Hai sottoscritto un contratto di leasing e ora ti rendi conto che ci sono clausole poco chiare, costi imprevisti o condizioni diverse da quelle promesse? Ti sei accorto di irregolarità nel contratto, nella consegna del bene o nei conteggi e vuoi sapere come puoi contestare tutto legalmente, prima che sia troppo tardi?
Molti contratti di leasing, specialmente in ambito aziendale, contengono clausole sbilanciate, penali abusive o pratiche scorrette. Se non intervieni per tempo, rischi di pagare molto più del dovuto o subire un decreto ingiuntivo senza possibilità di difesa.
Quali sono le irregolarità più comuni nei contratti di leasing?
– Costi accessori non dichiarati al momento della firma
– Penali sproporzionate in caso di recesso o inadempimento
– Indicizzazione o tassi non trasparenti
– Mancata consegna, difetti o problemi tecnici del bene
– Clausole vessatorie o condizioni contrattuali modificate unilateralmente
– Assicurazioni obbligatorie imposte a costi eccessivi
– Differenze tra il contratto firmato e l’offerta commerciale ricevuta
Cosa puoi contestare legalmente?
– La validità di singole clausole contrattuali, se violano la normativa sulla trasparenza o sul credito al consumo
– L’intero contratto, se viziato da dolo, errore, mancanza di informazione o squilibrio
– Gli importi addebitati in eccesso, con richiesta di restituzione
– Le azioni esecutive basate su un contratto irregolare (decreto ingiuntivo, pignoramento, ecc.)
Come può aiutarti l’avvocato?
– Analizza il contratto voce per voce, identifica le clausole nulle o abusive
– Verifica la correttezza dei conteggi (rate, maxicanone, penali)
– Redige una contestazione formale alla società di leasing
– Avvia una trattativa stragiudiziale per la revisione delle condizioni o il risarcimento
– Ti difende in giudizio se hai ricevuto un atto di citazione o un decreto ingiuntivo
Cosa puoi ottenere con una contestazione ben fatta?
– Annullamento di clausole scorrette
– Riduzione del debito residuo
– Rinegoziazione del contratto a condizioni più sostenibili
– In alcuni casi, restituzione delle somme pagate in eccesso
– Sospensione o blocco di esecuzioni forzate in corso
Cosa NON devi fare mai?
– Continuare a pagare senza controllare i conteggi
– Firmare modifiche o piani di rientro senza leggere tutto con attenzione
– Ignorare avvisi o solleciti della società
– Pensare che “ormai è troppo tardi”: molte irregolarità si possono contestare anche a contratto in corso o finito
Controllare il leasing è un tuo diritto. Contestarlo, se irregolare, può salvarti da una perdita economica pesante.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in contratti bancari e leasing – ti spiega quali sono le irregolarità più comuni nei contratti di leasing, come riconoscerle e come contestarle con l’assistenza di un avvocato per tutelare i tuoi diritti e fermare abusi.
Hai un leasing che ti sta rovinando e sospetti clausole irregolari o costi nascosti? Vuoi sapere se puoi contestare tutto e recuperare ciò che ti spetta?
Richiedi, in fondo alla guida, una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Analizzeremo il tuo contratto e costruiremo una strategia concreta per bloccare le irregolarità, rinegoziare o liberarti dal leasing con la minor perdita possibile.
Introduzione
Il leasing è un contratto complesso in cui un soggetto (concedente, tipicamente una banca o finanziaria) acquista un bene scelto da un altro soggetto (utilizzatore o conduttore) per concederglielo in uso, a fronte del pagamento di canoni periodici, con facoltà finale di acquisto (riscatto) del bene da parte dell’utilizzatore. Nel corso degli anni, il leasing si è diffuso in molteplici settori (auto, immobili, macchinari, ecc.), generando un ampio contenzioso in merito a clausole contrattuali e comportamenti ritenuti irregolari o illegittimi dal punto di vista del debitore-utilizzatore. Questa guida avanzata (aggiornata a giugno 2025) analizza in modo approfondito tali irregolarità nei contratti di leasing, adottando un linguaggio giuridico ma accessibile. L’obiettivo è fornire ad avvocati, privati e imprenditori gli strumenti per contestare efficacemente, con l’aiuto di un legale, le clausole e i comportamenti abusivi delle società di leasing, alla luce della normativa e della più recente giurisprudenza (Corte di Cassazione, tribunali di merito) e delle decisioni delle Autorità di vigilanza (ABF – Arbitro Bancario Finanziario, Banca d’Italia, AGCM – Autorità Antitrust, ecc.).
Dal punto di vista del debitore, affronteremo tutte le principali tipologie di leasing (finanziario, operativo, immobiliare, auto, strumentale, ecc.) e le possibili irregolarità contrattuali riscontrabili, tra cui: anatocismo (interessi composti vietati), usura (tassi oltre soglia), indeterminatezza dell’oggetto o del prezzo (clausole poco chiare su costi e tassi), clausole vessatorie (patti squilibrati a danno dell’utilizzatore), inadempimenti del concedente (mancata o difettosa esecuzione delle obbligazioni della società di leasing), difetti del bene (vizi che ne impediscono l’uso), risoluzione anticipata abusiva (recesso o risoluzione ingiustificata o iniqua da parte del concedente), penali sproporzionate (importi esorbitanti richiesti in caso di risoluzione o inadempimento), pubblicità ingannevole (offerte e informazioni commerciali fuorvianti) e carenze informative precontrattuali (omessa trasparenza su costi e condizioni prima della firma). Per ciascun profilo forniremo una descrizione, i riferimenti normativi e giurisprudenziali chiave e le possibili strategie di contestazione.
Inoltre, la guida include tabelle riepilogative per ogni categoria di irregolarità, utili come riferimento rapido, una sezione di FAQ (domande frequenti) su casi pratici ricorrenti, alcuni modelli pratici (fac-simile di lettere di diffida, istanze di mediazione/ABF, eccezioni legali) e delle simulazioni di come impostare una difesa efficace a tutela del debitore. Infine, tutte le fonti normative e giurisprudenziali citate saranno elencate in una sezione dedicata, per consentire ulteriori approfondimenti.
Tipologie di leasing e contesto applicativo
Prima di esaminare le irregolarità, è utile richiamare brevemente le principali tipologie di leasing esistenti, poiché alcune problematiche possono assumere rilievo diverso a seconda della natura del contratto:
- Leasing finanziario: forma più comune, in cui il leasing è finalizzato all’acquisto del bene. L’utilizzatore sceglie il bene e il fornitore, il concedente finanzia l’operazione acquistando il bene e concedendolo in uso all’utilizzatore. I rischi (anche di perimento o vizi del bene) sono generalmente posti a carico dell’utilizzatore, e al termine il cliente può esercitare l’opzione di riscatto acquistando la proprietà a un prezzo prefissato. Esempi: leasing strumentale (macchinari, attrezzature), leasing auto (veicoli aziendali o privati), leasing immobiliare (immobili, anche per uso abitativo o commerciale).
- Leasing operativo: il concedente è spesso il produttore o un intermediario che mantiene la proprietà del bene; l’utilizzatore paga canoni per avere il godimento del bene, di solito senza opzione di acquisto finale (o con opzione a valore di mercato). Spesso include servizi aggiuntivi (manutenzione, assicurazione). Esempio tipico: noleggio a lungo termine di autovetture (sebbene tecnicamente distinto dal leasing finanziario, alcuni contratti di noleggio condividono tutele analoghe per il consumatore).
- Lease-back (sale & lease back): l’impresa proprietaria di un bene lo vende alla società di leasing che contestualmente glielo concede in leasing. È un modo per ottenere liquidità mantenendo l’uso del bene. Questo schema può presentare profili di abuso (ad es. se finalizzato a frodi fiscali o a sottrarre beni ai creditori); in tal caso possono emergere questioni di meritevolezza e causa concreta del contratto.
- Leasing di godimento vs traslativo: prima della riforma del 2017 (vedi infra), la giurisprudenza distingueva leasing di godimento (bene che a fine contratto conserva un valore residuo elevato, opzione di acquisto a prezzo in linea col valore di mercato) e leasing traslativo (bene con rapida obsolescenza o forte deprezzamento, opzione finale a prezzo molto inferiore al valore iniziale, indice che lo scopo pratico è trasferire la proprietà). La distinzione rilevava soprattutto in caso di risoluzione anticipata: nel leasing traslativo i giudici applicavano in via analogica l’art.1526 c.c. (norma sulla vendita con riserva di proprietà) per evitare arricchimenti ingiustificati del concedente, imponendo la restituzione delle rate già pagate al netto di un equo compenso. Oggi, per i contratti successivi alla legge n.124/2017, questa distinzione è superata da una disciplina unitaria (patto marciano legale, v. oltre).
Contesto normativo attuale: Il leasing finanziario ha finalmente trovato riconoscimento normativo con la L. 124/2017 (art.1, commi 136-140), che ha definito il contratto di leasing finanziario e stabilito regole precise in caso di inadempimento dell’utilizzatore e risoluzione anticipata. Tale legge, in vigore dal 29/08/2017, si applica ai contratti i cui presupposti di risoluzione si verificano dopo tale data, senza effetto retroattivo. Per le controversie relative a contratti risolti prima dell’entrata in vigore della legge, continuano ad applicarsi i principi giurisprudenziali previgenti (distinzione leasing di godimento/traslativo, art.1526 c.c. in analogia per il traslativo, ecc.). Le irregolarità contrattuali che analizzeremo vanno dunque contestualizzate anche temporalmente: alcune condotte (es. modalità di risoluzione, calcolo interessi) sono oggi disciplinate ex lege, mentre per i contratti più datati occorre fare riferimento alle regole all’epoca vigenti e agli orientamenti giurisprudenziali formatisi.
Di seguito esaminiamo, una per una, le principali categorie di irregolarità nei contratti di leasing, con particolare attenzione alla normativa italiana e agli orientamenti giurisprudenziali più aggiornati (fino a giugno 2025), offrendo indicazioni pratiche su come contestarle dal lato del debitore.
Anatocismo nel leasing (interessi composti)
Descrizione e riferimenti normativi – L’anatocismo consiste nella produzione di ulteriori interessi sugli interessi scaduti (interesse composto). In termini semplici, gli interessi maturati vengono periodicamente capitalizzati e sommati al capitale, così che producano a loro volta interessi. In Italia l’anatocismo è tradizionalmente vietato salvo eccezioni: l’art. 1283 c.c. consente interessi su interessi solo dopo che gli interessi siano dovuti per almeno sei mesi e su domanda giudiziale oppure a seguito di un accordo posteriore alla scadenza; inoltre, norme speciali come l’art. 120 TUB (D.lgs. 385/93, Testo Unico Bancario) hanno imposto uno stop generale all’anatocismo in ambito bancario. In passato, le banche aggiravano il divieto capitalizzando trimestralmente gli interessi passivi; ciò è stato dichiarato illegittimo dalla giurisprudenza già negli anni ‘90 e regolato dal CICR nel 2000 (interessi attivi/passivi capitalizzati con stessa periodicità). Oggi, dopo varie riforme, la legge prevede il divieto di anatocismo sugli interessi dovuti dal cliente bancario: la Cassazione (Sez. I) con sentenza n. 21344/30.07.2024 ha chiarito che, a seguito della riforma dell’art.120 TUB operata dalla L.147/2013, dal 1° dicembre 2014 vige un divieto di applicare interessi su interessi per le operazioni bancarie, a prescindere dall’emanazione di una delibera CICR attuativa. Dunque, per i contratti bancari (categoria che include anche i leasing finanziari concessi da banche/intermediari ex art.106 TUB), ogni forma di capitalizzazione automatica degli interessi è nulla se riferita a interessi maturati dopo tale data.
Nel leasing, l’anatocismo può manifestarsi ad es. attraverso piani di ammortamento “francesi” o tramite clausole che prevedono interessi moratori che si sommano al capitale. Si è discusso molto se il classico piano a rate costanti (ammortamento francese) implichi un’anatocismo occulto. Le Sezioni Unite della Cassazione, con sentenza n. 15130/2024, hanno risolto il dibattito in materia di mutui a tasso fisso (principio applicabile mutatis mutandis anche ai leasing): hanno stabilito che la mancata indicazione esplicita del tipo di ammortamento “alla francese” e del regime di capitalizzazione composta non comporta nullità per indeterminatezza né violazione della trasparenza, e soprattutto che il metodo francese standard non genera anatocismo vietato, in quanto gli interessi di ciascuna rata sono calcolati sull’intero capitale iniziale ancora dovuto (come anche nel metodo “all’italiana”), ma non producono a loro volta altri interessi nelle rate successive. In altre parole, nel pagamento rateale (con rate puntuali) gli interessi maturati in una rata vengono estinti con il pagamento di quella rata e non si sommano al capitale residuo: il divieto di anatocismo dell’art.1283 c.c. riguarda solo gli interessi scaduti e non pagati che producono ulteriori interessi.
Diverse pronunce di merito e dell’Arbitro Bancario Finanziario hanno sanzionato pratiche anatocistiche nei leasing ante 2014 (ad esempio, capitalizzazione degli interessi di mora su rate scadute). Oggi, grazie alla chiarezza normativa, qualsiasi patto che preveda interessi ulteriori su interessi scaduti è nullo. In caso di contenzioso, il giudice può dichiarare nullo il patto anatocistico e rideterminare il dovuto escludendo gli interessi composti. Inoltre, in ambito bancario, la sanzione prevista dall’art. 117 TUB per la violazione delle norme di trasparenza (di cui fa parte il divieto di anatocismo post-2014) è l’applicazione in luogo degli interessi pattuiti di un tasso minimo (tasso BOT): il che significa, in pratica, azzerare o quasi gli interessi dovuti dal cliente.
Strategie di contestazione – Il debitore che sospetti l’applicazione di anatocismo nel proprio contratto di leasing deve:(i) verificare le clausole contrattuali e il piano di ammortamento: se le rate sono “costanti” con quota interessi decrescente, non è di per sé anatocismo (alla luce di Cass. SU 15130/2024); occorre invece individuare clausole che prevedano espressamente la capitalizzazione periodica di interessi scaduti (es. interessi moratori che, se non pagati, vengono addebitati come nuovo capitale). (ii) In presenza di tali patti, invocare la nullità parziale ex art.1283 c.c. e art.117 TUB: si può inviare una diffida al concedente contestando la clausola anatocistica e chiedendo il ricalcolo dei conteggi. (iii) In caso di mancato riscontro, presentare ricorso all’ABF oppure agire in giudizio per far accertare l’illegittimità del meccanismo. È fondamentale supportare la contestazione con una perizia tecnico-contabile: un consulente potrà ricalcolare il piano finanziario senza anatocismo, quantificando l’eventuale indebito pagato, da richiedere in restituzione. Da notare che per i contratti stipulati dopo l’1/12/2014 il cliente può semplicemente richiamare il chiaro disposto di legge sul divieto di anatocismo (Cass. 21344/2024), mentre per periodi precedenti occorre argomentare in fatto l’esistenza di capitalizzazione non pattuita secondo le condizioni di legge. In ogni caso, l’anatocismo può essere fatto valere in qualsiasi momento come eccezione di nullità (imprescrittibile) se inserito in contratto, oppure come azione di ripetizione per indebito oggettivo (entro 10 anni dai pagamenti). Si suggerisce di allegare alla contestazione riferimenti giurisprudenziali (es. Cass. SU 15130/2024) per dare forza alle proprie ragioni.
Tabella riepilogativa – Anatocismo nel leasing
Descrizione e riferimenti | Strategie di contestazione (debitorie) |
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Anatocismo: applicazione di interessi su interessi scaduti (interesse composto). Vietato da art.1283 c.c. e, per operazioni bancarie, da art.120 TUB (come mod. da L.147/2013). Es.: clausole di capitalizzazione trimestrale interessi, piani di ammortamento con interessi composti. Cass. SU 15130/2024: ammortamento “francese” lecito, non genera anatocismo vietato. Cass. 21344/2024: divieto di anatocismo bancario efficace dal 01.12.2014 anche senza delibera CICR. | Eccezione di nullità della clausola anatocistica (in giudizio) per violazione art.1283 c.c./120 TUB; rideterminazione del saldo senza interessi composti. Diffida stragiudiziale al concedente chiedendo ricalcolo e rimborso interessi anatocistici. Ricorso all’ABF per controversie su indebiti da anatocismo (soluzione rapida e gratuita). In causa: richiesta CTU contabile per quantificare l’indebito. Sanzione art.117 TUB invocabile: tasso sostitutivo (minimo) al posto del tasso leasing applicato in modo anatocistico. Eventuale azione di ripetizione delle somme già pagate in eccedenza (entro 10 anni). |
Usura nei contratti di leasing
Descrizione e riferimenti normativi – L’usura consiste nel pretendere interessi (o altri vantaggi) che superano i limiti fissati dalla legge. In Italia il reato di usura è disciplinato dall’art.644 c.p. e, in sede civile, dall’art. 1815 c.c. comma 2 (che sanziona con la nullità la pattuizione di interessi usurari, prevedendo che “non sono dovuti interessi” se convenuti in misura usuraria). La legge n. 108/1996 ha introdotto la nozione di tasso soglia oltre il quale gli interessi (corrispettivi o moratori) sono usurari. Il tasso soglia viene pubblicato trimestralmente dal MEF/Banca d’Italia per ciascun tipo di operazione di credito. I contratti di leasing rientrano tra le operazioni di credito vigilate: per i leasing finanziari la Banca d’Italia pubblica il TEGM (tasso effettivo globale medio) di settore, in base al quale si calcola il tasso soglia d’usura (TSU). Pertanto, sia i tassi corrispettivi (il tasso leasing applicato ai canoni) sia gli interessi di mora e penali vari possono essere soggetti a verifica antiusura.
Due questioni si pongono di frequente nei leasing: (a) come calcolare il tasso effettivo globale includendo tutte le voci di costo; (b) il trattamento degli interessi moratori ai fini dell’usura. La giurisprudenza ormai è concorde nel ritenere che anche gli interessi di mora possono essere usurari e rientrano nella verifica ex L.108/96. La Cassazione (Sez. Un. n.19597/2020) ha chiarito che, se i decreti ministeriali riportano anche la media dei tassi di mora praticati, il tasso soglia di mora si calcola aumentando il tasso soglia base di quella maggiorazione media (es. +2,1%) e dell’ulteriore margine di legge. Per i periodi in cui i decreti non indicavano il dato sui moratori (ante 2003), la verifica va fatta confrontando il tasso effettivo del contratto comprensivo della mora con il tasso soglia ordinario del periodo. In sintesi, oggi esistono criteri tecnici per valutare se la somma di interessi corrispettivi + eventuale mora superi il limite di usura: si deve calcolare il TEG (Tasso Effettivo Globale) del leasing includendo tutti i costi addebitati al cliente (interessi, commissioni, spese, penali) e confrontarlo con il TSU del trimestre in cui il contratto è stato stipulato (per l’usura originaria) o del trimestre in cui gli interessi sono pretesi (per una eventuale usura sopravvenuta). Va ricordato che dal 2021 la Cassazione a Sezioni Unite (sentenza n. 24675/2017 e succ.) ha sostanzialmente escluso la rilevanza della cd. usura sopravvenuta: conta il momento della pattuizione.
Se il contratto di leasing presenta un tasso d’interesse oltre soglia (considerando anche costi accessori obbligatori come assicurazioni imposte dal concedente), oppure prevede una penale di estinzione/risoluzione o un tasso di mora che portano il costo effettivo oltre il limite, allora la clausola relativa agli interessi è nulla per usura. La sanzione civile prevista dall’art.1815 c.c., secondo l’interpretazione prevalente (confermata da Cass. Civ. n. 26286/2019 e da numerose altre), è che nessun interesse è dovuto: il debitore quindi dovrebbe restituire solo il capitale, con azzeramento degli interessi usurari. Alcune decisioni più recenti, tuttavia, distinguono tra interessi corrispettivi e moratori: in caso di tasso di mora usurario, talora si sancisce la non debenza dei soli interessi di mora, lasciando dovuti quelli corrispettivi entro soglia (teoria sostenuta da una parte della dottrina e recepita da alcune Corti di merito). La questione interpretativa è stata oggetto di dibattiti, ma le Sezioni Unite 2020 n.19597 paiono propendere per la tesi che qualsiasi somma usuraria promessa non sia dovuta, includendo i moratori, ferma restando la possibilità di far comunque pagare gli interessi leciti. In pratica, molti tribunali annullano la clausola di mora usuraria ma mantengono dovuti gli interessi corrispettivi leciti. Sul punto è opportuno monitorare gli sviluppi giurisprudenziali più recenti (aggiornati a 2025).
Strategie di contestazione – Per contestare l’usura nel leasing, il debitore deve:(i) Reperire i dati contrattuali: TAN (tasso nominale leasing), tasso di mora, spese di istruttoria, intermediazione, maxicanone iniziale, valore riscatto, ecc. (ii) Calcolare (anche tramite un perito) il TAEG/TEG effettivo includendo tutti i costi. Se il contratto è in ambito consumer (ad es. leasing auto privato sotto soglia €75.000), l’assenza o errata indicazione del TAEG/ISC nel contratto costituisce già di per sé un vizio rilevante: alcune pronunce hanno dichiarato la nullità della clausola interessi per indeterminatezza ex art.117 TUB in caso di omissione dell’ISC, con applicazione del tasso sostitutivo (tasso minimo BOT). (iii) Confrontare il TEG con il tasso soglia pubblicato (considerando l’epoca e la categoria del leasing). Per i moratori, confrontare la % di mora con il tasso soglia di mora (TSU + eventuale maggiorazione media). (iv) Se risulta superata la soglia d’usura, inviare una lettera raccomandata di contestazione al concedente allegando i calcoli e contestando formalmente la pattuizione usuraria ex L.108/96 e art.1815 c.c., chiedendo la rimozione degli interessi eccedenti e la restituzione di quanto eventualmente pagato in più. (v) In caso di controversia giudiziale, sollevare l’eccezione di nullità della clausola interessi per usura: il giudice, accertata l’usurarietà, dichiarerà la clausola nulla e ridurrà il debito agli importi dovuti senza interessi (o senza interessi di mora). (vi) Si può altresì presentare ricorso all’ABF: l’Arbitro Bancario Finanziario ha trattato numerosi ricorsi su interessi di mora usurari e penali e spesso suggerisce soluzioni equitative (ad es. ricondurre il tasso entro soglia). (vii) In sede penale, se l’usura è palese e dolosa, presentare esposto all’autorità potrebbe essere una leva, ma nel leasing è raro poiché di solito è usura civilistica (superamento soglia) senza volontà criminale.
Un aspetto pratico: talvolta l’usura emerge a posteriori (ad es. tasso variabile divenuto usurario, o applicazione di interessi di mora dopo la risoluzione). In tali casi, come accennato, la Cassazione esclude di poter parlare di “usura sopravvenuta” in senso tecnico: però il cliente può contestare in sede di equità la pretesa di interessi eccessivi maturati successivamente, chiedendo una riduzione per violazione dei doveri di buona fede contrattuale. Alcune pronunce di merito hanno infatti ridotto i moratori molto elevati ritenendoli vessatori o contrari a buona fede, anche se formalmente sotto soglia al momento del patto.
Tabella riepilogativa – Usura nei leasing
Descrizione e riferimenti | Strategie di contestazione |
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Usura: interessi o costi che eccedono il tasso soglia antiusura ex L.108/96. Rileva il TEG complessivo del leasing. Coinvolge sia interessi corrispettivi (canoni) sia interessi di mora e penali. Art.1815 co.2 c.c.: clausola nulla e interessi non dovuti se usurari. Cass. SU 19597/2020: normativa antiusura si applica anche ai moratori; soglia mora = soglia base + margine medio se rilevato (2,1% dal 2003). Cass. 26286/2019: interesse usurario rende non dovuti tutti gli interessi (orient. prevalente). | Calcolo peritale del TEG vs tasso soglia. Diffida al concedente citando superamento soglia e chiedendo azzeramento/riduzione interessi. ABF: ricorso per ottenere ricalcolo (decisioni spesso favorevoli al cliente su moratori usurari). Eccezione in giudizio di nullità clausola interessi ex art.1815 c.c.: ottenere pronuncia che elimina interessi usurari (pagamento del solo capitale). Richiesta di restituzione interessi già pagati > soglia (azione di ripetizione). In subordine, invocare riduzione per equità dei moratori/penali eccessivi (ex art.1384 c.c. o buona fede). Attenzione ai termini: la domanda di restituzione somme indebitamente pagate si prescrive in 10 anni. |
Indeterminatezza dell’oggetto o del prezzo (tassi e costi non chiari)
Descrizione e riferimenti normativi – Ogni contratto, per essere valido, deve avere un oggetto determinato o determinabile (art. 1346 c.c.). Nei contratti di leasing spesso l’oggetto è il bene dato in godimento e il prezzo sono i canoni e gli altri oneri a carico dell’utilizzatore. Un profilo di indeterminatezza contrattuale tipico è la mancata o incompleta indicazione di elementi essenziali come il tasso applicato, i criteri di indicizzazione dei canoni, il TAEG (Indice Sintetico di Costo) nei contratti con consumatori, o il metodo di calcolo degli interessi. Clausole nebulose possono portare a eccepire la nullità parziale o totale del contratto per indeterminabilità dell’oggetto o del prezzo (artt.1346, 1418 c.c., e art.117 TUB per i contratti bancari).
Esempi concreti: contratti di leasing in cui si rimanda a parametri esterni (es. Euribor, Libor, cambio valutario) senza definire tutti i dettagli (ad es. periodo di riferimento dell’indice, modalità di calcolo del conguaglio cambi). Oppure contratti in cui non è indicato chiaramente il tasso leasing nominale o il criterio di calcolo degli interessi sui canoni. Ancora: omissione dell’ISC/TAEG quando richiesto. La giurisprudenza ha affrontato più volte tali ipotesi. Un caso emblematico riguarda un leasing immobiliare indicizzato doppio (tasso Euribor + clausola di rischio cambio in CHF) dove mancava l’indicazione della “base temporale” dell’Euribor (360 o 365 giorni) e i dettagli sul cambio: la Cassazione, con l’ordinanza n. 711/2025, ha confermato la nullità di tali clausole per indeterminabilità, pur affermando in generale che **la mancata indicazione del “tasso leasing” in contratto non viola l’art.117 TUB né l’art.1346 c.c. se il tasso è determinabile per relationem mediante criteri oggettivi, senza discrezionalità della banca, assicurando trasparenza al cliente. Nel caso specifico, però, ha ritenuto legittima la pronuncia di nullità della clausola di indicizzazione Euribor/Libor e della clausola rischio cambio perché prive di elementi essenziali (base temporale, modalità di calcolo) tali da renderle insufficientemente determinate.
La Cassazione con ord. n. 3930/2024 (relativa a un leasing immobiliare 2002) ha enunciato un principio analogo: l’assenza dell’indicazione esplicita del “tasso leasing” non comporta violazione dell’art.117 TUB se esso è determinabile tramite criteri prestabiliti e oggettivi senza margini di incertezza. La ratio della norma di trasparenza è salvaguardata quando il cliente può desumere chiaramente i costi e rischi dal contratto. Tuttavia, se mancano informazioni fondamentali tali da impedire di capire ex ante il costo effettivo, allora la clausola è nulla. Ad esempio, il TAEG: per i consumatori, l’art.117-bis TUB (introdotto dal D.lgs.141/2010) impone l’indicazione dell’ISC, la cui mancanza comporta nullità della clausola di determinazione degli interessi (con applicazione del tasso nominale minimo BOT). Al di fuori dell’ambito consumer, i giudici hanno talora annullato contratti di leasing per indeterminatezza quando i criteri di calcolo dei canoni erano eccessivamente vaghi. Ad esempio, Cass. n. 25199/2024 ha ritenuto valida (perché determinabile) una clausola di leasing traslativo che prevedeva, in caso di risoluzione, il pagamento dei canoni a scadere scontati: la contestazione dell’utilizzatore per indeterminatezza è stata rigettata, avendo la Corte chiarito che il criterio matematico di sconto a tasso contrattuale rendeva determinabile l’importo dovuto. Diversamente, clausole “onnicomprensive” come “il cliente si fa carico di tutte le spese, imposte e tasse, anche non previste né quantificabili al momento” sono state dichiarate nulle per indeterminatezza eccessiva (cfr. ABF, Decisione n.1898/2014, in cui una clausola simile è stata giudicata invalida perché poteva includere costi non correlati al contratto di leasing stesso).
In sintesi, la linea guida attuale è: determinabilità per relationem sì (se gli elementi esterni sono obiettivamente individuabili, es. Euribor 3M definito da pubblicazioni ufficiali, cambio BCE, ecc.), ma ogni clausola che lasci discrezionalità al finanziatore o che sia talmente generica da non permettere di calcolare in anticipo il corrispettivo va contestata.
Strategie di contestazione – Il debitore/avvocato deve esaminare il contratto e chiedersi: “un soggetto di media diligenza era in grado di capire dal testo quanto avrebbe pagato e secondo quali regole?”. Se la risposta è negativa, vi è spazio per contestare l’indeterminatezza. Passi operativi: (i) Identificare la clausola sospetta (tasso non indicato, formula mancante, riferimento generico a costi “a carico” senza quantificazione). (ii) Verificare se esistono normative di trasparenza specifiche violate (es. obbligo ISC in contratti al consumo). (iii) Invocare la nullità parziale della clausola ai sensi di art.117 TUB (se banca) o 1346 c.c. e 1418 c.c., in quanto l’oggetto del pagamento non è determinato. (iv) Nella pratica, inviare un reclamo scritto alla società di leasing, chiedendo chiarimenti sul criterio di calcolo oscuro; spesso le banche, se colte in fallo, preferiscono transigere o rinegoziare. (v) Se la controparte non aderisce, in giudizio formulare specifica eccezione di nullità della clausola (o domanda di accertamento, se attore) chiedendo al giudice di dichiararla nulla: ad es., nullità della clausola di indicizzazione e ricalcolo dei canoni senza di essa, oppure nullità della pattuizione degli interessi corrispettivi (in ipotesi estreme, alcuni hanno chiesto nullità dell’intero contratto, ma di solito si mira alla nullità parziale mantenendo valido il resto, ex art.1419 c.c.). (vi) A supporto, citare giurisprudenza: Cass. 711/2025 sull’indicizzazione determinabile, Cass. 3930/2024, Cass. 28824/2023, ecc., per mostrare che i giudici sono attenti al tema. (vii) Qualora la clausola nulla comporti che manchi un elemento essenziale (es. manca totalmente il tasso di interesse e non è ricavabile), valutare se conviene chiedere la nullità dell’intero contratto: in genere, però, il rimedio è l’applicazione di un tasso sostitutivo minimo più favorevole al cliente, senza far cadere tutto il contratto (il cliente di solito vuole tenere il bene e pagare un giusto importo, non annullare il contratto ab initio). (viii) In parallelo, si può interessare l’AGCM (se consumatore) per pratica commerciale scorretta, o segnalare alla Banca d’Italia violazioni di trasparenza: tali autorità possono sanzionare l’intermediario, aumentando la pressione per una soluzione stragiudiziale.
Tabella riepilogativa – Indeterminatezza dell’oggetto/prezzo
Descrizione e riferimenti | Strategie di contestazione |
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Clausole indeterminate/indeterminabili: mancano elementi per calcolare esattamente costi o oggetto. Esempi: tasso non indicato (o solo “tasso leasing” senza ISC per consumatore), clausole di indicizzazione vaga (Euribor senza base 360/365, clausola cambio senza criteri), clausole di addebito costi “di qualsiasi natura anche futuri”. Violazione art.1346 c.c., 117 TUB (trasparenza). Cass. 711/2025: ok tasso determinabile con criteri certi, ma clausole prive di parametri essenziali sono nulle. Cass. 3930/2024: tasso leasing determinabile per relationem non viola art.117 TUB. | Nullità parziale della clausola indeterminata: chiedere al giudice di eliminarla e ridurre il prezzo dovuto (es. eliminare clausola indicizzazione = canoni fissi originari). Diffida/reclamo al leasing per chiarimenti e rinegoziazione (spesso efficace, evidenziando rischio nullità). ABF: presentare ricorso se l’ambiguità ha comportato addebiti extra non chiari (l’ABF può dichiarare non dovuti costi non trasparenti). In giudizio: supportare la contestazione con perizie che mostrino l’impossibilità di calcolo ex ante. Invocare art.117 co.7 TUB: in caso di costi non validamente pattuiti, applicazione tasso sostitutivo (minimo). Se la clausola è vessatoria (per consumatore, v. infra), chiedere anche nullità ex art.33 Cod. Consumo. |
Clausole vessatorie e squilibrio contrattuale
Descrizione e riferimenti normativi – Con clausole vessatorie si intendono, in ambito consumer, quelle clausole predisposte unilateralmente dal professionista che determinano un significativo squilibrio a danno del consumatore nei diritti e obblighi contrattuali (artt. 33-36 Codice del Consumo, d.lgs. 206/2005). In generale, però, anche al di fuori dell’ambito strettamente consumer, molte clausole nei contratti di leasing sono predisposte dal finanziatore e non negoziate col cliente, spesso contenenti oneri gravosi per l’utilizzatore. Se il cliente è un consumatore (persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale), si applica la disciplina sulle clausole vessatorie del Codice del Consumo: clausole come l’esonero totale di responsabilità del concedente, facoltà di recesso unilaterale, decadenze dal beneficio del termine per lievi ritardi, penali manifestamente eccessive, ecc., possono essere dichiarate nulle perché vessatorie (nullità di protezione). Anche senza arrivare alla pronuncia di un giudice, l’AGCM è attiva nel monitorare queste clausole: dal 2022 ha il potere di sanzionarle anche economicamente. Ad esempio, nel maggio 2024 l’Antitrust ha multato 6 società di autonoleggio (tra cui una legata a una società di leasing) per clausole vessatorie nei contratti di noleggio, in particolare clausole che prevedevano penali forfettarie (c.d. administration fee) per la gestione di multe automobilistiche, ritenute ingiustificate e automatiche. L’AGCM ha ritenuto che tali importi (40-60 euro per multa) fossero non giustificati dai costi reali e fossero addebitati in via automatica tramite carta di credito, quindi ha imposto la pubblicazione del provvedimento e sanzionato le società. Questo esempio, sebbene relativo al noleggio, è emblematico: anche nei leasing auto destinati a consumatori, clausole analoghe (spese amministrative forfettarie per gestione sinistri, multe, ecc.) potrebbero essere considerate vessatorie.
Nel leasing finanziario tradizionale, l’utilizzatore spesso non è un consumatore (trattandosi di imprenditori o professionisti). In tali casi, non si applica il Codice del Consumo, ma restano utilizzabili gli strumenti del codice civile: artt. 1341-1342 c.c. (clausole vessatorie da specifica approvazione per iscritto) e il generale obbligo di buona fede e correttezza. Clausole particolarmente onerose per l’utilizzatore – come l’esonero del concedente da responsabilità per vizi del bene, l’obbligo dell’utilizzatore di manlevare il concedente da qualsiasi spesa anche estranea, la rinuncia preventiva ad eccezioni, o penali spropositate – vanno sottoposte a specifica approvazione ex art.1341 co.2 c.c. se contenute in moduli/condizioni generali. La mancata doppia firma le rende inopponibili all’aderente. Inoltre, alcune di queste clausole potrebbero essere considerate contrarie a buona fede se applicate in modo abusivo, e il giudice potrebbe disapplicarle o moderarle per questo motivo (anche in ambito B2B, il concetto di “vessatorietà” può emergere sotto il profilo dell’abuso di diritto o dello squilibrio contrattuale rilevante ex art.1371 c.c. in fase interpretativa).
Clausole tipicamente vessatorie nei leasing (da individuare e contestare): (a) Clausole di limitazione di responsabilità del concedente: es. “il concedente non risponde in alcun modo dei vizi del bene, neppure in caso di mancata consegna” (questo deresponsabilizza completamente la società di leasing anche se non esegue la prestazione – potrebbe essere vessatoria verso un consumatore). (b) Clausole di decadenza dal beneficio del termine o risolutive espresse per inadempimenti lievi: es. risoluzione automatica se l’utilizzatore salta una rata (oggi superate dalla legge 124/2017 per i nuovi contratti, ma nei vecchi erano presenti). (c) Clausole di deroga alla competenza territoriale (per i consumatori sono vessatorie ex lege se spostano il foro). (d) Clausole che impongono al cliente oneri probatori o rinunce (rinuncia a opporre eccezioni, riconoscimento debito incondizionato). (e) Clausole penali eccessive (questo è trattato anche a parte nella sezione penali). (f) Clausole che vincolano il cliente a contratti accessori (assicurazione, servizi) senza adeguata informativa – se consumatore, possibile pratica scorretta.
Le fonti giurisprudenziali su clausole vessatorie nel leasing vedono spesso l’intervento dell’AGCM: ad esempio, Provvedimento AGCM CV248 del 18/04/2024 (caso Drivalia/Leasys Rent) ha dichiarato vessatorie alcune clausole di un contratto di noleggio/leasing operativo, ordinandone l’eliminazione (es. clausole che imponevano costi amministrativi o limitavano i diritti di recesso del consumatore). Il TAR Lazio e la Corte di Cassazione negli ultimi anni hanno convalidato molti provvedimenti AGCM in materia di clausole vessatorie di contratti bancari e finanziari, riconoscendo l’interesse pubblico a eliminare condizioni ingiuste.
Strategie di contestazione – Dal lato del debitore-consumatore, il primo passo è individuare le clausole potenzialmente vessatorie nel contratto di leasing (facilmente riconoscibili perché spesso elencate nelle condizioni generali con numerazione particolare, e richiedenti firma separata). (i) Se manca la firma di approvazione specifica, far valere l’inopponibilità della clausola ex art.1341 c.c. (ad es. in una causa di risoluzione, eccepire che la clausola risolutiva o la penale non firmata non può essere invocata). (ii) Se invece la clausola è stata sottoscritta, ma il cliente è consumatore, valutare un’azione ex art.36 Cod. Consumo per far dichiarare la clausola vessatoria e quindi nulla. Questo può avvenire sia come azione individuale (nei propri motivi di opposizione o domanda riconvenzionale in giudizio, chiedendo la nullità della clausola) sia segnalando il caso all’AGCM per un intervento pubblico (che però ha effetto erga omnes ma non risarcisce il singolo, se non indirettamente). (iii) Nel ricorso ABF, qualora applicabile (cliente persona fisica o piccola impresa), si può lamentare la presenza di clausole squilibrate: l’ABF non applica direttamente il Codice del Consumo, ma tiene conto dei principi di buona fede e simmetria informativa, talora raccomandando soluzioni che mitigano gli effetti di clausole oppressive. (iv) Inviare un’istanza di mediazione o diffida al concedente richiamando la natura vessatoria di certe clausole spesso può aprire un negoziato: le finanziarie preferiscono evitare che un giudice crei un precedente di nullità che li costringerebbe a rivedere tutti i contratti. (v) In giudizio, argomentare sempre in via subordinata la violazione dei doveri di buona fede (artt.1175, 1375 c.c.) e chiedere al giudice, se non ritiene di poter dichiarare nulla la clausola, di interpretarla o applicarla in modo conforme a buona fede (es. riduzione di una penale). (vi) Se si tratta di un consumatore, citare la lista nera delle clausole vessatorie di cui all’art.33 Cod. Cons. (ad es. quelle che escludono/diminuiscono le azioni del consumatore verso il professionista, o che sanciscono decadenze irragionevoli). In presenza di tali elementi, la nullità è quasi certa.
Una FAQ frequente: “È vessatoria la clausola che scarica sull’utilizzatore tutti i rischi e oneri, inclusi quelli derivanti da fatti del concedente?”. Risposta: per un consumatore sì, molto probabilmente (è squilibrata); per un imprenditore, non c’è tutela ad hoc, ma si può cercare di dimostrare che la clausola è contraria a buona fede se applicata per coprire colpe gravi del concedente.
Tabella riepilogativa – Clausole vessatorie
Descrizione e casi | Strategie di tutela del debitore |
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Clausole vessatorie: condizioni generali squilibrate a favore del concedente. Es.: esclusione totale responsabilità (vizi bene, ritardi consegna), facoltà unilaterali del concedente, penali esorbitanti, decadenze per lieve inadempimento, rinunce preventive a diritti, fori esclusivi lontani (per consumatore). Nel consumer leasing: art.33 Cod. Consumo (lista clausole abusive) applicabile, nullità ipso iure. AGCM può intervenire e multare (es. penale gestione multe in leasing/noleggio auto, provv. 2024). Fuori ambito consumo: art.1341 c.c. (approvazione specifica) e buona fede contrattuale. | Verifica forma: clausola onerosa non firmata specificamente = non applicabile (eccepirlo subito se la controparte la invoca). Se consumatore: eccepire nullità ex art.36 Cod. Consumo (anche in via riconvenzionale) per squilibrio: onere della prova al professionista di provar negoziazione o non vessatorietà. Segnalazione ad AGCM: se clausola diffusa e abusiva, l’Autorità può bloccarla e sanzionare (utile come pressione). Ricorso ABF: invocare principi equitativi per disapplicare clausole ingiuste (ABF richiama buona fede e trasparenza, pur non potendo dichiarare nullità del contratto). Difesa in giudizio: contestare la clausola sotto tutti i profili (mancata negoziazione, violazione obblighi informativi precontrattuali, squilibrio economico, contrarietà a norme imperative se applicabile). Chiedere in subordine al giudice di ridurre/modulare la clausola usando poteri di controllo (es. ridurre penale ex art.1384 c.c. – v. sezione penali). Mediazione: proporre accordo eliminando/modificando clausole vessatorie, forte dell’argomento che un eventuale giudizio potrebbe invalidarle (leva negoziale). |
Inadempimenti del concedente (società di leasing)
Descrizione e casistica – Quando si parla di leasing, si pensa spesso all’inadempimento dell’utilizzatore (mancato pagamento canoni) come causa di risoluzione. Tuttavia, anche il concedente può essere fonte di inadempimento contrattuale, benché la sua prestazione sia principalmente finanziaria. I possibili inadempimenti del concedente includono: (a) mancata consegna del bene all’utilizzatore; (b) consegna ritardata per causa imputabile al concedente; (c) mancato pagamento al fornitore (che quindi non consegna il bene); (d) omessa cooperazione in caso di vizi del bene (es. il concedente, informato che il bene è difettoso e rifiutato, non sospende il pagamento al fornitore né aiuta a risolvere la vendita); (e) violazione di obblighi contrattuali accessori (ad es. se il leasing operativo prevedeva servizi di manutenzione a carico del concedente, e questi non li fornisce adeguatamente).
Nel leasing finanziario standard, il concedente spesso inserisce clausole per limitare le proprie obbligazioni: tipicamente “il bene verrà consegnato direttamente dal fornitore all’utilizzatore” e “il concedente è esonerato da ogni responsabilità per ritardi o mancata consegna, nonché per vizi, dovendo l’utilizzatore rivalersi solo sul fornitore”. Di conseguenza, sul piano teorico, l’inadempimento “classico” del concedente è raro, perché egli ha già adempiuto pagando il fornitore e mettendo a disposizione il finanziamento; i rischi di esecuzione (consegna, funzionalità) sono posti a carico dell’utilizzatore. Tuttavia, la giurisprudenza ha riconosciuto che anche nel leasing finanziario permane in capo al concedente un minimo di obbligazioni contrattuali, derivanti dai doveri di buona fede ex art.1375 c.c. e dallo schema negoziale collegato (vendita + leasing). Cass. Sez. Un. 19785/2015 ha affermato importanti principi: se il bene presenta vizi gravi o manca la consegna, il concedente deve cooperare per tutelare l’utilizzatore. In particolare, se l’utilizzatore rifiuta legittimamente la consegna di un bene perché affetto da vizi palesi, il concedente – informato della situazione – ha il dovere di sospendere il pagamento al fornitore e di attivarsi per risolvere il contratto di fornitura o ottenere la sostituzione/riparazione. Se i vizi emergono dopo la consegna (vizi occulti), l’utilizzatore può agire direttamente verso il fornitore per le garanzie, ma il concedente, appena informato, ha gli stessi doveri di cooperazione: non può restare passivo incassando canoni di un bene inutilizzabile, ma deve adoperarsi verso il fornitore per ridurre il pregiudizio. In ogni caso, l’utilizzatore potrà chiedere i danni al fornitore e anche la restituzione di canoni già pagati per un bene inutilizzabile. Questi principi, ribaditi dalla Cass. civ. n. 9663/2020, configurano per la società di leasing un vero obbligo di correttezza: non basta dire “non è affar mio, rivolgiti al fornitore”, soprattutto se il concedente è ancora in tempo per tutelarsi (ad es. bloccando il pagamento del prezzo al fornitore quando sa che il bene è viziato).
Altre situazioni di inadempimento del concedente: mancato acquisto del bene scelto dall’utilizzatore (es. la società di leasing decide arbitrariamente di non procedere all’acquisto dopo aver approvato la pratica, causando danno all’utilizzatore che magari contava su quel macchinario – ipotesi rara ma possibile); violazione obblighi informativi (ad es. non avere consegnato il documento di informazioni europee di base in caso di consumatore, che è obbligo di legge: questo non è un “inadempimento” in senso stretto del contratto, ma una violazione precontrattuale con possibili conseguenze risarcitorie o sanzioni). Nel leasing operativo, se il concedente è anche fornitore, allora è lui responsabile della qualità del bene e dell’assistenza: un inadempimento tipico può essere il mancato servizio di manutenzione/assistenza incluso nel canone.
Strategie di reazione per l’utilizzatore – (i) Innanzitutto, quando il bene non è consegnato o ha vizi gravi, l’utilizzatore deve mettere immediatamente in mora per iscritto sia il fornitore sia la società di leasing, descrivendo il problema, rifiutando la consegna (se non è già avvenuta) o contestando i vizi e dichiarandosi indisponibile a pagare per un bene inutilizzabile. (ii) In questo modo, si pone il concedente di fronte alle sue responsabilità: se il concedente insiste a pretendere canoni nonostante la mancata consegna o i vizi noti, potrà essere accusato di mala fede contrattuale. (iii) L’utilizzatore ha facoltà di sospendere il pagamento dei canoni se il bene non viene consegnato nei termini convenuti: la controprestazione del concedente (mettere a disposizione il bene) manca, quindi si può eccepire l’eccezione di inadempimento ex art.1460 c.c. (attenzione: va usata con cautela e buona fede, ossia pronta a pagare immediatamente non appena il bene sia consegnato conforme). (iv) Se il concedente non paga il fornitore o non sollecita la consegna, l’utilizzatore potrebbe chiedere giudizialmente un provvedimento d’urgenza (art.700 c.p.c.) per ottenere la consegna del bene, oppure la risoluzione del contratto per inadempimento del concedente. Storicamente, alcune pronunce (Cass. n.14786/2004) hanno ritenuto valido il contratto di leasing anche se la consegna ritarda, sostenendo che l’utilizzatore deve agire contro il fornitore, ma la tendenza attuale è più equilibrata: se il bene non arriva, il contratto di leasing può essere risolto per impossibilità parziale (mancanza della causa concreta, che è il godimento del bene) e l’utilizzatore liberato dal pagamento. (v) In caso di difetti occulti manifestatisi dopo, l’utilizzatore deve attivare la garanzia col fornitore (entro i termini di legge, es. art.1495 c.c. se vendita). Però deve anche coinvolgere il leasing: notificare tempestivamente al concedente il vizio e chiedergli di sospendere eventuali pagamenti residui al fornitore (se rate prezzo da saldare) o di assistere nell’azione verso il fornitore. Se il concedente rimane inerte e continua a esigere canoni, l’utilizzatore può sollevare in giudizio la “exceptio inadimplenti” anche in senso lato: “tu concedente pretendi i canoni ma non hai garantito il pacifico godimento del bene privo di vizi, violando buona fede”. Alcune sentenze di merito hanno dato ragione all’utilizzatore, autorizzando la sospensione dei canoni fino a ripristino della funzionalità del bene. (vi) Nel caso estremo in cui il bene sia inutilizzabile e il fornitore insolvente, l’utilizzatore può chiedere la risoluzione del leasing per impossibilità sopravvenuta della causa: essendo il leasing traslativo di fatto finalizzato all’acquisto, se il bene è gravemente viziato il fine del contratto cade. Cass. SU 19785/2015 ha in parte aperto a questa possibilità laddove ha equiparato la mancata consegna (o il rifiuto per vizi) a un’impossibilità che legittima la risoluzione del contratto e la restituzione all’utilizzatore dei canoni già pagati come danno. (vii) Non dimentichiamo poi la tutela risarcitoria: se dal comportamento omissivo del concedente derivano danni (es. perdita di produttività per un macchinario mai consegnato), l’utilizzatore può chiedere il risarcimento al concedente, sostenendo la violazione del contratto e dell’obbligo accessorio di buona fede. La società di leasing potrebbe difendersi invocando la clausola di esonero, ma se la condotta è contraria ai doveri di buona fede, il giudice potrebbe non tenere valida la clausola in quel caso concreto.
Tabella riepilogativa – Inadempimenti del concedente
Descrizione | Tutela del debitore-utilizzatore |
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Inadempimento del concedente: il finanziatore non adempie ai suoi obblighi contrattuali o di buona fede. Es.: mancata consegna (per mancato acquisto o pagamento fornitore), ritardo colpevole, mancata cooperazione su vizi (ignora segnalazioni vizi/mancata consegna), violazione obblighi di manutenzione (leasing operativo). Il contratto di leasing collega venditore-concedente-utilizzatore: doveri di buona fede impongono al concedente di attivarsi in caso di problemi. SU Cass. 19785/2015: se utilizzatore rifiuta consegna per vizi, concedente deve sospendere pagamento al fornitore e tutelare utilizzatore. | Messa in mora scritta di fornitore e concedente appena sorge il problema (costituzione inadempimento). Sospensione canoni ex art.1460 c.c. se bene non goduto (comunicandolo motivatamente). Risoluzione contrattuale: chiedere scioglimento per inadempimento del concedente (mancata consegna = causa mancante). Richiamo a art.1526 c.c. analogico (restituzione canoni) se leasing traslativo risolto per questi motivi. Azione diretta contro fornitore per vizi (garanzia) + coinvolgimento concedente: tenere informato e chiedere intervento; se non coopera, eccepire violazione buona fede. Difesa in giudizio: opporsi a eventuale domanda concessa (paradosso: concedente chiede canoni non pagati mentre non ha fornito bene) con exceptio inadimplenti. Usare principi Cassazione pro-utilizzatore: es. causa in concreto del leasing è godimento bene, se viene meno, obblighi pagamento cadono. Risarcimento danni: quantificare danno da mancato uso bene e richiederlo al concedente (soprattutto se c’era clausola di consegna a data certa non rispettata). Mediazione/ABF: portare il caso in mediazione obbligatoria bancaria o davanti ABF per una soluzione rapida – ABF ha trattato “inadempimento del fornitore” in 42 decisioni leasing, spesso ripartendo le perdite tra intermediario e cliente. |
Difetti del bene concesso in leasing
Descrizione e problemi giuridici – Questo tema è collegato al precedente, ma merita focus specifico: cosa può fare l’utilizzatore se il bene consegnato in leasing è affetto da vizi o difetti che ne limitano o impediscono l’uso? Nel leasing finanziario classico, vi è il noto triangolo: fornitore vende al concedente, che dà in locazione all’utilizzatore. Tra fornitore e utilizzatore non c’è contratto di vendita diretto, quindi formalmente l’utilizzatore non può agire con l’azione diretta di garanzia ex art.1490 c.c. (a meno di cessione del contratto o mandato). Tuttavia, di fatto l’utilizzatore sceglie il bene e il fornitore, quindi la giurisprudenza ha “forgiato” tutele: già dagli anni ‘90 si distingue tra leasing traslativo (funzione economica di vendita a rate) e leasing di godimento. Nel leasing traslativo la giurisprudenza (Cass. n. 2809/1993) applicava analogicamente le tutele dell’acquirente in caso di risoluzione: in particolare, prima della L.124/2017, se il leasing traslativo si risolveva per inadempimento dell’utilizzatore, questi aveva diritto alla restituzione dei canoni versati al netto di equo compenso, analogamente a quanto l’art.1526 c.c. prevede per la vendita con riserva di proprietà. Ebbene, in caso di vizi del bene, alcuni tribunali hanno paragonato la posizione dell’utilizzatore a quella di un acquirente: se il bene è inutilizzabile per vizi essenziali, l’utilizzatore potrebbe chiedere la risoluzione del contratto per inadempimento (della controprestazione) e la restituzione dei canoni. C’erano però ostacoli: la clausola contrattuale tipica scarica tutti i vizi sul fornitore. La Cassazione, con le SU 19785/2015 citate, ha fornito una soluzione equilibrata (come visto sopra): distinguere tra vizi prima della consegna (che legittimano l’utilizzatore a rifiutare il bene e sospendere il contratto) e vizi dopo la consegna (azione diretta verso fornitore per riparazione/sostituzione, con cooperazione del concedente). In entrambi i casi, “a ognuno la sua soluzione”: l’utilizzatore non è privo di rimedi. Egli può fare valere i vizi del bene contro il fornitore e, indirettamente, ottenere tutela nel rapporto col concedente (sospendendo canoni, ottenendo risoluzione se il vizio rende impossibile la fruizione).
Nel leasing operativo o quando il concedente coincide col fornitore (es. leasing di un macchinario fornito dalla stessa società di leasing, o un leasing immobiliare in costruendo dove il concedente commissiona la costruzione), il concedente ha una responsabilità diretta per i vizi come qualsiasi locatore/venditore. In questi casi l’utilizzatore può sicuramente agire contrattualmente contro il concedente per difetto del bene (domanda di adempimento, riduzione canoni, risoluzione). Ad esempio, nel leasing immobiliare in costruendo (dove una società di leasing finanzia la costruzione di un immobile da consegnare al cliente), ritardi o difetti costruttivi possono portare l’utilizzatore a chiedere la risoluzione o riduzione dei canoni; vi sono state pronunce di merito che in tali fattispecie hanno condannato il concedente a risarcire i danni all’utilizzatore per i ritardi del costruttore, essendo il concedente direttamente parte attiva nel rapporto di appalto.
Va menzionato anche il caso di perimento o distruzione del bene: di solito il rischio perimento è sull’utilizzatore (pagherà i canoni anche se il bene viene distrutto, salvo assicurazione). Non è un “vizio” ma un sinistro; tuttavia, se il concedente omette di stipulare la polizza assicurativa obbligatoria prevista, ciò può costituire un grave inadempimento del concedente, con diritto dell’utilizzatore a essere manlevato dalle conseguenze (es. non dover pagare integralmente un bene ormai perso). Questo rientra negli obblighi contrattuali accessori spesso trascurati.
Tattica di difesa dell’utilizzatore – (i) Documentare immediatamente i difetti riscontrati (foto, perizia tecnica), inviare lettera raccomandata al fornitore denunciando i vizi (entro 8 giorni se contratto di vendita tra professionisti, ma qui formalmente l’acquirente è il leasing – non di meno, conviene rispettare termini brevi di denunzia per prudenza). (ii) Inoltrare copia al concedente, chiedendo la sospensione del pagamento verso il fornitore e informandoli che i canoni saranno sospesi finché il bene non sarà conforme. (iii) Se il difetto è riparabile, negoziare col fornitore tramite il concedente per la riparazione o sostituzione, prevedendo eventualmente un allungamento del periodo di leasing o uno sconto. (iv) Se il difetto è grave e rende il bene inutilizzabile, e il fornitore non rimedia, valutare di risolvere il contratto: mettere in mora entrambi, quindi, se persistono, avviare un giudizio per far dichiarare la risoluzione del leasing per inadempimento del concedente (e in subordine del fornitore in solido) chiedendo restituzione dei canoni pagati e risarcimento. Questa è una strada complessa ma possibile soprattutto se si configura un leasing traslativo con causa concreta di trasferimento di un bene funzionante. (v) Spesso la leva migliore è minacciare di coinvolgere la banca-leasing in un contenzioso: sapendo di avere pagato per un bene difettoso, la banca può a sua volta rivalersi sul fornitore, quindi potrebbe scegliere di aiutare l’utilizzatore (ad esempio, concordando una sospensione canoni temporanea, o sostituendo il bene con altro). (vi) Utilizzare l’ABF: se il concedente è un intermediario finanziario vigilato, l’utilizzatore può ricorrere all’Arbitro per lamentare la mancata assistenza su bene difettoso. L’ABF, come visto, ha esaminato casi di “inadempimento del fornitore” nel leasing, spesso raccomandando soluzioni equitative (es. divisione delle perdite). (vii) In giudizio, oltre alla risoluzione, chiedere eventualmente la riduzione del prezzo (canoni), mutuando l’azione quanti minoris: se l’utilizzatore intende tenere il bene nonostante i difetti, può chiedere che i canoni vengano ridotti proporzionalmente (questo non è previsto esplicitamente nel leasing, ma analogicamente si potrebbe tentare, specie se i difetti diminuiscono il valore d’uso). (viii) Considerare la polizza assicurativa: molti leasing includono assicurazione sui beni. Se il difetto ha causato danni (es. macchinario che esplode), attivare l’assicurazione può mitigare la perdita e ridurre i contrasti.
Tabella riepilogativa – Vizi del bene in leasing
Descrizione e riferimenti | Rimedi per l’utilizzatore |
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Vizi del bene: il bene consegnato è difettoso, inutilizzabile o non conforme. Nel leasing finanziario, clausola tipica: “eventuali contestazioni per vizi sono a carico dell’utilizzatore verso il fornitore, restando il concedente estraneo”. Tuttavia, obblighi di buona fede impongono cooperazione del concedente. Cass. SU 19785/2015 e Cass. 9663/2020: distinguere vizi prima della consegna (utilizzatore può rifiutare il bene; concedente deve sospendere pagamento al venditore), e vizi dopo consegna (utilizzatore agisce vs fornitore per riparazione/sostituzione; concedente tenuto ad analoga cooperazione). Utilizzatore può chiedere danni al fornitore (anche rimborso canoni pagati). | Denuncia immediata vizi a fornitore (anche se formale acquirente è leasing). Contestazione a concedente: comunicare difetti e riserva di non pagare finché non risolti. Sospensione canoni se bene inutilizzabile (dando evidenza del vizio). Richiesta di intervento: sollecitare concedente a far valere garanzia col fornitore (citare Cass. SU 2015 su obbligo cooperazione). Risoluzione del contratto: se vizio grave e irreparabile, chiedere risoluzione leasing e restituzione canoni (specie in leasing traslativo – vizio radicale = mancanza causa). Riduzione canoni: negoziare o chiedere giudizialmente un adeguamento del prezzo se si accetta il bene con difetto (azione analogica di riduzione). ABF: ricorso per “inadempimento fornitore” – ABF può raccomandare sospensione pagamenti o soluzioni condivise. Risarcimento: pretendere rimborso spese per riparazioni effettuate, danno da fermo macchina, ecc., dal fornitore (e in solido dal concedente se colpevole di inerzia). Polizza assicurativa: verificare copertura garanzie estese o assicurazioni incluse; attivarle se applicabili. In caso di perimento bene senza colpa utilizzatore, invocare esonero pagamento (assicurazione paga) e se concedente non aveva assicurato quando doveva, considerarlo inadempimento suo. |
Risoluzione anticipata abusiva del leasing
Descrizione e quadro normativo – La risoluzione anticipata di un contratto di leasing avviene tipicamente per inadempimento dell’utilizzatore (mancato pagamento di canoni). In passato, i contratti di leasing prevedevano clausole risolutive espresse molto severe: spesso era sufficiente il mancato pagamento di una rata per consentire al concedente di risolvere il contratto, esigere tutte le somme residue e trattenere quanto già incassato. Ciò portava a situazioni di evidente squilibrio: l’utilizzatore moroso, oltre a perdere il bene, restava gravato da gran parte dei costi senza contropartita. La giurisprudenza, intervenendo su tali clausole in assenza di una disciplina specifica, distingueva come detto tra leasing di godimento (applicando analogicamente la disciplina della locazione: il concedente poteva trattenere i canoni scaduti e chiedere una penale per l’anticipata risoluzione) e leasing traslativo (applicando art.1526 c.c.: il concedente deve restituire i canoni riscossi, salvo diritto a equo compenso e a un’eventuale penale equa). Questa incertezza ha portato nel 2017 a introdurre una disciplina legislativa ad hoc: la L.124/2017, comma 137-140, applicabile ai leasing finanziari in caso di inadempimento dell’utilizzatore.
Oggi (per contratti dal 2017): la legge definisce quando l’inadempimento è grave (sei canoni mensili non pagati per leasing immobiliari, quattro per altri beni, anche non consecutivi), quindi il concedente può risolvere se si supera questa soglia (soglia inderogabile a tutela del debitore: così non si può più risolvere per un ritardo minimo). Inoltre, la legge stabilisce gli effetti della risoluzione (patto marciano): il concedente ha diritto alla restituzione del bene e può esigere dall’utilizzatore: i canoni scaduti non pagati, + i canoni a scadere (sola quota capitale) scontati, + il prezzo pattuito per l’opzione finale, + eventuali spese di recupero e vendita del bene. D’altro canto, il concedente deve restituire all’utilizzatore quanto ricavato dalla vendita o ricollocazione del bene, al netto delle somme sopra indicate. In formula: importo dovuto = (canoni scaduti impagati + capitale residuo + opzione + spese) – ricavato netto realizzo. Se il risultato è positivo, l’utilizzatore paga la differenza; se è negativo (surplus), il concedente rimborsa l’eccedenza. Questo meccanismo impedisce arricchimenti ingiustificati: il concedente non può tenere sia il bene sia tutti i soldi senza conguaglio. Questa è la disciplina attuale vincolante per i leasing finanziari recenti.
Contratti antecedenti 2017: come stabilito da Cass. Sez. Un. 2061/2021, la L.124/2017 non si applica retroattivamente. Quindi, per le risoluzioni verificatesi prima, restano le regole giurisprudenziali. In tali casi, come accennato, la distinzione traslativo/godimento è chiave: per leasing traslativo, Cass. SU 2061/2021 ha confermato l’applicabilità analogica dell’art.1526 c.c.. Ciò significa che, se il leasing traslativo si risolve anticipatamente per inadempimento dell’utilizzatore, la clausola contrattuale che dà al concedente il diritto di trattenere tutti i canoni pagati e chiedere quelli a scadere non è di per sé nulla, ma va integrata come segue: l’utilizzatore, una volta restituito il bene e pagato l’eventuale dovuto, ha diritto alla restituzione dei canoni già versati, detratto un equo compenso per l’uso del bene; inoltre il giudice può ridurre d’ufficio un’eventuale penale manifestamente eccessiva. In pratica, in assenza di patto marciano pattizio, la legge supplisce con i principi di 1526 c.c.: il concedente deve restituire il ricavato del reimpiego del bene oltre l’importo del suo credito. Cass. 10249/2022 e Cass. 7367/2023 (richiamate dalla ord. Cass.3930/2024) hanno applicato tali principi: hanno censurato decisioni di merito che avevano permesso al concedente di trattenere tutto, ribadendo che andava riconosciuto all’utilizzatore il rimborso e operata l’eventuale riduzione della penale. È quindi abusiva (contraria alla legge o equità) la risoluzione in cui il concedente, dopo aver riottenuto il bene, pretenda di trattenere integralmente i canoni incassati e addirittura esigere tutti i restanti, senza alcun conguaglio: i giudici correggono d’ufficio simili pretese.
Altra ipotesi di “risoluzione abusiva” è quando il concedente risolve troppo presto, ovvero senza che vi sia un’inadempimento grave. Prima della soglia di legge, bisogna rifarsi al concetto di gravità dell’inadempimento ex art.1455 c.c.: non ogni ritardo giustifica la risoluzione. Se il concedente risolve per un ritardo minimo (magari perché c’è clausola risolutiva per qualsiasi ritardo), il debitore può contestare che la clausola in concreto contrasta col principio generale di proporzionalità: diversi tribunali, prima del 2017, avevano disapplicato clausole risolutive per un solo canone reputando la risoluzione sproporzionata se l’utilizzatore aveva pagato la maggior parte del prezzo (specie in leasing traslativi). Oggi questo scenario è codificato: se sei sotto le soglie di legge, il concedente non può risolvere, e se lo fa la risoluzione è inefficace.
Strategie di difesa del debitore – (i) Prevenire: se il debitore ha difficoltà, cercare di rinegoziare il piano col concedente prima di accumulare un ritardo tale da superare le soglie (oggi c’è spesso maggiore apertura a soluzioni di moratoria, soprattutto dopo esperienze come la pandemia Covid). (ii) Se arriva una comunicazione di risoluzione (o di decadenza dal termine) e il debitore ritiene di non aver superato la soglia di legge (per i contratti nuovi) o comunque che il suo inadempimento sia lieve, può immediatamente contestare per iscritto la illegittimità della risoluzione, affermando la volontà di adempiere e depositando eventualmente le somme arretrate (offerta reale o messa a disposizione). Questo crea una prova a suo favore in un eventuale giudizio di opposizione. (iii) In caso di contenzioso (di solito la società di leasing notificherà un decreto ingiuntivo per i canoni residui/penali), l’utilizzatore deve proporre opposizione eccependo: se contratto post-2017, che la risoluzione è avvenuta senza rispettare la L.124/2017 (quindi invalida); se pre-2017 traslativo, invocare art.1526 c.c. analogico: chiedere al giudice di determinare il saldo effettivamente dovuto applicando lo schema 1526, ovvero imputando il valore ricavato dal bene a riduzione del debito e restituendo l’eventuale eccedenza. (iv) Sempre opporre l’exceptio doli se il concedente non ha venduto il bene tempestivamente o l’ha venduto sotto costo: la L.124/2017 ora obbliga a vendita a valori di mercato, ma prima bisognava fidarsi del concedente. Si può chiedere accertamento del valore di mercato del bene e imputazione di tale valore. (v) Contestare eventuali clausole penali disproportionate (es. “penale pari al 20% dell’importo finanziato” in aggiunta al resto): invocare art.1384 c.c. per ridurre la penale equamente. Già Cass. 25199/2024 ha definito “perfettamente lecita” la pattuizione di pagamento canoni scaduti e a scadere in caso di risoluzione, ma ciò non esclude l’applicazione di 1526 c.c. traslativamente interpretato. Quindi il debitore deve far valere che quell’accordo contrattuale va integrato dalle norme imperative. (vi) Se il leasing era con un consumatore, ricordare che per esso potrebbe applicarsi anche il Cod. Consumo: in un caso di pochi anni fa, un giudice ha dichiarato vessatoria la clausola che consentiva la risoluzione per un ritardo minimo senza preavviso, perché squilibrata. Dunque, se utente consumatore, aggiungere anche tale profilo. (vii) Non ultimo: in fase di trattativa o mediazione, far leva su questi argomenti legali per ottenere una transazione: ad esempio, proponendo di restituire il bene e pagare solo una percentuale del residuo a saldo e stralcio, evidenziando che altrimenti in giudizio il concedente rischia di dover restituire dei soldi.
Tabella riepilogativa – Risoluzione anticipata e tutele
Scenario risoluzione anticipata | Difesa del debitore |
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Risoluzione per morosità dell’utilizzatore. Contratti >= 2017: soglie legge (grave inadempimento se ≥6 mensilità arretrate immobili, ≥4 altri beni). Effetti ex lege: patto marciano (conguaglio vendita bene) – niente arricchimento concedente. Contratti < 2017: clausole contrattuali spesso sbilanciate (risoluzione anche per 1 rata, diritto concedente tenere tutto). Giurisprudenza: leasing traslativo → applicare art.1526 c.c. analogico (restituzione canoni pagati – equo compenso; penale riducibile); leasing godimento → approccio da locazione (niente restituzione canoni goduti, ma eventuale penale equa per anticipata cessazione). Risoluzione abusiva = risoluzione attivata senza vero grave inadempimento o con pretese eccessive (tenere tutto senza conguaglio). | Prima della risoluzione: se in difficoltà, chiedere moratoria o dilazione (anche in base a piani ABI/associazioni). Dopo intimazione: se inadempimento lieve, contestare per iscritto la risoluzione non dovuta, offrire pagamento arretrati (mostrare buona fede per evitare decadenza). Se risolto: all’arrivo di richieste (ingiunzione): opposizione in tribunale invocando L.124/2017 se applicabile (inefficacia risoluzione sotto soglia), oppure art.1526 c.c. (richiesta conteggio equo). Far valere scomputo valore bene: chiedere CTU per valutare bene ed importo effettivamente dovuto. Contestare penali: chiedere al giudice riduzione penale ex art.1384 c.c. se evidente eccesso. Chiedere restituzione: se il concedente ha già rivenduto il bene a terzi, domandare in giudizio che fornisca conteggi e restituisca l’eventuale eccedenza (tenendo conto di acconti e valore realizzo). ABF/Mediazione: per importi contenuti, tentare ABF (che può consigliare soluzioni di saldo equo). In mediazione, proporre chiusura a stralcio evidenziando che per vie legali il concedente recupererebbe forse meno (specialmente se valore bene alto). Consumatori: invocare nullità clausole risolutive e penali vessatorie (ulteriore appiglio). |
Penali sproporzionate e altre clausole sanzionatorie
Descrizione – Le clausole penali nei contratti di leasing sono disposizioni che stabiliscono un importo dovuto dall’utilizzatore in caso di inadempimento o risoluzione anticipata, a titolo di liquidazione preventiva del danno. Spesso sono mascherate da formule complicate, ma l’effetto è di aggravare la posizione del debitore inadempiente. Esempi: “in caso di risoluzione l’utilizzatore dovrà corrispondere, a titolo di penale, una somma pari a x canoni oppure a una percentuale del capitale residuo”; oppure la previsione che tutti i canoni a scadere diventino immediatamente esigibili scontati, oltre eventuali ulteriori indennizzi. Alcune clausole di maxi-canone finale non rimborsabile se non si esercita il riscatto possono anch’esse fungere da penale occulta.
Il diritto italiano consente le clausole penali (art.1382 c.c.), ma al contempo prevede che, se la penale è manifestamente eccessiva, il giudice possa ridurla equamente (art. 1384 c.c.). Nel contesto dei leasing, prima del 2017 alcune penali contrattuali erano davvero eccessive: si arrivava, come detto, a far pagare praticamente l’intero importo pattuito anche se il bene veniva ripreso e rivenduto. Oggi la L.124/2017 di fatto ha eliminato le penali convenzionali, imponendo per legge il meccanismo di conguaglio. Ma residuano situazioni in cui possono esserci penali: ad es. penale di risoluzione anticipata volontaria (se l’utilizzatore chiede di estinguere il leasing prima del termine, può essere previsto un compenso), oppure penale per mancato esercizio di riscatto (in alcuni contratti: se a fine leasing il cliente non esercita l’opzione, deve pagare una sorta di penale o commissione). Anche spese di gestione forfettarie e commissioni fisse in caso di inadempimento possono essere viste come penali (es. spese di sollecito €100 a lettera – non giustificate da costi reali – possono essere ridotte dal giudice come clausole penali eccessive). L’AGCM, come visto, considera vessatorie e quindi inefficaci le penali occulte non giustificate (caso fee multe auto).
Giurisprudenza significativa: Cass. 25199/2019 (menzionata sopra) e Cass. 28546/2024 hanno affermato che la clausola del leasing traslativo che pone a carico dell’utilizzatore canoni scaduti e a scadere non è nulla di per sé, ma va applicata con equità, riducendo l’importo se necessario. Cass. 27017/2018 ha ritenuto che in caso di nullità della clausola penale per usura, comunque il giudice può riconoscere un indennizzo base (questo in campo mutui). L’Arbitro Bancario Finanziario in diverse decisioni ha dichiarato non dovute commissioni di estinzione anticipata o spese eccessive, richiamando l’art.125-sexies TUB (per i consumatori, max 1% del capitale residuo come penale estinzione anticipata, oltre non va). Quindi per leasing consumer, eventuali penali di estinzione anticipata oltre soglia sono illegittime.
Strategie di contestazione – (i) Identificare se la somma richiesta dal concedente in caso di risoluzione o recesso anticipato è penale o semplice quantificazione del danno. Spesso contrattualmente la distinguono male, ma se è forfettaria è penale. (ii) In una vertenza giudiziale, sempre chiedere in via subordinata la riduzione della penale ex art.1384 c.c.: il giudice valuterà la proporzionalità. La giurisprudenza considera parametri: durata contratto, entità inadempimento, eventuali utilità ricavate dal concedente (riutilizzo bene). Ad es., se la penale contrattuale porterebbe il concedente a recuperare più del suo credito residuo, sicuramente si configura come eccessiva. (iii) Argomentare che la penale non può diventare fonte di ingiusto guadagno: Cass. 7367/2023 ha ribadito proprio che il giudice deve evitare che il concedente incassi più di quanto giustificato, riducendo l’indennità. (iv) Se l’importo è stato già pagato (utilizzatore ha pagato una penale, magari per chiudere anticipatamente), egli può valutarne la ripetizione parziale via ABF o causa, provando che era eccessiva. (v) In ambito consumer, segnalare la penale all’AGCM come vessatoria se sproporzionata. (vi) Nei reclami stragiudiziali, una tecnica efficace è allegare un calcolo: es. “la Vostra richiesta di €50.000 a fronte di un capitale residuo di €40.000 e bene rivenduto a €35.000 implica un arricchimento di €45.000 oltre il capitale – chiaro indice di penale eccessiva; in base all’art.1384 c.c., sarebbe ridotta almeno a… Proponiamo saldo a €10.000.” Questo mostra alla controparte che il giudice potrebbe ridurre e li spinge a trattare. (vii) Utilizzare ABF: se la questione è l’entità di commissioni o penali, ABF spesso offre soluzione a metà strada. (viii) Non dimenticare la prescrizione: il diritto alla riduzione penale è collegato alla domanda giudiziale, quindi se un cliente paga e non contesta per troppo tempo, rischia di non recuperare. Occorre quindi muoversi entro 10 anni dal pagamento per chiedere restituzione parziale.
Tabella riepilogativa – Penali sproporzionate
Descrizione | Tutela del debitore |
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Penali eccessive: somme forfettarie dovute per risoluzione/estinzione che eccedono il danno effettivo. Es.: penale risoluzione = tutti i canoni residui (già coperti dal valore del bene); commissioni estinzione > limiti di legge; spese forfettarie non commisurate ai costi reali (v. fee multe, 50€ per inviare dati, ritenuta vessatoria da AGCM). Norme: art.1384 c.c. (riducibilità penale), art.125-sexies TUB (max penale 1% per consumatore su estinzione anticipata). | Richiesta riduzione giudiziale: eccepire in giudizio ex art.1384 c.c. la sproporzione, fornendo parametri (quanto ha già incassato concedente, valore bene, ecc.). Difesa su equità: evidenziare arricchimento ingiustificato se penale piena – citare giurisprudenza (SU 2061/21, Cass.7367/23) su equilibrio da ripristinare. Negoziazione: usare minaccia azione legale per ottenere sconto su penale (concedente sa che giudice potrebbe dimezzare). ABF: ricorso per penali estinzione anticipata elevate – ABF applica spesso limiti TUB per consumatori e equità per altri. AGCM: se clausola penale standard in contratti consumer, segnalare come vessatoria (può portare a provvedimento pubblico e pressione a rimborsare). Rimborso: se penale già pagata, agire entro 10 anni per ripetere quota eccedente. Anche semplice lettera di diffida può portare a rimborso parziale in via transattiva, specie se l’importo è macroscopicamente alto. |
Pubblicità ingannevole e pratiche commerciali scorrette nei leasing
Descrizione e normativa – La fase precontrattuale è cruciale: spesso i clienti vengono attratti verso un’offerta di leasing da messaggi pubblicitari o brochure commerciali. Se tali messaggi risultano ingannevoli – ad esempio presentano il leasing come “a tasso zero” nascondendo però spese elevate, oppure enfatizzano una rata mensile bassa senza chiarire l’anticipo e la maxirata finale – si configura una pratica commerciale scorretta ai sensi degli artt. 20-27 del Codice del Consumo (D.lgs.206/2005) se rivolta a consumatori, o pubblicità ingannevole ai sensi del D.lgs. 145/2007 se incide su professionisti. Nel contesto leasing, casi frequenti di potenziale inganno: pubblicità di leasing auto con rata mensile stracciata ma con un maxi anticipo e valore residuo elevato scritti in piccolo; prospetti che parlano di “leasing 100% finanziato, nessun interesse” quando in realtà applicano commissioni che di fatto sono interessi camuffati.
L’AGCM ha dedicato attenzione al settore automotive: nel 2022 ha concluso ben 14 procedimenti contro case automobilistiche per come presentavano offerte di acquisto con finanziamento o leasing. L’Autorità ha rilevato che quasi tutti enfatizzavano la rata mensile minima o un prezzo parziale, occultando oneri finanziari e spese in note poco leggibili; informazioni cruciali (anticipo, numero rate, maxirata, TAN, TAEG) erano relegate in sezioni poco chiare. A seguito dell’intervento AGCM, tali imprese hanno dovuto modificare la pubblicità, inserendo un riquadro chiaro con tutte le voci di costo (anticipo, importo rate, maxirata, TAN, TAEG) per permettere al consumatore di comprendere l’impegno economico. Questo esempio dimostra che pubblicità omissive o fuorvianti in materia di leasing sono ritenute illecite: non si può pubblicizzare “leasing a 199€ al mese” senza evidenziare che c’è un anticipo di 5.000€ e una maxirata finale di 10.000€, ad esempio.
Un altro fronte è la carenza informativa precontrattuale: oltre alla pubblicità in senso stretto, vi sono obblighi normativi di trasparenza. Per i leasing a clienti consumatori o microimprese, si applicano analogicamente molte disposizioni di trasparenza bancaria del TUB: ad esempio, deve essere fornito un Foglio Informativo con condizioni economiche prima della conclusione, e un Documento di Sintesi contrattuale con le principali condizioni. L’omessa o incompleta consegna di questi documenti può essere contestata come violazione del dovere precontrattuale di buona fede e come infrazione amministrativa (Banca d’Italia può sanzionare l’intermediario). Se la mancanza di informazioni ha indotto il cliente in errore sul contratto, in casi estremi si può ipotizzare un annullamento per vizio del consenso (errore o dolo), ma è un rimedio difficile: di solito conviene puntare sulle tutele specifiche (nullità clausole, sanzioni TUB). Ad esempio, se non è stato indicato il TAEG, invece di chiedere annullamento per dolo, si chiederà l’applicazione della sanzione di cui all’art.117 TUB (tasso sostitutivo).
Strumenti di tutela – (i) Segnalazione all’AGCM: il singolo consumatore che ritiene di essere stato tratto in inganno da una pubblicità di leasing può inviare una segnalazione all’Antitrust. L’Autorità, se rileva elementi, avvierà un’istruttoria e, se conferma l’ingannevolezza, potrà vietare la pubblicità e comminare una multa (come nel caso del 2022 per le case auto). Ciò non dà automaticamente un rimedio individuale, ma il consumatore può utilizzare il provvedimento AGCM a suo favore (es. se un provvedimento accerta che la promozione era ingannevole, si può sostenere di essere stati indotti in errore e magari trovare accordo col leasing). (ii) Azione inibitoria collettiva: associazioni di consumatori possono agire in giudizio per inibire le pratiche scorrette. (iii) Sul piano individuale, se un leasing è stato sottoscritto sulla base di informazioni ingannevoli, l’utilizzatore potrebbe chiedere l’annullamento per dolo (artt.1439 c.c.) dimostrando il raggiro pubblicitario determinante del consenso. Non è facile inquadrare la pubblicità come dolo contrattuale, ma in casi macroscopici (tassi promessi diversi dai reali) si può tentare. In alternativa, c’è l’azione di risarcimento danni ex art.2043 c.c. contro la società per pratica commerciale scorretta: ad esempio, se pagando i canoni ci si accorge che il costo effettivo è molto superiore a quanto prospettato, chiedere indennizzo pari alla differenza (ci sono state cause in ambito di finanziamenti per rimborso di interessi occulti basate su pubblicità ingannevole). (iv) Carenza informativa: se mancano documenti obbligatori (es. lo SECCI – Informazioni europee di base per credito ai consumatori), segnalarlo subito (reclamo) e se ne hanno pregiudizio, ricorrere all’ABF. L’ABF può riconoscere un risarcimento per danno da omessa trasparenza in alcuni casi (piccole somme per “danno da disservizio” per mancate informazioni). (v) Usare la violazione delle regole di trasparenza come scudo: ad es. se il leasing chiede spese non indicate in contratto, eccepire la nullità di quelle spese ex art.117 TUB. O se il tasso leasing indicato era fuorviante rispetto al costo effettivo, far leva su quell’incongruenza per chiedere ricalcolo. (vi) Infine, diffondere consapevolezza: molti problemi si prevengono leggendo attentamente i prospetti e chiedendo il TAEG totale (che deve includere canoni, anticipo, riscatto, spese). Un consumatore informato chiederà “mi faccia il calcolo del TAEG” e un intermediario serio deve fornirlo.
Tabella riepilogativa – Pubblicità ingannevole e informazioni precontrattuali
Descrizione | Strumenti di tutela |
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Pubblicità ingannevole: messaggi commerciali falsi o omissivi su costi e condizioni del leasing. Es.: enfatizzare rata minima occultando anticipo/maxirata; dire “interessi zero” ma caricare spese. Carenza informativa precontrattuale: mancata consegna fogli informativi, SECCI, mancata indicazione TAEG. Norme: art.21-22 Cod. Consumo (ingannevolezza), regole Bankitalia trasparenza (Circ.285/2013 e succ.). AGCM e Banca d’It. vigilano. Cass. 21346/2023 (ipotetica) – costante giurisprudenza riconosce nullità clausole non trasparenti ex art.117 TUB. | AGCM: segnalazione pratica scorretta (porta a istruttoria e possibile sanzione, vedi casi auto 2022). ABF: ricorso per omissioni info – ABF può imporre rimborso spese non trasparenti o indennizzo simbolico al cliente. Reclamo scritto all’intermediario: lamentare l’inganno e chiedere rimedio (es. riduzione tassi al promesso in pubblicità). Annullamento contrattuale: valutare se errore determinante causato da pubblicità falsa → azione annullamento per dolo, oppure risoluzione per inadempimento se promesse non mantenute (ad es. promesso tasso 0% ma applicato 5%: chiedere risoluzione/rest. canoni). Risarcimento danni: quantificare differenza tra quanto pattuito consapevolmente e realtà, chiedere rimborso. Nullità parziale: se un costo non era indicato, eccepire nullità di quella clausola (es. commissione occulta = non dovuta). Mediazione e negoziazione: far presente all’intermediario che continuare una causa su pubblicità ingannevole ha rischi reputazionali, quindi spingerlo a transigere (p.es. abbassando i canoni). Consob: se leasing proposto come investimento (raro), segnalazione a Consob per profili di competenza. |
FAQ – Domande frequenti
D: Ho scoperto che il mio contratto di leasing aveva un TAEG molto più alto di quanto mi era stato detto. Posso fare qualcosa?
R: Sì. Innanzitutto verifica se eri un consumatore al momento della firma: se sì, la legge imponeva di indicare chiaramente il TAEG nel contratto. L’omessa o errata indicazione del TAEG può comportare la nullità della clausola sugli interessi e l’applicazione di un tasso minimo legale. Anche se non sei consumatore, un discostamento significativo tra costo prospettato e costo effettivo può essere contestato come difetto di trasparenza. Puoi inviare un reclamo/diffida alla società di leasing allegando i calcoli e chiedendo un riequilibrio (es. riduzione del tasso o eliminazione di costi occulti). Se non ottieni riscontro, hai due strade: ABF, presentando ricorso per indebita informativa (che spesso dà esiti positivi in caso di TAEG non chiaro), oppure azione legale per far dichiarare la nullità della clausola sugli interessi ex art.117 TUB o per annullamento per dolo (se riesci a provare che ti hanno ingannato deliberatamente sul costo). In giudizio, chiedi in subordine la riduzione del tasso applicato al livello che ti era stato promesso oralmente o pubblicitariamente. Ricorda di raccogliere prove: depliant, email o testimonianze su cosa ti era stato rappresentato. La decisione AGCM del 2022 sulle case auto ha proprio stigmatizzato il problema delle offerte poco chiare, puoi citarla a supporto della tua posizione.
D: Il leasing mi ha addebitato interessi di mora elevatissimi per alcuni ritardi. Posso oppormi?
R: Sì, gli interessi di mora devono rispettare la normativa antiusura e di trasparenza. Verifica il tasso di mora contrattuale: se, sommato al tasso base, supera il tasso soglia d’usura del periodo, la clausola è nulla e non devi alcun interesse di mora (art.1815 c.c.). Anche se non supera la soglia ma è comunque molto alto (es. +5-6% sul tasso ordinario), puoi chiedere al giudice di ridurre la pretesa per eccesso (alcuni tribunali applicano comunque l’art.1384 c.c. analogicamente alle penali di mora). Inoltre, controlla se nel contratto c’è la formula “interessi moratori al tasso… maggiorato di X punti”: spesso il tasso effettivo viene poi calcolato diversamente. Puoi rivolgerti all’ABF: l’Arbitro Bancario ha spesso dato ragione ai clienti su interessi di mora troppo elevati, stabilendo ad esempio che non fossero dovuti oltre una certa soglia. In ogni caso, scrivi alla società contestando che il tasso di mora è illegittimo (magari allegando riferimenti come Cass. SU 19597/2020 che ha chiarito che gli interessi moratori rientrano nel calcolo di usura). Se hai già pagato more, potresti chiederne la restituzione parziale. Un consiglio: chiedi a un esperto di calcolarti l’ISC di mora (quanto incide sul debito): avrai numeri concreti per sostenere la tua opposizione.
D: Ho un leasing strumentale (macchinario). Dopo 3 anni ho problemi a pagare. La società di leasing minaccia la risoluzione immediata se non saldo due canoni arretrati. Può farlo?
R: Dipende da quando hai firmato e cosa prevede il contratto, ma in generale la legge oggi tutela di più il debitore. Se il contratto ricade nella L.124/2017 (quindi se la risoluzione avviene ora, presumo di sì), due soli canoni di ritardo non dovrebbero legittimare la risoluzione immediata: la legge fissa come grave inadempimento almeno 4 canoni mensili non pagati per beni mobili come i macchinari. Dunque, la minaccia di risolvere per due rate è contraria alla norma – faglielo notare per iscritto. Se insistono, sappi che anche in caso di risoluzione illegittima potrai contestarla. Se il contratto fosse antecedente e la società si basa su una clausola contrattuale, essa potrebbe essere considerata vessatoria o comunque, in giudizio, il giudice valuterà la gravità ex art.1455 c.c.: due rate su 3 anni di pagamento probabilmente non sono un inadempimento sufficientemente grave. Ti conviene: (i) rispondere subito per iscritto, dicendoti disponibile a un piano di rientro e ricordando le soglie di legge; (ii) iniziare magari a pagare qualcosa (anche un acconto) per ridurre il debito e farti vedere in buona fede; (iii) se malauguratamente ti inviano una lettera di risoluzione, rivolgiti a un avvocato per un’eventuale azione d’urgenza o per preparare la difesa in caso di richiesta di penali. Considera anche la mediazione: essendo materia bancaria, la mediazione è obbligatoria, quindi proponila tu prima: spesso consente di rinegoziare il contratto (ad es. allungare la durata per abbassare le rate). In sintesi: con due canoni non pagati, è molto probabile che tu riesca a evitare la risoluzione definitiva se reagisci tempestivamente e mostri collaborazione, perché la legge è dalla tua parte in termini di soglia di tolleranza.
D: Ho restituito il bene dopo la risoluzione del leasing, e la società l’ha rivenduto, ma comunque mi chiede un sacco di soldi. Posso chiedere conto di quanto hanno ricavato dalla vendita?
R: Assolutamente sì. Nel leasing risolto, specialmente se traslativo, il concedente deve imputare il ricavato della vendita del bene a riduzione del tuo debito. Se non te ne dà conto, chiedilo formalmente. Per i contratti dopo agosto 2017 è un tuo diritto legale: la legge prevede espressamente il conguaglio a tuo favore se il bene viene venduto a più del dovuto. Se il leasing è antecedente ma traslativo, questo principio vale lo stesso per via giurisprudenziale (Cass. SU 2061/2021). Quindi scrivi chiedendo: documentazione della vendita (prezzo, spese) e nuovo calcolo del tuo debito tenendo conto di quel prezzo. Se il concedente ha venduto al ribasso a società collegate o non ha fatto periziare il bene, potresti contestare che non ha agito per massimizzare il ricavato – in giudizio, potresti far stimare al CTU il valore di mercato e chiedere di usare quello. Ci sono stati casi in cui, grazie a questo, l’utilizzatore è risultato persino creditore (ad esempio, bene rivenduto a molto, che superava il debito residuo: in base al patto marciano, la differenza va restituita all’utilizzatore). Quindi sì, chiedi conto e ragione ufficialmente. Se ignorano, nell’eventuale causa di recupero che faranno porta tu le cifre: es. “Bene costato 100, residuo 50, venduto a 70: mio debito dovrebbe azzerarsi e avere 20 indietro, non ulteriori pretese!”. Spesso solo mostrando di sapere queste cose induce la finanziaria a più miti consigli.
D: Posso rivolgermi all’Arbitro Bancario Finanziario (ABF) per la mia controversia di leasing?
R: Sì, l’ABF è competente per controversie tra clienti e intermediari bancari/finanziari riguardanti operazioni e servizi bancari e finanziari, e il leasing finanziario rientra in questi (essendo offerto da banche o società iscritte ex art.106 TUB). L’ABF non copre invece controversie con il fornitore del bene (che non è intermediario finanziario). Quindi, se il tuo problema attiene a questioni come conteggi interessi, penali, trasparenza, comportamenti della società di leasing, puoi fare ricorso all’ABF. Devi prima aver fatto un reclamo scritto alla società e atteso 60 giorni (o aver ricevuto risposta non soddisfacente). L’ABF è veloce (circa 6-12 mesi) e costa solo 20€. Ricorda che le decisioni ABF non sono vincolanti come una sentenza, ma le banche di solito le rispettano; inoltre, comunque vada, non perdi il diritto di andare poi in tribunale. Esistono moltissime decisioni ABF su leasing – ad esempio 526 decisioni totali ad oggi, su temi come inadempimento fornitore (42 dec.) o riscatto (21 dec.). L’ABF ha affrontato casi di vizi del bene (ha invitato le parti a trovare accordo), casi di penali e interessi (spesso ha applicato normative di trasparenza a favore del cliente). Dunque, è uno strumento consigliabile se vuoi risolvere senza lungaggini. Nella domanda ABF spiega bene i fatti, allega documenti e indica esattamente cosa chiedi (es. “rideterminare il dovuto escludendo interessi anatocistici e oltre soglia, restituendo €X”). Tieni conto però che se la questione è molto tecnica o richiede prove testimoniali, ABF non può offrirle; ma su questioni di principio (es. errato TAEG, clausola non chiara) ABF è efficacissimo.
D: Nel contratto c’è scritto in piccolo che rinuncio a qualsiasi eccezione verso la società di leasing se il fornitore non adempie. Significa che non posso fare nulla se il macchinario non funziona?
R: Quella clausola (“patto di non proposizione di eccezioni”) è abbastanza tipica, ma non ti priva dei rimedi. Serve a dire che dovresti continuare a pagare i canoni anche se il bene ha problemi, e casomai rivolgerti solo contro il fornitore. Tuttavia, questa clausola – specie se sei consumatore o PMI – può essere considerata vessatoria, in quanto limita gravemente i tuoi diritti, e quindi nulla se non approvata specificamente (art.1341 c.c.) e/o se contraria a buona fede. Anche la giurisprudenza recente (vedi i principi Cass. 2015/2020 citati) bilancia tale patto con i doveri di cooperazione del concedente. Quindi, non temere: se il macchinario non va, devi agire, come abbiamo detto: contesti subito al fornitore e informi la leasing, sospendi il pagamento se necessario. In caso di causa, quella clausola potrebbe essere disapplicata dal giudice perché vessatoria per squilibrio (ex art.33 Codice Consumo, se applicabile, visto che limita il diritto di difesa del consumatore). In ambito non consumer, resta comunque soggetta a interpretazione secondo buona fede: il giudice potrebbe dire “vale per i vizi lievi, non per quelli che privano totalmente l’utilizzo”. Quindi in pratica non ti impedisce di fare le eccezioni; semmai, sarà poi una valutazione caso per caso. Non lasciarti intimidire da quella frase: tutela i tuoi interessi.
D: La società di leasing mi chiede di firmare un “riconoscimento di debito” per i canoni scaduti, altrimenti non mi concede una dilazione. Se firmo, perdo le mie difese?
R: Bisogna fare attenzione. Firmare un riconoscimento di debito (spesso chiamato saldo estratto conto, o una ricognizione ex art.1988 c.c.) significa in sostanza confermare l’importo dovuto. Questo può pregiudicarti se avevi delle contestazioni (es. su interessi o spese indebite): dopo, sarà più difficile metterle in discussione, perché avrai riconosciuto il debito complessivo. Idealmente, se vuoi accettare un piano di dilazione, cerca di inserire una riserva: ad esempio, firmare magari un accordo transattivo in cui paghi ma “fatti salvi eventuali diritti relativi a contestazioni già sollevate” (non è detto che la controparte lo accetti, però). Se proprio devi firmare per necessità, sappi che potresti ancora contestare clausole di nullità (ad es. usura, anatocismo) perché queste nullità non si coprono con un riconoscimento (essendo nullità ipso iure non sanabili); tuttavia, la controparte sosterrà che hai rinunciato implicitamente. Quindi valuta: se le tue contestazioni sono importanti, non firmare un riconoscimento secco. Prova a negoziare un term sheet dove paghi il dovuto minimo e intanto rimetti in bonis il contratto. Spiega loro che non vuoi arrenderti su eventuali diritti. Spesso le società concedono dilazioni anche senza riconoscimenti scritti, magari dietro pagamento di una piccola quota immediata. Quindi il consiglio è: evita di firmare rinunce generiche ai tuoi diritti. Se hai già firmato, non disperare: consulta un legale, perché certe eccezioni (es. nullità per usura) potrai sollevarle comunque – al limite il riconoscimento vale solo come prova del quantum a una certa data, non elimina la possibilità di eccepire che parte di quel quantum era illegittimo.
D: In concreto, come posso contestare formalmente queste irregolarità? C’è un formato specifico?
R: Puoi seguire una scaletta: 1) Reclamo/diffida in forma scritta (meglio raccomandata A/R o PEC) indirizzata alla società di leasing, dettagliando il contratto (numero, data), il problema riscontrato, le norme che ritieni violate, e cosa chiedi (es. “chiedo la restituzione di €X per interessi non dovuti/usurari” o “di convenire un piano di restituzione canoni per vizio del bene” ecc.). Dai un termine (15 giorni) per rispondere. 2) Se non rispondono o rifiutano, puoi procedere con la mediazione obbligatoria (per materie finanziarie è richiesta prima di andare in causa): depositi un’istanza presso un organismo di mediazione, loro convocano la banca e tentate un accordo. 3) In parallelo o alternativa, presentare ricorso all’ABF (non è incompatibile con la mediazione/causa, ma di solito si fa o ABF o causa). 4) Se mediazione fallisce, causa civile ordinaria davanti al tribunale competente. In giudizio il tuo avvocato inserirà tutte le eccezioni e domande del caso. – Esempio pratico: vuoi contestare usura e anatocismo. Mandi diffida: “Oggetto: contestazione interessi su contratto di leasing n… – Con la presente contesto formalmente l’applicazione di interessi in violazione dell’art.644 c.p. e 1815 c.c. (usura) e dell’art.1283 c.c. (anatocismo)… ecc.”. Alleghi i calcoli. Se la banca vede che sei documentato, magari propone già una revisione. Se no, prepari ricorso ABF con gli stessi contenuti. Importante: tieni sempre traccia scritta di tutto e rispetta eventuali termini (es. termine di decadenza per far valere vizi è breve verso il fornitore, 8 giorni, ma tu comunque fallo anche tardivamente con riserva, e per non perdere diritti contrattuali segui tempi di legge dove applicabili). In fondo a questa guida trovi dei modelli pratici che possono aiutarti nella stesura.
Modelli pratici per contestare le irregolarità
(Di seguito proponiamo alcuni fac-simile utili. Vanno personalizzati in base al proprio contratto e situazione. È sempre preferibile farsi assistere da un legale nella redazione, ma questi modelli offrono una traccia.)
Modello 1 – Lettera di diffida al concedente (contestazione irregolarità)
Oggetto: Contestazione di irregolarità contrattuali e messa in mora – Leasing n. ____
Spett.le [Nome Società di Leasing] – Ufficio Reclami
Indirizzo PEC: ____ / Raccomandata A/R: ____
Mittente: [Nome utilizzatore] – Codice Cliente ____ – Contratto di leasing n. ____ del [data]
Luogo e data: [Es. Milano, 10 settembre 2025]
Gentili Signori,
con riferimento al contratto di leasing in oggetto, con la presente intendo formalizzare la contestazione di gravi irregolarità riscontrate nell’esecuzione/nei patti contrattuali, come di seguito dettagliato, e contestualmente metterVi in mora ai sensi degli artt. 1219 e 1454 c.c. per la relativa tutela dei miei diritti.
In particolare, rilevo quanto segue:
- Interessi usurari e non trasparenti: dall’analisi del contratto e dei pagamenti effettuati risulta che il tasso effettivo globale applicatomi (considerando canoni, maxi-rata e spese) è pari a %, valore superiore al tasso soglia antiusura vigente alla stipula (%). Pertanto, ai sensi della L.108/96 e art.1815 c.c., è nulla la pattuizione di tali interessi usurari e nulla è dovuto a tale titolo. Inoltre, rilevo che il TAEG indicato nel contratto (%) risulta inferiore a quello reale calcolato (%), configurando una violazione degli obblighi di trasparenza (art.117 TUB) e un vizio di consenso nella determinazione del prezzo. Tali circostanze sono confermate da recente giurisprudenza (ex multis, Cass. 13/02/2024 n.3930).
- Anatocismo vietato: ho riscontrato che nei piani di pagamento gli interessi moratori già scaduti vengono capitalizzati e su di essi calcolati ulteriori interessi, in violazione dell’art.1283 c.c. e dell’art.120 TUB vigente (come interpretato da Cass. civ. 30/07/2024 n.21344). Ciò incide illegittimamente sul saldo dovuto dal sottoscritto.
- Clausole vessatorie e squilibrate: il contratto contiene clausole che ritengo nulle ai sensi degli artt.1341-1342 c.c. e/o del Codice del Consumo, tra cui: (a) l’esonero totale di Vs. responsabilità per vizi e ritardi del fornitore (clausola ___), (b) la previsione di decadenza dal beneficio del termine per un ritardo anche di un solo giorno (clausola ___), (c) una penale manifestamente eccessiva pari a _____ (clausola ___). Tali condizioni, non oggetto di specifica trattativa, determinano uno squilibrio significativo a mio danno. Ne chiedo pertanto la disapplicazione/nullità.
- Inadempimento vs. vizi del bene: Vi informo che in data , a seguito della consegna del bene [descrizione], ho rilevato gravi difetti () che ne impediscono l’uso conforme. Ho già contestato detti vizi al fornitore [Nome] in data ____ (allegando copia raccomandata) e, secondo i principi affermati dalla Cassazione (SU 19785/2015), Vi invito ad attivarVi senza indugio verso il fornitore stesso per ottenere la riparazione/sostituzione del bene o la risoluzione della fornitura. Nel frattempo, sospendo il pagamento dei canoni in ossequio all’art.1460 c.c., finché il bene non sarà funzionante. Respingerei come ingiustificata qualsiasi Vs. azione risolutiva considerata la presente situazione.
Richieste: In virtù di quanto sopra, Vi invito entro e non oltre 15 giorni dal ricevimento della presente a:
- Ricalcolare il piano di ammortamento del leasing escludendo interessi e costi non dovuti, in particolare: eliminando ogni componente usuraria o anatocistica e applicando in sostituzione, ex art.117 TUB, il tasso minimo legale (BOT) per le competenze maturate. Conseguentemente, quantificare l’importo corretto dei canoni residui.
- Stornare o rimborsare in mio favore la somma di €___, pari agli interessi e oneri indebitamente da me corrisposti fino ad oggi (vedasi estratto conto allegato con evid evidenziazione delle voci contestate), nonché qualsiasi penale/commissione applicata in violazione di norme imperative.
- Dichiarare la non applicazione delle clausole vessatorie sopra indicate, confermando per iscritto che non ne pretenderete l’osservanza. In particolare, mi aspetto conferma che: (a) in caso di risoluzione anticipata applicherete il meccanismo di equo compenso ex art.1526 c.c./L.124/2017, restituendo gli importi eccedenti; (b) eventuali ritardi inferiori alla soglia di legge non determineranno risoluzione; (c) l’eventuale penale sarà ridotta ad equità.
- Adempiere ai Vostri obblighi relativi ai vizi del bene: ossia sospendere ogni pagamento residuo al fornitore e intraprendere le azioni contrattuali necessarie (es. esercizio della garanzia o risoluzione acquisto) per tutelare il mio interesse alla disponibilità di un bene conforme. Contestualmente, confermare che non mi addebiterete canoni ulteriori finché il bene non sarà funzionante e che non attiverete procedure di recupero nel frattempo.
In difetto di Vostro riscontro scritto e risolutivo nel termine indicato, mi vedrò costretto ad adire le competenti sedi per la tutela dei miei diritti, nessuno escluso (ivi compresa la presentazione di ricorso all’Arbitro Bancario Finanziario e la segnalazione delle pratiche scorrette all’AGCM e all’Autorità di Vigilanza bancaria). La presente valga anche quale formale costituzione in mora, con interruzione di ogni termine di prescrizione, e richiesta di risarcimento di tutti i danni subìti e subendi, patrimoniali e non, derivanti dalle Vostre descritte inadempienze e condotte (inclusi i danni derivanti dall’indebito esborso di interessi usurari e dalla mancata piena utilizzazione del bene oggetto di leasing).
Confidando in un Vostro riscontro, porgo distinti saluti.
Firma
[Nome utilizzatore]
Allegati: Estratto conto e calcoli TEG/TAEG; Copia contestazione vizi al fornitore; Documentazione supporto (es. perizia tecnica, giurisprudenza citata).
Modello 2 – Istanza di mediazione (materia leasing)
Da depositare presso un Organismo di Mediazione civile. Deve contenere una sommaria esposizione dei fatti e delle pretese.
Istanza di mediazione obbligatoria
Organismo di Mediazione: [Indicare organismo scelto]
Istante: [Nome, Cognome, indirizzo, C.F.]
Contro: [Denominazione Società di Leasing, indirizzo sede]
Oggetto: Mediazione su contratto di leasing n.__ del __ – richieste dell’utilizzatore per irregolarità contrattuali (anatocismo, usura, risoluzione anticipata, ecc.)
Istanza:
Il Sig. ___ (istante) chiede di introdurre un tentativo di mediazione nei confronti di ___ Leasing S.p.A. (controparte), in relazione al contratto di leasing finanziario n.___ stipulato in data ___, avente ad oggetto ___ [descrivere bene] e durata __ mesi.
Sintesi dei fatti:
L’istante ha regolarmente pagato ___ canoni, dopodiché [descrivere evento: es. ha incontrato difficoltà economiche, oppure ha riscontrato vizi nel bene…]. In data ___ la società convenuta ha [descrivere azione: es. comunicato la risoluzione del contratto per morosità; applicato interessi di mora; trattenuto cauzione; ecc.]. Sono emerse problematiche contrattuali: in particolare, tassi d’interesse apparentemente usurari e pratiche di calcolo anatocistiche, oltre a clausole contrattuali vessatorie invocate dalla controparte. Nonostante i reclami scritti inviati (raccomandata del ___, allegata), la convenuta non ha fornito soluzione.
Pretese dell’istante:
- Rideterminazione del debito residuo secondo equità e legalità: eliminazione degli interessi anatocistici e oltre soglia di usura, con ricalcolo del piano di pagamento.
- Eliminazione/Riduzione di penali e importi aggiuntivi richiesti: in particolare la penale di €___ per risoluzione anticipata dovrà essere ridotta ex art.1384 c.c. ad €___ (o annullata, se già compensata dal rientro in possesso del bene).
- Restituzione somme indebitamente percepite: es. interessi pagati in eccedenza per €___ e spese non dovute per €___.
- Accordo sulla chiusura del contratto: l’istante è disponibile a restituire il bene (se non già restituito) e corrispondere un importo finale di €___, ritenuto congruo, a saldo di ogni pretesa, in considerazione del valore del bene e dei canoni già versati.
(oppure:) L’istante è disponibile a riprendere regolarmente il pagamento dei canoni se la controparte rivede le condizioni (ad es. abbattendo il tasso da __% a __% e rinunciando agli interessi di mora finora maturati).
Documenti allegati: Copia contratto di leasing; Prospetto dei pagamenti effettuati; Lettera di reclamo del ___; Risposta (o mancata risposta) della convenuta; Eventuali perizie di parte (calcolo TEG etc.).
Si invita la controparte a partecipare alla procedura di mediazione, confidando di poter raggiungere un accordo stragiudiziale vantaggioso per entrambi.
Firma istante: _________
Luogo e Data: _________
Modello 3 – Eccezioni in giudizio (comparsa di risposta in causa promossa dal concedente)
(Estratto da una comparsa di risposta di un utilizzatore convenuto in giudizio dalla società di leasing, evidenziando le eccezioni principali.)
… omissis …
In fatto: La società attrice ha convenuto in giudizio il Sig. ___ esponendo di aver risolto il contratto di leasing n.___ per inadempimento e chiedendo la condanna del convenuto al pagamento di €___ a titolo di canoni a scadere, penale e interessi. Il convenuto contesta integralmente tali pretese, in quanto illegittime e infondate per le ragioni che si espongono di seguito.
In diritto:
- Usura e nullità della clausola interessi (eccezione ex art.1815 c.c.) – Dagli atti emerge che il tasso di interesse effettivo applicato dall’attrice supera il tasso soglia antiusura vigente all’epoca (___%). In particolare, considerando anche la commissione di incasso canoni e la penale di risoluzione quali oneri a carico dell’utilizzatore, il TEG supera la soglia di ___% (cfr. perizia allegata). Si eccepisce dunque la nullità della clausola determinativa degli interessi ex art.1815, co.2 c.c., con la conseguenza che nessun interesse (né corrispettivo, né moratorio) è dovuto dall’utilizzatore al concedente. La domanda dell’attrice va quindi ridimensionata escludendo ogni componente per interessi. Si richiama Cass. Sez. Un. 19597/2020 e Cass. 3930/2024 n.3930, che confermano l’applicabilità dell’usura anche ai moratori e la non debenza degli interessi usurari.
- Anatocismo (eccezione di nullità ex art.1283 c.c.) – La somma pretesa dall’attrice include evidentemente interessi su interessi (v. doc. , conteggio di €_ per “interessi di mora capitalizzati”). Ciò viola il divieto di anatocismo: non risulta alcun accordo successivo alla scadenza né ricorrono le condizioni di legge. Pertanto si eccepisce la nullità di ogni patto anatocistico; gli importi capitalizzati vanno espunti. Inoltre, ai sensi dell’art.117 TUB, la presenza di clausole in contrasto con norme imperative di trasparenza comporta l’applicazione del tasso sostitutivo BOT, molto inferiore a quello applicato. Ne deriva che, anche qualora fosse accertato un qualche interesse dovuto, andrebbe ricalcolato al tasso legale o BOT, con forte riduzione dell’importo.
- Violazione art.1526 c.c. (leasing traslativo) – richiesta di rideterminazione del saldo con restituzione canoni – Il contratto de quo, avente ad oggetto un bene (macchinario industriale) il cui prezzo di riscatto (€1.000) era irrisorio rispetto al costo originario (€50.000) e con canoni totali largamente superiori al valore d’uso, si qualifica come leasing traslativo. In base ai principi giurisprudenziali (Cass. Sez. Un. 2061/2021, Cass. 7367/2023), alla risoluzione di un leasing traslativo si applica analogicamente l’art.1526 c.c.: il concedente ha diritto a un equo compenso ma deve restituire le rate già percepite. Nel caso in esame, l’attrice pretende invece di trattenere tutti i canoni incassati (€) e ottenere il pagamento dei residui, con evidente violazione del citato art.1526 c.c. Si chiede quindi al Tribunale di rideterminare il saldo tenendo conto di quanto già pagato dal convenuto ( canoni per €___) e del valore ricavato dalla ricollocazione del bene (che l’attrice ha riottenuto in possesso in data ; si invita ex art.94 disp.att. c.p.c. a produrre la prova di vendita o, in mancanza, a disporre CTU per stimarne il valore). In ogni caso, dalla somma eventualmente dovuta deve detrarsi l’importo di € corrispondente alle rate già versate in corso di contratto.
- Eccessività della penale – domanda di riduzione ex art.1384 c.c. – L’attrice include nel dovuto una “penale contrattuale” di €___ (v. doc., art. CGA). Tale penale appare del tutto sproporzionata, ammontando da sola a circa il % del capitale finanziato residuo. Si chiede pertanto che il Tribunale la riduca equamente ex art.1384 c.c., tenuto conto che l’attrice ha riacquisito la disponibilità del bene (traendone o traendone potenzialmente profitto dalla sua vendita/riutilizzo) e che il convenuto ha comunque corrisposto la maggior parte dei canoni pattuiti (_ su ). Ad avviso del convenuto, detta penale andrebbe ridotta ad **€** o comunque contenuta entro limiti di equità. Giurisprudenza conforme: Trib. ___ sent.__; Cass. 10249/2022; si richiama inoltre la ratio della L.124/2017 che, pur non applicabile ratione temporis, indica come equo il patto marciano (nessun vantaggio extra per il concedente oltre recupero credito e costi).
- Carattere vessatorio di talune clausole – In via subordinata, il convenuto deduce che varie clausole contrattuali (risoluzione automatica per ritardo, rinuncia a eccezioni, penale fissa) sono vessatorie ex art.33 Codice Consumo (qualora il convenuto fosse ritenuto consumatore, essendo una ditta individuale non più operativa) o comunque non specificamente approvate ex art.1341 c.c. (mancano infatti le firme separate su tali punti). Pertanto, esse non possono essere opposte: segnatamente, la clausola risolutiva espressa e la clausola penale non risultano sottoscritte separatamente, e devono ritenersi inefficaci. In ogni caso, ex art.33 comma 2 lett. f) Cod. Cons., è nulla la clausola che impone al consumatore inadempiente il pagamento di importi sproporzionati.
… omissis …
Conclusioni:
Si chiede che il Tribunale voglia:
– Respingere integralmente le domande attoree perché infondate in fatto e in diritto;
– In via riconvenzionale: accertare e dichiarare la nullità delle clausole contrattuali relative agli interessi (corrispettivi e moratori) per violazione delle leggi antiusura e anatocismo, e conseguentemente rideterminare il rapporto dare-avere tra le parti eliminando detti interessi;
– Accertare che nulla è più dovuto dal convenuto all’attrice, ovvero determinare l’importo eventualmente dovuto applicando i criteri di cui all’art.1526 c.c. (restituzione canoni versati, equo compenso per l’attrice nei limiti del danno emergente) e detraendo dal dovuto il valore del bene ripreso dal concedente;
– Ridurre la penale contrattuale ex art.1384 c.c. ad una misura equa, ed eventualmente porla a carico dell’attrice imputandola a decurtazione dei suoi crediti;
– Conseguentemente, condannare semmai l’attrice a restituire al convenuto le somme da questi eventualmente pagate in eccedenza (come risulterà all’esito del ricalcolo), oltre interessi legali;
– In ogni caso, con vittoria di spese e compensi a carico della parte attrice.
… omissis …
Simulazioni pratiche: casi di difesa del debitore
Di seguito presentiamo tre casi pratici simulati per illustrare come un debitore (con l’assistenza del suo avvocato) può impostare una difesa efficace nei confronti della società di leasing, a seconda delle circostanze tipiche.
Caso 1: Leasing auto “tasso zero” con costi nascosti
Scenario: Mario, consumatore, sottoscrive nel 2024 un leasing auto pubblicizzato come “tan 0%, nessun anticipo, 299€ al mese”. Dopo la firma scopre che i 299€/mese in realtà si estendono per 48 mesi più una maxirata finale di 10.000€ e che gli hanno addebitato 800€ di “spese pratica”. Il TAEG reale è circa 5,5%. Si sente ingannato.
Difesa impostata: L’avvocato di Mario analizza il contratto e reperisce la brochure pubblicitaria. Individua violazioni di trasparenza: mancata evidenza del maxirata, ISC non evidenziato chiaramente. Primo passo: invia un reclamo scritto alla società di leasing contestando la pubblicità ingannevole e la difformità tra quanto prospettato e il contratto effettivo. Richiede l’eliminazione delle spese pratiche (€800) dal contratto e una riduzione del tasso applicato per equità. Contestualmente, predispone una segnalazione all’AGCM con documentazione della pubblicità ingannevole (rifacendosi anche al provvedimento AGCM dell’agosto 2022 sulle offerte di leasing auto). La società inizialmente risponde in modo evasivo. Mario allora, su consiglio del legale, presenta un ricorso all’ABF: chiede la restituzione delle spese pratica €800 non evidenziate (violazione art.117 TUB) e la ricalcolazione del piano finanziario senza tali spese e con TAN ridotto allo 0% come pubblicizzato. L’ABF esamina il caso: richiama le disposizioni di trasparenza e rileva che l’ISC comunicato era ingannevole. Nella decisione, condanna la società a restituire le spese €800 e ad applicare, per le rate future, un tasso ridotto in modo tale che l’ISC effettivo corrisponda a quello pubblicizzato (di fatto, un risparmio per Mario di circa €1.500 sugli interessi). La società accetta la decisione. Mario ottiene così la correzione del piano di pagamento. In parallelo, l’AGCM avvia un’istruttoria sulle pratiche commerciali di quella società: qualche mese dopo, viene emesso un provvedimento che sanziona la società e la obbliga a pubblicare un estratto sul proprio sito ammettendo la pratica scorretta. Questo supporta ulteriormente la posizione di Mario (ormai già soddisfatto tramite ABF) e di altri consumatori in situazioni analoghe.
Cosa impariamo: in caso di offerte ingannevoli, è fondamentale raccogliere le prove (brochure, screenshot del sito, ecc.), agire su due fronti – individuale (reclamo, ABF, eventualmente causa civile per nullità parziale) e regolatorio (AGCM) – e puntare sui rimedi di trasparenza (rimodulazione del contratto anziché annullamento, che sarebbe poco pratico se Mario vuole comunque tenere l’auto). La combinazione reclamo + ABF ha portato risultati rapidi senza dover andare in tribunale.
Caso 2: Leasing strumentale risolto anticipatamente – applicazione 1526 c.c.
Scenario: La Alfa Srl aveva in corso un leasing strumentale per un macchinario industriale. Valore originario €100.000, durata 5 anni, prezzo riscatto €5.000 (valore presumibilmente superiore al valore finale stimato di mercato). Dopo 3 anni la Alfa Srl ha difficoltà e salta 3 canoni. La società di leasing BetaSpa risolve il contratto (siamo nel 2016, prima della nuova legge). BetaSpa riprende possesso del macchinario, lo rivende a €60.000 e invia a Alfa Srl un conteggio: “Canoni scaduti €15.000 + Canoni a scadere scontati €30.000 + penale €5.000 – ricavo vendita €60.000 = €-10.000; tuttavia useremo tale eccedenza a compensazione spese e interessi, quindi nulla è dovuto né restituito”. In pratica BetaSpa trattiene tutto e non intende restituire nulla dei canoni pagati.
Difesa impostata: L’avvocato di Alfa Srl sostiene che si tratta di leasing traslativo (dato il riscatto basso, la finalità era l’acquisto del macchinario). Quindi BetaSpa avrebbe dovuto applicare analogicamente l’art.1526 c.c. e restituire parte di quanto incassato. Poiché BetaSpa non ne vuol sapere, Alfa Srl avvia una causa chiedendo la restituzione di €20.000: ha pagato in 3 anni canoni per €90.000 (somma capitale+interessi), il concedente ha realizzato €60.000 vendendo il bene, il suo credito residuo (capitale non ancora maturato) sarebbe stato circa €40.000, quindi Alfa Srl sostiene di aver pagato €50.000 in più (90k pagati – 40k dovuti), chiedendone almeno 20k indietro come indebito arricchimento. In giudizio, l’avvocato imposta così: domanda principale di applicazione art.1526 c.c. analogico – chiede al giudice di quantificare l’equo compenso per BetaSpa (interessi per anticipato godimento, eventuale deprezzamento) ma di condannare BetaSpa a restituire il resto. In subordine, domanda di riduzione penale ex art.1384 c.c. (la penale di €5.000 dovrebbe in realtà essere compensata nell’equo compenso). BetaSpa resiste, dicendo che la clausola contrattuale firmata prevedeva che nulla fosse restituito. Ma l’avvocato richiama Cass. SU 65/1993 e altre pronunce sul leasing traslativo. Durante la causa, nel 2021, esce Cass. SU 2061/2021 che dirime il contrasto proprio come sostenuto da Alfa Srl. L’avvocato deposita memoria con tale sentenza come nuovo documento. A questo punto BetaSpa capisce che rischia di perdere e accetta di negoziare. Si arriva a una conciliazione giudiziale: BetaSpa paga €15.000 ad Alfa Srl a titolo di rimborso parziale canoni, chiudendo la causa. Alfa Srl, pur non ricevendo tutti i 20k sperati, ottiene un recupero significativo.
Cosa impariamo: in caso di risoluzione di leasing ante 2017, se la società di leasing tiene un atteggiamento “prendi tutto”, il debitore può reagire puntando sui principi di equità (restituzione rate, patto marciano, riduzione penali). Con l’evolversi della giurisprudenza, la posizione del debitore si è rafforzata e citare le decisioni più recenti (SU 2021, Cass.2022/2023) mette pressione al concedente. Spesso in questi contenziosi la transazione è la via d’uscita: l’importante è non subire passivamente e far valere i propri diritti.
Caso 3: Vizi del bene in leasing finanziario
Scenario: Paolo ha un leasing finanziario per un impianto di climatizzazione industriale. Appena installato, l’impianto presenta difetti gravi: non raggiunge le performance promesse e si guasta di continuo. Paolo segnala subito i problemi al fornitore (un’azienda terza) e anche alla società di leasing. Il fornitore prova riparazioni, ma dopo 6 mesi la situazione non migliora. Paolo ha nel frattempo sospeso i canoni d’accordo informale col direttore commerciale del leasing. Alla fine, l’impianto è inutilizzabile. Il fornitore nel frattempo fallisce. La società di leasing, dopo pazienza iniziale, intima a Paolo di pagare tutti i canoni arretrati e riprendere i pagamenti altrimenti risolverà per inadempimento.
Difesa impostata: L’avvocato di Paolo si trova un caso spinoso: formalmente Paolo ha smesso di pagare, quindi è inadempiente; ma moralmente è perché il bene è difettoso. Si richiama alle SU 19785/2015: scrive una lettera al leasing citando quella sentenza, ricordando che il concedente avrebbe dovuto sospendere i pagamenti al fornitore (cosa che non serve più essendo fallito) e comunque non può pretendere i canoni di un bene che non funziona. Propone di comune accordo la risoluzione del contratto senza penali, con ritiro dell’impianto (anche se rotto) a carico del leasing e liberatoria per Paolo. La società di leasing tentenna (teme di perdere soldi). Paolo allora avvia un’azione legale chiedendo: accertarsi che la risoluzione è avvenuta per fatto non imputabile a lui (impossibilità sopravvenuta per vizi essenziali) e quindi dichiararsi che nulla è dovuto oltre i canoni goduti, anzi domanda la restituzione di parte di essi perché non ha mai avuto effettivo utilzzo. In giudizio, si dispone CTU tecnica per accertare i vizi: il CTU conferma che l’impianto era affetto da difetti originari e non è riparabile efficacemente, valore quasi nullo. Il giudice, visto anche il fallimento del fornitore, è ben disposto verso Paolo. Alla fine, con sentenza, stabilisce che: “il contratto di leasing si intende risolto per inadempimento del fornitore (parte del programma contrattuale) e per effetto dell’altrui fallimento ex art.1256 c.c.; il concedente ha diritto a trattenere i canoni maturati fino alla sospensione (€…), ma non può esigerne altri; rigetta dunque la domanda del concedente per canoni residui e risolve il contratto senza penali”. Paolo quindi non deve pagare i canoni arretrati né futuri, restituirà l’impianto (che comunque è un rottame). La società di leasing incassa la decisione, perché impugnando rischierebbe di crearsi un precedente ancor peggiore. Paolo evita di pagare altri €50.000 di canoni futuri.
Cosa impariamo: per difetti del bene, la posizione dell’utilizzatore è delicata ma difendibile. La chiave è agire subito: Paolo ha contestato e sospeso subito i pagamenti, mostrando coerenza. In causa, è fondamentale provare i vizi (perizie, CTU) e incardinare giuridicamente la vicenda come mancanza di causa / inadempimento altrui / impossibilità sopravvenuta. I riferimenti a buona fede e meritevolezza aiutano. Non sempre si ottiene addirittura una restituzione di canoni, ma almeno l’esonero dai futuri e dalle penali sì. Se il fornitore fosse stato solvibile, la società di leasing avrebbe potuto a sua volta trascinarlo in giudizio; in questo caso il fallimento ha “scaricato” il problema, ma il giudice correttamente ha evitato di farne pagare le spese solo a Paolo. La giurisprudenza in materia riconosce sempre più che il leasing non è un contratto blindato per la banca: se la causa concreta viene meno (bene inutilizzabile), anche il leasing deve cadere (o adattarsi).
In tutti questi esempi, il ruolo del legale del debitore è stato di identificare la strategia (strumenti stragiudiziali vs giudiziali), documentare con perizie e giurisprudenza, e mantenere un approccio propositivo (anche in mediazione) per risolvere nel modo più indolore possibile per il cliente. L’aggiornamento costante sulle ultime decisioni (Cassazione 2024-25, nuovi provvedimenti AGCM, ABF) si rivela decisivo per sostenere le proprie argomentazioni.
Fonti normative e giurisprudenziali
(Elenco delle principali fonti citate e utilizzate nella guida, per approfondimento.)
Normativa civile e bancaria:
- Codice Civile: artt. 1283 (divieto di anatocismo), 1346 (determinabilità dell’oggetto), 1418-1419 (nullità contrattuale), 1526 (risoluzione vendita con riserva di proprietà, applicata analogicamente al leasing traslativo), 1815 comma 2 (nullità interessi usurari), 1322 e 1375 (meritevolezza e buona fede contrattuale), 1463 (impossibilità sopravvenuta), 1460 (eccezione di inadempimento), 1455 (non scarsa importanza dell’inadempimento), 1382-1384 (clausola penale e riduzione giudiziale), 1341-1342 (clausole vessatorie da approvare specificamente).
- Legge 108/1996 antiusura: art.2 (tassi soglia usura; D.M. trimestrali).
- Testo Unico Bancario (D.lgs. 385/93): art. 117 (trasparenza contratti bancari, nullità condizioni non trasparenti), art. 120 TUB (regole interessi, divieto anatocismo dal 2014), art. 125 (credito ai consumatori, obblighi informativi, SECCI), art.125-sexies (diritto estinzione anticipata credito consumo, max penale 1%), art. 1284 (ISC).
- Codice del Consumo (D.lgs. 206/2005): artt. 33-36 (clausole vessatorie nei contratti B2C, nullità di protezione); artt. 18-27 (pratiche commerciali scorrette e pubblicità ingannevole verso consumatori).
- Legge n. 124/2017, commi 136-140: definizione di leasing finanziario e disciplina della risoluzione per inadempimento (soglie 6/4 canoni, obbligo vendita bene a valori mercato, conguaglio pro-debitore). (Non retroattiva, v. Cass. SU 2061/2021 infra.)
- CICR Delibera 3/8/2016 n.343: attuativa art.120 TUB su anatocismo (interessi debitori conteggiati annualmente, pagabili l’anno successivo).
- D.lgs. 141/2010: riforma credito al consumo, obbligo indicazione TAEG (ISC) nei contratti fino €75.000 (applicabile a leasing a consumatori).
- D.lgs. 145/2007: norme pubblicità ingannevole (tra imprese).
- D.lgs. 11/2010 e succ. (ABF): Istituzione Arbitro Bancario Finanziario (ADR obbligatoria per banche).
Giurisprudenza (Corte di Cassazione):
- Cass., Sez. Unite Civili, 29/05/2024 n.15130: Principio di diritto su mutui/leasing con ammortamento “alla francese”: nessuna nullità per mancata indicazione regime composto, e ammortamento francese non implica anatocismo vietato.
- Cass., Sez. I, 30/07/2024 n.21344: Anatocismo bancario – Divieto ex art.120 TUB operativo dal 1° dic. 2014 indipendentemente da Delibera CICR.
- Cass., Sez. Unite, 23/02/2023 n.5657: Leasing con clausola cambio estero e indicizzazione Libor – la clausola di rischio cambio non è un derivato implicito; contratto meritevole, ma necessita trasparenza nei criteri (vedi poi Cass.711/2025). (Rel. Rossetti).
- Cass., Sez. III, 10/01/2025 n.711 (ord.): Leasing immobiliare – Mancata indicazione “tasso leasing” non viola art.1346 c.c. se determinabile oggettivamente (rinvio a Euribor/Libor con criteri precisi); confermata nullità clausole di indicizzazione se base temporale e meccanismi non specificati.
- Cass., Sez. III, 13/02/2024 n.3930 (ord.): Leasing imm. 2002 – Principi su: determinabilità tasso leasing per relationem senza violare art.117 TUB; usura moratoria: soglia mora con +2.1% dal 2003, interessi moratori rientrano in usura; disciplina transitoria L.124/2017: non retroattiva, per contratti risolti ante 2017 si applica distinzione leasing trasl./godim. e art.1526 c.c.; leasing traslativo pre-2017: seguire art.1526 c.c., clausola di trattenere canoni non nulla ma utilizzatore ha diritto a restituzione rate versate meno equo compenso, giudice può ridurre penale ex art.1526(2).
- Cass., Sez. Unite, 28/01/2021 n.2061: Risoluzione leasing finanziario e fallimento utilizzatore – L.124/2017 non retroattiva; leasing traslativi risolti prima legge: applicazione analogica art.1526 c.c., distinzione trasl./godim. rimane valida (risolve contrasto su 72-quater L.Fall). Potere giudice su penale e conguaglio ricavato bene.
- Cass., Sez. III, 19/09/2024 n.25199: (Ord.) Leasing traslativo – valida clausola pagamento canoni scaduti e a scadere in risoluzione, purché applicazione equitativa (concedente non può ottenere più del dovuto). Conferma principi SU 2021.
- Cass., Sez. III, 15/10/2024 n.28546: Conferma orientamento SU 2061/21 – In leasing trasl., restituzione canoni e compenso equo al concedente, penale non può eludere equità (richiamata).
- Cass., Sez. III, 17/10/2019 n.26286: Usura – interessi moratori usurari: nullità clausola di mora e non dovuti neppure interessi corrispettivi? (Contrasto poi chiarito da SU 2020). Aderisce a tesi nullità totale interessi.
- Cass., Sez. Unite, 18/09/2020 n.19597: Interessi moratori e usura – disciplina antiusura si applica anche ai moratori, modalità calcolo soglia mora se DM li include (+maggiorazione); sanzione: solo interessi usurari nulli (non l’intero contratto). (Spesso citata in Cass. ord.3930/24).
- Cass., Sez. III, 30/10/2018 n.27018: (ord.) Usura sopravvenuta – irrilevanza, conta momento pattuizione (conferma principi SU 2017 n.24675).
- Cass., Sez. I, 04/06/2008 n.14760: Interpretazione art.1815 c.c. – se pattuiti interessi usurari, tutti gli interessi convenzionali sono nulli e non dovuti (precedente fondamentale pre-SU 2020).
- Cass., Sez. Un., 30/01/2013 n.350: (In tema usura sopravvenuta; citata dottrina – Tidona).
- Cass., Sez. III, 25/07/2017 n.18725: (Ord.) Nullità anatocismo trimestrale in cc, restituzione interessi (riferimento anatocismo storico).
- Cass., Sez. III, 25/07/2015 n.19785: Caso cruciale su vizi nel leasing – Stabilisce obblighi del concedente in caso di vizi: se vizi prima consegna e utilizzatore rifiuta, concedente sospenda pagamento e agisca vs fornitore; se vizi occulti dopo, utilizzatore azione diretta vs fornitore, concedente deve cooperare comunque. Utilizzatore può chiedere risarcimento danni e restituzione canoni pagati se bene inutilizzabile. (Rel. Rordorf, SU civili).
- Cass., Sez. III, 02/04/2020 n.9663: Conferma Cass. SU 2015 – obblighi concedente su vizi; utilizzatore può sospendere pagamento per vizi gravi e chiedere danni.
- Cass., Sez. III, 25/05/2007 n.12080: (Leasing immobiliare in costruendo – responsabilità concedente per ritardi costruttore, pre-2017).
- Cass., Sez. III, 28/06/2004 n.11891: (Leasing traslativo – conferma applicazione 1526 c.c.; precedente in linea con SU 2021).
- Cass., Sez. III, 28/07/2004 n.14786: Concedente non responsabile consegna se utente sceglie fornitore e c’è clausola esonero; utilizzatore non può risolvere per mancata consegna imputabile a fornitore (orientamento ormai superato da Cass. 2015).
- Cass., Sez. Un., 07/01/1993 n.65: Introduce distinzione leasing godimento vs traslativo (contratto meritevole, ma in risoluzione leasing trasl. analogia 1526).
Giurisprudenza di merito e ABF:
- Tribunale di Roma, 22/12/2023 n.18921: (Sez. VII) – Ricalca principi Cass. SU su vizi: distinguere vizi prima/dopo consegna, obblighi concedente di sospendere pagamento e agire vs fornitore; utilizzatore ha azioni vs fornitore per danni.
- Tribunale di Milano, 06/11/2024 (sentenza): Nullità contratto di leasing – probabile riconduzione a indeterminatezza clausole (studiocappuccio.com). Pres. Scarano (lo stesso di Cass.711/25, poss. correlazione).
- ABF – Collegio di Coordinamento, decisione n. ** (es. 6167/2019): Criteri calcolo usura nei leasing e restituzione interessi (citata in dottrina, non abbiamo numero preciso).
- ABF, decisione n.18354/2019: (ipotetica) – su trasparenza: omissione ISC in leasing = app. art.117 TUB sanzione interessi minimi (Conforme a arbitrati analoghi su mutui).
- ABF – sito ufficiale: Sezione “Leasing” – 526 decisioni totali, sottocategorie: inadempimento fornitore (42 dec.), inadempimento utilizzatore (21), riscatto (21), ecc. – Indicazione del volume di contenzioso e orientamenti ABF pubblici.
- AGCM – Provvedimento PS12246-…-PS12259 (14 casi) del 02/08/2022: Impegni accettati da 14 case auto per migliorare pubblicità finanziamenti/leasing auto: obbligo riquadro con tutte info economiche, riconoscimento ingannevolezza presentazione precedente.
- AGCM – Provv. 09/05/2024 (caso autonoleggi): CV#### 2024 – Clausole vessatorie “penale gestione multe” in contratti di noleggio/leasing operativo, sanzione €18 mln totali – clausola ritenuta ingiustificata e vessatoria.
- TAR Lazio, sentenza ___/2022: (non citata su, ma menz. da rassegne) – conferma provv. AGCM 2022 su clausole vessatorie autonoleggi (Clifford Chance newsletter).
- Banca d’Italia – Comunicazione 14/02/2017: Criteri segnaletici anatocismo (stop interessi composti segnalati dal 2014).
- Circolare Banca d’Italia 229/1999 (9° agg. 2003): Istruzioni trasparenza per intermediari (definizione “tasso leasing” nei fogli informativi).
Hai un contratto di leasing con clausole dubbie o condizioni sbilanciate? Puoi contestarlo (e far valere i tuoi diritti)
Il leasing, soprattutto in ambito aziendale o professionale, è spesso presentato come uno strumento flessibile.
Ma dietro le apparenze, molti contratti nascondono clausole abusive, penali sproporzionate o condizioni poco trasparenti.
Se ti trovi in difficoltà economica o ricevi richieste ingiuste dalla società di leasing, è possibile contestare il contratto e bloccare azioni esecutive o decreti ingiuntivi.
Quando un contratto di leasing è irregolare fatti aiutare da Studio Monardo
Ci sono diversi casi in cui un contratto di leasing può essere contestato:
- Penali esagerate in caso di risoluzione anticipata
- Calcolo scorretto dei canoni residui dopo la restituzione del bene
- Vizi nascosti nel bene oggetto del leasing mai comunicati
- Clausole vessatorie non approvate espressamente
- Mancanza di trasparenza nei costi accessori o assicurativi
- Interessi usurari o anatocismo nei piani di pagamento
Queste irregolarità possono essere motivo per sospendere i pagamenti, opporsi alle richieste economiche o annullare parte del contratto.
Cosa puoi fare se il contratto di leasing è irregolare?
Se sospetti che il contratto presenti irregolarità, puoi:
- Farlo analizzare da un avvocato esperto in contratti finanziari
- Contestare formalmente le clausole scorrette
- Opporsi a richieste di saldo, decreti ingiuntivi o pignoramenti
- Richiedere la rinegoziazione del contratto o la riduzione del debito
- Agire per il risarcimento in caso di danno da clausole abusive
Agire in modo tempestivo ti permette di recuperare la posizione contrattuale e proteggerti da conseguenze più gravi.
🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo
📂 Analizza il contratto di leasing in ogni clausola e condizione
📑 Verifica la legittimità delle richieste economiche della società di leasing
⚖️ Redige contestazioni formali e si oppone a decreti ingiuntivi o pignoramenti
✍️ Ti rappresenta in giudizio o nella trattativa stragiudiziale
🔁 Ti assiste anche nella gestione della crisi aziendale e nella tutela dei beni
🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in diritto contrattuale e leasing finanziario
✔️ Iscritto come Gestore della crisi presso il Ministero della Giustizia
Conclusione
Un contratto di leasing irregolare può essere contestato e rinegoziato, ma serve preparazione e tempestività.
Con l’Avvocato Giuseppe Monardo, puoi difenderti da condizioni contrattuali ingiuste e recuperare il controllo della tua situazione finanziaria.
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