Hai firmato un contratto con la banca e ti sei accorto, solo dopo, che ci sono clausole poco chiare, costi eccessivi o condizioni mai concordate? Ti stai chiedendo se il contratto bancario è valido oppure no, e come puoi dimostrarne la nullità per liberarti da obblighi o richiedere la restituzione di quanto versato?
Molti contratti bancari – mutui, conti correnti, aperture di credito, leasing, derivati – contengono irregolarità o violazioni gravi della normativa. Se sei in difficoltà o sotto pressione per un debito bancario, è fondamentale verificare la validità dell’accordo e contestare ciò che è nullo o abusivo.
Cosa significa nullità di un contratto bancario?
Un contratto è nullo quando non rispetta le norme di legge, manca di elementi essenziali o contiene clausole contrarie a norme imperative. In questi casi, non produce effetti vincolanti e può essere annullato o disapplicato anche a distanza di anni.
Quali sono le irregolarità più comuni nei contratti bancari?
– Mancanza del contratto scritto o della firma del cliente
– Tassi d’interesse usurari o superiori al tasso soglia
– Commissioni e spese non pattuite nel contratto originario
– Clausole vessatorie o unilaterali a favore della banca
– Mancata indicazione del TAEG o del piano di ammortamento
– Derivati e strumenti finanziari complessi proposti senza adeguata informazione
– Contratti firmati senza ricevere copia conforme
– Anatocismo bancario: interessi calcolati su interessi già scaduti
Come puoi dimostrare che il contratto è nullo?
– Con un’analisi tecnica e legale del contratto, affidata a un avvocato esperto o a un consulente bancario
– Con la ricostruzione dei movimenti finanziari (estratti conto, piani di ammortamento, conteggi)
– Con l’individuazione di clausole nulle o mancanti, e con il confronto con la normativa vigente
– Presentando una contestazione formale alla banca e, se necessario, agendo in giudizio
Cosa puoi ottenere se dimostri la nullità?
– Annullamento del contratto o di singole clausole
– Rimborso delle somme pagate in eccesso per interessi o spese illegittime
– Riduzione del debito residuo
– Sospensione di procedure esecutive in corso (pignoramenti, decreti ingiuntivi, ipoteche)
– Transazioni più vantaggiose con la banca in sede stragiudiziale
Quando è possibile agire?
– Anche dopo anni dalla firma, perché alcune nullità sono assolute e imprescrittibili
– Anche se il contratto è già scaduto o chiuso
– Anche se stai pagando regolarmente, ma vuoi sapere se stai subendo condizioni abusive
Cosa NON devi fare mai?
– Accettare ciecamente la posizione della banca
– Firmare nuovi accordi senza prima controllare quelli precedenti
– Continuare a pagare interessi illegittimi “per non avere problemi”
– Affidarti a operatori non qualificati o “guru del saldo e stralcio”
Contestare un contratto bancario nullo può salvarti dal sovraindebitamento e farti recuperare somme importanti. Ma serve analisi tecnica e azione legale mirata.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto bancario e contenzioso contrattuale – ti spiega quali sono le irregolarità nei contratti bancari più gravi, come si riconoscono e come dimostrare la nullità per bloccare il debito o ottenere un rimborso.
Hai firmato un contratto bancario e sospetti che ci siano clausole illegittime o abusi? Vuoi sapere se puoi annullarlo o contestarlo legalmente?
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Introduzione
I contratti bancari, a fronte della loro diffusione e complessità, possono contenere clausole o previsioni irregolari che violano normative imperative. Tali irregolarità, se dimostrate, possono comportare la nullità totale o parziale del contratto o di singole clausole, con effetti rilevanti a tutela del debitore. In questa guida approfondiremo – con un taglio giuridico ma divulgativo – le principali anomalie nei contratti bancari (quali anatocismo, usura, carenza di trasparenza, superamento dei tassi soglia, clausole abusive, vizi di forma, ecc.), illustrando come riconoscerle e farle valere in giudizio dal punto di vista del debitore.
L’obiettivo è fornire uno strumento avanzato (aggiornato a giugno 2025, con riferimenti normativi italiani e sentenze recenti) utile ad avvocati, privati e imprenditori per comprendere quali irregolarità possono minare la validità di mutui, conti correnti, finanziamenti, fideiussioni e altri contratti bancari, e quali rimedi prevede l’ordinamento. Parleremo del quadro normativo di riferimento, delle pronunce giurisprudenziali più autorevoli, proporremo domande e risposte sui dubbi più comuni, useremo tabelle riepilogative per sintetizzare concetti chiave, e presenteremo esempi pratici e simulazioni riferite alla realtà italiana.
Prima di entrare nel merito delle singole irregolarità, è importante richiamare brevemente le principali fonti normative e principi generali in materia di contratti bancari e nullità contrattuali.
Quadro Normativo di Riferimento
La disciplina dei contratti bancari trova fondamento in diverse norme di legge e fonti secondarie. Di seguito un riepilogo delle principali normative italiane rilevanti ai fini delle nullità contrattuali nel settore bancario:
- Codice Civile: contiene norme generali sui contratti e specifiche disposizioni sugli interessi. In particolare, l’art. 1283 c.c. vieta in via generale l’anatocismo (interessi su interessi) salvo condizioni tassative, mentre l’art. 1815 c.c. (come modificato dalla legge antiusura) prevede che “se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi”. Altre norme civili rilevanti includono l’art. 1418 c.c. (nullità per contrarietà a norme imperative), l’art. 1346 c.c. (necessaria determinazione o determinabilità dell’oggetto, ad es. del tasso d’interesse) e l’art. 1957 c.c. (decadenza del creditore dalla garanzia se non agisce entro 6 mesi, rilevante per fideiussioni).
- Testo Unico Bancario (TUB, d.lgs. 385/1993): detta regole specifiche sulla forma e trasparenza dei contratti bancari. L’art. 117 TUB richiede la forma scritta ad substantiam per i contratti bancari, con consegna di un esemplare al cliente, a pena di nullità di protezione. Inoltre, l’art. 117 comma 4 TUB impone che siano indicati in contratto il tasso d’interesse e “ogni altro prezzo e condizione praticati” (incluse commissioni, spese, tassi di mora, etc.), vietando il rinvio agli usi come criterio di determinazione (comma 6). In caso di violazione di questi obblighi di determinatezza, il comma 7 dell’art. 117 TUB stabilisce l’applicazione di tassi sostitutivi (tassi BOT) in luogo di quelli pattuiti, a tutela del cliente. L’art. 118 TUB regola lo ius variandi (modifica unilaterale delle condizioni contrattuali da parte della banca, con obbligo di preavviso e diritto di recesso del cliente). L’art. 120 TUB (come modificato da vari interventi normativi fino al 2016) disciplina la produzione di interessi: oggi ribadisce il divieto di capitalizzazione degli interessi passivi salvo periodicità non inferiore all’annuale e a condizione di reciprocità (parità di trattamento tra cliente e banca).
- Normativa antiusura: la legge 108/1996 ha innovato l’art. 644 c.p. e l’art. 1815 c.c. per la repressione dell’usura bancaria. Ogni tre mesi vengono fissati i tassi soglia d’usura, calcolati sulla base dei tassi effettivi globali medi (TEGM) pubblicati dal Ministero su rilevazione della Banca d’Italia. Superare il tasso soglia convenuto in un contratto comporta nullità della clausola e conseguenze civili (non debenza di interessi) oltre a possibili profili penali. Dal 2011 il calcolo del tasso soglia è dato dal TEGM aumentato del 25% più 4 punti percentuali (con un massimo di 8 punti oltre il TEGM). È importante notare che per legge nel calcolo dell’usura vanno inclusi tutti gli oneri collegati al finanziamento – interessi, commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e spese (escluse imposte e tasse) – al fine di determinare il tasso effettivo globale (TEG) da confrontare con la soglia.
- Codice del Consumo (d.lgs. 206/2005): applicabile ai contratti bancari stipulati con consumatori, contiene norme sulle clausole vessatorie (artt. 33-36). Ad esempio, una clausola che determini a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e obblighi può essere dichiarata nulla. Alcune clausole bancarie (come certe previsioni nelle fideiussioni omnibus) sono state ritenute vessatorie in ambito consumeristico.
- Norme Antitrust: la legge 287/1990, art. 2, comma 3, sancisce la nullità delle intese restrittive della concorrenza. Ciò è divenuto rilevante per le fideiussioni bancarie conformi allo schema contrattuale ABI, oggetto di un provvedimento di Banca d’Italia nel 2005 che ha dichiarato anticoncorrenziali talune clausole standard. Come vedremo, la giurisprudenza ha applicato la nullità ex lege di tali clausole “a valle” dell’intesa illecita.
- Disposizioni attuative e secondarie: Delibere CICR (Comitato Interministeriale per il Credito ed il Risparmio) e Istruzioni di Banca d’Italia integrano il quadro normativo. Ad esempio, la Delibera CICR 9 febbraio 2000 (in attuazione del vecchio art. 120 TUB) ha consentito la capitalizzazione annuale degli interessi se pattuita e reciproca, mentre una nuova Delibera CICR del 3 agosto 2016 (in attuazione della riforma del 2016) ha dettato criteri stringenti sul divieto di anatocismo, imponendo che gli interessi debitori maturati non producano ulteriori interessi e siano addebitati non più di una volta l’anno, con facoltà del cliente di pagarli entro 60 giorni. Inoltre, le “Istruzioni per la rilevazione del TEGM” di Banca d’Italia (aggiornate periodicamente) definiscono quali oneri includere nel calcolo dei tassi ai fini dell’usura.
Con questo quadro normativo in mente, passiamo ad analizzare le principali irregolarità contrattuali nel dettaglio, evidenziando per ciascuna come la legge e i giudici ne sanzionano la nullità e come il debitore può dimostrarle.
Anatocismo bancario e nullità delle clausole di capitalizzazione
Definizione: L’anatocismo consiste nella produzione di interessi su interessi già maturati. In ambito bancario, il caso tipico è la capitalizzazione periodica (ad es. trimestrale) degli interessi passivi sui conti correnti o finanziamenti, per cui gli interessi non pagati vengono sommati al capitale, divenendo a loro volta produttivi di ulteriori interessi. La normativa civilistica italiana (art. 1283 c.c.) vieta l’anatocismo salvo che: (a) vi sia una domanda giudiziale di interessi su interessi scaduti, (b) vi sia un accordo successivo alla scadenza degli interessi per capitalizzarli, oppure (c) sussistano usi normativi che consentano la periodicità degli interessi composti. Per molto tempo le banche hanno invocato un preteso “uso bancario” di capitalizzazione trimestrale degli interessi a debito, uso che però è stato ritenuto illegittimo dalla svolta giurisprudenziale di fine anni ’90 (Cass., Sez. Unite, n. 21095/2004; Cass. n. 2374/1999), escludendo che un uso negoziale potesse derogare al divieto legale.
Evoluzione normativa: In seguito a tali pronunce, il legislatore intervenne modificando l’art. 120 TUB. Oggi, dopo varie modifiche, il principio cardine è il divieto generale di capitalizzazione degli interessi passivi, salvo eccezioni strettamente regolamentate. In particolare, è consentita al più una capitalizzazione annuale e purché prevista in contratto con clausola espressa e condizione di reciprocità (ovvero anche gli interessi attivi, a favore del cliente, devono capitalizzare con la stessa periodicità). Ogni forma di anatocismo più frequente (trimestrale, mensile, etc.) o non reciproca è contraria all’art. 120 TUB e alla delibera CICR vigente, e come tale nulla. Inoltre, sono imposti obblighi di trasparenza: la clausola di capitalizzazione deve essere esplicita e chiara nelle condizioni economiche, altrimenti è invalida.
Nullità della clausola di anatocismo: La presenza in un contratto bancario di clausole che prevedono la capitalizzazione infrannuale degli interessi debitori (specie se a periodi diversi per interessi attivi e passivi, pratica storica antecedente al 2000) è causa di nullità parziale del contratto, ossia nullità della clausola anatocistica. Le “sentenze più recenti confermano la nullità delle clausole contrattuali che violano il principio di pari periodicità o trasparenza” in materia di anatocismo. La nullità è di tipo testuale (prevista direttamente dalla legge, art. 1283 c.c. e art. 120 TUB) e può essere rilevata anche d’ufficio dal giudice, ma essendo posta a tutela del cliente/debitore, solo questi può effettivamente farla valere (nullità di protezione).
Effetti e rimedi: Accertata la nullità della pattuizione anatocistica, la clausola viene considerata come non apposta. Non si può sostituire la capitalizzazione illecita con un’altra periodicità arbitraria (es. annuale) salvo quanto eventualmente previsto da norme settoriali in vigore nel periodo considerato. In generale, i conteggi devono essere rielaborati in regime di capitalizzazione semplice, ossia senza interessi su interessi. La Cassazione a Sezioni Unite ha chiarito che “alla nullità della clausola di capitalizzazione… non può sostituirsi alcun regime di capitalizzazione alternativo, dovendosi procedere al ricalcolo del conto corrente in regime di capitalizzazione semplice”. Ciò significa che tutti gli interessi debitamente maturati nel rapporto restano dovuti solo come interessi semplici sul capitale via via utilizzato, e ogni ulteriore importo addebitato per effetto della composizione va stornato o restituito al cliente.
Prova dell’anatocismo: Come può il debitore dimostrare l’anatocismo in giudizio? Tipicamente attraverso una perizia contabile o una CTU che ricalcoli il dare-avere. Gli elementi probatori includono:
- Estratti conto: se mostrano addebiti trimestrali di interessi passivi che poi confluiscono nel saldo capitale delle trimestralità successive (generando ulteriori interessi), è la prova dell’anatocismo. Ad esempio, un estratto conto che al 31/03 addebita “interessi passivi €X” e li somma al saldo, su cui poi al 30/06 vengono computati ulteriori interessi, rivela capitalizzazione trimestrale illecita.
- Clausole contrattuali: la presenza nel contratto di conto corrente o mutuo di clausole del tipo “gli interessi debitori sono contabilizzati trimestralmente e producono interessi della stessa natura” costituisce prova documentale. Se tali clausole non rispettano le condizioni di legge (periodicità annuale e reciprocità), sono nulle ipso iure. In particolare, nei vecchi contratti anteriori al 2000 spesso vi era disparità: interessi debitori trimestrali, interessi attivi annuali. Questa disparità viola oggi il principio di “pari periodicità” imposto dalla legge e la clausola è nulla.
Esempio pratico: Si consideri un conto corrente affidato (con apertura di credito) in cui il fido è di €10.000 al tasso del 10% annuo. La banca applica (come in passato) la capitalizzazione trimestrale degli interessi a debito. Dopo il primo trimestre, supponiamo che il cliente abbia utilizzato interamente il fido: la banca addebiterà €250 di interessi (10% annuo × €10.000 × 1/4 anno) sul conto. Nel trimestre successivo, il saldo (ora €10.250 negativo) maturerà interessi anche sugli interessi precedenti. A fine anno gli interessi effettivamente addebitati risulteranno superiori a €1.000 a causa dell’effetto composto. Senza clausola anatocistica (ossia con capitalizzazione annua o senza affatto), gli interessi dovuti per quell’anno sarebbero esattamente €1.000. Dunque l’eccedenza è indebito da anatocismo. In giudizio, il cliente potrà chiedere la restituzione della differenza indicando le clausole nulle e producendo i conteggi ricalcolati in capitalizzazione semplice. La giurisprudenza costante conferma che la banca deve restituire gli interessi illegittimamente capitalizzati, nei limiti della prescrizione applicabile.
Prescrizione e ripetizione dell’indebito: A proposito di prescrizione, va ricordato che nelle azioni di ripetizione di indebito derivanti da nullità di clausole bancarie, la decorrenza del termine decennale può variare a seconda della natura dei versamenti effettuati in conto. Le Sezioni Unite (Cass., S.U. n. 24418/2010) hanno stabilito che per i versamenti ripristinatori (quelli effettuati entro i limiti del fido, che ripristinano la provvista) il termine di prescrizione per chiedere la restituzione degli interessi indebitamente pagati decorre dalla chiusura del conto, mentre per i versamenti solutori (quelli che eccedono il fido o su conto scoperto, configurandosi come pagamenti di un debito liquido ed esigibile) il termine decorre da ogni singolo versamento. Questo distinguo tecnico è rilevante nei contenziosi di anatocismo su conti affidati di lunga durata.
Situazione attuale: Dal 1° gennaio 2014 al 2016 c’è stato un periodo di incertezza normativa poiché l’art. 120 TUB era stato modificato (dalla legge di stabilità 2014) per vietare l’anatocismo ma mancava la delibera CICR attuativa. La delibera del 2016, entrata in vigore il 1° ottobre 2016, ha chiarito definitivamente il regime anti-anatocistico. Oggi le banche si attengono a capitalizzazioni annuali posticipate: ad esempio, sugli affidamenti, gli interessi maturati al 31/12 vengono contabilizzati il 1° marzo dell’anno successivo, e da quel momento decorrono interessi di mora se non pagati entro 60 giorni. Questo meccanismo dovrebbe evitare l’anatocismo durante l’anno. Eventuali clausole o prassi diverse sarebbero impugnabili.
In sintesi, il debitore che voglia far dichiarare la nullità dell’anatocismo deve: individuare nei propri estratti conto o nel contratto la presenza di capitalizzazione composta non conforme alla legge; allegare la normativa (art. 1283 c.c., art. 120 TUB) e la giurisprudenza di legittimità sul punto; quantificare l’indebito pagato a tale titolo. Una volta provato ciò, il giudice dichiarerà nulla la clausola e rideterminerà il saldo depurandolo dagli interessi composti.
Usura bancaria: tassi soglia e interessi usurari
Definizione: L’usura si ha quando il tasso d’interesse praticato in un contratto (considerando tutte le spese collegate) eccede il tasso soglia vigente al momento. Il tasso soglia è determinato trimestralmente dal Ministero dell’Economia sulla base dei TEGM rilevati (differenziati per categorie di operazioni). Ai sensi dell’art. 644 c.p., sono usurari gli interessi che superano tale limite al momento in cui sono promessi o convenuti, a qualunque titolo (corrispettivi o moratori).
Conseguenze civili: Come già accennato, l’art. 1815, comma 2, c.c. (modificato dalla L.108/1996) punisce severamente l’usurarietà pattizia: se un contratto “nasce” con interessi sopra soglia, la relativa clausola è nulla e non sono dovuti interessi di alcun genere sulla somma prestata. In altri termini, il finanziamento diviene a titolo gratuito per la parte interessi. Questa è una sanzione di nullità parziale (colpisce la pattuizione degli interessi) ma con effetto sostanziale molto incisivo a favore del debitore, che dovrà restituire solo il capitale ricevuto, senza alcun interesse. Per esempio, se in un mutuo da 100.000 euro la banca avesse previsto un tasso annuo del 12% ma il tasso soglia all’epoca era il 9%, la clausola di interessi sarebbe nulla e il mutuo si considererebbe senza interessi: il mutuatario restituirà solo 100.000 euro (eventualmente in rate, ma senza alcun interesse aggiuntivo).
È fondamentale sottolineare che il confronto va fatto al momento della stipula: ciò che conta è il tasso pattuito in contratto confrontato col tasso soglia vigente in quel trimestre. Se al momento dell’accordo il tasso contrattuale eccedeva la soglia, si ha usura originaria. Il successivo andamento dei tassi è irrilevante ai fini della nullità iniziale.
Inclusione di oneri e costi: Per calcolare il tasso effettivo di un’operazione e verificarne l’usurarietà, si includono nel calcolo tutti i costi a carico del cliente connessi all’erogazione del credito: interessi nominali, commissioni (ad es. commissione di istruttoria, commissione di massimo scoperto), spese (es. spese incasso rata, premio assicurativo obbligatorio), esclusi soltanto imposte e tasse. Ciò per evitare che tassi apparentemente entro soglia nascondano usura tramite costi occulti. Già la legge 108/96 lo prevedeva e la giurisprudenza l’ha ribadito: “il calcolo del tasso effettivo globale (TEG) deve includere spese di istruttoria, commissioni e altri oneri”. In passato la commissione di massimo scoperto (CMS), applicata sui conti, è stata oggetto di contenzioso: dal 2009 la CMS è stata di fatto sostituita da altre commissioni (art. 117-bis TUB) e le Istruzioni di Banca d’Italia ne prevedono l’inclusione nel TEG se supera una certa percentuale, per evitare abusi.
Tasso soglia e formula di calcolo: Originariamente la soglia d’usura era pari al TEGM + 50%. Dal 2011, per effetto del D.L. 70/2011, la formula è cambiata: soglia = TEGM * 1,25 + 4 punti percentuali, con un cap di 8 punti sopra il TEGM. Il Ministero pubblica trimestralmente i TEGM e i corrispondenti tassi soglia per categorie (es. aperture di credito in c/c, mutui ipotecari a tasso fisso, leasing, credito al consumo, ecc.). Ad esempio, per il secondo trimestre 2025, ipotizziamo che per i mutui a tasso fisso il TEGM sia 4%: la soglia d’usura sarebbe 4% *1,25 + 4 = 9% (supponendo che la differenza così calcolata sia < 8 punti; se il TEGM fosse altissimo la regola degli 8 punti opererebbe).
Dimostrare l’usura in giudizio: Il debitore deve produrre il contratto e documentazione dei costi applicati, e dimostrare con calcoli tecnici che il TAEG effettivo supera la soglia del periodo. Spesso si ricorre a una CTU contabile per stabilire il TEG effettivo del rapporto. Un aspetto importante è individuare correttamente quali voci includere e come calcolare il TEG in conformità alle Istruzioni di Banca d’Italia vigenti all’epoca della stipula. Ad esempio, sulle aperture di credito va incluso anche l’eventuale costo della disponibilità dei fondi (commissioni trimestrali). Nei mutui, va incluso il costo di eventuali polizze imposte dalla banca e le spese di istruttoria, incasso rata, ecc.
Usura originaria vs sopravvenuta: Occorre distinguere:
- Usura originaria: come detto, è quella valutata al momento della pattuizione. Basta che il tasso convenuto ecceda la soglia allora vigente perché scatti la nullità ex art. 1815 c.c. e l’azzeramento degli interessi. Esempio: Tizio sottoscrive nel 2010 un mutuo a tasso fisso 10% annuo, quando la soglia per i mutui era 8%. Il tasso convenuto è usurario ab origine; Tizio potrà far accertare dal giudice la nullità della clausola interessi e ottenere la ricalcolo del mutuo senza interessi, imputando le somme già pagate in eccedenza a capitale.
- Usura sopravvenuta: si ha quando il tasso, lecito alla stipula, diventa superiore alla soglia in un momento successivo (ad esempio per una fluttuazione dei tassi variabili o per un abbassamento delle soglie trimestrali). Su questo la legge 108/96 non era chiara, ma è intervenuto il D.L. 394/2000 (conv. L. 24/2001) stabilendo che non si ha decorrenza penale per usura sopravvenuta e disponendo che, per i contratti in corso, se il tasso diventa usurario, sono dovuti solo gli interessi entro il limite legale (ossia la soglia). In pratica, la norma “salva-mutui” del 2000 ha previsto l’adeguamento automatico dei tassi variabili alle soglie per evitare che scattasse la gratuità del contratto. Dunque oggi si ritiene che l’usura sopravvenuta non determini la nullità della clausola originaria (che era lecita all’inizio), ma imponga semmai di non esigere la parte eccedente la soglia per il periodo di superamento. La Cassazione ha confermato che la clausola di salvaguardia (quella spesso inserita nei contratti a tasso variabile, che stabilisce il rispetto del tasso soglia in caso di sforamento) opera legittimamente per prevenire l’usura sopravvenuta, ma non può sanare un’usura originaria. In altre parole, “la clausola di salvaguardia può stipularsi solo a tutela della validità di ciò che non è sorto già nullo rispetto alla sopravvenuta modifica del tasso”; se invece un tasso è pattuito sopra soglia fin dall’inizio, quella clausola non evita la nullità perché l’illiceità è ab origine. Lo ha affermato di recente Cass., Sez. III, ord. 18 ottobre 2024 n. 27106.
Interessi di mora usurari: Un tema dibattuto ha riguardato i tassi di mora (interessi moratori per ritardato pagamento). Vanno anch’essi confrontati con la soglia d’usura? La giurisprudenza prevalente dice di sì: anche gli interessi moratori, pur avendo funzione risarcitoria, rientrano nel calcolo antiusura (lo dice espressamente l’art. 644 c.p. e l’art. 1815 c.c. non distingue). È prassi della Banca d’Italia fornire nelle rilevazioni trimestrali un’indicazione incrementale (spread) per i moratori, ma la soglia formale di legge è unica. Dunque se una clausola contrattuale prevede interessi di mora che, sommati agli altri costi, superano la soglia, anche quella clausola può essere nulla. Tuttavia, la conseguenza di tale nullità è stata oggetto di discussione: alcuni tribunali in passato annullavano tutti gli interessi (sia corrispettivi sia moratori) invocando l’art. 1815 c.c., altri limitavano l’effetto ai soli moratori. La Cassazione, con ordinanza 13 settembre 2019 n. 22890, ha chiarito in modo equilibrato che la nullità colpisce solo la pattuizione usuraria (i moratori in eccesso), “non estendendosi… agli interessi corrispettivi” lecitamente pattuiti. La Suprema Corte spiega infatti che gli interessi di mora hanno causa autonoma (l’inadempimento) e il riferimento nell’art. 1815 c.c. alla “clausola” usuraria deve intendersi riferito alla singola clausola eccedente il tasso soglia, “indipendentemente dal fatto che essa esaurisca la regolamentazione… degli interessi dovuti”. Ne consegue che se solo i moratori superano la soglia, solo questi sono azzerati, mentre restano dovuti gli interessi corrispettivi entro soglia. È testualmente affermato: “laddove l’usurarietà riguardi esclusivamente gli interessi di mora la nullità si produce esclusivamente per questi ultimi e non si estende agli interessi corrispettivi”, e gli obblighi restitutori della banca verso il cliente si limitano alla restituzione dei soli interessi di mora eventualmente pagati. Questo orientamento è importante poiché evita indebiti arricchimenti del cliente in casi di usura marginale riferita solo alla mora.
Dimostrazione pratica: In giudizio, per provare l’usura il difensore del debitore può presentare una tabella di calcolo del TEG. Esempio di calcolo: un mutuo di €50.000 a tasso fisso nominale annuo 6%, con rate mensili e spese di istruttoria €500, spese incasso rata €2 ciascuna. Supponiamo che all’epoca il tasso soglia per i mutui fosse 5%. Bisognerà calcolare il TAEG effettivo: includendo le spese, il TAEG potrebbe risultare, poniamo, 6.5%. Se è così, il tasso effettivo supera il 5% soglia: il mutuo è usurario originariamente e il cliente può chiedere l’applicazione dell’art. 1815 c.c., ossia nessun interesse dovuto. Il consulente tecnico calcolerà che il cliente ha diritto a vedersi imputare tutte le rate pagate prima a capitale, e se ha già pagato somme superiori al capitale ottenuto, avrà diritto a ripetere l’indebito.
Strategie difensive della banca: Le banche sovente replicano contestando il calcolo del TEG sostenuto dal cliente, ad esempio escludendo certe voci (magari dicendo che una polizza è facoltativa, o che la commissione X non va computata) oppure invocando la famosa clausola di salvaguardia presente nel contratto (tipo “le parti convengono che in ogni caso i tassi non supereranno i limiti di legge antiusura”). Ma, come abbiamo visto, se non c’è usura originaria la clausola di salvaguardia di per sé non crea problemi (è ridondante), se invece c’è usura originaria quella clausola non salva nulla, perché la nullità è già avvenuta ab origine. La Cassazione ha esplicitamente rigettato la tesi che la clausola di salvaguardia possa “espungere la natura nulla dalla clausola [usuraria]”, definendola invece operante solo contro l’esterna sopravvenienza di variazioni dei tassi.
Usura nei vari tipi di contratto: L’usura può annidarsi in qualsiasi contratto bancario che preveda un corrispettivo a favore della banca: mutui, fidi, leasing, aperture di credito, credito al consumo, finanziamenti vari, perfino nei contratti di carte revolving. Anche nei conti correnti passivi va valutato se il costo effettivo (dato da interessi extracosto + commissioni di affidamento + spese) supera la soglia della relativa categoria.
Un caso particolare è il leasing: spesso nei leasing i canoni includono un tasso implicito e commissioni. La verifica di usura va fatta sul TAEG leasing in base alle formule approvate (che tengono conto di anticipo, riscatto, etc.). In giurisprudenza ci sono state pronunce che hanno dichiarato la nullità della clausola interessi in contratti di leasing con tassi di mora superiori alla soglia, riducendo i moratori al tasso legale.
Conseguenze penali e civili combinate: Se viene accertato in giudizio civile che il tasso era usurario, ciò può avere anche rilievo penale (art. 644 c.p.) a carico dei funzionari bancari responsabili, se c’è dolo. Tuttavia, nei rapporti banca-cliente, di norma il contenzioso resta sul piano civilistico (restituzione di interessi e nullità di clausole). Il debitore, dal canto suo, se ha versato interessi usurari, ha diritto alla ripetizione di quanto pagato in eccedenza al tasso soglia. In particolare, la L.108/96 ha introdotto l’art. 644-ter c.p. che prevede la restituzione delle somme riscosse in eccedenza anche nell’ambito del procedimento penale; ma a livello civilistico, una volta dichiarata la nullità ex art. 1815 c.c., la banca è tenuta a restituire gli interessi percepiti (oppure a scalarli dal debito residuo).
Esempio pratico di decisione recente: Un caso deciso dalla Corte di Cassazione (Sez. III, ord. n. 22890/2019) riguardava un mutuo in cui il tasso corrispettivo era lecito, ma il tasso di mora convenuto (Euribor + 9%) risultava, sommandosi all’Euribor del momento, superiore alla soglia d’usura dell’8,97%. In primo grado si era azzerato ogni interesse; la Corte d’Appello invece aveva ritenuto valida la clausola corrispettiva e applicata la clausola di salvaguardia per la mora. La Cassazione ha confermato che gli interessi di mora eccedenti soglia sono nulli, ma ciò “non comporta la gratuità dell’intero rapporto… non estendendosi… agli interessi corrispettivi”. Questa pronuncia riflette l’orientamento consolidato e indica al debitore che, quando lamenta usurarietà dei moratori, dovrà chiedere la nullità limitata a quella clausola e la restituzione dei soli moratori pagati, senza sperare di ottenere l’azzeramento integrale degli interessi se quelli corrispettivi erano leciti.
Riassumendo, per dimostrare e far valere l’usura il debitore dovrà: raccogliere il contratto e i documenti di sintesi; calcolare il TEG/TAEG effettivo; individuare il tasso soglia relativo; eventualmente far svolgere una CTU contabile; quindi domandare al giudice la declaratoria di nullità della clausola interessi ex art. 1815 c.c. e la restituzione degli importi indebitamente corrisposti (o la rideterminazione del saldo). Conviene anche citare in atti le più recenti sentenze di Cassazione e magari allegare i decreti ministeriali sui tassi soglia del periodo pertinente, per dare ufficialità alla prova della soglia.
Trasparenza contrattuale e indeterminatezza delle clausole: forma, contenuto e tasso applicato
Oltre ad anatocismo e usura, un’altra macro-area di possibili irregolarità nei contratti bancari concerne la mancanza di trasparenza o la indeterminatezza delle condizioni economiche. La normativa impone alle banche di fornire contratti chiari, completi e redatti in forma scritta, pena la nullità di protezione ex art. 117 TUB. Vediamo i punti chiave:
- Forma scritta e consegna di copia (art. 117 TUB): I contratti bancari devono essere redatti per iscritto e un esemplare deve essere consegnato al cliente. La sanzione per la violazione dell’obbligo di forma è la nullità del contratto, che può essere fatta valere solo dal cliente (nullità di protezione) ed è rilevabile d’ufficio solo a suo vantaggio. Attenzione: la giurisprudenza ha avuto un percorso articolato sul c.d. contratto “monofirma”, ossia firmato solo dal cliente e non materialmente controfirmato dalla banca. In passato alcune decisioni (es. Cass. n. 6559/2017) hanno ritenuto nullo un contratto bancario non sottoscritto dalla banca, affermando che non basta una qualunque manifestazione scritta postuma della banca (ad es. un atto di precetto) per sanare la mancanza: serve un documento contrattuale completo sottoscritto dall’intermediario e consegnato al cliente. Invece, la Cassazione a Sezioni Unite n. 898/2018 ha adottato un approccio più “sostanzialistico”: ha stabilito che, nel contratto di conto corrente, l’obbligo di forma scritta si considera soddisfatto anche se c’è la sola firma del cliente, purché poi la banca dimostri l’avvenuta accettazione dello schema contrattuale, ad esempio producendo in giudizio la copia del contratto o attraverso comportamenti concludenti come l’esecuzione del rapporto (invio di estratti conto, utilizzo del contratto stesso). Le Sezioni Unite hanno affermato che se la banca produce la copia del contratto sottoscritto dal cliente (sempre che il cliente nel frattempo non abbia revocato il consenso) ciò perfeziona il contratto ex tunc. Analogamente, per i contratti-quadro di investimento (art. 23 TUF), si ritiene sufficiente la sola firma dell’investitore, mentre il consenso dell’intermediario può risultare da comportamenti concludenti. In sintesi, attualmente un contratto bancario firmato solo dal cliente non è automaticamente nullo se la banca dimostra di aver accettato lo stipulato (anche implicitamente) e se il cliente ha avuto conoscenza del testo. Resta però preferibile per la banca far sottoscrivere anche il proprio rappresentante e consegnare copia controfirmata. Dal punto di vista del debitore, l’eccezione di nullità per difetto di doppia firma può essere sollevata, ma se la banca esibisce il contratto e prova di averlo eseguito, è probabile che il giudice ritenga superato il vizio formale in base ai principi di cui sopra. È una nullità di protezione, quindi solo il cliente può scegliere se insistere su di essa o no (magari il cliente può anche voler convalidare il contratto se gli è favorevole).
- Obbligo di consegna della copia: La mancata consegna al cliente di copia del contratto, pur essendo un inadempimento della banca e potendo dar luogo a sanzioni amministrative, non comporta di per sé la nullità del contratto, secondo la giurisprudenza più recente. La Cassazione (Sez. I, ord. 3 luglio 2024 n. 18230) ha chiarito che la nullità prevista dall’art. 117 TUB attiene solo alla forma prescritta per il consenso contrattuale, non anche alla fase successiva dell’obbligo di consegna. Dunque, se il cliente lamenta di non aver ricevuto copia del contratto, ciò potrà eventualmente incidere sul piano probatorio (ad esempio potrebbe presumersi che non conoscesse certe clausole), ma non rende nullo il contratto se questo era comunque valido e sottoscritto. La decisione evidenzia che il cliente, peraltro, se agisce lamentando nullità, deve averne fatto cenno tempestivo: non può dedurre solo in appello di non aver ricevuto copia se già impugnando il contratto aveva mostrato di conoscerne il contenuto. Esempio: Caio stipula un contratto di conto corrente firmando il modulo in banca, ma non riceve la sua copia. Anni dopo, contesta la nullità del conto per mancata consegna. La banca produce però in giudizio il contratto firmato da Caio (quindi il testo esiste) e Caio nel frattempo aveva anche utilizzato il conto e ricevuto estratti conto con condizioni. Secondo Cass. 18230/2024 non c’è nullità automatica: l’art. 117 TUB richiede la forma scritta, e qui c’era; la consegna è un obbligo, la cui violazione può semmai rilevare come comportamento scorretto ma non travolge il consenso espresso. In pratica, la mancata consegna potrebbe semmai fondare un ricorso all’Arbitro Bancario Finanziario per violazione delle norme di trasparenza (con possibile condanna della banca a fornire la documentazione mancante), ma in sede di nullità giudiziale non è decisiva.
- Chiarezza e determinatezza delle clausole economiche: Ogni contratto bancario deve indicare chiaramente tassi, prezzi e condizioni applicati (art. 117 co.4 TUB). La legge vieta di lasciare indeterminato il tasso di interesse o altri oneri. In particolare, sono nulle le clausole che rinviano agli “usi di piazza” o che comunque non indicano un criterio certo di determinazione del tasso. Questa è un’ulteriore nullità di protezione, con sanzione specifica: l’art. 117 co. 7 TUB prevede che in caso di inosservanza del co.4 (mancata indicazione di tasso o prezzo) e di nullità di cui al co.6 (clausole di rinvio ad usi), “si applicano: a) il tasso nominale minimo e quello massimo, rispettivamente per le operazioni attive e per quelle passive, dei BOT annuali emessi nei 12 mesi precedenti la conclusione del contratto (o operazione)”. In sostanza: se la banca non ha indicato il tasso debitore, il cliente pagherà solo il tasso minimo dei BOT (solitamente bassissimo) invece di quello pattuito; se la banca non ha indicato il tasso creditore (ad es. interesse su depositi), dovrà corrispondere almeno il tasso massimo dei BOT all’epoca. È una forma di sanzione civilistica. La norma vuole evitare che il cliente resti incerto sulle condizioni e punisce la banca sostituendo d’ufficio il tasso con un parametro molto sfavorevole alla banca stessa. Esempio tipico: molti contratti ante-1993 (prima del TUB) prevedevano formule generiche tipo “gli interessi attivi e passivi sono quelli usualmente praticati sulla piazza”, senza numeri. Tali clausole oggi sono senz’altro nulle, e si applicherebbe ex lege il tasso BOT. Analogamente, se un contratto di mutuo omettesse completamente di indicare il tasso annuo (ipotesi estrema), il rimedio sarebbe applicare il tasso legale o BOT (a seconda delle norme applicabili, per i consumatori c’è anche l’art. 125-bis TUB che in caso di difetto di indicazione del TAEG prevede l’applicazione di un tasso nominale minimo BOT). Un caso frequente è la contestazione di indeterminatezza del tasso di interesse di mora: alcune volte i contratti riportavano il tasso di mora come “x punti in più del tasso nominale” oppure indicavano un range. Se però il criterio c’è, la clausola può essere considerata determinabile. La nullità scatta quando proprio non è possibile ricavare il tasso. Ad esempio, Cassazione ha ritenuto nulla la clausola che rinvia agli usi bancari per determinare la valuta e gli interessi (trattandosi di rinvio non a parametri oggettivi ma a usi, espressamente vietato).
- Indicatore Sintetico di Costo (TAEG/ISC) errato: Nel credito ai consumatori e nei mutui è obbligatorio indicare il TAEG (Tasso Annuo Effettivo Globale) o ISC (Indicatore Sintetico di Costo) per dare al cliente un’idea del costo complessivo. L’errore su questo indicatore non è espressamente sanzionato con nullità dal TUB, e la giurisprudenza per lo più esclude che l’errata indicazione del TAEG determini nullità del contratto o delle clausole, trattandosi di un obbligo informativo la cui violazione può semmai dar luogo a sanzioni amministrative o al risarcimento del danno. Ad esempio, Cass. n. 14756/2020 ha negato che un TAEG divergente comporti nullità ex art. 117 TUB, in quanto il TAEG non è una “condizione economica” in sé, ma un indicatore riepilogativo; la nullità colpisce la mancata indicazione di tassi e prezzi che determinano il costo, non l’errata indicazione dell’indice. Alcuni tribunali tuttavia hanno sanzionato l’errore rilevante sul TAEG con la nullità della clausola di interesse (considerandola indeterminata) o con la sostituzione del tasso con quello legale. Ma questo è un terreno in evoluzione e non del tutto pacifico. Dal punto di vista del debitore-consumatore, l’errata indicazione del TAEG può essere sfruttata più efficacemente come violazione degli obblighi di trasparenza per chiedere un risarcimento (ad esempio se la mancata chiarezza gli ha impedito di valutare correttamente offerte alternative).
Vizi di consenso e informazione precontrattuale: Una differente prospettiva (non proprio “nullità”, ma comunque tutela del cliente) è quella dei vizi del consenso. Ad esempio, se la banca ha fornito informazioni fuorvianti o non ha evidenziato clausole onerose (tipo clausole floor nei mutui, o costi nascosti), il cliente potrebbe invocare il dolo contrattuale o l’errore. Queste sono questioni probatorie complesse e raramente portano all’annullamento, se non in casi di vere e proprie omissioni informative su elementi essenziali. Un caso noto è quello dei derivati: se una banca colloca derivati a un’azienda senza spiegare i rischi, la giurisprudenza ha annullato i contratti per difetto di causa o vizi del consenso. Ma restando sul tema classico dei contratti di finanziamento, è più frequente agire sulle nullità testuali (anatocismo, usura, indeterminatezza) che non sui vizi del consenso.
Sintesi operativa: Il debitore che intenda far valere l’indeterminatezza o la scarsa trasparenza dovrà individuare quali condizioni economiche mancano o sono state indicate scorrettamente. Ad esempio:
- Nessun tasso di interesse specificato nel contratto 👉 nullità ex art. 117 TUB e applicazione tasso sostitutivo BOT.
- Clausola di rinvio a usi per interessi o commissioni 👉 nullità e tasso sostitutivo.
- Contratto non firmato dalla banca 👉 nullità ex art. 117 TUB, ma attenzione alla giurisprudenza sull’accettazione implicita.
- Mancata consegna copia 👉 violazione formale, ma non più causa di nullità secondo Cass. 2024 (utile semmai per contestare la decorrenza di termini o la conoscenza di clausole).
- Clausole poco chiare su calcolo interessi (es. ammortamento alla francese contestato come anatocistico): su questo tema, recentemente le Sezioni Unite (sent. n. 15130/2024) hanno escluso che il piano di ammortamento “alla francese” implichi anatocismo vietato, chiarendo che il calcolo degli interessi nelle rate include solo interessi maturati sul capitale residuo e non genera interessi su interessi. Dunque, un’eventuale contestazione del piano alla francese come indice di opacità o anatocismo nascosto è destinata a fallire in base alla nomofilachia più recente.
Esempio pratico: Sempronio ha un contratto di mutuo in cui, per errore, il tasso di interesse numerico non è indicato (magari il campo è rimasto in bianco) ma c’è scritto “come da accordi”. Questa omissione rende il tasso indeterminato. Sempronio in causa potrà chiedere che, non essendo determinato il tasso convenzionale, si applichi il tasso BOT annuale minimo ex art. 117 TUB, che per l’anno in questione supponiamo fosse lo 0,5%. Ciò comporterebbe un abbattimento enorme degli interessi dovuti. Un caso del genere, se provato documentalmente, porta quasi certamente a una pronuncia di nullità parziale (della clausola interesse) e sostituzione automatica del tasso. La banca difficilmente potrebbe opporsi, salvo invocare magari che c’è stato un errore materiale e che le parti intendevano un certo tasso. Ma senza un documento firmato con quel tasso, l’art. 117 TUB è implacabile.
Un altro esempio: un contratto di conto corrente è privo di un documento negoziale vero e proprio, ma il cliente ha usato il conto per anni ricevendo solo estratti conto. Se il cliente contesta l’assenza di forma scritta, la banca potrebbe produrre le condizioni generali sottoscritte dal cliente all’apertura del rapporto (anche se solo dal cliente). A quel punto, seguendo SU 2018, il giudice può ritenere che l’accordo scritto sussiste (firma cliente + documento esibito = forma rispettata). Se invece la banca non fosse in grado di produrre alcun contratto firmato (capita nei rapporti molto datati), allora il cliente avrebbe buon gioco a far dichiarare nullo ex art. 117 TUB il contratto stesso per difetto di forma. Quali conseguenze? Si ritiene che la nullità del contratto di conto corrente comporti la restituzione reciproca delle prestazioni: la banca deve restituire commissioni e interessi percepiti, e il cliente restituire il fido eventualmente utilizzato (ma senza interessi, salvo forse il tasso legale come indennizzo per l’uso del denaro). In sostanza, la nullità per difetto di forma giova al cliente poiché annulla tutte le clausole economiche a suo sfavore, lasciando in piedi al più l’obbligo di restituire il capitale avuto.
Conclusione sulla trasparenza: La normativa sulla trasparenza (art. 117 TUB e seguenti, Delibera CICR 2003 sulle condizioni generali, Provvedimenti di Banca d’Italia) è un potente strumento per censurare clausole poco chiare o non pattuite correttamente. Dal lato pratico, però, far valere queste nullità richiede un’attenta analisi del contratto: spesso i contratti moderni sono formalmente regolari (la banca ha imparato a predisporre moduli completi). Le contestazioni di indeterminatezza emergono più facilmente su contratti datati o su specifiche clausole (es. commissioni scarsamente definite). Anche qui, il debitore deve allegare la norma violata (es. art. 117 co.4 TUB) e spiegare al giudice perché la clausola X del suo contratto non soddisfa i requisiti di trasparenza, chiedendo quindi di dichiararla nulla e applicare il regime sostitutivo (tassi BOT o altro).
Fideiussioni bancarie nulle e altre clausole abusive
Un capitolo rilevante dal punto di vista del debitore (o meglio, del garante debitore) riguarda la nullità di certe clausole nelle fideiussioni bancarie, in particolare le cosiddette fideiussioni omnibus conformi allo schema ABI. Si tratta di garanzie personali che un soggetto (spesso un socio o amministratore di società, o un privato coobbligato) presta a favore di una banca a garanzia delle obbligazioni di un debitore principale, di solito “per qualsivoglia obbligazione presente e futura” verso la banca (da cui il nome omnibus).
Intesa anticoncorrenziale ABI: Negli anni ’00 l’Autorità Antitrust (all’epoca la Banca d’Italia in funzione antitrust per il settore creditizio) rilevò che l’ABI (Associazione Bancaria Italiana) aveva predisposto uno schema uniforme di fideiussione omnibus (circolare ABI 2003) che conteneva alcune clausole potenzialmente lesive della concorrenza, in quanto tutte le banche adottavano quelle clausole svantaggiose per i garanti, restringendo la competizione contrattuale. Con Provvedimento n. 55/2005, Banca d’Italia dichiarò contrario alla legge antitrust (L. 287/90, art. 2) tale schema limitatamente a tre clausole:
- Clausola di “sopravvivenza” del debito garantito (reviviscenza) – art. 2 schema ABI – per cui il fideiussore si obbliga a restituire alla banca quanto questa avesse eventualmente incassato dal debitore e poi dovesse restituire per qualsiasi motivo (annullamento, revoca fallimentare ecc.). In pratica il fideiussore non si libera nemmeno se il pagamento è stato dichiarato inefficace successivamente.
- Clausola di rinuncia al termine ex art. 1957 c.c. – art. 6 schema ABI – per cui i diritti della banca verso il fideiussore restano integri fino all’estinzione completa dei debiti del cliente, senza che la banca sia tenuta a far valere la garanzia entro i termini dell’art. 1957 c.c. In sostanza si elimina la decadenza del fideiussore se la banca non agisce entro 6 mesi dalla scadenza del debito.
- Clausola di estensione della garanzia oltre l’eventuale invalidità dell’obbligazione principale – art. 8 schema ABI – per cui la fideiussione resta valida anche se l’obbligazione principale fosse dichiarata invalida, garantendo l’obbligo del debitore di restituire le somme ricevute (ripetizione dell’indebito).
Queste clausole standard sono molto onerose per il fideiussore e, una volta dichiarate contrarie alla concorrenza dall’Autorità, sono divenute nulle in tutti i contratti “a valle” che le contenevano, ai sensi dell’art. 2, comma 3, L.287/90 (“le intese vietate sono nulle ad ogni effetto”). Tale nullità opera a vantaggio del fideiussore che la invochi.
Giurisprudenza sulle fideiussioni ABI: La Cassazione si è pronunciata più volte sulla questione. Inizialmente con sentenze di sezioni semplici (es. Cass. n. 29810/2017) confermò la nullità integrale delle fideiussioni conformi allo schema ABI, qualificandola come nullità per violazione di norma imperativa (antitrust) e quindi rilevabile d’ufficio. Successivamente, le Sezioni Unite con sentenza n. 41994 del 30/12/2021 hanno composto i contrasti precisando che la nullità è parziale e riguarda solo le clausole specificamente derivanti dall’intesa vietata. Hanno enunciato il principio di diritto che “i contratti di fideiussione a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante… sono parzialmente nulli… in relazione alle sole clausole che riproducano quelle dello schema… vietata, salvo che risulti una diversa volontà delle parti”. Dunque, le tre clausole 2, 6 e 8 dello schema ABI, se presenti, vanno espunte come nulle, mentre il resto della fideiussione rimane valido se è in grado di produrre effetto anche senza di esse (in genere sì, la garanzia resta operante ma “ripulita” da quelle previsioni e quindi più favorevole al fideiussore).
Effetti pratici per il fideiussore: La nullità di tali clausole implica che:
- La banca perde il beneficio della reviviscenza: se ha incassato dal debitore principale e poi deve restituire (es. revocatoria fallimentare), non potrà rivalersi di nuovo sul fideiussore, contrariamente a quanto prevedeva la clausola 2.
- Ritorna in vigore l’art. 1957 c.c.: il fideiussore si libera se la banca non gli chiede il pagamento entro 6 mesi dalla scadenza dell’obbligazione principale (nel caso di obbligazione a termine) o entro i termini processuali (nel caso di obbligazioni a tempo indeterminato). La clausola 6 che lo derogava è nulla, quindi il fideiussore potrà eccepire la decadenza se la banca è rimasta inerte oltre i termini.
- Se il debito principale è nullo o invalido, la fideiussione si estingue: la clausola 8 che la teneva in piedi comunque è nulla. Quindi, ad esempio, se un contratto di apertura di credito risultasse nullo e il cliente non dovesse restituire nulla (o solo parte), anche la fideiussione viene meno; oppure in caso di estinzione per transazione col debitore, il fideiussore potrebbe liberarsi salvo atti contrari firmati.
Tutela del garante (debitore in solido): Dal punto di vista del garante, queste nullità sono un’ancora di salvezza. Per dimostrarle, occorre comparare il testo della propria fideiussione con lo schema ABI oggetto del provvedimento antitrust. Di solito si ritrovano quasi letteralmente gli stessi articoli. Molti tribunali e corti d’appello ormai dichiarano nulli quei tre articoli anche senza CTU, trattandosi di notoria uniformità testuale. Il garante deve eccepire la nullità nella prima difesa utile in un’eventuale causa di pagamento (es. opposizione a decreto ingiuntivo della banca o atto di citazione della banca). La Cassazione ha anche chiarito che trattandosi di nullità per violazione di norma imperativa, è rilevabile d’ufficio, ma sempre “entro i limiti della domanda” e a vantaggio del garante; quindi è importante comunque sollevare l’eccezione tempestivamente.
Caso consumeristico: In alcune situazioni, il fideiussore è un consumatore (persona fisica che garantisce un debito non professionale). In tali casi può cumularsi alla nullità antitrust anche la vessatorietà ex Codice del Consumo. La recente Cass. Sez. III, 5 marzo 2025 n. 14687 ha affrontato il caso di un fideiussore-consumatore cui era stata richiesta la somma garantita nonostante la banca non avesse agito entro 6 mesi dalla scadenza del debito principale (clausola di deroga all’art. 1957 c.c.). La Cassazione ha confermato la nullità di tale clausola, in quanto vessatoria ai sensi dell’art. 33 Cod. Consumo, perché crea “un grave squilibrio a danno del garante” esonerando la banca dal termine legale. Ha ritenuto tale clausola nulla e quindi liberato il fideiussore. Ciò significa che, quando applicabile, anche la normativa consumeristica porta allo stesso risultato: clausole che aggravano la posizione del consumatore oltre il disposto di legge (escludendo suoi diritti come la liberazione ex art.1957) sono nulle.
Altre clausole abusive nei contratti bancari: Oltre alle fideiussioni, esistono altre possibili clausole contrattuali vessatorie o nulle per legge nei rapporti banca-cliente. Ad esempio:
- Clausole che prevedano costi non pattuiti chiaramente o che attribuiscano alla banca poteri unilaterali eccessivi possono essere contestate. Una clausola che permettesse alla banca di variare liberamente il tasso senza darne comunicazione con preavviso violerebbe l’art. 118 TUB e sarebbe nulla o comunque inefficace.
- La clausola di mandato irrevocabile all’incasso che talvolta si vede in alcuni contratti (il cliente conferisce mandato irrevocabile alla banca di incassare crediti per pagare il debito) può essere considerata vessatoria se sbilanciata.
- Clausole di esonero da responsabilità della banca o limitative di diritti di recesso del cliente possono cadere sotto la lente del Codice del Consumo.
- Nei contratti di leasing o di finanziamento, clausole che imponessero spese sproporzionate per estinzione anticipata oltre i limiti di legge (oggi normati) sarebbero nulle per contrarietà a norme imperative (il TUB prevede tetti massimi alle penali di estinzione anticipata per mutui fondiari e credito ai consumatori).
- Segnalazioni in Centrale Rischi: non è una clausola contrattuale, ma è un effetto del contratto. Se una banca minaccia contrattualmente segnalazioni illegittime, il cliente può far valere il Garante Privacy e norme di buona fede. (Questo esula dalle nullità contrattuali strette).
Esempio pratico fideiussione: Il socio G garante di un’apertura di credito della sua S.r.l. riceve ingiunzione dalla banca di pagare 50.000 €. Il debito principale era un fido utilizzato e scaduto; la banca però non ha escusso G nei 6 mesi successivi alla revoca del fido, bensì dopo 1 anno, emettendo decreto ingiuntivo. G propone opposizione allegando la nullità delle clausole 2,6,8 della fideiussione omnibus che firmò (in effetti conformi a schema ABI). In giudizio produce il testo contrattuale e il provvedimento Banca d’Italia 2005, oltre a giurisprudenza (Cass. 41994/2021). Il giudice, riconosciute quelle clausole come nulle, potrebbe concludere che, venuta meno la deroga all’art.1957, il garante si è liberato perché la banca ha atteso troppo. Oppure potrebbe dichiarare la fideiussione nulla limitatamente a quelle clausole ma in ogni caso rigettare la richiesta della banca per intervenuta decadenza dal credito garantito. In entrambi i casi G non paga.
Diversa volontà delle parti: Le Sezioni Unite 2021 hanno lasciato uno spiraglio: se la banca prova che, nel singolo caso, c’è stata una trattativa individuale col cliente e una “diversa volontà delle parti” di discostarsi dallo schema standard, allora non si applicherebbe la nullità antitrust. In pratica, se il contratto di fideiussione avesse subito modifiche tali da non essere un pedissequo copia-incolla dello schema ABI, o se la banca può dimostrare di aver concesso vantaggi in cambio di quelle clausole, potrebbe forse sostenere che non si tratta di “intesa a valle” ma di libera contrattazione. Finora, però, le banche non sono quasi mai riuscite a dimostrare ciò, anche perché quelle clausole raramente vengono modificate; e se anche lo fossero in minima parte, il risultato a volte non cambia (ad esempio omettono la parola “a semplice richiesta” ma di fatto la sostanza rimane).
Altre garanzie: Vale la pena accennare che analoghe considerazioni di nullità potrebbero riguardare contratti di pegno omnibus o altre forme di garanzia con clausole analoghe. Ma nella pratica la questione è emersa soprattutto per le fideiussioni personali.
In conclusione, dal punto di vista del debitore-fideiussore, è essenziale controllare il contratto di garanzia: se contiene quelle clausole standard, esistono solidi argomenti per ottenerne la nullità parziale e quindi evitare o limitare la propria obbligazione di pagamento. Anche dal punto di vista del debitore principale, la nullità della fideiussione del garante può essere vantaggiosa, ad esempio in sede di trattative o di piano di rientro, poiché toglie alla banca la leva di un coobbligato patrimoniale.
Domande e Risposte Frequenti
D: Come posso accorgermi se la mia banca ha applicato l’anatocismo sul mio conto corrente?
R: Puoi accorgertene esaminando gli estratti conto periodici. Se vedi che, in corrispondenza delle chiusure trimestrali, ti vengono addebitati gli interessi passivi maturati e questi importi vengono sommati al saldo a debito generando ulteriori interessi nel periodo successivo, allora c’è anatocismo trimestrale. Ad esempio, il saldo al 31 marzo include interessi addebitati che poi al 30 giugno vengono considerati nel calcolo dei nuovi interessi: questa è capitalizzazione composta. Inoltre, verifica il contratto: se c’è una clausola che parla di capitalizzazione trimestrale (o comunque più di una volta l’anno) degli interessi, oggi è illegittima e nulla. La presenza di tale clausola e gli addebiti sul conto sono le prove per contestare l’anatocismo.
D: Ho stipulato un mutuo a tasso variabile; inizialmente il tasso era sotto soglia, ma poi le rate sono aumentate e temo abbiano superato la soglia d’usura. Posso far dichiarare usurario il mutuo?
R: Se il tasso era regolare al momento della stipula, non si configura usura originaria e quindi la clausola interessi non è nulla in sé. L’aumento successivo dei tassi (usura sopravvenuta) non comporta la nullità del contratto né l’azzeramento degli interessi, grazie all’art. 1 D.L. 394/2000 (L. 24/2001). In pratica, però, nulla impedisce di contestare gli interessi eccedenti la soglia per il periodo in cui c’è stato lo sforamento: puoi chiedere al giudice di ridurli al tasso soglia. Molti contratti includono una clausola di salvaguardia che automaticamente limita i tassi al limite di legge; se c’è, la banca dovrebbe già applicarla spontaneamente. In sintesi, non avrai diritto a un mutuo “gratuito” (perché l’usura non c’era all’inizio), ma hai diritto a non pagare interessi oltre la soglia nel periodo di superamento. Se invece scoprissi che già alla stipula considerando magari anche le spese di perizia, polizze, ecc., il TAEG superava la soglia, allora sì sarebbe usura originaria e potresti chiedere nullità della clausola e mutuo senza interessi.
D: La banca mi ha fatto firmare un contratto di fideiussione omnibus come garante di un prestito, ma non mi ha informato che c’era un termine di decadenza di 6 mesi per far valere la garanzia. Posso utilizzare l’art. 1957 c.c. a mio favore?
R: Sì. L’art. 1957 c.c. prevede che il fideiussore è liberato se la banca, alla scadenza dell’obbligazione principale, non promuove entro 6 mesi le sue azioni contro il debitore o non rende dichiarazione in giudizio per conservare i suoi diritti. Molte fideiussioni predisposte dalle banche contengono però una clausola in cui il fideiussore rinuncia ai benefici di tale articolo, mantenendo la garanzia valida oltre il termine. Tale clausola, come abbiamo visto, è stata giudicata nulla sia per contrarietà alla normativa antitrust se inserita in uno schema ABI, sia come clausola vessatoria nei confronti di un consumatore. Dunque, se la banca ti chiama a pagare in ritardo (oltre 6 mesi), tu puoi eccepire che la clausola di deroga all’art. 1957 è nulla e pertanto sei libero dall’obbligo di garantire (perché la banca è decaduta). Fai attenzione a far valere subito questa eccezione, preferibilmente nella prima comparsa in giudizio se sei convenuto o nell’opposizione a decreto ingiuntivo.
D: Ho scoperto che nel mio contratto di mutuo il TAEG indicato era del 5% ma rifacendo i conti risulta circa 6%. Posso far annullare il contratto o pagare meno interessi per questo errore?
R: L’errore sul TAEG (Indicatore Sintetico di Costo) di per sé non comporta nullità del contratto né delle clausole, secondo l’orientamento attuale. La giurisprudenza considera il TAEG un elemento informativo, la cui inesattezza non incide sulla validità delle singole pattuizioni di interesse, a meno che l’errore sul TAEG non sia indice di una vera indeterminatezza delle clausole economiche. In genere, se il tasso nominale e le spese sono chiaramente indicati, ma è stato calcolato male il TAEG, il rimedio non è la nullità ma eventualmente il risarcimento del danno (difficile da provare, perché dovresti dimostrare di aver scelto quel mutuo ingannato dal TAEG). Quindi difficilmente potrai ottenere una riduzione degli interessi dovuti basandoti solo su questo. Diverso sarebbe se mancasse l’indicazione del tasso nominale: in quel caso sì che c’è nullità ex art. 117 TUB e paga solo il tasso legale/BOT. Ma se c’è e il TAEG è solo calcolato male, purtroppo non puoi chiedere di convertire il mutuo a tasso legale. Tieni però presente che un TAEG dichiarato 5 e in realtà 6 può essere un indizio che qualcosa non è stato conteggiato: magari hanno omesso nel TAEG una polizza obbligatoria o una spesa. Quell’omissione, se deliberata, potrebbe essere considerata pratica commerciale scorretta; puoi segnalarla all’AGCM (Autorità Garante Concorrenza e Mercato) o all’ABF, ma in tribunale, sul piano strettamente contrattuale, non ottieni l’annullamento.
D: Il mio conto corrente non ha un contratto firmato (la banca dice di averlo perso). Posso fare causa per far dichiarare nullo il rapporto e non pagare gli interessi passivi richiesti?
R: Se la banca davvero non riesce a produrre un contratto firmato da te, hai un argomento forte per far dichiarare la nullità ex art. 117 TUB per difetto di forma scritta. In alcuni casi la giurisprudenza, pur in assenza di modulo contrattuale, ha dedotto l’esistenza del rapporto dalle evidenze (estratti conto firmati dal cliente, ecc.) e ha ritenuto che la forma scritta fosse comunque rispettata. Ma generalmente, senza un documento contrattuale, il vincolo formale ad substantiam è carente e il giudice può dichiarare nullo il contratto. Gli effetti: tu dovresti restituire solo l’eventuale saldo capitale ricevuto, ma senza gli interessi pattuiti (perché pattuiti non validamente). A volte i giudici in questi casi fanno applicazione analogica del tasso legale per l’utilizzo del denaro della banca, ma è materia dibattuta. Molto spesso l’assenza di contratto scritto porta la banca a una posizione processuale debole e spinge per una transazione. Quindi sì, è una strategia di difesa far leva sulla mancanza di forma. Fai attenzione: la nullità per forma può essere fatta valere solo da te come cliente, quindi sei tu che devi attivarti. E se in passato magari hai firmato moduli o richieste di affidamento, la banca potrebbe usarle per sostenere che quel documento era il contratto (anche se incompleto). Bisogna valutare caso per caso. Comunque, la normativa è dalla tua: “i contratti sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti; in caso di inosservanza il contratto è nullo”.
D: La banca mi ha addebitato una commissione di massimo scoperto (CMS) per anni sul conto senza esplicita pattuizione contrattuale. Posso recuperare quegli addebiti?
R: Sì, se la CMS non era chiaramente prevista nel contratto, il suo addebito è indebito per mancanza di causa. Già prima del 2009 la giurisprudenza richiedeva una pattuizione specifica per la CMS, considerandola non deducibile da generiche clausole. Dopo il 2009, l’art. 117-bis TUB ha regolato diversamente le commissioni di affidamento. Nel tuo caso, se parliamo di anni precedenti al 2009, il recupero è possibile invocando l’art. 117 TUB: la CMS incide sul costo del credito e andava pattuita in forma scritta e determinata, altrimenti la clausola è nulla (indeterminatezza). Molti tribunali hanno condannato le banche a restituire CMS applicate unilateralmente. Tieni presente però la prescrizione decennale: puoi reclamare quelle degli ultimi 10 anni (salvo discutere da quando decorra: in genere dalla chiusura del conto per le rimesse ripristinatorie, come per l’anatocismo). Se la CMS era pattuita ma ha contribuito a portare il TEG sopra soglia d’usura in qualche trimestre, puoi anche inserirla nel calcolo d’usura e far valere l’usura su quel trimestre (magari circoscritta alle commissioni eccedenti).
D: Un mutuo con ammortamento “alla francese” (rate costanti) comporta anatocismo? Posso impugnarlo per questo?
R: La questione è stata molto discussa, ma le Sezioni Unite n. 15130/2024 hanno chiarito che no, l’ammortamento alla francese (a rate costanti) non comporta anatocismo illecito. In questo piano, gli interessi di ogni rata sono calcolati sul capitale residuo ancora da restituire, e quindi non si calcolano mai interessi su interessi scaduti, bensì su capitale. La formula matematica produce una quota interessi decrescente e una quota capitale crescente, ma ciò è solo un effetto di distribuzione del pagamento nel tempo. Secondo la Cassazione, “in assenza di anatocismo, la tipologia di ammortamento adottata non incide sul tasso annuo nominale né sul tasso annuo effettivo globale” (citazione da SU 2024). Pertanto, non è possibile contestare un mutuo francese come nullo per anatocismo, perché di fatto non viola l’art. 1283 c.c. L’unico controllo da fare è che il tasso annuo effettivo corrisponda al TAN pubblicizzato: a volte ci sono state polemiche che l’ammortamento francese celasse costi impliciti, ma gli studi hanno concluso che a parità di TAN e durata, l’importo degli interessi totali è identico anche con ammortamento italiano (capitale costante). Quindi, non consiglierei di agire su questo fronte, si rischierebbe un rigetto e anche spese.
D: Ho fatto ricorso all’Arbitro Bancario Finanziario (ABF) per contestare alcune voci sul mio conto. La banca non ha adempiuto alla decisione ABF favorevole. Posso usare questo in tribunale per far dichiarare qualcosa?
R: La decisione dell’ABF non è vincolante come un giudicato, ma è un elemento probatorio a tuo favore. Puoi senz’altro produrla in giudizio; spesso i giudici ordinari tengono conto delle decisioni ABF come orientamento tecnico. Tuttavia, se si tratta di nullità contrattuali, il giudice dovrà comunque accertare i fatti e applicare la legge. L’ABF magari aveva riconosciuto la fondatezza della tua pretesa (ad esempio rimborso di spese non dovute, o applicazione di tasso BOT per indeterminatezza). Puoi chiedere in causa la stessa cosa: la pronuncia ABF ti aiuta a sostenere che la banca era già stata richiamata a sanare la situazione. Ma l’ABF non ha poteri di dichiarare la nullità di un contratto (non in senso tecnico), né le sue decisioni sono esecutive. Quindi purtroppo se la banca ignora l’ABF, devi passare dal tribunale. Il lato positivo è che, statisticamente, se l’ABF ti aveva dato ragione su questioni normate, anche un giudice civile potrebbe farlo, e potrai chiedere anche le spese legali.
D: In breve, quali sono le irregolarità più “facili” da far valere contro una banca?
R: Quelle testuali e oggettive: anatocismo (se dimostrabile dai documenti, la banca raramente ha difese se non la prescrizione), usura originaria (se i numeri parlano chiaro, anche qui poca scappatoia per la banca), indeterminatezza di tassi (quando c’è effettivamente il vuoto contrattuale, è palese e c’è poco da discutere), e nullità delle fideiussioni ABI (ormai quasi pacifica, a meno di dettagli come garante non consumatore o “diversa volontà” che di solito non c’è). Più difficili sono i casi limite: es. usura su tassi di mora (dove la banca ora può difendersi dicendo “al massimo togli la mora ma interessi restano” e potrebbe anche evitare condanna se tu non hai mai pagato mora), questioni su TAEG (danno risarcitorio non scontato), questioni di trasparenza formale (se la banca ha la firma del cliente, la SU 2018 la aiuta). Quindi da avvocato del cliente mi concentro su anatocismo pre-2000, usura su tassi palesemente sopra soglia, clausole non pattuite in contratto, e fideiussioni omnibus standard. Queste sono leve con alta probabilità di successo.
Tabelle riepilogative
Di seguito presentiamo alcune tabelle sintetiche che riassumono gli aspetti salienti trattati in questa guida: dalle tipologie di irregolarità alle normative violate e conseguenze, ai più importanti riferimenti giurisprudenziali.
Tabella 1 – Principali irregolarità nei contratti bancari e loro conseguenze giuridiche
Irregolarità contrattuale | Norma violata | Conseguenze su contratto | Riferimenti giurisprudenziali |
---|---|---|---|
Anatocismo (capitalizzazione periodica interessi passivi, e.g. trimestrale non reciproca) | Art. 1283 c.c.; Art. 120 TUB; Delibera CICR 2000/2016 | Nullità clausola di capitalizzazione. Ricalcolo interessi in regime semplice (niente interessi composti). Restituzione interessi anatocistici indebitamente pagati. | Cass. S.U. n. 24418/2010 (nullità clausola anatocismo, ricalcolo semplice); Cass. n. 9127/2015 (pari periodicità obbligatoria); Cass. n. 12965/2016 (reciprocità necessaria). |
Usura originaria (tassi > soglia al momento convenzione) | Art. 644 c.p.; Art. 1815 co.2 c.c. (mod. L.108/96) | Nullità clausola interessi. Non sono dovuti interessi (contratto gratuito per la parte interessi). Interessi già corrisposti imputati a capitale o restituiti al cliente. | Cass. n. 5286/2000 (mutuo gratuito se tasso usurario); Cass. n. 350/2013; Cass. n. 17447/2019 (riconfermato principio art.1815 c.c.). |
Usura sopravvenuta (tassi diventati > soglia in corso di rapporto) | Art. 644 c.p.; Art. 1 DL 394/2000 conv. L.24/2001 | No nullità originaria. Gli interessi maturati oltre soglia non sono esigibili: tasso ridotto al limite legale per il periodo eccedente. Clausole di salvaguardia efficaci solo contro variazioni successive, non se tasso nasce già usurario. | Cass. n. 602/2013 (no usura sopravvenuta); Cass. n. 13739/2010; Cass. n. 27106/2024 (clausola salvaguardia non sana usura ab origine). |
Interessi moratori usurari (solo mora > soglia) | Art. 1815 co.2 c.c.; Art. 644 c.p. | Nullità della clausola di interessi moratori. Gli interessi di mora non maturano (o ridotti a soglia); gli interessi corrispettivi restano dovuti se sotto soglia. Cliente rimborsa interessi corrispettivi regolarmente, ma non paga penali usurarie. | Cass. n. 27442/2018; Cass. n. 23192/2017; Cass. n. 22890/2019 (usura della mora non travolge interessi corrispettivi). |
Clausole non trasparenti / indeterminate (tassi o costi non indicati chiaramente) | Art. 117 co.4, 6 e 7 TUB; Art. 1346 c.c. | Nullità della clausola indeterminata. Applicazione tasso sostitutivo legale (tasso BOT min per debitori; max per creditori). Contratto valido ma con condizioni economiche ricalcolate per legge. Banca deve restituire eventuali addebiti eccedenti. | Cass. n. 9128/2015 (rinvio ad usi nullo ex art.117 TUB); Cass. n. 21805/2013; ABF, Coll. Coord. 584/2015 (mancata indicazione ISC -> tasso BOT). |
Mancanza forma scritta (contratto non sottoscritto / non documentato) | Art. 117 co.1 TUB | Nullità formale del contratto (nullità di protezione). Può essere fatta valere solo dal cliente. Effetti: caducazione dell’intero rapporto salvo esecuzione avvenuta. In genere cliente tenuto a restituire capitale avuto, ma non interessi convenzionali (forse solo interessi legali come indennizzo). Se la banca ha eseguito il contratto, la nullità opera ex nunc se il cliente l’eccepisce tardivamente, ma SU 2018 ammette perfezionamento ex tunc se contratto prodotto. | Cass. S.U. n. 898/2018 (validità contratto monofirma se banca produce copia o esegue); Cass. n. 6559/2017 (necessaria sottoscrizione banca o atto scritto integrale inviato al cliente, nullità se difetto forma); ABF varie decisioni su art.117. |
Mancata consegna di copia al cliente | Art. 117 co.1 TUB (obbligo consegna) | Non comporta nullità (secondo Cass. 2338/2024). Resta inadempimento della banca. Il cliente può richiedere copia in ogni momento ex art. 119 TUB comma 4. La violazione può rilevare come comportamento scorretto (AGCM/ABF) ma non annulla contratto. | Cass. ord. n. 18230/2024 (mancata consegna documento non rende nullo il contratto); ABF, Coll. Coord. 6167/2014 (sanzionatorio). |
Fideiussione omnibus ABI (clausole “schema ABI”: reviviscenza, deroga 1957 c.c., sopravvivenza obbligazione) | L. 287/90 art.2 (intesa restrittiva concorrenza); Art. 1418 c.c. (nullità per violazione norma imperativa); Art. 33 Cod. Consumo (se fideiussore consumatore) | Nullità parziale della fideiussione: clausole 2,6,8 ABI nulle. Il resto del contratto di garanzia rimane valido (salvo legame inscindibile). Effetti: fideiussore non obbligato alle condizioni sfavorevoli di tali clausole (non paga oltre i limiti di 1957 c.c., si libera se obbligazione principale nulla, etc.). Possibile liberazione totale del garante se la banca è decaduta (art.1957 riapplicato). | Cass. S.U. n. 41994/2021 (nullità parziale fideiussioni a valle intesa vietata); Cass. n. 29810/2017 (nullità rilevabile d’ufficio, prima di SU 2021); Cass. n. 13846/2019; Trib. Milano n. 12052/2017; Cass. n. 14687/2025 (clausola “a prima richiesta senza azione” nulla ex art.33 Cod. Cons.). |
Clausole vessatorie in contratti con consumatore (es. facoltà unilaterale banca di recesso senza preavviso, esoneri ampî di responsabilità, ecc.) | Artt. 33-36 Codice del Consumo | Nullità parziale della clausola vessatoria (nullità relativa al solo consumatore, il contratto per il resto resta efficace). Il consumatore non è vincolato dalla clausola che crea squilibrio significativo a suo danno. | Cass. n. 9479/2022 (clausole ius variandi senza diritto recesso sono vessatorie); Cass. n. 338/2013. In generale controllo caso per caso; AGCM e ABF forniscono casistica. |
Tabella 2 – Riferimenti normativi essenziali citati
Norma | Contenuto rilevante |
---|---|
Art. 1283 c.c. | Divieto di anatocismo salvo domanda giudiziale o accordo successivo alla scadenza degli interessi o usi normativi. |
Art. 1815 co.2 c.c. (post L.108/96) | Se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi (tutti gli interessi). |
Art. 1957 c.c. | Termine per escutere il fideiussore: se il creditore non agisce entro 6 mesi dalla scadenza dell’obbligazione principale (o non interviene nel processo entro 2 mesi dalla pronuncia che conclude il giudizio contro il debitore principale), il fideiussore è liberato. |
D.Lgs. 385/93 (TUB), art. 117 | Forma scritta dei contratti bancari a pena di nullità (nullità di protezione); obbligo consegna copia al cliente; i contratti indicano tassi d’interesse e ogni altro prezzo/condizione praticati (comma 4); vietato rinvio agli usi per determinazione di tassi/prezzi (comma 6); sanzione nullità clausole difformi e applicazione tassi sostitutivi BOT in caso di violazione (comma 7). |
TUB, art. 118 | Ius variandi: facoltà banca di modifiche unilaterali solo con pattuizione contrattuale che lo prevede, motivazione, preavviso min. 2 mesi e diritto di recesso del cliente senza spese; altrimenti modifiche inefficaci. |
TUB, art. 120 | Disciplina produzione interessi bancari: divieto di interessi composti salvo condizioni CICR; dal 2014/2016 divieto di anatocismo salvo interessi debitori calcolati una volta l’anno non prima di 31/12 e pagabili entro 60gg, con parità di condizioni tra interessi attivi e passivi. |
Codice Penale, art. 644 | Reato di usura: punisce chi si fa dare/promettere interessi o altri vantaggi usurari, determinati oltre i limiti (tassi soglia) fissati dalla legge. Specifica che per valutare il carattere usurario si tiene conto di tassi, remunerazioni, commissioni e spese collegati all’erogazione del credito, escluse imposte e tasse. |
Legge 108/1996 | Legge antiusura: definisce modalità di rilevazione TEGM e calcolo soglie; modifica art. 644 c.p. e art. 1815 c.c.; istituisce Fondo vittime usura ecc. |
D.L. 70/2011 art. 8, co.5 (conv. L.106/2011) | Modifica criteri calcolo soglia usura: soglia = TEGM + 25% + 4 p.p., differenza max 8 p.p. (comunicato MEF 2011). |
D.L. 394/2000 art. 1 (conv. L.24/2001) | Disposizione transitoria antiusura sopravvenuta: per i rapporti anteriori 2000 a tasso variabile, stabilisce che la pattuizione è valida e gli interessi si considerano dovuti solo nel limite del tasso soglia vigente tempo per tempo (nessuna pretesa di usura penale per il periodo anteriore). Interpretato come regola generale sull’usura sopravvenuta. |
L. 287/1990 art. 2 | Divieto di intese restrittive della concorrenza; comma 3: intese vietate sono nulle ad ogni effetto. (Applicato a intesa ABI su fideiussioni). |
Codice del Consumo, art. 33 | Clausole vessatorie nei contratti B2C: definizione (squilibrio significativo a danno consumatore, salvo che siano state oggetto di trattativa individuale); elenca una serie di clausole presumibilmente vessatorie (es. limitazioni responsabilità professionista, facoltà di recesso unilaterale senza preavviso per il professionista, ecc.). Tali clausole, se accertate come vessatorie, sono nulle (art. 36), nullità che opera solo a vantaggio del consumatore, contratto per il resto valido. |
Tabella 3 – Cronologia essenziale pronunce giurisprudenziali di riferimento
Anno | Pronuncia | Oggetto | Principio stabilito |
---|---|---|---|
1999 | Cass. n. 2374/1999 | Anatocismo bancario (usi bancari) | Escluso che la capitalizzazione trimestrale possa fondarsi su un uso normativo; dichiarata l’illegittimità degli usi bancari in deroga art. 1283 c.c. – avvio stagione rimborso anatocismo. |
2000 | Corte Cost. n. 425/2000 | Anatocismo, art. 25 D.Lgs. 342/99 | Dichiarata illegittima la norma che voleva sanare retroattivamente l’anatocismo bancario fino al 2000; i clienti possono ripetere interessi anatocistici pagati nel passato (entro prescrizione). |
2000 | Cass. S.U. n. 5286/2000 | Usura originaria | Confermato che se il tasso è superiore a soglia al momento convenzione, la clausola è nulla ex art.1815 c.c. e nessun interesse è dovuto (mutuo gratuito). |
2010 | Cass. S.U. n. 24418/2010 | Anatocismo, prescrizione | Nullità clausola anatocistica -> ricalcolo interessi senza capitalizzazione; per i conti affidati, prescrizione decennale dalla chiusura per rimesse ripristinatorie, e da ogni versamento solutorio per addebiti extrafido. |
2017 | Cass. n. 29810/2017 (Sez. I) | Fideiussioni omnibus ABI | Riconosciuta nullità dello schema ABI fideiussioni per violazione L.287/90 art.2; nullità rilevabile d’ufficio; orientamento iniziale per nullità integrale contratto (poi parz. dalle SU 2021). |
2017 | Cass. n. 6559/2017 (Sez. I) | Forma contratti bancari (monofirma) | Richiamato art.117 TUB; contratto bancario privo firma banca non valido se banca non produce atto scritto completo sottoscritto da sé e consegnato al cliente. Preludio intervento SU 2018. |
2018 | Cass. S.U. n. 898/2018 | Contratti “monofirma” | Forma scritta soddisfatta anche con sola firma cliente se la banca aderisce ed esegue il contratto. Produzione in giudizio di copia contratto da parte banca perfeziona contratto ex tunc, salvo revoca consenso. (Armonizzazione vs Cass. 2017). |
2019 | Cass. ord. n. 27442/2018 e Cass. n. 16303/2018 | Interessi moratori e usura | Tesi iniziale: usurarietà mora comporterebbe nullità interessi convenzionali (tesi poi superata). Incertezza risolta da Cass. 22890/2019. |
2019 | Cass. ord. n. 22890/2019 (Sez. III) | Usura interessi di mora | Chiarito che nullità ex art.1815 c.c. colpisce singola pattuizione usuraria (mora), non si estende ad interessi corrispettivi leciti. Moratori non dovuti, corrispettivi sì. |
2021 | Cass. S.U. n. 41994/2021 | Fideiussioni omnibus ABI | Principio di diritto: contratti fideiussione conformi intesa illecita ABI sono parzialmente nulli limitatamente alle clausole in contrasto con l’antitrust. Nullità ex art.2 L.287/90, art.1419 c.c. |
2022 | Cass. n. 41994/2021 pubblicata 2022 (SU) – vedi sopra, e Cass. n. 11524/2022 (Sez. I) | Fideiussioni, diverse volontà | SU confermano nullità parziale; successive pronunce applicative (Cass.11524/22) ribadiscono che nullità è di protezione e va eccepita dal garante. |
2024 | Cass. S.U. n. 15130/2024 | Ammortamento “alla francese” | Escluso che il piano “alla francese” generi anatocismo o violi norme imperativa: interessi calcolati solo su capitale residuo, nessuna illegittimità. (Orientamento che zittisce contenzioso su questo). |
2024 | Cass. ord. n. 27106/2024 (Sez. III) | Clausola di salvaguardia e usura | Stabilito che la clausola di salvaguardia nei contratti variabili opera solo per evitare usura sopravvenuta, non può sanare un tasso pattuito originariamente sopra soglia. Se tasso era usurario ab origine, clausola salvaguardia non impedisce nullità. |
2024 | Cass. ord. n. 18230/2024 (Sez. I) | Consegna documento contrattuale | Chiarito che la mancata consegna della copia al cliente non determina nullità contrattuale, dato che nullità art.117 TUB è legata solo a carenza forma del consenso. Ribadito che nullità di protezione va eccepita dal cliente e tempestivamente (nel caso, rigetto eccezione tardiva). |
2025 | Cass. Sez. III n. 14687/2025 | Fideiussione consumatore – vessatorietà | Confermata nullità clausola “pagamento a semplice richiesta, rinuncia termini ex art.1957 c.c.” in fideiussione bancaria standard, considerata vessatoria ex art.33 Cod. Cons. (grave squilibrio). Ulteriore tutela per fideiussori consumatori. |
2025 | Cass. S.U. n. 5841/2025 | “Mutuo solutorio” – validità causa | (Non direttamente su anatocismo/usura, ma correlato a nullità contrattuali bancarie) – SU hanno stabilito che il mutuo impiegato immediatamente per ripianare pregresse esposizioni non è nullo per difetto di causa: l’accredito in conto costituisce effettiva traditio e il contratto di mutuo è valido ed efficace anche se le somme erogate vengono contestualmente utilizzate per saldare debiti precedenti. Questo incide sulle eccezioni dei debitori che tentavano di far dichiarare nulli i cosiddetti finanziamenti “di scopo interno” o di consolidamento debiti. |
(Le fonti complete e dettagliate di normative e sentenze menzionate sono riportate nella sezione successiva.)
Fonti
- Codice Civile: articoli 1283, 1346, 1418, 1815, 1957 c.c.
- D.Lgs. 385/1993 (Testo Unico Bancario): articoli 117, 118, 120, 125-bis, 125-sexies TUB.
- Legge 108/1996 (disciplina antiusura) e succ. modd.; art. 644 Codice Penale.
- D.L. 394/2000 conv. L. 24/2001 (usura sopravvenuta).
- Provvedimento Banca d’Italia n. 55/2005 (intesa ABI su fideiussioni omnibus).
- Delibera CICR 9/2/2000 e Delibera CICR 3/8/2016 (anatocismo nei contratti bancari).
- Codice del Consumo, d.lgs. 206/2005: artt. 33-36 (clausole vessatorie nei contratti con i consumatori).
- Legge 287/1990: art. 2 (intese restrittive e nullità).
- Cassazione Civile: Sez. Unite n. 21095/2004; Sez. Unite n. 24418/2010; Sez. Unite n. 15130/2024 (ammortamento “francese”); Sez. Unite n. 41994/2021 (fideiussioni ABI, nullità parziale); Sez. Unite n. 898/2018 (contratti monofirma, validità); Sez. Unite n. 5841/2025 (“mutuo solutorio” valido).
- Cassazione Civile (sez. semplici): n. 2374/1999 (anatocismo e usi bancari); n. 5286/2000 (usura – gratuità mutuo); n. 6559/2017 (forma contratti bancari); n. 29810/2017 (fideiussioni ABI, nullità intesa); n. 27442/2018 e n. 16303/2018 (usura interessi moratori, orientamenti superati); n. 21805/2013 (rinvio ad usi nullo ex art.117 TUB); n. 23192/2017 e n. 24675/2017 (usura sopravvenuta, ribadito no nullità); ordinanza n. 22890/2019 (usura moratori: nullità limitata alla mora); n. 27106/2024 (clausola salvaguardia e usura originaria); n. 18230/2024 (mancata consegna copia, no nullità); n. 14687/2025 (fideiussione consumatore, clausola a semplice richiesta nulla).
- Altre fonti giurisprudenziali: Corte Costituzionale n. 425/2000 (anatocismo, illegittimità sanatoria retroattiva); ABF – Collegio di Coordinamento, decisioni su art. 117 TUB (es. nullità per omessa indicazione ISC); Tribunale di Milano, sentenza n. 12052/2017 (fideiussioni ABI nulle); Corte d’Appello di Trento, sentenza 24/2019 (fideiussore liberato ex art.1957 c.c.).
- Provvedimenti Banca d’Italia e MEF: Istruzioni Bankitalia per il calcolo del TEGM (aggiornamenti 2017-2025); Comunicati MEF sui TEGM e soglie d’usura trimestrali (es. Tassi soglia II trim. 2025, G.U. …); TUB implementato con D.Lgs. 141/2010 per trasparenza credito consumatori.
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Quando un contratto bancario è nullo o irregolare?
Ecco alcune delle irregolarità più frequenti:
- Interessi usurari (anche se calcolati sommando tasso e costi)
- Anatocismo bancario: capitalizzazione illegittima degli interessi passivi
- Mancata consegna del contratto firmato o documentazione incompleta
- Clausole non chiare o non negoziate singolarmente
- Commissioni occulte o costi non espressamente approvati
- Mancanza dell’informativa precontrattuale obbligatoria
- Violazione della normativa sulla trasparenza bancaria (TUB)
In presenza di uno o più di questi vizi, puoi chiedere la nullità totale o parziale del contratto, con ricalcolo degli interessi e rimborso delle somme versate.
Come si dimostra la nullità di un contratto bancario?
Occorre eseguire:
- Un’analisi tecnico-legale del contratto
- Un controllo dei tassi applicati rispetto alle soglie usura
- La ricostruzione analitica del rapporto bancario (estratti conto, piani di ammortamento, prospetti)
- Una verifica della presenza o meno delle clausole obbligatorie per legge
- La predisposizione di una perizia econometrica, se necessario
Una volta accertata l’irregolarità, si può:
- Intraprendere un’azione giudiziaria per nullità e rimborso
- Opporsi a decreti ingiuntivi o pignoramenti basati sul contratto viziato
- Richiedere la sospensione dei pagamenti o l’annullamento del debito residuo
🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo
📂 Analizza ogni clausola del contratto bancario, anche storico
📑 Verifica i tassi, i costi occulti e le violazioni di legge
⚖️ Redige l’atto di contestazione e ti assiste in giudizio contro la banca
✍️ Richiede il ricalcolo del debito residuo o il rimborso delle somme illegittime
🔁 Ti tutela anche nei procedimenti esecutivi basati su contratti irregolari
🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in diritto bancario e contenziosi contrattuali
✔️ Iscritto come Gestore della crisi presso il Ministero della Giustizia
✔️ Difensore di imprenditori, consumatori e liberi professionisti in crisi finanziaria
✔️ Consulente per la rinegoziazione o risoluzione dei rapporti bancari
Conclusione
Un contratto bancario viziato può essere annullato o corretto. Ma serve competenza e tempestività.
Con l’Avvocato Giuseppe Monardo, puoi difenderti dalle pretese bancarie ingiuste e recuperare il controllo della tua situazione finanziaria.
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