Quando L’Opposizione All’Esecuzione È Inammissibile?

Hai ricevuto un atto di precetto o un pignoramento e stai valutando di opporti, ma ti chiedi quando l’opposizione all’esecuzione è inammissibile e rischi di perdere tempo e soldi? Vuoi sapere quali sono i casi in cui il giudice può rigettare il tuo ricorso senza nemmeno entrare nel merito?

L’opposizione all’esecuzione è uno strumento fondamentale per difenderti da un’esecuzione forzata illegittima. Ma non sempre è proponibile: se presenti un’opposizione fuori termine, con motivazioni sbagliate o nel momento sbagliato, il giudice può dichiararla inammissibile subito.

Cos’è l’opposizione all’esecuzione?
È l’atto con cui il debitore contesta il diritto del creditore di procedere all’esecuzione forzata. Non riguarda i modi dell’esecuzione (quelli si contestano con l’opposizione agli atti esecutivi), ma il diritto sostanziale del creditore ad agire.

Quando è inammissibile l’opposizione all’esecuzione?
– Quando viene proposta oltre i termini di legge: ad esempio, dopo 20 giorni dalla notifica del precetto, salvo casi particolari
– Se è già stata proposta e respinta con sentenza passata in giudicato
– Se i motivi invocati potevano essere fatti valere prima, con opposizione al decreto ingiuntivo o in un altro giudizio
– Quando l’opposizione non contesta il titolo esecutivo, ma solo aspetti procedurali (che richiedono invece altra forma di opposizione)
– Se è generica, priva di fondamento o di prova immediata, oppure basata su fatti manifestamente infondati

Esempi tipici di opposizioni inammissibili
– Opporsi al pignoramento contestando il decreto ingiuntivo ormai definitivo
– Presentare un’opposizione senza indicare chiaramente il vizio del titolo
– Contestare un debito già accertato con sentenza definitiva
– Usare l’opposizione per chiedere solo più tempo o dilazioni, senza ragioni giuridiche reali

Cosa succede se l’opposizione è inammissibile?
– Il giudice la rigetta subito, spesso con condanna alle spese
– L’esecuzione prosegue regolarmente
– Perdi tempo, soldi e un’occasione utile per difenderti davvero
– In alcuni casi, il rigetto può precludere ulteriori opposizioni

Cosa puoi fare per evitarlo?
– Verifica con un avvocato che il tuo motivo sia valido, fondato e tempestivo
– Assicurati che l’opposizione sia riferita al giusto tipo di vizio (titolo, procedura, atto)
– Non improvvisare: una sola opposizione ben fatta può bloccare tutta l’esecuzione

Cosa NON devi fare mai?
– Presentare un’opposizione “di speranza”, priva di veri argomenti
– Confondere l’opposizione all’esecuzione con quella agli atti
– Pensare che il giudice “valuterà comunque nel merito”: se è inammissibile, non ci arriva nemmeno
– Agire da solo: serve una difesa tecnica e mirata

Un’opposizione inammissibile non ti protegge. Ma una ben costruita può fermare tutto.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in esecuzioni e opposizioni giudiziarie – ti spiega quando l’opposizione all’esecuzione è inammissibile, quali sono gli errori più comuni e come evitare di sprecare tempo e difenderti nel modo giusto.

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Introduzione

L’opposizione all’esecuzione è lo strumento con cui il debitore (o eccezionalmente un terzo interessato) si difende da un’azione esecutiva forzata avviata dal creditore. In sostanza, attraverso l’opposizione il debitore contesta il diritto del creditore di procedere all’esecuzione forzata – ad esempio negando l’esistenza o la validità del titolo esecutivo, l’attualità del credito, oppure l’aggressibilità di determinati beni – con l’obiettivo di far dichiarare dal giudice l’improcedibilità o l’estinzione dell’azione esecutiva stessa. Si tratta di una materia tecnica e delicata: non ogni doglianza può essere sollevata tramite opposizione, e soprattutto vi sono rigidi limiti temporali e procedurali, la cui violazione rende l’opposizione inammissibile. In altre parole, se l’opposizione è proposta fuori dai termini previsti o per contestare aspetti che l’ordinamento non consente di mettere in discussione in sede esecutiva, il giudice la rigetterà senza esaminarla nel merito (o la dichiarerà improcedibile).

È fondamentale quindi capire quando un’opposizione all’esecuzione è inammissibile. La risposta richiede di esaminare le diverse tipologie di opposizione nel processo esecutivo italiano – ciascuna disciplinata dal codice di procedura civile (c.p.c.) – e le rispettive condizioni di ammissibilità. In questa guida aggiornata a giugno 2025, forniremo un’analisi avanzata (ma dal taglio anche pratico-divulgativo) delle seguenti categorie:

  • Opposizione all’esecuzione in senso stretto (art. 615 c.p.c.), che include l’opposizione a precetto (prima che l’esecuzione inizi) e l’opposizione successiva al pignoramento (a esecuzione iniziata). Questa incide sull’“an” dell’esecuzione, contestando il diritto del creditore di procedere coercitivamente.
  • Opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.), con cui si censurano vizi formali o irregolarità dei singoli atti del processo esecutivo (ad es. vizi di notifica, difetti di forma del precetto o del pignoramento, errori procedurali), senza mettere in discussione il credito in sé. È il rimedio per controllare la regolarità formale dei vari atti compiuti dal giudice dell’esecuzione o dalle parti.
  • Opposizione di terzo all’esecuzione (art. 619 c.p.c.), con cui un terzo estraneo (diverso dal debitore e dal creditore procedente) interviene per far valere un proprio diritto sul bene pignorato – tipicamente una proprietà o altro diritto reale – sostenendo che quel bene non doveva essere soggetto all’esecuzione. L’obiettivo del terzo è sottrarre il bene all’espropriazione perché gli appartiene (o perché vanta su di esso un diritto prevalente).

Ciascuna di queste opposizioni ha presupposti, termini e modalità proprie, e di conseguenza differenti circostanze di inammissibilità. Di seguito passeremo in rassegna, dal punto di vista del debitore, i casi più importanti in cui l’opposizione viene dichiarata inammissibile, alla luce della normativa vigente (incluse le più recenti riforme, come la riforma Cartabia 2022–2024) e della giurisprudenza più aggiornata (sentenze di merito e di legittimità fino al 2025). Verranno inoltre presentate tabelle riepilogative, esempi pratici e una sezione Domande & Risposte, per consolidare i concetti chiave in modo chiaro e schematico.

Tipologie di opposizioni esecutive e loro finalità

Prima di individuare quando l’opposizione all’esecuzione è inammissibile, è utile riepilogare sinteticamente le tre tipologie di opposizione nel processo esecutivo e i relativi termini. Una corretta qualificazione dell’opposizione è infatti cruciale: un errore nel tipo di opposizione o nel rispetto del termine può comportarne l’inammissibilità. Ecco le principali caratteristiche:

  • Opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.) – Si tratta dell’opposizione con cui il debitore contesta il diritto del creditore di procedere all’esecuzione forzata. Può essere proposta:
    • Prima che l’esecuzione inizi (opposizione c.d. “a precetto” o preventiva): il debitore, ricevuta la notifica del atto di precetto (l’intimazione di pagamento che prelude al pignoramento), ritiene insussistente (in tutto o in parte) il diritto del creditore di eseguire coattivamente. In tal caso propone opposizione con atto di citazione davanti al giudice competente entro i termini che vedremo (non c’è un termine di legge brevissimo, ma occorre agire prima che l’esecuzione abbia inizio, idealmente entro la scadenza del precetto). L’opposizione a precetto introduce un giudizio di cognizione sull’esistenza del diritto del creditore, durante il quale il debitore può anche chiedere al giudice la sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo, per evitare che l’esecuzione inizi nelle more.
    • Dopo che l’esecuzione è iniziata (opposizione successiva al pignoramento): se il debitore non ha proposto (o non ha potuto proporre) opposizione prima e l’esecuzione viene avviata con un pignoramento, può ancora contestare il diritto del creditore proponendo opposizione ex art. 615 comma 2 c.p.c. davanti al giudice dell’esecuzione (il giudice già investito della procedura esecutiva). In questo caso la forma è quella del ricorso (non della citazione), da depositarsi nel fascicolo dell’esecuzione. Il giudice dell’esecuzione fissa con decreto l’udienza di comparizione e un termine perentorio per notificare il ricorso al creditore opposto. Anche in sede di opposizione successiva, il debitore-opponente può chiedere la sospensione dell’esecuzione (ex art. 624 c.p.c.) in presenza di gravi motivi. Importante: nell’esecuzione per espropriazione, l’art. 615 c.p.c. impone un limite temporale tassativo a questa opposizione: essa non può essere proposta dopo che sia stata disposta la vendita o l’assegnazione del bene pignorato (ossia dopo che il giudice emette l’ordinanza di vendita o di assegnazione). Questo costituisce uno dei principali casi di inammissibilità (salve eccezioni di cui diremo) e mira a evitare opposizioni “tardive” a esecuzione avanzata.
      Finalità: L’opposizione ex art. 615 tutela il debitore sul fondamento sostanziale dell’esecuzione: permette di far accertare che il creditore non aveva titolo o diritto per procedere (ad es. titolo inesistente, credito già estinto, prescrizione maturata, invalidità sopravvenuta, pignoramento eseguito su beni impignorabili o di terzi, ecc.). In caso di accoglimento, l’esecuzione viene bloccata o limitata perché carente dei presupposti di legge. Se invece l’opposizione viene rigettata (o dichiarata inammissibile), l’esecuzione prosegue regolarmente.
  • Opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.) – È l’opposizione rivolta a contestare la regolarità formale o la legittimità di specifici atti del processo esecutivo (o di atti ad esso prodromici, come la notifica del precetto). In altre parole, con art. 617 si denunciano vizi procedurali, errori o nullità di singoli atti, senza mettere in discussione il diritto del creditore. Esempi tipici: il precetto o il pignoramento che contengono errori formali, omissioni o violazioni di legge; la notifica del titolo esecutivo eseguita in modo nullo; vizi nelle ordinanze o nei verbali della procedura; errori nell’avviso di vendita, ecc. L’opposizione agli atti ha sempre un termine brevissimo e perentorio di 20 giorni per essere proposta:
    • Se l’esecuzione non è ancora iniziata (ad es. si vuole opporre un vizio del precetto o della notifica del titolo), l’art. 617 co.1 c.p.c. prescrive che il debitore (o parte interessata) deve proporre opposizione entro 20 giorni dalla notifica dell’atto viziato (titolo o precetto). Si procede con atto di citazione dinanzi al giudice competente per territorio (individuato secondo l’art. 480 co.3 c.p.c., ossia normalmente il giudice del luogo dell’esecuzione, salvo il caso di mancata domiciliazione del creditore nel precetto). In questa fase pre-esecutiva, l’opposizione agli atti è spesso alternativa all’opposizione a precetto: ad esempio, se il precetto ha un vizio formale sostanziale (mancata indicazione di elementi richiesti), il debitore può optare per opposizione ex art. 617 per farne dichiarare la nullità, anziché contestare il diritto a procedere ex art. 615.
    • Se l’esecuzione è in corso (vizio di un atto compiuto nel processo esecutivo: es. un’ordinanza del giudice dell’esecuzione, un avviso, ecc.), l’art. 617 co.2 c.p.c. stabilisce che l’opposizione va proposta entro 20 giorni dalla data in cui il soggetto interessato ha avuto conoscenza legale dell’atto (tipicamente, dalla sua notificazione o comunicazione, o dalla sua pubblicazione se prevista). In tal caso si propone opposizione con ricorso al giudice dell’esecuzione (lo stesso che ha emesso o sta curando l’atto), che fisserà l’udienza e il termine per la notifica alle altre parti. Anche qui il termine di 20 giorni è perentorio.
      Finalità: L’opposizione ex art. 617 è lo strumento per censurare le irregolarità formali nel procedimento esecutivo, garantendo che ogni atto rispetti la legge. Non sospende automaticamente l’esecuzione (ci si limita a eliminare/rifare l’atto viziato, se l’opposizione è accolta). Ad esempio, un precetto nullo potrà essere rinnovato; un pignoramento viziato potrà essere dichiarato nullo se l’opposizione è fondata, etc. Questa opposizione non mette in dubbio il credito, ma solo il quomodo dell’esecuzione.
  • Opposizione di terzo all’esecuzione (art. 619 c.p.c.) – Diversa dalle precedenti (che sono azionate dal debitore o dal creditore esecutato), qui ad agire è un terzo estraneo alla relazione creditore-debitore, il quale sostiene che uno o più beni pignorati non dovevano esserlo in quanto appartengono a lui (o sono gravati da un suo diritto reale). Lo scenario tipico: un bene mobile, immobile o un credito viene pignorato come se fosse del debitore, ma in realtà (secondo il terzo opponente) è di proprietà del terzo o comunque sul bene insiste un suo diritto prevalente che ne impedisce l’esecuzione (es. usufrutto, fondo patrimoniale, diritto di proprietà per usucapione già maturato, ecc.). L’opposizione di terzo serve proprio a far accertare dal giudice dell’esecuzione che il bene non può essere espropriato per quel debito e va liberato. Questa opposizione può essere proposta solo dopo il pignoramento (perché è solo con il pignoramento che un bene viene assoggettato a esecuzione) e prima che l’esecuzione su quel bene sia conclusa. In particolare, la legge richiede che sia introdotta prima che il bene venga venduto o assegnato nell’esecuzione. In pratica, il terzo deve attivarsi prima della vendita (o aggiudicazione/assegnazione) del bene pignorato; diversamente, l’opposizione sarà tardiva e non potrà più evitare l’espropriazione (restando semmai solo il diritto del terzo di rivalersi sulla somma ricavata, come vedremo). Proceduralmente, l’opposizione di terzo si propone con ricorso al giudice dell’esecuzione già designato, analogamente a quanto avviene per l’opposizione ex art.615 co.2. Il giudice fissa udienza e termine per la notifica a cura del terzo opponente alle parti dell’esecuzione (creditore procedente e debitore).
    Finalità: Questa opposizione tutela diritti estranei all’obbligazione esecutata. Il terzo di fatto chiede di escludere il bene pignorato dalla procedura, provando che gli appartiene o che il suo diritto sul bene prevale. Se vince, il pignoramento viene dichiarato inefficace su quel bene (che viene svincolato). Se perde (o se la sua opposizione è inammissibile/tardiva), l’esecuzione prosegue e il bene potrà essere venduto per soddisfare il creditore. Da notare che il terzo non può utilizzare l’opposizione ex art. 619 per contestare aspetti che riguardano il rapporto tra creditore e debitore (come la validità del titolo esecutivo, la sussistenza del credito, vizi formali del pignoramento, ecc.), essendo estraneo a quel rapporto. Egli può agire solo per far valere un diritto proprio sul bene pignorato. Ad esempio, non è legittimato a proporre opposizione di terzo il semplice creditore del debitore che voglia contestare il modo in cui un altro creditore procede (non avendo un diritto sul bene, il suo rimedio è semmai un intervento nel concorso o altre azioni).

In sintesi, il quadro generale è questo: l’opposizione all’esecuzione (art.615) attiene al fondamento del pignoramento (si contesta il “se” dell’esecuzione); l’opposizione agli atti (art.617) attiene alle modalità formali (il “come” dell’esecuzione); l’opposizione di terzo (art.619) protegge i diritti di estranei sui beni pignorati. Ciascuna opposizione deve essere proposta con il rito giusto (citazione o ricorso) e, soprattutto, entro i termini previsti, pena decadenza. Quando un’opposizione è fuori termine o fuori dal suo ambito di applicazione, il giudice la dichiarerà inammissibile (o la rigetterà perché improponibile). Nei paragrafi seguenti analizziamo nel dettaglio le circostanze di inammissibilità più rilevanti per ciascuna opposizione, con il supporto delle norme e delle più recenti decisioni giudiziarie.

Opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.) – Casi di inammissibilità

L’opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.) è inammissibile in alcune ipotesi ben delineate dal legislatore e dalla giurisprudenza. Si tratta soprattutto di tempi sbagliati (opposizione tardiva, oltre il limite previsto) oppure di contenuti indebiti (questioni che non possono essere sollevate in sede esecutiva). Di seguito esaminiamo i casi principali in cui questa opposizione non è ammessa.

1. Opposizione proposta dopo la vendita o assegnazione del bene pignorato

La situazione più tipica di inammissibilità dell’opposizione all’esecuzione è prevista espressamente dall’art. 615, comma 2, c.p.c.: nell’esecuzione per espropriazione, l’opposizione non è più proponibile dopo che sia stata disposta la vendita o l’assegnazione del bene pignorato. In altre parole, il debitore non può aspettare che la procedura esecutiva arrivi fino alla soglia della liquidazione dei beni e solo allora opporsi: superato il momento in cui il giudice dell’esecuzione emette l’ordinanza che dispone la vendita all’asta (per beni mobili o immobili) o l’assegnazione diretta al creditore (quando prevista), scatta la preclusione. L’opposizione presentata oltre tale frangente dev’essere dichiarata inammissibile dal giudice.

Questa regola, introdotta nel 2016 (Decreto Legge n. 59/2016 convertito in L. 119/2016), è nata per evitare opposizioni dilatorie dell’ultimo minuto che rischiavano di paralizzare le procedure esecutive già in fase avanzata. Oggi è parte integrante del codice di rito. Nel dettaglio:

  • Se il debitore intende opporsi per contestare il diritto del creditore dopo il pignoramento, deve attivarsi tempestivamente, comunque prima che il giudice disponga la vendita o l’assegnazione del bene. Ad esempio, nell’espropriazione immobiliare, la vendita di regola viene disposta all’udienza ex art. 569 c.p.c.; il debitore quindi deve proporre l’opposizione ex art.615 co.2 al più tardi entro tale udienza. Se attende che il giudice firmi l’ordinanza di vendita e presenta ricorso dopo, l’opposizione non sarà ammessa.
  • Analogamente, nell’espropriazione mobiliare o presso terzi, se viene emessa ordinanza di assegnazione (ad es. di crediti pignorati) o di vendita di beni mobili, ogni opposizione all’esecuzione dev’essere già stata proposta. Un’opposizione successiva verrebbe dichiarata tardiva.

Va precisato che la norma prevede due eccezioni che salvaguardano il debitore in situazioni particolari:

  1. Fatti sopravvenuti: l’opposizione è ammessa anche dopo la vendita/assegnazione se è fondata su fatti sopravvenuti a quel momento. Ciò significa che se il debitore basa l’opposizione su un evento accaduto dopo la disposizione di vendita (es. il credito del procedente si estingue successivamente, magari perché nel frattempo c’è stata una sentenza che annulla il titolo, o un pagamento sopraggiunto, ecc.), allora può ancora opporsi nonostante la preclusione temporale. Si tratta di tutelare ragioni che non potevano esistere prima.
  2. Cause non imputabili di ritardo: l’opposizione tardiva è ammessa anche se il debitore dimostra di non aver potuto proporla tempestivamente per causa a lui non imputabile. Ad esempio, se il debitore prova che per un impedimento grave (non dovuto a sua negligenza) non era a conoscenza dell’esecuzione o del motivo di opposizione prima della vendita, allora l’opposizione potrebbe essere eccezionalmente accolta anche oltre il termine ordinario.

Fuori da queste due ipotesi, la preclusione è rigorosa. Inoltre, il legislatore ha imposto che di tale limite il debitore sia messo a conoscenza fin dall’inizio: l’atto di pignoramento stesso deve contenere un esplicito avvertimento al debitore che “a norma dell’art. 615, secondo comma, terzo periodo, l’opposizione è inammissibile se è proposta dopo che è stata disposta la vendita o l’assegnazione…” salvo i casi di fatti sopravvenuti o causa non imputabile. Questa formula di rito, introdotta anch’essa nel 2016, mira a informare chiaramente il debitore che non può aspettare l’ultimo momento per reagire.

Conseguenze pratiche: Se il debitore propone ricorso in opposizione all’esecuzione dopo la vendita/assegnazione senza rientrare nelle eccezioni suddette, il giudice dell’esecuzione dichiara inammissibile l’opposizione. Ciò comporta che l’esecuzione prosegue senza alcun vaglio sul merito delle contestazioni tardive. Ad esempio, Cassazione civile n. 3136/2008 ha confermato che per valutare l’ammissibilità dell’opposizione di terzo (art.619, analoga quanto a termini) bisogna guardare alla data di proposizione dell’opposizione: se è dopo la vendita, è tardiva e non può bloccare la procedura, restando solo la possibilità di agire sulla somma ricavata. Lo stesso principio vale, a fortiori, per l’opposizione del debitore ex art.615. In sede espropriativa immobiliare, la giurisprudenza individua nell’udienza ex art. 569 c.p.c. il vero “spartiacque”: in quella sede, il giudice dispone la vendita e da lì in poi non sono più proponibili opposizioni basate su fatti antecedenti (il debitore avrebbe dovuto proporle prima).

In definitiva, il debitore deve considerare il momento della vendita/assegnazione come termine ultimo assoluto per attivare un’opposizione all’esecuzione. Questo termine non va confuso con la scadenza dei 90 giorni del precetto (termine di efficacia del precetto): quest’ultimo riguarda l’inizio del pignoramento, mentre la preclusione di cui parliamo riguarda una fase successiva, avanzata, dell’esecuzione.

(Si noti che, se il bene è già stato venduto o assegnato e il debitore avesse comunque motivi validi di contestazione non fatti valere in tempo, rimangono possibili altri rimedi extra-opposizione, perlopiù risarcitori: ad esempio, se l’esecuzione si rivela illegittima a posteriori, il debitore potrà agire contro il creditore per il risarcimento dei danni. Non potrà invece ottenere la restituzione del bene ormai trasferito a terzi, salvi i casi di collusione o mala fede particolare.)

2. Contestazioni sulla validità del titolo esecutivo giudiziale (intangibilità del titolo)

Un altro fondamentale limite all’opposizione all’esecuzione concerne ciò che il debitore può contestare quando il titolo esecutivo è una sentenza o comunque un provvedimento giudiziale. La regola, elaborata dalla giurisprudenza di legittimità, è che in sede di opposizione all’esecuzione non si possono rimettere in discussione fatti o vizi inerenti alla formazione di un titolo esecutivo di origine giudiziale, avvenuti prima o al momento della sua emissione. Questo principio viene spesso riassunto come “intangibilità del titolo giudiziale nel processo esecutivo”. In pratica, se il creditore procede in forza di una sentenza (o decreto ingiuntivo non opposto, o altro provvedimento giudiziario definitivo), il debitore non può usare l’opposizione ex art.615 per far valere questioni che attengono al merito della causa già decisa da quella sentenza, né vizi che dovevano essere fatti valere con gli strumenti di impugnazione propri (appello, ricorso per cassazione, ecc.).

Ad esempio, immaginiamo che il creditore agisca esecutivamente sulla base di una sentenza di condanna passata in giudicato. Il debitore non può opporsi all’esecuzione lamentando che quella sentenza sarebbe erronea nel merito, o che in quel giudizio sono state valutate male le prove: tali questioni dovevano essere fatte valere in appello o in cassazione. In sede di esecuzione il titolo definitivo è intangibile quanto a fatti anteriori. Allo stesso modo, se il titolo è un decreto ingiuntivo non opposto (divenuto esecutivo), il debitore non potrà in sede esecutiva eccepire motivi di nullità o inesistenza del credito che avrebbe dovuto proporre con l’opposizione al decreto ingiuntivo stessa entro i termini di legge.

La Corte di Cassazione ha più volte ribadito questo principio. Di recente, con Sentenza n. 2785 del 4 febbraio 2025 (Sez. III), ha statuito che “in sede di opposizione esecutiva opera il principio dell’intangibilità del titolo esecutivo di formazione giudiziale per fatti anteriori o coevi alla sua formazione e alla sua definitività”. Ne consegue che quando il titolo opposto è stato emesso in un giudizio di merito tuttora pendente (o che ha già avuto pieno sviluppo), spetta al giudice naturale di quella causa decidere ogni questione di merito sul rapporto sostanziale, restando precluso al giudice dell’esecuzione il sindacare tali questioni. In altri termini, l’opposizione all’esecuzione non può trasformarsi in un mezzo surrettizio per impugnare o sospendere gli effetti di un titolo giudiziario. Se il titolo è provvisorio (es. una sentenza non definitiva appellata, oppure una sentenza di primo grado provvisoriamente esecutiva su cui pende appello), il debitore dovrà semmai chiedere la sospensione dell’esecutività in appello, non attraverso l’opposizione esecutiva. Se invece il titolo è definitivo, il debitore può solo far valere fatti estintivi successivi alla formazione del titolo.

Esempio concreto: Nel caso deciso dalla Cass. 2785/2025, una procedura fallimentare agiva in esecuzione con una sentenza di condanna al pagamento, la quale però era stata emessa dopo l’apertura di una liquidazione coatta amministrativa a carico della debitrice (una banca). La banca, ritenendo quella sentenza inopponibile perché pronunciata quando ormai il credito era della massa fallimentare, propose opposizione ex art.615. Ebbene, la Cassazione ha confermato l’inammissibilità di tale opposizione: la questione dell’“opponibilità” della sentenza nell’ambito della procedura concorsuale era già sollevata nel giudizio di merito (in appello/cassazione sulla sentenza stessa) e doveva essere decisa lì. Il giudice dell’esecuzione non poteva entrarvi. In sostanza, ogni questione sulla validità o efficacia originaria del titolo giudiziale va riservata al giudice del titolo. L’opposizione all’esecuzione è inammissibile se diretta a far dichiarare “inopponibile” o invalido un titolo giudiziario per ragioni intrinseche ad esso.

Unica eccezione a questa intangibilità è il caso – teorico e molto raro – di un titolo giudiziale radicalmente inesistente (p.es. un provvedimento emanato da un’autorità giudiziaria totalmente priva di potere, o un falso provvedimento). Solo in simili frangenti estremi la giurisprudenza ammette che il giudice dell’esecuzione possa dichiarare l’inesistenza del titolo esecutivo anche se di forma giudiziaria, perché non si tratterebbe di sindacare il merito ma di rilevare un vizio talmente grave da rendere il titolo inesistente ab origine. Al di fuori di ciò, invece, qualsiasi motivo attinente alla formazione del titolo giudiziale, anteriore alla sua definitività, rende l’opposizione inammissibile. Ad esempio, se pende appello contro la sentenza-titolo e il debitore sostiene che l’appello ha effetti sull’esecutività, dovrà far valere ciò davanti al giudice dell’appello (o chiedere la sospensione ex art. 283 c.p.c.), non con opposizione esecutiva.

Corollario di questo principio è anche il seguente: se il titolo esecutivo è un provvedimento stragiudiziale (es. un atto pubblico, una cambiale protestata, etc.), allora il giudice dell’esecuzione può esaminare i vizi sostanziali del titolo, perché nessun giudice li ha ancora esaminati in sede di merito. Ad esempio, se il titolo è un contratto di mutuo con clausola di pagamento a richiesta (che è atto notarile esecutivo) e il debitore ritiene nullo quel contratto, potrà far valere la nullità anche con opposizione ex art.615, perché non c’è un “giudicato” precedente su di essa. In tal caso l’opposizione apre un vero giudizio di merito sull’esistenza del diritto di credito (il giudice dell’opposizione accerterà validità del mutuo, eventuali vizi, ecc.). Viceversa, se il titolo era una sentenza su quel mutuo, il debitore non potrebbe più ridiscutere la validità del contratto in sede esecutiva.

In sintesi, quindi: l’opposizione all’esecuzione è inammissibile quando mira a mettere in discussione un titolo esecutivo giudiziale per ragioni precedenti alla formazione del titolo stesso. Il debitore deve far valere tali ragioni nel processo di cognizione (appello, revocazione, opposizione formale, ecc.), non nel processo esecutivo. Questo sbarramento serve a evitare duplicazioni di giudizi e conflitti: il giudice dell’esecuzione non può contraddire quanto deciso dal giudice del titolo (principio del “giudice naturale” della causa).

(Un caso particolare: se il titolo esecutivo è provvisoriamente esecutivo ma non definitivo – ad es. una sentenza di primo grado non passata in giudicato – l’esecuzione può iniziare, ma il debitore può chiedere all’appello la sospensione. Se non la ottiene, potrebbe essere tentato di opporsi in esecuzione adducendo, ad esempio, che la sentenza è appellata e potrebbe essere riformata. Ebbene, la giurisprudenza ritiene inammissibile anche un’opposizione del genere: l’esecuzione provvisoria, per legge, non è impedita dall’appello pendente, quindi l’unico rimedio è la sospensione in appello; non si può bloccare l’esecuzione invocando nell’opposizione ex art.615 gli stessi motivi d’appello, sarebbe un abuso.)

3. Opposizione proposta dal debitore per far valere diritti altrui (difetto di legittimazione: ius tertii)

Un ulteriore profilo di inammissibilità – più raro ma concettualmente importante – si verifica quando il debitore opponente solleva nell’opposizione questioni che in realtà competono a terzi. Il debitore, infatti, può agire in opposizione per far valere i propri diritti (o la carenza di diritti del creditore) ma non può far valere diritti altrui (nemo propter alium: non è ammessa l’eccezione per conto di terzi). Ad esempio, se nel pignoramento risultano coinvolti beni che il debitore sostiene appartenere a sua moglie (o a un socio, o a un’altra persona), il debitore non può usare la propria opposizione ex art.615 per far dichiarare che quei beni sono di terzi. Questo perché la legge prevede lo strumento ad hoc dell’opposizione di terzo ex art.619: dev’essere il terzo interessato a intervenire e agire in giudizio a tutela del suo diritto. Il debitore non è “legittimato” a difendere i diritti di proprietà altrui nell’esecuzione.

La Cassazione lo ha chiarito, ad esempio, con la sentenza n. 4000/2006: “Il rimedio dell’opposizione di terzo all’esecuzione ai sensi dell’art. 619 c.p.c. è azione concessa all’alienante del bene con patto di riservato dominio (terzo proprietario), e non al debitore esecutato che deduca che il bene debba essere sottratto all’esecuzione perché di proprietà di terzo, atteso che in tal modo egli propone un’eccezione de iure tertii alla quale non è legittimato”. In altre parole, se il bene pignorato è realmente di un terzo, solo quel terzo può opporsi. Il debitore può ovviamente segnalare al terzo la questione, ma se il terzo rimane inattivo, il debitore non può autonomamente paralizzare la procedura invocando un diritto altrui.

Pertanto, un’opposizione ex art.615 nella quale il debitore si limiti a sostenere “quel bene pignorato non è mio ma di Tizio” verrà dichiarata inammissibile per difetto di legittimazione ad agire su quel punto. Il giudice dell’esecuzione non può accogliere una contestazione del genere proveniente dal debitore: se davvero Tizio è proprietario, spetta a lui attivarsi. Questo principio è coerente con la struttura del processo: solo il titolare di un diritto può agire per difenderlo, e al debitore è precluso l’uso strumentale dell’opposizione per introdurre in via surrogatoria ragioni di terzi.

In pratica, ovviamente, un debitore accorto dovrebbe avvisare subito il terzo proprietario del bene pignorato, affinché costui proponga prontamente opposizione ex art.619. In mancanza, quel bene rischia di essere venduto comunque (il terzo avrà eventualmente una pretesa risarcitoria verso il creditore se provava la proprietà).

(Diverso è il caso in cui il debitore eccepisca l’impignorabilità di un bene perché la legge lo prevede: ad es. stipendio entro limiti, beni del fondo patrimoniale per debiti non attinenti ai bisogni della famiglia, ecc. In tali casi il debitore fa valere un proprio diritto a che certi beni non siano toccati, non un diritto di terzi, ed è quindi legittimato a opporsi. Il confine può essere sottile a volte: si pensi al fondo patrimoniale su un bene intestato al coniuge – qui il debitore-obbligato può eccepire che il bene è di un fondo che serve ai bisogni familiari, ed è questione che può sollevare lui stesso in opposizione all’esecuzione in quanto riguarda la propria sfera familiare. Se invece il bene era intestato solo al coniuge e pignorato erroneamente come se fosse del debitore, allora è un diritto di proprietà altrui puro e semplice, quindi materia da art.619.)

4. Opposizione cumulativa di motivi presentata tardivamente (preclusione di nuove eccezioni)

Un aspetto procedurale, emerso con forza nella giurisprudenza recente (anche di merito), riguarda il divieto di proporre nuovi motivi di opposizione all’esecuzione oltre il momento iniziale del giudizio. In sostanza, una volta che il debitore ha introdotto l’opposizione ex art.615 indicando certi motivi, non potrà aggiungerne di nuovi successivamente se questi erano già esistenti e conosciuti al momento iniziale. A maggior ragione, non può frazionare in due tempi diverse ragioni di opposizione che avrebbe potuto far valere insieme. Ciò risponde a un principio generale di economia processuale e di concentrazione delle difese.

Ad esempio, se il debitore nel ricorso (o citazione) introduttivo dell’opposizione non ha eccepito la prescrizione del credito, egli non potrà successivamente, magari in una memoria o all’udienza successiva, formulare per la prima volta tale eccezione. Se lo fa, il giudice dovrà dichiararla inammissibile per tardività. Questo perché l’eccezione di prescrizione è di parte e doveva essere proposta nel primo atto utile. Lo stesso vale per ogni altro motivo aggiuntivo che non sia emerso dopo.

Un caso concreto al riguardo è dato da Tribunale di Roma, Sez. III, sent. n. 10644/2024, in cui un debitore aveva presentato opposizione ex artt. 615 e 617 c.p.c. contro un pignoramento presso terzi, deducendo vari motivi (nullità del pignoramento, vizi del precetto, questioni sul titolo), ma non l’eccezione di prescrizione del credito. Solo in sede di trattazione cautelare avanzata, l’avvocato del debitore ha sollevato anche la prescrizione. Ebbene, il Tribunale ha dichiarato inammissibile tale eccezione tardiva, affermando un importante principio: “il thema decidendum della causa viene definitivamente cristallizzato in fase cautelare al momento del deposito del ricorso in opposizione, nel quale vengono declinate le differenti doglianze oppositive. Qualsiasi motivo di opposizione differente, aggiuntivo ed avanzato in un secondo momento, non può trovare ingresso nel giudizio, dovendo la relativa domanda essere dichiarata inammissibile. In altre parole, tutte le ragioni di opposizione dovevano essere prospettate subito nell’atto introduttivo (o comunque entro i termini processuali iniziali); aggiunte successive (specie in quella vicenda in cui la fase di merito era stata instaurata dopo un’antecedente fase cautelare) non sono consentite.

Questo orientamento – in linea con la pronuncia di Cass. Sez. Unite n. 10955/2002 in tema di eccezione di prescrizione – sottolinea l’importanza di concentrare tutte le eccezioni sin dall’inizio. Nelle opposizioni all’esecuzione post-pignoramento (che oggi si svolgono con un rito tendenzialmente sommario dopo la riforma Cartabia, come vedremo), ciò è ancor più marcato: spesso il giudice dell’esecuzione fissa direttamente un termine per memorie difensive e poi decide in merito. Non c’è spazio per duplicare o frazionare le contestazioni.

Pertanto, possiamo enunciare questa regola pratica: se il debitore omette di dedurre un motivo di opposizione (che già conosceva o poteva conoscere) nell’atto introduttivo, non potrà più introdurlo in seguito nello stesso giudizio. E se tenta di farlo, il giudice dichiarerà la nuova domanda o eccezione inammissibile per tardività. Questa non è una “inammissibilità” in senso tecnico come le altre (legate alla fase di instaurazione), ma una preclusione processuale interna: equivale a dire che l’opposizione su quel punto è improcedibile perché introdotta fuori termine.

Anche la Cassazione, in materia di opposizioni esecutive, ha affermato ad esempio che se il debitore propone due opposizioni separate sugli stessi fatti – una come opposizione a precetto e poi una nuova dopo il pignoramento – si può configurare litispendenza o, se pendono davanti allo stesso giudice, vanno riunite. Ciò per evitare duplicazioni. Il debitore non può infatti spacchettare le proprie ragioni in cause diverse se riguardano il medesimo titolo/fatti: deve proporle tutte insieme. La Suprema Corte (Cass. 26285/2019) ha chiarito che sussiste litispendenza tra l’opposizione a precetto e l’opposizione all’esecuzione successivamente iniziata ove “le due azioni sono fondate su fatti costitutivi identici, concernenti l’inesistenza del diritto di procedere all’esecuzione forzata”. In tal caso, se pendono in fori diversi, si avrà litispendenza; se pendono nello stesso foro, il giudice le riunirà in un unico procedimento. Dunque, è interesse del debitore concentrare tutte le contestazioni possibili sin dal primo giudizio di opposizione, per non incorrere né in preclusioni interne né in problemi di litispendenza con eventuali opposizioni successive.

In conclusione, dal punto di vista del debitore, quando si prepara un’opposizione all’esecuzione bisogna mettere “sul tavolo” subito tutti i motivi noti (es.: nullità del titolo, pagamento già effettuato, prescrizione, impignorabilità di beni, ecc.). Se alcuni motivi emergeranno dopo, perché sopravvenuti (es.: durante il giudizio di opposizione matura la prescrizione per il tempo trascorso, oppure interviene una sentenza che incide sul titolo), quelli ovviamente potranno essere introdotti con apposita istanza al giudice (si tratta di fatti nuovi sopravvenuti). Ma per tutto ciò che era conoscibile all’inizio, vale la regola della preclusione: pena l’inammissibilità delle aggiunte tardive.

Opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.) – Casi di inammissibilità

L’opposizione agli atti esecutivi è soggetta a un rigido termine di decadenza e a un requisito fondamentale di interesse ad agire. Le cause principali di inammissibilità di un’opposizione ex art.617 sono dunque: la tardività (opposizione proposta oltre il termine di legge) e la mancanza di un concreto interesse (opposizione su vizi formali meramente astratti, senza pregiudizio). Vediamole in dettaglio.

1. Opposizione oltre il termine perentorio di 20 giorni (decadenza)

L’art. 617 c.p.c. impone che l’opposizione agli atti esecutivi sia proposta entro venti giorni dal momento in cui la parte ha avuto conoscenza legale dell’atto che si intende contestare. Questo termine è perentorio: significa che il suo mancato rispetto comporta decadenza dal potere di opporsi. In altre parole, l’opposizione proposta oltre i 20 giorni è inammissibile (o, secondo alcuni giudici, va respinta in quanto improponibile per tardività, ma nella sostanza il risultato è identico: il vizio lamentato non può più essere esaminato).

Esempi pratici:

  • Il debitore riceve un atto di precetto il 1° marzo e ritiene che esso sia nullo perché manca l’indicazione delle modalità di adempimento. Se vuole fare opposizione agli atti (cioè contestare formalmente il precetto), dovrà notificare l’atto di citazione in opposizione ex art.617 co.1 entro il 21 marzo (20 giorni dalla notifica, contando dal 2 marzo come dies a quo). Se notifica la citazione il 25 marzo, sarà fuori termine: in giudizio il creditore eccepirà la tardività e il giudice dichiarerà l’opposizione inammissibile per decadenza.
  • Durante un’esecuzione immobiliare, il 1° giugno il custode affigge e pubblica l’avviso di vendita contenente l’indicazione dei beni, del prezzo base ecc. Supponiamo che il debitore ravvisi un vizio in quell’avviso (es. descrizione incompleta che potrebbe incidere sul valore). Se vuole opporsi ex art.617 co.2, deve depositare ricorso al giudice dell’esecuzione entro il 21 giugno (20 giorni dalla data in cui l’avviso è stato legalmente portato a conoscenza, tipicamente la pubblicazione/affissione che per legge vale come conoscenza). Un ricorso depositato il 30 giugno sarebbe tardivo e verrà dichiarato inammissibile.

Il rigore sul termine è confermato costantemente dalla Cassazione: ad esempio, Cass. civ. Sez. III n. 14079/2014 ha sancito che il termine ex art.617 è perentorio e non soggetto a sospensione feriale (trattandosi di atto del processo esecutivo), quindi va calcolato in modo tassativo; ogni proposizione oltre il ventesimo giorno implica decadenza. Non esistono eccezioni espresse al riguardo nel codice, a differenza dell’opposizione ex art.615 dove, come visto, ci sono spiragli (fatti sopravvenuti, causa non imputabile). Nell’opposizione agli atti, se la parte non agisce in tempo, perde irrimediabilmente la facoltà di far valere il vizio.

Pertanto, qualsiasi opposizione agli atti esecutivi proposta fuori termine è inammissibile. La parte interessata deve essere diligente: spesso i 20 giorni decorrono dalla notifica dell’atto viziato (per precetto, atto di pignoramento viziato nella forma, ecc.) o dalla comunicazione (per ordinanze del giudice) o dalla conoscenza comunque acquisita. Se il debitore sostiene di aver saputo tardi del vizio per ragioni non imputabili (es. vizio occulto), talvolta prova a far decorrere i 20 giorni da quando ne ha avuto effettiva notizia: ma attenzione, i 20 giorni decorrono da conoscenza legale, non da scoperta soggettiva del vizio (salvo casi di atti mai notificati, ecc.). Ad esempio, se il pignoramento aveva un vizio ma il debitore ne è venuto a conoscenza solo leggendo il fascicolo tempo dopo, si discute su quando inizi il termine; incertezza su questo può dar luogo a contese, ma una volta accertato il dies a quo legale, il computo è rigido.

In sede processuale, la tardività deve essere eccepita dal creditore opposto o dal terzo controinteressato; il giudice può rilevarla anche d’ufficio in casi evidenti (essendo decadenza). Comunque, il risultato è la dichiarazione di improcedibilità/inammissibilità dell’opposizione.

(Una particolarità: se il vizio dell’atto esecutivo consiste proprio nella mancata o irrituale comunicazione dell’atto al debitore, il termine di 20 giorni potrebbe non iniziare mai a decorre finché il debitore non ne abbia conoscenza. Ad esempio, se un’ordinanza del giudice non viene comunicata affatto al debitore, e questi la scopre mesi dopo (magari perché il procedimento va avanti), la giurisprudenza tende a ritenere ancora ammissibile l’opposizione entro 20 giorni dalla scoperta effettiva dell’atto, in ossequio al principio che contra non valentem agere nulla currit praescriptio. In pratica però questi casi sono eccezioni legati alla nozione di “conoscenza legale”: se non c’è stata comunicazione, si discute se vi sia stata conoscenza legale. Al di fuori di ciò, la decadenza resta ferrea.)

2. Opposizione su vizio formale privo di pregiudizio (difetto di interesse ad agire)

Accanto alla tempestività, un altro requisito fondamentale di qualsiasi impugnazione processuale (e quindi anche dell’opposizione agli atti) è l’interesse ad agire. Nel contesto dell’opposizione ex art.617, l’interesse ad agire si traduce nella necessità che il vizio formale denunciato abbia arrecato un concreto pregiudizio ai diritti dell’opponente. Se il vizio è meramente formale e non lede in alcun modo le garanzie difensive o sostanziali del debitore, l’opposizione non ha utilità pratica e deve essere dichiarata inammissibile per carenza di interesse.

Questo concetto è stato espresso chiaramente dalla Cassazione: “il debitore opponente non può limitarsi, a pena di inammissibilità dell’opposizione, a dedurre l’irregolarità formale in sé considerata, senza indicare quale concreto pregiudizio ai diritti tutelati dal regolare svolgimento del processo esecutivo essa abbia cagionato” (Cass., Sez. III, n. 3967/2019). Si tratta dell’applicazione del principio generale “pas de nullité sans grief” (non c’è nullità senza danno): un atto esecutivo non verrà annullato per un vizio formale puramente teorico se non ha inciso sui diritti delle parti.

Ad esempio, supponiamo che il precetto presenti un’irregolarità formale minima (come l’aver indicato la data di notifica del titolo in modo impreciso, ma senza ingenerare alcuna incertezza reale). Il debitore potrebbe, in astratto, sollevare l’opposizione agli atti lamentando quel vizio. Tuttavia, se egli non dimostra alcun concreto pregiudizio (ad es. non c’è stato alcun equivoco, il debitore ha capito bene cosa gli si chiedeva e perché), il giudice potrebbe ritenere l’opposizione inammissibile per difetto di interesse, o comunque infondata in applicazione dell’art. 156 c.p.c. (raggiungimento dello scopo).

La pronuncia sopra citata (Cass. 3967/2019) riguardava il caso della mancata apposizione della formula esecutiva sul titolo notificato – un tempo considerata nullità del precetto – ma la Cassazione ha detto: se il debitore non indica quale pregiudizio concreto gli abbia cagionato ricevere copia semplice anziché in forma esecutiva (specie oggi, con l’eliminazione della formula esecutiva nella riforma), l’opposizione è inammissibile. In generale, dunque, un’opposizione che si limiti a denunciare un vizio formale “a tavolino”, senza spiegare perché quel vizio lo abbia danneggiato o messo in difficoltà, può essere dichiarata inammissibile.

Questo scenario si lega spesso a eccezioni molto “tecniche”. Ad esempio:

  • Il precetto manca dell’indicazione della data di nascita del debitore (poniamo sia un requisito previsto da qualche norma): se ciò non ha impedito di identificare esattamente la persona, il debitore non ha un vero pregiudizio – un’opposizione fondata solo su questo potrebbe essere respinta per assenza di interesse, se non altro per applicazione analogica dell’art. 156 c.p.c.
  • Un pignoramento mobiliare contiene un errore materiale nella descrizione di un bene, ma comunque il bene è individuato e la vendita non ne risente: l’opposizione lamentando quell’errore potrebbe essere dichiarata inammissibile perché il debitore non subisce un danno concreto (il bene è comunque quello).
  • Un atto di pignoramento presso terzi omette una formula prescritta (ad es. non ripete la firma digitale sull’allegato): se il terzo ha comunque compreso ed effettuato la dichiarazione, il debitore non ha subito pregiudizio, quindi mancherebbe l’interesse a un’opposizione meramente “accademica”.

È importante che il debitore, nella motivazione dell’opposizione ex art.617, espliciti sempre il danno o rischio concreto derivante dal vizio denunciato. Se non lo fa, rischia che la controparte eccepisca la mancanza di interesse. E il giudice – in base ai principi generali (artt. 100 c.p.c. e 156 co.3 c.p.c.) – potrebbe rigettare l’opposizione senza entrare nel merito, appunto per difetto di interesse ad agire.

In dottrina e giurisprudenza, questo aspetto è spesso ricondotto al filtro dell’art. 156 c.p.c.: una nullità non può essere pronunciata se l’atto ha comunque raggiunto il suo scopo senza ledere il diritto di difesa o altri interessi tutelati. Dunque l’opponente ha l’onere di allegare quale lesione ha patito, altrimenti la sua pretesa è priva di causa petendi sostanziale.

Riassumendo per l’opposizione agli atti:

  • Tempestività (20 giorni): se manca, l’opposizione è inammissibile (tardiva).
  • Interesse concreto: se manca (vizio puramente formale, nullità senza grief), l’opposizione è inammissibile.

Unendo i due elementi, la Cassazione ha efficacemente affermato che l’opposizione agli atti non è ammessa né oltre i termini, né per motivi meramente teorici privi di incidenza. L’onere di chi agisce è dunque di agire presto e di agire su qualcosa che conta davvero.

(Da notare: la carenza d’interesse in genere porta al rigetto nel merito più che a una pronuncia di inammissibilità in senso stretto, ma la sostanza non cambia per il debitore: la sua opposizione viene respinta senza ottenere nulla. Spesso le sentenze usano proprio il termine “inammissibile” per opposizioni su vizi ininfluenti, sottolineando che manca l’interesse ad agire dell’opponente.)

3. Altri motivi di inammissibilità nelle opposizioni agli atti

Meno frequentemente, possono esservi ulteriori cause di inammissibilità legate a errori procedurali:

  • Erronea forma di proposizione: in teoria, se un’opposizione agli atti doveva proporsi con ricorso (perché l’esecuzione è iniziata) ma viene proposta con citazione, o viceversa, il giudice potrebbe dichiararla inammissibile. In pratica, tuttavia, i giudici tendono a evitare eccessivi formalismi e, se il ricorso è stato depositato entro 20 giorni ma notificato come citazione, di solito convertono il rito o comunque considerano l’atto valido (purché nei termini). Resta comunque buona norma rispettare la forma corretta: prima dell’inizio dell’esecuzione con atto di citazione (davanti al giudice indicato ex art.480 co.3 c.p.c.); a esecuzione iniziata con ricorso al G.E..
  • Soggetto non legittimato: l’opposizione ex art.617 spetta alle parti del processo esecutivo (debitore, creditore procedente, creditori intervenuti se riguarda atti che li toccano, aggiudicatari se riguarda atti di vendita, etc.). Un terzo estraneo non può usare l’art.617 per impugnare atti (il terzo se mai ha il 619, come visto, oppure può agire in sede di distribuzione per far valere diritti di credito). Quindi, se arrivasse un’opposizione agli atti da parte di un soggetto terzo non legato alla procedura, questa sarebbe inammissibile per difetto di legittimazione. Tuttavia, casi del genere sono rari perché solitamente chi ha interesse sarà comunque parte (es. un creditore non procedente dovrebbe intervenire prima di opporsi ad atti; senza intervento, è considerato estraneo).
  • Contestazione di atti non impugnabili ex art.617: talvolta la legge prevede rimedi diversi per certi atti finali. Ad esempio, l’ordinanza di estinzione del processo esecutivo non si oppone con art.617 ma si impugna con il reclamo ex art.630 c.p.c. (in caso di chiusura per estinzione). Quindi se uno proponesse opposizione agli atti contro un’ordinanza di estinzione, sbaglierebbe rimedio e l’opposizione verrebbe dichiarata inammissibile (rimedio erroneo). Similmente, alcuni provvedimenti del G.E. in materia distributiva vanno impugnati con diverso mezzo (es. eventuale reclamo ex art.512 c.p.c. per questioni distributive). Insomma, usare l’art.617 fuori dal suo campo proprio genera inammissibilità. In genere, il confine è chiaro: art.617 serve per vizi formali di atti esecutivi; se l’atto è una sentenza del giudice dell’esecuzione (es. sentenza su opposizione) quella si appellerà, non ci vuole un 617; se l’atto è un provvedimento su istanza di estinzione, c’è il reclamo di cui sopra. I casi dubbi sono pochi e la giurisprudenza li ha risolti definendo quale mezzo impugnatorio sia corretto.

Riassumendo la prospettiva del debitore per l’art.617:

  • Fare attenzione al “quando” (20 giorni esatti da ogni atto viziato);
  • Fare attenzione al “cosa” (il vizio deve essere realmente lesivo dei propri diritti, non un cavillo ininfluente);
  • Usare il “come” giusto (rito corretto e soggetto legittimato).

Se questi requisiti non sono rispettati, l’opposizione agli atti sarà dichiarata inammissibile e il vizio denunciato non verrà sanato, lasciando il procedimento esecutivo invariato.

Opposizione di terzo all’esecuzione (art. 619 c.p.c.) – Casi di inammissibilità

L’opposizione di terzo merita un discorso a parte. Essa viene proposta da un soggetto estraneo, con finalità diverse (tutela della proprietà o di altro diritto reale su beni pignorati). Le cause di inammissibilità qui attengono essenzialmente a: tempestività rispetto allo stato della procedura, legittimazione attiva del terzo, e ambito delle contestazioni proponibili. Approfondiamo i principali casi.

1. Opposizione di terzo proposta dopo la vendita/assegnazione del bene pignorato (opposizione tardiva)

Per l’opposizione di terzo, analogamente a quella del debitore ex art.615 co.2, vige la regola ferrea che dev’essere introdotta prima che il bene pignorato sia stato venduto o assegnato (art. 619 c.p.c.). Se il terzo arriva troppo tardi, quando ormai il bene non è più nell’esecuzione (perché venduto all’asta o assegnato al creditore), la sua opposizione non può più bloccare l’espropriazione e viene detta “opposizione tardiva”.

Cosa succede in tal caso? L’art. 620 c.p.c. disciplina proprio l’opposizione tardiva del terzo, stabilendo che: se il giudice, di fronte a un’opposizione ex art.619, non sospende la vendita dei beni oppure se l’opposizione è proposta dopo che la vendita stessa è già avvenuta, allora i diritti del terzo si trasferiscono sulla somma ricavata dalla vendita. In altre parole, il terzo non potrà ottenere la restituzione del bene (perché ormai alienato), ma se vincerà la causa di opposizione avrà diritto a prendere i soldi ricavati dalla vendita al posto del creditore procedente, a compensazione del suo diritto su quel bene. Questa è una forma di tutela residuale. Tuttavia, va chiarito che ciò è possibile solo se la procedura non si è completamente conclusa e c’è una somma da distribuire.

Se invece la procedura è già chiusa e il ricavato assegnato interamente, il terzo rimasto inattivo può soltanto agire al di fuori del processo esecutivo per recuperare dal creditore l’eventuale indebito (vedi infra punto 2). Dunque, l’opposizione di terzo:

  • Se presentata prima della vendita/assegnazione: è un’opposizione ordinaria ex art.619 e può portare alla sospensione dell’esecuzione sul bene e al suo svincolo in caso di vittoria.
  • Se presentata dopo la vendita (ma quando ancora la somma ricavata non è tutta distribuita): è un’opposizione tardiva; il bene è ormai liquidato, ma il terzo può mirare alla somma ricavata, se ancora disponibile. Il giudizio di opposizione prosegue per accertare il suo diritto e semmai attribuirgli il denaro in sede di distribuzione. Ai fini dell’ammissibilità, però, va considerata comunque tardiva per ottenere effetti reali: il terzo non può far annullare la vendita già fatta, può solo aspirare al denaro. La legge gli consente questa via fintanto che la distribuzione finale non sia avvenuta.
  • Se presentata dopo la chiusura della procedura (assegnazione del ricavato): non è ammessa nel processo esecutivo. Non è proponibile l’opposizione di terzo dopo la conclusione dell’espropriazione. Lo ha chiarito Cass. civ. Sez. III, 6 febbraio 2020 n. 2868: “Non è proponibile l’opposizione tardiva del terzo che assume di essere l’effettivo titolare di un credito pignorato (nel pignoramento presso terzi) dopo l’emissione dell’ordinanza di assegnazione, perché l’ordinanza di assegnazione conclude la procedura”. In quel caso specifico, un fallimento sosteneva che il credito pignorato presso terzi apparteneva alla massa e non al debitore esecutato; ma avendo proposto opposizione solo dopo l’assegnazione delle somme al creditore, la Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità dell’opposizione di terzo tardiva, stante la chiusura della procedura.

In generale, dunque, la tempistica è tutto. Un terzo che voglia intervenire deve farlo prima che sia troppo tardi:

  • Se interviene abbondantemente prima della vendita, c’è margine per ottenere sospensione della vendita e tutela piena (con restituzione del bene).
  • Se interviene dopo la vendita ma prima della distribuzione, può ancora vedere riconosciuti i propri diritti sul denaro ma non riavrà il bene.
  • Se interviene dopo che i soldi sono stati distribuiti o assegnati stabilmente al creditore, l’opposizione in sede esecutiva non è più possibile (verrà dichiarata improponibile/inammissibile). Il terzo dovrà agire in via ordinaria contro il creditore (vedi art. 2920, 2926 c.c., azione di ripetizione dell’indebito entro 60 giorni se l’assegnatario era in buona fede, oppure azione di rivendica se l’assegnatario era in mala fede, senza limiti temporali). Ma queste sono azioni postume fuori dal processo esecutivo.

Pertanto, un’opposizione di terzo depositata dopo la vendita/assegnazione è destinata ad essere dichiarata inammissibile (tardiva) quanto alla pretesa restitutoria del bene. Il giudice potrà al più considerarla come opposizione tardiva limitatamente alla pretesa sulla somma ricavata, se applicabile. Se anche questa ipotesi è esclusa (perché tutto distribuito), la dichiarerà inammissibile in toto, dovendo il terzo rivolgersi ad altri strumenti.

Un caso paradigmatico è il pignoramento presso terzi: lì la “vendita” corrisponde all’ordinanza di assegnazione del credito pignorato. Cass. 2868/2020 citata sopra appunto dice: dopo l’assegnazione del credito, non c’è più procedura pendente, quindi il terzo (che magari affermava “quel credito spettava a me”) non può più opporsi dentro quel processo. Avrebbe dovuto farlo prima (magari chiedendo sospensione dell’assegnazione). Se non l’ha fatto, l’ordinanza di assegnazione è definitiva. Egli potrà semmai agire contro il creditore assegnatario in separata sede, ma non bloccare l’esecuzione conclusa.

Quindi dal punto di vista del debitore: questo aspetto riguarda più il terzo, ma indirettamente interessa il debitore perché a volte può capitare che il debitore speri in un’opposizione di terzo (es. perché un suo familiare è proprietario del bene). È importante sapere che il tempismo è essenziale: se il terzo dorme e non interviene prima della vendita, nulla potrà più fermare l’espropriazione del bene (salvo forse un’azione in extremis di rivendica su chi l’ha comprato se questi era in mala fede, ma ormai fuori dal processo esecutivo). Dunque anche il debitore dovrebbe attivarsi per informare e spronare il terzo a presentare opposizione tempestiva.

2. Difetto di legittimazione attiva del terzo (chi può – e chi non può – opporsi ex art.619)

L’opposizione di terzo è uno strumento circoscritto a determinate figure di terzi. Non tutti i terzi qualsiasi possono avvalersene: la legge dice espressamente che “può essere proposta opposizione soltanto dal terzo che pretenda di avere la proprietà o altro diritto reale sui beni pignorati”. La giurisprudenza ha inoltre esteso la legittimazione anche a chi afferma di essere titolare di un diritto di credito con efficacia reale sul bene, cioè un diritto di garanzia come un’ipoteca, un pegno, oppure un creditore titolare di privilegio speciale su un bene che rivendica l’esclusiva su quel bene.

In sostanza, dev’esserci un diritto compatibile con la rivendicazione del bene. Se c’è, il terzo è legittimato; se manca, no. Alcuni esempi:

  • Legittimato: il proprietario non debitore di un bene pignorato (classico caso, pignorato un bene intestato a un altro); l’usufruttuario del bene (che ha diritto reale e può contestare l’esproprio del suo usufrutto? In teoria sì, anche se spesso l’usufrutto segue le sorti del bene salvo separazione); il titolare di pegno su un bene mobile pignorato da altri (può sostenere che il bene va venduto rispettando il suo pegno, ma più che con opposizione lo fa valere nella distribuzione; comunque, se volesse bloccare la vendita perché ha diritto di escutere lui quel pegno, potrebbe tentare opposizione ex 619); un comproprietario estraneo del bene indiviso pignorato per intero (può opporsi per la sua quota).
  • Non legittimato: chi non vanta un diritto reale sul bene. Ad es., un semplice creditore del debitore (non garantito da pegno/ipoteca su quel bene) non può fare opposizione di terzo, perché il suo è un diritto di credito verso il debitore, non un diritto sul bene. Se il bene viene pignorato da un altro creditore, il creditore “terzo” può solo intervenire nell’esecuzione per concorrere, ma non opporsi per liberare il bene (non ne ha titolo). Cassazione ha spiegato che il terzo che agisce ex 619 “fa valere una situazione soggettiva sul bene esecutato prevalente rispetto al diritto del creditore di soddisfarsi, e non avendo interesse all’osservanza del quomodo del processo esecutivo… non è ammesso a dolersi delle nullità del processo esecutivo ai sensi dell’art.617”. Quindi il terzo deve avere quel tipo di interesse reale.
  • Non legittimato: chi ha un diritto personale sul bene. Ad esempio, un locatario (affittuario) di un immobile pignorato non può proporre opposizione di terzo all’esecuzione immobiliare per impedire la vendita sostenendo di avere un contratto di locazione in corso. Il suo è un diritto personale di godimento, che non impedisce l’esecuzione (tutt’al più la vendita sarà “a conduttore opponibile” se la locazione ha data certa anteriore al pignoramento e rientra nei limiti di legge, ma questo è un aspetto regolato dall’art. 2923 c.c., e non dà luogo a opposizione esecutiva da parte del conduttore). Dunque l’inquilino non è legittimato ex 619. Similmente, un comodatario o un detentore del bene senza titolo reale non ha accesso all’opposizione di terzo.
  • Non legittimato: soggetti che rivendichino diritti diversi. Ad esempio, rivendicare che il bene doveva essere esente perché destinato a pubblico servizio (caso di P.A.) non è classico art.619 ma più una questione di pignorabilità relativa (che normalmente spetta al debitore eccepire, se P.A.), però potrebbe in ipotesi un terzo ente rivendicare la proprietà pubblica del bene. Se quell’ente è proprietario, sì (diritto reale); se è solo un utente, no.
  • Esempio di caso peculiare: interessi legittimi vs diritti reali. Supponiamo che un bene sottoposto a esecuzione sia un’area gravata da uso pubblico; un Comune potrebbe cercare di opporsi dicendo che c’è una servitù pubblica. Una servitù è un diritto reale, quindi in teoria sì (Comune come titolare di servitù pubblica). Se fosse solo un vincolo amministrativo, non è diritto reale, quindi no. La distinzione è tecnica ma importante: solo situazioni giuridiche soggettive qualificate come diritti reali (o assimilabili) danno legittimazione all’opposizione di terzo.

Se un soggetto che non rientra in queste categorie propone comunque opposizione di terzo, il giudice la dichiarerà inammissibile per difetto di legittimazione attiva. Ad esempio, Cass. civ. n.17876/2011 escluse la legittimazione di un affittuario d’azienda (che comprendeva i beni pignorati) ad opporsi ex art.619: egli non aveva un diritto reale su quei beni, quindi non poteva agire. Oppure Cass. n.8397/2009 stabilì che il terzo opponente non può eccepire vizi della procedura esecutiva o validità del titolo, essendo estraneo ai rapporti tra creditore e debitore – a meno che il titolo esecutivo stesso non consista in una garanzia reale che gli dà diritto di sequela, nel qual caso il terzo acquirente del bene ipotecato può contestarne la validità (quindi qui ampliò un po’ la legittimazione quando il titolo del creditore stesso incide sul diritto reale del terzo). Ma in linea generale, un terzo non può immischiarsi se non ha un suo diritto sul bene.

In sintesi, dal punto di vista pratico:

  • Il terzo deve essere vero “titolare” di un diritto sul bene per poter fare opposizione di terzo. Deve allegare e provare prima facie questo (esibendo titoli di proprietà, contratti notarili, registrazioni, ecc.).
  • Se non lo è, la sua opposizione sarà dichiarata inammissibile.
  • Questo riguarda anche casi in cui formalmente il bene risulta del debitore ma in realtà il terzo aveva acquistato prima del pignoramento: classico, Tizio ha comprato un immobile da Caio (debitore) ma non ha trascritto subito l’atto, e intanto un creditore di Caio pignora l’immobile. Tizio è terzo proprietario non apparente e può fare opposizione di terzo per far valere la sua proprietà (deve però avere atto con data certa anteriore al pignoramento, altrimenti se ha comprato dopo il pignoramento è un acquirente in pendenza di esecuzione, situazione più problematica). Se ha comprato dopo, è generalmente ritenuto non legittimato a opporsi perché ha acquistato sub iudice il bene già pignorato (art. 2913 c.c. rende inopponibile al creditore l’atto di alienazione successivo al pignoramento). Quindi un acquirente post-pignoramento è nella stessa posizione del debitore (il bene resta vincolato): la giurisprudenza esclude anche la sua legittimazione come terzo (nonostante sia formalmente terzo acquirente), perché l’acquisto è inefficace verso i creditori. Dunque costui potrà forse intervenire nella distribuzione per chiedere il residuo, ma non bloccare la vendita. Cass. n.11128/1998 ad esempio affermò che l’acquirente dal debitore dopo il pignoramento non può fare opposizione ex 619 (visto che sapeva del pignoramento e acquista condizionato ad esso). Insomma, il “terzo” che la norma tutela è colui che aveva un diritto sul bene indipendente e pregresso rispetto all’esecuzione.

3. Questioni estranee all’ambito dell’opposizione di terzo

Su questo punto si è in parte detto: il terzo non può utilizzare l’opposizione ex art.619 per far valere questioni che esulano dallo scopo di tale rimedio. Se lo fa, la sua opposizione è inammissibile (o viene rigettata perché infondata in rito).

L’ambito dell’art.619 è di far dichiarare che un certo bene non doveva essere pignorato perché sullo stesso insiste il diritto del terzo. Il terzo quindi:

  • Può chiedere: accertamento del suo diritto (proprietà, ecc.) e conseguente dichiarazione di inefficacia del pignoramento su quel bene.
  • Non può chiedere: la declaratoria di nullità del precetto, o di nullità di atti esecutivi per vizi formali (per quello c’è art.617, che come detto spetta alle parti, e il terzo è estraneo).
  • Non può contestare: la validità del titolo esecutivo del creditore verso il debitore (non è affar suo, a meno che quel titolo implichi un suo diritto come scenario eccezionale, v. esempio creditore ipotecario – terzo acquirente, in cui il terzo può eccepire invalidità dell’ipoteca se riguarda il suo bene).
  • Non può contestare l’entità del debito o altre questioni del rapporto creditore-debitore: ad esempio un terzo proprietario di un bene pignorato per debito altrui non può opporsi sostenendo che “il debito era già pagato” o “il creditore ha sbagliato calcolo interessi”: queste eccezioni di merito spettano al debitore, il terzo non ha titolo per farle (anche perché, se pure il debito fosse minore, il terzo resterebbe estraneo: o è proprietario e il bene va liberato, o non lo è e il bene resta pignorato per quel che serve).

Se il terzo nella citazione in opposizione eccede e introduce questioni del genere, il giudice le stralcerà perché inammissibili, limitandosi al cuore della causa petendi ammessa (il diritto sul bene). Potrà quindi dichiarare inammissibili eventuali “motivi” aggiuntivi che il terzo avesse impropriamente sollevato.

Un caso particolare: concorso di creditori con diritti reali. Se Tizio pignora un bene e Caio, terzo, ha ipoteca su quel bene, Caio in teoria non ha interesse a liberare il bene dall’esecuzione (perché semmai parteciperà come creditore ipotecario al ricavato). Infatti di solito un terzo creditore ipotecario non fa opposizione di terzo, ma interviene nell’esecuzione per far valere il suo grado (art. 499 c.p.c.). Se facesse opposizione sostenendo “il bene è gravato da mia ipoteca, quindi non vendetelo”, non avrebbe successo perché il suo diritto di ipoteca non esclude affatto l’espropriazione (anzi, la prevede, solo che lui verrà soddisfatto prioritariamente). Quindi quell’opposizione sarebbe inammissibile perché infondata in diritto: l’ipoteca non impedisce l’esecuzione, ne disciplina la distribuzione. In definitiva il terzo ipotecario non è legittimato a chiedere di bloccare la vendita, semmai a contestare la distribuzione se non viene considerato.

Altro caso: pignoramento su bene in comunione legale tra coniugi. Il coniuge non debitore ha un diritto di comproprietà (comunione legale). Egli è un terzo proprietario pro-quota e quindi può opporsi ex art.619 per far valere la sua metà (se il debito non è per obbligazioni della famiglia). La giurisprudenza ammette l’opposizione del coniuge non obbligato per far escludere la sua quota, se il bene era in comunione non destinata ai bisogni familiari. Quindi questo rientra. Non sarebbe ammissibile invece se la comunione legale serve come garanzia per debiti familiari (allora la legge prevede comunque la responsabilità di entrambi i coniugi).

Infine, val la pena ribadire: il debitore stesso non può farsi passare per terzo. Ci sono stati tentativi fraudolenti in passato (es. intestare il bene a un prestanome e poi questi fa opposizione di terzo collusiva). I giudici vigilano: se emergesse che il “terzo” è di fatto una longa manus del debitore senza vero diritto, quell’opposizione verrà rigettata e potrà avere strascichi per lite temeraria. Ma questo esula dalla mera ammissibilità formale; attiene al merito e alla buona fede.

4. Altri aspetti: forma dell’atto e procedimento

In generale l’opposizione di terzo segue le regole analoghe all’opposizione del debitore a esecuzione iniziata:

  • Va proposta con ricorso al giudice dell’esecuzione (quindi se erroneamente il terzo la proponesse con citazione autonoma, molti tribunali considererebbero comunque l’atto valido purché entro i termini, e potrebbero convertirlo in ricorso; formalmente però è preferibile rispettare la forma del ricorso). Un’erronea instaurazione potrebbe portare a perdere tempo e quindi magari a far maturare la vendita prima che il giudice decida sulla sospensione, con effetti deleteri.
  • Il ricorso va notificato alle altre parti (creditore procedente almeno, e al debitore esecutato perché la decisione incide anche su di lui) entro i termini dati. Se il terzo non notifica il ricorso, la sua opposizione può essere dichiarata inammissibile per difetto di contraddittorio.
  • Il terzo deve anche iscrivere a ruolo la causa di opposizione come separata dal fascicolo dell’esecuzione (prassi post-riforma: l’opposizione esecutiva è considerata un incidente cognitivo, ma va comunque rubricata). Il mancato rispetto delle indicazioni del giudice dell’esecuzione (es: termine per introdurre il giudizio di merito art.616 se disposto) comporta l’estinzione/inammissibilità dell’opposizione.

Sebbene questi ultimi aspetti siano più procedurali, li segnaliamo perché analoghi a quanto avviene per l’opposizione del debitore: se, dopo aver depositato ricorso in cancelleria, il terzo non provvede a notificare il ricorso e il decreto nei termini, l’opposizione verrà dichiarata improcedibile/inammissibile; se non si costituisce come attore nel merito laddove richiesto, idem (questo vale anche per il debitore: l’art.616 c.p.c. prevede un termine perentorio fissato dal G.E. per introdurre il giudizio di merito a cognizione piena; con la riforma Cartabia 2022 tale previsione è stata ritoccata – v. infra – ma resta l’idea che l’opponente debba attivarsi nel merito, altrimenti la sua opposizione verrà meno).

Riassumendo i punti cruciali sull’inammissibilità per l’opposizione di terzo:

  • Tardività: proposta dopo che il bene è uscito dalla procedura -> inammissibile (il terzo potrà al più perseguire il denaro ricavato se ancora da distribuire).
  • Difetto di legittimazione: soggetto senza diritto reale sul bene (p.es debitore camuffato, creditore semplice, affittuario) -> inammissibile, il rimedio non gli spetta.
  • Oggetto errato: questioni che non riguardano il diritto del terzo sul bene (vizi atti, questioni credito) -> inammissibili in quella sede.
  • Errori procedurali rilevanti: ricorso non notificato, termini non rispettati -> opposizione che non può proseguire.

Con ciò abbiamo coperto le principali evenienze in cui l’opposizione di terzo non è ammessa.

Riforma Cartabia (2022–2025): novità rilevanti in materia di opposizioni esecutive

Una parte significativa dell’aggiornamento a giugno 2025 riguarda gli effetti della cosiddetta Riforma Cartabia sul processo civile, introdotta dal D.lgs. 149/2022 (in vigore dal 2023) e successivi decreti correttivi (D.lgs. 54/2023; D.lgs. 164/2024, etc.). Tali riforme hanno innovato anche il processo di esecuzione forzata, incluse alcune disposizioni sulle opposizioni ex artt. 615, 617, 619 c.p.c. È opportuno evidenziare le novità più rilevanti, perché in qualche caso incidono indirettamente sui temi di ammissibilità trattati sopra.

1. Rito semplificato per le opposizioni a precetto e agli atti esecutivi: La riforma ha ampliato l’ambito del rito semplificato di cognizione (ex art. 281-decies c.p.c.) prevedendo espressamente che le cause di opposizione a precetto (art.615 co.1), opposizione agli atti esecutivi (art.617 co.1) e opposizione a decreto ingiuntivo (art.645) possano essere introdotte e trattate col rito semplificato. In pratica, ciò significa che queste opposizioni, pur iniziando con atto di citazione, possono sin dall’inizio seguire un iter accelerato e più scritto, con eventuale sentenza immediata. Questo potrebbe ridurre i tempi e le udienze, cristallizzando ancor prima il thema decidendum. Implicazione pratica: il debitore opponente deve essere ancor più attento a esporre compiutamente tutti i motivi nell’atto introduttivo, perché nel rito semplificato non c’è la classica fase di trattazione lunga con memorie ex art.183, ma tempi ristretti. Dunque, la regola vista sopra sulla preclusione di nuovi motivi diventa stringente. Inoltre, il giudice può emettere ordinanza motivata di accoglimento/rigetto già nelle prime battute, decidendo in maniera spedita. Se l’opposizione è inammissibile (per tardività o altro), lo dichiarerà subito con ordinanza. Tali ordinanze hanno efficacia di sentenza impugnabile in appello.

2. Competenza per territorio e nuove disposizioni nel precetto: La riforma ha inserito un articolo 27-bis c.p.c. (introdotto dal correttivo D.lgs. 54/2023) che chiarisce la competenza territoriale per l’opposizione a precetto quando il creditore nel precetto non abbia indicato la residenza o domicilio nel comune del giudice competente. In tal caso, l’opposizione si propone davanti al giudice del luogo di notifica del precetto. Questa previsione rafforza quanto già era disposto nell’art.480 co.3 c.p.c. ed evita incertezze di competenza che in passato potevano dar luogo a eccezioni. Rilievo pratico: il debitore deve verificare sul precetto se il creditore ha eletto domicilio vicino al giudice competente; se manca, sa che può proporre opposizione al giudice del luogo di notifica. Sbagliare foro poteva portare a inammissibilità? Non direttamente, si sarebbe avuta una declinatoria di competenza. Ma ora la legge è più chiara e riduce il rischio di errori: ciò aiuta ad evitare incompetenza (che non è inammissibilità ma allunga i tempi con riassunzioni, potendo far slittare oltre i termini l’opposizione). Quindi indirettamente questa novità riduce il rischio di vedersi eccepire tardività dovuta a errato radicamento iniziale.

3. Modifiche agli artt. 616 e 618 c.p.c.: L’art.616 c.p.c. (per opposizioni all’esecuzione e di terzo) e l’art.618 (per opposizioni agli atti) sono stati ritoccati. In particolare, il correttivo 2024 ha dimezzato i termini di comparizione nell’introdurre il giudizio di merito dell’opposizione. Prima, quando il giudice dell’esecuzione sospendeva e fissava il termine per il giudizio di merito con citazione, i termini a comparire erano automaticamente ridotti della metà (ex vecchio art.616); su questo c’erano dubbi interpretativi e la riforma li ha chiariti, mantenendo di fatto la rapidità. Inoltre, oggi l’art.616 prevede espressamente che se il giudizio di merito sull’opposizione è introdotto col rito ordinario, i termini di comparizione sono dimezzati. Tutto questo conferma che le opposizioni devono viaggiare spedite. Implicazione: minor tempo tra atti = minor possibilità di giustificare eventuali ritardi. Se l’opponente non rispetta i termini dati, la sua opposizione verrà dichiarata improcedibile. Ad esempio, se il G.E. sospende l’esecuzione e dà 60 giorni per iniziare la causa di merito in opposizione a precetto, e il debitore non notifica la citazione entro 60 giorni, la sua opposizione decadrà (il G.E. revocherà la sospensione e l’opposizione sarà estinta). Non è una novità assoluta, ma le nuove regole spingono per rigore sui termini.

4. Eliminazione della formula esecutiva e riduzione di motivi formali: La riforma ha abolito l’obbligo della formula esecutiva sui titoli (art.474-475 c.p.c. novellati). Questo riduce una fonte di possibili opposizioni formali (un tempo, come visto, si facevano opposizioni per mancanza di formula). Ora il titolo esecutivo è messo in esecuzione in copia conforme senza formula. La Cassazione già prima diceva che la mancanza della formula non legittimava opposizione se senza pregiudizio. Ora il legislatore ha tolto proprio la formalità. Ciò significa meno margine per opposizioni pretestuose su aspetti formali, rafforzando ancor di più il concetto che bisogna concentrarsi su vizi sostanziali e concreti. Un debitore che tentasse un’opposizione agli atti per difetti formali “superati” dalla normativa vigente si vedrebbe sicuramente respingere l’opposizione come inammissibile per difetto di interesse.

5. Precisazioni sulla sospensione del precetto e opposizione agli atti: La riforma ha introdotto all’art.492-bis c.p.c. (ricerche telematiche dei beni) un comma in cui si prevede che, quando il termine di efficacia del precetto è sospeso per le ricerche telematiche, il creditore deve indicare vari dati (istanza, provvedimenti) per evitare che il debitore ignaro della sospensione proponga opposizione agli atti esecutivi lamentando la scadenza del precetto. Questa è una norma che punta ad evitare opposizioni infondate: infatti c’era il timore che un debitore vedendo passare più di 90 giorni dalla notifica del precetto senza pignoramento potesse opporsi sostenendo la decadenza del precetto, ignorando che il termine era sospeso per via di ricerche telematiche in corso. Ora il creditore deve fornire prova di queste tempistiche nel pignoramento per tagliare la gambe a simili opposizioni. Quindi, un’opposizione agli atti per “precetto inefficace oltre 90 gg” verrà dichiarata inammissibile se il fascicolo mostra che c’era una sospensione ex art.492-bis regolarmente comunicata. Il legislatore ha voluto precludere anche questa nicchia di contenzioso, aumentando la trasparenza.

In generale, la riforma Cartabia ha avuto come obiettivi in materia esecutiva: accelerare le procedure, evitare ritardi e formalismi, responsabilizzare le parti. Ciò si riflette sulle opposizioni: termini chiari, processi più rapidi, meno “appigli” formali. Tutto questo accentua l’importanza di rispettare le condizioni di ammissibilità, perché difficilmente il debitore potrà trovare scappatoie procedurali. Al contrario, errori o ritardi saranno sanzionati.

Dal punto di vista pratico per il debitore-opponente, i consigli alla luce delle riforme sono:

  • Agire tempestivamente e completamente: se intende opporsi, presentare subito opposizione con tutti i motivi, prima che la procedura avanzi troppo (meglio in fase di precetto se i motivi sussistono già, oppure subito dopo il pignoramento, senza aspettare).
  • Nelle opposizioni a precetto e atti, essere pronto a un rito più veloce: preparare la documentazione e le argomentazioni in modo chiaro sin dall’atto di citazione, perché potrebbe essere deciso in poche mosse.
  • Non contare più su cavilli formali (tipo “manca la formula”, “manca la firma del cancelliere…”): oggi sono questioni spesso irrilevanti o già sanate ex lege. Concentrarsi solo su vizi reali che comportino lesione.
  • Verificare sempre gli atti di parte avversa: il precetto, il pignoramento, gli avvisi. Se questi contengono le dovute avvertenze (es. avvertimento post-vendita ex art.492, indicazioni su sospensioni, ecc.), significa che il debitore è stato informato dei rischi e tempi, e un’opposizione tardiva sarà ancora meno scusabile.

In conclusione su questo punto, la riforma non ha modificato esplicitamente i casi classici di inammissibilità, ma ha rafforzato l’impianto normativo che li sottende, mirando a evitare opposizioni dilatorie o formalistiche. Ha inoltre introdotto meccanismi (rito semplificato, termini dimezzati, ecc.) che, pur non riguardando l’ammissibilità in sé, rendono il sistema più esigente verso il debitore in termini di tempestività e correttezza processuale.

Domande frequenti (FAQ)

Di seguito proponiamo alcune domande e risposte ricorrenti sul tema delle opposizioni all’esecuzione e la loro ammissibilità, per chiarire in forma colloquiale i dubbi più comuni dal punto di vista del debitore.

D: Si può fare opposizione all’esecuzione dopo che il bene pignorato è già stato venduto all’asta?
R: No, in linea generale non è più possibile. Se il bene è già stato venduto o assegnato, l’opposizione all’esecuzione del debitore è inammissibile (art. 615 c.p.c.), salvo che tu alleghi fatti sopravvenuti o una causa di ritardo non imputabile. Anche per un terzo proprietario vale lo stesso: non può bloccare l’esecuzione a posteriori. Al più, il terzo può cercare di recuperare il ricavato con un’opposizione tardiva (se la distribuzione non è ancora chiusa), oppure con un’azione di rimborso contro il creditore dopo che l’esecuzione è finita. Ma la vendita in sé, una volta disposta ed eseguita, non viene annullata tramite opposizione esecutiva. Quindi è fondamentale opporsi prima che il bene venga venduto.

D: Ho scoperto un vizio nel precetto (o nel pignoramento) però sono passati più di 20 giorni. Posso ancora fare qualcosa?
R: Purtroppo, se il vizio riguarda la forma dell’atto esecutivo, l’art. 617 c.p.c. dà solo 20 giorni di tempo dalla notifica (o dalla conoscenza) di quell’atto per proporre opposizione. Trascorso questo termine, sei decaduto dal potere di far valere quel vizio. Un’opposizione agli atti presentata oltre i 20 giorni sarà dichiarata inammissibile per tardività. Non c’è una proroga o scusa, a meno che tu non sapessi davvero dell’atto (es. non ti è stato notificato: in quel caso i 20 giorni decorrono da quando ne hai conoscenza legale). Se invece l’hai saputo ma hai lasciato passare il tempo, non c’è rimedio nel processo esecutivo. Potresti eventualmente provare a far valere il vizio in altro modo (ad es. eccepire la nullità dell’atto in un’opposizione all’esecuzione se è un vizio che incide sul diritto a procedere? Ma è rischioso e spesso i giudici non lo permettono). La regola pratica è: i 20 giorni sono tassativi. Segna subito la scadenza quando ricevi precetto o altri atti!

D: Posso contestare in opposizione all’esecuzione che la sentenza su cui si basa il pignoramento è sbagliata?
R: No, non nel merito. Se la sentenza è ormai titolo esecutivo, il giudice dell’esecuzione non può rimetterla in discussione. In opposizione all’esecuzione non puoi attaccare la sentenza per motivi che andavano fatti valere in appello o in cassazione. Ad esempio, non puoi dire “la sentenza era ingiusta, testimoni valutati male”: queste sono questioni di merito riservate al giudice dell’impugnazione, non al giudice dell’esecuzione. L’unica cosa che puoi far valere in sede esecutiva, rispetto a una sentenza, sono eventuali fatti successivi a quella sentenza (es.: il debito l’ho pagato dopo; oppure la sentenza è stata impugnata e sospesa in appello; oppure è intervenuto un condono, ecc.). Ma fatti anteriori o vizi intrinseci della sentenza – come l’errata valutazione giuridica – non possono essere motivo di opposizione ex art.615. La Cassazione 2025 ha ribadito che il titolo giudiziale è intangibile in esecuzione per tutto ciò che precede la sua definitività. In pratica, l’opposizione esecutiva non è un appello bis. Se non hai impugnato la sentenza nei termini propri, non potrai bloccarne l’esecuzione lamentando errori giudiziari se non per via di rimedi straordinari (revocazione) o appello se ancora pendente. Quindi questa strada è inammissibile.

D: Cosa succede se nell’opposizione mi dimentico di sollevare un’eccezione (es. prescrizione) e la tiro fuori dopo?
R: Succede che con ogni probabilità quella eccezione verrà dichiarata inammissibile. Come abbiamo visto, il Tribunale di Roma ha sottolineato che tutti i motivi di opposizione devono essere indicati subito nel ricorso introduttivo e che qualsiasi motivo aggiunto in ritardo non è ammesso. Nel tuo esempio: non eccepisci la prescrizione nel ricorso iniziale, poi magari alla prima udienza o memoria provi a farla valere – il creditore quasi certamente eccepirà la tardività e il giudice ti dirà: “No, dovevi farlo prima, ora è inammissibile per tardività interna”. Questo perché l’eccezione di prescrizione è a tua disposizione e andava sollevata tempestivamente. Lo stesso vale per qualsiasi altro motivo che conoscevi dall’inizio (pagamento già avvenuto, invalidità del titolo, ecc.): se non lo metti nell’atto di opposizione, rischi di perderlo. Fanno eccezione solo i fatti nuovi sopravvenuti (es. durante il giudizio di opposizione, trascorre altro tempo e matura la prescrizione ora: in tal caso potresti aggiungerla, essendo sorta dopo). Ma motivi che esistevano già all’inizio no, vanno presentati all’inizio. Dunque cura moltissimo l’atto introduttivo: inserisci tutti i motivi possibili supportati da fatti noti. Meglio ridondante che scoprirne uno tardi e sentirsi dire che non si può più aggiungere.

D: Il mio coniuge/figlio/amico è proprietario del bene che mi hanno pignorato: posso far valere io che è suo e non mio?
R: No, tu direttamente non puoi. Il nostro ordinamento non consente al debitore di fare valere diritti altrui in sede di opposizione (si chiama ius tertii ed è vietato). Se il bene pignorato appartiene a un terzo (che sia tuo coniuge, parente o un soggetto qualsiasi), deve essere quel terzo a fare opposizione ex art.619 c.p.c. per rivendicarne la proprietà. Tu come debitore puoi certamente informare il giudice nella procedura esecutiva che “quel bene è di terzi”, ma formalmente non basta: serve l’azione del terzo. Il giudice non libererà il bene solo su tua dichiarazione, perché tu potresti non essere obiettivo (magari c’è una frottola, oppure anche se è vero il giudice vuole la conferma e la prova da parte del terzo). Quindi, nella pratica: avvisa subito il terzo interessato che deve attivarsi con un’avvocato per fare opposizione di terzo prima che vendano il bene. Se tu provassi con un’opposizione in proprio a dire “non è mio”, con ogni probabilità la controparte eccepirebbe che non sei legittimato a far valere il diritto del terzo e il giudice dichiarerebbe inammissibile quella parte di opposizione. Insomma, ogni uno deve fare la sua parte: tu difendi i tuoi diritti, il terzo i suoi. (Nota: se il bene è intestato a te ma un terzo dice di averne diritto – es. ha un atto di vendita a suo favore – è comunque quell’altro a dover venire in giudizio).

D: Un esempio: mi hanno pignorato l’auto che in realtà era intestata a mia moglie; io debitore ho fatto opposizione dicendo che era di mia moglie, ma il giudice l’ha rigettata. Perché?
R: Perché doveva essere tua moglie a fare opposizione di terzo. Tu non avevi legittimazione. Il rigetto (o inammissibilità) dipende esattamente da questa ragione: il codice vuole che sia il terzo proprietario a venire davanti al giudice, non il debitore. Probabilmente avrai perso quell’opposizione. Tua moglie potrà ancora agire? Se l’auto non è stata ancora venduta, , potrebbe proporre opposizione ex art.619, magari chiedendo in extremis la sospensione. Se invece l’hanno già venduta all’asta, ormai potrà solo chiedere la somma (se disponibile) o far causa al creditore. Questo esempio è comune: i debitori a volte fanno opposizione cercando di difendere i beni di familiari, ma giuridicamente non funziona – occorre una separata opposizione della persona interessata.

D: Ho trovato un piccolo errore formale nel pignoramento (una cifra sbagliata in una pagina). Posso farlo annullare con opposizione agli atti?
R: Dipende: quell’errore ti ha causato un pregiudizio concreto? Se sì (per es. importo sbagliato di molto e non capivi quanto dovevi, oppure soggetto indicato erroneamente e non eri sicuro fosse riferito a te), allora sì, puoi tentare l’opposizione agli atti per nullità, entro 20 giorni. Ma se è un refuso innocuo che non ti ha impedito di capire l’atto e di difenderti, rischi che l’opposizione venga dichiarata inammissibile per difetto di interesse. I giudici oggi ragionano così: “Ok c’è un errore, ma a te, debitore, cosa cambia? Se non cambia nulla, l’atto ha comunque raggiunto lo scopo e non lo annullo.” Addirittura la Cassazione dice: dedurre solo un’irregolarità formale in sé, senza allegare uno specifico pregiudizio, rende l’opposizione inammissibile. Quindi valuta bene: l’errore è sostanziale o è un dettaglio senza conseguenze? Se è il secondo caso, forse non vale la pena opporsi, spenderesti soldi per sentirti dire che non hai motivo. Se invece quell’errore ti ha leso un diritto di difesa, allora l’interesse c’è: esplicitalo bene nel ricorso (spiega perché quell’errore ti ha danneggiato), così mostri al giudice che l’interesse ad agire c’è. Il concetto chiave è: no nullità senza danno.

D: Se faccio opposizione e la procedura è sospesa, poi non seguo il giudizio di merito che succede?
R: Succede che la tua opposizione verrà dichiarata improcedibile/estintra e l’esecuzione riprenderà. Mi spiego: poniamo tu faccia opposizione a precetto e ottenga dal giudice una sospensione provvisoria, con il compito di iniziare la causa di merito entro X giorni (lo stabilisce il giudice). Se non rispetti quel termine (non depositi l’atto di citazione in merito, ad esempio), perdi l’opposizione. L’ordinanza di sospensione diventa inefficace e il processo esecutivo può ripartire come se nulla fosse. Quindi è importante, una volta iniziata l’opposizione, seguirla sino in fondo. Un comportamento dilatorio (chiedo la sospensione e poi lascio cadere la causa) può portare anche a conseguenze negative, tipo condanna alle spese e talora responsabilità aggravata per aver abusato dello strumento (il creditore potrebbe chiedere i danni per il ritardo). Quindi, se hai avviato l’opposizione, assicurati di rispettare tutti i passaggi successivi.

D: Un creditore ha pignorato un credito che vantavo io verso un terzo (pignoramento presso terzi). Ma quel credito in realtà l’avevo ceduto a un altro prima. Posso oppormi?
R: Sì, questo è un caso tipico da opposizione di terzo nel pignoramento presso terzi. Tu descrivi: Tizio (tu) aveva un credito verso Caio; Sempronio (creditore di Tizio) lo pignora; ma Tizio aveva già ceduto quel credito a Mevio prima. Allora Mevio è il vero titolare del credito pignorato, non Tizio. Mevio può proporre opposizione di terzo ex art.619 per dire: “quel credito non è (più) di Tizio, ma mio, quindi non poteva essere pignorato per i debiti di Tizio”. Deve farlo prima che il giudice assegni il credito a Sempronio. Se lo fa tempestivamente, il giudice valuterà e, se Mevio ha ragione (cessione a data certa anteriore al pignoramento), dichiarerà improcedibile l’esecuzione su quel credito. Se invece Mevio si muove tardi e l’assegnazione al creditore è già avvenuta, come detto quell’opposizione sarà considerata tardiva e inammissibile, perché l’esecuzione presso terzi è conclusa. Mevio dovrà allora agire contro Sempronio (entro 60 giorni, se Sempronio era in buona fede, ai sensi dell’art.2926 c.c.) per farsi restituire l’importo assegnato. Quindi se ti trovi in un ruolo simile a Mevio, opponiti subito non appena sai del pignoramento presso terzi, per evitare che assegnino i soldi al creditore erroneamente.

D: Se pendono due opposizioni (una a precetto, una all’esecuzione dopo pignoramento) sugli stessi motivi, posso portarle avanti entrambe?
R: No, di solito no. Se riguardano gli stessi motivi e lo stesso titolo, la seconda è inutile e il sistema prevede meccanismi di riunione o sospensione. La Cassazione dice che se sono proposte due opposizioni identiche, c’è litispendenza: in genere quella successiva verrà accorpata alla prima (se nello stesso Tribunale) o addirittura dichiarata improcedibile se pendente altrove. Quindi, se per errore hai due cause parallele sul medesimo tema, segnalalo al giudice. Spesso la soluzione è riunirle, così non c’è rischio di contraddizioni. Ma tieni conto: il giudice potrebbe anche dire che la seconda opposizione è inammissibile perché avevi già agito con la prima (soprattutto se erano identiche). La cosa migliore è evitarlo a monte: non duplicare cause. Se hai già fatto opposizione a precetto e poi parte comunque l’esecuzione, dovresti semmai estendere la domanda lì (chiedendo magari in quella causa di sospendere l’esecuzione) piuttosto che iniziare un’altra opposizione. In pratica: un’opposizione basta e avanza, farne due può creare confusione e allungare i tempi, e rischi di pagare doppie spese.

D: L’opposizione all’esecuzione sospende automaticamente il pignoramento?
R: No. Solo se ottieni un provvedimento di sospensione dal giudice (sia ex art.615 co.1 per il precetto, sia ex art.624 c.p.c. dopo il pignoramento) l’esecuzione viene sospesa. La semplice proposizione dell’opposizione non sospende nulla di diritto. Il giudice, se ravvisa gravi motivi, può sospendere l’efficacia esecutiva del titolo (prima dell’esecuzione) o sospendere la procedura in corso (dopo il pignoramento). In assenza di ciò, l’esecuzione prosegue in parallelo al giudizio di opposizione. Questo è rilevante perché se la tua opposizione venisse infine dichiarata inammissibile (ad esempio perché tardiva), e tu non avevi la sospensione, nel frattempo l’esecuzione potrebbe essere andata avanti fino magari a concludersi. Quindi, chiedi sempre la sospensione in opposizione (se ne hai i presupposti), altrimenti potresti “vincere la battaglia ma perdere la guerra” (o viceversa, se perdi opposizione magari hanno già venduto tutto).

D: Quali sono in definitiva i peggiori errori che posso fare come debitore opponente?
R: Direi tre errori capitali:

  1. Aspettare troppo a lungo prima di opporsi. Se hai un motivo valido, temporeggiare gioca a sfavore: potresti finire fuori termine (per gli atti) o oltre la vendita (per l’esecuzione) e perdere la chance.
  2. Impostare un’opposizione su basi sbagliate. Ad esempio: usare art.615 (contestando il diritto sostanziale) quando il tuo problema era un vizio formale del pignoramento (avresti dovuto fare 617); oppure viceversa. Se sbagli “tipo” di opposizione, rischi inammissibilità. Spesso i giudici cercano di riqualificare l’azione se è possibile, ma non contateci troppo. Ad esempio, contestare la pignorabilità di un bene: è tipicamente art.615 co.2 (si contesta il diritto a pignorare quel bene); se uno lo proponesse come 617 (vizio formale) sbaglierebbe.
  3. Non curarsi della procedura (forme e interessi). Cioè: non notificare bene l’atto, non rispettare i termini a comparire, non costituirsi, ecc. Oppure fare opposizione su un dettaglio insignificante solo per far perdere tempo al creditore. Il giudice potrebbe non solo dichiararla inammissibile, ma anche condannarti a spese e magari a una sanzione per lite temeraria (art.96 c.p.c.) se vede malafede o colpa grave. Quindi l’opposizione non va utilizzata pretestuosamente.

D: E se il giudice dichiara inammissibile la mia opposizione, posso impugnare quella decisione?
R: Sì. Se la pronuncia avviene con sentenza, farai appello ordinario entro 30 giorni (o 6 mesi se non notificata) al competente grado successivo. Se avviene con ordinanza ex art.702-ter c.p.c. (rito semplificato), quella ordinanza ha efficacia di sentenza e si impugna con appello parimenti. In appello potrai contestare la valutazione di inammissibilità. Ad esempio, potresti sostenere che il giudice ha errato nel ritenere tardiva l’opposizione (magari per un calcolo sbagliato di giorni) o che invece avevi interesse concreto. Tieni però conto: se si tratta di tardività “oggettiva” (atti depositati oltre termine) è difficile spuntarla, il dato è quello; se si tratta di errori di valutazione (es. secondo il giudice un vizio era sanato e non pregiudizievole, ma tu ritieni di sì), puoi provare a convincere la Corte d’Appello. Nel frattempo però, a meno di sospensioni in appello, l’esecuzione potrebbe essere ripresa. Bisogna valutare costi/benefici di un appello, ma certamente il nostro sistema consente un secondo grado sulle opposizioni esecutive.

Tabelle riepilogative

Per facilitare la comprensione, riportiamo due tabelle riassuntive: la Tabella 1 confronta le caratteristiche delle diverse opposizioni esecutive (soggetto legittimato, oggetto, termini, forma, giudice competente, effetti e note sull’inammissibilità); la Tabella 2 elenca in modo sintetico i principali casi di inammissibilità trattati nella guida, associandoli alla tipologia di opposizione corrispondente e ai riferimenti normativi o giurisprudenziali chiave.

Tabella 1 – Confronto tra le tipologie di opposizione nel processo esecutivo

Tipo di opposizioneChi può proporlaCosa contesta (oggetto)TermineForma (rito)Giudice competenteEffetti sull’esecuzioneNote su inammissibilità
Opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.) – prima dell’inizio (a precetto)Debitore ingiunto (obbligato indicato nel titolo o precetto).Diritto del creditore di procedere ad esecuzione forzata (totale o parziale) prima che inizi la procedura. Es: inesistenza del titolo, invalidità originaria del credito, già pagato, prescrizione maturata pre-pignoramento, ecc.Non c’è un termine perentorio fisso, ma va proposta dopo la notifica del precetto e comunque prima che l’esecuzione inizi (prima del pignoramento). Meglio entro i 90 gg di efficacia del precetto, altrimenti il creditore potrebbe iniziare.Atto di citazione (rito ordinario o semplificato – la riforma consente sempre il semplificato). Citazione da notificare al creditore.Giudice competente per materia/valore e territorio ex art.27 c.p.c. (Giudice del luogo dell’esecuzione indicato in precetto, salvo eccezioni art.480 co.3). Di regola il Tribunale se esecuzione mobiliare > €5000 o immobiliare.Può chiedersi la sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo (art.615 co.1). Se accolta, il creditore non può iniziare il pignoramento finché pende il giudizio. Se rigettata o non chiesta, l’esecuzione può iniziare parallelamente.Inammissibile se proposta quando l’esecuzione è già iniziata (dopo pignoramento): in tal caso andava usato il comma 2 (ricorso al G.E.), non la citazione al comma 1. (Il giudice può convertirla ex officio in 615/2 se ancora possibile).– Il debitore non può usarla per questioni formali del precetto: quelle vanno in 617. Se lo fa, l’opposizione può essere rigettata/inammissibile per difetto di rito.– Se il titolo è giudiziale definitivo, non ammette contestazioni di merito anteriori (intangibilità): tali motivi dichiarati inammissibili.
Opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.) – dopo l’inizio (successiva al pignoramento)Debitore esecutato (colui contro cui è iniziata l’esecuzione).Diritto a procedere all’esecuzione dopo che questa è iniziata. Spesso riguarda fatti sopravvenuti o scoperti dopo il precetto: es. cause di estinzione del credito avvenute post precetto; pignoramento di beni impignorabili o oltre i limiti; questioni di legittimazione attiva/passiva; oppure gli stessi motivi non fatti valere prima.Fino alla disposizione della vendita/assegnazione del bene pignorato. Preclusa oltre questo momento. Eccezioni: fatti sopravvenuti o cause non imputabili del ritardo, che permettono opposizione tardiva. Non c’è un termine breve (può essere proposta anche mesi dopo pignoramento) ma deve arrivare prima che il G.E. autorizzi la vendita/assegnazione del bene.Ricorso al Giudice dell’esecuzione (procedimento in corso). Il G.E. fissa con decreto udienza e termine per notifica a controparte. Si tratta di un giudizio sommario davanti allo stesso G.E., che se non definito lì prosegue a cognizione piena (tribunale).Giudice dell’esecuzione (Tribunale o Giudice di Pace a seconda del caso, ma nelle esecuzioni forzate per espropriazione è il Tribunale). In pratica, il giudice che tratta il pignoramento.Può chiedersi la sospensione dell’esecuzione (art.624 c.p.c.) al G.E.. Se concessa, la procedura esecutiva è bloccata (non si fanno atti esecutivi ulteriori, es. rinvio asta). Se non concessa, l’esecuzione prosegue durante il giudizio di opposizione.Inammissibile se depositata dopo che il G.E. ha disposto la vendita o assegnazione del bene pignorato (opposizione tardiva), salvo nuovi fatti sopravvenuti o caso fortuito.– Inammissibile (per difetto di interesse) se mira a contestare aspetti di merito di un titolo giudiziario già definitivo (non li puoi riesaminare qui).– Inammissibile se proposta dal debitore per far valere diritti di terzi (es. proprietà altrui). – Se proposta per motivi di forma degli atti esecutivi (invece che sostanza), il giudice la potrebbe qualificare come 617; se il termine di 20 gg è scaduto, tali motivi formali sono preclusi.
Opposizione agli atti esecutiviprima dell’inizio dell’esecuzione (art. 617 co.1 c.p.c.)Debitore intimato o altro soggetto destinatario di un atto del precetto o titolo (anche il terzo proprietario se il precetto gli è notificato come obbligato nel titolo, ecc.). Anche il creditore procedente potrebbe opporsi a un atto pre-esecutivo compiuto da un organo se lesivo (raro).Vizi formali del titolo esecutivo (es. irregolarità della formula, mancanza di notifica valida del titolo) o del precetto (es. omissione delle indicazioni di legge, somme non chiare, mancato avvertimento 480 co.2, ecc.), rilevati prima che inizi l’esecuzione. In generale, atti prodromici all’esecuzione. (Non tocca il merito del diritto di credito).20 giorni dalla notifica del titolo o del precetto (quello che per primo contiene il vizio da oppugnare). Termine perentorio, la decorrenza parte da notifica/comunicazione dell’atto viziato.Atto di citazione in opposizione, da notificarsi entro 20 gg. Rito ordinario (oggi spesso rito semplificato ex art.281-decies ammesso).Giudice indicato da art.480 co.3 c.p.c.: se il creditore precettante ha eletto domicilio presso il circondario del giudice competente all’esecuzione, allora quel giudice; se no, giudice del luogo di notificazione del precetto. In pratica quasi sempre il Tribunale del luogo dell’esecuzione.Non sospende nulla di per sé (poiché l’esecuzione non è iniziata). Può accadere che il giudice, su istanza, sospenda l’efficacia del precetto ex art.615 co.1 per motivi formali? Di solito l’opposizione agli atti tende a far dichiarare nullo l’atto vizioso, il che impedisce l’esecuzione finché non viene rinnovato correttamente.Inammissibile se oltre il termine di 20 giorni: opposizione tardiva = decadenza.– Inammissibile per difetto di interesse se il vizio formale non ha arrecato alcun pregiudizio concreto (“nullità senza grief”). – Inammissibile se proposta da soggetto non legittimato (es. un terzo estraneo non destinatario dell’atto).– Forma errata: se era da farsi con citazione e si usa ricorso, il giudice potrebbe ritenere inesistente l’atto introduttivo (ma spesso sana disponendo la conversione). Il rischio è maggiore se si sfora intanto il termine perentorio.
Opposizione agli atti esecutivia esecuzione iniziata (art. 617 co.2 c.p.c.)Le parti del processo esecutivo che subiscono l’atto viziato: il debitore, il creditore procedente o i creditori intervenuti (se l’atto riguarda anche loro), aggiudicatari o custodi se l’atto tocca i loro diritti, ecc. (Un terzo estraneo non può, deve far valere i suoi diritti con 619).Vizi formali di atti del processo esecutivo già in corso: es. avvisi, ordinanze del G.E., verbali di pignoramento, avviso di vendita, avviso di fissazione udienza, atto di pignoramento in se (come forma, se non opposto prima), ecc. Anche qui, riguarda il come è condotto l’atto, non mette in dubbio il credito.20 giorni dalla conoscenza legale dell’atto (notifica o comunicazione o pubblicazione, a seconda della natura). Termine perentorio.Ricorso al giudice dell’esecuzione, da depositare entro 20 gg. Il G.E. fissa udienza a breve e comunica alle parti. Procedimento in camera di consiglio (rito sommario).Giudice dell’esecuzione (Tribunale) che cura la procedura in corso.L’esecuzione continua, salvo che il G.E. sospenda specificamente l’atto impugnato (raro; di solito decide direttamente nel merito dell’opposizione in tempi brevi). Se l’opposizione viene accolta, l’atto viziato è annullato e potrà essere rinnovato; se rigettata, tutto valido.Inammissibile se oltre 20 gg dal momento di conoscenza dell’atto.– Inammissibile (per difetto interesse) se lamenta vizio puramente formale senza indicare pregiudizio concreto (principio del 156 c.p.c.). – Non ammessa per atti che hanno altri rimedi (es. ordinanza di estinzione: reclamo, non 617; riparto: reclamo 512). Un’opposizione proposta contro atti non impugnabili ex 617 è dichiarata improcedibile.– Inammissibile se proposta da terzi estranei (anche se informati degli atti, non sono legittimati).
Opposizione di terzo all’esecuzione (art. 619 c.p.c.)Terzo che vanta proprietà o altro diritto reale su un bene pignorato. Esempi: proprietario non debitore; comproprietario per la sua quota; usufruttuario; titolare di ipoteca (se vuole bloccare l’esecuzione? Di solito no, interviene); terzo assegnatario di un credito pignorato; acquirente del bene con atto anteriore non trascritto prima del pignoramento (ha proprietà sostanziale). Non legittimati: terzo privo di diritto reale (es. creditore semplice, affittuario, comodatario); debitore per diritti di terzi.Fa valere che un bene pignorato non doveva essere soggetto all’esecuzione perché appartiene al terzo o su di esso ha un diritto reale prevalente. In sostanza chiede di liberare quel bene dall’esecuzione. Non riguarda irregolarità processuali né la validità del titolo di credito (il terzo non entra nel rapporto debitore-creditore).Fino a prima che sia disposta la vendita o assegnazione del bene pignorato. Va proposta prontamente dopo il pignoramento. Se il giudice non sospende e la vendita avviene, o se l’opposizione è proposta dopo la vendita, il terzo potrà mirare solo alla somma ricavata (opposizione tardiva). Dopo la chiusura definitiva (assegnazione del ricavato al creditore) non è più proponibile in sede esecutiva. Termine non prefissato in giorni, ma condizionato allo stadio della procedura (prima dell’ordinanza di vendita/assegnazione).Ricorso al giudice dell’esecuzione. Il G.E. fissa udienza e termine notifica a creditore procedente e debitore. Procedimento sommario in contraddittorio tra terzo e parti.Giudice dell’esecuzione che tratta quella procedura (Tribunale se esecuzione è in Tribunale).Può chiedersi sospensione ex art.624 c.p.c. (applicabile anche al terzo opponente). Se accordata, la vendita del bene è sospesa finché si decide l’opposizione. Se non data, l’esecuzione va avanti: se il bene viene aggiudicato e trasferito mentre pende l’opposizione, e poi il terzo vince, avrà diritto solo sulla somma ricavata (non potendo riprendersi il bene già trasferito all’acquirente in buona fede).Inammissibile se proposta dopo la vendita/assegnazione definitiva del bene pignorato (opposizione tardiva non proponibile a procedura chiusa). – Inammissibile se il soggetto opponente non ha legittimazione (es. non è titolare di un diritto reale sul bene): eccezione de iure tertii, non ammessa. – Inammissibile se il terzo deduce motivi fuori scopo (es. vizi del titolo, questioni sul procedimento): il giudice li rigetterà per estraneità (il terzo può far valere solo il suo diritto sul bene). – Improcedibile se il terzo non segue le forme (es. non notifica agli interessati) o non rispetta i termini dati per il giudizio di merito ex art.616: come per l’opposizione del debitore, se non coltiva la causa, questa verrà estinta.

Tabella 2 – Principali casi di inammissibilità delle opposizioni all’esecuzione (615, 617, 619)

Causa di inammissibilitàOpposizione/e coinvolta/eDescrizioneRiferimenti normativi/giurisprudenziali
Opposizione tardiva dopo vendita/assegnazioneOpposizione all’esecuzione del debitore (615 co.2); Opposizione di terzo (619).Opposizione proposta quando l’esecuzione è già giunta al punto della vendita o assegnazione del bene pignorato. Il legislatore la preclude per evitare turbative finali. Esempio: il debitore presenta ricorso dopo che il G.E. ha già emesso l’ordinanza di vendita – il ricorso è inammissibile. Nel caso del terzo, se interviene dopo che il bene è stato aggiudicato o assegnato, l’opposizione non potrà bloccare l’iter (nel pignoramento presso terzi, dopo ordinanza di assegnazione al creditore, opposizione non proponibile).Art. 615 co.2 c.p.c.: “nell’esecuzione per espropriazione l’opposizione è inammissibile se è proposta dopo che è stata disposta la vendita o l’assegnazione…”; Cass. civ. 3136/2008: opposizione di terzo proponibile solo prima di vendita/assegnazione; Cass. civ. 2868/2020: opposizione tardiva del terzo non compatibile con esec. presso terzi dopo assegnazione. Eccezioni: fatti sopravvenuti o causa non imputabile (art.615) consentono comunque opposizione.
Decadenza per superamento del termine di 20 giorniOpposizione agli atti esecutivi (617, sia ante che post esecuzione).Opposizione proposta oltre il termine perentorio di 20 gg dalla notifica/comunicazione dell’atto impugnato. Esempio: precetto notificato, opposizione depositata dopo 30 giorni – sarà dichiarata inammissibile. La decadenza è rigida; le opposizioni tardive non sono accettate.Art. 617 c.p.c.: termine perentorio venti giorni; Cass. SU 6306/1994: perentorietà inderogabile; Cass. 13706/2012: inammissibilità opposizione tardiva; Cod. Proc. Civ. spiega che i termini per impugnare atti esecutivi sono a pena di decadenza (artt. 156, 617).
Intangibilità del titolo esecutivo giudiziale (contestazioni di merito sul titolo)Opposizione all’esecuzione ex art.615 (soprattutto del debitore).L’opponente deduce questioni attinenti al merito o validità intrinseca di un titolo esecutivo di formazione giudiziale (sentenza, decreto ing.) già definitivo o in corso di gravame, cioè fatti anteriori/coevi alla pronuncia del titolo. Queste questioni sono riservate al giudice del merito (appello/cassazione) e non possono essere conosciute dal giudice dell’esecuzione – se proposte, l’opposizione è inammissibile o quei motivi vengono stralciati. Esempio: titolo = sentenza di condanna, il debitore in opposizione dice che in quel giudizio mancava legittimazione attiva del creditore – il G.E. non può riesaminarlo, opposizione improponibile su ciò.Cass. civ. sez. III n.2785/2025: opposizione esecutiva preclusa per fatti anteriori/coevi alla formazione di titolo giudiziale. Principio generale di “intangibilità del giudicato nel processo esecutivo”. Cass. 17391/2018; Cass. 15312/2013: non deducibilità in sede esecutiva di eccezioni di merito coperte da giudicato.
Ius tertii – difetto di legittimazione per far valere diritti altruiOpposizione all’esecuzione ex art.615 (debitore che eccepisce diritto di un terzo); Opposizione di terzo ex art.619 (proposta da soggetto senza diritto sul bene).Riguarda due situazioni speculari: (a) Debitore opponente che invoca un diritto non suo (tipicamente: “il bene pignorato non è mio, appartiene a Tizio”): il debitore non è legittimato a far valere l’altrui diritto, l’opposizione su questo motivo è inammissibile (solo Tizio può agire ex 619). (b) Terzo opponente che non ha un vero diritto proprio sul bene: la sua opposizione ex 619 è inammissibile perché non rientra tra i soggetti legittimati (es: creditore semplice del debitore che tenta opposizione per fermare la vendita – non ammesso; affittuario che contesta il pignoramento – non ammesso, etc.).Divieto implicito deriva dall’art.619 c.p.c. (“soltanto il terzo che pretende avere proprietà o diritto reale…” può opporsi); Cass. 4000/2006: debitore non può proporre eccezione de iure tertii su proprietà di terzo; Cass. 17876/2011: affittuario d’azienda non è legittimato ex 619; Cass. 8397/2009: terzo estraneo ai rapporti tra cred. e deb. non può opporsi per vizi procedura o titolo, salvo se titolo = garanzia reale su bene suo.
Mancanza di interesse ad agire (assenza di pregiudizio da vizio formale)Opposizione agli atti esecutivi (art.617, debitore o parte esecutata); in parte anche opposizione ex art.615 se verte su formalità.L’opponente denuncia un vizio formale o irregolarità, ma che in concreto non ha leso alcun suo diritto o interesse sostanziale. In tal caso manca l’interesse ad agire (art.100 c.p.c.) e il giudice dichiarerà l’opposizione inammissibile o comunque non accoglibile per difetto di interesse. Esempio: debitore oppone che manca la formula esecutiva sul titolo, però ha regolarmente ricevuto il precetto e capito tutto – vizio meramente formale senza danno, opposizione respinta “perché l’irregolarità non gli ha cagionato pregiudizio”.Art. 156 c.p.c. (principio di sanatoria delle nullità senza pregiudizio); Cass. 3967/2019: opposizione inammissibile se ci si limita a dedurre l’irregolarità formale in sé, senza indicare il concreto pregiudizio patito. Giurisprudenza costante: pas de nullité sans grief. Cass. 23630/2011; Cass. 18055/2017. Anche nelle opposizioni: Trib. Milano 4/10/2018, rigetta opposizione a pignoramento per vizio insignificante (mancanza codice fiscale) per carenza interesse.
Tardività nell’allegazione di motivi (preclusioni “interne”)Opposizione all’esecuzione ex art.615 (fase di merito); analoghe preclusioni nelle altre opposizioni quanto a nuove eccezioni fuori termine di legge.Il debitore opponente introduce nuovi motivi o eccezioni oltre la fase introduttiva consentita. Poiché nel giudizio di opposizione l’oggetto deve essere definito subito, ulteriori motivi “sopraggiunti” che erano conoscibili prima non sono ammessi. Esempio: debitore non eccepisce la prescrizione nel ricorso iniziale e la solleva solo in sede di conclusionale – il giudice la dichiara inammissibile per tardività. (Preclusione derivante dall’art.183 o dall’assetto sommario del rito).Principio affermato da Trib. Roma sent. 10644/2024: nuova eccezione di prescrizione formulata dopo ricorso introduttivo dichiarata inammissibile. Cass. 21240/2007: in opposizione esecuzione non si possono proporre in appello motivi nuovi non dedotti in primo grado, per analogia stessa regola tra fase cautelare e di merito. – Si rifà al principio generale di ragionevole durata e concentrazione del processo.
Erroneo mezzo di impugnazione (errore di rito)Tutte, a seconda del caso (spesso riguarda 617 vs altri rimedi).L’opponente utilizza un’opposizione non prevista per quel tipo di provvedimento. Esempi: proporre art.617 contro un provvedimento di estinzione (invece di reclamo ex 630) – inammissibilità; oppure fare 615 per contestare nullità formale di pignoramento (era da fare 617 entro 20 gg) – il giudice potrebbe dichiarare inammissibile quel motivo perché andava trattato con altro rito e ormai decaduto. Oppure un terzo che usa 617 invece di 619 – verrà estromesso per carenza di legittimazione.– Art. 630 c.p.c.: estinzione si reclama, non via 617 (Cass. 20615/2018). – Cass. 702/2015: opposizione 615/617 vanno scelte secondo natura delle doglianze, altrimenti l’errore comporta decadenze. Il giudice di merito spesso riqualifica, ma se il termine dell’altra azione è scaduto, nega ingresso. (Non c’è articolo specifico: si applica il principio che si utilizza il rimedio giusto, altrimenti il rimedio errato non interrompe decadenza del giusto).

Fonti e riferimenti normativa e giurisprudenziali

  • Codice di Procedura Civile, artt. 615–619, 624, 630 (opposizioni all’esecuzione, agli atti esecutivi, di terzo, sospensione dell’esecuzione, reclamo per estinzione).
  • D.L. 3 maggio 2016 n.59, conv. in L.119/2016 (c.d. Decreto Banche): introduttivo della preclusione post-vendita nell’art.615 c.p.c. e avvertimento ex art.492 c.p.c..
  • D.Lgs. 10 ottobre 2022 n.149 (Riforma Cartabia processo civile) e D.Lgs. 16 marzo 2023 n.54, D.Lgs. 13 giugno 2024 n.164 (decreti correttivi): modifiche agli artt. 481, 483, 492-bis, 502, 503, 527, 567, 569, 616, 618 c.p.c. ecc.; introduzione rito semplificato per opposizioni; digitalizzazione atti; abrogazione formula esecutiva; competenza esecuzioni PA; ecc.
  • Cassazione civile, Sez. III, 4 febbraio 2025 n. 2785 – Principio di intangibilità del titolo esecutivo giudiziale in opposizione ex art.615.
  • Cassazione civile, Sez. III, 6 febbraio 2020 n. 2868 – Inammissibilità opposizione tardiva del terzo dopo assegnazione in pignoramento presso terzi.
  • Cassazione civile, Sez. III, 12 febbraio 2019 n. 3967 – Necessità di concreto pregiudizio per eccepire nullità formali negli atti esecutivi (“pas de nullité sans grief”).
  • Cassazione civile, Sez. III, 17 ottobre 2019 n. 26285 – Litispendenza tra opposizione a precetto e opposizione all’esecuzione successiva sugli stessi motivi.
  • Cassazione civile, Sez. Unite, 15 luglio 2002 n. 10955 – Onere di tempestiva eccezione della prescrizione; eccezione nuova tardiva inammissibile (principio generale ripreso da Trib. Roma 2024).

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L’opposizione all’esecuzione è uno strumento potente per fermare un’azione esecutiva ingiusta (pignoramento, espropriazione, vendita all’asta).
Tuttavia, la legge stabilisce precisi limiti di ammissibilità: se non rispetti certe condizioni, il giudice può dichiarare l’opposizione inammissibile, lasciando che il procedimento esecutivo vada avanti.

Ecco quando succede e cosa fare per evitarlo.


Quando è inammissibile l’opposizione all’esecuzione?

L’opposizione viene respinta come inammissibile nei seguenti casi:

  • Hai già impugnato il titolo esecutivo (es. decreto ingiuntivo o sentenza) e hai perso o non hai fatto ricorso nei termini
  • Contesti il merito del credito quando il titolo è già definitivo e non più impugnabile
  • Non presenti opposizione entro i termini previsti dalla legge
  • Usi l’opposizione all’esecuzione per far valere diritti che dovevano essere difesi prima, come eccezioni già superate nel giudizio di merito
  • Proponi argomentazioni irrilevanti rispetto alla fase esecutiva (es. “non ho disponibilità economiche”)

⚠️ In pratica, non puoi usare l’opposizione per “riaprire” una causa che hai già perso o non hai mai affrontato nel momento giusto.


Quali sono i termini per l’opposizione?

I termini sono rigorosi:

  • 20 giorni dalla prima notifica dell’atto esecutivo (precetto, pignoramento, ecc.)
  • In caso di mancanza di notifica regolare, si può valutare l’opposizione tardiva
  • Per motivi sopravvenuti, l’opposizione può essere presentata anche successivamente, ma solo entro tempi ragionevoli

Se si superano questi limiti, l’opposizione sarà rigettata per decadenza o inammissibilità.


Che alternative hai se l’opposizione è inammissibile?

In caso di inammissibilità, puoi:

  • Valutare un’opposizione agli atti esecutivi (se l’irregolarità riguarda la procedura e non il titolo)
  • Richiedere la sospensione dell’esecuzione per gravi motivi (es. pregiudizio irreparabile)
  • Avviare una procedura di sovraindebitamento o composizione negoziata della crisi
  • Difenderti tramite istanze di rateizzazione, saldo e stralcio o piani di rientro

Serve una strategia personalizzata, perché ogni caso ha margini di difesa diversi.


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🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in esecuzioni forzate e opposizioni giudiziarie
✔️ Iscritto come Gestore della crisi presso il Ministero della Giustizia
✔️ Difensore in contenziosi contro banche, enti di riscossione e creditori privati
✔️ Consulente per la protezione del patrimonio e la gestione del debito


Conclusione

L’opposizione all’esecuzione non è sempre possibile, ma con una corretta analisi legale puoi ancora difenderti.
Con l’Avvocato Giuseppe Monardo, puoi verificare se hai ancora margini per agire, bloccare l’esecuzione o scegliere la via giusta per uscire dal debito.

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Informazioni importanti: Studio Monardo e avvocaticartellesattoriali.com operano su tutto il territorio italiano attraverso due modalità.

  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista personale degli Autori, basato sulla loro esperienza professionale. Non devono essere intese come consulenza tecnica o legale. Per approfondimenti specifici o ulteriori dettagli, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si ricorda che l’articolo fa riferimento al quadro normativo vigente al momento della sua redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono subire modifiche nel tempo. Decliniamo ogni responsabilità per un uso improprio delle informazioni contenute in queste pagine.
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