cui si ricomprende un accordo o un trattamento del mutuo tale da convincere la banca a desistere dall’asta, oppure sfruttare la procedura per guadagnare tempo e vendere privatamente l’immobile a un prezzo migliore prima che la banca lo svenda in asta.
Vendita di immobili nel Piano del consumatore o Concordato minore
Quando un debitore possiede beni immobili, il piano di ristrutturazione o la proposta di concordato può gestirli in due modi: o conservarli (se sono beni necessari e sostenibili) oppure disporne la vendita per ricavare liquidità da distribuire ai creditori. La vendita di un immobile nell’ambito di queste procedure segue regole particolari, diverse dalla compravendita libera, proprio perché deve avvenire sotto il controllo del tribunale e garantire gli interessi dei creditori.
Vendita nell’ambito del piano: Se il piano del consumatore prevede che uno o più immobili vengano ceduti, tipicamente il tribunale nomina un liquidatore o incarica lo stesso OCC di procedere alla vendita secondo modalità vigilate. Questo perché, per legge, quando si dà esecuzione a un accordo o piano con vendite di beni, il giudice può ordinare la cancellazione delle ipoteche e dei pignoramenti solo se la vendita avviene con criteri di gara pubblica (procedura competitiva) e a cura di un liquidatore nominato. Di contro, se il debitore effettuasse una vendita privatamente, il compratore resterebbe esposto alle formalità preesistenti (ipoteche, pignoramenti) e il giudice della procedura non avrebbe il potere di cancellarle.
Ne deriva che ogni vendita di immobili in corso di piano/acordo viene condotta in modo simile a un’asta giudiziaria:
- Si individua un offerente o un prezzo base,
- si pubblicizza la vendita,
- si raccolgono offerte concorrenti con eventuali rialzi (ad es., il piano può prevedere che l’offerta iniziale di un terzo acquirente sia presa a base d’asta e migliorata di almeno un certo tot percentuale),
- infine il giudice approva l’aggiudicazione definitiva e nel decreto di trasferimento purga l’immobile da tutti i gravami.
Questa procedura competitiva è stata ritenuta necessaria dai tribunali (v. ad es. Trib. Torino 11/11/2019 cit.) proprio per assicurare trasparenza e il miglior realizzo a beneficio dei creditori, anche se la legge specifica (art. 13 L.3/2012, oggi trasfuso nel CCII) non descriveva nei dettagli il metodo di vendita. È frutto di un’interpretazione sistematica: il sovraindebitamento è procedura concorsuale, quindi le vendite devono avvenire nell’interesse di tutti i creditori e non essere discrezionali.
Implicazioni pratiche: Per il debitore, questo significa che non può “svendere” la casa a un amico per salvarla dalle banche: se l’immobile rientra nel piano, la vendita sarà controllata e al miglior offerente. Tuttavia può significare spuntare un prezzo più alto di quello di un’asta giudiziaria standard, grazie a una maggiore flessibilità (ad esempio, l’OCC può trattare direttamente con acquirenti interessati per massimizzare il valore). In ogni caso, il ricavato va nella massa attiva della procedura:
- Ai creditori ipotecari sul bene andrà il corrispettivo fino a concorrenza del loro credito privilegiato.
- L’eventuale eccedenza alimenterà il pagamento degli altri creditori.
- Se invece il prezzo non copre interamente le ipoteche, i creditori ipotecari per la parte scoperta diventano chirografari.
Esempio: un piano del consumatore prevede la vendita della seconda casa del debitore: viene nominato il gestore per la liquidazione, si pubblica un bando d’asta e l’immobile viene aggiudicato a 100.000 €. La casa aveva un’ipoteca della banca Alfa per 80.000 € di debito residuo e una seconda ipoteca della banca Beta per 30.000 €. Il liquidatore, dopo il saldo del prezzo, riferisce al giudice: questi emette decreto traslativo all’aggiudicatario e contestualmente dispone la cancellazione delle ipoteche Alfa e Beta. Con i 100.000 € incassati, il liquidatore paga: 80.000 € alla banca Alfa (ipoteca di primo grado, soddisfatta integralmente), 20.000 € alla banca Beta (che aveva 30.000 € garantiti, ma il ricavato residuo è solo 20.000, dunque resta insoddisfatta per 10.000 €). La banca Beta per il resto di credito non soddisfatto partecipa come chirografo agli altri attivi del piano, oppure quel residuo verrà esdebitato a fine procedura. I creditori chirografari originari, invece, riceveranno poco o nulla da questa vendita, ma potrebbero essere soddisfatti con altre risorse previste dal piano (es. pagamenti rateali da reddito futuro del debitore).
Mantenimento dell’immobile: Non tutti i piani comportano la vendita della casa. In molti casi il debitore – specie se consumatore – tiene molto a non perdere l’abitazione principale. La normativa non offre una protezione automatica della “prima casa” (come avviene invece in altri ordinamenti o come qualcuno auspicava): tuttavia, è possibile costruire un piano che eviti la liquidazione della casa. Ciò richiede però di:
- Trattare con i creditori ipotecari: se il debitore vuole tenere l’immobile, deve continuare a pagare il mutuo o comunque dare alla banca almeno quanto otterrebbe vendendo. Se è in arretrato, dovrà prevedere nel piano di regolarizzare le rate scadute (magari dilazionandole) e riprendere i pagamenti correnti. Il tribunale può anche concedere una sorta di “rimessione in termini” al debitore per riattivare il contratto di mutuo scaduto, se ciò è funzionale al piano.
- Garantire ai creditori ipotecari la regolarità futura: ad esempio, inserire un mandato all’OCC di controllare che le rate vengano pagate, oppure prevedere che se il debitore dovesse saltare nuovamente le rate, l’immobile verrà messo in vendita forzata.
- Offrire comunque ai creditori chirografari una certa utilità con altre risorse (perché se tutto il patrimonio è immobilizzato nella casa che non si vende, bisogna mostrare che i chirografari ricevono qualcosa, fosse anche una quota del reddito futuro).
In sostanza, il debitore può usare la procedura per chiedere una rinegoziazione del mutuo e bloccare le azioni esecutive, ma deve dimostrare che ciò è realistico e che non si tratta solo di prendere tempo. Se il giudice non si fida della capacità del debitore di sostenere il mutuo, difficilmente omologherà un piano che non liquida l’immobile, soprattutto se i creditori non acconsentono.
Vendita di immobili nella Liquidazione controllata
Nella liquidazione controllata, a differenza che nei piani, la vendita degli immobili non è una scelta ma una tappa obbligata: tutti i beni (tranne quelli inespropriabili) devono essere convertiti in denaro dal liquidatore, per massimizzare il soddisfacimento dei creditori. Il debitore non ha voce in capitolo sul se e quando vendere – una volta aperta la procedura, è il liquidatore che gestisce.
Procedura di vendita: Il liquidatore, come detto, seguirà le norme sulle vendite concorsuali. In genere:
- Se c’era già un pignoramento sull’immobile, valuterà se è più opportuno proseguire quell’asta esecutiva oppure revocarla e venderlo ex novo nella procedura concorsuale. Di solito, se l’asta è in stadio avanzato, il liquidatore può chiedere al giudice fallimentare di subentrare o di lasciare che si completi per poi acquisire le somme. Se invece è agli inizi, si preferisce annullare il pignoramento e vendere direttamente nell’ambito della liquidazione.
- Verrà predisposto un avviso di vendita, con prezzo base (spesso determinato da una perizia aggiornata) e eventuale incanto con offerte al rialzo. Il tutto pubblicizzato sul Portale delle Vendite Pubbliche.
- Gli aggiudicatari ricevono il bene libero da pesi: il giudice delegato, su istanza del liquidatore, emette il decreto di trasferimento con ordine di cancellazione di ipoteche e pignoramenti, esattamente come in una esecuzione individuale.
- Se un immobile dovesse andare deserto più volte, il liquidatore può abbassare il prezzo base progressivamente (seguendo le norme analoghe all’art. 591 c.p.c. e seguenti). In certi casi, potrà valutare proposte di acquisto migliorative pervenute dopo un’asta deserta, per chiudere rapidamente.
- Gli occupanti: se l’immobile è occupato dal debitore o dalla sua famiglia, il decreto di trasferimento in genere ordinerà la liberazione. Il liquidatore può tuttavia concordare con l’acquirente qualche tempo per lasciare l’immobile, ma sono dettagli contrattuali. La presenza del debitore in casa non è opponibile alla procedura (a meno che sia una locazione legittima, ma di solito non è questo il caso, è la sua abitazione). In liquidazione, quindi, il debitore deve mettersi nell’ordine di idee di perdere la casa e di doverla lasciare.
Interazione con crediti prelatizi: Abbiamo già illustrato l’eccezione del credito fondiario e la possibilità che la banca continui per conto suo. Negli altri casi, l’immobile sarà venduto dal liquidatore e il ricavato destinato:
- innanzitutto a pagare le spese della procedura (compenso del liquidatore, spese di perizia, costi di vendita);
- poi ai creditori muniti di ipoteca o privilegio su quell’immobile, secondo l’ordine dei gradi (ad esempio, ipoteca di primo grado, poi eventuale seconda, etc.);
- se avanza qualcosa (poco probabile ma non impossibile, specie se l’immobile non era ipotecato o lo era per importi modesti) va nel mucchio per gli altri creditori chirografari.
In caso di concorrenza di ipoteche e pignoramenti: può capitare che sull’immobile vi fosse un pignoramento di un creditore chirografario e poi un’ipoteca iscritta prima del pignoramento di un’altra banca. In sede di procedura concorsuale, prevale la causa di prelazione ipotecaria: quindi il creditore pignorante (che magari ha causato la vendita) potrebbe non vedere alcun soldo se c’è una banca ipotecaria anteriore che assorbe tutto il ricavato. Questo scenario tipico è doloroso per il creditore esecutante, ma equo nel concorso: le prelazioni vanno rispettate.
Debitore co-proprietario: se l’immobile appartiene in quota al debitore (es. comproprietà col coniuge non indebitato), il liquidatore può chiedere la vendita della quota intera ex art. 599 c.p.c. (come un pignoramento su quota indivisa). Il comproprietario estraneo avrà diritto pro quota sul ricavato. Spesso, però, in sede concorsuale si cerca di evitare la vendita di quote, poco appetibili: quindi o si trova un accordo con il comproprietario (magari acquista lui la quota del debitore) oppure se possibile si coinvolge anche il comproprietario nella procedura (es. procedura familiare).
Esdebitazione post-liquidazione: Una volta venduti tutti gli immobili e distribuiti i proventi, come detto il debitore può accedere al beneficio dell’esdebitazione. Questo comporta che anche se i creditori ipotecari non sono stati soddisfatti integralmente, non potranno più agire ulteriormente contro il debitore per la differenza. Ad esempio, se la banca aveva 100 e ha ricavato 60 dalla vendita, i 40 rimanenti restano a carico del debitore solo fino alla chiusura: poi vengono cancellati e la banca non potrà chiederglieli (dovrà piuttosto dedurli a perdita). In questo senso, la procedura concorsuale offre al debitore una soluzione definitiva, a differenza della mera esecuzione forzata: nella sola esecuzione, infatti, se l’asta non paga tutto il debito, il debitore resta esposto al residuo.
Conclusione della procedura ed effetti definitivi sugli immobili
Dopo l’omologa del piano/concordato o la chiusura della liquidazione, l’immobile del debitore:
- se non è stato venduto (caso in cui il debitore è riuscito a conservarlo perché ha pagato diversamente i creditori), rimane nella sua titolarità libero da vincoli riferibili ai debiti passati (vengono cancellati i pignoramenti pendenti, ad esempio). Restano ovviamente eventuali ipoteche volontarie, se il mutuo continua.
- se è stato venduto, il debitore ha perduto la proprietà. Gli acquirenti subentrano senza ipoteche precedenti. Il debitore però ha anche perso il debito correlato: non dovrà pagare differenze sui mutui o sugli scoperti, grazie all’esdebitazione.
Un capitolo a parte meritano i casi in cui il debitore, dopo la procedura, riacquista una capacità economica e vorrebbe ricomprare la casa che aveva perso: in teoria nulla glielo impedisce (non c’è un divieto normativo di riacquisto del bene da parte del fallito o del sovraindebitato esdebitato, a differenza di quanto avviene in altri ordinamenti). Se riesce a mettersi d’accordo con chi l’aveva comprata all’asta, può farlo. Sono situazioni rare ma non impossibili (es. parenti o amici comprano la casa all’asta e poi la rivendono/devolvono al debitore esdebitato).
Casi Particolari e Simulazioni Pratiche
Di seguito presentiamo alcuni esempi pratici per illustrare concretamente come funziona l’intreccio tra vendita di immobili ed esdebitazione dal punto di vista del debitore sovraindebitato.
Caso 1: Salvare la prima casa con un Piano del consumatore
Mario è un privato indebitato con una banca per un mutuo ipotecario residuo di €200.000 acceso sulla casa in cui vive (valore dell’immobile circa €150.000) e con altri debiti chirografari per €50.000 (prestiti, bollette arretrate, ecc.). La banca ha già avviato il pignoramento della casa a causa delle rate non pagate. Mario decide di rivolgersi a un OCC e presentare un piano del consumatore per evitare la vendita all’asta. Nel piano, propone quanto segue:
- Di pagare interamente la banca ma limitatamente all’effettivo valore della casa, ossia €150.000, tramite una rinegoziazione del mutuo: Mario chiede 5 anni di tempo, con rate sostenibili date le sue entrate, e una moratoria di 12 mesi prima di ricominciare a pagare le rate (così da riprendersi finanziariamente).
- Di degradare a chirografo il resto del debito ipotecario (€50.000) eccedente il valore, nonché tutti gli altri debiti chirografari: per queste somme offre ai creditori un pagamento del 20% in 5 anni (in pratica, 10.000 € totali da suddividere pro quota).
- Di mantenere la casa come abitazione per sé e la famiglia, impegnandosi a conservarla e a non costituirvi ulteriori ipoteche.
- Il piano evidenzia che, in caso di liquidazione forzata, la banca probabilmente otterrebbe dall’asta circa 120.000 € netti (valore d’asta inferiore al mercato e al netto spese), quindi la proposta di 150.000 € è più conveniente; gli altri creditori chirografari, invece, in un fallimento prenderebbero zero, mentre col piano prendono 10.000 € complessivi (20%). L’OCC attesta la fattibilità del piano e la sua convenienza per i creditori.
Il tribunale, ricevuta l’istanza, sospende l’esecuzione immobiliare in corso (posticipando l’asta fissata) e convoca la banca e gli altri creditori. La banca è contraria, perché preferirebbe vendere subito la casa e recuperare il più possibile, ma non ha diritto di voto sul piano; presenta allora un’opposizione, sostenendo che il piano non le conviene. Il giudice valuta la contestazione: stima che effettivamente in caso di vendita all’asta la banca – tenuto conto dei ribassi e delle spese – rischierebbe di ricavare solo il 60% circa del credito, mentre col piano gliene verrebbe dato il 75% (150k su 200k). Inoltre, considera che il debitore è meritevole (ha perso il lavoro per un periodo, ecco perché è andato in mora, ma ora ha ritrovato occupazione) e che la casa è un bene essenziale. Pertanto, omologa il piano nonostante il dissenso della banca, ritenendo soddisfatto il requisito della convenienza economica.
Effetti: l’asta viene definitivamente revocata; Mario riprende a pagare le rate del mutuo come da piano (dopo il primo anno di respiro), sotto la supervisione dell’OCC. I creditori chirografari ricevono nei 5 anni le quote previste (20% dei loro crediti). A fine piano, Mario avrà pagato 150k € alla banca e 10k € agli altri, per un totale di 160k € su 250k € di debiti iniziali. Ottenuta l’attestazione che il piano è stato eseguito, il tribunale dichiara l’esdebitazione: i 90k € di debiti rimasti (50k di mutuo e 40k di altri) sono cancellati. Mario conserva la sua casa e può continuare a viverci, con un mutuo sostenibile; i creditori hanno preso il massimo possibile data la situazione e non possono più pretendere altro.
Nota: un simile esito dipende molto dalle circostanze. Se Mario non avesse avuto un reddito sufficiente a reggere le rate per 150k €, il piano sarebbe stato irricevibile. In tal caso, l’alternativa sarebbe stata la liquidazione della casa con la procedura concorsuale, e Mario avrebbe perso l’immobile (ottenendo però l’esdebitazione del debito residuo post-vendita).
Caso 2: Liquidazione controllata con immobile già pignorato
Luigi è titolare di una piccola attività commerciale in crisi. Ha garantito con ipoteca su un capannone industriale un finanziamento bancario, il cui debito residuo è €300.000. Inoltre ha debiti verso fornitori per €80.000 e debiti con l’Agenzia Entrate Riscossione per €20.000 (iva e irpef non versate). Non potendo far fronte ai pagamenti, un fornitore ha iniziato un pignoramento immobiliare sul capannone, cui si è poi aggiunta la banca creditrice ipotecaria. Luigi prova a trovare un accordo stragiudiziale, ma senza successo; non ci sono le condizioni per un piano o concordato perché l’attività è cessata e non ha entrate per offrire pagamenti dilazionati. Decide allora di ricorrere alla liquidazione controllata presentando istanza al tribunale competente.
Il tribunale apre la procedura, nominando un liquidatore (che coincide con l’OCC a cui Luigi si era rivolto) e, come da prassi, dispone il blocco di tutte le azioni esecutive. Il pignoramento del fornitore viene quindi sospeso. Tuttavia la banca fondiaria invoca il suo diritto a proseguire l’esecuzione per conto proprio; il giudice dell’esecuzione, letta la sentenza di apertura della liquidazione, accoglie l’istanza della banca di proseguire l’asta sul capannone in base all’art. 41 TUB. Il liquidatore concorsuale, a questo punto, collabora con il giudice dell’esecuzione per coordinare la vendita: viene messo all’asta l’immobile e venduto per €250.000.
Cosa accade del ricavato? La banca ipotecaria ha diritto di soddisfarsi per prima. Detratti i costi della procedura esecutiva, alla banca vanno poniamo €240.000. Rimane un attivo di €10.000 che il giudice dell’esecuzione trasferisce alla liquidazione controllata (essendo eccedenza dopo il soddisfacimento del creditore procedente, e sussistendo ormai la procedura concorsuale). I restanti creditori di Luigi (fornitori e Fisco, oltre al residuo credito della banca per €60.000 non coperti dalla vendita) vengono tutti ammessi al passivo della liquidazione:
- La banca, per il suo credito ipotecario residuo di €60.000, ora degrada in chirografo (non ha più garanzie attive perché il bene ipotecato è stato venduto).
- I fornitori chirografari per 80k e l’Erario (in parte privilegiato per iva?) per 20k.
Il liquidatore, a parte l’immobile (che era il bene principale), recupera poco altro: ci sono solo alcuni macchinari venduti per €5.000. Somma che, unita ai 10k residui dell’asta e a altri 5k di crediti incassati, costituisce l’attivo ripartibile: €20.000. Tale somma viene distribuita rispettando le cause di prelazione: in primo luogo si paga il privilegio erariale (ad esempio, ipotizziamo che dei 20k di Fisco, 15k siano privilegiati per natura tributaria: questi vengono pagati per intero); poi eventuali altri privilegi; infine il chirografo pro rata. In pratica, i creditori concorsuali (banca residua 60, fornitori 80, fisco chiro 5) ricevono molto poco, magari un 5% cadauno sui rispettivi importi.
Conclusa la liquidazione, Luigi fa istanza di chiusura e ottiene l’esdebitazione di tutto ciò che non è stato pagato. Restava insoddisfatto circa €140.000 di debiti complessivi: da quel momento, né la banca né gli altri possono più avanzare pretese. Luigi però ha perso il capannone, che è stato venduto forzosamente. Può comunque ripartire da zero senza debiti, eventualmente avviando una nuova attività senza quell’onere pregresso.
Da notare: se non fosse esistito il privilegio fondiario, la liquidazione controllata avrebbe portato probabilmente allo stesso risultato economico (la vendita del capannone a 250k, soddisfacendo in prededuzione le spese e poi la banca ipotecaria, etc.). La differenza è che, senza l’intervento autonomo della banca, la vendita sarebbe avvenuta integralmente in sede concorsuale e forse il liquidatore avrebbe potuto cercare di ottenere un prezzo migliore o vendere l’azienda intera. In ogni caso, Luigi non avrebbe potuto evitare la perdita del bene, dato che era l’unica fonte di soddisfacimento per i creditori.
Caso 3: Esdebitazione “incapiente” e la casa impignorabile
Giulia è una pensionata con debiti per €100.000 tra finanziarie e carte di credito. Percepisce solo la pensione minima, già in parte pignorata (le trattengono €150 al mese su 700 €). Non possiede beni mobili di valore. È però proprietaria di una piccola casa dove vive, del valore di circa €80.000, sulla quale grava un’ipoteca volontaria in favore di una banca (residuo mutuo €75.000) assistita anche dalla garanzia consap del Fondo Prima Casa. Giulia non riesce più a pagare né le finanziarie né il mutuo, ma la banca al momento non ha avviato pignoramenti (forse perché la casa è di modesto valore e confida nella garanzia statale per rientrare dal mutuo).
Giulia si rivolge a un avvocato per capire se può liberarsi dai debiti. Un piano del consumatore sarebbe complicato: non ha entrate per offrire pagamenti significativi; dovrebbe vendere la casa, ma così rimarrebbe senza alloggio in tarda età. Una liquidazione controllata porterebbe certamente alla vendita della casa (unico bene), lasciandola magari con un debito residuo condonabile ma senza un tetto. Si valuta allora l’opzione dell’esdebitazione del debitore incapiente:
- Giulia effettivamente non ha risorse liquide né redditi capienti. La casa ha valore, ma essendo gravata quasi interamente da mutuo (75k su 80k), e per giunta trattandosi di abitazione principale, nella pratica la sua vendita all’asta non darebbe alcun ritorno ai chirografari (servirebbe solo a pagare la banca). Inoltre, c’è la garanzia dello Stato sul mutuo, il che rende ancora meno urgente per la banca rivalersi sull’immobile.
- Si potrebbe quindi ritenere Giulia “incapiente” nel senso richiesto dalla legge, ossia incapace di offrire utilità ai creditori chirografari. L’OCC conferma che liquidare la casa produrrebbe al massimo il soddisfacimento della banca e nessun utile per gli altri.
- Giulia è meritevole: i debiti derivano in parte da spese mediche e aiuti dati a un figlio disoccupato; non ci sono atti di frode.
Il tribunale accoglie la richiesta ed emette decreto di esdebitazione totale di Giulia. Tutti i debiti verso finanziarie e altri creditori vengono cancellati. Viene altresì revocato il pignoramento sulla pensione (che era in corso per quei debiti ora annullati): Giulia torna a percepire l’intera pensione mensile. La banca del mutuo, tuttavia, non viene toccata dal provvedimento: formalmente anche il suo credito rientrerebbe tra quelli estinti, ma poiché esso è assistito da ipoteca, la banca conserva il diritto di escutere l’ipoteca (art. 2825 bis c.c. prevede che l’esdebitazione non pregiudica i diritti dei creditori garantiti verso i terzi e sui beni gravati da pegno o ipoteca). In parole semplici, la banca potrà ancora, se vuole, pignorare la casa per soddisfarsi, ma:
- Avendo la garanzia statale, probabilmente escuterà quella (Farà domanda al Fondo Consap, che paga la parte garantita).
- Anche se volesse procedere sulla casa, Giulia, ormai liberata dagli altri debiti, potrebbe trovare un accordo per vendere la casa e pagare il mutuo (o far subentrare un familiare nel mutuo).
- In ogni caso, l’esdebitazione ha tolto pressione a Giulia permettendole di non essere più insolvente verso tutti gli altri, e la casa, per il momento, è salva (nessuno può pignorarla per quei debiti cancellati).
Per 4 anni, Giulia dovrà dichiarare al tribunale se riceve eredità o altre somme. Poniamo che dopo 2 anni venda volontariamente la casa per 80.000 € (pagando 75.000 € di mutuo e restando con 5.000 €): quell’utile di 5.000 € superiore al 10% del totale cancellato (10% di 100.000 sarebbe 10.000, quindi 5.000 è sotto soglia) non è sufficiente a far scattare l’obbligo di contribuzione; Giulia rimane quindi esdebitata e libera.
Questo caso mostra che l’esdebitazione incapiente può a volte essere usata strategicamente quando il patrimonio residuo del debitore è irrilevante per i creditori ma significativo per il debitore (la casa, appunto). La legge formalmente esclude dall’incapiente chi ha beni; ma la giurisprudenza potrebbe valutare diversamente se quel bene non genera utilità concorsuale. Si tratta comunque di situazioni borderline: in generale, avere una casa di proprietà – anche gravata da mutuo – porta i tribunali a preferire la liquidazione.
Domande Frequenti sulla Vendita di Immobili e Sovraindebitamento
- Chi può accedere alle procedure di sovraindebitamento?
Possono accedere tutti i debitori non fallibili in situazione di insolvenza o grave squilibrio finanziario. In pratica: privati cittadini (consumatori), professionisti, piccoli imprenditori sotto le soglie di fallibilità, imprenditori agricoli, start-up innovative, enti non commerciali, ecc.. Sono esclusi invece gli imprenditori soggetti a fallimento (ora liquidazione giudiziale): questi ultimi devono utilizzare le procedure concorsuali ordinarie (concordato preventivo, liquidazione giudiziale) e non la legge sul sovraindebitamento. Inoltre, il debitore deve essere meritevole: non deve aver effettuato atti in frode ai creditori (ad es. vendite simulate di beni) né aver volutamente aggravato la sua posizione con comportamenti gravemente imprudenti o dolosi. La legge esclude poi chi ha già beneficiato di un’esdebitazione da meno di 5 anni o più di due volte in totale. In sintesi, può accedere chiunque non possa essere dichiarato fallito, si trovi in difficoltà economica seria, e non abbia abusato in passato di queste tutele. - La procedura cancella tutti i debiti? Ci sono eccezioni?
L’obiettivo centrale delle procedure di sovraindebitamento è proprio liberare il debitore dal peso dei debiti che eccede le sue possibilità, dopo aver soddisfatto i creditori per quanto possibile. Dunque, sì: al termine della procedura i debiti restanti vengono cancellati (esdebitazione), salvo poche eccezioni espressamente previste dalla legge. Una eccezione importante riguarda gli obblighi di mantenimento e alimentari: ad esempio, gli assegni di mantenimento a coniuge e figli non possono essere scaricati tramite sovraindebitamento (sono debiti di natura familiare che il debitore è tenuto comunque a pagare). Altri debiti esclusi sono quelli per multe, ammende e sanzioni penali: sebbene il Codice non lo dica esplicitamente, per loro natura non rientrano tra i debiti “civili” estinguibili (non si può evitare una pena pecuniaria dello Stato attraverso il sovraindebitamento). Anche alcuni debiti per risarcimenti da fatti illeciti potrebbero non estinguersi, specialmente se derivanti da dolo (si pensi ai danni da reato). Viceversa, i debiti verso il Fisco e gli enti previdenziali rientrano a pieno titolo e, se il piano/liquidazione li prevede, vengono falcidiati o dilazionati come gli altri – purché l’Erario ottenga il trattamento minimo di legge (nel piano del consumatore, ad esempio, occorre che non prenda meno di quanto ricaverebbe vendendo eventuali beni su cui ha privilegio). In conclusione, quasi tutti i debiti possono essere cancellati: fanno eccezione quelli alimentari, quelli derivanti da condotte illecite sanzionate (penali o amministrative) e poche altre categorie tutelate dall’ordine pubblico. - Cosa succede alla casa di abitazione nella procedura?
La prima casa è spesso al centro delle preoccupazioni del debitore. Non esiste una tutela automatica che la salva: può essere venduta se serve a pagare i creditori. Tuttavia, il debitore ha alcuni strumenti per conservarla. Nel piano del consumatore, ad esempio, può prevedere di mantenere il mutuo sulla casa e continuare a pagarne le rate, magari dopo aver regolarizzato gli arretrati. Se questo piano è sostenibile e conveniente per la banca (o comunque non peggiore della vendita forzata), il giudice potrà omologarlo e sospendere l’esecuzione, permettendo al debitore di non perdere la casa. Nel concordato minore, similmente, il debitore può proporre di continuare l’attività e tenere i beni strumentali (che potrebbero includere un immobile aziendale), offrendo ai creditori pagamenti dilazionati invece della liquidazione immediata. In liquidazione controllata, invece, non c’è scampo: ogni bene, casa compresa, deve essere liquidato a meno che sia impignorabile o di valore trascurabile. Quindi la casa di abitazione in liquidazione viene venduta dal liquidatore all’asta e il debitore dovrà lasciarla. L’unico caso in cui la casa non viene toccata è l’esdebitazione incapiente: ma ciò implica che la casa non abbia valore di mercato sufficiente o sia completamente gravata da mutui, altrimenti la presenza stessa di un immobile ostacolerebbe l’accesso a quella procedura. Da notare anche che, se la casa è in comproprietà con persone non indebitate (es. il coniuge non debitore), la sua sorte dipenderà da scelte extra-procedurali: con una procedura familiare si può gestire insieme, altrimenti il comproprietario potrebbe cercare di rilevare la quota del debitore per evitare l’asta. - Posso vendere un immobile da solo prima o durante la procedura?
Vendere un immobile autonomamente mentre si è in procinto di avviare o si è avviata una procedura di sovraindebitamento è generalmente sconsigliato e rischioso. Se il debitore, ad esempio, vende la casa a un parente a prezzo simbolico prima di presentare la domanda, il tribunale rigetterà la procedura per mala fede o i creditori potranno agire per far dichiarare inefficace quell’atto (azione revocatoria). Una volta presentata l’istanza di sovraindebitamento, poi, il giudice in genere vieta espressamente al debitore di compiere atti di disposizione del patrimonio senza autorizzazione. Ciò serve ad evitare che l’attivo venga depauperato o alterato. La strada corretta, se si vuole vendere un immobile per pagare i creditori, è di farlo all’interno della procedura: cioè inserire nel piano o nel programma di liquidazione la previsione di vendita e farla effettuare al liquidatore/OCC. In tal modo, l’operazione è trasparente e soprattutto l’acquirente ottiene la casa libera da ipoteche e pignoramenti grazie al decreto del giudice. Se invece vendessi “fuori”, il compratore se la vedrebbe comunque pignorata o ipotecata dai creditori e sarebbe poco interessato, oppure la vendita verrebbe annullata. Va detto che, se il debitore ha già un acquirente disponibile (magari un parente disposto ad aiutarlo), può segnalarlo nella procedura: il giudice potrà ammettere un vendita negoziata ma sempre con forme competitive (ad esempio, usando la proposta ricevuta come base d’asta e verificando se emergono offerte migliori). - Cosa succede se l’immobile è già pignorato?
L’esistenza di un pignoramento immobiliare non impedisce di attivare la procedura di sovraindebitamento, anzi è una situazione comune. A seconda della procedura:- Nel piano del consumatore, il debitore può chiedere al giudice di sospendere quel pignoramento in corso. Se il giudice accoglie (perché la sospensione è ritenuta necessaria per la fattibilità del piano), l’asta viene congelata fino all’omologazione. Se poi il piano viene omologato, quel pignoramento verrà dichiarato improcedibile in via definitiva. Se invece il piano non viene omologato, il creditore potrà riavviare la vendita.
- Nel concordato minore, dal momento dell’ammissione, il pignoramento è automaticamente sospeso (salvo consenso del debitore a proseguirlo). I creditori dovranno attendere l’esito del concordato e non possono proseguire la vendita.
- Nella liquidazione controllata, come regola generale l’apertura della procedura blocca il pignoramento e toglie il fascicolo al giudice dell’esecuzione per darlo al giudice concorsuale. Tuttavia, come più volte detto, la banca fondiaria fa eccezione: se il pignoramento lo ha avviato una banca per un mutuo fondiario, essa può chiederne la prosecuzione malgrado la liquidazione. In tal caso, sarà il giudice dell’esecuzione a portare avanti l’asta e poi coordinarsi col liquidatore per distribuire il ricavato. Se invece il pignoramento era di un creditore ordinario, la procedura concorsuale lo assorbirà: quel bene verrà venduto dal liquidatore della liquidazione invece che all’asta individuale. Un caso particolare è se il pignoramento è molto avanzato, ad esempio l’immobile è stato già aggiudicato ma non ancora emesso il decreto di trasferimento e pagamento: qui la legge (art. 14-quinquies L.3/2012, ora trasfuso) consente al giudice concorsuale di far completare la vendita (tutelando l’aggiudicatario) ma di trattenere il ricavato nella procedura, togliendolo al creditore che aveva pignorato. In ogni situazione, l’obiettivo è evitare che un singolo creditore si avvantaggi a detrimento della massa.
- Quanto dura la procedura e quando mi libero dei debiti?
La durata varia molto. Un piano del consumatore può essere omologato nel giro di 4-6 mesi dalla presentazione (il tempo di nominare OCC, predisporre la relazione, fare l’udienza), dopodiché la sua esecuzione dipende da cosa prevede: se le rate si estendono 5 anni, la procedura si chiuderà dopo 5 anni quando tutto sarà pagato. Un concordato minore ha tempi simili per l’omologa, ma l’esecuzione può essere più breve se, ad esempio, prevede subito il pagamento ai creditori (magari grazie a una liquidazione di un bene o apporto di un terzo) oppure anch’essa pluriennale. La liquidazione controllata può durare dai 2 ai 4 anni mediamente: il Codice incoraggia a chiudere entro 3 anni, però se ci sono immobili che non trovano acquirenti, o cause attive/passive da risolvere, la chiusura può slittare. Per contro, se il patrimonio è semplice (poche cose da vendere), potrebbe chiudersi anche prima di 3 anni. L’esdebitazione incapiente è la più rapida: essendo un procedimento essenzialmente cartolare, si può ottenere il decreto anche in pochi mesi dalla domanda se tutto è chiaro.
Riguardo al momento in cui ci si libera dei debiti, bisogna distinguere:- Nei piani e concordati, i debiti sono considerati “sospesi” durante l’esecuzione, ma la liberazione definitiva (esdebitazione) avviene solo quando il giudice attesta che il piano concordato è stato completamente eseguito. Se il piano dura anni, fino ad allora i creditori formalmente potrebbero tornare all’attacco se qualcosa va storto (ma se il debitore rispetta tutto, alla fine saranno obbligati alla remissione di quanto previsto).
- Nella liquidazione, la legge oggi prevede che l’esdebitazione scatti subito dopo la chiusura (anzi, nel decreto di chiusura stesso). Il debitore tuttavia può chiedere un’esdebitazione anticipata dopo 3 anni dall’apertura, anche se la procedura non è del tutto finita, purché abbia collaborato e non vi siano ragioni per negarla. Ma in generale, conta la chiusura: da quel momento il debitore è libero.
- Nell’incapiente, l’esdebitazione è immediata col decreto: quindi tecnicamente i debiti si cancellano subito, anche se c’è quella condizione risolutiva dei 4 anni in caso di sopravvenienze.
- Cosa succede se non riesco a rispettare il piano o il concordato?
Se il debitore diventa inadempiente agli obblighi previsti dal piano/concordato omologato (ad esempio, smette di pagare le rate ai creditori, o non versa una somma che doveva essere ricavata da un atto entro una certa data), i creditori o l’OCC possono informare il tribunale. Il giudice può emettere un provvedimento di risoluzione o annullamento dell’accordo/piano. A quel punto tutte le protezioni cessano: i creditori riacquistano i loro diritti originari e possono attivare o riprendere i pignoramenti come se la procedura non fosse mai esistita (tenendo conto però di eventuali pagamenti ricevuti in acconto nel frattempo). In molti casi, contestualmente, il tribunale dichiara anche l’apertura di una liquidazione controllata dei beni residui del debitore, soprattutto se ci sono ancora asset significativi. Questo per evitare che i creditori si precipitino in modo disordinato: si preferisce comunque completare la gestione concorsuale tramite liquidazione.
Purtroppo, il fallimento del piano implica che il debitore perde il beneficio dell’esdebitazione sui debiti non pagati: l’art. 14 bis L.3/2012 (ora integrato nel CCII) prevede che in caso di cessazione della procedura per inadempimento, l’esdebitazione non è concessa. Il debitore quindi si trova di nuovo esposto all’intero importo dei debiti meno quanto eventualmente versato. Per questo motivo è essenziale proporre piani realistici: meglio promettere meno e riuscire a portare a termine, che promettere tanto e poi fallire. Un piano omologato non è infatti una “sanatoria irrevocabile”: i creditori vengono temporaneamente vincolati, ma se il debitore non fa la sua parte, torna tutto in gioco (con possibili ulteriori aggravi di spese legali, ecc.). - Le procedure di sovraindebitamento riguardano solo i debiti personali?
No, possono coinvolgere anche situazioni miste e plurisoggettive. Oltre al già descritto caso delle procedure familiari (che uniscono più debitori legati da vincoli di convivenza o debiti comuni in un’unica soluzione), è possibile ad esempio per un socio illimitatamente responsabile di società (SNC, SAS) accedere a una procedura per i suoi debiti personali, anche se derivanti da garanzie prestate per la società. La società, se è fallibile, seguirà invece le sue procedure (fallimento o concordato preventivo). C’è poi l’ipotesi dell’imprenditore agricolo indebitato: egli non fallisce per legge, quindi può utilizzare il sovraindebitamento (spesso come concordato minore) per regolare i debiti della sua azienda agricola e personali congiuntamente. Le procedure familiari possono combinarsi con queste situazioni: ad esempio, marito imprenditore agricolo e moglie consumatrice possono presentare un unico concordato minore familiare per sistemare debiti dell’azienda e debiti personali insieme. Insomma, la flessibilità è ampia. Ciò che non si può fare è usare il sovraindebitamento per far fronte a debiti di una società di capitali o altra entità che sarebbe soggetta a fallimento: in quel caso solo la società potrebbe accedere a concordato preventivo o liquidazione giudiziale, e se i soci hanno garantito con fideiussioni allora loro individualmente sì, potranno usare le procedure di sovraindebitamento (essendo persone fisiche non fallibili). - Un creditore può obbligarmi a liquidare i miei beni se non attivo io la procedura?
Con la legge 3/2012 originaria, la procedura di sovraindebitamento era attivabile solo dal debitore. I creditori, se un debitore civile non pagava, potevano solo pignorarne i beni singolarmente, ma non chiedere un fallimento (perché il soggetto non era fallibile). Dal 2022, il Codice della crisi ha introdotto la possibilità che anche un creditore (o il PM) chieda l’apertura della liquidazione controllata. Si tratta di uno strumento pensato per evitare che debitori passivi e disinteressati rimangano indefinitamente insolventi senza attivare procedure: il creditore può “forzare” una liquidazione concorsuale dei beni. Tuttavia, il debitore conserva tutele:- Se viene chiamato in giudizio su istanza dei creditori, può comunque proporre egli un piano/concordato nel frattempo. Il tribunale darà precedenza a una soluzione concordataria (più favorevole al debitore) se praticabile.
- La liquidazione iniziata dal creditore offre comunque l’esdebitazione a fine procedura al debitore, come se l’avesse chiesta lui (quindi il debitore non è punito se non per il fatto di subire la liquidazione dei beni).
- Il creditore non può chiedere una esdebitazione incapiente forzosa: se il debitore è nullatenente e non attiva nulla, il creditore in teoria potrebbe istigare una liquidazione ma se non ci sono beni verrà chiusa subito; non c’è modo di “negare” l’esdebitazione ad un nullatenente se non aprendo e chiudendo una liquidazione senza attivo.
Conclusione
La vendita di immobili nell’ambito delle procedure di sovraindebitamento è un tema complesso, dove si intrecciano norme concorsuali, diritti dei creditori garantiti e tutele per il debitore meritevole. Dal punto di vista del debitore, queste procedure rappresentano spesso l’ultima spiaggia per evitare che la propria casa o gli immobili vengano dispersi in modo caotico dalle esecuzioni e al tempo stesso porre fine all’incubo dei debiti insostenibili. Come abbiamo visto, le soluzioni possibili vanno dal conservare l’immobile impegnandosi a pagare il dovuto in forme sostenibili, fino alla liquidazione totale con fresh start immediato. La chiave di volta è la meritevolezza e la trasparenza: i tribunali premiano chi affronta la crisi a viso aperto, mettendo sul piatto tutto il possibile (inclusa la casa, se necessario) pur di regolare i conti. Al contempo, la giurisprudenza recente – dalla Cassazione 2024 sui mutui fondiari alle pronunce sul trattamento dei crediti privilegiati – evidenzia come l’equilibrio sia delicato: alcune norme privilegiano ancora i creditori (ad es. le banche sulla prima casa), ma l’orientamento generale è di dare una seconda chance vera ai debitori civili. In conclusione, chi si trova schiacciato dai debiti e possiede immobili dovrebbe valutare attentamente, con l’aiuto di professionisti, la strada del sovraindebitamento: pur comportando sacrifici e rigorosi piani di rientro, può evitare l’improvvisa perdita dei beni sotto le aste e soprattutto condurre a una riabilitazione economica completa, rimettendo il debitore in condizione di vivere dignitosamente e ripartire senza il fardello del passato.
Fonti
- Camera di Commercio di Frosinone-Latina, Le diverse procedure (OCC) – panoramica su piano di ristrutturazione, concordato minore, liquidazione controllata ed esdebitazione nel Codice della Crisi.
- Tribunale di Brescia (ord. 3 ottobre 2023) rimessione in Cassazione e Corte di Cassazione, Sez. I civ., sent. 19/08/2024 n. 22914 – privilegio ex art. 41 TUB e liquidazione controllata.
- Tribunale di Reggio Emilia, decreto 07/02/2022 – ammissione a liquidazione del patrimonio con vendita forzata pendente già aggiudicata (post L.3/2012).
- Corte di Cassazione, Sez. I, sent. 11/04/2025 n. 9549 – piano del consumatore, moratoria biennale ex art. 67 CCII e trattamento dei crediti ipotecari (falcidia e degrado in chirografo).
- Tribunale di Oristano, decreto 30/11/2023 – misure protettive nel piano del consumatore ex art. 70 co.4 CCII (sospensione delle azioni senza termine).
- AgenziaRisoluzioneDebiti.it – Guida sovraindebitamento aggiornata 2025, riepilogo divulgativo delle novità del Codice della Crisi (durata max 3 anni liquidazione, esdebitazione automatica, etc.).
- Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019 e s.m.i.) – articoli 65-83 (ristrutturazione consumatore, concordato minore) e 268-283 (liquidazione controllata, esdebitazione incapiente).
Hai immobili ma sei sommerso dai debiti? Ecco come funziona la procedura
Se possiedi uno o più immobili ma ti trovi in una situazione di sovraindebitamento, potresti essere costretto a vendere per evitare il pignoramento.
Ma attenzione: non devi svendere, né subire l’azione dei creditori. La legge ti permette di gestire la vendita in modo protetto attraverso la procedura di composizione della crisi.
Che cos’è la liquidazione controllata del patrimonio?
È uno strumento previsto dal Codice della Crisi che consente, in caso di debiti insostenibili, di:
- 📂 Mettere a disposizione i propri beni, anche immobiliari, per soddisfare i creditori
- ⚖️ Ottenere una protezione immediata da pignoramenti, aste o ingiunzioni
- ✍️ Far gestire la vendita da un professionista nominato dal tribunale
- ✅ Arrivare all’esdebitazione, cioè alla cancellazione del debito residuo
Come funziona la vendita dell’immobile nella procedura?
Se accedi alla liquidazione controllata, il tuo immobile:
- 🧾 Viene stimato da un perito neutrale
- 🏦 Viene messo in vendita secondo logiche di mercato, evitando svalutazioni forzate
- ⚖️ Il ricavato va a soddisfare i creditori secondo l’ordine di legge
- 🔒 La procedura blocca tutte le esecuzioni individuali (aste o pignoramenti)
- ✅ Dopo la vendita e la chiusura della procedura, i debiti residui vengono cancellati
Posso salvare la prima casa?
In alcuni casi sì. Se la casa è:
- L’unico immobile
- Di valore modesto
- Non gravata da mutuo ipotecario non pagato
- E la famiglia è in condizioni economiche particolarmente fragili
… allora si può valutare un piano del consumatore, con pagamento parziale dei debiti senza vendere la casa. Ma serve una strategia legale ben costruita.
Quali sono i vantaggi della vendita assistita in procedura?
- 🔒 Nessuna asta giudiziaria, nessuna svendita
- ⚖️ Protezione legale da ogni azione esecutiva
- 🧾 Priorità nella gestione trasparente del ricavato
- ✅ Possibilità di chiudere tutti i debiti con un’unica operazione
- ✨ Esdebitazione finale: torni libero da ogni vincolo
🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo
📂 Analizza la tua posizione patrimoniale e debitoria
🏡 Valuta se conviene vendere l’immobile o salvarlo attraverso un piano alternativo
✍️ Predispone l’istanza di ammissione alla procedura di liquidazione o sovraindebitamento
⚖️ Ti rappresenta in tribunale e assiste durante la fase di vendita
🔁 Ti segue fino all’esdebitazione e alla chiusura definitiva della crisi
🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in composizione della crisi e liquidazione del patrimonio
✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia
✔️ Consulente in casi di debiti immobiliari e protezione della prima casa
✔️ Esperto in procedure di esdebitazione dopo liquidazione di beni
Conclusione
Se possiedi immobili e sei indebitato, puoi evitare aste e pignoramenti agendo per tempo. La procedura di sovraindebitamento ti permette di vendere con dignità, soddisfare i creditori e tornare libero.
Con l’Avvocato Giuseppe Monardo, puoi affrontare la crisi con una strategia chiara, evitare danni patrimoniali e ottenere finalmente la cancellazione dei tuoi debiti.
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