Hai un contratto di leasing in corso o già chiuso e ti stai chiedendo se puoi contestare gli interessi, i costi accessori o il maxi canone finale? Vuoi sapere se la banca o la società di leasing ti ha addebitato somme illegittime e come dimostrarlo con una perizia tecnica?
La perizia sul leasing è lo strumento indispensabile per verificare la correttezza del contratto, individuare eventuali illeciti e avviare un’azione legale o difensiva efficace. Ma per essere utile davvero, va fatta con il supporto di un avvocato che sappia usarla nel modo giusto.
Cos’è la perizia su un leasing?
È un’analisi tecnica e contabile che ricostruisce il rapporto di leasing nei minimi dettagli per verificare:
– Se ci sono anatocismo o usura nei tassi applicati
– Se le penali, i maxi canoni e gli interessi moratori sono legittimi
– Se l’operazione è stata mascherata da vendita con finanziamento
– Se ci sono somme indebitamente richieste o già versate in eccesso
Perché è fondamentale farla con un avvocato?
Perché la perizia:
– Deve essere costruita in funzione della strategia legale, altrimenti rischia di non servire a nulla
– Va inserita in un quadro giuridico corretto, con richiesta di restituzione o opposizione formale ai pagamenti
– È utile solo se regge davanti a un giudice, ed è l’avvocato che sa come impostarla per diventare una prova forte
Quando serve fare la perizia su un leasing?
– Se ti è arrivato un decreto ingiuntivo o una richiesta di saldo finale esagerata
– Se hai restituito il bene e ti richiedono ancora migliaia di euro
– Se vuoi rinegoziare il debito, contestare i conteggi o fare saldo e stralcio
– Se sei un’impresa in crisi o un professionista con altri debiti e vuoi bloccare o ridurre le pretese del creditore
Cosa analizza una perizia su leasing?
– Il contratto originario, i piani di ammortamento, i tassi applicati
– Tutti i pagamenti effettuati, inclusi quelli anticipati o finali
– L’eventuale presenza di anatocismo, spese non pattuite, interessi eccessivi
– Le clausole che possono essere nulle o abusive, secondo la giurisprudenza
Cosa puoi ottenere con una perizia ben fatta?
– La riduzione del debito richiesto dalla società di leasing
– L’annullamento di clausole illegittime e il recupero delle somme versate in più
– La possibilità di bloccare un’esecuzione forzata o un decreto ingiuntivo
– Un’arma concreta per negoziare un accordo favorevole o far valere i tuoi diritti in giudizio
Cosa NON devi fare mai?
– Fidarti dei conteggi della finanziaria o della banca: devono essere verificati punto per punto
– Firmare accordi di saldo senza sapere se stai pagando più del dovuto
– Pensare che “tanto il contratto l’hai firmato”: le clausole possono essere illegittime
– Fare una perizia “fai da te” o affidarti a chi non sa come usarla in sede giudiziaria
Una perizia sul leasing può salvarti da richieste eccessive e bloccare procedimenti esecutivi. Ma serve solo se è fatta bene e coordinata con la tua difesa legale.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto bancario e contenzioso su leasing – ti spiega cos’è una perizia su leasing, quando farla, cosa può dimostrare e come usarla per ridurre o annullare il debito.
Hai ricevuto richieste esagerate da una società di leasing o sei sotto pressione con un contratto che non riesci più a sostenere?
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Introduzione
Il contratto di leasing finanziario (o locazione finanziaria) è uno strumento di finanziamento diffusissimo in ambito sia imprenditoriale sia privato. In sostanza, una società finanziaria (detta concedente o lessor) acquista un bene su indicazione del cliente (utilizzatore o lessee) e glielo concede in uso dietro pagamento di canoni periodici, riconoscendo all’utilizzatore la facoltà di acquistare la proprietà del bene al termine pagando un importo prestabilito (opzione di riscatto). Durante il rapporto, l’utilizzatore assume i rischi legati al bene (ad esempio, rischi di furto o distruzione) e resta tenuto al pagamento dei canoni anche se il bene presenta vizi, dovendo eventualmente rivalersi sul fornitore.
Questa guida fornisce un approfondimento avanzato su come affrontare contestazioni e perizie sul leasing dal punto di vista del debitore (utilizzatore), in collaborazione con il proprio avvocato. Saranno analizzati tutti i tipi di leasing (dai leasing mobiliari e immobiliari ai leasing operativi, sale and lease-back, leasing “prima casa”, ecc.), sia nella fase stragiudiziale (trattative, rinegoziazione, reclami) sia in quella giudiziale (cause in tribunale, difese e giurisprudenza aggiornata). Adotteremo un linguaggio giuridico ma chiaro, adatto sia a professionisti legali sia a privati e imprenditori interessati a comprendere i propri diritti e le strategie di tutela.
Cos’è una “perizia di leasing”? Si tratta di un’analisi tecnica dettagliata del contratto di leasing e dell’andamento dei pagamenti, volta a verificare la presenza di irregolarità finanziarie o giuridiche a favore del debitore. Ad esempio, attraverso la perizia si può accertare se gli interessi applicati violano la normativa antiusura, se i tassi e i costi sono stati correttamente indicati (trasparenza bancaria), se vi sono clausole contrattuali nulle o vessatorie, oppure se, in caso di risoluzione anticipata, il calcolo del saldo dovuto al concedente è corretto. La perizia, redatta da un consulente tecnico (es. un commercialista o un esperto in materia finanziaria), fornisce al legale del debitore gli elementi per negoziare con la società di leasing o per impostare una valida difesa in giudizio. In questa guida vedremo come si svolge questo processo con l’aiuto dell’avvocato, con esempi pratici, domande frequenti (FAQ), tabelle riassuntive e riferimenti normativi e giurisprudenziali aggiornati a giugno 2025.
Esempio pratico: Marco è titolare di una piccola impresa e ha preso in leasing un macchinario. A causa di difficoltà finanziarie, ha saltato diverse rate e la società di leasing minaccia la risoluzione del contratto e il ritiro del macchinario. Marco si rivolge a un avvocato, il quale gli suggerisce di far eseguire una perizia sul leasing. Dalla perizia emerge che il tasso effettivo applicato è più alto di quello dichiarato in contratto e supera la soglia antiusura vigente all’epoca: ciò significa che la clausola sugli interessi potrebbe essere nulla e Marco potrebbe non dover pagare interessi eccedenti. Forte di questa scoperta, l’avvocato di Marco invia una diffida alla società di leasing, evidenziando le irregolarità rilevate e proponendo una rinegoziazione del debito. Questo esempio mostra come, con l’ausilio di un tecnico e di un legale, il debitore possa far valere i propri diritti anche in situazioni inizialmente sfavorevoli.
Nei paragrafi che seguono illustreremo dapprima le nozioni di base sui vari tipi di leasing e sul quadro normativo di riferimento in Italia, quindi ci addentreremo nelle verifiche tipiche di una perizia di leasing. Successivamente analizzeremo le strategie stragiudiziali (come gestire ritardi nei pagamenti, evitare la risoluzione e negoziare soluzioni) e le tutele giudiziali, richiamando le più recenti sentenze che delineano i diritti del debitore. Infine, una sezione di Domande e Risposte chiarirà i dubbi più comuni (dalla sospensione delle rate alla contestazione degli interessi, fino al destino del contratto in caso di fallimento).
Tipologie di Leasing e Caratteristiche Principali
In Italia il leasing si presenta in diverse forme contrattuali, ognuna con proprie caratteristiche e implicazioni giuridiche. È importante riconoscere il tipo di leasing in questione, perché alcune tutele legali variano a seconda della tipologia contrattuale. Ecco i principali tipi di leasing:
- Leasing finanziario: È la forma più comune. Come anticipato, prevede tre soggetti: utilizzatore, concedente finanziario (banca o intermediario ex art.106 TUB) e fornitore del bene. L’utilizzatore sceglie il bene, il concedente lo acquista e lo cede in uso all’utilizzatore a fronte di canoni; alla fine, l’utilizzatore ha diritto di acquistare il bene pagando il prezzo di riscatto. Tutti i rischi e benefici del bene gravano sull’utilizzatore (ad esempio, se il bene si rompe o perde valore). Il leasing finanziario è tipicamente “traslativo” se riguarda beni a elevato valore residuo (es. immobili, macchinari costosi), ossia con alta probabilità che l’utilizzatore riscatti il bene a un prezzo inferiore al valore di mercato; è invece “di godimento” se riguarda beni che si deprezzano completamente nel corso del rapporto (es. apparecchiature tecnologiche rapidamente obsolete), dove l’opzione finale ha importanza marginale. Questa distinzione storica tra leasing traslativo e leasing di godimento aveva rilievo nelle vecchie controversie (come vedremo a breve), ma è divenuta meno importante per i contratti recenti grazie alla nuova normativa del 2017.
- Leasing operativo: In questa forma, il contratto è spesso stipulato direttamente tra utilizzatore e fornitore (o società specializzata), senza l’intermediazione di una banca. Il leasing operativo assomiglia a un noleggio a lungo termine: il canone comprende anche servizi accessori (manutenzione, assicurazione, assistenza tecnica) e di solito non è previsto un diritto di riscatto a prezzo simbolico (il bene può essere restituito a fine contratto o si può rinnovare l’accordo). Inoltre, l’utilizzatore non sopporta tutti i rischi della proprietà come avviene nel leasing finanziario puro. In caso di inadempimento, le tutele e i rimedi per le parti possono differire rispetto al leasing finanziario: essendo il leasing operativo un contratto atipico non coperto dalla L.124/2017, valgono le clausole concordate e le norme generali sui contratti di durata e sul risarcimento del danno. Spesso sono previste penali di risoluzione (es. pagamento di una percentuale dei canoni residui) che, se eccessive, possono essere ridotte dal giudice ai sensi dell’art.1384 c.c. (specie se l’utilizzatore è un consumatore e la clausola risulta vessatoria).
- Leasing immobiliare: È un leasing avente oggetto un bene immobile (es. fabbricati industriali, commerciali o anche abitazioni). Rientra di norma nello schema del leasing finanziario classico, con banca concedente, e prevede canoni e opzione finale. Un caso particolare è il leasing immobiliare abitativo introdotto dalla Legge n.208/2015 (Legge di Stabilità 2016), pensato per facilitare l’acquisto della prima casa da parte di privati (in particolare under-35) tramite leasing anziché mutuo. Questo tipo di contratto gode di alcuni benefici fiscali e prevede tutele specifiche per l’utilizzatore in difficoltà: ad esempio, la possibilità di sospendere il pagamento dei canoni fino a 12 mesi in caso di perdita del lavoro o eventi analoghi, senza penalità (art.1 commi 76-81 L.208/2015). In caso di inadempimento nel leasing abitativo, la legge prevede che l’utilizzatore non sia tenuto a versare ulteriori somme una volta restituito l’immobile e pagati gli arretrati, a meno che il valore ricavato dalla vendita (detratte spese e canoni scaduti) non sia inferiore al debito residuo: in tal caso l’utilizzatore copre solo la differenza negativa, mentre se c’è un surplus dalla vendita gli viene restituito. Questa disciplina, simile al patto marciano, tutela il debitore evitando indebiti arricchimenti del concedente.
- Lease-back (o sale & lease-back): Operazione in cui un’impresa proprietaria di un bene lo vende a una società di leasing e contestualmente lo riprende in leasing. È un modo per ottenere liquidità immediata pur continuando a utilizzare il bene, pagando canoni e con possibilità di riacquisto finale. Dal punto di vista del debitore, bisogna fare attenzione: se l’azienda utilizzatrice-venditrice diventa insolvente e non paga i canoni, rischia di perdere definitivamente il bene ceduto e dover comunque corrispondere le somme residue dovute. In passato, il sale & lease-back è stato talvolta contestato nei fallimenti come un contratto simulato volto a costituire garanzie in frode ai creditori; tuttavia, la liceità di questa operazione è stata confermata dalla giurisprudenza, purché vi sia reale trasferimento di liquidità e l’operazione non celi un patto commissorio. In caso di risoluzione per inadempimento, trovano applicazione le stesse regole del leasing finanziario (o operazioni analoghe, a seconda della natura del contratto).
- Altri tipi speciali: Esistono forme particolari di leasing, come il leasing autoveicoli (spesso assimilabile al leasing finanziario mobiliare, talvolta con servizi aggiuntivi di assistenza), il leasing nautico (con particolari regole IVA agevolate per imbarcazioni, oggi in parte riviste dalle norme UE) e il leasing pubblico (dove la Pubblica Amministrazione è utilizzatore, soggetto a regole di contabilità pubblica). Queste varianti, pur avendo peculiarità operative, seguono giuridicamente lo schema base del leasing finanziario o operativo. Ad esempio, un leasing auto per un consumatore potrebbe essere considerato un contratto di credito al consumo, soggetto anche alle tutele del Codice del Consumo in tema di clausole vessatorie e trasparenza. In ogni caso, ai fini della risoluzione per inadempimento sarà determinante capire se il contratto rientra nella definizione di leasing finanziario ex L.124/2017 (con le relative garanzie per il debitore di cui diremo) o se è un leasing operativo/noleggio (dove prevalgono le pattuizioni contrattuali e le norme generali).
Tabella riepilogativa – Principali tipologie di leasing:
Tipo di Leasing | Caratteristiche | Disciplina applicabile |
---|---|---|
Leasing finanziario | Lessor (banca) acquista il bene scelto dal lessee; canoni + riscatto finale; rischi a carico utilizzatore. Distinzione tradizionale: traslativo vs di godimento. | L.124/2017 per contratti finanziari dal 2017 in poi; prima, principi giurisprudenziali (art.1526 c.c. per traslativo). Norme Codice Civile generali per aspetti non specifici. |
Leasing operativo | Rapporto diretto fornitore-utilizzatore; canone comprensivo di servizi; spesso senza riscatto automatico; simile a noleggio. | Contratto atipico: no L.124/2017. Valgono clausole contrattuali e norme generali (artt. 1453, 1455, 1372 c.c. etc.). Penali soggette a controllo di equità ex art.1384 c.c.. Se consumatore, anche Codice del Consumo (clausole abusive). |
Leasing immobiliare | Bene immobile, canoni generalmente indicizzati, riscatto finale elevato. Variante “prima casa” con tutele speciali (sospensione rate per perdita lavoro, ecc.). | Se finanziario (tipicamente sì): L.124/2017. Per leasing abitativo L.208/2015 (commi 76-81) con patto marciano: nessuna ulteriore pretesa dopo restituzione bene, salvo differenza negativa. |
Sale & Lease-back | L’utilizzatore vende un suo bene a una società di leasing e lo riottiene in locazione finanziaria. | Leasing finanziario (L.124/2017 se applicabile). Attenzione a possibili scrutinî in caso di fallimento (verifica che non sia patto commissorio mascherato). |
Leasing di veicoli / beni strumentali | Può essere finanziario (spesso per imprese) o assimilabile a noleggio a lungo termine (per privati, con servizi). | Se finanziario con banca 106 TUB: L.124/2017. Se formula mista con servizi (es. noleggio full-service): disciplina leasing operativo (nessuna norma speciale, pattuizioni + art.1384 c.c. su penali). Codice del Consumo se cliente è consumatore (informazioni precontrattuali, ecc.). |
Leasing nautico, aeronautico, etc. | Contratti per imbarcazioni, aeromobili ecc., con possibili vantaggi fiscali (nautico: IVA ridotta su rate per uso in alto mare, normata da UE). | Schema finanziario standard; L.124/2017 se concedente finanziario. Aspetti fiscali peculiari, ma giuridicamente analoghi al leasing di beni mobili registrati. |
(Legenda: L.124/2017 = Legge annuale mercato e concorrenza 2017, commi 136-140; art.1526 c.c. = disciplina vendita con riserva di proprietà applicata per analogia ai leasing traslativi ante 2018; Codice del Consumo D.Lgs.206/2005 in caso di cliente consumatore.)
Normativa di Riferimento e Novità 2017-2025
Per molti anni il leasing in Italia è stato un contratto atipico, privo di disciplina specifica nel Codice Civile. Gli operatori facevano riferimento alla prassi e alla giurisprudenza per definirne i contorni. In particolare, i tribunali hanno storicamente distinto tra leasing di godimento e leasing traslativo, applicando per analogia norme diverse in caso di risoluzione anticipata: l’art.1458 c.c. (mancata retroattività delle prestazioni eseguite) per il leasing di godimento, e l’art.1526 c.c. (restituzione rate con equo compenso al venditore) per il leasing traslativo. Questa distinzione, confermata anche da una storica sentenza della Cassazione nel 1989 e poi dalle Sezioni Unite nel 2013, mirava a evitare arricchimenti indebiti del concedente in caso di inadempimento dell’utilizzatore. In sintesi, prima del 2018, in mancanza di pattuizioni chiare, si riteneva che:
- Nel leasing di godimento, il concedente potesse trattenere i canoni già riscossi (come corrispettivo dell’uso già goduto) ma non pretendere i canoni a scadere, salvo accordi specifici e purché equi. La risoluzione operava ex nunc (non retroattiva) sulle prestazioni già eseguite.
- Nel leasing traslativo, invece, il concedente dovesse restituire all’utilizzatore i canoni già incassati, trattenendo però un equo compenso per l’uso del bene e un’eventuale penale da risarcimento, il tutto suscettibile di controllo di equità da parte del giudice (riduzione se eccessivo, ex art.1526 co.2 c.c.). In pratica, dopo la risoluzione il concedente non poteva trattenere sia il bene sia tutte le somme ricevute: doveva restituire l’eventuale eccedenza una volta dedotto il valore del bene recuperato e un compenso ragionevole.
Questi principi sono stati confermati in numerose sentenze. Ad esempio, la Cassazione civile 14 marzo 2023 n.7367 ha ribadito che per i leasing traslativi risolti prima dell’entrata in vigore della nuova legge del 2017 si applica l’art.1526 c.c. in via analogica. Una clausola che consenta al concedente di trattenere tutti i canoni pagati e chiedere quelli a scadere non è nulla di per sé, ma va integrata dai principi di equità: l’utilizzatore, una volta pagato il dovuto e restituito il bene, ha diritto alla restituzione dei canoni versati eccedenti un equo compenso, e il giudice può ridurre d’ufficio l’eventuale importo manifestamente eccessivo. Questo per impedire ingiustificati arricchimenti del concedente.
La svolta normativa del 2017: Con l’art.1 commi 136-140 della Legge 4 agosto 2017 n.124 (cd. Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2017), il legislatore italiano ha introdotto per la prima volta una disciplina organica del leasing finanziario. Tali norme, entrate in vigore il 29 agosto 2017, si applicano ai contratti di leasing finanziario i cui presupposti di risoluzione (grave inadempimento) si siano verificati dopo tale data. Esse non hanno effetto retroattivo: per i leasing risolti prima continuano a valere i principi giurisprudenziali suddetti. Le Sezioni Unite della Cassazione (sent. 2061/2021) hanno chiarito definitivamente che la L.124/2017 non si applica ai contratti già risolti prima della sua vigenza, nemmeno per analogia, e che la distinzione godimento/traslativo rimane rilevante per quei casi pregressi (anche in ambito fallimentare, come vedremo). Dunque, c’è un doppio binario temporale:
- Leasing risolti dopo il 29/08/2017: si applica la nuova disciplina unitaria della L.124/2017, commi 136-140. Non conta più la distinzione formale tra traslativo e godimento: se il contratto rientra nella definizione legale di leasing finanziario, la risoluzione per inadempimento segue le regole fissate dalla legge, che sono inderogabili e volte a bilanciare le posizioni.
- Leasing risolti prima di tale data: restano regolati dalle norme previgenti di origine giurisprudenziale e dalle clausole contrattuali valide. In particolare, per i traslativi ante 2017 vale l’art.1526 c.c. analogico, come confermato da Cass. 2061/2021 e anche da Cass. 28546/2024. In tali casi il giudice dovrà verificare caso per caso le clausole contrattuali ed eventualmente moderare le pretese del concedente (restituzioni, penali) secondo equità.
Vediamo dunque i punti salienti della L.124/2017 sul leasing finanziario (disciplina vigente per le risoluzioni dal settembre 2017 in avanti):
- Definizione di leasing finanziario (comma 136): la legge qualifica il leasing finanziario come il contratto in cui un intermediario finanziario (banca o società autorizzata ex art.106 TUB) acquista o fa costruire un bene su scelta dell’utilizzatore, lo mette a sua disposizione per un tempo determinato verso pagamento di canoni, con assunzione a carico dell’utilizzatore di tutti i rischi relativi al bene, riconoscendogli il diritto di acquistare la proprietà a scadenza pagando un prezzo prestabilito. Questa definizione riprende la prassi consolidata, sottolineando elementi chiave: il ruolo del finanziatore, la scelta del bene su iniziativa dell’utilizzatore, il trasferimento dei rischi sull’utilizzatore (compreso il perimento del bene). Importante: viene implicitamente delimitato il campo di applicazione della legge ai contratti stipulati da intermediari finanziari vigilati; restano esclusi i leasing operativi puri e altri contratti atipici non rientranti in tale definizione.
- Grave inadempimento e soglia di tolleranza (comma 137): la legge fissa una soglia quantitativa uniforme per definire quando il mancato pagamento dei canoni costituisce grave inadempimento dell’utilizzatore, legittimando la risoluzione di diritto. In particolare, il ritardo è grave se l’utilizzatore omette il pagamento di almeno 6 canoni mensili (o 2 trimestrali), anche non consecutivi, nel leasing immobiliare, oppure di almeno 4 canoni mensili (anche non consecutivi) negli altri leasing (beni mobili), o per un importo equivalente. Questo parametro legale prevale su qualsiasi diversa valutazione: se il debitore supera queste soglie, l’inadempimento è ipso iure considerato grave (art.1455 c.c. non è più applicato discrezionalmente). Viceversa, un inadempimento inferiore alla soglia potrebbe non giustificare la risoluzione immediata per grave inadempimento; il concedente, in teoria, dovrebbe attendere il superamento della soglia o, se il contratto contiene una clausola risolutiva espressa per meno rate, il giudice valuterà caso per caso la rilevanza (ma per i contratti soggetti alla legge nuova, la soglia legale è vincolante). In sostanza, il debitore ora ha una “franchigia”: ad es. per un leasing di un macchinario, solo saltando 4 rate mensili il concedente potrà risolvere per legge. Ciò impedisce risoluzioni per ritardi minimi (1–2 rate) e uniforma la definizione di “grave inadempimento” nei leasing finanziari, offrendo al debitore un margine di sicurezza. Le parti possono comunque prevedere in contratto una clausola risolutiva espressa al verificarsi del grave inadempimento (come ridefinito dalla legge): tali clausole sono lecite e accelerano la risoluzione di diritto, pur restando il debitore protetto dalla soglia minima legale.
- Effetti della risoluzione per inadempimento (comma 138): questa è la parte cruciale che introduce un meccanismo di calcolo del saldo finale ispirato al patto marciano. In caso di risoluzione per grave inadempimento, il concedente ha diritto a:
- Rientrare in possesso del bene (l’utilizzatore deve restituirlo immediatamente).
- Trattenere o esigere dal cliente moroso: tutti i canoni scaduti e non pagati fino alla data di risoluzione + i canoni a scadere non ancora maturati, ma solo per la quota capitale (cioè l’importo che sarebbe servito a ripagare il costo del bene) + il prezzo pattuito per l’opzione finale di acquisto + eventuali spese sostenute (di recupero, stima e conservazione del bene). Queste voci sommano il credito lordo del concedente.
- Obbligo di conguaglio a favore dell’utilizzatore: il concedente deve dedurre dal suo credito quanto ricavato dalla vendita o da altra collocazione del bene a valori di mercato. In altri termini, dopo aver ripreso il bene, il concedente lo vende o ricolloca; il ricavato netto (detratte le spese di vendita) va sottratto dal credito di cui sopra. Se il ricavato è superiore al credito, la differenza positiva dev’essere restituita all’utilizzatore; se invece è inferiore, rimane a carico dell’utilizzatore un debito residuo pari a quella differenza.
- Coordinamento con procedure concorsuali (comma 139): la legge richiama espressamente l’applicazione delle norme speciali in caso di fallimento o crisi dell’utilizzatore. In particolare, nel vecchio regime la regola era l’art.72-quater l.fall. (introdotto nel 2005), ora sostituito dalle disposizioni analoghe del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs.14/2019). In breve, se l’utilizzatore fallisce prima della risoluzione del leasing, il curatore ha facoltà di sospendere, subentrare o sciogliere il contratto entro un breve termine (come per i contratti in corso) e l’art.72-quater l.fall. prevedeva criteri per quantificare l’eventuale risarcimento al concedente in caso di scioglimento. Se invece il leasing era già risolto prima del fallimento, il concedente poteva insinuarsi al passivo per il suo credito, ma – come visto – nel caso di leasing traslativo doveva sottostare al calcolo con equo compenso ex art.1526 c.c. analogico. La Cassazione a Sezioni Unite nel 2021 ha escluso che l’art.72-quater potesse applicarsi analogicamente ai contratti risolti prima della legge 2017, confermando che si applica art.1526 c.c. (o L.124/2017 se successivo) anche se il fallimento è intervenuto dopo. Dunque, oggi, in caso di fallimento del debitore con leasing in corso, troveremo nel nuovo Codice della Crisi norme sostanzialmente simili al vecchio 72-quater: se il curatore scioglie il contratto, il concedente riprende il bene e ha un credito pari ai canoni scaduti + canoni a scadere (quota capitale) + prezzo riscatto – valore bene (principio del patto marciano). Se invece il contratto era già risolto prima del fallimento, il concedente può insinuare il credito calcolato secondo i criteri visti (giurisprudenziali o di legge a seconda dei casi); ma dovrà fornire al giudice fallimentare i dati sul valore del bene ripreso, per permettere l’eventuale restituzione di somme eccedenti all’attivo fallimentare. In ogni caso, il punto di vista del debitore fallito è assunto dal curatore, che potrà eccepire in sede di verifica del passivo le stesse questioni (usura, nullità di clausole, ecc.) per ridurre le pretese della leasing. Dal lato pratico per il debitore persona fisica non fallibile, queste norme concorsuali non si applicano, ma egli potrà eventualmente accedere alle procedure di sovraindebitamento (oggi ridenominate nel Codice della Crisi come procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento) per proporre, ad esempio, la continuazione o la risoluzione controllata del leasing con stralcio del debito residuo.
In conclusione, la cornice normativa attuale vede una disciplina imperativa per i contratti di leasing finanziario stipulati con intermediari, che tutela in modo significativo il debitore in caso di inadempimento grave, uniformando prassi che prima dipendevano dal vaglio giudiziale. Restano comunque validi gli accordi contrattuali ulteriori compatibili con questa disciplina (ad es. clausole risolutive espresse, penali di risoluzione purché non elusive del meccanismo di legge). Il leasing operativo e altre forme atipiche continuano invece a ricadere nella libertà contrattuale, fermo il rispetto delle norme generali (buona fede, equilibrio contrattuale, tutela del consumatore se applicabile, ecc.).
La Perizia sul Contratto di Leasing: Scopi e Contenuti
Quando un utilizzatore di leasing (sia esso un privato o un’impresa) si trova in difficoltà con i pagamenti, o sospetta che il contratto presenti condizioni illegittime, la perizia tecnica sul contratto di leasing diventa uno strumento fondamentale per far valere i propri diritti. Vediamo di cosa si tratta e come si svolge con l’ausilio dell’avvocato.
Cos’è e perché farla: La perizia di leasing è un’analisi approfondita, svolta da un tecnico specializzato (ad esempio un perito finanziario, un commercialista esperto di contenzioso bancario o un consulente in materia di usura), volta a verificare la correttezza delle condizioni economiche applicate dal contratto e il rispetto della normativa di trasparenza e antiusura. In pratica, il perito riesamina il contratto, il piano di ammortamento, le rate pagate e quelle ancora dovute, calcola i tassi effettivi applicati (TAN, TAEG/ISC), controlla le eventuali indicizzazioni o clausole di variazione dei canoni, e verifica se vi sono anomalie quali: interessi oltre soglia d’usura, costi occulti non dichiarati, errori nel calcolo degli interessi, clausole che possano determinare nullità o obblighi di ricalcolo a favore del cliente.
Dal punto di vista legale, la perizia fornisce all’avvocato del debitore una base oggettiva per:
- Contestare formalmente alla società di leasing eventuali irregolarità (lettera di diffida o reclamo, da inviare prima di intraprendere azioni legali).
- Trattare una soluzione stragiudiziale vantaggiosa (ad esempio, ridurre il debito residuo riconoscendo tassi corretti, ottenere una moratoria o ristrutturazione del piano di pagamento, o concordare la chiusura anticipata a saldo e stralcio).
- Impostare la difesa in giudizio, sollevando eccezioni mirate (nullità parziali del contratto, violazione di norme imperative come l’usura o l’art.117 TUB sulla trasparenza, inadempimenti del concedente, ecc.) supportate da calcoli e riscontri tecnici.
Quali sono le verifiche tipiche in una perizia di leasing? Ecco le principali aree di controllo e il loro rilievo giuridico:
- Tasso Leasing e Trasparenza bancaria: Il perito calcola il tasso effettivo globale del leasing (considerando canoni, maxicanone iniziale se presente, prezzo di riscatto finale, spese di istruttoria, assicurazioni obbligatorie abbinate, ecc.) per confrontarlo con quanto dichiarato in contratto. Spesso il contratto di leasing indica un “tasso leasing” o un TAN nominale, e talvolta un ISC (Indicatore Sintetico di Costo) per operazioni rivolte a consumatori. Se emerge una difformità significativa tra il tasso dichiarato e quello effettivamente applicato, si può profilare una violazione dell’obbligo di trasparenza ex art. 117 del Testo Unico Bancario (D.Lgs. 385/93). La Cassazione ha chiarito che nei contratti di leasing l’omessa o scorretta indicazione del tasso effettivo può comportare l’applicazione della sanzione civile di cui all’art.117, comma 7 TUB, ossia la sostituzione del tasso convenzionale con il tasso minimo BOT vigente (molto più basso) per il periodo in questione. In altre parole, il leasing verrebbe ricalcolato al tasso legale minimo. Ad esempio, in una causa recentissima è stato accertato che il tasso effettivo applicato su un leasing era superiore a quello contrattualmente pattuito: di conseguenza, è stata applicata la sanzione di cui all’art.117 TUB, con ricalcolo degli interessi dovuti al tasso legale minimo. È importante notare, però, che non sempre l’indicazione dell’ISC è obbligatoria per legge nei leasing (lo è per i contratti di credito ai consumatori e per i mutui ipotecari, ma i leasing a imprese spesso ne erano esenti nelle vecchie Istruzioni di Banca d’Italia); tuttavia, se il contratto presenta tassi indeterminati o discordanti, il giudice può intervenire. La Cassazione, con riferimento ai leasing immobiliari, ha di recente affermato che la mancata indicazione del “tasso leasing” non comporta nullità se il tasso è comunque determinabile per relationem, con criteri oggettivi e senza margini di discrezionalità per la banca. Ciò significa che se, ad esempio, il contratto richiama un indice (Euribor/Libor) più uno spread fisso, e quindi il tasso è calcolabile in ogni momento, non vi è indeterminatezza. Se invece il tasso effettivo non è ricavabile da clausole chiare (ad es. divergenza tra piano finanziario e condizioni contrattuali), allora il giudice può dichiarare la nullità della clausola finanziaria e applicare il tasso sostitutivo legale. In sintesi, la perizia serve ad evidenziare queste discrepanze e a mettere in luce un eventuale difetto di trasparenza contrattuale.
- Usura (interessi usurari): La legge antiusura (L.108/1996) si applica a “qualsivoglia somma” dovuta in relazione al contratto, inclusi espressamente gli interessi moratori oltre a quelli corrispettivi. Il perito confronterà dunque sia il tasso di interesse corrispettivo praticato dal leasing (cioè implicito nei canoni) sia il tasso di mora previsto per ritardato pagamento, con i tassi soglia vigenti al momento della stipula (per l’usura originaria) e durante il rapporto (per l’usura sopravvenuta, concetto però non rilevante ai fini civili, salvo eccezioni). I tassi soglia per i leasing vengono determinati con riferimento alle rilevazioni trimestrali del TEGM (Tasso Effettivo Globale Medio) pubblicate dal Ministero, distinte per categoria di operazione (es. “leasing auto”, “leasing immobiliare” ecc.). La Cassazione, sentenza n.3930/2024, ha ribadito i criteri di calcolo in caso di interessi di mora: se i decreti ministeriali riportano la maggiorazione media dei moratori, allora il tasso soglia di mora sarà pari al TEGM (dei corrispettivi) aumentato di quella percentuale media e del margine di legge (di norma: +50% + 4 punti max). Se invece i decreti non indicano tale dato, bisogna calcolare il TEG effettivo del singolo rapporto includendo la clausola di mora e confrontarlo con il tasso soglia normale. In ogni caso, se la perizia rileva che, ad esempio, il tasso di mora convenuto (sommato all’eventuale interesse corrispettivo già inglobato nelle rate) supera la soglia d’usura all’epoca della pattuizione, la conseguenza legale è la nullità della clausola di interessi usurari e la non debenza di alcun interesse (né moratorio né corrispettivo) ex art.1815 comma 2 c.c.. Spesso questo significa che al concedente spetta solo la restituzione del capitale finanziato residuo, senza interessi, con imputazione di quanto pagato dall’utilizzatore prima a capitale. Va però distinta l’ipotesi in cui solo gli interessi di mora siano usurari mentre i corrispettivi no: in tal caso la giurisprudenza prevalente (Cass. 655/2025, Cass. Sez. Un. 19597/2020) ritiene nulla solo la clausola di mora e non anche quella sugli interessi corrispettivi che restano dovuti. La perizia sul leasing dunque evidenzierà se il contratto prevede, ad esempio, un tasso di mora elevatissimo (tipicamente 3-4 punti oltre il tasso base) tale da sforare la soglia: questo darà all’avvocato motivo di chiedere in giudizio la declaratoria di nullità di quella clausola e la caducazione degli interessi moratori (eventualmente ricalcolando interessi di mora al tasso legale, come spesso decidono i tribunali). Inoltre, grazie alla perizia si può valutare se includendo altri costi collegati (es. premi assicurativi obbligatori) il TAEG superava la soglia: la Cassazione nel 2024 ha affermato che nel calcolo dell’usura vanno inclusi anche i costi delle polizze assicurative collegate al finanziamento, in quanto parte dell’onere effettivo a carico del cliente. Dunque, una polizza incendio o vita imposta all’utilizzatore va conteggiata nel TEG del leasing ai fini del confronto con la soglia.
- Anatocismo e ammortamento “alla francese”: Alcuni debitori, istigati da consulenti, sospettano che il piano di ammortamento cosiddetto “alla francese” (rate costanti, con quota interessi decrescente e quota capitale crescente) celi anatocismo (interessi composti illegittimi). La questione è stata molto dibattuta, ma le Sezioni Unite della Cassazione (sent.15130/2024) sono intervenute chiarendo definitivamente che il piano “alla francese” di per sé non comporta anatocismo vietato. In pratica, gli interessi in ciascuna rata sono calcolati sul capitale residuo ancora da rimborsare fino a quel momento, e non producono ulteriori interessi su sé stessi se il pagamento avviene puntuale. Il divieto di anatocismo ex art.1283 c.c. riguarda infatti gli interessi scaduti e non pagati, che non possono a loro volta generare interessi, salvo pattuizioni successive alla scadenza o usi specifici. Nel piano francese standard, invece, ogni rata estingue gli interessi maturati fino a quel momento; non vi è un calcolo di interessi su interessi scaduti nelle rate successive. Pertanto, eventuali cause basate sulla tesi che il leasing (o mutuo) in ammortamento alla francese sia nullo per indeterminatezza o perché “occulto anatocismo” sono destinate a fallire alla luce della giurisprudenza attuale. La perizia in questi termini serve più che altro a spiegare il metodo di calcolo al cliente e verificare che sia stato applicato correttamente, ma non configura irregolarità legali. Diverso sarebbe il caso in cui il contratto prevedesse espressamente la capitalizzazione periodica degli interessi di mora (ad esempio, che gli interessi di mora vengano mensilmente addebitati al capitale): questo sì sarebbe anatocismo vietato salvo specifica pattuizione posteriore al sorgere degli interessi e limitatamente agli interessi di mora (che però, essendo normalmente oggetto di clausola pattuita ab origine, non possono capitalizzarsi automaticamente). In sintesi, il debitore non può sperare di liberarsi dal pagamento lamentando il mero utilizzo di un piano di rimborso francese, ma dovrà concentrare la contestazione su altri aspetti più sostanziali (usura, trasparenza, ecc.).
- Clausole penali e Commissioni: I contratti di leasing spesso prevedono clausole penali per varie ipotesi: ad es. penale per risoluzione anticipata a carico dell’utilizzatore (oltre alla perdita dei canoni pagati), penali per ritardato pagamento (sotto forma di commissioni di sollecito o importi fissi per rata pagata in ritardo, oltre agli interessi di mora). La perizia evidenzia l’incidenza economica di tali penali e commissioni. Giuridicamente, occorre distinguere:
- Se il cliente è consumatore o piccolo imprenditore, molte di queste penali potrebbero essere clausole vessatorie: ad esempio, una penale eccessiva in caso di recesso anticipato potrebbe essere considerata nulla in quanto determina un significativo squilibrio a carico del consumatore (artt.33-36 Codice del Consumo).
- Indipendentemente dallo status di consumatore, l’art.1384 c.c. consente al giudice di ridurre la penale se manifestamente eccessiva, tenuto conto dell’interesse del creditore. Nel leasing operativo, come detto, penali che prevedano il pagamento di tutti i canoni residui possono essere rimodulate dal giudice se sproporzionate. Anche nel leasing finanziario traslativo pre-2017, la giurisprudenza applicava l’art.1384 in virtù dell’art.1526 c.c. (che fa espresso riferimento alla riduzione equitativa della penale). Oggi, per i contratti soggetti a L.124/2017, le penali contrattuali (ad esempio una clausola che fissi comunque un indennizzo a favore del concedente) non possono derogare al meccanismo di conguaglio previsto dalla legge, ma possono integrarlo finché non producano un risultato più gravoso per l’utilizzatore di quanto la legge stessa prevede. Ad esempio, una clausola che dicesse “in caso di risoluzione l’utilizzatore deve comunque una penale del 10% del valore residuo, anche se dal calcolo marciano risulterebbe nulla” potrebbe essere contestata perché contraria a norma imperativa (vanificherebbe in parte il rimborso del surplus).
- Commissioni di incasso rata o di sollecito: importi fissi che il contratto pone a carico dell’utilizzatore per ogni rata pagata in ritardo, ecc. Se forfettari e non correlati a un danno, possono anch’essi essere rivisti in diminuzione dal giudice, o considerati interessi occulti e sommarli al TEG per l’usura. La perizia li conteggia per verificare, ad esempio, se queste spese aggiuntive, sommate agli interessi, facciano sforare la soglia d’usura (molte sentenze considerano i “oneri da inadempimento” nel calcolo del TEG contrattuale se collegati alla concessione del credito). Ad esempio, Cass. 3545/2024 ha incluso le spese assicurative obbligatorie nel TEG ai fini dell’usura; analogamente, spese fisse per rata possono rientrare.
- Vizi nel bene e responsabilità del fornitore/concedente: Un altro aspetto che può emergere è se il bene ottenuto in leasing presenta difetti, vizi o problemi (si pensi a un macchinario che non funziona, un veicolo che non viene immatricolato, un immobile con abusi edilizi, ecc.). In base allo schema del leasing finanziario, l’utilizzatore non può sospendere il pagamento dei canoni facendo valere direttamente verso il concedente i vizi del bene, perché formalmente il venditore è un terzo (il fornitore) da cui il concedente ha acquistato su indicazione dell’utilizzatore. Il concedente di solito nel contratto disclama responsabilità sulla qualità del bene, vincolando l’utilizzatore a far valere garanzie e reclami solo verso il fornitore. Tuttavia, la giurisprudenza ha riconosciuto che il concedente non è del tutto estraneo: ha un interesse comune con l’utilizzatore alla buona riuscita dell’operazione e deve cooperare per tutelare l’utilizzatore verso il fornitore. La Cassazione, ord. 9577/2024, ha affermato che in un leasing finanziario con triangolazione, sia concedente che utilizzatore devono comportarsi con diligenza e lealtà, collaborando affinché il fornitore adempia esattamente. Se entrambi concorrono con la propria condotta a causare un danno (es: il bene risulta inutilizzabile), quel danno può essere ripartito tra concedente e utilizzatore secondo la regola della responsabilità concorrente ex art.1227 c.c.. Ad esempio, nella vicenda esaminata dalla Cassazione, un’auto proveniente dall’estero era stata consegnata con documentazione incompleta per l’immatricolazione definitiva; l’utilizzatore l’aveva ritirata senza riserve, ma poi il veicolo non poteva circolare regolarmente. La S.C. ha cassato la decisione che attribuiva tutta la colpa all’utilizzatore per aver accettato l’auto difettosa, evidenziando che il venditore-fornitore aveva assunto l’obbligo di procurare i documenti e il concedente avrebbe dovuto attivarsi per tutelare l’utilizzatore in tal senso. In pratica, l’utilizzatore che subisce un danno perché il bene è inutilizzabile potrà chiedere un risarcimento, che però potrà essergli decurtato se anche lui ha avuto negligenza (ad es. non ha segnalato subito il vizio, ha continuato a usare il bene peggiorando il danno, ecc.). Dal punto di vista pratico, la perizia legale può servire anche a documentare i problemi del bene (perizie tecniche sul macchinario, ecc.) e costruire una linea di difesa del tipo: “il mancato pagamento delle rate è giustificato dall’eccezione di inadempimento, poiché il bene era affetto da vizi gravi”. Attenzione però: sollevare l’eccezione di inadempimento in un leasing è rischioso per l’utilizzatore, perché spesso contrattualmente rinuncia a farla valere verso il concedente, dovendo pagare i canoni nonostante i vizi, e poi rivalersi sul fornitore. Una strada può essere chiamare in causa il fornitore come terzo responsabile nel giudizio (azione di garanzia). In sede stragiudiziale, comunque, la contestazione del debitore sul bene difettoso può mettere pressione sia al concedente sia al fornitore per trovare un accordo (ad es. sostituzione del bene, riduzione canoni).
- Verifica degli importi residui e conteggi di risoluzione: Infine, la perizia ricalcola il saldo dare-avere in caso di risoluzione anticipata. Spesso le società di leasing, una volta risolto il contratto, inviano al cliente un prospetto con l’ammontare dovuto. È essenziale controllare che tale importo rispetti i criteri di legge o di contratto applicabili. Ad esempio, se il leasing è soggetto alla L.124/2017, il conteggio dovrà essere: canoni scaduti + capitale residuo + opzione – ricavato dalla vendita del bene. La perizia verifica se il bene è stato valutato correttamente (in caso di vendita a prezzo irrisorio tra parti correlate, il debitore potrebbe contestare che il concedente non ha operato secondo buona fede, svendendo il bene per aumentare artificiosamente il suo credito residuo). La giurisprudenza ha statuito che il concedente deve agire con lealtà: se il bene non è venduto, deve stimarne il valore commerciale in detrazione, e se è venduto, detrarre il prezzo effettivo. Eventuali spese di recupero (es. spese legali per il decreto ingiuntivo, spese di trasporto del bene) devono essere documentate e solo quelle anticipate e giustificate possono essere addebitate. Una perizia ben fatta può ridurre sensibilmente la pretesa finale della leasing, evidenziando ad esempio che il bene aveva un valore di mercato superiore a quello considerato e dunque il debitore merita la restituzione di un importo, o che talune voci richieste (penali forfettarie, interessi moratori post-risoluzione) non sono dovute.
In sintesi, la perizia leasing è il momento in cui si fanno i conti in senso letterale e figurato: si tirano le somme dell’intero rapporto per capire se il debitore ha pagato più del dovuto, se deve ancora pagare e quanto, e se può eccepire qualcosa per ridurre o annullare quel debito. È un investimento che può far risparmiare moltissimo al debitore, specie in situazioni borderline.
Dal punto di vista procedurale, l’avvocato assiste il cliente sin dall’inizio: raccoglie la documentazione (contratto, prospetti di pagamento, estratti conto leasing, eventuali comunicazioni di adeguamento tassi se variabili, ecc.), la fornisce al perito di fiducia, imposta i quesiti (ad es.: “verificare se sussiste usura nel contratto”; “determinare il TAEG effettivo e confrontarlo con quanto dichiarato”; “ricalcolare l’eventuale saldo dovuto alla luce della normativa vigente”), e una volta ottenuta la perizia la traduce in argomenti legali. Un buon coordinamento tra avvocato e perito è essenziale: ad esempio, l’avvocato segnalerà al perito le soglie d’usura applicabili e le interpretazioni giurisprudenziali aggiornate, per orientare i calcoli (in passato alcuni periti sommavano interessi corrispettivi e moratori per sostenere l’usura, ma la Cassazione ha chiarito che non vanno sommati, bensì confrontati separatamente con le rispettive soglie). L’avvocato inoltre verifica che il perito rispetti il principio di simmetria nei calcoli: ad esempio, se si ipotizza di non dover corrispondere interessi per usura, allora anche gli interessi già pagati vanno imputati a capitale, ecc. Tali accorgimenti rendono la perizia credibile agli occhi del giudice, se si arriverà a quella fase.
Esempio pratico: Sara, professionista, ha un leasing finanziario per uno studio medico. A metà contratto, dopo aver pagato un anticipo e varie rate, è in ritardo di 5 mensilità. La finanziaria risolve il contratto e chiede la restituzione delle attrezzature, oltre a €50.000 di penali e rate residue. Sara si rivolge a un legale il quale dispone una perizia. La perizia rivela che: (a) includendo i costi di assicurazione obbligatoria, il TAEG contrattuale reale supera di poco la soglia antiusura iniziale; (b) la clausola di risoluzione prevedeva indebitamente sia il ritiro del bene che il trattenimento di tutte le somme pagate senza conguaglio; (c) il bene restituito ha un valore di mercato stimato in €30.000. Forte di ciò, l’avvocato di Sara contesta alla società di leasing che nulla è dovuto per interessi (essendo il tasso pattuito usurario) e che, in ogni caso, l’importo preteso va ridotto detraendo il valore del bene. Nella successiva mediazione civile obbligatoria, la società di leasing – messa di fronte al rischio di vedersi annullare interessi e penali – accetta un accordo transattivo: trattiene il bene e considera il contratto chiuso senza ulteriori pagamenti, rinunciando a qualsiasi residuo. Sara perde le attrezzature ma evita un esborso aggiuntivo di decine di migliaia di euro.
Gestione Stragiudiziale: Evitare la Risoluzione e Negoziare con la Leasing
Quando un debitore in leasing si trova in difficoltà, l’obiettivo primario (dal suo punto di vista) è evitare, se possibile, la risoluzione del contratto e le vie legali, trovando un accordo con la controparte. La fase stragiudiziale è quindi cruciale. Vediamo quali strategie adottare con l’aiuto dell’avvocato, tenendo conto anche degli obblighi di legge (come la mediazione obbligatoria) e degli strumenti di risoluzione alternativi delle controversie disponibili.
1. Agire tempestivamente e comunicare con il lessor: Il miglior consiglio pratico per l’utilizzatore in difficoltà è di non accumulare ritardi oltre soglia e di attivarsi subito. Grazie alla L.124/2017, sappiamo che il concedente non può risolvere il contratto prima che si accumulino almeno 4 o 6 rate impagate (a seconda del tipo). Ciò fornisce al debitore un piccolo margine di manovra. È opportuno utilizzare questo tempo per comunicare ufficialmente alla società di leasing la propria situazione e cercare una soluzione condivisa:
- Si può inviare, tramite l’avvocato, una lettera di richiesta di moratoria o dilazione, spiegando i motivi delle difficoltà (es. calo temporaneo di liquidità, emergenza imprevista) e proponendo ad esempio di saltare alcune rate e aggiungerle in coda (estensione della durata) o di pagare rate ridotte per un certo periodo.
- In base alle Linee Guida dell’Associazione Italiana Leasing (Assilea) e alle prassi bancarie, molte società valutano positivamente la proattività del cliente e possono concedere una rimodulazione del piano, specie se il leasing è stato finora regolare. Ad esempio, durante la crisi Covid-19 vi sono state moratorie di legge sui leasing; anche al di fuori di quelle, alcune banche hanno loro procedure interne per ristrutturare i contratti.
- È fondamentale formalizzare per iscritto ogni accordo: se il concedente accetta di posticipare pagamenti, l’avvocato provvederà a farsi confermare le nuove condizioni per iscritto, per evitare contestazioni future (ad es. che il concedente dica di non aver mai autorizzato il ritardo).
2. Diffida e reclamo formale: Se la società di leasing assume un atteggiamento rigido o minaccia già la risoluzione, il legale del debitore può inviare una diffida in cui:
- Contesta eventuali addebiti ritenuti illegittimi sulla base della perizia (es. “il tasso di mora appare usurario e ne intimiamo la cessazione e nullità”).
- Richiama la normativa a tutela del debitore (es. soglia del grave inadempimento: “risultano impagate 3 rate su 48, non sussiste il grave inadempimento ex art.1 co.137 L.124/2017, pertanto la risoluzione sarebbe indebita”).
- Propone una soluzione bonaria: ad esempio, la riformulazione del piano di rientro, oppure la consegna volontaria del bene con rinuncia del credito residuo (c.d. resa bonaria a saldo e stralcio).
- Attiva i canali di ADR: in ambito bancario/finanziario, prima di andare in giudizio è obbligatorio esperire un tentativo di soluzione alternativa. Nel leasing questo si traduce in due opzioni principali: la mediazione civile (ex D.Lgs. 28/2010, materia “contratti bancari e finanziari” inclusa) e/o il ricorso all’Arbitro Bancario Finanziario (ABF). Nella diffida l’avvocato può dichiarare la disponibilità a procedere in mediazione o avvisare che, in mancanza di riscontro, si adirà l’ABF o il tribunale.
L’Arbitro Bancario Finanziario è un organismo indipendente istituito presso Banca d’Italia, competente per controversie tra clienti e intermediari fino a un certo valore (attualmente €200.000 per richieste di pagamento, illimitato per richieste non monetarie). Il vantaggio è che è più rapido ed economico di un giudizio; lo svantaggio è che le decisioni ABF non sono vincolanti come una sentenza (anche se le banche di solito le rispettano per non essere iscritte nell’albo dei cattivi pagatori ABF). Per il debitore, il ricorso ABF può essere utile soprattutto prima che si arrivi a una causa: ad esempio, se la leasing rifiuta di restituire un surplus di vendita spettante, l’ABF potrebbe ingiungerlo. Oppure, se si contesta una penale o un interesse anomalo, l’ABF può esprimere un parere tecnico. Molte società di leasing aderiscono all’ABF (in quanto iscritte all’albo 106 TUB). Nella pratica, il solo minacciare il ricorso ABF in una lettera di reclamo può spingere l’intermediario a valutare un accordo, perché le decisioni ABF negative fanno giurisprudenza morale e devono essere pubblicate (le finanziarie tengono a non accumulare troppe decisioni sfavorevoli).
La mediazione civile obbligatoria, dal canto suo, è un passaggio richiesto se poi si intende fare causa: è un incontro (o più) davanti a un mediatore iscritto, in cui le parti cercano un compromesso. Per il debitore può essere occasione di proporre formalmente un piano di rientro o un saldo e stralcio. Se la controparte non si presenta, il tentativo è comunque considerato espletato (verrà poi valutato dal giudice negativamente a carico di chi ha boicottato la mediazione). In ogni caso, arrivare con una perizia documentata e con proposte concrete mette il debitore in una luce migliore davanti al mediatore e poi eventualmente al giudice.
3. Soluzioni stragiudiziali possibili: Ogni caso fa storia a sé, ma tra le soluzioni pratiche più frequenti che si possono ottenere (o chiedere) in sede stragiudiziale, troviamo:
- Moratoria / Dilazione: come accennato, sospensione temporanea delle rate, oppure pagamento di sole quote interessi per un periodo, con allungamento della durata contrattuale.
- Rinegoziazione del tasso: in alcuni casi, specie se il contratto è datato e il tasso è alto rispetto ai tassi correnti, si può chiedere una riduzione del tasso futuro e quindi canoni più leggeri. Questo è nell’interesse della società se così evita insolvenze e costose procedure.
- Trasferimento del contratto (subentro): il debitore può trovare un terzo interessato a rilevare il bene e subentrare nel leasing al suo posto. Molti contratti vietano la cessione senza consenso del concedente; tuttavia, le società di leasing tendono ad acconsentire se il subentrante è solvibile e magari paga qualcosa per arretrati. L’avvocato prepara l’accordo di cessione liberatoria per il cedente (in modo che poi la leasing non possa rivalersi su di lui).
- Restituzione volontaria del bene e saldo e stralcio: il debitore può proporre: “vi restituisco subito il bene in ottime condizioni, così voi lo potete vendere, e in cambio mi liberate da ogni obbligo ulteriore”. La società di leasing farà i suoi conti: se il bene ha un buon mercato, potrebbe accettare. Spesso si media su chi prende l’eventuale perdita: p.es. se il debito residuo (capitale + opzione) è €100.000 e il bene oggi ne vale forse €80.000, il debitore potrebbe offrire di pagare subito una parte della differenza (es. €10.000) e chiudere lì (invece di rischiare causa e dover forse €20.000 più spese legali).
- Concessione in leasing a terzi (ricollocazione): in alcuni casi, specie per beni molto specifici, la società di leasing potrebbe preferire non venderlo subito ma darlo in leasing ad un nuovo cliente. Il debitore uscente può chiedere che i canoni incassati dal nuovo contratto siano imputati a ridurre il suo debito. Questa è un’operazione complessa, ma non impossibile se c’è un mercato secondario.
- Sconto sul debito per contante: se il debitore riesce a reperire liquidità (es. un prestito da parenti o una linea di credito), può offrire un pagamento immediato ridotto per chiudere. Molte banche accettano saldi e stralci specialmente a fine esercizio per togliere sofferenze dal bilancio. L’avvocato in tal caso contratta la percentuale di stralcio e fa inserire nell’accordo la rinuncia della società leasing a qualunque altra pretesa futura (così il debitore è totalmente liberato).
4. Attenzione ai tempi e alle azioni del concedente: Mentre si cerca un accordo, il debitore deve stare attento a non ignorare gli atti formali. Se, ad esempio, riceve una diffida di pagamento dal concedente (magari citando la clausola risolutiva espressa), è importante che tramite l’avvocato risponda, magari contestando la legittimità della risoluzione se la soglia di legge non è stata superata. Spesso i contratti danno un breve periodo di grazia (es. 15 giorni) dopo la diffida prima di considerare risolto definitivamente: utilizzarlo per pagare almeno in parte può evitare la risoluzione. Se però il debitore non può pagare, può chiedere in extremis un termine di grazia al giudice (art.55 D.Lgs.385/93 prevede per i finanziamenti bancari che, in via d’urgenza, si possa sospendere la risoluzione per massimo 6 mesi se il cliente fornisce garanzie di adempiere; però non è molto usato).
Una volta che il contratto è risolto (ad esempio, il concedente comunica la risoluzione ai sensi della clausola risolutiva o ottiene una pronuncia giudiziale), l’utilizzatore perde il diritto di usare il bene e deve restituirlo immediatamente. Se non lo fa spontaneamente, la società di leasing agirà per rientrare in possesso: tipicamente, presenterà un ricorso per decreto ingiuntivo ex art.633 c.p.c., chiedendo contestualmente l’ingiunzione di pagamento delle somme dovute e l’ingiunzione a consegnare il bene. Spesso viene chiesta anche la provvisoria esecuzione ai sensi dell’art.642 c.p.c., specie se c’è una clausola autenticatoria (il debitore potrebbe aver sottoscritto cambiali o un atto di ricognizione). In pratica, il debitore potrebbe vedersi notificare un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo con precetto di riconsegna del bene e di pagamento. È quindi preferibile giocare d’anticipo in via stragiudiziale: una volta che si arriva all’ingiunzione, l’interlocutore non è più l’ufficio reclami della banca ma l’avvocato della banca, e le posizioni si irrigidiscono.
5. Strumenti di allerta e composizione negoziata (imprese): Per gli imprenditori in difficoltà finanziaria, la recente riforma della crisi d’impresa ha introdotto strumenti come la composizione negoziata in cui un esperto indipendente aiuta a trattare con i creditori. Una società con molti leasing potrebbe avvalersene: contattare le società di leasing (tra gli altri creditori) e proporre un piano comune. Queste procedure però esulano dallo scopo di questa guida; basti sapere che, in tali sedi, il quadro normativo sopra descritto su cosa spetta al leasing in caso di risoluzione verrà comunque in rilievo (es: in un concordato preventivo, il piano potrebbe prevedere la restituzione di beni in leasing con soddisfo del creditore-leasing nei limiti del ricavato).
In conclusione, la fase stragiudiziale è quella in cui, con abilità negoziale e supporto tecnico, il debitore può ottenere il massimo risultato con il minimo costo. Un accordo ben strutturato può salvare l’azienda (ad esempio evitando di perdere un macchinario essenziale) o quantomeno limitare i danni economici personali. Anche dal lato del concedente c’è convenienza spesso: un cliente che propone soluzioni e dimostra eventuali torti subiti (tassi illegittimi, etc.) viene visto come un soggetto con cui transigere piuttosto che come un mero inadempiente da colpire. L’avvocato ricopre il duplice ruolo di scudo (proteggendo il cliente da pretese eccessive con argomentazioni legali) e ponte (dialogando con la controparte per raggiungere una transazione).
Tutela Giudiziale: Difendersi in Tribunale
Se la fase stragiudiziale non conduce a un accordo, o se ormai il contratto è già risolto e la controparte ha avviato azioni legali, il debitore deve prepararsi ad affrontare il contenzioso giudiziario. In questa sezione esamineremo:
- Le procedure tipiche con cui la società di leasing agisce contro l’utilizzatore inadempiente.
- Le possibili difese ed eccezioni che il debitore, tramite il suo avvocato, può sollevare per tutelare i propri interessi.
- L’evoluzione della giurisprudenza recente (2023-2025) su questioni chiave nei contenziosi di leasing.
- Cosa accade in situazioni particolari (es. fallimento, esecuzione forzata, coinvolgimento del fideiussore).
Procedura tipica – Decreto ingiuntivo e consegna del bene: Come accennato, la via giudiziale più battuta dal concedente è il decreto ingiuntivo (artt.633 ss. c.p.c.). La società di leasing, in possesso del contratto firmato e dell’estratto delle rate non pagate (spesso “certificato conforme ai libri contabili” da un dirigente, ex art.50 TUB), si rivolge al giudice per ottenere in tempi rapidi un’ingiunzione di pagamento per il dovuto. Nel caso del leasing, può combinare la richiesta di pagamento con quella di rilascio del bene: l’art.636 c.p.c. permette ingiunzioni di consegna per beni mobili determinati. Il giudice, verificati i documenti, emette il decreto ingiuntivo; spesso, vista la natura bancaria del credito, concede anche la provvisoria esecutorietà (immediata esecuzione) ai sensi dell’art.642 c.p.c., specialmente se c’è un riconoscimento di debito o cambiali firmate dall’utilizzatore a garanzia. Il debitore ingiunto si vedrà quindi arrivare l’atto e dovrà reagire entro 40 giorni (termine standard per l’opposizione) per evitare che diventi definitivo.
Nota: in presenza di clausola di deroga al foro competente, il decreto potrebbe provenire da un tribunale lontano (es: spesso i contratti indicano il foro della sede della società di leasing). Questo è ammesso se il debitore è un’impresa, mentre per un consumatore tali clausole sarebbero nulle (il foro competente per i consumatori è inderogabile, solitamente quello di residenza del consumatore). L’avvocato dovrà valutare anche queste eccezioni.
Una volta notificato il decreto, la società di leasing può procedere con l’esecuzione forzata: per la consegna del bene, otterrà dall’ufficiale giudiziario il sequestro e la riconsegna coattiva; per il denaro, potrà pignorare conti correnti o altri beni del debitore. Tuttavia, se il decreto non è provvisoriamente esecutivo, l’azione esecutiva è sospesa in attesa della scadenza dei 40 giorni.
Opposizione a decreto ingiuntivo: Dal lato del debitore, l’arma processuale è l’opposizione (art.645 c.p.c.), che introduce un giudizio a cognizione piena avanti al tribunale. Nell’atto di opposizione, il debitore diventa attore e dovrà esporre i motivi di contestazione del credito ingiunto. Qui entrano in gioco tutti gli elementi raccolti nella fase di perizia e analisi contrattuale:
- Si potrà eccepire la nullità di clausole contrattuali: es. la clausola di determinazione interessi perché indeterminata o contraria all’art.117 TUB; la clausola di risoluzione senza conguaglio perché contraria all’ordine pubblico (se applicata dopo 2017).
- Si eccepirà, se del caso, la usurarietà degli interessi moratori (nullità ex art.1815 c.c. e conseguente non debenza di interessi): a riprova, si allegherà la perizia con i calcoli.
- Si potrà sostenere che la somma ingiunta non è corretta perché non è stato dedotto il valore del bene già ripreso dal creditore: se ad esempio il decreto ingiunge pagamento dell’intero capitale residuo e opzione, l’opponente dirà che va applicata la L.124/2017 (se contratto recente) o comunque il principio del patto marciano, chiedendo una rideterminazione del credito previa vendita del bene. In alcuni casi, i giudici sospendono la provvisoria esecuzione proprio imponendo al concedente di vendere il bene e riferire.
- Si può contestare la legittimazione attiva: se il credito è stato ceduto a una società terza (es. cartolarizzazione), bisogna verificare che la cessione sia stata notificata o accettata (art.1264 c.c.). Oppure, se la società di leasing era estera, controllare eventuali difetti di titolo.
- Inadempimento del concedente/fornitore: come accennato, se il bene aveva vizi o non è stato consegnato, l’opponente può formulare domande riconvenzionali di risarcimento o eccezioni di inadempimento. Ad esempio: “Non devo nulla perché il contratto è sinallagmatico e il bene è inutilizzabile, chiedo anzi risarcimento dei canoni versati inutilmente”. Queste difese sono complesse, perché cozzano contro la struttura triangolare del leasing; però se ben documentate (es. perizia tecnica che attesta che il macchinario era gravemente difettoso sin dall’origine) possono indurre il giudice quanto meno a ridurre il debito compensando col danno. Cassazione ha aperto alla responsabilità condivisa concedente-utilizzatore verso i vizi, quindi l’avvocato potrà citare questi principi.
- Falsi documentali: raramente, ma può capitare, si può contestare la validità del contratto per firme false o moduli cambiati. Ad esempio, se il tasso in copia cliente differisce da quello della copia prodotta in giudizio, si potrebbe chiedere verificazione.
Quando l’opposizione viene promossa, il debitore può anche chiedere la sospensione della provvisoria esecuzione (art.649 c.p.c.) se dimostra che dall’esecuzione gli deriverebbe un grave danno e che vi sono seri motivi di contestazione. Ad esempio, se stanno per pignorargli macchinari essenziali, lui può offrire un pagamento parziale in deposito o una garanzia per ottenere sospensione. Ciò dà respiro durante la causa.
Ruolo della CTU (Consulenza Tecnica d’Ufficio): Nei giudizi di leasing con contestazioni finanziarie, il tribunale spesso nomina un proprio consulente contabile per rifare i calcoli secondo le istruzioni del giudice. Tipicamente, la CTU viene chiesta per: ricalcolare interessi eliminando quelli usurari, determinare il saldo a seguito di vendita del bene, etc. La perizia di parte del debitore sarà il riferimento da far valutare al CTU. L’avvocato del debitore dovrà vigilare sulle operazioni peritali, presentando osservazioni e memorie tecniche in contraddittorio, per evitare che il CTU adotti criteri errati (es: alcuni CTU più conservatori in passato escludevano di conteggiare le polizze nel TEG, o ritenevano non applicabile l’art.117 TUB; ora con Cass. 2024 su polizze e altre, si hanno argomenti solidi da opporre).
Recenti orientamenti giurisprudenziali: Tra il 2023 e il 2025 la Cassazione ha prodotto varie pronunce in materia di leasing, molte delle quali già citate. Riassumiamo i punti utili in giudizio dal lato debitore:
- Clausole di risoluzione anticipata: Sono valide se rispettano lo schema di legge, ma vanno lette in buona fede. Cass. 25199/2024 ha confermato valida la clausola che esige canoni scaduti e futuri (attualizzati) previa detrazione del valore del bene. Quindi un giudice difficilmente dichiarerà nulla una clausola di quel tipo; tuttavia, il debitore potrà pretendere la corretta applicazione con conguaglio.
- Determinazione unilaterale del valore del bene: Cass. 25199/2024 dice che può farla il concedente ma il suo potere è condizionato dalla correttezza, e il valore può essere contestato e provato erroneo dall’utilizzatore. Quindi se in causa la leasing presenta una perizia sul valore, il debitore può contrapporne un’altra se sostiene sia sottostimato.
- Interessi moratori usurari: Cass. 3930/2024 ha rimarcato che la legge antiusura si applica anche agli interessi di mora e ha fornito la metodologia di confronto. In giudizio, ormai è pacifico: se la soglia è superata, la clausola di mora è nulla. E Cass. 655/2025 (ordinanza) ha ribadito che la mera pattuizione di un tasso di mora sopra soglia è sufficiente a determinarne la nullità, anche se l’interesse di mora non è mai stato applicato. Ciò perché il reato di usura è configurato dalla promessa contrattuale ab initio. Dunque, il debitore può far valere la nullità preventivamente, anche se non è ancora decaduto ed è a rischio di dover pagare la mora.
- Interessi corrispettivi usurari: se pure il tasso leasing (comprensivo di costi) eccede la soglia, allora nessun interesse è dovuto. In pratica il leasing si trasforma in una sorta di “locazione gratuita” dal punto di vista finanziario (si deve restituire solo capitale). Diversi tribunali hanno accolto queste domande in anni recenti, e Cass. 3545/2024 sull’inclusione assicurazioni rende più facile per il debitore superare la soglia nei contratti vecchi dove la polizza era cara.
- Nullità fideiussione del garante: Spesso insieme al leasing l’utilizzatore (specie se società) fa firmare a un socio o al genitore una fideiussione a garanzia. Ebbene, c’è stato un sviluppo importante: la Cassazione, sent. 27243/2024 ha stabilito che la nullità antitrust delle clausole “ABI” (quelle famose di reviviscenza, sopravvivenza, rinuncia termini) si applica anche alle fideiussioni specifiche riferite a un singolo contratto, non solo alle omnibus. Ciò vuol dire che se il garante ha firmato un modulo con quelle 3 clausole (molto probabile, visto che le banche usavano schemi standard anche per leasing), allora quelle clausole sono nulle per contrasto con la normativa antitrust (Provv. Banca d’Italia n.55/2005 e art.2 L.287/90) e la fideiussione è nulla quantomeno parzialmente. Molti giudici dichiarano la nullità integrale del contratto di fideiussione quando rinvengono quello schema, liberando così il garante. Dal punto di vista del debitore principale, questo può essere un’arma indiretta: il garante (spesso un familiare) potrà opporsi a decreti ingiuntivi o precetti verso di lui invocando tale nullità. Ad esempio, Cass. 26242/2022 (Sez. Unite) e altre hanno consolidato questa nullità. Il debitore dunque dovrebbe informare il garante di verificare con l’avvocato questo aspetto. In giudizio principale, se il garante è citato, si chiederà al giudice di dichiarare non dovuta la prestazione di garanzia per nullità delle clausole di fideiussione. Spesso le cause di leasing includono il garante come coobbligato.
- Altre nullità: Se il leasing è con un consumatore e manca la forma scritta o i requisiti di forma (ad es. mancata consegna di copia del contratto), si può invocare art.117 TUB commi 1-3 per nullità o inefficacia delle clausole non pattuite per iscritto. Anche l’assenza di indicazione del TAEG in un contratto di credito al consumo può comportare sanzioni (il TUB prevede in alcuni casi la nullità della clausola di interessi, ex art.125-bis). Il campo qui è complesso, ma un avvocato accorto verifica tutti i profili formali.
Esito del giudizio: Se le difese del debitore riescono, il giudice potrà:
- Annullare in tutto o in parte il decreto ingiuntivo. Ad esempio, revoca l’ingiunzione per la parte di interessi e penali, dichiarando che il debitore deve solo una certa minor somma.
- Dichiarare la risoluzione già avvenuta e regolare i conti tra le parti: spesso le sentenze di merito sul leasing contengono disposizioni tipo “accertato che il contratto è risolto, condanna l’utilizzatore a pagare €X al concedente, e la società concedente a restituire €Y all’utilizzatore, oltre a interessi legali”. Questo succede quando magari il concedente aveva incamerato un deposito cauzionale o maxi-canone e venduto il bene.
- In caso di soccombenza del debitore, la condanna riguarderà il dovuto più spese legali. Se però il debitore ha sollevato eccezioni non pretestuose (magari su aspetti dove la legge era incerta) e magari aveva pagato gran parte del contratto, può capitare che il giudice compensi le spese o le riduca.
Esecuzione forzata: Una volta ottenuta una sentenza definitiva, se il debitore non paga volontariamente la somma stabilita, il concedente potrà agire in via esecutiva su beni e redditi. Nel caso di beni dati in leasing, questi di solito sono già tornati al concedente. Se per ipotesi il bene fosse ancora in mano al debitore (ad esempio l’iter giudiziale ha sospeso la riconsegna nel frattempo), allora la sentenza con ordine di restituzione sarebbe eseguita coattivamente mediante ufficiale giudiziario.
Crisi d’impresa e sovraindebitamento: Se durante il giudizio o prima di esso, l’utilizzatore accede a una procedura concorsuale (fallimento, concordato o – se persona fisica – piano di ristrutturazione del debito), i tempi e modi di tutela cambiano. Nel fallimento, il decreto ingiuntivo non opposto diventa inutile se anteriore al fallimento: il creditore deve insinuarsi al passivo. Il curatore può sollevare tutte le eccezioni che aveva il debitore. Nel concordato preventivo, se l’azienda vuole continuare ad usare il bene in leasing, di solito deve pagare regolarmente le rate di competenza dopo l’ammissione, mentre per gli arretrati può proporre ai creditori un trattamento (ad es. classandoli come chirografari con percentuale). Se invece non intende proseguire col leasing, consegna il bene e il concedente avrà un credito da concordato pari all’eventuale differenza (come da 72-quater). Nelle procedure da sovraindebitamento per privati, esiste la possibilità di una liquidazione del patrimonio in cui il bene in leasing può essere restituito. L’utilizzatore potrebbe anche proporre un piano del consumatore chiedendo di sciogliere il leasing e trattare il concedente come creditore chirografario per il delta. Questo tuttavia richiede l’approvazione del giudice e la convenienza della proposta rispetto alla legge.
Il ruolo dell’avvocato in giudizio: In tribunale, la preparazione tecnica si deve unire alla strategia processuale. L’avvocato del debitore:
- Sceglierà quali eccezioni prioritizzare (non conviene “buttare dentro” ogni questione minore che può distrarre da quella vincente: ad es., se c’è usura palese, insisterà su quella piuttosto che su cavilli).
- Si assicurerà di rispettare i termini per contestare (es. eccezioni di nullità possono essere rilevate d’ufficio, ma meglio sollevarle subito; eccezioni di merito come l’inadempimento altrui vanno allegate tempestivamente).
- Potrebbe valutare una transazione nel corso del giudizio: il contenzioso leasing spesso si chiude con accordi anche in extremis, a seguito magari di un esito di CTU chiaro. L’avvocato manterrà il dialogo aperto col legale avversario per cogliere opportunità di accordo (es. “il CTU dice che dovrei avere indietro 10k, mi accontento di zero se chiudiamo senza altre spese”).
- Cura la posizione del garante se c’è: a volte il garante fa opposizione separata o viene chiamato in causa dal debitore. Coordinare le difese (il garante magari può dire che la fideiussione è nulla, mentre il debitore principale contesta altro).
In definitiva, la difesa giudiziale del debitore in un leasing richiede un approccio multidisciplinare: conoscenza del diritto civile, bancario, fallimentare, e capacità di leggere documenti contabili. La giurisprudenza recente offre diversi appigli per riequilibrare rapporti che in passato sembravano sbilanciati a favore delle finanziarie. Tuttavia, ogni caso va valutato sulla base dei documenti concreti.
Un consiglio pratico: conservare sempre tutti i documenti del leasing (contratto, fatture dei canoni, corrispondenza, attestati di consegna del bene, perizie di stima, ecc.). Spesso in giudizio emergono dettagli salvifici da una lettera o un’e-mail (es: l’agente di leasing che prometteva tassi diversi, o ammetteva un errore nei conteggi). L’avvocato potrà utilizzarli a favore del cliente (anche art.1227 c.c. per colpa del creditore, ecc.).
Domande Frequenti (FAQ) su Leasing e Tutele del Debitore
D: Ho saltato alcune rate del leasing. Quando possono revocarmi il bene e risolvere il contratto?
R: Dipende dal numero di rate non pagate. Con la riforma del 2017, il legislatore ha fissato una soglia di grave inadempimento: nel leasing di beni mobili bastano 4 rate mensili non pagate (anche non consecutive), in quello immobiliare 6 mensili (o 2 trimestrali). Se superi tali soglie, la società di leasing può risolvere il contratto e chiederti la restituzione del bene. Se sei sotto la soglia, formalmente non potrebbero risolvere per “grave inadempimento” ex lege; tuttavia, controlla il contratto: spesso c’è una clausola risolutiva espressa che scatta anche con meno rate (es. “mancato pagamento di 2 rate = risoluzione di diritto”). Per i contratti recenti, la clausola deve adeguarsi alle soglie di legge (4 o 6 rate), altrimenti è discutibile. In ogni caso, se hai saltato 1-2 rate, conviene cercare un accordo prima che la situazione peggiori. Dopo la risoluzione, dovrai restituire il bene e pagare gli importi dovuti (salvo conguaglio dalla rivendita).
D: La società di leasing mi ha inviato una “diffida” per le rate scadute: cosa significa e cosa devo fare?
R: La diffida è una intimazione formale a pagare entro un termine, spesso preavviso della risoluzione. Se c’è una clausola risolutiva, la diffida serve a metterti in mora e far decorrere il termine di grazia (spesso contrattualmente 15 giorni) dopo il quale il contratto si considera risolto. Devi prendere subito contatto con un legale: se riesci, paga almeno una parte del dovuto entro il termine, oppure fatti accordare una proroga scritta. Se non puoi pagare, il tuo avvocato potrebbe rispondere contestando la possibilità di risoluzione (es. “non siete ancora a 4 rate, non potete risolvere ex lege”) e chiedendo un incontro. Ignorare la diffida porterà quasi certamente alla risoluzione e a un decreto ingiuntivo dopo pochi settimane.
D: Posso sospendere il pagamento dei canoni se il bene in leasing ha dei gravi difetti?
R: È molto rischioso farlo unilateralmente. In un contratto di leasing finanziario standard, di regola hai sottoscritto che eventuali difetti del bene non ti esimono dal pagare i canoni. Questo perché la società di leasing non è la produttrice del bene, tu hai scelto fornitore e bene e devi far valere verso il fornitore le garanzie. Quindi, se smetti di pagare, la finanziaria può comunque dichiarare risolto il contratto e agire contro di te. Tuttavia, se i difetti rendono inutilizzabile il bene, dovresti: 1) contestare immediatamente per iscritto al fornitore (e in copia alla leasing) il problema, chiedendo riparazione o sostituzione; 2) informare la leasing che sospenderai i pagamenti finché il bene non è funzionante, chiedendo loro collaborazione. Legalmente, puoi provare ad eccepire “inadempimento del fornitore” come causa di forza maggiore, ma non c’è garanzia che venga accettato. In caso di lite, il giudice potrebbe valutare una ripartizione di responsabilità tra te e la leasing. La cosa migliore è coinvolgere anche la società di leasing nella soluzione: spesso hanno più leva sul fornitore (possono minacciare di interrompere pagamenti al fornitore se non sistema le cose, specie se c’è un accordo quadro). In sintesi: non pagare senza far nulla è pericoloso; meglio negoziare una sospensione concordata dei canoni finché il bene non viene riparato, formalizzando il tutto.
D: Che differenza c’è tra leasing “traslativo” e “di godimento”? Conta ancora qualcosa?
R: Erano categorie create dai giudici prima del 2017. Traslativo è il leasing dove quasi sicuramente riscatterai il bene perché vale molto di più del prezzo finale (tipico per immobili, macchinari costosi). Di godimento è il leasing dove il bene si consuma nell’uso e se non lo riscatti non butti via un grande valore (es. apparecchi elettronici, auto usate). La distinzione contava perché, in caso di risoluzione prima del 2018, nel leasing traslativo si applicava l’art.1526 c.c. con obbligo di restituzione canoni eccedenti, mentre nel godimento il lessor poteva tenersi quanto incassato. Dal 2017 la legge ha unificato la disciplina per tutti i leasing finanziari, quindi formalmente la distinzione non serve più per i contratti recenti. Tuttavia, nei contratti risolti prima del 2017 la distinzione è ancora usata in tribunale: se il tuo caso riguarda un leasing vecchio risolto anni fa, aspettati discussioni sul tema (e se era traslativo hai diritto al conguaglio delle somme). Per i nuovi contratti, devi solo verificare se rientri nella L.124/2017 (cioè sei un leasing finanziario con banca) o se era un leasing operativo: in quest’ultimo, non essendoci disciplina di legge, un giudice potrebbe ancora concettualmente considerarlo più un godimento e non riconoscerti restituzioni di canoni.
D: Mi hanno chiesto una fideiussione personale a garanzia del leasing della mia società. Posso fare qualcosa se poi escutono me?
R: Sì, verifica subito con un avvocato il testo della fideiussione. Molte fideiussioni bancarie predisposte su moduli ABI (anche specifiche per singolo contratto) contengono le tre famigerate clausole di reviviscenza, sopravvivenza e rinuncia al termine ex art.1957 c.c.. Queste clausole sono state dichiarate anticoncorrenziali da Banca d’Italia nel 2005 perché diffuse a tappeto da ABI, e la Cassazione (Sez. Unite 2017, ultima Cass. 27243/2024) le considera nulle. In pratica, se la tua fideiussione le contiene, la banca/leasing non può farle valere: o viene eliminato quell’effetto oppure l’intera fideiussione è nulla. Molti giudici optano per la nullità parziale (elimini clausole e resta obbligo base) ma con conseguenze importanti: ad esempio, eliminando la rinuncia all’art.1957 c.c., se la leasing non agisce contro il debitore entro 6 mesi dalla scadenza del contratto, tu garante sei libero. Eliminando la reviviscenza, se il debitore paga e poi fallisce (pagamenti revocati), non devono chiedere di nuovo a te. Ci sono vari tecnicismi, ma la sostanza è: spesso il garante può non pagare. Dunque, se ti ingiungono come fideiussore, fai opposizione e cita questa giurisprudenza. Anche se la tua fideiussione garantisce un solo leasing (fideiussione specifica), la nullità ABI si applica lo stesso. Ricorda però: se la tua è una fideiussione “su misura” negoziata (molto raro) senza quelle clausole, allora non ci sono nullità antitrust, e sarai tenuto a pagare in solido quanto dovuto dalla società (salvo eccepire altri profili come usura, se applicabili, anche in favore tuo).
D: In caso di risoluzione, possono chiedermi anche le rate future?
R: Sì, ma con dei limiti. Tradizionalmente, la clausola penale nei leasing prevedeva che, se risolvevano il contratto, ti addebitavano tutte le rate non ancora scadute più magari una penale aggiuntiva, senza restituire nulla. Oggi, grazie alla L.124/2017, questo non è più possibile senza conguaglio: possono chiederti il capitale residuo (non gli interessi futuri non maturati) e l’opzione di riscatto, ma devono sottrarre quello che recuperano dal bene. Quindi, se restano rate per 50.000€ ma il bene lo rivendono a 30.000€, tu paghi 20.000€ (più ev. spese). Se il bene fosse rivenduto a più di 50.000, tu addirittura avresti diritto ad avere un rimborso (cosa che prima era impensabile). Questo vale se il tuo contratto rientra nella disciplina della L.124. Se non vi rientra (es. leasing operativo, o leasing molto vecchio risolto anni fa), dipende dal giudice: di solito comunque anche lì non permettono arricchimenti, quindi o applicano analogicamente l’art.1526 c.c. (restituzione rate eccedenti) o riducono le penali esose ex art.1384 c.c. Quindi, legalmente sì, possono domandare le rate future scontate, ma poi in sede giudiziale si calcola il conguaglio. Attenzione: se nel frattempo il bene rimane inutilizzato e invenduto, potrebbero intanto chiedere il dovuto al netto di una stima (spesso fanno periziare il bene e sottraggono quel valore). Se poi vendono a meno, resterà un debito; se vendono a più, ti dovranno accreditare la differenza.
D: Ho già pagato molti canoni, poi ho restituito il bene; possibile che debba pagare ancora?
R: Può succedere, soprattutto se il bene si è depreciato e/o avevi un debito residuo alto. Facciamo un esempio: hai pagato 30 canoni da €500 = €15.000, poi hai restituito il macchinario; il debito residuo (capitale più riscatto) era €20.000; il macchinario venduto ne ha fruttati €10.000. Purtroppo sì, ti possono chiedere la differenza: 20.000 – 10.000 = €10.000. In passato era ancora peggio: avrebbero tenuto i 15.000 e magari chiesto anche tutti i 20.000 (quindi 35.000 in totale!). Oggi non possono più farlo per legge. Anzi, se tu avessi già pagato più del dovuto capitale e il bene valesse tanto da coprire il resto, dovrebbero restituire a te. Quindi, se hai pagato molti canoni e il bene è stato ripreso, controlla i conti: la società di leasing deve farti avere il resoconto finale. Se da quello risulta addirittura un saldo a tuo favore, ma la società tace, hai diritto a richiederlo. Capita ad esempio nei leasing immobiliari: cliente paga per anni, poi salta, la banca rivende l’immobile a un prezzo alto in epoca di mercato in ripresa e matura un surplus. Non sempre le banche sono solerti a girarlo se il cliente non lo chiede… La legge comunque lo impone chiaramente per i contratti recenti. Per i contratti più vecchi, l’obbligo derivava dai principi generali di equità (arricchimento senza causa): in alcuni casi si è dovuto fare causa per vedersi restituire qualcosa, ma Cassazione ha dato ragione agli utilizzatori su questo.
D: Il contratto di leasing può essere annullato o dichiarato nullo per qualche motivo a vantaggio mio?
R: Annullato, di rado (es. se dimostrassi un errore o dolo nella stipula, ma è difficile). Nullo parzialmente, sì: per esempio, molte cause portano alla nullità della clausola di interessi usurari (con vantaggio per te di non pagare interessi); nullità di clausole penali esagerate o di indicizzazione indeterminata (che vengono espunte). Il contratto nel suo insieme raramente viene dichiarato nullo integralmente, perché comunque tu hai goduto del bene e c’è un finanziamento sottostante: se anche si trovasse una nullità radicale (mettiamo la società di leasing non era autorizzata a operare, ipotesi remota), si applicherebbe l’art.1526 c.c. analogico o regole simili di restituzione. Quindi, il risultato sarebbe: tu restituisci il bene, e loro ti restituiscono i canoni pagati meno un equo compenso di uso, etc. Non è detto ti convenga. Più realisticamente, la “nullità” ti serve in via tecnica per liberarti di singole obbligazioni: ad es., nullità della clausola di scelta foro (se consumatore, fai spostare la causa nella tua città), nullità della fideiussione (liberi il garante), nullità di clausole vessatorie non approvate doppiamente per iscritto (se consumatore/imprenditore piccolo: foro, decadenze, ecc.). Tutte queste nullità vanno fatte valere dal tuo legale in tempo utile, perché alcune richiedono eccezione di parte. Il grosso comunque, ripeto, è nullità parziali su interessi e costi. Un caso specifico: leasing denominati in valuta estera con clausola rischio cambio. Ci sono stati contenziosi su questo, ma la Cassazione (es. sent. 30063/2023) ha detto che non è nulla di per sé una clausola che addebita all’utilizzatore il rischio cambio, purché il contratto sia chiaro nello specificarlo. Quindi anche lì, se hai leasing in CHF o altra valuta e l’euro è andato giù, è dura spuntarla in causa: la clausola è valida se sei un’impresa esperta, salvo che non fosse proprio poco chiara (indeterminatezza). Per contratti con consumatori, invece, una clausola che non evidenzia bene il rischio potrebbe essere vessatoria per “squilibrio”.
D: Posso rivolgermi all’Arbitro Bancario Finanziario (ABF) per il mio leasing?
R: Sì, se la società di leasing è un intermediario finanziario vigilato (quasi tutte lo sono). L’ABF tratta anche controversie su leasing. Ad esempio, se ritieni di aver diritto a un rimborso (surplus) e la società non te lo dà, l’ABF può esaminare il caso. Oppure se contesti commissioni, interessi ecc. Devi prima presentare un reclamo scritto alla società; se entro 60 giorni non ottieni soddisfazione, puoi presentare ricorso ABF online, pagando €20 (rimborsati se vinci). L’ABF decide in circa 6-7 mesi. Le decisioni non sono vincolanti come una sentenza, ma in genere le banche le rispettano. Comunque, anche se la controparte non esegue spontaneamente, la decisione ABF favorevole a te può essere un forte argomento in un eventuale successivo giudizio. Fai attenzione però: se hai già avviato una causa in tribunale sullo stesso argomento, l’ABF non può intervenire (e viceversa, se vai da ABF poi non devi aver già citato in giudizio la controparte). È un’alternativa. Per importi piccoli o questioni chiare (tipo restituzione spese, interessi) spesso conviene provare l’ABF prima di spendere soldi in una causa.
D: In caso di fallimento della mia azienda, cosa succede ai beni in leasing?
R: Se la tua azienda fallisce, il curatore deciderà caso per caso per ogni leasing. Ci sono due scenari:
- Il contratto non era ancora risolto prima del fallimento: il curatore, entro i termini di legge, può scegliere di sospendere il contratto (prende tempo), subentrarvi (cioè continuare a pagare le rate se ritiene il bene utile per l’esercizio provvisorio) oppure scioglierlo. Se si scioglie, la società di leasing riprende il bene e ha diritto a insinuare al passivo un credito calcolato in base all’art.72-quater l.fall. (nel vecchio ordinamento) o norme equivalenti nel Codice della crisi. In pratica: canoni scaduti fino a fallimento + differenza tra capitale residuo e valore del bene. Questo credito è chirografario (senza garanzie), salvo privilegio per l’IVA eventualmente. Se il curatore subentra, deve pagare le rate correnti come debito della massa (prededucibile). Di solito subentra solo se il bene è indispensabile e c’è convenienza.
- Il contratto era già risolto prima del fallimento: in tal caso, la società di leasing è già creditrice di una somma liquida (o determinabile) e quasi certamente avrà ripreso il bene. Dovrà insinuarsi al passivo del fallimento. Se era un leasing traslativo risolto pre 2017, come dicevamo, il suo credito verrà calcolato secondo art.1526 c.c. analogico, e il giudice delegato potrebbe chiedere conto del valore ricavato dal bene (se il concedente non l’ha venduto, dovrà stimarlo). C’è giurisprudenza (es. il caso Cass.2061/2021) dove addirittura la curatela ha ottenuto di riavere indietro dal lessor la parte eccedente di canoni incassati rispetto all’equo compenso. Se il tuo scopo è sapere se come socio fallito poi rispondi: in generale con il fallimento, le azioni individuali dei creditori (compresa la leasing) si fermano, confluiscono nel concorso. Tu come garante persona fisica però potresti essere escusso comunque (la fideiussione non è protetta dalla moratoria del fallimento altrui, a meno che anche tu non abbia una procedura di sovraindebitamento). Quindi la società fallisce, la leasing si insinua; se c’è un tuo patrimonio personale a garanzia, curatore e leasing discuteranno lì. Ma attenzione: se sei un consumatore e hai un leasing (es. leasing prima casa) e fai la liquidazione del patrimonio (ex sovraindebitamento), lì la legge speciale prevede simile a fallimento: o subentrano o sciolgono. Nel piano del consumatore potresti proporre di tenere l’auto in leasing continuando a pagare regolarmente, e stralciare altri debiti. Dipende.
D: Ho un leasing auto come consumatore: si applica il Codice del Consumo?
R: Sì, se sei consumatore (persona fisica che usa il bene per scopi estranei all’attività professionale) molte norme di tutela si applicano. Ad esempio: obbligo di fornire un Prospetto ESIS o Foglio informativo con tutti i costi prima di firmare; diritto di recesso entro 14 giorni (se è considerato credito al consumo, questo è dibattuto ma molte finanziarie lo concedono); e soprattutto controllo sulle clausole vessatorie. Ad esempio, una clausola che stabilisce un’indennità eccessiva se recedi o se restituisci il bene anticipatamente potrebbe essere valutata nulla se crea squilibrio (art.33 Cod. Cons.). Inoltre, il foro competente deve essere il tuo (se nel contratto c’è un altro foro, quella clausola è nulla). La trasparenza poi dev’essere massima: se manca l’indicazione dell’ISC e la legge la richiedeva, ci sono sanzioni contrattuali (potresti pagare interessi al tasso sostitutivo BOT). Molte di queste cose comunque te le deve evidenziare l’intermediario già nei moduli. Un consiglio: se sei consumatore e hai contenzioso, menziona sempre il Codice del Consumo; a volte la differenza tra vincere o perdere sta nel far notare al giudice “Ehi, io sono consumatore, applichiamo le tutele previste!”. Ad esempio, una clausola di risoluzione anticipata senza preavviso potrebbe essere vessatoria perché ti priva di una protezione minima; oppure la clausola che ti impedisce di opporre eccezioni al concedente per i vizi del bene potrebbe essere considerata nulla perché limita fortemente la tua azione (certo, è uno schema tipico del leasing, ma in contesto consumer potrebbe essere rivisto alla luce del dovere di buona fede contrattuale). In breve, sì, hai armi in più rispetto a un’impresa.
D: Alla fine di tutto, conviene davvero fare causa alla società di leasing?
R: È una valutazione da fare con il tuo avvocato e sulla base della perizia. Se hai già pagato molto e/o se emergono usura o irregolarità, spesso sì, conviene, perché potresti risparmiare decine di migliaia di euro. Se invece ti mancano poche rate e il contenzioso riguarda importi modesti, potrebbe essere sconveniente spendere in legali e periti. Tieni presente che le società di leasing sono agguerrite ma anche disponibili a transare quando la legge non è dalla loro parte. Quindi talvolta iniziare la causa (opporsi a decreto ecc.) è un modo per portarli al tavolo negoziale con atteggiamento più conciliante. Devi anche valutare i tempi: una causa può durare 1-3 anni in primo grado. Nel frattempo il bene lo perdi (lo restituisci subito di solito) però potresti ottenere una sospensione dei pagamenti. Ad esempio, se il giudice sospende la provvisoria esecuzione, non paghi nulla finché la causa è in corso, e magari risparmi gli interessi di mora. Ogni caso è diverso: cause tipiche come quelle su usura spesso si concludono anche con vittorie parziali (il giudice toglie mora e riduce importo). Considera poi il precedente: banche e leasing, se sanno che tu e il tuo avvocato siete in grado di dare battaglia, potrebbero trattare meglio anche altri eventuali rapporti (fidi, ecc.). Quindi, più che di conviene o no fare causa direi: conviene far esaminare il caso a un avvocato specializzato. Molti difetti contrattuali non sono immediatamente visibili a chi non mastica di tassi e diritto bancario. Una volta noti i tuoi punti di forza, potrai decidere se andare fino in fondo o cercare un compromesso. L’importante è non lasciarsi intimorire dalla prima richiesta esosa: la legge offre strumenti di difesa, soprattutto oggi con normative e sentenze aggiornate che bilanciano i poteri.
Fonti (Normativa e Giurisprudenza)
- Legge 4 agosto 2017, n.124, art.1 commi 136-140 – Disciplina della locazione finanziaria (leasing finanziario) introdotta nel 2017. (Definizione di leasing finanziario e soglia di grave inadempimento); (Effetti della risoluzione: obbligo di conguaglio tipo patto marciano).
- Legge 28 dicembre 2015, n.208, art.1 commi 76-81 – Leasing immobiliare abitativo (prima casa) e sospensione dei canoni per eventi del debitore. .
- Cassazione Civile, Sez. Unite, 28 gennaio 2021, n. 2061 – Contratti di leasing traslativo risolti prima della L.124/2017 e ambito di applicazione dell’art.72-quater l.fall. (non retroattività della legge nuova, conferma distinzione leasing traslativo/godimento pregressi). .
- Cassazione Civile, Sez. III, 14 marzo 2023, n. 7367 – Inadempimento dell’utilizzatore prima del 2017 in leasing traslativo: applicazione analogica art.1526 c.c., clausola di trattenere canoni non nulla ma giudice può ridurre indennità. .
- Cassazione Civile, Sez. Unite, 29 maggio 2024, n. 15130 – Piani di ammortamento “alla francese” nei mutui: validità, trasparenza e assenza di anatocismo vietato. . (Principi applicabili per analogia ai leasing in merito a contestazioni su ammortamento).
- Cassazione Civile, Sez. III, 13 febbraio 2024, n. 3930 – Leasing immobiliare traslativo: principi di diritto su (i) usura degli interessi moratori (applicabilità disciplina antiusura), (ii) nullità clausola risolutiva senza conguaglio (applicazione art.1526 c.c. se pre-2017), (iii) trasparenza del tasso leasing (determinabilità per relationem evita nullità). (Usura moratori e calcolo soglia); (Applicazione art.1526 c.c. in caso pre-riforma); (Determinazione per relationem del tasso e art.117 TUB).
- Cassazione Civile, Sez. III, 7 febbraio 2024, n. 3545 – Usura nel leasing e costi assicurativi: vanno conteggiati nel TAEG ai fini del confronto con la soglia anche il prezzo d’opzione finale e le spese di assicurazione collegate, pure antecedenti 2009. .
- Cassazione Civile, Sez. III, 19 settembre 2024, n. 25199 – Validità del “patto di deduzione” nel leasing traslativo: concedente può esigere canoni scaduti e futuri attualizzati detraendo valore del bene; possibile stima unilaterale del valore con obbligo di buona fede e onere per l’utilizzatore di contestare l’erroneità. .
- Cassazione Civile, Sez. III, 21 ottobre 2024, n. 27243 – Nullità parziale delle fideiussioni bancarie schema ABI estesa anche alle fideiussioni specifiche (per singoli finanziamenti/leasing) che riproducono le clausole anticoncorrenziali. .
- Cassazione Civile, Sez. III, 6 novembre 2024, n. 28546 – Conferma non retroattività L.124/2017: per leasing risolti prima, distinzione godimento/traslativo e applicabilità analogica art.1526 c.c. (in linea con SU 2061/2021).
- Cassazione Civile, Sez. III, 9 aprile 2024, n. 9577 – Obblighi di cooperazione tra concedente e utilizzatore verso il fornitore nel leasing finanziario: responsabilità ripartita ex art.1227 c.c. se entrambi concorrono a un danno da inesatto adempimento del fornitore. .
- Cassazione Civile, Sez. III, 18 ottobre 2023, n. 28983 – Difformità tra tasso leasing indicato e tasso effettivo applicato: violazione dell’art.117 TUB e sanzione della sostituzione del tasso (nullità parziale clausola interessi).
- Cassazione Civile, Sez. I, 30 ottobre 2023, n. 30063 – Clausola di rischio cambio in leasing in valuta: valida e non nulla se esprime la causa concreta del contratto e il rischio è accettato dall’utilizzatore (indicizzazione lecita).
- Tribunale di Brescia, 21 marzo 2023, n. 642 – Usura nel contratto di leasing: confermato che interessi di mora e corrispettivi non vanno sommati ma confrontati separatamente con soglie; se moratori usurari, nulli ex art.1815 c.c. .
- Art. 1384 Cod. Civile – Riduzione della penale: citato quale strumento per moderare penali eccessive nel leasing operativo e traslativo (v. Cass. 21691/2016). .
- Arbitro Bancario Finanziario – Decisioni varie 2017-2024 – Riguardo leasing: principio del patto marciano applicato, obbligo di restituzione surplus, verifica trasparenza (cfr. Decisione ABF Roma n. 4135/2017 su restituzione eccedenza vendita).
- Banca d’Italia – Istruzioni per la Rilevazione TEGM (aggiornate 2009) – Precisazione su inclusione spese assicurazione obbligatorie nel calcolo del TEG ai fini antiusura.
- Provvedimento Banca d’Italia n.55/2005 – Accertamento dell’intesa anticoncorrenziale ABI sulle fideiussioni omnibus (clausole 2,6,8 schema ABI) e loro contrarietà alla normativa antitrust, base per nullità ex art.1418 c.c. in combinato con art.2 L.287/90. (Riferimento per Cass.27243/2024).
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Il leasing è uno strumento utile per finanziare beni aziendali e professionali, ma spesso si trasforma in un problema.
Rate sproporzionate, penali esagerate, maxi-canoni finali illegittimi o interessi occulti: tutto può nascondersi dietro un contratto di leasing apparentemente regolare.
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Quando serve una perizia su un contratto di leasing?
Una perizia è utile se:
- Hai chiuso anticipatamente il contratto e ti hanno chiesto penali esorbitanti
- Sei stato dichiarato decaduto dal beneficio del termine e l’intermediario ha rivendicato l’intero importo residuo
- Vuoi verificare se il TAEG, TAN o gli interessi complessivi sono legittimi
- La società di leasing ti ha fatto causa o ha ottenuto un decreto ingiuntivo
- Il contratto prevede valori residui o maxi-rate finali sproporzionate
- Vuoi rinegoziare o opporti a pignoramenti e recuperi coattivi
⚠️ In molti casi, la perizia evidenzia violazioni di trasparenza e normativa anti-usura, che permettono di bloccare le pretese del creditore.
Cosa verifica una perizia sul leasing?
Una perizia tecnico-legale approfondita ricostruisce:
- L’ammontare reale dei costi del leasing
- L’incidenza degli interessi applicati, anche se nascosti tra canoni e maxi-rate
- La legittimità delle clausole contrattuali (soprattutto in caso di recesso anticipato)
- L’eventuale violazione della normativa su anatocismo, usura o trasparenza bancaria
- Il valore residuo del bene e il corretto computo del danno da risoluzione
Il risultato è un documento tecnico che può fondare la tua difesa giudiziale o extragiudiziale.
Come si fa la perizia con l’Avvocato Giuseppe Monardo
📂 Recupero di tutta la documentazione necessaria: contratto, piano di ammortamento, pagamenti, corrispondenza
🔍 Analisi tecnica da parte di periti convenzionati con esperienza in contenzioso bancario e leasing
📑 Redazione di una perizia giurata o tecnico-contabile
⚖️ Utilizzo della perizia per bloccare cause, opposizioni a decreti ingiuntivi o trattative per saldo e stralcio
🔁 Assistenza completa per rinegoziazione, estinzione o ristrutturazione del leasing
🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in contenzioso bancario, finanziamenti e leasing
✔️ Iscritto come Gestore della crisi presso il Ministero della Giustizia
✔️ Difensore di imprenditori, professionisti e artigiani contro società di leasing
✔️ Consulente per la verifica della legittimità di contratti e penali applicate
Conclusione
Una perizia ben fatta può cambiare radicalmente la tua posizione contrattuale o processuale.
Con l’Avvocato Giuseppe Monardo, puoi accertare se stai pagando troppo, difenderti da abusi e negoziare con la forza dei numeri alla mano.
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