Opposizione Di Terzo Revocatoria: Cosa Si Intende

Hai saputo che un tuo bene è stato coinvolto in un pignoramento o in una revocatoria e ti stai chiedendo se puoi opporti, anche se non sei parte nel processo? Vuoi capire cosa significa fare opposizione di terzo revocatoria e quando puoi usarla per difendere i tuoi diritti?

L’opposizione di terzo è lo strumento legale che ti permette di difendere la tua proprietà o i tuoi diritti su un bene coinvolto in una procedura esecutiva o revocatoria, anche se non sei tu il debitore. È un’azione potente ma da usare con competenza e tempestività.

Cos’è l’opposizione di terzo revocatoria?
È una particolare forma di opposizione prevista dall’art. 2901 del Codice Civile e dagli articoli del Codice di Procedura Civile che ti consente, in qualità di terzo, di intervenire contro una sentenza o un atto che lede i tuoi diritti, pur non essendo parte nel giudizio da cui è scaturito.

Serve a far valere un tuo diritto di proprietà o di credito su un bene che il creditore del debitore ha aggredito. Può essere usata per bloccare un pignoramento, una vendita forzata, o per contestare una revocatoria promossa da un creditore.

Quando puoi fare opposizione di terzo?
– Quando sei il vero proprietario di un bene che è stato pignorato o coinvolto in una revocatoria
– Se il creditore ha promosso un’azione revocatoria contro un atto che ti riguarda (es. una donazione, una vendita, un pagamento ricevuto)
– Quando non sei parte nel giudizio ma sei danneggiato dagli effetti della sentenza o dell’atto esecutivo

Cosa puoi ottenere con l’opposizione di terzo?
L’esclusione del bene dalla procedura esecutiva
La sospensione o l’annullamento dell’atto revocato
– Il riconoscimento giudiziale del tuo diritto reale o personale sul bene
– La protezione del tuo patrimonio da aggressioni indebite

Quali sono i limiti e le condizioni?
– Devi dimostrare che il diritto che invochi è precedente o comunque legittimamente opponibile al creditore
– L’atto con cui hai acquisito il bene non deve essere fittizio o simulato
– L’opposizione va proposta con atto di citazione, davanti al giudice che ha emesso la sentenza o al giudice dell’esecuzione
– È fondamentale agire tempestivamente, prima che il bene venga venduto o trasferito

Cosa NON devi fare mai?
– Aspettare che il pignoramento vada avanti: più aspetti, più è difficile recuperare il bene
– Pensare che, non essendo parte nel giudizio, non puoi fare nulla
– Presentare opposizioni generiche o senza prova documentale: verranno rigettate
– Trascurare i termini e le formalità: un errore procedurale può rendere l’opposizione inefficace

L’opposizione di terzo è la tua arma per difendere ciò che ti appartiene. Ma devi agire con strategia e precisione.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in esecuzioni, revocatorie e contenzioso civile – ti spiega cos’è l’opposizione di terzo revocatoria, quando si applica e come usarla per proteggere i tuoi beni da pignoramenti o attacchi ingiusti.

Un tuo bene è stato coinvolto in un pignoramento o in una causa che ti danneggia e non sai come reagire?

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Introduzione

L’opposizione di terzo revocatoria è un mezzo di impugnazione straordinario previsto dall’ordinamento processuale civile italiano per tutelare i terzi estranei a un giudizio concluso, quando la sentenza ottenuta in quel giudizio sia frutto di dolo o collusione tra le parti, a danno di detti terzi. In altre parole, è uno strumento che consente a determinati soggetti – tipicamente creditori o aventi causa di una delle parti originarie – di agire contro una sentenza passata in giudicato (o comunque esecutiva) pronunciata tra altre persone, qualora quella sentenza sia stata ottenuta fraudolentemente per ledere i loro diritti. Si parla di “opposizione di terzo revocatoria” proprio perché essa mira a revocare (ossia eliminare) una pronuncia giudiziale viziata da frode o collusione.

Come tutte le impugnazioni straordinarie, l’opposizione di terzo revocatoria opera su sentenze definitive o esecutive già formatesi e non più impugnabili con i mezzi ordinari. È disciplinata principalmente dall’art. 404, comma 2, del Codice di procedura civile (c.p.c.), inserito nel Capo V, Titolo III, Libro Secondo, dedicato appunto alle impugnazioni straordinarie. Tale norma recita che “gli aventi causa e i creditori di una delle parti possono fare opposizione alla sentenza, quando è l’effetto di dolo o collusione a loro danno”. L’opposizione di terzo revocatoria va tenuta distinta sia dall’opposizione di terzo ordinaria (prevista dal comma 1 dello stesso art.404 c.p.c.) sia da altri strumenti come la revocazione ex art.395 c.p.c. o l’azione revocatoria ordinaria ex art.2901 c.c. Nel corso di questa guida esamineremo in dettaglio le differenze e le relazioni tra questi istituti.

Nota terminologica: il termine “opposizione di terzo revocatoria” è usato comunemente per indicare l’opposizione di terzo ex art.404 co.2 c.p.c. Essa viene detta anche “opposizione di terzo straordinaria”, in contrapposizione all’ordinaria. Da non confondere con la “azione revocatoria” del codice civile (azione pauliana), di cui parleremo oltre per distinguerla.

Nei paragrafi seguenti offriremo un’analisi avanzata di questo istituto, aggiornata a giugno 2025, con riferimenti normativi puntuali, gli orientamenti giurisprudenziali più autorevoli e recenti, e vari esempi pratici. Il taglio sarà tecnico-giuridico ma con intento divulgativo, utile sia per avvocati che per privati cittadini o imprenditori coinvolti in vicende esecutive o fallimentari. In particolare, evidenzieremo la prospettiva del debitore: spesso, infatti, l’opposizione di terzo revocatoria è il rimedio attivato dai creditori di un debitore per contrastare manovre fraudolente di quest’ultimo. Forniremo inoltre tabelle riepilogative, una sezione di domande e risposte, e simulazioni pratiche per facilitare la comprensione.

Opposizione di terzo ordinaria vs revocatoria: differenze generali

Prima di approfondire l’opposizione di terzo revocatoria in sé, è opportuno inquadrarla nel contesto delle due tipologie di opposizione di terzo previste dal nostro ordinamento. Infatti l’art.404 c.p.c. distingue:

  • Opposizione di terzo ordinaria (art.404, co.1 c.p.c.): è concessa a “un terzo” la cui posizione giuridica risulta pregiudicata da una sentenza emessa tra altre persone. Non richiede alcuna frode o collusione: basta che la decisione incida negativamente su un diritto del terzo. Il terzo in tal caso avrebbe potuto partecipare al processo originario (es. tramite intervento), ma ne è rimasto estraneo. Con l’opposizione ordinaria il terzo mira a far dichiarare che gli effetti di quella sentenza non si estendono nei suoi confronti e a ottenere la rinnovazione del giudizio con la sua partecipazione. Caratteristica importante: non vi sono limiti di tempo stringenti per proporla, potendo essere esperita anche a distanza di molto tempo dalla sentenza pregiudizievole, poiché si tutela un diritto autonomo del terzo non coinvolto.
  • Opposizione di terzo revocatoria (art.404, co.2 c.p.c.): è quella al centro di questa guida. È un’impugnazione straordinaria esperibile soltanto da soggetti qualificati (come vedremo, creditori o aventi causa di una parte originaria) e solo in presenza di dolo o collusione delle parti in danno dell’opponente. Diversamente dall’opposizione ordinaria, qui il terzo chiede l’eliminazione radicale della sentenza impugnata, perché frutto di un accordo fraudolento o di un comportamento processuale doloso. Inoltre, questa opposizione è soggetta a un rigoroso termine di decadenza: deve essere proposta entro 30 giorni dalla scoperta del dolo o della collusione. Si tratta quindi di uno strumento mirato a colpire sentenze “fraudolente” in tempi rapidi, per evitare che gli effetti di un giudizio fittizio o ingannevole possano consolidarsi.

Le principali differenze tra i due tipi di opposizione di terzo possono essere così sintetizzate:

AspettoOpposizione di terzo ordinariaOpposizione di terzo revocatoria
Norma di riferimentoArt. 404, comma 1 c.p.c.Art. 404, comma 2 c.p.c.
Soggetti legittimatiQualunque terzo titolare di un diritto autonomo incompatibile con la sentenza (ossia chi avrebbe potuto intervenire nel giudizio originario).Creditori o aventi causa di una delle parti del giudizio originario. (NB: avente causa = successore a titolo particolare nel diritto di una parte, es. acquirente di un bene; gli eredi sono successori universali e seguono regole particolari, v. oltre).
PresuppostoPregiudizio ai diritti del terzo causato dalla sentenza emessa tra altri. Non è richiesta la malafede delle parti: basta che la decisione incida negativamente su un diritto del terzo estraneo al giudizio.Frode o collusione tra le parti in danno del terzo: la sentenza dev’essere l’effetto di un accordo collusivo tra le parti o di un dolo processuale di una parte, volto a danneggiare il terzo.
Termine per proporlaIllimitato nel tempo (non previsto un termine decadenziale breve). L’azione resta proponibile finché perdura il pregiudizio, anche molti anni dopo la sentenza, poiché tutela un diritto autonomo del terzo non coinvolto.30 giorni dalla scoperta del dolo o della collusione. Il termine è perentorio: decorso inutilmente, il terzo perde la facoltà di opposizione. (Non rileva la data di pubblicazione della sentenza, ma la data in cui l’opponente ha avuto conoscenza effettiva della frode).
Effetti in caso di accoglimentoNon estensione degli effetti della sentenza al terzo + riapertura del giudizio con sua partecipazione. In pratica, la sentenza impugnata viene “neutralizzata” solo rispetto al terzo opponente, e il processo viene rinnovato per riesaminare la questione coinvolgendolo. La sentenza originaria può mantenere efficacia tra le parti originarie, se compatibile con la nuova decisione per/contro il terzo.Eliminazione totale della sentenza impugnata. La pronuncia collusiva viene travolta e privata di effetti erga omnes: non vale più né verso il terzo opponente né tra le parti originarie. Si estirpa quindi dal sistema quel giudicato fraudolento, come se non fosse mai esistito, ed eventualmente si dovrà riesaminare la controversia ex novo in sede di opposizione.

Come si nota, l’opposizione di terzo revocatoria è un rimedio più circoscritto nei presupposti e nei legittimati, ma dagli effetti più penetranti: annulla erga omnes la sentenza ingiusta, equiparandola a un vero e proprio “giudicato fraudolento” da cancellare. Invece l’opposizione ordinaria tutela solo la sfera del terzo opponente, senza travolgere necessariamente la sentenza inter alios (che può conservare validità fra le parti originarie, salvo contrasti logici con la nuova decisione che coinvolge il terzo).

Esempio (opposizione ordinaria): Caio ottiene una sentenza che dichiara suo un bene, in una causa contro Tizio. Sempronio, terzo, sostiene di avere un diritto di proprietà su quel bene e non era parte del giudizio. La sentenza tra Tizio e Caio pregiudica il diritto di Sempronio. Senza accusare frodi, Sempronio può proporre opposizione di terzo ordinaria per far valere la non opponibilità di quella sentenza nei propri confronti e chiedere di riesaminare la questione della proprietà con la sua partecipazione. Non essendoci termini di decadenza, Sempronio può attivarsi anche a distanza di tempo, purché il suo diritto sia ancora leso dagli effetti di quella decisione.

Esempio (opposizione revocatoria): Tizio e Caio, d’accordo tra loro, simulano un contenzioso: Caio finge di vantare crediti verso Tizio e ottiene una sentenza (o un decreto ingiuntivo non opposto) che condanna Tizio a pagare. Lo scopo collusivo è frodare Sempronio, creditore “reale” di Tizio, svuotando il patrimonio di Tizio a favore del complice Caio. Sempronio, venuto a conoscenza del disegno fraudolento, potrà proporre opposizione di terzo revocatoria entro 30 giorni dalla scoperta, per far annullare completamente la sentenza ottenuta da Caio e Tizio in frode ai suoi diritti. Se l’opposizione è accolta, la sentenza collusiva viene annullata per tutti, impedendo a Caio di pretendere il pagamento e ripristinando la garanzia generica sul patrimonio di Tizio a beneficio di Sempronio.

Riassumendo, l’opposizione di terzo revocatoria è uno strumento eccezionale, attivabile in situazioni limite di malafede processuale, mentre l’opposizione ordinaria è più ampia ma con effetti limitati alla posizione del terzo. Nei prossimi paragrafi ci concentreremo in particolare sulla disciplina dell’opposizione revocatoria, analizzandone i requisiti (soggettivi e oggettivi), il procedimento e i suoi effetti, con riguardo anche alle problematiche emerse in giurisprudenza.

Legittimazione attiva: chi può proporre l’opposizione di terzo revocatoria

Creditori e aventi causa di una parte

L’art.404, comma 2 c.p.c. circoscrive la legittimazione a proporre opposizione di terzo revocatoria ai “creditori o aventi causa di una delle parti”. Vediamo chi rientra in queste categorie:

  • Creditori di una delle parti: qualsiasi soggetto titolare di un diritto di credito verso una delle parti del giudizio originario. Tipicamente, si tratta di creditori del debitore soccombente nella sentenza collusiva, i quali vedono pregiudicate le proprie ragioni dall’esito fraudolento di quel giudizio. Ad esempio, i creditori di Tizio nell’esempio sopra, o i creditori chirografari in un fallimento che scoprono un giudizio simulato volto a creare crediti fittizi privilegiati. È importante precisare che per creditore si intende colui che effettivamente rivesta tale qualità al momento dell’opposizione, sebbene il credito possa essere sottoposto a termine o condizione. La giurisprudenza ha infatti chiarito che, dato il carattere straordinario di questa impugnazione, la nozione di “creditore” ex art.404 co.2 va intesa restrittivamente, in senso più rigoroso rispetto alla generica nozione di creditore nell’azione revocatoria ordinaria. In altre parole, non basta allegare l’esistenza di un credito eventuale o contestato per legittimare l’opposizione di terzo revocatoria. Occorre dimostrare – anche solo in via incidentale all’interno del giudizio di opposizione – la fondatezza del proprio credito verso la parte in questione. La Corte di Cassazione ha affermato che il credito deve essere “certo”, non nel senso di già accertato con giudicato, ma nel senso sostanziale di provato nel giudizio di opposizione, con onere della prova a carico dell’opponente. Questa esigenza deriva dalla natura stessa del rimedio: travolgere un giudicato altrui è ammesso solo se chi agisce è effettivamente titolare di un diritto di credito leso, e non semplicemente un aspirante creditore o un creditore fittizio. Ad esempio, un soggetto munito solo di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo ma opposto (quindi non definitivo) non offre, di per sé, sufficiente certezza del credito: la Cassazione ha negato la legittimazione all’opposizione revocatoria in un caso del genere, poiché il preteso credito era ancora sub iudice e non provato definitivamente. Invece, un creditore munito di sentenza di condanna, decreto ingiuntivo non opposto, oppure con credito maturato da contratto non contestato, ecc., rientra nella categoria (fermo restando che se non c’è un titolo, potrà provare il credito nel giudizio di opposizione).
  • Aventi causa di una delle parti: sono coloro che sono succeduti a titolo particolare nel diritto oggetto del giudizio originario. In pratica, chi ha acquistato diritti da una delle parti, ad esempio comprando il bene litigioso, subentrando in un contratto, ecc. Se un tale avente causa si vede pregiudicato da una sentenza intervenuta tra il suo dante causa e un terzo, può reagire. Un esempio tipico: Tizio vende un immobile a Caio; successivamente Sempronio ottiene, in un giudizio contro Tizio (magari all’insaputa di Caio), una sentenza dichiarativa di un diritto sullo stesso immobile (es. usucapione in favore di Sempronio). Caio, avente causa di Tizio, se dimostra che quella sentenza è frutto di collusione o dolo fra Tizio e Sempronio (ad esempio Tizio non si è difeso affatto per favorire l’usucapione di Sempronio ai danni di Caio), può proporre opposizione di terzo revocatoria in quanto avente causa leso. Attenzione: se invece non vi fosse collusione ma solo pretermissione involontaria di Caio nel giudizio, Caio potrebbe ricorrere all’opposizione ordinaria (non essendoci dolo, il suo caso rientra nell’art.404 co.1).

In generale, la legittimazione è limitata a soggetti che vantano un rapporto giuridico con una delle parti originarie, tale per cui la sentenza altrui li colpisce indirettamente. Restano esclusi dall’art.404 co.2 i terzi che siano completamente estranei sia al processo che ai rapporti giuridici delle parti. Ad esempio, un concorrente di mercato che si senta danneggiato da una sentenza resa tra altri non è creditoreavente causa e non può usare questo strumento (potrà eventualmente invocare altri rimedi, come l’impugnazione del titolo esecutivo se ne subisce esecuzione, ecc.).

Va segnalato che anche un curatore fallimentare può essere legittimato ad esperire l’opposizione di terzo revocatoria, in qualità di “sostituto processuale” di tutti i creditori fallimentari. Ad esempio, se prima del fallimento il debitore aveva ordito una causa collusiva per favorire un falso creditore (ottenendo per quest’ultimo un decreto ingiuntivo non opposto, poi insinuato al passivo), il curatore – rappresentando l’interesse della massa dei creditori – deve promuovere un autonomo giudizio di opposizione ex art.404, co.2 contro quel decreto ingiuntivo collusivo. La Cassazione ha chiarito che il curatore non può limitarsi a eccepire incidentalmente la collusione nell’ambito del procedimento di verifica del passivo (opponendosi all’ammissione del credito in sede fallimentare). Infatti l’opposizione di terzo revocatoria non è un’eccezione ma un’autonoma azione impugnatoria: “il dolo e la collusione non possono essere spesi dal terzo in via incidentale o di semplice eccezione, ma devono dedursi in sede di opposizione di terzo in revocatoria, nei termini previsti dagli artt. 404, 405 c.p.c.”. In un caso deciso dalla Suprema Corte nel 2024, il tribunale fallimentare aveva impropriamente accolto l’eccezione del curatore riqualificandola come opposizione ex art.404, senza formale causa: la Cassazione ha cassato quella decisione, affermando che solo l’opposizione proposta con apposito giudizio può portare all’eliminazione di un titolo giudiziale collusivo. Dunque, il curatore fallimentare deve attivare l’opposizione di terzo revocatoria con citazione davanti al giudice competente, non potendo ottenere in via sommaria la revoca del titolo nel procedimento di verifica del passivo. Questa precisazione giurisprudenziale conferma la natura impugnatoria speciale dell’istituto.

Il caso degli eredi (successione a titolo universale)

Gli eredi di una parte processuale, essendo successori universali (a titolo universale), non rientrano strettamente né tra i creditori né tra gli aventi causa a titolo particolare menzionati dall’art.404. La loro posizione richiede un discorso a parte, perché dipende dalle modalità con cui sono subentrati (o meno) nel giudizio originario:

  • Se la parte è deceduta durante il processo originario ed il decesso è emerso in giudizio, normalmente il processo prosegue con la partecipazione degli eredi (su riassunzione da parte loro o chiamata in causa). Può accadere però che non tutti gli eredi vengano coinvolti: ad esempio, uno solo degli eredi si costituisce volontariamente o viene chiamato, mentre altri coeredi rimangono fuori dal processo (eredi pretermessi). In tal caso, secondo la Cassazione, l’erede pretermesso – che avrebbe dovuto essere parte del giudizio quale litisconsorte necessarioè legittimato a proporre opposizione di terzo ordinaria ex art.404, co.1. Si considera infatti “terzo” rispetto alla sentenza emessa senza la sua partecipazione, poiché si è violata la regola del litisconsorzio necessario tra coeredi. In una recente pronuncia (Cass. Sez. III, ord. n.17212/2023), la Suprema Corte ha enunciato il principio che l’erede pretermesso, in un giudizio proseguito solo da alcuni coeredi, può impugnare la sentenza pro quota con opposizione ordinaria, essendo titolare di un diritto autonomo leso dal giudizio concluso senza di lui. Quindi l’erede non partecipante è equiparato a un terzo ai fini dell’art.404 co.1, e può far valere la nullità della sentenza per difetto di contraddittorio.
  • Se invece la parte è deceduta e il fatto non è stato dichiarato nel processo (ad es. il giudizio prosegue in contumacia del de cuius ignaro del suo decesso, e si conclude con sentenza verso il defunto), gli eredi subentrano di diritto nella posizione del defunto a processo finito. In tale scenario, gli eredi non sono considerati “terzi” rispetto alla sentenza – la sentenza di fatto riguarda i loro diritti ereditari perché hanno preso il posto del defunto – e dunque non possono esperire l’opposizione ordinaria ex art.404, co.1. In questo caso, gli eredi dovranno utilizzare i mezzi di impugnazione ordinari (principalmente l’appello) per contestare la sentenza, se ancora nei termini. Tuttavia, qualora ritengano che la sentenza sia frutto di dolo o collusione a loro danno, gli eredi potranno valutare di proporre opposizione di terzo revocatoria ex art.404, co.2. La Cassazione ha precisato che in tale evenienza gli eredi agiscono non in base a un diritto autonomo (come farebbe un creditore estraneo), bensì in base a un diritto “derivativo” del defunto. In pratica, denunciano che la controparte del defunto ha approfittato del mancato coinvolgimento degli eredi con frode. Ad esempio, se Tizio muore durante la causa contro Caio, Caio ottiene sentenza favorevole (magari con dolo) senza che gli eredi di Tizio fossero presenti: gli eredi potranno appellare appena ne hanno notizia; se però emergono collusioni tra Caio ed eventualmente taluni eredi compiacenti, o dolo di Caio nel celare il decesso, allora i restanti eredi dovranno agire con opposizione revocatoria (entro 30 giorni dalla scoperta del dolo) per far caducare la sentenza fraudolenta.

In sintesi, la posizione degli eredi rispetto all’opposizione di terzo è la seguente: se l’erede è stato ingiustamente estromesso da un processo altrimenti proseguito con altri coeredi, si comporta come un terzo e può usare l’opposizione ordinaria; se invece subentra a processo chiuso (per decesso ignorato) non è terzo e non ha opposizione ordinaria, ma può avere l’opposizione revocatoria se ricorre la frode. Ovviamente, se nessun mezzo è più utilizzabile (ad es. termini di appello scaduti e niente collusione provabile), la sentenza rimane efficace anche per gli eredi.

Rinuncia o perdita della qualifica di terzo

È fondamentale evidenziare che la possibilità stessa di fare opposizione di terzo dipende dallo status di terzo estraneo al giudizio originario. Se il soggetto, pur avendone facoltà, è intervenuto volontariamente nel processo originario (o è stato chiamato in causa), egli assume la qualità di parte in quel giudizio e perde la possibilità di proporre opposizione di terzo rispetto alla sentenza emessa. Su questo punto la giurisprudenza è chiara: l’intervento in causa è un rimedio alternativo all’opposizione di terzo, non complementare. Solo se il terzo rimane fuori dal processo potrà poi proporre opposizione ex art.404; se invece entra in giudizio, non è più un terzo. La Cassazione ha affermato che l’intervento ex art.344 c.p.c. è una mera facoltà per il terzo, la cui eventuale attuazione preclude poi l’opposizione ex art.404 perché, divenendo parte, egli non è più terzo rispetto a quella decisione. In altri termini: non esiste un obbligo di intervento (un creditore pregiudicato può ben decidere di non intervenire in appello e attendere l’esito per poi fare opposizione straordinaria); ma se sceglie di intervenire, non potrà successivamente ricorrere all’opposizione di terzo sulla medesima sentenza. Ad esempio, un creditore ipotecario pretermesso in un giudizio di usucapione su un immobile potrebbe intervenire in appello per far valere il proprio diritto; se non lo fa e il giudizio prosegue tra gli altri, potrà poi fare opposizione di terzo; se lo fa (interviene), partecipa all’esito e dovrà eventualmente appellare o ricorrere per Cassazione, ma non potrà qualificarsi terzo dopo.

Segnaliamo infine che l’opposizione di terzo ordinaria non conosce preclusioni temporali di legge, ma la giurisprudenza ha introdotto il concetto che una volta che il terzo abbia comunque avuto modo di far valere i propri diritti (es. con un intervento o con altro giudizio separato) non può duplicare le azioni all’infinito. Sono casi limite; in generale la scelta è libera inizialmente, con il vincolo suindicato: intervento e opposizione si escludono a vicenda, essendo alternative.

Presupposti oggettivi: dolo o collusione a danno del terzo

Passiamo ora ai presupposti oggettivi specifici dell’opposizione di terzo revocatoria, cioè le condizioni di ammissibilità legate alla sentenza da impugnare e alle circostanze in cui è stata pronunciata. L’art.404, co.2 c.p.c. richiede in modo tassativo che la sentenza impugnata sia “effetto di dolo o collusione” a danno del terzo opponente. Questo significa che non ogni sentenza sfavorevole al terzo legittima l’impugnazione revocatoria, ma solo quelle viziate da una conduzione fraudolenta del processo. Approfondiamo i termini chiave:

  • Collusione tra le parti: consiste in un accordo fra le parti del giudizio mirato a conseguire un determinato esito processuale fittizio, diverso dalla realtà, allo scopo di pregiudicare un terzo. La collusione implica dunque malafede condivisa da entrambe le parti in causa: esse non sono realmente contrapposte, bensì d’accordo nel recitare una controversia simulata, oppure nel sostenere posizioni solo apparentemente contrarie ma in realtà concordate. Può trattarsi di un accordo esplicito o tacito, anche extraprocessuale, preesistente o intervenuto durante il processo. Ad esempio, situazioni tipiche di collusione:
    • Il debitore convenuto non si costituisce o riconosce subito le pretese attoree infondate, per far ottenere al complice una sentenza di condanna artificiosa (così da creare un credito privilegiato).
    • Le parti presentano una transazione occulta al giudice in veste di controversia, ottenendo un accertamento giudiziale che rende quella transazione opponibile ai terzi.
    • Simulano prove o documenti concordemente, oppure dividono le spese e concordano di lasciar soccombere una parte in cambio di un vantaggio indiretto.
    La collusione, in sostanza, è un gioco di squadra fraudolento: le parti ingannano il giudice sulla reale contrapposizione dei loro interessi, orientando il processo verso un esito che danneggia un terzo estraneo. Tale esito tipicamente consiste in una sentenza ingiusta solo in apparenza, perché in realtà rispecchia l’accordo collusivo.
  • Dolo di una parte a danno del terzo: a differenza della collusione (che richiede due parti d’accordo), qui basta anche il comportamento fraudolento di una sola parte del giudizio, purché sia volto a pregiudicare il terzo. Il dolo processuale, in questo contesto, consiste nell’alterazione fraudolenta della realtà sostanziale compiuta da una parte nel processo, tale da indurre il giudice a una pronuncia che arreca danno al terzo. Può sostanziarsi sia in azioni positive (es. produzione di prove false, false dichiarazioni, sottrazione di documenti che avrebbero coinvolto il terzo, ecc.) sia in omissioni ingannevoli. Ad esempio:
    • Una parte occulta al giudice l’esistenza di un diritto del terzo (ad es. omette di riferire che un bene è già stato venduto a Caio, ottenendo ugualmente una sentenza di assegnazione del bene).
    • Una parte produce prove falsificate o testimonianze compiacenti, creando un presupposto per una decisione ingiusta che lede il terzo.
    • Non chiama in causa un soggetto litisconsorte necessario (che sarebbe il terzo) di proposito, confidando di vincere più facilmente la causa e così pregiudicare il diritto di quel soggetto senza contraddittorio (comportamento doloso unilaterale, se fatto scientemente).
    In tutti questi casi, la malafede è unilaterale: l’altra parte in giudizio magari è ignara e subisce passivamente o per negligenza. Ciò non toglie che la sentenza risultante sia “falsata” dal comportamento doloso e lesiva del terzo: il terzo quindi potrà agire in opposizione di terzo revocatoria adducendo il dolo di quella parte.

In sintesi, dolo e collusione sono le due facce della frode processuale: la collusione richiede il concorso di entrambe le parti in una simulazione collusiva, il dolo può anche riguardare una parte sola che ordisce un inganno processuale. In entrambi i casi, però, è essenziale che l’obiettivo (o l’effetto) sia di ledere il terzo. Se c’è collusione ma non incide su diritti di terzi, non rileva ai fini dell’art.404 co.2; se c’è dolo tra le parti per fini loro interni, idem. Ci deve essere un danno giuridico al terzo opponente.

Importante: il pregiudizio al terzo deve provenire dagli effetti della sentenza impugnata. In altre parole, l’esito del giudizio collusivo dev’essere tale da incidere negativamente sui diritti del terzo (ad es. creando un finto credito che riduce la garanzia patrimoniale per i creditori, attribuendo un bene altrui, etc.). Se manca un danno concreto per il terzo, questi non è legittimato (non basta la frode “in astratto”). Ad esempio, se due parenti simulano una causa di cui però un creditore non risente alcuna conseguenza patrimoniale, questi non avrebbe interesse ad opporsi.

Onere della prova: spetta al terzo opponente provare il dolo o la collusione. Trattandosi di condotte elusive solitamente nascoste, sarà spesso una prova per indizi e presunzioni. Segni tipici che la giurisprudenza considera rivelatori di collusione: cause inscenate con contumacia del convenuto, sentenze di accertamento insolitamente veloci e incontestate, mancata opposizione a decreti ingiuntivi tra soggetti in rapporti sospetti, conflitti di interessi pregressi tra le parti, etc. La Cassazione ha definito l’opposizione di terzo revocatoria un “istituto eccezionale”, il che implica che i relativi fatti costitutivi (dolo/collusione a danno del terzo) debbano essere dimostrati con rigore¹. Il giudice valuterà se vi è prova (anche indiretta ma grave, precisa e concordante) dell’accordo fraudolento o dell’inganno processuale. Senza tale prova, l’opposizione sarà respinta perché la sentenza inter alios non potrà essere messa in discussione sulla base di semplici sospetti o illazioni.

¹ N.d.R.: La pronuncia specifica sull’“onere probatorio” dell’opposizione di terzo revocatoria del 2020 (Cass. civ. n. 9464/2020, in massima su La Nuova Proc. Civ., 21/5/2020) sottolinea il carattere eccezionale del rimedio e la necessità di stringente prova del danno da collusione al terzo (fonte: CamminoDiritto, 2020).

Procedura: come si propone l’opposizione di terzo revocatoria

Giudice competente e forma dell’atto introduttivo

L’art.405 c.p.c. stabilisce che l’opposizione di terzo (sia ordinaria che revocatoria) va proposta davanti allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata, “secondo le forme prescritte per il procedimento davanti a lui”. Ciò significa che la competenza funzionale appartiene al medesimo ufficio giudiziario che ha emesso la sentenza contestata. Ad esempio:

  • se la sentenza fraudolenta è del Tribunale (in composizione monocratica o collegiale), l’opposizione andrà proposta dinanzi a quel Tribunale;
  • se è della Corte d’Appello, l’opposizione andrà a quella Corte d’Appello;
  • se è un decreto ingiuntivo non opposto reso da un Tribunale, l’opposizione – trattandosi di provvedimento giudiziale passato in giudicato sostanziale – sarà davanti allo stesso Tribunale (anche se tecnicamente il decreto non è una sentenza, la giurisprudenza ritiene ammissibile l’opposizione ex art.404 co.2 contro i decreti ingiuntivi divenuti definitivi, in quanto equiparati a sentenze ai fini sostanziali).

Nota: In origine, il testo dell’art.404 c.p.c. faceva riferimento solo a “sentenze”. La Corte Costituzionale è intervenuta più volte per ampliare l’ambito di applicazione anche ad alcuni provvedimenti sommari: ad esempio ha dichiarato incostituzionale l’art.404 nella parte in cui non ammetteva opposizione di terzo contro l’ordinanza di convalida di sfratto (sent. nn.167/1984, 237/1985, 192/1995) e contro l’ordinanza di affrancazione di fondo enfiteutico (sent.1105/1988). Oggi dunque anche tali ordinanze speciali (che incidono su diritti di terzi, es. un subconduttore non intervenuto nello sfratto) possono essere impugnate ex art.404 c.p.c., se ne ricorrono i presupposti. Di regola comunque si tratta di atti decisori equiparati a sentenze.

Dal punto di vista della forma, l’opposizione di terzo si propone con atto di citazione (quindi si instaura un nuovo giudizio di cognizione). L’art.405 c.p.c. richiede che la citazione contenga, oltre ai requisiti generali dell’art.163 c.p.c., anche l’indicazione specifica:

  • della sentenza impugnata (onde delimitare con precisione l’oggetto dell’opposizione);
  • e, nel caso di opposizione revocatoria (404 co.2), l’indicazione del giorno in cui il terzo è venuto a conoscenza del dolo o della collusione, e dei relativi mezzi di prova.

Quest’ultimo elemento è cruciale: il terzo opponente deve dichiarare espressamente nella citazione quando ha scoperto la frode e quali prove può offrire del dolo/collusione. Ciò per consentire di verificare sia la tempestività dell’azione (rispetto al termine di 30 giorni dalla scoperta) sia la fondatezza iniziale della stessa (indicazione delle prove del complotto). Una generica opposizione senza dettagli sul momento della scoperta sarebbe inammissibile o quantomeno irrituale.

Tutti i soggetti coinvolti nella sentenza impugnata vanno citati in giudizio come convenuti: quindi le parti originarie della sentenza (attore e convenuto del giudizio sospetto) e ogni altro soggetto eventualmente partecipe di quella decisione (es. un intervenuto, un chiamato in garanzia, ecc.). Ciò perché l’opposizione mira a eliminare una pronuncia che fa stato tra quelle parti, le quali dunque devono essere messe in condizione di contraddire. Inoltre, come visto, se la collusione è bilaterale entrambe le parti originarie saranno con ogni probabilità in mala fede e resisteranno; se il dolo è unilaterale, l’altra parte potrebbe anche aderire all’opposizione (essendo anch’essa vittima di inganno in un certo senso, o comunque non contraria).

Il giudizio che si instaura è un giudizio di impugnazione sui generis, ma dal punto di vista procedurale segue le forme ordinarie del rito applicabile davanti a quel giudice:

  • Davanti al Tribunale in composizione monocratica o collegiale si seguirà il rito ordinario di cognizione (con atto di citazione a udienza fissa ex art.163bis c.p.c., termini per costituzione ecc., come una causa di primo grado).
  • Davanti alla Corte d’Appello si seguirà il rito d’appello (atto di citazione a comparire in Corte entro termini art.163bis analoghi all’appello).
  • In ogni caso, con le dovute peculiarità dell’impugnazione: ad esempio l’opponente assume la veste sostanziale di attore (essendo lui a proporre), ma in realtà sta impugnando un provvedimento, quindi ci saranno adattamenti (non si tratta di far valere un diritto soggettivo ex novo, ma di contestare un giudicato, anche se poi può sfociare in un riesame del merito).

Termini: la decadenza breve di 30 giorni dalla scoperta

Uno degli aspetti qualificanti dell’opposizione di terzo revocatoria è il termine molto breve entro cui va esercitata. A differenza dell’opposizione ordinaria, che come detto non ha un limite temporale definito, l’opposizione ex art.404 co.2 deve essere proposta entro 30 giorni dalla scoperta del dolo o della collusione. Tale termine è perentorio ed è stato uniformato, con la riforma del 1990, ai termini delle altre impugnazioni straordinarie come la revocazione per dolo (anch’essa 30 giorni dalla scoperta del fatto fraudolento).

Vediamo alcuni dettagli pratici riguardo al termine:

  • Dies a quo (giorno iniziale): decorre dal momento in cui il terzo ha avuto effettiva conoscenza del dolo o della collusione. Questo implica che può non coincidere con la data in cui il terzo ha appreso dell’esistenza della sentenza. Esempio: un creditore potrebbe sapere subito che è stata emessa una sentenza tra il suo debitore e un terzo, ma inizialmente ignorare che dietro ci sia collusione; se scopre elementi di frode solo successivamente (es. viene a sapere di un accordo segreto, o trova prove di simulazione), da quel giorno scattano i 30 giorni. Naturalmente, se contestualmente alla conoscenza della sentenza il terzo conosce anche le circostanze di frode (caso frequente: la sentenza stessa rivela sospetti evidenti), allora il termine decorre da quella data.
  • Dies ad quem: il 30° giorno. Trattandosi di termine processuale perentorio, si computa secondo le regole ordinarie (artt. 155 c.p.c. e 17 Disp. Prel. c.c.), escludendo il giorno iniziale e includendo il finale, prorogando se cade festivo. La proposizione avviene con notifica dell’atto di citazione: occorre dunque notificare l’atto introduttivo entro i 30 giorni. Ad esempio, se si scopre il dolo il 1° marzo, l’ultimo giorno utile è il 31 marzo (salvo festività).
  • Prova della tempestività: L’attore opponente deve allegare e provare la data di scoperta. Come visto, deve dichiararla nell’atto di citazione. In giudizio, dovrà dimostrare di aver avuto conoscenza solo in quel momento e non prima. In certi casi la cosa è semplice (es. scoperta di una lettera tra le parti datata tal giorno che rivela l’accordo; oppure confessione tardiva di uno dei collusi); in altri casi può essere controversa (il convenuto potrebbe sostenere che l’opponente sapeva già da prima dei fatti). È importante sapere che non esiste un termine massimo dalla pubblicazione della sentenza – a differenza delle impugnazioni ordinarie dove comunque decorrono i 6 mesi ex art.327 c.p.c. – perché qui tutto ruota attorno alla scoperta della frode. Se il terzo la scopre anche a distanza di anni dalla sentenza, il termine (teoricamente) parte da lì. Tuttavia, concetti come la prescrizione dell’azione o l’abuso del diritto potrebbero porsi se la scoperta avviene dopo decenni in circostanze dubbie; in linea di principio però il legislatore ha voluto dare uno strumento “a tempo” ma dalla decorrenza mobile, basato sull’effettiva conoscenza. Questo per evitare che i collusi possano beneficiare di occultamenti prolungati: finché la frode rimane nascosta, il termine non corre.

Conseguenze della decadenza: se il terzo lascia decorrere i 30 giorni senza proporre opposizione, perde definitivamente la possibilità di impugnare la sentenza fraudolenta. A quel punto potrà eventualmente agire con strumenti diversi (ad es. azione risarcitoria contro i collusi se ci sono estremi di reato, oppure – se è un creditore – comunque contestare la distribuzione del ricavato in sede esecutiva, ecc.), ma non potrà più rimuovere il giudicato. È quindi un termine estremamente stringente: da qui l’importanza per un creditore di vigilare su eventuali giudizi sospetti che coinvolgono il proprio debitore, così da attivarsi prontamente.

Per quanto riguarda le fasi successive all’introduzione:

  • Il giudizio si svolge con istruttoria, eventuali prove (soprattutto per dimostrare il dolo/collusione e l’esistenza del diritto del terzo), e si conclude con una sentenza. La sentenza sull’opposizione di terzo potrà o accogliere l’impugnazione, oppure rigettarla (o dichiararla inammissibile, se carente di presupposti formali o soggettivi).
  • Contro la sentenza che decide sull’opposizione di terzo sono ammessi i normali mezzi di impugnazione: se emessa in primo grado dal Tribunale, sarà appellabile; se emessa in appello (es. perché si impugnava una sentenza d’appello), sarà ricorribile per Cassazione, e così via.

Sospensione dell’efficacia della sentenza impugnata

Poiché l’opposizione di terzo revocatoria non sospende automaticamente l’efficacia esecutiva della sentenza collusiva (la quale potrebbe essere immediatamente esecutiva ex lege o provvisoriamente esecutiva se di primo grado), il legislatore ha previsto una tutela urgente per il terzo: l’istanza di sospensione. L’art.407 c.p.c. rinvia infatti all’art.373 c.p.c., stabilendo che “il giudice dell’opposizione può pronunciare, su istanza di parte inserita nell’atto di citazione, l’ordinanza prevista nell’art.373”. In pratica, l’opponente può inserire nel proprio atto di citazione una richiesta di sospendere l’esecuzione della sentenza impugnata. Il giudice adito, in camera di consiglio e con provvedimento motivato, deciderà se concedere la sospensione, analogamente a quanto la Corte d’Appello fa quando sospende la sentenza impugnata in appello per evitare un danno grave e irreparabile (art.283 c.p.c., prima comma dell’art.373 richiamato).

I presupposti per ottenere la sospensione sono:

  • il fumus boni iuris dell’opposizione (cioè che l’azione di opposizione non sia pretestuosa e presenti elementi plausibili di fondatezza, ad esempio prove iniziali di collusione);
  • il periculum in mora (cioè il rischio di un pregiudizio grave e irreparabile per il terzo se la sentenza venisse eseguita nelle more del giudizio di opposizione). Questo è spesso evidente: es. nel caso di condanna al pagamento, l’esecuzione potrebbe far uscire definitivamente denaro dal patrimonio del debitore a favore del complice; oppure, per una sentenza traslativa di un bene, l’esecuzione con trasferimento della proprietà al colluso potrebbe complicare il ripristino.

Se il giudice accorda la sospensione, ordinerà ad esempio di sospendere l’esecutività della sentenza impugnata fino alla definizione del giudizio di opposizione. Ciò toglie immediatamente efficacia esecutiva al titolo collusivo e protegge il terzo durante il tempo del processo.

Se la sospensione viene negata, la sentenza fraudolenta resta provvisoriamente efficace ed esecutiva, con il rischio che nelle more produca effetti (ciò non rende vana l’opposizione, ma può complicare le cose: ad esempio, se un bene venisse trasferito in esecuzione e poi l’opposizione accolta annulla il titolo, bisognerebbe far valere l’inefficacia di quell’atto esecutivo… situazioni complesse). Il terzo potrà eventualmente reiterare la richiesta se mutano le circostanze.

Rapporto con altri giudizi pendenti (casi di appello ed opposizione simultanei)

Una questione peculiare che è emersa in giurisprudenza è: cosa accade se la sentenza viene impugnata ordinariamente da una parte e straordinariamente dal terzo contemporaneamente? Ad esempio, una sentenza di primo grado collusiva viene appellata (mettiamo, dalla parte soccombente “pulita” o anche da una delle colluse per finta) e al contempo un terzo propone opposizione ex art.404 su quella stessa sentenza. Si possono avere giudizi paralleli: uno di appello, l’altro di opposizione di terzo. Sono entrambi procedibili? C’è una pregiudizialità?

La Cassazione ha affrontato la questione in varie decisioni e ha delineato questa soluzione:

  • È ammissibile proporre opposizione di terzo anche se la sentenza di primo grado non è ancora passata in giudicato e pende appello. Infatti l’art.404 parla di sentenza passata in giudicato “ovvero esecutiva”, quindi anche una sentenza di primo grado provvisoriamente esecutiva può essere oggetto di opposizione di terzo, pur non essendo definitiva. La pendenza dell’appello non è ostacolo giuridico all’opposizione. La legge offre al terzo due possibili strade: intervenire nell’appello (se ne ha facoltà e se è ancora in tempo, come visto) oppure proporre opposizione straordinaria senza intervenire. Se sceglie la seconda via, i due procedimenti (appello e opposizione) possono coesistere in parallelo.
  • I due giudizi andranno avanti autonomamente e senza reciproche interferenze, salvo il fatto che ciascuno potrebbe definire il destino della sentenza prima dell’altro. Il coordinamento avviene così:
    • Se l’appello viene deciso con sentenza passata in giudicato prima che si concluda l’opposizione di terzo, allora la sentenza di primo grado originaria viene sostituita dalla sentenza d’appello definitiva. In tal caso, l’opposizione contro la (ormai superata) sentenza di primo grado perde utilità: la Cassazione ha affermato che “il passaggio in giudicato della sentenza d’appello comporta la sopravvenuta carenza d’interesse alla causa ex art.404 c.p.c. avviata avverso la medesima sentenza di prime cure”. Infatti, una volta che il giudizio di merito si è concluso in appello, l’eventuale frode andrà semmai contestata rispetto alla sentenza d’appello (che però, essendo successiva, di solito dovrebbe aver ri-valutato il merito; se l’appello era collusivo a sua volta, il terzo dovrebbe opporsi contro quella). Quindi, nel nostro esempio, se l’appello di Caio vs Tizio arriva a sentenza finale prima che Sempronio veda decisa la sua opposizione, quest’ultima verrà dichiarata improcedibile per difetto sopravvenuto d’interesse (perché la sentenza di primo grado non esiste più come titolo autonomo).
    • Se invece è l’opposizione di terzo a definirsi con sentenza passata in giudicato prima che l’appello sia deciso, allora la sentenza originaria viene eliminata dall’accoglimento dell’opposizione (o dichiarata inefficace verso il terzo, a seconda dei casi). Ciò avrà effetti anche sul giudizio d’appello pendente: se la sentenza di primo grado è stata annullata/riformata dall’esito dell’opposizione, l’appello – che verteva su quella sentenza – rimane senza oggetto o comunque privo di scopo, e dovrà essere dichiarato inammissibile/improcedibile a quel punto. In pratica, vince chi arriva prima nella produzione del giudicato. La Cassazione (Sez.II, ord. n.27715/2021) ha sintetizzato la regola di diritto così: “può esser proposta opposizione di terzo, ex art.404 c.p.c., avverso sentenza di primo grado esecutiva anche pendente il giudizio di impugnazione ordinaria, ma il passaggio in giudicato della sentenza d’appello comporta la sopravvenuta carenza d’interesse alla causa ex art.404, poiché la sentenza opponibile diviene quella d’appello”. Specularmente, se viceversa l’opposizione definisce prima, ciò travolge la base dell’appello.

In ogni caso, il terzo deve valutare strategicamente cosa fare. La giurisprudenza evidenzia che l’intervento in appello resta una facoltà che, se esercitata, esclude poi l’opposizione. Quindi:

  • Se il terzo si fida dell’appello (magari perché la parte soccombente ha interesse a ribaltare la sentenza collusiva), potrebbe intervenire lì invece di iniziare un autonomo giudizio.
  • Se il terzo nutre sfiducia (es. pensa che anche l’appello possa essere collusivo, oppure è già in fase avanzata dove non può più intervenire per preclusioni), allora può lanciare subito la sua opposizione per far emergere la frode.

Vero è che gestire due giudizi paralleli comporta costi e complicazioni. Si segnala che, potenzialmente, le cause potrebbero anche essere riunite se pendono davanti allo stesso ufficio (ad es. appello e opposizione entrambi in Corte d’Appello, stessa sezione, potrebbero essere trattati insieme). Ma ciò dipende dalle circostanze e non è sempre possibile (l’opposizione è un nuovo grado, quindi in teoria un giudizio “di primo grado” per quella impugnazione, anche se davanti alla Corte).

In ogni caso, la disciplina come delineata dalla Cassazione mira a evitare vuoti di tutela: non si costringe il terzo ad aspettare l’esito dell’appello (correndo magari il rischio che nel frattempo la sentenza fraudolenta venga eseguita), né si invalida l’appello perché c’è opposizione. Ognuno segue il suo corso, con l’accortezza che l’ultimo giudicato prevale. Questo contempera il diritto di difesa del terzo con l’esigenza di stabilità delle sentenze per le parti originarie.

Esito del giudizio e effetti dell’accoglimento

Sentenza di accoglimento dell’opposizione di terzo revocatoria

Se il giudice, all’esito del giudizio di opposizione, ritiene fondate le ragioni del terzo, pronuncerà una sentenza di accoglimento dell’opposizione di terzo revocatoria. Ma cosa contiene e comporta in concreto tale sentenza?

In generale, accogliere l’opposizione di terzo revocatoria significa riconoscere che la sentenza impugnata fu il risultato di dolo o collusione a danno dell’opponente. La sentenza sull’opposizione quindi:

  • Dichiara nulla o inefficace la sentenza impugnata. Spesso si usa il termine “annulla” o “revoca” il provvedimento opposto. Più precisamente, la giurisprudenza afferma che la sentenza di accoglimento “non comporta soltanto l’inefficacia di quel provvedimento nei confronti dell’opponente, ma la sua totale eliminazione nei confronti delle parti del processo originario e, di riflesso, nei confronti dell’opponente”. Cioè, elimina il titolo collusivo dall’ordinamento, erga omnes. Viene travolto il giudicato precedente, che cessa di produrre effetti per chiunque vi era soggetto. Si noti: questo distingue l’opposizione di terzo revocatoria dall’opposizione ordinaria (che, se accolta, rende la sentenza inefficace solo verso il terzo, mentre tra le parti originarie potrebbe rimanere valida).
  • Decide nel merito la controversia originaria, se del caso. Infatti, eliminata la sentenza fraudolenta, occorre spesso stabilire come risolvere la questione sostanziale sottostante coinvolgendo anche il terzo. Ad esempio, se la sentenza collusiva aveva accertato un credito inesistente, la nuova sentenza dichiarerà l’inesistenza di quel credito (togliendolo di mezzo); se aveva attribuito un bene, la nuova sentenza negherà tale attribuzione ripristinando la situazione reale. In alcuni casi, specialmente se l’opponente è un avente causa o un litisconsorte pretermesso, il giudice dovrà rifare il giudizio di merito con la partecipazione del terzo e decidere la lite come se fosse parte sin dall’inizio. In altri casi (tipicamente il creditore che impugna una finta condanna pecuniaria) può essere sufficiente dichiarare inesistente o inefficace il titolo senza ulteriori determinazioni (perché l’obiettivo del creditore è solo far cadere quel vincolo).
  • Condanna alle spese: naturalmente, come in ogni causa, il soccombente (le parti colluse verosimilmente) verrà condannato a rifondere le spese legali all’opponente.

In definitiva, la sentenza che accoglie l’opposizione “sostituisce” la sentenza impugnata. Ad esempio, Cassazione 2024 n.24753 (caso del curatore fallimentare sopra citato) ha ribadito che mentre l’azione revocatoria ordinaria si limita a rendere un atto inopponibile al creditore, l’opposizione di terzo revocatoria mira a eliminare il titolo: l’accoglimento “non ha come funzione quella di giungere all’inefficacia del titolo su cui è fondato il credito, ma si configura come una vera e propria impugnazione straordinaria […] col ben diverso obiettivo di eliminare il titolo in sé”. Dunque l’effetto è radicale e assoluto.

Per capire il tenore del dispositivo: in genere il giudice annulla la sentenza impugnata e, se possibile, decide la causa nel merito. Esempio di dispositivo: “accoglie l’opposizione proposta da Sempronio e, per l’effetto, annulla la sentenza n.XYZ del Tribunale di…, pronunciata tra Tizio e Caio, e decidendo nel merito rigetta la domanda di Caio (o dichiara inesistente il diritto di Caio ecc.)”, con relative statuizioni di spese.

Va sottolineato che questa nuova sentenza è a sua volta soggetta ai normali mezzi di impugnazione (appello o Cassazione). Quindi, le parti originarie (o una di esse) potrebbero impugnarla se ritengono che il giudice dell’opposizione abbia erroneamente valutato la sussistenza di dolo/collusione o anche il merito. Trattandosi di un giudizio ex novo, l’appello potrebbe riesaminare tanto la questione della frode quanto il merito del diritto controverso.

Sentenza di rigetto dell’opposizione

Se invece l’opponente non riesce a provare i requisiti (ad es. il giudice ritiene non dimostrato il complotto, oppure che l’opponente non era legittimato, o che l’azione è tardiva), l’opposizione viene rigettata (o dichiarata inammissibile). La conseguenza è che la sentenza originaria rimane intatta ed efficace:

  • Verso l’opponente: nell’opposizione ordinaria il rigetto significherebbe che la sentenza continua a spiegare effetti anche contro il terzo; nel caso dell’opposizione revocatoria, in realtà l’efficacia verso il terzo non era il punto (il terzo comunque è danneggiato), ma essendo stato confermato che non vi era frode, la sentenza impugnata conserva la sua piena autorità di giudicato e potrà essere fatta valere.
  • In ogni caso tra le parti originarie quella sentenza rimane pienamente valida (non essendo stata rimossa).

L’opponente soccombente potrà valutare se appellare/ricorrere la decisione di rigetto (se ritiene vi siano errori) oppure dovrà rassegnarsi e magari esplorare altre vie (es. tentare un’azione revocatoria ordinaria se possibile, o tutelarsi diversamente).

Effetti sulla sentenza originaria e sugli atti esecutivi

Quando la sentenza collusiva viene eliminata per effetto dell’opposizione accolta, tutti gli atti compiuti in esecuzione di essa diventano privi di base giuridica. Ad esempio, se nel frattempo era stata iniziata un’esecuzione forzata basata su quella sentenza (pignoramenti, ipoteche, assegnazioni), tali atti diventano ingiustificati. In pratica, il terzo opponente o le parti lese potranno agire per far dichiarare l’inefficacia di quegli atti esecutivi. Ad esempio, se un bene era stato trasferito ad un colluso grazie a una sentenza poi annullata, si dovrà far tornare il bene al legittimo proprietario (eventualmente con azioni restitutorie). Se somme di denaro sono state pagate, vanno restituite (arricchimento sine causa, ripetizione).

In tal senso, l’accoglimento dell’opposizione revocatoria protegge pienamente il terzo: non solo toglie di mezzo il titolo fraudolento, ma consente anche di ripristinare la situazione anteriore. Ovviamente, situazioni di fatto complesse (come beni passati a terzi in buona fede, etc.) possono comportare contenziosi ulteriori, ma il principio è che caduto il titolo cade tutto ciò che su di esso si fondava.

Quando invece l’opposizione viene respinta, la sentenza originale mantiene efficacia e, se era già esecutiva, può continuare a essere eseguita. Il terzo opponente dovrà sopportarne gli effetti (es. il creditore dovrà vedere soddisfatto prima il credito del colluso, il bene rimane assegnato a terzi, etc., salvo altre tutele esterne).

Spese processuali: nella prassi, se l’opposizione revocatoria viene accolta, le spese vengono di regola poste a carico delle parti colluse (in solido, magari, avendo agito in frode) e possono anche essere dichiarate grave lite temeraria ex art.96 c.p.c. (danno processuale) se emergono manovre dolose. Se invece l’opposizione era infondata, l’opponente soccombente pagherà le spese alle controparti (che potrebbero includere anche eventuali parti “innocenti” trascinate nel giudizio).

Rapporti con altri istituti (revocazione, azione revocatoria, opposizione all’esecuzione)

Per avere un quadro completo, è utile chiarire come l’opposizione di terzo revocatoria si distingue o interagisce con alcuni istituti affini:

  • Revocazione ordinaria e straordinaria (art.395 c.p.c.): La revocazione è il mezzo di impugnazione che le parti originarie possono utilizzare contro una propria sentenza passata in giudicato, in presenza di determinati vizi eccezionali (errores res iudicata). Uno di questi vizi – l’art.395 n.1 c.p.c. – è proprio il dolo di una parte a danno dell’altra nel processo che ha portato alla sentenza. Ad esempio, se Tizio ha ingannato il giudice con prove false, Caio (parte lesa dalla frode) può chiedere la revocazione della sentenza entro 30 giorni dalla scoperta dell’inganno. Questo rimedio però è riservato alle parti. Il terzo pregiudicato, non avendo partecipato al giudizio, non può proporre revocazione (manca la legittimazione perché la revocazione è concepita per correggere ingiustizie tra le parti stesse). Ecco che l’opposizione di terzo revocatoria svolge per i terzi una funzione analoga a quella che la revocazione per dolo svolge per le parti: entrambe affrontano il problema di una sentenza viziata da frode processuale. Non a caso, le condizioni e il termine breve (30 giorni dalla scoperta) sono allineati. Si può dire che revocazione e opposizione di terzo revocatoria sono strumenti paralleli: la prima è un’impugnazione straordinaria interna al processo originario (parti → giudice superiore), la seconda è un’impugnazione straordinaria esterna (terzo → giudice stesso del provvedimento). Va anche detto che se una parte usa con successo la revocazione per dolo, spesso il terzo non avrà più bisogno di agire, perché la sentenza sarà già eliminata per le parti. Viceversa, se la parte non agisce o non si accorge, il terzo ha il suo rimedio proprio.
  • Azione revocatoria ordinaria (art.2901 c.c.): Da non confondere nonostante la nomenclatura simile, l’azione revocatoria (detta anche azione pauliana) è uno strumento di diritto sostanziale concesso ai creditori per dichiarare inefficaci nei loro confronti gli atti di disposizione del patrimonio compiuti dal debitore in frode alle ragioni creditorie. Esempio classico: Tizio (debitore) regala un immobile a Caio per sottrarlo a Sempronio (creditore); Sempronio agisce ex art.2901 c.c. per rendere quell’atto inopponibile a lui, così da poter pignorare comunque l’immobile. L’azione revocatoria civile colpisce quindi atti negoziali (vendite, donazioni, pagamenti) e non sentenze. Cosa succede però se la “frode” ai creditori viene perpetrata tramite una sentenza collusiva invece che con un atto di autonomia privata? Ecco che l’ordinamento offre l’opposizione di terzo ex art.404 co.2, come stiamo trattando. Le differenze tra opposizione di terzo revocatoria e azione revocatoria pauliana sono sostanziali:
    • Oggetto dell’impugnazione: l’opposizione di terzo mira a far cadere un titolo giudiziario (una sentenza) ottenuto fraudolentemente; l’azione revocatoria colpisce un negozio giuridico (contratto o atto unilaterale) compiuto dal debitore, che resta valido ma diventa inefficace verso il creditore attore.
    • Soggetti legittimati: all’opposizione ex art.404 possono accedere solo creditori attuali e determinati (o aventi causa), mentre l’azione revocatoria può essere promossa anche da titolari di crediti eventuali o litigiosi (ad es. un creditore condizionale, un danneggiato che ha fatto causa e non ha ancora sentenza). Le Sezioni Unite hanno chiarito che persino chi ha un credito futuro certo o un’aspettativa può agire ex art.2901 c.c. (Cass. S.U. 9440/2004), mentre per l’opposizione di terzo serve un credito già concretizzatosi (ancorché non accertato in giudizio).
    • Presupposti di merito: l’azione revocatoria richiede i noti requisiti dell’eventus damni (pregiudizio arrecato dall’atto al soddisfacimento del credito) e del consilium fraudis (la consapevolezza del debitore, e per gli atti a titolo oneroso, anche del terzo contraente, di arrecare pregiudizio ai creditori). Invece l’opposizione di terzo revocatoria richiede dolo o collusione, che è un concetto più grave e specifico (un vero e proprio accordo o artificio processuale). Inoltre l’azione revocatoria può riguardare atti anche solo potenzialmente dannosi (basta il pericolo di danno), l’opposizione invece implica che dal giudizio fraudolento sia scaturito un pregiudizio attuale ai diritti del terzo.
    • Effetti della pronuncia favorevole: come già sottolineato, la sentenza che accoglie l’azione revocatoria ha effetto di inefficacia relativa dell’atto impugnato: l’atto (vendita, donazione ecc.) rimane valido tra le parti, ma non è opponibile al creditore attore e agli altri creditori intervenuti. Ciò consente al creditore di pignorare il bene come se l’atto non fosse mai avvenuto, ma per gli estranei l’atto continua a produrre effetti. Invece, la sentenza che accoglie l’opposizione di terzo revocatoria comporta come visto l’eliminazione assoluta del giudicato impugnato: quel provvedimento viene cancellato e cessa di avere effetti per chiunque (parti e terzi). In altri termini, l’azione revocatoria non toglie l’atto dal mondo giuridico, lo rende solo inefficace verso certi creditori; l’opposizione di terzo toglie la sentenza dal mondo giuridico, punto.
    Si comprende quindi che non vi è concorso tra i due strumenti: se il pregiudizio ai creditori deriva da un atto negoziale, si userà l’azione revocatoria ex art.2901 c.c.; se deriva da un giudizio collusivo, si userà l’opposizione ex art.404 c.p.c. (non avrebbe senso revocare ex art.2901 una sentenza, in quanto non è un negozio, né si potrebbe fare opposizione di terzo contro un atto negoziale, perché l’art.404 riguarda sentenze). Un caso particolare può essere quando un atto negoziale è “coperto” da una sentenza (es. due parti fanno un accordo simulato e lo fanno consacrare da una sentenza di conciliazione): qui probabilmente il creditore dovrà colpire la sentenza, perché è quella che gli si oppone con autorità di giudicato. La Cassazione appunto nella sentenza 6378/2017 ha spiegato che l’opposizione di terzo revocatoria prevale quando c’è un titolo giudiziale: non basta eccepire inopponibilità dell’atto, va eliminata la decisione che quell’atto magari omologa. Nel dubbio, un creditore prudente potrebbe valersi di entrambi gli strumenti in via subordinata (anche se in teoria se c’è un giudicato serve l’impugnazione di quello).
  • Opposizione di terzo all’esecuzione (art.619 c.p.c.): Da ultimo, è bene non confondere l’opposizione ex art.404 c.p.c. con l’opposizione di terzo all’esecuzione di cui all’art.619 c.p.c. Quest’ultima è una procedura che un terzo può attivare durante un processo esecutivo (non di cognizione) per far valere che un bene pignorato gli appartiene o comunque non doveva essere soggetto a quella esecuzione. Ad esempio, Tizio pignora un bene presso Caio sostenendo che è di Sempronio, Sempronio terzo può opporsi ex art.619 per far cessare l’esecuzione su quel bene. È un rimedio diverso, inserito nel contesto esecutivo, con funzione diversa (tutela la proprietà o diritti reali del terzo sui beni pignorati). L’opposizione di terzo di cui parliamo noi invece impugna un titolo giudiziario a monte, e si svolge con un giudizio di cognizione. Un collegamento esiste: se un bene del terzo è stato pignorato in virtù di una sentenza collusiva (che fingeva appartenesse al debitore), il terzo ha due fronti – può opporsi all’esecuzione per far valere la propria proprietà, e parallelamente opporsi al titolo collusivo che ha legittimato il pignoramento. Si tratta di azioni complementari: l’opposizione all’esecuzione blocca immediatamente la vendita del bene, l’opposizione di terzo revocatoria aggredisce la sentenza sottostante per rimuoverla definitivamente. Spesso, però, i giudici sospendono l’esecuzione in attesa dell’esito dell’opposizione di terzo (o viceversa), per coordinare le cose. Un caso deciso dalla Cassazione (2022) ha statuito che se un creditore pignorante ha ottenuto il sequestro di un bene e un altro creditore fa opposizione di terzo ex art.619, il primo non ha interesse a fare anche l’azione revocatoria ordinaria ex art.2901 sul trasferimento del bene (principio di economia processuale) – questo per dire che le varie opposizioni sono strumenti diversi che vanno usati con coerenza.

Domande frequenti (FAQ)

D: Chi può proporre l’opposizione di terzo revocatoria?
R: Possono proporla solo i creditori o gli aventi causa di una delle parti originarie del giudizio. Ciò significa, ad esempio, i creditori del debitore soccombente che è sospettato di collusione, oppure chi ha acquistato diritti da una parte e vede tali diritti lesi dalla sentenza ottenuta dall’altra. Non è ammessa da parte di soggetti completamente estranei sia al processo che ai rapporti giuridici delle parti (es. un concorrente commerciale non può, in genere, salvo non sia anche creditore o avente causa). Inoltre, è richiesto che il creditore abbia un credito attuale e determinato, non meramente eventuale; il terzo dovrà provare di avere effettivamente quella qualità di creditore. Nel dubbio, è prudente munirsi prima di un accertamento del credito (es. ottenendo un decreto ingiuntivo non opposto, o una sentenza), ma non è strettamente necessario avere un giudicato: il credito può essere provato incidentalmente nel giudizio di opposizione.

D: In quali casi si può proporre?
R: Solo se la sentenza (o altro provvedimento equiparato) di cui ci si duole è stata ottenuta tramite dolo o collusione delle parti in causa, con lo scopo o l’effetto di pregiudicare i diritti del terzo. Quindi se due parti hanno fatto “cause finte” o hanno frodato il giudice producendo una decisione ingiusta che incide sui tuoi diritti, allora puoi agire. Non basta che la sentenza indirettamente ti crei problemi: quell’esito dev’essere frutto di una vera frode processuale. Esempi tipici: cause simulate per creare crediti o diritti inesistenti; accordi occulti tra attore e convenuto; uso di documenti falsi o occultamento di fatti per ledere il terzo (come un creditore messo in ombra). Se invece la sentenza è semplicemente errata o ingiusta ma senza malizia fraudolenta, il terzo semmai potrà fare opposizione ordinaria (se pregiudicato) ma non revocatoria.

D: C’è un termine entro cui devo agire?
R: Sì, ed è brevissimo: 30 giorni dalla scoperta del dolo o della collusione. Attenzione: non 30 giorni dalla sentenza (che magari neanche sapevi), ma dal momento in cui hai saputo o avuto prova che quella sentenza era frutto di frode. Questo implica che se scopri oggi elementi di collusione, da oggi hai 30 giorni per notificare l’atto di citazione in opposizione. Se lasci passare i 30 giorni, decadi dalla possibilità di opposizione revocatoria. Non c’è un limite massimo dalla data della sentenza, ma chiaramente prima lo scopri meglio è; e se lo scopri, devi attivarti tempestivamente. È sempre consigliabile, per un creditore sospettoso, monitorare i registri (es. controllare se il debitore ha cause in corso, tramite il portale del ministero, etc.) e, se appare una sentenza sospetta, indagare subito.

D: Devo attendere che la sentenza diventi definitiva (passi in giudicato) per poter fare opposizione di terzo?
R: No, non è necessario. La legge consente opposizione anche contro sentenze non passate in giudicato purché esecutive. In pratica, se la sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva (com’è la regola oggi) e già ti danneggia, puoi agire subito senza aspettare l’esito di eventuali appelli. Questo può essere importante per prevenire danni immediati (es. esecuzioni). Naturalmente, se poi la sentenza viene riformata in appello prima che la tua opposizione arrivi a sentenza, succederà che la tua azione potrebbe perdere oggetto, come spiegato prima. Ma intanto avevi il diritto di tutelarti subito.

D: Se è in corso l’appello contro quella sentenza, posso comunque fare opposizione di terzo?
R: Sì, puoi, come visto. Non c’è una pregiudiziale in senso tecnico. L’appello e l’opposizione di terzo possono coesistere. Tuttavia devi valutare attentamente: se tu hai facoltà di intervenire in quell’appello (perché ancora pendente e magari in una fase in cui il tuo intervento è ammesso), devi scegliere se intervenire o fare opposizione – le due cose si escludono, in quanto se intervieni non sei più terzo. Se l’appello è già molto avanzato, forse l’opposizione è comunque la via da percorrere in parallelo. Ricorda che se l’appello si chiude confermando la sentenza prima che la tua opposizione arrivi a sentenza, dovrai poi opporre quella di appello (praticamente rifare l’azione contro la sentenza d’appello, perché ormai quella di primo grado sarà superata). Viceversa, se la tua opposizione viene decisa prima e ti dà ragione, l’appello sull’originaria sentenza diventerà inutile.

D: L’opposizione di terzo revocatoria sospende automaticamente l’esecutività della sentenza impugnata?
R: No, non automaticamente. Devi chiedere espressamente la sospensione nell’atto di citazione. Il giudice, verificati fumus e periculum, può emettere un’ordinanza di sospensione ex art.407 c.p.c. (richiamando l’art.373). Se non chiedi nulla, la sentenza collusiva resta esecutiva finché non viene annullata, con tutti i rischi che comporta. Quindi, in pratica, inserisci sempre la domanda di sospensione nell’opposizione e porta elementi per convincere il giudice (ad esempio: “se non si sospende, nel frattempo questi trasferiscono i soldi e non li recupero più…”). Se la sospensione viene negata dal giudice dell’opposizione, potresti riproporre la richiesta in appello (se impugni il diniego insieme al merito) oppure in Cassazione con istanza specifica, ma sono situazioni eccezionali; di solito, una volta negata, resta efficace la sentenza.

D: Quali prove devo presentare per vincere l’opposizione di terzo revocatoria?
R: Devi provare due cose fondamentali:

  1. La tua qualità di creditore/avente causa (e il pregiudizio subito dalla sentenza). Ciò può implicare produrre il titolo del tuo credito (contratto, sentenza, decreto, etc.) o altri documenti che attestino che tu sei titolare di quel diritto leso. Se ad esempio sei un creditore chirografario in un fallimento e sospetti una collusione tra il debitore e un falso creditore privilegiato, produrrai il tuo stato passivo, il decreto ingiuntivo collusivo, etc., per dimostrare che quell’ammissione ti danneggia e che sei legittimato.
  2. Gli indizi o prove del dolo/collusione tra le parti originarie. Raramente avrai la “pistola fumante” (es. un documento in cui Tizio scrive a Caio “facciamo causa finta”). Dovrai spesso inferire la collusione da indizi: es. l’anomalia del comportamento processuale (comparsa di risposta mai depositata, contumacia “strategica”, ecc.), legami di parentela o interesse tra le parti, contemporaneità di altre operazioni sospette, contraddittorietà di quella causa col comportamento tenuto altrove, ecc. Se disponi di testimonianze (qualcuno che ha sentito gli accordi) o di documenti (email, messaggi) ovviamente producili. Il giudice valuterà nel complesso. Tieni presente che la giurisprudenza considera la collusione come spesso desumibile per facta concludentia, ad esempio: una parte non ha mosso eccezioni ovvie che avrebbe dovuto, ha riconosciuto prontamente un diritto inesistente, ha accettato una domanda assurda… queste possono essere prove presuntive forti. Dunque raccogli tutto ciò che può evidenziare l’innaturalità del processo originario.

D: Quanto dura e quanto costa un procedimento di opposizione di terzo revocatoria?
R: Non ci sono tempi prefissati – è un giudizio di cognizione, la durata dipende dalla complessità e dal carico del tribunale. Non essendoci fasi accelerate particolari, potrebbe durare come una causa ordinaria di primo grado (quindi da qualche mese in caso semplice, fino a 1-2 anni o più se la questione è intricata e con perizie, ecc.). Considera poi l’eventuale appello. Sul fronte costi: va pagato il contributo unificato come per le cause di valore corrispondente (se impugni una sentenza che attribuiva 100.000 €, il contributo sarà su quel valore). Bisogna notificare l’atto a tutte le parti coinvolte, quindi costi di notifica multipli. Le spese legali dipendono dalla tariffa del professionista e dalla durata del procedimento. Se vinci, in genere le spese sono poste a carico delle controparti colluse, quindi recupererai (almeno in teoria) quanto anticipato. Se perdi, potresti essere condannato a pagare le spese agli altri.

D: Cosa rischio se sbaglio e perdo l’opposizione di terzo revocatoria?
R: Oltre alla condanna alle spese di giudizio in favore delle controparti, potresti esporti ad una richiesta di danno processuale (responsabilità aggravata ex art.96 c.p.c.) da parte loro, soprattutto se la tua iniziativa è apparsa temeraria. Ad esempio, accusare qualcuno di collusione è grave: se lo fai senza uno straccio di prova, il giudice potrebbe ritenere la tua opposizione pretestuosa e condannarti a un risarcimento (per fortuna non capita spesso, ma è possibile). Quindi assicurati di avere elementi concreti prima di procedere. Inoltre, se perde l’opposizione, la sentenza originaria diventa ancor più “blindata” verso di te e dovrai subirne gli effetti (non avrai più mezzi per attaccarla).

D: L’opposizione di terzo revocatoria può essere usata in materia penale o amministrativa?
R: No, questo istituto esiste solo nel processo civile ordinario. Nel penale non c’è un rimedio analogo per terzi (il penale ha altre logiche, e comunque un terzo leso da una sentenza penale – raro – dovrebbe ricorrere a strumenti come la revisione penale se mai, ma è cosa diversa). Nel processo amministrativo neppure esiste una “opposizione di terzo”: il Codice del processo amministrativo prevede semmai strumenti di intervento dei terzi nei processi in corso, ma se uno rimane estraneo e viene leso da una sentenza amministrativa passata in giudicato, non ha un’opposizione di terzo; al più, potrebbe ricorrere per revocazione in quanto parte, ma se non era parte neanche quello. In ambito civile esecutivo, come detto, c’è l’opposizione di terzo all’esecuzione (art.619 c.p.c.) che è tutt’altra cosa.

D: Ci sono esempi famosi o giurisprudenza rilevante da tenere presente?
R: Sì, la Cassazione si è espressa in molti casi di scuola. Eccone alcuni significativi:

  • Cass. civ. Sez. Unite 18/05/2004, n.9440: ha stabilito che all’azione revocatoria ordinaria ex art.2901 c.c. sono legittimati anche i creditori eventuali, mentre all’opposizione di terzo ex art.404 c.p.c. no.
  • Cass. civ. Sez. I 17/05/2013, n.12070: ha ribadito che il terzo che interviene volontariamente in giudizio perde la qualità di terzo, precludendo l’opposizione ex art.404.
  • Cass. civ. Sez. Unite 21/01/2015, n.1238: ha chiarito che possono coesistere impugnazione ordinaria e opposizione di terzo sulla stessa sentenza; il terzo leso non ha l’obbligo di intervento in appello pendente, quello è solo una facoltà (principio poi applicato nelle pronunce successive sulla contemporanea pendenza).
  • Cass. civ. Sez. II 31/03/2021 (ord. 27715/2021 dep. 12/10/2021): caso importante sul rapporto tra opposizione e appello pendente, afferma il principio che l’opposizione ex art.404 c.p.c. è proponibile contro sentenza di primo grado esecutiva anche se pende appello, ma se sopravviene il giudicato in appello, l’opposizione diviene improcedibile.
  • Cass. civ. Sez. VI 16/09/2024, n.24753: caso del curatore fallimentare che aveva eccepito in sede di stato passivo la collusione di un decreto ingiuntivo. La Cassazione ha sancito che il curatore deve agire con opposizione di terzo revocatoria e non può ottenere la revoca del decreto con una semplice eccezione in quel procedimento. Ha rimarcato la differenza tra far valere l’inefficacia relativa di un atto (ammissibile ex art.95 L.F. per atti negoziali) e l’eliminazione di un titolo giudiziale (possibile solo con art.404).
  • Cass. civ. Sez. III 15/06/2023, n.17212: in tema di eredi pretermessi, ha stabilito che l’erede lasciato fuori dal processo in cui alcuni coeredi sono subentrati può fare opposizione ordinaria (terzo rispetto a sentenza emessa in violazione del contraddittorio necessario), mentre se il decesso non era emerso, gli eredi non possono fare opposizione ordinaria ma eventualmente revocatoria se c’è frode.

Questi sono solo alcuni precedenti utili a comprendere l’orientamento. In generale la giurisprudenza conferma la natura eccezionale dell’istituto – riservato a ipotesi di frode conclamata – e tende a evitare estensioni analogiche (ad es. non consente surrogati procedimentali come l’eccezione in altri giudizi, vedi il caso del curatore). Quindi va usato cum grano salis, ma quando ci sono gli estremi, è un’arma potentissima per ristabilire la giustizia sostanziale contro manovre scorrette.

Esempi pratici e simulazioni (casi italiani)

Di seguito presentiamo alcune simulazioni di casi pratici in cui può rilevare l’opposizione di terzo revocatoria, tutte ambientate in contesti italiani reali, per comprendere come si applica concretamente l’istituto e quale punto di vista assume un debitore o un creditore in queste situazioni.

Caso 1: Il debitore colluso e il creditore tradito

Scenario: La società Alfa S.r.l. è indebitata verso la società Gamma S.p.A. per €500.000. Sapendo di avere questo pesante debito, Alfa, d’accordo col suo amministratore e con la complicità di un’altra società amica (Beta S.r.l.), mette in atto un piano: Beta cita in giudizio Alfa sostenendo un finto credito (magari basato su fatture per operazioni inesistenti). Alfa non si costituisce in giudizio (contumacia deliberata) e viene quindi condannata, con sentenza del Tribunale, a pagare €500.000 a Beta. La sentenza passa in giudicato (o comunque diventa subito esecutiva). Ora Beta, forte di quel titolo, notifica pignoramenti ad Alfa, magari su immobili o sui conti, cercando di incassare quei €500.000. L’intento collusivo tra Alfa e Beta è chiaro: dirottare il patrimonio di Alfa verso Beta (società di comodo o compiacente), per sottrarlo a Gamma. Gamma S.p.A., il vero creditore, appena scopre (ad es. tramite informazioni commerciali o il Registro delle Imprese) dell’esistenza di quella sentenza Alfa-Beta, sospetta fortemente la collusione – verifica e trova che Beta è amministrata dalla moglie dell’amministratore di Alfa, e che quelle fatture sono dubbie. Gamma a questo punto ha 30 giorni dalla scoperta (diciamo dal giorno in cui ha acquisito documenti attestanti il legame collusivo) per proporre opposizione di terzo revocatoria davanti allo stesso Tribunale che ha emesso la sentenza Alfa-Beta. Gamma cita in giudizio Alfa e Beta, spiegando che la sentenza è frutto di collusione (allega per esempio le risultanze penali di un’indagine per false fatturazioni, o comunque indizi di concerto fraudolento). Chiede la sospensione immediata dell’esecuzione (per evitare che Beta incassi qualcosa). Il giudice, rilevando fondati indizi (parentela tra amministratori, mancanza di difesa di Alfa, ecc.), sospende l’efficacia esecutiva della sentenza contestata. Ciò ferma i pignoramenti di Beta. Segue l’istruttoria: emergono ulteriori prove (email interne che trapelano da un’altra causa o testimonianze di un dipendente di Alfa). Alla fine, il Tribunale accoglie l’opposizione: dichiara che la sentenza Alfa-Beta è effetto di collusione fraudolenta e la annulla totalmente. Nel merito, dichiara che Beta non vanta alcun credito verso Alfa (o comunque rigetta quelle domande fittizie). Questa pronuncia restituisce giustizia: Alfa rimane debitrice solo di Gamma (il debito vero), mentre Beta perde il titolo fittizio. Dal punto di vista di Gamma (creditore), l’opposizione di terzo revocatoria è stata lo strumento per sventare il tentativo di Alfa di far sparire beni attraverso un giudizio collusivo. Dal punto di vista di Alfa (debitore), il piano fraudolento è fallito: la società Beta non può più proteggerle i beni, e anzi l’operazione collusiva potrebbe avere conseguenze (oltre a costi di spese legali, possibile denuncia per bancarotta fraudolenta se Alfa fallisce, ecc.). Questo esempio riflette una situazione purtroppo non infrequente nelle procedure concorsuali: creditori amici che ottengono titoli fraudolenti per scalare posizioni. La Cassazione ha più volte confermato che lo strumento corretto per i creditori lesi da tali manovre è proprio l’opposizione ex art.404 co.2 (vedi caso curatore fallimentare sopra).

Caso 2: Dolo unilaterale e terzo proprietario pregiudicato

Scenario: Tizio è proprietario di un immobile, che qualche tempo fa ha promesso in vendita a Caio. Prima che Caio formalizzi l’acquisto, un’altra persona, Sempronio, avvia una causa sostenendo di essere proprietario di metà di quell’immobile per via di un vecchio accordo con Tizio (in realtà inesistente). Tizio, che nel frattempo ha litigato con Caio e non vuole più vendergli casa, decide di non difendersi adeguatamente nella causa con Sempronio: anzi, d’accordo con Sempronio, omettono di menzionare al giudice che Caio aveva un diritto sulla casa (avrebbe potuto intervenire), e Tizio non produce alcuni documenti che smentirebbero Sempronio. In questo modo Sempronio ottiene una sentenza che accerta il suo diritto di comproprietà sul bene. Caio, che era all’oscuro del giudizio, si vede improvvisamente pregiudicato: la casa che doveva comprare da Tizio ora è in parte di Sempronio, e tutto ciò pare orchestrato per impedirgli di concludere l’affare (magari Tizio preferiva un altro acquirente o voleva far salire il prezzo). Caio qui è un terzo avente causa pregiudicato: avrebbe potuto intervenire nel giudizio Tizio-Sempronio, se fosse stato chiamato o informato. La condotta di Tizio configura un dolo unilaterale (ha tenuto un comportamento processuale sleale, omissivo, per favorire Sempronio e danneggiare Caio). Caio, una volta scoperto il fatto (supponiamo alla pubblicazione della sentenza, che gli viene notificata magari per trascrivere l’esito nei Registri immobiliari), ha 30 giorni per proporre opposizione di terzo revocatoria. La sua legittimazione sta nell’essere avente causa di Tizio (promissario acquirente con contratto preliminare registrato, ad esempio, o comunque titolare di un diritto di credito specifico a diventare proprietario). Caio cita Tizio e Sempronio avanti al Tribunale, deducendo il dolo di Tizio (e Sempronio magari colluso). Chiede anche qui la sospensione degli effetti, perché Sempronio potrebbe nel frattempo vendere la sua quota o creare problemi. Se Caio prova che Tizio sapeva del suo interesse e ha agito in malafede (ad esempio mostrando che Tizio aveva quel preliminare registrato e volutamente non l’ha esibito), il giudice potrà accogliere l’opposizione. L’effetto sarà che la sentenza Sempronio-Tizio viene annullata e dichiarata inopponibile a Caio (anche se in realtà, essendo revocatoria, viene proprio eliminata erga omnes). Quindi Sempronio perde quel titolo di comproprietà (che presumibilmente non aveva diritto di avere) e Caio potrà far valere il suo preliminare su un immobile di nuovo totalmente di Tizio. In questo esempio Caio non era creditore monetario, ma era comunque avente causa (succedeva a titolo particolare nel diritto controverso). Dal punto di vista di Caio, l’opposizione di terzo revocatoria è stata l’unica via per evitare di perdere il diritto ad acquistare l’immobile a causa di un contenzioso orchestrato senza di lui. Dal punto di vista di Tizio (debitore-promittente venditore), la sua manovra di liberarsi dell’obbligo verso Caio facendo “vincere” Sempronio si è rivelata inutile, anzi dannosa: la sentenza è stata annullata e ora dovrà probabilmente affrontare Caio in giudizio per l’esecuzione del preliminare, avendo anche perso credibilità davanti al giudice (il quale potrebbe aver segnalato il suo dolo).

Caso 3: Sentenza collusiva in ambito societario e riflessi penali

Scenario: Due soci di maggioranza di una S.p.A., per sottrarre asset aziendali agli altri soci di minoranza e creditori, inscenano un arbitrato fittizio: la società controllata Alfa ottiene un lodo arbitrale (equiparato a sentenza) che riconosce un grosso credito verso la società Beta (in cui i due soci hanno interessi, ma dove ci sono anche investitori terzi). Il lodo viene reso esecutivo e Alfa avvia un’esecuzione che porta via liquidità a Beta. Gli altri soci di Beta e alcuni creditori capiscono che si tratta di una collusione tra gli amministratori per spostare soldi. In questo contesto, pur essendo un lodo arbitrale (che dopo l’exequatur ha efficacia di sentenza), i soci minoritari/creditori di Beta possono valutare l’opposizione di terzo revocatoria come strumento per far emergere la collusione. Essi hanno legittimazione? I soci minoritari non sono creditori, ma i creditori di Beta sì. Uno di questi creditori (ad es. una banca creditrice di Beta) propone opposizione ex art.404 co.2 contro il lodo collusivo, accusando collusione tra Alfa e Beta (in realtà tra i loro amministratori comuni). Se riesce a provare ciò (magari allegando che i due soci avevano scambi di mail su come fare l’arbitrato finto, o che Alfa non ha mai realmente svolto la prestazione per cui vantava credito), allora il giudice annullerà il lodo per collusione e quel debito artificioso di Beta verso Alfa svanirà. Questo esempio mostra come l’opposizione di terzo revocatoria può intrecciarsi a situazioni di illecito penale (frode, aggiotaggio societario, bancarotta preferenziale se c’è fallimento, ecc.): spesso infatti la sentenza collusiva è solo una tessera di un mosaico di condotte fraudolente. Il rimedio processuale in sede civile consente intanto di bloccare gli effetti giuridici, poi l’azione penale perseguirà i responsabili. Dal punto di vista del creditore (la banca di Beta), l’interesse è pragmatico: neutralizzare quella distrazione di risorse; la sanzione penale ai colpevoli è affidata allo Stato, ma al creditore preme recuperare il suo credito senza concorrenti fittizi.

Caso 4: Erede pretermesso e collusione in materia ereditaria

Scenario: Alla morte di un facoltoso imprenditore, uno dei figli (erede) resta escluso dalla gestione della successione. Gli altri due figli, d’accordo tra loro, promuovono un giudizio per far dichiarare valido un certo testamento a loro favore, sostenendo che l’altro (che beneficiava anche il terzo fratello) è falso. Nel giudizio però non chiamano il terzo fratello (lo tengono all’oscuro) e addirittura convincono un testimone a dichiarare il falso sulla firma del testatore. Ottengono così una sentenza che convalida il testamento favorevole solo a loro, escludendo di fatto il terzo fratello dall’eredità. Qui il terzo fratello è un erede pretermesso in un giudizio tra coeredi. La sua posizione è peculiare perché essendo coerede avrebbe dovuto essere parte: c’è un vizio di contraddittorio. Inoltre vi è dolo e collusione tra gli altri due (falsa testimonianza concordata). Il fratello escluso, una volta venuto a conoscenza (magari quando i due fratelli chiedono la trascrizione della sentenza nei registri immobiliari), può agire. Essendo litisconsorte necessario non citato, può proporre opposizione di terzo ordinaria per far valere la nullità della sentenza per mancata integrazione del contraddittorio. Tuttavia, dato che c’è stata collusione fraudolenta (hanno nascosto apposta il processo e usato mezzi fraudolenti), potrebbe scegliere di impostare l’azione anche come opposizione revocatoria. In teoria potrebbe agire in entrambi i modi (ordinaria per difetto di contraddittorio, revocatoria per dolo), magari in via subordinata. Se agisce in via ordinaria (art.404 co.1) non ha termini di 30 giorni stringenti, e la sentenza verrebbe annullata per violazione del litisconsorzio; se agisse in via revocatoria (404 co.2), avrebbe il vantaggio di sottolineare la collusione e ottenere sanzioni processuali verso i collusi, ma dovrebbe farlo entro 30 giorni dalla scoperta. Probabilmente opterà per l’ordinaria, ma l’esempio serve a illustrare come i rimedi possano sovrapporsi in casi particolari. Dal punto di vista dell’erede escluso, comunque, l’istituto dell’opposizione di terzo (in una forma o nell’altra) è la salvaguardia del suo diritto ereditario. Dal punto di vista dei due fratelli collusi (debitori morali verso il terzo), l’impugnazione del terzo li costringerà a ridividere l’eredità correttamente e rischieranno pure imputazioni per falso in giudizio.


Come si vede da questi esempi, l’opposizione di terzo revocatoria è spesso un’ultima risorsa per rimediare a situazioni di grave ingiustizia, dove il processo è stato usato in maniera distorta. Nell’ottica di un debitore disonesto potrebbe sembrare inizialmente una via di fuga (accordarsi con qualcuno per pilotare una sentenza favorevole e battere i creditori sul tempo), ma i creditori hanno questo controrimedio potente. Dal punto di vista del debitore in buona fede, l’opposizione di terzo può essere utile se il debitore stesso subisce una collusione tra altri alle proprie spalle (come l’erede dell’ultimo esempio, che era debitore di rendere conto dell’eredità). In generale, tuttavia, l’angolo prospettico privilegiato è quello del terzo opponente (spesso un creditore): è lui che deve agire attivamente.

Conclusione

L’opposizione di terzo revocatoria ex art.404 c.p.c. è un istituto di nicchia ma di fondamentale importanza nel sistema delle impugnazioni: esso garantisce che il giudicato, per quanto sia un valore di certezza, non possa divenire strumento di frode a danno di chi non ha potuto partecipare al processo. In un ordinamento che protegge la cosa giudicata, questa impugnazione straordinaria svolge il ruolo di “valvola di sicurezza” contro l’abuso del processo. Il legislatore bilancia tale possibilità con limiti stringenti (soggettivi, oggettivi e temporali) per evitare che chiunque possa turbare i giudicati altrui.

Abbiamo visto come la giurisprudenza più recente (fino al 2024-2025) abbia:

  • ribadito la natura eccezionale e demolitoria di questo rimedio,
  • chiarito i confini della legittimazione (solo veri creditori, no crediti eventuali),
  • e negato escamotage alternativi (non si può sollevare l’eccezione di collusione in altri giudizi, va fatto con l’opposizione dedicata).

Dal punto di vista pratico, per un creditore è fondamentale essere vigile e rapido; per un debitore onesto, sapere che eventuali combine tra suoi creditori o co-obbligati possono essere smascherate; per un debitore disonesto, essere consapevole che collusioni processuali non offrono una protezione sicura anzi, se scoperte, peggiorano la situazione.

In definitiva, l’opposizione di terzo revocatoria incarna il principio per cui “fraudem legis nemini patrocinari” – la frode non deve giovare a nessuno. Nel processo civile, anche i terzi hanno un loro scudo contro le sentenze frutto di frode: un mezzo complesso, da usare con cautela e competenza (spesso richiede l’intervento di avvocati esperti e indagini accurate), ma che si è rivelato determinante in molte vicende giudiziarie per ripristinare la verità sostanziale e la parità di armi.

Fonti e riferimenti normativi e giurisprudenziali (Italia):

  • Codice di procedura civile: artt. 404, 405, 407 c.p.c. (opposizione di terzo ordinaria e revocatoria, forma della domanda e sospensione).
  • Corte Costituzionale nn. 167/1984, 237/1985, 1105/1988, 192/1995 – estensione dell’opposizione di terzo ad ordinanze di convalida sfratto e altre fattispecie.
  • Cassazione Civile, Sezioni Unite, 18/05/2004 n.9440 – azione revocatoria ex art.2901 c.c. esperibile anche da creditori eventuali; differenze con opposizione ex art.404.
  • Cass. Civ. Sez. I, 17/05/2013 n.12070 – intervento volontario del terzo in appello preclude successiva opposizione ex art.404 (terzo non è più tale).
  • Cass. Civ. Sez. Unite, 21/01/2015 n.1238 – ammissibilità di opposizione di terzo revocatoria su sentenza di primo grado esecutiva pendente appello; facoltatività intervento vs opposizione.
  • Cass. Civ. Sez. II, 12/10/2021 n.27715 (ord.) – principio di diritto: opposizione di terzo proponibile pendente appello ma estinzione interesse se definito appello; coordinamento procedimenti.
  • Cass. Civ. Sez. II, 24/08/2021 n.23327 – (riferimento analogo su effetti dell’opposizione accolta: elimina sentenza originaria per tutti).
  • Cass. Civ. Sez. III, 15/06/2023 n.17212 (ord.) – legittimazione erede pretermesso ad opposizione ordinaria; esclusione opposizione ordinaria per eredi se decesso non emerso; possibile opposizione revocatoria derivativa.
  • Cass. Civ. Sez. VI, 16/09/2024 n.24753 – opposizione di terzo revocatoria non proponibile come eccezione incidentale in sede fallimentare; curatore deve introdurre giudizio ex art.404; eliminazione totale del titolo collusivo vs inefficacia relativa dell’atto revocabile.
  • Cass. Civ. Sez. I, 21/05/2020 n.9464 – (onere probatorio stringente in opposizione di terzo revocatoria; natura eccezionale dell’azione).

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Se un creditore sta eseguendo un pignoramento su un bene che non è del debitore ma tuo, puoi impedire l’esecuzione presentando un atto chiamato opposizione di terzo.
In particolare, quando la procedura nasce da una revocatoria – cioè un’azione con cui il creditore ha ottenuto l’annullamento di un trasferimento patrimoniale – hai diritto a difendere la tua posizione e rivendicare il bene.


Cos’è l’opposizione di terzo revocatoria?

Si tratta di una tutela giudiziaria concessa a chi – terzo rispetto al creditore e al debitore – subisce un’esecuzione forzata su un bene che ritiene proprio, dopo che:

  • Il creditore ha agito in revocatoria ordinaria o fallimentare
  • Il giudice ha annullato il trasferimento del bene (es. una vendita o donazione)
  • L’esecuzione forzata è stata avviata come se il bene fosse ancora del debitore

L’opposizione di terzo ti consente di fermare l’esecuzione e rivendicare il tuo diritto reale o personale sul bene.


Quando puoi agire?

Puoi proporre opposizione di terzo revocatoria se:

  • Sei il nuovo proprietario (es. acquirente o donatario) del bene oggetto di pignoramento
  • Hai un diritto incompatibile con l’esecuzione (es. usufrutto, pegno, possesso qualificato)
  • Il bene è stato trasferito in buona fede e prima dell’azione del creditore
  • Ritieni che l’esecuzione violi i tuoi diritti reali legittimamente acquisiti

⚠️ L’opposizione deve essere proposta entro 20 giorni dalla conoscenza dell’esecuzione o prima della vendita all’asta.


Qual è l’effetto dell’opposizione?

Presentando l’opposizione:

  • Il giudice può sospendere l’esecuzione sul bene contestato
  • Se accoglie il tuo ricorso, il bene viene escluso dalla procedura
  • Il creditore dovrà cercare altrove la soddisfazione del proprio credito
  • Puoi anche ottenere risarcimenti se l’esecuzione ha causato danni

Serve una prova solida della tua titolarità del bene o del diritto che vuoi far valere: ogni dettaglio documentale è essenziale.


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🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in opposizioni esecutive e tutela del patrimonio
✔️ Iscritto come Gestore della crisi presso il Ministero della Giustizia
✔️ Difensore di imprese e persone fisiche contro azioni revocatorie aggressive
✔️ Consulente per la pianificazione legale e la protezione dei beni familiari


Conclusione

L’opposizione di terzo revocatoria è lo strumento legale per bloccare un’esecuzione ingiusta su un bene che ti appartiene.
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  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

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