Hai ricevuto un avviso di giacenza con un codice numerico sospetto e ti stai chiedendo se si tratta di una raccomandata dell’Agenzia delle Entrate? Vuoi sapere quali sono i codici che identificano gli atti fiscali più importanti e cosa rischi se non ritiri la comunicazione?
Capire da subito che tipo di raccomandata ti sta aspettando in posta può fare la differenza tra risolvere un problema o ritrovarti, senza saperlo, con un atto esecutivo alle porte. I codici presenti sull’avviso di giacenza sono un primo segnale da non ignorare.
Quali sono i codici più usati per le raccomandate dell’Agenzia delle Entrate?
– Codice 75, 76, 77, 78, 79: solitamente indicano atti fiscali rilevanti, come avvisi di accertamento, cartelle esattoriali, solleciti di pagamento o comunicazioni ufficiali dell’Agenzia delle Entrate
– Codice 608, 609, 613, 615, 616: spesso usati per comunicazioni dell’Agenzia delle Entrate Riscossione, come intimazioni, fermi, preavvisi di pignoramento
– Codice 670, 671, 689: possono riguardare atti tributari notificati tramite servizio postale da enti locali o dall’INPS
– Codice 786 o simili: spesso utilizzati per accertamenti esecutivi e atti con valore legale immediato
Come puoi sapere con certezza che tipo di atto è?
– Il codice da solo non basta, ma è un forte indizio
– Se il codice rientra in quelli più comuni, è probabile che si tratti di un atto fiscale
– La mancata consegna o il rifiuto di ritiro non impedisce che l’atto si consideri notificato per legge
Cosa succede se non ritiri la raccomandata?
– Dopo 10 giorni di giacenza, l’atto si considera legalmente notificato
– I termini per impugnare iniziano a decorrere, anche se non l’hai letto
– Potresti perdere la possibilità di difenderti, facendo diventare definitivo un atto contestabile
Cosa devi fare se ricevi un avviso sospetto?
– Ritira subito la raccomandata
– Conserva la busta e l’avviso di giacenza: sono fondamentali per calcolare i termini
– Rivolgiti subito a un avvocato se si tratta di un atto fiscale: ogni giorno perso può costarti caro
– Se hai ricevuto un codice incerto, richiedi il tracking online o contatta lo sportello postale
Cosa NON devi fare mai?
– Ignorare l’avviso pensando che “se non lo ritiro non vale”
– Lasciar passare i giorni sperando che l’atto sparisca
– Ritirare l’atto e poi metterlo da parte senza capire cosa fare
– Cercare di gestire da solo situazioni complesse come accertamenti, cartelle o pignoramenti
Conoscere i codici delle raccomandate ti aiuta a capire da subito se sei davanti a un problema fiscale serio. Ma solo l’analisi dell’atto può salvarti da conseguenze gravi.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in difesa fiscale e contenzioso tributario – ti spiega quali codici identificano le raccomandate dell’Agenzia delle Entrate, cosa significano e cosa fare per non perdere tempo e diritti.
Hai ricevuto un avviso con codice sospetto e vuoi sapere se è un atto fiscale? Vuoi agire prima che sia troppo tardi?
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Introduzione
Le comunicazioni importanti inviate per posta dall’Agenzia delle Entrate (AdE) o dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione (AdER, ex Equitalia) arrivano spesso tramite raccomandata con avviso di ricevimento, lasciando al destinatario un avviso di giacenza quando la consegna non è avvenuta. Queste raccomandate possono essere identificate in anticipo grazie ai codici numerici stampati sull’avviso di giacenza: le prime due o tre cifre del codice identificativo indicano infatti la tipologia di atto o il mittente, permettendo al destinatario (tipicamente il contribuente/debitore) di capire se si tratta, ad esempio, di un semplice avviso, di un accertamento fiscale, di una cartella di pagamento o di un atto giudiziario. In questa guida, aggiornata a giugno 2025, esamineremo tutti i codici identificativi attualmente noti delle raccomandate inviate dall’Agenzia delle Entrate o da Agenzia Entrate-Riscossione, distinguendo tra le due tipologie di enti e di atti. Forniremo inoltre un’analisi approfondita e normativa sulle conseguenze legali del mancato ritiro di tali raccomandate (la cosiddetta compiuta giacenza), e su come difendersi dagli atti ricevuti, con riferimenti a leggi e sentenze recentissime. Il taglio sarà giuridico ma divulgativo, adatto sia ad avvocati sia a privati cittadini e imprenditori, ponendo l’accento sul punto di vista del debitore (ossia del destinatario degli atti).
Struttura della guida: Dopo una panoramica sul significato dei codici raccomandata, verranno presentati elenchi completi dei codici (in tabelle riepilogative) con i rispettivi mittenti e contenuti, separando quelli tipici dell’AdE da quelli dell’AdER. Seguiranno sezioni sugli effetti giuridici del mancato ritiro di una raccomandata (compiuta giacenza) e su strategie di difesa e impugnazione degli atti (ricorsi, opposizioni, eccezioni procedurali). In chiusura, un FAQ fornirà risposte sintetiche a domande comuni (ad es. sui termini di impugnazione, sull’identificazione del mittente dal codice, ecc.), mentre un’ultima sezione elencherà tutte le fonti normative e giurisprudenziali citate.
Codici identificativi delle raccomandate: come funzionano?
Quando il postino tenta la consegna di una raccomandata senza trovare il destinatario, lascia nella cassetta postale un avviso di giacenza. Questo avviso è un tagliando (tradizionalmente di colore bianco o verde) privo di dettagli su mittente e oggetto, ma riporta un codice identificativo univoco (spesso sotto un codice a barre) relativo alla spedizione. Le prime cifre di tale codice sono decisive: esse indicano il tipo di raccomandata o l’ente mittente in base a una codifica predefinita da Poste Italiane. In altre parole, leggendo le prime 2-3 cifre del codice possiamo dedurre la natura della comunicazione prima ancora di andare a ritirare la busta. Questo sistema di numerazione è nato per finalità organizzative postali, ma di fatto costituisce un utile indizio per il destinatario, che può così “intuire” il contenuto (per esempio distinguendo una possibile multa o atto giudiziario da una semplice comunicazione bancaria) e regolarsi di conseguenza.
Colore dell’avviso di giacenza: Tradizionalmente, l’avviso verde era associato a raccomandate contenenti atti giudiziari o multe (notificati con la procedura speciale di legge 890/1982), mentre l’avviso bianco indicava raccomandate “semplici” (comunicazioni ordinarie). Tuttavia, questo criterio è divenuto meno affidabile: negli ultimi anni anche molte notifiche importanti viaggiano con buste bianche, soprattutto nel caso di invii “massivi” o raccomandate market. Pertanto, il vero elemento identificativo resta il codice. Ad esempio, un avviso verde con codice che inizia per “78” o “668” segnala quasi certamente un atto giudiziario o una multa; un avviso bianco con codice “649” o “670” suggerirà una cartella di pagamento da parte dell’agente della riscossione; un codice “612” o “614” rimanda spesso a comunicazioni bancarie o finanziarie; e così via.
Struttura del codice raccomandata: generalmente è composto da un insieme di cifre (talora precedute da lettere per invii internazionali), dove le prime due o tre cifre identificano la categoria della spedizione, mentre le restanti cifre costituiscono il numero univoco di tracking. Ad esempio, in un codice fittizio “781234567”, la parte iniziale “78” indica il tipo di atto (in questo caso atto giudiziario o multa), mentre il resto è una serie univoca. Inserendo l’intero codice sul sito di Poste Italiane (servizio DoveQuando) è possibile anche conoscere quando e da dove è partita la raccomandata. Quest’ultimo dato (la città di spedizione) può fornire ulteriori indizi: ad esempio, una raccomandata inviata da Roma con codice compatibile potrebbe provenire dall’Agenzia delle Entrate centrale; una spedita da Napoli o Brescia potrebbe essere un atto giudiziario di un tribunale locale, ecc.. Naturalmente queste sono deduzioni: per avere certezza assoluta del contenuto occorre ritirare la busta, ma conoscere in anticipo la tipologia di atto è fondamentale per non farsi cogliere impreparati e agire tempestivamente.
Raccomandate inviate dall’Agenzia delle Entrate: codici e tipologie
L’Agenzia delle Entrate (AdE) notifica ai contribuenti diversi tipi di atti: avvisi di accertamento tributario, comunicazioni di irregolarità (avvisi “bonari” a seguito di controlli automatici), richieste di documentazione, rimborsi fiscali, ecc. Tali atti possono essere notificati sia tramite messi notificatori (es. ufficiali della riscossione o agenti comunali) sia, molto frequentemente, mediante raccomandata A/R inviata direttamente dall’ufficio fiscale (la cosiddetta “notifica diretta” per posta, ex art. 14 L. 890/1982). In quest’ultimo caso, come confermato dalla giurisprudenza, l’avviso viene spedito con le formalità delle notifiche postali e, se il destinatario è assente, la raccomandata segue le regole di deposito postale (con successiva raccomandata informativa) previste dalla legge. I codici identificativi delle raccomandate provenienti dall’Agenzia delle Entrate possono rientrare in diverse serie numeriche. Di seguito una tabella elenca i principali codici (aggiornati al 2025) relativi a invii di AdE, con l’indicazione del potenziale contenuto.
Tabella 1 – Codici raccomandata tipici dell’Agenzia delle Entrate (AdE) (comunicazioni, controlli e atti fiscali):
Codice | Contenuto/Mittente (AdE) | Note |
---|---|---|
75, 76, 77, 78, 79 | Atto importante di natura fiscale o giudiziaria. Può trattarsi di una multa o atto giudiziario (es. provvedimento del tribunale) oppure di un atto dell’Agenzia delle Entrate come un avviso di accertamento o richiesta di pagamento. | Di solito associato a busta verde (notifica L.890/1982). Indizio di comunicazione seria: da ritirare prontamente. |
612, 613, 614, 615 | Comunicazione generica da enti pubblici. Spesso utilizzato per lettere da banche, Poste Italiane, INPS, ma può includere anche avvisi da Agenzia Entrate o imposte da pagare. | Codici non univoci: il mittente potrebbe essere vario. Raccomandate ordinarie (non atti giudiziari). |
616 | Può indicare diverse comunicazioni: un sollecito di pagamento (es. mancato pagamento del bollo auto), un richiamo della casa automobilistica, oppure una comunicazione dall’Agenzia delle Entrate. | Codice polivalente. Se proveniente da AdE, potrebbe trattarsi di un avviso riguardante tributi non pagati. |
617 | Codice generico e poco definito: può identificare lettere di recupero crediti (anche da AdE) o comunicazioni di vario tipo da banche, assicurazioni, ecc.. | La presenza di Agenzia Entrate tra i possibili mittenti implica che potrebbe essere una richiesta di pagamento fiscale. |
628 | Spesso indica una conferma di avvenuta notifica di un atto consegnato giorni prima (es. conferma di consegna a familiare) oppure comunicazioni su pagamento bollo auto o altri solleciti. | Se collegato a un atto AdE notificato a terzi, è una seconda raccomandata informativa. Da non confondere con nuovi addebiti. |
648 | Agenzia delle Entrate – richieste di documentazione fiscale, informazioni su rimborsi d’imposta o verifiche su dichiarazioni. | Spedita dall’AdE spesso per controlli formali (es. congruità detrazioni) o per comunicare esito istruttorie su rimborsi. |
649 (vedi anche sezione AdER) | [In alcuni casi AdE lo utilizza per invii, ma è più tipico di AdER – v. Tabella 2] . | |
664 | Avviso di accertamento esecutivo TARI (tassa rifiuti) da parte di un ente locale. | Non direttamente AdE, ma un tributo locale. Inserito perché può comparire tra gli avvisi (il contribuente lo associa al fisco locale). |
668 | Comunicazione di natura giudiziaria o amministrativa: tipicamente non usato da AdE per atti tributari ordinari, ma indica atti giudiziari vari (avvisi di garanzia, citazioni in tribunale, multe stradali). | N.B.: Un avviso AdE può eccezionalmente utilizzare questo canale se inviato attraverso l’ufficiale giudiziario, ma in genere 668 segnala atti da autorità giudiziarie (non AdE). |
674 | Preavviso di rettifica o avviso bonario dall’AdE. Spedito per comunicare al contribuente una anomalia dichiarativa o un futuro accertamento (es. invito a pagare per evitare sanzioni). | Non contiene un atto impositivo definitivo, ma un avviso bonario o sollecito di pagamento. Da esaminare per eventualmente regolarizzare la posizione. |
688 | Comunicazione finanziaria o fiscale: in molti casi utilizzato per solleciti di pagamento da banche/finanziarie o per avvisi di bollette, ma può indicare anche un avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate o altre comunicazioni legate alla posizione fiscale. | Codice ibrido. Secondo alcune fonti identifica spesso lettere AdE relative a accertamenti o documentazione aggiuntiva, ma può anche essere di natura privata. |
72 (720, 721, 722, etc.)* | Rimborso fiscale o pagamento a favore del contribuente. La serie 72* segnala in genere accrediti da enti pubblici o dall’AdE (ad es. rimborsi IRPEF). | Buone notizie: un codice 72* su un avviso di giacenza indica di solito un assegno o comunicazione di rimborso dall’Agenzia Entrate o ente pubblico. |
※ Legenda: AdE = Agenzia delle Entrate; atto impositivo = atto con cui si richiede un tributo o una sanzione; avviso bonario = comunicazione non impugnabile con cui l’AdE segnala irregolarità e invita al pagamento prima di emettere un accertamento; TARI = Tassa Rifiuti comunale.
Come si nota, alcuni codici sono specificamente riconducibili all’Agenzia delle Entrate (es. 573, 648, 688) mentre altri sono “trasversali” e potrebbero provenire anche da soggetti diversi. Ad esempio, i codici 75-79 possono indicare sia un avviso di accertamento AdE sia un atto giudiziario da un’autorità giudiziaria (le due cose non si escludono: una cartella tributaria in senso lato è un atto amministrativo, ma se notificata a mezzo posta con le forme degli atti giudiziari, ricade in quella categoria formale). Il codice 573, in base alle casistiche rilevate, è strettamente legato a comunicazioni dell’Agenzia delle Entrate (ad esempio esiti di controlli). Codici come 613 e 615 spesso identificano imposte non pagate o multe, e sono stati effettivamente utilizzati per invii di Agenzia Entrate (ad esempio avvisi di liquidazione imposte o comunicazioni su versamenti mancanti). Il codice 648, come riportato in tabella, è indicativo di richieste di documentazione o informazioni su rimborsi: è il tipico codice di una raccomandata inviata da un ufficio territoriale AdE per verificare, ad esempio, delle detrazioni fiscali o confermare l’IBAN per un rimborso.
Una menzione a parte merita la serie 72X: a differenza della maggioranza dei codici (che preannunciano oneri), un codice che inizia per 72 di solito segnala un evento favorevole per il destinatario, come rimborsi o assegni. Pianificare mentalmente il contenuto può aiutare il contribuente a gestire l’ansia: in Piano Debiti, ad esempio, sottolineano che un codice 721 o similare preannuncia “buone notizie” sotto forma di rimborso. Naturalmente, in qualsiasi caso, è fondamentale ritirare la raccomandata: anche un atto sgradevole (es. un accertamento) non va ignorato, poiché i termini per reagire decorrono comunque (come vedremo a breve parlando di compiuta giacenza).
Raccomandate inviate da Agenzia Entrate-Riscossione (AdER) – ex Equitalia
L’Agenzia delle Entrate-Riscossione (AdER) è l’ente pubblico incaricato di riscuotere coattivamente tributi, contributi e altre entrate per conto dello Stato e degli enti locali, succeduto a Equitalia dal 2017. Le comunicazioni tipicamente inviate da AdER al debitore sono: la cartella di pagamento (detta anche cartella esattoriale), gli avvisi di intimazione (solleciti a pagare entro 5 giorni prima di avviare esecuzioni forzate), i preavvisi di fermo amministrativo (relativi al blocco dei veicoli), gli avvisi di iscrizione ipoteca, nonché eventuali atti esecutivi veri e propri (pignoramenti) o comunicazioni di sospensione, rateizzazione, ecc. Tali atti possono essere notificati con diverse modalità:
- tramite posta raccomandata A/R, in particolare le cartelle esattoriali vengono spesso spedite come raccomandate “market” in grandi lotti;
- tramite Posta Elettronica Certificata (PEC) per i soggetti obbligati o che hanno un domicilio digitale (dal 2017 AdER notifica via PEC le cartelle a imprese e professionisti, e facoltativamente ai privati che hanno un indirizzo PEC);
- tramite messi notificatori autorizzati (funzionari dell’AdER o agenti notificatori convenzionati).
Focus di questa guida sono le raccomandate cartacee, dunque ci concentreremo sui codici presenti sugli avvisi di giacenza relativi a invii AdER. La cartella di pagamento è l’atto più tipico e riconoscibile: essa ha un proprio modulo prestampato e viene consegnata in busta chiusa con indicazione dell’agente della riscossione. Sullo scontrino/avviso lasciato dal postino, la cartella ha codici abbastanza specifici: ad esempio, un codice che inizia per 670 o 671 identifica con certezza una cartella di pagamento (Equitalia/AdER). Anche i codici 689 e 695/696 sono associati a cartelle o atti di riscossione (in particolare, 689 generico per cartelle/crediti pubblici; 695-696 spesso per bollo auto non pagato o canone RAI in cartella).
Nella tabella seguente elenchiamo i codici più comuni legati a invii di AdER, con indicazione del loro significato. (Alcuni codici compaiono anche nella tabella precedente: ciò accade perché certi numeri sono condivisi tra AdE e AdER o altri enti; qui li riprendiamo per evidenziarne l’uso in ambito riscossione).
Tabella 2 – Codici raccomandata tipici dell’Agenzia Entrate-Riscossione (AdER) (cartelle di pagamento, solleciti, atti della riscossione):
Codice | Contenuto/Mittente (AdER) | Note |
---|---|---|
649 | Cartella di pagamento da Agenzia delle Entrate-Riscossione. Spedita per posta quando AdER richiede il pagamento di tributi, contributi, multe già iscritti a ruolo. | Questo codice è esplicitamente collegato a cartelle esattoriali AdER. Compare spesso su invii riguardanti debiti tributari. |
667, 669 | Comunicazioni o richieste di pagamento da enti pubblici. Talora utilizzati da AdER per solleciti o atti amministrativi vari. Ad esempio, 669 può indicare un richiamo autovettura o una lettera di recupero crediti di un ente pubblico. | Se associato a AdER, potrebbe trattarsi di un sollecito per un importo iscritto a ruolo (pre-azione esecutiva) o comunicazioni su rate. |
665 | Spedizioni tramite raccomandata market da società di recupero crediti (anche per conto di enti pubblici) – contenuto: solleciti di pagamento, invio carte di credito, rimborsi IRPEF ecc.. | Può comparire anche per comunicazioni AdER delegate a partner postali, ma spesso indica creditori privati (non esclusivo di AdER). |
668 | (Vedi tabella AdE sopra: codice atti giudiziari). Anche AdER potrebbe notificare atti attraverso l’ufficiale giudiziario (ad es. un atto di pignoramento o un atto di citazione in giudizio) con busta verde codice 668. In tal caso si tratterebbe di un atto giudiziario legato alla riscossione (es. atto di precetto). | Codice tipicamente riferito ad atti giudiziari (v. Tab.1). Se un debitore AdER riceve un 668, potrebbe essere un atto esecutivo come un pignoramento notificato dal tribunale su istanza AdER. |
670, 671 | Cartella esattoriale (Equitalia/AdER). Sono i codici per eccellenza delle cartelle di pagamento, riconosciuti universalmente. Anche eventuali “comunicazioni di inesigibilità” o ruoli residui potrebbero usare queste sigle. | Sull’avviso di giacenza compare spesso la dicitura “Atti Equitalia”: il codice 670 non lascia dubbi. Da ritirare urgentemente: entro 60 giorni bisogna pagare o fare ricorso, altrimenti scattano le procedure esecutive. |
673 | Anche questo codice identifica cartelle di pagamento dell’agente della riscossione (variante meno frequente). | Meno comune di 670/671, ma rientra nella stessa categoria (cartelle statali). |
685 | Comunicazione da società di recupero crediti o enti pubblici creditori: spesso un sollecito di pagamento per debiti vari. Potrebbe includere atti AdER minori o preavvisi. | Non esclusivo di AdER; può riguardare anche recuperi crediti bancari. Se inviato da AdER, può essere un sollecito prima di iscrivere a ruolo. |
686, 687 | Varianti talora utilizzate per solleciti o avvisi di mora. (Codici non presenti in fonti autorevoli, ma segnalati in casistiche pratiche come possibili invii AdER). | |
689 | Cartella esattoriale o atto di riscossione da ente pubblico. È considerato un codice “jolly” utilizzato da Poste per atti importanti: può nascondere una cartella AdER, ma anche altri atti (es. intimazioni di pagamento, atti Imu/Tasi comunali via AdER, contributi INPS su ruolo). | Fonte giornalistica lo definisce “codice rosso” perché allude spesso a somme da riscuotere per enti pubblici. In mancanza di certezze, va sempre ritirato perché potrebbe trattarsi di una cartella o intimazione pendente. |
690 | Comunicazione generica da un Comune. AdER potrebbe notificare per conto di Comuni atti come ingiunzioni fiscali locali con questo codice. | Se il destinatario ha debiti verso enti locali, un codice 690 può indicare avvisi su tributi locali (TARI, multe comunali) gestiti via AdER. |
695, 696 | Cartella di pagamento relativa a bollo auto non pagato, canone RAI o altri tributi minori arretrati. AdER li utilizza per ruoli riguardanti queste entrate. | Vengono spesso inviati in massa dalle Regioni (bollo) o dall’Agenzia (RAI) tramite AdER. Segnalano debiti specifici su quei fronti; anche qui 60 giorni per agire. |
6970 | Comunicazioni INPS tramite AdER: ad esempio avvisi di addebito per contributi previdenziali. (L’INPS ora emette avvisi di addebito in proprio, ma se iscritti a ruolo prima del 2011, AdER invia cartelle). Questo codice è associato a pensioni, contributi e prestazioni INPS. | Il messaggio 6970 spesso indica atti ex Equitalia su crediti INPS. Per l’opposizione, la competenza è del giudice del lavoro (termini diversi, vedi oltre). |
786, 787 | Codici di atti giudiziari: possono riferirsi a ingiunzioni, precetti, citazioni, pignoramenti ecc. In ambito AdER, è possibile che notifiche di atti esecutivi giudiziari (es. un pignoramento immobiliare in tribunale) abbiano questi codici. | Come tutti gli atti giudiziari, la notifica segue L.890/1982 (compiuta giacenza 10 gg). Se un debitore riceve questo codice, è probabile che l’azione di riscossione sia già sfociata in sede giudiziaria (fase avanzata). |
Nota: AdER tende a inviare cartelle e intimazioni tramite raccomandate market (invii cumulativi a costo ridotto). Ciò spiega perché molti codici di AdER compaiono anche in elenchi di codici raccomandata market, come evidenziato nelle tabelle. Ad esempio, raccomandata market 689 o 695 rientrano in programmi di spedizione massiva per cartelle e solleciti. Dal punto di vista del debitore, sapere che un codice corrisponde a una cartella esattoriale consente di attivarsi immediatamente: la cartella, infatti, è un atto esecutivo che, se ignorato, può portare in tempi relativamente brevi ad azioni come fermi amministrativi di veicoli, pignoramenti di conti o stipendi, iscrizioni ipotecarie, ecc. (dettagli nella sezione difensiva più avanti).
Un avviso della riscossione va sempre ritirato: ignorarlo è inutile, poiché dopo 10 giorni la notifica si considera eseguita e i termini decorrono comunque. (Fonte: Pianodebiti)
Mancato ritiro della raccomandata: effetti legali e “compiuta giacenza”
Uno stratagemma istintivo di molti debitori è quello di non ritirare la raccomandata temendo cattive notizie, nella speranza che l’atto “non produca effetti”. Attenzione: questa strategia è giuridicamente fallimentare nella quasi totalità dei casi. La legge prevede infatti il meccanismo della compiuta giacenza, in base al quale l’atto si considera comunque notificato e legalmente conosciuto dal destinatario allo spirare di un certo termine, anche se la busta non viene mai ritirata. In altre parole, ignorare volontariamente l’avviso di giacenza non evita le conseguenze legali, anzi può pregiudicare il destinatario facendogli perdere tempo prezioso per reagire.
Termini di giacenza e perfezionamento della notifica: Quando il postino lascia l’avviso, la raccomandata viene depositata presso l’ufficio postale (o, nel caso di atti giudiziari notificati da ufficiale giudiziario, presso la casa comunale). Il periodo di giacenza è di 30 giorni per le raccomandate ordinarie e di 10 giorni per quelle contenenti atti giudiziari. Trascorso questo periodo senza ritiro, scatta la “compiuta giacenza” e la busta viene restituita al mittente. La normativa distingue tra perfezionamento della notifica per il mittente e per il destinatario: nel caso di notifica a mezzo posta, per l’ente mittente la notifica è compiuta al momento della spedizione (data di invio della raccomandata), mentre per il destinatario la notifica si perfeziona allo scadere del termine di giacenza (10 o 30 giorni). In ambito fiscale e della riscossione, la giurisprudenza ha applicato analogicamente la regola rigorosa degli 10 giorni anche alle notifiche di atti tributari per posta: ad esempio, la Corte di Cassazione ha chiarito che per un avviso di accertamento inviato direttamente dall’Agenzia delle Entrate, la notifica si intende eseguita decorsi 10 giorni dalla data di rilascio dell’avviso di giacenza, e il termine per fare ricorso decorre da allora (salvo ritiro anticipato). Questo per evitare che il contribuente possa, con il proprio ritardo nel ritiro, decidere arbitrariamente l’inizio dei termini di impugnazione. Allo stesso modo, per le cartelle esattoriali notificate da AdER a mezzo posta, la notifica si perfeziona dopo 10 giorni dall’invio dell’avviso di giacenza (o prima, se il plico viene ritirato prima). Dunque, che si tratti di un accertamento AdE o di una cartella AdER, dall’11° giorno di giacenza l’atto è considerato legalmente notificato e iniziano a decorrere i termini per opporsi.
È importante sottolineare che il ritiro effettivo della busta, se avviene dopo il decimo giorno, non sposta i termini: ad esempio, se un destinatario va a ritirare la raccomandata il 20° giorno di giacenza, il suo termine di ricorso potrebbe essere già iniziato dall’11° giorno (o addirittura scaduto, se il termine era breve). Viceversa, se il destinatario ritira prima della fine dei 10 giorni (poniamo al 5° giorno), in tal caso fa fede la data di ritiro effettivo, che è anticipata rispetto al termine legale. In pratica, la regola è: notifica perfezionata al primo dei due eventi tra il ritiro e il decimo giorno di giacenza. Per questo motivo, è fortemente consigliato recarsi a ritirare l’atto entro i 10 giorni, così da avere pieno utilizzo dei termini difensivi ed evitare decadenze.
Seconda raccomandata informativa (CAD): Nel caso di notifiche effettuate con busta verde (atti giudiziari o assimilati), la legge impone al postino di inviare al destinatario anche una raccomandata informativa (cosiddetta CAD – Comunicazione di Avvenuto Deposito) per avvisare che l’atto è stato depositato e che i 10 giorni decorrono. Questa raccomandata (di regola semplice, senza necessità di firma) viene spedita all’indirizzo del destinatario stesso il giorno del deposito. È buona prassi che il postino annoti sull’avviso di ricevimento dell’atto principale l’invio della CAD. Problemi nella CAD possono influire sulla validità della notifica: ad esempio, la Cassazione ha recentemente stabilito che se l’avviso di ricevimento della CAD non contiene l’indicazione delle ragioni della mancata consegna (es. “destinatario assente”) in violazione dell’art. 23 del regolamento postale, non scatta la presunzione di conoscenza ex art. 1335 c.c. e la notifica è nulla. In una pronuncia del 2024 (Cass. ord. 14717/2024) la Corte ha annullato notifiche di cartelle proprio perché la CAD restituita al mittente era priva di tali indicazioni essenziali. Anche le Sezioni Unite della Cassazione sono intervenute sulla prova della notifica postale: con sentenza n. 10012/2021 hanno sancito che l’amministrazione ha l’onere di produrre in giudizio l’avviso di ricevimento della raccomandata informativa o comunque di dimostrarne il perfezionamento; in assenza di prova della ricezione (o quantomeno del corretto invio) della CAD, la notifica dell’atto impositivo è da considerarsi nulla. In applicazione di tale principio, è stato ritenuto tempestivo un ricorso del contribuente presentato molti mesi dopo, poiché l’AdE non aveva dimostrato che la CAD fosse giunta al destinatario – di fatto il contribuente era venuto a conoscenza dell’atto solo tramite la successiva cartella e dunque si era legittimamente attivato alla prima occasione utile. In sintesi, se il destinatario non riceve alcun avviso (né avviso di giacenza né CAD) a causa di errori nell’indirizzo o omissioni, può far valere questa circostanza per ottenere l’annullamento della notifica e dei conseguenti atti, ma dovrà generalmente dimostrarlo in sede di opposizione.
Irreperibilità relativa vs assoluta: Un’altra distinzione tecnica riguarda lo status del destinatario all’indirizzo. Se il destinatario è temporaneamente assente ma domiciliato a quell’indirizzo (irreperibilità relativa), si applica la procedura descritta sopra (deposito e CAD). Se invece risulta irreperibile assoluto (cioè non abita più lì e il trasferimento è sconosciuto), l’Agenzia può seguire la procedura semplificata ex art. 60, comma 1, lett. e) DPR 600/1973, che prevede il deposito dell’atto presso il Comune di ultima residenza senza obbligo di inviare la CAD. Questa procedura è spesso usata per notificare accertamenti a contribuenti che hanno cambiato indirizzo senza aggiornare il domicilio fiscale. La Cassazione però impone rigore: in una recentissima sentenza (Cass. 14990/2025) ha ribadito che, in caso di irreperibilità assoluta, il messo notificatore deve attestare dettagliatamente le ricerche effettuate per trovare il destinatario; se si limita a barrare un modulo prestampato con formule generiche (“sconosciuto all’indirizzo”), la notifica è invalida per difetto di documentazione. Infatti, l’uso della procedura semplificata è giustificato solo quando chi notifica dimostra di aver verificato che il contribuente non dimora più in quel comune; in mancanza di riscontri, la notifica non può dirsi regolare e l’atto può essere annullato su eccezione del destinatario. Per il debitore, questo significa che trascurare l’aggiornamento della residenza può portare a notifiche “silenziose” a propria insaputa, ma d’altro canto, se l’ente notificante ha abusato della procedura di irreperibilità senza i dovuti accertamenti, c’è spazio per una difesa tecnica.
In conclusione, dal punto di vista del debitore è fondamentale:
- Controllare regolarmente la propria posta e gli eventuali avvisi di giacenza;
- Ritirare tempestivamente le raccomandate, preferibilmente entro 10 giorni, per conoscere l’atto e attivarsi;
- In caso di mancato ritiro nei termini, essere consapevoli che l’atto è comunque efficace e i termini legali (di pagamento o ricorso) sono decorsi;
- Verificare sempre la correttezza della notifica: se si scopre tardi di un atto (magari perché arriva una cartella quando non si era ricevuto l’accertamento), si può indagare con un avvocato se vi siano vizi di notifica (CAD assente, indirizzo errato, ecc.) che consentano di far valere la nullità della notifica e quindi riaprire i termini.
Come si vedrà nella prossima sezione, molti rimedi contro gli atti fiscali (ricorsi, opposizioni) hanno termini stringenti: il regime della notifica rende praticamente impossibile, per un destinatario diligente, sottrarsi agli effetti semplicemente ignorando la raccomandata. Meglio dunque affrontare subito il problema, valutando le opzioni difensive o di definizione agevolata eventualmente disponibili.
Come difendersi dagli atti di Agenzia Entrate e Agenzia Entrate-Riscossione
Una volta ricevuto (o comunque legalmente notificato) un atto dall’AdE o da AdER, il debitore/contribuente ha davanti a sé alcune possibili strade: pagare quanto richiesto (eventualmente sfruttando istituti come il ravvedimento o la rateizzazione), oppure impugnare l’atto davanti all’autorità competente, qualora vi siano motivi per contestarlo. In questa sezione analizziamo le principali tipologie di atti e i relativi strumenti di difesa, distinguendo tra gli atti dell’Agenzia delle Entrate (che riguardano la pretesa tributaria in senso stretto) e gli atti dell’Agenzia Entrate-Riscossione (che riguardano la riscossione coattiva, spesso conseguente a quelle pretese). Il tutto ponendo attenzione ai termini di impugnazione, alle procedure e alle più recenti indicazioni giurisprudenziali.
Impugnare un avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate
L’avviso di accertamento è l’atto formale con cui l’Agenzia delle Entrate notifica al contribuente una pretesa tributaria, a seguito di verifiche sulla dichiarazione dei redditi, IVA, registri, etc. Si tratta di un atto impositivo a tutti gli effetti, contenente l’indicazione delle maggiori imposte dovute, delle sanzioni e interessi, nonché delle motivazioni. Dal 2020, molti avvisi di accertamento sono emessi in forma di “accertamento esecutivo”, ovvero diventano automaticamente titolo per la riscossione trascorsi normalmente 60 giorni senza pagamento (non richiedono una successiva cartella).
Termine per il ricorso: Il contribuente che intenda contestare un avviso di accertamento AdE deve presentare ricorso giurisdizionale entro 60 giorni dalla notifica dell’atto, innanzi alla competente Corte di Giustizia Tributaria di primo grado (denominazione attuale delle ex Commissioni Tributarie Provinciali, dopo la riforma del 2022). Il termine di 60 giorni decorre, come visto, dalla data di perfezionamento della notifica per il destinatario (che, in caso di irreperibilità relativa, è il decimo giorno di giacenza). Se il 60° giorno cade di sabato o festivo, è prorogato al primo giorno feriale successivo. Il ricorso va notificato all’ente impositore (di solito all’ufficio locale AdE che ha emesso l’atto, anche via PEC) e depositato (oggi telematicamente) in segreteria entro 30 giorni dalla notifica all’ente, insieme alla prova della stessa. Nel ricorso possono essere sollevate tutte le eccezioni di merito e di legittimità sull’accertamento: ad esempio, vizi formali della notifica (errore nell’indirizzo, mancato invio della CAD, ecc.), decadenza (avviso notificato oltre i termini previsti dalla legge per l’anno d’imposta in questione), vizi di motivazione o errori di calcolo, insussistenza della pretesa fiscale, illegittimità delle sanzioni, ecc.
È importante notare che, secondo la Cassazione, se il contribuente lascia decorrere inutilmente il termine di 60 giorni, l’accertamento diventa definitivo e non può più essere contestato nel merito. Ad esempio, non sarà ammesso contestare la fondatezza della pretesa in sede di opposizione alla cartella esattoriale successiva; l’unica difesa residua potrebbe essere eccepire la nullità della notifica dell’accertamento stesso, qualora non sia stato effettivamente ricevuto. In tal caso, la cartella successiva (primo atto di cui il contribuente viene a conoscenza) deve essere impugnata sollevando il vizio originario: la giurisprudenza consente infatti di far valere la omessa notifica dell’atto presupposto (accertamento) in sede di impugnazione della cartella, purché ci si attivi immediatamente appena ricevuta quest’ultima. Se il giudice accerta che effettivamente l’accertamento non era stato notificato regolarmente, annulla la cartella e rimette in termini il contribuente, di fatto riaprendo la possibilità per l’ufficio di notificare di nuovo (se ancora nei termini di legge) o di decadere dalla riscossione. Ad esempio, Cass. Sez. Unite n. 10012/2021 ha affermato che senza prova della ricezione della CAD la notifica è nulla e il contribuente non decade: ciò ha permesso in alcuni casi di considerare tempestivi ricorsi presentati oltre i 60 giorni, ma subito dopo aver appreso dell’atto.
Sospensione e pagamento provvisorio: La presentazione del ricorso non sospende automaticamente la riscossione. Per gli accertamenti emessi dopo il 2020 (esecutivi), l’Agenzia Entrate può legittimamente procedere alla riscossione di una quota pari al 1/3 dell’imposta accertata anche durante il processo, a meno che il contribuente non ottenga una sospensione giudiziale. È prassi dunque che, insieme al ricorso, si presenti istanza cautelare al giudice tributario per sospendere l’esecutività dell’accertamento, motivando il periculum (danno grave dall’esecuzione) e il fumus boni iuris (motivi validi di ricorso). Se accordata, la sospensione ferma la riscossione fino alla sentenza di primo grado. In caso contrario, il contribuente può valutare di versare il terzo dovuto per evitare azioni esecutive di AdER nelle more.
Definizioni agevolate: Prima di passare alla fase contenziosa, il contribuente può valutare strumenti deflativi. Ad esempio, entro 60 giorni dalla notifica di un accertamento, è possibile presentare istanza di accertamento con adesione, che sospende i termini di ricorso per 90 giorni e avvia un contraddittorio con l’ufficio (potenzialmente portando a una riduzione delle somme). In alternativa, se normative speciali lo prevedono (come “rottamazioni” o condoni), l’atto può essere definito pagando solo il tributo. Nel 2023, ad esempio, vi sono state misure di definizione agevolata per alcuni avvisi pendenti: è sempre utile che il debitore chieda al proprio consulente se esistono tali opzioni al momento.
Impugnare una cartella di pagamento o un atto della riscossione (AdER)
La cartella di pagamento (ex cartella esattoriale) è l’atto con cui l’AdER intima formalmente il pagamento di somme risultanti da ruoli affidati dai vari enti creditori (Agenzia Entrate per imposte, INPS per contributi, Comuni per multe o tributi locali, etc.). Come visto, il codice raccomandata consente spesso di individuarla subito (670, 671, 689, 649, 695…). Una cartella contiene al suo interno il dettaglio del debito e l’ente creditore, e reca l’ingiunzione a pagare entro 60 giorni dalla notifica.
Termini e motivi di ricorso contro cartella: La cartella va impugnata entro termini che dipendono dalla natura del debito indicato:
- Se la cartella contiene tributi erariali o locali (es: IRPEF, IVA, IMU, TARI) derivanti da atti impositivi, il ricorso va proposto alla Corte di Giustizia Tributaria entro 60 giorni. In genere, però, la cartella su tributi fa seguito a un avviso di accertamento già impugnabile in precedenza; pertanto, i motivi di ricorso contro la cartella sono limitati a vizi propri (es: notifica irregolare, importi diversi) o a far valere la mancata notifica dell’atto presupposto (accertamento) se il contribuente non l’ha mai ricevuto. Non si può invece rimettere in discussione il merito del tributo se l’accertamento era definitivo. Fanno eccezione i casi in cui la cartella sia il primo atto con cui si chiede il tributo (es. alcuni omessi versamenti da controllo automatizzato, notificati direttamente con cartella senza avviso bonario, oppure ruoli per omesso versamento di imposte dichiarate): in tali ipotesi, la cartella stessa contiene la pretesa ed è pienamente impugnabile nel merito, sempre in 60 giorni al giudice tributario.
- Se la cartella riguarda contributi previdenziali INPS, la giurisprudenza la assimila a un titolo esecutivo impugnabile con opposizione all’esecuzione dinanzi al Tribunale ordinario – sezione Lavoro, entro 40 giorni dalla notifica. In verità, dal 2011 l’INPS notifica in proprio gli avvisi di addebito con valore di titolo esecutivo, ma per i ruoli pregressi o altre fattispecie può arrivare una cartella. Il termine di 40 giorni per i contributi è stato affermato da Cass. SS.UU. n. 19854/2016 e confermato da prassi INPS. Il destinatario dovrà proporre ricorso al Tribunale (con assistenza legale obbligatoria), contestando ad esempio la prescrizione dei contributi, l’erroneità del calcolo o anche qui la mancata notifica di atti precedenti. Se l’opposizione è tardiva, resta possibile eccepire la prescrizione dei contributi in sede esecutiva (il che, per contributi, matura in 5 anni dalla notifica della cartella se nel frattempo l’INPS/AdER non ha compiuto atti interruttivi).
- Se la cartella si riferisce a sanzioni amministrative (es. multe stradali) iscritte a ruolo, occorre distinguere. In teoria, andrebbe proposta una opposizione ex art. 615 c.p.c. (opposizione all’esecuzione) innanzi al Giudice di Pace entro 30 giorni dalla notifica, quando si contesta la non debenza della sanzione per fatti sopravvenuti (ad esempio prescrizione) o per vizi della cartella stessa. Tuttavia, la Cassazione ha chiarito che se si vuole far valere la notifica mai avvenuta del verbale di multa originario, l’azione esatta è l’opposizione “tardiva” ex art. 204-bis Codice della Strada (o riapertura dei termini ex art. 22 L. 689/81) davanti al Giudice di Pace, sempre entro 30 giorni dalla conoscenza (quindi dalla notifica della cartella). In pratica, molti ricorsi di questo tipo vengono esaminati comunque dal Giudice di Pace in quanto opposizioni a sanzioni amministrative, più che come cause esecutive ordinarie. Il termine di 30 giorni per le multe è stringente: il debitore deve attivarsi subito se ritiene di non aver mai ricevuto il verbale originale o se la cartella è arrivata oltre i termini di legge (la cartella per una multa va notificata entro 2 anni dall’affidamento del ruolo, e il ruolo deve essere formato entro determinati termini dalla contestazione). Motivi tipici di ricorso su cartelle di multe: omessa notifica del verbale (che consente la rimessione in termini per contestare la multa stessa), intervenuta prescrizione quinquennale della sanzione (tra verbale e cartella, o tra cartella e successiva azione), vizi formali (ad esempio, cartella priva di motivazione sull’origine del credito).
Oltre ai casi principali sopra, vi sono situazioni particolari: cartelle pazze (importi già pagati o annullati), in cui il contribuente può chiedere all’ente creditore un annullamento in autotutela o proporre ricorso per far dichiarare la nullità; cartelle per canone RAI (ormai inglobato nella bolletta elettrica, quindi non più iscritto a ruolo dal 2016 salvo arretrati); cartelle per tasse automobilistiche (bollo auto, di competenza regionale, anch’esso soggetto a prescrizione triennale se non interrotta).
In ogni caso, prima di impugnare è sempre consigliabile controllare se la pretesa nella cartella sia ancora legittimamente esigibile: ad esempio, verificare la prescrizione. Molti debiti da cartella si prescrivono in 5 anni (sanzioni, tributi locali) o 10 anni (tributi erariali, se la legge non prevede termini più brevi) dal giorno della notifica della cartella, se AdER non ha compiuto atti interruttivi noti al debitore. Se il termine è decorso, il debitore può presentare ricorso lamentando che la pretesa è estinta per prescrizione, oppure opporsi all’esecuzione se AdER avvia pignoramenti. Ad esempio, per contributi INPS Cass. 18376/2016 ha statuito che la prescrizione dei contributi può essere fatta valere anche dopo la notifica della cartella, senza bisogno di impugnarla nei 40 giorni, poiché attiene al merito del diritto (ciò detto, la prudenza suggerisce di far valere tutto subito, entro i termini, per evitare incertezze interpretative).
Altri atti di AdER: L’Agente della riscossione può notificare oltre alle cartelle anche:
- Avviso di intimazione (art. 50 DPR 602/73): è una lettera che intima il pagamento entro 5 giorni quando è decorso più di un anno dalla notifica della cartella senza che sia stata eseguita riscossione. Serve come ultimo sollecito prima del pignoramento. Questo atto, di per sé, non è impugnabile autonomamente davanti al giudice tributario, se non per vizi formali, poiché non contiene una nuova pretesa ma richiama il debito già notificato. Tuttavia, se il debitore non ha mai ricevuto la cartella originaria, può cogliere l’intimazione come occasione per impugnare sia la cartella “a monte” sia l’intimazione, deducendo la nullità della notifica iniziale. Il termine indicato da alcuni tribunali per impugnare un’intimazione sarebbe di 20 giorni (termine di natura esecutiva, analogia con opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c.), ma in mancanza di specifica previsione molti fanno riferimento ai 60 giorni ordinari (specie se si contestano vizi sostanziali del debito). Ad ogni modo, è bene agire tempestivamente.
- Preavviso di fermo: è una comunicazione (non un atto amministrativo formale impugnabile) con cui AdER preannuncia l’iscrizione del fermo auto se non si paga entro 30 giorni. Dal 2018, secondo la Cassazione, il preavviso di fermo è atto autonomamente impugnabile in Commissione Tributaria (se riguarda tributi) o davanti al giudice ordinario (se riguarda sanzioni) entro 30/60 giorni, in quanto lesivo già di per sé (iscrive il contribuente in una lista fermo se non fa nulla). Impugnandolo, il contribuente può far valere ad esempio la prescrizione sopravvenuta o la mancata notifica di atti precedenti. Se non impugnato, trascorsi 30 giorni AdER può iscrivere il fermo amministrativo sul veicolo e notificare poi l’iscrizione avvenuta: a quel punto, l’atto di iscrizione formale è sicuramente impugnabile (con stessi motivi).
- Atto di pignoramento: se AdER procede con pignoramento (presso terzi, immobiliare, etc.), la notifica dell’atto di pignoramento segue le forme degli atti esecutivi (busta verde, codice 786/787 di solito). Il debitore può proporre opposizione all’esecuzione (se contesta il diritto di procedere, e.g. perché debito pagato o prescritto) o opposizione agli atti esecutivi (per vizi di forma del pignoramento) innanzi al giudice competente (tribunale ordinario se tributi, giudice di pace se sanzioni fino a €20k, giudice del lavoro se contributi). I termini in questi casi sono brevi: l’opposizione agli atti esecutivi va fatta entro 20 giorni dalla notifica del pignoramento (art. 617 c.p.c.). L’opposizione all’esecuzione non ha un termine fisso, ma se proposta dopo l’inizio dell’esecuzione va comunque entro la prima udienza ex art. 615 c.p.c. (sennò si consolida l’atto).
Riassumendo, il debitore ha vari strumenti di tutela, ma deve muoversi nei tempi giusti e davanti al giudice giusto. È altamente consigliabile farsi assistere da un professionista (avvocato tributarista per cartelle su tributi, avvocato civilista o del lavoro per contributi e sanzioni) data la complessità delle norme. In ogni caso alcune linee guida difensive dal punto di vista del debitore sono:
- Verificare la notifica: se l’atto è stato scoperto tardi, raccogliere elementi sul come è stato notificato (richiedere copie dell’avviso di ricevimento, controllare indirizzi). Un vizio di notifica ben documentato può annullare l’atto, come visto nei casi di CAD mancante o irreperibilità gestita male.
- Controllare decadenze e prescrizioni: es. un avviso di accertamento dev’essere notificato entro termini di legge (di solito il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, salvo sospensioni); una cartella per imposte risultanti da dichiarazione va notificata entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione; una cartella per multa entro 2 anni dall’esecutività del verbale, ecc. Se l’ente ha sforato i termini, l’atto può essere annullato per decadenza. Analogamente, se tra la notifica dell’atto e l’avvio dell’esecuzione sono trascorsi più anni senza solleciti, può essere intervenuta la prescrizione del credito.
- Esaminare nel merito: a volte l’atto contiene errori o pretese infondate (doppia imposizione, calcoli errati, scambi di persona, ecc.). Il ricorso tributario o l’opposizione permettono di far valere anche questi aspetti, producendo documenti che smentiscono la tesi del fisco.
- Soluzioni alternative: se la pretesa è corretta ma l’importo è elevato, il debitore può chiedere una rateizzazione. AdER concede piani fino a 72 rate mensili senza necessità di troppe prove (per debiti < €120.000), e piani straordinari fino a 120 rate per gravi difficoltà. Chiedere la dilazione non impedisce la possibilità di ricorso (si può anche impugnare intanto), ma pagando le prime rate si evita nel frattempo il pignoramento. Anche l’AdE, in sede di accertamento, può accordare pagamenti rateali delle somme accertate (in caso di acquiescenza o conciliazione).
Infine, è utile ricordare che ignorare del tutto gli atti di riscossione può portare a conseguenze serie: AdER, una volta spirati i termini, può (e spesso lo fa) procedere ad esempio al pignoramento diretto del conto corrente (previa comunicazione alla banca, senza passare dal giudice, per i tributi), al pignoramento presso terzi dello stipendio/pensione (fino a 1/5 per stipendi), all’iscrizione di ipoteca sulla casa (per debiti oltre €20.000), al fermo amministrativo dell’auto (per debiti oltre €1.000). Queste misure vengono comunicate ma non richiedono ulteriori avvisi formali (eccetto il preavviso per il fermo) se l’atto presupposto (cartella) è divenuto definitivo. Dunque il debitore avveduto, anche se magari in disaccordo col debito, è bene che non resti inerte: o contesta nelle sedi opportune, o cerca un accordo (rateizzazione, definizione) con l’ente, per evitare di subire azioni esecutive improvvise.
Domande frequenti (FAQ)
D: Non ho ritirato una raccomandata dell’Agenzia delle Entrate entro i 10 giorni. Posso sostenere di non averla mai ricevuta per evitare gli effetti?
R: No, purtroppo. Trascorsi 10 giorni di giacenza, la notifica si considera perfezionata comunque (compiuta giacenza). Il fatto di non aver materialmente letto l’atto non rileva giuridicamente: l’atto è valido e i termini (per pagare o ricorrere) decorrono dall’undicesimo giorno dopo l’avviso. L’unica eccezione è se vi sono vizi nella notifica (es. indirizzo sbagliato, mancata spedizione della CAD quando dovuta): in tal caso si può fare leva su tali vizi per far dichiarare nulla la notifica, ma va dimostrato in giudizio. Se semplicemente il destinatario era assente o ha ignorato l’avviso, la legge presume che avrebbe potuto averne conoscenza trascorso quel termine e quindi non ammette scuse.
D: Ho un avviso di giacenza con codice 78: potrebbe essere una cartella esattoriale?
R: Un codice iniziale 78 in genere indica atti giudiziari o multe. Potrebbe trattarsi di una multa stradale notificata via posta, di un atto del tribunale, oppure anche di un accertamento dell’Agenzia delle Entrate che viene notificato con busta verde (perché equiparato a un atto giudiziario). Non è però il codice tipico delle cartelle esattoriali (che di solito iniziano per 67X o 689). Quindi, è più probabile che sia una multa o un provvedimento giudiziario. In ogni caso è qualcosa di importante: conviene ritirarlo subito. Se invece fosse stato 670 o 671, allora sì, quasi certamente sarebbe una cartella di pagamento.
D: Come posso sapere da dove proviene la raccomandata prima di ritirarla?
R: Oltre a interpretare il codice, può aiutarci il servizio tracking di Poste Italiane. Inserendo il numero completo della raccomandata sul sito di Poste (sezione “Dove e Quando”), è possibile vedere da quale località è partita. Ad esempio, se il tracking mostra che la raccomandata è stata spedita da Roma, e il codice è compatibile con un atto fiscale, è probabile che provenga da un ufficio centrale (AdE o ministero); se parte da Napoli e il codice è 786, magari proviene dalla Procura o dal tribunale di quella zona. Questo non dà certezza sul contenuto, ma può orientare (sapere l’ufficio mittente esatto, però, è impossibile senza ritirare: Poste per privacy non indica l’ente, solo la città di invio e gli eventi di consegna). In passato il colore dell’avviso (verde/bianco) dava indizi, ma oggi come detto il colore non è più un criterio affidabile al 100%.
D: L’atto che mi è arrivato (accertamento/cartella) ha errori di calcolo o riguarda una somma che avevo già pagato. Devo comunque fare ricorso?
R: Se sei certo di un errore (ad esempio, la cartella include un tributo già pagato, o un accertamento ha conteggi sbagliati), è consigliabile comunque presentare ricorso nei termini per evitare che l’atto diventi definitivo. In parallelo, puoi tentare una soluzione in via amministrativa: ad esempio presentare un’istanza di autotutela all’ente emittente, allegando le prove dell’errore (ricevute di pagamento, ecc.), chiedendo l’annullamento dell’atto. Spesso l’Agenzia delle Entrate, se riconosce palesemente l’errore, annulla in autotutela (soprattutto in caso di doppio pagamento). Tuttavia l’autotutela è discrezionale e non sospende i termini di ricorso. Dunque, per sicurezza, meglio depositare il ricorso entro 60 giorni: se poi l’ufficio annulla l’atto, potrai rinunciare al ricorso senza aggravi. Nel caso di cartelle, AdER non entra nel merito del debito (che è dell’ente creditore), quindi l’autotutela va rivolta all’ente originario (Es: Comune per multe, AdE per tributi). Ci sono anche procedure rapide: ad esempio, per le cartelle “pazze” (somme già pagate o non dovute) AdER mette a disposizione un servizio di sospensione online: inviando la prova del pagamento entro 30 giorni, sospendono le procedure e verificano con l’ente creditore.
D: L’Agenzia delle Entrate mi ha inviato una comunicazione di irregolarità (avviso bonario) con raccomandata codice 648. Posso fare ricorso contro questo avviso?
R: Le comunicazioni di irregolarità (derivanti da controlli automatici ex art. 36-bis DPR 600/73 o 54-bis DPR 633/72) non sono atti impugnabili in Commissione Tributaria, in quanto non sono provvedimenti sanzionatori definitivi, ma semplici inviti al pagamento. In pratica, l’avviso bonario offre al contribuente la chance di pagare il dovuto (con sanzioni ridotte) entro 30 giorni, oppure di segnalare all’ufficio eventuali errori. Se non si paga né si danno chiarimenti, successivamente l’Agenzia emetterà un avviso di accertamento esecutivo (o cartella, per i carichi affidati fino a qualche anno fa) che invece sarà impugnabile nei 60 giorni. Pertanto, non c’è un “ricorso” contro l’avviso bonario: si può rispondere alla lettera (entro 30 giorni) contestando i rilievi o producendo documenti correttivi, ed eventualmente chiedere un riesame. In molti casi l’ufficio accoglie le spiegazioni se fondate (ad es. imputazioni errate, versamenti non visti, etc.). Se l’ufficio insiste, bisognerà attendere l’atto successivo (accertamento) e impugnare quello. Nota: rispondere all’avviso bonario non sospende automaticamente l’iter, ma l’Agenzia di solito aspetta l’esito del contraddittorio prima di emettere l’accertamento.
D: Dopo quanti anni si prescrive una cartella esattoriale?
R: La prescrizione di una cartella dipende dalla natura del credito in essa contenuto. Non esiste un termine unico per la “cartella” in sé, ma vale il termine di prescrizione del tributo/sanzione sottostante. Alcuni esempi: le sanzioni amministrative (multe) si prescrivono in 5 anni dal momento in cui la violazione è definitiva (o dalla notifica del verbale, se non impugnato) – ogni atto successivo, come la cartella, interrompe e fa decorrere di nuovo 5 anni; i contributi previdenziali si prescrivono in 5 anni (salvo atti interruttivi, dopo di che decorrono altri 5 anni) o in 10 anni se la cartella era già definitiva prima del 1996 (vecchia disciplina); i tributi erariali (es. IRPEF, IVA) in linea generale dopo la notifica di una cartella (titolo definitivo) si ritiene abbiano prescrizione decennale, salvo che la legge preveda termini più brevi (c’è dibattito se applicare 10 anni del codice civile o 5 anni come per sanzioni: ad oggi orientamento prevalente per i tributi è 10); i tributi locali (IMU, TARI) hanno di solito prescrizione quinquennale. Quindi occorre guardare al tipo di debito. Se un certo numero di anni è trascorso senza alcun atto interruttivo, il debitore può eccepire la prescrizione per non pagare. Ad esempio, se hai ricevuto una cartella per bollo auto del 2015 e non hai mai avuto solleciti, nel 2025 è molto probabile prescritta (5 anni). Attenzione: ogni lettera di sollecito di AdER interrompe la prescrizione, così come un preavviso di fermo o simili – per questo spesso AdER invia periodicamente comunicazioni di sollecito, anche semplici, al fine di non far decorrere i termini. È bene dunque conservare tutti gli atti ricevuti per calcolare esattamente la prescrizione.
D: Posso richiedere una rateizzazione dopo aver ricevuto la cartella, per evitare misure come fermi o pignoramenti?
R: Sì. La rateizzazione è uno strumento molto utile offerto da AdER al debitore che non può saldare subito. Presentando un’istanza di rateizzazione prima che inizino le azioni esecutive (o anche dopo, purché prima che il bene venga venduto in caso di pignoramento), si ottiene la sospensione di eventuali misure cautelari/esecutive e la dilazione del debito. Le condizioni attuali: per debiti fino a €120.000 è concessa d’ufficio una rateazione fino a 72 rate mensili (6 anni) su semplice richiesta motivata (basta dichiarare di trovarsi in temporanea difficoltà); per debiti oltre €120.000 occorre documentare lo stato di difficoltà economica (indice di liquidità < 1, per società, o ISEE < €20.000 per persone fisiche) e si possono ottenere fino a 72 rate, oppure fino a 120 rate (10 anni) in casi eccezionali di grave e comprovata difficoltà. La rata minima in generale è €50. Una volta ammesso al piano, il debitore decade solo se salta 8 rate anche non consecutive (secondo le norme attuali post-Covid). La domanda di rateazione può essere fatta online sul portale AdER o tramite modulo agli sportelli. Durante la rateizzazione: i fermi amministrativi non vengono iscritti (o se già iscritti, possono essere sospesi su richiesta dopo pagamento della prima rata), le azioni esecutive sono congelate, e se si rispettano i pagamenti si può anche ottenere il DURC regolare (per chi ha imprese). Va però sottolineato: la rateazione non cancella il debito né le eventuali ipoteche già iscritte (che resteranno a garanzia fino all’ultima rata), e non interrompe la prescrizione (che però in pratica prosegue molto a lungo perché si riconosce il debito pagando). Se per caso insorgono validi motivi di ricorso (ad es. ci si accorge di un vizio di notifica del presupposto) dopo aver chiesto rateazione, la situazione si complica: la Cassazione ha ritenuto che l’adesione alla dilazione comporta riconoscimento del debito e rinuncia tacita a fare causa sul merito. Quindi la decisione tra ricorrere e rateizzare va ponderata ex ante con un legale.
D: Cosa succede se l’indirizzo al quale l’Agenzia o AdER ha inviato l’atto non è più quello in cui risiedo o ho la sede?
R: Se il contribuente ha ufficialmente aggiornato la residenza (presso l’anagrafe per le persone fisiche, o il domicilio fiscale all’AdE per le partite IVA), l’ente dovrebbe notificare al nuovo indirizzo. Se invece invia al vecchio, la notifica potrebbe risultare irrituale. Bisogna però distinguere: se il postino trova sul vecchio indirizzo qualcuno che dichiara che ti sei trasferito, restituirà l’atto con dicitura “trasferito”. In tal caso, l’ente probabilmente attiverà la notifica a mezzo art. 60 lett. e) DPR 600/73 (irreperibile), depositando alla casa comunale della vecchia residenza. Sarà difficile per te saperlo, a meno che tu non faccia periodicamente visure o abbia delegato qualcuno. Se invece il vecchio indirizzo è un’abitazione dove ora risiedono altri, può capitare che il postino consegni a persona diversa oppure lasci avviso: ma se tu non frequenti più il luogo, non verrai mai a sapere. In generale, il contribuente ha l’onere di comunicare il domicilio fiscale corretto: se non l’ha fatto, la notifica al vecchio indirizzo è considerata valida (salvo eccezioni). Tuttavia, in sede di opposizione si può eccepire che l’ente era a conoscenza del nuovo indirizzo (esempio: lo avevi indicato in dichiarazione dei redditi, oppure la Camera di Commercio aveva il nuovo per la tua ditta) e nonostante ciò ha notificato altrove. La Cassazione richiede che l’ente usi la procedura di irreperibilità assoluta solo se non ha info sul nuovo indirizzo; se invece sapeva o poteva sapere, la notifica semplificata è nulla. Quindi dovresti dimostrare che l’Amministrazione aveva i tuoi dati aggiornati. Non sempre facile. Se hai trasferito la residenza all’estero (iscritto AIRE), le notifiche fiscali dovrebbero avvenire via PEC (se disponibile) o via autorità consolari: una notifica in Italia potrebbe essere nulla. In sintesi, cambiare indirizzo senza lasciare tracce espone al rischio di atti non conosciuti ma efficaci. Sempre meglio comunicare il domicilio fiscale all’AdE quando ci si sposta, specie per le P.IVA (ora c’è l’obbligo di domicilio digitale per imprese e professionisti – PEC – che rende tutto più immediato).
D: Se lascio passare i termini di ricorso, posso fare qualcosa dopo?
R: Dopo la scadenza dei termini di impugnazione (60 giorni per ricorsi tributari, 30/40 per opposizioni) l’atto diventa definitivo. Da quel momento, non è più contestabile nel merito. Rimangono solo alcuni rimedi straordinari o di “seconda linea”:
- Puoi tentare un ricorso tardivo chiedendo la rimessione in termini, ma la legge lo consente solo in casi eccezionali (es. forza maggiore che ti ha impedito di agire, come un grave evento imprevedibile). La semplice ignoranza dell’atto (perché non l’hai ritirato) non basta, a meno che tu provi un vizio di notifica. La CTR può concedere la rimessione se riconosce che effettivamente non avevi modo di conoscere l’atto e ti attivi subito appena saputo.
- Puoi far valere eventuali vizi di notifica in sede esecutiva: ad esempio, se arriva un pignoramento, puoi opporlo sostenendo che l’atto precedente non ti fu notificato regolarmente. È però rischioso e devi portare elementi solidi.
- In materia tributaria c’è l’istituto dell’autotutela: puoi sempre chiedere all’ente di annullare in autotutela un atto definitivo se ci sono errori evidenti o hai documenti nuovi, ma l’ente non è obbligato ad accogliere.
- Se il debito ricade in una normativa di saldo e stralcio (ad esempio, varie “rottamazioni” delle cartelle sono state introdotte dal legislatore negli ultimi anni), potresti aderire a quelle, ottenendo riduzioni o annullamenti (nel 2023 c’è stata la Rottamazione-quater per cartelle fino al 2017, e l’annullamento automatico dei mini-debiti <€1.000 per anni 2000-2015, ecc.). Queste non sono impugnazioni ma sanatorie legislative.
In generale, però, se i termini sono scaduti da molto, l’unica vera speranza è la prescrizione: attendere che il diritto si estingua per inerzia dell’esattore (come spiegato sopra). Ma durante l’attesa potresti subire azioni esecutive. Dunque, salvo che l’importo sia modesto o l’ente sembri inattivo, aspettare inerti non conviene. Meglio giocare d’anticipo quando possibile.
Conclusione: la materia delle notifiche e dei codici raccomandata può apparire tecnica, ma abbiamo visto come conoscere il significato di quei numeretti sul tagliando di giacenza possa fare la differenza per un debitore. Sapere che un codice “670” significa cartella esattoriale consente di capire subito l’urgenza di agire; riconoscere un “75” o “76” prepara psicologicamente a una possibile brutta notizia giudiziaria o fiscale. Dal punto di vista legale, il destinatario deve muoversi con tempismo: le norme (e i recenti orientamenti delle Corti) tutelano la certezza della notifica più che le dimenticanze del contribuente, quindi non ci si può nascondere dietro il “non so, non ho visto”. Tuttavia, il sistema offre anche strumenti di difesa efficaci a chi – in buona fede – subisce richieste indebite o notifiche errate: la chiave è esercitare i propri diritti nei modi e tempi previsti. Sperando che questa guida avanzata, con riferimenti normativi e pratici, sia utile a orientarsi, si raccomanda sempre di rivolgersi a un professionista per casi concreti, perché ogni situazione ha sfumature particolari che solo un occhio esperto può cogliere appieno.
Fonti e riferimenti normativi
- Codice di Procedura Civile, art. 140 e 143 (notifica per irreperibilità relativa e assoluta); D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, art. 60 (notifiche in materia fiscale); D.P.R. 29 settembre 1973 n. 602, art. 26 (notifica delle cartelle di pagamento); Legge 20 novembre 1982 n. 890, art. 7-8 (notifica postale atti giudiziari, termini e CAD); Codice della Strada, art. 201-204 (notifiche e termini ricorsi multe); Legge 689/1981, art. 22 e 22-bis (opposizioni tardive sanzioni); D.Lgs. 546/1992 (processo tributario). Le norme citate costituiscono il quadro legale di riferimento in base al quale sono state esaminate le casistiche discusse.
- Giurisprudenza recente di rilievo:
- Cass., Sez. V, ord. n. 4049/2018 – Notifica diretta via posta di avviso di accertamento: termine impugnazione decorre dopo 10 giorni dall’avviso di giacenza.
- Cass., Sez. V, ord. n. 19958/2017 – Conferma che il ritiro tardivo del plico non rileva, conta il decorso dei 10 giorni.
- Cass., Sez. Unite, sent. n. 10012/2021 – Onere per l’ente impositore di produrre l’avviso di ricevimento della CAD; in mancanza, notifica nulla.
- Cass., Sez. V, ord. n. 14717/2024 – Nullità della notifica di cartella se l’avviso di ricevimento della CAD non indica le cause di mancata consegna (violazione reg. postale art. 23).
- Cass., Sez. V, sent. n. 14990/2025 – Notifica a irreperibile assoluto ex art.60 DPR 600/73: obbligo di descrivere le ricerche effettuate; notifica nulla se il messo usa formule generiche.
- Cass., Sez. Lav., SS.UU. nn. 19854/2016 e 23397/2016 – Termine di 40 giorni per opposizione a cartella INPS; distinzione decadenza/prescrizione contributi.
- Cass., Sez. II, sent. n. 1024/2020 (richiamata in giurisprudenza minore) – Opponibilità del preavviso di fermo come atto impugnabile autonomamente (giurisdizione tributaria per tributi).
- Cass., Sez. V, ord. n. 18358/2022 – Sul riconoscimento del debito e rinuncia implicita al ricorso in caso di richiesta di rateizzazione successiva (orientamento discusso).
Hai ricevuto una raccomandata con codice numerico sospetto? Potrebbe essere dell’Agenzia delle Entrate, Fatti Aiutare da Studio Monardo
Quando il postino ti lascia un avviso di giacenza con una lunga serie di numeri, capire l’origine della raccomandata è fondamentale.
Molti atti fiscali – come avvisi bonari, accertamenti, cartelle o comunicazioni di irregolarità – ti vengono notificati tramite raccomandata.
E spesso, il codice riportato sull’avviso può svelarti subito da chi arriva e quanto è urgente.
Quali sono i codici più comuni delle raccomandate dell’Agenzia delle Entrate?
Ecco una panoramica utile dei principali codici utilizzati:
- Codici che iniziano per 75, 76, 77, 78 o 79 → Solitamente indicano atti fiscali o tributari, notificati da Agenzia delle Entrate o Agenzia delle Entrate-Riscossione
- Codice 670 → Spesso usato per avvisi di accertamento o richieste documentali
- Codice 648 e 649 → In genere legati a comunicazioni di compliance o controlli automatizzati
- Codici 613, 615, 616 → Utilizzati per atti giudiziari o multe, ma talvolta veicolano anche notifiche di riscossione
Attenzione: un codice numerico non equivale sempre a un contenuto certo, ma può orientarti sulla natura dell’atto prima del ritiro.
Cosa fare se sospetti che sia un atto fiscale?
Se ricevi un avviso con codice sospetto, agisci con prontezza:
- Ritira subito la raccomandata per evitare decadenze o termini di impugnazione
- Controlla la data dell’avviso di giacenza: fa fede ai fini della notifica
- Conserva la busta e l’avviso di ricevimento, utili per eventuali opposizioni
- Se l’atto contiene richieste di pagamento o accertamenti, rivolgiti a un legale per verificarne la legittimità
Agire in tempo ti permette di impugnare l’atto, chiedere chiarimenti o bloccare la riscossione.
🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo
📂 Verifica il contenuto dell’atto ricevuto e i termini per impugnarlo
📑 Controlla la correttezza della notifica e la legittimità dell’atto fiscale
⚖️ Redige ricorso contro accertamenti o richieste illegittime
✍️ Richiede sospensioni, rateizzazioni o trattative con il Fisco
🔁 Ti difende anche da cartelle, pignoramenti e fermi amministrativi
🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in diritto tributario e contenzioso fiscale
✔️ Iscritto come Gestore della crisi presso il Ministero della Giustizia
✔️ Difensore in contenziosi con Agenzia delle Entrate e Riscossione
✔️ Consulente legale per contribuenti, professionisti e imprese in difficoltà
Conclusione
Un semplice codice su un avviso postale può essere il primo segnale di un problema fiscale imminente.
Con l’Avvocato Giuseppe Monardo, puoi sapere subito cosa ti è stato notificato, se è regolare e come difenderti al meglio.
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