Quando L’Iscrizione A Ruolo Diventa Esecutiva?

Hai ricevuto una cartella esattoriale o un avviso di addebito e ti stai chiedendo quando l’iscrizione a ruolo diventa esecutiva e cosa comporta concretamente per te? Vuoi sapere da quando il Fisco può agire con pignoramenti, ipoteche o fermi?

Capire quando l’iscrizione a ruolo acquista efficacia esecutiva è fondamentale per non restare sorpresi da azioni aggressive di riscossione. I termini non sono tutti uguali e variano a seconda del tipo di debito e del documento notificato.

Cos’è l’iscrizione a ruolo?
È l’atto con cui l’Agenzia delle Entrate Riscossione iscrive formalmente il debito a tuo carico, trasformandolo in sommario esecutivo, cioè in un credito che può essere recuperato forzatamente se non paghi spontaneamente.

Quando diventa esecutiva l’iscrizione a ruolo?
Dipende dalla natura del debito e dell’atto notificato:
– Se hai ricevuto una cartella di pagamento, l’iscrizione a ruolo è già avvenuta e diventa esecutiva decorsi 60 giorni dalla notifica, se non paghi o non presenti ricorso.
– Se si tratta di un avviso di addebito INPS, il termine è più breve: diventa titolo esecutivo dopo 60 giorni dalla notifica, senza necessità di ulteriore cartella.
– Alcuni atti (come accertamenti esecutivi) sono già titoli esecutivi: trascorsi 30 giorni dalla notifica, se non si paga o non si impugna, il Fisco può procedere direttamente.

Cosa comporta l’esecutività dell’iscrizione a ruolo?
– Il Fisco può avviare l’esecuzione forzata, anche senza preavviso, con:
Pignoramento di conto corrente
Pignoramento dello stipendio o della pensione
Fermo amministrativo sull’auto
Iscrizione di ipoteca sugli immobili

Ci sono eccezioni o tutele?
Sì. Prima di agire forzatamente, l’Agente della Riscossione deve notificarti un preavviso di fermo o ipoteca, ma non è obbligato a farlo prima del pignoramento presso terzi. In ogni caso, se impugni l’atto nei termini, blocchi l’esecutività fino alla decisione del giudice.

Cosa puoi fare se sei nei termini?
Pagare l’intero importo o chiedere la rateizzazione
Impugnare l’atto davanti alla commissione tributaria o al giudice competente
– Chiedere la sospensione della riscossione in presenza di irregolarità
– Valutare strumenti di composizione della crisi, se il debito è troppo alto

Cosa NON devi fare mai?
– Ignorare la cartella o l’avviso: il tempo gioca contro di te
– Attendere il pignoramento per muoverti
– Pensare che, in assenza di notifiche successive, il Fisco non possa agire
– Affidarti a “consulenze fai-da-te” senza una strategia legale valida

Quando l’iscrizione a ruolo diventa esecutiva, il Fisco può agire con forza. Ma se agisci nei termini, puoi difenderti, bloccare tutto e ridurre i danni.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in contenzioso tributario e difesa del contribuente – ti spiega quando l’iscrizione a ruolo diventa esecutiva, cosa comporta e cosa puoi fare per fermare la riscossione forzata.

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Introduzione

L’iscrizione a ruolo è il meccanismo attraverso cui un debito verso lo Stato o altro ente pubblico viene formalmente inserito in un elenco (detto ruolo) ai fini della riscossione forzata. In altri termini, è l’atto con cui l’ente creditore (ad esempio, l’Agenzia delle Entrate per i tributi o l’INPS per i contributi) affida il credito all’Agente della Riscossione (Agenzia delle Entrate–Riscossione, ex Equitalia) perché ne curi il recupero coattivo. Dal punto di vista del debitore, l’iscrizione a ruolo segna il passaggio dalla fase volontaria a quella esecutiva: una volta reso esecutivo il ruolo, il debitore riceverà la cartella esattoriale (o altro atto equivalente) contenente l’intimazione di pagamento entro un termine perentorio, scaduto il quale l’Agente della Riscossione potrà procedere con pignoramenti, ipoteche, fermi amministrativi e altre azioni esecutive.

Ma quando l’iscrizione a ruolo diventa esecutiva? In ambito tributario e amministrativo, ciò avviene quando l’ente impositore forma e sottoscrive il ruolo, conferendogli efficacia di titolo esecutivo. In pratica, il ruolo diviene esecutivo nella data indicata dall’ente creditore stesso, data che deve essere riportata nella cartella di pagamento notificata al contribuente. A partire da tale data, infatti, il ruolo contiene un credito certo, liquido ed esigibile, idoneo a fondare l’esecuzione forzata.

Questa guida, aggiornata a giugno 2025, esamina in dettaglio il momento in cui l’iscrizione a ruolo assume efficacia esecutiva, ponendosi dal punto di vista del debitore. Verranno trattati sia l’ambito civile/tributario (come cartelle esattoriali, ruoli tributari per imposte, multe stradali, contributi previdenziali) sia l’ambito penale (riscossione di pene pecuniarie e spese di giustizia), includendo le recenti riforme normative e le pronunce giurisprudenziali più autorevoli fino al 2025. Il linguaggio utilizzato è giuridico ma con finalità divulgative: ogni concetto sarà spiegato in modo chiaro, supportato da riferimenti normativi e sentenze aggiornate, con tabelle riepilogative, esempi pratici e una sezione di domande e risposte frequenti. In fondo, è presente un elenco di tutte le fonti e riferimenti normativi citati.

Nota: Da non confondere con l’iscrizione a ruolo nel processo civile o penale (cioè l’iscrizione di una causa nel registro del tribunale). In questa guida parleremo invece dell’iscrizione a ruolo esattoriale, relativa alla riscossione coattiva dei crediti pubblici.

Cos’è l’iscrizione a ruolo e quando diventa esecutiva (ambito tributario)

Dal punto di vista giuridico, il ruolo è definito dall’art. 10 del DPR 29 settembre 1973 n. 602 come l’“elenco nominativo dei debitori e delle somme da essi dovute, formato dall’Ufficio ai fini della riscossione a mezzo del concessionario”. In concreto, iscrivere a ruolo un credito significa inserire il nome del debitore e l’importo dovuto in questo elenco ufficiale. Il ruolo è poi trasmesso all’Agente della Riscossione, il quale provvederà a notificare al debitore la cartella di pagamento e, in difetto di adempimento, ad attivare le procedure esecutive.

Quando il ruolo diventa esecutivo? Il ruolo diventa esecutivo quando è sottoscritto dal titolare dell’ufficio creditore o da un suo delegato. La sottoscrizione del ruolo – anche mediante firma elettronica – costituisce l’attestazione formale che conferisce al ruolo la natura di titolo esecutivo. In altri termini, la firma del funzionario rende il ruolo immediatamente idoneo per iniziare la riscossione forzata, analogamente a come la firma di un giudice rende esecutiva una sentenza. Dal momento della sottoscrizione, infatti, il ruolo certifica un credito non più contestabile in via amministrativa e dà mandato all’esattore di procedere alla riscossione.

La data precisa in cui il ruolo è stato reso esecutivo viene indicata dallo stesso ente creditore all’atto della formazione del ruolo ed è riportata nella cartella esattoriale notificata al debitore. Tale indicazione è prevista per legge (art. 25, comma 2-bis, DPR 602/1973) a garanzia del contribuente, affinché possa conoscere quando il suo debito è divenuto esigibile ed eventualmente verificare il rispetto dei termini di decadenza per la formazione e notifica del ruolo. Ad esempio, una cartella di pagamento riporterà nel frontespizio una dicitura del tipo: “Ruolo n. XXXX reso esecutivo in data GG/MM/AAAA dall’ente creditore”.

Sintesi: in ambito tributario-amministrativo, l’iscrizione a ruolo diventa esecutiva alla data in cui l’ente impositore sottoscrive il ruolo, data che viene comunicata al debitore mediante la cartella esattoriale. Da quel momento, il ruolo equivale a un’ingiunzione di pagamento: il debitore riceverà la cartella contenente l’ordine di pagare entro 60 giorni e l’avvertimento che, in mancanza, si procederà ad esecuzione forzata.

Formazione del ruolo e notifica della cartella di pagamento

La procedura classica di riscossione coattiva tramite ruolo si svolge in diverse fasi. Di seguito illustriamo i passaggi principali, dal controllo del tributo fino all’eventuale pignoramento, concentrandoci sui momenti in cui il debito diventa esecutivo e opponibile al debitore:

  • Accertamento del debito: anzitutto l’ente creditore accerta l’esistenza e l’ammontare del credito verso il contribuente/debitore. Ciò può avvenire con modalità diverse a seconda della natura del credito:
    • Per le imposte e tasse: il debito può emergere da un controllo automatizzato o formale (ad es. omesso versamento risultante dalla dichiarazione dei redditi) oppure da un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate in caso di violazioni (redditi non dichiarati, maggiore IVA dovuta, ecc.).
    • Per i contributi previdenziali: l’INPS verifica eventuali omissioni contributive (ad esempio mancati versamenti di un datore di lavoro o di un lavoratore autonomo).
    • Per le sanzioni amministrative (multe stradali e altre): il verbale di contravvenzione o l’ordinanza-ingiunzione determina l’importo dovuto.
    • Per altri crediti pubblici: possono esservi importi dovuti per canoni, tariffe, indennità, spese di giustizia, ecc., accertati dagli enti competenti.
  • Inadempimento e iscrizione a ruolo: se il debitore non adempie spontaneamente entro i termini previsti (o non propone ricorso nei termini contro l’eventuale atto impositivo), l’ente creditore procede all’iscrizione a ruolo. Ad esempio, trascorsi 60 giorni dalla notifica di un avviso di accertamento senza che il contribuente abbia pagato o impugnato, il debito viene iscritto a ruolo. Analogamente, se una multa stradale non viene pagata entro 60 giorni dalla notifica (e non è stato proposto ricorso), scatta l’iscrizione a ruolo della sanzione, maggiorata di interessi e oneri di legge. L’iscrizione a ruolo comporta la formazione dell’elenco dei debiti dovuti, con indicazione del nominativo del debitore, delle somme dovute (capitale, sanzioni, interessi), della specie del ruolo (ordinario o straordinario) e della data in cui il ruolo diviene esecutivo, nonché degli estremi del provvedimento o titolo da cui scaturisce il credito.
  • Ruolo ordinario vs straordinario: la legge distingue ruoli ordinari e straordinari. Un ruolo ordinario è utilizzato di regola per la riscossione di somme dovute in base ad accertamenti non definitivi (in pendenza di eventuali ricorsi) – in tal caso l’iscrizione a ruolo avviene a titolo provvisorio, generalmente per importi limitati (ad esempio, una percentuale dell’imposta accertata). Il ruolo straordinario, invece, è formato in situazioni di particolare urgenza e pericolo per la riscossione (ad esempio, in caso di fondato timore di fuga del contribuente o di suo prossimo fallimento). Il ruolo straordinario consente all’ente di iscrivere l’intera somma (o una quota maggiore) anche prima della definitività dell’accertamento, previa autorizzazione motivata, e comporta l’applicazione di un interesse maggiorato per il contribuente (attualmente il tasso di interesse per il ruolo straordinario è il doppio di quello ordinario, ex art. 15 DPR 602/73). In entrambi i casi, la sottoscrizione del ruolo da parte del funzionario rende esecutivo l’elenco: anche un ruolo “provvisorio” diviene titolo esecutivo dalla sua firma, ferma restando la possibilità per il contribuente di vedersi sgravato il debito in caso di esito favorevole del ricorso.
  • Consegna del ruolo all’Agente della Riscossione: una volta formato e reso esecutivo, il ruolo viene trasmesso telematicamente all’Agente della Riscossione competente per territorio (Agenzia Entrate–Riscossione, o un eventuale concessionario locale). A questo punto, il concessionario ha il compito di procedere alla notifica dell’atto di riscossione al debitore.
  • Notifica della cartella di pagamento: l’Agente della Riscossione, ricevuto il ruolo, emette la cartella esattoriale (detta anche cartella di pagamento) e la notifica al debitore a mezzo posta o PEC. La cartella di pagamento è il documento che porta a conoscenza del debitore il suo debito iscritto a ruolo e gli ingiunge di pagare entro un termine perentorio (60 giorni). Contenuto della cartella: in base all’art. 25 DPR 602/1973, la cartella deve indicare: i dati del debitore, la causale e l’importo del debito (distinguendo le varie voci: imposta, sanzioni, interessi, aggi di riscossione, spese); la già citata data di esecutività del ruolo; il riferimento all’atto precedente (es. numero dell’accertamento) o la motivazione della pretesa; e soprattutto contiene l’intimazione ad adempiere entro 60 giorni, con l’avvertimento che in caso contrario si procederà ad esecuzione forzata. La cartella standardizza tali elementi secondo un modello ministeriale. Va evidenziato che la cartella di pagamento stessa costituisce titolo esecutivo e atto di precetto: non è necessario, per legge, che l’Agente della Riscossione si rivolga a un giudice per ottenere un decreto o una sentenza contro il debitore. L’iscrizione a ruolo (titolo formato dall’ente impositore) e la cartella che ne è l’estratto notificato al contribuente sostituiscono il titolo giudiziale e l’atto di precetto normalmente richiesti nel processo di esecuzione civile. Infatti la cartella di pagamento vale come precetto contenente l’ingiunzione a pagare entro 60 giorni. Trascorso tale termine senza pagamento né ricorso, l’esecuzione forzata può essere avviata.

Esempio pratico (cartella esattoriale per IRPEF): Mario riceve un avviso di accertamento dall’Agenzia delle Entrate per maggior IRPEF dovuta, notificato il 10 marzo 2024. Se Mario non presenta ricorso entro 60 giorni (ossia entro il 9 maggio 2024) e non paga le somme richieste, l’accertamento diventa definitivo e l’Agenzia iscriverà a ruolo il credito per IRPEF, sanzioni e interessi. Supponiamo che l’Agenzia renda esecutivo il ruolo il 15 luglio 2024: in tal caso, incaricherà l’Agenzia Entrate–Riscossione di riscuotere. AdER emetterà la cartella esattoriale indicando “ruolo reso esecutivo il 15/07/2024” e la notificherà a Mario, ad esempio il 30 luglio 2024. Mario, dal canto suo, ha 60 giorni da tale notifica per pagare (entro il 28 settembre 2024) o per impugnare la cartella se vi sono vizi. Se nulla fa, dal 29 settembre l’Agente potrà legittimamente avviare azioni esecutive (pignoramenti ecc.).

Efficacia esecutiva e recenti riforme: “accertamenti esecutivi” e abolizione della cartella in alcuni casi

Negli ultimi anni il legislatore ha progressivamente ampliato il novero degli atti immediatamente esecutivi, nell’ottica di velocizzare la riscossione ed evitare passaggi duplicativi. Tradizionalmente, infatti, per riscuotere coattivamente un tributo occorreva prima notificare un avviso di accertamento, poi (se rimasto insoluto) iscrivere a ruolo e notificare una cartella esattoriale. Dal 2010 in poi si è introdotto il principio della “concentrazione della riscossione nell’accertamento”: in base all’art. 29 del D.L. 78/2010, gli avvisi di accertamento dell’Agenzia delle Entrate per imposte sui redditi, IVA e IRAP devono già contenere al loro interno un’intimazione di pagamento entro 60 giorni, trascorsi i quali l’atto diviene esso stesso titolo esecutivo. In pratica, l’avviso di accertamento diventa esecutivo decorso il termine per il ricorso (60 giorni) e abilita l’Agente della Riscossione ad agire senza bisogno di una cartella. Dopo ulteriori 30 giorni dall’esecutività (90 giorni dalla notifica dell’accertamento), se il contribuente non ha ancora pagato, l’agente può avviare le misure cautelari e poi quelle esecutive (previa notifica di un avviso di intimazione 5 giorni prima del pignoramento). Questo meccanismo – detto “avviso di accertamento esecutivo” – rende più celere il passaggio alla riscossione forzata.

Estensione agli enti locali: la Legge n. 160/2019 (legge di bilancio 2020) ha esteso lo schema dell’accertamento esecutivo anche ai tributi locali (IMU, TARI, imposta di pubblicità, ecc.) dal 1° gennaio 2020. Ciò significa che i Comuni, Province e altri enti locali oggi emettono avvisi di accertamento esecutivi: l’atto unico che accerta il tributo locale evaso e intima il pagamento entro 60 giorni, avvertendo che in difetto sarà titolo esecutivo per la riscossione coattiva. Decorso il termine, l’ente locale può procedere al recupero coattivo senza emettere una cartella separata, ma semplicemente affidando il carico all’Agente della Riscossione o, in alternativa, attivando una ingiunzione fiscale ai sensi del R.D. 639/1910 (strumento ancora utilizzato da alcuni enti locali in luogo del ruolo).

Le novità 2024-2025: in attuazione della Delega Fiscale 2023 (L. 111/2023), sono stati emanati i decreti legislativi nn. 110/2024 e 87/2024 che rafforzano la natura esecutiva degli atti tributari e mirano a ridurre l’uso della cartella. In particolare, il D.Lgs. 110/2024 (cd. Decreto Riscossione, in vigore dall’1 gennaio 2025) ha generalizzato l’accertamento esecutivo estendendolo ad ulteriori tipologie di atti dell’Agenzia delle Entrate e degli enti territoriali. Ad esempio, dal 2025 saranno immediatamente esecutivi:

  • gli atti di recupero di crediti d’imposta indebitamente utilizzati in compensazione (crediti non spettanti o usati in frode);
  • gli avvisi di liquidazione per imposte indirette, come imposta di registro, successioni e donazioni, imposta sulle assicurazioni;
  • gli avvisi di accertamento per omessa dichiarazione in vari ambiti (ad es. omessa dichiarazione di successione, omesso versamento bollo auto, ecc.);
  • a regime, anche gli accertamenti dei tributi regionali (come le addizionali IRPEF regionali) dovranno contenere l’intimazione e diventeranno esecutivi dopo 60 giorni dalla notifica, analogamente ai tributi locali.

In sostanza, la tendenza normativa attuale è: meno ruoli e cartelle, più atti “impo-esattivi”. L’atto impositivo (avviso) contiene già l’ingiunzione a pagare e, scaduti i termini, può essere utilizzato direttamente per l’esecuzione forzata. Ciò riduce i tempi e i margini di impugnazione, perché il contribuente deve eventualmente contestare subito l’atto di accertamento.

Tuttavia, la cartella esattoriale non scompare del tutto: continuerà ad essere utilizzata in molti casi, ad esempio:

  • per la riscossione di ruoli emessi prima dell’introduzione degli accertamenti esecutivi;
  • per crediti di enti che non emettono avvisi esecutivi (es. alcune entrate locali diverse dai tributi, oppure crediti di altra natura come sanzioni diverse dalle violazioni tributarie);
  • quando l’ente creditore preferisce il canale ruolo/cartella (ancora possibile per certe entrate, come opzione).

In ogni caso, la domanda centrale – “quando l’iscrizione a ruolo diventa esecutiva” – mantiene rilievo pratico: se il recupero avviene via ruolo, è fondamentale sapere la data di esecutività; se avviene tramite atto esecutivo, quel momento corrisponde al decorso del termine di legge (di solito 60 giorni dalla notifica dell’atto impositivo).

Termini di decadenza e di prescrizione nella riscossione a ruolo

Dal punto di vista del debitore, due aspetti temporali sono cruciali: i termini di decadenza per l’iscrizione a ruolo/notifica della cartella, e i termini di prescrizione del debito una volta divenuto esecutivo. Conoscere questi termini permette di verificare la legittimità della pretesa e far valere eventuali decadenze o prescrizioni a propria tutela.

Decadenza: indica il termine entro cui l’ente creditore deve compiere determinati atti (ad esempio, notificare un avviso di accertamento o una cartella) pena la perdita del diritto di esigere il tributo. Le norme fiscali prevedono vari termini di decadenza:

  • Per le imposte sui redditi e l’IVA: di regola l’avviso di accertamento deve essere notificato entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione (o del settimo se omessa dichiarazione). Una volta emesso un accertamento divenuto definitivo, l’ente deve iscrivere a ruolo le somme e far notificare la cartella entro termini precisi. Ad esempio, per imposte erariali l’art. 25 DPR 602/73 prevedeva che la cartella fosse notificata entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo. Questi termini hanno subito sospensioni e proroghe (specie durante l’emergenza Covid e con la riforma della riscossione), ma costituiscono tuttora un limite per la tempestività dell’azione di riscossione.
  • Per i tributi locali: la L. 160/2019 ha fissato che gli avvisi di accertamento esecutivo (che sostituiscono cartelle e ingiunzioni) devono essere notificati entro il 31 dicembre del quinto anno successivo all’anno in cui il tributo è dovuto (o accertabile). Se l’ente locale invece utilizza ancora la cartella, si applicano termini analoghi a quelli statali (ad es. per IMU e TARI, notifica entro 2 anni dall’esecutività dell’accertamento).
  • Per contributi previdenziali: il D.Lgs. 46/1999 stabiliva che l’iscrizione a ruolo dei contributi omessi avvenisse entro tre anni dalla scadenza del versamento (termine poi esteso a cinque anni, e oggi l’INPS emette per lo più avvisi di addebito immediatamente esecutivi). In ogni caso, la prescrizione quinquennale dei contributi (vedi infra) “assorbe” spesso la questione dei termini di riscossione.
  • Per le sanzioni amministrative (multe): il Codice della Strada non fissa un termine di decadenza per l’iscrizione a ruolo, ma vige la prescrizione quinquennale: in pratica l’ente impositore (Prefettura o Comune) tende a iscrivere a ruolo il credito entro pochi mesi dalla scadenza dei 60 giorni, poiché se lascia passare oltre 5 anni dalla violazione o dall’ultimo atto notificato perde il diritto a riscuotere (prescrizione ex art. 209 CdS e L. 689/81). Alcune norme secondarie prevedono tempistiche interne (ad es. il Prefetto deve iscrivere a ruolo le sanzioni spettanti allo Stato entro 2 anni dal verbale, ecc.), ma ciò che più conta per il debitore è la verifica del rispetto del termine di 5 anni.

Prescrizione: è il termine oltre il quale il diritto di credito si estingue se il titolare non lo esercita. Una volta che il ruolo è esecutivo e la cartella (o l’atto esecutivo equivalente) è stata notificata, occorre considerare i termini di prescrizione applicabili:

  • In generale, per i tributi erariali (es. IRPEF, IVA, bollo auto) la giurisprudenza consolidata ha affermato che, notificata la cartella di pagamento e non opposta dal contribuente, il credito tributario si prescrive in dieci anni, salvo che la legge preveda un termine speciale più breve. La Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha chiarito che, in assenza di una specifica norma sulla prescrizione del tributo dopo la notifica della cartella, vale il termine ordinario decennale ex art. 2946 c.c., considerata la cartella come atto equivalente a una sentenza passata in giudicato (Cass. SS.UU. 23397/2016). Pertanto, il Fisco ha 10 anni di tempo per esigere coattivamente il credito, decorrenti in linea di massima dalla data di notifica della cartella o dalla scadenza della stessa.
  • Fanno eccezione alcuni tributi locali o speciali, per i quali la legge prevede espressamente termini più brevi: ad esempio il bollo auto è soggetto a prescrizione triennale dal momento in cui la tassa è dovuta (ma dopo notifica di cartella torna in gioco il termine decennale, secondo alcuni giudici); la tassa per rifiuti o IMU potrebbero essere ritenute quinquennali in quanto tributi periodici (c’è stato dibattito, ma la tendenza è uniformare a dieci anni dopo cartella non impugnata, come per i tributi statali).
  • Contributi previdenziali INPS: questi sono soggetti per legge a prescrizione quinquennale (L. 335/1995, art. 3, co. 9). Ciò significa che se l’INPS notifica una cartella per contributi omessi, il credito si estingue in 5 anni se nel frattempo non avvengono atti interruttivi. Attenzione però: una causa di lavoro o un riconoscimento del debito possono far scattare il termine decennale. In generale comunque, le cartelle INPS vanno considerate con il termine di 5 anni dal mancato pagamento o dall’ultimo atto notificato.
  • Sanzioni amministrative (multe): la prescrizione è quinquennale ai sensi dell’art. 28 L. 689/1981 (richiamato dall’art. 209 Codice della Strada). Quindi, le multe stradali non pagate si prescrivono in 5 anni dall’ultimo atto notificato al trasgressore (verbale, ordinanza-ingiunzione, cartella, intimazione ecc.). Ad esempio, se una cartella per multa CdS viene notificata il 1° febbraio 2020 e nessun ulteriore atto viene notificato, il credito si prescrive definitivamente al 1° febbraio 2025.
    Va evidenziato che per le multe ciascuna cartella spesso include la cosiddetta maggiorazione semestrale del 10% (ex art. 27 L. 689/81) per il ritardo nel pagamento: questa maggiorazione, che scatta ogni semestre di ritardo dal momento in cui la sanzione è divenuta esigibile (60 giorni dopo la notifica del verbale), è considerata una sanzione aggiuntiva legittimamente dovuta dal trasgressore. La Cassazione ha infatti confermato che è legittimo iscrivere a ruolo un importo comprensivo della maggiorazione del 10% a semestre per le multe pagate oltre il termine. Queste maggiorazioni non prolungano però la prescrizione, che resta di 5 anni dall’ultimo atto.
  • Crediti erariali derivanti da sanzioni penali pecuniarie o spese di giustizia: tema particolare di cui diremo a parte, in sintesi la Cassazione (prima della recente riforma) ha ritenuto che una volta iscritto a ruolo il credito da pena pecuniaria, esso segue la prescrizione decennale civile, non più quella quinquennale di natura penale.

È importante sottolineare che qualsiasi atto di riscossione o procedura esecutiva intrapresa dall’agente della riscossione interrompe la prescrizione, facendo decorrere un nuovo periodo dal giorno dell’atto. Ad esempio, un’intimazione di pagamento (sollecito formale) o un pignoramento notificato al debitore costituirà atto interruttivo. Inoltre, se il debitore chiede e ottiene una dilazione di pagamento (rateizzazione), la prescrizione resta sospesa per tutta la durata del piano di rate. In caso di rate concordate, dunque, i termini non maturano finché il contribuente paga regolarmente le rate o comunque fino alla scadenza della dilazione.

Tabella riepilogativa – Prescrizione dei principali crediti iscritti a ruolo (dalla notifica della cartella o atto equivalente):

Tipo di creditoPrescrizione dopo iscrizione a ruolo (atto non impugnato)
Imposte erariali (IRPEF, IVA, IRAP, Registro, Bollo, ecc.)10 anni (in assenza di termini speciali)
Tributi locali (IMU, TARI, ecc.)5 anni se considerati tributi locali periodici; spesso interpretati in 10 anni se cartella non contestata (orientamento giurisprudenziale verso 10 anni come per imposte erariali)
Contributi INPS (omessi versamenti previdenziali)5 anni (salvo riconoscimento debito: 10 anni) – L.335/1995
Sanzioni amministrative (multe stradali e altre)5 anni – art. 28 L.689/81
Pene pecuniarie da reati (multa/ammenda) – ruoli fino al 202210 anni (secondo Cass. Pen., una volta iscritte a ruolo valgono come crediti civili)
Spese di giustizia (processuali) – ruoli fino al 202210 anni (crediti civili dello Stato)

Nota: Le prescrizioni sopra indicate decorrono, in linea di principio, dalla data di notifica della cartella di pagamento (o dell’atto esecutivo analogo) se il debitore non propone opposizione. Ogni successivo atto interruttivo (intimazione, pignoramento, ecc.) fa decorrere un nuovo periodo di uguale durata. In caso di impugnazione giudiziale, i termini restano sospesi durante il processo. È sempre opportuno che il debitore conservi con cura le copie delle notifiche ricevute per poter calcolare con esattezza la prescrizione.

Tutela del debitore: impugnazione della cartella e degli atti della riscossione

Dal punto di vista del contribuente/debitore, l’iscrizione a ruolo e la conseguente cartella di pagamento possono essere contrastate attraverso specifici strumenti di tutela, principalmente ricorsi e opposizioni davanti all’autorità giudiziaria. È fondamentale conoscere cosa si può impugnare e in quali termini, per far valere eventuali vizi del procedimento o contestare il merito della pretesa fiscale.

Impugnazione della cartella di pagamento: la cartella esattoriale è notificata al debitore come atto conclusivo dell’iscrizione a ruolo. Il destinatario può impugnarla (far ricorso) di fronte all’organo giudiziario competente, tipicamente:

  • Davanti alla Corte di Giustizia Tributaria (già Commissione Tributaria) per cartelle relative a tributi (imposte statali, tributi locali, contributi previdenziali – questi ultimi dal 2022 rientrano anch’essi nella giurisdizione tributaria per quanto riguarda la fase di riscossione).
  • Davanti al Giudice ordinario (Tribunale o Giudice di Pace) per cartelle relative a sanzioni amministrative non tributarie (ad es. multe stradali, sanzioni amministrative della Prefettura), o comunque per i casi in cui non c’è giurisdizione tributaria.

Il termine per impugnare la cartella è generalmente di 60 giorni dalla notifica, in analogia agli altri atti impositivi (per i tributi è espressamente previsto dall’art. 21 D.Lgs. 546/92). Per le cartelle da multe CdS il termine è di 30 giorni al Giudice di Pace (ma la giurisprudenza prevalente ritiene che l’opposizione a cartella per sanzioni CdS sia soggetta sempre al termine di 30 giorni ex art. 204-bis CdS se si contesta la legittimità sostanziale della sanzione, oppure 60 giorni se si fanno valere vizi formali rientranti nella L. 689/81 – dettaglio tecnico oltre lo scopo primario di questa guida). In ogni caso, è opportuno muoversi entro 30 giorni per qualsiasi opposizione a cartella di sanzioni amministrative, per evitare decadenze.

Motivi di impugnazione: non ogni aspetto dell’iscrizione a ruolo può essere contestato liberamente; occorre distinguere:

  • Se il debitore non ha mai ricevuto (legalmente) l’atto presupposto del ruolo (es: l’avviso di accertamento, o il verbale di multa), può impugnare la cartella deducendo la mancata notifica dell’atto precedente e quindi la nullità del ruolo e della cartella stessa. Questo è un motivo frequente: la cartella spesso viene impugnata perché il contribuente afferma di non aver mai saputo del tributo dovuto prima di ricevere la cartella (mancata notifica dell’accertamento). In tali casi la giurisprudenza permette di far valere nel ricorso alla cartella anche le eccezioni di merito contro il tributo, dato che è la prima occasione utile di difesa.
  • Se la cartella è stata notificata in ritardo, oltre i termini di decadenza, il debitore può far valere la decadenza. Ad esempio, se la cartella per IRPEF 2018 (dovuta in base a controllo automatizzato dichiarazione) viene notificata dopo il 31/12/2024 (termine ipotetico), il contribuente potrà eccepire la decadenza dell’iscrizione a ruolo.
  • Se il debitore ha già pagato il dovuto prima del ruolo, può impugnare la cartella per far valere l’intervenuto pagamento (non doveva essere iscritto a ruolo un importo già versato). Allo stesso modo, può contestare errori di calcolo, doppi addebiti, ecc.
  • Se la pretesa è prescritta al momento della notifica della cartella, il debitore può eccepire la prescrizione (es: cartella di multa notificata oltre 5 anni dopo l’ultimo atto).
  • Se la cartella manca di requisiti formali indispensabili, ad esempio non indica la data di esecutività del ruolo, o non indica il responsabile del procedimento, vi è un vizio formale potenzialmente rilevante (in passato la giurisprudenza ha ritenuto ad esempio nulla la cartella priva dell’indicazione del responsabile del procedimento ex L. 212/2000; quanto alla data di esecutività del ruolo, la mancanza potrebbe pregiudicare il diritto di difesa perché non permette di verificare decadenze, ma su questo la giurisprudenza è oscillante). In generale, i vizi formali, per comportare l’annullamento, devono aver leso il diritto di difesa del contribuente.
  • Nessuna contestazione sul merito del tributo può essere fatta se l’atto precedente è definitivo: ad esempio, se la cartella si basa su un avviso di accertamento divenuto definitivo per mancato ricorso, il contribuente non può contestare il merito della ripresa fiscale (imponibile, aliquote, ecc.) in sede di ricorso contro la cartella – sarebbe inammissibile perché l’accertamento è cosa giudicata. Potrà però far valere vizi propri della cartella (es: errori di persona, importi diversi, interessi sbagliati…).
  • Se la cartella è stata regolarmente notificata e non opposta nei 60 giorni, essa diventa definitiva. A quel punto, la cartella non è più impugnabile, salvo che emergano vizi di notifica della cartella stessa (ad esempio il contribuente ne viene a conoscenza dopo molto tempo tramite un estratto di ruolo, perché la notifica era nulla): in tal caso è ammessa un’impugnazione tardiva appena si ha conoscenza dell’atto. Su questo tema, le Sezioni Unite della Cassazione sono intervenute (sent. n. 19704/2015 e succ.) delineando i casi in cui l’estratto di ruolo può essere impugnato.

Impugnabilità di estratto di ruolo e ruolo: L’estratto di ruolo è una semplice stampa dell’elenco delle somme a carico di un contribuente, rilasciata su richiesta (il classico “estratto conto Equitalia”). Di regola non è un atto impugnabile, perché non contiene una pretesa impositiva: è un documento interno privo di valore provvedimentale. In passato, però, la Cassazione ha ammesso che il contribuente possa impugnare direttamente l’estratto di ruolo quando non ha mai ricevuto la cartella, al fine di farne dichiarare la nullità e ottenere tutela tempestiva (Cass. SU 19704/2015). Successivamente il legislatore è intervenuto con l’art. 4-decies del DL 34/2019 e poi con l’art. 12, comma 4-bis DPR 602/73 (introdotto dal DL 146/2021), stabilendo che: “L’estratto di ruolo non è impugnabile. Il ruolo e la cartella di pagamento che si assume non regolarmente notificata non possono essere impugnati se non nei casi previsti dall’art. 19 D.Lgs. 546/92…”, limitando così le impugnazioni “anticipate”. In altre parole, oggi non è possibile fare ricorso se si scopre un vecchio ruolo, finché non si riceve un atto “tipico” impugnabile (cartella, intimazione, pignoramento).

Novità 2024 in favore del contribuente: il D.Lgs. 110/2024 ha reintrodotto alcune possibilità di ricorso diretto in determinate situazioni di oggettivo pregiudizio per il debitore. In particolare, sono stati individuati sei casi in cui il contribuente può impugnare direttamente l’iscrizione a ruolo o la cartella, dimostrando che il mancato intervento immediato gli causerebbe un danno:

  1. Se l’iscrizione a ruolo impedisce al contribuente di partecipare a gare e appalti pubblici (causa ostativa ex art. 80 Codice Appalti, che richiama l’art. 48-bis DPR 602/73).
  2. In caso di verifica di inadempienza ex art. 48-bis DPR 602/73: ad esempio il mancato pagamento risultante da ruolo blocca pagamenti dovuti al debitore da parte di Pubbliche Amministrazioni.
  3. Se il ruolo comporta la perdita di un beneficio verso la P.A. (ad esempio la decadenza da una rateizzazione o da un’agevolazione fiscale o contributiva).
  4. Se l’iscrizione a ruolo ostacola il debitore in una procedura di crisi d’impresa o insolvenza in corso (ad es. pregiudica un concordato preventivo, un piano di ristrutturazione).
  5. Se il ruolo pregiudica l’accesso del debitore a finanziamenti presso banche o intermediari autorizzati (ad es. per rating creditizio).
  6. Se l’iscrizione a ruolo incide negativamente su una cessione d’azienda (rif. art. 14 D.Lgs. 472/97, che prevede la responsabilità dell’acquirente per i debiti tributari se non risultano da certificato).

In questi casi, introdotti dal 2024, il contribuente può agire subito in giudizio contro l’iscrizione a ruolo o la cartella, senza dover attendere gli atti esecutivi, purché provi l’attuale pregiudizio. Si tratta di un temperamento al divieto di impugnazione dell’estratto di ruolo: di fatto se il ruolo inficia gravemente la posizione del contribuente (appalti, credibilità finanziaria, procedure concorsuali), gli è data facoltà di ottenere un giudizio immediato sulla legittimità del debito.

Sospensione della riscossione: Nel periodo tra la notifica della cartella (o altro atto) e l’inizio dell’esecuzione forzata, il debitore può chiedere la sospensione dell’attività di riscossione in due modi:

  • Presentando una richiesta di sospensione in autotutela all’ente creditore o all’Agente della Riscossione, se ritiene che il debito sia inesistente o già pagato. Dal 2013 è previsto (art. 1 co.537 L.228/2012) che se il contribuente documenta all’AdER che ha pendente un ricorso sul merito del debito, o che il debito è prescritto, pagato, annullato, ecc., l’agente blocca le azioni esecutive in attesa di verifica con l’ente creditore. L’ente ha 220 giorni per rispondere; se riconosce l’errore dispone lo sgravio (annullamento del ruolo), altrimenti il carico riprende esecutività.
  • Se pende un ricorso giurisdizionale (es: ricorso in Commissione Tributaria contro la cartella), il contribuente può chiedere al giudice un provvedimento di sospensione giudiziale dell’atto impugnato, in presenza di grave e irreparabile danno. Se concesso, l’Agente della Riscossione non potrà procedere fino alla decisione di merito. È importante presentare l’istanza di sospensione contestualmente al ricorso (o comunque il prima possibile) per evitare che l’Agente proceda nel frattempo.

Rateizzazione del debito: Il debitore che non riesce a pagare in unica soluzione può chiedere all’Agente della Riscossione una dilazione. Questa è una forma di tutela importante, perché evita l’attivazione immediata di procedure esecutive e consente di pagare gradualmente con un piano di rate mensili. Le condizioni di accesso sono state recentemente ampliate:

  • Fino al 2024 si poteva ottenere una rateazione ordinaria fino a 72 rate (6 anni) per debiti fino a 60.000€ senza necessità di prova dello stato di difficoltà, e piani fino a 120 rate (10 anni) in casi di grave e comprovata difficoltà per importi superiori.
  • Dal 2025, il Decreto Riscossione (D.Lgs. 110/2024) introduce criteri più vantaggiosi: per debiti ≤ 120.000€ si può ottenere fino a 84 rate (7 anni) su semplice richiesta nel 2025-26, 96 rate nel 2027-28, e 108 rate dal 2029. Se il debito supera 120.000€ (o per importi minori ma con documentazione di difficoltà), si può chiedere un piano straordinario fino a 120 rate (10 anni). Inoltre è stata elevata a 120.000€ la soglia di debito sotto la quale non serve documentazione per la dilazione. La presentazione della richiesta di rateazione sospende le azioni esecutive e blocca eventuali fermi/ipoteche in corso, finché si è in regola con i pagamenti rateali.
  • La rateazione può essere concessa anche dopo l’avvio di un pignoramento (fino all’assegnazione delle somme, l’Agente può ancora accordare un piano di rientro per evitare l’espropriazione).
  • È fondamentale rispettare le rate: con il mancato pagamento di 5 rate (anche non consecutive) la dilazione decade, l’intero importo torna riscuotibile e possono ripartire le azioni esecutive. Durante la dilazione la prescrizione è sospesa.

Annullamento del ruolo (sgravio): l’ente creditore può sempre, in autotutela, annullare in tutto o in parte il ruolo se riconosce che il debito non era dovuto (errori di calcolo, provvedimenti di annullamento sopravvenuti, sentenze favorevoli al contribuente, condono, ecc.). In tal caso viene emesso un provvedimento di sgravio, e l’Agente della Riscossione, ricevutolo, annulla o ricalcola la cartella. Il contribuente che ritiene infondato il ruolo può presentare un’istanza in autotutela all’ente impositore chiedendo lo sgravio; ciò non sospende i termini per ricorrere, ma a volte l’ente interviene spontaneamente evitando il contenzioso.

In sintesi, il debitore iscritto a ruolo ha diversi strumenti di difesa:

  • Può impugnare la cartella o l’atto esecutivo per vizi sostanziali o formali, entro i termini di legge.
  • Può sollevare eccezioni di prescrizione o decadenza, anche in sede di opposizione all’esecuzione (se la cartella è divenuta definitiva e arriva un pignoramento, ad esempio).
  • Può chiedere la rateizzazione per evitare l’esecuzione immediata.
  • Può attivare l’autotutela con l’ente o la sospensione per congelare la riscossione in casi di evidente illegittimità.

Procedure esecutive a carico del debitore: cosa succede dopo la cartella?

Trascorso il termine indicato nella cartella (di norma 60 giorni) senza che il debitore abbia pagato né ottenuto una sospensione, l’Agente della Riscossione è legittimato ad avviare le procedure di riscossione coattiva. Dal punto di vista del debitore, è importante sapere cosa può succedere e con quali limiti e garanzie.

Le principali azioni esecutive e cautelari che l’Agenzia delle Entrate–Riscossione (AdER) può intraprendere sono:

  • Fermo amministrativo di veicoli (art. 86 DPR 602/73): È una misura cautelare. AdER può iscrivere un fermo sul veicolo di proprietà del debitore, impedendone l’uso (salvo che per recarsi al lavoro, in casi di necessità) finché il debito non è saldato. Di solito, l’Agente invia un preavviso di fermo concedendo al debitore 30 giorni per pagare o proporre un piano di rateazione, decorso il quale registra il fermo al PRA. Importante: dal 2013 vige il divieto di fermo per debiti sotto 1.000 € (DL 69/2013 conv. L.98/2013), quindi l’Agente può iscrivere fermi solo per somme superiori. Il debitore, subìto il fermo, può comunque ottenere la cancellazione pagando il debito (anche a rate, ottenendo sospensione del fermo con la prima rata).
  • Ipoteca sugli immobili (art. 77 DPR 602/73): Per debiti oltre 20.000 € complessivi, AdER può iscrivere ipoteca sugli immobili del debitore. È obbligatoria la preventiva notifica di un avviso di ipoteca almeno 30 giorni prima. L’ipoteca è una garanzia sul bene: il debitore non viene espropriato immediatamente, ma l’immobile diventa vincolato a garanzia del debito. Se entro 6 mesi dall’iscrizione di ipoteca il debitore ancora non paga, l’Agente può procedere al pignoramento immobiliare (vedi oltre). Tuttavia, dal 2013 la legge vieta di espropriare l’unico immobile adibito ad abitazione principale del debitore (se non di lusso). Quindi, se il debitore possiede solo la prima casa, l’Agente può al limite ipotecarla ma non metterla all’asta (salvo il debito sia > 120.000 € e l’immobile non sia l’unica casa, oppure vi siano più proprietà). L’ipoteca viene cancellata solo a debito estinto.
  • Pignoramento immobiliare: Per poter avviare l’espropriazione di un immobile, occorrono alcuni requisiti: il debito dev’essere superiore a 120.000 €, devono essere trascorsi almeno 6 mesi dalla notifica della cartella (o dell’accertamento esecutivo) senza pagamento, e l’Agente deve aver iscritto ipoteca da almeno 30 giorni. Inoltre, come detto, la casa di abitazione principale (se unica e non di lusso) è impignorabile. Se queste condizioni sono soddisfatte, AdER può notificare atto di pignoramento immobiliare e procedere alla vendita all’asta secondo le regole del codice di procedura civile. In pratica però, la riscossione immobiliare è usata come extrema ratio, data la complessità e i costi: spesso il solo preavviso di esproprio induce il debitore a trovare un accordo.
  • Pignoramento mobiliare: AdER può pignorare beni mobili del debitore (ad es. macchinari, beni presenti nei locali, autoveicoli non registrati al PRA, ecc.) recandosi con l’Ufficiale della riscossione. È meno frequente oggi, perché logisticamente complicato e spesso infruttuoso per beni di modesto valore.
  • Pignoramento presso terzi (art. 72-bis DPR 602/73): È la forma più rapida e utilizzata. Consiste nel pignorare i crediti che il debitore ha verso terzi, ad esempio lo stipendio/pensione (verso il datore di lavoro o ente pensionistico) o il conto corrente (verso la banca) o affitti dovuti da un inquilino, ecc. L’Agente notifica un atto di pignoramento al terzo (datore, banca) e contestualmente al debitore. Dal momento della notifica, il terzo pignorato deve congelare le somme dovute al debitore entro i limiti di legge:
    • Conti correnti: il pignoramento blocca le somme presenti sul conto fino a concorrenza del debito. Se l’atto è notificato dopo la notifica della cartella e trascorsi i 60 giorni, l’Agente può procedere direttamente (previa intimazione se la cartella ha più di un anno). La banca, una volta trascorsi 60 giorni dall’atto senza opposizioni, trasferisce le somme pignorate all’Agente (entro il limite del debito).
    • Stipendi/Pensioni: esistono limiti sulla quota pignorabile: per stipendio/pensione, è pignorabile al massimo 1/5 dell’importo mensile netto (al netto di minimo vitale per pensioni) e se coesistono più pignoramenti di vario tipo, il totale non può eccedere la metà dello stipendio. AdER quindi, notificato l’atto al datore/INPS, inizierà a ricevere mensilmente la quota di 1/5 fino a soddisfo.
    • Altri crediti: per affitti, pagamenti commerciali, ecc., di solito si pignora tutto il credito dovuto al debitore fino concorrenza.
    Il pignoramento presso terzi esattoriale non richiede l’udienza di assegnazione dal giudice come nel processo civile ordinario. Infatti, se il debitore non ha fatto opposizione entro 60 giorni e il terzo rende dichiarazione (anche tacita) di avere somme, l’Agente può direttamente richiedere al terzo il versamento, e l’atto di pignoramento stesso vale come provvedimento di assegnazione a favore dell’ente creditore. Questo è un esempio della maggiore speditezza (e severità) dell’esecuzione tributaria.
  • Avviso di intimazione (art. 50 DPR 602/73): È un ultimo avviso/sollecito che l’Agente deve notificare al debitore prima di procedere al pignoramento, ma solo in alcuni casi. Precisamente, se sono trascorsi più di 1 anno dalla notifica della cartella senza che sia stato effettuato alcun atto esecutivo, l’Agente, per poter pignorare, deve prima notificare un avviso di intimazione (intimazione di pagamento) e attendere altri 5 giorni. Trascorsi questi 5 giorni senza pagamento, l’esecuzione può partire. Se invece il pignoramento avviene entro 1 anno dalla cartella, l’intimazione non è necessaria. Inoltre, una recente modifica normativa del 2024 impone che se vi sono coobbligati solidali (es: più debitori per lo stesso ruolo, come soci di società di persone, coobbligati d’imposta, ecc.), la cartella venga notificata anche a loro e si attenda 30 giorni prima di procedere nei loro confronti (prima bastava l’intimazione al debitore principale). Ciò a tutela del contraddittorio anche dei condebitori.

Costi e aggi della riscossione: il debitore deve considerare che oltre all’importo originario del debito (imposta, sanzione, interessi maturati fino al ruolo), la cartella addebita anche l’aggio di riscossione (che dal 2022 è a carico dell’erario in parte, ma al debitore ancora viene addebitato un onere pari al 3% circa se paga entro 60 giorni, o il 6% circa se paga dopo, oltre alle spese vive di notifica). Inoltre, dopo la notifica della cartella maturano gli interessi di mora (attualmente circa 2-3% annuo, tasso fissato annualmente) sul debito non pagato. Quindi più il debitore ritarda dopo l’esecutività, più l’importo cresce.

Discarico dei ruoli inesigibili: un aspetto comfortante dal punto di vista del debitore è che la normativa recente ha previsto che i crediti non riscossi entro un certo tempo vengano cancellati (discaricati) automaticamente. In particolare, per i ruoli affidati all’Agente della riscossione dal 1° gennaio 2025 in poi, è stabilito il discarico automatico al 31 dicembre del quinto anno successivo all’affidamento se entro quella data il credito non è stato riscosso. Ad esempio, un debito affidato nel 2025, se entro fine 2030 non è stato possibile riscuoterlo, verrà tolto dai ruoli (salvo eccezioni come rate in corso, procedure concorsuali, ecc.). Ciò significa che il debitore, trascorso quel quinquennio, non sarà più perseguito per quel debito, che torna in capo all’ente creditore come inesigibile. Questo è un incentivo per l’Agente a concentrare gli sforzi entro 5 anni. Attenzione: restano comunque attive le prescrizioni ordinarie – se un credito andava in prescrizione prima dei 5 anni, il debitore può farla valere indipendentemente. Il discarico automatico è un meccanismo amministrativo interno. Inoltre, la legge prevede che se dopo il discarico emergono nuovi elementi (ad es. il debitore diventa solvibile), l’ente creditore può riaffidare nuovamente il recupero all’Agente entro i 5 anni successivi, o rivolgersi a recuperatori privati. Quindi non è una cancellazione del debito in senso civilistico (il debito verso lo Stato rimane moralmente, ma lo Stato rinuncia a riscuoterlo coattivamente oltre quei termini, salvo novità importanti).

Conclusione su ambito tributario/civile: l’iscrizione a ruolo diventa esecutiva con la formazione del ruolo e la notifica della cartella, dando all’Agente ampi poteri di esecuzione. Il debitore può opporsi nelle sedi dovute e ha alcuni spazi di manovra (dilazione, sospensione), ma deve essere tempestivo e consapevole dei propri diritti. Nei prossimi anni, con l’aumento degli atti esecutivi immediati e la concentrazione sull’accertamento, è probabile che la cartella di pagamento venga utilizzata meno, ma i principi illustrati (termini, impugnazioni, prescrizioni) manterranno la loro validità anche riferiti ai “nuovi” atti (che di fatto uniscono accertamento e cartella in un unico documento).

Di seguito, dedichiamo attenzione alle pene pecuniarie in ambito penale e alle spese di giustizia, per vedere come funziona l’esecutività dell’iscrizione a ruolo in quel contesto e le importanti novità introdotte dalla Riforma Cartabia del 2022.

Iscrizione a ruolo in ambito penale: pene pecuniarie e spese di giustizia

In ambito penale, l’“iscrizione a ruolo” assume un significato diverso: riguarda il recupero coattivo delle somme dovute dal condannato allo Stato, in particolare le pene pecuniarie (multa o ammenda inflitte con sentenza penale di condanna) e le spese processuali poste a carico del condannato. Storicamente, il sistema italiano equiparava queste somme a crediti di natura amministrativo-civile da riscuotere tramite ruolo esattoriale, analogamente ai tributi. Ciò comportava che, dopo la condanna definitiva:

  • La cancelleria del tribunale inviava al condannato un invito a pagare volontariamente la pena pecuniaria e le spese (ai sensi dell’art. 212 D.P.R. 115/2002, Testo Unico Spese di Giustizia – TUSG). Di solito l’invito fissava un termine di 30 giorni per pagare.
  • Se entro quel termine (più 10 giorni di tolleranza) il condannato non pagava, l’ufficio recupero crediti del tribunale procedeva all’iscrizione a ruolo del credito corrispondente alla pena pecuniaria (o alle spese). In base agli artt. 213 e 214 TUSG (oggi abrogati, vedi infra), la formazione del ruolo avveniva dunque circa 40 giorni dopo l’invito non ottemperato. Contestualmente, la pratica veniva consegnata al concessionario della riscossione.
  • Il concessionario (Equitalia Giustizia S.p.A. per le pene pecuniarie statali, che poi si avvaleva di Equitalia/Agenzia Entrate Riscossione) prendeva in carico il ruolo e notificava al condannato la cartella esattoriale relativa alla multa non pagata. Da quel momento, se il condannato continuava a non pagare, si procedeva con le azioni esecutive ordinarie (pignoramenti, fermi, ipoteche) come per gli altri debiti, equiparando di fatto il condannato a un debitore fiscale “insolvente”. L’ufficio recupero crediti del tribunale restava in contatto con Equitalia per monitorare gli esiti.
  • Era previsto che, ove la riscossione coattiva si fosse rivelata impossibile (ad esempio condannato nullatenente), dopo 2 anni dalla presa in carico del ruolo senza risultati, l’ufficio giudiziario venisse informato dal concessionario e si potesse attivare la procedura di conversione della pena pecuniaria in detenzione sostitutiva, come extrema ratio. In pratica, però, spesso tali conversioni non venivano tempestivamente richieste, e molte pene pecuniarie restavano iscritte a ruolo per anni, divenendo di fatto inesigibili e finendo prescritte.

Questo sistema è stato a lungo criticato per la sua inefficienza e scarsa incisività punitiva. Molti condannati, specie per reati minori, di fronte a una multa preferivano non pagarla, confidando nell’inerzia o nelle difficoltà del recupero a ruolo, e sapendo che l’eventuale conversione in carcere (prima prevista) sarebbe stata limitata. La Corte Costituzionale nel 2019 (sent. n. 279/2019) definì il sistema “farraginoso e complesso”, evidenziando come il concepire la pena pecuniaria solo come un credito da riscuotere a mezzo ruolo avesse fallito lo scopo, suggerendo di rendere la pena pecuniaria una sanzione “più credibile”.

La Riforma Cartabia (D.Lgs. 150/2022) ha rivoluzionato questo panorama. A partire dal 30 dicembre 2022, le norme del TUSG sulla riscossione a mezzo ruolo delle pene pecuniarie (artt. 212-223) sono state abrogate o profondamente modificate. In particolare, è stato riscritto l’art. 660 del Codice di procedura penale, cambiando il modo in cui si esegue una sentenza di condanna a pena pecuniaria:

  • Scompare l’iscrizione a ruolo della pena pecuniaria come passaggio obbligato. Non c’è più l’automatismo di inviare al ruolo Equitalia dopo 30 giorni.
  • Il Pubblico Ministero diventa il “motore” della procedura esecutiva della multa. Ricevuti gli atti dopo il passaggio in giudicato della sentenza, il PM emette un ordine di esecuzione che, se la condanna riguarda solo pena pecuniaria, assume la forma di un’ingiunzione di pagamento al condannato.
  • L’ordine di esecuzione/ingiunzione viene notificato al condannato e contiene: l’intimazione a pagare la somma entro 90 giorni, con l’avvertimento che in caso di mancato pagamento la pena pecuniaria sarà convertita in una sanzione limitativa della libertà (non si parla più di carcerazione diretta, ma di semilibertà sostitutiva o, se il condannato è insolvibile, lavoro di pubblica utilità o detenzione domiciliare sostitutiva). Questo avviso è espressamente previsto dalla nuova legge per rendere chiare al condannato le conseguenze del mancato pagamento.
  • Entro 20 giorni dalla notifica dell’ordine, il condannato può chiedere di essere ammesso al pagamento rateale della pena pecuniaria (fino a un massimo di 36 rate mensili, come da art. 133-ter c.p.). Deve documentare le proprie disagiate condizioni economiche; la richiesta, da presentare al PM (che la trasmette al Magistrato di Sorveglianza), sospende i termini di pagamento finché il giudice decide. Se concessa la rateizzazione, il PM ne dà atto e il condannato dovrà pagare alle scadenze fissate; il mancato pagamento di una rata comporta la decadenza dal beneficio e la necessità di pagare tutto entro 60 giorni.
  • Se trascorrono i 90 giorni senza pagamento (integrale o della prima rata dovuta), il PM attiva la procedura di conversione presso il Magistrato di Sorveglianza. In pratica, invece di mandare l’importo in riscossione, viene richiesto al giudice di disporre la semilibertà sostitutiva (una modalità di espiazione in istituto di pena, solo per alcune ore al giorno, per una durata proporzionale all’ammontare della multa) oppure, se il condannato risulta assolutamente insolvibile, di applicare il lavoro di pubblica utilità o la detenzione domiciliare sostitutiva. La scelta dipende dalla valutazione delle condizioni economiche: la semilibertà è la sanzione afflittiva per chi pur potendo non paga; il lavoro di utilità o domiciliari sono alternative per chi non è in grado oggettivamente di pagare.
  • Durante questo nuovo procedimento, l’eventuale parte di credito pecuniario viene sospesa nei ruoli: la legge prevede che se è avviata la conversione, l’articolo di ruolo relativo alla multa è sospeso e poi discaricato se la conversione va a buon fine (cioè se la pena viene espiata diversamente). Ciò significa che il ruolo esattoriale diventa residuale: non si insegue più il condannato a vita per quel denaro, ma si trasforma la pena in altra forma. In sostanza, la sanzione pecuniaria viene personalizzata in base alla condotta del condannato: se paga, estingue la pena; se non paga ma ha beni, teoricamente il PM potrebbe ancora attivarsi per il recupero (anche se la riforma non incentiva questa via, puntando alla conversione); se non paga perché povero, allora la pena diventa un’altra (lavoro utile o domiciliari).

Questa riforma risponde all’idea di rendere effettiva la pena pecuniaria senza dipendere dalle lungaggini del recupero crediti. Il debitore-condannato ora sa che ha 90 giorni di tempo per trovare i soldi o almeno per chiedere una dilazione. Non c’è più un limbo in cui la multa resta in sospeso: o paghi o ti viene comminata un’altra sanzione. Questo in teoria rende la “multa penale” molto più pressante. D’altro canto, dal punto di vista del debitore, se egli è realmente privo di risorse, non rischia più di essere tartassato da cartelle e interessi su una somma che non potrà mai pagare: verrà convertita in una pena alternativa (certo, sempre afflittiva, ma almeno non lo indebita a vita).

Occorre notare che la riforma riguarda le pene pecuniarie. Le spese di giustizia (ad esempio il rimborso delle spese processuali, del compenso del difensore d’ufficio anticipato dallo Stato, ecc.) seguono un regime in parte diverso: l’art. 205 D.Lgs. 150/2022 ha introdotto l’art. 205-bis TUSG che consente, per i soggetti non abbienti, la possibilità di una remissione del debito di spese dopo un certo periodo. Ma la riscossione delle spese, se dovuta, può avvenire ancora tramite ruolo. Se ad esempio Tizio viene condannato alle spese processuali di € 2.000 e non paga, quella somma può essere iscritta a ruolo ed Equitalia Giustizia/AER potrà notificare una cartella. La differenza è che per le spese non c’è conversione in pena sostitutiva (non essendo pena, ma debito civile): se Tizio è nullatenente, quelle spese rimarranno non riscosse e potranno essere annullate dopo un certo tempo per inesigibilità, ma non subirà restrizioni della libertà per esse. In caso di patrocinio a spese dello Stato, le somme eventualmente dovute dal condannato sono limitate (non si recuperano le spese legali se l’imputato era ammesso al gratuito patrocinio, a meno che decada dal beneficio). Una circolare ministeriale del 2018 chiarisce che Equitalia Giustizia iscrive a ruolo solo le pene pecuniarie e non le spese se l’imputato era in gratuito patrocinio.

Prescrizione delle pene pecuniarie non eseguite: prima della riforma, il Codice Penale (art. 172) prevedeva che la pena della multa si estinguesse per prescrizione nel termine di 5 anni dal giorno in cui la condanna è divenuta definitiva, salvo atti interruttivi (e salvo il raddoppio a 10 anni se congiunta a reclusione). Ma la giurisprudenza aveva chiarito che l’iscrizione a ruolo costituiva atto di esecuzione, e quindi impediva l’estinzione della pena per decorso di 5 anni, traslando il tutto nel regime civilistico decennale. Ora, con la riforma, la questione assume minore rilievo: non si dovrebbero più verificare casi di multe lasciate pendenti per oltre 5 anni senza conversione, perché il sistema forza la conversione entro tempi brevi. Quindi, in teoria, la prescrizione della pena pecuniaria non pagata non maturerà, poiché prima il PM attiverà la conversione, trasformando la pena (che seguirà poi eventualmente la prescrizione propria delle pene detentive convertite, molto più lunga). In sostanza, per il debitore-condannato la via d’uscita del “farla franca col tempo” è stata chiusa.

Esempio pratico (pena pecuniaria): Caio viene condannato con sentenza definitiva a una multa penale di € 5.000 per un reato. Prima della riforma, avrebbe potuto ignorare la richiesta di pagamento e attendere la cartella di Equitalia, sperando magari di non avere beni aggredibili e confidando che trascorsi 5 anni la multa andasse prescritta come pena. Ora, invece, Caio riceve dal Pubblico Ministero un’ingiunzione a pagare € 5.000 in 90 giorni. Se Caio non paga, dopo 90 giorni il PM chiederà al giudice di convertirgli la multa, ad esempio, in semilibertà sostitutiva per qualche mese (la durata è calcolata in base a conversioni forfettarie, ad es. 250 euro di multa = 1 giorno di semilibertà; su € 5.000 sarebbero 20 giorni, poi c’è un minimo di 15 giorni comunque). Caio dunque rischia di dover dormire in carcere per circa 20 giorni come conseguenza del mancato pagamento. Se Caio invece ha un lavoro modesto e 5.000 euro subito sono troppi, può chiedere la rateizzazione in 20 giorni presentando documenti sul reddito; se gli viene concessa, potrà pagare, ad esempio, in 30 rate mensili ~€167 l’una. Se paga regolarmente, eviterà qualsiasi conversione. Se omette qualche rata e non recupera entro i termini, decaduto dal beneficio dovrà affrontare la semilibertà.

Conclusione su ambito penale: oggi l’iscrizione a ruolo di per sé non è più centrale nella fase esecutiva penale delle multe. Prima, la domanda “quando l’iscrizione a ruolo diventa esecutiva” aveva risposta: dopo 30 giorni dal sollecito, il ruolo è esecutivo e la cartella esattoriale è il titolo; ora invece si può dire che la “esecutorietà” interviene direttamente con l’ordine di esecuzione del PM, e la minaccia immediata è la conversione della pena. Per le vecchie pendenze iscritte a ruolo prima del 2022, in ogni caso, la legge delega prevede che il nuovo procedimento si applichi anche a quelle: se non sono state riscosse, i PM dovrebbero comunque attivarsi per convertire (commi 1-3 dell’art. 660 cpp come modificato si applicano anche alle pene già iscritte a ruolo alla data di entrata in vigore). Dunque, un condannato che avesse multe iscritte a ruolo “dormienti” potrebbe vederle riprendere sotto forma di ordini di esecuzione.

Per il debitore-condannato la tutela sta nell’informarsi bene sui nuovi termini (90 giorni, possibilità di rate), nel fornire subito la documentazione economica se non può pagare, e nell’adempiere alle eventuali pene sostitutive per estinguere la vicenda. La “difesa” giudiziaria può consistere in incidenti di esecuzione solo se ci sono errori nell’ordine (es. persona sbagliata, pagamento già effettuato ma non registrato, errata applicazione della norma), ma non certo nel contestare il merito della condanna (che è definitiva). Di fatto, la logica passa dall’essere difensiva (impugnare ruoli, eccepire prescrizioni) all’essere collaborativa: se sei nelle condizioni, paghi o chiedi le rate; se non sei in grado, lo dimostri per avere una sanzione alternativa meno gravosa possibile.

Domande frequenti (FAQ) e risposte sintetiche

Di seguito, in formato domanda-risposta, alcuni dei quesiti più comuni dal punto di vista del debitore relativi all’iscrizione a ruolo, alla sua esecutorietà e alle tutele disponibili.

D: Che cos’è esattamente l’iscrizione a ruolo?
R: È l’atto con cui un ente pubblico (ad esempio l’Agenzia delle Entrate, un Comune, l’INPS, o un Ufficio giudiziario) forma un elenco ufficiale dei debitori e delle somme da riscuotere coattivamente tramite l’Agente della Riscossione. In pratica, è il “mandato di riscossione” che l’ente creditore affida all’esattore per procedere contro il debitore inadempiente. Per il debitore, l’effetto è che non potrà più pagare spontaneamente all’ente ma riceverà una cartella di pagamento da AdER e, se non paga, subirà pignoramenti o altri atti esecutivi.

D: Quando l’iscrizione a ruolo diventa esecutiva nei miei confronti?
R: Diventa esecutiva quando l’ente formatore del ruolo la sottoscrive, indicando la data di esecutorietà. Da quella data, il ruolo equivale a un titolo esecutivo. Tuttavia, tu ne avrai percezione solo con la notifica della cartella di pagamento, che riporta appunto la data in cui il ruolo è divenuto esecutivo. In sostanza: il ruolo è esecutivo internamente dalla data X (firma del funzionario), ed esternamente per te quando ti arriva la cartella intimandoti il pagamento entro 60 giorni.

D: La cartella esattoriale è già un titolo esecutivo? Devo considerarla come un precetto?
R: Sì. La cartella di pagamento contiene già l’intimazione a pagare entro un termine (60 giorni) con avvertimento di esecuzione forzata. Non occorre un ulteriore precetto del giudice. Dunque, se non paghi né fai ricorso entro i 60 giorni, la cartella “vale come precetto” e l’Agenzia delle Entrate-Riscossione potrà attivare direttamente i pignoramenti trascorso quel termine. L’unica formalità aggiuntiva potrebbe essere, se passa più di un anno, un avviso di intimazione 5 giorni prima del pignoramento.

D: Come faccio a sapere se ho delle iscrizioni a ruolo a mio nome?
R: Puoi richiedere un “Estratto di ruolo” (o estratto conto debitorio) all’Agenzia delle Entrate-Riscossione. Tramite lo SPID, ad esempio, sul portale AdER puoi controllare i ruoli a tuo carico, le cartelle emesse, quelle sospese o pagate. In alternativa, puoi recarti a uno sportello AdER e chiedere l’estratto. Questo documento elenca tutti i debiti iscritti a ruolo, con importi, date, esiti di notifica, ecc. Tieni conto però che l’estratto di ruolo è solo informativo: per impugnare qualcosa devi comunque riferirti agli atti (cartelle, intimazioni) corrispondenti.

D: Posso fare ricorso contro l’iscrizione a ruolo prima che arrivi la cartella?
R: In linea generale no, non puoi impugnare un ruolo “per sé”, devi attendere un atto notificato (cartella, avviso esecutivo, intimazione) che lo formalizzi. Fanno eccezione solo situazioni particolari introdotte dal 2024: ad esempio, se l’esistenza di quel ruolo ti impedisce di partecipare a una gara pubblica o provoca effetti gravi immediati, puoi ricorrere subito dimostrando il pregiudizio. Sono ipotesi limitate (gare pubbliche, verifiche ex art.48-bis DPR 602, perdita di benefici P.A., crisi d’impresa, diniego di finanziamenti, cessione d’azienda). In tutti gli altri casi, devi attendere la notifica della cartella (o di un altro atto conseguente al ruolo) e impugnare quella nei termini previsti.

D: Cosa posso fare se ricevo una cartella di pagamento?
R: Hai due opzioni entro 60 giorni: pagare (o chiedere rateizzazione) oppure impugnare la cartella. Se paghi entro 60 giorni, eviti ulteriori addebiti di mora; se chiedi una rateizzazione, presenti domanda a AdER e pagando la prima rata ottieni subito la sospensione di azioni esecutive. Se invece ritieni la cartella errata o illegittima, puoi presentare ricorso: in Commissione Tributaria per tributi o contributi, al Giudice di Pace/Tribunale per multe o altre sanzioni. Nel ricorso puoi far valere motivi come: notifica viziata dell’atto precedente, prescrizione del credito, errori di calcolo, decadenza nei termini di notifica, ecc. (vedi sezione dedicata). Ignorare la cartella senza reagire espone a pignoramenti rapidi.

D: Ho scoperto di avere un vecchio debito a ruolo mai notificato: posso oppormi?
R: Se non hai mai ricevuto la cartella e ne sei venuto a conoscenza magari tramite estratto di ruolo, la cosa migliore da fare è aspettare che ti notificano qualcosa (una intimazione di pagamento o un pignoramento). A quel punto potrai impugnare quell’atto e, contestualmente, contestare la validità dell’intero ruolo per omessa notifica della cartella. Oggi come oggi, non è ammesso un ricorso solo sull’estratto di ruolo in assenza di atti, a meno che tu rientri in uno dei 6 casi eccezionali (previsione di danno grave). Se il debito è molto risalente, potresti valutare di eccepire la prescrizione quando arriverà un atto formale. Ad esempio, se in estratto vedi una cartella del 2010 mai notificata e ora nel 2025 ti arriva intimazione, nel ricorso potrai far valere che la cartella non fu notificata e che il credito è ormai prescritto (se i 5 o 10 anni son passati).

D: Quanto tempo ha l’Agenzia delle Entrate-Riscossione per notificarmi la cartella dopo che l’ente ha iscritto a ruolo?
R: Dipende dal tipo di entrata, perché ci sono termini di decadenza specifici. Per i tributi erariali, come regola l’art. 25 DPR 602/73 imponeva la notifica entro il 31 dicembre del secondo anno successivo all’anno in cui il ruolo è reso esecutivo (termine che di recente è stato allungato a 3 anni per alcuni carichi durante Covid). Per tributi locali, termini analoghi. In generale, passati 2-3 anni dal ruolo esecutivo senza cartella, l’ente decade. Per le multe CdS non c’è un termine fisso di decadenza, ma l’ente deve restare entro la prescrizione (5 anni). In pratica, se sono trascorsi parecchi anni, vale la pena far verificare la tempistica da un esperto: se la cartella arriva tardiva, puoi eccepirne l’invalidità per decadenza.

D: Che differenza c’è tra cartella di pagamento e avviso di accertamento esecutivo?
R: La cartella di pagamento è uno strumento “tradizionale” con cui l’Agente della Riscossione riscuote sulla base di un ruolo affidatogli. L’avviso di accertamento esecutivo è invece un atto “ibrido” emanato direttamente dall’ente creditore (Agenzia Entrate o ente locale) che vale sia come accertamento sia come titolo esecutivo decorso un termine. Se ricevi un avviso esecutivo, non ci sarà una successiva cartella: quell’atto stesso, dopo 60 giorni, diventerà esecutivo. Ad esempio, se un Comune ti notifica un avviso TARI che dichiara “atto esecutivo ai sensi della L.160/2019”, trascorsi 60 giorni senza ricorso può procedere a pignoramento dopo averti inviato solo una intimazione di pagamento (come preavviso). In sostanza, per te debitore cambia che devi reagire subito all’avviso (pagando o impugnando entro 60 giorni) perché poi non avrai un secondo “allarme” sotto forma di cartella.

D: Ho richiesto una rateizzazione: cosa succede all’esecuzione?
R: Se l’Agenzia delle Entrate-Riscossione ti concede la rateizzazione e tu paghi puntualmente le rate, non possono avviare o proseguire azioni esecutive. Eventuali fermi o ipoteche già iscritti possono essere sospesi (il fermo di solito viene sospeso con la prima rata pagata e cancellato dopo l’ultima). Tieni presente che la rateizzazione sospende anche la prescrizione per tutta la durata. Se però salti 5 rate (anche non consecutive), la dilazione decade e l’intero debito residuo torna esigibile subito: a quel punto l’Agente può riprendere da dove aveva lasciato (pignoramenti, ecc.). Quindi, una volta in rateizzazione, è cruciale rispettare le scadenze o chiedere un prolungamento prima di decadere (attualmente non si può “ri-rateizzare” lo stesso debito decaduto, salvo nuove norme di tolleranza che a volte vengono introdotte).

D: L’Agenzia delle Entrate-Riscossione può pignorare la mia prima casa?
R: No, se è l’unica casa di abitazione che possiedi e non è di lusso. La legge (DL 69/2013) vieta il pignoramento immobiliare sull’unico immobile adibito a civile abitazione del debitore, purché non accatastato in A/8 o A/9 (ville o castelli) e purché vi risieda anagraficamente. Possono però ancora iscrivere ipoteca su di esso (se il debito supera 20.000€) a tutela. Se invece hai due o più immobili, oppure l’immobile non è “prima casa”, AdER può pignorarli se il tuo debito supera 120.000€ e sono passati 6 mesi dalla cartella. In ogni caso, la casa non viene mai toccata per debiti piccoli: sotto 120.000€ non c’è espropriazione forzata immobiliare.

D: Cosa succede se non pago una multa stradale?
R: Se non paghi entro 60 giorni, la multa “raddoppia” virtualmente: perdi il diritto allo sconto e l’importo viene iscritto a ruolo per la metà del massimo edittale (in pratica l’importo iniziale maggiorato) più le maggiorazioni del 10% ogni semestre di ritardo. Dopo qualche mese (tempi variano da ente a ente), riceverai una cartella esattoriale con l’importo aggiornato, comprensivo di queste maggiorazioni semestrali e delle spese. Da lì hai 60 giorni per pagare (o rateizzare) o fare opposizione. Se ignori anche la cartella, dopo 60 giorni l’Agente può procedere con fermo amministrativo del veicolo, pignoramento stipendio/conto ecc., come per gli altri debiti. Le multe si prescrivono in 5 anni, quindi verifica sempre le date: se tra la multa e la cartella o tra cartella e intimazione sono passati oltre 5 anni senza atti, puoi eccepire la prescrizione.

D: Cosa succede se non pago una “multa penale” (pena pecuniaria)?
R: Con la legge attuale, se sei condannato a una pena pecuniaria (multa o ammenda), non pagare ha conseguenze più rapide che in passato. Riceverai dal Pubblico Ministero un’ingiunzione a pagare entro 90 giorni. Se non paghi, non arriverà Equitalia, ma il caso tornerà davanti al giudice: la tua multa sarà convertita in una pena alternativa (di solito semilibertà, ovvero qualche giornata in istituto di pena con libertà di uscire per lavoro, proporzionata all’importo). Se dimostri di non poter pagare per indigenza, la conversione avverrà in lavoro di pubblica utilità o detenzione domiciliare invece che in carcere. In sintesi, la sanzione pecuniaria si trasforma in un’altra sanzione. Non c’è più un percorso di cartelle esattoriali infinite. Quindi, se hai disponibilità, conviene pagare entro i 90 giorni o chiedere la rateizzazione al PM (fino a 36 rate) per evitare sanzioni personali. Se invece davvero sei impossibilitato, informa il PM delle tue condizioni: potresti svolgere lavori socialmente utili piuttosto che subire restrizioni più pesanti.

D: Se non pago la pena pecuniaria e mi mettono la semilibertà, devo comunque poi pagare la multa?
R: No. L’espiazione della pena sostitutiva estingue il debito. La legge qualifica la semilibertà/lavoro utile come sostitutivi del pagamento: una volta che li hai svolti come disposto, la pena pecuniaria originale è considerata eseguita e lo Stato non potrà più chiederti quei soldi. In pratica la sanzione si è commutata in un’altra forma. È un po’ come pagare “in natura” con il tuo tempo. Quindi non avrai sia la punizione alternativa che l’obbligo di pagare: una esclude l’altro. Se però, ad esempio, ti danno la possibilità di rateizzare e tu non paghi le rate e finisci in semilibertà, a quel punto la rateizzazione decade e non dovrai più pagare le rate restanti (ma subirai la semilibertà come punizione).

D: Ho ricevuto una cartella per spese processuali penali, ma ero nullatenente e ora sono passati tanti anni: vanno in prescrizione?
R: Le spese di giustizia seguono anch’esse la prescrizione decennale (in quanto credito civile dello Stato). Se per 10 anni non ti hanno notificato nulla dopo la cartella e non hai pagato, puoi eccepirne la prescrizione. Va detto che per persone indigenti c’è la possibilità di chiedere la remissione del debito di spese dopo 3 anni dalla fine pena (art. 209 TUSG come modif. da D.Lgs 150/22), quindi potresti rivolgerti al magistrato di sorveglianza per farle cancellare, se hai i requisiti di reddito basso. In ogni caso, se sono trascorsi oltre 10 anni dall’ultimo atto esecutivo, hai un forte argomento per non pagarle.

D: Le somme iscritte a ruolo possono essere scontate o annullate dal Governo?
R: In alcuni periodi, sono state varate delle definizioni agevolate – ad esempio la “rottamazione delle cartelle” (ultima nel 2023) che permette di pagare solo il capitale e scontare sanzioni e interessi, o stralci dei ruoli più vecchi di piccolo importo (ad esempio, nel 2021 furono annullati d’ufficio i ruoli fino a €5.000 affidati dal 2000 al 2010 per contribuenti sotto certe soglie di reddito). Queste misure però sono straordinarie e devono essere previste da una legge. Conviene tenersi informati: se esce un provvedimento di “pace fiscale” che include il tuo debito, potrebbe convenire aderire per chiuderlo a condizioni vantaggiose. Tieni comunque presente che, al netto di condoni, dal 2025 i ruoli andranno “a scadenza” dopo 5 anni (discarico automatico), per cui il sistema prevede già una sorta di “pulizia” periodica dei crediti inesigibili.

D: Ho un’attività e una cartella in corso: cosa succede se devo lavorare con la Pubblica Amministrazione o partecipare a un bando?
R: Attenzione, perché le posizioni debitorie a ruolo possono bloccarti:

  • La P.A., prima di pagare fatture sopra €5.000 a un tuo fornitore/creditore, chiede a AdER se quel creditore ha debiti in ruolo (art. 48-bis DPR 602/73). Se risultano debiti scaduti oltre €5.000, la P.A. sospende il pagamento e lo segnala all’Agente della Riscossione, che può pignorare quelle somme. Quindi, se aspetti un pagamento da un Comune o Ministero, assicurati di non avere ruoli pendenti o attivati per regolarizzarli, altrimenti rischi il blocco del mandato.
  • Per partecipare a gare d’appalto, devi essere in regola con i tributi e contributi (DURC e certificato fiscale). Un debito a ruolo non definito potrebbe causare l’esclusione. In alcuni casi, se hai una rateizzazione in corso, sei considerato regolare; se invece il ruolo è scaduto senza interventi, la stazione appaltante potrebbe escluderti. La nuova norma del 2024 ti permette però di impugnare immediatamente il ruolo se questo ti preclude la partecipazione a gare, così da chiarire la tua posizione.

D: Cosa devo fare se ricevo un pignoramento da Agenzia Entrate-Riscossione?
R: Se ti notificano un atto di pignoramento (che sia immobiliare, mobiliare o presso terzi), significa che la cartella è rimasta inevasa e ora sono passati alla fase esecutiva. A quel punto, se non hai già fatto ricorso contro la cartella (o se l’hai perso), rimane la possibilità di fare un’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. solo per questioni molto specifiche, ad esempio: a) pagamento già effettuato (dimostri che hai pagato e magari c’è stata un’errata continuazione dell’esecuzione); b) prescrizione sopravvenuta (es: cartella di 6 anni fa, nessun atto in mezzo, quindi il credito era prescritto e non potevano pignorare); c) vizi radicali del titolo (es: cartella mai notificata e pignoramento iniziato lo stesso: in tal caso puoi far valere la nullità della procedura per carenza di notifica del titolo esecutivo). Queste opposizioni si fanno al Tribunale civile competente. Se invece ti lamenti del modo in cui è fatto il pignoramento (errori formali, violazione regole sul “quando” o sul “quanto”), è un’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. da fare in 20 giorni. Comunque sono situazioni complesse che richiedono assistenza legale immediata. Alternativamente, se riconosci il debito ma non hai liquidità, anche in extremis AdER accetta spesso di convertire il pignoramento in rateizzazione: in parole semplici, se ti hanno pignorato ad esempio lo stipendio ma preferisci evitare questa procedura, puoi chiedere la dilazione e, una volta concessa, AdER sospenderà l’esecuzione in corso (il pignoramento verrà revocato quando inizi a pagare le rate).

D: Dopo quanti anni non mi possono più chiedere nulla (quando “cade in prescrizione” il debito)?
R: Dipende dal tipo di debito:

  • Per multe, bollo auto, tributi locali tendenzialmente 5 anni dall’ultimo atto notificato.
  • Per contributi INPS 5 anni.
  • Per tributi erariali 10 anni (salvo eccezioni).
  • Per cartelle miste con più voci, si applica a ciascuna la sua prescrizione (quindi la cartella non ha un termine unico: ogni voce ha il suo, il più breve dei quali “governa” quella parte).
  • Se passano questi anni senza che tu riceva alcuna notifica (né raccomandata, né PEC, né atti giudiziari) dal giorno della notifica della cartella o dell’ultimo atto, allora il debito si estingue per prescrizione e potrai farla valere. Non è automatico: devi opporti a eventuali richieste successive eccependo la prescrizione.
  • Attenzione: se anche AdER non ti cerca per 5 o 10 anni, c’è la novità che dal 2025 comunque cancelleranno i ruoli dopo 5 anni per loro prassi interna. Quindi potrebbe darsi che, trascorsi 5 anni di silenzio, il debito venga discaricato d’ufficio e tu non riceva più nulla. Ma per sicurezza, meglio basarsi sulla prescrizione legale ed essere pronti a farla valere attivamente.

D: Ho dei debiti a ruolo ma non mi hanno ancora notificato la cartella: posso rottamarli o pagarli prima?
R: Finché non c’è la notifica della cartella, il debitore tecnicamente non è tenuto al pagamento coattivo. Puoi certamente pagare spontaneamente il debito all’ente originario (ad esempio, se sai di avere un avviso bonario non pagato destinato a diventare ruolo, puoi pagarlo per evitare la cartella). Una volta che il ruolo è formato ma la cartella non è notificata, non hai una vera richiesta di pagamento. Non è prevista la possibilità per il cittadino di “pre-pagare” AdER senza cartella. Se temi l’arrivo di cartelle, puoi chiedere all’ente impositore se c’è un carico in partenza e saldarlo presso di loro (così l’ente poi emette sgravio del ruolo se già affidato). Quanto alle rottamazioni, di solito queste riguardano ruoli già affidati a AdER fino a una certa data; se il tuo debito è a ruolo (anche senza cartella notificata) rientra potenzialmente. Ma devi attendere un provvedimento che lo includa. Ad esempio la “rottamazione-quater 2023” ha permesso di definire anche carichi non ancora cartellati ma affidati entro 2022. Quindi informati sui bandi di definizione agevolata.

D: Cosa sono questi codici che vedo sulla cartella (RUOLO ordinario/straordinario, ecc.)?
R: Nella cartella, oltre ai dettagli dell’importo, trovi spesso indicazioni come “Ruolo ordinario numero… reso esecutivo il…”. Se c’è scritto ruolo straordinario, vuol dire che l’ente ha emesso il ruolo in via d’urgenza (pericolo per la riscossione) e l’importo potrebbe comprendere anche somme non definitive. Un ruolo straordinario deve essere autorizzato dal dirigente con motivazione. Specie del ruolo: può essere R (ruolo ordinario) o S (straordinario). Queste sigle riguardano più che altro gli addetti ai lavori. Per te contano la data di esecutività (per controllare decadenze) e l’importo. Se c’è un numero di atto indicato (es. avviso di accertamento n…): quello è l’atto a monte. Se non hai mai visto quell’atto, potresti non averlo ricevuto e quindi è un punto per contestare.

D: Mi è arrivata una cartella per “ruolo provvisorio”. Che significa?
R: Vuol dire che il debito si riferisce a un accertamento fiscale non ancora definitivo al momento dell’iscrizione. Ad esempio, l’Agenzia Entrate ti fa un accertamento da €100.000 e, pur se fai ricorso, iscrive a ruolo provvisoriamente €50.000 (la legge gli consente di riscuotere una frazione durante il contenzioso). Questa cartella è “provvisoria”: se poi vinci la causa, l’importo ti deve essere sgravato/rimborsato; se perdi, diventerà definitiva ed eventualmente seguiranno ruoli per il resto. In pratica paghi un acconto in attesa della sentenza. Il ruolo provvisorio è tipico in ambito tributario, ed è un altro dei motivi per cui può convenire chiedere la sospensione in commissione tributaria se hai un buon caso, per non pagare provvisoriamente somme forse non dovute.

D: Dopo che ho pagato, come dimostro di aver estinto il debito a ruolo?
R: Se paghi una cartella, ti verrà rilasciata quietanza. AdER periodicamente trasmette all’ente impositore l’esito e l’ente emette uno sgravio. Puoi controllare sul tuo estratto che il ruolo risulti chiuso. Se hai pagato tramite F24 o altro e per qualche ragione ti arriva ancora una richiesta, conserva le ricevute per provare l’avvenuto pagamento. È raro ma può succedere che vi siano doppie iscrizioni o errori – in tal caso, con la quietanza, fai istanza di sgravio per indebito.

Conclusione

Dal punto di vista del debitore, il momento in cui “l’iscrizione a ruolo diventa esecutiva” è cruciale perché segna l’inizio della fase di riscossione forzata, con le relative conseguenze sul patrimonio. In ambito tributario e amministrativo, tale momento coincide con la formazione del ruolo da parte dell’ente creditore (firma del ruolo) e con la successiva notifica della cartella esattoriale. Da lì scattano tempi brevi per reagire (60 giorni) e poi la possibilità di subire pignoramenti. In ambito penale, tradizionalmente l’iscrizione a ruolo esecutiva avveniva poco dopo la condanna definitiva (trascorsi i giorni dell’invito a pagare) e portava alla cartella esattoriale; oggi, dopo la riforma, il recupero crediti via ruolo è stato sostituito dall’ordine di esecuzione del PM che in 90 giorni rende esecutiva la pretesa pecuniaria in altro modo.

Abbiamo esaminato le tutele e i diritti del debitore: dalla possibilità di impugnare gli atti (anche grazie alle novità normative del 2024), alla facoltà di ottenere dilazioni di pagamento sempre più flessibili, fino alle garanzie introdotte per evitare eccessi (come l’impignorabilità della prima casa e dei beni essenziali). Il sistema della riscossione è in costante evoluzione, bilanciando l’efficacia nel recupero per l’erario con la necessità di non comprimere oltremodo i diritti dei contribuenti onesti in temporanea difficoltà.

Per un debitore informato, conoscere quando un ruolo diventa esecutivo significa poter attivare per tempo le proprie difese: presentare ricorso nei termini, regolarizzare la posizione prima che scadano i termini (per evitare l’esecuzione), valutare soluzioni come la rottamazione o la rateizzazione. Significa anche capire che certi “miti” (come “aspetto 5 anni e si sistema tutto”) non sono strategie prudenti, specie alla luce delle nuove norme che velocizzano la chiusura dei conti (tramite atti esecutivi immediati o discarico dei ruoli inesigibili).

In conclusione, il punto di vista del debitore deve essere sempre vigile dal momento in cui riceve qualunque segnale: la conoscenza dei propri diritti (impugnare, sospendere, rateizzare) e doveri (rispettare i termini, informarsi sulle proprie posizioni a ruolo) può fare la differenza tra subire passivamente pesanti azioni esecutive oppure gestire in modo sostenibile le proprie obbligazioni verso il fisco o lo Stato.

Fonti e riferimenti normativi (aggiornati al 2025)

  • DPR 29 settembre 1973, n. 602 – Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito (in particolare artt. 10, 12, 25, 49, 50, 77, 86): definizione di ruolo e cartella, formazione ed esecutorietà del ruolo; obbligo di indicare la data di esecutività del ruolo nella cartella; termini di notifica delle cartelle; disciplina di intimazioni, ipoteche e fermi.
  • D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46 – Riforma della riscossione: estensione della riscossione a mezzo ruolo anche ai contributi previdenziali e ad altri enti pubblici; art. 17 impone ruolo per entrate erariali e previdenziali.
  • Legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 27, co. 6 – Maggiorazioni semestrali per ritardato pagamento di sanzioni amministrative: prevede il 10% in più ogni semestre di ritardo dal momento in cui la sanzione è esigibile. La Corte di Cassazione (ord. n. 17901/2018) ha confermato la legittimità di tale maggiorazione e della sua iscrizione a ruolo.
  • D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 29 – Accertamento esecutivo: dal 1º ottobre 2011 gli avvisi di accertamento fiscali per imposte statali contengono l’intimazione a pagare entro 60 giorni e sono titolo esecutivo decorso tale termine.
  • Legge 27 dicembre 2019, n. 160, commi 792-796 – Estensione accertamento esecutivo ai tributi locali: dal 1º gennaio 2020 gli avvisi di accertamento degli enti locali valgono come titolo esecutivo dopo 60 giorni, senza bisogno di cartella.
  • D.Lgs. 19 maggio 2024, n. 110 – Decreto Riscossione 2024: riforma del sistema nazionale della riscossione, in vigore dal 2025. Ha modificato l’art. 12 DPR 602/73 (impugnabilità dei ruoli) introducendo specifici casi in cui il contribuente può ricorrere contro ruoli/cartelle prima degli atti esecutivi. Ha esteso la natura esecutiva ad altri atti impositivi (recuperi di crediti d’imposta, avvisi liquidazione imposte indirette, ecc.). Ha previsto il discarico automatico dei ruoli affidati da 2025 non riscossi entro il quinto anno. Ha introdotto l’art. 25-bis DPR 602/73 sulla sospensione di prescrizione per coobbligati in caso di rateazione.
  • D.Lgs. 14 giugno 2024, n. 87 – Decreto attuativo federalismo fiscale: ha esteso dal 2026 l’accertamento esecutivo anche ai tributi regionali, armonizzando le procedure locali con quelle statali.
  • Codice della Strada (D.Lgs. 285/1992), artt. 202-204 e 206: disciplina delle sanzioni amministrative. Art. 203, co. 3 e art. 206 prevedono l’iscrizione a ruolo se la multa non è pagata né impugnata entro 60 giorni. Art. 209 fissa la prescrizione a 5 anni.
  • Codice di procedura penale, art. 660 come modificato da D.Lgs. 150/2022 (Riforma Cartabia): nuova procedura di esecuzione delle pene pecuniarie. Prevede l’ordine di esecuzione con intimazione a pagare entro 90 gg, la possibilità di rateazione entro 20 gg, e la conversione in semilibertà o altre sanzioni in caso d’inadempimento.
  • D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (T.U. Spese di giustizia), artt. 212-214 (abrogati) e nuovo art. 205-bis: vecchio sistema di iscrizione a ruolo delle pene pecuniarie; oggi abrogato. Nuove norme sulla remissione del debito di spese per insolvibilità (remissione dopo 3 anni per non abbienti).
  • Corte Costituzionale, sentenza n. 279/2019 e n. 15/2020: denunce dell’ineffettività del sistema di recupero delle pene pecuniarie e sollecitazioni al legislatore.
  • Corte di Cassazione – numerose pronunce citate:
    • Cass. SS.UU. n. 23397/2016: termine di prescrizione decennale per cartelle non impugnate, salvo termini speciali.
    • Cass. SS.UU. n. 19704/2015: ammissibilità (all’epoca) del ricorso contro estratto di ruolo in caso di mancata notifica della cartella; principio poi superato da intervento legislativo.
    • Cass. civ. sez. VI ord. n. 17901/2018: legittimità delle maggiorazioni 10% semestrali sulle multe CdS e principio che la sanzione aggiuntiva nasce quando la sanzione principale diviene esigibile.
    • Cass. civ. sez. III n. 16767/2018: altra pronuncia in materia di maggiorazioni su ingiunzioni fiscali (conferma applicabilità).
    • Cass. pen. sez. I n. 1885/2018 (e altre simili): una volta iscritto a ruolo il credito da pena pecuniaria, si applica solo la prescrizione decennale civile, non quella breve penale.
  • Circolari e prassi:
    • Circolare Ministero Giustizia DAG 4/8/2017 e 31/5/2018: analisi normativa sul recupero crediti da pene pecuniarie, con indicazioni operative (prima della riforma).
    • Documenti Agenzia Entrate-Riscossione (sito istituzionale): sezioni Procedure esecutive e Avvisi e solleciti – spiegazioni sull’avviso di intimazione, su pignoramenti, limiti (impignorabilità prima casa, soglie importi, ecc.).

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Quando un debito fiscale viene iscritto a ruolo, significa che l’ente creditore (come Agenzia delle Entrate o INPS) ha affidato la riscossione forzata all’Agente della Riscossione.
Ma quando questa iscrizione diventa effettivamente esecutiva?
Capirlo è fondamentale per sapere quando scattano i rischi concreti di pignoramenti, fermi amministrativi o ipoteche.


Quando diventa esecutiva l’iscrizione a ruolo?

L’iscrizione a ruolo diventa esecutiva:

  • Trascorsi 60 giorni dalla notifica della cartella di pagamento, se non è stato presentato ricorso e non è stato effettuato il pagamento
  • Immediatamente, in caso di ruoli “provvisori” o “esecutivi” per certe tipologie di tributi o contributi, come nel caso di accertamenti esecutivi (es. accertamento IVA, Irpef, IMU)
  • Dopo 5 giorni dalla notifica dell’intimazione di pagamento, se si tratta di somme già a ruolo e non pagate

Una volta divenuta esecutiva, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione può attivare azioni esecutive senza ulteriore autorizzazione del giudice.


Cosa succede dopo che l’iscrizione è esecutiva?

Dalla data di esecutività:

  • L’Agente può procedere con pignoramento del conto corrente, dello stipendio o della pensione
  • Può disporre fermo amministrativo sui veicoli
  • Può iscrivere ipoteca su immobili
  • Possono maturare interessi di mora e spese di esecuzione aggiuntive

⚠️ Intervenire prima dell’esecuzione vera e propria è l’unico modo per fermare il meccanismo alla radice.


🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo

📂 Verifica se il ruolo è effettivamente esecutivo e se ci sono vizi nella notifica
📑 Controlla i termini di pagamento e le eventuali decadenze
⚖️ Propone ricorso o opposizione per bloccare le azioni esecutive
✍️ Richiede la sospensione della riscossione o la rateizzazione del debito
🔁 Ti assiste anche nel caso di sovraindebitamento e tutela patrimoniale


🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in diritto tributario e riscossione coattiva
✔️ Iscritto come Gestore della crisi presso il Ministero della Giustizia
✔️ Consulente per ricorsi accolti contro cartelle esattoriali illegittime o prescritte


Conclusione

Sapere quando un’iscrizione a ruolo diventa esecutiva ti permette di intervenire in tempo, bloccare l’Agenzia della Riscossione e difendere i tuoi beni.
Con l’Avvocato Giuseppe Monardo, puoi valutare le tue opzioni legali e fiscali prima che sia troppo tardi.

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  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

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