Hai perso il lavoro a 40 anni, sei una donna con debiti che ti tolgono il sonno e ti stai chiedendo come affrontare tutto senza perdere il controllo della tua vita? Ti senti sotto pressione tra famiglia, spese fisse, creditori che bussano e nessuna certezza sul futuro?
La perdita del lavoro a 40 anni, specialmente per una donna, può avere ripercussioni personali, familiari ed economiche profonde. Ma non sei sola, e soprattutto non sei senza strumenti: esistono soluzioni legali che ti permettono di bloccare i debiti, difendere la casa e ripartire, anche se oggi non hai reddito fisso.
Cosa succede se perdi il lavoro e hai debiti?
– Le rate continuano ad arrivare: mutuo, prestiti, carta di credito, bollette
– I creditori possono avviare azioni legali e pignoramenti
– Il tuo nome può essere segnalato in banca dati e ti viene negato qualsiasi accesso al credito
– Se hai figli o familiari a carico, la situazione si complica ancora di più
Ma esiste una via d’uscita legale, anche se non hai lavoro.
La legge sul sovraindebitamento ti tutela. È pensata proprio per chi, come te, non riesce più a far fronte ai debiti ma vuole ricominciare. E se non hai beni o entrate, puoi persino chiedere l’esdebitazione del debitore incapiente, cioè l’azzeramento totale dei debiti.
Quali sono le soluzioni concrete?
– Procedura di sovraindebitamento: blocca i creditori e consente di pagare solo in base alle reali possibilità
– Esdebitazione: se non hai nulla da offrire, puoi essere liberata da tutti i debiti residui
– Piano del consumatore: se hai piccoli redditi, puoi proporre una rata sostenibile e protetta dal tribunale
– Sospensione temporanea dei pagamenti in caso di emergenza certificata
– Accordi con i creditori, seguiti da un avvocato esperto per ottenere sconti, congelamento o saldo e stralcio
Come puoi iniziare subito a difenderti?
– Raccogli i documenti: debiti, rate, lettere dei creditori
– Blocca il panico: più aspetti, più i problemi diventano urgenti
– Rivolgiti a un legale che conosca il diritto della crisi e sappia costruire per te un piano di uscita su misura
– Valuta ogni possibilità: non esiste una sola soluzione, ma quella giusta per te
Cosa NON devi fare mai?
– Fare altri debiti per coprire quelli vecchi
– Firmare accordi di pagamento con finanziarie senza controllare condizioni e interessi
– Pensare che “tanto sei senza reddito e non possono fare nulla”: possono aggredire conti, beni futuri e familiari garanti
– Vergognarti di chiedere aiuto: risolvere è un tuo diritto, non una colpa
A 40 anni puoi ancora ricostruire tutto. Ma devi fermare il crollo prima che diventi definitivo.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in crisi personale e familiare da sovraindebitamento – ti spiega cosa fare se hai perso il lavoro a 40 anni, sei una donna con debiti e vuoi riprendere il controllo della tua vita.
Hai prestiti in corso, rate che non riesci più a pagare, e ogni giorno è un peso sempre più grande? Vuoi sapere se puoi bloccare tutto e ripartire?
Richiedi, in fondo alla guida, una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Analizzeremo la tua situazione, valuteremo ogni debito e costruiremo una strategia reale, concreta e sostenibile per uscire dall’incubo e tornare libera.
Introduzione
Perdere il lavoro intorno ai 40 anni può mettere chiunque – e in particolare una donna che magari gestisce da sola la famiglia – in seria difficoltà economica. Oltre al trauma professionale e personale, infatti, ci si può trovare con debiti accumulati (mutuo, finanziamenti, carte di credito, bollette, tasse arretrate, ecc.) senza più un reddito per farvi fronte. In questa guida approfondita esamineremo cosa può fare un debitore in Italia, dal punto di vista legale, per gestire o cancellare i debiti dopo aver perso il lavoro, alla luce della normativa aggiornata a giugno 2025. Il taglio sarà avanzato – con riferimenti normativi (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, ex legge 3/2012, e altre leggi italiane) e giurisprudenza recente – ma con un linguaggio chiaro e accessibile, utile sia ai professionisti (avvocati, consulenti) sia ai privati cittadini e piccoli imprenditori.
Obiettivo della guida: fornire una panoramica completa degli strumenti disponibili per ristrutturare, ridurre o estinguere i debiti (dalle soluzioni extra-giudiziali come accordi con i creditori, alle procedure di sovraindebitamento previste per legge), indicando per ogni tipo di debito le possibili strategie e le tutele previste. Saranno incluse domande e risposte frequenti, tabelle riepilogative per confrontare le opzioni, e esempi pratici di applicazione delle norme. Il tutto dal punto di vista del debitore, ossia con l’intento di massimizzare le chances di risanamento e “fresh start” (nuovo inizio) garantite dalla legge, pur senza nascondere i requisiti richiesti (onestà, collaborazione, ecc.) e le possibili difficoltà.
Valutare la situazione dopo la perdita del lavoro
Per prima cosa, chi ha perso il lavoro e si trova con debiti deve valutare con lucidità la propria situazione finanziaria. È fondamentale fare un elenco completo di tutti i debiti e delle relative caratteristiche, ponendosi alcune domande chiave:
- Quali tipi di debito ho? (Mutuo sulla casa, prestiti personali o finalizzati, finanziamenti auto, carte di credito revolving, scoperti di conto, debiti verso fornitori se ero imprenditrice, rate non pagate, cartelle esattoriali per tasse o multe, bollette arretrate, canoni di affitto non saldati, ecc.).
- Quali sono le somme dovute e le scadenze? (Per ogni debito: importo residuo, importo delle rate, tasso di interesse, eventuali arretrati e more, data di scadenza o termine del finanziamento, ecc.).
- Ci sono garanzie o coobbligati? (Ad esempio: il mutuo ha un’ipoteca sulla casa; un prestito è garantito da un fideiussore o dal quinto dello stipendio; un debito fiscale ha già una ipoteca o un fermo amministrativo; ecc.).
- Ho beni o entrate su cui i creditori possono rivalersi? (Una casa di proprietà, un’auto o altri beni pignorabili, uno stipendio/pensione – anche futura – aggredibile, un TFR maturato, risparmi in banca, ecc.).
- La perdita del lavoro è temporanea o rischio di rimanere disoccupata a lungo? (Sto già cercando un nuovo impiego? Ho diritto a sussidi – es. NASpI – o altri ammortizzatori che mi diano respiro per qualche mese?).
Questa analisi preliminare serve a capire l’urgenza e il margine di manovra. Ad esempio, se ho un mutuo sulla prima casa e nessuna riserva, prioritario sarà evitare il pignoramento dell’immobile; se ho solo debiti minori e nessun bene, potrei valutare soluzioni di saldo a stralcio o procedure per cancellarli del tutto. In ogni caso, non bisogna farsi prendere dal panico o dall’inerzia: è importante attivarsi subito, comunicare eventualmente con i creditori e informarsi sui propri diritti. Spesso i problemi di debito si aggravano quando si ignorano gli avvisi e si lasciano accumulare interessi di mora, spese legali e atti esecutivi.
Di seguito, vediamo dapprima le possibili iniziative immediate (anche temporanee) per gestire i debiti dopo la perdita del lavoro, poi entreremo nel dettaglio delle soluzioni a lungo termine, incluse le procedure legali di esdebitazione.
Iniziative immediate: sospensioni, rinegoziazioni e accordi stragiudiziali
Quando si perde il reddito da lavoro, prima ancora di ricorrere a tribunali o procedure di insolvenza, conviene esplorare alcune soluzioni extragiudiziali e strumenti di sollievo immediato previsti dall’ordinamento. Ecco le principali:
1. Sospensione delle rate del mutuo prima casa: se siete proprietari di un immobile adibito a abitazione principale su cui grava un mutuo, e avete perso il lavoro, potete chiedere alla banca la sospensione temporanea delle rate aderendo al Fondo di solidarietà “prima casa” (cosiddetto Fondo Gasparrini, gestito da Consap). Questo fondo statale consente di sospendere i pagamenti fino a 18 mesi nei casi di perdita del posto di lavoro (sia a tempo indeterminato che determinato) o altri eventi gravi (handicap, decesso, ecc.). Dal 1° gennaio 2024 sono di nuovo in vigore i requisiti ordinari: ISEE inferiore a 30.000€, mutuo di importo fino a 250.000€ e non più di 18 mesi già usufruiti. In caso di cessazione del rapporto di lavoro, la sospensione massima concedibile è generalmente 18 mesi. Durante la sospensione, il Fondo paga alla banca il 50% degli interessi maturati sul debito residuo, alleviando il costo per il debitore. Attenzione: la domanda va presentata alla propria banca compilando l’apposito modulo Consap, meglio se prima di accumulare troppe rate insolute. La sospensione offre tempo prezioso per cercare un nuovo impiego o valutare altre soluzioni, mettendo al riparo la casa da azioni esecutive della banca nel frattempo.
2. Rinegoziazione dei prestiti e mutui con la banca: molte banche, di fronte a difficoltà temporanee del cliente, sono disponibili a rinegoziare i termini del contratto di mutuo o di finanziamento per evitare di perdere l’intero credito. La rinegoziazione (consentita anche grazie al Decreto Legge 7/2007, cd. “Decreto Bersani” sulla portabilità) avviene a costo zero per il debitore e può riguardare elementi come il tasso di interesse, la durata del prestito (es. allungandola per abbassare la rata) o la tipologia di tasso (passaggio da variabile a fisso, ecc.). Ad esempio, si può chiedere di ridurre temporaneamente la rata e spostare in coda le quote non pagate (“taglio installment”), oppure trasformare un mutuo a 20 anni in un 30 anni per spalmare il debito. La banca valuterà la richiesta: è più facile ottenerla se si dimostra che la difficoltà è reale ma potenzialmente superabile (es. nuova occupazione in vista, o un altro familiare che subentra nei pagamenti). Anche i finanziamenti al consumo possono essere oggetto di rinegoziazione informale: ad es. la finanziaria potrebbe concedere qualche mese di moratoria o ridurre temporaneamente l’importo delle rate. Non c’è garanzia di successo, ma vale sempre la pena tentare un accordo bonario prima che scattino procedure legali.
3. Surroga o consolidamento del debito: in alcuni casi, se la perdita di lavoro non ha ancora compromesso il merito creditizio (es. non si sono avuti insoluti gravi) e se si dispone di garanzie, si può valutare di surrogare il mutuo presso un’altra banca più vantaggiosa (ottenendo un tasso minore), oppure di consolidare i debiti accorpando prestiti diversi in un’unica nuova linea di credito con rata più bassa. Tuttavia, queste soluzioni richiedono che un’altra banca sia disposta a subentrare o erogare nuovo credito – circostanza difficile se si è disoccupati a meno di coinvolgere un coobbligato con reddito. La surroga del mutuo (trasferimento presso altro istituto) è gratuita per legge e può ridurre i costi, ma bisogna comunque dimostrare di poter sostenere la nuova rata. Il consolidamento (spesso pubblicizzato nelle forme del “prestito di consolidamento debiti”) di norma richiede un garante o altre forme di reddito se il richiedente non lavora, quindi ha applicabilità limitata per chi ha appena perso l’occupazione.
4. Accordi transattivi a saldo e stralcio: una via stragiudiziale molto efficace, soprattutto per debiti con banche o finanziarie già in sofferenza, è cercare un accordo a saldo e stralcio. Ciò significa offrire al creditore un pagamento in unica soluzione (o in poche tranche) di un importo ridotto rispetto al totale dovuto, a fronte dell’estinzione definitiva del debito. Spesso istituti di credito e società di recupero crediti, se dubitano di recuperare l’intera somma nei tempi previsti, preferiscono accettare subito ad esempio il 60-70% del debito (o anche meno, a seconda dei casi) piuttosto che avviare lunghe azioni legali dall’esito incerto. Per il debitore, il vantaggio è ottenere un forte sconto e chiudere la posizione definitivamente; per il creditore, incassare almeno una parte immediatamente. Ovviamente serve avere accesso a una somma lump sum (spesso tramite aiuto di familiari o liquidando qualche bene) da offrire. Conviene negoziare per iscritto, possibilmente con l’assistenza di un legale o di professionisti del settore, affinché l’accordo venga formalizzato in modo chiaro (inclusa la rinuncia del creditore a future pretese). Un esempio: su un debito residuo di €10.000 si può proporre il pagamento immediato di €4.000 “a stralcio”; se il creditore accetta, la posizione verrà riportata a saldo zero (magari con segnalazione in CRIF di “saldo stralcio”, informazione che però almeno libera dal peso giuridico del debito). Nota: il saldo e stralcio non cancella eventuali segnalazioni creditizie negative (rimarranno per un certo periodo), ma evita azioni legali ed estingue l’obbligazione.
5. Rateizzazioni e definizioni agevolate dei debiti fiscali: se tra i debiti figurano cartelle esattoriali (dell’ex Equitalia, oggi Agenzia delle Entrate-Riscossione – AER), esistono strumenti specifici. In primis, la rateizzazione ordinaria: si può sempre chiedere all’Agenzia una dilazione del pagamento. Attualmente (anche per il 2025) le regole consentono per importi fino a €120.000 una rateazione automatica fino a 72 rate mensili (6 anni) senza bisogno di comprovare lo stato di difficoltà. Per debiti superiori, o per estendere la dilazione fino a 120 rate (10 anni), occorre dimostrare una temporanea situazione di grave disagio economico (indici di liquidità e solvibilità compromessi). Attenzione: se si è perso il lavoro, è probabile che il proprio ISEE o reddito sia molto ridotto, il che può aiutare ad ottenere piani lunghi. Inoltre, spesso sono previste soglie di tolleranza: ad esempio, fino al 31 dicembre 2024, per importi entro 120.000€ non era considerata inadempienza il salto di 8 rate (anziché 5) prima di decadere dal piano (queste soglie potrebbero essere riviste dopo il 2024, verificare sempre la normativa aggiornata).
Oltre alle rateazioni, il legislatore periodicamente introduce “definizioni agevolate” delle cartelle, note come rottamazioni. L’ultima in ordine di tempo è la Rottamazione-quater prevista dalla Legge di Bilancio 2023 (L. 197/2022, commi 231-252), applicabile alle cartelle affidate entro il 30/06/2022. Chi ha aderito a questa definizione paga solo il capitale, gli interessi legali e una quota ridotta di aggio e spese, mentre vengono azzerati interessi di mora e sanzioni. In pratica, per debiti tributari si può ottenere uno sconto consistente (ad esempio su una cartella da multa stradale, si pagano solo le somme iniziali senza la maggiorazione). I pagamenti possono essere dilazionati fino a 18 rate in 5 anni. Chi non è riuscito a rispettare le rate iniziali entro il 2024, grazie a una recente norma (Legge n.18/2024) ha potuto chiedere la riammissione entro il 30 aprile 2025. È importante informarsi se il Governo attuale prevede ulteriori edizioni di rottamazione o “stralcio”: ad esempio, nel 2023 è stato disposto l’annullamento automatico dei debiti fino a €1.000 affidati entro il 2015 (c.d. mini-stralcio). Queste misure rientrano in quella che viene chiamata “pace fiscale” e possono dare sollievo a chi ha perso il reddito. Tuttavia hanno finestre temporali precise: bisogna aderire entro le scadenze di legge, altrimenti si decade dai benefici e il debito torna immediatamente esigibile per intero.
6. Riduzione delle spese e gestione del bilancio familiare: sembra un consiglio banale, ma è cruciale in questi frangenti ridurre al minimo le uscite non essenziali, per destinare quel poco che si ha (sussidi di disoccupazione, piccoli risparmi, aiuti familiari) alle spese primarie e alle eventuali rate dei debiti più urgenti. Può essere utile contattare i fornitori di servizi (luce, gas, telefono) per farsi mettere temporaneamente su piani di rientro agevolati se si hanno bollette arretrate, oppure verificare se si ha diritto a bonus sociali. Mantenere un dialogo trasparente con i creditori spesso evita reazioni aggressive: ad esempio, informare la banca della perdita del lavoro e della richiesta al Fondo di sospensione mutuo può indurre la banca ad attendere anziché avviare subito il precetto.
In sintesi, nelle fasi iniziali dopo la perdita del lavoro è fondamentale guadagnare tempo e limitare i danni: sospendere le uscite maggiori (mutuo), evitare che i debiti “esplodano” con interessi di mora, tentare di ridurre l’importo dovuto tramite accordi bonari o approfittare di sanatorie. Parallelamente, se si intravede che la situazione debitoria è troppo pesante per essere risolta solo con piccoli aggiustamenti, bisogna iniziare a informarsi sulle procedure legali di sovraindebitamento, previste proprio per dare una via d’uscita a chi si trova in condizioni di insolvenza conclamata. Nel prossimo capitolo affronteremo cosa prevede la legge italiana (aggiornata al 2025) per ristrutturare o persino cancellare i debiti di una persona non fallibile (cittadino, consumatore, piccola imprenditrice) che non riesce più a pagarli integralmente.
Tipologie di debito e relative conseguenze (banche, fisco, privati)
Prima di entrare nel merito delle soluzioni legali, è utile capire come funzionano i diversi tipi di debito in caso di mancato pagamento, perché le conseguenze e le procedure di recupero possono variare. Esamineremo le principali categorie: debiti bancari/finanziari, debiti verso il Fisco e enti pubblici, e debiti verso privati/altre origini, evidenziando per ciascuno cosa può succedere se il debitore non paga e quali tutele esistono.
Debiti bancari e finanziari (mutui, prestiti, carte di credito)
Mutui ipotecari: In caso di mutuo immobiliare (tipicamente prima casa), la banca vanta un’ipoteca sull’immobile a garanzia del credito. Se il debitore salta più rate (generalmente dopo 6-7 rate non pagate il contratto può essere risolto per inadempimento, ma spesso gli istituti intervengono già dopo 2-3 rate insolute), la banca può accelerare la decadenza del beneficio del termine e chiedere l’intero debito residuo in un’unica soluzione. In pratica, manda una comunicazione di risoluzione del mutuo e successivamente può avviare la procedura esecutiva immobiliare. Questa inizia con la notifica di un atto di precetto (intimazione a pagare entro 10 giorni) e, in mancanza, con il pignoramento dell’immobile. Segue poi l’iscrizione a ruolo della procedura in Tribunale e, dopo vari passaggi, la vendita all’asta dell’immobile. I tempi non sono brevissimi – spesso servono molti mesi prima dell’asta – ma una volta avviato il pignoramento sulla casa, recuperare la posizione è difficile: si potrebbe tentare un accordo con la banca o presentare un piano di ristrutturazione del debito ex legge 3/2012 (come vedremo oltre) prima che l’asta sia tenuta, ma dopo l’assegnazione dell’immobile a terzi c’è ben poco da fare. È quindi fondamentale agire tempestivamente (con le iniziative del capitolo precedente) per evitare di arrivare a questo stadio.
Va ricordato che non esiste nel diritto privato italiano una protezione assoluta della “prima casa” dai creditori bancari o privati: sebbene sia un evento grave, anche l’unica casa di abitazione può essere pignorata e venduta da una banca o un creditore privato se ciò è necessario a soddisfare il debito (non esistono soglie minime di importo in questi casi). L’unico limite è di ragionevolezza economica: di solito le banche non eseguono pignoramenti per importi molto bassi rispetto al valore della casa, ma dal punto di vista legale anche pochi mesi di mutuo non pagato possono giustificare l’esecuzione. Diverso è per l’Agenzia delle Entrate, come vedremo, ma questa protezione non si applica ai creditori ipotecari.
Prestiti personali, finanziamenti, cessioni del quinto: Per i debiti non garantiti da ipoteca (prestiti personali, scoperti di conto, carte revolving, ecc.), la procedura tipica di recupero è la seguente: dopo i primi solleciti bonari, la banca/finanziaria invia una lettera di messa in mora e segnala eventualmente il nome nelle banche dati dei cattivi pagatori. Trascorsi alcuni mesi senza pagamento, si passa alle vie legali con un decreto ingiuntivo (titolo esecutivo emesso dal giudice su richiesta del creditore, che accerta il credito). Una volta notificato il decreto ingiuntivo, se il debitore non paga entro 40 giorni, il credito diventa esecutivo e si può procedere al pignoramento dei beni del debitore. Per i prestiti non garantiti, i creditori di solito puntano a pignorare lo stipendio (se nel frattempo il debitore ha trovato lavoro) o la pensione, oppure il conto corrente e altri beni mobili registrati (auto) se individuabili. Il pignoramento presso terzi (es. stipendio presso datore di lavoro, conto in banca) è spesso la via più rapida: consente al creditore di ottenere direttamente una trattenuta mensile (in caso di stipendio) oppure il blocco e l’assegnazione di somme depositate in conto. Sia per stipendi che per conti esistono limiti di pignorabilità (vedi tabella nella sezione successiva), ma di principio un creditore chirografario può aggredire stipendio e conto anche per importi modesti (non c’è una soglia minima di debito prevista dal codice civile per procedere). Ad esempio, un prestito non pagato di €3.000 può legittimare un pignoramento del quinto dello stipendio. Se però il debitore è disoccupato e senza beni intestati, il creditore potrebbe cedere il credito a società di recupero e tenere la posizione monitorata: non appena, magari tra anni, risultasse un nuovo lavoro o un acquisto di immobile, potrebbe far valere il decreto ingiuntivo rimasto pendente (che dura 10 anni rinnovabili).
Una particolare forma è la cessione del quinto dello stipendio/pensione: in questo caso, la rata è già trattenuta all’origine dal datore o dall’INPS. Se si perde il lavoro, subentra l’assicurazione obbligatoria che generalmente copre le rate residue (fino a un massimale) in caso di disoccupazione involontaria: quindi il debitore potrebbe temporaneamente non dover pagare nulla (sarà l’assicurazione a rimborsare il finanziamento nei limiti previsti, spesso pagando le rate per 12 mesi). Attenzione però: se la disoccupazione perdura, l’assicurazione potrebbe non coprire tutte le rate e, se si trova un nuovo lavoro, la cessione riprenderà sul nuovo stipendio. In caso di cessazione definitiva (ad es. dimissioni o licenziamento per giusta causa, eventi non coperti), la finanziaria ha diritto immediato sul TFR maturato e poi può agire sul debito rimanente eventualmente con decreto ingiuntivo.
Carte di credito revolving e scoperti di conto: questi debiti, spesso a tasso elevato, se non pagati generano velocemente more e interessi. Le società emittenti possono dopo qualche mese di insoluto revocare la carta e chiedere il rimborso integrale del saldo. Segue, anche qui, il probabile decreto ingiuntivo e le azioni esecutive come per i prestiti personali. Talvolta, per importi piccoli (poche migliaia di euro), le finanziarie preferiscono accordi a saldo e stralcio come dettospra, specie se il debitore è nullatenente. È bene sapere che il gioco degli interessi di mora può far lievitare il debito: conviene quindi, se possibile, contestare interessi usurari o anatocistici con l’aiuto di un legale, o comunque cercare di chiudere la posizione prima che raddoppi di importo.
Garanti e coobbligati: se nei contratti di finanziamento qualcuno (tipicamente un parente) ha firmato come fideiussore/garante, oppure se i coniugi hanno contratto il debito congiuntamente, il mancato pagamento coinvolgerà anche loro. La banca può escutere direttamente il garante se il debitore principale non paga. Anche per il garante valgono i rimedi come saldo e stralcio o piani di rientro, ma purtroppo la perdita del lavoro del debitore principale spesso mette nei guai il fideiussore, che magari dovrà coprire le rate in default per evitare segnalazioni o esecuzioni sul proprio patrimonio. Nota bene: se poi il debitore principale ricorre a una procedura di sovraindebitamento e ottiene l’esdebitazione, questo non cancella le obbligazioni del garante verso il creditore (la liberazione dai debiti vale solo per il soggetto che fa la procedura). In caso il garante paghi, avrà un diritto di regresso verso il debitore principale, ma quest’ultimo se è stato esdebitato non sarà tenuto a onorare il regresso (la giurisprudenza tende a ritenere che il debitore esdebitato sia liberato anche dai debiti di regresso dei coobbligati, trattandosi della medesima obbligazione originaria estinta: certamente così dispone il nuovo Codice della crisi per l’esdebitazione post-liquidazione controllata). Dunque la posizione del garante va valutata: a volte, includere un garante nel saldo e stralcio e farlo firmare può essere soluzione migliore, per chiudere definitivamente ogni partita.
Debiti fiscali e verso enti pubblici (Agenzia Entrate Riscossione, tributi locali, sanzioni)
I debiti verso il Fisco (Erario) e altri enti pubblici (Comuni per multe, contributi previdenziali INPS, ecc.) sono normalmente affidati per il recupero all’Agenzia delle Entrate-Riscossione (AER), che agisce secondo le regole speciali della riscossione esattoriale (D.P.R. 602/1973 per imposte, DLgs 46/1999 per contributi, etc.). Quando non paghiamo una tassa o una multa, dopo la fase di accertamento l’ente emette un ruolo, che diventa una cartella esattoriale notificata al contribuente. Se entro 60 giorni dalla notifica non si paga né si fa ricorso, la cartella diventa definitiva ed esecutiva. La caratteristica della riscossione pubblica è che l’Agente della Riscossione non ha bisogno di un decreto ingiuntivo: la cartella stessa, trascorsi 60 giorni, vale come titolo esecutivo. Pertanto, le tempistiche di intervento possono essere rapide. Dal 61° giorno in poi, AER può iniziare misure cautelari (come fermo amministrativo sull’auto, ipoteca sugli immobili) e poi esecutive (pignoramenti).
Tuttavia, esistono tutele specifiche per il debitore in questo ambito, introdotte specie dal 2013 in poi, per evitare espropriazioni “draconiane” del Fisco su piccoli debitori:
- Limiti sul pignoramento della prima casa: L’Agenzia delle Entrate-Riscossione non può pignorare l’unico immobile di proprietà del debitore adibito a sua abitazione principale, salvo che sia un immobile di lusso (categorie catastali A/8 e A/9). Inoltre, anche per altri immobili, se il debito è inferiore a €120.000, AER non può procedere ad espropriazione immobiliare. Queste tutele sono previste dall’art. 76 del DPR 602/1973 (modificato dal “Decreto del Fare” del 2013) e mirano a salvaguardare la casa di abitazione per debiti fiscali non enormi. Esempio: se ho solo la mia casa dove risiedo e ho un debito con AER di €50.000 per cartelle, l’Agente può iscrivere ipoteca a garanzia (sopra €20.000 di debito l’ipoteca è consentita) ma non potrà metterla all’asta. Attenzione: questa protezione vale solo per AER, un creditore privato può invece pignorare la prima casa anche se unico immobile (non essendoci nel codice civile un analogo divieto). Quindi, paradossalmente, si è più protetti verso il Fisco che verso una banca per quanto riguarda la casa.
- Pignoramento di stipendi/pensioni presso terzi: AER può pignorare stipendi e pensioni, ma con regole leggermente diverse da quelle dei creditori ordinari. In particolare, per stipendi netti fino a €2.500 mensili può pignorare al massimo un decimo (10%); per la parte eccedente €2.500 e fino a €5.000, un settimo (~14%); oltre €5.000, fino a un quinto (20%). Queste soglie garantiscono che chi ha redditi medio-bassi subisca un prelievo minore dal Fisco rispetto al privato. Per le pensioni, vige un minimo vitale impignorabile pari a 1,5 volte l’assegno sociale (circa €754 nel 2024-2025); l’eventuale eccedenza è pignorabile con le stesse percentuali progressive sopra dette. Un esempio: pensione netta €1.000, minimo vitale €754 non toccato, restano €246 di eccedenza su cui il pignoramento sarà del 10% = €24,6 al mese. Con stipendi di €1.500, il 10% = €150. Con stipendi alti (es. €6.000) il primo scaglione 1/10 su 2.500 (€250) + 1/7 su 2.500 (€~357) + 1/5 su 1.000 (€200) per un totale di ~€807, che è comunque il 13,45% dell’intero importo (progressività favorevole rispetto al fisso 20% per i privati).
- Conto corrente: se AER pignora il conto corrente del debitore, se su quel conto affluisce lo stipendio/pensione, la legge prevede che le somme accreditate nell’ultimo mese siano impignorabili (in modo che il debitore non resti senza mezzi di sostentamento); quanto eccede l’ultima mensilità può essere pignorato. Ad esempio, se sul conto ho €5.000 di cui €1.000 accreditati come stipendio 10 giorni fa, quell’ultimo stipendio è salvo, mentre gli altri €4.000 possono essere bloccati. Questo vale anche per i privati a dire il vero, ed è un’applicazione dell’art. 545 c.p.c. sulla natura alimentare di stipendi e pensioni.
- Ferma amministrativo su veicoli: per debiti sopra €1.000, AER può iscrivere un fermo sul vostro veicolo (auto, moto), il che ne impedisce la circolazione legale (non potete fare la revisione né vendere l’auto libera da vincoli). Il fermo è un atto cautelare: viene preavvisato e se non pagate entro 30 giorni scatta. Per importi non altissimi spesso ci si limita al fermo senza procedere a pignorare e vendere l’auto, specie se il suo valore è basso. Per togliere un fermo occorre pagare il debito (o almeno rateizzarlo: con la domanda di rateazione presentata e accolta, il fermo può essere sospeso in attesa del pagamento integrale).
- Interessi e sanzioni: I debiti fiscali hanno il problema che sulle somme iscritte a ruolo maturano interessi di mora (circa 4% annuo negli ultimi anni) e sono caricate sanzioni (in sede di accertamento) spesso molto elevate. Le definizioni agevolate come la rottamazione servono proprio a alleggerire questi oneri accessori, ma fuori da esse, se non pagate, il debito fiscale cresce costantemente. AER però non applica anatocismo: gli interessi di mora non producono a loro volta altri interessi.
Procedure esecutive del Fisco: AER può procedere in proprio ai pignoramenti, senza passare dal tribunale (fa eccezione il pignoramento immobiliare, che comunque richiede l’intervento di un giudice dell’esecuzione). Le tempistiche: generalmente, prima di pignorare, invia (non obbligatorio ma prassi) una comunicazione di sollecito o una intimazione di pagamento (che dà ulteriori 5 giorni). Il pignoramento mobiliare presso terzi (stipendi, conti) può essere molto rapido: l’atto di pignoramento viene notificato al terzo (datore di lavoro o banca) e al debitore, e contestualmente le somme vengono vincolate. Per il pignoramento immobiliare occorre attendere che trascorrano almeno 6 mesi dalla notifica della cartella e che il debito superi €120.000, oltre a non ricadere nel caso di “unico immobile prima casa”. Se tali condizioni sono soddisfatte, AER notifica l’atto di pignoramento e iscrive l’esecuzione in tribunale.
Tributi locali e multe comunali: spesso sono anch’essi affidati ad AER (o a concessionari privati in alcune zone). Le regole di riscossione sono analoghe: ad esempio per le multe stradali non pagate, arriva una cartella che, se ignorata, porta a fermi auto o pignoramenti. Una differenza: le sanzioni amministrative (multe) in sede di definizione agevolata spesso vedono l’annullamento degli interessi ma non della sanzione in sé – nella rottamazione-quater, ad esempio, sulle multe stradali si pagava la sanzione originaria ma non gli interessi di mora e le maggiorazioni di legge. In ogni caso, anche per debiti locali il sovraindebitamento è applicabile: si potranno includere cartelle per IMU, TARI, multe, ecc., nei piani di ristrutturazione o liquidazione (salvo quanto diremo per debiti da illecito, es. multe penali, non esdebitabili).
Conclusione per i debiti fiscali: se si è perso il lavoro e non si hanno beni aggredibili nell’immediato, AER iscriverà probabilmente ipoteche e fermi come deterrente e attenderà tempi migliori (o eventuali sanatorie). È comunque opportuno richiedere sempre la rateazione per congelare la situazione (la legge infatti blocca nuove azioni esecutive finché si paga regolarmente le rate concesse). Qualora il debito fiscale sia insostenibile, le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento consentono di proporre un pagamento parziale e cancellare il resto – persino l’IVA, che un tempo era intoccabile, ora può essere falcidiata grazie alla dichiarazione di illegittimità costituzionale del 2019. Ci torneremo a breve.
Debiti verso privati, fornitori, condomini, ecc.
Infine, consideriamo altre tipologie di debiti che possono gravare su una persona:
- Bollette e utenze domestiche: se non si pagano, il fornitore (luce, gas, acqua, telefono) in genere sospende il servizio dopo i solleciti. Rimane il debito per le fatture insolute, che di solito viene passato a società di recupero crediti. Queste possono far causa (decreto ingiuntivo) per recuperare importi elevati, ma spesso per pochi centinaia di euro non procedono legalmente. Attenzione però che l’utenza, specie luce/gas, è spesso intestata all’utente: per riattivarla bisogna saldare almeno parzialmente. È preferibile negoziare un piano di rientro con il call center della società prima che stacchino i servizi. In procedure di sovraindebitamento, i debiti per utenze rientrano come chirografari comuni.
- Canoni di affitto non pagati: il locatore può intimare lo sfratto per morosità (perdita dell’immobile in locazione) e richiedere al giudice un decreto ingiuntivo per i canoni arretrati. Il decreto può poi essere eseguito sui beni del conduttore (stipendi, conti, ecc.). In pratica, si rischia sia di perdere la casa in affitto che di subire pignoramenti per i canoni non pagati. Anche qui, comunicare al proprietario la situazione e cercare un accordo (es. utilizzo del deposito cauzionale, dilazione) è la prima cosa da fare. Eventuali debiti da affitto rimasti possono essere inclusi in un piano del consumatore come chirografari.
- Rate da acquisto beni (es. auto) con riserva di proprietà: se si acquistano beni a rate con riserva di proprietà (tipico leasing o compravendite a rate), il mancato pagamento comporta il ritiro/ripossessamento del bene da parte del venditore o finanziaria, oltre al rischio di dover pagare differenze se il bene, rivenduto, non copre il debito residuo. Ad esempio, in un leasing auto, se smetto di pagare le rate, la società risolve il contratto, si riprende l’auto e la vende; se dal ricavato ottiene meno di quanto dovevo, mi chiederà la differenza e può agire legalmente per quella. Perdo quindi l’auto ma resto anche con un debito. Nelle procedure concorsuali o di sovraindebitamento, i beni in leasing possono rientrare con diritto di prelazione per la società concedente (che ha privilegio sul ricavato della vendita). Dal punto di vista pratico, se non si riesce a pagare più un’auto a rate, conviene consegnarla volontariamente per ridurre le penali.
- Debiti condominiali: se si è proprietarie di un appartamento in condominio, i contributi condominiali vanno onorati, altrimenti l’amministratore può ottenere un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo (ex art. 63 disp. att. c.c.) e pignorare l’immobile per recuperare le quote. I debiti condominiali hanno privilegio sull’immobile (anche nel sovraindebitamento sono privilegiati) e non beneficiano di esdebitazione finché il condomino mantiene la proprietà: in altre parole, il condominio potrà sempre rivalersi sull’immobile per le somme dovute. In un piano del consumatore si può comunque prevedere il pagamento dilazionato delle quote arretrate, ma se l’appartamento viene venduto, quelle spese andranno soddisfatte preferenzialmente.
- Debiti derivanti da risarcimenti danni o assegni di mantenimento: questi meritano menzione separata perché non sono “cancellabili” nemmeno con le procedure concorsuali. Un debito per mantenimento al coniuge o ai figli rimasto insoluto – ad esempio arretrati dell’assegno di divorzio – non può essere scaricato: la legge esclude espressamente gli obblighi alimentari dall’esdebitazione. Lo stesso dicasi per i debiti da danni extracontrattuali (es. risarcimento per un incidente) e per multe e sanzioni penali: sono tutti debiti “inderogabili” che restano a carico anche dopo una procedura (li approfondiremo in seguito). Quindi, se tra i vostri debiti ci sono queste voci, vanno trattate con accordi ad hoc (es. chiedere al beneficiario degli alimenti un abbattimento o un differimento, se possibile) perché non esiste procedura che le estingua automaticamente.
Riassumendo, qualsiasi sia la natura del debito, il denominatore comune è che l’inadempimento prolungato porta a procedure esecutive (pignoramenti, aste, ecc.) da parte dei creditori, a meno che intervengano soluzioni transattive o giudiziali. Tuttavia, la legge contempla ora (specie dopo le riforme dal 2012 al 2022) vari strumenti per contenere gli effetti delle azioni esecutive e perfino per cancellare una parte dei debiti in casi di sovraindebitamento. Il capitolo seguente è dedicato proprio alle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento introdotte dalla Legge 3/2012 e ora disciplinate nel nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019, in vigore dal 15 luglio 2022). Vedremo come funzionano, chi vi può accedere e con quali benefici.
Le procedure di sovraindebitamento: come funziona la legge “salva suicidi” (Legge 3/2012 e Codice della Crisi)
Quando i debiti diventano oggettivamente impagabili rispetto al reddito e al patrimonio del debitore (situazione di sovraindebitamento), e le soluzioni extragiudiziali non sono praticabili o sufficienti, la legge italiana offre la possibilità di ricorrere a procedure concorsuali specifiche per consumatori, professionisti e piccoli imprenditori non soggetti a fallimento. Queste procedure, introdotte inizialmente con la Legge n.3/2012 (nota come “legge salva suicidi”) e oggi confluite nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII, D.Lgs. 14/2019, come modificato da D.Lgs. 83/2022 e D.Lgs. 136/2024), consentono al debitore meritevole di proporre ai creditori un piano per ristrutturare il debito o di liquidare il proprio patrimonio ottenendo in cambio l’esdebitazione, ovvero la liberazione dai debiti residui. Si tratta di procedure controllate dal tribunale, simili per certi versi al fallimento o concordato preventivo delle imprese, ma pensate su misura per i soggetti “non fallibili”: privati, consumatori, imprenditori minori, start-up innovative, enti non commerciali, ecc..
Obiettivo: dare al debitore una seconda chance (fresh start), equilibrando la tutela dei creditori con l’esigenza di non lasciare le persone schiacciate a vita dai debiti. Come evidenziato anche a livello europeo (direttiva UE 2019/1023), la liberazione dai debiti dopo un congruo periodo è considerata fondamentale per consentire al debitore onesto di reinserirsi nell’economia. Il nuovo Codice della crisi ha infatti ridotto da 10 a 5 anni l’intervallo minimo tra una esdebitazione e la successiva, recependo l’indirizzo europeo di facilitare un rapido fresh start.
Le quattro procedure disponibili (aggiornate al 2025)
Attualmente, il CCII prevede quattro strumenti principali per risolvere la crisi da sovraindebitamento:
- Piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore (ex “piano del consumatore”): una procedura riservata ai consumatori (persone fisiche che hanno contratto debiti per scopi estranei ad attività d’impresa). Consente di proporre un piano di pagamento parziale o dilazionato dei debiti ai creditori, mantenendo però il controllo del proprio patrimonio (non c’è liquidazione forzata dei beni). I creditori non votano sul piano; decide il giudice se omologarlo, valutando la fattibilità e la meritevolezza del debitore. È quindi lo strumento adatto per il privato cittadino sovraindebitato che ha ancora una capacità di rimborso, seppur limitata, oppure ha beni che vuole mantenere impegnandosi a pagare i creditori in misura parziale. Ad esempio, il consumatore può proporre di pagare una percentuale (es. 20%) di tutti i suoi debiti nell’arco di 4-5 anni, oppure di vendere un bene (auto, casa) e distribuire il ricavato ai creditori, chiedendo lo stralcio del debito residuo. Il giudice, se ritiene che il piano sia sostenibile e che il debitore abbia agito senza frode o colpa grave, lo omologa rendendolo vincolante per tutti i creditori, anche dissenzienti. Durante la procedura, il debitore resta in possesso dei beni (salvo quanto previsto dal piano stesso) e le azioni esecutive dei creditori vengono sospese (misure protettive). Approfondiremo a breve requisiti e vantaggi di questo strumento.
- Concordato minore (ex “accordo di composizione della crisi”): è la procedura analoga al piano, ma destinata a debitori che non sono consumatori (quindi piccoli imprenditori, professionisti, ditte individuali, start-up, ecc.). Si chiama “minore” perché riguarda soggetti minori rispetto alle grandi imprese sottoposte a concordato preventivo. Qui i creditori invece votano sulla proposta di concordato: serve il voto favorevole dei crediti che rappresentano la maggioranza (oltre il 50%) dei crediti ammessi al voto, una soglia abbassata rispetto al 60% richiesto dalla vecchia legge. Il concordato minore è pensato soprattutto se il debitore intende proseguire l’attività imprenditoriale o professionale: permette infatti di ristrutturare i debiti e continuare l’attività. Un esempio tipico: una piccola impresa in crisi propone di pagare i creditori in percentuale utilizzando i flussi futuri generati dall’attività, evitando il fallimento. Se i creditori approvano (e il tribunale verifica la fattibilità e l’assenza di frodi), si omologa l’accordo e il debitore prosegue. Anche qui valgono misure protettive contro le azioni esecutive individuali. Va notato che nel concordato minore non è richiesta espressamente la “meritevolezza” come nel piano del consumatore, ma la legge (art. 74 CCII) prevede comunque che l’OCC (Organismo di Composizione della Crisi) indichi le cause dell’indebitamento e il comportamento tenuto dal debitore; la Cassazione ha chiarito che anche nel concordato minore il giudice deve valutare l’affidabilità e il contegno pregresso del proponente – ad esempio sanzionando chi ha dilapidato risorse o evaso imposte in modo recidivo. Quindi, pur senza un veto formale, un grave comportamento colpevole può portare il tribunale a non omologare l’accordo, in linea con il principio generale che le procedure concorsuali aiutano i debitori in buona fede.
- Liquidazione controllata del sovraindebitato (ex “liquidazione dei beni”): è la procedura in cui si mette a disposizione dei creditori tutto il patrimonio disponibile del debitore, nominando un Liquidatore che lo vende e distribuisce il ricavato ai creditori. Di fatto è molto simile a un piccolo fallimento personale. Si applica sia ai consumatori sia agli altri debitori. Il vantaggio per il debitore è che, terminata la liquidazione, ottiene l’esdebitazione automatica dei debiti residui (salvo quelli non esdebitabili) entro 3 anni. La riforma ha infatti ridotto la durata: la liquidazione oggi dura 3 anni (non più 4) dal deposito del programma di liquidazione, dopodiché il debitore persona fisica è liberato dai debiti rimasti non pagati (esdebitazione di diritto). In passato occorreva fare apposita istanza e il giudice poteva rifiutarla, ora invece la liberazione è automatica a fine procedura, a condizione che il debitore abbia cooperato e non abbia violato la legge. Questa procedura è l’ultima ratio: il debitore perde i suoi beni (che vengono venduti) e una parte dei suoi redditi per i 3 anni (deve versare il surplus eccedente le esigenze di sostentamento). Tuttavia, se non ha alternative di rimborso parziale sostenibili, la liquidazione è un modo per chiudere definitivamente con il passato in un tempo relativamente breve. Da notare che la liquidazione può essere richiesta anche dai creditori o dal Pubblico Ministero – novità del CCII – se c’è già una esecuzione in corso e il debitore è insolvente. Il debitore può però bloccare l’istanza dei creditori chiedendo egli stesso un piano o concordato minore, a tutela della scelta della soluzione migliore.
- Esdebitazione del debitore incapiente: è uno strumento innovativo introdotto dal 2020 (L.176/2020) e consolidato nel nuovo Codice, pensato per il debitore persona fisica che non ha alcun patrimonio né reddito aggredibile. In pratica, chi è completamente incapiente (nullatenente) può chiedere al tribunale di essere liberato da tutti i debiti senza dover pagare nulla, subito e senza aprire una lunga procedura liquidatoria. È un vero “fresh start” a costo zero, ma con condizioni stringenti di ammissibilità: (a) il debitore non deve proprio possedere niente da liquidare, né prevedibilmente riuscirà a offrire ai creditori alcunché neppure in futuro; (b) il debitore deve essere meritevole – ossia la situazione di sovraindebitamento non deve derivare da frode o colpa grave (ad es. indebitamento colposo, dolo, atti in frode ai creditori). Se queste condizioni sono rispettate, il giudice con decreto concede l’esdebitazione totale, con la particolarità che per i 4 anni successivi il debitore ha un obbligo di “sorveglianza”: se durante questo periodo sopravvengono utilità rilevanti (es. un’eredità, una vincita, un reddito insperato), egli dovrà destinarne il 10% al soddisfacimento dei creditori originari. Passati i 4 anni, comunque, i creditori non potranno più avanzare pretese. Questa procedura è utilizzabile una sola volta nella vita. Si pensi a chi, dopo la perdita del lavoro, non ha davvero nulla (vive magari in affitto, nessun bene, nessun reddito): una volta soddisfatti i requisiti di buona fede, può ottenere di cancellare tutti i debiti e ripartire da zero senza l’ombra perenne dei creditori. È una norma di civiltà, che riconosce come a volte l’insolvenza non sia colpa della persona (disoccupazione, malattie, crisi economiche) e dunque meriti un perdono integrale. La giurisprudenza ha già applicato l’istituto in vari tribunali dal 2021 in poi, liberando debitori totalmente incapienti. Anche qui, restano esclusi i debiti non esdebitabili (alimenti, danni, multe) che comunque continueranno a non poter essere pretesi (ma se il debitore è nullatenente, di fatto sono inesigibili anch’essi).
Queste quattro procedure coprono l’intero spettro di situazioni: dal debitore che può pagare qualcosa (piano/concordato) a quello che può solo liquidare i beni (liquidazione) fino a quello che non può proprio pagare nulla (esdebitazione incapiente).
Chi può accedere? In generale: consumatori (persone fisiche non imprenditrici) possono accedere a piano del consumatore o liquidazione controllata (ma non al concordato minore, che richiede attività d’impresa in esercizio). Piccoli imprenditori, professionisti, ditte individuali, ecc., se continuano l’attività, possono fare concordato minore o liquidazione; se hanno cessato l’attività, solo liquidazione. L’esdebitazione “incapiente” è riservata alle persone fisiche (consumatori o imprenditori cessati) non soggette a liquidazione giudiziale (fallimento). Restano esclusi da queste procedure i soggetti “fallibili” che devono ricorrere alle procedure maggiori (liquidazione giudiziale, concordato preventivo) – tipicamente le società commerciali sopra soglie di legge.
Meritevolezza e buona fede: condizione trasversale alle procedure è la lealtà e correttezza del debitore. Non è più in vigore (dal 2020) il vecchio rigido “test di meritevolezza” che la legge 3/2012 prevedeva per il piano del consumatore (quello che bocciava chi aveva contratto debiti senza ragionevole prospettiva di pagamento, ecc.): ora la legge si limita a escludere chi ha causato il sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode. Questo significa che viene fatta una valutazione complessiva della storia del debitore, senza soffermarsi su ogni singolo debito in modo punitivo. Ad esempio, se Tizia è sovraindebitata perché ha perso il lavoro e in passato ha fatto qualche errore di calcolo (debiti un po’ sopra le sue possibilità, ma confidando in redditi che poi non si sono avverati), ciò non la esclude; sarebbe esclusa invece se avesse agito con dolo o gravemente irresponsabile, ad es. accumulando volontariamente debiti che sapeva di non poter pagare (uno stile di vita lussuoso finanziato a credito senza basi) o truffando i creditori. La giurisprudenza sta lentamente recependo questo cambio di filosofia: non più guardare col lanternino ogni obbligazione assunta, ma l’andamento globale che ha portato all’insolvenza. Va detto però che alcuni tribunali sono ancora severi e tendono a negare l’accesso se rilevano comportamenti poco cauti del debitore, anche se non dolosi. È quindi essenziale presentare bene la propria situazione con l’aiuto dell’OCC (Organismo di Composizione della Crisi) che redige la relazione. Ad esempio, sottolineare che la perdita del lavoro è stata imprevedibile, che prima si onoravano le rate regolarmente, che magari il sovraindebitamento è peggiorato per cause esterne (crisi economica, un evento familiare, spese mediche) aiuta a dimostrare la buona fede. Al contrario, nascondere informazioni o aver compiuto atti di frode (tipo spostare soldi a parenti prima della procedura) è motivo certo di rigetto.
Ruolo dell’OCC e procedura: per avviare una di queste procedure, il debitore deve normalmente rivolgersi a un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) territorialmente competente (presso il tribunale o la camera di commercio, o altri enti abilitati). L’OCC nomina un gestore della crisi (spesso un commercialista o avvocato esperto) che aiuta a predisporre la proposta e la relazione particolareggiata. La relazione dell’OCC è cruciale: deve attestare la veridicità dei dati e, nel piano/concordato, valutare le cause dell’indebitamento e il comportamento del debitore. Nel piano del consumatore e concordato minore, l’OCC dà un parere sul piano e sulle cause, aiutando il giudice a valutare la meritevolezza. Nella liquidazione controllata, la relazione OCC iniziale è più limitata (deve solo verificare la completezza delle informazioni). Durante la procedura, il debitore deve cooperare lealmente (esporre tutti i debiti, tutti i beni, non dissipare nulla, seguire le indicazioni del gestore) pena decadenza dai benefici.
Sanzioni per i creditori “scorretti”: una novità del Codice della crisi è l’introduzione di conseguenze per il creditore che ha erogato credito in modo irresponsabile contribuendo al sovraindebitamento. Se un finanziatore ha concesso prestiti senza valutare il merito creditizio o addirittura per dolo ha aggravato la situazione del debitore, viene sanzionato nell’ambito del piano o concordato: quel creditore non può proporre opposizione o reclamo contro l’omologa ed è limitato nelle contestazioni. In altre parole, la legge toglie voce in capitolo al creditore che abbia colpe nella concessione del credito (“prestito irresponsabile”). Questa previsione recepisce l’idea che la crisi da indebitamento spesso è anche colpa di finanziatori poco prudenti; punendoli processualmente, si facilita l’approvazione di piani di ristrutturazione dove magari proprio quei creditori subiscono decurtazioni maggiori. Ad esempio, se una banca ha sommerso di prestiti una famiglia senza verificarne la solvibilità, non potrà opporsi efficacemente a un piano del consumatore che le impone uno stralcio del credito, salvo casi di dolo del debitore.
Vantaggi, svantaggi e caratteristiche a confronto
Vediamo ora in sintesi, con una tabella riepilogativa, le principali differenze tra le procedure di sovraindebitamento dal punto di vista del debitore:
Procedura | Chi può accedere | Cosa prevede | Durata | Esdebitazione finale | Note |
---|---|---|---|---|---|
Piano del consumatore (ora “Piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore”) | Consumatori (persone fisiche non fallibili, debiti non da attività d’impresa). Esempio: lavoratrice dipendente, pensionata, disoccupata con debiti personali. | – Il debitore propone un piano di pagamento parziale e/o dilazionato ai creditori.– Nessun voto dei creditori: decide il Giudice sull’omologa, valutando meritevolezza e convenienza del piano.– Il debitore mantiene i beni, salvo quanto previsto dal piano (es. può prevedere vendita di un immobile per pagare i creditori). | Variabile, in base al piano: spesso 4–5 anni di pagamenti. Può essere più breve (se si paga in unica soluzione) o più lungo (alcuni piani prevedono durate maggiori, compatibilmente con prospettive di reddito). | Sì, al termine dell’esecuzione del piano il giudice dichiara cancellati i debiti residui non pagati (salvo esclusi di legge). | – Richiede meritevolezza (no dolo o colpa grave).– Consente di evitare la liquidazione dei beni e di gestire la crisi “in continuità”.– Utile se si hanno entrate future per pagare almeno una parte.– Non disponibile per imprenditori attivi (solo persone fisiche “private”). |
Concordato minore | Debitori non consumatori non fallibili (piccoli imprenditori sotto soglia, professionisti, imprenditori agricoli, start-up, etc.) che intendono continuare l’attività. Esempio: artigiana con ditta individuale sovraindebitata ma operativa. | – Il debitore propone un accordo ai creditori tramite OCC.– I creditori votano: serve >50% dei crediti favorevoli.– Omologa giudiziale se maggioranza raggiunta e il piano è fattibile. Il giudice può omologare anche in caso di opposizione di creditori dissenzienti, purché questi non ricevano meno di quanto otterrebbero nella liquidazione alternativa (best interest test). | Variabile. Spesso prevede pagamenti dilazionati derivanti dalla prosecuzione dell’attività (3–5 anni tipici). | Sì, a completamento dell’accordo omologato, il debitore è liberato dai debiti residui chirografari. (Di fatto l’esdebitazione interviene con l’omologa se il piano prevede stralci immediati, o a fine esecuzione se prevede pagamenti dilazionati). | – Richiede voto creditori (quindi almeno parziale consenso).– Meritevolezza: non richiesta espressamente, ma il giudice valuta condotta e affidabilità.– Permette di evitare la cessazione dell’attività (continuità aziendale).– Non accessibile a consumatori (dal 2022). Se l’imprenditore ha chiuso l’attività, deve optare per liquidazione controllata. |
Liquidazione controllata del sovraindebitato | Qualunque debitore sovraindebitato non fallibile (consumatore o no). Può accedervi su richiesta il debitore; può anche essere attivata da creditore o PM in presenza di esecuzione pendente (ma il debitore può prevenirla avviando altra procedura). | – Si apre una procedura concorsuale presso il Tribunale.– Viene nominato un Liquidatore che prende in gestione tutto il patrimonio del debitore (esclusi beni impignorabili per legge) e lo liquida (vende immobili, mobili, riscuote crediti, ecc.).– Il ricavato, detratte le spese, viene distribuito ai creditori secondo i privilegi.– Il debitore deve collaborare e ha obblighi simili al fallito (es. consegna documenti, dichiarazione di insolvenza pubblicata). | 3 anni dalla data dell’ordinanza di apertura o dal programma di liquidazione. Eventuali redditi futuri prodotti in questo triennio oltre una certa soglia possono essere parzialmente prelevati a favore della massa, ma dopo i 3 anni la procedura si chiude. | Sì, automatica: il debitore persona fisica ottiene l’esdebitazione di diritto alla chiusura della liquidazione, senza necessità di richiesta, salvo revoca se emergono comportamenti fraudolenti. (Nelle vecchie procedure occorreva fare istanza e il giudice valutava). | – È l’unica procedura in cui il debitore può essere spogliato dei beni anche contro la sua volontà (se richiesta dai creditori/PM e dichiarata dal giudice).– Non richiede meritevolezza ai fini dell’apertura (anche il debitore poco diligente può finirvi, se magari gliela chiedono i creditori), ma per ottenere l’esdebitazione finale comunque non deve aver frodato (ci sono cause di diniego simili a art. 280 CCII).– Vantaggio: durata relativamente breve (3 anni) e poi liberazione debiti.– Svantaggio: il debitore perde il patrimonio (immobili venduti all’asta, ecc.) e subisce una procedura concorsuale con pubblicità sui registri. |
Esdebitazione del debitore incapiente (“fresh start” per nullatenenti) | Solo persone fisiche non assoggettabili a liquidazione giudiziale, prive di beni e di reddito liquido, in stato di sovraindebitamento. Una sola volta per vita. | – Il debitore chiede al Tribunale di essere esdebitato senza liquidazione, dimostrando di non avere nulla da offrire ai creditori.– Si allega una relazione OCC che attesta la completa incapienza patrimoniale e reddituale, e le cause dell’indebitamento.– Il Giudice verifica i requisiti e può decretare l’esdebitazione immediata di tutti i debiti.– Per 4 anni il debitore ha obbligo di pagamento del 10% ai creditori in caso di sopravvenienze (entrate straordinarie) significative. | La procedura in sé è rapida (pochi mesi per il decreto). La “sorveglianza” dura 4 anni dopo l’esdebitazione. Trascorsi i 4 anni, la procedura si considera definitivamente chiusa. | Sì, immediata: col decreto di esdebitazione il debitore è liberato da tutti i debiti antecedenti (salvo obblighi alimentari, risarcitori e altre esclusioni di legge). Se nei 4 anni successivi ottiene redditi, deve adempiere all’obbligo del 10%, ma ciò non revoca l’esdebitazione, a meno che menta o occulti le sopravvenienze. | – È uno strumento eccezionale, riservato ai casi umani più gravi (nullatenenti in buona fede).– Meritevolezza rigorosa: escluso chi ha frodato o ha colpa grave nell’indebitarsi.– Permette di evitare persino la liquidazione (perché tanto non ci sarebbe nulla da liquidare, si risparmia tempo e costi).– Dopo, il debitore riparte pulito, ma attenzione: se entro 4 anni ereditasse 100.000€, dovrebbe darne 10.000 ai vecchi creditori (è un incentivo a non barare su possibili entrate future). |
Fonti normative principali: la materia è oggi regolata dagli artt. 65-83 (piani e concordato minore) e artt. 268-277 (liquidazione controllata) e 278-283 (esdebitazione incapiente) del D.Lgs. 14/2019 (Codice della crisi). La legge 3/2012 è stata in gran parte abrogata con l’entrata in vigore del Codice (15 luglio 2022), anche se continua ad applicarsi per le procedure già pendenti secondo il regime transitorio.
Debiti esclusi dalla procedura: non tutti i debiti sono “tagliabili” con sovraindebitamento. Come già accennato, restano esclusi dall’esdebitazione:
- gli obblighi alimentari (mantenimento a coniuge, figli, ecc.);
- i debiti da risarcimento danni da fatto illecito (es. condanne civili per incidente stradale);
- le sanzioni penali e amministrative di natura pecuniaria (multe, ammende penali, sanzioni Antitrust, ecc.);
- i debiti fiscali derivanti da frodi accertate penalmente (se c’è sentenza definitiva per reati tributari come frode fiscale, quei debiti d’imposta non si cancellano).
Inoltre non beneficia dell’esdebitazione un debitore che abbia agito con dolo o malafede verso i creditori contrattando debiti senza volontà di pagarli (in tali casi specifici il giudice può escludere quei debiti dal beneficio). Restano anche fuori i debiti futuri contratti dopo la domanda.
Dopo questa panoramica, passiamo a esempi pratici di come una donna di 40 anni, rimasta senza lavoro e con debiti, potrebbe utilizzare questi strumenti a suo vantaggio.
Esempio pratico: come uscire dai debiti dopo aver perso il lavoro (caso di studio)
Scenario: Maria ha 42 anni, single con una figlia a carico. Ha perso il lavoro da impiegata da 6 mesi e attualmente percepisce solo la NASpI (indennità di disoccupazione) di circa €800/mese che scadrà tra pochi mesi. Durante gli anni di lavoro aveva acceso un mutuo per acquistare un piccolo appartamento (valore attuale ~€100.000, residuo mutuo €70.000, rata €500/mese) e contratto alcuni prestiti al consumo: uno personale (restano €15.000), una carta di credito revolving (saldo €3.000) e un finanziamento per l’auto ormai estinto (l’auto è sua e vale €5.000). Inoltre, a seguito della pandemia, ha accumulato debiti con il Fisco: €8.000 di cartelle (IRPEF non versata e qualche multa stradale non pagata). Complessivamente, i debiti di Maria ammontano a circa €96.000 (70k mutuo + 15k prestito + 3k carta + 8k cartelle). Al momento, Maria non riesce a pagare né la rata del mutuo né le altre rate (che insieme sarebbero circa €700/mese). Dopo aver utilizzato il TFR e pochi risparmi per qualche mese, è in difficoltà. La sua priorità è non perdere la casa, sia perché è l’abitazione per sé e la figlia, sia perché c’è un valore eccedente il mutuo che potrebbe andare perso se la casa finisse all’asta.
Senza interventi: la situazione precipiterebbe. La banca ha già inviato solleciti per 3 rate mutuo non pagate e minaccia la risoluzione; presto potrebbe avviare il pignoramento immobiliare. I creditori dei prestiti probabilmente cederanno le posizioni a recuperatori, con rischi di decreti ingiuntivi. L’Agenzia delle Entrate ha emesso una cartella combinata e potrebbe procedere con un’ipoteca legale sulla casa (anche se non espropriabile perché prima casa e unico immobile, l’ipoteca resterebbe un problema in caso di vendita).
Strategie adottate da Maria:
- Fondo sospensione mutuo: Appena perso il lavoro, Maria ha presentato domanda alla banca per sospendere le rate mutuo grazie al Fondo di solidarietà Consap. La richiesta è stata accettata (ISEE sotto 30k, mutuo prima casa <250k) e le rate sono sospese per 12 mesi (nel suo caso, considerata la disoccupazione già di 6 mesi, potrà estendere fino a 12). Ciò le ha dato respiro, congelando temporaneamente il rischio di pignoramento da parte della banca.
- Taglio delle spese e ricerca lavoro: Maria ha ridotto tutte le spese superflue e cerca attivamente un nuovo impiego. Tuttavia, prevede che anche trovando lavoro difficilmente potrà guadagnare come prima (stimiamo €1.200 netti/mese). Deve quindi pensare a una soluzione per i debiti che sia sostenibile con un reddito modesto.
- Consulenza OCC per sovraindebitamento: Maria si rivolge all’Organismo di Composizione della Crisi della sua città (presso l’Ordine degli Avvocati) per valutare una procedura ex legge 3/2012. Con l’aiuto di un gestore della crisi, analizza due possibili opzioni: piano del consumatore oppure liquidazione controllata. Scarta la liquidazione perché significherebbe perdere la casa (il liquidatore la venderebbe all’asta per pagare i creditori). Vuole tentare un piano del consumatore che le consenta di mantenere la casa, pagando i debiti in misura parziale. Il gestore raccoglie i dati: la casa vale €100k, mutuo residuo €70k (garantito da ipoteca), gli altri debiti €26k chirografari (15+3+8). Maria non ha altri beni né altri redditi oltre a future potenzialità di lavoro.
- Proposta di Piano del consumatore: Viene studiata questa proposta: Maria si impegnerà a vendere l’automobile (incasso previsto €5.000) e a farsi aiutare dai familiari con un contributo una tantum di €10.000. Con queste risorse (€15.000 totali) pagherà innanzitutto gli arretrati del mutuo per rimettersi in bonis (3 rate €1.500) e le spese della procedura (diciamo €1.500 tra OCC e bolli). Restano circa €12.000 da destinare ai creditori chirografari. Il piano prevede quindi di soddisfare i debiti senza garanzia (prestito, carta, cartelle) nella misura di €12.000 su €26.000 dovuti, cioè circa il 46%. La ripartizione proposta è proporzionale: al finanziamento (€15k) andrebbero €6.900; alla finanziaria carta (€3k) €1.380; all’Agenzia Entrate (€8k) €3.680. In questo modo ciascuno prenderebbe il 46%. Il mutuo ipotecario, invece, verrebbe escluso dal piano: Maria intende riprenderne il regolare pagamento appena avrà un lavoro, e comunque la banca ipotecaria è protetta dall’ipoteca (quindi si prevede di lasciarla “fuori concorso”: tecnicamente il piano può prevedere che i crediti garantiti continuino con i pagamenti normali, se il debitore riesce). Si inserisce però in piano una clausola: se entro 6 mesi dall’omologa Maria non avrà trovato lavoro, l’immobile sarà messo in vendita volontaria e dalla vendita verrà soddisfatto integralmente il mutuo e con l’eventuale eccedenza ulteriori somme ai chirografari. In pratica si prevede un piano A (continuare a pagare il mutuo) e un piano B (liquidare la casa) come garanzia. Sostenibilità: Il piano si regge sui 15k iniziali. Per il futuro, Maria prevede di destinare €300/mese del suo nuovo stipendio al pagamento delle rate mutuo (se lo riprende) e alle spese correnti, confidando di poter sostenere il tutto riducendo altre spese. L’OCC valuta che il piano è credibile: il 46% di soddisfacimento chirografi è più di quanto otterrebbero in una liquidazione forzata (probabilmente in un’asta della casa il ricavato coprirebbe appena il mutuo e poco più). E Maria appare in buona fede: la crisi è dovuta alla perdita lavoro + pandemia, nessun lusso o frode.
- Procedure e omologa: Viene depositata la domanda di piano del consumatore in Tribunale. Contestualmente, Maria chiede le misure protettive: il giudice emette decreto di sospensione di ogni azione esecutiva. Ciò blocca sul nascere un eventuale pignoramento di stipendio da parte della finanziaria e impedisce all’Agente Riscossione di iscrivere ipoteca o fermo (tutto congelato durante la procedura). Il condominio (se avesse arretrati condominiali, nel caso di Maria no) resterebbe però libero di agire per i suoi crediti impignorabili, ma non è il caso. Dopo l’udienza, il Tribunale omologa il piano riconoscendo che “la debitrice si è trovata in situazione di insolvenza per cause in gran parte indipendenti dalla sua volontà (perdita improvvisa del lavoro), non risultano atti in frode né indebitamento colposo grave; il piano proposto offre ai creditori chirografari una soddisfazione migliore di quella ricavabile da liquidazione, e la percentuale riservata è congrua”. Nessun creditore può opporsi (nel piano del consumatore eventuali opposizioni sono superabili se il giudice ritiene il piano ammissibile). Importante: l’Agenzia delle Entrate ha acconsentito al trattamento proposto in virtù del fatto che paga il 46% anche di IVA e sanzioni – cosa lecita – e comunque l’alternativa (casa impignorabile) avrebbe fruttato zero. Se anche il Fisco fosse stato contrario, nel piano del consumatore non avrebbe potuto bloccare l’omologa, ma in genere adegua le proprie pretese al dettato normativo.
- Esecuzione del piano: Maria vende l’auto come previsto e ottiene il contributo familiare. Paga subito le somme concordate a finanziaria, banca (arretrati) e Fisco secondo il piano omologato. I creditori ricevono il bonifico e rilasciano quietanza a saldo e stralcio come da piano omologato. Il mutuo, come da piano, riprende regolarmente dal mese X (che coincide con la ripresa lavorativa di Maria, nel frattempo assunta part-time).
- Chiusura e esdebitazione: A questo punto, i debiti chirografari di Maria sono estinti (avendo pagato la quota prevista, il residuo 54% viene annullato di diritto dall’omologa). Formalmente, il tribunale emette decreto di attestazione del completamento del piano e dichiara esdebitata Maria da tutti i debiti antecedenti non soddisfatti, ad eccezione di quelli esclusi ex lege (nel suo caso non ce n’erano). Maria resta ovviamente obbligata per il mutuo ipotecario, che però era fuori dalla procedura. Continuerà a pagare le rate ridiscusse con la banca (che magari ha concesso un allungamento del piano di ammortamento). In caso di problemi futuri, Maria sa che avendo usufruito di un procedimento di esdebitazione, non potrà accedervi di nuovo per 5 anni e comunque al massimo un’altra volta in vita.
Risultato: Maria ha salvato la casa e si è liberata definitivamente di circa €14.000 di debiti (il 54% dei 26k chirografari) grazie alla legge sul sovraindebitamento. Ha dovuto impegnare l’auto e l’aiuto familiare, ma ora con un lavoro part-time riesce a pagare il mutuo (magari rinegoziato con rata più bassa) e a mantenere sé e la figlia. I creditori hanno accettato una perdita, ma del resto rischiavano di non vedere quasi nulla – e alcuni di loro, avendo magari concesso credito con leggerezza, non avrebbero potuto opporsi in ogni caso.
Se Maria non avesse avuto alcun aiuto o bene liquidabile, e fosse rimasta disoccupata a lungo, l’unica via sarebbe stata chiedere l’esdebitazione da incapiente: in quel caso avrebbe perso comunque la casa? Qui bisogna distinguere: la casa è un bene, quindi se Maria voleva salvarla doveva per forza pagarci sopra qualcosa ai creditori (come ha fatto). Un debitore davvero incapiente tipicamente non ha immobili di valore: se Maria avesse avuto solo debiti e neanche la casa (es. fosse in affitto), avrebbe potuto ottenere di cancellare tutto senza pagare nulla con l’istituto del debitore incapiente, ma possedendo un immobile ciò non era possibile (le procedure famigliari permettono semmai di fare procedure congiunte se due coniugi hanno debiti, ma non era il caso).
Questo esempio dimostra che con una pianificazione accorta e sfruttando gli strumenti normativi, anche situazioni che paiono disperate possono risolversi, pur con qualche sacrificio, senza ricorrere a soluzioni estreme (come vendere all’asta la casa o finire in povertà). Nel prossimo paragrafo risponderemo ad alcuni quesiti frequenti per chiarire ulteriormente dubbi e dettagli pratici.
Domande frequenti (FAQ)
D: Cosa si intende esattamente per sovraindebitamento?
R: È la situazione in cui una persona (che non può essere assoggettata al fallimento) non è più in grado di pagare i propri debiti in modo regolare con il patrimonio o il reddito che ha. Non basta avere debiti alti: la chiave è l’incapacità persistente di farvi fronte (insolvenza civile). Ad esempio, chi ha debiti che assorbono oltre il 50-60% del proprio reddito e nessuna prospettiva di ridurli, oppure chi è disoccupato con molti debiti scaduti, è sovraindebitato. In tali casi si può ricorrere alle procedure ex L.3/2012. È bene sapere che il concetto di sovraindebitamento include sia la crisi (difficoltà a pagare regolarmente) sia l’insolvenza conclamata (incapacità totale). La legge offre strumenti in entrambi i casi.
D: Ho perso il lavoro e non riesco a pagare nulla ai creditori: rischio azioni legali immediate?
R: Dipende dal tipo di debitore e credito. In genere, le banche/finanziarie attenderanno qualche mese e poi, se non hai beni intestati noti, possono cedere il credito a società recupero che magari aspetteranno tempi migliori (sanno che finché sei disoccupata non ricavano nulla). Il Fisco invece può attivarsi con fermi su auto o ipoteche a scopo cautelativo. Se hai una casa o un conto con saldo, sì, i creditori potrebbero aggredirli presto. Ad esempio, la banca del mutuo, come visto, può partire dopo 2-3 rate non pagate; un creditore chirografario può notificare un decreto ingiuntivo in un paio di mesi e pignorare il conto (se c’è capienza) subito dopo. Importante: attivare una procedura di sovraindebitamento produce una moratoria legale (“misure protettive”) che sospende le azioni esecutive durante la procedura. Quindi, se temi pignoramenti, avviare subito la pratica in tribunale può bloccarli sul nascere.
D: È vero che Equitalia (Agenzia Entrate Riscossione) non può pignorare la prima casa?
R: Sì, se è l’unica casa di proprietà in cui risiedi, AER non può espropriarla (grazie all’art. 76 DPR 602/1973). Ci sono però condizioni: che non sia di lusso, che tu vi abbia la residenza e che il debito fiscale sia sotto 120.000€. Anche sopra 120.000€, se è unica casa non di lusso e residenza, l’esproprio è precluso (mentre potrebbe esserlo un secondo immobile). Attenzione però: AER può comunque mettere ipoteca sull’immobile (oltre €20.000 di debito), il che ti crea problemi se vuoi venderlo o chiedere mutui. Inoltre, i creditori privati (banche, finanziarie) possono pignorare la prima casa del debitore, non c’è una protezione analoga. Solo in alcuni casi giurisprudenza ha evitato pignoramenti su prime case per importi irrisori, per abuso del diritto, ma in teoria è lecito anche per piccoli debiti (è solo poco conveniente). Dunque, “prima casa impignorabile” è un’affermazione valida solo verso il Fisco e con i requisiti citati.
D: Quanta parte dello stipendio o della pensione possono prendermi al massimo?
R: In generale, al massimo il 20% (un quinto) del netto per i debiti ordinari. Se hai più pignoramenti simultanei, la legge prevede che sullo stesso stipendio non si superi il 50% del totale. Per debiti diversi: uno alimentare può arrivare a 1/3, ma sommato a uno ordinario non oltre metà. Nel caso di debiti fiscali, come detto, la quota è più bassa per redditi bassi: 1/10 se stipendio < €2.500, 1/7 tra 2.500-5.000, 1/5 oltre. Le pensioni hanno un minimo impignorabile (circa €754 nel 2025) e solo l’eccedenza è aggredibile al max 1/5. Inoltre, se stipendio e conto corrente sono pignorati insieme, non possono togliere due volte la stessa somma (es. prendere il quinto e anche bloccare lo stipendio appena versato in conto). Insomma, qualcosa ti deve rimanere per vivere, per legge. In caso di disoccupazione, ovviamente, non c’è stipendio da prendere, e NASpI e altri sussidi sono impignorabili (in quanto assimilati ad assistenza, salvo finir su conto dove vanno distinte). Ricorda che se temi il pignoramento del conto e lì hai solo l’ultimo stipendio, quell’ultima mensilità è salva.
D: I creditori possono pignorare i mobili di casa o l’auto?
R: Possono, ma in pratica succede raramente. Il pignoramento mobiliare (oggetti in casa) è poco fruttuoso a meno che tu abbia beni di lusso: la legge esenta le cose necessarie (letti, armadi, elettrodomestici di base, ecc.). Quindi il rischio che l’ufficiale giudiziario venga a casa a prendere la TV o il divano è molto basso oggi, non impossibile ma poco usato. L’auto invece è facile da pignorare (tramite PRA): se ha un certo valore, un creditore può far mettere all’asta l’auto. Equitalia preferisce il fermo amministrativo (che già ti impedisce di usarla legalmente), e se il mezzo vale lo vendono. Un privato può fare direttamente pignoramento auto. Diciamo che per debiti di qualche migliaio di euro sì, possono provarci, per poche centinaia in genere no perché i costi superano i ricavi.
D: Ho anche debiti con parenti/amici che mi hanno prestato soldi. Posso includerli nella procedura per non restituirli?
R: Tecnicamente sì, tutti i crediti non privilegiati rientrano (anche quelli di amici). Tuttavia, fai attenzione: se hai recentemente rimborsato un amico lasciando indietro gli altri, questo può essere considerato atto preferenziale e creare problemi (i pagamenti preferenziali antecedenti possono essere revocati). La cosa migliore è coinvolgerli apertamente: se fai un piano, indica anche quei prestiti tra i debiti, in modo che ricevano la percentuale offerta a tutti. Spesso amici e parenti, sapendo la tua situazione, rinunciano spontaneamente o accettano di essere pagati per ultimi. In ogni caso, non occorre il loro consenso individuale: se il piano o concordato va in porto, anche i creditori “amici” sono vincolati e potranno ottenere solo quanto previsto (per onestà, puoi concordare di restituire qualcosa in più dopo l’esdebitazione, ma sarebbe fuori dal piano e di fatto una tua scelta morale, non un obbligo giuridico).
D: Che differenza c’è tra il piano del consumatore e la liquidazione controllata, ai fini pratici?
R: La differenza è un po’ quella tra un concordato e un fallimento. Nel piano, rimani padrone dei tuoi beni e semplicemente realizzi un progetto di pagamento parziale: se lo segui, ti tieni i beni che non hai destinato al piano. Nella liquidazione, perdi i beni (li vende un liquidatore) però in compenso non devi pagare nulla di più di quello che si ricava dalla vendita. Un piano ha senso se hai entrate future con cui pagare rate, o magari vuoi salvare la casa, o comunque puoi garantire ai creditori più di quanto otterrebbero dalla vendita forzata dei tuoi beni. Se invece sei disoccupata senza prospettive e magari hai solo beni che comunque verrebbero pignorati, tanto vale la liquidazione: vendi tutto sotto controllo del tribunale e riparti pulita. Per questo è fondamentale la consulenza iniziale: l’OCC simula cosa prenderebbero i creditori in liquidazione vs. cosa offri nel piano. Se l’offerta è migliorativa, il piano ha buone chance. Altrimenti, conviene la liquidazione.
D: Cosa succede se ho debiti sia personali sia legati a una mia piccola attività d’impresa?
R: Capita spesso: es. avevi una ditta individuale, sei cessata ma hai debiti IVA e con fornitori, oltre a debiti personali (carta di credito, ecc.). Oppure sei socia di una SNC e rispondi dei debiti sociali più quelli tuoi. In questi casi si parla di debiti misti. La legge attuale ti fa scegliere: se continui l’attività, devi usare il concordato minore (debiti personali e professionali possono entrarci entrambi, e l’omologa estende gli effetti anche ai soci illimitatamente responsabili). Se hai cessato l’attività, puoi trattarti come consumatore per i debiti personali, però i debiti d’impresa ti qualificano comunque non-consumatore. In pratica oggi tendono a far usare la liquidazione unica per entrambi i tipi di debiti, oppure un piano del consumatore solo per la parte consumer e parallelamente la liquidazione per l’attività cessata. Il correttivo 2024 ha cercato di chiarire che se c’è commistione, la procedura più adatta è quella unitaria (concordato minore se c’è ancora azienda, liquidazione se no). Comunque puoi indicare nel piano del consumatore anche debiti derivanti dall’attività cessata purché fossero a titolo personale (tipo hai garantito debiti della ditta, o debiti verso fornitori che ricadono su di te). Per le società, invece, se la società è sovraindebitata e non fallibile (es. associazione, startup innovativa), può accedere al concordato minore o alla liquidazione come entità.
D: Se ho usato la carta di credito per giocare d’azzardo o ho fatto spese futili, me lo contesteranno (meritevolezza)?
R: Il gioco d’azzardo patologico è stato spesso considerato indice di “colpa grave” nella legge 3/2012. In passato diversi tribunali negavano i piani a debitori che avevano accumulato debiti giocando, ritenendo non meritevole finanziare condotte così. Col nuovo criterio, in teoria conta il quadro generale, però il rischio c’è. Se la percentuale di debiti derivanti da gioco o spese voluttuarie è alta, preparati a dimostrare di aver intrapreso un percorso di recupero (ad es. terapia per ludopatia) e che non lo farai più. Alcuni giudici hanno ammesso procedure a ludopatici considerandoli vittime di patologia, altri no. È un terreno delicato e molto discrezionale. Diciamo che spese voluttuarie folli senza giustificazione possono integrare colpa grave. Se sono una parte minoritaria del problema e il contesto è cambiato, potresti ottenere indulgenza. Conta molto come l’OCC scrive la relazione: verranno valutate le cause dell’indebitamento e la diligenza nel contrarre debiti.
D: Quanto costa avviare una procedura di sovraindebitamento?
R: Ci sono alcune spese: l’OCC spesso chiede un acconto (può variare, a volte 1-2 mila euro, a volte percentuale sul debito, dipende dall’organismo e dalla complessità). Le spese di giustizia in sé sono contenute (marca da bollo, contributo unificato se dovuto – in molti casi è esente). Se ti rivolgi a un avvocato (consigliato se la situazione è intricata), va considerato il suo compenso, anche se molti lavorano a forfait contenuti dato lo scopo sociale della legge. La buona notizia è che nell’ambito del piano concordato si può prevedere che una parte delle somme versate ai creditori vadano a coprire il compenso del gestore e dell’eventuale liquidatore. Nella liquidazione, il liquidatore viene pagato con i beni liquidati (come il curatore fallimentare). Se sei nullatenente, alcuni OCC operano quasi gratis sapendo che poi chiederanno il rimborso allo Stato (c’è un fondo ministeriale per compensare gli OCC nei casi incapienti, ma non sempre). In generale, parliamo di qualche migliaio di euro di costi tecnici. Può sembrare paradossale chiedere soldi a chi è in crisi, ma purtroppo la procedura richiede lavoro di professionisti che va remunerato. Il consiglio: chiedi sempre un preventivo scritto all’OCC o al professionista, e verifica se puoi rateizzare. Alcuni OCC comunali sono meno esosi di strutture private.
D: Cosa succede se, dopo l’omologa del piano, non riesco a rispettare i pagamenti promessi?
R: Se non rispetti il piano, rischi la risoluzione del piano stesso da parte del giudice su istanza dei creditori. In pratica, il beneficio decade e i creditori riacquistano i loro diritti per intero (detraendo quanto hai eventualmente pagato). Ad esempio, se Maria del caso pratico non avesse versato quei 12k iniziali, il piano sarebbe saltato e i creditori sarebbero liberi di agire (e lei non potrebbe riproporre lo stesso piano facilmente). Quindi è fondamentale proporre solo ciò che si è ragionevolmente sicuri di poter mantenere. La legge consente in certi casi di modificare il piano in corso (es. se sopravvengono eventi imprevisti, si può chiedere al giudice di adattare). Ma se si tratta di inadempimento grave, i creditori tornano all’attacco. Nella liquidazione controllata, se nascondi beni o non collabori, il giudice può revocare l’esdebitazione. Quindi una volta ottenuta la procedura, bisogna comportarsi in modo impeccabile e rispettare gli impegni o le regole.
D: Dopo l’esdebitazione, posso accendere nuovi mutui o finanziamenti?
R: Legalmente sì (non c’è un divieto normativo a indebitarsi di nuovo), ma realisticamente le banche vedranno nelle banche dati che sei stata insolvente o che hai avuto un piano di ristrutturazione. La Centrale Rischi e CRIF mantengono traccia per un certo periodo (di solito i dati negativi restano 36 mesi dall’ultimo aggiornamento). Inoltre i registri pubblici (Registro Procedure Insolvenza) terranno nota dell’omologa per alcuni anni. Quindi ottenere nuovo credito sarà difficile nel breve termine. Col tempo e ricostruendo una storia positiva (pagamenti regolari, busta paga fissa) la situazione migliora. Inoltre, l’esdebitazione rimuove alcune incapacità: ad esempio sotto la vecchia legge fallimentare, dopo il fallimento esdebitato si poteva tornare ad essere amministratori di società. Ora, la riabilitazione è intrinseca: il debitore esdebitato torna “civile” a tutti gli effetti, non ha carichi pendenti civili. In definitiva, prudenza: la seconda chance va usata bene, non per ripetere gli errori. Tieni in mente che non puoi ottenere un’altra esdebitazione prima di 5 anni e comunque non più di due in tutta la vita, quindi conviene evitare di ri-indebitarsi pesantemente.
D: Quante persone hanno usato queste procedure? Funzionano davvero?
R: Dal 2012 ad oggi migliaia di italiani hanno fatto ricorso alla legge sul sovraindebitamento. All’inizio erano pochi casi (pochi centinaia l’anno) per scarsa conoscenza e rigidità. Dopo il 2015 sono cresciuti e con la crisi del 2020 e le riforme (che hanno semplificato l’accesso, ad es. introducendo l’esdebitazione incapienti) i numeri sono aumentati. Il Ministero della Giustizia pubblica statistiche: è più utilizzata al Nord (oltre 50% dei casi) rispetto al Sud, forse per una rete di OCC più efficiente e minore sommerso. Le procedure funzionano, nel senso che molti debitori hanno ottenuto riduzioni importanti del debito. L’esito dipende da caso a caso: se c’è un bene da liquidare, i creditori ricevono un po’ di soldi; se non c’è nulla, almeno il debitore viene liberato e può tornare produttivo (il che indirettamente è un bene anche per la società e i futuri creditori). Si sono registrati casi estremi (debiti milionari cancellati), ma la maggior parte sono debiti sotto 100k dove si arriva a compromessi ragionevoli. La legge ha impedito parecchi suicidi per disperazione economica – da qui il nome giornalistico “legge salva suicidi”. Ovviamente, non tutti i ricorsi vengono accolti: qualcuno viene respinto (per frodi, documentazione incompleta, ecc.). È fondamentale presentare bene il caso e scegliere professionisti competenti.
D: In conclusione, cosa dovrei fare se mi trovo in questa situazione di debiti e disoccupazione?
R: Riassumendo i passi consigliati:
- Valuta la tua situazione: fai elenco debiti e priorità, come illustrato a inizio guida.
- Affronta subito l’emergenza: sospendi mutuo se puoi, avvisa i creditori chiedendo tempo, blocca interessi con accordi temporanei se possibile.
- Cerca consulenza qualificata: rivolgiti a un OCC o avvocato esperto in crisi da sovraindebitamento. Una chiacchierata preliminare spesso è gratuita o a basso costo, e ti chiarirà se puoi accedere alle procedure.
- Decidi la strategia: può essere negoziare privatamente (saldo e stralcio) se hai margini, oppure preparare un piano da presentare al giudice. Nel mentre, se temi aggressioni, valuta di depositare la domanda di liquidazione per congelare i pignoramenti (si può sempre convertire poi in un piano se trovi accordo).
- Segui le regole: qualunque strada scegli (anche ignorare i debiti, che però non consiglio), non mentire ai creditori, non nascondere beni in modo illecito (es. intestare casa al parente all’ultimo): queste mosse spesso peggiorano le cose (revocatorie, denunce penali). Meglio giocare a carte scoperte e usare le protezioni di legge piuttosto che furbizie.
- Impara la lezione: parallelamente, fai anche un percorso personale di rieducazione finanziaria (riduci spese, evita nuovo debito, se c’è stato un problema di dipendenza – es. gioco – curalo con aiuto professionale). Il sistema esdebitazione premia chi vuole davvero ripartire senza ripetere gli errori.
Ricorda, non sei sola: tantissime persone a 40-50 anni si sono trovate strozzate dai debiti dopo aver perso il lavoro, specie dopo crisi economiche recenti. Le leggi ci sono per aiutare, bisogna solo avere il coraggio di chiedere aiuto e seguire l’iter. Una volta superato il periodo buio e ottenuta la liberazione dai debiti, potrai finalmente concentrare le energie su ricostruire la tua vita professionale e familiare senza il fardello del passato.
Tabelle riepilogative finali
Limiti di pignorabilità di stipendi e pensioni (principali casi):
Tipo di credito | Quota massima pignorabile su stipendio | Note |
---|---|---|
Crediti ordinari (banche, finanziarie, privati, bollette, affitti, ecc.) | 1/5 (20%) del netto mensile. | – Se ci sono più pignoramenti di diversi creditori ordinari, restano in coda: il secondo parte solo a estinzione del primo, salvo crediti di natura diversa.– Se coesistono pignoramento ordinario e alimentare, insieme non oltre 50% dello stipendio. |
Crediti alimentari (assegni di mantenimento dovuti per legge) | Fino a 1/3 (33%) del netto, secondo decisione del giudice. | – Ha priorità sugli altri crediti.– Se c’è già 1/5 ordinario, un giudice può autorizzare un ulteriore pignoramento per alimenti fino al 30% (così da portare totale al 50%). |
Crediti tributari (Erario, enti pubblici – es. IRPEF, IVA, multe) | – Stipendio < €2.500: 1/10 (10%).– Stipendio €2.500-5.000: 1/7 ≈ 14%.– Stipendio > €5.000: 1/5 (20%). | – Percentuali fissate dal D.P.R. 602/1973, art.72-ter (come modificato).– Quota massima comprensiva anche di eventuali coesistenti pignoramenti ordinari: es. se c’è già un 1/5 ordinario, il Fisco può non aggiungere altro se si supera la soglia fiscale.– Pensione: impignorabile per importo fino a 1,5 volte l’assegno sociale (~€754); oltre, pignorabile con le stesse aliquote progressive. |
Conto corrente (saldo) | Ultimo stipendio o pensione accreditati: impignorabili fino all’importo mensile netto.Somme extra o giacenze precedenti: pignorabili integralmente fino a copertura del debito. | – Se conto intestato a cointestatari, solo quota parte del debitore (50%) pignorabile.– Dopo il pignoramento, gli accrediti successivi di stipendio vengono trattati come pignoramento presso terzo (1/5 su ogni nuovo stipendio accreditato). |
Confronto sintetico soluzioni debito (stragiudiziali vs giudiziali):
- Rinegoziazione privata: Pro: flessibile, nessuna pubblicità; Contro: volontaria, creditore può dire no, di solito allunga solo i tempi di pagamento senza ridurre il debito.
- Saldo e stralcio: Pro: rapida chiusura con sconto anche rilevante; Contro: serve liquidità immediata, non obbligatorio per il creditore accettare.
- Rateazione fiscale: Pro: blocca esecuzioni AER e diluisce fino a 10 anni; Contro: nessuno sconto su interessi (a meno di rottamazioni), impegno lungo.
- Rottamazione/stralci legali: Pro: riduzione sanzioni/interessi, debito fiscale ridotto; Contro: finestre limitate, decadono se salti una rata.
- Piano del consumatore (giudiziale): Pro: può imporre ai creditori un taglio, salva beni essenziali, cancella debiti residui; Contro: iter tribunale, requisiti di meritevolezza, costi OCC.
- Concordato minore: Pro: negoziato con creditori, salva l’attività in bonis; Contro: richiede voto maggioranza, la gestione è più complessa (come mini-concordato preventivo).
- Liquidazione controllata: Pro: libera da debiti in 3 anni, adatta a chi non può pagare nulla o quasi; Contro: perdita patrimonio immediata, “fallimento” personale con pubblicità.
- Esdebitazione incapiente: Pro: cancellazione totale debiti senza pagare; Contro: soglia di accesso strettissima (nulla tenuità + meritevolezza) e vincolo 4 anni utilità.
Fonti (normativa, dottrina e giurisprudenza)
- Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 12 gennaio 2019, n.14) – Articoli rilevanti: artt. 65-83 (procedure da sovraindebitamento: piano del consumatore, concordato minore, liquidazione controllata) e artt. 278-283 (esdebitazione del debitore incapiente). Disponibile su Normattiva e siti istituzionali. Vedi ad es. def.finanze.it, testo aggiornato al D.Lgs.136/2024.
- Legge 27 gennaio 2012, n.3 (composizione delle crisi da sovraindebitamento) – Normativa previgente, integrata e modificata da DL 179/2012, DL 83/2015, L.176/2020 (“Ristori”) ecc. Gran parte abrogata dal 15/7/2022 con l’entrata in vigore del CCII. Rilevante per la giurisprudenza formatasi ante Codice
- Corte Costituzionale, sent. n.245/2019 – Ha dichiarato l’illegittimità dell’art.7 co.1 L.3/2012 nella parte in cui escludeva la falcidiabilità dell’IVA nelle procedure di sovraindebitamento. Conseguenza: anche l’IVA può essere trattata come un normale debito e pagata parzialmente in un piano. Il Codice della crisi ha recepito questo principio.
- Cassazione civile, ord. n.15359/2023 – Ha stabilito che le cause ostative all’esdebitazione sono tassative e non estensibili analogicamente. Nella fattispecie, un socio di SNC fallita non poteva vedersi negata l’esdebitazione solo perché la società aveva commesso illeciti fiscali: tale condotta non rientra tra i motivi di esclusione previsti dalla legge, quindi l’esdebitazione va concessa. Rafforza l’orientamento “pro debitore onesto” anche in linea con la Direttiva UE 2019/1023.
- Agenzia Entrate-Riscossione – guida rateazione 2023: Indicazioni sulle soglie aumentate (120k per rate senza prova) e proroghe temporanee (fino 31/12/24 richiesta 72 rate entro 120k).
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Ecco i primi passi da compiere con lucidità:
- Fermati e valuta: non fare nuovi debiti per coprire quelli vecchi
- Raccogli i documenti: prestiti, mutui, cartelle, bollette, estratti conto
- Chiedi una consulenza legale: esistono strumenti che ti proteggono
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Quali tutele puoi ottenere?
Come donna disoccupata, puoi accedere a:
- Sospensione immediata di azioni esecutive (pignoramenti, fermi, ipoteche)
- Blocco degli interessi e delle sanzioni
- Riduzione del debito in base alle tue reali possibilità
- In alcuni casi, anche esdebitazione completa (cancellazione del debito residuo)
- Tutela della casa di abitazione e dei beni essenziali
È fondamentale agire prima che la situazione precipiti, per mantenere il controllo e ricominciare senza ansia.
🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo
📂 Analizza la tua situazione economica e familiare con attenzione e riservatezza
📑 Ti guida passo dopo passo nella procedura di sovraindebitamento o liquidazione controllata
⚖️ Blocca creditori aggressivi e ferma le azioni legali già iniziate
✍️ Redige il piano da presentare all’OCC o in tribunale
🔁 Ti assiste anche nella protezione della tua casa, dei tuoi figli e del tuo futuro
🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in tutela del consumatore e sovraindebitamento
✔️ Iscritto come Gestore della crisi presso il Ministero della Giustizia
✔️ Difensore contro banche, finanziarie e riscossione esattoriale
✔️ Consulente per la ripartenza economica personale e familiare
Conclusione
Essere una donna di 40 anni senza lavoro e con debiti non è una fine. Può essere un nuovo inizio, se affrontato con le giuste tutele.
Con l’Avvocato Giuseppe Monardo, puoi difenderti legalmente, bloccare i creditori e costruire una nuova strada verso l’indipendenza e la serenità.
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