Come Liberarsi Di Una Fideiussione Omnibus?

Hai firmato una fideiussione omnibus e ora ti stai chiedendo come liberartene prima che ti rovini? Vuoi sapere se è possibile uscirne, revocarla o renderla inefficace prima che la banca o la finanziaria si rivalga su di te per i debiti di altri?

La fideiussione omnibus è una delle forme più pericolose di garanzia personale, perché ti impegna a rispondere con il tuo patrimonio presente e futuro per obbligazioni altrui, senza limiti immediatamente visibili. Ma esistono strumenti legali per ridurne gli effetti, contestarla o cancellarla.

Cos’è una fideiussione omnibus?
È una garanzia personale con cui ti impegni verso la banca o un creditore a pagare tutti i debiti presenti e futuri di un’altra persona o società, senza sapere in anticipo l’importo esatto. È detta “omnibus” proprio perché copre genericamente tutto il debito, anche non ancora esistente.

Quando la fideiussione omnibus diventa un problema?
– Quando il debitore principale non paga, e la banca chiede tutto a te
– Quando hai firmato anni fa e ti sei dimenticato dell’impegno assunto
– Quando il debito principale cresce oltre ogni previsione e tu resti esposto
– Quando la banca agisce direttamente contro di te con decreto ingiuntivo o pignoramento

Posso liberarmi da una fideiussione omnibus?
Sì, ma servono azione tempestiva e strategia mirata. Ecco come:

1. Revoca della fideiussione per i debiti futuri
– Puoi comunicare alla banca la revoca per le obbligazioni non ancora sorte
– Da quel momento, non sarai più garante per i nuovi debiti, ma resti obbligato per quelli già sorti

2. Contestazione per nullità o illegittimità
– Molte fideiussioni omnibus sono redatte con clausole abusive
– Se il testo riproduce schemi vietati dalla legge o dall’antitrust, può essere dichiarata nulla
– Un avvocato può analizzare la clausola e avviare un’azione legale per annullarla

3. Verifica della decadenza
– Se la banca non agisce nei termini previsti dalla legge, puoi far valere la prescrizione o la decadenza
– È possibile contestare l’inazione del creditore o l’abuso del diritto

4. Transazione o accordo di liberazione
– In alcuni casi puoi trattare una liberatoria o un saldo e stralcio
– Se il debitore principale ha rimborsato tutto o è fallito, puoi chiedere la cancellazione della garanzia

Cosa puoi ottenere?
La cessazione dell’obbligo per i debiti futuri
L’annullamento della fideiussione se illegittima
La liberazione completa se il debito principale è stato estinto
La tutela del tuo patrimonio personale, evitando decreti ingiuntivi o pignoramenti

Cosa NON devi fare mai?
– Ignorare le richieste della banca: potrebbero agire subito contro di te
– Firmare accordi di rientro senza una consulenza legale preventiva
– Pensare che “tanto non toccherà mai a te pagare”: se il debitore salta, il primo bersaglio sei tu
– Aspettare che il debito cresca: più aspetti, meno possibilità hai di liberarti

Una fideiussione omnibus firmata con leggerezza può diventare una condanna. Ma puoi difenderti, contestarla e uscirne.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in responsabilità da garanzie personali e fideiussioni bancarie – ti spiega come funziona una fideiussione omnibus, quando è possibile revocarla o annullarla e cosa puoi fare per proteggerti legalmente.

Hai firmato una fideiussione per un’azienda o un familiare e ora rischi di dover pagare tutto? Vuoi sapere se puoi liberarti prima che sia troppo tardi?

Richiedi, in fondo alla guida, una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Analizzeremo il contratto, valuteremo la validità della fideiussione e costruiremo una strategia efficace per limitare o annullare la tua esposizione e proteggere il tuo patrimonio.

Introduzione

La fideiussione omnibus è una particolare forma di garanzia personale con cui un soggetto (il fideiussore) si obbliga verso un creditore – tipicamente una banca – a garantire tutte le obbligazioni (presenti e future) assunte da un determinato debitore nei confronti di quel creditore. Si tratta di uno strumento molto diffuso nel credito bancario: ad esempio, viene spesso richiesto per mutui, aperture di credito in conto corrente (fidi bancari) o altre operazioni commerciali, in cui la banca vuole assicurarsi che, in caso di inadempimento del debitore principale, vi sia un terzo garante tenuto al pagamento. Dal punto di vista del fideiussore (spesso un privato, un familiare del debitore o un socio d’impresa), la fideiussione omnibus comporta un impegno potenzialmente gravoso e a tempo indeterminato: egli risponde personalmente dei debiti altrui, anche per importi molto elevati, con rinuncia ad alcune tutele previste dalla legge.

Dato il rischio rilevante per il garante, è legittimo domandarsi “come ci si può liberare di una fideiussione omnibus?”. In questa guida affronteremo in modo approfondito (aggiornato a giugno 2025) le possibili strategie e rimedi giuridici per ottenere la cessazione o la liberazione da una fideiussione omnibus. Esamineremo:

  • le caratteristiche di questo tipo di garanzia secondo la normativa italiana e la giurisprudenza recente (comprese le ultime pronunce della Corte di Cassazione fino al 2025);
  • le cause di invalidità o inefficacia della fideiussione omnibus (nullità per violazione di norme imperative, profili antitrust, clausole nulle o vessatorie, ecc.);
  • il recesso unilaterale del fideiussore e altre modalità per ottenere la liberazione (come la sostituzione del garante o l’estinzione dell’obbligazione garantita);
  • gli effetti delle azioni o omissioni del creditore (banca) che possono portare alla liberazione del fideiussore (es. mancato rispetto di obblighi di informazione, aggravamento del rischio ex art. 1956 c.c., decadenza ex art. 1957 c.c.);
  • alcuni modelli pratici di lettere o istanze da utilizzare per richiedere formalmente la revoca o liberazione della fideiussione;
  • casi pratici e simulazioni utili a comprendere l’applicazione concreta di queste regole (dal punto di vista del debitore e del garante);
  • una sezione Domande & Risposte con i quesiti più frequenti;
  • tabelle riepilogative che riassumono i punti chiave (norme, sentenze, condizioni ed effetti) in modo chiaro.

Nota sul punto di vista: in questa guida ci poniamo principalmente dalla parte del fideiussore/debitore garantito, ossia di colui che vuole sciogliersi dal vincolo della fideiussione omnibus. Pertanto, le soluzioni prospettate mirano a tutelare chi ha prestato la garanzia (o il debitore principale interessato a liberare il proprio garante), pur mantenendo un linguaggio tecnico-giuridico ma divulgativo adatto sia a professionisti (avvocati, giuristi d’impresa) sia a privati ed imprenditori non specialisti.

Che cos’è una fideiussione omnibus?

Definizione generale: L’art. 1936 c.c. definisce la fideiussione come il contratto col quale “è fideiussore colui che, obbligandosi personalmente verso il creditore, garantisce l’adempimento di un’obbligazione altrui”. In altre parole, il fideiussore promette al creditore che pagherà un debito altrui qualora il debitore principale non vi adempia. La fideiussione è un negozio accessorio: la sua esistenza dipende da un’obbligazione principale valida (es: il contratto di mutuo, il fido di conto corrente, un contratto di fornitura, ecc.). Essa resta efficace anche se il debitore principale non è a conoscenza della sua esistenza.

Caratteristiche della fideiussione omnibus: Si parla di fideiussione omnibus (detta anche “fideiussione a garanzia delle operazioni bancarie” nella prassi) quando la garanzia non si riferisce ad una singola e specifica obbligazione, ma copre tutte le obbligazioni presenti e future che il debitore assume verso uno stesso creditore, entro un determinato massimale. Ad esempio, un’imprenditore che ottiene dalla banca varie linee di credito (anticipo fatture, scoperto di conto, mutui ecc.) può far sottoscrivere al proprio socio o familiare un’unica fideiussione omnibus, valida a garantire qualsiasi importo dovuto alla banca per qualsiasi rapporto, fino a un importo massimo prefissato (ad es. “fino alla concorrenza di € 100.000”). In questo modo, la banca ha la certezza di poter escutere il fideiussore per qualsivoglia esposizione del debitore entro il limite concordato, senza dover richiedere una nuova garanzia per ogni nuovo credito concesso.

Differenza rispetto alla fideiussione specifica: Una fideiussione specifica garantisce un’obbligazione determinata (es. il pagamento delle rate di uno specifico mutuo di €50.000) e di norma ha la stessa durata di tale obbligazione. La fideiussione omnibus, invece, ha carattere generale e può estendersi ad un intero rapporto di durata o a una pluralità di operazioni. Questa distinzione ha conseguenze pratiche importanti: ad esempio, in linea di principio non è ammesso il recesso unilaterale dal contratto di fideiussione se la garanzia è prestata per un’obbligazione a termine determinato (specifica), mentre è possibile recedere per le obbligazioni future nel caso di fideiussione omnibus, come vedremo. Nella tabella seguente riassumiamo le differenze principali:

Fideiussione specificaFideiussione omnibus
Garantisce un singolo debito o contratto (es. mutuo, prestito) definitoGarantisce tutte le obbligazioni (presenti e future) di un debitore verso il creditore
Ha normalmente una durata coincidente con l’obbligazione garantita (cessa con il pagamento del debito specifico)Ha durata indeterminata (copre anche future esposizioni), salvo recesso o importo massimo raggiunto
Importo garantito: pari al debito specifico (determinato o determinabile)Importo garantito: fino a un massimale prefissato (obbligatorio per legge, v. infra)
Recesso anticipato: non ammesso (salvo consenso del creditore o sostituzione del garante)Recesso per obbligazioni future: ammesso, con effetto limitato ai debiti sorti dopo la comunicazione
Esempi: fideiussione per un singolo mutuo bancario; garanzia per un contratto di locazione (canoni); cauzione per un appalto specifico.Esempi: fideiussione bancaria “a garanzia delle operazioni bancarie” di un’impresa (crediti presenti e futuri in c/c, anticipi, mutui, ecc.); garanzia generale a favore di un fornitore per tutti i debiti di acquisto di una società.

Importo massimo garantito (massimale) e norma di legge: Per evitare che la garanzia abbia un oggetto eccessivamente indeterminato, la legge impone un limite all’importo coperto. In particolare, l’art. 1938 c.c. (come modificato dalla L. 154/1992) stabilisce che la fideiussione per obbligazioni future deve contenere la previsione di un importo massimo garantito, a pena di nullità. Ciò significa che ogni fideiussione omnibus deve indicare chiaramente la cifra massima entro cui il fideiussore sarà tenuto verso il creditore, pena la nullità della garanzia per violazione di norma imperativa. Questa modifica legislativa è stata introdotta nel 1992 proprio per porre un argine al carattere “illimitato” che avevano le fideiussioni omnibus in passato, considerato lesivo per il garante (oggetto indeterminabile). Dunque, se in un contratto di fideiussione omnibus stipulato dopo il 1992 manca l’indicazione di un massimale, il fideiussore potrà far valere la nullità della fideiussione ex art. 1938 c.c. (vedremo oltre i dettagli).

È importante notare che la presenza di un massimale non significa che il fideiussore risponderà sempre fino a quella somma: egli resta obbligato nei limiti del debito effettivamente esistente. Se il debito del garantito risulta inferiore al massimale, la responsabilità del fideiussore si ferma alla minor somma dovuta (art. 1941 c.c., principio di accessorietà). Il massimale rappresenta solo il “tetto” massimo di esposizione potenziale.

Clausole tipiche della fideiussione omnibus: Nei formulari bancari standard di fideiussione omnibus si ritrovano spesso alcune clausole caratteristiche, mirate a rafforzare la posizione della banca creditrice. Tra queste, ad esempio:

  • la “clausola di pagamento a prima richiesta” (talvolta presente, trasforma la garanzia in contratto autonomo di garanzia, v. box sotto);
  • la clausola di estinzione solo a saldo chiuso (il fideiussore risponde fino al completo azzeramento dell’esposizione del debitore, anche se questa diminuisce dopo il recesso – vedremo oltre);
  • la clausola di deroga all’art. 1957 c.c. (il fideiussore rinuncia al beneficio della decadenza se la banca non agisce tempestivamente, clausola che esamineremo approfonditamente);
  • la clausola di “sopravvivenza” o “reviviscenza” (la garanzia rivive anche se i pagamenti del debitore vengono revocati o annullati, oppure resta valida anche se l’obbligazione principale è invalida);
  • la clausola di estinzione solo dopo formale liberazione (il fideiussore rimane obbligato finché la banca non gli comunica per iscritto la liberazione, anche se il debito principale è stato pagato).

Alcune di queste pattuizioni – specialmente quelle relative a reviviscenza, deroga all’art.1957 c.c. e sopravvivenza – sono state oggetto di censure in sede giudiziale, come vedremo, sia sotto il profilo antitrust (in quanto frutto di intese restrittive della concorrenza tra banche) sia sotto il profilo della vessatorietà nei confronti di fideiussori consumatori.

Garanzia autonoma vs fideiussione (Digressione): È opportuno distinguere la fideiussione vera e propria dal “contratto autonomo di garanzia”. Quest’ultimo è una forma di garanzia in cui il garante si impegna a pagare a prima richiesta e senza eccezioni, rinunciando all’opponibilità di tutte le difese relative al rapporto principale. In tal caso, l’obbligazione del garante è svincolata (o quasi) dal debito principale, tanto che la giurisprudenza la considera una figura diversa dalla fideiussione tradizionale. Ad esempio, le Sezioni Unite della Cassazione hanno affermato che la clausola di pagamento “a prima richiesta e senza eccezioni” di per sé qualifica il negozio come contratto autonomo di garanzia (Garantievertrag), essendo incompatibile con il principio di accessorietà tipico della fideiussione. Ne consegue che molte delle tutele previste per il fideiussore (derivanti dall’accessorietà) non si applicano al garante “autonomo”. Attenzione: alcune banche inseriscono clausole di questo tipo per rafforzare la garanzia; se però l’intero contesto contrattuale fa riferimento alla “fideiussione” e mantiene legami con il debito principale, quella clausola potrebbe non bastare a trasformare realmente il contratto in garanzia autonoma (si parlerebbe in tal caso di fideiussione impropria). In ogni caso, un fideiussore che abbia sottoscritto un impegno “a prima richiesta” deve sapere che difficilmente potrà opporre eccezioni relative al rapporto principale e che la sua posizione è ancor più onerosa. In questa guida continueremo a riferirci alla fideiussione in senso tecnico (garanzia accessoria), salvo avvisare quando certe clausole possono alterarne la natura.

Normativa di riferimento (codice civile e leggi speciali)

Vediamo sinteticamente le principali disposizioni normative italiane che regolano la fideiussione omnibus e che rilevano ai fini della liberazione del garante:

  • Art. 1936 c.c. – Nozione di fideiussione: definisce la figura del fideiussore e la natura accessoria della garanzia (v. sopra).
  • Art. 1938 c.c. – Obbligazioni future e massimale: consente fideiussioni per obbligazioni future “con la previsione, in questo caso, dell’importo massimo garantito”. La mancata indicazione del massimale comporta la nullità della fideiussione per violazione di legge.
  • Art. 1941 c.c. – Limiti della fideiussione: la fideiussione non può eccedere ciò che è dovuto dal debitore, né essere prestata a condizioni più onerose (eventualmente si riduce ai limiti del debito garantito). Se prestata per un importo maggiore, è valida solo fino a concorrenza del debito principale.
  • Art. 1944 c.c. – Beneficio della preventiva escussione: salvo patto contrario, il fideiussore può esigere che il creditore escuta prima il debitore principale, e solo in caso di insolvenza di quest’ultimo rivolgersi al fideiussore (beneficio di escussione). Nelle fideiussioni bancarie omnibus, tuttavia, si rinuncia normalmente a tale beneficio, rendendo il fideiussore obbligato in solido col debitore sin da subito.
  • Art. 1945 c.c. – Eccezioni opponibili dal fideiussore: il fideiussore può opporre al creditore tutte le eccezioni che avrebbe potuto opporre il debitore principale, tranne quelle personali di quest’ultimo. Ad esempio, il fideiussore può eccepire l’inefficacia o nullità del contratto principale, la prescrizione del debito, la compensazione, ecc., in quanto accessoriamente legato alla stessa obbligazione.
  • Art. 1955 c.c. – Liberazione del fideiussore per fatto del creditore: se il creditore, con il suo fatto, ha determinato la perdita delle garanzie (reali o personali) subentrate al fideiussore (cioè i diritti di regresso, surrogazione o altre cause di prelazione che sarebbero spettate al fideiussore dopo il pagamento), il fideiussore si libera nella misura in cui tale fatto gli ha impedito di surrogarsi. In pratica, se la banca pregiudica il garante (ad es. rinunciando a ipoteche o altre garanzie sul debitore senza avvisare il fideiussore), quest’ultimo può essere liberato o almeno la sua obbligazione si riduce di conseguenza.
  • Art. 1956 c.c. – Credito concesso a debitore in condizioni peggiorate: norma cruciale per le fideiussioni omnibus relative a operazioni bancarie continuative. Stabilisce che se il creditore (es. la banca) concede nuovo credito al debitore principale malgrado sia a conoscenza di un peggioramento delle condizioni patrimoniali di quest’ultimo tale da rendere più difficile il recupero del credito, senza informare il fideiussore e ottenerne il consenso, allora il fideiussore non è obbligato per i debiti derivanti da tale nuova concessione di credito. Si tratta di una causa di liberazione del garante per obbligazioni future imprudentemente assunte dal creditore dopo aver saputo dell’aggravamento del rischio. Approfondiremo oltre con la giurisprudenza come e quando si applica.
  • Art. 1957 c.c. – Termine per l’azione del creditore (decadenza): disposizione che prevede che il fideiussore si libera se il creditore non propone le sue istanze contro il debitore principale entro 6 mesi dalla scadenza dell’obbligazione garantita (o non prosegue diligentemente nell’azione). In sostanza, se la banca lascia trascorrere troppo tempo senza agire contro il debitore, il fideiussore decade dal suo impegno. Tuttavia, è diffusa nei contratti omnibus la clausola di rinuncia a tale termine, che la giurisprudenza ha considerato valida in generale (purché espressa). Come vedremo, proprio la clausola di deroga all’art. 1957 c.c. è stata oggetto sia di scrutinio antitrust (quando inserita su base di intesa tra banche) sia di valutazione come clausola vessatoria in caso di fideiussore consumatore.
  • Art. 2 legge 10/10/1990 n.287 (Legge Antitrust italiana): vieta le intese restrittive della concorrenza tra imprese e, al comma 3, stabilisce che le intese vietate sono nulle ad ogni effetto. Questa norma entra in gioco nella nostra materia perché è stata utilizzata per dichiarare la nullità di clausole uniformi predisposte dall’ABI (Associazione Bancaria Italiana) per le fideiussioni omnibus, considerate frutto di intesa anticoncorrenziale (provvedimento Banca d’Italia 2005, v. oltre).
  • D.lgs. 206/2005 (Codice del Consumo), artt. 33-36: disciplina delle clausole vessatorie nei contratti tra professionista e consumatore. Un fideiussore persona fisica che garantisce un debito altrui verso una banca può rientrare nella definizione di “consumatore” se agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale propria. In tal caso, le clausole del contratto di fideiussione non negoziate individualmente, che determinano un significativo squilibrio a danno del consumatore, possono essere dichiarate vessatorie (abusive) e quindi nulle ex art. 36 Cod. Cons. (la nullità colpisce la clausola, con il contratto che rimane per il resto efficace). Avremo modo di evidenziare come la giurisprudenza recente stia applicando questa tutela consumeristica ad alcune clausole tipiche delle fideiussioni omnibus (ad es. la clausola di rinuncia al termine ex art.1957 c.c. è stata ritenuta vessatoria).

Oltre a queste, rilevano varie norme di carattere generale (es. artt. 1418-1422 c.c. sulla nullità dei contratti, art. 1322 c.c. sull’autonomia contrattuale, ecc.) e, in ambito bancario, le disposizioni sulla trasparenza e buona fede contrattuale (artt. 117 TUB, ecc.). Tuttavia, per il nostro focus – come liberarsi dalla fideiussione – le norme chiave sono quelle sopra elencate.

Perché voler “liberarsi” di una fideiussione omnibus?

Dal punto di vista del fideiussore, essere vincolato da una fideiussione omnibus comporta notevoli rischi e oneri potenziali:

  • Si è obbligati in solido col debitore verso la banca: ciò significa che, se il debitore non paga, la banca può rivolgersi direttamente al fideiussore per l’intero importo dovuto, senza dover prima escutere il debitore (specialmente se – come di solito avviene – il fideiussore ha rinunciato al beneficio di escussione preventiva). Il fideiussore quindi espone il proprio patrimonio personale alle pretese del creditore.
  • La garanzia può durare a lungo: finché il rapporto di credito principale rimane aperto (ad es. il conto corrente con affidamento bancario non viene chiuso, oppure il mutuo non è ancora integralmente rimborsato), la fideiussione permane efficace. Vi è quindi un impegno di durata indeterminata, che può ostacolare i progetti futuri del garante (ad esempio, riducendone la capacità di ottenere credito, perché risulta già esposto come garante).
  • In caso di inadempimento del debitore principale, il fideiussore può subire le stesse conseguenze: segnalazioni come “cattivo pagatore”, azioni legali, pignoramenti e ipoteche sui suoi beni. Il fatto di essere “soltanto” un garante non lo protegge dall’aggressione dei creditori se il debitore principale non paga. L’unica differenza è che, una volta pagato, il fideiussore ha diritto di regresso verso il debitore: ma se quest’ultimo è insolvente, il regresso potrebbe essere inutile.
  • Il fideiussore spesso rinuncia a tutele legali: come menzionato, i contratti omnibus predisposti dalle banche prevedono quasi sempre la rinuncia al termine di decadenza di cui all’art. 1957 c.c., la validità a prima richiesta, clausole di estensione massima dell’obbligazione (reviviscenza, sopravvivenza, ecc.). Queste clausole aggravano la posizione del garante, rendendo più difficile liberarsi o limitare l’impegno.
  • Impatto su rapporti personali e d’affari: fare da fideiussore a un parente o socio può inizialmente sembrare un atto dovuto, ma col tempo può diventare fonte di tensioni, soprattutto se la situazione finanziaria del debitore peggiora. Il garante potrebbe avere interesse a svincolarsi per evitare il deteriorarsi dei propri rapporti o per poter cedere quote societarie/liberarsi da obblighi in caso di uscita da una società.

Date queste premesse, appare evidente perché liberarsi di una fideiussione omnibus sia un obiettivo auspicabile per il garante, non appena le circostanze lo consentano o se ne presenti la possibilità. Nelle sezioni seguenti esploreremo tutte le vie percorribili per ottenere tale risultato, distinguendo tra:

  • Cessazione naturale della fideiussione (estinzione dell’obbligazione garantita o altre cause automatiche);
  • Recesso volontario del fideiussore e liberazione consensuale;
  • Invalidità o inefficacia della fideiussione (nullità totale/parziale per violazione di norme imperative, annullabilità per vizi del consenso, ecc.);
  • Decadenza o liberazione per fatti del creditore (ad es. comportamenti della banca che liberano il garante ex lege).

Procederemo con ordine, tenendo presente che spesso più soluzioni possono concorrere nel caso concreto (ad es. un fideiussore recede e, al contempo, eccepisce la nullità di una clausola).

Estinzione ed esaurimento naturale della fideiussione

La prima e più ovvia modalità di liberazione del fideiussore consiste nell’estinzione dell’obbligazione principale garantita. Essendo la fideiussione un contratto accessorio, segue le sorti del debito principale: se il debitore paga integralmente il suo debito alla banca, la fideiussione si estingue automaticamente, non avendo più nulla da garantire. Allo stesso modo, se il rapporto principale cessa (per scadenza del termine, per risoluzione contrattuale, per recesso del debitore, ecc.) e tutte le obbligazioni sono soddisfatte, la fideiussione omnibus si considera priva di oggetto e quindi terminata.

Tuttavia, è importante compiere alcune azioni pratiche per formalizzare e certificare tale liberazione, evitando contestazioni future:

  • Comunicazione di svincolo: Il debitore principale (o il fideiussore stesso) dovrebbe richiedere per iscritto alla banca una dichiarazione liberatoria, attestante che la fideiussione è da considerarsi cessata per intervenuta estinzione di ogni obbligazione garantita. Questa liberatoria tutela il garante da eventuali future richieste infondate. Ad esempio, in caso di mutuo ipotecario garantito anche da fideiussione, a saldo avvenuto la banca rilascerà quietanza e atto di assenso alla cancellazione dell’ipoteca; parallelamente, su richiesta, confermerà la cessazione della fideiussione.
  • Restituzione del documento di fideiussione: In passato, specie per fideiussioni sotto forma di polizze o atti distinti, si usava riconsegnare al garante l’originale del contratto controfirmato con dicitura “liberato” o simile. Oggi è più comune la comunicazione scritta della banca. In ogni caso, è bene conservare tali prove.
  • Verifica di clausole di sopravvivenza: Attenzione a clausole contrattuali che prevedano la sopravvivenza della fideiussione per un certo tempo dopo l’estinzione del debito o per determinate cause (es. la già citata clausola di reviviscenza in caso di pagamento revocato). Se presenti, il garante dovrà attendere il termine indicato (o far valere la nullità di tali clausole, come vedremo). Ad esempio, talune fideiussioni prevedono espressamente che la liberazione formale del fideiussore avvenga solo dopo un certo periodo dal saldo (per coprire il rischio di azioni revocatorie fallimentari): trascorso tale periodo senza problemi, la garanzia cessa definitivamente.
  • Chiusura del rapporto di conto corrente: nel caso di conto corrente bancario affidato, la banca potrebbe mantenere formalmente “aperto” il conto anche con saldo zero. Se il garante vuole essere certo della cessazione dell’omnibus, è opportuno assicurarsi che il conto sia effettivamente chiuso e che non vi siano impegni pendenti (es. assegni post-datati, garanzie su effetti, ecc. che potrebbero far rinascere un’esposizione). La fideiussione omnibus di norma copre “ogni obbligazione derivante da operazioni bancarie presenti e future”; quindi va eliminata la possibilità di future operazioni.

Oltre al pagamento integrale, altre cause di estinzione naturale della fideiussione possono essere:

  • Consolidamento: quando il fideiussore diventa egli stesso debitore principale (ad es. se acquisisce il credito del creditore o il debito del debitore, confusione di ruoli). Sono ipotesi rare in cui obbligazione principale e garanzia si fondono nella stessa persona, estinguendo la fideiussione per confusione di creditori o debitori (artt. 1253 c.c. e 1303 c.c.).
  • Rinuncia o remissione da parte del creditore: la banca può decidere volontariamente di liberare il fideiussore, ad esempio perché il debitore offre altra garanzia o per accordi commerciali. In tal caso si avrà una liberazione consensuale (scritta), che è ovviamente auspicata dal fideiussore ma concessa a discrezione del creditore.
  • Scadenza del termine: se la fideiussione è stata pattuita a tempo determinato, cessa alla data stabilita. Ad esempio, una garanzia omnibus “valida fino al 31/12/2025” cesserà automaticamente a tale data, salvo rinnovo. Dopo quella scadenza, il fideiussore non risponde per nuove obbligazioni del debitore. Nota: spetta al fideiussore vigilare sul termine e, se necessario, diffidare la banca dal considerare valida la garanzia oltre la scadenza.
  • Morte del fideiussore: la morte in sé non estingue immediatamente l’obbligazione (che si trasferisce agli eredi, nei limiti dell’accettazione dell’eredità). Tuttavia, molti contratti di fideiussione omnibus prevedono che gli eredi abbiano diritto di recedere dalla garanzia entro un certo tempo dalla morte del fideiussore, oppure che la banca possa chiedere agli eredi conferma dell’impegno. In mancanza, la posizione del fideiussore defunto può complicarsi: gli eredi che accettano l’eredità pro quota potrebbero trovarsi garanti in solido (con beneficio d’inventario se attivato). È un caso delicato, oltre lo scopo di questa guida, ma si cita per completezza: gli eredi di un fideiussore farebbero bene, in caso di decesso, a comunicare subito alla banca la volontà di non proseguire la garanzia (ove il contratto lo consenta) o quantomeno a monitorare la situazione per evitare escussioni impreviste.

In sintesi, la via più semplice per “uscire” da una fideiussione è far sì che il debito garantito venga pagato o eliminato. In tal caso la legge stessa libera il fideiussore. Purtroppo, ciò non è sempre possibile in tempi brevi (basti pensare a un mutuo ventennale garantito da un genitore anziano, o a un fido bancario che si protrae per molti anni). Ecco perché spesso il fideiussore cerca soluzioni attive per liberarsi, come il recesso unilaterale o la sostituzione del garante. Ne parliamo qui di seguito.

Recesso unilaterale del fideiussore (revoca della fideiussione)

La possibilità per il fideiussore di recedere dal contratto di fideiussione omnibus – ossia di revocare la garanzia prestata, limitatamente alle obbligazioni future – è un tema cruciale. In generale, si può affermare che:

  • Se la fideiussione garantisce un’obbligazione a tempo determinato (es. un mutuo con scadenza prestabilita, una locazione di durata fissa), il fideiussore non può liberarsi unilateralmente prima del termine, salvo diverso accordo col creditore. La ragione è che la sua obbligazione accessoria è parte del “pacchetto” contrattuale su cui il creditore ha fatto affidamento fino alla scadenza del debito principale. Un recesso “anticipato” equivarrebbe a modificare le condizioni del contratto principale (normalmente inammissibile senza consenso di tutti). In tal caso, l’unica via è chiedere alla banca di sostituire il garante con altro soggetto gradito o di accettare garanzie alternative (ne parleremo a breve).
  • Se la fideiussione è a tempo indeterminato (tipicamente omnibus su rapporti di durata infinita o su obbligazioni future indefinite), il fideiussore può recedere in qualsiasi momento, dandone comunicazione al creditore. Questo diritto di recesso è generalmente riconosciuto nei contratti omnibus stessi: le condizioni standard ABI, ad esempio, prevedono che “il fideiussore può recedere dalla garanzia con effetto per le operazioni successive, mediante comunicazione scritta alla banca, fermo l’obbligo di garantire le esposizioni già esistenti”. Anche in mancanza di una clausola espressa, la giurisprudenza ritiene che nelle garanzie indeterminate il recesso sia ammesso applicando in via analogica l’art. 1373 c.c. sui contratti di durata indeterminata. Attenzione: come visto sopra, il recesso del fideiussore ha effetto limitatamente ai debiti sorti dopo la comunicazione. Ciò significa che il garante resta comunque obbligato per tutti i debiti che già esistevano o derivavano da operazioni già in corso al momento in cui la banca ha ricevuto la comunicazione di recesso. Spesso si usa l’espressione “il recesso circoscrive la garanzia al saldo del debito esistente a quella data”.

Vediamo in pratica come effettuare il recesso e quali conseguenze aspettarsi:

Procedura di recesso:

  1. Esame del contratto: prima di tutto, il fideiussore deve verificare nel testo contrattuale se è prevista una specifica modalità per il recesso. Di solito è richiesta una comunicazione scritta inviata alla banca (raccomandata A/R o PEC) con un certo preavviso (es. “il recesso ha effetto decorsi 30 giorni dalla ricezione della comunicazione”). Rispettiamo le formalità previste: un recesso comunicato verbalmente o in forma scorretta potrebbe non avere valore.
  2. Redazione della lettera: la comunicazione di recesso deve identificare chiaramente la fideiussione da cui si intende recedere (indicando il contratto o la lettera di fideiussione con data, importo massimo garantito, parti) e dichiarare la volontà di recedere dalla garanzia per le operazioni future, ai sensi della clausola X del contratto (o, in mancanza, dell’art. 1373 c.c. per analogia). È utile specificare che la liberazione riguarda i rapporti successivi mentre il fideiussore resterà responsabile per quelli in essere fino alla data di efficacia del recesso. Più avanti forniremo un modello di lettera.
  3. Invio alla banca: spedire la lettera con mezzi tracciabili (raccomandata con avviso di ricevimento, oppure PEC all’indirizzo PEC ufficiale della banca). Conservare la ricevuta di consegna. Il termine di preavviso (se previsto) decorre dalla data di ricezione da parte della banca.
  4. Conferma dalla banca: sarebbe buona prassi che la banca rispondesse confermando di aver preso atto del recesso e indicando il saldo del debitore garantito a quella data. In realtà, spesso le banche non inviano conferme formali spontanee. Il fideiussore può tuttavia richiederla espressamente o, in mancanza, fare affidamento sulle proprie prove di invio e ricezione.

Effetti del recesso:
Una volta divenuto efficace, il recesso produce gli effetti delineati dalla giurisprudenza: l’obbligazione del fideiussore si cristallizza sull’ammontare del debito esistente al momento della comunicazione di recesso. In pratica:

  • Il fideiussore dovrà ancora garantire il pagamento di tutti gli utilizzi effettuati dal debitore fino alla data del recesso (interessi, capitale, eventuali scoperti). Se per esempio trattasi di conto corrente, si prende il saldo passivo al momento del recesso e si considera quello come importo massimo ancora garantito dal fideiussore.
  • Per le operazioni successive al recesso, invece, la banca non potrà più chiamare il fideiussore: se il debitore contrae nuovi debiti o aggrava l’esposizione dopo quel momento, il garante non ne risponde.
  • Eventuali pagamenti effettuati dal debitore dopo il recesso andranno naturalmente a ridurre l’esposizione totale, e dunque alleggeriranno anche la posizione del fideiussore. Attenzione però: se dopo il recesso vi sono sia nuovi addebiti che nuove rimesse, occorre determinare correttamente l’entità dell’obbligazione principale residua attribuibile al periodo pre-recesso. La regola, come chiarito dalla Cassazione, è che per determinare l’obbligazione garantita bisogna guardare al saldo finale del conto al momento della chiusura definitiva, confrontandolo col saldo al momento del recesso. Se il saldo finale risulta inferiore a quello al momento del recesso (perché il debitore ha eseguito pagamenti maggiori di nuovi prelievi), allora la garanzia si riduce a tale saldo inferiore. Se invece il saldo finale è superiore, l’eccedenza non è garantita (perché derivante da operazioni post-recesso).
  • Il fideiussore non è tenuto a ulteriori atti formali dopo il recesso; tuttavia, come detto, può essere opportuna un’interlocuzione con la banca per concordare la chiusura del rapporto garantito o almeno conoscerne l’andamento.

Rischi e implicazioni del recesso:
Va sottolineato che l’esercizio del recesso non è privo di conseguenze per il debitore principale e, indirettamente, per lo stesso fideiussore. Infatti, la banca, venuta meno la garanzia per le operazioni future, potrebbe rivalutare il proprio affidamento al debitore. In molti casi, specie se la solvibilità del debitore non è solida, la banca deciderà di revocare o ridurre il credito concesso appena riceve la notifica di recesso. Ciò significa, ad esempio, che se Tizio era garante omnibus del conto corrente affidato di Caio, e Tizio recede, la banca potrà immediatamente chiudere o ridurre il fido di Caio per tutelarsi (il fido “poggiava” anche sulla garanzia venuta meno). In pratica, la banca potrebbe chiedere il rientro immediato del debitore dall’esposizione corrente. Questo scenario comporta due effetti:

  1. Il debitore principale si trova improvvisamente senza fido o con credito ridotto, e potrebbe non avere liquidità per coprire l’esposizione pregressa. Di conseguenza,
  2. La banca potrebbe escutere proprio il fideiussore per farsi pagare il saldo debitorio esistente al momento del recesso (che come detto resta garantito). Insomma, recesso del fideiussore e revoca del fido da parte della banca spesso innescano la richiesta di pagamento immediato del debito accumulato sino ad allora.

Il fideiussore deve quindi valutare attentamente il tempismo del recesso e possibilmente coordinarsi con il debitore: ad esempio, potrebbe convenire recedere quando l’esposizione è bassa o in fase di rimborso, oppure assicurarsi che il debitore principale abbia mezzi o nuove garanzie per evitare la revoca del credito. In alcuni casi, il debitore stesso potrebbe affiancare al recesso del garante la presentazione di un nuovo garante o di un piano di rientro, per convincere la banca a non interrompere i rapporti.

Sostituzione del garante: Una variante del recesso “puro” è la sostituzione del fideiussore con un altro. Ciò richiede il consenso della banca. In pratica funziona così: il fideiussore originario trova (o il debitore trova per lui) un soggetto disposto e idoneo a subentrare come nuovo garante per il medesimo massimale. La banca valuterà la solidità patrimoniale del nuovo candidato; se lo riterrà adeguato e se tutti e tre (banca, nuovo garante e debitore) concordano, si stipulerà un atto di liberazione del vecchio fideiussore contestuale a nuova fideiussione firmata dal sostituto. Questa soluzione è frequente nei casi di cessione di azienda o quote societarie: ad esempio, il socio uscente garantiva i debiti bancari della società; quando esce, un nuovo socio o quello subentrante fornisce garanzia al suo posto, liberando il precedente. Oppure nelle surroghe di mutuo: cambiando banca, la vecchia fideiussione decade e se ne firma una nuova con il nuovo istituto (eventualmente con diverso garante). Anche per i mutui, se la banca è d’accordo, si può sostituire il garante nel corso del rapporto, ma è un atto volontario della banca, non un diritto del fideiussore.

Da notare che la sostituzione può comportare costi (istruttoria, atti notarili se il mutuo è coinvolto, ecc.) e richiede tempi tecnici (verifiche sul nuovo garante). Inoltre non tutti i contratti la ammettono esplicitamente, ma nulla vieta di negoziarla.

Recesso del fideiussore socio uscente: In ambito societario, spesso i soci di una Srl o Snc prestano fideiussioni personali per i debiti sociali. Se un socio esce dalla società, non esce automaticamente dalla fideiussione! Deve attivarsi per recedere o farsi sostituire. La giurisprudenza ha escluso che il semplice recesso o cessione di quota sociale implichi la liberazione dalle garanzie prestate dal socio uscente a favore della società (a meno che ciò fosse pattuito con la banca). Quindi il socio dimissionario rimane obbligato finché non ottiene formale liberazione. Questa circostanza è delicata: il socio uscente dovrebbe far inserire nell’accordo di cessione quote una clausola che subordina il tutto alla liberazione da fideiussioni, oppure pretendere che i soci superstiti o subentranti offrano altro garante. In difetto, dovrà agire lui stesso, comunicando recesso alla banca e confidando nella chiusura dei rapporti o nella sostituzione del garante. La banca, come già detto, se riceve recesso di un garante potrebbe richiedere subito misure compensative (nuovo garante, riduzione fidi) pena la revoca degli affidamenti.

Riassumendo, il recesso unilaterale è uno strumento fondamentale per limitare nel tempo l’impegno del fideiussore omnibus, ma va esercitato con attenzione e consapevolezza delle possibili reazioni del creditore. In seguito forniremo un esempio concreto di lettera di recesso.

Nullità e invalidità della fideiussione omnibus (profili di illegittimità)

Un’altra strada per “liberarsi” dalla fideiussione è verificare se questa sia invalid (nulla o annullabile) per qualche motivo di legge. Una fideiussione nulla o annullata è come se non fosse mai esistita: il fideiussore quindi non può essere tenuto a adempiervi. Di seguito esamineremo i principali motivi di invalidità emersi nella pratica, con particolare attenzione alle nullità per violazione di norme imperative (antitrust, art.1938 c.c., ecc.) e alle clausole nulle.

Nullità ex art. 1938 c.c. – Mancanza di indicazione dell’importo massimo garantito

Come già accennato, l’art. 1938 c.c. (modificato dalla L. 154/1992) richiede, a pena di nullità, che la fideiussione che garantisce obbligazioni future indichi un importo massimo garantito. Questa disposizione ha efficacia inderogabile ed è finalizzata a tutelare il garante contro impegni illimitati. Ne discende che:

  • Se una fideiussione omnibus è stata stipulata dopo l’entrata in vigore della legge 154/1992 (ossia dopo luglio 1992) e non contiene alcun massimale, essa è radicalmente nulla. Il fideiussore può dunque rifiutare il pagamento e opporre la nullità in giudizio, in quanto la causa del contratto è in contrasto con norma imperativa. Ad esempio, una fideiussione omnibus del 2005 che recitasse “garantisco tutte le obbligazioni del debitore verso la banca, senza limitazione di importo” sarebbe nulla ab origine.
  • Se la fideiussione è stata stipulata prima della riforma del 1992 (quando la legge consentiva garanzie illimitate) ma è stata poi utilizzata per garantire crediti sorti dopo l’introduzione dell’obbligo del massimale, la giurisprudenza ha ritenuto che la garanzia divenga inefficace per i crediti successivi al 1992, mantenendo efficacia solo per quelli nati prima. In sostanza: le vecchie fideiussioni illimitate hanno continuato a coprire i debiti pregressi, ma per nuovi fidi concessi successivamente si sarebbe dovuto stipulare un nuovo contratto conforme alla legge (con massimale). La Cassazione già nel 2001 (sent. n. 10981/2001) aveva applicato questo principio anche retroattivamente. Dunque oggi è improbabile imbattersi in fideiussioni omnibus validamente illimitate, a meno che non siano “dormienti” da prima del 1992 senza nuovi utilizzi (caso teorico).
  • L’importo massimo deve essere indicato al momento della stipula. Non è sufficiente che sia “determinabile” ex post: dev’essere prefissato o quantomeno calcolabile con criteri oggettivi chiari a priori. Ad esempio, scrivere “fideiussione fino a concorrenza del saldo debitore al 31/12 dell’anno corrente” è dubbio; molto meglio indicare una cifra tonda massima. La Cassazione ha comunque ammesso che l’indicazione può essere anche indiretta purché non lasci margini di indeterminatezza assoluta.
  • Nullità parziale: una fideiussione omnibus priva di massimale viene colpita integralmente? In linea teorica sì, trattandosi di requisito essenziale ex lege. Alcuni tribunali hanno dichiarato la nullità totale della fideiussione per violazione dell’art.1938. In altri casi, specie se il garante aveva già onorato pagamenti, si potrebbe prospettare una nullità parziale (limitativa dell’importo garantito) per salvare il contratto entro un certo limite “ragionevole”, ma ciò contrasterebbe col tenore imperativo della norma. Meglio considerare che la sanzione è la nullità dell’intera fideiussione eccedente i limiti consentiti.

Come far valere questa nullità: il fideiussore che scopra di aver firmato a suo tempo una garanzia omnibus senza importo massimo (o con formula equivalente a illimitata) potrà sollevare in ogni momento l’eccezione di nullità ex art. 1938 c.c., essendo nullità di protezione a tutela di un interesse generale (determinabilità dell’oggetto). Trattandosi di nullità assoluta, può essere rilevata anche d’ufficio dal giudice. Ad esempio, se la banca agisce contro il garante per una fideiussione del 1995 senza massimale, il giudice (o l’avvocato del garante) potrà opporre la nullità e rigettare la domanda della banca. Si noti però che la nullità potrà non giovare per debiti sorti prima del 1992 (casistica remota ormai).

Un caso specifico: fideiussione che garantisce obbligazioni condizionate (future solo se un evento accade, ecc.). La Cassazione ha chiarito che l’obbligo del massimale vale solo per le obbligazioni “future” in senso proprio, non per quelle meramente condizionali. Esempio: se garantisco l’obbligazione (futura) di pagamento di una penale che scatterà solo se il debitore ritarda la consegna di un progetto, questa è obbligazione condizionale ma già individualizzata, dunque non servirebbe massimale. Diverso è garantire “qualsiasi futuro credito del debitore verso la banca”: qui serve massimale perché è indefinito.

In definitiva, la mancanza del massimale è un vizio piuttosto chiaro e oggettivo: basta leggere il contratto. Fortunatamente, dopo il 1992 le banche si sono adeguate e inseriscono sempre il limite (spesso generoso, ma c’è). Questo profilo di nullità oggi emerge più che altro in liti su vecchie fideiussioni o in contratti anomali (magari tra privati, in cui non si conosceva la norma). Ad ogni modo, è un primo punto da controllare per chi cerca di liberarsi dalla garanzia: c’è l’importo massimo? Se no, la fideiussione è carta straccia.

Nullità antitrust delle fideiussioni omnibus (clausole ABI nulle e recente giurisprudenza)

Uno dei temi più dibattuti negli ultimi anni riguardo alle fideiussioni omnibus è la nullità (totale o parziale) per violazione della normativa antitrust, con riferimento alle clausole uniformi predisposte dall’ABI. Il fulcro della questione è il seguente: nel 2003 l’ABI (Associazione Bancaria Italiana) aveva diffuso uno schema standard di contratto di fideiussione omnibus utilizzato poi da molte banche; tale schema conteneva alcune clausole che l’Autorità antitrust (all’epoca, Banca d’Italia per il settore creditizio) ha ritenuto frutto di un’intesa restrittiva della concorrenza tra banche, dichiarandole nulle ex lege antitrust. Ci si è chiesti, quindi, se i contratti di fideiussione “a valle” contenenti quelle clausole fossero a loro volta nulli (in tutto o in parte).

Ripercorriamo brevemente gli eventi chiave:

  • Provvedimento n. 55/2005 della Banca d’Italia: a seguito di un’istruttoria avviata nel 2003, quando la Banca d’Italia aveva poteri antitrust sul settore bancario, venne emanato il provvedimento n.55 del 2 maggio 2005 che accertò che lo schema ABI di fideiussione omnibus violava l’art. 2, comma 2, lett. a) della L. 287/90 (intese tra imprese atte a restringere la concorrenza). In particolare, la Banca d’Italia dichiarò che tre clausole di tale schema erano anticoncorrenziali, precisamente gli artt. 2, 6 e 8 dello schema ABI, corrispondenti a:
    • Art.2 (clausola di “reviviscenza”): prevedeva che “il fideiussore è tenuto a rimborsare alla banca le somme che la banca stessa avesse incassato in pagamento delle obbligazioni garantite e che dovessero essere restituite in seguito ad annullamento, inefficacia o revoca dei pagamenti stessi, o per qualsiasi altro motivo”. In pratica, se il debitore paga e poi quel pagamento viene meno (es. revocatoria fallimentare, annullamento), la banca può di nuovo pretendere dal fideiussore la somma (“reviviscenza” della garanzia).
    • Art.6 (clausola di deroga all’art. 1957 c.c.): disponeva che “i diritti derivanti alla banca dalla fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni credito verso il debitore, senza che la banca sia tenuta a escutere il debitore o il fideiussore entro i termini dell’art. 1957 c.c., che si intende derogato”. Quindi il fideiussore rinuncia espressamente al termine semestrale di decadenza; la banca non ha limiti temporali per chiedere pagamento.
    • Art.8 (clausola di sopravvivenza): stabiliva che “qualora le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fideiussione garantisce comunque l’obbligo del debitore di restituire le somme allo stesso erogate”. Cioè, se il contratto principale fosse nullo o annullato, il fideiussore garantisce comunque la restituzione di quanto ricevuto dal debitore (trasformando la garanzia in una di fatto debedo per indebito arricchimento).
    La Banca d’Italia concluse che queste tre clausole, applicate in modo uniforme da tutte le banche secondo lo schema ABI, restringevano la concorrenza (perché i clienti/garanti non avevano di fatto alternative contrattuali differenti tra banca e banca). Le dichiarò quindi nulle in quanto costituenti intesa vietata.
  • Conseguenze sugli “accordi a valle” (cioè i contratti di fideiussione firmati dai clienti): la legge antitrust (L. 287/90) prevede all’art. 2 che le intese vietate sono nulle “ad ogni effetto”, ma non era esplicitamente chiaro se tale nullità si estendesse automaticamente ai contratti conclusi a valle dell’intesa. Si aprì dunque un dibattito giuridico: un cliente-fideiussore, la cui fideiussione conteneva quelle clausole, poteva invocare la nullità del contratto (in tutto o in parte) per violazione della norma antitrust?
  • Orientamenti giurisprudenziali contrastanti (1999-2020): Nel corso degli anni, le corti si sono divise in tre principali orientamenti:
    1. Tesi risarcitoria (no invalidità contratti a valle): un primo filone riteneva che dalla violazione antitrust derivasse solo una tutela risarcitoria per i soggetti lesi, non l’invalidità dei contratti stipulati a valle. I contratti di fideiussione resterebbero validi, autonomi rispetto all’intesa illecita, e il cliente potrebbe al più chiedere i danni (ad es. per aver dovuto accettare clausole peggiori). Questa tesi si basava sull’idea che l’intesa anticoncorrenziale non incide sugli elementi essenziali del contratto finale e sulla lettera della legge 287/90 che dichiara nulle le intese ma non parla espressamente dei contratti attuativi.
    2. Tesi della nullità totale derivata: un altro orientamento, più “estremo”, sosteneva che i contratti a valle fossero integralmente nulli perché, in un mercato concorrenziale, né il cliente avrebbe firmato quelle clausole inique né la banca avrebbe stipulato senza poter contare su di esse. Le clausole viziate andrebbero considerate determinanti per il consenso ex art. 1419 c.c., rendendo illecito l’intero accordo e non solo le clausole stesse. Questa tesi punterebbe a privare di effetti tutti i contratti emanazione diretta dell’intesa illecita, quale sanzione più incisiva.
    3. Tesi della nullità parziale delle clausole: la posizione prevalente in giurisprudenza (e poi accolta dalla Cassazione) è stata quella di un compromesso: le singole clausole “ABI” incriminate devono considerarsi nulle (per illiceità dell’oggetto, contrasto con norma imperativa antitrust), ma il resto del contratto di fideiussione rimane valido. In pratica, si applica l’art. 1419 c.c. (nullità parziale) preservando il contratto depurato delle clausole anti-concorrenziali. Questa tesi, sostenuta da varie pronunce tra cui Cass. 29810/2017, Cass. 13846/2019, Cass. 24044/2019, evidenzia che sarebbe contrario alla ratio antitrust sanzionare l’intesa ma lasciare in piedi contratti che la riproducono integralmente: in tal modo la nullità “ad ogni effetto” prevista dalla legge 287/90 si estende alle clausole figlie di quell’intesa. Allo stesso tempo, però, non si punisce oltre misura eliminando l’intero contratto, soprattutto se questo può sopravvivere senza quelle clausole (principio di conservazione negoziale).
  • Intervento risolutivo delle Sezioni Unite (Cass. SS.UU. 30/12/2021 n. 41994): per dirimere i contrasti, la questione è stata rimessa alle Sezioni Unite civili, che con la sentenza n. 41994 del 30 dicembre 2021 hanno stabilito un principio di diritto molto chiaro: i contratti di fideiussione stipulati a valle di intese anticoncorrenziali accertate (come quella ABI 2003) sono “parzialmente nulli […] in relazione alle sole clausole che riproducono quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata, salvo che risulti una diversa volontà delle parti”. In sostanza, le SS.UU. hanno escluso la nullità totale del contratto fideiussorio, optando per la nullità delle sole clausole “incriminate” (artt. 2, 6, 8 schema ABI) inserite nel contratto, a meno che si dimostri che senza di esse le parti non avrebbero concluso l’accordo (onere della prova a carico di chi vuole far cadere tutto). La motivazione sottolinea il generale favore dell’ordinamento per la conservazione dei contratti (art. 1419 c.c.): dichiarare nullo solo ciò che è illecito soddisfa la finalità antitrust tutelando però l’interesse (pur meritevole) della banca a mantenere il resto della garanzia. Inoltre, le SU evidenziano che il giudice può rilevare d’ufficio questa nullità parziale delle clausole, anche se la domanda del fideiussore era di nullità totale – ma in tal caso deve invitare le parti a precisare le conclusioni in tal senso, altrimenti se la parte insiste a voler la nullità integrale e non accetta la parziale, la domanda andrà respinta. Questo perché il giudice non può andare ultra petita dichiarando una nullità parziale non richiesta se la parte rifiuta di adeguarsi (finezza processuale importante per gli avvocati fideiussori!).

Impatto pratico della decisione SU 41994/2021: Il risultato è che le fideiussioni omnibus contenenti le tre famigerate clausole ABI (reviviscenza, rinuncia termini ex art.1957, sopravvivenza) sono tuttora valide ed efficaci, ma senza quelle clausole. Il fideiussore, quindi, può legittimamente rifiutare l’applicazione di tali clausole in caso di escussione: ad esempio, se la banca pretenda pagamento nonostante sia decaduta ex art.1957 (senza aver notificato nulla entro 6 mesi), il fideiussore eccepirà che la clausola di rinuncia è nulla e lui si considera liberato; oppure, se il debitore ha pagato ma poi fallisce e il curatore chiede indietro il pagamento, la banca non potrà rifarsi sul fideiussore perché la clausola di reviviscenza è nulla, e così via.

Va detto, tuttavia, che la nullità parziale non libera completamente il fideiussore: elimina alcuni rischi e rende la sua posizione meno gravosa, ma la garanzia in sé rimane a copertura del debito. In pratica, la banca può ancora esigere dal fideiussore il dovuto, semplicemente dovrà rispettare le regole ordinarie (agire entro i termini, niente doppio pagamento se già riscosso, ecc.). Molti fideiussori speravano forse in una nullità totale per liberarsi interamente: le SU 2021 hanno deluso tale aspettativa, perseguendo un equilibrio di interessi.

Sviluppi successivi (2022-2025): Nonostante il principio fissato dalle SU, qualche incertezza residua è rimasta su ambiti di applicazione e condizioni probatorie. In particolare:

  • Fideiussioni specifiche: le SU parlavano di fideiussioni “a valle dell’intesa” riferendosi al caso di specie (omnibus). Ci si è chiesti se anche una fideiussione non omnibus (cioè a garanzia di un singolo contratto) che contenesse quelle clausole standard potesse beneficiare della nullità parziale antitrust. Alcune corti di merito inizialmente hanno detto di sì (nessuna differenza di trattamento: se le clausole ABI compaiono, sono nulle anche in fideiussioni specifiche), altre di no (limitato alle omnibus perché il provvedimento antitrust riguardava quel tipo). La Cassazione stessa nel 2024 ha emesso pronunce discordanti: alcune ordinanze del 2024 hanno escluso di estendere la nullità antitrust alle fideiussioni specifiche, mentre un’ordinanza (Cass. 27243/21.10.2024) ha osservato che le SU non richiedono espressamente la natura omnibus per applicare la nullità.
    La questione è stata chiarita a gennaio 2025, quando la Cassazione (Sez. III civ.) con tre provvedimenti ravvicinati (nn. 657, 660 e 675 del 2025) e la Sez. I civ. con l’ord. n. 1170/17.01.2025 hanno stabilito che la sanzione di nullità parziale non si estende alle fideiussioni specifiche, ma riguarda solo le omnibus oggetto del provvedimento antitrust. In altre parole, se una fideiussione garantisce un singolo mutuo e contiene quelle clausole, non si può automaticamente applicare la nullità antitrust perché l’intesa accertata concerneva lo schema omnibus. Resta tuttavia possibile invocare altre forme di tutela (es. vessatorietà se il garante è consumatore).
  • Limiti temporali dell’intesa: le pronunce di gennaio 2025 (in particolare Cass. 1170/2025) hanno posto un punto fermo importante: il provvedimento Banca d’Italia 2005 accerta un’intesa anticoncorrenziale pregressa, ma non si può presumere che quell’intesa sia continuata indefinitamente negli anni successivi. Quindi, per applicare la nullità antitrust, la fideiussione deve essere stipulata nell’arco temporale in cui vigeva l’intesa (grossomodo, tra il 2003 e il 2005, o poco oltre) oppure il fideiussore deve provare che anche dopo il 2005 c’era un’intesa simile in atto. Detto altrimenti: se ho firmato una fideiussione omnibus nel 2010 con clausole identiche a quelle ABI censurate, non posso automaticamente giovarmi del provvedimento del 2005 per dire “è nulla per antitrust”, a meno che non fornisca altra prova che la pratica anticoncorrenziale persisteva (il che può essere complesso). Questa puntualizzazione chiude la porta a un’applicazione troppo estensiva e “fuori tempo” della nullità antitrust. In pratica, le fideiussioni sottoscritte dopo il 2005 rischiano di essere valide, anche se con clausole identiche, perché magari ogni banca le ha mantenute di sua iniziativa e non per accordo (non essendoci più intesa formalmente).
  • Esatta corrispondenza delle clausole: un altro chiarimento delle Cass. 1170/2025 è che per invocare la nullità antitrust il contenuto delle clausole contestate nel contratto deve essere testualmente identico a quello dello schema ABI oggetto di sanzione. E inoltre deve esserci la compresenza di tutte e tre le clausole incriminate. Ciò perché il provvedimento del 2005 ravvisava l’illiceità nell’uso congiunto di quelle clausole uniformi. Se ad esempio un contratto avesse solo la clausola di rinuncia al 1957 ma non le altre due, potrebbe non integrare l’intesa vietata così come disegnata (e difatti alcune sentenze han ritenuto che la nullità antitrust scatti solo con tutte e 3 le clausole presenti).

In sintesi, ad oggi (giugno 2025) possiamo concludere che: la fideiussione omnibus conforme allo schema ABI 2003 è affetta da nullità parziale – le clausole di reviviscenza, rinuncia alla decadenza ex art.1957 e sopravvivenza sono nulle – purché la fideiussione sia stata stipulata nel periodo coinvolto dall’intesa o, se successiva, se ne provi la derivazione da analoga intesa. La nullità è di carattere assoluto (norma imperativa antitrust), quindi invocabile dal fideiussore e rilevabile d’ufficio. L’effetto per il fideiussore è di essere liberato dagli effetti di quelle clausole: ad es. potrà eccepire la decadenza se la banca è rimasta inerte, potrà sottrarsi a richieste di pagamento duplicato, ecc..

Va sottolineato che questa nullità antitrust non dipende dallo status di consumatore del fideiussore – è una tutela generale, sebbene nata a protezione soprattutto di clienti (spesso piccoli imprenditori o privati) che non avevano potuto negoziare le clausole a causa del cartello bancario.

Altri motivi di nullità o annullabilità della fideiussione

Oltre ai due grandi filoni di nullità visti (art.1938 e antitrust), esistono ulteriori possibili vizi del contratto di fideiussione che, se presenti, possono portare alla liberazione del garante. Elenchiamo i principali:

  • Vizi del consenso (error, dolo, violenza): Se il fideiussore ha prestato il consenso per errore essenziale, raggiro o costrizione, può chiedere l’annullamento del contratto ex artt. 1427 ss. c.c. (termine di 5 anni dalla scoperta del vizio). Ad esempio, si potrebbe configurare dolo se la banca o il debitore hanno ingannato il garante sulla reale portata dell’impegno, presentandolo come “pura formalità” o nascondendo informazioni vitali (situazione finanziaria già compromessa, ecc.). Oppure un errore essenziale potrebbe essere l’ignoranza su cosa sia una fideiussione (ma l’errore di diritto difficilmente è scusabile qui) o sulla natura omnibus illimitata se credeva fosse limitata (per errore sulla clausola, però c’è la firma…). La giurisprudenza è severa nel riconoscere errori in contratti chiari: difficile annullare per “non avevo capito cosa firmavo” se il testo era esplicito. Però in casi eclatanti (ad es. fideiussore analfabeta o con evidenti limiti di comprensione indotti in errore) potrebbe riuscire. Anche la violenza morale (minaccia) è ipotesi remota ma non impossibile: pensiamo a un amministratore di società costretto dai soci di maggioranza a firmare garanzie personali sotto minaccia di licenziamento, ecc. In questi casi estremi, l’annullamento libererebbe il garante retroattivamente. Da notare: mentre la nullità è o può essere rilevata d’ufficio, l’annullamento per vizi del consenso va domandato dal fideiussore in giudizio entro termini.
  • Contrarietà a norme imperative o ordine pubblico, oltre a quelle antitrust: qui rientrano ipotesi particolari. Ad esempio, se la fideiussione fosse collegata a un’operazione illecita (causa illecita), sarebbe nulla (ma allora è dubbio che il creditore la azioni in giudizio). Oppure se violasse norme speciali – un caso discusso: la fideiussione concessa in favore di un istituto finanziario non autorizzato, ecc. In pratica sono situazioni di nicchia.
  • Difetto di forma, simulazione: la fideiussione richiede la forma scritta ad probationem (non ad substantiam): significa che se manca il documento scritto, è difficilissimo provarne l’esistenza contro il fideiussore. In effetti, di norma la fideiussione è sempre scritta (spesso con autentica notarile in contesti bancari). Se ci fosse uno scollamento tra ciò che il fideiussore ha firmato e ciò che viene fatto valere (es. firma su modulo in bianco poi riempito diversamente), si potrebbe parlare di falso o di alterazione del contratto, che lo rende nullo o inefficace perché il consenso non copre il riempimento abusivo. Similmente, se risultasse che la fideiussione era simulata (per finta, magari per compiacere requisiti formali senza voler veramente impegnare il garante), potrebbe esser fatta valere la simulazione per negare effetti fra le parti, anche se verso la banca terza sarebbe difficile.
  • Incapacità del fideiussore: se il garante era legalmente incapace di agire (minorenne, interdetto) la fideiussione è annullabile o nulla a seconda dei casi. Idem se firmata da un rappresentante senza poteri (nullità per difetto di legittimazione).
  • Eccessiva onerosità sopravvenuta? Teoricamente, essendo contratto unilaterale e gratuito, non si applica la risoluzione per eccessiva onerosità (che riguarda contratti con prestazioni corrispettive). Quindi il fideiussore non può sciogliersi invocando cambiamenti imprevedibili – a meno di arrivare a chiedere aiuto ex art. 1467 analogico, ma la vedo ardua.
  • Cause di nullità “derivata” dall’obbligazione principale: se il debito principale è nullo per illiceità della causa o altro che coinvolga anche la garanzia, il fideiussore potrebbe non essere tenuto (perché l’inesistenza del debito travolge l’accessorio). Attenzione però: come visto, le banche si proteggevano con clausola di sopravvivenza (nulla). Quindi se ad esempio il contratto di finanziamento è nullo perché usurario (illiceità interessi), anche la fideiussione dovrebbe cadere per mancanza di causa (garantiva un debito nullo per causa illecita). In questi casi, spesso i giudici liberano il garante perché non può esserci garanzia di un illecito (tranne il caso del contratto autonomo di garanzia dove il garante paga comunque salvo illeciti penali).
  • Nullità per violazione del TUB (Testo Unico Bancario): ad esempio, la garanzia richiesta dalla banca potrebbe violare norme di trasparenza se imposta con modalità scorrette (ma ciò darebbe luogo a sanzioni, non invalidità, di solito). O ancora, taluno ha sostenuto che far firmare fideiussioni “fotocopia ABI” dopo che l’Antitrust le ha dichiarate intesa illecita potrebbe configurare pratica commerciale scorretta, ma sul piano civilistico si ricade nell’antitrust già discusso.

In pratica, a parte massimale e antitrust, gli altri motivi di invalidità sono più rari e di esito incerto. Vale però la pena che il fideiussore discuta con un legale se ci sono state circostanze anomale al momento della firma che possano costituire dolo o errore, perché in qualche caso si riesce ad ottenere l’annullamento. Ad esempio, ci sono state cause in cui il garante dimostrava di essere stato costretto dall’istituto a firmare senza spiegazioni dettagliate, oppure di aver firmato miriadi di fogli senza capire di aver firmato anche una fideiussione – talora i giudici hanno sindacato queste situazioni riconoscendo la non volontarietà del consenso.

Clausole vessatorie e fideiussore consumatore: tutela ex Codice del Consumo

Un capitolo a parte merita l’applicazione delle norme a tutela del consumatore alle fideiussioni omnibus, qualora il fideiussore agisca per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale. È frequente che il garante sia, ad esempio, un genitore pensionato che garantisce i debiti della società del figlio, oppure un amico che garantisce un mutuo altrui senza trarne profitto: questi soggetti potrebbero qualificarsi come consumatori rispetto al contratto di fideiussione con la banca (che è “professionista”). La giurisprudenza ha ormai riconosciuto che la qualità di consumatore del fideiussore va valutata in base alla sua posizione soggettiva, indipendentemente dalla natura del debitore garantito: quindi anche se il debito è di natura imprenditoriale (es. fido a una società), il garante persona fisica estraneo professionalmente a quell’attività è consumatore.

Cosa comporta ciò? Principalmente, che si possono sindacare le clausole vessatorie del contratto di fideiussione ai sensi degli artt. 33 e ss. Codice del Consumo. Le clausole non trattate individualmente col consumatore, che creano uno squilibrio a suo danno, sono nulle. L’elenco dell’art. 33 contiene una serie di clausole presuntivamente vessatorie. Nel contesto delle fideiussioni bancarie, diverse clausole tipiche possono essere esaminate sotto questa lente: ad esempio, la clausola di deroga al termine ex art.1957 c.c. (che priva il fideiussore di una protezione di legge) è stata giudicata vessatoria dal Tribunale di Cagliari nel 2024, in quanto genera un “sicuro squilibrio” tra banca e consumatore. Infatti, l’art. 33, comma 2, lett. t) Cod. Cons. considera vessatoria la clausola che “esclude o limita le azioni o i diritti del consumatore in caso di inadempimento totale o parziale […] del professionista”. La rinuncia al termine di decadenza ex art.1957 c.c. rientra proprio in tale categoria: impedisce al garante-consumatore di liberarsi se la banca trascura di agire tempestivamente, spostando su di lui conseguenze dell’inerzia del professionista. Il tribunale ha quindi dichiarato nulla questa clausola in un caso di fideiussione omnibus con garante consumatore.

Analogamente, anche la clausola di sopravvivenza potrebbe essere vessatoria, perché impone al consumatore un obbligo anche se il contratto principale è invalido (squilibrio grave). E la clausola di reviviscenza addossa al consumatore rischi derivanti da vicende estintive non imputabili a lui, pure potenzialmente vessatoria.

È importante notare che la nullità per vessatorietà colpisce la singola clausola e non l’intero contratto (art. 36 Cod. Cons.), salvo che la clausola in questione sia tale da snaturare il contratto (ma in genere qui si tratta di singole pattuizioni). Il giudice può rilevare d’ufficio la natura abusiva di clausole a favore del consumatore, anche in sede esecutiva, secondo i principi UE recepiti di recente dalla Cassazione. Ad esempio, se la banca ottiene un decreto ingiuntivo contro fideiussore consumatore, il giudice dell’esecuzione può (anzi deve) verificare se nel contratto ci siano clausole vessatorie non esaminate prima, e avvisare il consumatore della possibilità di opposizione tardiva (questo sulla scorta di Cass. SU 9479/2023 citata nella nota).

In sostanza, la normativa consumeristica offre un ulteriore strato di protezione al fideiussore persona fisica “debole”, consentendo di eliminare dal contratto le condizioni inique anche al di là di quelle tre clausole ABI note. Ad esempio, se vi fosse una clausola che permette alla banca di modificare unilateralmente le condizioni della fideiussione senza motivo, sarebbe vessatoria; o una clausola che esonera la banca dall’informare il garante di qualsiasi fatto rilevante (squilibrio contrattuale), ecc.

Ovviamente, questa tutela si applica solo se il fideiussore è un consumatore. Se il garante è egli stesso un imprenditore che agisce nell’ambito della sua attività (es. un amministratore che garantisce un prestito alla propria azienda, o un socio al finanziamento sociale con evidente interesse imprenditoriale), non è considerato consumatore e non può invocare le clausole vessatorie.

Da segnalare una particolare questione affrontata dalla giurisprudenza: il socio di società garantito è consumatore? Ad esempio, socio di Srl che garantisce debiti della Srl. Tendenzialmente la risposta recente è sì, se il socio non è in posizione di controllo di tipo imprenditoriale, ma lo scenario può variare. Comunque, quando possibile, vale la pena per il fideiussore-consumatore verificare con un avvocato la presenza di clausole abusive nel contratto e azionare tale nullità in aggiunta o alternativa alle altre eccezioni.

Esempio pratico: Mario, padre pensionato, firma come fideiussore omnibus per i fidi bancari della Srl del figlio. La fideiussione include clausola di rinuncia all’art.1957 e sopravvivenza. Nel 2023 la banca gli chiede €50.000 dopo 2 anni dalla chiusura del conto, senza aver fatto atti entro 6 mesi. Mario, essendo consumatore, potrà eccepire che la clausola di rinuncia al termine è vessatoria ex art.33 Cod. Cons. e nulla: di conseguenza, la banca avendo atteso troppo, è decaduta e lui non deve pagare. In parallelo, potrebbe anche menzionare la nullità antitrust di quella clausola (essendo una delle tre ABI) se applicabile temporalmente. Dunque, i diversi regimi normativi possono cumularsi.

Fatti del creditore che liberano il fideiussore (artt. 1955, 1956 c.c. e decadenza art.1957)

Oltre alle cause di invalidità intrinseche del contratto, vi sono situazioni in cui comportamenti o omissioni del creditore determinano per legge la liberazione (totale o parziale) del fideiussore. Sono ipotesi importanti, benché talora ignorate dai garanti, che costituiscono difese efficaci in caso di escussione. Analizziamo le principali:

1. Liberazione ex art. 1955 c.c. (per fatto del creditore che pregiudica la surrogazione):
Come già riassunto, l’art. 1955 c.c. stabilisce che se il creditore con un suo comportamento fa sì che il fideiussore perda in tutto o in parte i diritti di subrogazione, garanzia o regresso verso il debitore o altri co-obbligati, il fideiussore è liberato per l’importo corrispondente al valore dei diritti persi. In pratica qui si tutela il garante dal rischio che la banca, negligentemente o volutamente, diminuisca le possibilità di recupero del fideiussore nei confronti di chi dovrebbe poi rimborsarlo.

Esempi tipici:

  • La banca diminuisce le garanzie reali sul debitore: ad es. senza motivo accetta di cancellare un’ipoteca sul bene del debitore o svincola un pegno, riducendo le cauzioni disponibili. Così facendo, se poi il fideiussore paga, non potrà più rivalersi su quei beni perché la banca li ha liberati. Il fideiussore in tal caso è liberato fino a concorrenza del valore di quell’ipoteca/pegno tolto (oppure potrebbe rifiutarsi di pagare quell’importo, costringendo la banca a subire la propria scelta).
  • La banca omette di tempestivamente vantare i propri diritti in sede concorsuale, facendo perdere chance al fideiussore: ad esempio non insinua il proprio credito al passivo fallimentare del debitore, così il fideiussore che paga non può surrogarsi in nulla (perché ormai il fallimento è chiuso). Anche questo può essere visto come fatto colposo del creditore che libera il garante. La giurisprudenza però è oscillante sull’applicabilità di art.1955 a omissioni come questa (spesso si intreccia con art.1957).
  • Il creditore accorda remissioni di debito o transazioni svantaggiose col debitore senza coinvolgere il garante: se la banca riduce il debito del debitore sostanzialmente dilapidando parte del credito, il fideiussore potrebbe dire “mi hai privato in parte del mio regresso” per la quota condonata. L’art.1955 potrebbe applicarsi per la parte condonata (anche se la banca solitamente in transazione fa salvi i diritti contro i garanti, ma ciò confligge con surrogazione – questione sottile).
  • Il creditore accetta modifiche del rapporto che aggravano il debito garantito o cambiano posizione di garanzie: qui entra più l’art. 1956 per aggravamento del rischio, di cui ora parliamo.

In sintesi, l’art. 1955 si focalizza su atti del creditore che intacchino i diritti che il garante avrebbe avuto dopo aver pagato. Se ciò avviene, il garante è protetto liberandolo in tutto/in parte. Questa è una eccezione che il fideiussore può sollevare quando la banca agisce contro di lui. Ad esempio: “Non devo pagare perché la banca ha liberato l’ipoteca X sul debitore, pregiudicando la mia surroga, quindi ex art.1955 sono sciolto per quell’importo”. Bisogna provare il fatto del creditore e il danno subito. La banca per evitare la liberazione dovrebbe dimostrare che il fideiussore comunque avrebbe potuto soddisfarsi altrimenti (es. c’erano altre garanzie sufficienti). Dunque c’è un profilo probatorio non banale: onere del fideiussore provare il fatto e il nesso causale di pregiudizio.

2. Liberazione ex art. 1956 c.c. (credito a debitore peggiorato senza consenso del fideiussore):
Questa norma, specifica per obbligazioni future, è pensata proprio per le fideiussioni omnibus in contesto bancario. Dice che se la banca (creditore) conosce che il debitore è peggiorato economicamente in modo significativo, tanto da rendere più difficile il recupero del credito, non deve accordargli nuovo credito senza avvisare il fideiussore e ottenere autorizzazione. Se lo fa lo stesso (concede ulteriore fido o continua a far utilizzare il fido, aggravando l’esposizione) senza informare il garante, allora il fideiussore non risponde dei debiti conseguenti a quel nuovo credito concesso. In pratica il garante è liberato per l’aumento di esposizione avvenuto oltre quel punto di peggioramento noto al creditore.

La ratio è evidente: il fideiussore presta la garanzia confidando che la banca gestisca con diligenza il credito; se la situazione del debitore precipita e la banca, invece di bloccare il credito, continua ad erogare denaro facendo crescere il buco (magari sperando di recuperare interessi, ecc.), non è giusto che questo aggravio ricada sul garante inconsapevole. La banca avrebbe dovuto dire: “Caro fideiussore, il debitore sta andando male, posso continuare a finanziarlo? Me lo garantisci lo stesso?” Oppure bloccare l’utilizzo. Se non lo fa, paga pegno perdendo la garanzia per quella parte.

Applicazione pratica di art.1956: questo articolo genera molto contenzioso soprattutto in relazione ai conti correnti affidati e anticipi. La situazione classica: un’azienda garantita da fideiussione va in crisi; la banca se ne accorge (bilanci in rosso, protesti, insoluti) ma invece di revocare subito il fido, lo tiene in vita, magari permette di sforare, capitalizza interessi, ecc., finché la posizione diventa irrimediabilmente scoperta per un importo ben maggiore di quello iniziale. Poi l’azienda fallisce e la banca si rivale sul garante per l’intero. Ebbene, il garante dirà: “la banca conosceva il peggioramento e ha colpevolmente tollerato/aggravato l’esposizione senza chiedermi nulla, quindi ex art.1956 non devo coprire questo aggravio”.

Per vincere questa eccezione, il fideiussore deve dimostrare:

  • Che c’è stato un peggioramento significativo delle condizioni patrimoniali del debitore dopo la stipula della fideiussione (es. perdite pesanti, insolvenze, eventi negativi obiettivi).
  • Che la banca era a conoscenza di tale peggioramento mentre concedeva nuovo credito (o manteneva operatività che di fatto era nuovo credito). La conoscenza spesso si desume da elementi: protesti noti, segnalazioni in Centrale rischi, bilanci depositati, comunicazioni del debitore, ecc.
  • Che la banca ha concesso nuovo credito nonostante ciò, senza ottenere speciale autorizzazione dal fideiussore. Su cosa sia “nuovo credito” la giurisprudenza include anche la semplice mantenimento dell’apertura di credito che consente ulteriori utilizzi. Ad esempio, se il fido era 100 e il debitore era a 90, poi peggiora e comunque la banca gli lascia utilizzare fino a 100, quell’ultima parte utilizzata dopo il peggioramento è considerata credito concesso in violazione dell’art.1956 (non serve che aumenti il fido, basta che non lo riduca tempestivamente).

In una recente Cassazione (ord. 5017/17.02.2023) si è affermato un importante principio ampliando gli obblighi della banca: non appena la banca viene a conoscenza di un significativo peggioramento patrimoniale del debitore in un rapporto di apertura di credito, essa ha il dovere, verso il fideiussore, di interrompere immediatamente ulteriori utilizzi del credito (bloccando il conto) oppure di avvisare il fideiussore per ottenere una sua autorizzazione a proseguire, pena la perdita di efficacia della garanzia. Questo sottolinea che l’obbligo art.1956 è stringente: appena sai che il cliente è peggiorato drasticamente, o chiudi il rubinetto o chiedi il consenso al garante; se continui ad erogare senza far nulla, perdi la garanzia sulla parte nuova. Inoltre, quella Cassazione chiarisce che il dovere sorge solo dal momento in cui la banca ha consapevolezza del peggioramento significativo – prima di allora, se il peggioramento non era evidente, la banca non può essere biasimata.

Un esempio concreto: la banca sa che il debitore ha subito un pignoramento e ha perdite di esercizio notevoli (segni di crisi). Nonostante ciò, gli rinnova il fido all’importo precedente anziché ridurlo. Il debitore aumenta l’esposizione approfittando del rinnovo. La banca non informa il garante. Poi il debitore fallisce. La banca chiede 200 al fideiussore. Ebbene, se prima del peggioramento l’esposizione era 120 e poi è salita a 200 mentre la banca avrebbe dovuto bloccare, il garante potrà essere liberato quantomeno per i 80 di aggravio, se non per l’intero (a seconda di come il giudice valuta il nesso).

La giurisprudenza in alcune pronunce ha considerato che la violazione di art.1956 comporta liberazione totale se l’obbligazione futura era intesa come l’intera linea di credito con cui si è mantenuto il rapporto, oppure parziale se distinguibile una parte. Spesso si tende a dire: tutti i debiti sorti dopo il momento X di conoscenza sono scoperti da garanzia.

Va detto che le banche talvolta inseriscono nei contratti di fideiussione una sorta di “autorizzazione preventiva” del fideiussore alla concessione di nuovi crediti o al mantenimento anche in caso di peggioramento (una clausola che cerca di neutralizzare l’art.1956). La validità di tale clausola non è pacifica: potrebbe essere considerata nulla se generale e in bianco, perché frustra una norma di ordine pubblico. Alcune sentenze l’hanno ritenuta inefficace, altre l’hanno ammessa se circostanziata. In ogni caso, se il fideiussore firma di proprio pugno un’autorizzazione (ad es. “autorizzo sin d’ora la banca a mantenere o aumentare i fidi al debitore anche in caso di suo peggioramento”), potrebbe aver perso la facoltà di invocare l’art.1956. Ma la gran parte dei contratti non contiene una tale rinuncia (a differenza dell’art.1957 che viene espressamente derogato, l’art.1956 di solito no, perché già la logica è che al verificarsi del peggioramento o chiedi il consenso o niente; quindi un consenso “in bianco” da subito sarebbe dubbio, salvo forse farlo firmare specificamente come clausola aggiuntiva).

3. Decadenza ex art. 1957 c.c.:
Questa è la norma che prevede: “Il fideiussore è liberato se il creditore non propone le sue istanze (giudiziali) contro il debitore entro 6 mesi dalla scadenza dell’obbligazione principale, salvo che il fideiussore abbia rinunciato a tale beneficio”. Inoltre, iniziata l’azione tempestiva, il creditore deve proseguirla con diligenza, altrimenti il fideiussore si libera per la parte di pregiudizio derivatane.

In parole semplici, se il debitore non paga una certa obbligazione e la banca lascia passare oltre sei mesi senza agire in via giudiziale (ingiunzione, causa o esecuzione), il fideiussore può considerarsi libero da quell’obbligazione non tempestivamente perseguita. Questa decadenza opera di diritto, ma è disponibile: si può pattuire che il fideiussore vi rinunci. E tutte le fideiussioni bancarie omnibus contengono effettivamente una clausola di rinuncia al beneficio del termine ex art.1957. Dunque, nella prassi, i garanti omnibus non possono quasi mai invocare la decadenza, perché l’hanno contrattualmente esclusa.

Ci sono però due scenari in cui l’art.1957 torna utile:

  • Se, per qualche ragione, la fideiussione non includeva la clausola di rinuncia (ipotesi rara in ambito bancario, ma mai dire mai – magari in un contratto redatto male o tra privati). In tal caso, il fideiussore può eccepire la decadenza se la banca è stata pigra. Ad esempio: Tizio garantisce il pagamento di una cambiale scaduta il 1 gennaio; la banca non fa nulla fino a oltre 6 mesi, poi cita Tizio a settembre – Tizio, se non aveva rinunciato, è libero.
  • Se la clausola di rinuncia c’è ma viene dichiarata nulla per uno dei motivi visti sopra:
    • Nullità antitrust (se rientra nello schema ABI ed è quell’art.6) – e in effetti lo è, parzialmente nulla ex provv. BI 2005 e Cass. SU 2021;
    • Nullità vessatoria per fideiussore consumatore.

In entrambi i casi la clausola viene espunta dal contratto, e quindi si riespande la disciplina legale dell’art.1957 a favore del fideiussore. Ciò può condurre alla liberazione del garante se la banca ha dormito.

Ad esempio, la Cassazione in SU 2021 ipotizzava esattamente questo: eliminate le clausole illecite, la posizione del garante si alleggerisce perché recupera anche il beneficio di escussione tempestiva. Allo stesso modo, nel caso di Trib. Cagliari 2024, ritenuta vessatoria la clausola di rinuncia, il giudice ha considerato la banca decaduta perché aveva ottenuto un decreto ingiuntivo oltre i 6 mesi senza motivare sul punto.

Computo del termine di 6 mesi: decorre dalla scadenza dell’obbligazione principale. In un rapporto di conto corrente a revoca, quando è la “scadenza”? Spesso si fa riferimento alla chiusura del conto o alla revoca del fido. Su un mutuo: sei mesi dalla scadenza dell’ultima rata non pagata o dalla scadenza finale se vi è decadenza dal termine. Insomma, i casi variano. Inoltre, basta che la banca entro 6 mesi notifichi un decreto ingiuntivo o atto equivalente al debitore principale, per interrompere la decadenza. Non è necessario agire anche contro il fideiussore in quel termine – l’importante è non lasciar inerti le proprie pretese. Comunque, se c’è stata rinuncia contrattuale, la banca può stare tranquilla e agire pure dopo anni (compatibilmente con la prescrizione, che è un altro tema: tipicamente 10 anni).

Da quanto sopra, appare che art.1957 è effettivo strumento solo grazie alla combinazione con la nullità antitrust o consumer: infatti in assenza di tali profili, la clausola di rinuncia inserita in contratto è generalmente considerata valida (per contratti tra professionisti, o persona giuridica garante). Alcuni avevano provato a dire che la clausola di rinuncia ex art.1957 fosse nulla per contrarietà ad una norma imperativa, ma la Corte Costituzionale nel 1977 ne ha sancito la legittimità. In ambito impresa vs impresa, non c’è scappatoia. Invece ora il consumatore ha la sua via, come visto.

Riassumendo i tre articoli in forma tabellare:

NormaCondotta del creditoreEffetto sul fideiussore
Art. 1955 c.c. – Perdita garanzie di regressoIl creditore, con fatto proprio, causa la perdita o diminuzione delle garanzie su cui il fideiussore avrebbe potuto rivalersi (es: rinuncia a ipoteca, non escute un coobbligato, ecc.)Liberazione del fideiussore per l’importo corrispondente al valore delle garanzie perdute. (Può essere liberazione totale se il fatto rende impossibile ogni regresso)
Art. 1956 c.c. – Concessione imprudente di nuovo creditoIl creditore concede credito (o permette utilizzi di fido) al debitore già peggiorato, sapendo del peggioramento, senza informare e senza consenso del fideiussoreEsclusione della garanzia sui crediti sorti da tale concessione. Il fideiussore non è obbligato per l’aggravamento di esposizione successivo. Potenzialmente liberazione totale se tutto il debito è frutto di quell’aggravamento; altrimenti parziale.
Art. 1957 c.c. – Decadenza per inerziaIl creditore non agisce giudizialmente contro il debitore principale entro 6 mesi dalla scadenza del debito (o non prosegue l’azione con diligenza)Liberazione del fideiussore rispetto a quell’obbligazione (decadenza dalla garanzia). Clausola derogabile: spesso è rinunciata dal fideiussore, salvo nullità della rinuncia.

Nota bene: Il fideiussore, quando viene escusso, può cumulare queste eccezioni se ne ricorrono i presupposti. Ad es., può eccepire sia la nullità di una clausola, sia la decadenza, sia la liberazione ex art.1956, in via gradata o concorrente. È compito del giudice valutare ciascuna (molte sono indipendenti l’una dall’altra). Naturalmente, se viene accolta una che estingue l’intera obbligazione di garanzia, le altre diventano superflue.

Aspetti processuali e pratici per far valere le proprie ragioni

Dopo aver esaminato tutti i possibili motivi per cui un fideiussore omnibus può ottenere la liberazione, è utile spendere qualche parola su come e quando farli valere in concreto.

In via stragiudiziale (trattativa con la banca): Se il fideiussore intende liberarsi senza contenzioso, può cercare un dialogo con la banca. In alcune situazioni la banca stessa potrebbe acconsentire, ad esempio:

  • se il debitore offre garanzie alternative;
  • se il fideiussore è diventato poco affidabile e la banca preferisce un altro garante o ridurre l’esposizione;
  • per mantenere una buona relazione col cliente.

Pertanto, prima di passare alle vie legali, il garante può inviare una comunicazione alla banca evidenziando le ragioni per cui ritiene di dover essere liberato (es. “il contratto di fideiussione contiene clausole nulle secondo Cassazione, vi chiedo di prendere atto della cessazione della garanzia…” oppure “con la presente esercito diritto di recesso e contesto inoltre la validità della clausola XYZ…”). Più avanti forniremo modelli di lettere in tal senso. Questa mossa serve anche a mettere agli atti la posizione del garante, utile nell’eventuale fase successiva di contenzioso.

Ambito giudiziale: Normalmente, il fideiussore farà valere le proprie ragioni:

  • in via di eccezione, se la banca agisce contro di lui (es. la banca notifica decreto ingiuntivo o atto di citazione al garante; il garante si oppone eccependo nullità, decadenze, ecc. come difesa per evitare il pagamento);
  • oppure tramite un’azione dichiarativa promossa dal fideiussore stesso, ad esempio se vuole accertare la nullità della fideiussione o la sua cessazione, magari per prevenire azioni della banca (meno frequente ma possibile: es. il garante chiede al tribunale di dichiarare nulla la fideiussione per violazione antitrust, così da essere tranquillo).

In giudizio, alcune di queste questioni sono di diritto e possono essere sollevate d’ufficio (es. nullità antitrust, nullità per massimale, vessatorietà se evidente ecc.), ma è sempre prudente che sia il fideiussore a sollevarle espressamente. Soprattutto, come dicevamo, occhio al profilo processuale messo in luce dalle SU 2021: se il fideiussore chiede solo la nullità integrale per antitrust e non anche quella parziale, e poi il giudice ravvisa solo la parziale, deve invitare a modificare la domanda; se il fideiussore non lo fa (magari per malinteso), rischia di vedersi respinta l’azione. Quindi, conviene formulare le domande in via graduata: prima nullità totale, in subordine parziale.

Onere della prova: in linea generale:

  • Chi invoca una nullità deve provare i fatti costitutivi se non già documentali. Nel caso antitrust, serve produrre il provvedimento Banca d’Italia 2005 e il contratto di fideiussione per confrontare le clausole. Attenzione: Cass. 1170/2025 ha precisato che il provvedimento antitrust non rientra tra i fatti di cui il giudice può prendere conoscenza d’ufficio (iura novit curia), ma va prodotto dalla parte. Dunque l’avvocato del fideiussore deve allegarlo come documento, altrimenti non potrà giovarsene pienamente.
  • Il fideiussore che eccepisce art.1956 deve provare il peggioramento del debitore e la conoscenza da parte della banca. Questo spesso richiede documenti: bilanci, segnalazioni, comunicazioni, atti pregressi. Le banche difendendosi talvolta negano la conoscenza o minimizzano il peggioramento. Il giudice valuterà le circostanze: ad esempio, insoluti ripetuti sul conto, o trasformazioni societarie (in Cass. 2023 citata, si discuteva se la trasformazione da sas a srl fosse peggioramento: si concluse di no, di per sé no). Quindi occorrono prove fattuali solide.
  • Art.1955: qui serve dimostrare il fatto della banca (es. lettera di svincolo garanzia, atto di transazione, ecc.) e l’impatto (il valore della garanzia persa, etc.).
  • Clausole vessatorie: il contratto parla da sé; se il fideiussore è persona fisica, bisogna magari dimostrare che è consumatore (ad esempio lui era mero familiare e non amministratore). Se la controparte contesta la qualità di consumatore, si guarderanno le circostanze (il fideiussore deve provare di non aver interesse imprenditoriale, a grandi linee).

Prescrizione delle azioni: le eccezioni di nullità non prescrivono (la nullità è imprescrittibile, salvo il limite dell’avvenuta esecuzione del contratto). Le azioni di annullamento hanno termine 5 anni. Le eccezioni ex art.1955-57 vanno fatte valere all’atto opportuno, non c’è proprio prescrizione ma decadenze intrinseche (es. la decadenza ex 1957 se non era rinunciata può “giocarsi” solo se si è verificata nei tempi previsti).

Arbitro Bancario Finanziario (ABF): Il fideiussore potrebbe anche rivolgersi all’ABF prima del giudizio, per questioni relative a rapporti bancari. Tuttavia, l’ABF tende a non decidere questioni di merito complesse o di validità contrattuale – su nullità di clausole e affini, spesso dichiara la non competenza (perché sarebbero questioni da giudice). Può essere utile per reclami su cattiva informazione o simili, ma per far dichiarare nulla una fideiussione non è lo strumento giusto. Va comunque segnalato che alcune decisioni ABF hanno riconosciuto ad esempio il diritto del fideiussore ad essere informato ex art.1956, ma essendo pronunce di equità con efficacia limitata, preferiamo qui concentrarci sulla via giudiziaria.

In conclusione, dal punto di vista pratico il fideiussore che intende liberarsi deve:

  1. Analizzare il suo contratto con un legale, individuando possibili vizi o clausole problematiche (antitrust, consumer, ecc.).
  2. Monitorare il comportamento della banca: se il debitore peggiora, tenere traccia di cosa fa la banca (ha ridotto fidi? no? allora c’è margine art.1956); se la banca rilascia garanzie o ritarda azioni, annotarlo (art.1955 e 1957).
  3. Agire al momento opportuno: esercitare recesso quando conviene; eccepire nullità e decadenze non appena la banca avanza pretese. Non aspettare passivamente. In tal senso, magari prevenire inviando diffide può mettere pressione alla banca e talvolta portarla a un tavolo di trattativa.

Nei prossimi paragrafi forniremo alcuni modelli di lettere/istanze utili e risponderemo in forma di Q&A ad alcune domande frequenti per consolidare la comprensione.

Modelli pratici di istanze e lettere

Di seguito presentiamo alcuni modelli esemplificativi di comunicazioni che un fideiussore (o il suo legale) può utilizzare per perseguire la liberazione dalla garanzia. Si raccomanda di adattarli al caso concreto, inserendo i dati specifici e le clausole pertinenti.

Modulo 1: Lettera di recesso dalla fideiussione omnibus

Da inviarsi alla banca per comunicare il recesso dal contratto di fideiussione omnibus, ai sensi della relativa clausola contrattuale o, in mancanza, dell’art. 1373 c.c. La lettera va inviata con raccomandata A/R o PEC e firmata dal fideiussore (o dal suo procuratore).

Oggetto: Recesso dalla fideiussione omnibus n. ___ del ______ (cliente garantito: ____)
Mittente: [Nome e cognome del fideiussore], nato a ___ il ___, residente in ___, C.F. ___ (eventuale: rappresentato dall’Avv. )
Destinatario: [Nome Banca] – [indirizzo PEC] / [indirizzo sede]

Egregi Signori,
il sottoscritto ___ in qualità di fideiussore garante delle obbligazioni assunte da ___ nei Vostri confronti con contratto di fideiussione omnibus n.
stipulato in data , con presente comunicazione esercita il proprio diritto di recesso dal suddetto contratto di fideiussione, ai sensi dell’art. ___ delle condizioni contrattuali (ovvero, in mancanza di espressa pattuizione, ai sensi dell’art. 1373 c.c. applicabile ai contratti di durata indeterminata).
Il recesso ha effetto immediato (oppure: ha effetto decorsi ___ giorni dalla ricezione della presente, come da clausola contrattuale) e comporta che alcuna nuova operazione o obbligazione successiva alla data odierna sarà coperta dalla suddetta garanzia. Resta inteso che la mia obbligazione di garante permane, nei limiti pattuiti, esclusivamente a garanzia delle esposizioni e obbligazioni già sorte o assunte dal debitore principale entro la data di efficacia del recesso.
Vi invito pertanto a non considerarmi vincolato per operazioni o affidamenti che il Vs. istituto dovesse concedere al debitore garantito successivamente alla data di efficacia del recesso, e a voler conseguentemente aggiornare le Vostre evidenze interne.
Richiesta liberatoria: Contestualmente, chiedo che mi sia rilasciata una dichiarazione liberatoria relativa alla fideiussione in oggetto, non appena il debitore principale avrà estinto le obbligazioni attualmente garantite (saldo attuale €
). Resto a disposizione per collaborare a una gestione ordinata della fase di uscita dalla garanzia, incluso l’eventuale subentro di altro garante da Voi gradito.
In attesa di un Vostro riscontro scritto, porgo distinti saluti.

Luogo e Data: ___
Firma: ________________ (fideiussore)

Ricevuta di ritorno: Si prega di restituire copia firmata per ricevuta e accettazione.

(Allegare eventuale copia del contratto di fideiussione, se richiesto dalla banca per rintracciare la posizione. Conservare le ricevute.)

Modulo 2: Richiesta di liberazione della fideiussione per intervenuta estinzione del debito

Da inviare quando il debito principale è estinto (ad es. mutuo interamente pagato, conto chiuso a saldo zero) per ottenere conferma scritta della liberazione del fideiussore.

Oggetto: Richiesta liberatoria – Fideiussione omnibus n.___ relativa al rapporto ___ estinto
Mittente: [Fideiussore – generalità]
Destinatario: [Banca/Finanziaria]

Spett.le [Banca],
con riferimento alla fideiussione omnibus n.___ sottoscritta dal sottoscritto in data ___ a garanzia delle obbligazioni di ___ (debitore principale) verso codesto Istituto, Vi comunico che in data ___ il rapporto garantito (conto corrente n.___ / mutuo n.___ / etc.) risulta definitivamente estinto a seguito del pagamento integrale di ogni dovuto. Si allegano copia degli ultimi documenti attestanti il saldo zero / quietanza di pagamento finale.
Pertanto, essendosi completamente estinta l’obbligazione principale, ai sensi dell’art. 1939 c.c. e delle condizioni contrattuali, cessa anche la garanzia fideiussoria in oggetto. Vi chiedo cortesemente di voler predisporre ed inviarmi una dichiarazione liberatoria attestante che il sottoscritto è liberato da ogni impegno di garanzia nei Vostri confronti derivante dal citato contratto di fideiussione, per intervenuta estinzione dell’obbligazione garantita.
Inoltre, qualora nei Vostri archivi risultasse ancora attiva la posizione di garanzia, Vi invito ad aggiornarla, rimuovendo ogni segnalazione o vincolo eventualmente esistente (es: eventuali segnalazioni in Centrale Rischi Bankitalia come “garante” – queste andranno eliminate a cessazione avvenuta).
In caso fossero necessarie ulteriori formalità da parte mia (ad es. restituzione di originale del contratto recante quietanza di svincolo), sono a disposizione per adempiere quanto occorre.
Confidando in un pronto riscontro, porgo distinti saluti.

Luogo, data
Firma del fideiussore

(Allegati: copia documenti attestanti estinzione del debito – es. lettera di svincolo ipoteca, quietanza, estratto conto finale.)

Modulo 3: Lettera di contestazione/nullità clausole fideiussione (antitrust e/o vessatorie)

Da utilizzare quando il fideiussore intende mettere in mora la banca su profili di nullità della fideiussione (ad esempio clausole nulle antitrust), magari per cercare di ottenere una liberazione volontaria o per preparare la difesa. Questa lettera può essere inviata anche a seguito di una richiesta di pagamento ricevuta dalla banca, per rispondere formalmente contestando la validità del titolo di garanzia.

Oggetto: Fideiussione omnibus n.___ – Contestazione e messa in mora su nullità clausole contrattuali
Mittente: [Fideiussore/Avvocato fideiussore]
Destinatario: [Banca] – Ufficio Legale

Spett.le [Banca],
il sottoscritto ____, in qualità di fideiussore del rapporto di ___ intestato a , garantito con fideiussione omnibus n. del ____, con la presente intende formalmente contestare la validità di alcune clausole contenute nel predetto contratto di fideiussione, e conseguentemente la Vostra pretesa di escutere il fideiussore oltre i limiti di legge. In particolare segnalo che:
– Il contratto di fideiussione in oggetto riproduce pedissequamente le clausole nn. 2, 6 e 8 dello schema ABI 2003 (relative rispettivamente a “reviviscenza dei pagamenti”, “deroga art.1957 c.c.” e “sopravvivenza della garanzia in caso di invalidità obbligazione principale”). Tali clausole sono state dichiarate nulle per violazione della normativa antitrust (intesa restrittiva della concorrenza) dal provvedimento n. 55/2005 di Banca d’Italia, confermato da consolidata giurisprudenza di Cassazione (cfr. Cass. SS.UU. 41994/2021). Pertanto, dette clausole devono considerarsi espunte dal contratto ai sensi dell’art. 1419 c.c., non producendo effetti nei miei confronti. In concreto: mi riservo di opporre la decadenza ex art.1957 c.c., non avendo validamente rinunciato a tale termine; non riconosco alcun obbligo di pagamento per somme che la Vs banca abbia eventualmente già incassato dal debitore (coperte da reviviscenza); né potrò essere tenuto a garantire obblighi derivanti da invalidità del contratto principale.
– Inoltre (qualora rilevante, se fideiussore è consumatore): il sottoscritto riveste la qualifica di consumatore rispetto al contratto di fideiussione, non avendo stipulato lo stesso nell’esercizio di attività d’impresa o professionale. Diverse clausole contenute nella fideiussione risultano vessatorie ai sensi del Codice del Consumo, tra cui in particolare la clausola di rinuncia ai termini ex art.1957 c.c., che squilibra gravemente il mio rapporto con la banca a vantaggio di quest’ultima, rientrando nella previsione di cui all’art. 33, comma 2, lett. t) del D.lgs. 206/2005 (come da recente giurisprudenza: Trib. Cagliari, sez. I, 13/3/2024). Detta clausola è dunque nulla e priva di effetti, e con essa ogni Vostra eventuale pretesa formulata senza il rispetto del termine decadenziale di legge. Analoghe valutazioni di vessatorietà potrebbero condurre a dichiarare nulle altre clausole a mio sfavore non oggetto di trattativa (ad es. ______ [eventuali ulteriori clausole ritenute abusive]).
Tutto ciò premesso, diffido codesta Banca, ora e per il futuro, dall’attivare o proseguire azioni di recupero nei miei confronti basate sulle suesposte clausole nulle o su pretese contrattuali illegittime. Ogni Vs iniziativa in tal senso sarà oggetto di opposizione nelle competenti sedi, con richiesta di spese e indennizzi del caso. La presente valga anche quale messa in mora ex art. 1375 c.c., invitandoVi ad un comportamento conforme a buona fede nelle operazioni bancarie, ivi incluso – se del caso – l’esercizio di azioni giudiziarie nei confronti del debitore principale in tempi e modi idonei a non pregiudicare indebitamente la posizione del garante (v. art.1957 c.c.).
Resto disponibile a valutare eventuali proposte transattive che prevedano la mia liberazione definitiva dalla garanzia, ove vi fosse la necessità di definire stragiudizialmente la questione.
Distinti saluti,

Luogo, data
Firma

(Allegare eventuale documentazione rilevante: copia fideiussione, copia provvedimento antitrust, ecc. Citare riferimenti giurisprudenziali chiave può essere utile come sopra.)

I moduli sopra riportati coprono alcune delle comunicazioni più frequenti. Un ulteriore esempio potrebbe essere la richiesta di sostituzione del garante (ma quella di solito richiede accordi trilaterali più che lettera unilaterale), oppure la posizione del garante erede che comunica non voler proseguire la garanzia (caso peculiare). In generale, quando si scrive alla banca, è bene essere chiari ma anche fermi sui propri diritti, come mostrato.

Domande frequenti (Q&A) sulla liberazione da fideiussione omnibus

Infine, riepiloghiamo gli argomenti trattati rispondendo ad alcune domande comuni in materia, utili sia ai non addetti ai lavori sia ai praticanti del diritto.

Q: Che cos’è esattamente una fideiussione omnibus?
A: È una garanzia personale con cui il fideiussore garantisce tutti i debiti (presenti e futuri) che un determinato debitore ha verso il creditore garantito, entro un importo massimo stabilito. Ad esempio, una fideiussione “omnibus” a favore di una banca copre ogni operazione bancaria (finanziamenti, scoperti, ecc.) del cliente, di solito fino a un certo massimale. Si differenzia dalla fideiussione specifica perché non si riferisce a un solo contratto o obbligazione, ma a una pluralità di rapporti.

Q: È vero che la fideiussione omnibus deve avere un importo massimo?
A: Sì. Dal 1992, l’art. 1938 c.c. impone la previsione di un massimale garantito per le fideiussioni di obbligazioni future, a pena di nullità. Quindi ogni contratto di fideiussione omnibus regolarmente deve indicare la cifra massima garantita. Se non lo fa (caso raro oggigiorno), il fideiussore può far dichiarare nulla la garanzia. Le fideiussioni omnibus “illimitate” stipulate prima del 1992 sono divenute inefficaci per i crediti sorti dopo quella data. Quindi, in pratica, oggi non dovrebbero esistere fideiussioni omnibus valide senza importo massimo.

Q: Sono garante di un finanziamento bancario di importo fisso (un mutuo). Posso recedere dalla fideiussione prima che il mutuo sia estinto?
A: No, se la fideiussione garantisce un debito a scadenza determinata (come un mutuo con piano di ammortamento), non hai diritto di recesso unilaterale prima del termine. La garanzia durerà fino a quando il mutuo sarà interamente pagato (o rinegoziato con liberazione del garante). Puoi però attivarti in altri modi: ad esempio convincere la banca a sostituire il garante con un altro soggetto di gradimento (con l’accordo di tutti), oppure estinguere anticipatamente il mutuo (se possibile) per farti liberare prima. In alcuni casi, le banche accettano di liberare il garante se, ad esempio, il valore dell’immobile ipotecato è salito o il debitore ha migliorato rating, ma è una concessione discrezionale. Se proprio vuoi uscire, potresti proporre una surroga del mutuo presso altra banca dove magari non sei richiesto come garante. In sintesi, senza consenso della banca non puoi scioglierti come garante di un mutuo ancora in corso.

Q: Sono garante di un’apertura di credito in conto corrente (fido). Posso revocare la mia fideiussione? Che succede dopo?
A: Sì, nelle fideiussioni omnibus su rapporti a tempo indeterminato il garante può recedere liberamente, con comunicazione scritta alla banca. Dopo il recesso, sarai obbligato solo per il saldo del debito esistente fino al momento del recesso, ma non per nuovi utilizzi successivi. Attenzione però: la banca, ricevuto il recesso, solitamente revoca il fido al debitore se questi non offre garanzie alternative. Ciò significa che il debitore dovrà rientrare subito dell’esposizione; se non ci riesce, la banca pretenderà da te (ancora garante per il pregresso) il pagamento del saldo maturato sino al recesso. Dunque il recesso limita la tua responsabilità futura, ma può accelerare la richiesta di pagamento per il passato. È consigliabile coordinarsi col debitore affinché sia pronto a restituire il dovuto o a fornire altra garanzia, così da evitare conseguenze spiacevoli (es. la banca potrebbe agire contro entrambi per recuperare il saldo non coperto).

Q: Ho firmato una fideiussione omnibus per la società di cui ero socio, ma ho ceduto le mie quote e sono uscito dalla società. Sono automaticamente libero dalla fideiussione?
A: Purtroppo no. La fideiussione resta valida anche se hai cessato di avere interessi nella società debitrice. L’uscita dalla società non libera dal vincolo contrattuale assunto con la banca. Dovrai procedere come un normale fideiussore esterno: o recedere (se si tratta di garanzia su rapporti futuri, con effetti limitati al dopo recesso), oppure negoziare con la banca la tua liberazione facendoti sostituire dal nuovo socio o da altra garanzia. Finché ciò non avviene, la banca può ancora chiedere a te i pagamenti se la società non paga. Nelle cessioni di aziende o quote, è sempre bene inserire clausole che regolino il subentro nelle fideiussioni bancarie, perché altrimenti la banca (che non è parte dell’atto di cessione) non è tenuta a liberare il vecchio socio garante.

Q: La banca mi chiede di pagare come fideiussore un importo elevato. Posso oppormi in qualche modo o devo rassegnarmi a pagare?
A: Puoi e devi verificare se esistono motivi validi di opposizione. Non sempre il garante deve pagare “a occhi chiusi”. Ecco un breve check-list:

  • Il debito principale esiste davvero ed è liquido? A volte le banche chiedono al garante senza aver accertato bene il credito col debitore (es: interessi non dovuti, anatocismo, ecc.). Il fideiussore può opporre le stesse eccezioni del debitore. Quindi, se il debitore contesta l’importo per ragioni fondate, puoi farlo anche tu.
  • Clausole nulle: controlla la tua fideiussione. Ha le clausole “ABI” (reviviscenza, 1957, invalidità)? Sono potenzialmente nulle per antitrust. Sei un consumatore non professionista? Allora clausole tipo rinuncia ai termini, o altre squilibranti, possono essere vessatorie. Se individui tali profili, puoi opporre la nullità di quelle clausole e contestare la pretesa della banca derivante da esse (es. se la banca è decaduta dai termini ma invoca la rinuncia, tu eccepisci che la rinuncia è nulla e dunque la garanzia è finita per decadenza).
  • La banca ha ritardato troppo? Se (e solo se) non hai rinunciato all’art.1957 c.c. oppure la rinuncia è nulla, puoi dire: “la banca non ha agito entro 6 mesi, quindi sono libero”.
  • Il debitore è peggiorato e la banca ha fatto finta di nulla? Se puoi dimostrare che la banca avrebbe dovuto bloccare il credito ma invece l’ha lasciato correre (violando art.1956 c.c.), puoi negare il pagamento della parte di debito formatasi in quel periodo.
  • La banca ha fatto qualche errore pregiudicandomi? Tipo: ha liberato pegni o ipoteche senza avvisarti (eccezione ex art.1955 c.c.), quindi chiedi di ridurre la tua responsabilità di conseguenza.
  • Vizi nel contratto: se tu davvero non avevi compreso di firmare una fideiussione (casi rari di dolo/errore), prova a farli valere, magari come extrema ratio.

In pratica, è opportuno farti assistere da un legale per valutare tutte le possibili difese. Non di rado, sollevare eccezioni solide porta la banca a trattare una soluzione più vantaggiosa (tipo transazione a saldo e stralcio). Se invece paghi e basta, potresti perdere somme che magari con un giudizio sarebbero state ridotte o annullate.

Q: Che succede se il debitore principale fallisce? Il fideiussore deve pagare subito?
A: In caso di fallimento (o liquidazione coatta, etc.) del debitore, la banca normalmente insinua il suo credito al passivo fallimentare e contemporaneamente può agire contro il fideiussore. Il fideiussore è obbligato a pagare indipendentemente dal fallimento (la sua obbligazione rimane, anzi spesso le banche attaccano prima i garanti perché più solvibili). Tuttavia, il fideiussore potrebbe beneficiare di alcune situazioni:

  • Se la banca non insinua il credito al passivo e ciò pregiudica il suo eventuale regresso, si può discutere di liberazione ex art.1955. Ma la banca di solito si insinua.
  • Se il fideiussore paga, subentra nei diritti della banca (art. 1949 c.c.), quindi potrebbe recuperare qualcosa dal fallimento attraverso la surrogazione (raccoglie dividendi al posto della banca, fino a concorrenza di quanto pagato).
  • Importante: se in sede fallimentare il curatore esercita azione revocatoria su pagamenti fatti dal debitore alla banca, la clausola di “reviviscenza” nella fideiussione (se c’è) vorrebbe che tu ridassi quei soldi alla banca. Ma abbiamo visto che tale clausola è nulla in quanto anticoncorrenziale. Quindi, ad esempio, se la banca è costretta a restituire al fallimento un pagamento, non può chiederti di coprire quella restituzione, anche se il contratto lo prevedeva (clausola nulla).
  • Se il debitore viene esdebitato (liberato dai debiti residui, possibile nelle procedure di insolvenza delle persone fisiche), l’obbligazione principale verso il debitore si estingue civilmente. Tuttavia, sul piano tecnico, ciò non libera il fideiussore verso la banca (Cass. SU 2017 sulla legge 3/2012 lo ha stabilito). Quindi la banca può comunque escutere il fideiussore, che poi però non potrà più rivalersi sul debitore esdebitato (una situazione ingrata per il garante). Non c’è normativa che lo impedisca, salvo patti contrari.
  • Attenzione: con la riforma del Codice della Crisi, il fideiussore che paga potrebbe avere anch’egli accesso a procedure di sovraindebitamento se non ce la fa, ma questo è altro discorso.

Q: La mia fideiussione omnibus è del 2010, con clausole identiche a quelle ABI dichiarate illecite nel 2005. Posso farla dichiarare nulla?
A: Sulla base delle recenti Cassazioni 2025, devi sapere che il provvedimento antitrust del 2005 non copre automaticamente le fideiussioni stipulate molto dopo. Per far valere la nullità antitrust, dovresti provare che anche nel 2010 c’era un’intesa anticoncorrenziale in corso tra le banche per mantenere quelle clausole uniformi. Non è semplice, perché ufficialmente dopo il 2005 ABI disse di correggere lo schema. Se la tua banca nel 2010 usava ancora le vecchie clausole, potrebbe sostenere che lo faceva di propria iniziativa (non per accordo con altre banche). In pratica, i giudici potrebbero non applicare la nullità antitrust “automatica” per il 2010. Tuttavia, puoi comunque evidenziare la cosa: magari qualche tribunale te la riconosce, oppure almeno farai leva sulla vessatorietà (se sei consumatore) o su altre eccezioni. In sintesi: più ci si allontana dal 2005, più l’argomento antitrust perde forza a meno di prove nuove di collusione. Ciò non toglie che le clausole restino identicamente squilibrate e potenzialmente vessatorie: se sei consumatore, insisti su quell’aspetto.

Q: Dopo aver pagato la banca come fideiussore, posso recuperare i soldi dal debitore?
A: Sì, in teoria hai diritto di regresso contro il debitore principale (art. 1949 c.c.). Puoi chiedergli immediatamente tutto ciò che hai pagato, più interessi e spese. Inoltre, vieni surrogato nei diritti del creditore: ad esempio, se la banca aveva un’ipoteca sul bene del debitore, dopo che paghi tu subentri in quell’ipoteca per ottenere soddisfo. Questo è importante: assicurati che la banca non abbia liberato garanzie, e se hai pagato, fai valere la surroga (notificando al debitore e conservando i diritti). Tuttavia, il problema pratico è: il debitore avrà i soldi per rimborsarti? Spesso no, specie se sei stato escusso perché lui era insolvente. Quindi il regresso può risultare una magra consolazione. In alcuni casi però il debitore potrebbe avere ancora patrimonio o riprendersi col tempo: il tuo credito di regresso ha prescrizione 10 anni, quindi potresti rivalerti anche più avanti se si presenta l’occasione (es. il debitore eredita beni). Valuta anche la possibilità di accordarti col debitore: magari se paghi tu alla banca, puoi ottenere da lui un bene in garanzia o farti rilasciare cambiali, ecc., per rendere più concreto il regresso.

Q: Le clausole di una fideiussione possono essere dichiarate nulle dal giudice d’ufficio, senza che io le contesti?
A: Sì, certe nullità “di protezione” o comunque relative a norme imperative possono essere rilevate d’ufficio. Ad esempio, Cassazione ha detto che la nullità antitrust delle clausole ABI è rilevabile d’ufficio (salvo poi dare alle parti modo di esprimersi sulla nullità parziale). Anche la vessatorietà in ambito consumer dev’essere rilevata d’ufficio dal giudice, anche in fase esecutiva. Però nella realtà, è sempre meglio che tu (o il tuo avvocato) sollevi espressamente le questioni di nullità: per aiutare il giudice a vederle e per indirizzare bene la domanda. Non fare affidamento che il tribunale se ne accorga da solo. Se la causa è già in corso e ti sei costituito, si possono sempre aggiungere eccezioni di nullità in qualsiasi momento (non sono soggette a preclusioni processuali rigide, perché la nullità è imprescrittibile).

Q: Cosa devo fare quando la fideiussione finalmente finisce?
A: Quando sei certo che la garanzia è terminata (per recesso divenuto efficace e chiusura dei rapporti, o per estinzione integrale del debito, o perché la banca ti ha liberato espressamente), conviene sempre farsi rilasciare una conferma scritta dalla banca. Ad esempio una liberatoria o quietanza che dichiara “il sig. XY è libero da ogni obbligo quale fideiussore del rapporto Z”. Questo documento ti tutela nel caso, in futuro, cambiasse il gestore in banca o emergesse confusione. Inoltre, verifica se ci sono iscrizioni pregiudizievoli legate al tuo ruolo di garante: ad esempio, se sei segnalato come coobbligato in Centrale Rischi (la banca comunica i garanti con importo garantito), dovrebbe essere cancellata tale segnalazione una volta cessata la garanzia. Non c’è un tuo compito specifico in merito, ma dopo qualche mese puoi controllare la tua situazione in Centrale Rischi per scrupolo. Se avevi firmato cambiali o altre garanzie accessorie insieme alla fideiussione, assicurati di riaverle indietro annullate. Insomma, chiudere tutti i fili pendenti. È raro, ma abbiamo visto casi di banche che anni dopo chiedevano ancora conferma di garanzia perché nei loro sistemi qualcosa non era aggiornato; con la lettera liberatoria in mano, chiudi ogni discussione.

Q: Da garante, posso dettare condizioni alla banca per la mia liberazione?
A: In linea di massima no, sei nella posizione debole contrattualmente. La banca non ha obbligo di liberarti se non vuoi più fare da garante (tranne i casi di legge che abbiamo detto, come recesso per il futuro – ma quello tutela più te stesso che l’accordo con banca). Puoi provare a negoziare: ad esempio, offrire un pagamento parziale in cambio di liberazione. Talvolta, se il debitore è in difficoltà, la banca può accettare dal fideiussore un pagamento ridotto a saldo di tutto (cosiddetto saldo e stralcio): tu paghi un certo importo e vieni liberato, e la banca rinuncia al resto. È più una transazione su debito già scaduto. Oppure potresti proporre di prestare un pegno o ipoteca al posto della fideiussione (trasformare la garanzia personale in reale): la banca potrebbe gradire se è di valore adeguato. In sostanza, devi convincere la banca che può liberarti senza rimetterci in sicurezza. Ogni trattativa dipende da quanto è rimpiazzabile la tua garanzia e dalle politiche interne della banca.

Q: Essere fideiussore incide sulla mia capacità di chiedere prestiti?
A: Sì, può incidere. Le banche, quando valuti una tua richiesta di credito, guardano anche alle tue esposizioni in qualità di garante. Ad esempio, nella Centrale Rischi di Banca d’Italia sono segnalati anche i crediti per cui sei coobbligato. Se sei garante di una grossa esposizione di qualcun altro, la banca potrebbe considerare che potresti dover pagare tu quel debito, quindi è come se fosse un tuo potenziale debito. Questo può ridurre il merito di credito. Non è detto che ti rifiutino un prestito per questo, ma certamente lo tengono conto nel calcolo del tuo indebitamento complessivo. Quindi liberarsi da una fideiussione migliora anche la tua “pulizia” finanziaria agli occhi del sistema. Ciò è un ulteriore motivo per cui, se non strettamente necessario, non conviene fare da garante troppo a lungo.

Q: In sintesi, qual è il modo migliore per liberarsi di una fideiussione omnibus?
A: Non c’è una risposta unica, dipende dalle circostanze:

  • Modo “naturale”: far estinguere i debiti garantiti (pagarli, rifinanziarli altrove, ecc.). È il modo più diretto: niente debito, niente fideiussione.
  • Recesso e attesa di chiusura: se il rapporto è continuativo, recedi e poi aspetta che il debitore rimborsi il dovuto esistente. Pian piano ti sfili.
  • Sostituzione: trova un altro garante o altra garanzia, convincendo la banca a rimpiazzarti.
  • Nullità/contestazione: se ci sono appigli legali (clausole nulle, errori della banca), usali per far valere che la fideiussione non regge, così la banca potrebbe rinunciare a liti lunghe e lasciarti andare, oppure un giudice potrebbe dichiararti libero ex tunc.
  • Transazione: in situazioni di default del debitore, negozia col creditore un pagamento scontato da parte tua a fronte della liberazione completa.
    Ogni metodo ha pro e contro: l’estinzione richiede soldi (del debitore o tuoi), la sostituzione richiede terzi disponibili, il recesso comporta rischio di escussione immediata per il pregresso, la via giudiziaria può essere lunga e costosa ma a volte necessaria. Idealmente, prevenire è meglio che curare: prima di firmare una fideiussione, valutare bene l’impegno e cercare di limitare importo o durata. Se stai già dentro, non disperare: con pianificazione e consulenza, spesso si riesce a uscire o limitare i danni.

Conclusione: Liberarsi di una fideiussione omnibus può sembrare un percorso ad ostacoli, ma la normativa e la giurisprudenza offrono al fideiussore una serie di strumenti di tutela. Dal recesso alle nullità, dalle decadenze alle trattative, abbiamo visto che il garante non è privo di difese. Ogni caso è a sé stante e richiede un esame accurato: il nostro consiglio è di muoversi per tempo, non aspettare passivamente le mosse del creditore, e farsi assistere da professionisti se in gioco ci sono importi elevati o questioni complesse. Con consapevolezza dei propri diritti, è possibile evitare di rimanere imprigionati in un impegno di garanzia oltre il necessario e proteggere il proprio patrimonio.

Fonti

  • Codice Civile: artt. 1936-1957 c.c. (disciplina della fideiussione).
  • Cass. Civ., Sez. Unite, 30/12/2021 n. 41994: principio di diritto sulla nullità parziale delle fideiussioni omnibus conformi allo schema ABI 2003.
  • Banca d’Italia – Provvedimento n. 55/2005: accertamento intesa anticoncorrenziale ABI sulle fideiussioni omnibus, clausole 2, 6, 8 dichiarate nulle.
  • Cass. Civ., Sez. I, 17/01/2025 n. 1170: chiarimenti su ambito di applicazione nullità antitrust (solo omnibus, periodo intesa).
  • Cass. Civ., Sez. I, 17/02/2023 n. 5017: doveri della banca ex art.1956 c.c. in caso di peggioramento del debitore, obbligo di bloccare credito o avvisare fideiussore.
  • Tribunale di Roma, sez. XVII, 16/01/2024 n. 786: nullità fideiussione omnibus senza indicazione massimale (violazione art.1938 c.c.).
  • Cass. Civ., Sez. I, 12/12/2017 n. 29810: ordinanza che per prima ha riconosciuto nullità delle clausole ABI nei contratti a valle (orient. pre-SUU).
  • Cass. Civ., 22/05/2019 n. 13846 e 26/09/2019 n. 24044: conferme dell’orientamento sulla nullità delle clausole ABI per illiceità dell’oggetto.
  • Tribunale di Cagliari, sez. I, 13/03/2024: decisione su fideiussore consumatore, clausola di rinuncia art.1957 c.c. vessatoria e nulla ex art.33 Cod. Cons..
  • Codice del Consumo: artt. 33-36 D.lgs. 206/2005, tutela clausole abusive nei contratti B2C.
  • Cass. Civ., Sez. Unite, 06/04/2023 n. 9479: (in tema di tutela consumatore e rilevabilità d’ufficio clausole abusive, citata in Trib. Cagliari 2024).

Hai firmato una fideiussione omnibus e ora sei bloccato? Fatti Aiutare da Studio Monardo

La fideiussione omnibus è una garanzia che hai prestato – magari anni fa – per i debiti presenti e futuri di un’azienda, di un parente o di un socio.
Ora la banca o la finanziaria ti chiede di pagare in prima persona, anche se non hai mai ricevuto quei soldi.
È una situazione comune ma non senza via d’uscita: la legge e la giurisprudenza ti offrono diverse possibilità per liberarti o limitare i danni.


Cos’è la fideiussione omnibus e perché è così rischiosa?

Si tratta di un contratto con cui ti sei impegnato a garantire ogni obbligazione di un debitore verso una banca o un creditore, senza limiti specifici di tempo, importo o scopo.

I problemi nascono quando:

  • Il debitore principale non paga più
  • L’istituto chiede a te il rientro immediato dell’intero debito
  • Non puoi più recedere, oppure non ne conosci nemmeno i limiti
  • La fideiussione contiene clausole nulle secondo l’Antitrust o la Cassazione

Quando puoi liberarti da una fideiussione omnibus?

Puoi agire nei seguenti casi:

  • Revoca o recesso volontario (previsto dal contratto o per giusta causa)
  • Nullità parziale o totale della fideiussione per violazione della normativa antitrust
  • Vizi di forma o mancanza di informazioni essenziali nel contratto
  • Assenza di firma conforme, sproporzione tra rischio e patrimonio, mancata informazione sul debitore principale
  • Prescrizione: se sono passati oltre 10 anni dalla firma senza attivazione concreta

Inoltre, non sei responsabile per nuovi debiti contratti dopo la revoca, se esercitata correttamente.


Cosa fare per uscire legalmente dalla fideiussione?

  1. Recupera il contratto e tutti gli allegati firmati
  2. Verifica se contiene le clausole vietate dalla Banca d’Italia (es. clausole ABI nulle)
  3. Invia una comunicazione formale di revoca o recesso, se ammessa
  4. Contesta la validità della garanzia in via giudiziale, se ci sono vizi
  5. Opponiti a eventuali decreti ingiuntivi o richieste di pagamento

⚠️ Ogni situazione è diversa. Serve una valutazione legale dettagliata per decidere la strategia più efficace.


🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo

📂 Analizza la fideiussione firmata e individua eventuali clausole nulle
📑 Verifica i presupposti per revoca, decadenza o contestazione
⚖️ Ti difende in caso di richiesta di pagamento, decreto ingiuntivo o azione giudiziale
✍️ Redige l’atto di disdetta e la contestazione formale alla banca
🔁 Ti assiste anche in caso di sovraindebitamento o esposizione personale per garanzie rilasciate


🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in diritto bancario e garanzie fideiussorie
✔️ Iscritto come Gestore della crisi presso il Ministero della Giustizia
✔️ Consulente per garanti, imprenditori e privati in difficoltà
✔️ Consulente per la tutela del patrimonio personale e familiare


Conclusione

Liberarsi da una fideiussione omnibus è possibile, ma serve una difesa precisa, tecnica e tempestiva.
Con l’Avvocato Giuseppe Monardo, puoi contestare le clausole illegittime, revocare l’impegno e bloccare richieste di pagamento ingiuste.

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  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista personale degli Autori, basato sulla loro esperienza professionale. Non devono essere intese come consulenza tecnica o legale. Per approfondimenti specifici o ulteriori dettagli, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si ricorda che l’articolo fa riferimento al quadro normativo vigente al momento della sua redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono subire modifiche nel tempo. Decliniamo ogni responsabilità per un uso improprio delle informazioni contenute in queste pagine.
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