Le Segnalazioni Dell’Organo Di Controllo Nel Codice Della Crisi

Hai un ruolo nell’organo di controllo di una società e ti stai chiedendo quando e come devi fare le segnalazioni previste dal Codice della Crisi d’Impresa? Hai il dubbio che l’impresa stia entrando in difficoltà e vuoi capire quali sono i tuoi obblighi concreti e le conseguenze se non intervieni?

Il Codice della Crisi impone agli organi di controllo – sindaci, revisori, collegi – un ruolo attivo e tempestivo nel rilevare i segnali di squilibrio e nell’avviare le azioni necessarie per prevenire l’insolvenza dell’impresa. Ignorare questi obblighi può portare a gravi responsabilità civili e personali.

Quando scatta l’obbligo di segnalazione da parte dell’organo di controllo?
– Quando emergono squilibri patrimoniali o finanziari gravi e persistenti
– Quando l’impresa non è più in grado di pagare regolarmente i debiti
– Quando i bilanci mostrano perdite continue o erosione del capitale
– Quando vengono superate le soglie di allerta definite per legge (ad es. ritardi nei pagamenti tributari o previdenziali)

A chi deve essere fatta la segnalazione?
In prima battuta all’organo amministrativo, cioè agli amministratori, con una richiesta formale affinché valutino l’adozione di strumenti di composizione della crisi. Se gli amministratori non reagiscono entro 30 giorni, il Codice prevede che l’organo di controllo possa attivare ulteriori misure, tra cui la segnalazione all’OCRI (Organismo di composizione della crisi).

Cosa deve contenere la segnalazione?
– L’indicazione chiara delle anomalie riscontrate
– La documentazione a supporto (bilanci, flussi di cassa, debiti scaduti)
– L’invito formale ad adottare strumenti di ristrutturazione o prevenzione
– Eventuali proposte o suggerimenti operativi

Cosa succede se l’organo di controllo non segnala nulla?
Rischia la responsabilità per omesso controllo, anche patrimoniale
– Può essere chiamato a rispondere in solido per i danni ai creditori
– Può subire sanzioni per violazione dei doveri di vigilanza
– In caso di fallimento, il comportamento omissivo verrà valutato dal tribunale

E se l’impresa si salva grazie alla segnalazione?
L’intervento tempestivo dell’organo di controllo può:
– Evitare la perdita di continuità aziendale
– Salvare posti di lavoro, valore, rapporti con i creditori
– Escludere la responsabilità personale del controllore
– Dimostrare l’adempimento del proprio ruolo professionale

Cosa NON deve fare l’organo di controllo?
– Tacere davanti a segnali evidenti di crisi
– Aspettare che partano azioni giudiziarie o pignoramenti
– Limitarsi a comunicazioni informali
– Delegare agli amministratori senza controllare le reazioni

Il Codice della Crisi ti mette di fronte a un bivio: agire o restare fermo. E non agire può costare caro.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto societario e procedure di crisi – ti spiega quali sono gli obblighi di segnalazione dell’organo di controllo, come e quando vanno effettuati e come proteggerti da rischi professionali, patrimoniali e legali.

Se fai parte di un organo di controllo e sospetti una crisi aziendale, non aspettare. Richiedi in fondo alla guida una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Valuteremo insieme i segnali emersi, ti aiuteremo a formulare una segnalazione corretta e tempestiva, e ti guideremo per tutelare la tua responsabilità e spingere l’impresa verso un percorso di salvataggio.

Introduzione

Il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019, come modificato e integrato fino a giugno 2025) ha introdotto in Italia un sistema innovativo di allerta precoce della crisi aziendale. In questo sistema gli organi di controllo societari (come il collegio sindacale, il sindaco unico o il revisore legale dei conti) svolgono un ruolo chiave nel segnalare tempestivamente agli amministratori la presenza di segnali di crisi, affinché si adottino subito le misure più adeguate a salvaguardare la continuità aziendale. Parallelamente, alcuni creditori pubblici qualificati – in particolare l’Agenzia delle Entrate, l’INPS, l’Agente della Riscossione (Agenzia Entrate-Riscossione) e l’INAIL – sono obbligati per legge a segnalare alle imprese debitrici (e ai loro organi di controllo, se esistenti) il superamento di determinate soglie di indebitamento scaduto. Queste segnalazioni esterne fungono da allerta esterna e sono accompagnate dall’invito a intraprendere una procedura di composizione negoziata della crisi, lasciando però all’imprenditore la scelta se attivarla o meno.

L’obiettivo di questa guida è fornire un’analisi approfondita e aggiornata (giugno 2025) del quadro normativo relativo alle segnalazioni di allerta nel Codice della crisi, con particolare attenzione al ruolo degli organi di controllo e alle tutele per il debitore. Verranno esaminate tutte le tipologie di organi di controllo coinvolte e tutte le imprese soggette a queste norme, includendo anche le segnalazioni provenienti dall’Agente della riscossione e dall’INPS (nonché dall’INAIL). Si adotterà un linguaggio giuridico accurato ma con intento divulgativo, adatto a professionisti (avvocati, commercialisti), imprenditori e privati interessati. La trattazione alternerà spiegazioni teoriche, riferimenti normativi e giurisprudenziali aggiornati, oltre a tabelle riepilogative, sezioni di domande e risposte e simulazioni pratiche in contesto italiano, il tutto dal punto di vista del debitore (ossia focalizzando le implicazioni per l’imprenditore o la società in crisi).

Contesto normativo e finalità dell’allerta precoce
La riforma introdotta con il Codice della crisi d’impresa segna il passaggio da un sistema focalizzato sulla gestione successiva dell’insolvenza (fallimento, concordato preventivo, ecc.) a un sistema orientato alla prevenzione e gestione anticipata della crisi. Già dal marzo 2019 è stato modificato l’art. 2086 c.c. imponendo a tutti gli imprenditori che operano in forma societaria o collettiva di adottare assetti organizzativi adeguati per rilevare tempestivamente lo stato di crisi e agire per la continuità aziendale. In parallelo, il Codice della crisi aveva previsto apposite procedure di allerta (inizialmente basate su un organismo dedicato presso le Camere di Commercio, l’OCRI) e obblighi stringenti a carico di determinati soggetti (controllori interni e creditori pubblici) per far emergere anticipatamente le difficoltà finanziarie.

Tuttavia, a seguito della pandemia COVID-19 e in attuazione della direttiva UE 2019/1023 (Insolvency), l’impianto originario è stato rivisto. Con il D.L. 118/2021 (conv. L. 147/2021) è stata introdotta la composizione negoziata della crisi, procedura volontaria e confidenziale con l’ausilio di un esperto indipendente, concepita come strumento principale di risanamento precoce. Successivamente, il decreto di attuazione della direttiva (D.Lgs. 83/2022, in vigore dal 15 luglio 2022) ha abrogato le procedure di allerta e di composizione assistita originarie (il Titolo II del Codice della crisi sull’allerta e l’OCRI) sostituendole con il nuovo istituto della composizione negoziata e con un sistema di “segnalazioni per l’anticipata emersione della crisi”. In sintesi, oggi l’ordinamento non prevede più un obbligo di attivazione d’ufficio di procedure d’allerta esterne, ma punta su:

  • Allerta interna: dovere degli organi di controllo societari (e del revisore legale) di avvisare per iscritto gli amministratori quando emergono chiari segnali di crisi, affinché si attivino prontamente.
  • Allerta esterna informativa: obbligo per alcuni creditori pubblici di avvisare il debitore (e l’organo di controllo) del superamento di specifici indici di indebitamento verso Erario/enti previdenziali, invitando l’imprenditore a valutare la composizione negoziata, senza però imposizione coattiva.

Queste misure mirano ad aumentare le probabilità di risanamento intervenendo prima che l’insolvenza divenga conclamata e irreversibile. Dal punto di vista del debitore, il sistema delle segnalazioni costituisce un “campanello d’allarme” che, se colto per tempo, consente di attivare strumenti di soluzione della crisi in modo tempestivo e volontario, beneficiando di eventuali protezioni (come misure protettive temporanee contro le azioni esecutive, previste nella composizione negoziata) e di un miglior coinvolgimento dei creditori nelle trattative. D’altro canto, la disciplina prevede anche conseguenze negative in caso di inerzia: la mancata attivazione di adeguate misure di risanamento dopo una segnalazione può aggravare la posizione di responsabilità degli amministratori e, in caso di successiva insolvenza, aprire la strada a azioni di responsabilità o ad iniziative d’ufficio (come la richiesta di liquidazione giudiziale promossa dal pubblico ministero o dagli organi di controllo stessi).

Nei paragrafi seguenti esamineremo in dettaglio: chi sono gli organi di controllo obbligati alla segnalazione e quali imprese devono dotarsene; quando e come scattano le segnalazioni interne ed esterne (con i relativi parametri quantitativi); quali obblighi gravano sugli amministratori una volta ricevuto l’avviso; le possibili soluzioni negoziali a disposizione del debitore; e infine le responsabilità legali in caso di omessa o tardiva attivazione. Il tutto con riferimenti a norme (aggiornate al 2025) e alle più recenti interpretazioni giurisprudenziali di rilievo.

Tipologie di organi di controllo e imprese obbligate

Prima di analizzare gli obblighi di segnalazione, è importante identificare quali sono gli organi di controllo societari e in quali imprese la loro nomina è obbligatoria. In generale, per organo di controllo si intende il soggetto (singolo o collegiale) preposto alla vigilanza sull’amministrazione e al controllo contabile di una società. A seconda del tipo societario e delle dimensioni, ciò può includere:

  • Collegio sindacale (nelle società di capitali tradizionali, es. S.p.A., o S.r.l. che ne abbiano uno).
  • Sindaco unico (nelle società di capitali minori dove è consentito avere un solo sindaco in luogo del collegio).
  • Revisore legale dei conti o società di revisione (per il controllo contabile, obbligatorio ad esempio nelle S.p.A. e in alcune S.r.l., spesso coincide con il collegio sindacale se i sindaci sono iscritti al registro revisori, oppure è figura separata).

Nelle società per azioni (S.p.A.), la nomina dell’organo di controllo (collegio sindacale o, in sistemi alternativi, consiglio di sorveglianza nel sistema dualistico, o comitato per il controllo nella governance monistica) è sempre obbligatoria per legge. Anche la revisione legale dei conti è obbligatoria (affidata ai sindaci se iscritti al registro revisori oppure a un revisore esterno). Nelle società a responsabilità limitata (S.r.l.), invece, l’organo di controllo diventa obbligatorio solo al superamento di determinati parametri economici per due esercizi consecutivi, oppure in presenza di particolari condizioni. In base all’art. 2477 c.c., come modificato dal Codice della crisi, una S.r.l. deve nominare un sindaco unico (o collegio sindacale) se viene superato almeno uno dei seguenti limiti per due anni di fila:

  • Totale dell’attivo dello stato patrimoniale: oltre 4 milioni di euro;
  • Ricavi delle vendite e prestazioni: oltre 4 milioni di euro;
  • Dipendenti occupati in media durante l’esercizio: più di 20 unità.

L’obbligo cessa se, per tre esercizi consecutivi, nessuno di questi limiti viene superato. Inoltre, la nomina è obbligatoria anche se la società è tenuta alla redazione del bilancio consolidato o se controlla una società obbligata a revisione legale dei conti (indipendentemente dai limiti di cui sopra). In tabella 1 riassumiamo la situazione per le varie forme d’impresa:

Tabella 1 – Organi di controllo: obbligatorietà per tipologia di impresa

Forma giuridicaOrgano di controllo richiestoNote sull’obbligo
Società per azioni (S.p.A.)Collegio sindacale (sempre obbligatorio); Revisore legale (interno o esterno) obbligatorio.– Il collegio sindacale vigila su gestione e controlla i conti (se composto da revisori). Revisione legale può essere affidata al collegio o a revisore esterno.
Società a responsabilità limitata (S.r.l.)Sindaco unico o collegio sindacale obbligatorio se supera limiti (attivo > €4 mln, ricavi > €4 mln, dipendenti > 20) per 2 anni; Revisore legale se sindaci non abilitati.– Sotto tali limiti, organo di controllo non obbligatorio (ma società può nominarlo volontariamente). Sopra limiti, obbligo di nomina entro 30 giorni dall’approvazione del bilancio che segna il secondo superamento (art. 2477 c.c.).
Società di persone (S.n.c., S.a.s.)Non obbligatorio per legge (salvo diversa pattuizione sociale).– Di norma le società di persone non hanno collegio sindacale né revisore obbligatorio. La vigilanza è interna ai soci amministratori. Possono però nominare un revisore volontariamente.
Società cooperativeSimile alle S.p.A./S.r.l.: organo di controllo obbligatorio se superano i limiti art. 2477 c.c. oppure se >20 membri (D.Lgs. 220/2002).– Per cooperative s.r.l. valgono criteri analoghi alle S.r.l.; per cooperative S.p.A. si applicano le regole S.p.A. (collegio sindacale sempre obbligatorio).
Imprese individuali (ditte individuali, imprenditori agricoli)Non previsto alcun organo di controllo.– L’imprenditore individuale esercita da solo e non ha organi di controllo interni. Deve però gestire l’impresa con diligenza e tenere assetti adeguati (art. 2086 c.c. se con dipendenti).
Enti non societari con attività d’impresa (es. associazioni con attività commerciale)Dipende dallo statuto e normativa settoriale. In generale non obbligatorio, salvo casi particolari.– Se l’ente ha assunto una forma societaria o dimensioni rilevanti, potrebbero applicarsi obblighi simili a quelli societari.

Come si nota, non tutte le imprese hanno un organo di controllo formalmente nominato. In particolare le imprese minori (micro-imprese, ditte individuali, molte società di persone) operano senza un collegio sindacale o revisore. Ciò non significa però che siano esentate dal monitoraggio della crisi: in tali realtà il dovere di allerta grava interamente sugli amministratori o sui soci gestori, che devono auto-monitorare la situazione finanziaria e agire ai sensi dell’art. 2086 c.c. La mancanza di un organo di controllo formale quindi non esonera dall’obbligo di predisporre adeguati assetti per rilevare squilibri economico-patrimoniali. Semmai, in assenza di un controllore interno, verranno meno le “segnalazioni interne” codificate (di cui si dirà a breve), mentre restano possibili le segnalazioni esterne dei creditori pubblici qualora si verifichino le condizioni previste.

Prima di esaminare le segnalazioni, è utile chiarire chi rientra negli “organi di controllo” ai fini del Codice della crisi. La normativa attuale (post riforma 2022) equipara espressamente:

  • i membri dell’organo di controllo societario (sindaci);
  • il soggetto incaricato della revisione legale dei conti (il revisore o società di revisione, se distinto dai sindaci).

Ciò significa che anche il revisore esterno, laddove presente, assume gli stessi doveri di segnalazione dell’organo di controllo interno. Questa estensione è stata confermata dal decreto “correttivo” al Codice (D.Lgs. 147/2020) e poi dal D.Lgs. 83/2022, inserendo il revisore tra i destinatari degli obblighi di allerta (art. 25-octies CCII modificato). In pratica, dal 2022 in poi, se una società ha nominato solo un revisore legale (senza collegio sindacale), anche questo revisore dovrà vigilare sulla crisi e attivare le segnalazioni agli amministratori nelle forme previste. Viceversa, se esiste un collegio sindacale, sarà in primis quest’ultimo a farsi carico degli obblighi (il revisore esterno verrà comunque informato degli sviluppi, e potrebbe segnalare anch’egli, ma tendenzialmente la segnalazione verrà fatta dal Presidente del collegio sindacale in rappresentanza dell’organo di controllo collegiale).

Doveri di allerta interna dell’organo di controllo

Vediamo ora quando e come l’organo di controllo deve attivare la segnalazione interna della crisi agli amministratori. Questo obbligo è disciplinato dall’art. 25-octies del Codice della crisi (D.Lgs. 14/2019) introdotto dal D.L. 118/2021 e confermato dal D.Lgs. 83/2022. Tale norma prevede essenzialmente che:

  • Presupposto: l’organo di controllo (o il revisore) che rilevi l’esistenza di fondati indizi di crisi o, peggio, di stato di insolvenza imminente/attuale, deve segnalare per iscritto tali circostanze all’organo amministrativo della società. La legge fa riferimento esplicito ai “presupposti di cui all’art. 2, comma 1, lett. a) e b) CCII”, ossia:
    • Stato di crisi (art. 2, co.1, lett. a): definito come lo stato del debitore che rende probabile l’insolvenza e che per le imprese si manifesta come la inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni nei successivi 12 mesi. In parole semplici, l’organo di controllo deve valutare se la società rischia di non poter pagare debiti e spese entro un anno, in base alle proiezioni di liquidità e andamento economico-finanziario. È una valutazione di sostenibilità prospettica: per esempio, forti perdite che erodono il patrimonio, un cash flow insufficiente rispetto a mutui e debiti in scadenza, un indice di Debt Service Coverage Ratio molto basso, ecc., possono indicare uno stato di crisi.
    • Inadempimenti rilevanti indicatori di insolvenza (art. 2, co.1, lett. b): la norma si riferisce a inadempimenti o ritardi significativi nei pagamenti, tali da rivelare uno stato di insolvenza già in atto o imminente. In particolare, la formulazione aggiornata lega questi inadempimenti ai presupposti per la presentazione dell’istanza di accesso alla composizione negoziata. Ciò include, ad esempio, il mancato pagamento di debiti fiscali o contributivi di importo considerevole, o stipendi arretrati, oltre i limiti che la legge considera sintomatici di insolvenza (come vedremo, gli stessi che attivano le segnalazioni esterne di INPS/Agenzia Entrate). Di fatto, se l’impresa ha già accumulato arretrati oltre certe soglie (ad esempio non paga da mesi l’IVA o i contributi ed è scattata la segnalazione dei creditori pubblici), l’organo di controllo deve considerarli elementi che fanno presumere uno stato di insolvenza sostanziale e quindi attivarsi immediatamente.

In pratica, la legge impone ai sindaci/revisori di tenere monitorata costantemente la gestione dell’impresa e i suoi equilibri finanziari, in modo da cogliere tempestivamente sia i segnali prospettici di crisi (squilibri di liquidità futuri) sia gli indicatori attuali di insolvenza (default su obbligazioni correnti). Questo rappresenta un’evoluzione importante rispetto al passato: il ruolo dei controllori non è più limitato al controllo formale dei conti “ex post”, ma diventa una funzione di vigilanza attiva e continua sull’andamento dell’impresa, con doveri di intervento proattivo. La ratio è chiara: evitare che gli amministratori possano ignorare o sottovalutare i segnali di difficoltà, trascinando la società verso un dissesto più grave. I sindaci agiscono come una sorta di “sentinella” che attiva l’allarme interno appena i parametri vitali dell’impresa destano preoccupazione.

Forma e contenuto della segnalazione interna: La comunicazione deve essere fatta per iscritto e con mezzi idonei a provare la data di ricezione da parte degli amministratori (tipicamente tramite PEC o lettera raccomandata con avviso di ricevimento). Nella segnalazione, l’organo di controllo deve indicare in modo chiaro quali sono le circostanze rilevate che fanno temere lo stato di crisi o insolvenza, richiamando appunto i parametri di legge (ad esempio: “ai sensi dell’art. 25-octies segnaliamo che i flussi di cassa prospettici appaiono inadeguati a coprire le obbligazioni dei prossimi 12 mesi, con un deficit stimato di €X, oppure che risultano inadempimenti su debiti tributari/previdenziali per €Y da oltre Z giorni, indicatori di insolvenza”). Contestualmente, l’organo di controllo deve fissare un termine entro cui gli amministratori sono tenuti a riferire sulle iniziative intraprese per far fronte alla situazione. La norma specifica che tale termine deve essere “congruo ma ravvicinato” e comunque non superiore a 30 giorni. Ciò significa che, una volta ricevuta la segnalazione, il consiglio di amministrazione (o l’amministratore unico) ha al massimo un mese di tempo per reagire e informare i sindaci sulle misure che intende adottare o ha già adottato per gestire la crisi incipiente.

Termine per l’effettuazione della segnalazione (obbligo di tempestività): La legge qualifica espressamente come “tempestiva” la segnalazione effettuata entro 60 giorni da quando l’organo di controllo ha avuto conoscenza (o avrebbe dovuto averne, usando la diligenza professionale) delle condizioni di crisi o insolvenza in questione. Questo termine di 60 giorni rappresenta un limite massimo molto importante: se i sindaci tardano oltre due mesi dal momento in cui i segnali erano evidenti, la segnalazione verrà considerata tardiva e l’organo di controllo non potrà beneficiare delle esimenti di responsabilità previste per chi agisce prontamente. In altre parole, i sindaci non hanno il lusso di temporeggiare: appena si concretizza un indizio serio di crisi, devono attivarsi il prima possibile. La tempestività è valutata in modo rigido, non lasciato alla discrezionalità del giudice: >“tempestiva” è solo la segnalazione inviata entro sessanta giorni dalla conoscenza delle condizioni di crisi. Questo obbligo di prontezza spinge gli organi di controllo a un monitoraggio continuo, evitando che attendano la fine dell’anno o la redazione del bilancio per affrontare problemi che nel frattempo possono aggravarsi.

Relazione con la vigilanza continua: È importante sottolineare che l’invio della segnalazione non esonera in alcun modo l’organo di controllo dai suoi doveri di vigilanza successivi. Dopo aver lanciato l’allarme agli amministratori, i sindaci devono continuare a vigilare sull’evoluzione della situazione e monitorare le iniziative intraprese dagli amministratori nei 30 giorni assegnati. Se la società decide di attivare una procedura di composizione negoziata della crisi (come auspicato), l’organo di controllo dovrà seguire da vicino l’andamento delle trattative con i creditori e l’attuazione del piano di risanamento, intervenendo se necessario. La norma (art. 25-octies co.2 CCII) prevede infatti che l’adempimento diligente della segnalazione e la successiva vigilanza sull’andamento delle trattative costituiscono elementi valutabili per attenuare o escludere la responsabilità dei sindaci ex art. 2407 c.c.. Dunque, non basta inviare una lettera e disinteressarsi: i sindaci devono essere parte attiva del processo di risanamento, facendo pressing sugli amministratori perché mettano in atto soluzioni efficaci e riferendo sugli esiti.

Effetti “premiali” e conseguenze della (in)azione dell’organo di controllo: L’art. 25-octies mette in luce una logica di “carota e bastone” verso gli organi di controllo: da un lato premia (con possibile esonero o attenuazione di responsabilità) chi segnala tempestivamente e adempie con scrupolo ai propri doveri; dall’altro lato sanziona (sul piano civilistico delle responsabilità) chi omette o ritarda la segnalazione. In particolare:

  • Se i sindaci segnalano tempestivamente e svolgono con diligenza la loro attività di controllo, questa condotta potrà essere valutata come esimente o attenuante in sede di eventuale giudizio di responsabilità per le conseguenze del dissesto. In base all’art. 2407 c.c., i sindaci rispondono in solido con gli amministratori per i danni causati dalla gestione quando la loro vigilanza omessa avrebbe potuto impedire il danno. Una segnalazione tempestiva che permette di far emergere la crisi al suo primo manifestarsi è un chiaro indizio di vigilanza diligente. Può dunque salvare i sindaci dall’essere ritenuti corresponsabili del peggioramento del dissesto, qualora l’imprenditore scelga comunque di non attivarsi. Inoltre, l’art. 25-octies co.2 esplicitamente collega la segnalazione tempestiva alla possibilità di escludere o attenuare la responsabilità per danni dei sindaci.
  • Viceversa, se l’organo di controllo non effettua alcuna segnalazione pur in presenza di evidenti segnali di crisi, oppure la effettua ma in ritardo (oltre i 60 giorni) o in modo incompleto, questa omissione costituirà con ogni probabilità una grave violazione dei doveri di ufficio, fonte di responsabilità civile piena. Il legislatore ha chiarito che la mancata o difettosa segnalazione è “sicuramente fonte di piena responsabilità” per i sindaci. In eventuale procedura fallimentare (ora liquidazione giudiziale) i sindaci inerti potranno essere chiamati a rispondere dei danni derivati dall’aggravamento della crisi (perdita ulteriore di patrimonio sociale e percentuale inferiore di recupero per i creditori). Oltre al profilo risarcitorio, va ricordato che l’omessa vigilanza può esporre i sindaci anche a sanzioni pecuniarie amministrative (ad esempio, nel caso di società quotate, la Consob può sanzionare i sindaci per omissioni informative, come confermato da Cass. 25336/2023, sebbene in quel caso si trattasse di segnalazioni alla Consob sulle irregolarità gestionali e non di crisi d’impresa in senso stretto).

Il sistema quindi crea un forte incentivo affinché gli organi di controllo segnalino subito la crisi: in caso di successivo dissesto, la prima cosa che il curatore fallimentare o i creditori andranno a verificare è se e quando i sindaci hanno attivato l’allerta. In sede di azione di responsabilità, il giudizio sul loro operato terrà conto proprio della tempestività o meno dell’intervento. Di fatto, dopo la riforma, risulterà molto più difficile per un sindaco difendersi invocando di essere esonerato perché “il danno non si sarebbe prodotto se avesse vigilato”: ora la legge pretende dai sindaci una vigilanza ampia e penetrante, e una segnalazione tardiva è quasi un’“autodenuncia” di vigilanza insufficiente. Come osservato da autorevole dottrina, se i sindaci fanno emergere la crisi solo quando ormai l’insolvenza è conclamata, ciò implica che non hanno colto per tempo i segnali e questo li espone a responsabilità.

Ruolo residuale: iniziative ulteriori in caso di inerzia degli amministratori – Cosa accade dopo che i sindaci hanno segnalato e decorso il termine dato ai responsabili dell’impresa? Se gli amministratori non adottano misure adeguate o ignorano la segnalazione, l’organo di controllo, pur non avendo più l’OCRI a cui rivolgersi (come invece previsto nel sistema originario di allerta), non deve fermarsi. In particolare:

  • Se la situazione di crisi persiste o peggiora, i sindaci potranno sollecitare nuovamente gli amministratori, oppure esortare formalmente l’azienda ad adire gli strumenti di regolazione della crisi (composizione negoziata, accordi di ristrutturazione, concordato preventivo, ecc.). Non c’è una seconda scadenza legale per un ulteriore avviso, ma il dovere generale di vigilanza impone di non limitarsi a un solo sollecito se la crisi non viene affrontata.
  • Se nel frattempo l’impresa precipita in stato di insolvenza conclamata, ossia diventa incapace di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni (ad esempio cessano i pagamenti ai fornitori e ai dipendenti, il patrimonio è eroso al punto da non coprire più i debiti, etc.), l’organo di controllo ha il potere – e in un certo senso il dovere morale – di attivarsi presso l’autorità giudiziaria. L’art. 37 CCII infatti legittima anche i sindaci a proporre l’istanza di apertura della liquidazione giudiziale (l’equivalente della vecchia istanza di fallimento). Ciò rappresenta una novità assoluta rispetto al passato: mentre prima solo l’imprenditore stesso o i creditori (oltre al PM) potevano chiedere il fallimento, ora i membri dell’organo di controllo sono annoverati tra i soggetti legittimati a presentare ricorso per la liquidazione giudiziale della società in cui operano. Questa è chiaramente l’extrema ratio: se l’organo di controllo arriva a denunciare in tribunale l’insolvenza della “propria” azienda, significa che ogni tentativo interno di risanamento è fallito e che la prosecuzione dell’attività aggraverebbe il dissesto. Tuttavia, non bisogna escludere che possa accadere – anzi, la legge lo prevede espressamente, proprio per evitare colpevoli inerzie finalizzate a ritardare la dichiarazione di insolvenza. Qualora i sindaci presentino istanza ex art. 37 CCII, essi sostanzialmente anticipano l’azione che gli amministratori avrebbero dovuto fare (richiesta di liquidazione o concordato), e in tal modo tutelano il ceto creditorio da ulteriori pregiudizi. Naturalmente una mossa così drastica potrebbe esporre i sindaci a conflitti con gli amministratori e i soci, ma la legge li protegge in quanto adempiono a un preciso dovere di legge quando l’insolvenza è manifesta. Si noti che, come osservato in dottrina, se i sindaci arrivano a segnalare uno stato di insolvenza (non più solo di crisi) nella loro comunicazione, ciò è sì un adempimento dell’obbligo di segnalazione, ma rappresenta anche la “confessione implicita” di non aver rilevato prima la crisi incipiente. Dunque, è probabile che in tal caso essi non possano esimersi da responsabilità per tardivo intervento, a meno di dimostrare che l’insolvenza si è manifestata repentinamente e senza segnali premonitori (evenienza rara).

In conclusione su questo punto, la “segnalazione interna” dell’organo di controllo costituisce il perno centrale del nuovo sistema di allerta interna: è concepita come un “cancello” che apre la fase di emersione anticipata della crisi, tirando le fila del comportamento diligente degli organi sociali. Un’azienda i cui sindaci abbiano svolto una vigilanza costante ed efficace vedrà la crisi emergere nelle primissime fasi, quando ancora ci sono margini per interventi correttivi; un’azienda dove il controllo è stato carente, invece, arriverà alla segnalazione troppo tardi, a crisi già aggravata, e ciò comporterà conseguenze serie per i controllori inadempienti. Dal punto di vista del debitore, ricevere una segnalazione dall’organo di controllo può essere spiacevole (suona come una “red flag” sulla gestione), ma va colto come un ultimo avviso per correre ai ripari in autonomia, prima che la situazione sfugga di mano e intervengano forzosamente terzi (tribunale, creditori, ecc.). Nel prossimo paragrafo vedremo quali sono, invece, le segnalazioni provenienti dall’esterno – segnali ulteriori che il legislatore ha messo in campo attraverso i creditori pubblici.

Segnalazioni dei creditori pubblici qualificati (INPS, Agenzia Entrate, Agente della Riscossione, INAIL)

Oltre all’allerta interna, il Codice della crisi prevede un meccanismo di allerta esterna affidato ai cosiddetti “creditori pubblici qualificati”. Si tratta di enti che, per la loro natura e posizione privilegiata, hanno il polso di alcuni debiti critici dell’impresa (tributari, contributivi) e sono quindi in grado di intercettare precocemente situazioni di sofferenza. La norma di riferimento è l’art. 25-novies CCII (introdotto dal D.Lgs. 83/2022), che impone a tali creditori pubblici l’obbligo di segnalare all’imprenditore (e al suo organo di controllo, se esiste) l’esistenza di debiti scaduti nei confronti di quegli enti oltre certe soglie. L’obiettivo, coerente con la logica di prevenzione, è informare il debitore che la sua esposizione verso il Fisco o gli enti previdenziali ha raggiunto un livello critico, tale da poter preludere a una crisi più ampia.

I soggetti obbligati a tali segnalazioni (dopo l’estensione del 2023) sono quattro:

  • INPS – per i debiti contributivi previdenziali;
  • Agenzia delle Entrate – per i debiti tributari IVA risultanti dalle comunicazioni periodiche;
  • Agenzia delle Entrate–Riscossione (o altri Agenti della riscossione competenti) – per i carichi affidati per la riscossione coattiva (es. cartelle esattoriali non pagate);
  • INAIL – per i debiti relativi a premi assicurativi obbligatori contro gli infortuni sul lavoro. (L’INAIL è stato formalmente aggiunto nel novero dei creditori allertanti dall’art. 25-novies, a seguito del D.Lgs. 83/2022, e l’obbligo è operativo dal 15 luglio 2022, come chiarito nella Circ. INAIL n. 28/2023.)

Condizioni e soglie – La segnalazione scatta solo al superamento di specifiche soglie quantitative e temporali di inadempimento, differenziate a seconda dell’ente. Queste soglie, inizialmente fissate dalla L. 147/2021 e poi confermate nel Codice, sono più basse rispetto a quelle che erano state ipotizzate nel sistema di allerta originario, proprio perché la loro funzione attuale è informativa e precoce (come evidenziato da Assonime). Le soglie attualmente vigenti (aggiornate al 2025) sono riportate in Tabella 2:

Tabella 2 – Soglie di debito che obbligano i creditori pubblici a segnalare il debitore

Ente creditore pubblicoCondizione di inadempimentoSoglia quantitativaTempistica segnalazione
INPS (contributi previdenziali)Ritardo > 90 giorni nel versamento di contributi previdenziali dovuti.– Imprese con lavoratori subordinati o parasubordinati: debito > 30% dei contributi dovuti nell’anno precedente e comunque > €15.000.– Imprese senza dipendenti (solo titolare/soci): debito contributivo > €5.000.Entro 60 giorni dal verificarsi delle condizioni (cioè dal 90° giorno di ritardo oltre la soglia). La comunicazione è tramite PEC all’indirizzo dell’impresa (e al presidente dell’organo di controllo, se presente).
Agenzia delle Entrate (debiti IVA)Presenza di un debito IVA scaduto e non versato risultante dalle liquidazioni periodiche IVA comunicate (LIPE).Debito IVA > €5.000 risultante dalla comunicazione trimestrale (e non versato entro il termine previsto per l’acconto IVA trimestrale).Entro 60 giorni dal termine di presentazione della comunicazione periodica IVA in cui emerge l’inadempimento. La segnalazione avviene via PEC all’impresa e al presidente dell’organo di controllo.
Agente della Riscossione (Agenzia Entrate-Riscossione)Crediti affidati all’Agente della riscossione e rimasti scaduti da oltre 90 giorni (cartelle non pagate).Imprese individuali: totale carichi > €100.000.– Società di persone: > €200.000.– Altre società (capitali, cooperative, etc.): > €500.000.Nota: si considerano tutti i debiti iscritti a ruolo scaduti da >90gg e non sospesi.Entro 60 giorni dal 90° giorno di ritardo oltre soglia. Comunicazione via PEC all’impresa e organo di controllo (Presidente).
INAIL (premi assicurativi obbligatori)Debiti per premi assicurativi accertati a partire dal 15/7/2022 e scaduti da oltre 90 giorni.Importo del debito > €5.000. (Soglia unica per tutti i datori di lavoro soggetti a INAIL).Entro 60 giorni dal 90° giorno di ritardo nel pagamento del premio assicurativo oltre soglia. Comunicazione via PEC al debitore e organo di controllo.

Le soglie sopra indicate sono state calibrate per intercettare situazioni anomale: ad esempio, per l’INPS un’azienda che in un anno versa meno del 70% dei contributi dovuti e accumula oltre €15.000 di arretrato è evidentemente in difficoltà; per l’IVA, un debito oltre €5.000 non saldato nel trimestre è indice che la liquidità d’impresa è stressata; i limiti per le cartelle esattoriali distinguono le imprese piccole dalle grandi, considerando che un’impresa individuale con oltre 100mila euro di ruoli non pagati è in guai seri, mentre una S.p.A. supera la soglia solo oltre mezzo milione di debiti erariali scaduti. Importante: queste soglie sono inferiori a quelle che erano state previste inizialmente per l’allerta obbligatoria (mai entrata in vigore) proprio perché la finalità attuale è esclusivamente di avviso e non di attivazione forzata di procedure. In passato si parlava di soglie più alte che avrebbero “costretto” l’imprenditore ad attivarsi; ora invece il legislatore ha preferito far scattare l’allerta esterna già su importi modesti, ma senza automatismi procedurali sanzionatori.

Forma della comunicazione e destinatari: La segnalazione del creditore pubblico deve contenere l’invito all’imprenditore a presentare istanza di composizione negoziata della crisi, “ove ne ricorrano i presupposti”. Ciò significa che nella lettera (inviata via PEC all’indirizzo PEC dell’azienda presente nel Registro imprese, oppure, in mancanza, con raccomandata A/R) l’ente creditore informerà il debitore del superamento della soglia e contesterà formalmente il ritardo di pagamento, invitandolo espressamente a rivolgersi alla piattaforma di composizione negoziata per tentare un risanamento. Se l’impresa ha un organo di controllo collegiale, la comunicazione è indirizzata anche al Presidente dello stesso (per prassi, se c’è un sindaco unico o un revisore unico, l’indirizzo PEC di questi va notoriamente registrato, ma comunque basta che arrivi alla PEC societaria per conoscenza).

Da notare che i destinatari sono esclusivamente imprese iscritte al Registro delle Imprese. Ciò esclude, ad esempio, i professionisti o consumatori sovraindebitati – per loro esistono procedure diverse (accordi di ristrutturazione dei debiti e piani del consumatore) e non opera l’allerta in esame. Dunque la platea è quella degli imprenditori commerciali, agricoli, artigiani, società di ogni tipo, cooperative, ecc., purché iscritti al Registro Imprese. Le comunicazioni inoltre non vengono rese pubbliche né comunicate ad autorità giudiziarie: esse restano riservate tra ente creditore, debitore (e suoi controllori). L’effetto di queste segnalazioni non è di creare un obbligo legale di avviare una procedura, ma piuttosto di accendere un faro sulla situazione debitoria dell’impresa. Come puntualizzato in una circolare Assonime del 2022: “La segnalazione non comporta alcun obbligo di attivazione della composizione negoziata, ma solo un dovere in capo agli organi sociali di verificare se i ritardi segnalati costituiscano sintomi di crisi o minaccia alla continuità, al fine di adottare i rimedi più idonei”. Quindi, in risposta a una segnalazione di INPS o Agenzia Entrate, l’imprenditore è libero di decidere se attivare la composizione negoziata; ciò che la legge si aspetta è che almeno valuti seriamente la propria situazione e compia gli atti dovuti di auto-risanamento. Del resto, se l’azienda era dotata di organo di controllo, è probabile che costui – ricevuta la stessa segnalazione – attivi a sua volta la procedura di allerta interna verso gli amministratori (se per qualche ragione non lo avesse già fatto). In effetti, come notato, uno degli scopi di mandare copia all’organo di controllo è proprio di “metterlo sull’attenti”, cosicché possa valutare l’opportunità di fare la propria segnalazione interna agli amministratori e poi vigilare sulle misure adottate. Si crea così un collegamento tra allerta esterna e interna: la segnalazione del Fisco/INPS può attivare (o rafforzare) l’intervento dei sindaci sulla governance aziendale.

Esempio: se l’INPS manda PEC a Alfa S.r.l. segnalando €20.000 di contributi non versati (oltre il 30% di quelli annui), il Presidente del collegio sindacale di Alfa – in copia per conoscenza – dovrà immediatamente analizzare la situazione: potrebbe emergere che Alfa S.r.l. ha problemi di liquidità tali da non poter pagare stipendi e contributi, quindi rientri sicuramente nella definizione di “crisi” (flussi non sufficienti per obblighi futuri). A questo punto i sindaci di Alfa, entro 60 giorni, devono inviare agli amministratori una segnalazione formale ex art. 25-octies (se già non l’hanno fatto contestualmente). D’altro canto, gli amministratori di Alfa che ricevono la lettera INPS non possono ignorarla: dovranno discutere con i sindaci ed eventualmente correre ai ripari (magari chiedendo proprio la composizione negoziata, o procurandosi risorse per pagare gli arretrati se possibile).

Finalità e filosofia delle segnalazioni esterne: Come anticipato, queste comunicazioni hanno carattere sollecitatorio e informativo, non coercitivo. La riforma infatti ha voluto evitare di imporre automatismi che potessero addirittura aggravare la crisi (si temeva, col vecchio sistema, che una segnalazione all’OCRI portasse stigma e magari il ritiro degli affidamenti bancari). Nella forma attuale, la lettera di INPS/Agenzia Entrate dovrebbe restare un fatto confidenziale tra impresa e ente; l’azienda non è obbligata per legge a farne menzione pubblica. Tuttavia, va considerato che nel momento in cui l’impresa chiede l’accesso alla composizione negoziata, dovrà dichiarare l’esistenza di debiti verso Erario/INPS e il sistema informatico ministeriale comunque rileva i dati (grazie all’interoperabilità delle banche dati, prevista dal DL 152/2021 – PNRR – la piattaforma di composizione è collegata con Agenzia Entrate, INPS e Agente riscossione, consentendo all’esperto nominato di accedere alle posizioni debitorie in modo rapido). Inoltre, il legislatore ha affiancato alle segnalazioni anche strumenti per aiutare concretamente il debitore: ad esempio un software gratuito sulla piattaforma che, per debiti totali sotto €30.000, elabora piani di rateizzazione sostenibili da proporre ai creditori. Questo evidenzia che lo scopo è favorire la soluzione concordata della crisi quando è ancora possibile.

INAIL – novità 2023: Vale la pena menzionare che l’INAIL inizialmente non era inserito nell’elenco dei creditori pubblici con obbligo di segnalazione, ma la prassi ha portato ad includerlo perché i premi assicurativi sono un ulteriore indicatore di difficoltà. Con la circolare INAIL n.28 del 16/06/2023 è stato reso operativo l’obbligo di segnalazione per i debiti assicurativi > €5.000 scaduti oltre 90 giorni, in applicazione dell’art. 25-novies CCII. Questo completa il quadro: ormai tutti i principali ambiti di indebitamento verso lo Stato (fisco, previdenza, assicurazione infortuni) hanno una soglia di allerta.

Cosa succede se il debitore ignora la segnalazione esterna? Formalmente nulla nell’immediato, nel senso che la legge non prevede sanzioni dirette per chi non attiva la composizione negoziata dopo la lettera. Tuttavia, l’inerzia può portare a conseguenze indirette molto serie: l’ente creditore infatti, trascorso un certo tempo, potrà attivare le normali azioni di recupero coattivo (pignoramenti, fermi, insinuazione in procedure concorsuali se la situazione degenera). Inoltre, l’inerzia sarà valutata a posteriori: se l’impresa poi fallisce, emergerà che già mesi/anni prima aveva ricevuto quelle segnalazioni di crisi e non ha reagito. Ciò potrà aggravare le responsabilità degli amministratori per aver aggravato il dissesto (scenario analogo a quello dell’omessa segnalazione interna). Invece, se il debitore dà seguito all’invito e attiva una procedura di composizione negoziata (o altro strumento di regolazione della crisi), otterrà il duplice effetto di gestire la crisi con trasparenza e, possibilmente, di sospendere temporaneamente le azioni esecutive (nel caso chieda misure protettive al tribunale). In definitiva, dal punto di vista del debitore, ignorare questi campanelli d’allarme esterni è estremamente rischioso: meglio affrontarli e utilizzarli come occasione per negoziare con i creditori in un quadro protetto, piuttosto che attendere che la situazione precipiti in contenziosi o insolvenza conclamata.

Per riepilogare: le segnalazioni esterne di INPS, Agenzia Entrate, Agente Riscossione e INAIL rappresentano un “sistema di allerta pubblica” che funziona in parallelo all’allerta interna. Sono comunicazioni riservate che segnalano precocemente determinate irregolarità nei pagamenti, spronando l’imprenditore a valutare la via negoziale. Non fanno scattare automaticamente procedure concorsuali, ma aumentano la consapevolezza del debitore e del suo organo di controllo (se c’è) circa la gravità della situazione, in modo da “costringerlo moralmente” ad attivarsi prima che sia troppo tardi. In un certo senso, si può dire che mentre la segnalazione interna è un allarme interno che suona dall’interno della società, le segnalazioni dei creditori pubblici sono allarmi esterni che suonano da fuori, ciascuno evidenziando un aspetto particolare di difficoltà finanziaria. Un imprenditore avveduto dovrebbe porre la massima attenzione a entrambi.

Obblighi degli amministratori e tutele per il debitore (punto di vista del debitore)

Abbiamo visto come funzionano i meccanismi di segnalazione dal lato di chi lancia l’allarme (organi di controllo e creditori pubblici). Spostiamoci ora sul punto di vista del debitore, ovvero cosa devono fare – e cosa è nell’interesse – degli amministratori o dell’imprenditore una volta che questi segnali di crisi scattano. In altre parole: quali sono gli obblighi legali e le possibili azioni per il debitore quando riceve una segnalazione?

Dovere di attivarsi ai sensi dell’art. 2086 c.c.: Prima ancora che intervengano segnalazioni formali, gli amministratori di società e gli imprenditori sono gravati da un obbligo generale (introdotto dal Codice della crisi) di monitorare costantemente la salute economico-finanziaria dell’impresa e di intervenire all’occorrenza. L’art. 2086, 2º comma c.c., recita che l’imprenditore collettivo deve istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi e della perdita di continuità, e deve attivarsi per adottare “senza indugio” le soluzioni idonee a superare la crisi e recuperare la continuità. Questo principio generale è la stella polare: significa che a prescindere dalle segnalazioni di terzi, l’organo amministrativo dovrebbe autonomamente accorgersi del deterioramento della situazione e prendere provvedimenti. Le segnalazioni quindi non fanno che rafforzare un dovere di attivazione che già esisteva.

In caso di segnalazione interna dall’organo di controllo: quando gli amministratori ricevono la lettera dai sindaci (o revisore) ex art. 25-octies, si trovano formalmente investiti di un obbligo di reazione. Come detto, entro 30 giorni devono riferire all’organo di controllo sulle iniziative intraprese. Questo comporta in pratica:

  • Convocare con urgenza un Consiglio di Amministrazione (o attivarsi, se amministratore unico) per discutere la situazione segnalata. Di solito, i sindaci nella lettera dettaglieranno i fattori di crisi, quindi il CdA deve esaminarli attentamente (ad esempio: perdita di metà del capitale, previsione di insolvenza a 6 mesi, scaduto fiscale…).
  • Valutare tutte le possibili misure di risanamento. Queste possono includere: la ricerca di nuova finanza o capitali (ad esempio richiamo dei soci a ricapitalizzare, vendita di asset non strategici per far cassa), la rinegoziazione dei debiti con banche o fornitori, la riduzione dei costi, o eventualmente l’accesso a una procedura di regolazione della crisi. Tra le opzioni, quella fortemente caldeggiata dal legislatore è la composizione negoziata della crisi (che approfondiremo fra poco), ma non è l’unica. Gli amministratori potrebbero anche valutare un concordato preventivo o un accordo di ristrutturazione dei debiti se la situazione è già compromessa ma recuperabile con sacrifici dei creditori. L’importante è che facciano qualcosa, e in fretta.
  • Redigere una relazione di risposta ai sindaci, entro il termine dato (massimo 30 giorni). In questa relazione gli amministratori devono illustrare le iniziative intraprese o in corso di attuazione. Esempio: “Abbiamo attivato trattative con le banche per moratorie sui mutui, abbiamo avviato la procedura per nominare l’esperto indipendente sulla piattaforma di composizione negoziata, stiamo esplorando la cessione di un ramo d’azienda per reperire liquidità, ecc.”. Se hanno già avviato formalmente una procedura (ad es. depositato istanza di composizione negoziata o concordato), lo comunicheranno. Questa relazione va inviata all’organo di controllo e sarà oggetto di verifica.
  • Dialogare strettamente con l’organo di controllo: gli amministratori non devono vivere la segnalazione come un attacco, ma come un’occasione di collaborazione. È opportuno che incontrino i sindaci, spiegando le strategie e magari chiedendo anche il loro supporto (in molti casi i sindaci sono professionisti esperti in crisi aziendali, e possono dare suggerimenti utili). Far vedere proattività e trasparenza con i controllori interni è fondamentale anche per dare un segnale positivo in caso di successivi giudizi: dimostra la volontà di evitare danni.

Se gli amministratori non rispettano questo iter (ad esempio ignorano la lettera dei sindaci, non fanno nulla entro 30 giorni, o presentano risposte vaghe e inadeguate), le conseguenze possono essere pesanti: i sindaci ne prenderanno atto e, come visto, potrebbero segnalare alle autorità l’inerzia (arrivando fino a chiedere la liquidazione giudiziale se l’insolvenza è manifesta). Inoltre, gli amministratori negligenti rischiano di incorrere essi stessi in responsabilità personali: la prosecuzione dell’attività in condizioni di dissesto può costituire violazione dei doveri gestori (art. 2486 c.c. sulla responsabilità dopo perdita del capitale sociale) e generare debiti per i quali possono essere chiamati a rispondere (ad esempio verso i nuovi creditori che contraggono con una società decotta ignari della situazione). In estrema sintesi, ignorare l’allerta interna non fa che peggiorare la posizione degli amministratori su tutti i fronti.

In caso di segnalazione esterna dai creditori pubblici: qui formalmente non c’è un termine di legge per reagire, ma l’obbligo implicito discende dall’art. 2086 c.c. e dal dovere di corretta amministrazione. Se arriva, poniamo, una PEC dall’INPS o dall’Agenzia Entrate che notifica il superamento di soglia, gli amministratori devono immediatamente inserirla all’ordine del giorno e affrontarla. Le opzioni sono simili a quelle sopra: tentare di regolarizzare il debito (magari chiedendo una rateazione se possibile: l’INPS e l’AdE hanno procedure proprie di dilazione che l’impresa può attivare, e ciò andrebbe ovviamente comunicato ai sindaci e considerato un atto positivo), oppure, se la situazione generale di liquidità non consente di pagare, allora è forte l’indicazione a valutare l’accesso alla composizione negoziata. Infatti la stessa lettera invita esplicitamente a farlo. Ignorare la comunicazione del Fisco non blocca l’ente: ad esempio, dopo la segnalazione di IVA non pagata, l’Agenzia potrà compiere accertamenti e iscrivere a ruolo il debito, e l’Agente della riscossione potrà poi attivarsi. Così l’inerzia porta l’azienda in un vicolo cieco di ulteriori aggravi (sanzioni, interessi, azioni esecutive). Dunque, saggiamente, i gestori dell’impresa dovrebbero:

  • Contattare l’ente creditore per capire se è possibile evitare ulteriori escalation (a volte una semplice comunicazione all’ufficio dicendo “stiamo per avviare la composizione negoziata” può indurre l’ente ad aspettare con le maniere forti, perché sa che potrebbe recuperare di più in sede negoziale).
  • Attivare la piattaforma telematica di composizione negoziata se intravedono ragionevoli prospettive di risanamento. Si noti che la composizione negoziata può essere attivata dall’imprenditore anche se i debiti sono modesti: non ci sono soglie minime (c’è il cosiddetto test di fattibilità che l’esperto farà, ma è più flessibile). Quindi anche per un “semplice” debito IVA di 6.000 euro non pagato, se ciò riflette un problema di liquidità generalizzato, l’imprenditore può cercare la via negoziale per ristrutturare l’insieme dei debiti.
  • Contestualmente, valutare misure interne di riequilibrio: ad esempio riduzione di costi, ricerca di soci finanziatori, vendita scorte, ecc., per dimostrare ai creditori (e all’eventuale esperto) che sta facendo il possibile.

Composizione negoziata della crisi (strumento principe per il debitore): Dato che è citata più volte, spendiamo qualche riga per spiegare cos’è questa procedura e perché è cruciale. La composizione negoziata è stata introdotta a fine 2021 come strumento volontario e stragiudiziale: consiste nella nomina di un esperto indipendente (selezionato da un elenco di professionisti tenuto dalle Camere di Commercio) il quale aiuta l’imprenditore a negoziare con i creditori una soluzione per superare la crisi (che può essere un semplice accordo stragiudiziale, un piano di risanamento attestato, un concordato “in bianco” o, se proprio non c’è via d’uscita, la conversione in liquidazione giudiziale). La domanda si presenta tramite una piattaforma online nazionale, allegando informazioni sullo stato dell’impresa. È una procedura riservata (non c’è immediata pubblicità legale), salvo che l’impresa chieda misure protettive (blocco delle azioni esecutive) – in tal caso il tribunale le pubblica al RI. Durante la composizione negoziata, l’imprenditore rimane al timone dell’azienda (non c’è spossessamento) ma deve cooperare con l’esperto e agire con correttezza; dall’altro lato, i creditori sono liberi di aderire o meno alle proposte ma in genere sono incentivati a trattare, visto che la procedura è concepita per essere veloce e meno costosa.

Perché è importante in questo contesto? Perché tutte le segnalazioni di allerta puntano esattamente a far accedere a questo strumento prima che la situazione degeneri. Già il D.L. 118/2021 indicava la composizione negoziata come “prima misura a disposizione del debitore per la soluzione della crisi”, concepita per anticipare l’emersione dei problemi e permettere all’impresa di risanarsi in bonis. Inoltre, la legge n.233/2021 (di conversione del DL PNRR) e i decreti attuativi hanno predisposto incentivi: ad esempio, durante le trattative, si può ottenere una moratoria fiscale (sospensione di alcuni obblighi) e se si raggiunge un accordo, si possono avere agevolazioni (in termini di trattamento di alcuni debiti tributari sanzioni ridotte al minimo, ecc.).

Dal punto di vista del debitore segnalato, avviare la composizione negoziata ha diversi benefici:

  • dimostra proattività e buona fede nel cercare di pagare i creditori, il che può essere rilevante anche per evitare accuse di mala gestio;
  • consente, come detto, di chiedere al tribunale misure protettive (tipicamente un stay di 120 giorni rinnovabile fino a 240 complessivi, durante i quali nessuno può iniziare o proseguire pignoramenti sul patrimonio dell’impresa). Questo “respiro” è spesso determinante per evitare che un creditore impaziente faccia saltare il banco con un’azione esecutiva;
  • permette di trattare con tutti i creditori in modo coordinato, con l’assistenza dell’esperto che ha accesso a tutte le informazioni (anche grazie all’interconnessione delle banche dati pubbliche);
  • se la trattativa ha successo, l’impresa può arrivare a un accordo di ristrutturazione (magari con banche, fornitori, Erario, ecc.) che evita il fallimento e preserva la continuità aziendale. In caso di insuccesso, ha comunque la possibilità di accedere ad altre procedure (es. concordato semplificato per cessione dei beni, come previsto dal DL 118/2021) senza perdere troppo tempo;
  • infine, a composizione negoziata conclusa, se anche dovesse aprirsi una liquidazione giudiziale, l’imprenditore potrà beneficiare dell’esdebitazione (cioè la liberazione dai debiti residui) in tempi più rapidi, perché avrà già esplorato tutte le vie negoziali (il Codice incentiva la fresca start del debitore onesto e sfortunato).

Per tutto quanto sopra, gli amministratori farebbero bene a considerare la segnalazione (interna o esterna) come un ultimo warning che li spinge verso la scelta salvifica di affrontare la crisi apertamente. Certo, avviare una composizione negoziata è di fatto ammettere di essere in crisi, ma è fatto riservatamente e con finalità di recupero, quindi molto meglio che arrivare al fallimento con inerzia e subire poi interdizioni o azioni di danno.

E se la crisi non è gestibile e l’insolvenza è conclamata? In questo caso, l’obbligo degli amministratori è di richiedere essi stessi la liquidazione giudiziale o altra procedura concorsuale senza indugio. Il Codice della crisi ha sostituito il reato di omesso fallimento dell’imprenditore (che esisteva nel RD 267/42) con un sistema civile di incentivi/disincentivi, ma rimane fermo che se si protraggono operazioni in stato d’insolvenza, gli amministratori ne rispondono. Quindi, quando capiscono che non c’è più margine di risanamento, devono evitare di aggravare il dissesto e portare i libri in tribunale, oppure cercare un concordato liquidatorio. Il fatto che ora anche i sindaci possano depositare l’istanza (art.37 CCII) è un’ulteriore spinta per gli amministratori a non far finta di nulla: se non lo fanno loro, potrebbero farlo i controllori, con una pessima figura per gli amministratori stessi.

Tutela del debitore onesto: Va sottolineato che l’intero impianto è costruito nell’ottica di salvaguardare il valore dell’impresa e i livelli occupazionali, quando possibile. Non a caso, il Codice della crisi ha previsto procedure come il concordato “minore” per i piccoli imprenditori non fallibili e il piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione per dare flessibilità nelle soluzioni, oltre alla già citata composizione negoziata. Anche la giurisprudenza recente ha mostrato apertura verso soluzioni “morbide”: ad esempio, la Cassazione n. 17721 del 30 giugno 2025 ha affermato che nel concordato minore (riservato a debitori sotto-soglia) il tribunale non può dichiarare inammissibile la domanda solo perché il debitore non ha costituito un fondo spese iniziale; ciò riflette la volontà di non ostacolare l’accesso alle procedure di risanamento ai debitori in crisi non ancora insolventi. Questo orientamento conferma che l’ordinamento privilegia il salvataggio delle imprese in crisi (anche piccole) e tende a rimuovere barriere eccessive. Dunque, il debitore che si attiva tempestivamente di fronte alle segnalazioni può aspettarsi un contesto normativo e giudiziario favorevole alla ristrutturazione, mentre chi persevera nell’inerzia andrà incontro al rigore delle norme sulla liquidazione giudiziale, senza attenuanti.

Infine, una tutela specifica è prevista per il debitore nella fase di test di composizione negoziata: come accennato, sulla piattaforma ministeriale c’è un crisis assessment test che, se rileva debiti complessivi sotto €30.000 e li giudica sostenibili, elabora automaticamente un piano di rientro e, se i creditori non si oppongono in 30 giorni, tale piano si dà per approvato e viene eseguito. Questa è una misura pensata per le piccole imprese: praticamente se il debito è modesto, il sistema propone soluzioni rapide (rateizzazioni) per evitare anche la necessità di nominare un esperto. Il debitore che riceve una segnalazione e si trova in quella fascia potrebbe avvalersene.

Riassumendo, dal punto di vista del debitore che riceve allerta, i principi chiave sono: tempestività, trasparenza e professionalità nell’azione di risanamento. Ciò significa: muoversi subito, coinvolgere i propri consulenti (commercialisti, avvocati d’impresa) per predisporre piani credibili, comunicare onestamente ai creditori la situazione (preferibilmente attraverso un tavolo negoziale ordinato, come la composizione negoziata, piuttosto che in modo caotico sotto incalzare di decreti ingiuntivi), e documentare ogni sforzo fatto. Così facendo, se anche l’impresa non ce la farà, almeno gli organi sociali potranno aspirare alle esenzioni di responsabilità (o quantomeno a un trattamento indulgente) previste per chi ha agito con diligente tempestività. E l’imprenditore persona fisica, in caso di fallimento, potrà poi chiedere l’esdebitazione più serenamente, avendo mostrato collaborazione.

Conseguenze e responsabilità in caso di omesse o tardive segnalazioni

Alla luce di quanto esposto, appare evidente che il sistema di allerta disegnato dal Codice della crisi comporta una serie di conseguenze giuridiche sia per gli organi di controllo che per gli amministratori, specialmente nei casi di omesso o ritardato adempimento dei loro doveri. Vediamoli in sintesi:

  • Responsabilità dei sindaci/revisori: Come più volte sottolineato, i componenti dell’organo di controllo possono incorrere in responsabilità civili verso la società, i creditori sociali e i terzi per i danni derivati dalla mancata tempestiva segnalazione della crisi. L’art. 2407 c.c. stabilisce che i sindaci devono adempiere con professionalità e diligenza e rispondono in solido con gli amministratori qualora il danno patrimoniale non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato adeguatamente. Con le nuove norme, dato l’ampliamento dei compiti di controllo e intervento che ricade sui sindaci, sarà più facile dimostrare che un danno da aggravamento della crisi “non si sarebbe prodotto” se i sindaci avessero adempiuto (ad esempio segnalando per tempo e inducendo gli amministratori a fermare la gestione dissennata). Danni tipici imputabili ai sindaci in concorso con gli amministratori possono essere: l’ulteriore erosione del patrimonio sociale per aver proseguito l’attività in perdita oltre il limite (il classico caso di perdita oltre il capitale sociale, con incremento del passivo, quantificato come differenza dei netti patrimoniali ex art. 2486 c.c. – criterio ora codificato); oppure il danno da perdita di chance di risanamento, ovvero il fatto che, segnalando tardi, si è persa l’opportunità di intraprendere misure che avrebbero potuto evitare il fallimento. Ciascun creditore insoddisfatto potrà rivalersi contro i sindaci per la parte di credito non soddisfatta, imputandola al tardivo intervento di questi ultimi. Anche i soci della società fallita potrebbero agire contro i sindaci per la perdita di valore delle loro partecipazioni causata da una crisi non gestita in tempo. In ambito penale, invece, occorre notare che non esiste un reato specifico di “omessa segnalazione”: le fattispecie penal-fallimentari (bancarotta semplice o fraudolenta) riguardano in primis gli amministratori e, per i sindaci, si configurano solo se c’è concorso in comportamenti dolosi (es. sindaci che assecondano distrazioni patrimoniali). Il nuovo art. 2407 c.c. modificato dal Codice non introduce profili penali aggiuntivi; tuttavia, l’inadempimento dei sindaci potrebbe essere valutato come concorso per omesso impedimento di reati fallimentari se, ad esempio, la loro inerzia ha agevolato atti distrattivi degli amministratori (è un tema complesso su cui però la L. 35/2025 ha chiarito poco, mantenendo invariato il panorama penalistico). Dunque il vero terreno di responsabilità dei sindaci è quello civile, con il rischio di azioni risarcitorie pesanti dopo un dissesto, e la possibilità di escussione delle loro polizze assicurative professionali.
  • Responsabilità degli amministratori: Anch’essi sono ovviamente al centro. Gli amministratori che non si dotano di assetti adeguati (violando l’art. 2086 c.c.) e che aggravano il dissesto non attivandosi, vanno incontro a:
    • Azioni di responsabilità ex art. 2394 c.c. da parte dei creditori sociali, qualora il patrimonio risulti insufficiente a soddisfarli per fatti imputabili a gestione imprudente (non aver tempestivamente bloccato le perdite, aver eroso attivo oltre il dovuto, ecc.). L’omessa reazione alle segnalazioni può essere addotta come prova di negligenza grave.
    • Azione di responsabilità ex art. 2393 c.c. (sociale, esercitata dal curatore in caso di fallimento) per violazione dei doveri gestori, con richieste di risarcimento spesso milionarie. Ormai la giurisprudenza quantifica il danno da continuazione illegittima dell’attività come differenza tra patrimonio netto all’inizio dell’insolvenza e quello alla fine (o l’attivo realizzato in liquidazione), presumendo che la differenza sia colpa degli amministratori – salvo loro prova contraria. Questo standard li rende facilmente attaccabili se hanno tardato a fermare l’emorragia.
    • Conseguenze penali: se il dissesto sfocia in liquidazione giudiziale, gli amministratori possono rispondere di bancarotta semplice (art. 322 CCII, corrispondente all’art. 217 l.fall.) per avere, ad esempio, aggravato il dissesto con colpa grave (questa include aver proseguito l’attività in crisi ignorando gli obblighi). Oppure, in caso di condotte fraudolente (occultamento di attivo, false comunicazioni societarie per celare la crisi ecc.), di bancarotta fraudolenta. La novità è che l’aver violato gli obblighi di gestione della crisi (ad es. ignorato le segnalazioni, non adottato assetti adeguati) potrà essere valutato dal giudice penale come elemento di colpa grave o dolo eventuale, a seconda dei casi, integrando le fattispecie di bancarotta. In più, l’art. 324 CCII (bancarotta societaria) punisce specificamente gli amministratori che hanno causato il dissesto con violazione degli obblighi legali: non è azzardato pensare che l’omessa adozione di assetti ex 2086 e l’inerzia rispetto alle segnalazioni possano rientrare tra tali violazioni significative.
    • Interdizioni e incapacità: un fallimento causato da mala gestione può portare per gli amministratori la sanzione dell’inabilitazione all’esercizio di impresa o l’interdizione dai pubblici uffici per alcuni anni, secondo la legge fallimentare (ora CCII). Sebbene queste misure non siano automatiche, sono possibili in caso di condotte particolarmente gravi o recidive.

In sintesi, gli amministratori che ignorano gli obblighi di allerta mettono a repentaglio non solo l’azienda ma anche se stessi: rischiano il portafoglio (sul piano risarcitorio) e la libertà (sul piano penale, in ipotesi di bancarotta). Al contrario, chi dimostra di aver fatto il possibile – attivando la composizione negoziata, informando correttamente i soci e creditori, e in generale seguendo la buona fede – potrà in molti casi evitare le conseguenze peggiori. Ad esempio, in un’azione di responsabilità, l’amministratore potrà difendersi provando che dopo la segnalazione dei sindaci ha effettivamente tentato tutte le misure (taglio costi, iniezione di liquidità, trattative con banche, ecc.), e che magari la crisi era dovuta a cause esterne (mercato, pandemia) non gestibili. Questo non garantisce l’esonero dal risarcimento, ma può convincere il giudice a valutare diversamente il nesso di causalità del danno e l’entità della colpa.

  • Conseguenze per il debitore (impresa): L’impresa stessa, se reagisce positivamente all’allerta, ha la possibilità di salvarsi o quantomeno di evitare la dispersione di valore. Se invece non reagisce, inevitabilmente andrà verso la liquidazione giudiziale (ex fallimento). In sede concorsuale, oltre alle azioni già dette, subirà anche effetti come: risoluzione dei contratti pendenti (con possibili penali), perdita di avviamento, licenziamenti del personale, ecc. Inoltre, una gestione tardiva della crisi potrebbe far perdere all’azienda accesso a strumenti più vantaggiosi come il concordato preventivo in continuità (che richiede di essere ancora operativa con prospettive di risanamento) e relegarla solo a una liquidazione distruttiva di valore. Senza contare che, se un’azienda viene “attenzionata” da segnalazioni pubbliche ripetute (ad esempio più trimestri di IVA non pagata), è probabile che anche partner commerciali e banche lo intuiscano (sebbene le segnalazioni siano riservate, certi segnali come protesti, ritardi pagamenti, ecc. diventano noti nel mercato) e ciò porta a una stretta del credito ulteriore: i fornitori chiedono pagamento anticipato, le banche revocano gli affidamenti. Insomma, l’inerzia porta a un effetto a catena che può condannare l’impresa.

In conclusione su questo punto, il Codice della crisi ha reso più stringente il dovere di comportamento diligente di tutti gli attori, delineando un sistema dove: chi ottempera tempestivamente agli obblighi di segnalazione (interni o esterni) viene premiato o almeno tutelato; chi li ignora viene punito ex post. Non a caso si è parlato di “doppio binario” della responsabilità: i sindaci diligenti potranno evitare la condanna, quelli negligenti ne risponderanno; gli amministratori attivi forse salveranno l’azienda, quelli passivi perderanno azienda e pace economica personale. È un equilibrio che mira a correggere la passata prassi italiana, in cui spesso si arrivava al fallimento “al buio”, all’improvviso, quando ormai era troppo tardi per qualunque accordo.

Domande frequenti (FAQ) sulle segnalazioni dell’organo di controllo e dei creditori pubblici

D1: Chi è obbligato a effettuare le segnalazioni di allerta della crisi?
R: Sono obbligati a segnalare la crisi due categorie di soggetti: (a) gli organi di controllo societari (sindaci, revisori legali) per quanto riguarda l’allerta “interna” agli amministratori; (b) i creditori pubblici qualificati (INPS, Agenzia delle Entrate, Agente della Riscossione e INAIL) per l’allerta “esterna” rivolta all’imprenditore. I primi segnalano se rilevano crisi o insolvenza incipiente secondo gli indici dell’art. 2 CCII; i secondi segnalano se il debitore supera certe soglie di debito scaduto verso quegli enti (es. contributi non pagati, IVA non versata, cartelle esattoriali non saldate).

D2: Quali imprese sono soggette a queste segnalazioni?
R: Tutte le imprese iscritte al Registro delle Imprese possono teoricamente essere destinatarie di segnalazioni esterne se accumulano i debiti oltre soglia. L’allerta interna, invece, presuppone che l’impresa abbia un organo di controllo nominato. Dunque, società come S.p.A. e le S.r.l. medio-grandi (sopra certi limiti di attivo/ricavi/dipendenti) sono soggette sia all’allerta interna (perché hanno sindaci/revisori) sia a quella esterna. Le imprese più piccole (es. una S.r.l. sotto soglia senza sindaco, una SNC, una ditta individuale) non avranno segnalazioni interne (mancando l’organo di controllo), ma se superano le soglie di debiti fiscali/previdenziali riceveranno comunque le segnalazioni esterne da INPS/AE/AER. In pratica, l’allerta esterna copre tutti i tipi di imprenditori economici, mentre quella interna copre solo chi per legge ha un controllore societario.

D3: Quali sono le soglie precise che fanno scattare le segnalazioni dei creditori pubblici?
R: Le soglie sono differenziate: – INPS: contributi arretrati >30% di quelli dovuti l’anno precedente e >€15.000 (per aziende con dipendenti) o >€5.000 (senza dipendenti), con ritardo >90 giorni. – Agenzia Entrate: debito IVA da liquidazioni periodiche >€5.000 non pagato entro la scadenza. – Agente Riscossione: cartelle esattoriali scadute da >90gg con importo totale >€100.000 (ditte individuali), >€200.000 (società di persone) o >€500.000 (altre società). – INAIL: premi assicurativi scaduti da >90gg per >€5.000. (Vedi Tabella 2 per il riepilogo completo.) Tali soglie sono fissate per legge e l’ente deve verificare il loro superamento e poi, entro 60 giorni, inviare la segnalazione.

D4: Cosa contiene esattamente la segnalazione inviata dall’organo di controllo agli amministratori?
R: È una comunicazione scritta formale (tipicamente via PEC) nella quale l’organo di controllo individua e segnala la presenza di uno stato di crisi o di insolvenza secondo i parametri di legge (art. 2, co.1, lett. a e b CCII). In pratica elenca i fatti preoccupanti (es: “perdite cumulate riducono patrimonio sotto minimo, flussi di cassa insufficienti a pagare mutui in scadenza, debiti scaduti verso fornitori per €X, ecc.”) e invita il CdA ad adottare provvedimenti. Inoltre fissa un termine (max 30 giorni) entro cui gli amministratori devono riferire sulle iniziative intraprese. È importante che la segnalazione sia ben documentata e provi la ricezione da parte degli amministratori, per avere valore legale.

D5: Cosa succede se gli amministratori non rispondono o non prendono misure dopo la segnalazione interna?
R: In tal caso l’organo di controllo non può far altro che prendere atto dell’inerzia e intensificare la propria vigilanza. Se la situazione è grave, i sindaci possono convocare l’assemblea dei soci per informarla della crisi (a volte la minaccia di coinvolgere i soci sprona gli amministratori). Se anche questo non produce effetti e l’insolvenza appare inevitabile, i sindaci possono rivolgersi al tribunale chiedendo l’apertura della liquidazione giudiziale (ex art. 37 CCII). Si tratta di una mossa estrema, ma doverosa per evitare che l’inerzia degli amministratori provochi ulteriori danni a creditori e soci. In pratica, se gli amministratori ignorano la segnalazione interna, l’effetto è di aggravare la loro posizione e trasferire l’iniziativa ai controllori (o ai creditori, o al PM) per risolvere coattivamente la crisi.

D6: La segnalazione dei creditori pubblici obbliga davvero a chiedere la composizione negoziata?
R: No, non c’è un obbligo legale immediato di avviare la procedura. La segnalazione esterna contiene un invito a richiedere la composizione negoziata, ma la decisione spetta all’imprenditore, che dovrà valutare se la situazione di squilibrio segnalata configuri una “crisi” tale da meritare l’accesso a quella procedura. In ogni caso, anche se non c’è obbligo, c’è un preciso dovere organizzativo: gli organi sociali devono verificare se i ritardi segnalati sono sintomo di crisi o minaccia alla continuità, e in caso affermativo devono attivare i rimedi opportuni. Quindi di fatto se ricevo una segnalazione INPS/AE e ignoro il problema, sto violando i miei doveri gestionali. La differenza è che non interviene subito un’autorità a costringermi: nessuno mi porta in tribunale automaticamente, ma se poi fallisco, quell’omissione mi verrà contestata. Quindi, pragamaticamente, è fortemente consigliato seguire l’invito e attivare la composizione negoziata (o per lo meno adottare qualche misura concreta) appena si riceve la segnalazione.

D7: E se la mia impresa non ha un organo di controllo? Chi farà la segnalazione interna?
R: In assenza di organo di controllo (es. S.r.l. piccola sotto soglia, ditta individuale, SNC, ecc.), non c’è un soggetto terzo interno che lanci l’allarme. In questi casi tutto il peso dell’allerta ricade sugli amministratori stessi. Sono loro che, accorgendosi dei segnali di crisi, dovrebbero “segnalare a sé stessi” il problema e agire. Naturalmente questo è un dovere spesso disatteso, perché manca la figura del controllore indipendente. Per tali imprese, quindi, le segnalazioni esterne dei creditori pubblici diventano ancor più cruciali, in quanto rappresentano l’unico campanello d’allarme formale. Possiamo dire che per micro-imprese o ditte individuali, la lettera dell’INPS o del Fisco svolge un po’ il ruolo che il collegio sindacale svolge nelle società più grandi. D’altro canto, anche senza sindaci, gli amministratori restano soggetti alle stesse responsabilità se non ottemperano ai loro obblighi di gestione tempestiva della crisi. In caso di dissesto, non potranno difendersi dicendo “nessuno mi ha segnalato nulla”: la legge presume che dovessero accorgersene da soli con assetti adeguati.

D8: Quali vantaggi concreti ottiene l’organo di controllo se effettua la segnalazione tempestivamente?
R: Il vantaggio principale è in termini di responsabilità legale. L’art. 25-octies co.2 CCII prevede che l’aver segnalato in tempo e aver vigilato sullo svolgimento delle trattative (se avviate) costituisce elemento per attenuare o escludere la responsabilità dei sindaci ex art. 2407 c.c.. In altre parole, se malauguratamente l’azienda fallisce, i sindaci potranno evitare di essere condannati a risarcire danni mostrando al giudice: “Noi abbiamo adempiuto, abbiamo avvisato la gestione in data X (entro 60 giorni dai primi segnali) e sollecitato provvedimenti; la crisi non è stata risolta per cause non imputabili alla nostra vigilanza, che è stata diligente.” Questo rispetto a prima è un enorme scudo, perché storicamente molti sindaci venivano coinvolti nelle azioni di responsabilità per non aver impedito il fallimento. Ora possono salvarsi dimostrando di aver fatto tutto il possibile (il che include la segnalazione tempestiva). Inoltre, altro aspetto: i sindaci diligenti, se la società si risana grazie al loro stimolo, evitano anche il coinvolgimento in procedure concorsuali – il che significa niente curatore che indaga sul loro operato, niente spese legali, ecc. Quindi il beneficio è sia giuridico (meno rischi di sanzioni/condanne) sia pratico (più probabilità che l’azienda si salvi e il loro ruolo non finisca sotto i riflettori negativi).

D9: Cosa rischia invece l’organo di controllo che non segnala o lo fa in ritardo?
R: Rischia azioni di responsabilità civile per omissione di vigilanza, promosse dal curatore fallimentare o dai creditori, e potenzialmente condanne a risarcire ingenti danni. Come già dettagliato, l’omessa segnalazione è praticamente una prova di colpa grave dei sindaci. In un giudizio, il curatore potrebbe sostenere che se i sindaci avessero segnalato sei mesi prima, forse l’impresa avrebbe intrapreso un concordato evitando metà del dissesto: chiederà quindi ai sindaci il risarcimento di quella differenza di passivo. I sindaci potrebbero trovarsi a dover pagare di tasca propria (o tramite la loro assicurazione) milioni di euro a creditori insoddisfatti. Inoltre, potrebbero subire sanzioni amministrative da autorità di vigilanza (es. per società quotate, Consob come nel caso Cass. 25336/2023 citato, che ha sancito assenza di discrezionalità nel segnalare irregolarità). Pur non essendoci reati penali specifici, la loro reputazione professionale verrebbe distrutta e potrebbero incorrere in interdizioni (ad esempio il tribunale potrebbe segnalarli al Ministero per la cancellazione dal registro dei revisori legali in casi di gravi violazioni – provvedimento che infatti è già accaduto per alcuni revisori negligenti, vedi decreto MEF 14/2/2025 di cancellazione di revisori inadempienti). Insomma, non fare nulla non è un’opzione per i sindaci: è molto più sicuro agire e magari “disturbare” gli amministratori, che tacere e poi affrontare le conseguenze.

D10: Le segnalazioni di allerta sono pubbliche? I concorrenti o le banche ne verranno a conoscenza?
R: In linea generale, le segnalazioni non sono pubbliche. Quelle interne avvengono all’interno della società (sindaci -> CdA) e non vengono iscritte in registri o comunicati all’esterno. Quelle esterne dei creditori pubblici sono comunicazioni inviate tramite PEC solo al debitore e al suo organo di controllo. Dunque, formalmente, nessun soggetto esterno viene informato ufficialmente. Tuttavia, bisogna considerare alcuni aspetti: se l’impresa decide di avviare la composizione negoziata a seguito dell’invito, l’istanza inizialmente è riservata, ma se l’impresa chiede misure protettive, il tribunale pubblica un sintetico decreto sul Registro Imprese (ci sarà scritto che l’impresa tal dei tali ha ottenuto misure protettive ex art. 18 CCII). Questo in pratica segnala al mercato che l’azienda è in crisi e in composizione negoziata, sebbene i dettagli restino riservati. Anche senza misure protettive, se poi si arriva a omologare accordi o concordati, questi atti diventano pubblici. Inoltre, anche senza nessuna procedura attivata, la sostanza della situazione potrebbe trapelare: ad esempio, un’impresa che non paga l’IVA o i contributi per mesi probabilmente avrà altri indizi (fornitori che lamentano ritardi, protesti, rating bancari in calo attraverso la Centrale Rischi). Dunque, la riservatezza delle segnalazioni serve a evitare allarmismi immediati, ma sta all’imprenditore muoversi velocemente proprio approfittando di questa finestra di riservatezza. Se si interviene subito e si risolve, i terzi non sapranno mai nulla; se si indugia e la crisi peggiora, alla fine i segnali diverranno evidenti comunque. In sintesi: le lettere in sé non sono pubbliche, ma l’inazione prolungata finirà per rendere pubblico l’esito (il default conclamato).

D11: Un imprenditore che risolve la crisi grazie alle segnalazioni riceverà qualche beneficio ulteriore?
R: Sì. Oltre al fatto di salvare la propria azienda, ci sono dei benefici premiali previsti dal legislatore: ad esempio, se si trova un accordo con i creditori nella composizione negoziata, l’imprenditore può ottenere la esdebitazione immediata di eventuali debiti residui una volta eseguito l’accordo (mentre nel fallimento standard dovrebbe aspettare anni per chiedere l’esdebitazione). Anche nel caso di successivo fallimento, l’imprenditore che ha cooperato attivamente potrebbe evitare le sanzioni personali più gravi: i giudici tengono conto dell’atteggiamento. Infine, l’aver tempestivamente coinvolto l’esperto e trasmesso tutte le informazioni riduce i rischi di contestazioni per bancarotta fraudolenta (ad esempio, se i libri contabili sono in ordine e l’esperto testimonia che l’imprenditore è stato trasparente, è meno probabile un’accusa di aver nascosto qualcosa). Non ultimo, esistono incentivi fiscali: la normativa aveva previsto, per le imprese in composizione negoziata, la possibilità di usufruire di una fiscalità di vantaggio su alcune misure (come finanziamenti prededucibili, ecc.) e la riduzione di sanzioni tributarie al minimo se si fa un accordo fiscale. Quindi, pur non essendoci “premi in denaro”, c’è un contesto molto più favorevole per chi attiva i percorsi virtuosi di risanamento.

D12: Ci sono casi reali in cui queste norme di allerta hanno funzionato?
R: Sì, sebbene il sistema sia giovane (in vigore da metà 2022), ci sono già casi pratici di imprese che, grazie all’allerta, hanno evitato il fallimento. Ad esempio, diverse PMI hanno ricevuto segnalazioni dell’INPS e conseguentemente hanno avviato la composizione negoziata, ottenendo magari una moratoria di 6 mesi durante la quale hanno ristrutturato il debito bancario e dilazionato quello fiscale, uscendo dalla procedura con successo. Ci sono state anche situazioni in cui i sindaci hanno segnalato tempestivamente e gli amministratori sono riusciti a ripatrimonializzare l’azienda prima che fosse troppo tardi. Tali vicende spesso non diventano di dominio pubblico proprio perché si risolvono senza tribunale: un segnale che la prevenzione ha funzionato è che non si arriva alle cronache giudiziarie. Diversi osservatori (come le Camere di Commercio) riportano un numero crescente di composizioni negoziate avviate su base volontaria già nel 2022-2023: segno che gli imprenditori cominciano ad utilizzare lo strumento, talvolta proprio spronati dai loro consulenti o sindaci. Certo, vi sono anche casi in cui le segnalazioni sono state ignorate e sono seguiti fallimenti; quelle saranno le situazioni in cui presumibilmente vedremo, fra qualche anno, cause di responsabilità contro gli organi sociali per omessa attivazione.

Esempi pratici e simulazioni (casi ipotetici)

Per comprendere meglio la dinamica delle segnalazioni e delle reazioni alla crisi, presentiamo di seguito alcune simulazioni pratiche, ossia scenari ipotetici basati su situazioni tipiche, analizzandoli dal punto di vista del debitore e degli altri attori coinvolti:

Esempio 1: Allerta interna in una S.r.l.
La società Beta S.r.l. opera nel settore commerciale ed ha un organo di controllo (un sindaco unico) perché supera i limiti dimensionali. Nel mese di marzo 2025 il sindaco, esaminando la situazione contabile di fine esercizio 2024 e i flussi di cassa previsti, rileva che: (a) la società ha subito perdite significative che hanno eroso il patrimonio netto fin quasi al minimo di legge; (b) il budget di tesoreria mostra che nei prossimi 6 mesi Beta non avrà liquidità sufficiente per rimborsare una rata importante di mutuo a settembre e per pagare fornitori nei termini usuali. Inoltre nota che Beta ha già chiesto dilazioni di pagamento a diversi fornitori, segno di tensione finanziaria. Questi elementi configurano uno stato di crisi prospettico. Il sindaco, a fine marzo, invia una PEC all’amministratore unico di Beta indicando che, ai sensi dell’art. 25-octies, esistono fondati indizi di crisi: il flusso di cassa previsto è inadeguato a far fronte alle obbligazioni dei prossimi 12 mesi (in particolare la rata di mutuo da €100k a settembre), e che il patrimonio è sceso pericolosamente (chiamando in causa l’art. 2482-bis c.c. se le perdite non vengono ripianate). Nella lettera fissa 30 giorni per avere un piano di intervento dagli amministratori. L’amministratore unico, appena ricevuta la PEC, convoca il socio di maggioranza (trattandosi di una S.r.l. unipersonale, in realtà coincide) e il commercialista. Entro poche settimane, Beta S.r.l. mette in atto alcune azioni: il socio decide di fare un versamento a fondo perduto di €50k per tamponare la cassa, l’azienda taglia alcune spese di marketing e avvia la vendita di un macchinario inutilizzato. Contatta anche la banca per negoziare un rinvio della rata di mutuo di settembre (magari diluendola). Inoltre, su consiglio del commercialista, l’amministratore compila il test sulla piattaforma di composizione negoziata: il test dice che Beta ha un indebitamento totale di €500k ma se implementa certe misure potrebbe essere sostenibile – insomma suggerisce di valutare la composizione. Forte di questi elementi, l’amministratore prepara una relazione al sindaco entro i 30 giorni, spiegando: “Abbiamo apportato nuova finanza, stiamo vendendo un asset, abbiamo chiesto alla banca una moratoria (in corso di valutazione) e qualora la situazione non migliorasse entro 2 mesi siamo pronti ad avviare la composizione negoziata.” Il sindaco esamina le misure: le giudica parzialmente soddisfacenti ma rimane vigile. Passano due mesi: la vendita del macchinario riesce, la banca concede di spostare la rata di mutuo a fine anno, il socio infonde altri €50k perché le vendite estive sono andate male. A luglio 2025 Beta S.r.l. riesce a pagare i fornitori arretrati e la crisi di liquidità rientra; la perdita è coperta dai versamenti soci e il patrimonio torna in sicurezza. In questo scenario, grazie alla segnalazione tempestiva del sindaco (che l’ha fatta a marzo appena visto il rischio per settembre), l’amministratore ha reagito in tempo e Beta ha evitato di finire insolvente in autunno. Dal punto di vista del debitore Beta, la segnalazione è stata uno “shock” salutare: ha costretto a riconoscere i problemi e a chiedere sacrifici al socio e collaborazione alla banca. Se non ci fosse stato il sindaco a suonare il campanello, forse l’amministratore avrebbe sperato in un miglioramento del mercato e atteso, per poi trovarsi a settembre senza soldi e con la banca intransigente (scenario che avrebbe portato Beta al default). Ora Beta continua l’attività, e il sindaco ha documentato bene di aver fatto il suo dovere – nessuno lo potrà accusare di omissione. Questo esempio mostra il circolo virtuoso: allerta interna -> reazione -> risanamento.

Esempio 2: Allerta esterna e interna combinata in una PMI
Gamma S.p.A. è un’azienda manifatturiera con 50 dipendenti, dotata di collegio sindacale. A gennaio 2024 Gamma subisce la perdita di un importante cliente estero e comincia ad accumulare ritardi nei pagamenti. Nei primi mesi dell’anno, per far fronte ai salari, omette di versare l’IVA del 1º trimestre (scadenza a maggio) e anche i contributi di febbraio e marzo. Ad aprile 2024 l’Agenzia delle Entrate invia a Gamma una PEC segnalando che dalla comunicazione IVA del 1º trim risulta un debito IVA di €10.000 non versato, invitando a richiedere la composizione negoziata. Contestualmente, l’INPS invia un’altra PEC perché Gamma ha contributi arretrati per €20.000 (più del 30% di quelli annui e oltre €15k) non pagati da 3 mesi. Queste PEC arrivano anche alla casella PEC del Presidente del collegio sindacale di Gamma. I sindaci si riuniscono immediatamente e, constatato il grave segnale (IVA e contributi sono tra gli indicatori classici di crisi), il 15 aprile 2024 inviano agli amministratori di Gamma S.p.A. una segnalazione ex art.25-octies, richiamando proprio le inadempienze tributarie/previdenziali come indici di insolvenza e quindi presupposti di crisi. Nella lettera chiedono al CdA di riferire entro 30 giorni sulle misure intraprese. Il CdA di Gamma, messo spalle al muro, il 20 aprile delibera di depositare immediatamente un’istanza di composizione negoziata sulla piattaforma camerale. Ottiene la nomina di un esperto a maggio e contestualmente chiede misure protettive al tribunale (che vengono concesse, sospendendo le azioni esecutive). Inoltre, il CdA comunica ai sindaci entro metà maggio di aver attivato la procedura e di aver intanto trovato un accordo con un factor per smobilizzare alcuni crediti a breve, così da pagare almeno le retribuzioni correnti. La composizione negoziata prosegue per alcuni mesi: l’esperto aiuta Gamma a trattare con l’Erario e l’INPS un piano di rateazione del dovuto (beneficiando anche della riduzione di sanzioni grazie alla procedura). Viene trovato anche un nuovo investitore che è disposto a iniettare capitali freschi se l’azienda ristruttura il debito. A ottobre 2024 Gamma chiude un accordo di ristrutturazione con i creditori (banche e fornitori accettano una riscadenzazione, Erario e INPS dilazionano in 5 anni con garanzie, l’investitore sottoscrive un aumento di capitale). L’accordo viene omologato dal tribunale. Gamma esce dalla composizione negoziata e riprende l’attività su basi più solide. In questa simulazione, le segnalazioni esterne di AE e INPS (arrivate precocemente, quando il debito era ancora contenuto) e la sollecita segnalazione interna dei sindaci hanno fatto sì che l’azienda intraprendesse la via negoziale prima di diventare insolvente (in fondo erano solo pochi mesi di ritardo). Gamma è riuscita a evitare il fallimento e i creditori recupereranno in modo ordinato. Dal punto di vista dell’imprenditore (il CdA di Gamma), sicuramente è stato difficile ammettere la crisi e “mettere in piazza” i problemi con un esperto esterno, ma ciò ha salvato l’azienda e i posti di lavoro. I sindaci di Gamma, dal canto loro, hanno agito in pieno rispetto della legge: segnalazione entro pochi giorni dal fatto, monitoraggio continuo (partecipavano alle riunioni con l’esperto periodicamente). Se per ipotesi l’accordo fosse fallito e Gamma fosse andata in liquidazione, quei sindaci sarebbero stati comunque al riparo da azioni di responsabilità (anzi, probabilmente il curatore li avrebbe visti come alleati nell’agire contro eventuali amministratori negligenti di periodi precedenti). Questo caso mostra come l’allerta esterna e interna possano funzionare insieme: l’una stimola l’altra, e insieme costringono l’impresa a muoversi.

Esempio 3: Inerzia e fallimento di una società di persone
Delta SNC è una società di persone senza organo di controllo. Negli anni 2023-24 subisce un calo di fatturato e i soci prelevano comunque liquidità dall’azienda per esigenze personali, finendo per non pagare vari debiti fiscali. A luglio 2024 Delta SNC riceve dall’Agente della riscossione una segnalazione PEC: risultano cartelle esattoriali affidate e scadute da oltre 90 giorni per €250.000, sopra la soglia di €200.000 prevista per società di persone. La lettera invita a chiedere la composizione negoziata. I due soci amministratori di Delta discutono la cosa, ma uno dei due è scettico (“Composizione negoziata? roba da falliti, e poi dovremmo dire a tutti che siamo in crisi, meglio aspettare, magari arriva quel pagamento in ritardo del cliente X…”). Decidono così di ignorare la segnalazione. Non informano i creditori e non prendono misure serie (se non sollecitare il cliente X, che però poi fallisce a sua volta). Nel frattempo, i debiti con il Fisco aumentano (anche l’IVA del 2024 non viene versata interamente). Ad ottobre 2024 l’Agenzia Entrate-Riscossione iscrive ipoteca su un immobile della società e inizia pignoramenti verso i conti. Delta SNC è a corto di liquidità e a novembre 2024 sospende i pagamenti ai fornitori, che reagiscono presentando istanza di fallimento. A dicembre 2024 il tribunale dichiara il fallimento (liquidazione giudiziale) di Delta SNC per insolvenza manifesta. Nel corso della procedura, il curatore scopre che già dall’estate la società era in crisi conclamata e che c’era stata pure quella segnalazione a luglio. I fornitori, vedendo che i soci hanno prelevato denaro nei mesi critici, avviano (tramite il curatore) un’azione di responsabilità contro i soci-amministratori per aver aggravato il dissesto non ricorrendo tempestivamente a strumenti di regolazione della crisi. In giudizio, i soci provano a difendersi dicendo che “non erano obbligati a fare la composizione negoziata” – tecnicamente vero – ma il curatore li inchioda sull’art. 2086 c.c. e sulla diligenza richiesta. Il giudice civile condanna i soci a risarcire parte del deficit fallimentare, ritenendo che già a luglio avrebbero dovuto bloccare l’attività o tentare un accordo, e che la loro inerzia ha portato a 6 mesi ulteriori di debiti (verso fornitori, Fisco, ecc.). Oltre a ciò, in sede penale i soci vengono accusati di bancarotta semplice perché hanno aggravato il dissesto (non pagando debiti pur continuando l’attività e anzi prelevando cassa). Vengono anche inabilitati all’esercizio di attività commerciale per 2 anni dal tribunale fallimentare. Tutto questo scenario pessimistico è conseguenza diretta della mancata attivazione dopo la segnalazione. Se Delta SNC a luglio avesse aperto la composizione negoziata, forse i fornitori non avrebbero fatto istanza di fallimento e si sarebbe potuto trovare un accordo (magari con cessione di quell’immobile ipotecato per pagare il Fisco e dilazione per i fornitori). Ignorando il segnale, i soci hanno perso l’ultima occasione e ora ne pagano le conseguenze. Questa simulazione, pur triste, evidenzia proprio ciò che la normativa vuole evitare: il fallimento “non gestito” che devasta sia i creditori (che recupereranno poco) sia gli imprenditori (che subiscono sanzioni e perdono l’impresa). È paradigmatica di perché il legislatore ha introdotto l’allerta: se i soci avessero colto l’invito, la storia poteva essere diversa.

Esempio 4: Segnalazione tardiva e responsabilità del sindaco
Epsilon S.r.l. (con sindaco unico) è un caso in cui il sindaco, per eccesso di fiducia negli amministratori, non lancia l’allarme in tempo. Nel 2023 Epsilon inizia a soffrire finanziariamente, ma il sindaco – forse poco diligente – non analizza attentamente i flussi prospettici. A gennaio 2024 la società perde un importante ricorso e viene condannata a pagare €200k entro 60 giorni. L’amministratore è preoccupato ma spera di ottenere un prestito per pagare. Il sindaco viene informato sommariamente ma non interviene. Passano i 60 giorni, Epsilon non paga il debito della causa e a marzo 2024 quel creditore presenta istanza di fallimento. Solo a questo punto il sindaco si sveglia e, su suggerimento di un collega, invia una segnalazione ex art.25-octies dove dichiara che l’azienda è insolvente (ormai lo è) e invita a prendere provvedimenti (di fatto invita a un concordato). Gli amministratori depositano un concordato in extremis, ma è tardi: il tribunale a maggio 2024 apre comunque la liquidazione giudiziale perché ritiene il concordato inammissibile (non c’è tempo per elaborarlo bene). Nel fallimento di Epsilon, il curatore nota che la segnalazione del sindaco è arrivata solo a marzo 2024, quando la società era già di fatto insolvente da mesi. Intenta quindi un’azione di responsabilità anche contro il sindaco, sostenendo che se avesse segnalato prima (nel 2023 quando c’erano segnali, o almeno a gennaio 2024 dopo la sentenza), l’impresa avrebbe potuto forse comporre la crisi diversamente. Il sindaco si difende dicendo di aver comunque fatto la segnalazione prima del fallimento. Ma la perizia del curatore evidenzia che quella segnalazione tardiva è servita a poco, se non a “confessare” che la vigilanza prima non c’era stata. Il giudice, valutando la tempestività, conclude che la segnalazione non fu tempestiva (venne fatta ad insolvenza già conclamata, ben oltre 60 giorni dai primi campanelli). Pertanto, non concede al sindaco l’esimente e anzi lo considera inadempiente. Il sindaco viene condannato in solido con gli amministratori per parte del danno. Questo esempio, analogo a situazioni che in passato sono effettivamente capitate, mostra l’importanza di agire entro i termini giusti: la normativa è chiarissima che solo chi segnala entro 60 giorni dalla conoscenza può aspirare ad attenuanti. Segnalare quando la barca è già affondata non salva il capitano dal giudizio.

Attraverso questi esempi, si può apprezzare come l’allerta precoce, se ben utilizzata, può fare la differenza tra un esito di risanamento e uno di default disordinato. Il punto di vista del debitore è centrale: i meccanismi di allerta sono pensati, in ultima analisi, per dare al debitore una seconda chance di sistemare le cose, se colta in tempo.

Conclusioni

La riforma introdotta dal Codice della crisi e le successive modifiche fino al 2025 delineano un sistema avanzato di emersione anticipata della crisi d’impresa. In questo sistema, l’organo di controllo gioca un ruolo determinante come guardiano della continuità aziendale, dovendo passare da una posizione passiva di mero controllore formale a una posizione attiva di “segnalatore” e facilitare la presa di coscienza da parte degli amministratori. Parallelamente, lo Stato ha attivato i suoi “sensori” attraverso i creditori pubblici, che con le segnalazioni mirate offrono all’imprenditore in difficoltà un segnale chiaro e un suggerimento concreto (composizione negoziata) senza attendere il precipitare degli eventi.

Dal punto di vista dell’impresa debitrice, tutto ciò può essere visto come un intrusione o un campanello d’allarme indesiderato; ma in realtà costituisce un’importante rete di sicurezza. Ricevere una segnalazione – interna o esterna – non equivale a una condanna, bensì a un’opportunità di correzione di rotta. Il legislatore italiano, in linea con l’approccio europeo, punta a responsabilizzare gli imprenditori e i loro organi di controllo, creando un equilibrio fra libertà di iniziativa economica e dovere di tutelare gli stakeholder (creditori, lavoratori, ecc.) da dissesti irreversibili. In quest’ottica, chi conduce l’impresa (soci e amministratori) è chiamato a un cambio di mentalità: parlare della crisi prima che diventi insolvenza non è più un tabù, ma un atto dovuto e persino virtuoso.

Abbiamo visto che la normativa predispone anche vari strumenti e incentivi per accompagnare il debitore: dalla piattaforma telematica con check-up gratuiti, alla figura dell’esperto negoziale, fino alle agevolazioni in caso di accordi. Inoltre, la giurisprudenza e la prassi più recenti tendono a supportare soluzioni flessibili e di buon senso (ad esempio la Cassazione 2025 sul concordato minore che privilegia la continuazione rispetto a formalismi). Ciò significa che c’è un contesto positivo attorno al debitore che vuole reagire.

Viceversa, l’inazione o la reticenza vengono oggi percepite come comportamenti colpevoli: l’epoca del “nascosto finché esplode tutto” è finita, quantomeno per la legge. Un fallimento non preceduto da alcun tentativo di ristrutturazione sarà esaminato con la lente dell’omissione e potrà portare a sanzioni severe per chi avrebbe dovuto intervenire (amministratori e sindaci).

In definitiva, il messaggio chiave per l’imprenditore (debitore) è: “Tieniti sotto controllo da solo, ma se non ci riesci sappi che qualcuno (sindaco o Fisco) ti avviserà; quando ciò accade, non ignorare il campanello, usa gli strumenti che l’ordinamento ti mette a disposizione per aggiustare la rotta. Così potrai magari salvare la tua impresa, o quantomeno limitare i danni e proteggerti da guai peggiori”. Dal canto loro, i professionisti organi di controllo dovranno interpretare il loro ruolo con professionalità e coraggio, consapevoli che oggi un sindaco non è più solo il verificatore di bilancio, ma anche il custode ultimo dell’interesse di continuità e del rispetto della legalità nella crisi d’impresa. Come efficacemente sintetizzato da un commentatore, “nel rinnovato sistema, all’obbligo di segnalazione è affidato il compito di verifica dell’avvenuta osservanza da parte dell’organo di controllo dei doveri di verifica e controllo” – in altri termini, la segnalazione è la cartina di tornasole del lavoro del sindaco.

Guardando avanti, sarà importante monitorare l’evoluzione applicativa di queste norme: man mano che casi concreti giungeranno a sentenza, avremo ulteriori chiarimenti (ad esempio sulla quantificazione dei danni risarcibili, sui confini tra responsabilità di amministratori e sindaci, ecc.). Allo stato attuale, le fonti istituzionali autorevoli – leggi, decreti attuativi, circolari esplicative, e prime pronunce giurisprudenziali – concordano nel tracciare un quadro in cui prevenire è meglio che curare: l’allerta tempestiva è incoraggiata, il risanamento precoce è facilitato, e il debitor in bona fide che agisce con trasparenza viene tutelato (anche tramite l’esdebitazione), mentre chi persevera in condotte opache viene punito.

Questa guida ha affrontato in maniera approfondita il tema “Le segnalazioni dell’organo di controllo nel Codice della crisi”, evidenziandone i risvolti normativi e pratici aggiornati a giugno 2025. Ci auguriamo che risulti utile a professionisti e imprenditori per orientarsi in questo nuovo paradigma normativo: un paradigma in cui il punto di vista del debitore in crisi non è più di isolamento e vergogna, ma di dialogo anticipato e responsabilizzazione reciproca con controllori e creditori, nell’interesse comune di limitare le perdite e salvare il valore d’impresa ogni volta che ciò sia possibile.

Fonti e riferimenti

  • Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza – D.Lgs. 12 gennaio 2019, n.14, come modificato dal D.Lgs. 17 giugno 2022, n.83 (attuazione direttiva UE 2019/1023) – in particolare artt. 2, 25-octies, 25-novies, 37.
  • Codice Civile, artt. 2086, 2403, 2407, 2477, 2486.
  • Camera di Commercio di Verona, pagina informativa “Composizione negoziata… novità D.Lgs. 83/2022” – evidenzia l’abrogazione delle procedure di allerta OCRI sostituite dalla composizione negoziata.
  • CNDCEC (Consiglio Nazionale Dottori Commercialisti), “Indicatori della crisi” (documento sett.2019, agg. 2022) – per approfondimento tecnico sugli indici finanziari di allerta utilizzabili ai sensi art.13 CCII (decreto attuativo).
  • Relazione Illustrativa al D.Lgs. 83/2022 (documenti parlamentari Senato n.323, Camera n.174, 2022) – per il contesto normativo di recepimento direttiva Insolvency e ratio delle modifiche agli artt. 25-octies e 25-novies.

Crisi aziendale in arrivo? Fatti Aiutare da Studio Monardo

Con l’entrata in vigore del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, gli organi di controllo societari (come sindaci e revisori) hanno acquisito un ruolo fondamentale: devono vigilare sulla continuità aziendale e intervenire con segnalazioni tempestive se rilevano indici di crisi o rischio di insolvenza.

Il loro compito non è solo contabile: è un dovere legale. Se l’organo di controllo non segnala tempestivamente i segnali di crisi, può incorrere in responsabilità civile e penale.


Cosa deve segnalare l’organo di controllo?

L’organo di controllo deve attivarsi quando rileva:

  • Indici di squilibrio economico, finanziario o patrimoniale
  • Inadempienze verso Erario, INPS, fornitori o dipendenti
  • Perdita significativa di capitale o riduzione del fatturato
  • Incapacità dell’impresa di onorare le obbligazioni nei tempi previsti
  • Mancata adozione di strumenti di monitoraggio della crisi

La segnalazione va indirizzata all’organo amministrativo, con invito ad attivare tempestivamente uno degli strumenti previsti (come la composizione negoziata).


🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo

📂 Analizza la situazione societaria e valuta l’obbligo o meno di segnalazione
📑 Redige il testo tecnico della segnalazione o assiste nel rispondere a quella ricevuta
⚖️ Tutela l’amministratore o il sindaco da eventuali responsabilità civili e penali
✍️ Assiste nella fase successiva alla segnalazione, attivando strumenti di gestione della crisi
🔁 Coordina i rapporti tra soci, organi sociali, creditori e advisor indipendenti


🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in diritto societario e Codice della Crisi d’Impresa
✔️ Iscritto come Gestore della crisi presso il Ministero della Giustizia


Conclusione

Le segnalazioni dell’organo di controllo non sono facoltative, ma obbligatorie per legge.
Ignorarle o sottovalutarle espone a rischi altissimi. Con l’Avvocato Giuseppe Monardo, puoi gestire correttamente ogni fase, tutelare la società e prevenire responsabilità personali.

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La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

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