Hai ricevuto un decreto ingiuntivo per fatture non pagate e ti stai chiedendo come puoi opporti e se hai ancora tempo per difenderti? Vuoi sapere quali sono i motivi validi per contestarlo e cosa succede se non fai nulla?
Ricevere un decreto ingiuntivo può essere scioccante, ma non significa che hai già perso. Se ritieni che le fatture siano errate, prescritte, non dovute o non corrispondano al reale, puoi opporti e bloccare tutto. Ma attenzione: hai pochi giorni per farlo.
Cos’è un decreto ingiuntivo per fatture non pagate?
È un provvedimento emesso dal giudice su richiesta del creditore che afferma di vantare un credito certo, liquido ed esigibile, spesso basato su fatture commerciali, estratti conto, ordini o contratti.
Se non ti opponi nei termini, diventa esecutivo e dà il via a pignoramenti, ipoteche o fermi amministrativi.
Quanto tempo hai per opporti a un decreto ingiuntivo?
– 40 giorni dalla data di notifica, se il decreto è stato regolarmente ricevuto
– Se è stato emesso provvisoriamente esecutivo, il pignoramento può iniziare anche prima della scadenza dei 40 giorni
– In caso di notifica irregolare o assente, puoi richiedere la rimessione nei termini
Come si presenta l’opposizione?
– Attraverso un atto di citazione in opposizione, redatto da un avvocato
– Depositato presso il tribunale che ha emesso il decreto
– Con l’indicazione precisa dei motivi: inesistenza del debito, difetti delle fatture, prestazioni mai rese, errori nei conteggi, prescrizione del credito, clausole contrattuali violate
Cosa succede se ti opponi?
– Si apre un vero e proprio processo ordinario, con possibilità di difesa completa
– Il giudice può sospendere la provvisoria esecutività del decreto, bloccando i pignoramenti
– Se vinci, il decreto viene revocato e il creditore può essere condannato a pagare le spese
– Se perdi, sarai obbligato a pagare quanto richiesto, ma avrai avuto la possibilità di difenderti
Cosa puoi fare se hai già subito il pignoramento?
– Se sei ancora nei termini, puoi presentare opposizione al decreto e chiedere al giudice la sospensione dell’esecuzione
– Se sei decaduto dai termini, valuta se la notifica è stata regolare: eventuali vizi possono riaprire la partita
– In alternativa, puoi cercare un accordo transattivo, ma solo dopo aver analizzato i margini legali
Cosa NON devi fare mai?
– Ignorare il decreto o aspettare “di vedere che succede”
– Pagare subito, senza verificare se le fatture sono dovute
– Fidarti di accordi verbali con il creditore che ti promette di “ritirare tutto”
– Pensare che sia troppo tardi: finché ci sono margini, puoi ancora difenderti
Un decreto ingiuntivo non è una condanna. Ma se non ti opponi, diventa un debito definitivo ed esecutivo.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in contenzioso commerciale e difesa contro decreti ingiuntivi – ti spiega come opporti a un decreto per fatture non pagate, cosa puoi contestare e quali sono le strategie migliori per bloccare la procedura e tutelarti.
Hai ricevuto un decreto ingiuntivo per fatture che ritieni ingiuste o eccessive? Vuoi sapere se puoi ancora opporti e difenderti?
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Introduzione
Il decreto ingiuntivo è un provvedimento giudiziario con cui, su richiesta di un creditore, il tribunale ordina al debitore di pagare una certa somma entro un termine breve (tipicamente 40 giorni). È uno strumento di tutela rapida del credito, spesso utilizzato per il recupero di fatture non pagate, in quanto consente al creditore di ottenere in tempi ridotti un titolo esecutivo basato su prova documentale del credito (le fatture stesse, contratti, estratti contabili, ecc.). Dal punto di vista del debitore ingiunto, ricevere un decreto ingiuntivo significa trovarsi di fronte a un ordine di pagamento immediato: il debitore deve decidere in fretta se adempiere pagando quanto richiesto oppure opporsi avviando una causa di merito, pena il passaggio in giudicato del decreto e l’avvio dell’esecuzione forzata.
In questa guida approfondiremo come si può proporre opposizione a un decreto ingiuntivo basato su fatture non pagate, analizzando gli aspetti normativi aggiornati a giugno 2025, le procedure introdotte dalla recente Riforma del processo civile (Riforma Cartabia 2022-2023 e correttivi 2024), nonché la giurisprudenza più rilevante in materia.
Cos’è un decreto ingiuntivo e quando viene emesso per fatture non pagate
Un decreto ingiuntivo (detto anche provvedimento monitorio) è un ordine di pagamento emanato dal giudice, su ricorso di un creditore, quando il credito vantato risulta fondato su una prova documentale scritta (prova scritta) e il debitore appare inadempiente. Nel caso di fatture non pagate, il creditore (ad es. un fornitore di beni o servizi) può rivolgersi al giudice competente per ottenere un decreto che ingiunga al debitore (cliente) di saldare il dovuto. Le condizioni principali per ottenere un decreto ingiuntivo sono stabilite dall’art. 633 c.p.c.: il credito dev’essere certo, liquido ed esigibile, e fondato su prova scritta. In passato si riteneva che la fattura, essendo un documento emesso unilateralmente dal creditore, non fosse di per sé prova sufficiente del credito; occorrevano ulteriori documenti (es. il contratto, la bolla di consegna firmata, un estratto autentico delle scritture contabili) per soddisfare la nozione di “prova scritta” ai fini monitori. Tuttavia, la giurisprudenza ha evoluto questo principio: già la Corte di Cassazione nel 2010 ha riconosciuto che la fattura commerciale può costituire titolo idoneo per emettere un decreto ingiuntivo. In sostanza, presentando in giudizio la fattura non pagata – specie se corredata da elementi come l’attestazione di invio al debitore, l’annotazione nelle scritture contabili e l’assenza di contestazioni da parte del debitore – il creditore può ottenere dal giudice un decreto ingiuntivo di pagamento.
Novità dal 2024: con la digitalizzazione e le riforme normative recenti, la fattura elettronica (formato XML) è stata espressamente riconosciuta come prova scritta idonea per il decreto ingiuntivo. Il decreto correttivo n. 164/2024 ha modificato l’art. 634 c.p.c. stabilendo che, per i crediti derivanti da forniture di merci o prestazioni di servizi da parte di imprenditori/lavoratori autonomi, le fatture elettroniche transitate tramite il Sistema d’Interscambio dell’Agenzia delle Entrate costituiscono prova scritta idonea. Ciò significa che dal 2024 i tribunali non possono più pretendere, come talvolta accadeva, l’estratto notarile delle scritture contabili a supporto delle fatture: la fattura elettronica stessa basta come prova dell’esistenza del credito. Questo adeguamento normativo rispecchia la prassi ormai consolidata e semplifica ulteriormente l’ottenimento di decreti ingiuntivi su fatture, soprattutto in ambito B2B.
È importante però chiarire un apparente paradosso: la fattura “basta” per ottenere il decreto ingiuntivo, ma potrebbe non bastare per vincere un’eventuale causa di opposizione. Il procedimento per decreto ingiuntivo si svolge in fase iniziale inaudita altera parte, ossia senza contraddittorio immediato col debitore; il giudice valuta solo la documentazione fornita dal creditore. In tale sede la fattura non contestata è ritenuta sufficiente a giustificare l’ingiunzione. Se però il debitore propone opposizione, si apre un giudizio di cognizione piena in cui il creditore dovrà provare il proprio credito secondo le regole ordinarie. In altre parole, nel giudizio di opposizione la fattura torna ad essere considerata per quello che è, un documento unilaterale: avrà valore probatorio solo se supportata da altri elementi o se la controparte non la contesta specificamente. La Cassazione ha di recente ribadito che “la fattura commerciale… può costituire piena prova […] dell’esistenza di un corrispondente contratto, allorché risulti accettata dal destinatario”. Ad esempio, se la fattura risulta annotata nella contabilità del debitore e mai contestata da quest’ultimo, ciò vale quasi come un’ammissione tacita del debito e conferisce alla fattura un significativo valore probatorio nel merito. Viceversa, una fattura tempestivamente contestata o non riconosciuta dal debitore dovrà essere corroborata da ulteriori prove (ad es. un documento firmato, una conferma d’ordine, corrispondenza commerciale, DDT firmati, ecc.) per permettere al creditore di vincere la causa di opposizione.
Riassumendo, un decreto ingiuntivo per fatture non pagate viene normalmente emesso quando:
- il creditore è in possesso di fatture (meglio se elettroniche) relative a forniture o servizi resi, non pagate dal debitore;
- il credito è certo nel suo ammontare, esigibile (non sottoposto a termine o condizione non avverata) e fondato su quella documentazione contabile;
- il debitore non ha prove evidenti di aver già pagato né ha sollevato contestazioni fondate prima (le contestazioni pretestuose non impediscono l’ingiunzione: la riforma 2022 ha chiarito che contestazioni manifestamente infondate del debitore non precludono l’emissione del decreto).
In tali circostanze, il giudice – Giudice di Pace o Tribunale a seconda del valore – può emettere rapidamente il decreto ingiuntivo. Il provvedimento ingiuntivo intima al debitore di pagare la somma indicata (capitale, interessi e spese legali liquidate) entro un termine non inferiore a 40 giorni, con l’espresso avvertimento che, in difetto, si procederà ad esecuzione forzata. Questo avviso è sempre riportato nel decreto stesso, come prescritto dall’art. 641 c.p.c., a tutela del diritto di difesa del debitore.
Va sottolineato che il decreto ingiuntivo non determina immediatamente il trasferimento di denaro: è un titolo che, se non opposto, consente al creditore di attivare un pignoramento o altre misure esecutive. Ma fino allo spirare del termine di legge per l’opposizione, il debitore ha ancora la possibilità di evitare il peggio, o pagando il dovuto (con relativi interessi e spese) oppure esercitando il diritto di opposizione. Nei paragrafi seguenti ci concentriamo sul caso in cui il debitore ritenga ingiusto o inesatto il decreto ottenuto sulla base di fatture non pagate e decida quindi di opporsi, aprendo la fase di merito.
Notifica del decreto ingiuntivo e termini per l’opposizione
Dopo che il giudice emette il decreto ingiuntivo, spetta al creditore farlo notificare al debitore. La legge impone un termine stringente al creditore per perfezionare la notifica: 60 giorni dalla pronuncia (termine ordinario) pena la perdita di efficacia del decreto ingiuntivo. Ciò significa che se il creditore non consegna l’atto all’ufficiale giudiziario per la notifica entro 60 giorni dall’emissione, il decreto decade automaticamente (art. 644 c.p.c.). Questo termine è ridotto a 30 giorni nei procedimenti davanti al Giudice di Pace (secondo orientamenti tradizionali), ma la distinzione pratica è ormai minima poiché i decreti ingiuntivi di regola vengono emessi e notificati entro pochi giorni, soprattutto con le notifiche via PEC. Ad ogni modo, per il debitore è utile sapere che un decreto ingiuntivo tardivamente notificato (oltre 60 giorni) può essere opposto eccependo la sua inefficacia per tardività: il giudice, verificata la violazione del termine, revoca il decreto opposto in quanto privo di effetto. (È bene in questi casi conservare la busta o la ricevuta PEC con la data di notifica, per dimostrare il superamento dei 60 giorni.)
Il termine perentorio per proporre opposizione decorre dalla data di perfezionamento della notifica del decreto ingiuntivo al debitore. In generale sono 40 giorni dal ricevimento dell’atto. Tale termine è fissato dall’art. 641 c.p.c., che prevede un minimo di 40 giorni; il giudice può assegnare un termine più lungo in casi particolari (ad es. 50 giorni se il destinatario risiede in altro Stato dell’Unione Europea, oppure circa 60 giorni se risiede fuori dall’UE, secondo gli usi giudiziari). Il decreto stesso in genere indica il termine esatto entro cui fare opposizione (ad es. “entro 40 giorni dalla notifica”). Se il debitore è residente all’estero, la prassi corrente è: 50 giorni se risiede in un Paese UE, 60 giorni se fuori UE. Dunque il debitore all’estero gode di un termine più ampio, in considerazione dei maggiori tempi di notifica internazionale.
È fondamentale evidenziare che il termine di 40 (o 50/60) giorni è perentorio: la decadenza è espressamente prevista dalla legge. Ciò significa che un’opposizione tardiva (oltre il termine) normalmente non è ammessa, salvo i casi eccezionali di cui diremo a breve (vedi opposizione tardiva). Inoltre, i termini per proporre opposizione sono soggetti alla sospensione feriale dei termini processuali. In base alla legge 742/1969, ogni anno dal 1° al 31 agosto i termini processuali civili restano sospesi (salvo materie urgenti non pertinenti al decreto ingiuntivo). Dunque, se il decreto viene notificato a ridosso dell’estate, i giorni di agosto non si contano nel computo dei 40 giorni. Ad esempio, se un decreto è notificato il 20 luglio, il termine di opposizione scadrà il 40º giorno escludendo il periodo feriale: in pratica scadrà a metà settembre anziché il 30 agosto. Il decreto deve riportare anche l’indicazione di tale sospensione (solitamente con formula: “il termine è soggetto alla sospensione feriale dei termini processuali”). Il debitore deve comunque prestare molta attenzione: calcolare esattamente la scadenza e attivarsi con congruo anticipo, senza attendere l’ultimo giorno utile.
Effetti della notifica e mancata opposizione: dal momento in cui il decreto ingiuntivo viene notificato, il debitore ha dunque questa finestra temporale (40/50/60 gg) per reagire. Se non viene proposta opposizione entro il termine, il decreto ingiuntivo diventa definitivo ed esecutivo a tutti gli effetti. Il creditore potrà allora richiedere al tribunale l’apposizione della formula esecutiva (se non già concessa prima) e procedere immediatamente con l’esecuzione forzata (pignoramenti di beni, conti correnti, stipendio, ecc.). Un decreto non opposto è equiparato a una sentenza passata in giudicato: il debitore non potrà più contestare nel merito l’esistenza o l’ammontare del debito. È quindi essenziale non ignorare la notifica: lasciare decorrere il termine senza agire significa perdere per sempre la possibilità di difendersi nel merito. L’unico rimedio residuo sarebbe – in situazioni particolari – l’opposizione tardiva (art. 650 c.p.c.), di cui parleremo, ma si tratta di un rimedio limitato a casi di mancata conoscenza del decreto per irregolarità non imputabili al debitore.
Il contenuto della notifica: il creditore notifica tipicamente una copia autentica del ricorso per ingiunzione e del decreto ingiuntivo emesso dal giudice. Di norma, il decreto ingiuntivo viene emesso “in calce” al ricorso (sullo stesso foglio) o allegato ad esso. Al debitore viene quindi notificato il pacchetto completo, in modo che conosca sia le richieste del creditore che il provvedimento del giudice. La relata di notifica indicherà la data in cui l’atto è consegnato al destinatario (o si perfeziona secondo le regole, ad es. deposito in comune e invio di raccomandata, PEC ricevuta, etc.). Quella data, come detto, fa scattare il conteggio del termine.
In sintesi, dal punto di vista del debitore che riceve la notifica di un decreto ingiuntivo per fatture non pagate:
- Verificare la data di notifica (e conservarne prova), per calcolare il termine di 40 giorni (esteso a 50/60 se estero) entro cui agire. Tenere conto della sospensione di agosto se applicabile.
- Decidere rapidamente se pagare o opporsi. Se si ritiene di dover contestare, è consigliabile contattare un legale immediatamente per predisporre l’opposizione. Se invece il debito è dovuto e si preferisce evitare spese, si può pagare spontaneamente entro il termine, comunicando al creditore l’avvenuto pagamento onde evitare l’esecuzione.
- Attenzione: pagare entro 40 giorni evita l’esecuzione, ma il creditore potrebbe aver sostenuto delle spese legali per il decreto (contributo unificato, compenso avvocato liquidato dal giudice nel decreto stesso). Per evitare successive azioni per spese residue, conviene saldare anche le spese indicate nel decreto oltre al capitale e interessi. Il pagamento andrebbe documentato (es. bonifico con causale che richiama il decreto ingiuntivo) e comunicato formalmente al creditore, chiedendo quietanza.
- Se si è parzialmente d’accordo sul credito (ad es. si riconosce una parte del dovuto ma non altra), è possibile effettuare un pagamento parziale per la quota non contestata e opporsi per il resto. Questo gesto rafforza la posizione del debitore sulla parte controversa e dimostra buona fede, oltre a potenzialmente evitare un’immediata esecuzione per la parte pagata. In ogni caso, se si paga una parte, bisogna specificare che il pagamento è “in acconto e salvo opposizione per il residuo” onde non farlo interpretare come acquiescenza totale.
Nella sezione seguente vedremo come si propone formalmente l’opposizione, ovvero quale atto è richiesto, dinanzi a quale giudice, con quali modalità e tempistiche, secondo la normativa attuale.
Come proporre opposizione: forma, competenza e procedimento
L’opposizione a decreto ingiuntivo è un rimedio giurisdizionale che ha natura doppia: da un lato è un atto di impugnazione contro il decreto (mirato a ottenerne la revoca o modifica), dall’altro lato instaura un giudizio di cognizione di primo grado tra creditore e debitore sul merito del rapporto obbligatorio. In pratica, l’opposizione “trasforma” il decreto ingiuntivo (emesso senza contraddittorio) in una causa ordinaria tra le stesse parti. Questo giudizio conseguente all’opposizione si svolge secondo le regole del processo civile ordinario (con eventualmente alcune peculiarità che vedremo), e si conclude con una sentenza che decide sul fondamento del credito.
Giudice competente: l’opposizione va proposta davanti allo stesso ufficio giudiziario che ha emesso il decreto ingiuntivo. Ad esempio, se il decreto ingiuntivo è stato emesso dal Tribunale di Milano, l’opposizione andrà proposta dinanzi al Tribunale di Milano; se emesso dal Giudice di Pace di Roma, opposizione davanti a quel Giudice di Pace, e così via (art. 645 c.p.c.). La competenza territoriale e per materia sono già state valutate in sede monitoria: tuttavia il debitore può comunque eccepire in opposizione un’eventuale incompetenza del giudice che ha emesso il decreto (ad es. incompetenza per valore o territorio inderogabile). Se l’eccezione è fondata, il giudice dell’opposizione dichiara la propria incompetenza e, secondo la giurisprudenza, ciò comporta la revoca del decreto ingiuntivo opposto. Il decreto quindi viene annullato per vizio di competenza e il creditore dovrà, se vorrà, riproporre la domanda al giudice competente. (Ad esempio, se un decreto ingiuntivo per €50.000 fosse stato emesso da un Giudice di Pace, che ha competenza massima €5.000, l’opposizione del debitore vedrebbe certamente accolto il difetto di competenza e il decreto sarebbe revocato per incompetenza per valore del GdP).
Atto introduttivo dell’opposizione – citazione o ricorso? Tradizionalmente, l’opposizione a decreto ingiuntivo si proponeva con atto di citazione, da notificare al creditore (detto opposto in questa fase). L’art. 645 c.p.c., al primo comma, recita infatti (testo vigente dopo la riforma): “L’opposizione si propone davanti all’ufficio giudiziario che ha emesso il decreto, con atto di citazione notificato al ricorrente nei luoghi di cui all’articolo 638”. Dunque, per la legge, l’atto tipico è la citazione, ossia una vocatio in ius con la quale l’opponente (debitore) convoca il creditore davanti al giudice, fissando un’udienza. Occorre notificare l’atto all’indirizzo eletto dal creditore nel ricorso monitorio (art. 638 c.p.c.), che di solito corrisponde allo studio del suo avvocato o al domicilio digitale di quest’ultimo. La notifica può avvenire via PEC se il creditore in monitorio era rappresentato da un avvocato domiciliatario (ormai obbligatoriamente con domicilio digitale). In assenza di elezione di domicilio (caso raro, es. creditore procedeva da solo senza avvocato in GdP), la notifica va fatta presso la residenza o sede del creditore.
Tuttavia, la Riforma Cartabia del 2022-2023 ha introdotto nel processo civile alcune novità sulle forme introduttive dei giudizi, specialmente con riguardo al cosiddetto rito semplificato di cognizione (art. 281-decies c.p.c.). In particolare, è emerso un orientamento in dottrina e in prassi secondo cui l’opposizione a decreto ingiuntivo, per i procedimenti iniziati dopo il 28 febbraio 2023, possa o debba proporsi con ricorso anziché con atto di citazione, in adesione al modello del rito semplificato. Questa interpretazione nasce dalla volontà di uniformare l’inizio dell’opposizione (che è pur sempre prosecuzione del procedimento monitorio) a una forma più snella. Alcuni tribunali hanno infatti emanato linee guida post-riforma: ad esempio il Tribunale di Venezia ha espressamente richiesto di utilizzare il ricorso in luogo della citazione per le opposizioni iscritte dopo l’entrata in vigore della riforma. Va detto che il dato letterale dell’art. 645 c.p.c. non è stato formalmente modificato dal legislatore nel 2023, rimanendo riferito alla citazione. È dunque sorto un certo dibattito pratico: molti uffici giudiziari continuano ad accettare l’opposizione con citazione, mentre altri – alla luce dell’art. 281-decies e del Dlgs 149/2022 – ammettono o richiedono il ricorso. Il decreto correttivo 164/2024 ha a sua volta introdotto coordinamenti anche sui procedimenti speciali, e pare aver confermato l’intenzione di consentire l’opposizione in forma di ricorso.
In pratica, per evitare errori, il debitore farebbe bene a:
- verificare eventuali protocolli del tribunale competente. Molti tribunali hanno pubblicato istruzioni: alcuni accettano entrambe le forme, altri preferiscono il ricorso. Se il tribunale (o Giudice di Pace) del caso ha linee guida specifiche, conviene seguirle.
- In assenza di indicazioni chiare, la via “classica” (atto di citazione) è comunque conforme al codice e non dovrebbe essere rigettata. La citazione avvia la causa con la notifica all’opposto e successiva iscrizione a ruolo.
- Alternativamente, presentare ricorso in opposizione: in tal caso sarà l’ufficio giudiziario a fissare l’udienza di comparizione. Questa forma può semplificare il calcolo dei termini di comparizione ma richiede certezza sulla procedura locale.
Per completezza segnaliamo che il Dlgs 149/2022 ha introdotto all’art. 3 alcune norme transitorie: le nuove disposizioni sul processo ordinario (incluso il rito semplificato) si applicano ai procedimenti instaurati dal 1° marzo 2023 in poi. Dunque se il decreto ingiuntivo è stato richiesto dopo tale data, l’opposizione ricade nel nuovo regime. Ciò ha alimentato interpretazioni evolutive sull’atto introduttivo. Nel dubbio, consultare un avvocato del foro locale è essenziale, perché un errore nella forma dell’atto potrebbe costare tempo e rischi (ad esempio un ricorso potrebbe essere considerato improprio se il giudice ritiene servisse citazione, o viceversa). Si può anche valutare di adottare una “doppia cautela”: notificare una citazione e contestualmente depositare un ricorso contenente le stesse difese, così da assicurare comunque l’instaurazione del contraddittorio.
Di seguito, per chiarezza espositiva, descriveremo l’opposizione secondo il metodo tradizionale della citazione, menzionando gli adattamenti nel caso di ricorso quando opportuno.
Contenuto dell’atto di opposizione
Che sia una citazione o un ricorso, l’atto di opposizione deve contenere tutti gli elementi richiesti per un atto di citazione ordinario (artt. 163 e 164 c.p.c.) e deve inoltre specificare gli estremi del decreto ingiuntivo che si intende opporre. In particolare vanno indicati:
- Autorità giudiziaria adita: es. Tribunale Ordinario di …, oppure Giudice di Pace di …, sezione competente, ecc. Deve essere lo stesso ufficio che ha emesso il decreto (come visto). Attenzione: se il decreto era di competenza di una sezione distaccata o specifica (es. sezione lavoro, sezione impresa), l’opposizione andrà assegnata lì; verificare eventuali riallocazioni dovute alla riforma.
- Dati delle parti: l’opponente (debitore) con generalità complete (nome, cognome o denominazione se società, codice fiscale/partita IVA, domicilio e recapiti), nonché il suo difensore con indicazione di ordine di appartenenza e numero di telefono/fax/PEC (oggi l’avvocato deve indicare il proprio domicilio digitale). La parte opposta (creditore) va indicata con i medesimi elementi identificativi usati nel ricorso monitorio. Se vi sono più debitori ingiunti, ciascuno può opporsi (anche con atti separati) oppure uno solo può opporsi per tutti se i rapporti lo consentono. Se il debitore è una società, l’opponente sarà la società in persona del legale rappresentante pro tempore. Importante: se il creditore in monitorio era rappresentato da un avvocato, l’opponente deve notificare l’atto a tale avvocato (domiciliatario); nella citazione comunque indicherà come convenuto la parte sostanziale (il creditore) ma con “elezione di domicilio presso l’Avv. …”.
- Oggetto della domanda: va esplicitato che si sta proponendo opposizione ex art. 645 c.p.c. avverso il decreto ingiuntivo numero X/anno, emesso da… in data…, notificato in data… Si può formulare sin dall’inizio la richiesta finale (es. “chiede che, in accoglimento dell’opposizione, detto decreto venga revocato/nullificato e la domanda monitoria rigettata”).
- Esposizione dei fatti e dei motivi di opposizione: questa è la parte centrale in cui il debitore spiega perché ritiene ingiusto il decreto. Deve essere svolta in modo chiaro e specifico, articolando tutte le difese nel merito e/o in rito che si intendono far valere. Ad esempio: può dedurre che il credito non esiste o è già stato estinto (pagamento effettuato in data…), oppure che è inferiore a quanto richiesto (errori di calcolo, merce contestata…), oppure che è prescritto, o ancora che il decreto è viziato da irregolarità procedurali (mancanza di prova scritta idonea, incompetenza del giudice, vizio di notificazione, ecc.). È opportuno suddividere l’esposizione in paragrafi o punti numerati, ciascuno dedicato a un profilo di contestazione, correlandoli a eventuali documenti che si allegano a prova (ricevute, lettere, email di contestazione, estratti contabili, contratti, ecc.). Ricordiamo che ai sensi dell’art. 115 c.p.c. vige il principio di “non contestazione”: i fatti allegati da controparte, se non vengono specificamente contestati dall’opponente, si danno per ammessi. Dunque il debitore deve contestare espressamente tutti i fatti posti a fondamento del decreto che intende negare. Ad esempio, se nel ricorso monitorio il creditore ha asserito di aver consegnato la merce X in data Y ed emesso fattura Z, l’opponente che nega la fornitura dovrà scrivere chiaramente che “nessuna fornitura X è mai avvenuta in data Y (ovvero: la merce era difforme/già pagata/etc.), e che la relativa fattura non è dovuta”. Una contestazione generica (“mi oppongo perché non devo nulla”) sarebbe insufficiente e pericolosa, perché lascerebbe non contestati dettagli importanti (es. la consegna della merce), con conseguente ammissione implicita. La specificità nella difesa è cruciale.
- Conclusioni (richiesta al giudice): al termine dell’atto l’opponente formula le conclusioni, ossia ciò che chiede al giudice di pronunciare. Ad esempio: “Voglia l’Ill.mo Tribunale, respinta ogni contraria istanza, in via principale: revocare il decreto ingiuntivo n…/2023 emesso dal Tribunale di…, rigettando per l’effetto la domanda monitoria del sig. XY; in via subordinata e nel merito: accertare e dichiarare che la somma effettivamente dovuta dall’opponente è solo €…, disponendo l’eventuale compensazione con crediti in favore dell’opponente come da eccezione in corso di causa; conseguentemente ridurre in tale misura l’importo ingiunto; il tutto con vittoria di spese del giudizio”. Le conclusioni variano a seconda delle difese: se si eccepisce un vizio formale (es. notifica tardiva o incompetenza) si chiederà “la nullità/revoca del decreto ingiuntivo”; se si contesta il merito del credito si chiederà “il rigetto della domanda monitoria”, eventualmente modulando richieste di accertamento (pagamento parziale, compensazioni, ecc.). È buona norma chiedere espressamente anche la condanna dell’opposto alle spese di lite in caso di accoglimento dell’opposizione.
L’atto così redatto va sottoscritto dall’avvocato del debitore opponente. In base all’art. 82 c.p.c., la rappresentanza tecnica di un avvocato è obbligatoria nei giudizi davanti al tribunale e per cause di valore superiore a €1.100 davanti al GdP. Pertanto, in quasi tutti i casi di decreto ingiuntivo per fatture (spesso importi rilevanti), il debitore deve farsi assistere da un avvocato per l’opposizione. Solo in ipotesi marginali (es. ingiunzione emessa dal GdP per importo modesto sotto €1.100 e parte persona fisica) sarebbe teoricamente ammessa l’autodifesa; ma in pratica, anche in quei casi, è consigliabile il patrocinio legale, data la complessità delle eccezioni da sollevare.
Notifica dell’opposizione: l’atto va notificato, entro il termine dei 40 giorni, al creditore. Come detto, la notifica si effettua all’indirizzo (fisico o digitale) indicato nel ricorso per ingiunzione. Se ad esempio il creditore ha eletto domicilio presso il suo avvocato in Via XX o ha indicato la propria PEC, la notifica andrà inviata a quell’indirizzo. È essenziale rispettare il termine: basta consegnare l’atto all’ufficiale giudiziario o inviare la PEC entro il 40° giorno per considerare tempestiva l’opposizione (farà fede la data di avvio notifica). Meglio comunque non ridursi all’ultimo: eventuali errori nella notifica potrebbero far slittare oltre i termini.
Iscrizione a ruolo: dopo la notifica, l’opponente deve iscrivere a ruolo la causa di opposizione depositando copia dell’atto notificato presso la cancelleria del giudice competente, entro i termini di costituzione previsti (in caso di citazione, almeno 5 giorni prima dell’udienza indicata; in caso di ricorso, unitamente al deposito del ricorso il giudice fisserà l’udienza). Con l’iscrizione, la causa ottiene un numero di ruolo generale e segue il suo iter. Da notare che la riforma ha eliminato un vecchio adempimento formale: prima si richiedeva all’opponente di depositare nel fascicolo monitorio il cosiddetto avviso di opposizione (per segnalare al giudice che il decreto non era definitivo). Oggi questo passaggio è superfluo: la notifica stessa dell’opposizione rende automaticamente inefficace il decreto ingiuntivo in via provvisoria, sospendendone la esecutorietà fino a diversa decisione del giudice. Non occorre quindi più alcun deposito separato per bloccare il decreto opposto: l’eventuale esecuzione iniziata su decreto provvisoriamente esecutivo dovrà arrestarsi non appena notificata l’opposizione al creditore (il quale la conoscerà tramite la notifica stessa). Questo è un rilevante beneficio per il debitore introdotto dalla riforma, perché evita decadenze o nullità in caso di mancato deposito di tali avvisi.
Di seguito presentiamo un fac-simile schematico di un atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo, per dare un’idea concreta della struttura:
**TRIBUNALE ORDINARIO DI [Città]**
Atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo
(ai sensi dell’art. 645 c.p.c.)
**Opponente:** Sig./Soc. [Nome debitore], C.F./P.IVA ..., residente/sede in ..., elettivamente domiciliato in ... presso lo studio dell’Avv. ..., che lo rappresenta e difende giusta procura in calce/a margine al presente atto (Codice Fiscale Avv. ..., PEC: ...).
**Convenuto Opposto:** Sig./Soc. [Nome creditore], C.F./P.IVA ..., con domicilio eletto per il procedimento monitorio presso lo studio dell’Avv. ..., in [indirizzo] (ovvero: con domicilio digitale all’indirizzo PEC ...).
**Oggetto:** Opposizione ex art. 645 c.p.c. al Decreto Ingiuntivo n. .../2025 emesso dal Tribunale di ... in data ... e notificato in data ... – contestazione di fatture asseritamente non pagate.
**Fatti e svolgimento del procedimento monitorio:**
– In data ... la Società XY (opposta) otteneva dal Tribunale di ... il decreto ingiuntivo n. .../2025, con cui veniva ingiunto al Sig. AB (opponente) il pagamento di €..., oltre interessi e spese, quale corrispettivo di forniture di beni indicate in fattura n. ... del ... (allegata al ricorso monitorio).
– Il decreto ingiuntivo è stato notificato all’odierno opponente in data ..., a mezzo Ufficiale Giudiziario/PEC, come da documentazione che si deposita.
– Con il presente atto il Sig. AB intende proporre tempestiva opposizione avverso detto decreto, per le ragioni di merito e di rito di seguito esposte.
**Motivi di opposizione:**
1. **Inesistenza del credito per mancata fornitura della merce (Fattura n. ... non dovuta).** – Il decreto ingiuntivo si fonda sulla fattura n. ... del ..., emessa dalla Società XY per una pretesa fornitura di [descrizione merce/servizio]. L’opponente contesta integralmente tale pretesa: la fornitura in oggetto **non è mai avvenuta**, come risulta dalla corrispondenza intercorsa tra le parti (Doc. 1: lettera/e-mail di reclamo del ...). In particolare, la merce indicata in fattura non è stata consegnata, oppure è stata rifiutata perché difforme dall’ordine (come comunicato in data ...). Pertanto, nulla è dovuto dal Sig. AB in relazione a detta fattura, mancando la controprestazione che ne costituiva il presupposto.
2. **Eccepita nullità del decreto ingiuntivo per difetto di prova scritta sufficiente (art. 633 c.p.c.).** – In via subordinata e assorbente, l’opponente eccepisce che la fattura prodotta in monitorio non integrava idonea prova scritta del credito ai sensi dell’art. 634 c.p.c., trattandosi di documento unilaterale non accompagnato da DDT firmati né da altro riconoscimento di debito. Di conseguenza, il decreto ingiuntivo è stato emesso in mancanza dei presupposti di legge e dev’essere revocato.
3. **(Eventuali ulteriori motivi... es. prescrizione, ecc.)**
**Istanza di sospensione:** Considerato che il decreto ingiuntivo opposto è stato munito di clausola di provvisoria esecutorietà ex art. 642 c.p.c. (o: considerato che il creditore opposto ha avviato azioni esecutive nelle more), l’opponente, ai sensi dell’art. 649 c.p.c., **chiede** che codesto Tribunale voglia sospendere l’esecuzione provvisoria del decreto ingiuntivo, stante la sussistenza di gravi motivi, ed in particolare l’evidente fondatezza delle difese spiegate sub 1) (insussistenza del credito) e il pregiudizio irreparabile derivante da un’esecuzione forzata per un debito inesistente (si veda infra nelle conclusioni).
**Conclusioni:**
Alla luce di tutto quanto sopra esposto, l’opponente Sig. AB, come rappresentato, difeso e domiciliato,
**chiede** che l’Ill.mo Tribunale adito voglia, ogni contraria istanza disattesa:
- In via principale: **accogliere l’opposizione** proposta ex art. 645 c.p.c. e, per l’effetto, **revocare** il Decreto Ingiuntivo n. .../2025 emesso il ... dal Tribunale di ..., dichiarando nulla e infondata la pretesa creditoria azionata dalla Società XY;
- In via subordinata: nella denegata ipotesi di ritenuta esistenza parziale di un credito di XY, ridurre tale credito all’importo di €... (importo non contestato o eventualmente accertato dal Giudice), con conseguente revoca parziale del decreto opposto e declaratoria di inesistenza del credito per la restante parte;
- Conseguentemente, rigettare la domanda monitoria della parte opposta per la parte eccedente detto importo (ovvero in toto in via principale);
- **Con vittoria di spese** del presente giudizio di opposizione, da distrarsi in favore del sottoscritto procuratore anticipatario ex art. 93 c.p.c., stante l’ammissione del Sig. AB al beneficio del patrocinio a spese proprie.
Si offrono in comunicazione, depositandoli, i seguenti documenti:
1) Copia del decreto ingiuntivo n. .../2025 e relativo ricorso notificato il ...;
2) [Doc. 1] Lettera/email di contestazione merce data ...;
3) Eventuali ulteriori documenti (ricevute, fatture, contratti…) numerati progressivamente.
Si indicano quali testimoni (ove ammessi) i Sigg. ..., sui fatti di cui al motivo 1.
Luogo, data.
Avv. __________________ (firma digitale)
(Fac-simile puramente esemplificativo: i contenuti vanno adattati al caso concreto. Nel fac-simile si sono ipotizzate sia difese di merito che un’eccezione formale e si è inserita anche la richiesta di sospensione della provvisoria esecuzione.)
Costi e tempi dell’opposizione
Promuovere un’opposizione a decreto ingiuntivo comporta alcuni costi processuali. All’atto dell’iscrizione a ruolo, l’opponente deve versare un contributo unificato e una marca da bollo per diritti forfettari (attualmente €27). La particolarità è che, essendo l’opposizione la prosecuzione di un procedimento monitorio per cui il creditore ha già pagato in parte il contributo, la legge prevede un “sconto”: il contributo unificato per l’opposizione è pari alla metà di quello dovuto secondo il valore della causa. Ad esempio, se per il valore in questione la causa ordinaria richiederebbe un CU di €518, l’opponente pagherà circa €259. Ciò in quanto il creditore ricorrente aveva già versato la metà iniziale quando ha chiesto il decreto ingiuntivo. Se il decreto ingiuntivo riguardava un importo molto basso, potrebbe esserci l’esenzione da CU (sotto €1.033 di valore non si paga contributo); in caso di dubbio la cancelleria fornirà indicazioni. Naturalmente, se ci si avvale di un avvocato (di regola necessario), occorrerà considerare il costo della sua parcella, che in caso di esito vittorioso potrà essere in tutto o in parte posto a carico del soccombente dal giudice. Se l’opponente è ammesso al gratuito patrocinio, non anticipa le spese legali.
Quanto ai tempi, un’opposizione a decreto ingiuntivo avvia un processo di merito che, pur con qualche priorità in fase iniziale, segue i ritmi dell’ordinario. Di positivo c’è che il giudice fissa di solito una prima udienza relativamente vicina (spesso entro 3-4 mesi dalla citazione, a seconda dell’agenda del tribunale, oppure entro 90 giorni dal deposito del ricorso se si è proceduto con ricorso). Dopo la prima udienza, però, il processo può durare diversi mesi o anni, specie se la controversia richiede istruttoria probatoria (es. testimonianze, CTU). Indicativamente, per cause relative a fatture non pagate senza complicate questioni, si può stimare 1-2 anni per una sentenza di primo grado. Se le parti trovano un accordo prima, il giudizio può chiudersi anticipatamente (vedi oltre). In caso contrario, dopo la sentenza di primo grado ci sono i normali mezzi di impugnazione (appello, eventuale ricorso in Cassazione), che allungano ulteriormente la definizione definitiva.
È importante tenere presente che l’opposizione “congela” il decreto ingiuntivo fino alla decisione: se il decreto non era esecutivo, il creditore non potrà procedere esecutivamente finché pende la causa (salvo ottenimento di esecutorietà ex art. 648 c.p.c., di cui parliamo nel prossimo paragrafo). Se invece il decreto era già provvisoriamente esecutivo, l’opposizione e l’eventuale sospensione ex art. 649 c.p.c. mirano a sospendere o limitare l’esecuzione in attesa dell’esito. In ogni caso, il tempo che passa può giovare al debitore per predisporre la difesa o reperire risorse, ma comporta anche l’accumularsi di interessi di mora sul debito (se poi riconosciuto) e altre possibili spese. Conviene dunque usare il tempo processuale in modo costruttivo, ad esempio cercando anche soluzioni transattive parallele (si veda Alternative stragiudiziali più avanti).
Svolgimento del giudizio di opposizione: prima udienza, prove e sentenza
Una volta incardinata l’opposizione, la causa debitorie vs creditore segue il suo corso in tribunale (o avanti al Giudice di Pace). I ruoli delle parti sono invertiti formalmente: il debitore opponente è attore processuale, mentre il creditore opposto è convenuto. Sostanzialmente però i ruoli restano quelli originari: il creditore conserva l’onere di provare il proprio diritto (il credito), e il debitore potrà limitarsi a contestare e a provare eventualmente fatti estintivi o modificativi (pagamento, inesistenza della causa del debito, ecc.). La Cassazione a Sezioni Unite ha chiarito che questa inversione formale non altera la distribuzione degli oneri probatori né la titolarità sostanziale dell’azione: il creditore, seppur convenuto, è colui che in sostanza domanda la condanna del debitore al pagamento, quindi dovrà dimostrare il fondamento della pretesa; il debitore opponente, pur attore formale, ha interesse a negare o ridurre il credito e potrà limitarsi a eccepire e dimostrare fatti contrari.
Vediamo i passaggi salienti del giudizio di opposizione:
- Costituzione del creditore opposto: Una volta ricevuta la notifica dell’opposizione, il creditore (opposto) dovrà costituirsi in giudizio depositando una comparsa di risposta entro i termini di legge (in caso di citazione, 20 giorni prima dell’udienza se vuole proporre eventualmente domande riconvenzionali, oppure fino alla prima udienza per una costituzione semplice). Nella comparsa l’opposto contestarà i motivi dell’opposizione e insisterà sulla validità del decreto e del credito, allegando a sua volta documenti di prova. Può anche proporre domande riconvenzionali se ha ulteriori pretese (o ad esempio chiedere un diverso inquadramento della domanda). Se il creditore opposto rimane contumace (cioè non si costituisce affatto), ciò non blocca la causa: all’udienza il giudice, constatata la contumacia dell’opposto, procederà comunque a esaminare la fondatezza delle ragioni dell’opponente. In tal caso, se il creditore non partecipa al giudizio, rischia fortemente che l’opposizione venga accolta e il decreto ingiuntivo revocato, per mancanza di prova del credito. Infatti la contumacia del creditore equivale a non contestare le affermazioni del debitore: se l’opponente ha allegato e documentato motivi di opposizione plausibili, l’assenza di difese avversarie porta il giudice a dargli ragione. (Ciò non impedisce al creditore contumace di far valere successivamente le proprie ragioni in un nuovo giudizio, se l’opposizione è stata vinta solo per difetto di costituzione, ma avrà perso intanto il titolo monitorio, oltre a poter essere condannato alle spese). – Viceversa, se il debitore opponente non si presenta in udienza e nemmeno il suo avvocato, il giudice potrà dichiarare l’opposizione improcedibile o rigettarla, con conseguente stabilizzazione del decreto ingiuntivo. Dunque la partecipazione attiva è fondamentale.
- Prima udienza di comparizione: All’udienza fissata (sia dal giudice su ricorso, sia indicata nell’atto di citazione), le parti compaiono – tramite i loro avvocati – davanti al giudice designato (di solito un giudice monocratico). In questa sede iniziale, il giudice procede ai primi incombenti: verifica le presenze e le eventuali contumacie, cerca di conciliare le parti se possibile, e soprattutto affronta la questione cruciale della provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo. Gli articoli 648 e 649 c.p.c. disciplinano questa fase:
- Se il decreto ingiuntivo non era stato dichiarato provvisoriamente esecutivo ex art. 642 c.p.c., esso non è esecutivo finché pende l’opposizione. Il creditore opposto però può chiedere al giudice, in prima udienza, di concedere l’esecutorietà provvisoria nonostante l’opposizione. Il giudice accoglierà tale istanza solo se ritiene che l’opposizione “non è fondata su prova scritta o non è di pronta soluzione” (art. 648 c.p.c.). In pratica, se l’opponente non presenta elementi documentali solidi a sostegno delle sue contestazioni, e la causa appare non immediatamente risolvibile a suo favore, il giudice può dare al creditore la possibilità di eseguire il decreto subito, senza aspettare la sentenza. Al contrario, se l’opposizione si fonda su prova scritta (es. una quietanza di pagamento, un accordo transattivo firmato, ecc.) oppure appare di pronta soluzione (ad esempio perché il credito è manifestamente prescritto o l’eccezione del debitore è subito accertabile), allora il giudice non concederà l’esecuzione provvisoria in questa fase. Inoltre, sempre l’art. 648 c.p.c. modificato prevede che il giudice deve concedere l’esecuzione provvisoria parziale per le somme non contestate dall’opponente. Ciò significa che se, ad esempio, il debitore ammette di dovere una parte del totale (o non la contesta affatto nell’atto di opposizione), il giudice, su richiesta, dichiarerà il decreto immediatamente esecutivo almeno per quella parte. (Questo spinge il debitore – come detto – a contestare chiaramente tutto ciò che intende negare, e a pagare eventualmente prima la parte riconosciuta per evitare un titolo esecutivo immediato su di essa).
- Se il decreto ingiuntivo era già provvisoriamente esecutivo ab origine (il giudice monitorio può averlo concesso se il credito era fondato su cambiale, assegno, certificato di stato di credito, oppure se vi era pericolo di grave pregiudizio nel ritardo, ecc., ex art. 642 c.p.c.), allora il creditore ha potuto iniziare esecuzione anche prima del giudizio di opposizione. In tale scenario, l’opponente quasi sempre formula (nell’atto di citazione) una richiesta di sospensione della provvisoria esecutorietà ai sensi dell’art. 649 c.p.c.. In prima udienza, il giudice esamina questa istanza del debitore e può sospendere l’efficacia esecutiva del decreto ingiuntivo se ravvisa “gravi motivi”. I gravi motivi sono valutati discrezionalmente: tipicamente, coincidono con elementi che fanno apparire l’opposizione fondata o comunque meritevole di accoglimento, uniti al rischio di danno grave dall’esecuzione (es.: il debito è contestato con prove serie e l’esecuzione metterebbe in ginocchio il debitore inutilmente). Il provvedimento sulla sospensione è emesso con ordinanza non impugnabile. Se la sospensione è concessa, il decreto ingiuntivo non potrà essere eseguito (o l’eventuale esecuzione iniziata viene bloccata) fino alla decisione finale sulla causa. Se la sospensione è negata, il creditore potrà proseguire l’esecuzione durante la pendenza del giudizio. È bene notare che la legge (riformata) consente comunque al debitore di riproporre la richiesta di sospensione qualora emergano nuovi fatti nel corso del giudizio, ma in generale la decisione viene presa subito e difficilmente mutata salvo circostanze eccezionali. – Esempio pratico: Tizio ottiene decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo contro Caio. Caio fa opposizione e chiede sospensione perché ritiene di avere prova scritta che nulla è dovuto. Se Caio produce, poniamo, una quietanza firmata dal creditore attestante il pagamento, è molto probabile che il giudice, riconosciuta la prova scritta a suo favore, sospenda l’esecuzione (il decreto pare erroneo). Se invece Caio si limita a negare il debito senza prove e il credito appare verosimile, la sospensione potrebbe essere negata e Tizio potrà procedere al pignoramento anche in corso di causa. Caio, qualora poi vincesse la causa, avrebbe diritto a ottenere la restituzione di quanto eventualmente pignorato e a chiedere i danni, ma intanto subirebbe l’esecuzione.
- Ordinanza ex art. 648/649 c.p.c.: le decisioni sulle istanze di esecuzione provvisoria (parziale o totale) o di sospensione vengono formalizzate in ordinanza in udienza. Spesso il giudice le annota a verbale e le comunica alle parti in quel momento. Queste ordinanze non sono impugnabili autonomamente, ma se necessario possono essere soggette a reclamo al collegio (c’era dibattito sulla reclamabilità dell’ordinanza di sospensione negata; la riforma Cartabia ha ampliato i casi di reclamabilità di provvedimenti anticipatori, ma l’orientamento prevalente nega il reclamo per l’ordinanza ex 649, trattandosi di atto di direzione del processo).
- Trattazione della causa e attività istruttoria: Superata la fase della provvisoria esecutorietà, il giudizio di opposizione procede come un ordinario processo di cognizione. Il giudice fisserà i termini per le memorie istruttorie (art. 183 c.p.c. e segg., se applicabili, oppure seguirà il rito semplificato se del caso). Le parti potranno dunque, nelle memorie successive, precisare e modificare le proprie domande (nei limiti consentiti) e soprattutto chiedere mezzi di prova: es. interrogatorio formale dell’avversario, prova testimoniale su determinati fatti controversi, consulenza tecnica (CTU) se pertinente (di solito rara in cause su fatture, salvo questioni contabili complesse), esibizione di documenti, ecc. Nel giudizio di opposizione può capitare che il creditore opposto chieda di cambiare titolo della domanda – ad esempio, se il debitore eccepisce l’invalidità di un contratto, il creditore in via subordinata potrebbe formulare domanda di ingiustificato arricchimento o risarcimento. Questo tema del cosiddetto ius variandi del creditore è stato oggetto di recenti interventi della Cassazione. Le Sezioni Unite 26727/2024 hanno stabilito che nel giudizio di opposizione il creditore opposto può avanzare domande alternative (es. arricchimento senza causa, responsabilità precontrattuale) rispetto a quella fatta valere nel decreto, anche se il debitore non ha proposto riconvenzionali, purché tali domande siano fondate sul medesimo rapporto sostanziale originario. Ciò consente al creditore, qualora la sua pretesa principale (ad es. da contratto) rischi di venir meno, di chiedere in via subordinata una tutela diversa ma collegata (es. indennizzo ex art. 2041 c.c.), evitando di dover intentare un nuovo giudizio separato. Dal lato del debitore, questo significa che l’opposizione potrebbe ampliarsi in termini di temi da discutere: bisognerà difendersi eventualmente anche da queste domande subordinate. Ad ogni modo, il giudice ammetterà e svolgerà le prove ritenute rilevanti e non superflue. Se la contestazione verte su fatture e fornitura, di solito le prove saranno documentali e testimoniali (es. testimoni su consegna merce, lettere, email, registri). Ricordiamo nuovamente il principio di non contestazione: se il debitore non contesta un fatto, quel fatto non sarà oggetto di prova ulteriore. Ad esempio, se il debitore non nega di aver ricevuto la merce ma contesta solo il prezzo, il giudice darà per avvenuta la consegna e concentrerà l’istruttoria sul valore o sugli aspetti contestati.
- Tentativi di conciliazione e mediazione obbligatoria: Il giudice, in qualunque fase, può invitare le parti a tentare una composizione bonaria. Inoltre, se la materia rientra tra quelle di mediazione obbligatoria, trova applicazione l’art. 5 del Dlgs 28/2010. Particolarità nel giudizio di opposizione: la legge prevede che la mediazione obbligatoria non si applica nella fase monitoria sino dopo l’emanazione delle misure sulla provvisoria esecuzione. Una volta superata quella fase, il giudice se rileva che la controversia rientra ad es. in contratti assicurativi, bancari, locazioni, ecc. (ambiti di mediazione obbligatoria), deve disporre che le parti tentino la mediazione prima di procedere oltre. Ed è ormai pacifico che l’onere di attivare la mediazione è a carico del creditore opposto (cioè di chi ha chiesto il decreto) e non del debitore opponente. Questo perché, come detto, il creditore resta “attore sostanziale” e quindi assimilabile a colui che intende far valere un diritto in giudizio. Le Sezioni Unite, con sent. 19596/2020, avevano espressamente risolto il contrasto: in opposizione a d.i., dopo la decisione sulle istanze ex artt. 648-649 c.p.c., tocca al creditore promuovere il procedimento di mediazione; se non lo fa, la domanda monitoria diviene improcedibile e il decreto ingiuntivo viene revocato. Questa regola è stata poi recepita dalla riforma, eliminando incertezze. Quindi, ad esempio, se il decreto ingiuntivo riguarda una parcella professionale (materia soggetta a mediazione) e il creditore, dopo l’ordine del giudice, non attiva la mediazione entro il termine assegnato, il giudizio si chiude con improcedibilità e il decreto è caducato. Il debitore in quel caso “vince” per l’inattività altrui. Invece, se la mediazione viene svolta ma non si raggiunge accordo, il processo prosegue regolarmente verso la sentenza. (È importante che il debitore partecipi al tentativo di mediazione una volta avviato: pur non avendone l’onere di attivazione, la sua mancata partecipazione potrebbe avere conseguenze sulle spese).
- Sentenza finale: Al termine dell’istruttoria, il giudice fissa l’udienza di precisazione delle conclusioni e poi decide con sentenza. Con la sentenza, il giudice accoglie o rigetta (in tutto o in parte) l’opposizione. Vediamo le diverse possibili situazioni:
- Opposizione accolta (totale): il decreto ingiuntivo viene revocato o annullato. In sentenza il giudice dichiarerà che il decreto ingiuntivo n. X è nullo/inefficace e rigetterà la domanda di pagamento del creditore. In sostanza, stabilirà che il debitore opponente non deve pagare quanto richiestogli, riconoscendogli ragione. Gli effetti di questa pronuncia sono importanti: se nel frattempo il decreto era stato eseguito (ad es. pignoramento già fatto), la sentenza di accoglimento fa venir meno il titolo esecutivo e cade anche ogni atto esecutivo compiuto. Ad esempio, se c’era stato un pignoramento, il debitore può chiedere la liberazione dei beni pignorati e la restituzione di somme eventualmente già assegnate al creditore. La sentenza di accoglimento dell’opposizione è essa stessa un titolo esecutivo per il debitore, ad es. per recuperare somme indebitamente pagate. In genere il giudice condannerà il creditore opposto a rifondere le spese di lite all’opponente, salvo compensazioni in caso di situazioni particolari (ad es. novità della questione o concorso di colpa nelle cause del contendere).
- Opposizione rigettata (decreto confermato): se il giudice ritiene infondati i motivi di opposizione, emetterà sentenza di rigetto e contestuale conferma del decreto ingiuntivo opposto. In realtà, tecnicamente la sentenza non “convalida” il decreto, ma semplicemente decide nel merito condannando il debitore al pagamento. Spesso nei dispositivi si legge: “rigetta l’opposizione e per l’effetto conferma il decreto ingiuntivo n… emesso dal…”. A quel punto il decreto ingiuntivo diviene definitivo e stabile come se fosse una sentenza di condanna, con la differenza che la condanna può anche essere trasfusa direttamente nella sentenza stessa. Importante: se il giudice si accorge di qualche errore nel decreto (ad es. nel calcolo degli interessi) ma dà ragione al creditore sul resto, può emettere una sentenza parzialmente diversa dal decreto. Secondo l’art. 653 c.p.c., “il decreto ingiuntivo, se l’opposizione è rigettata o dichiarata inammissibile o improcedibile, acquista efficacia di cosa giudicata”. Ciò vale anche se l’opposizione viene rigettata parzialmente, nei limiti di quanto rigettato. Dalla prospettiva pratica, se il creditore aveva già un’esecuzione pendente, potrà proseguirla; se era sospesa, può riprenderla presentando la sentenza; se non aveva iniziato nulla, ora ha sia il decreto sia la sentenza come titoli. Il giudice di regola condannerà il debitore opponente a pagare le spese processuali (onorari dell’avvocato del creditore, spese vive) aggiuntive dovute per aver resistito in giudizio, salvo situazioni eccezionali (es. opposizione giustificata da comportamento ambiguo del creditore – ma se comunque persa, di rado le spese vengono compensate).
- Opposizione accolta parzialmente: il caso intermedio è quando il giudice ritiene fondate solo in parte le doglianze del debitore. Ad esempio, l’opponente contestava €10.000, ma il giudice accerta che €2.000 non erano dovuti mentre €8.000 sì. In tal caso la sentenza dichiarerà che il decreto ingiuntivo è revocato in parte qua, ossia per la parte eccedente €8.000, e spesso condannerà il debitore al pagamento di €8.000 (già ingiunti) confermando il titolo in misura ridotta. Tecnicamente, alcuni giudici preferiscono direttamente revocare il decreto e sostituirlo con la propria condanna al nuovo importo (così il titolo esecutivo diventa la sentenza stessa per €8.000). Altri dichiarano che il decreto ingiuntivo rimane efficace nei limiti di €8.000 e revocato per il resto. In ogni caso, si forma giudicato sull’importo definitivo. Le spese legali in tal caso possono essere compensate o ripartite: spesso se la maggiore parte della somma era effettivamente dovuta, il debitore soccombe in parte prevalente e viene condannato magari al 80% delle spese, oppure ogni parte si accolla le proprie (compensazione parziale) a seconda di chi ha “vinto” in misura maggiore.
- Opposizione dichiarata improcedibile/inammissibile: può succedere se l’opponente ha commesso errori gravi procedurali (es. iscrizione a ruolo tardiva di molto – benché su questo c’è giurisprudenza oscillante, oggi prevale che la tardiva iscrizione non comporta improcedibilità automatica, se l’atto fu notificato in termini). Oppure se l’opposizione è tardiva e non aveva motivo di essere ammessa. In tali casi il giudice non esamina nemmeno il merito e chiude il caso confermando il decreto per ragioni formali. È un’eventualità da evitare assolutamente rispettando termini e forme.
Una volta emessa la sentenza, il rapporto processuale di primo grado si chiude. La sentenza è notificabile per far decorrere i termini brevi d’impugnazione (30 giorni per appello, altrimenti 6 mesi termine lungo). Dal punto di vista del debitore:
- Se ha vinto (decreto revocato), può tirare un sospiro di sollievo ma deve attendersi eventualmente un appello del creditore se questi insiste nella sua pretesa. Il decreto ingiuntivo revocato cessa comunque di avere efficacia esecutiva immediatamente, salvo che la sentenza venga a sua volta sospesa in appello.
- Se ha perso (opposizione rigettata), dovrà decidere se accettare la decisione e pagare quanto dovuto (eventualmente cercando di evitare ulteriori atti di esecuzione) oppure se impugnare in appello. L’appello in materia civile può tentare di ribaltare la sentenza, ma va ponderato con l’avvocato (anche perché, in difetto di pagamento, il creditore potrebbe iniziare o proseguire l’esecuzione sfruttando la sentenza di rigetto che ha efficacia esecutiva provvisoria). L’appello non sospende automaticamente l’esecutività, quindi il debitore potrebbe chiedere alla corte d’appello una sospensione se sussistono gravi motivi, altrimenti dovrà adempiere o subire esecuzione, con possibilità di ripetere se poi vince in appello.
Nota sul luogo di notifica della sentenza in caso di contumacia del creditore opposto: se il creditore non si è costituito ed è rimasto contumace, c’è una particolarità: la notifica della sentenza fatta dal debitore per far decorrere il termine breve di appello deve essere fatta presso la residenza/sede del creditore stesso, non vale più l’elezione di domicilio del monitorio. Ciò perché l’elezione di domicilio nel ricorso ex art. 638 c.p.c. serve solo per la fase monitoria e la notifica dell’opposizione. In sostanza, se il creditore è rimasto assente, la sentenza va notificata personalmente a lui (ad es. via PEC al suo indirizzo PEC risultante da registri imprese o INI-PEC, o a mani). Questo dettaglio è rilevante per evitare errori che renderebbero la notifica inefficace a far decorrere i termini di impugnazione. Ma entriamo in un tecnicismo procedurale che riguarda più gli avvocati; l’importante per il debitore vittorioso è assicurarsi che il proprio legale notifichi correttamente la sentenza.
Opposizione tardiva: rimedio eccezionale (art. 650 c.p.c.)
Cosa accade se un debitore non riesce a proporre opposizione entro i 40 giorni, ma aveva valide ragioni per non averlo potuto fare? L’ordinamento prevede un istituto particolare, chiamato opposizione tardiva (art. 650 c.p.c.), attivabile in due ipotesi tassative:
- Irregolarità nella notificazione del decreto ingiuntivo tale da non aver messo il debitore in condizione di conoscerlo tempestivamente;
- Caso fortuito o forza maggiore che abbia impedito al debitore di proporre opposizione nei termini.
Nella pratica, la situazione tipica è la prima: la notifica del decreto può essere nulla o viziata (ad es. consegnata a indirizzo errato, o a persona non legittimata, o mai ricevuta) e il debitore viene a conoscenza del decreto solo più tardi, magari perché gli arriva un atto di precetto o un pignoramento. Oppure, nel caso di persona giuridica, il decreto può essere notificato a una sede errata e l’azienda lo scopre dopo. Quando il debitore ottiene conoscenza effettiva del decreto ingiuntivo oltre il termine, può attivarsi con opposizione tardiva. L’art. 650 c.p.c. prescrive che l’opposizione tardiva vada proposta entro 10 giorni dalla prima notificazione o esecuzione fatta valere contro il debitore (che gli ha dato notizia del decreto). Ad esempio, se il debitore scopre l’esistenza del decreto ingiuntivo tramite un precetto notificatogli il 1° ottobre, avrà fino all’11 ottobre per proporre opposizione tardiva. È fondamentale però, nell’atto di opposizione tardiva, allegare e provare le ragioni della mancata tempestiva conoscenza e la loro non imputabilità al debitore. Se la notifica originaria era nulla o inesistente, il debitore dovrà evidenziarlo (allegando magari copia degli atti da cui risulta l’errore di notifica). La giurisprudenza ha chiarito che:
- Se la notifica è stata completamente inesistente (ad esempio inviata a un indirizzo totalmente sbagliato, a soggetto estraneo), il termine per opposizione in realtà non decorre affatto finché il debitore non abbia effettiva conoscenza, e l’opposizione tardiva potrà essere proposta anche oltre i 10 giorni dall’atto esecutivo, purché senza indugio. In linea generale però si prende la data di “scoperta” e da lì 10 giorni.
- Se la notifica era affetta da nullità sanabile (es. vizio di forma), la conoscenza anche informale ottenuta successivamente fa scattare il termine di cui sopra.
- Il caso fortuito o forza maggiore come motivo è più raro: dovrebbe trattarsi di eventi come una grave malattia, un incidente, o un evento naturale eccezionale che ha impedito al debitore (pur conoscendo la notifica) di attivarsi. Ad esempio, se il decreto viene notificato ma il destinatario è stato in coma o ricoverato per l’intero periodo e non ha potuto occuparsene, potrebbe invocare la forza maggiore per fare opposizione tardiva appena possibile. Ovviamente va provata dettagliatamente la circostanza straordinaria e la correlazione con la mancata opposizione.
La procedura per l’opposizione tardiva è la medesima dell’opposizione normale: si propone con atto di citazione (o ricorso) davanti allo stesso giudice, indicando nell’atto che si tratta di opposizione ex art. 650 c.p.c. e spiegando i motivi del ritardo. L’opposizione tardiva non sospende di diritto l’esecuzione (perché il decreto, non essendo stato opposto in termini, è nel frattempo divenuto esecutivo e spesso già in esecuzione). Tuttavia, contestualmente all’opposizione tardiva, il debitore può chiedere al giudice anche inaudita altera parte una sospensione urgente dell’esecuzione in corso, motivandola (spesso si deposita un’istanza cautelare insieme all’atto di opposizione tardiva). Il giudice valuterà molto rapidamente se sospendere l’esecuzione in attesa della decisione sull’opposizione tardiva. Se il decreto non è ancora in esecuzione ma solo notificato, il debitore può comunque chiedere la sospensione provvisoria come visto sopra.
L’opposizione tardiva verrà ammessa dal giudice solo se effettivamente risultano i presupposti (notifica nulla o forza maggiore). In caso contrario, può essere dichiarata inammissibile/improcedibile. Se invece viene accolta la giustificazione del ritardo, il giudizio proseguirà nel merito esattamente come un’opposizione normale, con le stesse fasi e possibilità di difesa. L’unica differenza è che, trattandosi di un’opposizione “straordinaria”, l’onere in capo all’opponente di dimostrare i requisiti di legge è rigoroso.
Esempio di opposizione tardiva: un decreto ingiuntivo viene notificato a un vecchio indirizzo del debitore perché il creditore ha usato dati non aggiornati. Il debitore non ne sa nulla finché, 6 mesi dopo, si vede bloccare il conto corrente da un pignoramento presso terzi. Il 1° giugno riceve l’atto di pignoramento, da cui desume gli estremi del decreto ingiuntivo. Entro il 11 giugno dovrà notificare l’atto di opposizione tardiva, spiegando che la notifica del decreto era inesistente/nulla (magari perché il creditore non ha fatto la necessaria ricerca anagrafica). Chiederà contestualmente al giudice la sospensione dell’esecuzione (il pignoramento in atto) ex art. 649 c.p.c., stavolta anche inaudita altera parte se c’è urgenza. Il giudice, verificato che effettivamente la notifica originaria era viziata, potrà sospendere l’esecuzione e rimettere le parti in causa. Poi deciderà nel merito se il credito era dovuto oppure no. Se il debitore aveva ragione sul merito, vincerà l’opposizione tardiva e il decreto sarà revocato; se il debitore contestava solo per il vizio di notifica ma il debito c’era, rischia di perdere sul merito – in tal caso la sua opposizione tardiva avrà servito solo a guadagnare tempo o a far rifare la notifica correttamente, ma il risultato finale sostanziale sarà comunque la condanna a pagare (magari con aggravio di spese).
In conclusione, l’opposizione tardiva è un salvagente che il debitore può usare esclusivamente quando per ragioni indipendenti dalla sua volontà non ha saputo in tempo del decreto. Non va confusa con la semplice opposizione oltre i termini: se uno dimentica la scadenza o ignora colpevolmente l’ingiunzione, non può avvalersene.
Alternative stragiudiziali all’opposizione giudiziale
Dal punto di vista del debitore, l’opposizione in tribunale non è l’unica strada percorribile quando arriva un decreto ingiuntivo. In alcuni casi, potrebbe essere preferibile o complementare tentare soluzioni stragiudiziali, ovvero accordi e procedure al di fuori (o a margine) del processo, per evitare di affrontare una causa lunga e costosa. Ecco alcune alternative e strumenti da considerare:
- Pagamento o adempimento spontaneo: la via più semplice, se il debitore riconosce il debito e ha le risorse, è pagare quanto dovuto nel termine ingiunto (40 giorni). Così facendo, egli evita l’esposizione ad atti esecutivi e ulteriori spese legali. Pagare spontaneamente può anche limitare le spese di procedura: ad esempio, se si paga entro 40 giorni, non maturano i successivi interessi di mora né le spese di esecuzione. Bisogna però considerare che nel decreto il giudice avrà liquidato le spese legali del monitorio (contributo unificato, compenso avvocato, ecc.), le quali devono essere versate al creditore insieme al capitale e agli interessi. Il pagamento va documentato. È prudente farlo tramite mezzo tracciabile (bonifico, assegno circolare) e ottenere una quietanza dal creditore. Si consiglia di inviare al creditore (meglio tramite il suo avvocato) una comunicazione formale allegando prova del pagamento integrale di quanto ingiunto, dichiarando che così si intende adempiere al decreto ingiuntivo n. X, e chiedendo conferma di ricezione e rinuncia agli atti esecutivi. In tal modo si chiude la vicenda senza bisogno di opposizione. Certo, questa scelta ha senso se il debitore non ha valide ragioni di contestazione: paga e stop.
- Accordo transattivo col creditore: se il debitore ritiene il credito eccessivo o ha difficoltà finanziarie, può aprire un dialogo col creditore (di solito tramite i rispettivi legali) per raggiungere un accordo. Il decreto ingiuntivo non impedisce alle parti di accordarsi: è semplicemente una leva di pressione in mano al creditore. Spesso il creditore può preferire ottenere rapidamente una somma concordata piuttosto che imbarcarsi in un giudizio di opposizione dall’esito incerto e lungo. Quindi il debitore può proporre, ad esempio, di pagare una parte immediatamente e il resto a rate, oppure di pagare un importo ridotto in via transattiva (saldo e stralcio), in cambio della rinuncia all’opposizione o alla prosecuzione della stessa. Tali accordi vanno formalizzati per iscritto (una scrittura privata) e possono prevedere, ad esempio: “il debitore paga X euro entro tale data; a pagamento avvenuto il creditore rinuncia al decreto ingiuntivo e non procederà esecutivamente, dichiarando quietanza a saldo e stralcio”. È opportuno inserire che la rinuncia agli atti avverrà con spese compensate o secondo accordi sulle spese, per evitare discussioni successive. Se l’accordo avviene prima della scadenza dei 40 giorni, il debitore potrà evitare di proporre opposizione; tuttavia è bene in tal caso che il creditore accetti di non procedere esecutivamente nel frattempo (magari il debitore in cambio rinuncia formalmente all’opposizione una volta pagato). Se l’accordo avviene dopo aver già depositato l’opposizione, le parti possono presentare in udienza l’accordo e chiedere al giudice di dichiarare cessata la materia del contendere (o il creditore può non costituirsi e il debitore rinunciare agli atti). In ogni caso, la transazione va gestita con attenzione: il debitore non deve abbassare la guardia finché il creditore non ha effettivamente formalizzato la rinuncia al decreto o all’esecuzione. Pertanto, è consigliabile coinvolgere gli avvocati per scambiarsi le reciproche dichiarazioni contestualmente al pagamento (ad es.: consegna dell’assegno contestuale alla sottoscrizione di un atto di rinuncia all’opposizione e quietanza).
- Piano di rientro rateale: se il problema del debitore è principalmente di liquidità immediata ma non contesta il debito in sé, può chiedere al creditore una dilazione di pagamento. Spesso i creditori – pur avendo un decreto ingiuntivo – accettano piani di rientro pur di evitare di dover inseguire il debitore con pignoramenti. Ad esempio, debitore e creditore possono sottoscrivere un accordo in cui il debitore si impegna a pagare in 6 rate mensili l’importo dovuto (magari con interessi), e il creditore si impegna a sospendere volontariamente l’esecuzione e, al saldo finale, a rinunciare al titolo. Talvolta, per dare forza all’accordo, il debitore può fornire garanzie (fideiussione, cambiali, assegni postdatati, pegno su beni) per rassicurare il creditore. Ovviamente, se il debitore poi non rispetta il piano, il creditore potrà riprendere l’esecuzione in base al decreto. Quindi il piano di rientro funziona solo se c’è buona fede e capacità di adempiere.
- Mediazione civile o negoziazione assistita volontaria: al di là della mediazione obbligatoria di cui si è detto, nulla vieta alle parti di comune accordo di tentare una mediazione facoltativa presso un organismo o di sottoscrivere una convenzione di negoziazione assistita (strumento introdotto nel 2014 per alcune materie) per trovare un’intesa. Questi strumenti ADR (Alternative Dispute Resolution) possono essere utilizzati anche dopo l’instaurazione dell’opposizione, parallelemente al processo, chiedendo magari al giudice di sospendere a fronte di trattative avanzate. Tuttavia, va detto che di solito, trattandosi di recupero crediti pecuniari, le parti preferiscono la trattativa diretta informale (avvocato-avvocato) piuttosto che attivare formalmente una mediazione. In ogni caso, se c’è spazio per una soluzione amichevole, essa è sempre ben vista anche dal giudice, che incoraggia a deflazionare il contenzioso.
- Verifica del credito e reclamo extragiudiziale: quando arriva un decreto ingiuntivo, può capitare che il debitore si renda conto che ad esempio alcune fatture erano state contestate o vi sono errori di fatturazione. In questi casi, un passo preliminare utile è scrivere una lettera di reclamo o diffida al creditore (se già non fatta prima) elencando le ragioni per cui la fattura non è dovuta (merce difettosa, servizi non conformi, ecc.) e invitando formalmente a rinunciare al decreto ingiuntivo o a ridurlo. Questo di per sé raramente porterà il creditore a ritirare il decreto, ma servirà a cristallizzare la posizione del debitore, potrà essere allegato in giudizio e, chissà, potrebbe indurre il creditore a valutare una transazione. In alcuni settori (forniture continuative, utilities, telefonia) esistono organi di conciliazione o reclamo: però in sede di decreto ingiuntivo ci si trova già in fase giudiziale, quindi quei meccanismi (Corecom, Arera, ecc.) di solito si attivano prima di arrivare al decreto.
- Sovraindebitamento o procedure concorsuali: se il debitore è in grave difficoltà economica e il decreto ingiuntivo è solo uno dei tanti debiti non pagati, potrebbe considerare strumenti più ampi come la procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento (per privati e piccole imprese) o il concordato preventivo/liquidazione giudiziale (se è impresa fallibile). Queste procedure, una volta avviate, comportano il blocco delle azioni esecutive individuali (quindi anche dei decreti ingiuntivi in fase esecutiva). Tuttavia, sono rimedi estremi e non riguardano la singola posizione bensì l’intero patrimonio del debitore. Non si intraprendono “solo” per un decreto, ma possono essere l’ultima spiaggia per chi è insolvente su più fronti.
In definitiva, prima di opporsi in tribunale è sempre opportuno che il debitore valuti con lucidità: ho elementi validi per contestare questo credito? Se sì, l’opposizione è doverosa. Se no, conviene limitare i danni: pagare subito se possibile (per risparmiare spese e interessi futuri) oppure negoziare un esito meno oneroso. L’opposizione stragiudiziale in senso tecnico non esiste – l’unico modo di “annullare” un decreto è tramite il giudice – ma un accordo col creditore può di fatto portare allo stesso risultato (revoca per cessata materia del contendere, rinuncia al decreto, ecc.).
Domande frequenti (FAQ)
Di seguito una serie di domande comuni in materia di opposizione a decreto ingiuntivo per fatture non pagate, con risposte concise dal punto di vista del debitore:
D: Entro quanti giorni devo fare opposizione al decreto ingiuntivo?
R: Il termine ordinario è 40 giorni dalla notifica del decreto. Se risiedi in un altro Paese UE, di solito è 50 giorni; fuori dall’UE circa 60 giorni. Il termine decorre dalla data in cui ti è stato notificato (consegna dall’ufficiale giudiziario o ricevuta PEC). Ricorda che il periodo 1–31 agosto sospende il conteggio. Ad esempio, notifica il 20 luglio: l’ultimo giorno utile sarà in settembre. Se non rispetti questo termine l’opposizione ordinaria non è più ammessa e il decreto diviene definitivo, salvo tu possa rientrare nei casi di opposizione tardiva (vedi oltre).
D: A chi devo notificare l’atto di opposizione?
R: Devi notificarlo al creditore che ha chiesto il decreto, presso il domicilio eletto nel ricorso monitorio. In pratica, se nel decreto c’è scritto che il creditore ha eletto domicilio presso l’Avv. X in Via Y, devi notificarlo a quell’indirizzo (all’Avv. X per [Nome Creditore]). Oggi spesso l’elezione di domicilio è il domicilio digitale: se sul decreto c’è l’indirizzo PEC dell’avvocato del creditore, la notifica va fatta via PEC a quell’indirizzo, indirizzando sempre la notifica all’avvocato domiciliatario. Se per ipotesi il creditore non aveva un difensore (caso raro, solo se era procedimento davanti a GdP sotto soglia) e non ha eletto domicilio, allora la notifica va fatta alla parte personalmente (residenza o sede). In caso di più creditori, notifica a ciascuno di essi.
D: Serve l’avvocato per opporsi?
R: Sì, nella maggior parte dei casi è necessario l’avvocato. Davanti al Tribunale l’assistenza legale è obbligatoria sempre. Davanti al Giudice di Pace è obbligatoria per cause sopra €1.100 circa (valore attuale) o per questioni complesse; solo per importi minori si potrebbe stare in giudizio personalmente (ma anche in tal caso, è altamente consigliato farsi assistere, vista la tecnicità della materia). L’avvocato redigerà l’atto di opposizione, lo notificherà e seguirà la causa. Se non puoi permettertelo, verifica se hai i requisiti per il gratuito patrocinio a spese dello Stato.
D: Quali motivi posso far valere nell’opposizione?
R: Puoi far valere qualsiasi motivo di merito o procedurale che infici il diritto del creditore a ottenere quanto richiesto. Ad esempio, motivi di merito: il debito non esiste o non è dell’importo richiesto (merce non consegnata o difettosa, importi fatturati maggiori del dovuto, servizio non reso secondo contratto, calcoli errati, doppio addebito, ecc.), oppure il debito si è estinto (hai già pagato in tutto o in parte, hai un credito in compensazione, il creditore ha condonato, ecc.), oppure il credito non è più esigibile (è prescritto, es. fatture vecchie di molti anni non reclamate, oppure subordinato a condizione non avverata). In aggiunta, ci sono motivi procedurali: ad es. contestare la regolarità del procedimento monitorio (mancanza dei presupposti formali). Questi possono includere: difetto di una prova scritta sufficiente per il decreto, vizio di notifica del decreto, incompetenza del giudice che l’ha emesso, ecc. Ad esempio, se il decreto è stato emesso da un giudice territorialmente incompetente per un foro esclusivo pattuito, potresti opporlo; se ti è stato notificato oltre 60 giorni dall’emissione, eccepirai la sua inefficacia; se manca la firma del giudice o altro requisito essenziale, idem. Attenzione: tutti i motivi devono essere esposti subito nell’atto di opposizione. Non potrai introdurre nuove eccezioni di merito oltre le scadenze processuali (al massimo entro le memorie 183 c.p.c. se previste). Dunque, rifletti con l’avvocato su tutte le possibili difese sin dall’inizio.
D: Devo pagare qualcosa mentre l’opposizione è in corso?
R: Durante l’opposizione, se il decreto NON era provvisoriamente esecutivo, non devi pagare nulla immediatamente e il creditore non può attivare pignoramenti fino a decisione (salvo che ottenga esecuzione provvisoria ex art. 648 c.p.c. in corso di causa). Se invece il decreto era già esecutivo, il creditore può procedere al recupero coattivo subito, a meno che tu ottenga la sospensione dell’esecuzione ex art. 649 c.p.c.. Quindi, se il decreto ingiuntivo riportava la formula “provvisoriamente esecutivo”, dovresti presentare istanza di sospensione insieme all’opposizione. Fino alla decisione su tale istanza (di solito in prima udienza), potresti subire atti esecutivi. Il giudice, se concede la sospensione, bloccherà l’esecuzione fino all’esito della causa. Se la nega, dovrai valutare se pagare comunque per evitare danni (fermo restando che se poi vinci, il creditore dovrà restituire). Inoltre, ricorda: se riconosci una parte del debito e non la contesti in opposizione, il giudice deve concedere esecuzione provvisoria per quella parte. Quindi potrebbe convenire pagare spontaneamente la parte non contestata prima dell’udienza, così da poter dichiarare al giudice che quel pezzo è stato saldato, evitando il pignoramento su di esso.
D: Cosa succede se vinco l’opposizione? E se perdo?
R: Se vinci completamente, il decreto ingiuntivo viene annullato e non devi pagare il credito ingiunto. Inoltre hai diritto in genere alla rifusione delle spese legali da parte del creditore (sarà il giudice a stabilirlo in sentenza). Se il creditore aveva già avviato un pignoramento (nel caso di decreto provvisoriamente esecutivo non sospeso), la vittoria comporta la caducazione degli atti esecutivi: potrai richiedere la restituzione di eventuali importi prelevati o lo sblocco di beni pignorati. Se perdi l’opposizione, il decreto ingiuntivo diventa definitivo (o la sentenza di rigetto stessa tiene luogo del titolo) e dovrai pagare quanto dovuto al creditore. Verosimilmente dovrai pagare anche le spese legali del giudizio di opposizione (oltre a quelle del monitorio già incluse nel decreto) salvo diversa decisione del giudice. In caso di soccombenza parziale (vinci solo in parte), pagherai la parte di debito confermata e le spese saranno distribuite o compensate in misura proporzionale. Dopo la sentenza, se non adempi spontaneamente, il creditore potrà agire in forza del decreto (passato in giudicato) o della sentenza stessa. Puoi valutare l’appello se ci sono motivi validi di impugnazione, ma considera costi e tempi.
D: Cos’è l’opposizione tardiva e quando posso usarla?
R: L’opposizione tardiva (art. 650 c.p.c.) è un’opposizione oltre i 40 giorni, ammessa solo se non hai avuto conoscenza tempestiva del decreto ingiuntivo per ragioni a te non imputabili. I casi tipici sono: notifica nulla o irregolare del decreto, oppure forza maggiore che ti ha impedito di agire (es: eri in coma, calamità naturale, ecc.). Se ad esempio il decreto ti è stato notificato a un vecchio indirizzo e tu lo scopri mesi dopo perché ti arriva un precetto, hai 10 giorni da quando hai conoscenza (precetto/pignoramento) per proporre opposizione tardiva. Devi spiegare bene perché non hai fatto opposizione prima, allegando le prove dei vizi di notifica o dell’impedimento. Il giudice valuterà preliminarmente se ammettere l’opposizione tardiva (verificando la fondatezza dei motivi del ritardo); se la ammette, il giudizio prosegue sul merito come un’opposizione normale. Nel frattempo, il decreto essendo divenuto esecutivo potrebbe essere stato utilizzato per pignoramenti: in genere si chiede contestualmente una sospensione urgente dell’esecuzione in corso. Da notare: se la notifica era totalmente inesistente, l’opposizione non ha veri termini (ma proponila comunque appena sai del decreto, per sicurezza). Se invece semplicemente hai trascurato l’atto o dimenticato di opporre senza un valido motivo, non c’è opposizione tardiva che tenga: il decreto è definitivo. La forza maggiore deve essere qualcosa di oggettivo e comprovabile (malattie gravi, eventi fuori dal tuo controllo). La semplice negligenza o il non aver ritirato per tempo la posta non giustificano l’ammissibilità dell’opposizione tardiva.
D: Posso impugnare la sentenza che decide sull’opposizione?
R: Sì. La sentenza emessa al termine del giudizio di opposizione è una normale sentenza di primo grado, quindi le parti possono proporre appello alla corte d’appello competente (entro 30 giorni dalla notifica della sentenza o 6 mesi se non notificata). Ad esempio, se il giudice rigetta la tua opposizione e tu ritieni che abbia sbagliato valutazione, puoi appellarti. Attenzione però: l’appello non sospende automaticamente l’esecutività della sentenza di primo grado. Quindi il creditore, ottenuta la conferma del decreto, potrebbe procedere comunque a incassare. Puoi fare istanza di sospensione in appello, ma serve dimostrare il fumus di fondatezza dell’appello e il periculum (danno grave). Se il decreto ingiuntivo opposto era sotto i €5.000 ed era di competenza del Giudice di Pace, la sentenza dell’opposizione andrà eventualmente impugnata con appello presso il tribunale, ma con rito e limiti particolari (le cause di modesto valore hanno appello limitato a motivi specifici). In ogni caso, se sei completamente vincitore in primo grado, valuta che il creditore potrebbe appellare a sua volta: l’efficacia esecutiva della tua sentenza (es. per riprenderti i soldi se avevi pagato) è parimenti non sospesa automaticamente, ma se c’è appello potresti dover aspettare l’esito per sicurezza (specialmente se il creditore appellante ottiene una sospensione in appello).
D: Durante l’opposizione posso ottenere più tempo per pagare o rateizzazioni dal giudice?
R: Il giudice dell’opposizione non ha il potere di concedere dilazioni di pagamento sul debito in sé (se non con il consenso del creditore). Può sospendere l’esecuzione come visto, ma quello è legato al merito della causa. Non c’è una norma che consenta al giudice di un decreto ingiuntivo di disporre, ad esempio, un pagamento a rate dell’importo dovuto: o il credito c’è (e allora il creditore ha diritto all’intero subito) o non c’è. Le “rateizzazioni” le puoi ottenere solo tramite accordo con il creditore. Unica eccezione: in materie come affitti o locazioni, a volte la legge prevede termini di grazia (ma sono procedure diverse, sfratti per morosità). Per i decreti ingiuntivi su fatture commerciali non c’è termine di grazia previsto. Quindi l’opposizione serve per contestare il diritto al pagamento, non per chiedere termine ulteriore. Se il tuo scopo è guadagnare tempo perché sai di dover pagare ma non subito, l’opposizione di per sé ti dà un tempo tecnico (finché dura la causa) ma con il rischio di spese aggiuntive. Molto meglio, in tal caso, negoziare col creditore come detto.
D: Il decreto ingiuntivo riguarda una fornitura contestata: posso appellarmi al fatto che avevo già contestato la fattura?
R: Sì, certamente: se prima del decreto avevi inviato un reclamo scritto al fornitore contestando la fattura (es. per merce difettosa o servizio non conforme), quell’elemento è una difesa di merito forte. Devi allegare all’opposizione copia delle contestazioni inviate e sostenere che il credito è illiquido o infondato per i motivi già contestati. Tieni presente: la legge (art. 633 c.p.c.) da riforma dice che la mera contestazione del debitore non impedisce di emettere il decreto se il giudice la ritiene manifestamente infondata. Quindi il fatto che tu abbia contestato extra-giudizialmente non ha impedito al creditore di ottenere l’ingiunzione. Però nel giudizio di opposizione quelle contestazioni diventano centralissime: il giudice dovrà valutarle nel merito. Se erano fondate (es. hai prove che la merce era difettosa e non dovuta), vincerai la causa. Se erano pretestuose, il giudice ti darà torto. In sintesi: aver contestato prima aiuta perché dà coerenza alla tua posizione e fornisce prove (scritte) delle tue lamentele. Inoltre evita che il creditore possa dire che hai accettato tacitamente la fattura. Ricorda infatti la Cassazione 3581/2024: una fattura mai contestata e regolarmente registrata può valere come prova di un accordo; tu hai evitato ciò contestandola. Dovrai ribadire quelle contestazioni e dimostrarne la fondatezza.
D: Cosa significa che il giudice può dare esecuzione provvisoria parziale per le somme non contestate?
R: Significa che se, ad esempio, il decreto era per 10 fatture e tu ne contesti solo 9 sostenendo di aver pagato 1 fattura, oppure contesti solo una parte dell’importo, la parte che non contesti (o che espressamente ammetti dovuta) diventa immediatamente eseguibile. L’art. 648 c.p.c. dispone che il giudice deve concedere l’esecuzione provvisoria limitatamente alle somme non contestate. Questo per evitare che il debitore ritardi pagando anche ciò su cui non ci sono dispute. Esempio: decreto ingiuntivo €50.000 per 5 forniture da 10k l’una. Tu in opposizione dici “4 forniture non le ho ricevute, 1 sì l’ho ricevuta e devo 10k”. Il giudice alla prima udienza, su istanza del creditore, emetterà ordinanza di esecutorietà provvisoria parziale per €10.000 (oltre eventuali interessi/spese su quell’importo). Dunque il creditore potrà subito procedere per recuperare quei 10k, mentre per il resto attenderà l’esito. – Se invece contesti tutto (anche magari arrampicandoti su motivi sottili), speri di non lasciar nulla di non contestato. Ma attenzione: la contestazione deve essere plausibile; se dicessi “non contesto 0€” non ha senso, se contesti tutto devi farlo in buona fede, altrimenti il giudice potrebbe ritenere la tua opposizione pretestuosa e comunque dare esecutorietà piena. In genere, se davvero una parte è pacifica (magari perché hai riconosciuto il debito in quell’importo in atti scritti), ti conviene pagarla subito, così eviti anche il rischio di pignoramento su di essa.
D: Ho saputo del decreto ingiuntivo solo perché mi è arrivato un pignoramento. Cosa faccio?
R: In questo scenario, probabilmente la notifica del decreto è andata a vuoto o è viziata. La ricezione del pignoramento (ad esempio un atto di pignoramento immobiliare o presso terzi) è considerata conoscenza legale del decreto. Dal momento in cui ti viene notificato l’atto esecutivo (precetto o pignoramento), hai 10 giorni per proporre opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c.. Devi agire subito incaricando un legale: si redige un atto di opposizione tardiva, spiegando che la notifica del decreto era nulla o mai avvenuta e che quindi l’opposizione non è potuta essere tempestiva. Contestualmente chiederai la sospensione urgente dell’esecuzione (per fermare il pignoramento in corso). Il giudice, spesso, fissa un’udienza urgente per decidere la sospensione. Se tutto è in regola (notifica effettivamente nulla e opposizione tardiva proposta nei 10 gg), in genere sospende l’esecuzione e poi la causa va avanti come opposizione normale sul merito. Attenzione: l’opposizione tardiva in questo caso si cumula all’eventuale opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c.? In teoria la tua difesa è sul merito del credito, quindi l’opposizione tardiva copre già le ragioni di merito. Potresti in aggiunta contestare qualcosa inerente al pignoramento in sé con un’opposizione esecuzione, ma se il problema era a monte (credito inesistente e notifica nulla), l’opposizione tardiva è lo strumento giusto. Non confondere: opposizione tardiva = discuti il decreto (titolo); opposizione all’esecuzione = discuti fatti successivi o inerenti l’esecuzione (es. pignoramento su bene impignorabile). Nel tuo caso, focalizzati sull’opposizione tardiva, e il 615 c.p.c. solo se c’è qualche vizio specifico del pignoramento.
D: Ho proposto opposizione ma nel frattempo il creditore può mettere ipoteca o altre misure?
R: Se il decreto non era esecutivo, no: non può fare nulla (nemmeno ipoteca giudiziale, perché quella presuppone un titolo definitivo o esecutivo). Se invece il decreto era provvisoriamente esecutivo, allora fino a che il giudice non sospende, il decreto è un titolo esecutivo valido. Oltre ai pignoramenti, il creditore potrebbe iscrivere ipoteca giudiziale sui tuoi beni immobili (il decreto ingiuntivo, anche provvisoriamente esecutivo, è titolo per ipoteca giudiziale). Può farlo subito dopo la notifica del decreto, se ha la formula di esecutorietà. Se tu hai già fatto opposizione, l’ipoteca può comunque essere iscritta finché non c’è una sospensione ex art. 649. Se poi ottieni la sospensione, il creditore non potrà procedere oltre, ma l’ipoteca già iscritta rimane finché non vinci la causa (a quel punto potrai chiederne la cancellazione). Quindi, sì, c’è il rischio di misure cautelative. Per evitarlo, l’unica è richiedere al giudice – se ne ricorrono i presupposti – un decreto di sospensione immediata e notificarlo al creditore prima che iscriva ipoteca. In ogni caso, appena fai opposizione, se hai timore di mosse del creditore, puoi informalmente segnalare al suo avvocato che hai presentato opposizione e magari allegare copia della ricevuta di iscrizione a ruolo, chiedendo di soprassedere da atti esecutivi in attesa della prima udienza. Non ha valore legale vincolante, ma a volte produce una moderazione. Ad ogni modo, tecnicamente:
- Decreto non esecutivo: creditore deve attendere esito opposizione o ottenere 648 cpc, quindi interim non può ipotecare né pignorare.
- Decreto esecutivo: creditore può ipotecare e pignorare subito; sta a te ottenere sospensione il prima possibile.
D: Il decreto ingiuntivo l’ha ottenuto una Pubblica Amministrazione contro di me, cambia qualcosa?
R: I decreti ingiuntivi possono essere emessi anche a favore di enti pubblici (salvo particolari eccezioni in materia di contabilità pubblica, ma riguardano più che altro alcuni pagamenti erariali). Dal lato dell’opposizione, la procedura è la medesima. C’è una particolarità: se il creditore opposto è un ente pubblico statale, ad esempio un Ministero o l’Agenzia delle Entrate, la sua difesa in giudizio spetta all’Avvocatura dello Stato, e la notifica dell’opposizione andrà fatta presso l’Avvocatura distrettuale competente (indicata di solito nel decreto stesso) ai sensi del R.D. 1611/1933. Per altri enti pubblici (Comuni, Regioni, ecc.), si notificherà al loro legale costituito o all’ente stesso come per un soggetto normale, salvo abbiano l’Avvocatura interna. Dal punto di vista sostanziale, nell’opposizione contro una PA potresti avere qualche argomento in più se, ad esempio, esistono norme pubblicistiche particolari (es: il credito era soggetto a un collaudo amministrativo, o a un parere, ecc., e tu eccepisci che non c’è stato). Ma queste sono questioni specifiche di settore. Proceduralmente, fai attenzione ai termini: contro una PA, il termine per opporsi resta 40 giorni? Sì, salvo che la PA risieda all’estero (caso rarissimo) non c’è estensione termini; inoltre, non valgono i termini dilatati per opposizione a cartella esattoriale (quella è altra materia). Infine, sappi che le PA spesso chiedono la provvisoria esecutorietà ipso iure del decreto, ma se tu opponi il pagamento, il Tesoro potrebbe essere più incline a transigere se la questione è modesta, per non prolungare il contenzioso. Questo dipende molto dal caso concreto.
D: Cosa significa “cessata la materia del contendere” in un’opposizione?
R: È la formula che si usa quando, dopo l’inizio della causa, le parti raggiungono un accordo o comunque viene meno la ragione del contendere. Nel contesto dell’opposizione a decreto ingiuntivo, può succedere ad esempio che: il debitore opponente paghi interamente il dovuto nel corso del giudizio e il creditore accetti il pagamento e non abbia più nulla a pretendere. Oppure le parti transigono per iscritto. A quel punto, possono presentarsi all’udienza (o depositare istanza congiunta) dichiarando che, appunto, la lite può chiudersi per sopravvenuta cessazione della materia del contendere. Il giudice prenderà atto che non c’è più contrasto: emetterà un’ordinanza con cui dichiara la causa estinta per cessata materia del contendere e, di solito, regola le spese secondo gli accordi (se le parti hanno concordato chi le paga, il giudice di norma ratifica; se nulla è detto, può compensarle). Ciò equivale a far decadere il decreto ingiuntivo? Sì, perché con la cessata materia del contendere, il decreto ingiuntivo non può essere più azionato: la giurisprudenza lo considera come travolto dall’accordo, salvo diversa volontà delle parti. È comunque sempre meglio che il creditore sottoscriva una rinuncia al decreto espressamente nell’accordo, così non resta alcun dubbio. La formula è spesso usata anche se ad esempio il creditore opposto rinuncia agli atti (cioè rinuncia a far valere il decreto) e l’opponente accetta: il giudice ne prende atto e dichiara cessata la materia. Dunque, in soldoni, è la chiusura consensuale della causa perché vi siete messi d’accordo fuori.
D: Nel mio caso le fatture erano state emesse per una società di persone e il decreto ingiuntivo è contro la società e me come socio. Se la società oppone e io no, o viceversa, come funziona?
R: Questo scenario riguarda la responsabilità dei soci illimitatamente responsabili (snc, sas accomandatari). La regola è che il decreto ingiuntivo contro la società di persone, se non opposto né dalla società né dai soci, diventa definitivo anche verso i soci. Ogni socio illimitatamente responsabile può essere ingiunto personalmente insieme alla società. Se solo la società propone opposizione e il socio no, potresti avere esiti differenziati: la Cassazione ha affermato che il socio che non ha fatto opposizione rimane obbligato in base al decreto divenuto definitivo per lui, anche se magari la società vince la sua opposizione. Questo perché il socio contumace rimane estraneo al giudizio e il decreto per lui passa in giudicato separatamente. Quindi è rischioso per un socio ignorare il decreto confidando nell’opposizione della società. È opportuno che ogni soggetto ingiunto faccia opposizione, quantomeno chiedendo di riunire le cause. Il giudice può decidere con un’unica sentenza, ma se uno è contumace, potrebbe generarsi un problema. In alcuni casi i giudici estendono gli effetti dell’accoglimento anche ai soci non opponenti, ma non è garantito. Inoltre, il socio ha la possibilità di fare opposizione tardiva se scopre tardi il decreto (spesso i soci nemmeno vengono avvisati se la notifica arriva in sede sociale e non a loro personali). Quindi, risposta: se sei socio e sei stato ingiunto, meglio che tu faccia opposizione pure tu, per evitare preclusioni. Sulla strategia: potete fare un’opposizione congiunta società+socio in un unico atto (se stesso decreto) oppure separata e poi chiederne la riunione. Quanto ai motivi, non puoi opporre solo che “prima escutano la società e poi me” – il beneficio d’escussione (art. 2304 c.c.) non è causa di annullamento del decreto, è solo un limite in sede esecutiva sui beni del socio. Al massimo il socio in opposizione può chiedere la sospensione dell’esecuzione su di lui evidenziando che ci sono beni sociali da escutere prima. Ma nel merito devi contestare come farebbe la società (inesistenza debito, ecc.). In sintesi, ai soci conviene attivarsi come la società per evitare di restare obbligati.
Tabelle riepilogative
Di seguito alcune tabelle che sintetizzano i principali termini, effetti ed eventi nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo.
Tabella 1 – Termini principali e riferimenti normativi
Azione/Evento | Termine | Riferimento Normativo |
---|---|---|
Notifica del decreto ingiuntivo al debitore | Entro 60 giorni dall’emissione (pena inefficacia). (30 gg se Giudice di Pace, orientamento tradizionale) | Art. 644 c.p.c. |
Termine per proporre opposizione (debitore in Italia) | 40 giorni dalla notificazione (sospesi 1-31 agosto) | Art. 641 c.p.c.; L. 742/1969 (sospensione feriale) |
Termine per opposizione se debitore in UE | 50 giorni dalla notifica (possibile riduzione a min. 20 gg se giudice lo indica) | Art. 641 c.p.c. (in combinato con normative UE) |
Termine per opposizione se debitore extra-UE | 60 giorni (prassi) dalla notifica | (Criterio analogico non esplicito; prassi ex art. 641) |
Iscrizione a ruolo dell’opposizione (atto di citazione) | Entro 5 giorni prima dell’udienza indicata (costituzione attore) | Art. 165 c.p.c. (atti di citazione) |
Termine costituzione creditore opposto (citazione) | 20 giorni prima dell’udienza se intende proporre domande riconvenz.; altrimenti fino all’udienza | Art. 166 c.p.c. |
Termine per opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c. | 10 giorni dalla conoscenza tardiva del decreto (es: notifica precetto/pignoramento) | Art. 650 c.p.c. |
Durata sospensione feriale dei termini | Dal 1º al 31 agosto (esclusi i procedimenti d’urgenza ed esecuzioni in corso) | L. 742/1969; DL 132/2014 conv. L.162/2014 (materie escluse) |
Termine per proporre appello (sentenza di 1º grado) | 30 giorni dalla notifica della sentenza (termine “breve”); altrimenti 6 mesi da deposito (termine “lungo”) | Art. 325 c.p.c. (impugnazioni termini) |
Tabella 2 – Possibili esiti del giudizio di opposizione e relative conseguenze
Esito opposizione | Situazione del decreto ingiuntivo e del credito | Conseguenze pratiche |
---|---|---|
Opposizione accolta (totale) | Decreto ingiuntivo revocato/nullificato dal giudice. Il credito ingiunto è dichiarato non dovuto. | – Il decreto perde efficacia, non più esecutivo.– Se vi erano pignoramenti in corso, vengono caducati (atti esecutivi annullati).– Il debitore opponente vince la causa: di regola condanna del creditore alle spese. |
Opposizione rigettata | Decreto ingiuntivo confermato (diviene definitivo). Il credito è riconosciuto dovuto per intero. | – Il decreto acquista efficacia di giudicato (titolo definitivo).– Il creditore può procedere/eseguire (se non aveva già eseguito).– Debitore soccombente paga il dovuto + verosimilmente spese legali dell’opposto. |
Opposizione accolta parzialmente | Decreto ingiuntivo parzialmente revocato/modificato. Il credito è dovuto solo in parte (importo ridotto). | – Per la parte revocata, il titolo è inefficace; per la parte dovuta il titolo rimane (o è sostituito dalla sentenza per l’importo).– Creditore può eseguire solo sulla somma confermata.– Spese processuali compensate o ripartite secondo soccombenza reciproca. |
Opposizione improcedibile/inammissibile (es: tardiva senza requisiti, grave vizio procedurale opponente) | Decreto ingiuntivo resta valido (opposizione come non avvenuta). | – Il decreto diviene definitivo come se non fosse stato opposto (o come se l’opposizione fosse “nulla”).– Creditore libero di eseguire.– Debitore può aver perso per motivi formali; spese a suo carico. (Eventualmente potrebbe tentare altri rimedi straordinari se ne ricorrono i presupposti). |
Tabella 3 – Situazione del decreto ingiuntivo durante il giudizio di opposizione
Situazione iniziale del D.I. | Effetti durante l’opposizione | Riferimenti |
---|---|---|
Decreto NON provvisoriamente esecutivo ex art. 642 | – Il decreto non è esecutivo fino a esito causa.– Creditore non può iniziare esecuzione (pignoramento) fintantoché l’opposizione è pendente, salvo ottenere esecuzione provvisoria dal giudice ex art. 648 c.p.c..– Con la notifica dell’opposizione, il decreto perde provvisoriamente efficacia esecutiva automaticamente (non serve altro). | Art. 648 c.p.c.(ordinanza di esec. provv.). |
Decreto provvisoriamente esecutivo ex art. 642 | – Il decreto è già esecutivo, quindi il creditore può proseguire o iniziare esecuzione anche dopo l’opposizione.– L’opponente può chiedere sospensione ex art. 649 c.p.c.: se concessa, si blocca l’esecuzione fino alla sentenza; se negata, l’esecuzione continua.– Notificare l’opposizione non sospende di per sé l’esecutività (serve ordinanza giudice). | Art. 649 c.p.c.(ordinanza sospensione).Art. 642 c.p.c. (provv. esec. in decreto). |
Parte del credito non contestata (opposizione parziale) | – Il giudice deve concedere esecuzione provvisoria per la parte non contestata (su istanza di parte).– Ciò vale sia se il decreto iniziale era non esecutivo (diventa esecutivo pro quota), sia se era esecutivo (ovviamente rimane per quella parte).– Se il debitore ha già pagato la parte non contestata, dovrà documentarlo così da escludere provvedimenti su quella. | Art. 648 co.1 c.p.c., seconda frase.(Novità riforma 2021). |
Opposizione tardiva ammessa | – Il decreto era già definitivo/esecutivo per decorso termini.– L’opposizione tardiva non sospende automaticamente l’esecuzione in atto (che presumibilmente è iniziata).– Il giudice può sospendere l’esecuzione (anche inaudita altera parte) valutando i gravi motivi come in 649 c.p.c.– Se sospeso, esecuzione congelata; se no, potrà procedere.– L’esito dell’opposizione tardiva, se favorevole al debitore, travolge comunque il decreto e quindi fa cessare anche l’eventuale pignoramento (con restituzioni dovute). | Art. 650 c.p.c.;principi generali su sospensione (ex 649 applicabile analogicamente). |
Tabella 4 – Confronto: Opposizione giudiziale vs. soluzioni extragiudiziali
Aspetto | Opposizione Giudiziale | Soluzione Stragiudiziale (Transazione/Accordo) |
---|---|---|
Formalità | Atto di citazione/ricorso, termini perentori, causa in tribunale con sentenza finale. | Accordo volontario tra le parti, formalizzato in scrittura privata o scambio di dichiarazioni. Può avvenire in qualsiasi momento. |
Durata | Potenzialmente lunga (mesi o anni, a seconda del carico di lavoro del giudice e complessità prova). | Generalmente rapida se c’è buona volontà: negoziazione diretta in giorni o settimane; efficacia immediata dell’accordo se raggiunto. |
Costo | Costi contributo unificato (metà CU), compenso avvocato per fase di merito, eventuali spese di CTU. Se soccombente, potenziale condanna a spese di controparte. | Nessun costo giudiziario. Costi legali eventuali minori (assistenza nella transazione). Spesso il debitore risparmia su interessi futuri e su eventuali spese legali del creditore accettando l’accordo. |
Esito sul debito | Può annullare totalmente il debito (se vittoria completa) o parzialmente (se parziale) o confermare l’obbligo di pagare (se sconfitta). Deciso da terzo imparziale (giudice). | Di solito comporta un compromesso: raramente il creditore accetta zero (a meno che si convinca di torto marcio). Spesso comporta pagamento ridotto o dilazionato. L’esito è concordato dalle parti stesse. |
Esecutività | Sentenza finale è titolo esecutivo; se opposizione vinta, fine del titolo; se persa, conferma titolo esecutivo. | L’accordo in sé non è titolo esecutivo (salvo formalizzato per atto pubblico o in mediazione trasformata in titolo). Pertanto è basato sulla fiducia: se debitore non paga come pattuito, il creditore dovrà comunque eventualmente agire (anche col vecchio decreto se non rinunciato). Spesso però negli accordi il creditore sospende l’azione e rinuncia al titolo solo a pagamento completato. |
Impatto relazioni | Contenzioso giudiziario aspro – peggiora inevitabilmente i rapporti commerciali/personali. | Collaborativo – può preservare rapporti (si dimostra buona fede nel voler trovare soluzione). Utile se si intende mantenere rapporti d’affari. |
Rischi | Incerto: rischio di perdere e pagare di più (spese, interessi maturati nel frattempo). Anche rischio procedurali (decadenze). | Rischio minore se accordo equilibrato, ma attenzione: se non è ben formalizzato, il creditore potrebbe agire lo stesso. Necessario formalizzare rinunce del creditore in modo chiaro. |
Quando preferibile | – Quando si hanno forti argomentazioni legali e si è sicuri di aver ragione sul merito o su vizi gravi.– Quando l’importo è significativo e giustifica una causa, e l’accordo non è praticabile perché le posizioni sono inconciliabili.– Quando si vuole creare anche un precedente (per es. per altri casi analoghi). | – Quando si riconosce in parte il debito e si vuole evitare aggravi.– Quando si punta a guadagnare tempo (rateazione) senza passare in tribunale.– Quando il rapporto col creditore è da salvaguardare (es. è ancora un fornitore attivo).– Quando le spese di una causa sarebbero sproporzionate rispetto al vantaggio di eventuale vittoria. |
Conclusioni e consigli pratici per il debitore
Opporsi a un decreto ingiuntivo per fatture non pagate è un diritto fondamentale del debitore, ma va esercitato con consapevolezza e preparazione. Ecco in conclusione alcuni consigli pratici dal punto di vista del debitore:
- Non ignorare mai un decreto ingiuntivo: è un errore fatale cestinarlo sperando che il creditore desista. I termini di opposizione scorrono inesorabili. Se non reagisci, ti ritroverai presto con pignoramenti e ben poche chance di difesa successiva. Anche se pensi di dovere i soldi, contatta il creditore o un legale, ma non lasciare scadere i termini senza far nulla.
- Verifica accuratamente il contenuto: controlla l’importo, le fatture elencate, gli interessi calcolati, le spese. A volte possono esservi errori anche aritmetici. Se individui anomalie (es. ti chiedono più del dovuto), segnalo subito al tuo avvocato e prepara le prove (es. estratti conto pagamenti effettuati).
- Raccogli prove e documenti prima possibile: appena decidi di opporti, metti insieme tutto ciò che supporta la tua opposizione: ricevute di pagamento, email di contestazione, contratti, DDT, fotografie della merce difettosa, testimoni identificabili. Questo materiale sarà la base della tua difesa. Meglio presentare troppi documenti che troppo pochi: se qualcosa non serve l’avvocato lo escluderà, ma è tragico non avere una quietanza chiave e non poterla esibire in giudizio.
- Rispetta formalità e scadenze: l’opposizione è un atto formale; l’aiuto di un avvocato esperto è cruciale. Assicurati che la notifica dell’opposizione avvenga correttamente entro i termini. Dopo la notifica, segui le istruzioni del tuo legale per depositi e memorie: anche la tardività di una memoria o la mancata comparizione in udienza possono nuocere (ad esempio, se non ti costituisci in tempo potresti precludere domande riconvenzionali). Affidati a un professionista e rispetta le sue indicazioni sui tempi.
- Valuta la sospensione feriale e le ferie: se i 40 giorni cadono in agosto o a cavallo di esso, ricorda la sospensione feriale. Tuttavia, gli avvocati e i tribunali spesso sono chiusi in quel mese: non ridurti all’ultimo, perché reperire un avvocato a fine luglio può essere difficile. Meglio muoversi prima per organizzare la difesa, tenendo conto delle pause.
- Prepara l’istanza di sospensione (se serve): se il decreto è provvisoriamente esecutivo o il creditore ha iniziato l’esecuzione, la priorità è fermare le azioni. Con l’avvocato, predisponi un’apposita istanza motivata di sospensione da allegare all’opposizione, indicando i gravi motivi (ad es. evidenti ragioni di contestazione, sproporzione del danno da esecuzione, etc.). Più convincente sarà la tua richiesta, più chance hai di ottenere sollievo immediato. Non dimenticare di chiedere la sospensione anche dell’eventuale esecuzione parziale (se ad esempio contesti quasi tutto ma qualcosa no, come detto).
- Mantieni un profilo coerente: se in passato hai magari riconosciuto il debito o chiesto tempo per pagare, e ora invece contesti tutto, sappi che il creditore lo farà presente e potrebbe minare la tua credibilità. Cerca di coordinare la tua linea difensiva: ad esempio, se inizialmente avevi contestato solo la qualità della merce, non puoi in opposizione cambiare versione e dire che invece hai già pagato (a meno che nel frattempo tu abbia davvero pagato). La coerenza rende la tua posizione più solida agli occhi del giudice.
- Spese legali: un investimento ponderato: fai un calcolo costi-benefici. Se il debito ingiunto è modesto (pochi mila euro) e la tua contestazione è debole, pagare subito potrebbe costarti meno che opporsi e poi perdere (dovendo pagare magari +20% di spese legali). Se invece la somma è grande o hai buone probabilità di vittoria, vale la pena combattere. Discuti apertamente con l’avvocato il probabile costo del percorso e le chance di recuperare le spese dal creditore.
- Tentare l’accordo non è segno di debolezza: proporre una soluzione bonaria al creditore non pregiudica i tuoi diritti in causa (puoi farlo “salvo opposizione”). Molte cause si chiudono con transazioni. Puoi anche depositare l’opposizione per rispettare i termini e nel frattempo negoziare: l’importante è non perdere la finestra legale. Spesso, far vedere al creditore che hai depositato l’opposizione (quindi sei determinato a lottare) ma allo stesso tempo sei aperto a un accordo, può incentivarlo a discutere seriamente una riduzione o rateazione. Sii però cauto: non accettare di versare somme senza farti dare nulla in cambio (es. se inizi a pagare a rate senza un accordo scritto e valido, rischi di pagare e poi essere citato lo stesso per il resto). Formalizza sempre.
- Attenzione alle comunicazioni via PEC: se hai una PEC (es. sei un imprenditore o una società), controllala regolarmente. I decreti ingiuntivi oggi spesso vengono notificati via PEC. Una notifica PEC ha lo stesso valore legale della raccomandata: la “ricevuta di avvenuta consegna” nella tua casella è considerata notifica perfezionata. Quindi, assicurati di non ignorare le PEC ricevute. Molti casi di opposizione tardiva nascono perché l’email PEC non veniva monitorata adeguatamente. Anche eventuali comunicazioni del tribunale (decreti di fissazione udienza, ecc.) possono arrivare via PEC all’avvocato: resta in contatto col tuo legale per avere aggiornamenti.
- Non far decorrere inutilmente il tempo: se hai ottenuto una sospensione dell’esecutività, bene, hai guadagnato respiro. Ma ciò non significa adagiarsi: usa quel tempo per fortificare la tua posizione (ricerca prove ulteriori, preparazione testimonianze) o per negoziare un accordo vantaggioso, anziché aspettare passivamente la sentenza. D’altro canto, se la causa si protrae, evita di aggravare la tua posizione con comportamenti che possano apparire di mala fede (es. dissipare beni per rendere inefficace un futuro pignoramento – questo potrebbe portare il giudice a negare eventuali altre richieste di favore). Mostrati corretto: se devi delle somme non controverse, valuta di accantonarle o depositarle in giudizio. Ad esempio, l’art. 648 co.2 c.p.c. prevedeva che se depositi in cancelleria l’importo non contestato, il giudice può sospendere l’esecuzione anche su quello. Farlo dimostra buona fede.
In definitiva, l’opposizione a decreto ingiuntivo è uno strumento potente per il debitore, che bilancia il meccanismo rapido a favore del creditore. Usalo con attenzione: a volte è uno scudo efficace contro pretese ingiuste, altre volte può solo ritardare l’inevitabile con costi maggiori. Valuta la tua situazione concreta, consulta professionisti e adotta la strategia più adatta – giudiziale o stragiudiziale – per risolvere al meglio la controversia. Ricorda che, pur essendo questa guida a livello avanzato, ogni caso ha peculiarità specifiche: la miglior difesa è quella costruita su misura, applicando i principi qui illustrati ai fatti particolari che ti riguardano.
Fonti e riferimenti normativi
- Codice di Procedura Civile (R.D. 28 ottobre 1940 n.1443) – artt. 633–656 sul procedimento ingiuntivo e relative fasi di opposizione, aggiornati alle modifiche introdotte dal D.lgs. 149/2022 (Riforma Cartabia) e dal D.lgs. 164/2024 (correttivo). In particolare: art. 633 (condizioni di ammissibilità), art. 634 (prove scritte idonee, inclusione fatture elettroniche), art. 638 (forma del ricorso monitorio e domicilio del creditore), art. 641 (contenuto del decreto e termine per opposizione), art. 644 (termine di efficacia 60 gg), art. 645 (forma e competenza dell’opposizione), art. 648 (esecuzione provvisoria in corso di opposizione, anche parziale), art. 649 (sospensione esecuzione provvisoria), art. 650 (opposizione tardiva), art. 653 (esiti – autorità del decreto dopo giudizio).
- Cass., Sez. Unite Civili, sent. 18 settembre 2020 n. 19596 – Ha statuito che nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria, introdotte con decreto ingiuntivo, una volta in opposizione spetta al creditore opposto promuovere la mediazione, pena l’improcedibilità della domanda monitoria e la revoca del decreto. Principio poi recepito dalla riforma. (V. anche Trib. Civitavecchia sent. 24.08.2023 n.925 che applica SU 2020: in opposizione, rilevato mancato esperimento mediazione, il giudice dispone mediazione demandata e se non svolta dichiara improcedibile il ricorso monitorio, revocando il decreto).
- Cass., Sez. II, sent. 8 febbraio 2024 n. 3581 – Ha ribadito il valore probatorio della fattura commerciale annotata e non contestata. Massima: “La fattura commerciale ha non soltanto efficacia probatoria nei confronti dell’emittente, ma può costituire piena prova verso entrambe le parti dell’esistenza di un corrispondente contratto, allorché risulti accettata dal destinatario”. Nel caso concreto, la Cassazione ha censurato la corte d’appello per non aver considerato che la fattura era registrata nella contabilità del debitore e mai contestata: elementi che andavano valutati come indizi/confessione dell’accordo sottostante.
- Cass., Sez. Unite, sent. 15 ottobre 2024 n. 26727 – Ha risolto il contrasto sullo ius variandi del creditore opposto in sede di opposizione: ha ritenuto ammissibile che il creditore opposto, nella comparsa di risposta, proponga domande alternative a quella monitoria (es. arricchimento senza causa, risarcimento) anche se l’opponente non ha svolto riconvenzionali, purché fondate sul medesimo interesse sostanziale originario. Ciò in linea con la giurisprudenza che consente modifica domanda ex art. 183 c.p.c. entro stessi fatti (SU 12310/2015). In pratica, nel giudizio di opposizione – che ha natura di cognitio piena – vale il principio di economia processuale: il creditore può articolare domande subordinate legate ai fatti di causa (ad es., se contratto invalido eccepito dal debitore, domanda ex art.2041 c.c.), senza attendere altra lite.
- Cass., Sez. VI-III, ord. 19 ottobre 2021 n. 28939 – Ha affrontato tema notifica sentenza in caso di contumacia creditore opposto: ha evidenziato il doppio orientamento sull’ultrattività del domicilio eletto nel monitorio. Orientamento prevalente: l’elezione di domicilio fatta nel ricorso monitorio vale solo per la fase monitoria e per la notifica dell’atto di opposizione. Se il creditore rimane contumace in opposizione, la sentenza finale va notificata a lui personalmente (residenza/sede legale), essendo irrilevante il domicilio eletto ex art.638. (Vi era altro orientamento minoritario per cui quel domicilio varrebbe anche post-sentenza, ma non è maggioritario). Quindi conferma: notifica sentenza a contumace -> art. 292 c.p.c. ultimo comma (notifica personale).
- Tribunale di Brescia, sent. 9 maggio 2024 n. 1857 – Ha statuito che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, la mancata contestazione specifica della fattura da parte dell’opponente comporta una sorta di relevatio ab onere probandi a favore del creditore. Cioè, se il debitore si limita a difese generiche e non contesta nel dettaglio le fatture, queste vengono considerate provate e il creditore non deve fornire ulteriori dimostrazioni. (Conforme al principio di non contestazione ex art. 115 c.p.c.).
- Tribunale di Milano, sent. 21 novembre 2023 n. 9286 – (Citata) Ha ribadito che, in opposizione a D.I., il creditore opposto, pur formalmente convenuto, assume la posizione sostanziale di attore ed è gravato dell’onere della prova del credito. In caso di contumacia del creditore, il giudice – rilevata l’assenza di prova del credito – accoglie l’opposizione e revoca il decreto. Principio in linea con Cass. 2013 n. 27406.
- Tribunale di Civitavecchia, sent. 24 agosto 2023 n. 925 – Oltre a mediazione (v. sopra), ha chiarito scenario di opposto contumace che si costituisce tardivamente: non avendo potuto attivare la mediazione prima (perché contumace), il creditore l’ha attivata tardivamente dopo costituzione; esito negativo; il giudice ha ritenuto non improcedibile il monitorio, avendo comunque il creditore svolto mediazione seppur in ritardo, e ha respinto l’eccezione di improcedibilità sollevata dal debitore. Ciò conferma che l’importante è che la mediazione venga svolta entro i termini dati dal giudice dopo aver affrontato provvisoria esecuzione.
- Fonti normative complementari: Legge 21/07/2022 n. 142 (delega al Governo per riforma processo civile) e successivo D.Lgs. 10/10/2022 n. 149 (Riforma Cartabia), art. 3 e 35 per disciplina transitoria, che ha modificato varie norme del c.p.c. tra cui il libro IV; D.Lgs. 31/10/2024 n. 164 (Correttivo 2024) art. 3 comma 8 lett. a) e seg., che ha ulteriormente ritoccato gli artt. 634, 638, 645, 648 c.p.c. (fatture elettroniche come prova scritta, specifiche su atti introduttivi e notifiche, ecc.).
Hai ricevuto un decreto ingiuntivo per fatture non pagate? Fatti Aiutare da Studio Monardo
Quando un creditore ottiene un decreto ingiuntivo, significa che ha chiesto al giudice di condannarti al pagamento di somme (spesso per fatture emesse e mai saldate).
Ma se ritieni che le pretese siano infondante, eccessive o irregolari, puoi presentare opposizione entro termini precisi e bloccare ogni esecuzione.
Cos’è un decreto ingiuntivo e quando viene emesso?
Il decreto ingiuntivo è un provvedimento del giudice che ordina il pagamento di un credito:
- Derivante da fatture commerciali, prestazioni professionali o forniture
- Su richiesta scritta del creditore, anche senza un processo
- Fondato su prove documentali (fatture, contratti, estratti conto)
⚠️ Spesso viene notificato all’improvviso. Hai solo 40 giorni dalla notifica per opporti formalmente, oppure diventa esecutivo.
Quando puoi opporti al decreto ingiuntivo?
Puoi presentare opposizione quando:
- Le fatture non corrispondono a prestazioni realmente effettuate
- Il contratto non è mai stato firmato o non è valido
- Ci sono errori nei conteggi, nei tassi o nelle clausole applicate
- Hai già pagato in parte o totalmente il debito
- Mancano prove certe del credito vantato
- Hai subito vizi nella notifica o nel procedimento stesso
L’opposizione, se accolta, blocca l’esecutività del decreto e annulla la pretesa del creditore.
Come si presenta l’opposizione?
Occorre agire così:
- Rivolgersi subito a un avvocato esperto
- Redigere un atto di citazione in opposizione da notificare al creditore entro 40 giorni
- Depositare l’atto presso il tribunale competente, con documenti e prove
- Chiedere, se necessario, la sospensione dell’esecuzione
Se il termine di 40 giorni è già passato, si può valutare l’opposizione tardiva solo in caso di notifica nulla o inesistente.
🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo
📂 Analizza le fatture contestate e i documenti allegati al decreto
📑 Verifica i presupposti legali per contestare l’intero credito
⚖️ Redige e presenta l’opposizione entro i termini previsti
✍️ Richiede al giudice la sospensione dell’efficacia esecutiva
🔁 Ti difende anche nel caso siano già iniziate esecuzioni (pignoramenti, fermi)
🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in contenzioso civile e opposizione a decreti ingiuntivi
✔️ Iscritto come Gestore della crisi presso il Ministero della Giustizia
✔️ Difensore di imprese, professionisti e consumatori in difficoltà
✔️ Consulente per la gestione legale dei debiti e dei contenziosi commerciali
Conclusione
Ricevere un decreto ingiuntivo non significa essere già condannati. Ma ignorarlo sì.
Con l’Avvocato Giuseppe Monardo, puoi presentare opposizione in tempo, contestare il credito e bloccare ogni azione esecutiva.
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