Hai il sospetto che l’Agenzia delle Entrate ti abbia notificato un avviso di accertamento ma non sai come trovarlo?
Un avviso di accertamento è l’atto con cui il Fisco comunica la pretesa di imposte, sanzioni e interessi per presunte irregolarità fiscali. Se non viene individuato e gestito in tempo, può diventare definitivo e portare a cartelle esattoriali, pignoramenti e altre azioni esecutive. Conoscere i canali ufficiali e i metodi per rintracciarlo è fondamentale per potersi difendere.
Quando può arrivare un avviso di accertamento
– Dopo controlli automatizzati o formali sulle dichiarazioni fiscali
– A seguito di verifiche sul campo da parte della Guardia di Finanza o dell’Agenzia delle Entrate
– Dopo segnalazioni di incoerenze tra reddito dichiarato e dati in possesso del Fisco
– In caso di mancata dichiarazione dei redditi o di alcune imposte
– Quando emergono anomalie nei rapporti bancari, nei registri IVA o nei flussi di pagamento elettronici
Come può essere notificato un avviso di accertamento
– Per posta raccomandata A/R all’indirizzo di residenza o sede legale
– Tramite PEC (Posta Elettronica Certificata) se sei titolare di partita IVA o hai comunicato un indirizzo PEC al Fisco
– Tramite messo notificatore dell’Agenzia delle Entrate o ufficiale giudiziario
– In alcuni casi, tramite deposito in casa comunale se la consegna non è andata a buon fine
Come trovare un avviso di accertamento
– Accedendo all’area riservata del sito dell’Agenzia delle Entrate con SPID, CNS o CIE, nella sezione “Consultazione atti”
– Controllando la PEC regolarmente, soprattutto se si è titolari di partita IVA
– Verificando con l’ufficio tributi del proprio Comune per eventuali depositi di atti non consegnati
– Consultando il proprio intermediario fiscale (commercialista) che può avere accesso alle comunicazioni
– Richiedendo formalmente copia dell’atto presso l’ufficio dell’Agenzia delle Entrate competente
Cosa fare se trovi un avviso di accertamento
– Verificarne la data di notifica, fondamentale per calcolare i termini di ricorso
– Analizzare, con l’aiuto di un avvocato tributarista, la correttezza della pretesa fiscale
– Raccogliere documenti e prove per contestare eventuali errori
– Presentare memorie difensive o ricorso entro i termini previsti
– Valutare soluzioni come l’accertamento con adesione o la definizione agevolata per ridurre sanzioni e interessi
Cosa si può ottenere con la giusta assistenza legale
– L’annullamento totale o parziale dell’accertamento
– La riduzione delle somme richieste tramite accordi o procedure agevolate
– La sospensione di azioni esecutive e riscossione
– La tutela del patrimonio personale e aziendale
– Una gestione più serena della controversia con il Fisco
Attenzione: ignorare un avviso di accertamento o scoprirlo troppo tardi può significare perdere la possibilità di difendersi. Controllare regolarmente i canali di notifica e intervenire tempestivamente è essenziale per tutelare i propri diritti.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in contenzioso tributario e difesa del contribuente – ti spiega come trovare un avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate, come leggerlo e quali passi compiere per proteggerti.
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Introduzione
Introduzione: In Italia il Fisco comunica ai contribuenti varie tipologie di atti per richiedere il pagamento di imposte, spesso mediante avvisi di accertamento. Questi atti possono essere notificati in forma cartacea (raccomandata A/R) oppure tramite canali telematici (PEC, portali online, app IO, ecc.). Dal punto di vista del contribuente (debitore), individuare tempestivamente un avviso di accertamento è fondamentale per esercitare i propri diritti e prevenire conseguenze gravi (ad esempio iscrizioni a ruolo, cartelle esattoriali, pignoramenti). Spesso, tuttavia, gli avvisi non arrivano in forma cartacea e molti contribuenti ignorano i canali digitali in cui queste comunicazioni vengono rese disponibili.
Questa guida avanzata (aggiornata a luglio 2025 secondo la normativa e la giurisprudenza più recente) spiega come reperire un avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate, quali strumenti telematici utilizzare, come avvengono le notifiche (anche tramite Agenzia Entrate-Riscossione, ex Equitalia) e quali rimedi giuridici sono a disposizione del destinatario. Il taglio è giuridico ma divulgativo, pensato per avvocati, imprenditori e privati cittadini che vogliono comprendere a fondo la materia. Troverete anche tabelle riepilogative, esempi pratici e una sezione di domande e risposte frequenti per chiarire i dubbi più comuni.
Nota sul punto di vista: La guida adotta la prospettiva del contribuente debitore chiamato a difendersi o a regolarizzare la propria posizione, fornendo consigli su come verificare l’esistenza di atti a proprio carico e come intervenire nel modo più efficace.
Che cos’è un avviso di accertamento
Un avviso di accertamento è l’atto formale con cui l’Agenzia delle Entrate (ufficio impositore) contesta al contribuente un maggior tributo dovuto, a seguito di attività di controllo sostanziale. In altre parole, mediante l’avviso l’ufficio notifica formalmente la pretesa tributaria (es. imposte non versate, differenze riscontrate) che intende riscuotere. L’avviso di accertamento ha natura di provvedimento amministrativo ed è autonomamente impugnabile dinanzi al giudice tributario competente.
Contenuto obbligatorio: per legge, l’avviso di accertamento deve essere motivato e contenere una serie di indicazioni essenziali, a pena di nullità. In particolare, deve riportare almeno:
- Gli importi accertati (imponibile e imposta) e le aliquote applicate;
- Le imposte, sanzioni e interessi dovuti, al lordo e al netto di detrazioni, ritenute o crediti eventualmente spettanti;
- L’ufficio competente presso cui ottenere informazioni e il responsabile del procedimento (figura interna all’ente che segue la pratica);
- Modalità e termine di pagamento delle somme richieste;
- L’organo giurisdizionale e i termini per il ricorso, cioè a chi e entro quando il contribuente può impugnare l’atto.
Se tali elementi mancano o sono gravemente carenti, l’atto può essere nullo. Ad esempio, la mancata indicazione delle motivazioni che giustificano la pretesa tributaria rende nullo l’avviso; analogamente, la Corte di Cassazione ha chiarito che un avviso firmato da un funzionario privo di delega valida è nullo (la delega di firma deve essere esibita dall’ente in caso di contestazione). Recenti riforme hanno leggermente attenuato alcune formalità: dal 2024 l’omessa indicazione del responsabile del procedimento non comporta più la nullità automatica dell’atto (come stabilito dall’art. 7-quater dello Statuto del Contribuente, introdotto dal D.Lgs. 30/12/2023 n.219).
Tipologie e contesto: l’avviso di accertamento va distinto da altri atti simili in ambito fiscale. Prima di procedere oltre, è utile chiarire questi termini, perché spesso generano confusione:
- Comunicazione di irregolarità (avviso bonario): è un invito bonario al contribuente a correggere errori o versare imposte emerse da controlli automatici o formali, prima che scatti un formale accertamento. Non è un atto impositivo vero e proprio, ma una comunicazione preliminare (disciplinata dal D.Lgs. 241/1997 e segue art. 36-bis DPR 600/1973) che consente di pagare con sanzioni ridotte. Non è immediatamente esecutiva né iscritto a ruolo se il contribuente paga o chiarisce l’anomalia entro i termini indicati (generalmente 30 o 60 giorni). Se ignorata, però, può sfociare in un successivo avviso di accertamento o direttamente in una cartella.
- Avviso di accertamento (ordinario): è l’atto impositivo vero e proprio emesso dall’Agenzia delle Entrate quando ritiene dovute maggiori imposte (IVA, IRPEF, IRES, ecc.) rispetto al dichiarato o versato. In passato tali avvisi non erano immediatamente esecutivi; oggi la situazione è parzialmente diversa (si veda oltre). L’avviso di accertamento resta impugnabile entro 60 giorni dinanzi alla Corte di Giustizia Tributaria (già Commissione Tributaria) competente. Di solito non è richiesto un pagamento immediato alla notifica: il contribuente può attendere l’esito dell’eventuale ricorso. Tuttavia – elemento cruciale – trascorsi 60 giorni senza ricorso né pagamento, l’avviso diviene definitivo ed esecutivo, con effetti analoghi a quelli di una cartella di pagamento (titolo esecutivo per la riscossione coattiva).
- Avviso di accertamento “esecutivo”: questa espressione si usa in due contesti: (1) per gli avvisi dell’Agenzia delle Entrate emessi dopo il 1° ottobre 2011, che per legge diventano esecutivi dopo il termine di ricorso; e (2) per gli avvisi emessi da enti locali (Comuni, Regioni) per tributi di loro competenza, ai quali la Legge n.160/2019 ha esteso la caratteristica di esecutività immediata (senza bisogno di cartella). In pratica, un “avviso di accertamento esecutivo” contiene già l’intimazione di pagamento e, se il contribuente non fa nulla entro 60 giorni, può essere trasmesso all’Agente della Riscossione per l’incasso coattivo senza ulteriori atti. L’Agenzia delle Entrate inserisce negli avvisi questa intimazione (ex art.29 D.L. 78/2010) proprio per concentrare in un solo atto sia l’accertamento del tributo sia la successiva ingiunzione a pagare.
- Cartella di pagamento (ruolo): è l’atto esecutivo tradizionale, emesso dall’Agenzia Entrate–Riscossione (AdER), con cui si riscuotono coattivamente somme iscritte a ruolo. La cartella viene notificata dopo che un ente impositore (AdE, Comune, INPS, etc.) ha formato un ruolo per crediti non pagati spontaneamente. Contiene gli importi dovuti comprensivi di sanzioni e interessi, ed è da pagare entro 60 giorni dalla notifica. A differenza di un avviso, la cartella è già un titolo esecutivo immediato: se non pagata entro 60 giorni, l’Agente della Riscossione può avviare misure cautelari ed esecutive (fermo amministrativo, ipoteca, pignoramenti) senza bisogno di ulteriori atti. Oggi la cartella si impugna anch’essa entro 60 giorni davanti al giudice tributario (se riferita a tributi) o al giudice ordinario (per es. sanzioni amministrative). Importante: per i tributi erariali dal 2011 in poi, le cartelle sono diventate meno frequenti poiché gli avvisi di accertamento svolgono la loro funzione (come spiegato sopra). Restano però in uso per ruoli riferiti a periodi antecedenti o ad altri enti (ad es. avvisi bonari ignorati che vengono iscritti a ruolo).
- Avviso di addebito INPS: atto simile alla cartella, emesso dall’INPS per contributi previdenziali non versati. Si cita per completezza: è immediatamente esecutivo e impugnabile entro 40 giorni davanti al giudice del lavoro.
In sintesi, l’avviso di accertamento dell’Agenzia Entrate rappresenta la fase in cui il Fisco accerta ufficialmente un debito tributario e lo “cristallizza” in un atto formale che, se non contestato, diventerà la base per la riscossione forzata. Nei paragrafi seguenti vedremo quando e come vengono emessi e notificati tali avvisi, dove un contribuente può rintracciarli (canali cartacei e digitali) e cosa fare una volta individuato l’atto, con particolare attenzione ai diritti di difesa e agli strumenti a disposizione del debitore.
Emissione e termini di notifica degli accertamenti
L’Agenzia delle Entrate deve rispettare precisi termini di decadenza per notificare gli avvisi di accertamento, pena la nullità dell’atto. In generale (dopo le riforme degli ultimi anni che hanno uniformato i termini):
- Per le imposte sui redditi e l’IVA, l’avviso va notificato entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione. Ad esempio, per la dichiarazione dei redditi 2020 (presentata nel 2021) il termine di decadenza è il 31/12/2026. Se la dichiarazione non è stata presentata affatto (omissione), il termine si allunga al 31 dicembre del settimo anno successivo alla scadenza originaria.
- Per alcuni tributi locali (es. IMU, TARI) possono valere termini differenti stabiliti da norme specifiche, ma spesso anch’essi intorno ai 5 anni dall’anno d’imposta.
- Eccezioni: in caso di reati tributari o accertamenti “parziali” (ex art. 41-bis DPR 600/1973) potrebbero applicarsi proroghe o termini intermedi, ma sono casi particolari. Inoltre, eventi straordinari possono estendere i termini: ad esempio, durante l’emergenza COVID-19 il legislatore ha sospeso e prorogato i termini di notifica degli atti impositivi (c.d. “proroga COVID”). Ciò ha generato incertezze interpretative in giurisprudenza, con pronunce contrastanti sull’applicabilità di proroghe “a cascata” per gli anni 2020-21. In assenza di un intervento chiarificatore definitivo, si consideri che per alcune annualità l’agenzia ha potuto notificare avvisi anche ben oltre il termine ordinario, in virtù di disposizioni emergenziali.
Un avviso notificato oltre i termini di decadenza è nullo: il contribuente può far valere la tardività dell’atto in sede di ricorso, ottenendone l’annullamento. Va precisato che la notifica tardiva non può essere sanata neppure dall’eventuale conoscenza dell’atto: se il termine era scaduto, l’atto è inefficace ab origine. Ad esempio, se un avviso per l’anno 2015 (che doveva essere notificato entro il 31/12/2020) viene inviato nel 2022, esso è irrimediabilmente tardivo e va annullato.
Quando viene emesso l’avviso? Spesso l’avviso di accertamento giunge dopo che il contribuente ha ricevuto (e magari ignorato o contestato) una comunicazione di irregolarità. Ad esempio, se da controlli automatici emerge un’imposta non versata, l’Agenzia invia prima un avviso bonario; se il contribuente non paga né fornisce chiarimenti, scaduto il termine l’ufficio emette l’avviso di accertamento con la pretesa definitiva. In altri casi l’avviso scaturisce da verifiche più approfondite (controlli sul campo, segnalazioni, indagini finanziarie) senza alcun preavviso bonario.
Atti “immediati” vs fase di contraddittorio: Dal 2024 è stato introdotto l’obbligo generalizzato del contraddittorio preventivo per gli avvisi di accertamento. Ciò significa che, salvo situazioni di particolare urgenza, prima di emettere l’avviso l’ufficio deve comunicare al contribuente una proposta (o un verbale) e consentirgli di replicare entro 60 giorni. Questo deriva dall’inserimento dell’art. 6-bis nello Statuto del Contribuente (L. 212/2000) ad opera della riforma fiscale del 2023. La mancata attivazione del contraddittorio, quando dovuta, costituisce un vizio dell’atto impugnabile. Di norma dunque, l’avviso “a sorpresa” dovrebbe ridursi, perché anticipato da un invito al contraddittorio. Fanno eccezione i casi di fondato pericolo per la riscossione (ad es. rischio che il contribuente sottragga garanzie): in tali circostanze l’ufficio può emettere l’avviso immediatamente, dando conto dei motivi d’urgenza nell’atto. Il contribuente potrà poi contestare eventualmente l’omesso contraddittorio, ma la legge ora specifica che la violazione di tale obbligo comporta l’annullabilità (non la nullità assoluta) dell’avviso, valutata caso per caso.
Riassumendo i tempi: il Fisco ha (di regola) 5 anni per notificare l’avviso; una volta notificato, il contribuente ha 60 giorni per reagire (pagare o ricorrere); scaduti i 60 giorni, l’avviso diventa definitivo ed eventualmente sarà inviato all’Agente della Riscossione per la fase esecutiva. È quindi essenziale per il contribuente non farsi sfuggire le notifiche degli atti in quei 5 anni e soprattutto agire entro i 60 giorni dalla notifica. Nei prossimi paragrafi vedremo come le notifiche vengono effettuate e come poterle intercettare in tempo utile.
Modalità di notifica degli avvisi di accertamento
L’efficacia di un avviso di accertamento dipende da una corretta notifica al contribuente. La normativa prevede varie modalità di notifica, sia tradizionali che telematiche, con regole specifiche. Vediamo le principali:
- Notifica a mezzo posta (raccomandata A/R): Gli uffici finanziari possono notificare direttamente gli avvisi tramite raccomandata con avviso di ricevimento, senza bisogno di un messo notificatore esterno. Questa forma semplificata di notifica postale diretta è consentita dall’art. 14 L. 890/1982 e dall’art. 60 DPR 600/1973. In tal caso si applicano le norme del servizio postale ordinario e non le formalità più complesse della notifica a mezzo ufficiale giudiziario. Ad esempio, se la raccomandata viene consegnata al portiere o a un familiare convivente, la notifica si considera perfezionata con la firma di costui sulla ricevuta, senza necessità di inviare la seconda raccomandata informativa prevista invece dall’art. 139 c.p.c. (che si applicherebbe se la notifica fosse eseguita da ufficiale giudiziario). La Cassazione ha confermato che in caso di notifica postale diretta di atti fiscali, la consegna al portiere completa validamente la notifica alla data dell’avviso di ricevimento firmato, senza ulteriori adempimenti.
- Notifica tramite messi notificatori o agenti dell’esattoria: In alternativa alla posta, l’Amministrazione finanziaria può avvalersi di messi comunali o di agenti notificatori per la consegna degli atti (in passato Equitalia, oggi funzionari di Agenzia Entrate Riscossione abilitati alla notifica). In tali casi si seguono le regole degli artt. 137 ss. c.p.c. come richiamati dall’art. 60 DPR 600/1973. L’atto viene quindi consegnato personalmente al contribuente oppure a persone abilitate (familiare convivente, addetto allo studio, portiere, ecc., con successiva raccomandata informativa se previsto). Questa modalità è meno frequente per gli avvisi di accertamento, che di solito viaggiano per raccomandata o PEC, ma può verificarsi soprattutto per atti di Enti locali o in casi particolari.
- Notifica via PEC (Posta Elettronica Certificata): È diventata la modalità principale per notificare atti fiscali a imprese e professionisti, ed è utilizzabile anche per persone fisiche dotate di un domicilio digitale. Dal 2017 vige l’obbligo per tutte le imprese (società e ditte individuali) di avere un indirizzo PEC registrato; la notifica di atti a questi soggetti deve avvenire via PEC agli indirizzi risultanti dagli elenchi ufficiali (INI-PEC o Registro Imprese). Anche i professionisti iscritti ad Albi hanno PEC obbligatoria. Per le persone fisiche non obbligate, dal 2021 è stato istituito l’Indice nazionale dei domicili digitali (INAD) in cui ciascun cittadino può registrare una propria PEC personale per le notifiche della PA. Se il contribuente ha eletto un domicilio digitale (PEC) in INAD, l’Agenzia delle Entrate può notificare lì gli avvisi anziché in forma cartacea. La notifica PEC si perfeziona con la ricevuta di consegna al destinatario (o, in caso di casella piena, con la ricevuta di mancata consegna e il successivo deposito dell’atto, vedi oltre). L’atto notificato via PEC è un file (spesso in formato .p7m) contenente l’avviso firmato digitalmente. Importante: il mittente PEC deve essere un indirizzo istituzionale dell’ente risultante dai pubblici registri (es. @pec.agenziaentrate.gov.it per l’Agenzia, @pec.agenziariscossione.gov.it per AdER). La giurisprudenza ha dibattuto sugli effetti di eventuali irregolarità: una notifica PEC inviata da un indirizzo del mittente non presente nei registri ufficiali è stata considerata nulla/inesistente da alcune corti, ma la Cassazione ha recentemente ritenuto comunque valida la notifica a mezzo PEC proveniente da un indirizzo istituzionale diverso da quello risultante in IPA, purché riconducibile all’ente e purché al destinatario non sia impedito di esercitare le proprie difese. Analogamente, la Corte Suprema ha stabilito che non è necessario un secondo invio via PEC o per posta se la casella PEC del destinatario risulta inattiva o inesistente: in tal caso la notifica può considerarsi perfezionata con il deposito dell’atto in apposito portale (vedi oltre) senza ulteriori tentativi.
- Irreperibilità e depositi: Cosa accade se il contribuente è irreperibile all’indirizzo di notifica o la PEC non è recapitabile? La legge distingue:
- Se si tratta di PEC: in caso di mancata consegna per casella piena o indirizzo non valido, l’Agente della Riscossione (per cartelle/atti esecutivi) deposita l’atto in un apposito Portale telematico e manda al destinatario una raccomandata semplice (o una mail non certificata) di avviso. Questo portale è noto come “Portale degli atti depositati dagli Agenti della riscossione” ed è gestito in cooperazione con Infocamere (il sistema camerale). Il contribuente può accedere al portale online (con SPID/CIE/CNS) per scaricare l’atto depositato a suo nome. La data di deposito viene comunicata anche all’ente impositore. Dal deposito, entro 6 mesi l’atto deve essere ritirato, altrimenti la notifica si dà per eseguita decorso tale termine (secondo le regole del Dlgs 82/2005 e norme collegate sulla notifica telematica). In pratica, se un’azienda ha la PEC non funzionante, l’Agenzia Riscossione deposita la cartella in questo portale e invia al vecchio indirizzo legale una comunicazione dell’avvenuto deposito: il rischio è che l’azienda non se ne accorga se non controlla i registri. Per gli avvisi di accertamento emessi da AdE invece, la prassi in caso di PEC non consegnata è che l’Ufficio proceda comunque con la notifica cartacea tradizionale (raccomandata) al domicilio fiscale noto. Dunque, l’uso del portale atti depositati è più frequente per gli atti esattoriali (cartelle, intimazioni) non recapitabili via PEC.
- Se si tratta di atto cartaceo: in caso di irreperibilità relativa (destinatario temporaneamente assente, indirizzo corretto), l’operatore postale lascia un avviso di giacenza e l’atto va in deposito presso l’ufficio postale o casa comunale, dove resta ritirabile per 30 giorni (art. 8 L. 890/1982). Se non viene ritirato, la notifica si perfeziona comunque allo scadere della giacenza. In caso di irreperibilità assoluta (destinatario sconosciuto all’indirizzo, trasferito senza lasciare recapito), la notifica degli atti tributari segue l’art. 60 co.1 lett. e) DPR 600/1973: deposito nella casa comunale e pubblicazione di avviso nell’albo pretorio del Comune. Dopo 8 giorni, l’atto si considera notificato per compiuta giacenza. Questa è la modalità più rischiosa per il contribuente, perché l’atto viene considerato valido anche se di fatto il destinatario non ne ha avuto conoscenza. Esempio: se Tizio cambia residenza senza comunicarlo al Fisco, l’Agenzia potrebbe notificare l’avviso al vecchio indirizzo; l’atto andrà in deposito al Comune e dopo poco sarà legalmente notificato. Tizio scoprirà l’esistenza dell’accertamento solo al primo atto di riscossione coattiva. Potrà allora contestare la nullità della notifica per indirizzo errato, ma intanto i termini di decadenza potrebbero essere trascorsi rendendo inutilizzabile l’atto (si veda oltre nei rimedi).
In ogni caso, per legge “la notifica nulla può essere sanata dal raggiungimento dello scopo”. Ciò significa che se il contribuente, nonostante vizi formali nella notifica, viene a conoscenza dell’atto e riesce a impugnarlo tempestivamente, la notifica irregolare viene considerata valida (lo scopo di portare a conoscenza l’atto è stato comunque raggiunto). Viceversa, se un vizio di notifica ha impedito al contribuente di conoscere l’atto nei termini, tale atto non può produrre effetti pregiudizievoli. Ad esempio, notificare l’avviso a un indirizzo completamente errato (irreperibilità assoluta) è come non averlo mai notificato: l’atto è giuridicamente inesistente. Notificare all’indirizzo vecchio invece dà luogo a una nullità sanabile: se il contribuente lo scopre in tempo e reagisce, la notifica viene sanata (e il giudice potrà esaminare il merito); se non lo scopre, quell’atto non potrà essere utilizzato per riscuotere le somme (perché non c’è stata corretta instaurazione del contraddittorio). La recente introduzione dell’art. 7-sexies nello Statuto del Contribuente (in vigore dal 2024) codifica proprio la distinzione tra notifica inesistente (atto come mai notificato) e notifica nulla (atto viziato ma sanabile).
Riepilogo delle modalità di notifica:
Modalità | Destinatari tipici | Normativa di riferimento | Esito della notifica |
---|---|---|---|
PEC (Posta certificata) | Imprese e professionisti (obbligatorio); privati con domicilio digitale (facoltativo) | Art. 26 DPR 602/1973; art. 60 DPR 600/1973; CAD (Dlgs 82/2005); Provv. AdE 19/11/2024 (avvisi telematici) | Consegna telematica alla casella PEC. Se PEC non attiva/piena: deposito telematico e avviso al contribuente. Notifica perfezionata con ricevuta di consegna (o, se deposito, dopo 6 mesi). |
Posta raccomandata A/R | Privati senza PEC; casi residuali per ogni contribuente | Art. 14 L. 890/1982; art. 60 DPR 600/1973 | Consegna a destinatario o familiare/portiere. Se assente: deposito e avviso di giacenza. Perfezionata alla data di ricezione o, in caso di mancato ritiro, allo scadere giacenza. (Niente seconda raccomandata se spedizione diretta da AdE). |
Messo notificatore / Ufficiale | Casi particolari (atti locali, esecuzioni) | Art. 137 ss. c.p.c. richiamati da art. 60 DPR 600/73 | Consegna diretta con relata di notifica. Se destinatario assente, si applica art. 140 c.p.c. (deposito presso Comune + raccomandata). |
Deposito telematico (Portale Atti Depositati) | Imprese/professionisti con PEC inattiva o piena; altri casi di mancata consegna via PEC | Art. 26 DPR 602/1973 (richiamo norme CAD); Provv. AdER 2018 | Atto disponibile su portale online protetto. Avviso inviato per raccomandata semplice o email. Notifica perfezionata trascorsi 30 giorni dal deposito (per AdE) o 6 mesi (per AdER) se atto non scaricato. |
Albo Pretorio comunale (irreperibilità assoluta) | Destinatario sconosciuto o trasferito irreperibile | Art. 60 co.1 lett. e) DPR 600/1973 | Deposito in Comune e pubblicazione annuncio. Perfezionata dopo 8 giorni dall’affissione albo pretorio. |
NB: La tabella semplifica le principali casistiche. In pratica l’Agenzia delle Entrate oggi predilige la PEC per notificare alle aziende e professionisti, e usa la raccomandata per i privati senza PEC. L’Agenzia Entrate-Riscossione, invece, per le cartelle indirizzate a soggetti obbligati PEC procede via PEC e, se questa fallisce, ricorre al deposito telematico con avviso cartaceo. Comprendere queste modalità è essenziale per “trovare” un avviso: se un contribuente ha PEC attiva, è lì che arriverà l’atto; se non ha PEC, dovrà prestare attenzione alla posta cartacea e agli eventuali avvisi di giacenza; se la PEC era inattiva o piena, dovrà controllare sui portali online se l’atto è stato depositato.
Strumenti digitali per reperire avvisi e comunicazioni fiscali
Negli ultimi anni il Fisco ha messo a disposizione dei contribuenti diversi servizi online per consultare la propria posizione fiscale, scaricare atti e ricevere notifiche digitali. Saper utilizzare questi strumenti è fondamentale per trovare un avviso di accertamento (o un altro atto) che potremmo aver ignorato o smarrito. Di seguito elenchiamo i principali strumenti digitali e telematici utili a questo scopo, indicando a cosa servono e come vi si accede:
- Cassetto Fiscale (Area riservata Agenzia Entrate): È un’area personale online sul sito dell’Agenzia delle Entrate, accessibile con credenziali SPID, CIE o CNS. Nel Cassetto Fiscale il contribuente può consultare tutti i propri dati fiscali (dichiarazioni, versamenti, anagrafe, ecc.) e le comunicazioni inviate dall’Agenzia. Importante: dal 2022-2024 è stata implementata nel Cassetto una sezione denominata “L’Agenzia scrive”. In questa sezione vengono rese disponibili le comunicazioni degli esiti di controlli automatizzati o formali – in pratica gli avvisi bonari e simili – indirizzati al contribuente. Ad esempio, se il vostro 730 presenta un’anomalia, la lettera di irregolarità potrebbe comparire direttamente in “L’Agenzia scrive” del vostro cassetto fiscale, pronta da visualizzare e (volendo) pagare online. Inoltre, successivamente alla consegna al destinatario, anche le comunicazioni cartacee vengono caricate in questa sezione – il che significa che un avviso bonario inviato via PEC o posta, dopo l’invio, diventa consultabile lì. Dal 2024, tramite un’apposito servizio di “Pagamento diretto”, il contribuente può pagare le somme dovute (ad es. di un avviso bonario) direttamente dall’interno del Cassetto, oppure può richiedere assistenza sull’atto. Nota: attualmente gli avvisi di accertamento veri e propri non sono notificati tramite il Cassetto Fiscale (richiedono PEC o raccomandata), ma conviene comunque controllare l’area personale perché l’Agenzia potrebbe inserire segnalazioni o duplicati degli atti notificati. Ad esempio, nella sezione “Contenzioso” del Cassetto si può vedere se un atto risulta già impugnato o in scadenza; nella sezione “L’Agenzia scrive” si trovano avvisi bonari che spesso preannunciano un futuro accertamento.
- SPID, CIE e CNS: Sono le credenziali di identità digitale richieste per accedere ai portali sopra menzionati e a quelli dell’Agenzia Entrate-Riscossione. Lo SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale) è oggi il metodo più comodo per i cittadini e ormai è indispensabile per l’accesso ai servizi telematici fiscali. Chi non l’avesse, può alternativamente usare la CIE (Carta d’Identità Elettronica) o la CNS (Carta Nazionale Servizi, es. tessera sanitaria abilitata). Senza una di queste identità, diventa difficile usufruire degli strumenti digitali: è quindi vivamente consigliato dotarsene.
- App IO: L’app mobile dei servizi pubblici italiani. Dal 2023-2024, l’Agenzia delle Entrate la utilizza per inviare notifiche push ai cittadini quando vengono emesse nuove comunicazioni fiscali a loro carico. In base al Provvedimento AdE del 19/11/2024, ogniqualvolta l’Agenzia rende disponibile una comunicazione nel Cassetto Fiscale (“L’Agenzia scrive”), viene inviata contestualmente una notifica sull’app IO al contribuente persona fisica. Ad esempio, se viene elaborato un avviso bonario per un’omissione, sullo smartphone comparirà un avviso tramite IO. Ovviamente ciò richiede che l’utente abbia: 1) scaricato e registrato l’app IO associandola al proprio profilo (tramite SPID/CIE); 2) abilitato le notifiche per i servizi fiscali nell’app. L’app IO non mostra il documento integrale (per leggerlo bisogna poi entrare nel Cassetto Fiscale o nel link indicato), ma funge da campanello d’allarme immediato: “Hai una nuova comunicazione dell’Agenzia Entrate”. Questo sistema, attivo dal 2025, è molto utile ai privati cittadini, che spesso non controllano regolarmente la PEC: grazie a IO, anche senza PEC si può ricevere un alert di un atto importante in arrivo. Esempio pratico: Caio, privato senza PEC, riceve un avviso bonario caricatosi nel suo Cassetto Fiscale – Caio vedrà una notifica sul telefono tramite IO e potrà così accorgersi dell’atto, evitando di perderlo.
- Indirizzo PEC (domicilio digitale): Come già detto, imprese e professionisti hanno l’obbligo di legge di mantenere attiva una casella PEC e di comunicarla al Registro delle Imprese o Albi. Questo indirizzo è il domicilio digitale legale per tutte le comunicazioni ufficiali. L’Agenzia delle Entrate e l’AdER inviano qui avvisi di accertamento, cartelle e altri atti a valore legale. Pertanto, per un’azienda o professionista, controllare regolarmente la propria PEC è essenziale. Molti problemi sorgono perché imprese cessate o inattive trascurano la PEC, magari divenuta non valida: ciò non impedisce al Fisco di notificare comunque all’ultimo indirizzo PEC conosciuto, con le conseguenze viste (deposito atti, ecc.). I privati cittadini possono dotarsi facoltativamente di PEC e registrarla come proprio domicilio digitale in INAD. In mancanza, continuano a ricevere atti in cartaceo. Se avete una PEC personale e l’avete comunicata all’Agenzia (o tramite INAD), verificate l’arrivo di messaggi con oggetto tipo “Agenzia Entrate – notifica atto…”, controllando anche lo spam. Ad esempio, per atti da Agenzia Entrate-Riscossione il mittente PEC ufficiale è del tipo
@pec.agenziariscossione.gov.it
(mentre per Agenzia Entrate è@pec.agenziaentrate.gov.it
). Una difficoltà è che il contribuente privato magari non apre la PEC per molto tempo: ricordiamo che la notifica PEC si perfeziona comunque entro 7 giorni anche senza presa visione (la ricevuta di consegna fa fede), quindi è onere del destinatario tenere d’occhio la casella. - Portale Agenzia Entrate-Riscossione (AdER): Si tratta del sito dell’Agente della Riscossione (ex Equitalia) – www.agenziaentrateriscossione.gov.it – dove, accedendo all’area riservata con SPID/CIE/CNS, il contribuente può consultare la propria Situazione debitoria aggiornata. In pratica è possibile vedere l’elenco di cartelle, avvisi di pagamento e altri atti esecutivi a proprio carico, con dettaglio di importi, riferimenti e stato (pagato/non pagato). Dalla sezione “Cartelle e Avvisi” si possono anche scaricare copia delle cartelle/avvisi esattoriali notificati, verificare eventuali rateizzazioni attive e procedere al pagamento online. Questo portale è fondamentale per “scoprire” se un debito è stato iscritto a ruolo a proprio nome. Ad esempio, se sospettate di aver perso un avviso di accertamento, dopo alcuni mesi potreste trovare, in situazione debitoria AdER, una voce di nuovo debito corrispondente a quell’accertamento (diventato ormai esecutivo e passato alla riscossione). Nota: L’area AdER consente ricerche per codice fiscale e mostra tutti i debiti affidati, anche se l’atto originario non è stato ricevuto dal contribuente. È quindi buona pratica accedere periodicamente per monitorare la propria posizione, specie se avete avuto pregresse contestazioni.
- Portale “Atti Depositati” degli Agenti della Riscossione: Come spiegato nella sezione sulle notifiche, questo è un portale web dove vengono depositati gli atti (tipicamente cartelle esattoriali) che non sono stati consegnati via PEC al destinatario (ad esempio casella PEC piena o non più attiva). L’atto resta disponibile in forma digitale e consultabile. Per accedervi, il contribuente può utilizzare SPID/CIE/CNS e, autenticandosi, visualizzare gli atti a lui destinati in deposito. In alternativa, se ha ricevuto una comunicazione con un codice di accesso, può usarlo per scaricare l’atto specifico. Questo portale è gestito in collaborazione con Infocamere (Camere di Commercio) e contiene gli atti depositati dagli Agenti della Riscossione dal 2016 in poi (in precedenza c’era un analogo sistema tramite il sito delle Camere di Commercio, oggi integrato). Quando usarlo? Se siete un’impresa o professionista e sapete di avere la PEC inattiva oppure avete ricevuto una lettera semplice che vi avvisa di un deposito, dovrete accedere a questo portale per recuperare l’atto. Anche in assenza di avviso, se sospettate che AdER possa aver emesso qualcosa che non vi è arrivato via PEC, vale la pena controllare con SPID se risultano atti in deposito a vostro nome. Ad esempio, un’azienda che ha cessato l’attività nel 2023 con PEC disattivata potrebbe nel 2024 trovarsi cartelle depositate in questo portale senza saperlo: un controllo periodico è quindi prudente.
- Servizio CIVIS: Un cenno va fatto al canale CIVIS dell’Agenzia Entrate – accessibile dall’area riservata – che consente di chiedere assistenza online sulle comunicazioni di irregolarità o sugli avvisi telematici. Se avete ricevuto (o rilevato nel cassetto fiscale) un avviso bonario e avete dubbi, tramite CIVIS potete inviare richieste di chiarimento o documenti, ottenendo risposte senza recarsi allo sportello. CIVIS però non serve a cercare atti sconosciuti, ma solo a interagire su atti noti; l’abbiamo citato perché può essere utile nel momento in cui trovate un avviso e volete una verifica dall’ufficio.
In sintesi, la chiave per non “perdere” gli avvisi è sfruttare a pieno questi strumenti digitali. Tabella riepilogativa strumenti telematici:
Strumento digitale | Utilità principale | Accesso e destinatari |
---|---|---|
Cassetto Fiscale – “L’Agenzia scrive” | Consultazione online di comunicazioni di irregolarità, avvisi bonari e in generale corrispondenza dall’AdE. Consente anche pagamenti diretti e richiesta assistenza (dal 2024). | Area riservata AdE (SPID/CIE/CNS). Disponibile per tutti i contribuenti (persone fisiche e titolari di P.IVA). |
App IO (notifiche fiscali) | Ricezione di notifiche push sullo smartphone quando l’Agenzia Entrate emette nuove comunicazioni (es. avvisi bonari). Avviso immediato di documenti nel Cassetto Fiscale. | App IO installata e configurata con SPID/CIE. Utile soprattutto per persone fisiche. |
PEC (Posta Elettronica Certificata) | Ricezione di atti fiscali a valore legale (avvisi di accertamento, cartelle, intimazioni). È il domicilio digitale ufficiale per imprese/professionisti, facoltativo per privati. | Casella PEC registrata nei pubblici elenchi (INI-PEC per aziende/professionisti; INAD per privati). Obbligatoria per P.IVA, vivamente consigliata per privati. Da controllare regolarmente. |
Portale AdE-Riscossione (area riservata) | Consultazione dei debiti a ruolo (cartelle, avvisi esecutivi) e scaricamento copie. Verifica stato pagamenti, richiesta rateizzazioni. | Sito AdER (SPID/CIE/CNS). Accessibile a chiunque abbia cartelle/avvisi iscritti a ruolo a proprio carico (personale o della propria impresa). |
Portale Atti Depositati | Recupero degli atti depositati per mancata notifica via PEC (soprattutto cartelle esattoriali). Permette di scaricare l’atto se disponibile e conoscerne gli estremi. | Accesso con SPID/CIE/CNS sul sito dedicato (portale Infocamere). Alternativamente tramite codice di deposito ricevuto per posta. Destinatari: in prevalenza imprese/professionisti con PEC non valida al momento della notifica. |
Servizio CIVIS | Richiesta telematica di chiarimenti/assistenza su comunicazioni di irregolarità o avvisi bonari ricevuti. | Area riservata AdE (SPID/CIE/CNS). Utile dopo aver individuato un avviso bonario per interagire con l’ufficio senza recarsi fisicamente. |
Dove e come reperire un avviso di accertamento notificato
Dopo aver chiarito il contesto, veniamo al punto cruciale: come trovare concretamente un avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate che sia stato emesso a proprio carico. Le situazioni tipiche in cui ci si pone questa domanda sono:
- “So (o credo) che l’Agenzia mi abbia contestato delle imposte, ma non ho ricevuto alcun avviso a casa: dove posso rintracciarlo?”
- “Ho saputo di un avviso di accertamento a mio nome (magari perché il mio commercialista l’ha visto online o perché AdER mi ha inviato una cartella), come faccio ad averne copia?”
- “Non controllo spesso la PEC/posta: come posso assicurarmi di non essermi perso degli avvisi?”
Ecco una procedura sistematica dal punto di vista del contribuente per reperire gli avvisi di accertamento (o accertare che ne esistano):
- Controlla la tua casella PEC (se ne possiedi una): per imprese e professionisti questo è il primo passo obbligato. Cerca tra i messaggi PEC ricevuti quelli con mittente Agenzia delle Entrate o Agenzia Entrate-Riscossione. Di solito l’oggetto delle PEC relative ad atti impositivi contiene riferimenti come “notifica atto” o similari. Ricorda che la PEC potrebbe aver recapitato l’atto anche senza che tu l’abbia letto: basta che esista la ricevuta di consegna. Quindi verifica nell’archivio anche messaggi segnati come già letti o posti in spam. Suggerimento: utilizza la funzione di ricerca nella PEC con parole chiave tipo “accertamento”, “Agenzia Entrate”, “riscossione” o il tuo codice fiscale/partita IVA, che spesso compare nel nome del file allegato. – Se trovi una PEC relativa all’avviso, avrai lì il documento in PDF/P7M che potrai aprire (in caso di firma digitale .p7m puoi utilizzare un software di verifica firme). Se non trovi nulla, passa ai passi successivi.
- Controlla l’area riservata “Cassetto fiscale” sul sito Agenzia Entrate: Accedi con SPID/CIE e visita la sezione “L’Agenzia scrive”. Qui verifica se compare qualche comunicazione recente a te indirizzata. In particolare, cerca eventuali lettere di compliance o avvisi bonari che potrebbero preludere a un accertamento formale. Ad esempio, se trovi una comunicazione di irregolarità non riscontrata, è probabile che dopo un po’ sia stato emesso un avviso di accertamento vero e proprio. Nota: l’avviso di accertamento in sé potrebbe non apparire qui (perché, come detto, la sua notifica avviene esternamente). Tuttavia vale la pena controllare anche la sezione “Documenti” o “Storico comunicazioni” del portale: talvolta, dopo la notifica, l’atto viene archiviato digitalmente e reso consultabile in copia. Inoltre, dal 2025 l’Agenzia invia una notifica nell’area riservata e sull’app IO per avvisare che “ha una nuova comunicazione”: se hai attivato IO, verifica se hai ricevuto notifiche push (o messaggi nell’area personale dell’app) che possano riferirsi a un avviso. Anche un’assenza di messaggi può dare informazioni: ad esempio, se sai di un controllo in corso e non vedi nulla in “L’Agenzia scrive” né hai notifiche IO, può darsi che l’atto sia stato direttamente inviato per posta.
- Verifica la posta cartacea tradizionale: può sembrare banale, ma è un passaggio fondamentale. Controlla presso il tuo domicilio fiscale (residenza o sede legale) se sono arrivati avvisi di giacenza di raccomandate a te indirizzate. Un avviso di accertamento inviato per raccomandata genera, se non ti trovano, la cartolina gialla di giacenza. Spesso sulla cartolina è indicato il mittente (ad es. “Agenzia delle Entrate – Ufficio ___”) o un codice raccomandata riconoscibile (le raccomandate da enti pubblici spesso iniziano con codice 7 oppure contengono la sigla della provincia). Se trovi un avviso di giacenza non ritirato in tempo, recati comunque all’ufficio postale: se è entro 30 giorni potresti ancora ritirare l’atto; se è oltre, l’atto sarà tornato al mittente ma chiedi all’operatore se si trattava di una comunicazione dell’AdE (a volte hanno traccia dell’origine). In ogni caso conserva l’avviso di giacenza: sarà utile per risalire alla data di notifica e fare eventuali opposizioni (ad es. se contestare che l’avviso è arrivato a indirizzo errato).
- Controlla periodicamente la tua posizione online: In generale, la migliore pratica è monitorare attivamente i canali digitali. Come suggerito da esperti: “È responsabilità del contribuente verificare la propria posizione fiscale”, quindi se hai SPID/CNS, accedi regolarmente al Cassetto fiscale per vedere se compaiono nuove comunicazioni, specie dopo periodi di dichiarazione o scadenze. Ad esempio, se a marzo hai avuto un controllo formale, controlla in estate se c’è un avviso bonario. Allo stesso modo, controlla la PEC almeno ogni settimana, anche se non la usi per altro. Questo approccio proattivo ti mette al riparo da sorprese, perché come abbiamo visto molte comunicazioni oggi “arrivano esclusivamente lì” (online) senza duplicati cartacei.
- Se sospetti un avviso ormai passato a riscossione: Poniamo il caso che tu venga a sapere tardi (oltre i 60 giorni) di un possibile avviso a tuo carico – per esempio perché ricevi dalla banca un preavviso di pignoramento, o un fermo auto, senza aver mai visto l’accertamento originario. In tal caso, accedi immediatamente al portale Agenzia Entrate-Riscossione e verifica la tua Situazione debitoria. Qui dovresti trovare, elencato, il debito derivante dall’avviso non pagato (sarà indicato con numero di ruolo e descrizione, es: “IRPEF anno X da avviso di accertamento, importo…”). Dal portale AdER puoi anche scaricare la cartella di pagamento o l’avviso di presa in carico (se emessi). Spesso infatti l’Agente della Riscossione, trascorsi 60 giorni + 30 dalla notifica dell’accertamento, invia una comunicazione di presa in carico al debitore – una lettera semplice (o una PEC) in cui informa che ha ricevuto l’affidamento delle somme da riscuotere. Questa lettera non è un atto impugnabile, ma serve da avviso. Se non l’hai ricevuta, troverai comunque traccia nel sistema AdER. Una volta individuato il debito a ruolo, puoi richiedere ad AdER la copia dell’avviso di accertamento originario: hai diritto di ottenerla per capire cosa ti viene contestato. Puoi farlo tramite il servizio online (richiesta documenti) oppure recandoti a uno sportello AdER. In alternativa, puoi rivolgerti all’ufficio dell’Agenzia delle Entrate che ha emesso l’atto: forniranno copia dell’accertamento e della relata di notifica (utile per verificare eventuali vizi).
- Contatta l’ufficio competente dell’Agenzia Entrate: Se dai passi precedenti non hai ottenuto risultati chiari (ad esempio temi ci sia un avviso a tuo nome ma non ne trovi traccia né su PEC né online), prendi contatto diretto con l’Agenzia. Puoi: telefonare al call center dell’AdE (numero verde) fornendo il tuo CF e chiedendo se risultano atti notificati; oppure, meglio, recarti presso la Direzione Provinciale o Ufficio territoriale di competenza e chiedere un accesso agli atti o un estratto della tua situazione. In base alla legge 241/1990, hai diritto di visionare gli atti amministrativi che ti riguardano. Spiega la situazione: ad es. “Sto cercando un avviso di accertamento che forse mi è stato notificato ma che non ho ricevuto”. L’ufficio potrà controllare nei propri sistemi. Se l’avviso esiste ed è stato spedito, potrà mostrarti la relata di notifica (es. la ricevuta di ritorno firmata da qualcuno, o l’esito PEC). In molti casi forniranno una copia dell’atto e ti indicheranno quando e come l’hanno notificato. Questo passaggio è importante anche per valutare i rimedi legali: se scopri ad esempio che l’avviso fu notificato a un vecchio indirizzo, potrai far valere il vizio.
- Verifica il Portale “Atti depositati”: Come accennato, se sei un soggetto obbligato a PEC ma la tua PEC era inattiva, l’atto potrebbe essere stato depositato e non te ne sei accorto. In tal caso prova ad accedere al Portale Atti Depositati con SPID: se trovi un atto a tuo nome, potrai scaricarlo subito. Se invece hai ricevuto un codice di deposito per raccomandata (di solito una stringa alfanumerica), segui le istruzioni nella lettera: collegati al sito indicato, inserisci il codice e il tuo CF, e avrai l’atto in formato digitale. Questo scenario è più comune per cartelle esattoriali, ma se ad esempio un Comune ti invia un accertamento IMU via PEC andato a vuoto, potresti trovarlo in questo portale.
- Occhio alle truffe – verifica autenticità: Mentre cerchi un avviso, potresti imbatterti in documenti sospetti (email strane, sms allarmistici). Ricorda che le comunicazioni autentiche dell’Agenzia Entrate non arrivano mai via email ordinaria con link da cliccare o richieste di password. Se ricevi un’email che sembra dell’AdE ma non proviene da un indirizzo PEC ufficiale, potrebbe trattarsi di phishing. Ad esempio, nel settembre 2024 l’Agenzia ha segnalato un tentativo di truffa con false email di irregolarità fiscali contenenti malware. Per verificare l’autenticità di un avviso ricevuto, questi sono i consigli: accedi al Cassetto fiscale e vedi se l’atto è presente anche lì (se non c’è, è sospetto), oppure contatta direttamente l’AdE tramite i canali ufficiali. In caso di dubbio, non aprire allegati di dubbia provenienza e chiedi conferma all’ufficio tributi.
Se dopo tutti questi passi ancora non hai trovato l’avviso ma hai forti elementi per ritenere che esista (ad esempio sai da terzi che è stato emesso, oppure hai ricevuto un atto di riscossione che lo cita), potrebbe essere opportuno farsi assistere da un professionista (commercialista o avvocato tributarista). Questi può richiedere formalmente accesso agli atti, visionare l’estratto di ruolo e consigliarti sul da farsi. Ricorda che individuare tempestivamente un avviso può fare la differenza tra poter presentare un ricorso nei termini o dover subire ormai la riscossione.
Cosa fare dopo aver individuato (o ricevuto) un avviso di accertamento
Una volta che sei riuscito a reperire l’avviso di accertamento, si pone il problema di come reagire. Dal punto di vista del contribuente (debitore) ci sono diversi scenari e strumenti, a seconda che tu condivida o meno il contenuto dell’accertamento e delle tue possibilità finanziarie di farvi fronte. Vediamo le opzioni principali, ricordando che il termine per agire è di 60 giorni dalla notifica (salvo casi di sospensione per accertamento con adesione):
1. Pagamento (acquiescenza) entro 60 giorni: Se, esaminato l’avviso, ritieni corretti gli addebiti (o comunque preferisci evitare il contenzioso) e hai la possibilità economica di farlo, pagare interamente quanto dovuto entro 60 giorni dalla notifica è una scelta che chiude immediatamente la questione. L’ordinamento premia l’adempimento spontaneo con alcune agevolazioni sulle sanzioni: la cosiddetta acquiescenza all’accertamento comporta la riduzione delle sanzioni amministrative irrogate a 1/3 del minimo previsto. In pratica, se l’avviso contiene una sanzione, pagandola nei 60 giorni ne versi solo un terzo (oltre naturalmente all’imposta accertata e agli interessi). Questa riduzione spetta a condizione che: (a) non presenti ricorso contro l’avviso; (b) non presenti istanza di accertamento con adesione; (c) esegui il pagamento integrale di quanto dovuto (imposte + interessi + sanzioni ridotte) entro il termine di 60 giorni. L’accettazione dell’atto tramite pagamento viene formalmente chiamata “rinuncia all’impugnazione” e rende definitivo l’accertamento. Attenzione: se l’importo è elevato e non riesci a pagare in un’unica soluzione, l’acquiescenza non prevede un piano di rateazione ordinario. È un pagamento una tantum. Tuttavia, in caso di temporanea difficoltà, puoi chiedere all’ufficio un breve rinvio o valutare strumenti come un prestito finalizzato, considerando che beneficiare della sanzione ridotta può essere vantaggioso. Dopo il pagamento, conserva la ricevuta (F24 quietanzato o ricevuta PagoPA) e verifica qualche settimana dopo nel Cassetto fiscale che l’avviso risulti definito per acquiescenza. Così avrai certezza di aver chiuso la posizione. (In caso di pagamento solo parziale, invece, l’Agenzia considererà l’adesione inefficace e procederà per l’intero importo con riscossione).
2. Accertamento con adesione: Se non sei totalmente d’accordo con l’accertamento o vuoi provare a ridurre l’importo contestato, puoi attivare la procedura dell’adesione (D.Lgs. 218/1997). Entro 60 giorni dalla notifica dell’avviso, puoi presentare un’istanza di accertamento con adesione all’ufficio che ha emesso l’atto. Ciò sospende il termine per il ricorso per 90 giorni automaticamente. Verrai convocato per un contraddittorio, durante il quale potrai discutere la pretesa con i funzionari ed eventualmente concordare un importo più basso (sia sull’imposta che sulle sanzioni). Se si raggiunge un accordo, verrà redatto un atto di adesione con il nuovo importo dovuto. I benefici dell’adesione sono: sanzioni ridotte a 1/3 del minimo (simile all’acquiescenza) e soprattutto la possibilità di ottenere una rateazione del dovuto fino a 8 rate trimestrali (ovvero 2 anni) se l’importo supera €50.000 (fino a €50.000 si fanno massimo 8 rate, oltre €50.000 fino a 16 rate). La prima rata va versata entro 20 giorni dalla firma dell’adesione. L’adesione è molto utile se credi che alcuni rilievi siano eccessivi: spesso l’ufficio concede sconti su sanzioni o imponibili per chiudere bonariamente la questione. Nota: se presenti istanza di adesione, decorsi i 90 giorni senza accordo potrai comunque fare ricorso entro i 60 giorni successivi (riattivati). L’avviso resta non riscuotibile finché l’adesione è in corso. Ricorda però: se aderisci, poi non puoi impugnare l’atto aderito; diventa definitivo nei termini pattuiti.
3. Ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria (ex Commissione Tributaria): Se contesti la fondatezza dell’accertamento e vuoi far valere le tue ragioni in giudizio, devi proporre ricorso entro 60 giorni dalla notifica. Il ricorso va presentato alla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado competente per territorio (di solito quella della provincia del tuo domicilio fiscale). Dal 2023 il processo tributario è telematico: il ricorso si predispone in via digitale e si invia tramite il Portale Giustizia Tributaria (SIGIT) o tramite PEC alla controparte e alla Segreteria della Corte, a seconda delle regole vigenti. Assistenza tecnica: se il valore della controversia (imposta + sanzioni) supera €3.000, è necessaria la firma di un difensore abilitato (avvocato, commercialista o altri professionisti abilitati). Nel ricorso si dovranno indicare i motivi per cui l’avviso è illegittimo o infondato (es. errori di calcolo, vizi procedurali come notifica nulla, difetto di motivazione, violazione di norme, ecc.). Presentare ricorso sospende automaticamente la riscossione? In linea generale, no: l’Agenzia potrebbe comunque dopo 60+30 giorni affidare le somme a riscossione. Tuttavia, il contribuente ricorrente può presentare istanza di sospensione giudiziale al presidente della sezione tributaria, chiedendo di bloccare la riscossione fino alla sentenza, evidenziando il periculum (danno grave dall’esecuzione). Spesso le Commissioni concedono la sospensione fino all’udienza di merito se il ricorso non è pretestuoso. In ogni caso, il ricorso tributario avvia un giudizio che in primo grado dura mediamente 1-2 anni. Se vinci, l’atto viene annullato (in tutto o in parte); se perdi, potrai appellare alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado entro 60 giorni dalla notifica della sentenza. Costi: per il ricorso è dovuto un contributo unificato che varia a seconda del valore (es. €30 fino a €3.000, €60 fino a €20.000, e così via). Non è più obbligatorio, dal 2024, alcun tentativo di mediazione/reclamo: la riforma del contenzioso (D.Lgs. 119/2023) ha abolito l’istituto del reclamo-mediazione per i nuovi ricorsi. Ciò significa che anche per importi sotto €50.000 non serve più fare quella procedura preventiva (in passato lo era): si può ricorrere direttamente in Commissione. Effetti del ricorso: se tempestivo, l’avviso non è definitivo finché la causa non si chiude. Inoltre, l’Agenzia Entrate-Riscossione non può avviare esecuzione forzata se pende un giudizio, fino a 180 giorni dopo la sentenza di primo grado (salvo chiedere al giudice di poter agire prima in casi eccezionali).
4. Procedura di mediazione/conciliazione (alternativa al ricorso completo): Anche se il reclamo-mediazione obbligatorio è stato abrogato dal 2024, resta la possibilità di definire la controversia in via conciliativa. Durante il processo tributario, puoi trovare un accordo con l’ufficio (conciliazione giudiziale) che comporti riduzione di sanzioni e interessi. Ad esempio, se in corso di causa l’ufficio riconosce qualche errore, può proporre di abbattere parte della pretesa e chiudere il contenzioso: in caso di conciliazione in primo grado le sanzioni sono ridotte del 40% e gli interessi del 50%. Questa opzione esula dalla fase “trovare un avviso”, ma la citiamo perché è un rimedio che può emergere dopo aver fatto ricorso.
5. Inattività e conseguenze (cosa succede se non fai nulla): Se trascorrono 60 giorni dalla notifica dell’avviso senza alcuna reazione, l’accertamento diventa definitivo. A quel punto l’ufficio iscriverà le somme a ruolo e, trascorsi ulteriori 30 giorni, affiderà il tutto all’Agente della Riscossione (AdER). L’avviso stesso contiene già l’intimazione a pagare e la menzione che, decorsi 30 giorni dal termine, si procederà alla riscossione forzata. L’Agente della Riscossione invierà – come detto – un avviso di presa in carico (non sempre, se ritiene ci sia urgenza può ometterlo). Dopodiché, decorsi 180 giorni dall’affidamento, potrà iniziare azioni come fermi, ipoteche e pignoramenti. Durante quei 180 giorni c’è una sospensione “di legge” dell’esecuzione forzata, per dare modo al debitore di attivarsi (ad esempio chiedere una dilazione). Le prime azioni che AdER tipicamente compie dopo i 180 giorni, se non hai pagato, sono: pignoramento dei conti correnti, pignoramento presso terzi (es. stipendio), fermo amministrativo di veicoli, iscrizione di ipoteca su immobili. In sintesi, ignorare un avviso di accertamento espone a vedere il proprio debito lievitare e sfociare in atti esecutivi. Dunque, se hai “trovato tardi” un avviso ormai scaduto, la priorità diventa evitare o limitare i danni nella fase di riscossione.
- Rimedi tardivi: Puoi ancora agire a posteriori se hai motivi validi. Ad esempio, se non hai mai ricevuto l’avviso per notifica nulla/inesistente, hai la possibilità di far valere ciò in sede di opposizione agli atti della riscossione. Quando ricevi la cartella esattoriale o il pignoramento basato su quell’accertamento, puoi proporre un ricorso per far dichiarare nulla la notifica dell’avviso e quindi annullare l’iscrizione a ruolo. Le Commissioni tributarie (oggi Corti Giustizia Trib.) possono annullare il debito dimostrando che l’atto presupposto non fu notificato regolarmente. È un tipo di contenzioso particolare: formalmente impugni la cartella, eccependo la mancata notifica dell’atto impositivo presupposto (art. 19, co.3 D.Lgs. 546/92). La Cassazione a Sezioni Unite nel 2022 ha chiarito che l’estratto di ruolo (il documento interno di AdER) di per sé non è un atto impugnabile, ma lo diventa la cartella una volta conosciuta, anche solo tramite tale estratto. In pratica: se scopri tramite estratto di ruolo di avere un debito da avviso mai notificato, non puoi impugnare “l’estratto” ma puoi fare ricorso come se la cartella ti fosse stata notificata in quel momento, lamentando il vizio originario. I giudici valuteranno se effettivamente la notifica originaria era nulla/inesistente: se sì, annulleranno la cartella (e l’accertamento non potrà più essere riscosso, se i termini erano decaduti). Attenzione: se invece la notifica era valida e sei semplicemente in ritardo, non c’è scappatoia legale – il merito dell’accertamento non potrà più essere discusso; potrai agire solo sul piano della dilazione o delle sanatorie.
- Dilazione del pagamento: Quando l’accertamento è passato a ruolo e non hai risorse per pagare subito, puoi chiedere una rateizzazione all’Agenzia Entrate-Riscossione. Questa è l’opzione pratica principale se non puoi far annullare l’atto. La rateizzazione standard consente fino a 72 rate mensili (6 anni) per importi fino a €120.000, e fino a 120 rate (10 anni) per debiti maggiori in caso di comprovata difficoltà. Presentando la domanda di rateizzazione (anche online dal portale AdER) entro 60 giorni dalla notifica della cartella, eviti azioni esecutive e puoi dilazionare il carico. Nel nostro caso, trattandosi di un avviso confluito in cartella, far partire un piano di dilazione blocca nuovi pignoramenti a patto di rispettare i pagamenti rateali. Questo non “annulla” l’accertamento, ma ti dà respiro.
- Definizioni agevolate e sanatorie: tieni d’occhio eventuali “pace fiscali” o norme di definizione agevolata. Negli ultimi anni sono state varate diverse misure (rottamazione delle cartelle, saldo e stralcio, definizione delle liti pendenti, ecc.) che consentono di chiudere le pendenze fiscali con sconti su sanzioni e interessi. Ad esempio, la Rottamazione-quater 2023 permetteva di pagare i ruoli 2000-2017 senza sanzioni né interessi di mora. Se il tuo avviso non pagato è ormai a ruolo, potresti usufruire di simili provvedimenti (se riproposti in futuro) per ridurre il debito. Anche le liti pendenti in Commissione talvolta sono oggetto di definizione agevolata (come nel 2023, pagando una percentuale del valore a seconda del grado di giudizio). Ovviamente queste opportunità dipendono dalla volontà del legislatore e vengono offerte in finestre temporali specifiche: informati se al momento esiste qualche sanatoria applicabile.
6. Autotutela (annullamento in via amministrativa): Da menzionare infine che il contribuente può sempre presentare all’ente impositore una istanza di autotutela, ossia una richiesta motivata di annullamento/rettifica dell’avviso da parte della stessa Agenzia, evidenziando errori palesi o ragioni di illegittimità. Ad esempio, se ti rendi conto che l’ufficio ha commesso un errore materiale (come doppia imposizione sullo stesso reddito già tassato) puoi segnalarlo e chiedere che l’atto venga ritirato o corretto. L’autotutela non sospende i termini di ricorso (che vanno comunque rispettati se non ottieni riscontro entro breve) e l’ufficio non è obbligato ad accoglierla. Però a volte, in presenza di errore evidente, l’Agenzia annulla in autotutela l’atto anche oltre i termini di ricorso, purché non sia divenuto definitivo da troppo tempo. La Cassazione ha stabilito che l’Amministrazione finanziaria può agire in autotutela anche in “malam partem” (sfavore del contribuente) purché entro i termini decadenziali – ma nel nostro caso interessa la tutela pro contribuente. Se opti per l’autotutela, conviene comunque, per sicurezza, presentare contestualmente ricorso (se sei nei 60 giorni) così da non precluderti la via giudiziale in caso di diniego.
In ogni caso, dopo aver trovato l’avviso di accertamento, valuta attentamente con un esperto la strada migliore. Se l’importo è modesto e la pretesa corretta, pagare subito (magari con sanzioni ridotte) può convenire. Se invece le somme sono alte o ritieni l’accusa infondata, attivarsi con adesione o ricorso è doveroso per evitare di subire passivamente un debito non dovuto.
Per ricapitolare le azioni e le relative tempistiche, ecco una tabella riassuntiva delle opzioni post-notifica:
Opzione | Descrizione e benefici | Scadenza/termini | Destinatario dell’istanza |
---|---|---|---|
Pagamento integrale (acquiescenza) | Pagamento di imposta, interessi e sanzioni ridotte a 1/3. Estinzione del debito, nessun contenzioso. | Entro 60 giorni dalla notifica dell’avviso. | Fisco (versamento tramite F24 o PagoPA all’Agenzia). |
Accertamento con adesione | Procedura di accordo bonario: possibile riduzione imponibile e sanzioni a 1/3, pagamento rateale (max 8-16 trimestri). Sospende termini ricorso per 90 gg. | Istanza entro 60 giorni dall’avviso. Termine ricorso prorogato di 90 gg. Firma accordo e pagamento 1ª rata entro 20 gg da accordo. | Ufficio dell’Agenzia che ha emesso l’avviso (istanza in carta libera). |
Ricorso tributario | Impugnazione davanti al giudice: contestazione nel merito o nel procedimento (vizi nullità, ecc.). Sanzioni eventualmente azzerate se vittoria in giudizio. Possibile sospensione giudiziale. | Entro 60 giorni dall’avvenuta notifica (al netto di sospensioni per adesione). | Corte Giustizia Tributaria I grado (ricorso notificato a AdE e depositato in CT). |
Mancata impugnazione (inerzia) | L’atto diviene definitivo. Dopo 60+30 gg si forma il titolo esecutivo per AdER. Possibile rateizzare in fase di riscossione; eventuale opposizione solo per vizi di notifica. | – (decorso termini) Affidamento a riscossione dal 90° giorno; +180 gg esecuzione forzata. | – (eventuale istanza rateazione ad AdER; eventuale ricorso contro cartella/pignoramento per vizi notificazione). |
Autotutela (istanza annullamento) | Richiesta all’Agenzia di annullare o correggere l’atto per errori evidenti o illegittimità. Non garantita, ma può risolvere senza giudizio. | Preferibilmente entro 60 gg (così, se rigettata, c’è tempo per ricorso). Possibile anche oltre, ma se atto definitivo l’ufficio di rado annulla. | Ufficio emittente dell’avviso (istanza motivata, anche via PEC). |
Definizioni agevolate / Sanatorie | Eventuali provvedimenti legislativi straordinari che consentono di pagare in forma agevolata (sconti su sanzioni/interessi) o di chiudere contenziosi pagando percentuali ridotte. | Variabili (stabiliti da legge, es. domanda rottamazione entro xx/xx/20xx). | AdER (per rottamazioni ruoli) o Agenzia Entrate/giudice (per definizione liti). |
Nota: le opzioni non si escludono a vicenda in senso assoluto – e.g., puoi presentare istanza di adesione e, se non raggiungi accordo, poi fare ricorso; oppure proporre ricorso e nel frattempo chiedere all’ufficio una conciliazione. È però fondamentale rispettare i tempi: 60 giorni sono il perno attorno a cui ruota tutto.
Infine, ricordiamo il consiglio principale dal punto di vista del debitore: non appena trovi (o ricevi) un avviso di accertamento, non procrastinare. Analizza l’atto, prendi nota della data di notifica e muoviti subito scegliendo una delle strade sopra. Ogni giorno che passa, specialmente oltre i termini, può precludere qualche diritto di difesa o aumentare costi (interessi di mora, aggi, ecc.). Anche la sola attesa a fine 60 giorni può comportare l’aggiunta degli interessi di mora giornalieri e delle spese di iscrizione a ruolo. Quindi agisci con tempestività e, se necessario, fatti assistere da un professionista qualificato.
Di seguito, per ulteriore chiarezza, presentiamo alcune domande frequenti (FAQ) sul tema con risposte sintetiche, che riassumono in forma Q&A molti punti trattati.
Domande Frequenti (FAQ)
D: Qual è la differenza tra un avviso bonario e un avviso di accertamento?
R: L’avviso bonario (o comunicazione di irregolarità) è un invito non vincolante a regolarizzare un’anomalia fiscale prima che scatti l’accertamento formale. Ha sanzioni ridotte e non è immediatamente esecutivo; se paghi nei termini chiudi la questione, se lo ignori l’ente potrà procedere con un atto più gravoso (accertamento o iscrizione a ruolo). L’avviso di accertamento invece è l’atto formale impositivo con cui si accerta un debito d’imposta: questo, trascorsi 60 giorni, può diventare titolo esecutivo e portare a riscossione coattiva. In sintesi, l’avviso bonario precede e spesso evita l’accertamento (se vi si aderisce); l’avviso di accertamento è il provvedimento finale che formalizza la pretesa tributaria, impugnabile in giudizio.
D: Come faccio a sapere se l’Agenzia delle Entrate mi ha inviato un avviso di accertamento?
R: Devi verificare attraverso i canali ufficiali: controlla la tua PEC (se sei obbligato o ne hai una) per vedere se hai ricevuto notifiche dall’Agenzia. In parallelo, accedi al Cassetto fiscale sul sito AdE e guarda nella sezione “L’Agenzia scrive” se c’è traccia di comunicazioni o avvisi. Per sicurezza, verifica anche la cassetta postale fisica per eventuali raccomandate non ritirate. Infine, se sospetti un atto passato a riscossione, consulta l’area riservata AdER (sezione “Cartelle e Avvisi”) per vedere se compare un debito da accertamento a tuo nome. In pratica: PEC, Cassetto fiscale, App IO, posta tradizionale e portale riscossione sono i luoghi dove cercare.
D: Non ho una PEC e non ho ricevuto nulla per posta, ma temo ci sia un accertamento a mio carico. Come posso scoprirlo?
R: Anche senza PEC, puoi comunque scoprirlo tramite i servizi online: munisciti di SPID (o CIE) e accedi al tuo Cassetto fiscale per eventuali comunicazioni inserite lì. Se l’accertamento è recente (e non hai PEC), probabilmente ti è stato inviato per raccomandata A/R: verifica agli uffici postali della tua zona se ci sono raccomandate in giacenza o tornate al mittente. Inoltre, dopo qualche mese, se l’avviso è rimasto impagato, dovresti vederlo comparire nel portale di Agenzia Riscossione come importo a ruolo. Puoi anche rivolgerti direttamente all’ufficio AdE competente chiedendo un controllo: fornendo il tuo codice fiscale, sapranno dirti se esistono avvisi notificati. In ultima analisi, puoi far fare una ricerca a un professionista (avvocato/commERCIALISTA) delegato, che attraverso accessi agli atti individuerà l’eventuale accertamento.
D: Cosa succede se ignoro un avviso di accertamento?
R: Trascorsi 60 giorni dalla notifica senza pagamento né ricorso, l’avviso diventa definitivo ed esecutivo. Significa che l’importo contestato diventa un debito certo e l’Agenzia lo affida all’Agenzia Entrate-Riscossione per il recupero forzoso. Non riceverai più una “cartella” tradizionale (l’avviso stesso tiene luogo di cartella), ma potresti ricevere una comunicazione di presa in carico e, dopo circa 6 mesi, l’Agente della riscossione può procedere con misure come pignoramenti (conto corrente, stipendio), fermi amministrativi su veicoli, ipoteche sugli immobili. In pratica, ignorare l’avviso significa ritrovarsi, dopo qualche mese, con un debito iscritto a ruolo maggiorato di interessi di mora e spese, e il serio rischio di azioni esecutive. Inoltre, perderesti il diritto alle sanzioni ridotte (in acquiescenza) e alla rateizzazione in sede di adesione. Se hai già ignorato l’avviso e ne paghi le conseguenze ora (es. ricevi un pignoramento), l’unica difesa possibile è verificare se la notifica era irregolare: in tal caso puoi far ricorso tardivamente contro la cartella o l’atto esecutivo sostenendo che l’accertamento non ti fu mai notificato regolarmente. Ma se la notifica era ok, ormai potrai solo chiedere un piano di rateazione ad AdER.
D: Posso pagare a rate un avviso di accertamento?
R: Direttamente all’Agenzia Entrate, no, non è prevista una rateazione standard sulla somme accertate (salvo accordi in sede di adesione). Hai però due possibilità: (1) Accertamento con adesione: se attivi questa procedura e trovi un accordo, la legge consente il pagamento dilazionato dell’importo dovuto fino a 8 rate trimestrali (o 16 rate per importi alti). È una forma di rateazione “anticipata” perché avviene prima che il debito vada in riscossione. (2) Rateazione con AdER: se l’avviso è diventato cartella/ruolo perché non hai pagato in tempo, a quel punto puoi chiedere all’Agente della riscossione la dilazione come per qualsiasi cartella (fino a 72 o 120 rate mensili a seconda dell’ammontare). Ricapitolando: nei 60 giorni l’AdE vuole il pagamento intero (salvo adesione); dopo, se subentra AdER, potrai rateizzare con quest’ultima ma con l’aggiunta di interessi di mora e senza lo sconto sanzioni.
D: Quanto tempo ha l’Agenzia delle Entrate per notificarmi un avviso di accertamento?
R: Dipende dall’anno d’imposta e dalla situazione dichiarativa: generalmente entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione (art. 43 DPR 600/73) – ad esempio per l’anno d’imposta 2019 (dichiarazione presentata nel 2020) il termine è il 31/12/2025. Se non hai presentato la dichiarazione, l’agenzia ha più tempo: fino al settimo anno successivo (es. redditi 2019 non dichiarati → avviso notificabile fino al 31/12/2026). Attenzione che questi termini possono essere prorogati in casi particolari (es. procedura penale in corso) o da norme speciali: per gli anni colpiti dal COVID, come spiegato sopra, c’è stata una proroga straordinaria dei termini che ha differito le decadenze. In ogni caso, se ti notificano un avviso oltre i termini di legge, l’atto è nullo e potrai far valere la decadenza in ricorso. Ad esempio, un accertamento per l’anno 2015 notificato dopo il 31/12/2020 è fuori termine (salvo cause di sospensione) e va annullato.
D: Ho cambiato residenza/sede e l’avviso è stato inviato al vecchio indirizzo. È valido?
R: Se al momento della notifica la tua variazione di indirizzo non era stata comunicata ufficialmente (all’Anagrafe o al Fisco) ed era decorso il periodo in cui la posta viene reindirizzata, l’ufficio potrebbe aver notificato all’ultimo domicilio fiscale noto. In tal caso la notifica è da considerarsi nulla (viziata) ma non inesistente, perché comunque l’indirizzo era riferibile a te (solo non aggiornato). Una notifica nulla può essere sanata se vieni a conoscenza dell’atto in tempo utile – ad esempio perché il nuovo inquilino ti avvisa e tu riesci a impugnare entro 60 giorni. Se invece ne vieni a conoscenza tardi (es. tramite cartella), potrai far valere in giudizio la nullità della notifica originaria. In genere i giudici annullano l’accertamento se il contribuente prova che al momento della notifica era residente altrove e l’atto non gli è mai arrivato. Se invece il Fisco era a conoscenza del nuovo domicilio (perché comunicato, o risultante da registri) e ha spedito al vecchio per errore, la notifica potrebbe essere addirittura considerata inesistente (se indirizzo completamente estraneo): in tal caso l’atto non è mai divenuto efficace e deve essere rinotificato entro termini, altrimenti è decaduto. Quindi, cambio di residenza comunicato = devono seguire il nuovo indirizzo; cambio non comunicato = notifica al vecchio valida solo in caso di ritiro, nulla se non ritirata. In ogni caso, se ti trovi in questa situazione, raccogli le prove del tuo cambio (certificato storico di residenza, ecc.) e contestalo nelle opportune sedi.
D: Ho scoperto che esiste un avviso a mio carico solo tramite l’estratto di ruolo/una cartella. Posso ancora fare qualcosa?
R: Sì. Se non hai mai ricevuto l’avviso perché la notifica è stata inesistente o nulla, hai facoltà di farlo valere. In pratica, quando ricevi la cartella di pagamento derivata da quell’accertamento (o se vedi sull’estratto di ruolo un carico a tuo nome), puoi presentare un ricorso in Commissione Tributaria contro la cartella eccependo la mancata notifica dell’atto presupposto (l’accertamento). Secondo la Cassazione, è ammesso impugnare la cartella per questi motivi senza necessità di attendere un ulteriore “atto”. Se dimostri che l’avviso non ti fu notificato regolarmente (ad es. indirizzo errato, vizi nella PEC, ecc.), il giudice annullerà la cartella e l’accertamento non potrà più essere riscosso (se anche i termini di decadenza sono passati, l’ente non potrà rinotificarlo). Attenzione però: se dalla relata risulta che la notifica era regolare (es. PEC consegnata, raccomandata ritirata da familiare) sarà difficile sostenere di non averne avuta conoscenza. In quei casi, la cartella non potrà essere annullata perché l’atto è considerato valido (magari tu l’hai perso, ma l’ente ha correttamente notificato). In sintesi: se l’errore è loro (notifica viziata), hai ancora speranza di far invalidare tutto; se l’errore è tuo (distrazione, dimenticanza), purtroppo il debito rimane salvo pagarlo o rateizzarlo.
D: Ho ricevuto un avviso di accertamento, ma penso sia sbagliato nei calcoli. Devo comunque fare ricorso o l’Agenzia lo correggerà da sola?
R: Non aspettare correzioni d’ufficio: se c’è un errore a tuo sfavore, segnalalo attivamente. Puoi presentare una richiesta di autotutela spiegando l’errore (meglio se documentato) e chiedendo l’annullamento o la rettifica dell’avviso. Spesso per errori evidenti (es. doppia conteggiatura dello stesso reddito, errore di persona, calcolo aritmetico sbagliato) l’ufficio provvede in autotutela a sistemare o annullare l’atto. Tuttavia, per sicurezza, è opportuno anche preparare un ricorso entro 60 giorni, in modo da essere nei termini nel caso in cui l’ufficio non annulli. Ricorda che l’autotutela non sospende i termini: se aspetti oltre 60 giorni la risposta e questa non arriva o è negativa, poi non potrai più impugnare. Quindi il consiglio è: autotutela immediata (magari risolve in 2-3 settimane) ma intanto predisponi il ricorso e spediscilo entro la scadenza, a meno che l’atto non venga formalmente annullato nel frattempo. In molti casi l’Agenzia, riconosciuto l’errore, annullerà in autotutela dopo che hai presentato ricorso, e a quel punto potrai dichiarare cessata materia del contendere. In ogni caso non stare fermo confidando che “si accorgeranno”: se l’avviso è emesso, ha presunzione di legittimità finché non viene ritirato o annullato su tua iniziativa.
D: Cosa sono i “180 giorni” di sospensione dopo l’affidamento in carico all’Agente della riscossione?
R: Si riferisce a una norma (art. 29, co.1, lett. g) DL 78/2010) che prevede, per gli avvisi di accertamento esecutivi, una sorta di “stand-by” dell’esecuzione forzata: una volta che l’accertamento viene affidato ad AdER per il recupero, l’esecuzione forzata (pignoramenti) è sospesa per 180 giorni. Durante questo periodo il debitore può pagare, chiedere rateazione, o eventualmente fare ricorso se non l’aveva fatto (ma attenzione, i 60 giorni per ricorso in genere sono già passati). Questo intervallo fu pensato per dare al contribuente un ultimo periodo di respiro prima delle misure dure. Tuttavia, durante questi 180 giorni possono essere comunque attuate misure cautelari: fermo amministrativo di beni e ipoteche possono essere iscritte, così come altri atti conservativi, perché non sono considerati “esecuzione forzata” in senso stretto. Inoltre la sospensione non si applica se l’accertamento era già definitivo prima (es. sentenza passata in giudicato) o se si teme il pericolo per la riscossione. In pratica, dopo che l’accertamento passa a ruolo, per circa sei mesi non dovresti subire pignoramenti; ma trascorso quel termine, se non hai fatto nulla, possono partire.
D: In caso di avviso di accertamento per un anno già condonato/rottamato, cosa succede?
R: Se il governo ha previsto una sanatoria (condono) per certe annualità o tipologie di redditi, e tu hai aderito regolarmente, l’avviso di accertamento per quel medesimo periodo dovrebbe decadere o essere annullato. Ad esempio, ipotizziamo una definizione integrale del 2019: se hai perfezionato quella definizione versando quanto dovuto, l’Agenzia non può contestarti ulteriori imposte su quell’anno (salvo esclusioni specifiche). In concreto, se ti arrivasse comunque un avviso, potrai eccepire in autotutela e/o ricorso di aver già definito. Talvolta gli atti vengono emessi per “mancata conoscenza” dell’adesione alla sanatoria: presentando la documentazione dei tuoi pagamenti legati alla definizione agevolata, l’ufficio dovrebbe annullare l’avviso. Discorso analogo per cartelle rottamate: se l’avviso è poi confluito in una cartella oggetto di rottamazione, e tu paghi regolarmente le rate, quell’accertamento si considera definito e AdER non procederà oltre. Bisogna però distinguere caso per caso e leggere bene le norme di ogni sanatoria. In sintesi: se hai aderito a una sanatoria che copre l’oggetto dell’avviso, quell’avviso non può avere seguito. Se invece l’avviso riguarda qualcosa non condonabile o non incluso (es. un anno o tributo escluso dall’agevolazione), dovrai gestirlo con i metodi ordinari sopra descritti.
D: Conviene far da sé o farsi assistere da un esperto per queste procedure?
R: Dipende dalla complessità del caso e dalle tue competenze. Sicuramente per accedere ai portali (Cassetto fiscale, AdER) puoi farlo in autonomia con SPID: è un’attività che consigliamo a tutti di fare periodicamente, così come controllare la PEC. Se individui un avviso e l’importo è modesto o la questione semplice (es. avevi davvero dimenticato un versamento), puoi valutare di gestire il pagamento autonomamente. Invece, se l’accertamento è consistente, o pensi sia infondato, o presenta situazioni borderline (notifiche irregolari, questioni interpretative), allora coinvolgere un professionista è saggio. Un avvocato tributarista o un commercialista esperto saprà valutare meglio i vizi dell’atto, consigliarti se puntare su un’adesione (e trattare per te) o se fare ricorso, impostare correttamente le difese giuridiche, ecc. Considera anche che, per importi oltre €3.000, in commissione tributaria sei comunque obbligato ad avere un difensore abilitato. Inoltre, un esperto può scoprire dettagli che sfuggono (ad esempio: contestare la firma digitale mancante, o l’assenza di prova della delega del funzionario, elementi che da solo potresti non individuare). Infine, c’è l’aspetto emotivo: un accertamento può generare ansia; avere un consulente di fiducia riduce lo stress e aiuta a prendere decisioni più lucide. In conclusione, per importi rilevanti o situazioni complesse conviene farsi assistere; per piccole cose di immediata soluzione (tipo avviso bonario per €200 di differenza) puoi anche procedere da solo al pagamento o chiarimento.
Conclusione: Navigare tra avvisi di accertamento, notifiche, PEC e ricorsi può sembrare complicato, ma con le giuste informazioni e strumenti a disposizione il contribuente può difendersi in modo efficace. L’importante è essere proattivi: tenere d’occhio la propria posizione fiscale, usare i canali digitali (Cassetto, PEC, IO, AdER) e non aspettare passivamente che arrivi la cartella. Se hai ricevuto – o anche solo sospetti – un avviso di accertamento, muoviti subito per reperirlo e capire di cosa si tratta. Questa guida ha fornito un quadro approfondito delle modalità di ricerca e delle possibili reazioni, aggiornato alle ultime novità normative fino a luglio 2025. Per casi specifici o dubbi ulteriori, fai sempre riferimento alle fonti normative citate e non esitare a consultare un professionista.
Ricorda: conoscere i propri diritti (e doveri) fiscali è il primo passo per evitare sanzioni e agire al meglio. Una corretta informazione è la miglior difesa contro errori e abusi. Buona fortuna e buon operato!
Fonti e Riferimenti Normativi e Giurisprudenziali
- Agenzia delle Entrate – “Avviso di accertamento”: definizione ufficiale e contenuto dell’atto impositivo.
- Cass. ord. n. 6015/2023: Validità della notifica PEC da indirizzo non risultante nei registri pubblici, confermata dalla Suprema Corte.
- Agenzia Entrate – Provv. 19/11/2024 n. 419815: introduzione funzionalità “L’Agenzia scrive” nel Cassetto fiscale e notifiche via App IO.
- Agenzia Entrate-Riscossione – art. 26 DPR 602/1973: normativa sulle notifiche delle cartelle via PEC e deposito atti (portale camerale).
- Sito AdER – Guida servizi online: istruzioni per consultare cartelle e avvisi online (accesso SPID).
- Statuto dei Diritti del Contribuente (L. 212/2000): art. 6-bis (contraddittorio obbligatorio dal 2023), art. 7-quater (vizi formali non più invalidanti), art. 7-sexies (distinzione nullità/inesistenza notifiche).
- Codice di Procedura Tributaria (D.Lgs. 546/1992): art. 19 (atti impugnabili, incluso avviso accertamento e cartella), art. 17-bis (reclamo-mediazione, abrogato dal 2023).
- Cass. Sez. Unite n. 26283/2022: principio su impugnabilità dell’estratto di ruolo solo in presenza di un atto sostanziale da contestare (no impugnazione autonoma del ruolo).
- Cass. sent. n. 175/2018 Corte Cost.: pronunciata in materia di notifica semplificata via posta per riscossione (richiamata in Cass. 34895/23).
- Circolare INPS 10/01/2022: abolizione dell’aggio di riscossione su avvisi di addebito INPS dal 2022 (cfr. guida Monardo).
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Gli avvisi di accertamento vengono notificati tramite raccomandata, PEC o messo notificatore, ma possono essere consultati anche online tramite i servizi dell’Agenzia delle Entrate o dell’Agenzia Entrate-Riscossione. In alcuni casi, un atto non ricevuto può comunque essere considerato valido se depositato presso la Casa Comunale o inviato a un indirizzo PEC registrato. Conoscere lo stato della tua posizione fiscale è fondamentale per poter reagire nei termini previsti dalla legge.
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🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in contenzioso tributario e notifiche fiscali
✔️ Specializzato nella difesa da accertamenti dell’Agenzia delle Entrate e Agenzia Entrate-Riscossione
✔️ Gestore della crisi iscritto presso il Ministero della Giustizia
Conclusione
Trovare un avviso di accertamento in tempo è essenziale per poter reagire e difendere i tuoi diritti.
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