Hai avviato una procedura di sovraindebitamento o stai valutando un piano del consumatore, un concordato minore o la liquidazione controllata, e ti stai chiedendo quali crediti vengono pagati prima degli altri e cosa significa “prededucibilità”? Vuoi capire come funziona il meccanismo dei crediti prededucibili nel Codice della Crisi d’Impresa e perché può incidere direttamente sull’esito della tua procedura?
Nel sovraindebitamento non tutti i debiti sono trattati allo stesso modo: alcuni creditori hanno diritto di essere pagati prima, anche se gli altri prendono meno o nulla. Sapere chi ha diritto alla prededuzione è fondamentale per costruire un piano efficace e realistico.
Cosa sono i crediti prededucibili?
Sono quei crediti che, per legge, devono essere soddisfatti prima di tutti gli altri, sia nella fase di esecuzione del piano sia in quella liquidatoria. Hanno priorità assoluta, indipendentemente dal tipo di creditore o dalla natura del debito.
Quando si applica la prededuzione nel sovraindebitamento?
I crediti prededucibili trovano applicazione in tutte le procedure regolate dal Codice della Crisi (D.Lgs. 14/2019), quindi:
– Piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore
– Concordato minore
– Liquidazione controllata del sovraindebitato
Quali sono i crediti prededucibili più comuni?
– Spese di procedura: compensi del gestore della crisi, del liquidatore o del commissario giudiziale
– Compensi e onorari professionali per l’assistenza nella redazione del piano, se strumentali alla procedura
– Spese legali per la difesa del debitore nei giudizi legati alla procedura
– Eventuali debiti sorti dopo l’apertura della procedura, se autorizzati e funzionali al buon esito del piano
– Contributi dovuti agli enti pubblici per la gestione della procedura stessa
Cosa significa nella pratica?
– Questi crediti devono essere pagati per primi, anche se gli altri creditori ricevono solo una parte del loro credito o niente
– Se il patrimonio disponibile è limitato, i prededucibili assorbono gran parte delle risorse
– Il loro pagamento è condizione per l’omologazione e il buon esito del piano
Chi decide se un credito è prededucibile?
Il riconoscimento della prededucibilità può derivare dalla legge oppure essere richiesto e valutato dal tribunale che gestisce la procedura. È importante motivare e documentare bene le ragioni per cui il credito ha natura funzionale e prioritaria.
Quali rischi ci sono se non si tiene conto della prededucibilità?
– Il piano può essere rigettato per mancanza di copertura delle spese obbligatorie
– I creditori prededucibili possono bloccare l’esecuzione del piano
– Il debitore può essere dichiarato inammissibile alla procedura per mancanza di sostenibilità
– Si può perdere l’opportunità di ottenere l’esdebitazione finale
Cosa NON devi fare mai?
– Ignorare i crediti prededucibili nella proposta di piano
– Promettere pagamenti a tutti senza considerare chi ha la precedenza
– Usare la liquidità per soddisfare altri creditori lasciando scoperti quelli prioritari
– Affidarti a consulenti che non conoscono bene il funzionamento del Codice della Crisi
I crediti prededucibili decidono l’ordine delle priorità nel sovraindebitamento: se li sbagli, rischi di far saltare l’intera procedura.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto della crisi d’impresa e del debitore – ti spiega come funziona la prededucibilità dei crediti nel sovraindebitamento, quali debiti hanno la precedenza e come gestirli correttamente per evitare il rigetto del piano e ottenere la liberazione dai debiti.
Stai preparando un piano di ristrutturazione o sei in liquidazione controllata e vuoi sapere come trattare i crediti prededucibili?
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Introduzione
Il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, detto CCII) ha riformato profondamente la disciplina delle procedure concorsuali, includendo quelle di composizione della crisi da sovraindebitamento. Tra i concetti chiave introdotti o ridefiniti dal Codice vi è quello dei crediti prededucibili, ossia i crediti che, per espressa previsione di legge, godono di una precedenza assoluta nel soddisfacimento rispetto agli altri debiti nel contesto di una procedura concorsuale. In altre parole, i crediti prededucibili vengono pagati prima di ogni altro debito con le risorse ricavate dalla procedura, anche prima dei crediti privilegiati o garantiti, e ciò sia nell’interesse del buon funzionamento della procedura stessa sia per incentivare determinati comportamenti virtuosi (come il finanziamento dell’impresa in crisi o l’attività degli organi della procedura).
Questa guida – aggiornata a giugno 2025 – offre un approfondimento avanzato sul funzionamento dei crediti prededucibili nell’ambito delle procedure di sovraindebitamento disciplinate dal Codice della Crisi. L’obiettivo è spiegare in modo chiaro quali crediti possono definirsi prededucibili, come vengono gestiti nelle varie procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento (piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore, concordato minore e liquidazione controllata), quali garanzie e vincoli ne regolano il pagamento, e quali tutele offrono al debitore e ai creditori.
La trattazione sarà articolata in sezioni tematiche con domande e risposte, tabelle riepilogative degli aspetti salienti e casi pratici simulati riferiti alla realtà italiana. Ciò consentirà di affrontare il tema dal punto di vista del debitore, evidenziando le opportunità offerte dalla normativa (come la cancellazione dei debiti residui, c.d. esdebitazione, anche nel caso di debitore incapiente) e gli obblighi da rispettare (ad esempio il pagamento integrale dei costi della procedura). In appendice, verranno riportate le fonti normative rilevanti (articoli di legge) e una selezione di pronunce giurisprudenziali aggiornate – incluse recenti decisioni della Corte di Cassazione – che hanno interpretato e applicato queste norme, costituendo guida per i casi concreti.
Struttura della guida: nei capitoli seguenti definiremo il concetto di credito prededucibile e la sua base normativa generale nel Codice della Crisi; successivamente analizzeremo le singole procedure di sovraindebitamento (ristrutturazione dei debiti del consumatore, concordato minore, liquidazione controllata), evidenziando per ciascuna il ruolo dei crediti prededucibili. Saranno inoltre illustrati gli strumenti di tutela del debitore come l’esdebitazione (sia quella conseguente al buon esito delle procedure, sia quella “a zero” per il debitore incapiente privo di risorse). Infine, una sezione di FAQ (domande frequenti) chiarirà i dubbi più comuni, ad esempio: quali sono i crediti prededucibili? chi paga l’OCC? cosa accade se il piano non viene omologato? e così via.
Passiamo dunque ad esaminare nel dettaglio il tema, iniziando dalla definizione di credito prededucibile e dal quadro normativo di riferimento.
Cosa sono i crediti prededucibili? Definizione e quadro normativo
Il termine prededuzione indica, in diritto fallimentare e delle crisi d’impresa, quello status particolare di un credito per cui esso deve essere soddisfatto con precedenza su tutti gli altri crediti concorrenti, attingendo alle risorse della procedura prima degli altri debiti. In pratica, un credito prededucibile gode di una sorta di “corsia preferenziale” nel pagamento: quando si liquidano i beni del debitore sovraindebitato nell’ambito di una procedura concorsuale (che sia un concordato, un accordo di ristrutturazione o una liquidazione), i crediti prededucibili vengono pagati integralmente (capitale, interessi maturati e spese) prima di distribuire alcunché ai creditori privilegiati, chirografari o di altra natura. Gli interessi su tali crediti cessano di maturare al momento del pagamento in prededuzione, poiché il loro soddisfacimento anticipato evita ulteriori attese.
Va subito evidenziato che la prededuzione non è una caratteristica intrinseca di alcuni crediti per loro natura, ma è una qualifica attribuita dalla legge a determinati crediti a fronte di specifiche condizioni o finalità. In altre parole, un credito diventa prededucibile solo se una norma di legge lo qualifica espressamente come tale (o se rientra in categorie che la legge dichiara prededucibili). Il fondamento dei crediti prededucibili risiede nell’utilità che tali crediti apportano al buon esito o alla gestione della procedura concorsuale: essi tipicamente riguardano spese di procedura, compensi di organi o professionisti che aiutano a gestire la crisi, oppure finanziamenti concessi per tentare il risanamento. Si ritiene equo che tali crediti vengano soddisfatti per primi, al fine di incentivare gli operatori (professionisti, finanziatori, organi concorsuali) a impegnarsi nella soluzione della crisi senza il timore di non essere pagati.
La prededucibilità nel Codice della Crisi (art. 6 CCII)
L’art. 6 del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII) definisce in termini generali quali crediti debbano considerarsi prededucibili. In particolare, l’art. 6, comma 1, stabilisce che – oltre ai crediti espressamente qualificati dalla legge come prededucibili in virtù di specifiche disposizioni – sono prededucibili le seguenti categorie di crediti:
- a) i crediti relativi a **spese e compensi per le prestazioni rese nell’esercizio delle funzioni dell’**Organismo di Composizione della Crisi (OCC) da sovraindebitamento. In altre parole, i costi dell’OCC (o del gestore della crisi nominato dall’OCC) – come le spese sostenute e il compenso per l’attività svolta – sono prededucibili in tutte le procedure di sovraindebitamento. È stato chiarito, a seguito delle modifiche apportate dal c.d. “terzo correttivo” al Codice nel 2024, che questa prededucibilità si estende non solo ai crediti maturati dall’OCC in senso stretto, ma anche a quelli di chiunque svolga le funzioni proprie dell’OCC. Ciò ricomprende, ad esempio, il caso in cui in una liquidazione controllata venga nominato liquidatore un professionista esterno invece di un organismo: anche il compenso di tale liquidatore avrà natura prededucibile, poiché egli di fatto svolge le funzioni dell’OCC nella procedura.
- b) i crediti professionali (ossia i compensi dovuti a professionisti come avvocati, commercialisti, attestatori) sorti in funzione della domanda di omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti o di un piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione, nonché per la richiesta di eventuali misure protettive, nei limiti del 75% dell’ammontare del credito accertato e a condizione che l’accordo o il piano vengano effettivamente omologati. Questa previsione mira a garantire in parte il pagamento degli onorari dei professionisti che assistono il debitore nella preparazione e presentazione di accordi di composizione o piani di ristrutturazione (ad esempio il piano del consumatore), ma al contempo introduce un elemento di “responsabilizzazione”: solo se la procedura va a buon fine con l’omologazione finale, tali crediti godranno di prededuzione e comunque solo per il 75% del loro importo. In pratica, il professionista assume su di sé il rischio di un 25% del compenso, per incentivarlo a intraprendere l’incarico solo quando ritiene che l’operazione abbia concrete possibilità di successo. Se l’accordo o il piano non vengono omologati, questi crediti non acquisiscono lo status di prededucibili e rimangono crediti ordinari (o chirografari) nei confronti del debitore.
- c) i crediti professionali sorti in funzione della presentazione della domanda di concordato preventivo, inclusi quelli per la predisposizione della proposta e del relativo piano, nei limiti del 75% dell’importo e a condizione che la procedura di concordato venga aperta. Questa lettera è simile alla precedente ma riferita al concordato preventivo (procedura prevista per le imprese sopra soglia). Anche qui il legislatore riconosce natura prededucibile (fino al 75%) ai compensi di avvocati e consulenti che assistono l’imprenditore nella domanda di concordato, purché il tribunale dichiari aperta la procedura (ammetta il debitore al concordato). Se il concordato non viene nemmeno ammesso/aperto – ad esempio perché il debitore rinuncia prima o il tribunale dichiara inammissibile la proposta – quei crediti non avranno prelazione prededuttiva. Questa disciplina recepisce l’orientamento affermato dalla Cassazione a Sezioni Unite (sent. 42093/2021), secondo cui il riconoscimento della prededuzione ai crediti del professionista attivatosi per un concordato minore o preventivo presuppone che la relativa procedura concorsuale sia effettivamente iniziata con il coinvolgimento dei creditori; in caso contrario (come quando il debitore presenta la domanda ma poi rinuncia, sfociando in un fallimento/liquidazione), quel beneficio non può essere riconosciuto. In breve: serve l’apertura formale della procedura minore perché scatti la prededuzione del compenso professionale.
- d) i crediti legalmente sorti durante una procedura di liquidazione giudiziale o liquidazione controllata, oppure sorti dopo il deposito della domanda di accesso a uno strumento di regolazione della crisi o dell’insolvenza, e che siano inerenti a: la gestione del patrimonio del debitore, la continuazione dell’esercizio dell’impresa, il compenso degli organi preposti (curatore, commissario, liquidatore, ecc.), nonché le prestazioni professionali richieste dagli organi medesimi o dal debitore per il buon esito della procedura. Questa è una clausola di ampio respiro, che include tutti quei crediti che nascono durante lo svolgimento di una procedura concorsuale o dopo la presentazione della domanda di accesso a una procedura, purché funzionali alla gestione e conservazione del patrimonio o alla prosecuzione dell’attività d’impresa del debitore, oppure consistenti nei compensi dovuti agli organi della procedura e ai professionisti da essi (o dal debitore) incaricati per la positiva attuazione del piano o della procedura. Rientrano qui, ad esempio, i finanziamenti e le obbligazioni contratti con autorizzazione del tribunale durante un concordato o una composizione negoziata, le forniture di beni/servizi indispensabili per proseguire l’attività durante la procedura, il compenso del curatore o del commissario giudiziale e le consulenze tecniche richieste da questi organi. È importante sottolineare che la legge parla di crediti “legalmente sorti” in tali fasi: ciò implica che essi devono essere contratti nel rispetto delle norme procedurali (ad es. con autorizzazione del giudice quando richiesta). Il razionale di questa previsione è chiaro: se si intende massimizzare il valore dei beni o tentare un risanamento, certe spese e nuovi debiti sono inevitabili (si pensi ai costi per mantenere in esercizio l’azienda in crisi); tali debiti, sorti appunto nell’interesse collettivo dei creditori, meritano di essere pagati con priorità (prededuzione) al termine della procedura.
Tabella 1: Categorie di crediti prededucibili (art. 6 CCII)
Categoria (art. 6 CCII) | Descrizione | Condizioni per la prededuzione |
---|---|---|
a) Compensi OCC | Crediti per spese e compensi dell’Organismo di Composizione della Crisi (gestore) nelle procedure di sovraindebitamento. | Sempre prededucibili (include anche chi svolge funzioni analoghe all’OCC, es. liquidatore nominato ex art. 270 CCII). |
b) Compensi professionisti (accordi/piani) | Crediti di avvocati, commercialisti, consulenti sorti in funzione della domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione o di un piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione, incluse le richieste di misure protettive. | Prededucibili fino al 75% dell’importo se e solo se l’accordo/piano è omologato. Se omologazione negata, niente prededuzione. |
c) Compensi professionisti (concordato) | Crediti professionali sorti in funzione della presentazione di una domanda di concordato preventivo, inclusa proposta e piano. | Prededucibili fino al 75% dell’importo se e solo se il concordato è aperto/ammesse (procedura avviata). Se il concordato non inizia (rinuncia o inammissibilità), niente prededuzione. |
d) Debiti sorti durante procedure | Crediti nati durante una liquidazione giudiziale o liquidazione controllata, oppure dopo la domanda di accesso a un qualsiasi strumento di regolazione della crisi/insolvenza, destinati a: gestione del patrimonio, continuazione dell’impresa, compensi degli organi della procedura, incarichi professionali conferiti da organi o debitore per la buona riuscita. | Prededucibili se sorti legalmente nel corso della procedura o dopo il deposito della domanda, e funzionali agli obiettivi della procedura (miglior soddisfacimento dei creditori). Ad es. finanziamenti autorizzati dal tribunale, forniture essenziali, compensi curatore/commissario, consulenze richieste da essi, etc. |
Come si nota, l’art. 6 CCII elenca una serie di ipotesi eterogenee. La logica comune è che la prededuzione è riconosciuta a crediti che hanno una stretta correlazione funzionale con la procedura concorsuale: o perché ne rappresentano i costi necessari (compensi degli organi, consulenti, OCC) o perché derivano da attività poste in essere nell’ambito della procedura per conservare o accrescere l’attivo (finanziamenti e spese di gestione). Non rientrano invece nella prededuzione i crediti anteriori alla procedura, a meno che la legge non li qualifichi espressamente come prededucibili in forza di qualche norma (ad esempio certi finanziamenti erogati in esecuzione di un concordato preventivo omologato, ai sensi dell’art. 182-quater legge fall., ora trasfuso in CCII). In sintesi: nessun credito sorto prima dell’accesso alla procedura può diventare prededucibile se non c’è una disposizione ad hoc, mentre taluni crediti sorti durante o in funzione della procedura lo sono per definizione ex lege.
Un punto cruciale da comprendere è che la prededuzione opera solo nell’ambito di una procedura concorsuale aperta. Fuori da questo ambito, la “prededucibilità” di un credito non produce effetti pratici. Ciò significa che se, ad esempio, un professionista assiste un debitore nel predisporre un piano di concordato che poi non viene presentato o non sfocia in alcuna procedura (e il debitore non entra in liquidazione, né in altra procedura concorsuale), il suo credito professionale pur astrattamente prededucibile rimane nei fatti un credito non privilegiato che il professionista potrà far valere solo in via ordinaria (azioni esecutive individuali, ecc.), senza alcuna preferenza sui beni del debitore. La Corte di Cassazione ha chiarito che la prededuzione è una qualità del credito che ha senso solo all’interno di un concorso tra creditori, tipicamente nel fallimento o nella liquidazione concorsuale, e non conferisce alcun privilegio al di fuori di esso. Solo con l’eventuale apertura di una procedura (fallimento, liquidazione controllata, ecc.) quella qualità di prededucibilità potrà “attivarsi”, garantendo la precedenza nel pagamento.
Accertamento e soddisfacimento dei crediti prededucibili (art. 222 CCII)
Definite le categorie, il Codice disciplina anche come i crediti prededucibili vengono accertati e pagati. L’art. 222 CCII intitolato “Disciplina dei crediti prededucibili” prevede quanto segue in sintesi:
- Accertamento dei crediti prededucibili: di regola, anche i crediti prededucibili devono essere accertati mediante le procedure di verifica del passivo previste per la procedura concorsuale di riferimento. Ciò significa che, ad esempio, in una liquidazione controllata o in un fallimento, i creditori prededucibili presentano domanda di ammissione e il giudice delegato li verifica e ammette al passivo con quella qualifica. Fanno eccezione due ipotesi in cui non occorre il formale accertamento: i crediti prededucibili non contestati quanto a collocazione ed ammontare (se nessuno li discute, possono darsi per acquisiti) e i crediti sorti a seguito di provvedimenti di liquidazione di compensi di soggetti nominati ai sensi dell’art. 123 CCII (tipicamente i compensi liquidati dal giudice a curatori, commissari, liquidatori giudiziali). In quest’ultimo caso, se il compenso è contestato, la contestazione si risolve col procedimento di reclamo ex art. 124 CCII. Questo impianto garantisce trasparenza: anche chi si ritiene prededutto deve palesarsi ed essere vagliato, salvo ovvietà.
- Soddisfacimento (ordine di pagamento): L’art. 222, comma 2, ribadisce il principio cardine: i crediti prededucibili vengono soddisfatti (integralmente, per capitale, interessi e spese) con priorità sul ricavato della liquidazione dell’attivo, tenendo conto delle rispettive cause di prelazione solo tra di essi. In pratica, i prededucibili formano una sorta di “classe” a parte: prima si pagano tutti i prededucibili, e solo se resta qualcosa si passa ai creditori concorsuali (privilegiati, chirografari ecc.). Tra i prededucibili stessi, se l’attivo non basta a coprirli integralmente, si applicano i criteri di graduazione e proporzionalità secondo legge. Ciò implica che alcuni prededucibili potrebbero avere una prelazione ulteriore (ad esempio, se tra i crediti prededucibili vi fossero salari dei dipendenti maturati in esercizio provvisorio, avrebbero comunque privilegio ex art.2751-bis c.c., e se il patrimonio non bastasse a pagare tutti i prededutti, quelli con privilegio prenderebbero proporzionalmente prima). Tuttavia, situazioni di incapienza sui prededucibili dovrebbero essere rare e patologiche, poiché la legge presuppone che la procedura debba quantomeno coprire i propri costi.
- Esclusione da talune masse: Fanno eccezione al soddisfacimento prioritario alcune masse attive particolari: quanto ricavato dalla liquidazione di beni oggetto di pegno o ipoteca è destinato in via primaria ai creditori garantiti da tali diritti reali, salvo quanto disposto dall’art. 223 CCII. Quest’ultima clausola rinvia alla disciplina delle spese di giustizia e procedurali sui beni gravati: in sostanza, una parte del ricavato dei beni ipotecati o pignorati può essere destinata a coprire spese di procedura (anche prededucibili) connesse alla liquidazione di quegli specifici beni, secondo criteri di proporzione. Ad esempio, se si vende all’asta un immobile ipotecato, dal prezzo ricavato si potrebbero detrarre le spese specifiche di vendita (prededucibili) prima di attribuire il residuo al creditore ipotecario. Questo per evitare che i crediti garantiti gravino la procedura di costi senza contribuire.
- Pagamenti in corso di procedura: l’art. 222, comma 3, prevede la possibilità di pagare taluni crediti prededucibili anche prima del riparto finale, dunque in via anticipata durante la procedura, senza attendere la chiusura. Ciò è consentito però solo per i crediti prededucibili sorti nel corso di una liquidazione giudiziale (il fallimento) che siano liquidi, esigibili e non contestati per collocazione e ammontare, e a condizione che l’attivo disponibile sia presumibilmente sufficiente a soddisfare tutti i prededutti. In tal caso il pagamento anticipato deve essere autorizzato dal comitato dei creditori oppure dal giudice delegato. Questa norma, sebbene riferita espressamente alla liquidazione giudiziale (fallimento), esprime un principio applicabile in analogia anche alla liquidazione controllata: se ci sono crediti prededucibili chiari e soldi in cassa, ha senso poterli pagare subito (ad esempio pagare i fornitori di esercizio provvisorio o gli stipendi maturati) per evitare di aggravare la posizione dei creditori prededutti o interrompere servizi essenziali. In ogni caso, se invece l’attivo è insufficiente a pagare tutti i prededutti, la distribuzione deve avvenire pro-quota, rispettando l’ordine legale di eventuali prelazioni tra essi.
In sintesi, la legge garantisce che i crediti prededucibili siano soddisfatti con precedenza e integralmente, nei limiti dell’attivo disponibile, e predispone regole per il caso (patologico) di insufficienza dell’attivo. Per il debitore, questo significa che nelle procedure di sovraindebitamento egli deve tenere conto che certi costi e debiti sorti in funzione della procedura andranno comunque pagati prima di tutto il resto. Ad esempio, se un consumatore propone un piano, dovrà prevedere di corrispondere integralmente il compenso all’OCC e le eventuali spese della procedura come condizione per l’omologazione; se un imprenditore minore avvia un concordato, i nuovi debiti che contrae con l’autorizzazione del tribunale per mandare avanti l’attività dovranno essere onorati in prededuzione.
Un’ulteriore importante precisazione riguarda la successione di procedure: l’art. 6, comma 2 CCII (come modificato dal correttivo 2024) sancisce che la prededuzione “opera in caso di apertura del concorso e permane anche quando si susseguono più procedure”. Ciò significa che se il debitore passa da una procedura concorsuale ad un’altra (la cosiddetta consecutio procedurarum, tipica ad esempio del concordato preventivo seguito da fallimento, o di un accordo di ristrutturazione non eseguito seguito da liquidazione controllata), i crediti prededucibili sorti nella prima procedura mantengono il loro status di prededuzione anche nella procedura successiva, a patto che quest’ultima intervenga per gestire la medesima situazione di dissesto rimasta irrisolta. La norma però precisa che ciò vale nel rispetto dei limiti tracciati dalla giurisprudenza consolidata, ovvero quando le procedure si succedono in continuità in relazione a una “situazione di dissesto coincidente”. Ad esempio, se un consumatore avvia un piano del consumatore ma questo viene revocato o risolto e si apre la liquidazione controllata, l’OCC e gli altri eventuali crediti prededucibili del piano avranno prededuzione nella liquidazione (rientrando nelle spese di quella procedura). Diversamente, se tra le due procedure non c’è continuità o coincidenza di causa (ipotesi rara nel sovraindebitamento), potrebbero porsi limiti. Il punto di fondo resta: la prededuzione “segue” il credito attraverso le procedure concorsuali che si susseguono, così da non vanificare la tutela di chi ha fatto affidamento su quella precedenza.
Esempio pratico: Tizio consumatore deposita un ricorso per un piano di ristrutturazione dei debiti con l’ausilio di un OCC e di un avvocato. Il piano però non viene omologato perché Tizio non risulta meritevole; a quel punto Tizio, non avendo altre soluzioni, chiede la liquidazione controllata del suo patrimonio. L’OCC che ha seguito la fase del piano non omologato ha maturato un compenso di €2.000. Questo credito dell’OCC, sebbene il piano non sia andato a buon fine, diventa prededucibile nella successiva liquidazione controllata, in quanto le due procedure trattano lo stesso stato di insolvenza di Tizio. Pertanto il liquidatore in sede di riparto della liquidazione controllata dovrà soddisfare prima il compenso OCC (€2.000) e solo con l’eventuale residuo pagherà i creditori di Tizio secondo grado. Se invece Tizio avesse rinunciato al piano senza accedere ad alcuna procedura concorsuale successiva, l’OCC e l’avvocato avrebbero potuto chiedere i loro compensi a Tizio unicamente come crediti ordinari (senza alcuna prelazione particolare).
Dopo questo inquadramento generale sul concetto di prededuzione nel Codice, possiamo ora concentrare l’attenzione sul sovraindebitamento e vedere come operano concretamente i crediti prededucibili nelle specifiche procedure che il Codice mette a disposizione del debitore non fallibile. Nel far ciò, richiameremo le norme salienti, le eventuali condizioni di ammissibilità, e i principi affermati dalla giurisprudenza (specie della Cassazione) rilevanti per ciascuna procedura, sempre con un occhio attento alle implicazioni per il debitore sovraindebitato.
Le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento nel Codice della Crisi
Il sovraindebitamento indica, secondo la definizione normativa (art. 2, co.1, lett. c) CCII), la situazione di perdurante squilibrio economico del debitore non soggetto alle procedure fallimentari tradizionali (cioè un privato consumatore, un piccolo imprenditore sotto le soglie di fallibilità, un professionista, un imprenditore agricolo, una start-up innovativa, ecc.), il quale non è più in grado di soddisfare le proprie obbligazioni con regolarità. Per costoro, il Codice della Crisi ha predisposto una serie di strumenti volti a regolare la crisi da sovraindebitamento in modo ordinato e con effetti esdebitatori (cioè liberatori dai debiti residui). Tali strumenti, che hanno sostituito quelli già previsti dalla previgente legge 3/2012 (c.d. legge “salva suicidi”), sono principalmente tre:
- Ristrutturazione dei debiti del consumatore – una procedura riservata esclusivamente ai debitori persone fisiche consumatrici, che consente di proporre al giudice un piano di pagamento parziale dei debiti senza necessità di accordo con i creditori (è l’erede del vecchio “piano del consumatore”).
- Concordato minore – una procedura simile a un concordato preventivo ma dedicata ai debitori diversi dal consumatore che non possono accedere al concordato preventivo maggiore (tipicamente piccoli imprenditori commerciali sotto soglia, imprenditori agricoli, professionisti, start-up). Prevede il voto dei creditori su una proposta di concordato e l’omologazione giudiziale. Sostituisce il precedente “accordo di composizione con i creditori” della legge 3/2012.
- Liquidazione controllata del sovraindebitato – procedura di carattere liquidatorio, analoga al fallimento (ora liquidazione giudiziale) ma riferita ai debitori non fallibili. Consiste nella liquidazione di tutto il patrimonio del debitore, sotto il controllo del tribunale e con nomina di un liquidatore, finalizzata a distribuire il ricavato ai creditori. Ha preso il posto della “liquidazione del patrimonio” prevista dalla legge 3/2012.
A queste tre va aggiunto un quarto istituto peculiare introdotto dalla riforma: l’esdebitazione del debitore incapiente (o esdebitazione senza utilità), che non è propriamente una “procedura” di composizione del debito ma un beneficio una tantum concesso al debitore persona fisica totalmente privo di beni e di capacità di pagamento. Ne parleremo diffusamente più avanti.
Le prime tre procedure rappresentano soluzioni differenziate: le prime due (piano del consumatore e concordato minore) sono procedure di regolazione negoziale della crisi, in cui il debitore cerca di ristrutturare i debiti offrendo ai creditori il pagamento, anche parziale, in una certa misura e tempo, al fine poi di ottenere l’esdebitazione (saldo e stralcio del residuo). La terza (liquidazione controllata) è invece una procedura tipicamente liquidatoria, in cui si procede a vendere i beni del debitore e distribuire il ricavato secondo le regole concorsuali, con eventuale esdebitazione finale del debitore onesto.
Tabella 2: Principali caratteristiche delle procedure di sovraindebitamento (CCII)
Procedura | Soggetti ammessi | Approccio | Approvazione | Intervento creditori | Esdebitazione |
---|---|---|---|---|---|
Ristrutturazione dei debiti del consumatore (artt. 67-73 CCII) | Solo consumatori (persone fisiche che hanno contratto debiti per scopi estranei ad attività imprenditoriali/professionali). | Ristrutturazione negoziale: il consumatore propone un piano per pagare i debiti in parte/rate. | Non richiede voto dei creditori: è il tribunale che omologa se il piano è fattibile e il debitore meritevole (assenza di frode o colpa grave). | Creditori possono fare osservazioni e opposizione in udienza, ma non votano. Il giudice valuta equità e convenienza rispetto alla liquidazione. | Automatico con l’omologazione ed esecuzione completa del piano: i debiti residui (eccetto quelli non falcidiabili per legge) sono cancellati. |
Concordato minore (artt. 74-83 CCII) | Debitori non consumatori sovraindebitati: piccoli imprenditori commerciali sotto soglia, imprenditori cessati non fallibili, professionisti, enti non commerciali, imprenditori agricoli, start-up innovative. (Il consumatore è escluso e ha il suo strumento dedicato) | Ristrutturazione negoziale con voto: il debitore propone un piano di concordato con pagamento parziale dei crediti, normalmente in continuità aziendale (salvo apporto di risorse esterne se liquidatorio). | Richiede il voto favorevole dei creditori: almeno il 50% dei crediti votanti a favore (maggioranza calcolata in valore). Se un solo creditore ha >50%, serve anche maggioranza per teste. Dopo il voto, il tribunale omologa valutando legalità e convenienza per eventuali oppositori. | I creditori sono parte attiva: partecipano alle adunanze, discutono la proposta e votano. Possibile suddivisione in classi e trattative mediate dall’OCC. Creditori dissenzienti sono comunque vincolati dall’omologazione se c’è maggioranza. | Effetto esdebitatorio a omologazione ed esecuzione completata: il debitore ottiene la liberazione dai debiti residui (come nel concordato preventivo). |
Liquidazione controllata (artt. 268-277 CCII) | Qualunque debitore sovraindebitato (consumatore o altro) incapace di proporre/utilizzare un piano o che lo preferisca, oppure in caso di esito negativo delle altre procedure (conversione). Include anche ex imprenditori non più fallibili. | Liquidazione giudiziale semplificata: il patrimonio del debitore è sottoposto a liquidazione da parte di un liquidatore nominato dal Tribunale, sotto la supervisione di un giudice. Il debitore perde la gestione dei beni. | Nessun voto dei creditori: il tribunale apre la liquidazione se ne ricorrono i presupposti (insolvenza e inattività di altre soluzioni, o richiesta del debitore). I creditori vengono ammessi al passivo e soddisfatti secondo le regole delle prelazioni. | Creditori insinuano i crediti e possono fare osservazioni sul programma di liquidazione, ma non vi è negoziazione sul pagamento: ricevono le percentuali secondo legge. | Esdebitazione “di diritto” possibile dopo 3 anni dall’apertura o a fine procedura se il debitore è meritevole (valutazione del giudice). Al termine, se concessa, il debitore persona fisica è liberato dai debiti residui. |
N.B.: Tutte e tre le procedure richiedono la presenza di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) o di un gestore nominato, che assiste il debitore, predispone la relazione attestante la situazione e le cause dell’indebitamento, e in generale svolge funzioni di ausilio e controllo (simili a quelle del curatore/commissario nelle procedure maggiori). L’OCC è figura centrale: viene coinvolto sin dall’inizio e il suo compenso è sempre un credito prededucibile in qualunque esito, come abbiamo visto.
Esaminiamo ora in dettaglio ciascuna procedura, focalizzando l’attenzione su come funziona la prededuzione al loro interno: quali crediti prededucibili tipicamente sorgono, come vengono trattati e quali impatti hanno sul piano del debitore e sui diritti dei creditori.
Ristrutturazione dei debiti del consumatore
La ristrutturazione dei debiti del consumatore è la procedura destinata alle persone fisiche consumatori, cioè che hanno contratto obbligazioni principalmente per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta. Un esempio tipico è il privato cittadino sovraindebitato per prestiti personali, carte di credito, debiti di forniture domestiche, magari anche fideiussioni per familiari, ecc., fuori dall’ambito di un’impresa.
Finalità e funzionamento: il consumatore può proporre al tribunale un piano di ristrutturazione dei debiti che prevede il pagamento (integrale o parziale) dei propri creditori secondo certe modalità e tempi. Caratteristica fondamentale di questo strumento è che non richiede il consenso dei creditori tramite voto: il piano viene sottoposto direttamente all’omologazione del giudice. Il tribunale, sentiti i creditori (i quali possono comparire per fare eventuali opposizioni), decide se omologare il piano valutando principalmente due cose:
- la fattibilità del piano e la convenienza per i creditori (in pratica, che il piano offra ai creditori un’utilità non inferiore a quella ricavabile da una liquidazione del patrimonio del debitore);
- la meritevolezza del debitore, cioè che questi non abbia colposamente causato il proprio indebitamento con condotte gravemente imprudenti o fraudolente. La legge attuale prevede che in tutte le procedure di sovraindebitamento il giudice valuti il comportamento del debitore e le cause dell’indebitamento sulla base della relazione dell’OCC, superando i limiti della vecchia legge 3/2012 che poneva il requisito di meritevolezza espressamente solo per il piano del consumatore. Dunque, anche nell’omologare un piano del consumatore, il tribunale esamina la diligenza mantenuta dal debitore nel contrarre debiti e le ragioni del sovraindebitamento (ad esempio, indebitamento dovuto a eventi sfortunati vs. spese voluttuarie ingiustificate). Se il giudice ritiene il debitore non meritevole (ad esempio perché ha dissipato risorse in gioco d’azzardo, o ha assunto obbligazioni senza alcuna prospettiva di pagarle, salvo casi eccezionali di forza maggiore), può negare l’omologazione del piano.
Prededuzione nel piano del consumatore: quali sono i crediti prededucibili che tipicamente rilevano in questa procedura? Essenzialmente:
- Il compenso dell’OCC (Organismo di Composizione della Crisi) che assiste il consumatore: come già evidenziato, questo è in ogni caso prededucibile e deve trovare copertura integrale.
- Eventuali spese legali o di consulenza del debitore stesso per predisporre il piano (es. parcella dell’avvocato che presenta il ricorso, del commercialista che aiuta nei conteggi): tali crediti rientrano tra quelli professionali “sorti in funzione della domanda di omologazione di un piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione” ai sensi dell’art. 6, co.1, lett. b) CCII, e quindi possono essere prededucibili fino al 75% a condizione che il piano venga omologato. In pratica, se il piano va a buon fine, l’avvocato del debitore avrà diritto a vedersi riconosciuto in prededuzione il 75% del proprio onorario (il restante 25% rimane come credito chirografario normale verso il debitore, salvo diverso accordo). Questa regola può sembrare penalizzante per i professionisti, ma è concepita per evitare piani “temerari”: il professionista ha interesse a filtrare i casi che abbiano concrete chance di omologa. Se il piano non viene omologato, il suo credito non gode di alcuna prelazione e il professionista potrà rivalersi sul debitore senza priorità.
- Eventuali finanziamenti autorizzati dal giudice prima dell’omologa: sono rari nel caso del consumatore puro (che di norma non ha un’azienda da tenere in vita), ma teoricamente possibili – ad esempio se il consumatore proprietario di un bene volesse ottenere un piccolo prestito prededucibile per pagare alcune spese urgenti durante la pendenza del piano. In verità, lo scenario più frequente è che il consumatore non contragga nuovi debiti in questa fase, anche perché non ha la protezione di un “concordato in bianco” come le imprese. Tuttavia, se vi fossero crediti sorti dopo la presentazione della domanda (ad esempio spese per mantenere un immobile fino alla vendita prevista dal piano), rientrerebbero nella lettera d) dell’art.6 e sarebbero prededucibili.
- Contributo del debitore medesimo al pagamento dei costi: spesso al consumatore è richiesto di predisporre una certa somma iniziale per coprire proprio i costi procedurali (ad es. acconto sul compenso OCC, bollo, ecc.). Tali somme anticipate poi vengono utilizzate per pagare i crediti prededucibili. Se il debitore non ha liquidità per anticipare, la legge (come modificata nel 2020) prevede dei meccanismi di aiuto: ad esempio, il Fondo di solidarietà per il patrocinio delle procedure di sovraindebitamento può anticipare il compenso dell’OCC in favore di debitori in gravissime condizioni economiche. Inoltre, le recenti norme consentono anche una riduzione del 50% del compenso dell’OCC in taluni casi e l’intervento di un fondo pubblico per coprire l’altro 50%, proprio per evitare che il costo dell’OCC sia un ostacolo insormontabile per i debitori nullatenenti. Queste misure riflettono l’intento sociale della legge: garantire accesso alle procedure anche ai più deboli.
Dal punto di vista pratico del debitore-consumatore, quando si elabora il piano occorre assicurarsi che tutte le spese prededucibili siano integralmente pagate. Ciò significa che nel piano stesso, tra le uscite previste, dovrà esserci il pagamento integrale dei crediti prededucibili, tipicamente il compenso dell’OCC (nella misura che sarà poi determinata dal giudice) e le spese di procedura. I tribunali, nel valutare la fattibilità del piano, controllano espressamente che tali costi siano coperti. Ad esempio, è frequente leggere nei decreti di omologa che “il piano prevede il pagamento integrale dei crediti prededucibili (compenso OCC ed eventuali altre spese)…”. Se così non fosse, il piano verrebbe considerato inammissibile o inopportuno, dato che non si possono imporre sacrifici ai creditori concorsuali lasciando però insolute le spese della procedura stessa.
Un tipico schema di riparto in un piano del consumatore potrebbe essere: con le risorse a disposizione (risparmi del debitore, aiuti di terzi, realizzo di qualche bene) il debitore propone di pagare prima le spese di procedura e l’OCC (100% di questi importi), poi eventualmente alcuni crediti con privilegio particolare (es. ipoteca su casa) in una certa percentuale, e i crediti chirografari in percentuale minore (o addirittura nulla). Ad esempio, “pagamento integrale dei crediti prededucibili e dei crediti privilegiati ex art. 2751-bis e 2752 c.c.; pagamento parziale dei chirografari al X%”. Questo è uno scenario abbastanza comune. Il giudice verificherà che la percentuale offerta ai chirografari non sia inferiore a quanto otterrebbero in una liquidazione (c.d. best interest test). Se il piano rispetta tali criteri e il debitore è meritevole, viene omologato.
Esempio pratico (piano del consumatore): Maria, insegnante, ha debiti per 50.000 € (prestiti personali e carte di credito) e un reddito mensile modesto; non possiede immobili di valore. Si rivolge a un OCC e propone un piano: un parente le dona 5.000 € subito e lei si impegna a destinare 300 € al mese per 4 anni (per un totale di ~14.000 €) ai creditori. Nel piano, Maria prevede di pagare innanzitutto il compenso dell’OCC (supponiamo 2.000 €) e le spese vive (200 €) – questi 2.200 € sono crediti prededucibili da soddisfare integralmente – e di utilizzare il resto (circa 16.800 €) per pagare parzialmente i suoi creditori (ad esempio in percentuale: il 100% dei 1.000 € dovuti al condominio, che è un credito privilegiato per spese condominiali; e circa il 30% a ciascun creditore chirografario con distribuzione proporzionale). Il tribunale verifica che, se Maria andasse in liquidazione controllata, i creditori chirografari probabilmente non otterrebbero nulla (perché non ha beni), quindi ricevere il 30% è conveniente; inoltre constata che Maria non ha colpe gravi (i debiti derivano in parte da spese mediche per un familiare). Omologa dunque il piano. Durante i 4 anni, Maria effettua i pagamenti rateali sotto la supervisione dell’OCC. A fine periodo, l’OCC relaziona che tutto è stato eseguito regolarmente; il giudice liquida formalmente il compenso prededucibile all’OCC e dichiara esdebitata Maria: i restanti 35.000 € circa di debiti non pagati sono definitivamente cancellati.
In questo esempio vediamo che il debitore consumatore ha potuto ottenere la cancellazione di gran parte dei suoi debiti, pagando però integralmente i costi della procedura (in prededuzione) e offrendo ai creditori concorsuali ciò che poteva. Questo riflette la filosofia di favore verso il debitore sovraindebitato meritevole: dare una seconda chance (fresh start) pur chiedendogli uno sforzo commisurato alle sue possibilità.
Moratorie e casi particolari: Una questione emersa in giurisprudenza è se il piano del consumatore possa prevedere una moratoria (cioè un differimento del pagamento) dei crediti muniti di privilegio o ipoteca. Ad esempio, il debitore ha un mutuo ipotecario: può nel piano stabilire di sospendere i pagamenti delle rate per un certo periodo o pagarle dopo aver soddisfatto altri creditori? Nel quadro del Codice, il piano del consumatore – analogamente al concordato – può prevedere che i crediti privilegiati vengano ristrutturati, purché sia garantito che non ricevano meno di quanto otterrebbero liquidando le garanzie. In particolare, è ammesso che il piano mantenga in essere il mutuo ipotecario sulla casa (se strumentale o comunque se ciò non lede i creditori) e continui a pagare le rate secondo il contratto originario invece di estinguere subito il credito. La Cassazione (sent. 9549/2025 e altre) ha affrontato proprio il tema delle moratorie nei piani del consumatore, evidenziando che il legislatore consente forme di dilazione anche dei crediti privilegiati, purché l’OCC attesti l’assenza di pregiudizio per i creditori e la fattibilità del piano (ad esempio, attestando che il credito ipotecario verrebbe comunque soddisfatto integralmente col mantenimento delle rate, e che vendere subito l’immobile non darebbe un risultato migliore). Dunque, da punto di vista pratico, un consumatore con un mutuo sulla prima casa può presentare un piano in cui continua a pagare il mutuo regolarmente (se in pari con le rate, o mettendosi in pari eventualmente) e nel frattempo chiede lo stralcio degli altri debiti: i giudici ammettono ciò se è attestato che i creditori chirografari non ci rimettono (perché altrimenti la casa sarebbe venduta e loro comunque non vedrebbero nulla oltre l’ipoteca). Questo è un meccanismo utile per salvaguardare l’abitazione del debitore sovraindebitato, che altrimenti in una liquidazione verrebbe verosimilmente espropriata.
Crediti fiscali e alimentari: Nel piano del consumatore (così come nel concordato minore) il debitore può includere anche debiti fiscali e verso enti pubblici. A differenza del passato, oggi anche l’IVA e altre imposte possono essere falcidiate (ridotte) nei limiti della convenienza rispetto alla liquidazione, salvo che l’amministrazione finanziaria non aderisca separatamente a una transazione fiscale. Il Codice ha superato i vecchi divieti di falcidia dell’IVA presenti nel concordato preventivo, uniformando il trattamento. Resta invece fermo che alcuni debiti non sono mai oggetto di esdebitazione, ad esempio le obbligazioni alimentari e da risarcimenti per danni da fatto illecito non cessano di esistere neppure dopo il completamento del piano (il debitore resta obbligato per l’eventuale importo non soddisfatto).
In caso di mancata omologazione del piano (per opposizione accolta dei creditori o per indegnità del debitore) oppure di annullamento/revoca dell’omologazione (ad esempio se il debitore con dolo ha aumentato artificiosamente il passivo o frodato i creditori), il debitore consumatore può trovarsi ad affrontare una conversione in liquidazione controllata. In tal caso, come già accennato, i crediti sorti in funzione del piano (compenso OCC, spese) saranno prededucibili nella liquidazione. Il debitore però perderà il beneficio di un pagamento parziale: nella liquidazione tutti i suoi beni saranno venduti. La meritevolezza tornerà rilevante in sede di eventuale esdebitazione finale (se il debitore ha tenuto comportamenti scorretti potrebbe essergli negata la liberazione dei debiti residui al termine della liquidazione).
In definitiva, la ristrutturazione dei debiti del consumatore è una procedura che consente al debitore onesto ma sfortunato di rimettersi in carreggiata, pagando quanto può e ottenendo sollievo dal resto. I crediti prededucibili giocano un ruolo chiave: il debitore deve considerare che una parte delle risorse dovrà coprire i costi della procedura (OCC e affini) prima che un euro vada ai creditori; tuttavia, questi costi sono spesso contenuti e possono essere sostenuti anche grazie a meccanismi di supporto (Fondo di solidarietà e riduzioni). Dal lato creditori, la prededuzione dei costi procedurali è una garanzia che la procedura possa essere esperita: i professionisti e gli organi coinvolti hanno la sicurezza di essere preferiti nel pagamento, quindi saranno disponibili ad aiutare il debitore. Dal lato del debitore, ciò si traduce in una condizione da rispettare ma che, in cambio, rende possibile l’accesso a una soluzione negoziata altrimenti non percorribile in autonomia.
Concordato minore
Il concordato minore è la procedura di sovraindebitamento riservata ai debitori non fallibili diversi dal consumatore. Come anticipato, si tratta del “successore” dell’accordo di composizione dei debiti della legge 3/2012, con varie novità. Possono proporre concordato minore l’imprenditore commerciale “sotto soglia” (ossia che non supera i limiti dimensionali per la fallibilità), l’imprenditore agricolo, i professionisti, le start-up innovative, le società di piccole dimensioni, e in generale tutti i debitori sovraindebitati non consumatori. È escluso invece che un consumatore acceda al concordato minore: dal 2022 in poi, il consumatore ha solo la via del suo piano specifico e non può più scegliere un accordo con voto (questo per evitare in passato forum shopping tra piano e accordo).
Funzione e caratteristiche: il concordato minore consente al debitore di presentare ai creditori una proposta di ristrutturazione dei debiti che può prevedere le forme più varie di soddisfacimento: pagamento parziale dei crediti, suddivisione in classi, dilazioni, garanzie offerte da terzi, ecc. Il contenuto della proposta è libero, sebbene con alcuni vincoli:
- Se il debitore intende liquidare i propri beni per pagare i creditori, la legge impone che vi sia un apporto di risorse esterne significativo che incrementi la soddisfazione dei creditori. Questa regola serve a scoraggiare i concordati meramente liquidatori (dove tanto varrebbe fare la liquidazione controllata). In pratica, un concordato minore liquidatorio puro non è ammesso a meno che qualcuno (un socio, un terzo) non metta soldi freschi sul piatto migliorando il risultato per i creditori rispetto alla semplice liquidazione.
- Se invece il debitore propone la continuazione dell’attività (concordato in continuità), deve indicare le modalità e i tempi con cui supererà la crisi. È consentito, ad esempio, proseguire l’impresa e pagare i creditori man mano coi profitti futuri o con dismissioni parziali.
- È possibile la classazione dei creditori (creazione di classi omogenee per trattamenti differenziati), ed è obbligatoria se ci sono creditori assistiti da garanzie reali prestate da terzi (per tutelare il terzo garante).
- Il concordato minore può prevedere, come il piano del consumatore, la falcidia dei crediti privilegiati (pagamento non integrale dei crediti privilegiati o ipotecari), purché sia rispettato il requisito che ai creditori privilegiati sia assicurato almeno l’equivalente di quanto otterrebbero dalla liquidazione dei beni su cui insiste la prelazione. In sostanza, la regola del best interest test vale anche per i privilegiati: se li paghi meno del 100%, devi dimostrare che in una liquidazione prenderebbero comunque uguale o meno.
La procedura si svolge così: il debitore deposita la domanda di concordato minore insieme al piano e alla proposta, corredata dalla relazione particolareggiata dell’OCC. Il tribunale verifica i requisiti iniziali e concede le misure protettive (il blocco delle azioni esecutive). Viene quindi indetta l’adunanza dei creditori, in cui si discute e si vota sulla proposta. È richiesto il voto favorevole dei creditori che rappresentino almeno il 50% dei crediti ammessi al voto (maggioranza in percentuale sul totale del passivo votante). Se un singolo creditore detiene da solo più della metà dei crediti, è previsto che occorra anche la maggioranza numerica dei votanti (cioè che voti a favore anche un altro creditore oltre quello dominante), per evitare che un solo soggetto decida per tutti. Raggiunta la maggioranza, il tribunale procede all’omologazione, verificando d’ufficio la legalità del piano e la presenza delle condizioni di legge (in particolare il rispetto dei diritti dei dissenzienti, la convenienza rispetto alla liquidazione per tutte le classi, e la meritevolezza se emergono atti in frode). In sede di omologazione, eventuali creditori dissenzienti possono proporre opposizione: il giudice deciderà se il piano è comunque conveniente per loro e potrà omologarlo anche in presenza di opposizioni se ritiene soddisfatte le condizioni (di fatto svolgendo un cram-down sui dissenzienti analogamente all’accordo ex l.3/2012).
Una volta omologato, il concordato minore vincola tutti i creditori anteriori. Il debitore (o un liquidatore nominato nel caso di cessione di beni) esegue il piano sotto la sorveglianza dell’OCC (che in questa fase ha funzioni simili a un commissario giudiziale, vigilando sull’esecuzione e facendo rapporto al giudice). A completamento dell’esecuzione, se tutto va secondo il piano, il tribunale dichiara adempiuto il concordato e il debitore ottiene l’esdebitazione per la parte di debiti eventualmente rimasta insoddisfatta.
Crediti prededucibili nel concordato minore: Anche in questa procedura troviamo varie tipologie di crediti prededucibili rilevanti:
- Innanzitutto, il compenso e le spese dell’OCC/gestore della crisi sono prededucibili (art. 6, co.1, lett. a). L’OCC svolge attività sia prima sia dopo: aiuta a predisporre il piano e la relazione, convoca i creditori, e dopo l’omologa può essere coinvolto nel controllo dell’esecuzione. Come accennato in precedenza, spesso capita che l’OCC designato venga poi nominato anche liquidatore in caso di concordato con cessione di beni; in tal caso, il compenso è unico e copre entrambe le fasi. La legge (art. 275 CCII) infatti prevede che se gestore e liquidatore coincidono, venga liquidato un compenso unitario a fine concordato; se sono diversi, il compenso complessivo comunque va ripartito, ma resta un importo globale onnicomprensivo. In ogni caso, qualunque sia la modalità, questo compenso è prededucibile e verrà pagato con priorità sul patrimonio.
- I compensi dei professionisti che hanno aiutato il debitore a predisporre la domanda di concordato minore (es. l’avvocato, eventuali consulenti) dovrebbero rientrare anch’essi nell’ambito della lettera b) o c) di art.6, e dunque prededucibili al 75% se la procedura va a buon fine. Anche se la lettera c) parla di “concordato preventivo”, appare ragionevole applicare lo stesso criterio al concordato minore per analogia: la ratio è identica, evitare che professionisti di procedure abortite drenino risorse. La giurisprudenza di legittimità formatasi sul concordato preventivo può orientare: la Cassazione (Sez. Unite 2013 e 2021) ha escluso la prededuzione per il professionista se la procedura concordataria minore non è mai arrivata al coinvolgimento dei creditori. Dunque, per parallelismo, l’avvocato che assiste un imprenditore nel concordato minore avrà prededuzione per il suo onorario solo se il concordato viene ammesso e poi omologato (in pratica, a procedura compiuta, e comunque col limite del 75%). Se la proposta non ottiene i voti o viene dichiarata inammissibile prima, il suo credito rimane chirografario. Questa interpretazione è ulteriormente supportata dal fatto che l’art. 6, co.1, lett. b) include i “piani di ristrutturazione soggetti ad omologazione”, espressione che potrebbe comprendere anche il concordato minore (che sostanzialmente è un piano soggetto ad omologazione con voto).
- I finanziamenti autorizzati e altre obbligazioni contratte durante il concordato minore: qualora, ad esempio, il debitore necessiti di liquidità per continuare l’attività durante la procedura, può chiedere al tribunale di autorizzare finanziamenti prededucibili (in continuità). L’art. 99 CCII e seguenti (in tema di concordato preventivo) trovano applicazione analogica: il tribunale può autorizzare l’imprenditore a contrarre finanziamenti in qualsiasi forma che, se il concordato viene omologato (o anche se si tramuta in liquidazione giudiziale successiva, come previsto dall’art. 101 CCII), saranno prededucibili. Ad esempio, un imprenditore agricolo in concordato minore potrebbe essere autorizzato a ottenere anticipazioni per comprare sementi al fine di proseguire la coltivazione: quel debito verso la banca sarà prededucibile. Ovviamente tali decisioni avvengono sotto stretta vigilanza del giudice e con parere dell’OCC, per non aggravare inutilmente il passivo.
- I debiti sorti dopo la presentazione della domanda di concordato minore in funzione della gestione corrente: rientrano anch’essi nella lettera d) dell’art.6 e saranno prededucibili. Ciò include ad esempio le forniture fornite all’imprenditore in pendenza del concordato (specie se autorizzato all’esercizio provvisorio dell’azienda fino all’omologa) o l’indennità di eventuali dipendenti per il periodo interinale. Anche qui, condizione essenziale è che siano obbligazioni contratte legalmente, cioè senza violare la par condicio: ad esempio, se l’imprenditore continua ad acquistare merci da un fornitore durante il concordato minore, quelle forniture verranno poi pagate come prededuzione (sono debiti dell’impresa in esercizio autorizzato).
- Se il concordato minore prevede la cessione di beni con nomina di un liquidatore, anche il compenso del liquidatore è prededucibile (spesso coincidente con l’OCC, come detto). In tal caso c’è un aspetto da tenere presente: i creditori ipotecari su beni ceduti potrebbero vedere prelevate dal ricavato di quei beni le spese di liquidazione proporzionali (art. 223 CCII). Quindi, ad esempio, se c’è un immobile ipotecato che viene liquidato nell’ambito del concordato, dal prezzo di vendita si potrà detrarre una quota delle spese generali e del compenso del liquidatore, in prededuzione, prima di distribuire il rimanente all’ipotecario. La Cassazione ha ritenuto legittimo, in tema analogo di fallimento, imputare in prededuzione sul ricavato di un bene ipotecato i costi specifici e generali della procedura di concordato precedente andato deserto.
Dal punto di vista del debitore-imprenditore che accede al concordato minore, la prededuzione implica che egli deve mettere in conto di coprire integralmente i costi della procedura. In fase di predisposizione del piano di concordato, oltre a offrire una certa soddisfazione ai creditori, dovrà prevedere anche le risorse destinate a OCC, eventuale commissario (se nominato), spese di giustizia, ecc., in misura tale da garantire il pagamento integrale di questi oneri. Spesso tali risorse provengono in parte dall’attivo aziendale stesso, in parte da finanza esterna. Non di rado, soprattutto nelle piccole imprese, la famiglia del debitore o soci apportano soldi freschi per pagare proprio le spese prededuttive e per aumentare la percentuale ai creditori (questi apporti esterni, come detto, sono incoraggiati dal Codice e giustificano persino concordati liquidatori altrimenti inammissibili).
Esempio pratico (concordato minore): Un artigiano con debiti complessivi per 200.000 € (tra banche, fornitori e debiti fiscali) propone un concordato minore. Ha attrezzature e un capannone dato in garanzia ipotecaria a una banca. Prevede di continuare l’attività affittando un laboratorio più piccolo e cedendo il capannone. La proposta: un terzo si impegna ad acquistare il capannone per 100.000 €, somma che servirà per pagare la banca ipotecaria al 80% (il valore di liquidazione stimato) e in piccola parte i chirografari; inoltre l’artigiano, col prosieguo dell’attività, si impegna a versare 500 € al mese per 3 anni nella procedura (18.000 €) destinati ai creditori chirografari, portando il loro dividendo al, poniamo, 20%. Nel piano specifica che tali versamenti serviranno prima a coprire le spese di procedura (OCC, liquidatore, stime di perito) stimate in 10.000 €, e il resto andrà ai creditori chirografari. I creditori votano e approvano perché dalla liquidazione pura otterrebbero forse un 10%. Il tribunale omologa. L’acquirente paga i 100.000 €: supponiamo 5.000 € vengano utilizzati per spese di vendita e compenso del liquidatore (prededuzione sul ricavato ipotecario), 80.000 € vanno alla banca ipotecaria, e i restanti 15.000 € confluiscono nella massa attiva per i chirografari. In aggiunta, l’artigiano versa i 18.000 € promessi in 3 anni, con cui si pagano altri costi e poi creditori. Alla fine i creditori chirografari ricevono, ad esempio, un 20%. L’OCC-liquidatore presenta il rendiconto e il giudice liquida il suo compenso totale di 8.000 €, pagato in prededuzione (già ricompreso nei 10.000 € di spese considerati). Il concordato è dichiarato completamente eseguito e l’artigiano è liberato dal residuo debito (circa 60.000 € rimasti scoperti), potendo proseguire la sua attività senza il fardello dei debiti pregressi.
In questo esempio si nota come la pianificazione del costo della procedura faccia parte integrante della proposta: l’artigiano ha dovuto destinare parte dei fondi al pagamento di OCC, liquidatore e spese. Per i creditori, però, ciò è accettabile perché comunque ottengono più che in uno scenario di liquidazione fai-da-te. Da notare che l’intervento del terzo acquirente per il capannone costituisce quell’apporto esterno che ha consentito di presentare un concordato con cessione di beni (liquidatorio) altrimenti precluso.
Se il concordato minore fallisce – ad esempio perché i creditori non approvano la proposta, o perché il debitore non è in grado di presentare il piano, oppure ancora se dopo l’omologa il debitore non rispetta gli obblighi (portando a risoluzione) – la conseguenza usuale è l’apertura di una liquidazione controllata (d’ufficio o su istanza). In tal caso, vi sarà una continuità tra procedure, e i crediti prededucibili del concordato (es. i compensi OCC, eventuali finanziatori autorizzati in prededuzione) restano tali e verranno soddisfatti con precedenza nell’ambito della liquidazione successiva. La Cassazione ha più volte evidenziato che nella consecutio concordato fallimento, i crediti sorti in funzione o in occasione del concordato devono essere ammessi in prededuzione nel fallimento solo se correlati all’attività gestoria di quella procedura. Nel nostro contesto, analogamente, i crediti per prestazioni utili al concordato minore non riuscito avranno prededuzione nella liquidazione a condizione che fossero funzionali e legittimi (il che normalmente è implicito se erano autorizzati o dovuti per legge). Esempio: se l’OCC ha lavorato al concordato minore non omologato, il suo compenso (determinato comunque dal giudice) sarà prededucibile nella successiva liquidazione; se il debitore aveva ottenuto un finanziamento-ponte autorizzato durante il concordato minore poi risolto, quel credito finanziario sarà prededucibile nella liquidazione (avendo la stessa finalità di salvaguardia generale).
In definitiva, il concordato minore è uno strumento che offre al debitore non consumatore un’opportunità di ristrutturazione consensuale dei debiti, evitando la pura liquidazione e salvaguardando magari la continuità aziendale. I crediti prededucibili rappresentano i costi necessari perché questo strumento funzioni: il legislatore ne impone il pagamento integrale per garantire che la macchina procedurale sia sostenibile. Dal lato pratico, un imprenditore deve valutare con attenzione tali costi: se l’attivo prospettico a disposizione è appena sufficiente a pagare i professionisti ma lascia nulla ai creditori, probabilmente la procedura non sarà percorribile (i creditori non accetterebbero). Per questo la finestra del concordato minore spesso richiede un mix di soluzioni (apporti esterni, taglio parziale dei debiti, e costi procedurali contenuti magari grazie al fondo OCC) per trovare un equilibrio. In ogni caso, i professionisti e l’OCC coinvolti sanno di poter contare sulla prededuzione per il loro compenso a patto di portare a termine con successo la procedura – una garanzia importante che li spinge ad impegnarsi e che, al contempo, li scoraggia dall’appoggiare soluzioni velleitarie.
Liquidazione controllata del sovraindebitato
La liquidazione controllata è la procedura concorsuale liquidatoria che si applica ai debitori sovraindebitati di qualsiasi tipo, quando non sia possibile o conveniente attuare una soluzione di ristrutturazione negoziale (piano del consumatore o concordato minore). È, in sostanza, l’equivalente del fallimento (ora liquidazione giudiziale) ma per soggetti prima esclusi dal fallimento. La liquidazione controllata può essere aperta su istanza del debitore stesso, oppure su richiesta dei creditori o del pubblico ministero (quest’ultima in casi limitati, ad esempio se un debitore ha frodato i creditori). Spesso interviene come “ripiego” in caso di fallimento di un piano di ristrutturazione: la legge consente infatti al giudice di aprire d’ufficio la liquidazione controllata se revoca o non omologa una procedura minore e ritiene che comunque sussista insolvenza da gestire.
Procedura e scopi: Una volta aperta, la liquidazione controllata comporta:
- La nomina di un giudice delegato e di un liquidatore (spesso scelto tra gli iscritti all’albo dei gestori della crisi, dunque potrebbe essere lo stesso OCC che seguiva il caso).
- Il patrimonio del debitore viene vincolato e destinato ai creditori: il debitore perde la disponibilità dei beni (c’è un effetto di spossessamento analogo al fallimento).
- I creditori devono presentare le domande di insinuazione entro un termine; il liquidatore forma lo stato passivo e il giudice lo approva dopo eventuali osservazioni (accertamento del passivo).
- Si procede alla liquidazione: il liquidatore vende i beni, riscuote crediti, scioglie eventuali rapporti pendenti seguendo le norme (ad es. può sciogliere contratti in corso con autorizzazione).
- Il ricavato viene distribuito ai creditori secondo l’ordine delle cause di prelazione (prededucibili per primi, poi crediti con privilegio, ipoteca, pegno, e infine chirografari). Ciò avviene tramite piani di riparto parziali e finali, approvati dal giudice.
- Al termine, il liquidatore presenta il rendiconto e la procedura si chiude. Se il debitore è persona fisica, può chiedere (o automaticamente ottenere, come vedremo) l’esdebitazione dei debiti residui.
In questa procedura, diversamente dalle precedenti, non c’è un piano del debitore né un accordo con i creditori: è una liquidazione forzosa regolata dalla legge. Tuttavia, per il debitore sovraindebitato spesso la liquidazione controllata rappresenta l’unica via se non ha entrate sufficienti per proporre un piano e non riesce a ottenere consenso dai creditori. La finalità per il debitore è principalmente ottenere la liberazione dai debiti a fine procedura, sacrificando tutto il sacrificabile nel frattempo.
Crediti prededucibili nella liquidazione controllata: In una liquidazione, la presenza di crediti prededucibili è fisiologica, perché l’intera procedura comporta costi e nuovi rapporti:
- Come sempre, il compenso del gestore/OCC che ha eventualmente assistito il debitore prima della liquidazione è prededucibile. In fase di apertura, se la liquidazione controllata deriva dalla conversione di una procedura precedente, l’OCC di prima potrebbe essere nominato liquidatore e avrà un compenso unitario per tutto (relazione iniziale + liquidazione). Se invece la liquidazione parte ex novo con nomina di un liquidatore diverso, allora l’OCC precedente avrà diritto a un suo compenso (per l’attività preparatoria) e il liquidatore avrà il suo: entrambi prededucibili. La normativa e la giurisprudenza si sono espresse nel senso di evitare duplicazioni: in caso di OCC e liquidatore separati, il giudice suddivide un compenso complessivo tra i due ruoli.
- Il compenso del liquidatore stesso (che è figura analoga al curatore fallimentare): viene determinato a conclusione della procedura, in base all’attivo realizzato e al passivo, secondo le tariffe ministeriali (di solito una percentuale sui valori). Questo compenso è senza dubbio un credito prededucibile di massima importanza: va pagato integralmente, altrimenti nessuno accetterebbe l’incarico di liquidatore. La legge (art. 275 CCII) stabilisce che il compenso del liquidatore e dell’eventuale OCC siano liquidati dal giudice a fine procedura (salvo la possibilità di acconti in corso d’opera, su autorizzazione). È interessante notare che, diversamente dalle vecchie procedure fallimentari in cui c’era un fondo spese a carico dell’erario per avviare la procedura in caso di attivo insufficiente, nel sovraindebitamento non c’è un fondo pubblico immediatamente disponibile: il legislatore però ha reso prededucibili queste spese proprio per far sì che vengano prelevate dall’attivo generato. Se l’attivo è zero, la questione è delicata (vedremo nell’esdebitazione incapiente).
- Le spese di procedura: costi di pubblicazione, eventuali consulenze tecniche disposte dal giudice (stima di immobili, etc.), costi di custodia di beni, spese di giustizia, contributo unificato. Tutti questi esborsi fatti nell’interesse della massa sono crediti prededucibili (ricadono nella lettera d) come spese di gestione del patrimonio in liquidazione).
- I finanziamenti post-apertura: in liquidazione controllata, di norma non si contraggono nuovi debiti perché l’obiettivo è liquidare, non continuare l’impresa (salvo esercizio provvisorio temporaneo se utile). Tuttavia, se fosse disposto un esercizio provvisorio dell’azienda del debitore per venderla meglio, i debiti contratti in quella fase (es. acquisto di materie prime per completare ordini) sarebbero in prededuzione. Inoltre, l’art. 268 CCII consente al liquidatore di subentrare in contratti pendenti o affittare l’azienda, quindi eventuali oneri assunti con autorizzazione diventano prededucibili.
- Anche qui, debiti di massa come l’eventuale indennità di occupazione di un immobile: ad esempio, se il debitore rimane ad abitare un immobile pignorato e la liquidazione, tramite il liquidatore, ritarda lo sloggio per vendere con calma, il danno per il creditore ipotecario può tradursi in un credito prededucibile (come da Cass. n.18289/2022 in tema analogo di curatore fallimentare che detiene un bene oltre la risoluzione del contratto di affitto, il locatore ha diritto a indennità prededucibile). In pratica, la giurisprudenza riconosce che se la procedura trattiene un bene a scapito di qualcuno per favorire la massa, eventuali crediti risarcitori sono anch’essi prededucibili.
Da un punto di vista contabile, la liquidazione controllata genera la cosiddetta “massa attiva” (insieme dei beni liquidi ricavati) e una “massa passiva” (insieme dei debiti) tra cui spicca la sottoclasse dei prededucibili. Il liquidatore, man mano che realizza attivo, deve accantonare le somme necessarie a pagare i prededucibili. Egli non può distribuire nulla ai creditori concorsuali (nemmeno ai privilegiati) finché non ha garantito la copertura integrale dei prededucibili. Solitamente, i primi pagamenti che un liquidatore effettua durante la procedura riguardano proprio i prededutti: ad esempio, può chiedere al giudice delegato di pagare subito, fuori riparto, taluni crediti prededucibili non contestati (stipendi maturati, canoni di affitto dell’azienda in esercizio provvisorio, spese urgenti). Questa possibilità di pagamento anticipato è utile sia per ragioni pratiche sia per equità verso chi sta fornendo servizi alla procedura.
Esempio pratico (liquidazione controllata): Luigi, piccolo imprenditore edile cessato, ha debiti per 300.000 €. Non può proporre concordato perché non ha entrate né garanzie da offrire per un piano. Chiede quindi la liquidazione controllata. Il tribunale nomina un liquidatore (che coincide con l’OCC a cui Luigi si era rivolto). Luigi possiede pochi beni: un’automobile e attrezzature usate, più alcuni crediti verso clienti. Il liquidatore raccoglie 20.000 € vendendo tutto e incassando i crediti. A questo punto, deve pagare: in primis spese di giustizia (500 €), compenso del perito stimatore (500 €) e accantonare il proprio compenso (diciamo stimato in 4.000 €) e il compenso OCC per la fase iniziale (1.000 €). Inoltre Luigi, al momento dell’apertura, aveva un’azione esecutiva in corso da parte di un creditore: quell’azione è stata assorbita dalla procedura, ma il creditore procedente aveva anticipato spese legali e di pignoramento; tali spese se riconosciute come prededucibili ex art.2770 c.c. (spese di giustizia) dovranno essere rimborsate con precedenza. Supponiamo 1.000 € di queste spese. In totale i prededucibili ammontano a circa 7.000 €. Il liquidatore paga dunque integralmente questi 7.000 €, rimanendo con 13.000 €. I restanti 13.000 € li distribuisce poi tra i creditori: prima i privilegiati (mettiamo che 8.000 € vadano a coprire in parte dei crediti per contributi previdenziali e stipendi arretrati, privilegiati ex art.2751-bis e 2753 c.c.), e ciò che residua (5.000 €) viene ripartito pro quota ai creditori chirografari (ottenendo questi un dividendo molto basso, ad esempio il 5%). Alla fine Luigi avrà soddisfatto i creditori per quanto possibile, e potrà chiedere l’esdebitazione per cancellare il resto.
L’esempio mostra come in liquidazione i creditori concorsuali (privilegiati, chirografari) spesso prendano molto poco se l’attivo è modesto, poiché prima si pagano le spese. Per il debitore, però, anche se i suoi creditori sono rimasti in buona parte insoddisfatti, la legge gli offre comunque la possibilità di essere liberato dai debiti tramite l’esdebitazione finale, come incentivo al fatto che ha messo a disposizione tutto il suo patrimonio residuo.
Esdebitazione di diritto nella liquidazione controllata: Un’importante novità del Codice della Crisi è che il debitore persona fisica sottoposto a liquidazione controllata può ottenere l’esdebitazione anche senza doverla espressamente richiedere. L’art. 282 CCII parla di “esdebitazione di diritto”: trascorsi 3 anni dall’apertura della liquidazione controllata, e in ogni caso alla chiusura della procedura, il tribunale è chiamato a pronunciarsi sul beneficio della liberazione dai debiti residui. In pratica, la legge punta a rendere più agevole e tempestivo il fresh start: non occorre più attendere la fine completa della procedura (che potrebbe durare molti anni) per avere lo sgravio, ma già dopo 3 anni il debitore diligente può essere esdebitato, anche se la liquidazione prosegue oltre per vendere eventuali beni restanti. Ciò rappresenta una differenza rispetto al passato, dove il debitore doveva fare apposita istanza e la otteneva solo a procedura chiusa. Ora è previsto che il giudice verifichi i presupposti (assenza di comportamenti dolosi o violazioni) e possa concedere il beneficio con decreto, chiudendo di fatto la posizione debitoria del soggetto. Resta comunque un provvedimento del tribunale: non è completamente automatico, perché va accertata la meritevolezza anche qui. Se, ad esempio, emergesse che il debitore ha distratto beni o violato i doveri nella procedura, l’esdebitazione potrebbe essere negata.
Esdebitazione del debitore incapiente (senza utilità): Un caso particolare è quello del debitore che non ha nulla da liquidare (o comunque nulla che possa dare utilità ai creditori). Il Codice, recependo la modifica introdotta già nel 2020 alla legge 3/2012, ha previsto all’art. 283 CCII la possibilità di concedere l’esdebitazione del debitore incapiente (chiamata anche esdebitazione “a zero” o “senza utilità”). Questo istituto è stato pensato per situazioni estreme: individui sovraindebitati che non possiedono beni né redditi aggredibili, ma che al tempo stesso sono meritevoli (non hanno colpe gravi né hanno fatto atti in frode) e per i quali persistere nello stato di insolvenza significherebbe restare emarginati economicamente a vita. In passato, costoro non potevano né proporre un piano (non avendo nulla da offrire) né fallire (non essendo imprese), né tantomeno ottenere esdebitazione se non c’era una procedura di liquidazione. Ora invece si consente di cancellare i debiti anche a queste persone, senza pagare nulla, al fine di dare loro una chance di reinserimento nella vita economica (il cosiddetto fresh start puro).
I presupposti per l’esdebitazione dell’incapiente sono precisi:
- Il debitore deve essere persona fisica e meritevole (cioè non aver colposamente causato l’eccesso di debiti né aggravato la sua posizione con malafede).
- Deve trovarsi nell’assoluta incapacità di offrire ai creditori alcuna utilità, né immediata né in prospettiva futura. Ciò significa che non ha redditi disponibili oltre il minimo vitale, non ha beni né aspettative concrete di miglioramento economico a breve termine. Se anche ci fossero minimali entrate, queste servono per vivere dignitosamente (il giudice valuta l’ISEE e il minimo vitale).
- Il debitore non deve aver già fruito di un’esdebitazione simile in passato: il beneficio è concesso una sola volta nella vita.
- Deve comunque fornire una disclosure completa: elencare tutti i creditori, eventuali atti compiuti di recente, redditi degli ultimi anni, ecc., e sottoporre il tutto al vaglio di un OCC che redige una relazione attestante la situazione (analoga a quella per il piano). Quindi, c’è un minimo di procedura: ci si rivolge a un OCC che prepara la documentazione e la relazione, poi si deposita la domanda al giudice.
Se il tribunale, lette le carte e sentiti i creditori, ritiene che effettivamente il debitore non può offrire niente e che sia onesto ma sfortunato, può emettere decreto di esdebitazione immediata. Questo decreto libera il debitore da tutti i debiti chirografari pregressi. Tuttavia, pone una condizione risolutiva: se entro 4 anni dal decreto sopravvengono utilità rilevanti per il debitore (ad esempio, eredita una somma, vince alla lotteria, ottiene un incremento reddituale significativo), allora egli ha l’obbligo di pagare ai vecchi creditori fino al 10% dei loro crediti utilizzando quelle sopravvenienze, pena la revoca del beneficio. Per “utilità rilevanti” si intendono nuovi beni o redditi che permettano di soddisfare almeno il 10% dell’ammontare dei debiti (e comunque non si considerano come utilità eventuali nuovi finanziamenti ottenuti, per evitare disincentivi a farsi finanziare per ripartire). Il debitore deve per 4 anni comunicare annualmente al tribunale eventuali miglioramenti economici. Passati i 4 anni, il beneficio diventa definitivo anche se poi il debitore arricchisce.
L’esdebitazione del nullatenente non è propriamente una procedura concorsuale, perché non c’è massa attiva da dividere (come nota la dottrina, è un beneficio extra-concorsuale concesso in deroga al principio di responsabilità patrimoniale). I crediti prededucibili in questo contesto si limitano al compenso dell’OCC che prepara la domanda e alle eventuali spese di giustizia. Anche questi dovrebbero essere prededucibili, ma c’è da chiedersi: prededucibili su cosa, se non c’è una liquidazione? In realtà, la legge prevede che, se il debitore incapiente ottiene l’esdebitazione senza utilità, l’OCC non può pretendere il compenso dal debitore subito, ma lo otterrà solo se nei 4 anni emergono utilità (andrà pagato prima di soddisfare i creditori, come prededuzione sulle sopravvenienze). Inoltre, per questi casi particolari è stato stabilito che il compenso dell’OCC è ridotto del 50% e l’altra metà può essere attingibile dal Fondo di solidarietà pubblico, proprio per non scoraggiare il professionista a seguire un nullatenente. In pratica, l’OCC viene in parte remunerato dallo Stato (fondo istituito presso il Ministero della Giustizia) e in parte rinuncia, pur di consentire anche ai più poveri di accedere alla procedura. Ciò evidenzia come l’intento sociale sia preminente in questo istituto.
Esempio pratico (esdebitazione incapiente): Giulia è una disoccupata 45enne con debiti per 20.000 € verso banche e finanziarie. Non possiede casa (vive in affitto), non ha auto, nessun risparmio, e il suo ISEE è bassissimo. Ha cercato lavoro ma con scarsi risultati; vive con aiuti di amici. È chiaramente insolvente ma non ha nulla da liquidare: anche fallisse, i creditori non avrebbero recuperato niente. Si rivolge a un OCC, il quale conferma che Giulia non può offrire alcuna utilità ai creditori e che il suo sovraindebitamento deriva da spese mediche e periodi di disoccupazione, senza frodi. L’OCC prepara la relazione e deposita per Giulia la richiesta di esdebitazione incapiente. Il tribunale accerta la condizione e con decreto cancella tutti i debiti di Giulia. Per 4 anni Giulia dovrà comunicare se la sua situazione migliora. Dopo due anni, Giulia riesce a trovare un lavoro stabile che le dà un reddito; tuttavia, non ottiene alcuna somma straordinaria tale da poter pagare il 10% dei vecchi debiti (servirebbero 2.000 €) considerando che con il suo stipendio appena riesce a mantenersi. Dunque, non scatterà alcun obbligo. L’OCC che l’ha assistita ha diritto a un compenso ridotto (es. 500 €) che però viene coperto dal Fondo pubblico, quindi Giulia non paga nulla. Giulia è ora libera dai debiti passati e può ricostruire la propria vita economica.
Questo esempio mostra l’efficacia dell’istituto: senza di esso, Giulia sarebbe rimasta inseguita a vita dai creditori (sebbene nullatenente, ogni futuro miglioramento avrebbe potuto essere aggredito). Con l’esdebitazione, invece, riparte da zero. Va da sé che si tratta di un beneficio concesso con prudenza per evitare abusi, ma rappresenta un “ultimo rifugio” per i casi umani di indebitamento senza via d’uscita.
Domande Frequenti (FAQ) sui crediti prededucibili nel sovraindebitamento
D: Cosa significa esattamente che un credito è prededucibile?
R: Significa che quel credito verrà soddisfatto con priorità assoluta, attingendo ai beni del debitore prima di ogni altro credito concorsuale. In una procedura di sovraindebitamento, quando si liquidano attivi o si destinano risorse ai creditori, i crediti prededucibili vengono pagati integralmente per primi, anche prima dei creditori privilegiati. Ad esempio, il compenso dell’OCC o del liquidatore è un credito prededucibile: verrà pagato prima di distribuire soldi ai creditori muniti di ipoteca o privilegio. Se l’attivo è insufficiente a pagare tutti, i prededucibili stessi concorrono tra loro secondo criteri di legge (proporzionalmente o secondo eventuali prelazioni interne).
D: Quali sono in concreto i crediti che rientrano tra i prededucibili nelle procedure di sovraindebitamento?
R: In base all’art. 6 CCII e ad altre norme speciali, i principali crediti prededucibili sono:
- le spese e i compensi dell’OCC (Organismo di Composizione della Crisi) o del gestore nominato per seguire la procedura;
- i compensi dei professionisti (avvocati, commercialisti) che hanno assistito il debitore per predisporre e presentare un accordo di ristrutturazione o un piano (incluso il piano del consumatore), purché il piano/accordo sia omologato, e comunque limitatamente al 75% del loro importo;
- i compensi dei professionisti che hanno assistito per la presentazione di un concordato (preventivo o minore), purché la procedura sia effettivamente iniziata/aperta, anch’essi al 75% del totale;
- tutti i debiti contratti durante la procedura o dopo la domanda di accesso, necessari alla gestione del patrimonio o alla continuazione dell’attività, nonché i compensi degli organi della procedura (liquidatore, commissario) e le consulenze tecniche da essi richieste. Questo può includere: canoni di affitto dell’azienda autorizzati in un concordato, forniture di beni essenziali durante un piano, finanziamenti ponte autorizzati dal giudice, spese di giustizia, ecc.;
- le spese di giustizia relative alla procedura concorsuale, ad esempio le spese per atti di esecuzione compiuti prima ma utili alla procedura (ex art.2770 c.c.), le spese di pubblicazione, notifiche, contributi unificati dovuti;
- in generale, qualsiasi credito espressamente dichiarato prededucibile da una legge. Ad esempio, la legge fallimentare prevedeva espressamente la prededucibilità di certi finanziamenti bancari concessi in esecuzione di un concordato preventivo omologato (ora tale materia è in parte ripresa dal CCII).
D: Il mio avvocato e il commercialista che mi assistono nel piano del consumatore verranno pagati in prededuzione?
R: Parzialmente sì, se il piano avrà successo. I loro onorari rientrano tra i crediti sorti “in funzione dell’omologazione del piano di ristrutturazione del consumatore” e per legge fino al 75% di tali compensi è prededucibile, a condizione che il piano sia effettivamente omologato. Significa che quando, dopo l’omologa, verranno distribuite le risorse secondo il piano, il 75% del compenso del legale o consulente potrà essere pagato subito con precedenza. Il restante 25% non gode di prelazione: spesso i professionisti concordano di rinunciarvi o di farselo eventualmente pagare dal cliente a parte. Se il piano non venisse omologato, purtroppo i professionisti non avrebbero diritto alla prededuzione (il loro credito resterebbe ordinario). Questo meccanismo è previsto dalla legge per responsabilizzare tutte le parti: il professionista è incentivato ad accettare l’incarico solo se c’è una ragionevole prospettiva di omologa.
D: Chi paga l’Organismo di Composizione della Crisi (OCC)?
R: L’OCC viene pagato con i soldi ricavati nella procedura, in prededuzione. In ogni procedura di sovraindebitamento omologata o aperta, il compenso dell’OCC deve essere inserito tra le spese da soddisfare integralmente. Ad esempio, in un piano del consumatore, il piano stesso destinerà parte delle risorse a pagare l’OCC prima di pagare i creditori chirografari. Nella liquidazione controllata, il liquidatore pagherà l’OCC prima di qualsiasi riparto ai creditori. Se il debitore però non ha alcun attivo e la procedura non produce nulla (caso di debitore incapiente), la legge ha previsto un Fondo di solidarietà statale e la riduzione del 50% del compenso, per assicurare almeno in parte il pagamento all’OCC senza gravare sul debitore nullatenente. Inoltre, la legge esclude che l’OCC possa pretendere acconti o pagamenti anticipati dal debitore: deve attendere la fine e prenderà quanto liquidato dal giudice. Se la procedura genera attivo insufficiente, l’OCC viene pagato proporzionalmente assieme agli altri prededucibili (o attingendo al fondo pubblico nei casi previsti). In sintesi, il debitore non deve pagare di tasca propria l’OCC al di fuori della procedura, se non eventualmente un piccolo fondo spese iniziale. Nella maggior parte dei casi, comunque, l’OCC viene soddisfatto all’esito della procedura con i beni del debitore, prima degli altri creditori.
D: Posso iniziare una procedura di sovraindebitamento se non ho soldi nemmeno per pagare l’OCC o le spese iniziali?
R: Sì, è possibile. La normativa prevede strumenti per aiutare i debitori in grave difficoltà economica a sostenere i costi iniziali:
- Puoi chiedere all’OCC se hai i requisiti per l’anticipazione del compenso tramite il Fondo di solidarietà istituito dallo Stato. In pratica, se sei sotto determinate soglie di reddito/patrimonio, lo Stato può anticipare all’OCC le sue spettanze iniziali.
- Alcuni OCC consentono di rateizzare il pagamento del proprio compenso o di condizionarlo all’omologazione. Ad esempio, potrebbero chiederti solo una piccola quota iniziale e il resto lo prenderanno alla fine se il piano riesce.
- La L.176/2020 (e il Codice) hanno introdotto la possibilità di ridurre del 50% il compenso dell’OCC nei casi di particolare disagio e di far intervenire un fondo pubblico per l’altra metà, proprio per evitare che il costo sia un ostacolo.
- In estrema ipotesi, se davvero non hai nulla, puoi valutare la procedura di esdebitazione del debitore incapiente, nella quale non è richiesto pagare nulla ai creditori. In quella procedura l’OCC viene compensato attraverso il fondo pubblico e con eventuali utilità future, come spiegato sopra.
In generale, gli OCC sono consapevoli della situazione dei debitori sovraindebitati e spesso adottano politiche di compenso flessibili. Conviene esporre con trasparenza la propria incapacità di anticipo: l’OCC verificherà se puoi accedere alle agevolazioni e calibrerà il proprio intervento di conseguenza. Ricorda che l’obiettivo della legge è aiutare i debitori meritevoli a uscire dalla crisi, non certo aggiungere un peso insopportabile: per questo sono state predisposte queste misure di supporto.
D: Se la procedura fallisce o non viene omologata, devo pagare comunque i professionisti e l’OCC?
R: In linea di massima, no con riguardo alla prededuzione, ma resta l’obbligo contrattuale. Mi spiego: i crediti di OCC e professionisti diventano prededucibili solo se la procedura concorsuale effettivamente si apre o si omologa (a seconda dei casi). Se la procedura non decolla (ad es. il giudice non ammette il ricorso, oppure il piano viene rigettato), non c’è la massa attiva concorsuale da cui attingere in prededuzione. Questo non cancella il debito verso quei professionisti: semplicemente essi non avranno prelazione. Potrebbero, in teoria, agire contro di te come creditori normali. Tuttavia, spesso nei mandati professionali si prevede che una parte del compenso sia dovuta solo in caso di successo. Inoltre, se dopo il fallimento del piano vieni dichiarato in liquidazione controllata o fallimento, allora l’OCC e gli altri potranno insinuarsi lì: ad esempio, l’OCC chiederà il compenso come prededuzione nella liquidazione susseguente, proprio in virtù dell’art. 6, comma 2 (consecutio di procedure). Difatti, se un piano del consumatore non omologato sfocia in una liquidazione controllata, l’OCC del piano sarà pagato in prededuzione su quella liquidazione. In assenza di qualunque procedura successiva, l’unica tutela del professionista è il rapporto privatistico col debitore (che spesso però rimane insolvente, quindi difficilmente pagherà al di fuori delle procedure). In sintesi: se la procedura concorsuale non vede la luce o viene abortita, i costi professionali già maturati non possono essere soddisfatti in prededuzione poiché non c’è un concorso aperto; rimangono debiti “normali”. Ma se la crisi prosegue in altra forma concorsuale, allora i costi di prima diventano prededucibili lì (sempre ché siano stati costi funzionali e non inutili). Ad ogni modo, molti professionisti assorbono essi stessi il rischio del mancato successo (ad esempio pattuito success fee). È un tema da chiarire con i tuoi consulenti quando inizi: chiedi sempre cosa succede al loro compenso se la procedura non va a buon fine.
D: In una liquidazione controllata, i creditori possono lamentarsi se tutte le risorse vanno in spese e a loro arriva poco o nulla?
R: Possono sicuramente essere insoddisfatti, ma è un effetto fisiologico e previsto dalla legge. La priorità data ai prededucibili è inderogabile: serve a garantire la procedura stessa. In fallimenti e liquidazioni è comune che una porzione significativa dell’attivo vada a coprire spese di procedura (curatore, periti, avvocati, ecc.). I creditori concorsuali non possono opporsi legalmente al pagamento delle spese prededucibili perché sono stabilite ex lege. Possono però vigilare che i costi siano contenuti e giustificati: ad esempio, possono presentare osservazioni sul compenso del liquidatore se sembra eccessivo rispetto all’attività svolta. Il giudice controlla sempre la congruità dei compensi. Inoltre, se un creditore ritiene che alcune spese non fossero necessarie o che il liquidatore abbia gestito male generando costi evitabili, può agire (in casi estremi) per far ridurre il compenso o per far revocare il liquidatore. Ma sono situazioni rare. Nella normalità, se l’attivo è piccolo, è possibile che i creditori non vedano nulla perché magari viene assorbito tutto da spese di procedura. È un risultato economicamente triste ma coerente col sistema: senza soldi per le spese, la procedura non avrebbe nemmeno potuto svolgersi. Ad ogni modo, i creditori hanno interesse a nominare liquidatori e OCC capaci e parchi, proprio per evitare che i costi divorino l’attivo. Ad esempio, sanno che un liquidatore efficiente massimizza l’attivo e non gonfia spese. Nel sovraindebitamento spesso le procedure sono semplificate e i costi più bassi rispetto ai fallimenti tradizionali, proprio perché si ha a che fare con masse ridotte e per legge gli OCC applicano tariffe ridotte e forfettarie in molti casi.
D: Che succede se dopo l’esdebitazione il debitore eredita dei beni o migliora la sua situazione? I vecchi creditori possono rivalersi?
R: Dipende dalla procedura:
- Se l’esdebitazione è avvenuta tramite completamento di un piano del consumatore o concordato minore, i creditori concorsuali hanno visto i loro crediti stralciati e non possono più reclamarli in futuro. L’esdebitazione (salvo revoche per frode) è definitiva. Quindi, se domani il debitore diventa ricco, quei creditori non possono riaprire i conti. (Moralmente può sembrare ingiusto, ma è il principio della “fresh start”: chi esce pulito dalla procedura riparte senza più catene, a costo di qualche ingiustizia apparente).
- Se l’esdebitazione è concessa dopo una liquidazione controllata (cd. esdebitazione ordinaria), anche in questo caso i creditori sono definitvamente preclusi dal recuperare la parte di credito eccedente quanto ricevuto nella liquidazione. Non c’è alcuna condizione risolutiva: ottenuta l’esdebitazione, è permanente (salvo revoca se risultasse che il debitore l’aveva ottenuta con dolo).
- L’unica eccezione è nell’esdebitazione del debitore incapiente (senza utilità): qui la legge mette in conto un’eventualità. Se entro 4 anni dal decreto di esdebitazione il debitore riceve utilità rilevanti (tali da poter pagare almeno il 10% di ogni credito), allora scatta un obbligo di pagamento verso i vecchi creditori fino a concorrenza di quelle sopravvenienze. Ad esempio, se il debitore nullatenente condonato vince 100.000 € alla lotteria l’anno dopo, dovrà destinare almeno 10% per ciascun creditore fino a soddisfarli in quella misura, e comunque non oltre il 100% ovviamente. Se non lo fa spontaneamente, i creditori potrebbero agire e il beneficio potenzialmente essere revocato. Passati i 4 anni, anche per l’incapiente ogni rivalsa è esclusa.
In tutti i casi, restano comunque persegubili (non esdebitabili) alcuni debiti particolari anche dopo la procedura: ad esempio obblighi alimentari, multe e sanzioni penali o amministrative pecuniarie, danni da fatto illecito dovuti a risarcimento, debiti per mantenimento dei figli e del coniuge. Questi, per legge, non sono coperti dall’esdebitazione e i creditori relativi possono sempre farsi avanti (perché si ritiene che certi debiti “di carattere personale o punitivo” debbano restare comunque).
D: Nel frattempo, durante la procedura, i creditori possono pignorare o agire contro il debitore?
R: No, quando è in corso una procedura di sovraindebitamento omologata o aperta, i creditori concorsuali sono soggetti al divieto di azioni esecutive individuali (cosiddetto “automatic stay” o misure protettive). Ad esempio, appena il giudice riceve un ricorso per piano del consumatore, può emettere decreto di sospensione dei pignoramenti in corso e vietare nuovi atti esecutivi. Una volta omologato il piano, i creditori devono attenersi al piano e non possono aggredire altri beni del debitore. Nel concordato minore, dal momento in cui viene pubblicata la domanda, scatta la protezione: i creditori non possono iniziare o proseguire esecuzioni. Quindi il debitore viene protetto dalle “aggressioni” esterne e l’unico modo per i creditori di soddisfarsi è dentro la procedura, secondo le regole concorsuali. L’unica eccezione sono i creditori estranei: ad esempio, in alcune procedure potrebbero restare fuori i coobbligati o i fideiussori (che però non agiscono contro il debitore principale, semmai subiscono essi stessi azioni). Inoltre, i creditori con pegno o ipoteca su beni di terzi (non del debitore) potrebbero proseguire su quei beni di terzi. Ma sui beni del debitore e sul suo patrimonio vale il principio del “pari passu concorsuale”: niente più pignoramenti isolati, solo la procedura concorsuale che paga i prededucibili e poi il resto come stabilito. Questo consente al debitore di respirare e non subire l’assillo quotidiano dei creditori finché la procedura è in piedi.
D: Se ho una casa di proprietà, la perderò sicuramente nella procedura?
R: Non necessariamente. Dipende da quale procedura scegli e da cosa prevede il piano:
- In una liquidazione controllata, la regola è che tutti i beni non indispensabili vengono liquidati. Se la casa è di proprietà del debitore ed è appetibile, verrà verosimilmente venduta per pagare i creditori, salvo accordi particolari (difficili in liquidazione, perché è il liquidatore a gestire). Se però la casa ha un valore modesto o è interamente gravata da ipoteca, può capitare che la vendita non convenga a nessuno (ad esempio, se il mutuo residuo è pari o superiore al valore, il liquidatore potrebbe chiudere la procedura senza vendere per assenza di utilità). In quel caso il debitore potrebbe anche conservarla, ma è situazionale. Diciamo che in liquidazione ci si aspetta che la casa venga venduta se c’è equity per i creditori.
- In un piano del consumatore o concordato minore, c’è più flessibilità: il debitore può proporre di mantenere la casa se ciò non danneggia i creditori. Ad esempio, come visto, può prevedere di continuare a pagare il mutuo regolarmente senza vendere la casa, se questo non riduce l’utilità per i creditori chirografari. Il giudice verifica tramite l’attestazione dell’OCC che non vi sia pregiudizio. Se la casa è la tua abitazione e il creditore ipotecario è d’accordo a proseguire col mutuo (o comunque viene pagato), il piano può lasciare la casa fuori dalla liquidazione. È un vantaggio delle procedure negoziali: puoi negoziare di salvare alcuni beni, offrendo magari qualcos’altro in cambio ai creditori (ad es. pagamenti dilazionati più lunghi).
- Considera anche che se la casa è indivisa con altri (es. coniuge comproprietario), la sua vendita può essere complicata; questo talvolta scoraggia la liquidazione integrale.
In sintesi: la casa non è automaticamente persa. Nel piano del consumatore soprattutto c’è la concreta possibilità di tenerla, mantenendo il mutuo in corso e dimostrando che i creditori non perdono nulla rispetto allo scenario liquidatorio. Molto dipende dai numeri: se il patrimonio immobiliare è l’unica risorsa significativa, allora per avere l’esdebitazione dovrai probabilmente sacrificarlo o comunque coinvolgerlo (es. vendendolo a un parente e pagando i creditori). Se invece il valore liquidabile della casa è basso in rapporto ai debiti, potresti convincere i creditori a lasciartela (specie se serve da residenza) in cambio di altro. Ricorda che il sistema cerca di trovare un equilibrio tra la tutela minima del debitore (non ridurlo in miseria assoluta) e quella dei creditori. Ad esempio, il codice civile esenta dalle esecuzioni alcuni beni come i letti, gli abiti, etc. La casa di abitazione però non gode di esenzione generale nelle esecuzioni ordinarie, ma nella composizione della crisi si può ottenere di salvarla se ciò è compatibile con i diritti dei creditori (ad esempio se c’è un mutuo in regola).
D: Quanto dura una procedura di sovraindebitamento?
R: La durata varia a seconda dello strumento:
- Un piano del consumatore può durare alcuni mesi per l’omologazione, più il periodo di esecuzione previsto dal piano (che può essere anche di diversi anni se sono rate). Diciamo che mediamente tra il deposito e l’omologa passano 4-6 mesi; poi l’esecuzione dipende dal piano (può essere immediata, es. con liquidazione di un bene e chiusura in pochi mesi, oppure spalmata su 5 anni di pagamenti rateali). Durante l’esecuzione l’OCC monitorerà; l’esdebitazione arriva solo dopo l’esecuzione completa. Quindi se il piano prevede 4 anni di pagamenti, l’esdebitazione avviene dopo quei 4 anni.
- Un concordato minore richiede tempi simili per l’ammissione e omologa (qualche mese, dovendo fare la votazione dei creditori). L’esecuzione poi può essere rapida o lunga a seconda del piano (se c’è continuità può durare anni di pagamenti, se c’è cessione di beni magari 1-2 anni per vendere tutto). L’esdebitazione anche qui è a fine esecuzione. Comunque il codice incoraggia una certa celerità: ad esempio, prevede che la liquidazione dei beni nel concordato minore avvenga entro 2 anni dall’omologa (prorogabili se motivato). Sono tempi spesso inferiori a un fallimento classico.
- Una liquidazione controllata può durare un po’ di più, specie se ci sono beni immobili da vendere (le vendite giudiziarie notoriamente richiedono tempo). Il Codice però fissa un obiettivo: la liquidazione controllata dovrebbe idealmente chiudersi entro 3 anni dall’apertura. Tant’è vero che, passati 3 anni, scatta la valutazione per l’esdebitazione di diritto, anche se qualche attività liquidatoria pendesse ancora. Quindi possiamo dire che la legge “punta” a 3 anni di durata per la liquidazione, sebbene non sia un termine perentorio. Ci sono casi che potrebbero richiedere più tempo (per esempio, contenziosi giudiziali da portare avanti dal liquidatore, vendite complesse), ma l’orientamento è di evitare procedure infinite.
- L’esdebitazione del debitore incapiente è la più breve: può concludersi in pochi mesi, giusto il tempo per l’OCC di fare la relazione e il giudice di valutare (non c’è riparto, non c’è esecuzione). Dopo il decreto, c’è la “coda” di 4 anni di monitoraggio delle sopravvenienze, ma il debitore è già libero dai debiti subito.
In generale, le procedure di sovraindebitamento sono pensate per essere più snelle rispetto ai fallimenti tradizionali, dato anche il minor importo in gioco. Molto dipende dalla collaborazione del debitore e dall’assenza di contenziosi: se tutti i creditori sono noti e le questioni sono semplici, si va spediti. Se invece sorgono contestazioni (es. un creditore insinua un credito contestato e bisogna fare causa, etc.), allora i tempi si allungano.
Conclusione: I crediti prededucibili rappresentano un elemento tecnico ma cruciale nelle procedure di sovraindebitamento. Essi garantiscono che le procedure possano svolgersi (remunerando chi le gestisce e finanziando le attività necessarie) e, al contempo, forniscono ai debitori l’opportunità di affrontare la crisi con l’ausilio di professionisti e misure di supporto senza rimanere schiacciati ulteriormente dai costi. Dal punto di vista del debitore, comprendere la prededuzione significa capire che parte delle risorse disponibili servirà prima di tutto a coprire i costi della procedura – un investimento necessario per poter poi godere del beneficio finale dell’esdebitazione. Il Codice della Crisi, aggiornato alle ultime riforme del 2022-2024, bilancia interessi dei creditori e del debitore, consentendo a quest’ultimo di ripartire da capo in maniera ordinata e, se meritevole, di ottenere un “fresh start“. In questo percorso, i crediti prededucibili sono gli ingranaggi che fanno muovere la macchina della procedura, assicurandosi di essere oliati per primi. La giurisprudenza recente della Corte di Cassazione ha ulteriormente affinato i confini e le condizioni di prededucibilità, fornendo linee guida su quando un credito può dirsi funzionale alla procedura (e dunque prededucibile) e ribadendo che senza procedura aperta non vi è prededuzione.
Per i debitori sovraindebitati, l’importante è affidarsi a professionisti esperti di crisi, pianificare con loro un progetto realistico e onesto, e non scoraggiarsi per l’apparente complessità: la legge offre strumenti efficaci e, come abbiamo visto, anche tutele in caso di insolvenza totale. Con la guida di OCC e legali – il cui compenso sarà tutelato in prededuzione – il debitore potrà presentarsi al cospetto dei creditori e del giudice con una proposta sostenibile, sapendo che i costi procedurali troveranno il loro giusto posto e che, all’esito, potrà aspirare a tornare cittadino economicamente attivo, libero dai debiti che non era in grado di pagare.
Fonti e Riferimenti Normativi
Il Caso.it – Massime e sentenze sovraindebitamento: vari estratti giurisprudenziali, tra cui Cass. 30538/2024 (meritevolezza da valutare sempre, anche accordi ex l.3/2012), Cass. 34150/2024 (privilegi fondiari e moratoria nei piani del consumatore), Trib. Mantova 2023 (spese di revocatoria tra procedure non prededucibili) e altre, evidenziando l’evoluzione giurisprudenziale coordinata con l’entrata in vigore del Codice.
Decreto Legislativo 12 gennaio 2019, n. 14 – Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, artt. 6 (Prededucibilità dei crediti), 222 (Disciplina dei crediti prededucibili), 268-277 (Liquidazione controllata), 282 (Esdebitazione di diritto), 283 (Esdebitazione del debitore incapiente).
Relazione illustrativa al “Terzo correttivo” del CCII (2024) – novità in tema di crediti prededucibili (chiarimenti su lettera a) art.6: estensione a chi svolge funzioni OCC; conferma operatività in caso di consecutio di procedure, condizionata a coincidenza del dissesto come da orientamento giurisprudenziale).
Legge 27 gennaio 2012, n. 3 (vecchia legge sul sovraindebitamento) – come modificata dalla L.176/2020, art. 14-quaterdecies (esdebitazione senza utilità), rilevante per comprendere la ratio confluita nell’art. 283 CCII.
Cassazione Civile, Sez. Unite, 31 dicembre 2021, n. 42093 – principio di diritto: il compenso del professionista che assiste il debitore per un concordato non è prededucibile nel successivo fallimento se la procedura minore non è stata aperta (mancata ammissione). Conferma che la prededuzione richiede l’instaurazione effettiva della procedura concorsuale minore.
Cassazione Civile, Sez. I, 30 ottobre 2023, n. 29999 – ha precisato che un credito sorto nel corso di una procedura concorsuale è prededucibile solo se è conseguenza di un’attività svolta dagli organi della procedura in quel contesto, non per il solo fatto cronologico. (Caso di concordato preventivo: spese non funzionali non prededucibili nel fallimento successivo).
Cassazione Civile, Sez. I, 28 dicembre 2021, n. 41772 – in tema di finanziamenti interinali concessi in funzione ed esecuzione di un concordato preventivo omologato: riconosce la prededucibilità di tali crediti nel fallimento successivo ex art. 182-quater l.fall., anche senza necessità di ulteriore verifica. Principio estensibile ai finanziamenti autorizzati ex CCII nelle procedure di sovraindebitamento.
Cassazione Civile, Sez. I, 7 giugno 2022, n. 18289 – ha ritenuto prededucibile, ex art. 111 l.fall., il credito del locatore per l’indennità di occupazione di un immobile detenuto dal curatore fallimentare oltre la risoluzione del contratto di affitto. Analogia per liquidazione controllata: se il liquidatore utilizza beni altrui a vantaggio della massa, l’indennizzo è prededucibile.
Tribunale di Modena, 2 gennaio 2024 – caso di consecutio: credito del professionista che ha assistito il fallito nel precedente concordato preventivo, imputazione del costo sul ricavato dell’immobile ipotecato venduto in fallimento (costo prededucibile a carico del ricavato prima di soddisfare l’ipotecario). Esprime applicazione di art. 223 CCII.
Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, 2023 – ha omologato un piano del consumatore rilevando che il piano prevedeva “il pagamento integrale dei crediti prededucibili (ivi compreso il compenso dell’OCC)”, a conferma dell’obbligo di soddisfarli per l’omologa.
Tribunale di Milano, decreto 2022 – ammessa l’esdebitazione del debitore incapiente (nullatenente indebitato) ai sensi del nuovo art. 283 CCII, evidenziando l’obiettivo di reinserimento sociale e l’assenza di attivo da liquidare.
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Nelle procedure di crisi e sovraindebitamento, non tutti i creditori sono sullo stesso piano. Alcuni hanno diritto a essere pagati prima degli altri, e questo può incidere notevolmente sull’esito della procedura.
Parliamo dei crediti prededucibili, ossia quei crediti che, per legge, devono essere soddisfatti con precedenza su tutti gli altri.
Capire come funzionano è fondamentale per strutturare correttamente un piano e tutelare il patrimonio residuo.
Cosa sono i crediti prededucibili?
I crediti prededucibili sono obbligazioni sorte in funzione della procedura stessa, che quindi vanno pagate prima dei debiti ordinari.
Ecco alcuni esempi:
- Compensi del gestore della crisi o OCC
- Onorari di avvocati e professionisti coinvolti nella procedura
- Spese legali e giudiziarie legate alla ristrutturazione o liquidazione
- Eventuali crediti sorti dopo l’apertura della procedura per esigenze funzionali
La prededuzione è prevista dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D. Lgs. 14/2019) ed è essenziale per garantire l’efficienza e la serietà dell’intero processo.
Come funziona la prededuzione nel sovraindebitamento?
Nel sovraindebitamento, i crediti prededucibili:
- Vengono indicati separatamente nel piano o nella proposta al giudice
- Devono essere saldati integralmente prima di procedere alla ripartizione tra i creditori
- Non possono essere ridotti o falcidiati come accade per gli altri debiti
- Possono incidere sulla fattibilità economica del piano, se non correttamente stimati
Se non si tiene conto della prededuzione, il piano può essere rigettato dal giudice o impugnato dai creditori.
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📑 Struttura un piano sostenibile che tenga conto delle priorità imposte dal Codice
⚖️ Ti assiste nella procedura di sovraindebitamento con l’OCC o in tribunale
✍️ Verifica la corretta collocazione dei crediti e protegge il tuo patrimonio
🔁 Ti difende da contestazioni o azioni dei creditori che non rispettano la graduazione
🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in diritto della crisi e sovraindebitamento
✔️ Iscritto come Gestore della crisi presso il Ministero della Giustizia
✔️ Consulente per imprenditori, professionisti e famiglie sovraindebitate
Conclusione
I crediti prededucibili non si possono ignorare: sono una priorità imposta dalla legge.
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