Hai saltato una rata del piano di pagamento con l’Agenzia delle Entrate e ti stai chiedendo quanto tempo hai per rimediare prima che decada tutto l’accordo? Vuoi sapere entro quanti giorni puoi pagare una rata scaduta senza perdere i benefici della rateizzazione?
Quando salti una rata, il rischio non è solo il pagamento in ritardo, ma la decadenza dell’intero piano, con la conseguente richiesta immediata del saldo totale e l’avvio delle azioni di riscossione forzata. Ma la legge ti lascia un margine preciso per rimediare, se agisci subito.
Quanto tempo ho per pagare una rata scaduta all’Agenzia delle Entrate?
Hai 5 giorni di tolleranza dalla scadenza indicata sul piano per effettuare il pagamento senza conseguenze.
Trascorsi questi 5 giorni, la rata è considerata ufficialmente omessa. Ma il piano non decade subito.
Quante rate posso saltare prima di perdere il piano?
– Se hai un piano ordinario, puoi saltare fino a 5 rate, anche non consecutive
– Alla sesta rata non pagata, il piano decade automaticamente
– In caso di rateizzazione agevolata o speciale, i limiti possono essere diversi: verifica sempre le condizioni specifiche
Cosa succede se decado dalla rateizzazione?
– Il debito torna immediatamente esigibile per intero
– L’Agenzia delle Entrate Riscossione può avviare il pignoramento dei conti, dello stipendio o l’iscrizione di ipoteche
– Non puoi ottenere nuove rateizzazioni, a meno che non rientri nei requisiti per la riammissione
– Potresti perdere anche benefici collegati alla dilazione, come lo stop ai fermi amministrativi o alle misure cautelari
Cosa puoi fare se hai saltato una rata?
– Paga la rata entro 5 giorni dalla scadenza per evitare ogni conseguenza
– Se hai già superato i 5 giorni, ma sei ancora nei limiti delle 5 rate omesse, riprendi a pagare regolarmente per non far decadere il piano
– Se sei decaduto, verifica se puoi chiedere una nuova rateizzazione o accedere a una procedura di composizione della crisi
Cosa NON devi fare mai?
– Ignorare la rata saltata: è il primo passo verso la decadenza e il pignoramento
– Aspettare una comunicazione ufficiale per muoverti: l’Agenzia non è obbligata ad avvisarti della decadenza
– Firmare nuovi accordi senza controllare se hai diritto a rientrare nel piano precedente
– Pensare che basti pagare una rata per “sistemare tutto”: serve un piano completo e legale
Saltare una rata non è la fine del mondo, ma solo se agisci in tempo e con precisione.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in contenzioso tributario e riscossione – ti spiega quanto tempo hai per pagare una rata scaduta, come evitare la decadenza del piano e cosa fare se la situazione è già compromessa.
Hai saltato una o più rate con l’Agenzia delle Entrate e temi di aver perso la rateizzazione? Vuoi sapere se sei ancora in tempo per rimediare?
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Introduzione
Quando un contribuente ottiene la rateizzazione di una cartella di pagamento (ossia la dilazione del debito iscritto a ruolo presso l’Agenzia delle Entrate-Riscossione, ex Equitalia), è tenuto a rispettare un preciso calendario di versamenti mensili. Pagare in ritardo una rata comporta il rischio di decadenza dal beneficio della rateazione, con la conseguenza che l’intero debito residuo diventa immediatamente esigibile e l’Agente della Riscossione può riprendere le azioni di recupero forzoso (pignoramenti, ipoteche, fermi amministrativi). È quindi essenziale conoscere quanto tempo si ha a disposizione per versare una rata scaduta senza perdere il diritto alla dilazione. In questa guida – aggiornata a giugno 2025 – esamineremo in dettaglio la normativa italiana vigente (art. 19 del DPR 602/1973 e successive modifiche), le soglie di tolleranza previste per i ritardi di pagamento, le condizioni di decadenza dal piano, nonché le conseguenze del mancato pagamento dal punto di vista del debitore. Il taglio sarà approfondito (di livello avanzato) ma con un linguaggio chiaro e divulgativo, adatto sia ai professionisti legali sia ai privati cittadini e imprenditori interessati. Verranno inoltre riportate pronunce giurisprudenziali recenti (Cassazione) e indicazioni ufficiali dell’Amministrazione finanziaria, con esempi pratici, domande e risposte e tabelle riepilogative, per offrire un quadro completo della disciplina.
Quadro normativo di riferimento
La possibilità di rateizzare le somme iscritte a ruolo è disciplinata principalmente dall’art. 19 del DPR 29 settembre 1973 n. 602 (rubricato “Dilazione del pagamento”). Tale norma, nel corso degli ultimi anni, è stata oggetto di numerose modifiche normative volte sia ad ampliare l’accesso alla dilazione, sia ad adeguare le condizioni (numero di rate concedibili, importi soglia, cause di decadenza) alle contingenze economiche. Di seguito si riassumono i punti salienti del quadro normativo vigente:
- Durata massima e importi rateizzabili: Fino al 2024 il piano di rateazione “ordinario” poteva estendersi al massimo fino a 72 rate mensili (6 anni). Con la riforma attuata dal D.Lgs. 110/2024 (in vigore dal 1° gennaio 2025) sono state ampliate le durate massime: per le istanze presentate nel biennio 2025-2026 fino a 84 rate mensili (7 anni), per quelle nel 2027-2028 fino a 96 rate (8 anni) e dal 2029 in poi fino a 108 rate (9 anni). Resta ferma la possibilità, nei casi di comprovata grave difficoltà, di ottenere una rateizzazione straordinaria fino a 120 rate mensili (10 anni) con apposita istruttoria documentale. Inoltre, la soglia entro cui è concessa una rateizzazione automatica (senza necessità di produrre documentazione sullo stato di difficoltà) è attualmente fissata in €120.000 per singola istanza – soglia anch’essa confermata e stabilizzata dalla riforma del 2024. In base all’art. 19 DPR 602/1973, il debitore può quindi ottenere la dilazione di qualunque debito a ruolo, purché derivante da somme dilazionabili per legge (rientrano in tale ambito la generalità delle imposte erariali, dei contributi previdenziali INPS e anche di molte entrate locali se affidate all’Agente della Riscossione; sono invece escluse solo fattispecie particolari, ad es. sanzioni penali pecuniarie o altre somme per le quali la legge prevede modalità di riscossione speciali). Ogni singola rata deve essere di importo non inferiore a €50, e sul debito rateizzato si applicano interessi di dilazione calcolati al tasso vigente (attualmente 2,5% annuo dal 2025, come comunicato dal MEF ai sensi dell’art. 21, c. 1 del D.Lgs. 46/1999).
- Rateazione ordinaria “semplificata” vs “documentata”: La normativa distingue tra piani concessi automaticamente su semplice richiesta (fino al predetto importo-soglia di €120.000 per istanza) e piani che richiedono la prova della temporanea situazione di difficoltà economica (per importi superiori). Nel primo caso (dilazione ordinaria semplificata) il contribuente ottiene fino al limite massimo di rate previsto (72 fino al 2024, poi 84/96/108 a seconda del biennio) tramite mera dichiarazione di trovarsi in temporanea difficoltà. Nel secondo caso (dilazione ordinaria “documentata” o potenziata), per importi eccedenti €120.000 o in situazioni non rientranti nell’automatico, occorre presentare documenti (ad es. bilanci, indici di liquidità, ISEE, ecc.) per consentire all’Agente della Riscossione di valutare il piano; anche qui si può arrivare fino al massimale di legge (che coincide con la straordinaria, cioè 120 rate) se ve ne sono le condizioni. Infine, resta previsto il piano straordinario (120 rate) per i casi di grave e comprovata difficoltà del contribuente, riservato a chi dimostri una situazione di crisi particolarmente acuta (sovente utilizzato da imprese in grave crisi di liquidità). In tutti i casi, la dilazione ha natura di beneficio temporaneo (favor debitoris di carattere amministrativo): ciò significa che il debitore, accedendo al piano, si impegna a rispettare puntualmente le scadenze pattuite; in cambio ottiene la sospensione di eventuali atti esecutivi già avviati e la possibilità – finché il piano è in corso e regolare – di godere di alcune tutele, come ad esempio la possibilità di compensare crediti fiscali in F24 nonostante vi sia un debito a ruolo (cosa normalmente preclusa dall’art. 31, c.1 DL 78/2010 in caso di carichi scaduti oltre €1.500). Se però il piano cessa di essere regolare (perché decade a seguito di mancato pagamento di rate), tali tutele vengono meno e il debitore si ritrova esposto alle misure esecutive e cautelari ordinarie.
- Definizioni agevolate (“rottamazioni” e simili): Parallelamente alle rateazioni ordinarie, negli ultimi anni il legislatore fiscale ha introdotto varie misure straordinarie di definizione agevolata dei ruoli (la cosiddetta “pace fiscale”), come ad esempio la rottamazione-ter (art. 3 DL 119/2018, conv. L.136/2018), la rottamazione-quater (commi 231-252 L.197/2022, legge di Bilancio 2023) e il saldo e stralcio delle cartelle (L.145/2018 e successive estensioni). Tali misure consentono di estinguere i debiti a ruolo con uno sconto su sanzioni e interessi, mediante pagamento del solo capitale (e in alcuni casi di una quota degli interessi) in un numero prefissato di rate. Pur non essendo oggetto principale di questa trattazione, è opportuno evidenziare la differenza: le definizioni agevolate non seguono l’art. 19 DPR 602/1973, ma le regole speciali dettate dalle leggi istitutive (ad esempio, la rottamazione-quater consente al massimo 18 rate spalmate fino al 2027). Ciò che accomuna i piani agevolati ai piani ordinari, per quanto qui interessa, è il principio rigoroso circa la puntualità dei pagamenti: anche nelle definizioni agevolate è infatti previsto un breve margine di tolleranza per ritardi minimi, superato il quale il beneficio decade e il debito originario viene ripristinato in misura integrale (con sanzioni e interessi di mora). Questo aspetto – la tolleranza sui termini di pagamento – viene approfondito nel paragrafo seguente, in quanto centrale per rispondere alla domanda su quanto tempo si ha per pagare una rata scaduta.
Scadenze delle rate e margine di tolleranza
In generale, le rate dei piani di dilazione scadono l’ultimo giorno di ciascun mese, a partire dalla data indicata nel provvedimento di accoglimento della rateizzazione. Ad esempio, se la prima rata è fissata al 30 aprile, le successive avranno scadenza 31 maggio, 30 giugno, e così via, salvo calendari particolari (talora le prime rate possono avere termini diversi per esigenze di allineamento). Il quesito tuttavia riguarda il ritardo nel pagamento di una rata già scaduta: quanti giorni dopo la scadenza formale si può ancora pagare senza conseguenze? La risposta risiede nella tolleranza di legge prevista per i pagamenti tardivi.
La normativa vigente prevede infatti un margine di tolleranza di 5 giorni per ogni scadenza di rata. In base all’art. 19 DPR 602/1973 (come modificato di recente), un versamento è considerato tempestivo se effettuato entro i 5 giorni di calendario successivi alla scadenza indicata. Ciò significa, ad esempio, che una rata con scadenza al 30 novembre sarà ritenuta regolarmente pagata se il versamento avviene entro il 5 dicembre (o entro il primo giorno lavorativo successivo, qualora il quinto giorno cada di sabato/festivo). Questo principio della tolleranza breve si applica sia alle rateizzazioni ordinarie (piani ex art. 19) sia alle definizioni agevolate di qualsiasi tipo (rottamazioni, saldo e stralcio), come confermato anche dall’Agenzia delle Entrate in sede di prassi – tutti i termini fissi delle rate godono di questi 5 giorni extra concessi dalla legge. In pratica, pagare una rata con un ritardo non superiore a 5 giorni non comporta la perdita del beneficio della dilazione: entro tale limite, il pagamento è considerato ancora valido e il debitore non è inadempiente.
Oltre tale soglia, invece, il ritardo diventa rilevante. Decorso il 5° giorno di ritardo, la rata si considera formalmente scaduta e non pagata nei termini. Attenzione: ciò non significa che il piano decada immediatamente al primo giorno oltre la tolleranza (come vedremo, la decadenza interviene al mancato pagamento di un certo numero di rate), ma da questo momento il contribuente è in mora con quella rata. Ne consegue che:
- Interessi di mora: dal giorno successivo alla scadenza (nel sistema della riscossione coattiva gli interessi moratori decorrono dal 61° giorno dopo la notifica della cartella, ma nel caso di rate, per semplicità, si possono considerare dalla scadenza della rata se successiva a tale termine) iniziano a maturare interessi di mora sulle somme non pagate. Tali interessi di mora – fissati annualmente con decreto del MEF – erano pari al 2,68% annuo nel 2022 e sono stati leggermente ridotti al 2,58% annuo dal 1° gennaio 2023 (tasso in vigore al momento di questa guida), poi aumentati al 3,01% dal 2024. In termini pratici, il tasso 2,68% corrisponde a circa 0,00734% di interesse al giorno. Dunque, ad esempio, su un debito residuo di €10.000, un ritardo di 10 giorni oltre il termine genera circa €7-8 di interessi di mora. L’entità pecuniaria degli interessi di mora per brevi ritardi è quindi limitata, ma il loro pagamento è cruciale per non avere ripercussioni sul piano, come vedremo tra poco.
- Rata considerata “non pagata” (se non si versano interessi e accessori): se il contribuente paga la rata dopo i 5 giorni di tolleranza, per essere in regola deve anche versare gli interessi di mora maturati fino al giorno del pagamento (nonché l’aggio di riscossione pro rata eventualmente applicabile). Solo pagando anche questi oneri accessori la rata sarà considerata completamente saldata. Al contrario, se il debitore si limita a versare in ritardo il solo importo della rata, senza includere gli interessi di mora dovuti sul ritardo (e l’aggio, se previsto), quella rata non risulterà chiusa e verrà comunque conteggiata come non pagata ai fini della decadenza. Questo punto è di fondamentale importanza: per evitare di essere considerato inadempiente, il contribuente in ritardo deve mettersi in pari anche con gli interessi di mora dovuti per il tardivo pagamento. L’Agenzia delle Entrate-Riscossione stessa, in una propria FAQ, ha chiarito che una rata pagata in ritardo non rientra nel numero delle rate non pagate che determinano la decadenza purché, oltre all’importo dovuto, siano corrisposti gli interessi di mora maturati e l’eventuale aggio pro-rata. Se invece il versamento tardivo copre solo l’importo originario della rata e non gli interessi di mora maturati (né l’aggio), allora la rata rimane come insoluta e continua a essere conteggiata come tale ai fini del calcolo della soglia di decadenza. In altre parole, un pagamento parziale o carente equivale a un mancato pagamento. Dunque, in caso di ritardo superiore ai 5 giorni, è necessario contattare l’Agente della Riscossione o utilizzare i servizi online (area riservata EquiPro/Equiweb) per conoscere l’importo esatto da versare comprensivo di interessi (e costi di riscossione) e assicurarsi così che la rata venga sanata correttamente.
Da quanto sopra, si può già delineare una prima risposta: il tempo massimo per pagare una rata scaduta senza perdere il beneficio del piano è di 5 giorni dalla scadenza, termine entro il quale il pagamento è tollerato senza considerarlo un’inadempienza. Se il pagamento avviene oltre questo limite, la rata viene considerata omessa (salvo che si paghino contestualmente gli interessi di mora maturati); tuttavia, il piano di rateazione non decade automaticamente al primo ritardo, bensì solo al superamento di una determinata soglia di rate non pagate, come vedremo di seguito. Pertanto, si potrebbe dire in termini semplici: una singola rata scaduta può ancora essere pagata dopo la scadenza, ma è opportuno farlo il prima possibile (idealmente entro pochi giorni) e comunque prima che si cumulino troppe rate insolute. Approfondiamo ora il meccanismo della decadenza, perché è questo che determina il punto di non ritorno oltre il quale il ritardo non è più rimediabile.
Decadenza dal piano di rateizzazione
La decadenza dal beneficio della rateizzazione si verifica quando il contribuente, durante il periodo dilazionato, omette il pagamento di un certo numero di rate (anche non consecutive) oltre il limite consentito dalla legge. In caso di decadenza, come anticipato, il piano di dilazione si risolve immediatamente e tutto il debito residuo diviene immediatamente esigibile in un’unica soluzione, con ripresa delle eventuali azioni esecutive sospese. È dunque fondamentale conoscere quante rate si possono “saltare” (o pagare così in ritardo da essere considerate non pagate) prima di perdere il beneficio. Tale soglia di tolleranza sul numero di rate insolute è variata nel tempo, in base a differenti interventi normativi. La tabella seguente riepiloga i criteri vigenti in base al periodo in cui è stato concesso il piano di rateazione:
*Nota: la decadenza si produce al momento in cui, alla scadenza di una rata, risulta superato il limite indicato di rate non pagate. Ad es., per i piani dal 2022 in poi, se alla data di scadenza dell’ultima rata pagata risultano già 7 rate precedenti non pagate, il mancato pagamento di un’ulteriore rata (l’ottava) farà scattare la decadenza immediata in quella stessa data.
Come si evince, per i piani più recenti la soglia di tolleranza è oggi abbastanza ampia: otto rate non pagate (anche non consecutive) per i piani concessi dal 16/7/2022 in avanti. Ciò significa, ad esempio, che un contribuente con un piano attivato nel 2023 può, in teoria, accumulare fino a 7 rate non pagate durante la vita del piano senza decadere (fermo restando che tali rate insolute dovranno comunque essere versate, con relativi interessi). Al mancato pagamento dell’ottava rata (anche se non in sequenza), il piano decadrà automaticamente. In passato la tolleranza era più ridotta: per i piani concessi nel periodo 2016-2021 (salvo le parentesi Covid) la soglia era 5 rate, e ancor prima – ante 2015 – era 8 rate, poi ridotta a 5 con il D.Lgs. 159/2015. Durante l’emergenza Covid, invece, il legislatore ha temporaneamente innalzato la soglia (prima a 10, poi addirittura a 18 per i vecchi piani in essere all’inizio della pandemia), come forma di sollievo ai debitori in difficoltà. Tali misure straordinarie spiegano le prime due voci della tabella: i piani in essere all’8/3/2020 sono stati “protetti” da decadenza fino a 18 rate omesse, e quelli concessi fino a fine 2021 fino a 10 omesse, grazie a disposizioni contenute nei decreti emergenziali (DL 146/2021 e DL 137/2020, convertiti). Oggi, esaurita la fase emergenziale, la disciplina a regime per i nuovi piani è tornata più rigorosa ma comunque equilibrata, fissando la soglia a 8 rate non pagate. Si noti che la soglia vale in aggregato: non è necessario che le rate insolute siano consecutive; anche saltare rate alternate contribuisce al conteggio. Di conseguenza, una serie di ritardi sporadici può col tempo far perdere il beneficio se non si corre ai ripari.
Importante: un caso particolare è rappresentato dall’ultima rata del piano. La normativa (art. 19 DPR 602/73) prevede espressamente che se tra le rate non pagate vi è l’ultima rata del piano, la decadenza si verifica anche se il numero di rate non pagate è inferiore alla soglia sopra indicata. In sostanza, il mancato pagamento dell’ultima rata pattuita da solo fa decadere il piano anche se fino a quel momento si erano saltate meno rate del limite. Ciò avviene perché, essendo l’ultima scadenza, il piano di fatto giunge al termine e qualunque importo residuo impagato dopo tale data rende impossibile ritenere ancora attiva la dilazione. Per esempio: un contribuente ha pagato regolarmente tutte le rate tranne l’ultima; se non versa l’ultima rata entro il termine (5 giorni di tolleranza inclusi), il piano decade immediatamente pur essendo una sola rata non pagata. In questo caso, trascorsi 5 giorni dalla scadenza dell’ultima rata senza pagamento, tutto il debito ancora dovuto diviene esigibile e l’Agente della Riscossione può attivarsi per il recupero.
Esempio pratico di calcolo della decadenza
Si consideri un piano di 20 rate mensili concesso nel settembre 2022. Il contribuente paga regolarmente le prime 10 rate, poi – a causa di difficoltà – inizia a saltare alcune scadenze. Poniamo che non paghi le rate n. 11, 12, 13, 14, 15, 16 e 17. Abbiamo dunque 7 rate non pagate accumulate. Alla scadenza della rata n. 18, se anch’essa non viene pagata entro i 5 giorni di tolleranza, il totale delle rate omesse diventa 8: a quel punto scatta la decadenza automatica in data di scadenza della 18ª rata. Il piano viene risolto e il debito residuo (comprendente rate 11-20 non pagate) è immediatamente dovuto in un’unica soluzione. Se invece il contribuente avesse saldato almeno una delle rate in sofferenza prima di arrivare a 8 omesse (ad esempio pagando in ritardo, con interessi, la rata 11 prima che la rata 18 scadesse), il numero di rate insolute al momento critico sarebbe stato 7 e il piano sarebbe rimasto in essere. Questo esempio mostra come sia possibile, in certa misura, recuperare i ritardi prima che sia troppo tardi: finché non si raggiunge la soglia fatale, il debitore può cercare di regolarizzare le rate arretrate (pagandole con gli interessi dovuti) e così evitare la decadenza. Naturalmente, cumulare molti arretrati comporta un esborso consistente tutto insieme, quindi è consigliabile non far accumulare troppe rate non pagate.
Conseguenze del mancato pagamento e tutela del debitore
Effetti immediati della decadenza
Quando si verifica la decadenza del piano di rateazione, le conseguenze per il debitore sono significative e immediate. Anzitutto, come già ribadito, l’intero debito residuo diviene esigibile in unica soluzione. Ciò significa che non è più prevista alcuna dilazione: l’Agente della Riscossione può pretendere il pagamento immediato di tutto il dovuto (capitale, sanzioni, interessi e aggi eventuali, al netto di quanto già versato). Inoltre, possono riprendere (o avviarsi) le azioni di recupero coattivo: decorsi i termini di legge, l’Agente potrà emettere atti come l’intimazione di pagamento (un ultimo sollecito che dà 5 giorni al debitore per saldare, decorso il quale si procede forzosamente) e quindi attivare misure esecutive quali il pignoramento di conti correnti, stipendi, pensioni o altri crediti, l’iscrizione di ipoteca su beni immobili, il fermo amministrativo su veicoli, ecc. In sostanza, con la decadenza il contribuente perde la protezione che aveva ottenuto grazie alla rateazione e il debito ritorna nella fase ordinaria della riscossione senza più vincoli per l’Agente della Riscossione.
Va evidenziato che le somme già versate prima della decadenza restano acquisite e vengono imputate a acconto sul debito. Il piano decaduto, infatti, “si considera estinto con effetti solutori parziali”: in altre parole, non è che i pagamenti fatti vadano persi – semplicemente sono scalati dall’importo originariamente iscritto a ruolo (che ora torna dovuto per l’intero residuo). Ad esempio, se su €10.000 dilazionati ne sono stati pagati €4.000 in varie rate prima della decadenza, ne rimangono €6.000 da versare e tale importo sarà immediatamente richiesto. Anche eventuali misure deflattive del contenzioso collegate al pagamento (es. se il piano derivava da un accertamento con adesione o una conciliazione giudiziale) vengono meno, poiché l’accordo rateale era condizione per l’agevolazione sulle sanzioni: la decadenza comporta generalmente la riliquidazione delle sanzioni allo stato originario (questo però riguarda le rateazioni degli avvisi di accertamento dilazionati, non le cartelle esattoriali, quindi esula un po’ dal nostro focus).
Un ulteriore effetto indiretto riguarda la compensazione di crediti tributari: come accennato, finché il piano è attivo e regolare, il contribuente può utilizzare eventuali crediti fiscali in compensazione orizzontale (mod. F24) anche se ha un debito iscritto a ruolo scaduto, grazie all’esistenza della dilazione (che rende “non esigibile” il carico ai sensi dell’art. 37, c.49-quinquies DL 223/2006). Ma se il piano decade, il debito residuo torna ad essere un carico scaduto esigibile a tutti gli effetti; di conseguenza operano i divieti di compensazione di cui all’art. 31 DL 78/2010 (che impediscono la compensazione di crediti se vi sono debiti a ruolo > €1.500 scaduti). In pratica, dopo la decadenza il contribuente non potrà più utilizzare crediti tributari in compensazione fino a quando non avrà regolarizzato il debito (quanto meno riducendolo sotto soglia). Questa è un’ulteriore ragione per evitare di incorrere nella decadenza, specie per imprese o professionisti che periodicamente utilizzano crediti IVA, ecc., in compensazione: trovarsi improvvisamente esclusi dalla possibilità di compensare può creare problemi di liquidità aggiuntivi.
Nuova rateizzazione dopo la decadenza: è possibile?
Una domanda frequente dal punto di vista del debitore è: se perdo la rateizzazione, posso chiedere un nuovo piano per lo stesso debito? La risposta dipende dal periodo in cui il piano originario era stato concesso. Il legislatore, nel tempo, ha infatti irrigidito le condizioni per le riammissioni in dilazione. In base all’art. 19 DPR 602/1973, oggi vige la regola per cui se la rateizzazione decaduta era stata richiesta a partire dal 16 luglio 2022, non è ammessa una nuova dilazione per quegli stessi carichi. Questa previsione è stata introdotta dall’art. 15-bis del DL 50/2022 (conv. L. 91/2022) e mira a responsabilizzare il debitore: in pratica, per i piani più recenti si ha una sola chance di rateazione. Se la si spreca (decadendo), il debito residuo dovrà essere pagato integralmente senza possibilità di ulteriore dilazione (salvo casi eccezionali di definizioni agevolate). Viceversa, se il piano decaduto era più vecchio (istanza presentata fino al 15 luglio 2022), la normativa previgente consentiva di chiedere un nuovo piano per lo stesso debito, a patto però di versare tutte le rate scadute non pagate del precedente piano al momento della nuova richiesta. In sostanza, chi è decaduto da una rateazione “vecchia maniera” può rimettersi in carreggiata pagando l’arretrato accumulato e poi presentando una nuova istanza di dilazione per il residuo; chi invece decade da un piano “attuale” (post-2022) non può ottenere un nuovo piano sui medesimi importi. È importante sottolineare che questa preclusione vale solo per i debiti oggetto della rateazione decaduta: resta comunque possibile richiedere rateazioni per altri debiti eventualmente iscritti a ruolo, anche se il contribuente ha un piano decaduto alle spalle. In altre parole, la decadenza di un piano non “squalifica” il contribuente dal rateizzare futuri debiti, ma gli impedisce (se il piano era recente) di dilazionare di nuovo lo stesso arretrato.
Esempio: Tizio ha due cartelle: la cartella A, rateizzata nel 2023 e poi decaduta, e la cartella B, notificata nel 2024. Per la cartella A (piano post-16/7/22) Tizio non potrà chiedere una nuova rateazione perché è decaduto dal piano e la legge glielo vieta; dovrà pagarne il residuo in unica soluzione (oppure attendere – se mai ci fosse – una definizione agevolata politica che riapra i termini). Per la cartella B, invece, Tizio può tranquillamente chiedere una rateizzazione ordinaria, poiché si tratta di un debito diverso non coinvolto nel precedente piano decaduto. Allo stesso modo Caio, decaduto nel 2021 da un piano concesso nel 2019, può presentare istanza per un nuovo piano sul debito residuo di quella stessa cartella (perché il suo primo piano era ante 2022), purché prima paghi tutte le rate scadute non versate nel 2019-21.
Eccezioni: Nel 2023-2025 il legislatore ha introdotto alcune eccezioni mirate alla regola della non-riedizione delle dilazioni. In particolare, con il Decreto Milleproroghe 2023 (DL 198/2022 conv. L.14/2023) e successivamente con il Decreto Milleproroghe 2025 (DL 198/2024 conv. L.15/2025) sono state emanate norme speciali per la riammissione nei termini di definizioni agevolate decadute. Ad esempio, l’art. 2, c.4-5 DL 198/2024 ha consentito ai debitori decaduti dalla rottamazione-quater (2023) di essere riammessi dilazionando le somme dovute come se fosse un nuovo piano. Tali eccezioni però riguardano le rottamazioni e non le rateizzazioni ordinarie: per queste ultime resta valido quanto detto sopra (no nuova rate se piano post-2022). Inoltre, va ricordato che se il contribuente ha in corso un contenzioso o impugna l’atto, può ottenere in sede giudiziale la sospensione della riscossione: ad esempio un ricorso in Commissione Tributaria contro la cartella, con richiesta di sospensiva, se accolto dal giudice bloccherà temporaneamente le azioni esecutive anche dopo la decadenza del piano. Si tratta però di rimedi giudiziari straordinari, che esulano dalla normale gestione amministrativa del debito e che vanno valutati caso per caso con l’ausilio di un legale tributario.
Strategie in caso di temporanea difficoltà
Dal punto di vista pratico, cosa può fare il debitore che si accorge di non riuscire a pagare una rata entro la scadenza? Riassumiamo alcuni consigli operativi utili a mitigare le conseguenze del ritardo:
- Usufruire pienamente del margine di tolleranza: se il ritardo sarà di pochi giorni, cercare di rientrare comunque entro i 5 giorni di tolleranza. Un pagamento effettuato in questo breve lasso (ad es. 2-3 giorni dopo la scadenza) verrà considerato come tempestivo e non porterà né interessi di mora né conteggio di rata omessa.
- Calcolare e versare gli interessi di mora dovuti: se si supera la tolleranza, ricordarsi di aggiungere l’importo degli interessi maturati. Come spiegato, si tratta di somme modeste nel breve periodo, ma fondamentali perché la rata sia considerata valida. L’Agente della Riscossione rende disponibile il calcolo degli interessi sul proprio portale (area riservata debitori) o presso i suoi sportelli. In mancanza, ci si può avvalere di un calcolo approssimativo tenendo conto dei giorni di ritardo e del tasso annuo in vigore. Versare solo la quota capitale della rata equivale a un pagamento insufficiente, che non evita l’inadempienza.
- Non accumulare troppe rate non pagate: se ci si trova in un periodo di crisi di liquidità, è preferibile cercare di pagare almeno a saldo qualche rata (magari in ritardo) piuttosto che interrompere del tutto i pagamenti. Questo perché, come visto, la decadenza scatta al raggiungimento di un certo numero di rate omesse: pagare ogni tanto una rata, seppur in ritardo, “resetta” il contatore delle insolvenze continue. Ad esempio, saltare 4 rate, poi pagarne una (con relativi interessi) e poi saltarne altre 4, potrebbe evitare la decadenza laddove saltare 8 di fila la causerebbe. Attenzione però: pagare in ritardo ha comunque effetti negativi (si pagano più interessi e si resta in mora su altre rate), quindi questa strategia va usata solo come extrema ratio per guadagnare tempo, e sempre assicurandosi di regolarizzare le posizioni pendenti.
- Valutare la proroga del piano: in alcuni casi il debitore può richiedere una proroga della rateizzazione prima di decadere. L’art. 19 DPR 602/73 consente, a certe condizioni (es. peggioramento ulteriore della situazione economica), di ottenere una dilazione aggiuntiva delle somme residue non ancora scadute, trasformando il piano originario in un piano più lungo (fino a un massimo di altre 72 rate per proroga ordinaria o 120 rate per proroga straordinaria). La proroga va richiesta prima che il piano decada e comporta una nuova valutazione da parte di AdER. Se il contribuente intravede di non poter rispettare le restanti scadenze, potrebbe tentare questa strada per diluire ulteriormente i pagamenti (tenendo conto che serve presentare documentazione aggiornata sullo stato di difficoltà).
- Comunicare con l’Agente della Riscossione: è sempre consigliabile non attendere passivamente l’accumulo di ritardi ma, appena sorge un problema di pagamento, comunicare con l’ente riscossore. AdER dispone di sportelli (anche virtuali) per assistere i contribuenti in difficoltà; talvolta, se c’è la volontà di pagare, si riescono a trovare soluzioni come la ricalendarizzazione di alcune rate nei limiti di legge. Ad esempio, AdER invia spesso un promemoria prima delle scadenze e, in caso di mancato pagamento di alcune rate, può inviare un sollecito bonario prima di dichiarare la decadenza, invitando a regolarizzare. È bene non ignorare tali comunicazioni e cogliere l’occasione per sistemare le rate scadute.
In sintesi, dal punto di vista del debitore, la parola d’ordine è tempestività: sia nel cercare di pagare appena possibile (anche se in ritardo), sia nell’affrontare proattivamente eventuali difficoltà di medio periodo, sfruttando gli strumenti normativi (proroga, nuovi piani su altri debiti) e mantenendo un dialogo aperto con l’Amministrazione.
Giurisprudenza e prassi recente in materia di rateazioni
Il tema della puntualità nei pagamenti rateali e della decadenza dai benefici è stato oggetto di varie pronunce giurisprudenziali, soprattutto da parte della Corte di Cassazione, che hanno confermato un orientamento di grande rigore nell’interpretazione delle norme. Vale la pena citare alcune decisioni significative:
- Cassazione, ord. 19 settembre 2023 n. 16062: la Suprema Corte ha ribadito che anche un solo giorno di ritardo può comportare la decadenza dal piano, se il pagamento dell’importo non avviene entro i termini previsti dalla legge. In particolare, in questo caso riguardante una dilazione ex art. 3-bis D.Lgs. 462/1997 (rateazione di somme da controllo automatizzato), la Cassazione ha affermato che “il mancato pagamento di una rata entro il termine di pagamento della rata successiva comporta la decadenza dalla rateazione anche se il pagamento è avvenuto con un solo giorno di ritardo”. La pronuncia richiama l’attenzione sul fatto che la norma non distingue tra ritardo lieve e ritardo grave: se il pagamento non interviene entro il termine ultimo consentito (nel caso specifico, entro la scadenza della rata successiva), il beneficio decade inevitabilmente. Questa severità si riflette anche nelle rateazioni delle cartelle ex art. 19 DPR 602/73: superati i 5 giorni di tolleranza, la rata è considerata omessa e conta ai fini della decadenza, senza ulteriori indulgenze.
- Cassazione, sent. 5 marzo 2021 n. 6263: in questa sentenza (sempre in materia di rate da controllo automatizzato, ma con principi estensibili), la Corte ha evidenziato come il legislatore, con il DL 201/2011, abbia voluto ancor più irrobustire il carattere perentorio dei termini di pagamento in caso di dilazione. È stato introdotto infatti l’obbligo di versare ogni rata entro il termine di quella successiva, pena la decadenza immediata e l’iscrizione a ruolo del residuo. Nella stessa sentenza la Cassazione chiarisce che non vi è differenza tra omesso versamento e tardivo versamento oltre i termini: un pagamento arrivato in ritardo fuori termine legale produce gli stessi effetti del mancato pagamento. Ciò serve da monito: il contribuente non può giustificarsi dicendo “ho comunque pagato (anche se in ritardo)”, perché la legge consente il ritardo solo entro il limite espressamente previsto (i 5 giorni, nel nostro caso); oltre quel limite, agli occhi della legge è come se non avesse pagato affatto.
- Cassazione, ord. 13 novembre 2017 n. 26776: già in questa pronuncia la Corte Suprema aveva affermato che in tema di decadenza da dilazioni “la previsione normativa non consente alcuna distinzione tra ritardato versamento e mancato versamento della rata”. Tale concetto – poi ripreso nelle pronunce sopra citate – indica chiaramente che l’apparente severità (nessuna ulteriore tolleranza oltre i margini fissati per legge) è in realtà coerente con la volontà normativa: la rateazione è una concessione, e come tale deve essere rispettata secondo le condizioni date. Del resto, si noti che negli ultimi anni il legislatore, pur avendo aumentato le soglie di decadenza e concesso margini in situazioni emergenziali, non ha mai esteso la tolleranza temporale oltre i 5 giorni. Ciò conferma che quei 5 giorni rappresentano l’unico “bonus” temporale generalizzato concesso ai debitori per eventuali imprevisti tecnici o di liquidità a ridosso delle scadenze (ad esempio, un bonifico disposto in extremis, un giorno festivo che interferisce, ecc.), mentre per ritardi maggiori vige la regola del rigore.
Dal lato della prassi amministrativa, oltre alle norme primarie già citate, si segnalano:
- Le circolari e le FAQ dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione, che hanno recepito le varie novità normative. In particolare la guida pratica pubblicata da AdER (Vademecum “La nuova rateizzazione delle cartelle di pagamento”, giugno 2024) sintetizza bene le condizioni di decadenza e riammissione, costituendo un utile riferimento per professionisti e contribuenti. AdER inoltre sul proprio sito e comunicati stampa sottolinea spesso il funzionamento della tolleranza di 5 giorni (ad esempio, indicando nelle scadenze delle rottamazioni la data ultima “tenuto conto dei 5 giorni di tolleranza previsti dalla legge”), a conferma che tale margine è una regola da tenere sempre presente.
- I documenti di prassi dell’Agenzia delle Entrate (in tema di definizioni agevolate): ad esempio, la Circolare AE n.2/E dell’8 marzo 2017 chiarì, in occasione della prima “rottamazione” delle cartelle, gli effetti della decadenza e della impossibilità di rateizzare dopo la decadenza della definizione (circostanza poi cambiata in parte con le norme successive). Anche recentemente, nelle FAQ pubblicate sul sito AdER relative alla rottamazione-quater, si ribadisce che “per ogni scadenza è possibile effettuare il pagamento avvalendosi anche di ulteriori 5 giorni di tolleranza. In caso di mancato, insufficiente o tardivo pagamento (oltre i 5 giorni) di una rata, la definizione agevolata non produce effetti”. Questa è praticamente la stessa filosofia applicata ai piani ordinari: 5 giorni extra concessi, oltre i quali si decade e il debito torna interamente dovuto.
In conclusione, tanto la giurisprudenza quanto la prassi amministrativa delineano un quadro nel quale il debitore può certamente fruire della rateizzazione come strumento di sollievo, ma è tenuto a rispettare rigorosamente le scadenze, potendo contare solo su minimi margini di flessibilità. Il punto di vista del debitore dunque deve essere improntato alla massima diligenza: conoscere le regole del gioco (tolleranza di 5 giorni, numero di rate saltabili, ecc.) permette di non incorrere in decadenze inconsapevoli e di pianificare al meglio i propri pagamenti. Nel prossimo paragrafo, proponiamo una sezione di domande e risposte riepilogative che affrontano i dubbi più comuni in materia.
Domande frequenti (FAQ)
D: Ho pagato una rata con 2 giorni di ritardo rispetto alla scadenza. Perdo la rateizzazione?
R: No, un ritardo di due giorni rientra nella tolleranza di 5 giorni prevista dalla legge. Il pagamento sarà considerato tempestivo e non comporterà decadenza né sanzioni aggiuntive, purché tu abbia versato l’importo corretto della rata. In pratica, se la rata scadeva il giorno 30, pagando entro il 5 del mese successivo sei nei termini. Non dovrai neppure interessi di mora per un ritardo così breve (in genere gli interessi di mora si calcolano a partire dal 61° giorno successivo alla notifica della cartella, quindi qualche giorno di ritardo sulla singola rata normalmente non genera interessi significativi).
D: Ho dimenticato di pagare una rata e sono passate tre settimane dalla scadenza. Posso ancora pagarla?
R: Sì, puoi ancora pagarla, ma ormai sei fuori dal periodo di tolleranza di 5 giorni. Questo significa che quella rata viene considerata formalmente omessa ai fini del conteggio della decadenza. Puoi però “salvarla” pagando adesso l’importo della rata + gli interessi di mora maturati dal giorno successivo alla scadenza. Facendo così, la rata verrà considerata comunque saldata (anche se in ritardo) e non verrà conteggiata tra quelle non pagate che portano alla decadenza. Se invece pagassi solo l’importo originario senza interessi, la rata risulterebbe ancora pendente e conterebbe come non pagata. Quindi assicurati di calcolare e versare anche gli interessi dovuti. L’Agente della Riscossione accetterà il pagamento tardivo e aggiornerà la tua situazione, mantenendo attivo il piano (a meno che nel frattempo tu non abbia già superato la soglia di 8 rate insolute totali).
D: Quante rate posso saltare (non pagare) senza decadere dal piano?
R: Dipende da quando hai ottenuto la rateizzazione. Per i piani attuali (richiesti dal 16 luglio 2022 in poi) il limite è di 8 rate non pagate (anche non consecutive). Se ne salti una nona, perdi il beneficio. Se il tuo piano è un po’ più datato, le soglie potrebbero essere diverse: 5 rate per piani concessi tra inizio 2022 e metà luglio 2022, 10 rate per piani concessi tra 2020 e 2021 (periodo Covid), 18 rate per piani in essere all’inizio del Covid (8/3/2020). In generale oggi, per i nuovi piani, tieni presente il numero 8 come riferimento.
D: Se salto 8 rate ma poi le pago tutte insieme prima che mi revochino il piano, evito la decadenza?
R: Potenzialmente sì, se riesci a pagare le rate arretrate prima che scatti formalmente la decadenza. La decadenza scatta alla scadenza della rata successiva che farebbe superare il limite. Ad esempio, hai 7 rate non pagate; alla prossima scadenza non paghi e arrivi a 8: in quel giorno decadi. Ma se prima di quella scadenza tu pagassi una o più delle 7 rate pendenti (con relativi interessi), ridurresti il conteggio degli insoluti e quindi alla prossima scadenza non raggiungeresti 8. In pratica, finché non hai effettivamente accumulato 8 rate insolute al momento di una scadenza, non sei decaduto. Chiaramente, però, pagare 7-8 rate tutte insieme è oneroso e comunque i ritardi prolungati possono portare AdER a sollecitarti o ad iscrivere misure cautelari (ad es. un fermo auto per rate scadute). Quindi è una strategia rischiosa. Molto meglio cercare di non arrivare a quel punto.
D: Non ho pagato l’ultima rata del piano entro la scadenza. Posso pagarla in ritardo?
R: Puoi pagarla in ritardo (magari anche qui con interessi), ma sappi che il piano è comunque destinato a decadere se superi i 5 giorni di tolleranza. Come spiegato, la mancata ultima rata fa decadere il piano anche se prima eri stato perfetto nei pagamenti. Tuttavia, pagandola comunque il prima possibile ridurrai il debito residuo ed eviterai ulteriori conseguenze (ad esempio ulteriori interessi di mora). Se ti accorgi di non riuscire a pagarla, potrebbe valere la pena contattare AdER prima che scada, per capire se esistono margini (in alcuni casi, se ci sono poche rate rimaste, AdER potrebbe suggerirti soluzioni, ma in verità sulla ultima rata la legge è rigida). In sintesi: l’ultima rata è bene pagarla assolutamente entro i termini, perché diversamente la rateizzazione si risolve e si perde l’eventuale beneficio di sanzioni ridotte se proveniva da conciliazioni, ecc.
D: Se decado dal piano, posso chiedere un’altra rateizzazione sullo stesso debito?
R: Solo in alcuni casi. Se il tuo piano originario era stato concesso entro il 15 luglio 2022, la legge ti permette di presentare una nuova domanda di dilazione per quel debito, a condizione di aver pagato tutte le rate scadute del vecchio piano. In pratica devi prima metterti in pari con l’arretrato maturato fino alla decadenza, poi puoi dilazionare il restante. Se invece il piano era stato concesso dal 16 luglio 2022 in poi, no, non è ammessa una nuova rateizzazione per quel debito. È una regola introdotta di recente: chi decade dai piani “nuovi” purtroppo deve pagare il residuo tutto insieme (salvo che intervenga una rottamazione o altra legge speciale). Ricorda comunque che questo vale solo per lo stesso carico: potrai sempre chiedere rateizzazioni per eventuali altri debiti.
D: Che succede se dopo la decadenza non pago subito il debito residuo?
R: Dopo la decadenza, il debito residuo è considerato scaduto ed esigibile. Dunque l’Agente della Riscossione può intraprendere le normali azioni di recupero forzoso. In genere il primo passo è l’intimazione di pagamento: un atto che ti dà un ultimo termine di 5 giorni per pagare, trascorso il quale partiranno i pignoramenti. Se ignori anche l’intimazione, potresti subire un pignoramento (sul conto corrente o presso il datore di lavoro se hai uno stipendio), oppure un fermo amministrativo su un veicolo, o ancora l’ipoteca su un immobile di tua proprietà, a seconda dell’entità del debito. Inoltre, finché resta questo debito, non potrai compensare eventuali crediti fiscali di cui disponi (ad es. crediti IVA) perché le regole lo vietano in presenza di debiti iscritti a ruolo scaduti. Insomma, le conseguenze possono essere serie. È consigliabile cercare di evitare di arrivare alla decadenza; ma se ormai è accaduto, la cosa migliore è contattare subito AdER per trovare una soluzione (ad esempio valutare se c’è una definizione agevolata cui puoi aderire, oppure concordare i pagamenti). In qualche caso, AdER prima di procedere con esecuzioni attende alcuni mesi e invia un sollecito: sfrutta quel tempo per racimolare il necessario. Se la cifra è davvero impagabile, valuta di rivolgerti a un professionista (un avvocato tributarista) per esaminare possibili rimedi straordinari (es. una procedura di sovraindebitamento o una transazione fiscale se sei un imprenditore in crisi).
D: Il tasso di interesse del mio piano può variare? E l’“aggio” di riscossione cos’è?
R: Il tasso di interesse di dilazione viene determinato periodicamente dal Ministero dell’Economia (di solito una volta all’anno) ed è applicato in misura fissa per tutta la durata del tuo piano, quella vigente al momento in cui il piano è concesso. Ad esempio, se nel 2022 il tasso era 2,68%, tutte le rate del piano concesso nel 2022 avranno quel tasso anche se poi il tasso cambia negli anni successivi. Solo se proroghi o chiedi un nuovo piano si applicherà il nuovo tasso. Per quanto riguarda l’aggio di riscossione, era la commissione che l’Agente della Riscossione applicava sui ruoli (circa 3% o 6% a seconda dei casi). Dal 2022 l’aggio è stato abolito e sostituito da un meccanismo di remunerazione a carico del bilancio statale, quindi per i nuovi carichi non si paga più aggio. Tuttavia, nei piani in corso che includono carichi affidati fino al 2021, una parte di aggio era compresa nelle rate. Se paghi in ritardo una rata di quei piani, devi aggiungere anche l’aggio pro-quota sugli interessi di mora maturati (aspetto tecnico: in pratica l’aggio era dovuto anche sugli interessi di mora). Comunque per i debiti recenti (dal 2022) il problema aggio non si pone più per il contribuente.
D: Ho un credito d’imposta e un debito rateizzato: posso compensare il credito con il debito?
R: Non direttamente. La compensazione “automatica” avviene bloccando i rimborsi, ma per usare un credito in F24 per pagare una rata a ruolo non è possibile perché i codici tributo in F24 non lo consentono. Quello che puoi fare però è continuare ad utilizzare il credito normalmente (ad esempio per pagare altre imposte) anche se hai un debito rateizzato: infatti il debito rateizzato non conta come scaduto ai fini del divieto di compensazione, quindi l’eventuale blocco di compensazioni (che scatta quando hai debiti oltre €1.500 scaduti) non si applica se il debito è incluso in un piano attivo e regolare. In pratica, finché sei in regola col piano, il Fisco ti lascia compensare altri crediti liberamente. Se però decadi, come dicevamo, quel debito diventa ostativo e non potrai più usare crediti finché non lo paghi o lo riduci sotto soglia.
Conclusioni
Dal punto di vista del debitore, la gestione oculata di una rateizzazione con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione è fondamentale per evitare di aggravare la propria posizione debitoria. Abbiamo visto che la normativa concede alcuni spazi di flessibilità – in primis il margine di 5 giorni per pagare una rata scaduta senza conseguenze, e un certo numero di rate omesse tollerate prima della decadenza – ma tali spazi sono limitati e vanno utilizzati con cautela. Il consiglio pratico è di non considerare mai la rateizzazione come un “pagare quando posso”: al contrario, occorre pianificare attentamente i propri flussi finanziari per rispettare il più possibile le scadenze. Se un inconveniente causa un ritardo breve, la legge viene incontro con quei pochi giorni di tolleranza; se le difficoltà sono più serie, è preferibile cercare soluzioni (proroghe, pagamenti parziali, consulenza legale) prima di lasciare che il debito sfugga di mano accumulando rate su rate insolute. La decadenza dal piano, infatti, comporta il ritorno alla riscossione coattiva piena, con costi e rischi ben maggiori per il contribuente.
In questa guida abbiamo fornito un quadro esaustivo delle tempistiche concesse per pagare una rata scaduta, delle conseguenze del mancato pagamento e dei rimedi possibili. Si è tenuto un approccio avanzato ma orientato anche alla pratica, nella speranza che le informazioni qui raccolte possano servire sia ai professionisti (avvocati tributaristi, commercialisti) sia ai cittadini e imprenditori che si trovino a gestire debiti rateizzati con il Fisco. In caso di situazioni critiche, il suggerimento finale è di non aspettare passivamente la decadenza: rivolgersi per tempo a un esperto e dialogare con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione può fare la differenza tra una crisi risolvibile e una situazione irreparabile. Ricordiamo sempre che le norme possono aggiornarsi (come avvenuto nel 2023-2025 con la riforma della riscossione): è buona prassi mantenersi informati sulle novità legislative (ad esempio consultando le **“Guide fiscali” ufficiali e le FAQ pubblicate dagli enti competenti) o chiedere chiarimenti direttamente agli sportelli AdER per evitare brutte sorprese. Conoscere i propri diritti – e i propri doveri – è il primo passo per gestire al meglio qualsiasi obbligazione con l’Erario.
Fonti e riferimenti normativi
- Agenzia delle Entrate-Riscossione (AdER), Vademecum “La nuova rateizzazione delle cartelle di pagamento” – giugno 2024. (Guida ufficiale AdER sulle regole aggiornate di dilazione dei ruoli).
- DPR 29/09/1973 n. 602, art. 19: “Dilazione del pagamento”. (Testo di legge vigente disciplinante la rateizzazione dei carichi a ruolo, come modificato da D.Lgs. 159/2015, DL 146/2021, DL 50/2022 conv. L.91/2022, D.Lgs. 110/2024, etc.).
- Corte di Cassazione, ord. 19/09/2023 n. 16062 – in materia di decadenza da rateazione per tardivo versamento (principio di diritto: equiparazione del ritardo oltre termini all’omesso pagamento).
- Corte di Cassazione, sent. 05/03/2021 n. 6263 – sul regime del DL 201/2011 e la decadenza in caso di mancato pagamento nei termini (nessuna distinzione tra mancato e tardivo pagamento).
- Corte di Cassazione, ord. 13/11/2017 n. 26776 – conferma dell’assenza di differenza giuridica tra versamento omesso e versamento effettuato oltre i termini in materia di dilazioni.
- Normativa emergenziale COVID: DL 137/2020 conv. L.176/2020 e DL 146/2021 conv. L.215/2021 (estensioni temporanee delle soglie di decadenza a 10 e 18 rate); DL 198/2024 conv. L.15/2025 (riammissione rottamazione-quater per decaduti).
Hai saltato una rata con l’Agenzia delle Entrate? Attenzione alle scadenze: rischi la decadenza della rateizzazione
Se hai ottenuto una rateizzazione di cartelle o debiti fiscali con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione ma non sei riuscito a pagare una rata, è fondamentale conoscere i tempi entro cui puoi rimediare senza perdere il beneficio della dilazione.
La legge prevede limiti molto rigidi: bastano pochi ritardi per perdere il piano e subire l’intera azione esecutiva.
Quanto tempo hai per pagare una rata scaduta? Fatti Aiutare da Studio Monardo
La regola generale è questa:
- Hai 5 giorni di tolleranza dalla scadenza della rata per effettuare il pagamento senza conseguenze
- Se superi il termine, il ritardo viene conteggiato come “rata non pagata”
- Con 5 rate scadute, anche non consecutive, perdi automaticamente il piano di rateizzazione
❗ Attenzione: in caso di rateazioni concesse prima del 2020, il limite può essere di 8 rate non pagate. Controlla l’anno di concessione del tuo piano.
Cosa succede se salti troppe rate?
Se non paghi nei termini:
- Decadi automaticamente dal beneficio del pagamento rateale
- L’Agenzia delle Entrate-Riscossione può riprendere le azioni esecutive (pignoramenti, fermi, ipoteche)
- Per tornare in regola dovrai richiedere un nuovo piano, se consentito, oppure pagare l’intero debito in un’unica soluzione
La buona notizia? Se agisci tempestivamente, puoi bloccare la decadenza e rientrare nel piano prima che sia troppo tardi.
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🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in diritto tributario e riscossione fiscale
✔️ Iscritto come Gestore della crisi presso il Ministero della Giustizia
✔️ Difensore in contenziosi con l’Agenzia delle Entrate e Riscossione
Conclusione
Anche una sola rata scaduta può compromettere tutta la tua strategia di pagamento, ma hai ancora tempo per agire.
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