Hai un contratto di leasing che non riesci più a sostenere e ti stai chiedendo se puoi chiuderlo definitivamente con una proposta a saldo e stralcio? Vuoi sapere come funziona il saldo e stralcio nel leasing, quando puoi ottenerlo e quali sono i vantaggi concreti per liberarti dal debito residuo?
Molti imprenditori, professionisti e privati si trovano con leasing ormai insostenibili, a causa di difficoltà economiche, perdita del lavoro o crisi aziendale. In questi casi, il saldo e stralcio è uno strumento efficace per chiudere il contratto in modo definitivo, pagando solo una parte del debito.
Cos’è il saldo e stralcio del leasing?
È un accordo tra debitore e società di leasing in cui si definisce il pagamento di una somma ridotta rispetto al debito residuo, in cambio della chiusura definitiva del contratto e della rinuncia a ulteriori pretese da parte del creditore.
Quando si può chiedere il saldo e stralcio del leasing?
– Quando non riesci più a pagare le rate regolarmente
– Se il bene in leasing è già stato restituito o pignorato
– Se il debito è ormai in sofferenza o oggetto di azione legale
– Se sei in una procedura di sovraindebitamento o composizione negoziata della crisi
– Quando hai mezzi limitati e la società di leasing potrebbe accettare una somma parziale pur di chiudere la posizione
Come si chiede il saldo e stralcio?
– Con una proposta scritta formale, redatta con l’aiuto di un avvocato esperto
– Indicando l’importo offerto, i motivi della difficoltà e le condizioni per l’accordo
– Documentando la tua situazione economica attuale, per dimostrare che è l’unica via sostenibile
– Proponendo il pagamento in un’unica soluzione o con poche rate certe
Cosa puoi ottenere con il saldo e stralcio?
– Sconto fino al 70–80% sul debito residuo, in alcuni casi
– Cancellazione definitiva del contratto e chiusura del contenzioso
– Blocco di azioni legali in corso (decreti ingiuntivi, pignoramenti, ecc.)
– Uscita pulita da un contratto insostenibile senza ulteriori danni economici
– In alcuni casi, anche la cancellazione delle segnalazioni negative in banca dati
Cosa succede se la società rifiuta la proposta?
– Può continuare con l’azione legale, ma in molti casi preferisce recuperare almeno una parte del credito
– Puoi valutare soluzioni alternative: rinegoziazione, sospensione dei pagamenti, accordi giudiziali
– Se sei in procedura di crisi, puoi coinvolgere il tribunale per omologare un accordo anche senza il consenso di tutti i creditori
Cosa NON devi fare mai?
– Lasciare che il leasing vada avanti con rate non pagate: aumenti solo il debito
– Restituire il bene senza definire prima l’accordo economico
– Fidarti di accordi verbali: tutto va messo per iscritto
– Agire da solo senza supporto legale: il rischio di firmare condizioni sfavorevoli è altissimo
Con il saldo e stralcio puoi chiudere il leasing e ripartire. Ma serve un piano chiaro, tecnico e convincente.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in leasing, ristrutturazioni e contenziosi bancari – ti spiega come funziona il saldo e stralcio nei contratti di leasing, quando puoi richiederlo e come ottenere un accordo vantaggioso per uscire dal debito e salvare il tuo equilibrio finanziario.
Hai un leasing insostenibile e vuoi sapere se puoi chiuderlo con un saldo a condizioni favorevoli?
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Introduzione
Il leasing (locazione finanziaria) è un contratto mediante il quale una parte (detta concedente, tipicamente una banca o società finanziaria) acquista o realizza un bene su indicazione di un’altra parte (detta utilizzatore o locatario) e lo concede in uso a quest’ultima per un periodo determinato, dietro pagamento di canoni periodici. Al termine del periodo, l’utilizzatore ha la facoltà (ma non l’obbligo) di acquistare la proprietà del bene pagando un prezzo prestabilito (opzione di riscatto). In sostanza, il leasing finanziario è una forma di finanziamento in cui l’utilizzatore ottiene subito la disponibilità di un bene pagando rate, con la possibilità di diventarne proprietario a fine contratto saldando l’importo finale prefissato.
Ma cosa accade se l’utilizzatore non riesce più a pagare i canoni? L’inadempimento nel leasing comporta la risoluzione anticipata del contratto da parte del concedente (se l’inadempimento è grave), con obbligo per l’utilizzatore di restituire il bene e di pagare le somme dovute secondo quanto stabilito dal contratto e dalla legge. Il saldo e stralcio nel leasing è una particolare soluzione transattiva: consiste in un accordo tra debitore e società di leasing per chiudere la posizione debitoria pagando una somma inferiore al dovuto, ottenendo l’“estralcio” (cioè la rinuncia del creditore a esigere la parte restante). Questa guida, aggiornata a giugno 2025, analizza in dettaglio come funziona la risoluzione anticipata del leasing per inadempimento e soprattutto come ottenere un saldo e stralcio, dal punto di vista del debitore (utilizzatore). Verranno esaminati tutti i tipi di leasing (mobiliare, immobiliare, finanziario, operativo, leasing “traslativo” e “di godimento”), anche in caso di debitori soggetti a fallimento o altre procedure concorsuali. Illustreremo i riferimenti normativi più recenti (compresa la riforma introdotta dalla Legge 4 agosto 2017 n.124 e il nuovo Codice della Crisi d’impresa), gli orientamenti giurisprudenziali aggiornati (sentenze della Corte di Cassazione fino al 2024), nonché le implicazioni fiscali e contabili rilevanti. Troverete inoltre tabelle riepilogative, casi pratici con calcoli numerici e una sezione di domande e risposte frequenti, in un linguaggio giuridico ma chiaro, utile sia a professionisti legali sia a privati e imprenditori che vogliono capire come affrontare al meglio un leasing non pagato.
Tipologie di Leasing e Differenze Rilevanti
Prima di entrare nel merito dell’inadempimento e del saldo e stralcio, è importante chiarire le diverse tipologie di leasing, poiché la natura del contratto può influire sul regime applicabile e sulle conseguenze in caso di risoluzione.
- Leasing di godimento – È il leasing avente ad oggetto beni che, al termine del contratto, avranno un valore residuo modesto. In questi casi l’utilizzatore spesso non ha particolare interesse a esercitare l’opzione finale di acquisto, perché il prezzo di riscatto è pari o superiore al valore di mercato residuo del bene. I canoni sono sostanzialmente pagati per il godimento del bene durante la durata del contratto, e il bene a fine locazione ha scarso valore (es. apparecchiature elettroniche rapidamente obsolescenti, beni consumabili). Storicamente, la giurisprudenza riteneva che in caso di risoluzione anticipata di un leasing di godimento, il contratto non avesse effetti retroattivi ex art. 1458 c.c.: ciò significa che i canoni già pagati restano acquisiti al concedente come corrispettivo dell’uso già goduto.
- Leasing traslativo – Riguarda beni il cui ciclo di vita utile è molto più lungo della durata contrattuale e che conservano un elevato valore residuo alla scadenza del leasing. L’utilizzatore prevede di riscattare il bene perché a fine contratto il valore di mercato sarà molto più alto del prezzo di riscatto pattuito. Tipicamente, i canoni in un leasing traslativo incorporano in parte anche il valore di futuro acquisto del bene. Esempi: macchinari industriali, automezzi o immobili che mantengono valore nel tempo. In caso di risoluzione anticipata di un leasing traslativo prima della riforma del 2017, i giudici applicavano analogicamente l’art. 1526 c.c. (norma sulla vendita con riserva di proprietà) per evitare ingiusti arricchimenti del concedente. In base a tale impostazione, il concedente doveva restituire all’utilizzatore i canoni già incassati, trattenendo però un equo compenso per l’uso del bene e un’eventuale penale per il danno, se pattuita (soggetta a riduzione se eccessiva). In concreto, nel leasing traslativo il concedente non poteva trattenere tutto quanto pagato e anche il bene, ma doveva restituire l’eventuale eccedenza dopo aver venduto o valutato il bene, dedotto un compenso per l’uso.
- Leasing finanziario vs leasing operativo – Il leasing finanziario in senso proprio è quello sin qui descritto, in cui il concedente è un intermediario finanziario (banca o società di leasing) e il contratto prevede normalmente il riscatto finale a favore dell’utilizzatore. Nel leasing operativo, invece, il locatore è solitamente il produttore o fornitore del bene (o una società specializzata collegata) e non è previsto un riscatto significativo a fine contratto. Il leasing operativo assomiglia più a un noleggio a lungo termine: l’utilizzatore paga canoni per l’uso del bene, spesso comprensivi di servizi accessori (manutenzione, assicurazione, assistenza), e alla scadenza può restituire il bene o rinnovare il contratto, senza un trasferimento di proprietà a prezzo simbolico. In caso di inadempimento, anche i leasing operativi vengono tipicamente risolti anticipatamente, con ritiro del bene e richiesta delle penali o canoni residui da parte del locatore, ma la disciplina può differire poiché il leasing operativo non rientra nella definizione di “locazione finanziaria” tipica della L.124/2017 (è un contratto atipico assimilabile al noleggio).
- Leasing immobiliare vs mobiliare – Si parla di leasing immobiliare quando il bene oggetto del contratto è un immobile (es. un edificio commerciale, un capannone, un appartamento), spesso costruito o ristrutturato su misura per l’utilizzatore. Il leasing mobiliare si riferisce invece a beni mobili (veicoli, macchinari, attrezzature, beni strumentali vari). La distinzione rileva sotto alcuni profili pratici: ad esempio, per i leasing immobiliari i canoni sono di solito trimestrali e più consistenti, e spesso il concedente iscrive ipoteca sull’immobile a garanzia (in aggiunta alla riserva di proprietà). Inoltre, come vedremo, la legge fissa soglie di tolleranza diverse per l’inadempimento grave: nei leasing immobiliari il concedente può risolvere per mancato pagamento di 6 canoni mensili (o 2 trimestrali), mentre per i leasing mobiliari bastano 4 canoni mensili non pagati. Di seguito, una tabella riassume queste soglie di grave inadempimento previste ex lege.
Tabella 1 – Soglie di inadempimento grave (art.1 co.137 L.124/2017)
Tipologia di contratto | Inadempimento che legittima la risoluzione ex lege1 |
---|---|
Leasing immobiliare (bene immobile) | Mancato pagamento di ≥ 6 canoni mensili oppure ≥ 2 canoni trimestrali (anche non consecutivi) |
Leasing di beni mobili (bene mobile) | Mancato pagamento di ≥ 4 canoni mensili (anche non consecutivi) |
Nota: Il contratto può prevedere soglie più favorevoli per l’utilizzatore (ad esempio tollerare fino a 8 rate non pagate) ma non soglie più basse di quelle sopra, che sono inderogabili per legge. In mancanza del superamento di queste soglie minime, l’inadempimento potrebbe non essere considerato “grave” ai sensi dell’art. 1455 c.c., salvo diversa pattuizione contrattuale (clausole risolutive espresse valutate caso per caso dal giudice). |
La disciplina introdotta dalla Legge 124/2017 (patto marciano legale)
Per molti anni il leasing finanziario in Italia è rimasto un contratto atipico, disciplinato solo da clausole contrattuali e principi generali ricavati per analogia dal codice civile. La giurisprudenza, come visto, colmava i vuoti distinguendo tra leasing di godimento e traslativo per applicare rimedi differenti in caso di risoluzione. Questa situazione è cambiata con la Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2017. La Legge 4 agosto 2017 n.124, all’art.1 commi 136-140, ha per la prima volta tipizzato il contratto di locazione finanziaria (leasing) e ne ha dettato una disciplina unitaria per l’ipotesi di inadempimento dell’utilizzatore. In altre parole, il legislatore del 2017 ha introdotto una normativa speciale sul leasing finanziario, ispirata al cosiddetto patto marciano, con l’obiettivo di evitare ingiustificati arricchimenti del concedente e superare i contrasti interpretativi precedenti.
Ecco i punti salienti di questa disciplina post-2017:
- Definizione legislativa del leasing finanziario – La legge (art.1 co.136 L.124/2017) definisce la locazione finanziaria come il contratto in cui un intermediario finanziario (banca o società iscritta ex art.106 TUB) si obbliga ad acquistare o far costruire un bene su scelta dell’utilizzatore, mettendolo a disposizione di quest’ultimo per un tempo determinato dietro pagamento di canoni, con assumzione a carico dell’utilizzatore di tutti i rischi del bene, e riconoscendo all’utilizzatore la facoltà di acquistare la proprietà a scadenza pagando un prezzo prefissato, ovvero l’obbligo di restituire il bene se non esercita l’opzione. Questa definizione ricalca quella già affermata dalla prassi e include elementi chiave: la natura finanziaria del concedente, la scelta del bene su indicazione dell’utilizzatore, il trasferimento dei rischi sull’utilizzatore (compreso il perimento accidentale del bene).
- Grave inadempimento dell’utilizzatore: soglia di tolleranza – La legge (art.1 co.137) stabilisce per la prima volta una soglia quantitativa di morosità oltre la quale il mancato pagamento dei canoni costituisce automaticamente grave inadempimento dell’utilizzatore, legittimando la risoluzione del contratto da parte del concedente. Come indicato nella Tabella 1, la soglia è fissata in 6 canoni mensili o 2 trimestrali per i leasing immobiliari, e 4 mensili per i leasing di beni mobili (anche non consecutivi). In pratica, se l’utilizzatore salta ad es. 4 rate mensili di un leasing auto, il concedente può considerare l’inadempimento ex lege grave e procedere alla risoluzione. Questa predeterminazione legale supera la valutazione discrezionale dell’art.1455 c.c.: il legislatore ha fissato una soglia al di sopra della quale la gravità è presunta, garantendo così una tutela minima al debitore (impedendo risoluzioni per ritardi lievi, es. 1-2 canoni) e al tempo stesso una certezza operativa per il creditore.
- Procedura di risoluzione e restituzione del bene – Una volta superata la soglia di grave inadempimento, il concedente può comunicare la risoluzione anticipata del contratto. L’utilizzatore deve restituire immediatamente il bene al concedente. In caso di mancata riconsegna spontanea, il concedente può agire giudizialmente, ad esempio mediante decreto ingiuntivo per ottenere sia la condanna al pagamento del dovuto sia l’ordine di consegna del bene. Spesso i contratti di leasing contengono clausole che agevolano tale procedura: foro esclusivo competente, e una clausola ex art. 642 c.p.c. per rendere provvisoriamente esecutivo il decreto ingiuntivo, in modo da poter procedere subito all’esecuzione forzata. Ad esempio, in un caso deciso dal Tribunale di Milano nel 2025, è stato confermato il decreto ingiuntivo che intimava all’utilizzatore moroso la immediata restituzione del bene, ritenendo che la mancata contestazione specifica dell’inadempimento rendesse superflua ogni ulteriore verifica sulla gravità. Ciò significa che, se il debitore non solleva valide obiezioni, il giudice può emettere rapidamente un’ingiunzione per riconsegnare il bene senza bisogno di lunghe cause.
- Calcolo del saldo finale dare/avere – La vera novità della legge 2017 è la formula legislativa per determinare il saldo finale tra concedente e utilizzatore dopo la risoluzione (art.1 co.138). Questo meccanismo evita che il concedente, riottenuto il bene, possa anche pretendere per intero tutti i crediti residui senza alcun sconto. In sintesi, il concedente deve conguagliare il suo credito con il valore recuperato dal bene. La legge prevede che il concedente abbia diritto di trattenere o farsi pagare dall’utilizzatore: (a) tutti i canoni scaduti e non pagati fino alla data di risoluzione; (b) i canoni a scadere non ancora maturati, soltanto in linea capitale (cioè senza gli interessi non maturati), attualizzati alla data di risoluzione; (c) il prezzo pattuito per l’opzione finale di acquisto; (d) le spese sostenute dal concedente per il recupero, la stima, la conservazione e la vendita del bene. Queste voci costituiscono il credito del concedente verso l’utilizzatore. Dall’importo così determinato, il concedente deve sottrarre tutto quanto ricavato dalla vendita (o da altra ricollocazione) del bene, effettuata a valori di mercato. In formula semplificata: Importo dovuto dall’utilizzatore = (canoni scaduti impagati) + (canoni futuri residui, quota capitale, attualizzati) + (prezzo opzione finale) + (spese di recupero e vendita) – (ricavato netto ottenuto dalla vendita o riallocazione del bene). Se dal calcolo risulta un importo positivo, quello è il saldo che l’utilizzatore deve pagare al concedente. Se invece risulta un importo negativo (cioè il valore ricavato dal bene supera il credito), il concedente deve restituire l’eccedenza all’utilizzatore. Questo schema ricalca la struttura del patto marciano: il creditore non può avvantaggiarsi oltre il proprio credito, e deve restituire l’eventuale surplus di valore al debitore.
- Vendita del bene e obblighi di trasparenza – La legge (comma 139) impone al concedente criteri di trasparenza e correttezza nella vendita o ricollocazione del bene ripreso. Il bene deve essere venduto o collocato al valore di mercato, se necessario tramite stima di un perito indipendente, e il procedimento di vendita dev’essere comunicato all’utilizzatore, che può formulare osservazioni o indicare potenziali acquirenti. L’obiettivo è massimizzare il ricavato, nell’interesse sia del concedente sia dell’utilizzatore (il ricavato, come visto, va a diminuire il debito del debitore). Il concedente che non osservi criteri di diligenza nella vendita – ad esempio svendendo il bene a un prezzo ingiustificatamente basso – può incorrere in responsabilità e vedersi ridurre il credito: la legge richiama infatti l’art. 1227 c.c. (concorso del fatto colposo del creditore nel danno) nel caso di vendita a prezzo vile per negligenza del concedente. La Cassazione ha affermato che se il bene viene rivenduto a un prezzo irrisorio a causa di colpa del concedente, il debitore può eccepire tale circostanza per ridurre il proprio debito residuo proporzionalmente.
- Clausole penali e patto di deduzione – Molti contratti di leasing prevedono clausole penali che, in caso di risoluzione anticipata, pongono a carico dell’utilizzatore l’obbligo di pagare tutti i canoni residui in una volta (eventualmente scontati) senza ulteriori specificazioni. Dopo la L.124/2017, queste clausole vanno interpretate alla luce della legge: sono lecite soltanto se applicate insieme all’obbligo di detrarre il ricavato del bene. In altri termini, è valido il cosiddetto patto di deduzione per cui il concedente ha diritto a farsi pagare i canoni futuri attualizzati come penale, previa deduzione di quanto ricavato dalla vendita (o del valore di mercato). La Cassazione (ordinanza n. 25199/2024) ha confermato la validità di tali clausole nel leasing traslativo, precisando però che devono essere applicate secondo buona fede e correttezza. In particolare, la Suprema Corte ha ribadito che: (a) se il bene è già stato venduto al momento in cui il concedente agisce per il saldo, deve detrarre il ricavato effettivo, salvo risponderne ex art.1227 c.c. se ha venduto a prezzo vile; (b) se il bene non è ancora venduto al momento della richiesta di pagamento, il concedente deve detrarre un valore equo di mercato, stimato correttamente. Inoltre, se il contratto attribuisce al concedente il potere di stimare unilateralmente il valore del bene (clausola comune), ciò è valido a condizione che il concedente eserciti tale facoltà secondo correttezza; in caso di contestazione, dovrà rivelare i criteri seguiti e sarà onere del debitore provare un’eventuale erroneità della stima.
La disciplina del 2017 ha quindi uniformato il trattamento del leasing finanziario, superando la distinzione tra traslativo e godimento per i contratti soggetti alla nuova legge. Per i contratti conclusi dopo il 29 agosto 2017 (data di entrata in vigore della L.124/2017), e per gli inadempimenti verificatisi successivamente, si applica solo questa disciplina unitaria. È irrilevante la natura del bene o le classificazioni precedenti: ogni leasing finanziario rientra nella definizione legale e segue le regole dei commi 136-140. Conseguentemente, si deve ritenere abrogata la vecchia distinzione giurisprudenziale tra leasing di godimento e traslativo per i nuovi contratti. Come affermato espressamente, “la Legge n.124/2017 supera ogni dualismo nel leasing, tipicizzando l’istituto e sancendo la natura prettamente finanziaria del leasing”.
Tabella 2 – Confronto tra effetti della risoluzione: contratti pre e post riforma 2017
Aspetto | Contratti soggetti alla L.124/2017 (leasing finanziario tipizzato) | Contratti antecedenti la L.124/2017 (risolti prima dell’entrata in vigore) |
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Restituzione dei canoni pagati | No, i canoni già pagati restano acquisiti al concedente come corrispettivo dell’uso goduto del bene. Solo se dalla vendita del bene risulta un surplus oltre il credito del concedente, tale eccedenza va restituita all’utilizzatore. | Leasing traslativo: in teoria l’art.1526 c.c. analogico prevedeva la restituzione dei canoni versati, salvo diritto del concedente a un equo compenso per l’uso e a un’eventuale penale (riducibile se eccessiva). In pratica i canoni pagati venivano trattenuti fino a concorrenza dell’equo compenso e del danno. Leasing di godimento: la risoluzione non aveva effetti retroattivi (art.1458 c.c.), quindi il concedente tratteneva tutti i canoni incassati a titolo di corrispettivo, senza doverne restituire alcuno. |
Canoni scaduti impagati | Dovuti integralmente (fanno parte del credito del concedente al momento della risoluzione). | Dovuti comunque (è ovvio che i canoni già maturati e non pagati devono essere corrisposti). Nessuna differenza rispetto alla disciplina attuale. |
Canoni non ancora scaduti (futuri) | Dovuti solo per la quota capitale e attualizzati (scontati) alla data di risoluzione, come parte dell’indennizzo/penale. Tuttavia, devono essere sottratti nel saldo finale se il bene viene recuperato (il concedente non può incassare sia i canoni futuri che il valore del bene). | Leasing traslativo: il concedente poteva chiedere un risarcimento del danno per la risoluzione, spesso quantificato convenzionalmente nell’importo dei canoni residui non maturati (clausola penale). Tale penale era soggetta a possibile riduzione dal giudice se manifestamente eccessiva (art.1384 c.c.). Leasing di godimento: in linea di massima, per la regola della risoluzione non retroattiva, i canoni futuri non erano dovuti (il contratto si scioglie per il futuro). Il concedente poteva semmai chiedere un’eventuale penale contrattuale per il danno, soggetta a valutazione e riduzione equitativa se eccessiva. |
Valore del bene restituito | Detratto dal dovuto: il concedente deve togliere dal proprio credito l’importo ricavato dalla vendita (o, se non venduto, il valore equo di mercato). Se il ricavato supera il credito, la differenza positiva va rimborsata all’utilizzatore. In altre parole, il debitore paga solo la parte di debito al netto del valore del bene rientrato. | Leasing traslativo: secondo giurisprudenza, il valore del bene doveva essere restituito all’utilizzatore. Cioè, se il concedente recuperava il bene e lo vendeva, doveva restituire il ricavato al netto di un equo compenso per l’uso e dell’eventuale penale pattuita. Leasing di godimento: si riteneva che, trattandosi di bene ormai quasi privo di valore economico a fine contratto, il concedente non fosse tenuto ad alcun conguaglio (nessuna restituzione del valore) – anche se, in pratica, molti contratti pre-2017 avevano clausole squilibrate che non prevedevano restituzioni, e la giurisprudenza interveniva spesso applicando analogicamente l’art.1526 c.c. per imporre un conguaglio al fine di evitare arricchimenti indebiti. |
Clausole penali contrattuali | Ammesse, purché coerenti con lo schema legale: ad esempio, è lecito prevedere contrattualmente che, in caso di risoluzione, l’utilizzatore debba pagare i canoni residui (quota capitale) attualizzati come penale, ma a condizione di sottrarre poi il valore ricavato dalla vendita del bene (patto di deduzione). Resta il potere del giudice di ridurre la penale se manifestamente eccessiva (art.1384 c.c.). | Ammesse. Spesso i vecchi contratti prevedevano penali molto gravose (es. pagamento di tutti i canoni a scadere). La giurisprudenza, se la qualificava come leasing traslativo, applicava art.1526 c.c. e riteneva nulla la clausola se non prevedeva restituzione del valore del bene, oppure riduceva la penale eccessiva ex art.1384. Se leasing di godimento, la penale era valutata secondo i criteri generali (art.1382-1384 c.c.). |
Procedura di vendita del bene | Normata per legge: il concedente deve attenersi a valori di mercato (perizie, listini) e a criteri di trasparenza e celerità; deve informare l’utilizzatore e tenere conto di eventuali osservazioni. È responsabile se svende il bene negligentemente (possibile riduzione del credito ex art.1227 c.c.). | Non specificatamente disciplinata: prima del 2017 non c’era una norma ad hoc sulla vendita. Il concedente poteva alienare liberamente il bene recuperato, ma doveva comportarsi secondo buona fede generale. In caso di contestazione del debitore, il giudice ex post valutava la congruità del prezzo ottenuto per evitare arricchimenti indebiti. Era frequente il contenzioso sull’adeguatezza del prezzo di realizzo, risolto caso per caso. |
Fallimento dell’utilizzatore | Se il contratto è ancora in corso al momento dell’apertura del fallimento (oggi liquidazione giudiziale), il curatore ha la facoltà di sciogliersi dal contratto ex art.72-quater l.f. (ora riprodotto negli artt.177-178 Cod. Crisi). In tal caso il bene torna al concedente e quest’ultimo insinua al passivo un credito pari alla differenza tra l’importo dovuto (quota capitale canoni residui + opzionale + arretrati) e il valore di mercato del bene recuperato. Se invece il contratto era già risolto prima del fallimento, si applica comunque la disciplina della risoluzione sopra descritta (ma senza estensione retroattiva della L.124/2017 ai contratti ante 2017: lo ha chiarito Cass. SS.UU. n.2061/2021). In ogni caso, il concedente non può ottenere più di quanto gli spetti a titolo di credito residuo, neppure se concorre al passivo fallimentare. | Disciplina previgente: se contratto in corso al fallimento, si applicava l’art.72-quater l.f. (introdotto nel 2006) che di fatto prevedeva un meccanismo simile a quello oggi vigente: il curatore poteva sciogliersi dal contratto, il bene tornava al concedente e questi insinuava il credito differenziale in linea capitale. Se contratto già risolto ante-fallimento: secondo Cass. SS.UU. 2061/2021, rimane valida la distinzione leasing traslativo/godimento con applicazione analogica di 1526 c.c. al traslativo, anche se l’insolvenza è sopravvenuta dopo. In pratica il fallimento del debitore non consentiva di “scappare” dalla disciplina pre-2017 se il leasing si era risolto prima: il concedente doveva restituire l’eventuale ricavato eccedente, come da regole giurisprudenziali, e non poteva applicare retroattivamente la nuova legge né invocare art.72-quater in via analogica. |
Inadempimento del leasing: procedura ed effetti economici
Vediamo ora più da vicino cosa succede quando un leasing viene risolto per inadempimento, seguendo la disciplina legale post-2017 e, dove occorra, evidenziando le differenze con i vecchi contratti. Dal punto di vista procedurale, i passaggi principali sono:
- Mora e diffida – Se l’utilizzatore salta uno o più canoni, il concedente in genere invia solleciti di pagamento. Una volta raggiunta (o superata) la soglia di grave inadempimento (es. quarta rata mensile impagata per un bene mobiliare), il concedente può inviare una diffida ad adempiere o comunicazione di risoluzione, intimando la restituzione del bene e il saldo degli importi dovuti. Alcuni contratti prevedono un breve periodo di tolleranza (es. 30 giorni) entro cui l’utilizzatore può ancora sanare la morosità prima che scatti la risoluzione definitiva.
- Risoluzione anticipata – Decorso inutilmente l’eventuale termine di grazia, il contratto si considera risolto di diritto. Ciò comporta che l’utilizzatore perde il diritto di godimento sul bene e deve restituirlo immediatamente al concedente, che ne è proprietario a tutti gli effetti. Se l’utilizzatore non riconsegna volontariamente, il concedente agirà in via giudiziale: tipicamente richiede un decreto ingiuntivo per ottenere sia l’ingiunzione di pagamento delle somme, sia l’ingiunzione di consegna del bene. Spesso tale decreto è ottenuto in via d’urgenza provvisoriamente esecutiva (grazie a clausole contrattuali ex art.642 c.p.c.), permettendo al leasing di procedere subito. Con il decreto ingiuntivo esecutivo, il concedente può attivare l’esecuzione forzata per il rilascio/consegna: ad esempio, tramite ufficiale giudiziario per il ritiro coattivo dell’auto, macchinario ecc.. In casi estremi, il protrarsi del rifiuto di restituzione potrebbe configurare un illecito penale (es. appropriazione indebita), ma di solito si rimane in ambito civilistico. Durante il periodo in cui trattiene indebitamente il bene, l’utilizzatore potrebbe essere tenuto a pagare un’indennità di occupazione o risarcimento per il mancato utilizzo da parte del proprietario: molti contratti prevedono penali giornaliere o mensili per il ritardo nella riconsegna.
- Ripresa e vendita del bene – Una volta che il concedente rientra in possesso del bene, ha l’obbligo di procedere in tempi ragionevoli alla vendita o ricollocazione del medesimo sul mercato, secondo i criteri del comma 139 della L.124/2017. In pratica il bene viene valutato (spesso con perizia) e messo in vendita al miglior prezzo ottenibile. L’utilizzatore può collaborare segnalando possibili acquirenti o acconsentendo a vendite private, al fine di massimizzare il prezzo. Formalmente però l’iniziativa della vendita spetta al concedente, nel rispetto dei parametri di legge (trasparenza, informazione). È nell’interesse di entrambe le parti ottenere il prezzo più alto, perché ogni euro ricavato in più riduce il debito residuo dell’utilizzatore. Talvolta, per accelerare la soluzione, le parti raggiungono accordi transattivi: ad esempio, l’utilizzatore può trovare egli stesso un compratore disposto ad acquistare il bene a un dato prezzo e proporre al leasing di chiudere la posizione a saldo prima ancora della vendita formale. Oppure, se l’utilizzatore reperisce denaro, può proporre di versare tutti gli arretrati dovuti e le spese, chiedendo di evitare la risoluzione: in tal caso il concedente può anche accettare di rinegoziare il contratto e proseguirlo (magari allungando la durata per abbassare l’importo delle rate future). Va infatti sottolineato che, sebbene superata la soglia di legge il concedente abbia diritto di risolvere, nulla vieta un accordo: spesso il leasing stesso può preferire una ristrutturazione del debito o un saldo concordato, specie se teme di recuperare poco dalla rivendita del bene (ad esempio se il bene rischia di valere meno del credito residuo).
- Determinazione del debito residuo (saldo) – Ottenuto il ricavato dalla vendita, il concedente calcola il saldo finale dovuto dall’utilizzatore secondo la formula vista sopra: sommando canoni scaduti, quota capitale dei canoni a scadere, prezzo di riscatto e spese, e detraendo il ricavato netto. Se la vendita è già avvenuta prima di promuovere azioni legali, il concedente nella sua ingiunzione di pagamento dovrà già decurtare l’importo ricavato. Se invece la vendita avverrà successivamente, il concedente in sede di precetto dovrà indicare una stima del valore di mercato del bene e detrarre quella; in seguito, una volta venduto, dovrà restituire all’utilizzatore l’eventuale differenza positiva se ha venduto a un prezzo maggiore della stima. In pratica, all’utilizzatore viene addebitata soltanto l’eventuale differenza negativa (debito residuo) tra il suo debito contrattuale e quanto recuperato dalla cosa. Nella maggior parte dei casi concreti, soprattutto con beni usati che si svalutano velocemente, la differenza è positiva (cioè c’è un insoluto da pagare). È invece meno comune che ci sia una differenza negativa (surplus a favore del debitore), perché raramente il bene usato viene venduto a un prezzo superiore al capitale residuo più arretrati – ma può succedere ad esempio se il contratto era quasi concluso e il bene ha mantenuto buon valore.
- Pagamento del saldo e chiusura della posizione – Il concedente comunicherà quindi all’utilizzatore (o, se vi sono garanti, anche al fideiussore) l’importo finale dovuto a saldo della posizione. A seguito del pagamento di questa somma (saldo), la posizione viene estinta e il debitore potrà ottenere una liberatoria e la cessazione di ogni pretesa da parte della società di leasing (lo stralcio del debito residuo). Se invece il debitore non paga il saldo dovuto, il concedente agirà esecutivamente per recuperarlo (pignoramenti, ecc.), e il debitore potrebbe essere segnalato come insolvente nelle banche dati creditizie.
Conseguenze economiche e contabili per l’utilizzatore
Dal punto di vista economico, la risoluzione anticipata di un leasing è quasi sempre sfavorevole per il debitore. L’utilizzatore perde il bene in leasing (con eventuali ripercussioni sulla sua attività, se il bene era strumentale) e, pur avendo magari già pagato molti canoni, si ritrova spesso a dover versare ancora una somma significativa senza avere nulla in mano. Inoltre, l’interruzione del leasing e l’eventuale morosità possono peggiorare la sua affidabilità creditizia complessiva: le banche e gli altri finanziatori vedranno un default, il che può influire negativamente su altri rapporti (ad es. può far scattare clausole di decadenza dal beneficio del termine su altri finanziamenti, o un downgrade del rating creditizio). Quindi, l’utilizzatore deve valutare bene i costi/benefici di interrompere il leasing rispetto ad altre soluzioni (come cercare di vendere il bene per conto proprio, rinegoziare, ecc.).
Anche a livello fiscale e contabile vi sono effetti da considerare (soprattutto per imprese e professionisti). Nella seguente tabella riassumiamo i principali.
Tabella 3 – Trattamento fiscale (utilizzatore impresa/professionista)
Aspetto fiscale/contabile | Regola in caso di risoluzione anticipata del leasing |
---|---|
Deducibilità dei canoni già pagati | Conservata: i canoni versati fino alla risoluzione restano deducibili (non vanno “restituiti” fiscalmente). Se inizialmente il contratto rispettava la durata minima fiscale (per beni mobili almeno metà periodo di ammortamento ordinario, per immobili almeno 12 anni, secondo normativa previgente), la deduzione dei canoni passati rimane valida e non va ripresa a tassazione. |
Canoni non ancora maturati | Non essendoci più canoni futuri (il contratto si interrompe), non vi saranno ovviamente ulteriori costi da dedurre nei periodi successivi. Se l’impresa aveva iscritto in bilancio dei risconti attivi o passivi legati ai canoni (es. canone anticipato spalmato), occorrerà stornarli contabilmente nell’esercizio della risoluzione. La parte di costo anticipato non ancora dedotta può essere dedotta integralmente come componente negativo (perdita) nell’anno di risoluzione. |
Penale o importo finali pagati | L’eventuale somma pagata a saldo (penale contrattuale per risoluzione) è considerata un onere deducibile nell’esercizio in cui viene corrisposta, in quanto inerente alla gestione (trattasi di sopravvenienza passiva deducibile). Ad esempio, se l’utilizzatore paga €10.000 a saldo e stralcio, tale importo è deducibile come costo straordinario nell’anno del pagamento. |
Somme restituite dal concedente | Se invece è il concedente a restituire una somma all’utilizzatore (ipotesi di surplus da vendita del bene), per l’utilizzatore tale cifra costituisce una sopravvenienza attiva tassabile nell’esercizio in cui viene percepita (in quanto recupero di costi dedotti o provento derivante dalla cessazione del contratto). |
IVA | I canoni non pagati su cui era stata originariamente fatturata IVA possono essere oggetto di nota di credito IVA da parte del concedente (recuperando l’IVA non incassata). Di conseguenza l’utilizzatore, se aveva detratto quell’IVA, dovrà rettificarla (restituirla) per la parte dei canoni mai pagati. Sulle somme finali addebitate come penale di norma si applica l’IVA, trattandosi di corrispettivo contrattuale (salvo qualificazione diversa come risarcimento puro, caso raro) – l’utilizzatore soggetto IVA potrà detrarla se ne ha il diritto. |
Bene non riscattato | Se il bene non viene mai riscattato (perché il contratto si interrompe prima o l’utilizzatore rinuncia all’opzione finale), l’utilizzatore non ha mai contabilizzato il cespite tra le proprie immobilizzazioni. Dunque non emergono plusvalenze/minusvalenze da cessione del bene, né problemi di ammortamenti (tutto il rapporto si è svolto come costi per canoni a conto economico). Contabilmente l’operazione di risoluzione si traduce nel registrare l’eventuale penale finale come perdita. |
Nota: Dal 2019 per i bilanci IAS/IFRS (principio IFRS16) il leasing finanziario è rilevato come “diritto d’uso” e debito, quindi la risoluzione comporta l’eliminazione contabile dell’attività e del debito residuo, con rilevazione a conto economico dell’eventuale differenza (utile o perdita da risoluzione). Il DM 5/8/2019 ha stabilito che tale trattamento contabile ha rilevanza anche ai fini fiscali per i soggetti IAS adopter (principio della derivazione rafforzata).
Come si vede, la risoluzione anticipata può generare perdite civilistiche nell’esercizio in cui avviene (per via della penale pagata, della perdita del bene, ecc.), che possono incidere sul patrimonio netto dell’impresa e che vanno gestite con attenzione (ad esempio, vanno menzionate nella Nota Integrativa se rilevanti, essendo fatti di rilievo nella gestione). L’azienda o il professionista, inoltre, dovranno considerare l’effetto del default di un leasing sui rapporti con le banche: spesso i leasing fanno parte di un pacchetto di finanziamenti presso uno stesso istituto, e un insoluto può portare a una restrizione di altri fidi o a un peggioramento del merito creditizio complessivo.
Casi pratici di calcolo del saldo a stralcio
Per comprendere meglio gli effetti concreti di una risoluzione anticipata e di un eventuale accordo a saldo e stralcio, esaminiamo alcune simulazioni numeriche in scenari tipici.
Caso 1 – Leasing auto (bene mobiliare) con utilizzatore consumatore/professionista
Mario è un avvocato che nel 2023 stipula un leasing per un’automobile del valore di €30.000 + IVA. Il contratto prevede: durata 4 anni (48 canoni mensili), canone mensile €500 + IVA, anticipo iniziale €5.000 + IVA, opzione finale di riscatto €10.000 + IVA. Mario paga regolarmente i canoni per 2 anni (24 rate su 48), poi nel 2025 attraversa difficoltà economiche e smette di pagare. Dopo aver accumulato 4 rate mensili impagate (la soglia di grave inadempimento per i leasing mobili è 4 mensilità), la società di leasing risolve il contratto per inadempimento. Mario restituisce l’auto. Il concedente mette quindi in vendita l’auto tramite asta o rivenditore e ottiene, poniamo, €15.000 netti dalla vendita del veicolo usato.
Calcoliamo il saldo finale:
- Canoni scaduti non pagati: €500 × 4 = €2.000 (più IVA, ma per semplicità consideriamo importi al netto d’IVA).
- Canoni a scadere (quota capitale): rimanevano 24 canoni su 48. Poiché i €500 mensili includono interessi, assumiamo che la sola quota capitale residua sia circa €12.000 (stima semplificata: €500 × 24 = €12.000, ipotizzando interessi già pagati principalmente nelle prime rate).
- Prezzo di riscatto finale: €10.000 (come da contratto).
- Spese varie (recupero, perizia, rivendita): supponiamo €1.000.
Sommiamo il credito del concedente: €2.000 + €12.000 + €10.000 + €1.000 = €25.000. Ora detraiamo il ricavato della vendita dell’auto: €25.000 – €15.000 = €10.000. Questo €10.000 rappresenta il debito residuo di Mario verso la società di leasing. A questa somma si aggiungeranno eventualmente interessi di mora (se contrattualmente previsti) e le spese legali sostenute per il recupero, ma per semplicità consideriamo €10.000 il dovuto finale.
Vediamo il bilancio complessivo di Mario: in 2 anni aveva già pagato €17.000 (€5.000 di anticipo + 24×€500 = €12.000 di canoni). Ora perde l’auto (niente auto di proprietà) e deve pure pagare altri €10.000, per un totale di €27.000 sborsati. La società di leasing invece incassa nel complesso €42.000: ovvero €17.000 già ricevuti da Mario + €10.000 che Mario paga a saldo + €15.000 ricavati dalla vendita dell’auto. Con €42.000 la società copre il costo iniziale dell’auto (30.000 + IVA, che sarà stato circa 36.600) più gli interessi attesi per quei due anni. Mario ha potuto dedurre fiscalmente i canoni pagati fino al 2025 (nell’ipotesi, trattandosi di auto ad uso promiscuo soggetta a deducibilità 20%, avrà dedotto il 20% di €12.000 annui) e l’anticipo capitalizzato. La risoluzione anticipata non gli fa perdere le deduzioni già fruite. I €10.000 che paga a saldo saranno anch’essi deducibili come costo (entro i limiti di deducibilità auto) in quanto sopravvenienza passiva da estinzione del contratto. Dal punto di vista finanziario, però, Mario ha speso molti soldi e non ha più l’auto. Strategia alternativa: Mario avrebbe potuto provare a trovare egli stesso un acquirente prima della risoluzione: se, ad esempio, fosse riuscito a vendere l’auto a €18.000, avrebbe potuto proporre alla società di leasing di accettare circa €5.000-6.000 come saldo (anziché €10.000), usando il maggior ricavato a beneficio di entrambi. Questo è il classico esempio di accordo a saldo e stralcio: il debitore aiuta a massimizzare il ricavato e negozia uno sconto sul dovuto.
Caso 2 – Leasing di macchinario (bene strumentale) con società utilizzatrice
Alfa S.r.l. ha stipulato un leasing per un macchinario da produzione industriale (leasing traslativo data l’importanza del macchinario). Valore iniziale del bene €100.000, durata 60 mesi, canone mensile circa €1.800 (che include interessi), anticipo €10.000, riscatto finale €5.000. Dopo 36 mesi di pagamento regolare, Alfa S.r.l. entra in crisi di liquidità e smette di pagare le rate. Ha già versato €10.000 di anticipo + 36×€1.800 = €64.800 in canoni. Restano 24 canoni da pagare. La società di leasing, dopo 6 mensilità impagate (soglia di grave inadempimento per beni mobili = 4 mensilità, ma il contratto potrebbe prevedere 6 per maggior tolleranza), risolve il contratto nel 2025. Il macchinario viene ripreso e successivamente rivenduto sul mercato dell’usato a €40.000 netti.
Calcolo del debito residuo:
- Canoni scaduti impagati: 6 × €1.800 = €10.800.
- Quota capitale dei canoni a scadere: supponiamo che sui 24 canoni rimanenti, la parte capitale ammonti a circa €35.000 (essendo un leasing di 5 anni, dopo 3 anni il capitale residuo può essere questa cifra; semplifichiamo).
- Opzione di riscatto: €5.000.
- Spese (recupero, trasporto, perizia): ipotizziamo €2.000.
Totale credito concedente: €10.800 + €35.000 + €5.000 + €2.000 = €52.800. Ricavato dalla vendita: €40.000. Differenza: €52.800 – €40.000 = €12.800. Questo è l’importo che Alfa S.r.l. dovrà corrispondere. Alfa, oltre a perdere il macchinario (che magari era vitale per la produzione), rimane con un debito residuo di €12.800 verso la società di leasing. Se Alfa dovesse fallire (liquidazione giudiziale) subito dopo, la società di leasing si inserirà nel passivo per €12.800 come credito chirografario (salvo eventuali garanzie). Dal lato fiscale, Alfa aveva dedotto i canoni per competenza nei primi 3 anni; con la risoluzione smetterà di dedurre i canoni futuri. La perdita del macchinario non genera una minusvalenza patrimoniale in capo ad Alfa, perché il bene non era iscritto tra le attività (essendo in leasing). I €12.800 pagati o da pagare a saldo costituiscono un costo deducibile (sopravvenienza passiva) nell’esercizio di competenza. Nota: In questo caso, se Alfa S.r.l. avesse visto la crisi arrivare, avrebbe potuto tentare un concordato preventivo o un accordo di ristrutturazione includendo il leasing: magari restituendo il macchinario al leasing e proponendo di pagare, ad esempio, il 50% del residuo (circa €6.400) nell’arco di alcuni anni, falcidiando il restante 50%. È il tipico scenario in cui un saldo e stralcio concordatario potrebbe essere negoziato, tenendo conto che la società di leasing, incamerato il macchinario (che rivende a 40k), incasserebbe anche quel 50% concordatario, evitando l’incertezza di un fallimento dove magari recupererebbe molto meno.
Caso 3 – Leasing immobiliare con impresa utilizzatrice
Beta S.r.l. ha preso in leasing un capannone industriale. Valore iniziale €1.000.000, durata 15 anni, canone trimestrale €25.000, riscatto finale €100.000. Dopo 5 anni (ha pagato 20 trimestri su 60) la società entra in difficoltà e accumula ritardi: raggiunge 2 trimestri impagati, che costituiscono grave inadempimento per un leasing immobiliare (≥2 trimestri). La società di leasing risolve il contratto e Beta S.r.l. restituisce l’immobile. A questo punto il concedente cerca di vendere l’immobile sul mercato, ma data la congiuntura il prezzo ottenibile è inferiore all’atteso: poniamo che riesca a vendere il capannone a €700.000. Supponiamo che il debito totale di Beta verso il leasing al momento della risoluzione fosse di circa €800.000 (comprensivo di canoni capitali residui per i 10 anni mancanti, eventuali arretrati e il prezzo di riscatto). Il ricavato (€700k) viene detratto, lasciando una differenza di €100.000. Beta S.r.l. dovrà versare questi €100.000 al leasing per chiudere la posizione. Beta aveva inizialmente beneficiato della deducibilità dei canoni (in un leasing immobiliare, ai fini fiscali conta la durata minima di 12 anni; nei primi 5 anni Beta avrà dedotto i canoni per competenza). Con la risoluzione, dedurrà i canoni fino alla data di risoluzione e potrà dedurre come costo straordinario l’eventuale penale pagata (€100k). Se Beta finisce in liquidazione fallimentare, il leasing avrà un credito chirografario di €100.000 nel fallimento (l’immobile essendo stato ripreso e venduto fuori dalla massa attiva). Questo scenario evidenzia come nei leasing immobiliari le cifre in gioco possano essere molto elevate; anche qui, Beta avrebbe potuto tentare di rinegoziare o di trovare un acquirente che pagasse di più l’immobile prima che lo vendesse il leasing, cercando di ridurre quel saldo a suo carico. In un concordato preventivo, ad esempio, Beta avrebbe potuto proporre di cedere l’immobile al leasing o a terzi e pagare solo una parte del residuo in percentuale, liberandosi del debito residuo con un saldo falcidiato (con l’approvazione del tribunale e dei creditori).
Questi esempi mostrano che, in ogni caso, l’interruzione di un leasing per inadempimento produce un impatto negativo per l’utilizzatore: la maggior parte dei costi già sostenuti non viene recuperata, e spesso c’è ancora qualcosa da pagare. L’utilizzatore perde il bene che magari gli serviva per l’attività e deve trovare soluzioni alternative (ulteriori esborsi). Inoltre, subisce un peggioramento della propria reputazione creditizia, risultando un cliente che non ha onorato un impegno. Ecco perché, dal punto di vista del debitore, è fondamentale valutare per tempo le strategie di tutela possibili, tra cui il saldo e stralcio, per limitare i danni economici.
Strategie di tutela per il debitore: rinegoziazione e saldo a stralcio
Un utilizzatore in difficoltà con i pagamenti di un leasing non è privo di opzioni. Prima di arrivare alla risoluzione e al contenzioso, o anche dopo la risoluzione, il debitore può attivarsi per limitare il danno economico e cercare soluzioni concordate con la società di leasing. Di seguito riepiloghiamo le principali strategie di tutela dal punto di vista del debitore:
- Contattare tempestivamente la società di leasing – Il primo consiglio è di non ignorare il problema. Se si prevede di non riuscire a pagare qualche rata, è spesso utile informare subito il concedente della situazione e cercare una soluzione negoziata. Mostrarsi collaborativi e proattivi può evitare che il concedente agisca precipitosamente. Ad esempio, se le difficoltà sono temporanee, il debitore può chiedere una moratoria o dilazione (molti istituti, specie in periodi di crisi economica generale, concedono sospensioni dei pagamenti per alcuni mesi).
- Trattativa stragiudiziale per chiusura anticipata concordata – Una via percorribile è proporre al leasing una risoluzione consensuale del contratto, concordando i termini. In pratica il debitore può dire: “Vi restituisco subito il bene prima che la situazione peggiori, e troviamo un accordo sull’importo da pagare a saldo”. Questa trattativa può condurre proprio a un saldo e stralcio: ad esempio, il debitore restituisce il bene e offre una somma inferiore al dovuto come saldo finale, evitando spese legali al leasing. Il vantaggio per il concedente è recuperare il bene in tempi rapidi e magari evitare un lungo contenzioso dall’esito incerto; il vantaggio per il debitore è ottenere uno sconto sul debito. Naturalmente, perché il leasing accetti, l’offerta deve essere ragionevole rispetto a quanto otterrebbe comunque (ricordiamo: il leasing ha diritto agli arretrati + capitale residuo – valore del bene). Quindi il debitore dovrebbe, se possibile, mettere sul piatto subito una cifra pari almeno al presumibile differenziale dopo la vendita. Esempio: se mancano €50k di capitale e il bene può valere €30k, proporre di pagare subito €20k a saldo può convincere il creditore (che risparmia tempo e spese). Consiglio: se si segue questa strada, può essere utile presentare al leasing una stima indipendente del valore del bene o indicare un acquirente pronto, così da dare credibilità alla proposta.
- Piano di rientro rinegoziato – Se il problema è di liquidità momentanea ma l’utilizzatore può riprendersi, una soluzione è chiedere di rinegoziare il contratto di leasing anziché risolverlo. Si può proporre un piano di rientro: ad esempio, aggiungere le rate arretrate in coda al piano, o spalmare gli importi non pagati su un periodo più lungo, magari allungando la durata residua del leasing per abbassare la rata mensile. Alcune società di leasing accettano di rivedere il piano dei canoni (specie se il bene è difficile da recuperare o rivendere, o se il cliente era storico e affidabile). Una rinegoziazione può includere la riduzione temporanea della rata e poi un catch-up successivo, oppure la sola dilazione degli arretrati. È chiaro che il leasing lo farà solo se ha fiducia che il debitore tornerà solvibile; spesso potrebbe chiedere garanzie aggiuntive (es. un garante, o un nuovo piano firmato con cambiali, ecc.). Questa soluzione non comporta sconti sul debito ma può evitare la risoluzione e distribuire meglio il peso dei pagamenti.
- Verifica del contratto e delle clausole – È sempre opportuno, in caso di controversia, far esaminare il contratto di leasing da un professionista (avvocato o consulente) esperto, per verificare se vi siano clausole invalide o irregolarità che possano essere contestate. Ad esempio, in passato alcuni contratti prevedevano penali manifestamente eccessive, tassi di mora molto alti (talvolta usurari), oppure non rispettavano requisiti di trasparenza bancaria. Se si individuano anomali finanziarie (tassi sopra soglia, interessi anatocistici, costi occulti) o violazioni normative, il debitore può sollevare queste questioni come leva negoziale. Spesso la prospettiva di una causa in cui il debitore contesta usura o nullità di clausole può indurre la società di leasing a essere più disponibile a un accordo transattivo a ribasso, pur di evitare rischi in giudizio. Ad esempio, se dal conteggio emerge che includendo penali il TAEG supera i tassi soglia, il debitore potrebbe minacciare un’azione legale e proporre un saldo ridotto. Naturalmente occorre una perizia tecnica seria a supporto.
- Strumenti di composizione della crisi (procedure concorsuali) – Se il debitore è un’impresa in crisi o un privato sovraindebitato, esistono procedure di legge che permettono di gestire tutti i debiti, incluso il leasing, in modo coordinato. Ad esempio: una società potrebbe accedere a un concordato preventivo o alla nuova composizione negoziata della crisi per cercare un accordo con i creditori sotto l’egida di un esperto. In tali sedi, il debitore può proporre ai creditori dei piani di ristrutturazione in cui magari conserva alcuni contratti essenziali e ne risolve altri pagando solo una parte dei debiti (falcidia). Nel concordato, il leasing potrebbe essere trattato restituendo il bene e riconoscendo al leasing un credito chirografario parziale (es. 50%) sul residuo: se il leasing vota favorevolmente e il piano è omologato, quel pagamento parziale estingue definitivamente la pretesa (un saldo e stralcio “giudiziale”). Per i privati e piccoli imprenditori non fallibili, esistono le procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento (ora ricomprese nel Codice della Crisi): ad esempio, il piano del consumatore o il concordato minore. In tali procedure il debitore può proporre la risoluzione del leasing con restituzione del bene e pagamento parziale del dovuto, oppure altre soluzioni, ottenendo una liberazione dal debito residuo una volta eseguito il piano. Queste procedure hanno il vantaggio di bloccare le azioni esecutive dei creditori durante le trattative o il processo (sospendendo anche l’eventuale azione di risoluzione del leasing se non è già conclusa). Lo svantaggio è che sono complesse, costose e richiedono l’intervento del tribunale; vanno valutate solo se la situazione debitoria complessiva è grave.
- Accordo di saldo e stralcio – È la strategia principe se si vuole chiudere la posizione pagando meno. Può essere perseguita sia in via informale (trattativa privata) sia formalizzata in una procedura come detto. Per massimizzare le chance di successo di un saldo e stralcio, il debitore dovrebbe presentarsi con: (a) una somma immediata o in breve tempo, allettante per il creditore (i creditori preferiscono meno soldi subito che forse più soldi dopo anni di cause); (b) eventuali argomenti di trattativa (contestazioni su conteggi, minaccia di lunghe opposizioni, ecc.); (c) la dimostrazione di essere effettivamente in difficoltà (il che fa capire al leasing che rischia di non recuperare il 100% comunque). Importante è che l’accordo sia messo per iscritto e preveda la rinuncia del leasing a ogni ulteriore pretesa a fronte del pagamento concordato. Si consiglia di far redigere l’accordo a un legale, che curerà anche la forma di quietanza e la liberatoria (in modo che il debitore sia tutelato da future rivalse). Dopo il pagamento a saldo, il debitore dovrebbe ottenere una lettera di “saldo a stralcio” attestante che nulla più è dovuto e, se del caso, la cancellazione di eventuali segnalazioni (es. segnalazione in Centrale Rischi della Banca d’Italia, che può essere aggiornata a “posizione chiusa a saldo e stralcio”).
In sintesi, dal punto di vista del debitore la cosa peggiore è subire passivamente l’azione del leasing. Conviene invece giocare d’anticipo: analizzare il contratto, la situazione finanziaria, e scegliere una strategia (rinegoziazione, vendita autonoma del bene, saldo e stralcio, procedure di sovraindebitamento…) per minimizzare la perdita. Ogni situazione è a sé: per questo è consigliabile farsi assistere da professionisti esperti di crisi debitorie e diritto bancario, che possono aiutare a individuare la strada migliore e negoziare con la controparte. Spesso, facendo leva sul fatto che anche per la società di leasing l’operazione di recupero ha costi e incertezze, si può ottenere un compromesso vantaggioso.
Di seguito, passiamo a rispondere ad alcune domande frequenti in materia di leasing non pagato e saldo e stralcio, per chiarire ulteriormente i dubbi più comuni.
Domande frequenti (FAQ)
D: Quante rate posso saltare prima che scatti la risoluzione del leasing?
R: Dipende da cosa prevede il contratto e dal tipo di bene, ma la Legge 124/2017 fissa una soglia di grave inadempimento uniforme: per i leasing di beni mobili (diversi dagli immobili) il mancato pagamento di 4 canoni mensili (anche non consecutivi) costituisce grave inadempimento; per i leasing immobiliari il limite è 6 canoni mensili o 2 canoni trimestrali non pagati. Alcuni contratti potrebbero prevedere tolleranze maggiori (es. risoluzione dopo 8 rate non pagate), ma non possono scendere sotto queste soglie legali. In ogni caso, saltare anche una sola rata significa essere in mora e può portare a penali e segnalazioni; il superamento della soglia fa sì che il concedente possa legalmente risolvere il contratto senza bisogno di ulteriori valutazioni sulla gravità.
D: Una volta risolto il contratto, posso riavere indietro i canoni che avevo già pagato?
R: In generale no. I canoni pagati durante il contratto restano acquisiti dal concedente a titolo di corrispettivo per l’uso del bene di cui l’utilizzatore ha goduto fino alla risoluzione. Non vengono restituiti all’utilizzatore, nemmeno parzialmente, salvo un caso: se dalla vendita del bene il leasing ricava talmente tanto che, dedotte tutte le somme dovute (arretrati, capitale residuo, spese, ecc.), c’è un surplus positivo, allora quell’eccedenza va restituita all’utilizzatore. Ma si tratta – come detto – di un’ipotesi rara nella pratica (significa che il bene usato è stato venduto a un prezzo superiore al debito residuo). In assenza di surplus, tutto ciò che hai pagato rimane al leasing e non viene rimborsato.
D: Devo comunque pagare tutte le rate rimanenti se restituisco anticipatamente il bene?
R: Di fatto sì, ma con i dovuti aggiustamenti. Se il leasing viene risolto anticipatamente, al concedente spetta l’importo dei canoni residui solo in linea capitale (cioè senza interessi non maturati) calcolati al momento della risoluzione, come indennizzo/penale. Però – ed è fondamentale – da questo importo vanno sottratti il valore o il prezzo ottenuto dal bene restituito. Quindi tu pagherai in definitiva l’equivalente delle rate rimanenti (solo quota capitale) meno ciò che il leasing recupera vendendo il bene. Ad esempio, se restavano €20.000 di rate (capitale) e l’oggetto in leasing viene venduto a €15.000, tu pagherai circa €5.000 (più eventuali spese). In sintesi: non paghi tutte le rate rimanenti integralmente, ma paghi la differenza tra il debito e il valore del bene riconsegnato. Se invece trovassi tu un acquirente che paga molto il bene, potresti ridurre parecchio o azzerare questa differenza.
D: Posso recedere liberamente da un leasing se non mi serve più il bene?
R: Di solito no. Il leasing finanziario non prevede un diritto di recesso unilaterale anticipato da parte dell’utilizzatore (salvo forse entro brevi termini per i consumatori nei casi di credito ai consumatori, ma nel leasing classico non c’è recesso). Chi firma un leasing si impegna a pagare tutti i canoni per l’intera durata contrattuale. Puoi certamente estinguere anticipatamente il rapporto, ma solo con l’accordo del concedente e pagando quanto dovuto (spesso è prevista una penale di risoluzione anticipata). In pratica, se “non ti serve più il bene” non puoi semplicemente restituirlo senza costi: dovrai negoziare la chiusura e quasi sempre pagare un importo a saldo (che ricalca lo schema detto: arretrati + capitale residuo – ricavato bene). Alcuni leasing prevedono formalmente la facoltà di riscatto anticipato del bene prima della scadenza, pagando un prezzo concordato; ma è una facoltà contrattuale da esercitare pagando, non un recesso gratuito.
D: Cosa succede se il bene in leasing viene distrutto o rubato prima della fine?
R: In genere il contratto di leasing stabilisce che l’utilizzatore assume tutti i rischi di perimento del bene. Ciò significa che, se il bene viene distrutto, rubato, incendiato, ecc., il debitore deve comunque pagare i canoni come se nulla fosse. Proprio per questo normalmente nei leasing è obbligatoria una polizza assicurativa: di solito il concedente stipula (o fa stipulare) un’assicurazione per danni/furto sul bene, così che in caso di evento avverso l’indennizzo assicurativo vada a coprire (totalmente o parzialmente) il debito residuo. Se il risarcimento assicurativo non copre tutto, l’utilizzatore potrebbe rimanere obbligato a pagare la differenza. Dunque è fondamentale avere adeguate coperture assicurative sul bene in leasing. Da notare che, se il bene non esiste più, di fatto il leasing verrà risolto anticipatamente; il concedente userà l’indennizzo assicurativo al posto del ricavato vendita per fare il conguaglio. Se non c’è assicurazione (caso raro, perché il leasing la impone), l’utilizzatore sopporta interamente il rischio e dovrebbe pagare lo stesso l’intero importo residuo pur non avendo più il bene – salvo forse uno sconto equitativo che qualche giudice potrebbe riconoscere in casi estremi, ma è incerto.
D: Posso contestare il modo in cui la società di leasing ha venduto il bene restituito?
R: Sì, l’utilizzatore ha diritto a una vendita conforme ai criteri di correttezza stabiliti dalla legge. La L.124/2017 richiede valori di mercato e obblighi informativi. Se ritieni che il concedente abbia venduto il bene a un prezzo troppo basso rispetto al mercato (vendita “a prezzo vile”), puoi contestarlo. In pratica, puoi chiedere i dettagli della vendita (perizia di stima, annunci, acquirente, prezzo) e, se riscontri una negligenza (ad es. il leasing ha svenduto frettolosamente magari a un suo affiliato), puoi eccepire la cosa in giudizio per ottenere una riduzione del debito residuo. La Cassazione ha affermato che il concedente deve stimare e vendere secondo buona fede; in caso di contestazione deve dimostrare la correttezza del suo operato. Inoltre, qualora abbia venduto malamente, può essere sanzionato con la riduzione del credito per concorso nel danno ex art.1227 c.c.. Dunque sì, hai strumenti per contestare una vendita poco trasparente o significativamente sotto prezzo: in un’eventuale opposizione al decreto ingiuntivo o causa similare, il giudice terrà conto se il ricavato è stato inferiore al dovuto per colpa del creditore.
D: Se fallisce l’utilizzatore, devo continuare a pagare il leasing?
R: In caso di fallimento (oggi liquidazione giudiziale) dell’utilizzatore, è il curatore fallimentare a decidere le sorti del contratto. Nella maggior parte dei casi, il curatore si scioglie dal contratto di leasing (applicando l’art.72-quater legge fallimentare, ora trasfuso negli artt.177-178 del Codice della Crisi). Ciò significa che il contratto viene chiuso anticipatamente: il bene va restituito al concedente e quest’ultimo insinua nel fallimento il suo credito per il debito residuo (calcolato come visto: canoni residui capitali + opzione – valore bene). Se l’utilizzatore fallito è un’azienda, tuo non devi continuare a pagare nulla, perché è la procedura fallimentare a farsi carico dei debiti (salvo tu sia un garante personale: in tal caso il garante potrebbe essere escusso per il residuo non pagato in fallimento). Se invece l’utilizzatore è una persona fisica in liquidazione del patrimonio (ex sovraindebitamento), analogamente il contratto cessa e il patrimonio liquidato pagherà in parte il leasing. In sintesi: dopo il fallimento, l’utilizzatore non paga più le rate come tali; il leasing riprende il bene e diventa creditore concorrente per il saldo. Va aggiunto che se il contratto era già risolto prima del fallimento, il curatore non può fare molto: il leasing resterà un creditore chirografario per il suo credito. Attenzione infine all’aspetto dei garanti: se ad esempio l’amministratore ha garantito personalmente il leasing della sua società poi fallita, il leasing potrebbe agire contro il garante per il dovuto (il fallimento non protegge i coobbligati). In tal caso conviene al garante stesso tentare un saldo e stralcio col leasing, magari parallelamente alla procedura concorsuale.
D: L’inadempimento sul leasing può ripercuotersi su altre mie linee di credito?
R: Potenzialmente sì. Molti contratti di leasing, soprattutto se fanno parte di un pacchetto di finanziamenti con una banca, includono clausole di decozione/incaglio incrociato (cross-default). Ad esempio, potrebbe esserci una clausola che dice: “il mancato pagamento di qualsiasi importo dovuto alla banca/leasing comporta la decadenza dal beneficio del termine su tutti gli altri finanziamenti concessi al cliente”. Ciò significa che il default sul leasing potrebbe far considerare in default anche altri prestiti presso lo stesso istituto, dando facoltà alla banca di revocarli o chiedere rientro immediato. Inoltre, a livello di sistema, un leasing non pagato viene segnalato come sofferenza o inadempienza nelle banche dati (Centrale Rischi Banca d’Italia, CRIF etc.), con impatto sul tuo credit score. Dunque un imprenditore deve valutare l’“effetto domino”: interrompere i pagamenti di un leasing può peggiorare i rapporti con tutto il sistema bancario, rendendo più difficile ottenere nuovi finanziamenti o mantenere quelli esistenti. Se però la situazione è di crisi generalizzata, può essere inevitabile e allora conviene gestire la cosa globalmente (ad es. con un piano di ristrutturazione del debito che coinvolga tutti i creditori).
D: Quali costi fiscali/contabili emergono al momento della risoluzione?
R: Fiscalmente, come abbiamo visto, non c’è un recupero delle deduzioni pregresse se il leasing rispettava le durate minime: i canoni dedotti restano dedotti, non bisogna restituire nulla al fisco. L’eventuale penale pagata a saldo è deducibile come costo nell’anno (sopravvenienza passiva). Occorrerà eventualmente stornare dei risconti o quote di canone anticipato non maturate, ma si tratta di scritture contabili interne. Dal lato IVA, il leasing emetterà note di credito per i canoni non incassati, e tu dovrai restituire l’IVA detratta su quelle rate mai pagate. Inoltre, sulla penale finale il leasing in genere applica IVA (poiché considerata corrispettivo contrattuale) e tu potrai detrarla se sei soggetto IVA e il bene era strumentale. In bilancio, se adotti i principi OIC (ordinari italiani), semplicemente interromperai l’imputazione dei canoni a conto economico e registrerai l’eventuale penale come costo straordinario. Se adotti IFRS (principio IFRS16), eliminerai dall’attivo il diritto d’uso e dal passivo il debito, rilevando l’eventuale differenza come perdita. Insomma, il costo principale è economico (perdita del bene e pagamento del saldo), non tanto fiscale aggiuntivo.
D: La società di leasing mi chiede €X come saldo dopo la vendita del bene: posso chiedere dettagli del calcolo?
R: Certamente. Hai tutto il diritto di pretendere trasparenza sul calcolo del saldo. Puoi (e devi) chiedere un rendiconto dettagliato con l’indicazione di: canoni scaduti, interessi di mora maturati, canoni a scadere (quota capitale) considerati, importo del prezzo di riscatto, spese addebitate e importo ricavato dalla vendita del bene. In pratica, la formula di legge che abbiamo esposto dovrebbe essere esplicitata. Se qualcosa non torna (ad es. spese troppo elevate, valore di vendita insolitamente basso, interessi di mora esagerati), puoi contestarlo. Il conteggio deve essere conforme al contratto e alla legge. È buona norma farsi confermare per iscritto questi dettagli prima di pagare il saldo a stralcio, magari facendoli inserire nell’accordo transattivo.
D: Dopo la risoluzione, posso riottenere il bene pagando tutto?
R: In teoria no, perché una volta risolto il contratto l’utilizzatore perde il diritto di riscattare il bene. Il diritto di acquistare il bene a fine leasing era condizionato alla regolare esecuzione fino al termine. Se il contratto è risolto anticipatamente, quell’opzione viene meno. Il bene torna in piena disponibilità del concedente, che non ha più l’obbligo contrattuale di trasferirlo all’utilizzatore. Dunque, se anche successivamente tu offrissi di pagare tutto il dovuto, non avresti un diritto legale di riavere il bene. Tuttavia, nulla vieta che tu possa accordarti con il leasing per riacquistare il bene. Ad esempio, se il bene non è stato ancora venduto a terzi, potresti proporre: “vi pago subito tutto (o un importo concordato) purché mi ridiate il bene e lo considero riscattato”. In tal caso sarebbe una transazione nuova: alcune società lo consentono, altre preferiscono comunque vendere a terzi. Quindi dipende dalla controparte. Ma attenzione: se il leasing ha già venduto a qualcuno il bene, allora è definitivamente perso. In sintesi: dopo la risoluzione non c’è un diritto unilaterale di redenzione, solo la possibilità di trattare col concedente (che però potrebbe anche chiedere più di quanto dovevi originariamente, se ad es. ha già speso per vendere altrove).
D: È vero che un leasing non pagato è meno “pericoloso” di un mutuo non pagato perché non lascio ipoteche?
R: Questo è un luogo comune da chiarire. È vero che nel leasing non c’è ipoteca sul bene, a differenza di un mutuo (dove ad esempio la casa su cui grava ipoteca viene pignorata in caso di insolvenza). Nel leasing, il bene è di proprietà della società di leasing, quindi tecnicamente non figura tra i beni del debitore e non può essere ipotecato dai suoi altri creditori. Alcuni dicono: “se non pago il leasing, mi portano via il bene e basta, ma almeno non ho ipoteche sul mio immobile”. Tuttavia, bisogna considerare che molte società di leasing, soprattutto per operazioni su immobili, chiedono comunque garanzie reali. Ad esempio, nei leasing immobiliari la prassi è che venga iscritta ipoteca sull’immobile a favore del leasing stesso, come garanzia aggiuntiva (oltre alla riserva di proprietà). Questo perché se per qualche ragione il leasing dovesse decadere, vuole comunque avere un’ipoteca di primo grado. Dunque nel leasing immobiliare potresti comunque avere un’ipoteca contro. Nei leasing mobili non c’è ipoteca sul bene, ma spesso ci sono fideiussioni personali o garanzie aggiuntive (pegno su depositi, ecc.). In ogni caso, anche se non c’è ipoteca, il fatto di non pagare comporta: risoluzione del contratto, perdita del bene e un debito residuo verso il leasing. Quel debito residuo è personale del debitore, e la società di leasing può aggredire gli altri beni del debitore per soddisfarlo (con normale azione di recupero crediti). Quindi, se ad esempio non paghi un leasing auto e devi 10k di saldo, ti pignoreranno stipendio o conto per quei 10k – il fatto che l’auto fosse “di loro proprietà” non ti esonera dal pagare la differenza. Con un mutuo ipotecario su casa, il creditore ha ipoteca ma se la casa non copre il debito può comunque venire sul restante patrimonio. Quindi la pericolosità dipende più dall’importo dovuto e dalla propria solvibilità che dallo strumento tecnico. In sintesi: un leasing in default è diverso da un mutuo in default, ma non è necessariamente meno grave per il debitore, anzi può avere conseguenze molto onerose ugualmente (basta vedere gli esempi sopra, dove il debitore rimane con debito e senza bene).
D: In futuro potrò ottenere altri leasing o finanziamenti se ho avuto un leasing risolto per inadempimento?
R: Dipende dalla gravità e dall’esito della vicenda, ma in generale un precedente di insolvenza incide negativamente sulla tua reputazione creditizia. Se hai risolto un leasing pagando comunque tutto il dovuto, magari in ritardo ma integralmente, e l’episodio è isolato, col tempo (diciamo qualche anno) potresti riabilitarti e ottenere altri finanziamenti, soprattutto se le tue condizioni economiche migliorano. È importante in tal caso far risultare che il debito è stato estinto: assicurati di avere una lettera del leasing che attesta il saldo e stralcio avvenuto e la chiusura della posizione, e verifica che nelle banche dati creditizie la posizione risulti chiusa. Diverso il caso se il leasing ha subito perdite (ad es. tu hai pagato solo parzialmente a saldo e stralcio, o sei stato addirittura insolvente lasciando uno stralcio non pagato): ciò resterà a sistema come un rosso. Ad esempio, la Centrale Rischi di Bankitalia registra per 36 mesi le sofferenze: se il leasing ha classificato il tuo debito a perdita, le banche lo vedranno. Anche in CRIF per i privati, un saldo a stralcio è segnalato (il creditore segnala che il debito è stato “saldato parzialmente”). Dunque un nuovo potenziale finanziatore potrebbe essere restio. Cosa fare? In caso di accordo saldo-stralcio, negozia col leasing anche la descrizione della chiusura: alcuni creditori, se il debitore paga gran parte del dovuto, accettano di segnalare come “soddisfatto” il credito (come se fosse pagato intero). Altri invece indicano “saldo parziale”. In ogni caso, col passare degli anni e con comportamenti virtuosi successivi, il sistema ti riammetterà. Se invece c’è stato un fallimento o insolvenza grave, dovrai lavorare di più per riacquistare fiducia (ad esempio fornendo maggiori garanzie ai nuovi finanziatori).
D: Se non pago la quota finale di riscatto posso non acquistare il bene e ridarlo indietro?
R: Sì, l’opzione finale di acquisto è un diritto dell’utilizzatore, non un obbligo (a meno che il contratto non contenga clausole particolari). Quindi, se arrivi a fine leasing e hai pagato tutti i canoni ma non vuoi o non puoi esercitare il riscatto, puoi scegliere di non pagare il prezzo finale e restituire il bene al concedente. Questo non costituisce un inadempimento contrattuale, perché il contratto di leasing normalmente prevede proprio tale eventualità: l’utilizzatore ha diritto di acquistare, “ovvero, in caso di mancato esercizio, l’obbligo di restituirlo”. Naturalmente, in tal caso il bene rimane di proprietà del concedente, il quale può rivenderlo o reimpiegarlo. Attenzione però: alcuni contratti possono prevedere penali se l’utilizzatore rinuncia al riscatto all’ultimo (specie in contratti su misura). Ma in generale no: se non paghi la maxi-rata finale, semplicemente non perfezioni l’acquisto e il contratto si chiude con la restituzione. Questo non intacca la tua “onorabilità” creditizia, perché hai comunque adempiuto a tutti i canoni dovuti; l’opzione di acquisto era facoltativa. Un caso particolare: nei leasing immobiliari residenziali (es. prima casa) esiste una normativa per cui se decidi di non riscattare, ti può essere restituita parte dei canoni come risparmio – ma riguarda il leasing abitativo per giovani introdotto dalla legge di stabilità 2016, ed esula dallo scopo di questa guida.
D: Un leasing operativo non pagato ha le stesse conseguenze di un leasing finanziario?
R: In linea di massima sì come dinamica, ma con alcune differenze. Nel leasing operativo (o noleggio a lungo termine), se l’utilizzatore non paga i canoni, il locatore (spesso il produttore del bene o società di noleggio) risolve il contratto, ritira il bene e ha diritto a un risarcimento/penale per l’uso non pagato e per l’eventuale mancato guadagno. Non essendoci un’opzione di acquisto a prezzo simbolico, spesso il contratto prevede che in caso di risoluzione l’utilizzatore debba pagare, ad esempio, una percentuale dei canoni residui come penale. Il bene viene ripreso e normalmente la società di noleggio lo ricolloca (ad es. un’auto noleggiata verrà messa sul mercato dell’usato). Le tutele anti-arricchimento del patto marciano non si applicano automaticamente al leasing operativo perché la L.124/2017 disciplina solo il leasing finanziario tipico. Tuttavia, anche qui vale il principio generale che il creditore non può ottenere somme sproporzionate: se una penale nel noleggio fosse eccessiva, potrebbe essere ridotta dal giudice. In definitiva, se non paghi un leasing operativo: ti tolgono il bene, ti chiedono gli arretrati e una penale sugli importi a scadere, e ti segnalano come moroso allo stesso modo. È un contratto di locazione di beni: sul piano pratico sei inadempiente a un obbligo di pagamento e il bene viene ritirato. Non c’è l’aspetto del riscatto finale, quindi il conteggio è un po’ diverso, ma la sostanza (debito residuo da pagare) rimane. Anche in questo caso si può tentare un accordo a saldo (es. restituisci il bene e paghi una penale ridotta). Da notare che spesso nei noleggi auto a lungo termine la società di noleggio mette in conto il recupero del mezzo e può limitarsi a richiedere solo le rate scadute più una penale fissa per recesso anticipato, se prevista.
Conclusioni
Dal punto di vista del debitore in leasing, la situazione di insolvenza è delicata ma gestibile con le giuste conoscenze e strategie. La normativa italiana, specialmente dopo il 2017, offre un quadro più chiaro che evita gli eccessi di un tempo (niente più casi di concessionari che tengono sia il bene sia tutti i soldi). Tuttavia, l’utilizzatore può trovarsi comunque a pagare somme importanti e a perdere l’utilizzo del bene fondamentale. Ottenere un saldo e stralcio è possibile, ma richiede negoziazione, preparazione e – spesso – l’assistenza di esperti. In questa guida abbiamo illustrato come funziona la risoluzione di un leasing, quali sono i diritti e doveri di ciascuna parte e quali vie d’uscita può cercare il debitore per contenere i danni. Affrontare per tempo il problema, studiare il contratto, valutare le opzioni (dalla rinegoziazione interna fino alle procedure concorsuali) e eventualmente proporre un accordo vantaggioso per il creditore, sono passi essenziali.
In conclusione, se vi trovate in difficoltà con un leasing, non aspettate passivamente il decreto ingiuntivo: rivolgetevi a un consulente legale, fate valere i vostri diritti (trasparenza nei calcoli, correttezza nella vendita del bene, ecc.) e cercate una soluzione concordata. Un saldo e stralcio ben condotto vi permetterà di chiudere la vicenda liberandovi del debito residuo e limitando l’impatto sul vostro patrimonio e sul futuro accesso al credito.
Fonti normative e giurisprudenziali
- Legge 4 agosto 2017, n.124, art.1 commi 136-140 – (Definizione di locazione finanziaria e disciplina della risoluzione per inadempimento). Normativa che tipicizza il contratto di leasing finanziario e introduce la regola del patto marciano legale.
- Codice Civile: artt. 1455 (importanza dell’inadempimento), 1458 (effetti della risoluzione nei contratti di durata), 1526 (risoluzione della vendita con riserva di proprietà), 1382-1384 (clausola penale e possibile riduzione giudiziale), 1227 (concorso del fatto colposo del creditore nel danno) – Applicati dalla giurisprudenza per analogia ai leasing ante 2017 (es. art.1526 c.c. per leasing traslativo).
- Cassazione Civile, Sez. Unite, 28 gennaio 2021, n. 2061 – (Leasing traslativo vs godimento, non retroattività L.124/2017). Sentenza fondamentale che ha stabilito che la L.124/2017 non ha effetto retroattivo: per i contratti di leasing risolti prima dell’entrata in vigore della legge resta valida la distinzione tra leasing di godimento e traslativo, con applicazione analogica dell’art.1526 c.c. ai traslativi. La sentenza esclude anche l’applicazione analogica dell’art.72-quater l.fall. alle risoluzioni pre-fallimentari.
- Cassazione Civile, Sez. III, 19 settembre 2024, n. 25199 – (Validità clausole risolutive leasing traslativo, patto di deduzione). Ordinanza che ha confermato la validità delle clausole nei contratti di leasing traslativo che prevedono, in caso di risoluzione per inadempimento, il pagamento dei canoni scaduti e futuri (attualizzati) da parte dell’utilizzatore, previa detrazione del valore di mercato del bene. Ha ritenuto valida anche la clausola che consente al concedente di stimare unilateralmente il valore del bene, ma con l’obbligo di correttezza e buona fede, e con onere di motivare la stima se contestata. Ha chiarito inoltre che il “patto di deduzione” (canoni futuri attualizzati meno ricavato vendita come penale) deve essere attuato in buona fede: se il bene è già venduto, va detratto il ricavato effettivo (responsabilità ex art.1227 c.c. se vendita a prezzo vile); se non è venduto, va detratto un valore equo di mercato stimato.
- Cassazione Civile, Sez. III, 6 novembre 2024, n. 28546 – (Applicazione “ratione temporis” L.124/2017, divieto di arricchimento). Pronuncia che ribadisce la non retroattività della disciplina introdotta dalla L.124/2017: il comma 138 si applica solo alle risoluzioni i cui presupposti si verificano dopo l’entrata in vigore della legge; per le risoluzioni anteriori continua a valere la distinzione godimento/traslativo e l’applicazione analogica dell’art.1526 c.c. ai traslativi. La sentenza sottolinea inoltre che la risoluzione del leasing non può comportare un ingiustificato arricchimento del concedente: anche prima della legge 2017, la giurisprudenza imponeva al concedente di restituire all’utilizzatore quanto ricavato dalla vendita del bene, detratto un equo compenso e l’eventuale penale concordata. Questo principio di divieto di arricchimento è considerato di ordine pubblico economico e rende nulle o comunque inapplicabili clausole contrarie.
- Tribunale di Milano, Sez. XIII Civile, Sentenza 16/04/2025 n. 3253 – (Ingiunzione per restituzione del bene in leasing). Caso in cui il Tribunale ha confermato un decreto ingiuntivo che ingiungeva all’utilizzatore moroso la immediata restituzione del bene a seguito di risoluzione per inadempimento; è stato rilevato che la mancata contestazione specifica dell’inadempimento da parte del debitore rendeva superfluo ogni ulteriore accertamento sulla gravità dell’inadempimento stesso.
- Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019) – artt. 177-178 (trattamento dei contratti di leasing pendenti in caso di liquidazione giudiziale) e art. 179 (effetti dello scioglimento). Tali articoli riprendono sostanzialmente il vecchio art.72-quater l.fall., prevedendo che il curatore può sciogliersi dal leasing pendente e che il concedente ha diritto alla restituzione del bene e ad insinuare un credito pari al credito residuo in linea capitale diminuito del valore del bene. Inoltre, nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione, è data facoltà al debitore di continuare o sciogliere i leasing, con eventuale riconoscimento ai concedenti del risarcimento danni contrattuale.
- Circolari dell’Agenzia delle Entrate: in particolare la Risoluzione Min. Finanze n. 183/E del 21/12/2000, che chiarì la neutralità fiscale della risoluzione anticipata del leasing con riscatto per l’utilizzatore (nessuna rettifica delle quote dedotte se durata minima rispettata, e deducibilità della penale come sopravvenienza passiva); e il Principio Contabile IAS/IFRS – IFRS16 (recepito dal DM 5/8/2019) che introduce il diritto d’uso nei bilanci IAS e il correlato trattamento fiscale in caso di risoluzione (derivazione rafforzata).
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Il leasing può diventare un peso enorme per chi si trova in crisi finanziaria, personale o aziendale.
Quando i canoni si accumulano e la restituzione del bene non basta a coprire il debito residuo, la strada più intelligente può essere il saldo e stralcio: una chiusura definitiva del contratto con un accordo a saldo parziale del dovuto.
Con la giusta strategia, è possibile azzerare la posizione e liberarsi dal contratto senza ulteriori conseguenze.
Cos’è il saldo e stralcio del leasing?
Il saldo e stralcio è un accordo negoziale tra debitore e società di leasing che prevede:
- La chiusura anticipata del contratto
- La restituzione del bene, se ancora in possesso
- Il pagamento di una somma ridotta rispetto al debito totale residuo
- La rinuncia da parte della società a ulteriori pretese o azioni legali
L’operazione è utile per evitare contenziosi, pignoramenti e costi aggiuntivi, soprattutto quando il debitore è in difficoltà economica.
Quando conviene e chi può ottenerlo?
Il saldo e stralcio del leasing è particolarmente indicato se:
- Hai canoni arretrati e non riesci più a sostenere il contratto
- Il bene non è più utile o ha perso valore
- La società ha già risolto il contratto ma pretende il residuo intero
- Vuoi evitare un decreto ingiuntivo o un pignoramento
- Stai affrontando una crisi d’impresa o una procedura di sovraindebitamento
La trattativa va gestita con precisione tecnica e competenza legale, altrimenti rischi di sottoscrivere condizioni peggiorative.
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🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in contrattualistica finanziaria e risoluzione del debito da leasing
✔️ Iscritto come Gestore della crisi presso il Ministero della Giustizia
✔️ Autore di accordi a saldo e stralcio per aziende, liberi professionisti e consumatori
✔️ Consulente per chiusure concordate rapide e tutela del patrimonio
Conclusione
Pagare tutto non è sempre possibile, ma pagare il giusto è spesso sufficiente.
Con un saldo e stralcio ben gestito, puoi liberarti dal leasing, evitare danni ulteriori e ricominciare con una posizione pulita.
Con l’Avvocato Giuseppe Monardo, hai al tuo fianco un alleato esperto nella trattativa e nella protezione del tuo futuro finanziario.
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