Hai un’impresa in difficoltà e ti stai chiedendo se è ancora possibile ottenere credito dalle banche anche durante la crisi? I finanziamenti sembrano bloccati, gli istituti di credito sono diffidenti e vuoi sapere come convincerli a sostenerti invece di chiuderti le porte in faccia?
Anche in una fase di crisi, ottenere credito bancario è possibile, ma solo se sai quali leve attivare, quali documenti presentare e quale messaggio trasmettere. Le banche non finanziano chi nega i problemi, ma possono sostenere chi dimostra trasparenza, consapevolezza e un piano realistico di risanamento.
Le banche concedono credito a imprese in crisi?
Sì, ma solo in alcuni casi:
– Se la crisi è gestita e non degenerata in insolvenza conclamata
– Se esiste un piano credibile di rilancio
– Se l’impresa ha ancora flussi di cassa potenziali o asset da valorizzare
– Se si attiva una procedura protettiva come la composizione negoziata o un piano attestato
Cosa vogliono vedere le banche prima di concedere credito in questi casi?
– Numeri chiari: bilanci, indici, flussi previsionali
– Una diagnosi precisa della crisi: non servono scuse, ma spiegazioni tecniche
– Un piano di intervento scritto e supportato da professionisti
– Un impegno concreto dell’imprenditore, anche in termini di autofinanziamento
– L’avvio di una procedura prevista dal Codice della Crisi, che garantisce maggiore tutela
Come aumentare le probabilità di ottenere credito in una fase critica?
– Predisporre un business plan aggiornato con scenari realistici
– Attivare la composizione negoziata della crisi per mostrare proattività
– Coinvolgere un advisor legale e finanziario che dia autorevolezza alla trattativa
– Mostrare trasparenza assoluta verso la banca, evitando omissioni o reticenze
– Proporre forme di garanzia alternative (assicurative, patrimoniali, personali) solo se sostenibili
E se la banca ha già chiuso i rubinetti?
– Puoi attivare una ristrutturazione del debito bancario in sede negoziale
– In alcuni casi puoi chiedere la moratoria dei rientri o la rimodulazione delle rate
– La composizione negoziata consente di sospendere temporaneamente le pretese
– Puoi trattare nuovi affidamenti vincolati a obiettivi misurabili di risanamento
Cosa NON devi fare?
– Fingere che vada tutto bene quando i dati dicono il contrario
– Accettare condizioni capestro pur di avere liquidità
– Evitare il confronto con il creditore
– Presentarti senza un piano scritto o con documentazione confusa
La chiave è trasformare la crisi in un progetto di rilancio credibile.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto bancario e crisi d’impresa – ti spiega come ottenere più credito dalle banche anche durante una crisi, quali sono gli strumenti giuridici che rafforzano la tua posizione e quali strategie usare per farti finanziare senza peggiorare l’indebitamento.
Hai bisogno urgente di liquidità ma la tua impresa è già in difficoltà? Vuoi sapere se puoi ancora accedere al credito bancario e come presentarti in modo efficace?
Richiedi, in fondo alla guida, una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Esamineremo la tua situazione finanziaria, prepareremo il piano più solido e ti guideremo nei rapporti con la banca per ottenere il credito che ti serve per rilanciare l’attività, anche in piena crisi.
Introduzione
Spesso un’impresa in difficoltà finanziaria teme di non poter più accedere ad alcuna forma di credito bancario. In realtà, anche nel 2025 esistono strumenti giuridici e finanziari che consentono a un’azienda in crisi di ottenere nuovi finanziamenti o di mantenere gli affidamenti esistenti, purché si seguano percorsi rigorosi e nel rispetto delle normative vigenti. Negli ultimi anni, il legislatore italiano ha introdotto regole più stringenti ma anche incentivi per favorire la continuità aziendale, bilanciando l’esigenza di sostenere le imprese meritevoli di risanamento con la tutela dei creditori e la stabilità del sistema bancario.
Questa guida si rivolge a imprenditori, professionisti e avvocati che affrontano casi di crisi d’impresa dal punto di vista del debitore. Con un taglio avanzato ma dal linguaggio chiaro, esamineremo le norme italiane più aggiornate (giugno 2025), incluse le ultime modifiche legislative e pronunce giurisprudenziali, per comprendere come ottenere nuova finanza dalle banche o attraverso canali alternativi quando la propria azienda è in fase di ristrutturazione o tensione finanziaria. Illustreremo sia gli strumenti tradizionali (ad es. affidamenti bancari con garanzie pubbliche, moratorie, finanziamenti “ponte” nelle procedure concorsuali) sia le soluzioni di finanza alternativa (come il fintech lending, i minibond, il factoring, il leasing, etc.), ponendo attenzione a diverse categorie di imprese e settori economici.
La guida include esempi pratici, tabelle riepilogative sui principali strumenti e procedure, una checklist operativa per prepararsi alla richiesta di credito in condizioni di crisi e una sezione di Domande e Risposte (FAQ) per chiarire i dubbi frequenti. Tutte le fonti normative e giurisprudenziali citate saranno elencate nella sezione finale, per consentire ulteriori approfondimenti. Nota: Ci concentriamo sulle imprese in crisi che perseguono la continuità aziendale o il risanamento (dunque anche PMI in composizione negoziata o in concordato preventivo con continuità); non tratteremo nel dettaglio le imprese già avviate a liquidazione (fallimento/liquidazione giudiziale), contesto in cui ottenere nuovo credito è estremamente limitato e di natura differente.
Passiamo ora al quadro normativo attuale, per capire il contesto entro cui muoversi per ottenere credito bancario quando l’impresa è in crisi.
Quadro Normativo Attuale (aggiornato a giugno 2025)
L’accesso al credito di imprese in difficoltà è influenzato da un insieme di norme sia strutturali che emergenziali. Negli ultimi anni si sono susseguite riforme importanti che hanno cambiato il rapporto tra banche e imprese in crisi, con l’obiettivo di favorire il risanamento quando possibile. I tre pilastri normativi da tenere presenti sono:
- Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019, “CCII”) – entrato in vigore il 15 luglio 2022 dopo vari rinvii – ha riformato organicamente la disciplina delle procedure concorsuali. Il Codice introduce obblighi di early warning (allerta precoce) in capo agli amministratori (es. art. 2086 c.c. e art. 3 CCII) e nuovi strumenti come la composizione negoziata della crisi, incoraggiando l’imprenditore ad attivarsi tempestivamente. Per quanto riguarda l’accesso al credito, il CCII contiene diverse disposizioni per favorire nuovi finanziamenti alle imprese in crisi nel contesto di piani di risanamento e procedure concorsuali, garantendo al contempo tutele ai creditori. In particolare, il Codice ha sancito il principio della continuità aziendale come valore da preservare e ha introdotto il concetto di finanziamento prededucibile esteso a vari ambiti (composizione negoziata, concordato preventivo, accordi di ristrutturazione dei debiti). Ciò significa che i nuovi crediti erogati a supporto di un piano di risanamento godono di preferenza nel caso in cui l’impresa fallisca comunque in seguito, rendendo più sicuro per le banche e investitori finanziare imprese in crisi meritevoli. Inoltre, il CCII ha rimosso o attenuato alcuni rischi legali che in passato fungevano da deterrente per le banche, come il timore di incorrere in azioni di responsabilità per abusiva concessione di credito o in sanzioni penali/fallimentari per aver continuato a finanziare imprese decotte. Approfondiremo a breve queste disposizioni (artt. 16, 22, 99-102 CCII, etc.), ma basti qui evidenziare che il legislatore ha voluto segnare un “cambio di cultura” in materia di crisi d’impresa, passando da un approccio punitivo verso chi finanzia un’impresa decotta a un approccio incentivante verso chi la sostiene durante il risanamento.
- Il “Decreto Liquidità” e la normativa emergenziale Covid (2020-2021) – Durante la pandemia di Covid-19 l’accesso al credito è stato sostenuto da massicci interventi pubblici. Il Decreto-Legge 8 aprile 2020 n. 23 (convertito con modifiche dalla L. 40/2020), noto come Decreto Liquidità, ha introdotto garanzie statali straordinarie sui finanziamenti bancari alle imprese, tramite il Fondo Centrale di Garanzia PMI e tramite SACE (per le aziende più grandi). In particolare, fino a fine 2021 molte imprese in temporanea difficoltà hanno potuto ottenere prestiti coperti all’80-100% dallo Stato, moratorie ex lege sui mutui in essere e altre facilitazioni (come la sospensione delle esposizioni senza classificarle immediatamente a sofferenza). Tali misure erano subordinate al fatto che l’impresa non fosse formalmente “in difficoltà” al 31/12/2019 ai sensi della definizione UE, ma in deroga si è estesa la platea anche a piccole imprese già in crisi pre-pandemia (grazie al Temporary Framework UE). Questi strumenti emergenziali hanno temporaneamente attenuato le restrizioni di credito durante la crisi Covid, ma dal 2022 sono stati gradualmente ridimensionati o assorbiti nella normativa ordinaria. Ad esempio, i prestiti fino a 30.000 € garantiti al 100% dallo Stato (cd. “piccolo prestito Covid”) non sono più disponibili; invece il concetto di garanzia pubblica potenziata è rimasto (sebbene con percentuali ridotte) come parte integrante del sistema di aiuti ordinari alle PMI.
- La Legge di Bilancio 2025 e la riforma del Fondo di Garanzia PMI – Con la Legge 30 dicembre 2024 n. 207 (Bilancio 2025) il Governo ha prorogato fino al 31/12/2025 le misure straordinarie del Fondo di Garanzia PMI introdotte nel 2020, ma con parametri rivisti. In questa “nuova fase” del Fondo, l’obiettivo è continuare a sostenere l’accesso al credito delle PMI (ancora in contesto post-pandemico e di aumento dei costi energetici) pur rientrando gradualmente in regime ordinario. Le principali novità del 2025 includono: copertura massima all’80% per finanziamenti finalizzati a investimenti (e 50% per finanziamenti di liquidità pura), tetto di importo garantibile per singola impresa confermato a 5 milioni di euro, innalzamento del limite per il microcredito a 100.000 € (prima era 40k, poi 75k) con procedure semplificate, ed estensione parziale delle garanzie statali anche a imprese Mid-Cap (aziende medio-grandi fuori dalla definizione PMI) con copertura ridotta. Inoltre, il Fondo 2025 introduce criteri di valutazione del merito creditizio aggiornati (nuovo modello di rating MCC 2023), con attenzione a progetti di transizione digitale ed ecologica. Per le imprese in crisi, è fondamentale sapere che l’accesso al Fondo di Garanzia può essere precluso se l’azienda rientra nella definizione di “impresa in difficoltà” secondo la normativa UE sugli aiuti di Stato (art. 2 par. 18 Reg. 651/2014). In pratica, se un’azienda ha già eroso gran parte del capitale proprio o si trova in procedura concorsuale, non può ottenere garanzie pubbliche “ordinarie” (salvo deroghe temporanee come quelle Covid ormai scadute). Tuttavia, molte imprese in tensione finanziaria ma non ancora insolventi possono ancora accedere al Fondo PMI presentando un piano credibile di rilancio: la valutazione caso per caso da parte del gestore del Fondo (Mediocredito Centrale) terrà conto del fatto che ci sia un percorso di risanamento in corso. In sintesi, il quadro normativo attuale offre, da un lato, strumenti di allerta e procedure negoziate per gestire la crisi all’interno di un alveo legale (evitando soluzioni improvvisate o il procrastinare illecito del dissesto) e, dall’altro lato, garanzie pubbliche e linee guida bancarie per evitare che imprese temporaneamente in difficoltà vengano tagliate fuori dal credito in modo irreversibile.
Va ricordato infine che a marzo 2025 ABI (Associazione Bancaria Italiana) e le principali associazioni imprenditoriali hanno emanato delle Linee Guida congiunte per il sostegno alle imprese in temporanea difficoltà. Queste linee guida invitano le banche a valutare con approccio consensuale eventuali richieste di moratoria o rinegoziazione del debito, evitando la classificazione immediata a sofferenza quando ci sono margini di recupero e un dialogo aperto con il cliente. In altre parole, le banche sono incoraggiate a concedere sospensioni dei pagamenti o allungamenti nei rimborsi prima di revocare gli affidamenti, soprattutto se l’imprenditore segnala tempestivamente la crisi e avvia percorsi di composizione assistita. Le Linee Guida ABI 2025 indicano anche le procedure per estendere le garanzie pubbliche (Fondo PMI, ISMEA, SACE) nel caso di sospensione delle rate, in modo che la banca non sia costretta a revocare il fido per scadenza della garanzia. Si tratta di strumenti volontari, ma che definiscono uno standard di buona condotta: dal punto di vista del debitore, conoscere queste possibilità significa poter negoziare con la propria banca soluzioni temporanee (come una moratoria di 6-12 mesi) per superare la fase acuta della crisi senza perdere del tutto il supporto creditizio.
In sintesi, il contesto normativo odierno spinge verso la tempestività e la trasparenza: l’impresa in crisi che si muove per tempo, adottando adeguati assetti organizzativi (come richiesto dall’art. 2086 c.c.), coinvolgendo esperti indipendenti e dialogando con i creditori, ha maggiori chance sia di accedere a nuovi finanziamenti protetti, sia di conservare quelli esistenti. Nei capitoli successivi analizzeremo concretamente come tradurre queste norme in strategie per ottenere credito.
Canali Tradizionali di Finanziamento durante la crisi
In questa sezione vediamo come un’impresa in crisi possa ottenere o mantenere credito attraverso i canali bancari tradizionali, tenendo conto delle regole e prassi operative aggiornate. Ci focalizzeremo su: istruttoria e merito creditizio in situazione di crisi, l’uso di garanzie (pubbliche e private) per facilitare il credito, la gestione delle linee di fido preesistenti (prevenendo revoche o decadimenti), nonché le possibilità offerte da norme speciali (finanziamenti prededucibili autorizzati dal tribunale nelle procedure).
Valutazione del merito creditizio e istruttoria bancaria in presenza di crisi
Dal punto di vista della banca, concedere nuovo credito a un’azienda in crisi rappresenta un’operazione ad alto rischio. Pertanto, l’istruttoria sarà particolarmente rigorosa. Cosa guardano le banche quando un’impresa chiede finanziamenti mentre è in difficoltà? In genere:
- Andamento economico-finanziario recente: verranno analizzati gli ultimi bilanci e soprattutto i flussi di cassa e gli indici di sostenibilità del debito (ad es. Debt Service Coverage Ratio – DSCR, rapporto tra cassa generata e debito da rimborsare). Un DSCR inferiore a 1 segnala incapacità di servire il debito con i flussi operativi, il che rende quasi impossibile ottenere ulteriore credito se non intervengono garanzie o piani di turnaround.
- Piano industriale e di risanamento: è fondamentale presentare alla banca un piano dettagliato che spieghi come l’azienda intende risollevarsi. Il piano deve includere proiezioni realistiche di ricavi/costi, misure di taglio spese o dismissioni di asset non strategici, e l’eventuale apporto di nuovi capitali (dei soci o di investitori terzi). Le banche valuteranno se le prospettive di risanamento sono ragionevoli. La Cassazione ha sottolineato che ex post, per giudicare la correttezza di un credito concesso a un’impresa poi fallita, va verificata la ragionevolezza delle prospettive di risanamento ex ante. Dunque, un piano aziendale credibile e asseverato da un professionista indipendente (come un attestatore) può fare la differenza nel convincere la banca.
- Garanzie offerte: vedremo nel prossimo sottoparagrafo le varie garanzie possibili. In fase di istruttoria la banca analizzerà se l’azienda può offrire garanzie reali (es. ipoteche su immobili di proprietà, pegni su macchinari, polizze assicurative vincolate) o garanzie personali (fideiussioni di soci o di terzi). Inoltre, valuterà l’eventuale presenza di una garanzia pubblica (come quella del Fondo PMI fino all’80%). Più il credito è garantito, maggiore è la probabilità di ottenerlo, pur restando necessario il requisito minimo di merito creditizio prospettico.
- Centrale Rischi e storico creditizio: la banca controllerà l’andamento delle esposizioni esistenti dell’impresa (e dei suoi esponenti) nella Centrale Rischi di Bankitalia. Segnalazioni di sconfinamenti frequenti, ritardi nei pagamenti delle rate, o – peggio – classificazioni a sofferenza da parte di altre banche costituiranno seri ostacoli. È importante per il debitore, se possibile, mantenere regolari i rapporti in corso (ad esempio onorando almeno in parte gli impegni, o negoziando moratorie prima di accumulare arretrati).
- Settore di attività e scenario: il contesto settoriale incide. In fase di crisi, settori ciclici o ad alta volatilità (es. edilizia, ristorazione) possono essere considerati più rischiosi dalle banche rispetto a settori più stabili (farmaceutico, alimentare). Nel 2023-2024 molte banche hanno rivisto le proprie politiche di credito settoriali, riducendo l’esposizione verso comparti ancora deboli post-Covid (es. turismo in alcune regioni) e ponendo criteri addizionali (piani focalizzati sulla sostenibilità, sulla digitalizzazione etc., in linea con PNRR). L’imprenditore in crisi deve essere consapevole di questi fattori esterni: talvolta la difficoltà ad avere prestiti non dipende solo dai propri numeri ma anche da una stretta creditizia generale sul settore di appartenenza.
Documentazione: Preparare un dossier completo e trasparente è cruciale. La banca chiederà certamente: ultimi 3 bilanci depositati (con relative note integrative), situazione contabile aggiornata dell’anno in corso, elenco dettagliato di tutti i debiti scaduti (verso fornitori, erario, banche, dipendenti), portafoglio ordini e contratti in essere, ecc. Inoltre, se si è attivata una procedura formale (composizione negoziata, domanda di concordato in bianco, ecc.), bisognerà consegnare i relativi atti: ad esempio, la relazione dell’esperto indipendente nella composizione negoziata o la relazione dell’attestatore in un piano di risanamento. Questi documenti attestano la fattibilità del piano e aiutano la banca a giustificare internamente la concessione del credito. Bisogna infatti considerare che la banca, oltre al rapporto col cliente, ha obblighi verso i propri organi di controllo e autorità di vigilanza: ogni nuovo affidamento dovrà superare il vaglio delle normative prudenziali (Basilea, EBA). Ad esempio, se l’azienda è in concordato preventivo, il nuovo finanziamento potrà essere erogato solo se conforme ai requisiti di legge (autorizzazione del tribunale, prededuzione, ecc.) e sarà classificato contabilmente come esposizione “in bonis con forbearance” o simile, a seconda dei casi. Dunque fornire tutta la documentazione necessaria riduce le incertezze e i tempi di decisione.
In pratica, dal lato del debitore, è bene anticipare le richieste della banca: preparare un piano finanziario realista, corredato magari da una relazione di un advisor, mostrare collaborazione e fornire evidenze di impegni personali (es. disponibilità dei soci a capitalizzare o garantire) è spesso determinante. Se la banca percepisce un serio impegno al risanamento e una chance di recupero, sarà più incline a sostenere l’impresa, anche magari modulando il tipo di affidamento (ad esempio, preferendo crediti autoliquidanti come l’anticipo fatture, piuttosto che un mutuo chirografario puro, per limitare il rischio).
Garanzie pubbliche e private: il ruolo del Fondo PMI, Confidi e altri supporti
Offrire adeguate garanzie è una delle leve principali per ottenere credito in una situazione di crisi. Vediamo i principali tipi di garanzie e strumenti di supporto disponibili:
- Garanzia del Fondo Centrale PMI: Come accennato, il Fondo di Garanzia pubblica può coprire fino all’80% di un nuovo finanziamento bancario a una PMI, a certe condizioni. In pratica, se la banca concede un prestito di €100.000 con garanzia statale all’80%, il rischio effettivo per la banca è di soli €20.000 (il restante è garantito dallo Stato). Ciò agevola enormemente l’accesso al credito, perché riduce l’assorbimento di capitale per la banca. Occorre però che l’operazione rientri nelle categorie ammissibili: in generale investimenti e capitale circolante per piani di sviluppo o ristrutturazione. Dal 2023 sono tornati i massimali standard: 80% di garanzia su finanziamenti per investimenti e 60% (ora 50% dopo la riforma 2025) su finanziamenti per liquidità e consolidamento debiti, con qualche eccezione (startup innovative e imprese femminili godono di 80% anche per liquidità). È importante notare che la garanzia pubblica non è automatica: l’azienda deve avere i requisiti (formali e di scoring) e la banca deve presentare domanda al Fondo. In fase di istruttoria, comunque, molte banche simulano già l’esito della richiesta al Fondo PMI. Per l’imprenditore, vale la pena informarsi se la propria richiesta di finanziamento può essere coperta dal Fondo e segnalarlo alla banca. Ad esempio, un ristoratore che intenda rinnovare la cucina con un prestito di €100.000, può ottenere l’80% garantito dallo Stato (80.000 €) e la banca rischierà solo 20.000 €. Ciò rende molto più probabile l’approvazione, se il resto della pratica è in ordine.
- Confidi e garanzie collettive: I Confidi (consorzi di garanzia tra PMI) possono facilitare l’accesso al credito prestando garanzie fino all’80% e oltre, spesso in combinazione con la contro-garanzia del Fondo PMI. In pratica, un Confidi locale può garantire un finanziamento al 80% e ottenere a sua volta dal Fondo Centrale una copertura del 90% su quanto garantito. Questo meccanismo a riassicurazione riduce ulteriormente il rischio per la banca. I Confidi inoltre offrono assistenza nella fase di istruttoria e spesso hanno convenzioni con le banche. Per l’azienda in crisi, rivolgersi a un Confidi di categoria (artigiani, commercianti, industriali) può essere utile: si ottiene una valutazione preventiva e, se il Confidi accetta di garantire, la banca è più propensa a concedere il credito. Occorre però considerare che i Confidi richiedono il pagamento di commissioni e talvolta un deposito cauzionale. Nel 2025 il segmento microcredito tramite Confidi è stato potenziato: ad esempio, per microprestiti fino a €50.000 (imprese fino a 10 addetti) la garanzia Confidi copre l’80% e il Fondo PMI contro-garantisce al 90%, facilitando piccoli finanziamenti per realtà molto piccole.
- Fideiussioni personali: Nella prassi bancaria italiana, specie con PMI, la garanzia personale dei soci o dell’imprenditore è quasi sempre richiesta. In situazione di crisi, è praticamente certo che la banca domanderà ai proprietari di metterci la faccia, ovvero firmare fideiussioni a garanzia del nuovo credito. Queste garanzie rendono i soci (o terzi garanti) obbligati in solido verso la banca. È una scelta delicata: il socio rischia il proprio patrimonio personale, ma spesso è l’unica via per ottenere il prestito. Bisogna fare attenzione alle clausole: molte fideiussioni bancarie standard (schema ABI 2003) sono state dichiarate nulle negli ultimi anni per violazione della normativa antitrust. Occorre quindi utilizzare modelli conformi alla legge. Dal lato del debitore, può essere utile negoziare limiti alla fideiussione (ad es. un importo massimo garantito, o la durata) e verificare con un legale la validità delle clausole.
- Garanzie reali su beni dell’impresa: Se l’azienda possiede immobili o macchinari di valore libero da vincoli, offrire un’ipoteca o un pegno può dare confort aggiuntivo alla banca. Ad esempio, se si chiede un prestito per liquidità, la banca potrebbe gradire un’ipoteca su un capannone di proprietà come garanzia di secondo grado. Tuttavia, bisogna considerare che in molti casi di crisi questi asset sono già impegnati per altre esposizioni. Inoltre la concessione di nuove garanzie a un creditore va valutata attentamente se l’impresa è vicina all’insolvenza: in una successiva procedura fallimentare, quelle garanzie potrebbero essere soggette a revocatoria se costituite nell’anno antecedente il fallimento come garanzie per debiti pregressi. Al contrario, le garanzie concesse a fronte di finanziamenti nuovi erogati (ad es. pegno su credito, ipoteca su nuovo mutuo) in esecuzione di un piano concordatario omologato o autorizzato dal tribunale sono esenti da revocatoria. Anche le garanzie concesse durante la composizione negoziata autorizzata restano efficaci. Quindi, se possibile, coordinare la concessione di garanzie reali con le tutele offerte dalla legge (ad esempio inserendole in un contesto di concordato) può mettere al riparo sia la banca sia l’impresa da future contestazioni.
- Interventi pubblici o parapubblici: Alcuni settori hanno enti specializzati che offrono garanzie. Ad esempio, in agricoltura c’è ISMEA, che può garantire fino al 70-80% di finanziamenti agrari (spesso gratuitamente). Nelle operazioni di export, SACE può fornire garanzie o assicurazioni sul credito. Per imprese di maggiori dimensioni in crisi, esistono strumenti come il Fondo Salvaguardia Imprese (gestito da Invitalia) che interviene nel capitale o con garanzie per aziende strategiche. Questi strumenti sono mirati ma vanno considerati: l’imprenditore dovrebbe chiedere alla propria associazione di categoria o consulente se vi sono bandi o fondi specifici cui attingere (regionali, PNRR, etc.) che prevedano garanzie su finanziamenti bancari per il suo settore.
In conclusione su questo punto, massimizzare le garanzie è quasi sempre necessario per ottenere credito in fase di crisi. Ad esempio, una possibile struttura di sicurezza per un nuovo prestito potrebbe essere: 80% garantito dal Fondo PMI, e sul restante 20% la banca prende ipoteca o richiede fideiussione. In questo modo l’esposizione residua è comunque parzialmente coperta e la finalità pubblica della garanzia non viene elusa (infatti, non è consentito che la banca ottenga garanzie aggiuntive sul 100% del prestito se vuole la copertura statale; può però garantire la parte non coperta). L’azienda deve essere pronta a offrire questo genere di soluzioni.
Un altro aspetto da considerare sono i covenant: nell’atto di finanziamento la banca può inserire clausole che obbligano l’impresa a rispettare certi parametri (es. mantenere un certo DSCR minimo, non aumentare l’indebitamento oltre un tot, vendere un asset entro una data, ecc.). In crisi, questi covenant saranno probabilmente presenti e stringenti, perché la banca vuole monitorare il recupero. Dal punto di vista del debitore, è importante negoziare covenant ragionevoli e realistici, per non incorrere immediatamente in default contrattuale. Ad esempio, se si prevede un primo anno ancora in perdita prima del ritorno all’utile, assicurarsi che il covenant di redditività tenga conto di ciò.
Gestione delle linee di credito esistenti: moratorie e mantenimento degli affidamenti
Oltre a ottenere nuova finanza, un’impresa in crisi deve preoccuparsi di gestire al meglio il credito già ottenuto in passato, per non perderlo. Ci riferiamo in particolare alle linee di credito autoliquidanti (anticipi su fatture, castelletto sconto, anticipo ordini) e alle linee di cassa (affidamenti in conto corrente) che molte PMI hanno in essere. Quando l’impresa entra in crisi, spesso le banche tendono a ridurre o revocare questi affidamenti per limitare l’esposizione. Tuttavia, oggi vi sono alcune protezioni normative:
- Innanzitutto, se l’impresa accede alla composizione negoziata della crisi, le banche non possono revocare o sospendere gli affidamenti solo per questo motivo (art. 16, comma 5 CCII). La notizia che l’azienda ha avviato trattative assistite da un esperto non deve far scattare automaticamente il taglio dei fidi. Ciò è molto importante: il legislatore ha voluto evitare che attivare gli strumenti di aiuto si traduca in una condanna a morte finanziaria. Quindi, dal momento in cui si deposita l’istanza di nomina dell’esperto per la composizione negoziata, eventuali revoche di credito da parte delle banche dovranno avere altre giustificazioni (ad es. inadempimenti gravi) e non il mero “stato di crisi” comunicato. In pratica, il debitore può dialogare con le banche forte di questa norma, chiedendo almeno di mantenere le linee durante le trattative. Alcune pronunce recenti confermano sanzioni per la banca che ritira gli affidamenti senza considerare le prospettive di risanamento: ad esempio il Tribunale di Napoli, sentenza del 25 marzo 2025, ha ritenuto abusiva la revoca di credito a un’impresa in squilibrio patrimoniale senza valutare un piano in corso, citando proprio l’art. 16 CCII.
- Moratorie concordate (Accordo ABI): come accennato, nel 2025 è attivo un nuovo protocollo ABI-imprese per la sospensione dei pagamenti. Un’impresa in temporanea difficoltà può chiedere alla banca una sospensione delle rate di mutui o leasing e/o una congelazione del rientro sulle linee a revoca per un periodo (es. 6 mesi prorogabili). Le linee guida ABI 2025 prevedono che la banca valuti queste richieste e, se concesse, non classifiche automaticamente l’esposizione come deteriorata (forborne/non performing), purché vi sia un’aspettativa di ripresa. Ciò è fondamentale: durante le moratorie Covid, le esposizioni sospese venivano “congelate” ai fini degli indici di default. In regime ordinario, una sospensione accordata bilateralmente rischia di far scattare la classificazione a forborne (ristrutturate) o addirittura a default secondo le regole EBA se c’è diminuzione del valore attuale. Le linee guida spingono affinché tali misure siano concesse senza penalizzazioni eccessive, lavorando anche con le autorità di vigilanza per allentare i vincoli. Consiglio pratico per il debitore: se la crisi è temporanea (es. calo di liquidità per qualche mese) e avete mutui/leasing in corso, chiedere subito al gestore banca la possibilità di moratoria volontaria citando le nuove linee guida. Questo può evitare insolvenze e lasciare risorse per la gestione operativa nell’immediato. Spesso le banche aderiscono a schemi standard (ad es. Accordo per il Credito 2019 ancora vigente e rinnovato negli anni).
- Rinegoziazione e consolidamento: un’altra soluzione tradizionale è rinegoziare il debito spalmando le scadenze. Ad esempio, convertire un’esposizione bancaria a breve termine (scoperto di conto, anticipi su fatture utilizzati e non coperti) in un prestito a medio termine. Le banche talvolta propongono questo, magari aumentando le garanzie a fronte (ipoteca). Il consolidamento riduce la pressione di cassa immediata. Anche qui, l’azienda può attivarsi proponendo un piano di rientro credibile. Da notare però che una rinegoziazione del genere, se fatta fuori da una procedura, tecnicamente può essere vista come ristrutturazione del credito e portare la posizione in categoria “forborne” (ristrutturata). Ciò rimarrà in Centrale Rischi per qualche tempo come segnale negativo. Tuttavia, se l’alternativa era il default, è comunque preferibile. Se invece la rinegoziazione avviene nell’ambito di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ex art. 48 CCII, allora rientra in un alveo protetto (e la classificazione sarà come da piano).
Un elemento chiave, collegato ai precedenti, è la responsabilità della banca nella concessione o mantenimento del credito. Le banche sanno di poter essere chiamate in causa per concessione abusiva di credito se finanziano imprese decotte aggravandone il dissesto. In passato, ciò le induceva a troncare i rapporti appena fiutati segnali di crisi. Oggi, grazie alle linee guida e alla legge, c’è maggiore equilibrio: finanziare un’impresa non è abusivo se fatto con criteri prudenti e su basi razionali. La Cassazione ha chiarito che la banca non risponde dei danni se, al momento di decidere il finanziamento, l’operazione appariva coerente con principi di sana e prudente gestione ed era supportata da un business plan ragionevole. In altre parole, se c’era un piano di risanamento credibile, non si potrà poi accusare la banca di aver concesso credito “facile”. Viceversa, continuare a finanziare un’impresa ormai insolvente senza prospettive concrete può esporre la banca a responsabilità: una recente ordinanza (Cass. 19 febbraio 2024 n.4376) ha addirittura affermato che erogare denaro a un’impresa già in decozione (dissesto conclamato) è contrario al buon costume e il finanziatore non ha diritto alla restituzione di quanto dato, trattandosi di operazione predatoria che ritarda il fallimento e aggrava il passivo. Queste pronunce creano un forte deterrente. Dunque, dal lato dell’impresa, è essenziale dimostrare alla banca che non ci si trova in una situazione disperata, ma che c’è una strategia di recupero. Bisogna offrire trasparenza e coinvolgere la banca come partner nel rilancio, non come ultimo salvagente di un naufragio. Ad esempio, condividere con la banca le evidenze che alcuni indicatori stanno risalendo (un portafoglio ordini in crescita, nuovi contratti firmati, ingresso di un investitore, ecc.) aiuterà il funzionario bancario a motivare internamente il mantenimento del fido.
Riassumendo le vie tradizionali:
- Nuovi prestiti bancari: possibili ma solo con solide garanzie (Fondo PMI 80%, ipoteche, fideiussioni) e un piano approvato. Tassi d’interesse probabilmente alti per riflettere il rischio.
- Conferma linee esistenti: sfruttare protezioni normative (art.16 CCII in composizione negoziata) e muoversi in anticipo per negoziare moratorie/riduzioni temporanee di utilizzi.
- Consolidamento: può allungare i tempi di rientro, meglio se fatto all’interno di un accordo omologato per avere esenzioni da revocatorie e un quadro legale chiaro.
- Approccio proattivo: la banca preferisce chi prende l’iniziativa. Se l’impresa propone per prima soluzioni di buon senso (ad es. “concedimi 6 mesi di sola quota interessi sul mutuo e in cambio ti do maggiore trasparenza mensile sui dati di cassa”), sarà vista come affidabile nonostante le difficoltà.
Nel prossimo paragrafo, esamineremo gli strumenti concorsuali e legali specifici – come i finanziamenti autorizzati in concordato preventivo o in composizione negoziata – che consentono di ottenere nuova finanza “protetta”. Questi strumenti spesso si intrecciano con i canali bancari tradizionali visti finora, offrendo però un ombrello giuridico sia a chi eroga sia a chi riceve il credito.
Strumenti di Finanziamento nelle Procedure di Crisi d’Impresa
Il diritto concorsuale italiano prevede oggi una gamma di strumenti che consentono all’imprenditore in crisi di reperire finanza durante il percorso di risanamento, con l’autorizzazione (e la supervisione) dell’autorità giudiziaria. Tali finanziamenti godono dello status di prededucibilità, cioè verranno rimborsati con priorità su quasi tutti gli altri debiti se la procedura dovesse sfociare in una liquidazione giudiziale. Inoltre, sono previsti scudi contro alcune azioni (niente revocatorie fallimentari su pagamenti/gare agli stessi, niente azioni di responsabilità per i finanziatori, ecc.). In questa sezione analizziamo i principali strumenti: composizione negoziata della crisi, concordato preventivo (in continuità), accordi di ristrutturazione dei debiti, piani attestati di risanamento, e il caso particolare dei finanziamenti dei soci.
Per comodità, presentiamo una tabella riepilogativa dei principali strumenti concorsuali e il trattamento dei nuovi finanziamenti in ciascuno:
Procedura/Strumento | Nuovi finanziamenti prima dell’omologazione | Finanziamenti durante esecuzione del piano | Tutele per i finanziatori |
---|---|---|---|
Composizione negoziata (strumento stragiudiziale assistito) | Possibili con autorizzazione del Tribunale su parere dell’esperto (art. 22 CCII). Prededucibili se autorizzati. | N/A (fase esecutiva coincide con accordi successivi o piano extragiudiziale) | Esenzione da revocatoria e protezione penale/ civile per atti autorizzati (art. 24 CCII); deroga a postergazione soci (art.25 c.8 CCII). |
Concordato Preventivo (con continuità aziendale) | Possibili finanziamenti interinali prima dell’omologa, con autorizzazione Tribunale (art. 99 CCII), se funzionali alla continuità e miglior soddisfazione creditori. Prededucibili solo se il concordato verrà ammesso/omologato. | Finanziamenti in esecuzione del concordato omologato (art. 101 CCII): prededucibili purché previsti dal piano. Non serve ulteriore autorizzazione, ma devono essere attuati come da piano. | Autorizzabili garanzie reali a supporto (pegno/ipoteca) in sede di art.99; esenzione da revocatoria per pagamenti e garanzie eseguiti secondo il piano omologato (art. 166 CCII); esonero responsabilità penale per atti in linea con piano. |
Accordo di ristrutturazione dei debiti (art.57 CCII e ss.) | Possibili nuovi finanziamenti pre-omologa analoghi al concordato (art. 99 CCII si applica anche ad accordi, compresi “agevolati” e “estesi”). Prededucibili se previsti dall’accordo e se questo viene omologato. | Finanziamenti in esecuzione dell’accordo omologato: prededucibili se previsti (art.101 CCII richiamato). | Stesse tutele del concordato: garanzie autorizzabili, esenzione revocatorie post-omologa, niente azione di responsabilità se rispetto requisiti. Inoltre, l’accordo omologato vincola solo i aderenti (per non aderenti, se “esteso”, regole particolari). |
Piano attestato di risanamento (art.56 CCII, ex art.67 LF) | È un accordo stragiudiziale con attestazione professionista, non richiede omologa. Nuovi finanziamenti erogati secondo il piano non hanno prededuzione ex lege, ma possono evitare revocatoria se il piano è idoneo e pubblicato su registro imprese. | Durante esecuzione del piano attestato, eventuali finanziamenti sono parte del piano stesso (niente status concorsuale speciale, ma segnalano fiducia nel piano). | Tutela limitata: efficacia esimente da revocatoria per atti eseguiti in coerenza col piano attestato (art. 56 co.3 CCII). Nessuna prededuzione garantita se interviene fallimento successivo. Rischi civili per banche minori se piano inattendibile (si ricade nel regime generale di concessione abusiva, mitigato però dall’attestazione professionale come prova di diligenza). |
Liquidazione controllata/giudiziale | (Di norma non concepisce nuova finanza, se non crediti di esercizio provvisorio) | N/A (impresa cessata o in liquidazione, salvo esercizio provvisorio limitato) | – (nuovi crediti per massa liquidatoria godono di prededuzione ma sono tipicamente anticipazioni su realizzi). |
Finanziamenti dei soci (postergazione) | Se i soci apportano fondi durante la crisi, fuori da piani omologati, tali crediti sarebbero postergati ex art.2467 c.c. In deroga, l’art.102 CCII consente, in caso di concordato o accordo omologato, la prededucibilità fino all’80% del finanziamento soci. | Se il socio finanzia diventando socio in esecuzione del concordato (equity swap), la prededuzione copre il 100% dell’importo finanziato (art.102 c.2 CCII). | Deroga alla postergazione: i soci finanziatori vengono rimborsati prima dei chirografari (entro l’80% del credito) in caso di insolvenza successiva. Ciò incentiva i soci ad immettere risorse fresche. (Attenzione: se il concordato/accordo non va a buon fine, la prededuzione dei soci vale solo in quel contesto autorizzato). |
Come si nota dalla tabella, il denominatore comune è che, nelle procedure di regolazione della crisi, la legge cerca di incoraggiare l’afflusso di nuova finanza per salvare l’impresa, offrendo in cambio a chi finanzia:
- una posizione privilegiata (prededucibile) in caso di fallimento successivo,
- protezione da azioni revocatorie e da responsabilità civili o penali, purché il finanziamento sia autorizzato e funzionale al piano di risanamento.
Dal punto di vista pratico per il debitore, questo significa che se la tua impresa è in crisi e hai bisogno di liquidità aggiuntiva, può essere conveniente incanalare l’operazione all’interno di una procedura concorsuale o para-concorsuale. Ad esempio:
- Se sei in composizione negoziata, puoi chiedere al tribunale di autorizzare un nuovo finanziamento (anche da parte di un nuovo investitore o dei soci stessi) che servirà a proseguire l’attività durante le trattative. Dovrai dimostrare che quei soldi sono indispensabili per la continuità e il migliore soddisfacimento dei creditori, magari per comprare materie prime o pagare fornitori critici. L’esperto nominato dovrà dare un parere favorevole e il giudice, con procedimento rapido, può autorizzare la banca a erogare il prestito in prededuzione. Questa somma sarà poi ripagata con priorità se la situazione dovesse precipitare in fallimento, e gli effetti dell’atto (es. eventuale ipoteca a garanzia) restano validi anche se passi a concordato o liquidazione. Ciò rende la banca più disponibile a concederlo. Nella pratica sono stati autorizzati finanziamenti ponte durante composizioni negoziate di varie imprese nel 2022-2024, spesso per importi contenuti e con istruttoria semplificata vista l’urgenza.
- Se opti per un concordato preventivo in continuità (anche la domanda “in bianco” prenotativa), puoi richiedere contestualmente l’autorizzazione a ottenere un finanziamento bancario in attesa dell’omologazione. Questo è utile per non fermare la produzione nei mesi di procedura. Ad esempio, un concordato in continuità può prevedere che una banca conceda €500.000 di liquidità immediata, garantita da pegno su magazzino e autorizzata dal tribunale, per consentire all’impresa di evadere ordini durante il concordato. L’indipendente attestatore deve certificare che il finanziamento è funzionale alla continuità aziendale e conveniente per i creditori (cioè migliora il risultato rispetto a non ottenerlo). Il giudice decide entro 10 giorni. Se poi il concordato va a buon fine (omologa), quel prestito sarà rimborsato come prededucibile nel tempo, se invece il concordato fallisce, il prestito resta prededucibile in fallimento solo se era stato effettivamente usato come da piano e disposto nel decreto di ammissione. Questa incertezza (“prededuzione condizionata all’esito”) può rendere qualche banca cauta, ma la protezione c’è se le cose seguono l’iter corretto.
- Negli accordi di ristrutturazione (un’alternativa al concordato, negoziata con almeno il 60% dei crediti), valgono regole analoghe: prima dell’omologa il tribunale può far dare finanziamenti ponte prededucibili, e dopo l’omologa quelli previsti dall’accordo sono tutti prededucibili. Ad esempio, si può prevedere nel accordo che un nuovo investitore apporti denaro fresco per pagare i creditori strategici; quell’apporto godrà di priorità.
- Il piano attestato di risanamento, di per sé, non offre prededuzione. Ma è comunque uno strumento utile: molte banche, infatti, acconsentono a nuove operazioni di finanziamento o rinegoziazione se inserite in un piano attestato. Pur non avendo il “sigillo” del tribunale, il piano attestato (ex art. 56 CCII) firmato da un professionista indipendente dà alla banca comfort che il risanamento è plausibile. Inoltre, se il piano è pubblicato presso il Registro delle Imprese, gli atti esecutivi (pagamenti, garanzie) non sono soggetti a revocatoria fallimentare. Quindi la banca può erogare, ad esempio, un nuovo mutuo ipotecario destinato a pagare debiti fiscali, sapendo che tale mutuo (e la relativa ipoteca) non sarà revocabile in caso di successivo fallimento, perché rientra nell’esenzione del piano attestato. Il credito della banca però, non essendo “prededucibile”, in caso di fallimento concorrerebbe con gli altri (salvo l’ipoteca che comunque la tutela su quell’immobile).
Un cenno a parte meritano i finanziamenti dei soci: spesso nelle crisi i primi a mettere mano al portafoglio devono essere i proprietari stessi. Tuttavia, il codice civile (art. 2467 c.c.) prevede che i crediti dei soci verso la società siano postergati, cioè rimborsati dopo gli altri creditori, se concessi in un momento di sottocapitalizzazione dell’azienda. Il CCII, come visto, deroga in parte a questo principio: se i soci finanziano l’azienda all’interno di un concordato o accordo omologato, il loro credito viene trattato come prededucibile sino all’80%. Ciò significa che se i soci hanno messo €100.000 nel concordato, in un futuro fallimento potrebbero riprenderne €80.000 prima di altri creditori (il 20% rimane postergato). E se quei soci diventano tali proprio in esecuzione del piano (tipico il caso di debt equity swap o nuovi investitori che prima prestano e poi capitalizzano), allora la prededuzione è totale. Dal lato pratico, questo incentiva i soci/nuovi investitori a finanziare il risanamento perché non saranno penalizzati rispetto alle banche: ad esempio, un socio che versi denaro fresco potrà vedersi riconoscere un credito prededucibile invece che subordinato. Per l’imprenditore ciò è vantaggioso perché rende più appetibile investire nella propria impresa (o convincere un terzo a farlo). Va comunque sottolineato: fuori da queste ipotesi (quindi se un socio dà soldi informalmente all’azienda in crisi senza un piano omologato), la postergazione rimane pienamente operante e quel socio rischia di non rivedere i propri soldi in caso di insolvenza.
In conclusione su questo capitolo, sfruttare gli strumenti di legge per ottenere finanziamenti in prededuzione è spesso la mossa vincente per superare una fase di crisi. Significa però accettare una procedura formalizzata, con controllo di tribunale e professionisti: non è semplice finanziarsi “a piacere” in crisi, serve un contesto di piano e autorizzazioni. Ma l’effetto positivo è duplice:
- La banca o l’investitore che eroga ha garanzie normative che lo proteggono, quindi è più disposto a correre il rischio.
- L’impresa beneficia di nuova liquidità senza aggravare la posizione degli altri creditori, anzi spesso a vantaggio di questi (perché può continuare l’attività e forse ripagare più debiti nel tempo). Anche eventuali piccoli creditori fornitori vedono di buon occhio che la banca finanzi sotto l’egida del tribunale, perché significa che l’operazione è monitorata e finalizzata alla continuità.
Nel prossimo capitolo passeremo in rassegna le soluzioni di finanza alternativa, ovvero quelle fonti di credito diverse dal canale bancario tradizionale, che un’impresa in crisi può valutare per ottenere risorse aggiuntive.
Strumenti di Finanza Alternativa per imprese in crisi
Quando il canale bancario tradizionale è riluttante o insufficiente a coprire il fabbisogno finanziario di un’impresa in crisi, occorre guardare a soluzioni di finanza alternativa. Negli ultimi anni in Italia si sono sviluppati diversi strumenti non bancari – spesso sostenuti dalla tecnologia fintech o da investitori specializzati – che possono offrire credito (o capitale) alle imprese, incluse quelle in temporanea difficoltà, sebbene a costi e condizioni differenti rispetto alle banche. Ecco una panoramica dei principali strumenti alternativi:
- Peer-to-Peer Lending (Prestiti Fintech): Piattaforme online di lending crowdfunding mettono in contatto direttamente imprese richiedenti con investitori privati o istituzionali disposti a finanziare progetti in cambio di un interesse. In Italia operano piattaforme come Borsa del Credito (oggi October), Credimi, Workinvoice (per invoice lending) e altre. I vantaggi sono velocità e snellimento burocratico: la richiesta avviene online, spesso ottenendo un esito in pochi giorni, basato su algoritmi di credit scoring. Tuttavia, gli importi finanziabili per imprese in crisi sono in genere limitati (decine di migliaia di euro, raramente oltre 100k senza garanzie) e i tassi di interesse elevati per riflettere il rischio. Queste piattaforme talvolta operano con co-garanzia del Fondo PMI su portafogli di prestiti. Dal punto di vista dell’impresa, il P2P lending può servire per ottenere liquidità ponte rapida (es. anticipare incassi futuri) quando la banca è bloccata, ma bisogna presentare comunque dati finanziari e un progetto convincente (spesso le piattaforme escludono imprese con rating pessimo o protesti). Inoltre, va pianificato bene il rimborso perché i tempi sono brevi (prestiti 12-36 mesi tipicamente) e non c’è la relazione di lungo periodo che si ha con la banca.
- Minibond: Si tratta di obbligazioni emesse da PMI non quotate, collocate presso investitori professionali. Dal 2013 (Decreto Sviluppo) le PMI italiane possono emettere titoli di debito (minibond) con alcune semplificazioni. Un’impresa in crisi potrebbe teoricamente emettere un minibond di importo rilevante, magari a 5-7 anni, coinvolgendo fondi di investimento specializzati in debito distressed. In pratica, però, il mercato dei minibond richiede che l’azienda abbia comunque prospettive di ripresa solide. Al 30 giugno 2024 risultavano 812 PMI che hanno emesso minibond per 4,97 miliardi di euro totali, ma il trend 2024 è in rallentamento. I minibond spesso richiedono un rating o almeno un memorandum per investitori: costi e tempi non sono trascurabili. Pro: possibilità di raccogliere somme più alte rispetto a un prestito bancario singolo, e con piani di ammortamento flessibili (talvolta solo bullet a scadenza). Contro: servono advisor, un minimo di solidità e credibilità sul mercato; inoltre i tassi pagati sono piuttosto alti (es. 6-8% annuo o più) e spesso bisogna offrire anche warrant o equity kicker agli investitori in caso di successo. Per un’azienda in crisis management, il minibond può essere una strada se inserito in un contesto di rilancio strutturato e se c’è l’interesse di fondi di private debt o turnaround.
- Direct Lending da parte di fondi di credito: Diversi fondi (anche esteri) e operatori di private debt offrono finanziamenti diretti alle imprese, al di fuori del circuito bancario. Questo segmento del direct lending in Italia è ancora poco sfruttato per le PMI, concentrandosi più su aziende mid-cap o grandi. Tuttavia, esistono fondi di distressed debt o special situations che valutano prestiti a imprese in crisi con piani di ristrutturazione – di solito chiedendo interessi elevati e spesso condizioni come la possibilità di convertire il credito in capitale (opzione di equity). Il vantaggio è la flessibilità: un fondo può accettare piani di rimborso atipici o subordinati all’andamento aziendale, cosa che una banca tradizionale fatica a fare per regolamentazione. L’impresa potrebbe ottenere ad esempio un finanziamento mezzanino (subordinato ai debiti bancari esistenti) che dia respiro immediato. Lo svantaggio è che questi investitori puntano a elevati rendimenti (IRR anche >15%) e spesso vogliono voce in capitolo nella gestione (covenant severi, seggi in CDA, ecc.). Inoltre la due diligence che conducono è approfondita: occorre aprire l’azienda ai loro analisti, il che richiede tempo e trasparenza.
- Factoring e Invoice Trading: Se l’impresa ha crediti commerciali verso clienti affidabili, può convertirli in liquidità tramite factoring. Anche un’azienda in crisi (purché non già in procedura concorsuale “pesante”) può cedere le proprie fatture a una società di factoring per ottenere subito l’80-90% del valore e incassare il resto (meno commissioni) a pagamento avvenuto. Il factoring pro soluto trasferisce il rischio di insolvenza del debitore al factor – molto utile se il problema è che i clienti pagano tardi. In una fase di crisi, il factoring di filiera (magari supportato da un grande cliente disponibile a confermare le fatture) può tenere in vita l’impresa. Ad esempio, un’impresa edile in tensione di liquidità può cedere le fatture degli stati di avanzamento lavori a un factor, ottenendo immediatamente risorse per pagare fornitori e manodopera, confidando che il committente (es. la PA) pagherà più avanti. Oggi esistono anche piattaforme digitali di invoice trading dove le fatture vengono finanziate da investitori (simile al P2P ma specifico su crediti commerciali). Il factoring non è un prestito, quindi bypassa alcuni vincoli bancari, ma ovviamente il factor seleziona molto i crediti: se i debitori ceduti sono anch’essi in difficoltà, nessuno li anticipa. Un vantaggio per l’impresa debitrice è che factoring e anticipo fatture spesso non incrementano l’esposizione diretta (sono autoliquidanti): la banca o il factor si rifanno sul credito ceduto, e questo può anche non appesantire troppo i bilanci in termini di indebitamento finanziario (a seconda del trattamento contabile).
- Leasing e Sale & Lease-back: Il leasing può essere usato come strumento per fare cassa immediata. Se l’impresa possiede un macchinario o un immobile libero da ipoteche, può fare un contratto di sale & lease-back: vendere il bene alla società di leasing (incassando subito un corrispettivo) e contestualmente riprenderlo in leasing, pagando canoni periodici per continuare a usarlo. Ad esempio, un’azienda manifatturiera potrebbe cedere il capannone alla società di leasing per 1 milione (ottenendo liquidità) e poi pagare un affitto/leasing per 15 anni, al termine dei quali potrà riacquistarlo. Questa operazione genera subito flussi (70-80% del valore del bene in cash), utile per appianare debiti urgenti, ma ovviamente aumenta i costi futuri (i canoni da pagare). Bisogna valutare attentamente la sostenibilità di quei canoni nel piano di risanamento. Il leasing può essere più accessibile di un mutuo perché la garanzia per il finanziatore è lo stesso bene dato in leasing (che rimane di proprietà della società di leasing fino al riscatto). Attenzione: se l’impresa poi fallisse, il bene non è più suo (è del lessor), quindi la società di leasing è protetta. Per questo il leasing è uno strumento potente: anche aziende non in perfetta salute possono ottenere leasing su beni strumentali, dove la banca magari non farebbe un mutuo chirografario. Dal punto di vista contabile e fiscale, il sale & lease-back può generare plusvalenze (la vendita del bene) con possibili impatti sul bilancio, ma in crisi di liquidità spesso è una delle poche leve disponibili.
- Private Equity / Investitori equity: Sebbene non sia “credito” in senso stretto, va menzionata la possibilità di attirare un investitore nel capitale. Un’impresa in crisi con buone prospettive potrebbe convincere un fondo di turnaround o un investitore industriale a entrare in società, apportando risorse in cambio di quote azionarie. Ciò migliora subito la situazione finanziaria (perché l’apporto di capitale rafforza il patrimonio e spesso ripaga debiti pregressi). Inoltre, un investitore equity non genera debito da rimborsare e quindi alleggerisce la struttura finanziaria. Di contro, significa diluizione per i soci esistenti e perdita parziale di controllo. Per molti imprenditori è l’extrema ratio, ma in situazioni di crisi grave potrebbe essere l’unica via. Alcuni investitori combinano debt & equity: ad esempio, forniscono un finanziamento iniziale convertibile in quote se l’azienda si riprende. Nel 2023 i numeri del venture capital e private equity in Italia sono cresciuti (941 milioni di € investiti in 55 imprese in crescita), segno che c’è appetito per aziende con piani solidi, anche se solitamente preferiscono realtà con forte potenziale (non proprio aziende decotte). Convincere un investitore richiede un progetto di rilancio chiaro e magari la risoluzione di alcune pendenze (spesso i fondi chiedono che prima i soci esistenti mettano essi stessi dei soldi – skin in the game – o che i debiti bancari vengano ristrutturati, per entrare poi loro con capitale fresco).
- Strumenti ibridi e altri: Ci sono altre forme che, pur non diffusissime, meritano menzione:
- Cambiali finanziarie: titoli di debito a breve termine che società non quotate possono emettere (un po’ come commercial paper). In genere riservate a investitori qualificati.
- Crowdfunding equity: per piccole società anche in difficoltà ma con buon seguito (startup innovative ad esempio), una campagna di equity crowdfunding può portare capitale di rischio da parte di numerosi piccoli investitori. Non risolve problemi di debito ma può dare liquidità da investire in progetti.
- Finanziamento da fornitori o clienti: a volte il partner commerciale principale può aiutare finanziariamente l’impresa in crisi concedendo dilazioni (il fornitore) o anticipi (il cliente). Queste sono forme di credito “alternative” nel senso di fuori dal sistema finanziario. Ad esempio, un proprietario di immobile potrebbe temporaneamente ridurre l’affitto (un decalage di 6 mesi) per aiutare il locatario in crisi – di fatto fornendo una agevolazione finanziaria. Oppure un fornitore strategico può accettare pagamenti a 120 giorni invece di 60 per qualche tempo. Tutto ciò andrebbe negoziato come parte di un piano di risanamento complessivo e, se formalizzato in un accordo di ristrutturazione, può essere vincolante per tutti.
Qualche dato sulle prospettive: il Politecnico di Milano osserva che segmenti come il direct lending e l’invoice trading sono ancora sottoutilizzati in Italia, indicando ampio margine di sviluppo. Le imprese italiane storicamente dipendono dalle banche (oltre 80% finanziamenti da banche vs <20% da mercato). Ma la tendenza sta cambiando: la cosiddetta finanza alternativa è passata da volumi trascurabili a diverse centinaia di milioni di euro annui per le PMI. Questa diversificazione delle fonti può rivelarsi cruciale in fase di crisi: ad esempio, durante la pandemia molte imprese hanno scoperto le piattaforme digitali per anticipare crediti (come alternativa alle banche occupate dalle pratiche garantite). Nel futuro prossimo, strumenti innovativi potranno integrarsi ai tradizionali. L’importante per l’imprenditore è essere aperto a esplorare queste vie, magari facendosi assistere da consulenti specializzati in corporate finance, perché ogni strumento ha tecnicismi legali e fiscali da valutare.
In sintesi, se la banca “chiude i rubinetti”, esistono comunque alternative: esse richiedono flessibilità, spesso costi più alti o cessione di partecipazioni, ma possono fare la differenza tra il superare la crisi o soccombere ad essa. Un approccio efficace potrebbe essere combinare più strumenti: ad esempio, una PMI industriale potrebbe:
- utilizzare factoring per ottenere liquidità immediata dai crediti verso clienti,
- lanciare un piccolo minibond o finanziamento diretto per avere capitale circolante aggiuntivo per 3-5 anni,
- far entrare un socio investitore di minoranza che apporti capitale e credibilità,
- nel frattempo, rinegoziare con le banche il rientro scaglionato dei debiti esistenti e magari ottenere nuova finanza prededucibile attraverso un concordato in continuità.
Questa mix strategy ovviamente dipende dalle circostanze, ma illustra che pensare fuori dagli schemi del solo canale bancario può aprire opportunità inaspettate anche in situazioni difficili.
Peculiarità di accesso al credito in alcuni settori chiave
Non tutte le imprese in crisi sono uguali: la capacità di ottenere credito aggiuntivo può dipendere anche dal settore economico in cui l’azienda opera. Alcuni settori hanno strumenti dedicati o dinamiche particolari. Di seguito analizziamo brevemente le peculiarità dei settori più rappresentativi:
Industria manifatturiera
Le imprese industriali, specie manifatturiere, tendono ad avere asset fisici (capannoni, impianti, macchinari) e spesso commesse di medio-lungo termine. In caso di crisi, questo può agevolare l’accesso al credito sotto vari aspetti:
- Asset come garanzia: come detto, le industrie possono sfruttare immobili e impianti per leasing o ipoteche. Le banche e leasing apprezzano la presenza di cespiti su cui rivalersi. Ad esempio, un’azienda metalmeccanica in difficoltà può ottenere un lease-back sul proprio tornio CNC di valore, generando cassa immediata.
- Nuovi investimenti supportati: l’industria spesso ha bisogno di investimenti (macchinari più efficienti, ecc.) per risanarsi. Esistono agevolazioni pubbliche come la Nuova Sabatini per l’acquisto di beni strumentali, che abbassa il costo dei finanziamenti (contributo in conto interessi). Anche il Fondo PMI copre fino all’80% i prestiti per investimenti in macchinari e digitalizzazione. Dunque, se la crisi si supera anche investendo in tecnologia, la finanziabilità è maggiore.
- Ordini e contratti: le aziende industriali possono presentare alle banche il portafoglio ordini come prova di futura liquidità. L’anticipo su contratti (un particolare tipo di fido) è spesso usato, specie se i clienti finali sono grandi società o pubblica amministrazione. Una manifattura con un ordine importante in mano (anche se in crisi di cassa) potrà convincere un factor o banca a finanziarla per completare la produzione.
- MidCap e grandi imprese: se l’industria è di dimensioni medio-grandi (oltre la definizione PMI), può accedere a strumenti come SACE SupportItalia (garanzie SACE per imprese colpite da crisi Ucraina/energia) e in generale avere un ventaglio più ampio (la garanzia statale anche per MidCap al 40% sugli investimenti, come da riforma 2025). Inoltre, per imprese industriali di grandi dimensioni in crisi esistono procedure come l’Amministrazione Straordinaria (Legge Marzano/Prodi bis) se ci sono requisiti: in quel contesto l’accesso al credito è spesso facilitato dall’intervento pubblico o dalla possibilità per i commissari di emettere obbligazioni assistite dallo Stato.
Considerazione: il settore industriale di solito ha cicli di mercato; se la crisi è dovuta a un ciclo negativo (es. automotive in calo), le banche guarderanno a prospettive macro. Ma se l’azienda è core in una filiera e ha know-how, c’è spesso interesse a salvarla (anche clienti e fornitori potrebbero sostenerla). Un esempio recente è il comparto moda/tessile: aziende in crisi di liquidità nel 2020-21 hanno trovato sostegno tramite fondi di filiera (es. grandi brand finanziatori) e garanzie pubblico-private, puntando sul ritorno della domanda. Dunque, settore industria può contare su maggiore capitale paziente se convincente.
Commercio e distribuzione
Le imprese commerciali (dettaglio o ingrosso) in genere hanno meno immobilizzazioni e più capitale circolante (scorte, crediti). In crisi, le leve finanziarie tipiche sono:
- Finanziamenti per scorte: banche e Confidi del commercio spesso offrono prestiti ad hoc per fare scorte stagionali (es. saldi, periodo natalizio). In crisi, ottenere credito per ricostituire magazzino è sfidante, ma se l’impresa dimostra che senza merce non può generare ricavi, potrebbe ottenere fidi su misura. Ad esempio, un negozio di abbigliamento può chiedere un finanziamento per rinnovare le collezioni con garanzia MCC 80% e eventualmente la garanzia di un Confidi commercio.
- Microcredito: molte attività commerciali rientrano in dimensioni micro. Lo strumento del microcredito (prestiti fino a 40-50k, ora elevati a 100k con la riforma) è pensato proprio per piccole ditte individuali o società fino a 10 dipendenti. I nuovi parametri 2025 hanno ampliato questa fascia, includendo importi maggiori e una garanzia pubblica 80% senza bisogno di garanzie reali. Un negoziante in difficoltà potrebbe accedere a microcredito per liquidità (spesso erogato tramite intermediari vigilati convenzionati).
- Confidi di settore: esistono cooperative di garanzia per commercianti (es. quelle promosse da Confcommercio, Confesercenti). Queste realtà a volte erogano esse stesse piccoli prestiti ai soci o garantiscono fino all’80-90%. Nel commercio, dove spesso mancano beni da dare in garanzia, il ruolo del Confidi è cruciale. In emergenza Covid, queste organizzazioni hanno attivato molte pratiche con MCC per negozi e bar (anche tramite la riassicurazione 90%).
- Dilazione fornitori: i commercianti possono chiedere ai fornitori allungamenti di pagamento. È comune nel settore moda o alimentare dare dilazioni extra a punti vendita in difficoltà per evitare di perderli come clienti. Questo credito commerciale aggiuntivo è una forma di finanziamento di fatto.
- Riduzione costi fissi: non è un finanziamento ma incide sul fabbisogno: negoziare affitti più bassi temporaneamente (spesso i proprietari preferiscono abbassare l’affitto per qualche mese che veder cessare l’attività). Questo indirettamente finanzia la ripresa.
Una sfida per il commercio è che spesso si tratta di ditte individuali o SNC, dove il confine tra patrimonio impresa e personale è labile. Le banche qui quasi sempre richiedono garanzia personale, mettendo a rischio beni familiari. Strumenti come la composizione negoziata non sono pensati per microimprese (di fatto vi possono accedere, ma raramente succede). In caso di crisi grave per un commerciante, c’è anche la procedura di sovraindebitamento (oggi “concordato minore” o liquidazione controllata per il consumatore/imprenditore minore) che permette di trattare con i creditori un saldo e stralcio sotto controllo del tribunale. Questa però di solito non comporta nuovi finanziamenti, serve più a esdebitarsi.
Turismo e ristorazione
Il settore turistico-ricettivo e della ristorazione ha dinamiche proprie:
- Stagionalità e flussi variabili: in crisi, un hotel o ristorante può aver bisogno di ponte di cassa per superare la bassa stagione. Le banche valutano l’andamento annuo e spesso concedono fidi stagionali (da rimborsare a fine estate ad esempio). Se la crisi è dovuta a eventi straordinari (si pensi al Covid), esistono stati programmi ad hoc: il PNRR Turismo ad esempio ha previsto fondi perduti e finanziamenti agevolati per ristrutturare hotel. Nel 2025 forse meno incentivi diretti, ma c’è consapevolezza di supportare il settore in ripresa.
- Garanzie regionali: molte regioni hanno consorzi o enti (es. Finanziarie regionali) che forniscono prestiti o garanzie a strutture turistiche. Ad esempio, in alcune zone turistiche i Confidi locali hanno creato prodotti specifici (come il “prestito per lanciare la stagione” con rimborso a fine stagione).
- SACE per turismo?: SACE durante la pandemia ha garantito prestiti di importo significativo a catene alberghiere e aziende travel (prodotto “Garanzia Italia”). Oggi quella garanzia emergenziale non c’è più, ma SACE mantiene programmi per settori strategici (il turismo è considerato tale in Italia), ad esempio garanzie per progetti di digitalizzazione e green (sotto il cappello Garanzia SupportItalia).
- Valorizzazione immobiliare: molte aziende turistiche hanno immobili (hotel, stabilimenti) che possono essere rifinanziati. Ad esempio, accendere un mutuo ipotecario su un albergo di proprietà per finanziare il turnaround. I pool di banche spesso preferiscono rifinanziare se c’è real estate di mezzo, perché al limite escuteranno l’immobile.
- Voucher e prenotazioni anticipate: alcuni operatori in crisi hanno usato soluzioni creative, tipo vendere in anticipo soggiorni future a prezzo scontato (ricevendo soldi subito) – è un finanziamento dai clienti di fatto. Questo però va gestito con cautela per non incorrere in problemi se poi non si riesce a erogare il servizio.
Servizi e tecnologia
Le imprese di servizi (consulenza, software, trasporti, etc.) spesso hanno pochi asset tangibili. Il loro valore sta in contratti, risorse umane, know-how. Ciò rende più difficile offrire garanzie tradizionali. Tuttavia:
- Fondo PMI speciale: per startup innovative e imprese “digitali” esistono sezioni dedicate del Fondo di Garanzia con criteri più elastici (non guardano solo bilanci storici ma anche parametri qualitativi). Questo ha aiutato molte startup a ottenere prestiti bancari garantiti pur essendo in perdita. Se un’impresa tech è in crisi, può comunque sfruttare questa “corsia preferenziale” presentando un progetto di rilancio (magari in ambito e-commerce, transizione 4.0).
- Capitalizzazione: nel mondo dei servizi è più facile che la soluzione venga da aumenti di capitale o ingresso di soci, poiché il debito classico è scarso. Ad esempio, studi professionali associati in difficoltà spesso si fondono o fanno entrare partner per avere risorse fresche.
- Garanzie personali e di gruppo: molte società di servizi fanno parte di gruppi o reti. In crisi possono cercare supporto dalle consociate o dalla casa madre (garanzie infragruppo).
- Fatture ricorrenti: se l’azienda ha contratti di servizio ricorrenti (es. manutenzione software con canone annuale), può usarli per ottenere anticipo continuativo.
Un sottosettore importante è quello dei professionisti e studi professionali (che rientrano nei servizi). Ad esempio studi legali, medici, ingegneria: spesso individuali. Qui il Fondo PMI copre anche i professionisti al 80%, e il microcredito professionale è arrivato a 50k. Quindi un professionista in crisi può chiedere un prestito garantito per riorganizzare lo studio.
Agricoltura e agroalimentare
Le imprese agricole seguono regole in parte diverse:
- Fondo ISMEA: L’agricoltura non rientra nel Fondo Centrale PMI generale, ma ha un fondo specifico gestito da ISMEA che garantisce fino al 70-80% dei crediti agrari. Spesso gratuiti o semi-gratuiti. Inoltre, ci sono misure per giovani agricoltori (garanzia U35 al 100% ISMEA su piccoli progetti). Un agricoltore in crisi può dunque rivolgersi a ISMEA per ristrutturare i debiti con la banca: è prassi che ISMEA subentri come garante nelle moratorie e rinegoziazioni del settore primario, alleviando il peso per la banca.
- Anticipazione contributi: tipico strumento nel settore è l’anticipazione PAC (Politica Agricola Comune). Ogni anno l’UE eroga contributi agli agricoltori; le banche concedono anticipi su questi contributi, fino all’80% dell’importo atteso, perché sono crediti praticamente certi. Un’impresa agricola in crisi di liquidità può quindi ottenere un finanziamento ponte semplicemente portando la documentazione del contributo PAC spettante.
- Piano di sviluppo rurale: similmente, se l’azienda ha diritto a un contributo in conto capitale per un investimento (PSR regionale), la banca può anticiparlo.
- Agevolazioni creditizie: il settore gode di tassi agevolati su alcuni crediti (crediti di conduzione) grazie a convenzioni con regioni. Durante la pandemia, ed anche nel 2022 con la crisi siccità, molte regioni hanno attivato prestiti a tasso zero per aiutare le aziende agricole.
- Garanzie reali: le terre agricole e fabbricati rurali sono spesso utilizzati per mutui. In agricoltura un problema è la volatilità dei redditi (dipendono dal clima, mercati internazionali). Quindi le banche sono prudenti, ma il patrimonio fondiario aiuta.
Va notato che le imprese pesca e acquacoltura hanno strumenti simili (ISMEA garantisce anche fino al 70% in pesca).
Il settore agroalimentare, se l’azienda è di trasformazione, rientra nel normale circuito PMI con in più possibili contratti di filiera (ad es. un caseificio in crisi potrebbe farsi aiutare da un consorzio agrario per garantire un prestito, visto l’interesse comune a proseguire l’attività).
Queste differenze settoriali implicano che l’imprenditore in crisi dovrebbe informarsi su misure specifiche disponibili per il proprio campo. Ad esempio, un albergatore cercherà fondi turismo, un negoziante piccoli crediti Confidi commercio, un produttore agricolo coinvolgerà ISMEA, ecc. Anche le associazioni di categoria possono offrire supporto: spesso hanno uffici crediti dedicati a trovare soluzioni con banche convenzionate. Il messaggio chiave è che un’impresa in crisi non deve isolarsi ma attivare tutta la rete di sostegno disponibile nel suo settore e territorio.
Checklist operativa per ottenere credito in situazione di crisi
Affrontare la richiesta di credito durante una crisi d’impresa richiede preparazione e strategia. Ecco una checklist operativa che il debitore (e i suoi consulenti) dovrebbero seguire:
- Analisi interna approfondita – Raccogli i dati chiave sulla situazione finanziaria attuale: ultimo bilancio e situazione contabile aggiornata, elenco debiti scaduti, composizione crediti e magazzino, flussi di cassa mensili, ecc. Identifica l’entità del fabbisogno finanziario: di quanti soldi hai bisogno, per fare cosa e per quanto tempo (es. €200k per pagare fornitori critici e rilanciare produzione nei prossimi 6 mesi).
- Predisposizione di un Piano di Risanamento – Anche se non è obbligatorio in tutte le situazioni, è altamente consigliato stendere un piano industriale e finanziario a 2-3 anni che illustri come l’azienda uscirà dalla crisi. Includi assunzioni su ricavi futuri, taglio costi, eventuale dismissione asset, e soprattutto come verrà rimborsato il nuovo credito che chiedi. Fai attestare il piano da un professionista indipendente se possibile (aumenta la credibilità).
- Documentazione da predisporre per la banca/finanziatore:
- Ultimi 3 bilanci depositati (con note integrative) e situazione contabile infrannuale recente.
- Dichiarazioni fiscali, DURC e attestati di regolarità contributiva (se ci sono arretrati fiscali/contributivi, spiega come intendi regolarizzarli, ad es. tramite una dilazione Equitalia o transazione fiscale).
- Elenco dettagliato dei debiti finanziari attuali (banche, leasing) con indicazione di garanzie e scadenze, e degli eventuali covenant violati.
- Elenco debiti verso fornitori principali e loro anzianità (da presentare per evidenziare che il nuovo finanziamento servirà anche a pagarli, migliorando la posizione di tutti).
- Portafoglio ordini/contratti futuri e previsioni vendite (se hai nuovi ordini o lettere d’intenti, allegale: mostrano che l’azienda ha lavoro e ricavi prospettici).
- Eventuali perizie indipendenti su valori di asset da offrire in garanzia (es. perizia immobiliare di un capannone se proporrai ipoteca).
- Relazione dell’esperto di composizione negoziata o attestazione del professionista (se sei in una procedura, questi documenti sono fondamentali come sintesi terza della situazione).
- Lettera di intenti da parte di nuovi investitori/soci (se qualche socio è disponibile a mettere nuovo capitale o un investitore esterno mostra interesse, includi una lettera in cui manifestano l’impegno condizionato al finanziamento: la banca apprezzerà vedere che non è la sola a credere nel salvataggio).
- Coinvolgimento proattivo dei creditori attuali – Prima di chiedere nuovo credito, cerca di rassicurare o bloccare le azioni dei creditori che già hai. Ad esempio: se un fornitore minaccia azioni legali, valutare di proporgli un piccolo acconto e spiegare che stai negoziando un finanziamento ponte. Se le banche attuali vogliono revocare fidi, chiedi formalmente un incontro citando l’art.16 CCII se pertinente e le linee guida ABI. Un clima “sotto controllo” con i creditori esistenti è un segnale positivo per quelli nuovi.
- Scegli il canale giusto per la richiesta – Decidi a chi chiedere credito: banca principale con cui hai già rapporto? Nuova banca? Piattaforma fintech? Confidi? Spesso conviene iniziare dalla banca che ti conosce (ha interesse a non farti fallire perché perderebbe i suoi soldi). Presentale il piano e verifica il feedback. In parallelo, esplora alternative (un Confidi di settore potrebbe trovare una banca convenzionata disposta a subentrare nel fido). Anche considerare bandi pubblici aperti: c’è ad es. un bando regionale per finanziamenti agevolati alle imprese in crisi? Inseriscilo nel piano.
- Negoziazione delle condizioni – Se la banca è disponibile in linea di massima, passa a definire condizioni: importo, durata, tasso, garanzie richieste. Prova a modulare l’operazione per diminuire il rischio percepito: ad esempio proponi di prendere il prestito in due tranche, la seconda solo se raggiungi certi obiettivi (così la banca vede serietà). Oppure proponi un periodo di preammortamento (pagare solo interessi per i primi 6-12 mesi) finché la situazione migliora. Se la banca chiede garanzie eccessive (tipo ipoteca su casa del titolare oltre a tutto), cerca di trattare l’entità e di escludere almeno parte del patrimonio personale non coinvolto.
- Formalizza per iscritto gli accordi – Una volta raggiunto un accordo di principio, assicurati che venga formalizzato. Per nuovi finanziamenti prededucibili, serve la delibera della banca e poi il decreto di autorizzazione del tribunale (se in procedura). Per moratorie, fai firmare un accordo scritto (anche nell’ambito dell’Accordo ABI) che dettagli periodo di sospensione e condizioni. Per consolidamenti, firma atti di ristrutturazione del debito eventualmente omologati (se è un 182-bis). Tutto deve essere tracciabile e opponibile, per evitare fraintendimenti successivi.
- Monitoraggio e rispetto degli impegni – Dopo aver ottenuto il credito o la moratoria, è cruciale rispettare le promesse fatte. Significa usare i fondi esattamente per le finalità previste (es. se hai detto che pagherai fornitori X, fallo e magari mostra le ricevute in banca), adempiere ai nuovi termini (pagare puntualmente le rate del nuovo prestito, rispettare i covenant come consegnare report trimestrali, ecc.). Mantieni un dialogo aperto con il creditore: aggiorna sullo stato del piano di risanamento. Questo creerà fiducia e magari aprirà la porta a ulteriori supporti se necessari.
- Piano B pronto – Non meno importante: predisponi un “piano B” se la richiesta di credito viene respinta o i tempi si allungano troppo. Potrebbe essere necessario attivare una procedura di salvaguardia (concordato preventivo liquidatorio) per congelare i debiti e prendere tempo, oppure vendere rapidamente un cespite per fare cassa alternativa. L’importante è non farsi trovare senza opzioni se il sistema creditizio dice no. Avere un piano B (anche drastico) paradossalmente ti mette in posizione negoziale migliore nel piano A (“banca, se non mi aiuti dovrò liquidare l’azienda e anche tu incasserai molto meno, ecco perché conviene anche a te darmi credito”).
Seguire questa checklist aumenterà le probabilità di successo nel ottenere credito aggiuntivo. Ci vuole disciplina e trasparenza: presentarsi in banca senza numeri chiari o con richieste vaghe (“ho bisogno di soldi per non fallire”) è la ricetta del rifiuto. Invece, un approccio professionale e documentato farà percepire l’impresa come meritevole di fiducia, nonostante la crisi in atto.
Domande Frequenti (FAQ)
Q1: Un’impresa “in crisi” può ottenere nuovi prestiti bancari o deve aspettarsi solo rifiuti?
A: Sì, un’impresa in crisi può ottenere nuovi prestiti, ma solo se dimostra di avere un piano concreto di risanamento e offre adeguate garanzie. Le banche non erogano più credito se prevedono che l’azienda non sarà in grado di restituirlo. Quindi il debitore deve convincere la banca che la crisi è temporanea o che comunque il nuovo denaro servirà a invertire la rotta. Strumenti come il concordato in continuità con finanziamento autorizzato o la garanzia statale 80% aiutano a superare le diffidenze: la banca vede che c’è un quadro legale di tutela e che il rischio per lei è mitigato. In pratica, oggi gli istituti seguono le linee guida che invitano a sostenere le imprese meritevoli di recupero. Quindi se l’impresa presenta un progetto credibile (es. ristrutturazione dei debiti + nuovi ordini in vista) è possibile ottenere prestiti – spesso condizionati (piccole tranche graduali, tassi più alti, presenza di un attestatore che monitora). Se invece l’impresa è decotta (insolvente conclamata, nessuna prospettiva) è altamente improbabile ottenere nuovo credito se non a condizioni estremamente onerose o con intervento di soci terzi. Anzi, come visto, finanziare imprese senza prospettive è considerato atto contrario alla legge (Cass. 4376/2024). Quindi tutto dipende dalla meritevolezza e prospettiva di risanamento: se ci sono, il credito può arrivare; se mancano, le banche chiuderanno i rubinetti.
Q2: Quali garanzie può offrire un imprenditore in difficoltà per convincere la banca a dargli credito?
A: Può offrire diverse garanzie, in combinazione:
- Garanzie reali su beni dell’azienda: ad esempio ipoteca su un immobile di proprietà dell’impresa, pegno su macchinari o su beni mobili registrati (es. automezzi). Questo assicura alla banca un ricavato in caso di escussione.
- Garanzie personali: fideiussioni firmate dall’imprenditore stesso o da terzi (soci, parenti, investitori). Impegnano il patrimonio personale di chi garantisce. Spesso inevitabili nelle PMI.
- Garanzie pubbliche: la più efficace è la garanzia del Fondo Centrale PMI che copre fino all’80% del prestito. L’imprenditore dovrebbe espressamente richiedere alla banca di istruire la pratica con garanzia statale. Anche SACE o ISMEA in certi casi offrono garanzie (SACE per MidCap o progetti export, ISMEA per agricoltura).
- Garanzie dei Confidi: se l’azienda è socia di un Confidi, può ottenere una garanzia mutualistica. I Confidi spesso collaborano con il Fondo PMI, portando la copertura complessiva anche sopra l’80%.
- Garanzie su crediti futuri: ad esempio, cessione in favore della banca di crediti verso clienti (la banca viene pagata direttamente dai tuoi clienti fino a copertura). Oppure polizze assicurative vincolate a favore della banca.
- Impegni aggiuntivi contrattuali: non sono garanzie classiche, ma rassicurano la banca: patti di mantenere certi indici (covenant), impegno dei soci a non prelevare utili finché il debito non è rimborsato, ecc.
In sintesi, più garanzie tangibili si offrono, più chance di ottenere credito. Naturalmente, l’imprenditore deve valutare bene: dare in pegno l’immobile di famiglia o firmare fideiussioni personali è rischioso. Occorre essere sinceri con se stessi sulla possibilità di recupero, altrimenti si trasferisce solo il problema dal patrimonio aziendale a quello personale.
Q3: Che cos’è un “finanziamento prededucibile” e perché è rilevante per ottenere credito in crisi?
A: Un finanziamento prededucibile è un prestito concesso all’impresa in crisi che, in caso di successivo fallimento o liquidazione giudiziale dell’impresa, verrà rimborsato con priorità assoluta su (quasi) tutti gli altri crediti. In altre parole, gode della cosiddetta prededuzione: viene “pagato prima” persino dei crediti privilegiati, perché considerato funzionale alla gestione della crisi. Questo status speciale è concesso solo a finanziamenti erogati in certi contesti previsti dalla legge, ad esempio:
- Prestiti autorizzati dal tribunale prima dell’omologa di un concordato preventivo o di un accordo di ristrutturazione (art.99 CCII).
- Prestiti effettuati in esecuzione di un concordato preventivo o accordo già omologato (art.101 CCII).
- Prestiti autorizzati durante la composizione negoziata (art.22 CCII).
Perché è rilevante? Perché offre un’enorme tranquillità al finanziatore: significa che se anche il piano di risanamento fallisce e l’azienda viene liquidata, quel finanziatore verrà rimborsato prima degli altri (a meno che l’attivo sia proprio inesistente). Ciò aumenta la propensione della banca a dare credito a un’impresa in crisi, altrimenti sarebbe quasi certo che in fallimento recupererebbe poco-nulla. Per il debitore, ottenere che un finanziamento sia prededucibile richiede di seguire le procedure (non puoi autodichiarare prededucibile un debito!). Serve l’autorizzazione del tribunale e un professionista che attesti la necessità di quel finanziamento per la continuità aziendale e il beneficio dei creditori. In pratica, il finanziamento prededucibile è la versione italiana del “DIP financing” (Debtor-in-Possession financing) del mondo anglosassone. Ad esempio, se ottengo 200k di prestito in corso di concordato con autorizzazione, la banca scriverà nel contratto e il tribunale nel decreto che è “ex art.99 CCII prededucibile”: così se poi la mia azienda non ce la fa, quella banca avrà diritto di prelazione su quei 200k nella distribuzione fallimentare. Senza prededuzione, la banca sarebbe un creditore come gli altri (se chirografario, recupera magari pochi cent). In conclusione, un finanziamento prededucibile è un’arma fondamentale per dare comfort alle banche e sbloccare liquidità durante la crisi, ma richiede formalità precise e si inserisce all’interno di un percorso di risanamento legale.
Q4: Cosa rischia la banca (o l’istituto finanziatore) nel concedere credito a un’impresa in crisi?
A: I rischi principali per la banca sono:
- Rischio di insolvenza e perdita economica: ovviamente, se l’impresa fallisce, la banca potrebbe non riavere indietro il denaro prestato. Ecco perché le banche richiedono garanzie e prededuzione – per ridurre questo rischio.
- Rischio legale di “concessione abusiva di credito”: se una banca continua a finanziare imprudentemente un’azienda ormai decotta e ciò provoca un aggravamento del dissesto, potrebbe essere ritenuta responsabile di danni verso gli altri creditori. In concreto, il curatore fallimentare (o i creditori) possono citare la banca chiedendo risarcimenti, sostenendo che senza quei prestiti l’impresa sarebbe andata in default prima, limitando i danni. La giurisprudenza italiana ha riconosciuto questa fattispecie: non c’è un articolo di legge specifico, ma è frutto di elaborazione giurisprudenziale. Negli ultimi anni la Cassazione ha fissato paletti: non ogni finanziamento andato male è “abusivo”; lo diventa se al momento dell’erogazione era evidente che l’impresa non aveva chance e il credito ha solo peggiorato la situazione. Inoltre, come visto, Cassazione 2024 ha parlato di prestiti a impresa in decozione come atti contrari al buon costume non ripetibili. Quindi la banca rischia potenzialmente di perdere il diritto al rimborso e di dover risarcire terzi, se presta in maniera scriteriata.
- Rischio reputazionale e di compliance: le banche devono anche rispondere ai regolatori. Concedere credito a imprese in crisi le espone a dover giustificare la scelta a Banca d’Italia o BCE durante le ispezioni. Se sembra che abbiano abbellito il bilancio di un’azienda zombie con nuovi soldi solo per ritardarne il default (magari per non dover svalutare il proprio credito in quel momento), potrebbero avere problemi di compliance. Quindi internamente le banche sono molto caute e spesso richiedono pareri legali o del proprio risk management prima di procedere in questi casi.
- Rischio di revocatoria fallimentare: se la banca concede nuovo credito e l’impresa lo usa per pagare vecchi debiti verso la stessa banca o altri, quei pagamenti potrebbero essere revocati dal fallimento (se effettuati nell’anno per creditori privilegiati o 6 mesi per chirografari, e fuori dalle esenzioni). Tuttavia, pagamenti fatti con finanziamenti prededucibili autorizzati sono esentati da revocatoria. Quindi la banca protegge anche sé stessa seguendo i canali autorizzati.
- Rischio di invalidità delle garanzie: se l’impresa rilascia garanzie in periodo sospetto (tipo ipoteca 2 mesi prima del fallimento a fronte di vecchio debito), quella ipoteca è nulla o revocabile. La banca quindi rischia di vedersi sgonfiare la protezione. Anche qui, se si opera dentro un piano ex lege (concordato, accordo), si evitano questi problemi.
In sintesi, la banca rischia di perdere soldi e di incorrere in azioni legali. Ecco perché tende a concedere credito in crisi solo se:
- c’è prededuzione (soldi recuperabili prima degli altri),
- c’è un attestatore o esperto indipendente che certifica che l’azienda è recuperabile (così la banca potrà difendersi dicendo: “abbiamo agito prudentemente, c’era un piano ragionevole”),
- c’è trasparenza (la banca vuole avere accesso continuo alle informazioni per monitorare).
Dal punto di vista del debitore, essere consapevoli di questi rischi bancari aiuta a capire le richieste della banca: non è “cattiva” quando chiede un attestato o garanzie, sta semplicemente coprendosi come da normativa.
Q5: Esistono alternative al credito bancario tradizionale se la banca dice di no?
A: Sì, come discusso nella sezione sulla finanza alternativa, esistono varie alternative:
- Piattaforme di prestito online (fintech lending): ad esempio October, Credimi, BorsadelCredito. Se l’importo richiesto non è enorme, vale tentare una richiesta parallela su queste piattaforme. Possono dire di sì anche quando la banca tradizionale è lenta o negativa, magari perché usano algoritmi diversi. Tuttavia, se l’azienda ha segnali di allarme gravi (p.es. bilancio con grosse perdite, segnalazioni CR), anche lì sarà difficile.
- Factoring: vendere o anticipare le fatture verso clienti affidabili per generare liquidità immediata. Non è un prestito vero e proprio, ma di fatto finanzia il circolante. Un vantaggio è che conta la solvibilità dei tuoi clienti, non la tua: dunque se tu sei “in crisi” ma hai crediti verso la Pubblica Amministrazione, un factor sarà ben contento di anticiparteli, perché la PA è solvibile (anche se paga lenta).
- Leasing o Sale & Lease-back: se possiedi beni strumentali, puoi trasformarli in liquidità con il lease-back. Anche qui, il merito creditizio conta relativamente perché il leasing si assicura il bene. Molte imprese in crisi hanno salvato la situazione vendendo e riaffittando l’immobile aziendale.
- Confidi/cooperative di garanzia: potresti rivolgerti a un Confidi del tuo settore. A volte i Confidi erogano direttamente piccoli finanziamenti ai soci (hanno fondi propri o convenzioni speciali). Oppure sanno indirizzarti a istituti di credito locali più disponibili, mettendoci la loro garanzia.
- Crowdfunding / Minibond: se hai una base di stakeholder (clienti affezionati, community) potresti pensare ad esempio a un crowdfunding dove offri in cambio prodotti o quote. Oppure se l’importo è grande, emettere un minibond e cercare un fondo disposto a sottoscriverlo. Sono processi più lunghi e richiedono consulenza, ma possibili. Ci sono stati casi di PMI che non ottenendo credito dalle banche, hanno emesso minibond piccoli (es. 1 milione €) sottoscritti da investitori locali interessati a salvarle.
- Partner commerciali: un’altra via è chiedere aiuto a chi ha interesse nella continuità della tua impresa – fornitori e clienti chiave. Ad esempio, se il tuo fallimento lascerebbe un fornitore con un mancato incasso e senza cliente, forse è disposto a finanziare parte del tuo materiale (magari in conto vendita). Oppure un cliente che ha bisogno delle tue produzioni può dare un acconto consistente sugli ordini (praticamente fungendo da finanziatore). Queste forme di trade credit allungato sono spesso vitali nelle crisi.
- Fondo di turnaround / investitore privato: se la banca non presta ma l’azienda ha potenzialità, cercare un investitore è alternativa. Può darti capitale o un finanziamento soci. Certo, significa aprire la compagine sociale o accettare interventi esterni. In Italia ci sono alcuni fondi specializzati in rilevare aziende in crisi, che mettono soldi per ristrutturarle in cambio di quote.
In conclusione, non bisogna arrendersi se la banca tradizionale rifiuta. Serve creatività: spesso una combinazione di fonti diverse copre il fabbisogno. Ad esempio, magari la banca ti ha negato 500k, ma puoi ricavare 200k dal factoring, 100k dal sale & lease-back, 100k da un finanziatore privato e 100k tagliando costi e con qualche dilazione fornitori. Mettendo insieme i pezzi, arrivi a quell’importo. Ovviamente ogni alternativa ha pro e contro (costi, complessità), ma in situazioni di emergenza è bene sondare tutte le strade.
Q6: In caso di procedura di concordato preventivo, è possibile ottenere nuova finanza per mandare avanti l’attività?
A: Sì, certamente. Il concordato preventivo in continuità prevede espressamente la possibilità di finanziamenti pendenti durante la procedura. Ci sono due fasi:
- Prima dell’omologa: dopo aver presentato la domanda di concordato (o anche con la domanda “in bianco”), l’azienda può chiedere al tribunale di autorizzare uno o più finanziamenti per urgenze di cassa. Il tribunale verifica che il denaro sia destinato a mantenere in vita l’impresa (pagare fornitori per continuare, acquistare scorte, etc.) nell’interesse dei creditori e che non si trovi altrove altrimenti. Se dà l’ok, il finanziatore eroga e quel credito è prededucibile. Ad esempio, molte aziende in concordato ottengono finanziamenti ponte per stipendiare i dipendenti durante la procedura, garantiti magari da pegno su beni correnti.
- Dopo l’omologa (in esecuzione del piano): se il concordato viene approvato, l’azienda esce dalla procedura con un piano di continuità. In tale piano spesso sono previsti nuovi finanziamenti (per investimenti o supporto al circolante post-crisi). L’art. 101 CCII dice che tutti i finanziamenti effettuati in esecuzione del concordato omologato e previsti nel piano godono di prededuzione. Quindi, se la banca X si impegna a dare un mutuo di €1M all’azienda a concordato omologato, e ciò è scritto nel piano, quel mutuo è protetto. Non serve altra autorizzazione giudiziale in questa fase, è già tutto nell’omologa.
È da notare però che la disponibilità delle banche a finanziare durante un concordato dipende dalla credibilità del piano e dal fatto che magari la banca stessa sia già creditrice (spesso i nuovi soldi li danno banche che hanno interesse a vedere l’azienda riprendersi per incassare i vecchi crediti ristrutturati). Inoltre, se serve velocemente un finanziamento prima che il concordato sia omologato (processo che dura mesi), la via autorizzativa art.99 CCII è indispensabile. Nel concordato “in bianco”, spesso le imprese chiedono finanziamenti d’urgenza ex art. 99 co. 4-5 CCII per evitare danni irreparabili, anche senza attestazione immediata se c’è pericolo nel ritardo.
Quindi, sì è possibile e frequentissimo: il concordato non significa congelare tutto, anzi la legge lo vede come uno strumento per risanare, quindi incoraggia la continuazione dell’attività e l’arrivo di finanza fresca. Dal lato pratico, se stai preparando un concordato e hai bisogno di liquidità, parla col commissario giudiziale e con le banche sin da subito per utilizzare questa opportunità. I giudici tendono ad autorizzare se vedono un serio vantaggio per l’impresa e nessun danno per i creditori (e l’attestatore conferma che è cosa buona).
Q7: Come influisce lo “stato di crisi” sugli affidamenti bancari in corso? La banca può revocarmi il fido appena scopre che sono in difficoltà?
A: In passato succedeva spesso: non appena la banca percepiva segnali di crisi (bilancio in rosso, ritardi, ecc.), riduceva o revocava gli affidamenti di conto corrente o castelletti di anticipo. Oggi però ci sono maggiori tutele. In particolare, se attivi la composizione negoziata (strumento introdotto nel 2021), l’art. 16 CCII stabilisce che l’accesso alla procedura non costituisce di per sé causa di sospensione o revoca dei fidi. Quindi la banca non può dire “siccome hai nominato l’esperto ti chiudo il conto”. Questo è pensato per dare respiro durante le trattative. Inoltre, le Linee Guida ABI 2025 incoraggiano le banche a non classificare a sofferenza e a non revocare immediatamente se l’impresa mostra volontà di trovare soluzioni. Ciò detto, la banca conserva il diritto di revoca “per giusta causa” o secondo contratto: se l’azienda sconfina oltre i limiti o infrange i patti, può sempre intervenire. Ma se l’impresa si comporta correttamente, le nuove norme la proteggono dal recesso “emotivo” della banca. In pratica, durante lo stato di crisi:
- Puoi chiedere moratorie o proroghe sulle linee con accordi dedicati, sospendendo l’obbligo di rientro. Questo impedisce la revoca finché dura la moratoria.
- Se la banca comunque revoca (ad esempio riduce l’affidamento), valuta se è lecito. Se pensi sia ingiustificato e stai negoziando un salvataggio, puoi segnalarlo all’esperto o al tribunale in composizione negoziata, che potrebbero intervenire in moral suasion. In casi estremi, una revoca affrettata potrebbe essere contestata come contraria a buona fede, specie se la banca era protetta (es. sapeva di garanzie sufficiente o era coinvolta nelle trattative).
Comunque, per prudenza, non dare occasione alla banca di revocare: rispetta i covenant se presenti, non sforare i fidi più del necessario, comunica subito eventuali problemi. Spesso la revoca viene decisa quando il cliente sparisce o nasconde i problemi. Se invece anticipi tu dicendo “sono in crisi, sto attivando tizio e caio, chiedo sostegno”, la banca potrebbe mantenere l’affidamento attendendo l’esito del piano. Ricorda anche che alcune esposizioni sono tecnicamente “a revoca automatica” se peggiorano i rating: verifica i contratti. Ad esempio, un contratto di conto corrente può prevedere che se scendi sotto un certo punteggio di credit scoring, la banca può ridurre il fido unilateralmente. Tali clausole oggi devono tener conto dell’art.16 CCII per evitare conflitti normativi, ma esistono.
Q8: Conviene utilizzare un piano attestato di risanamento rispetto a un concordato? Quali vantaggi in termini di accesso al credito?
A: Dipende dalla situazione. Un piano attestato di risanamento (strumento privatistico, ex art.56 CCII) è meno invasivo: niente tribunale, niente pubblicità (a parte la pubblicazione del piano se vuoi protezione revocatoria). Se riesci a coinvolgere le banche in un piano attestato, spesso potrai ottenere da loro rinegoziazioni e magari nuova finanza in modo consensuale, evitando il “marchio” del concordato. Ad esempio, le banche potrebbero concederti un nuovo finanziamento in cambio di un impegno a rientrare su altre esposizioni secondo il piano attestato. Il vantaggio principale è la discrezione e la flessibilità: nessuna imposizione di legge sul trattamento dei creditori (che invece nel concordato devi rispettare percentuali, classi, etc.). Inoltre, un piano attestato approvato dalle banche di solito evita il default formale e ti lascia gestire l’azienda senza organi esterni.
Tuttavia, il piano attestato non offre la prededuzione sui nuovi crediti: quindi le banche se aderiscono lo fanno confidando sul piano, ma se il piano fallisce loro diventano normali creditrici concorsuali. Questo è uno svantaggio per loro. Il concordato, al contrario, offre il meccanismo prededucibile per i nuovi finanziamenti, e inoltre blocca le azioni esecutive di tutti i creditori. Quindi se la situazione è molto tesa (creditori aggressivi, pignoramenti in corso), il concordato può essere necessario per congelare tutto e permettere l’arrivo di nuova finanza in tranquillità. Spesso le aziende provano prima la via del piano attestato – perché meno costosa e meno complessa – e se non funziona passano al concordato. Ci sono casi in cui un piano attestato è proprio inserito come contenuto di un accordo di ristrutturazione: cioè le banche dicono “facciamo un piano privato, ma con omologa leggera” (che è l’accordo ex art.57 CCII).
Per accesso al credito:
- Concordato: nuovi creditori sono più tutelati (prededuzione, revoche escluse) però c’è più burocrazia (ci vuole decreto del giudice per autorizzare, etc.). Anche fornitori normali tendono a chiedere pagamento cash se sanno che sei in concordato, perché la notizia è pubblica.
- Piano attestato: più libertà di negoziazione, ma i nuovi creditori non hanno un “bollino” di priorità, salvo fidarsi del piano.
Se la domanda è quale conviene per ottenere credito, diciamo: se trovi banche disposte a sostenerti comunque, il piano attestato va benissimo e anzi evita di passare dal tribunale. Se invece trovi ostacoli, potresti dover usare la forza di una procedura per convincerli (in concordato se non ti finanziano e fallisci recuperano meno, quindi in teoria li spingi a finanziarti per migliorare l’esito). Inoltre considera i costi: il concordato comporta costi di procedura, compensi di commissario, ecc., e tempi più lunghi per attivare il tutto. Il piano attestato è immediato appena c’è l’accordo e l’attestazione.
In sintesi: conviene il piano attestato se hai pochi creditori e collaborativi e la crisi è gestibile in privato; conviene il concordato/accordo omologato se hai molti creditori o bisogno di tutele legali forti per ottenere finanza (ad es. un investitore terzo potrebbe pretendere l’omologa per essere sicuro, oppure ti serve bloccare azioni ostili di minoranza creditori). Spesso la scelta viene fatta con l’ausilio di un advisor finanziario e un legale, valutando pro e contro nel caso concreto.
Q9: L’apertura di una procedura (concordato, composizione negoziata) non peggiora il rating bancario? Non è controintuitivo che aprire una procedura aiuti ad avere credito?
A: È vero che, tradizionalmente, quando un’azienda entra in procedura concorsuale il suo rating bancario diventa praticamente default (in Centrale Rischi una società in concordato viene segnalata come tale, il che equivale a sofferenza per molti aspetti). Nessuna banca “normale” darebbe nuovo credito a un’azienda in concordato senza protezioni. Ed ecco perché la legge ha dovuto creare quelle eccezioni di cui abbiamo parlato: i finanziamenti prededucibili autorizzati sono eccezioni che le banche possono fare fuori dalle regole ordinarie di rischio, proprio perché c’è la garanzia legale. Per intenderci, la funzione credito della banca tratterà un’azienda in concordato come defaultata, ma la funzione legale e workout della banca può comunque deliberare uno specifico finanziamento come parte di un’operazione di ristrutturazione. In pratica, spesso i nuovi finanziamenti in procedura vengono deliberati non dalla rete commerciale standard della banca, ma dall’unità che segue i crediti deteriorati (le cosiddette UTP, Unlikely-To-Pay): quel reparto ragiona in un’ottica di recupero, non di sviluppo business. Quindi sì, il rating tecnico peggiora, ma la banca lo sospende come criterio perché sta seguendo la logica del recupero tramite risanamento. Inoltre, essendoci il tribunale di mezzo, la banca ha maggiore comfort a giustificare internamente la scelta (“cliente è default, però finanziamo in prededuzione con garanzie, approvato da Tribunale – mitiganti eccezionali”).
Nel caso della composizione negoziata, la procedura è confidenziale (non è pubblico automatico come il concordato) e la legge vieta la revoca fidi come detto. Dunque il rating potrebbe peggiorare per gli indicatori di bilancio, ma l’accesso alla composizione di per sé non è pubblicizzato né segnalato in Centrale Rischi. Se l’azienda riesce a risanarsi uscendo dalla composizione negoziata, potrebbe addirittura evitare di finire in default nei sistemi bancari. Quindi può essere uno strumento di prevenzione che alla fine mantiene un rating decente.
In sintesi, aprire una procedura è un’arma a doppio taglio: da un lato formalizza la crisi (non si può più negare che c’è un problema, il che normalmente porta le banche a caution), dall’altro crea un contesto protetto in cui è possibile fare cose (come avere nuovi finanziamenti prededucibili) che altrimenti sarebbero impensabili. Se l’obiettivo è ottenere credito ed evitare il tracollo, spesso vale la pena passare per la procedura se necessaria. È chiaro che poi, a risanamento avvenuto, bisognerà lavorare duramente per ricostruire un buon rating creditizio – ma questa è fase successiva.
Q10: In caso di totale assenza di soluzioni, conviene che il titolare dell’impresa chieda finanziamenti personali per metterli in azienda?
A: Questo è un punto delicato e frequente: l’imprenditore, pur di salvare l’azienda, magari pensa di indebitarsi lui personalmente (con mutui personali, cessione del quinto, finanziarie) e poi immettere quei soldi nella società. Bisogna stare attenti:
- Se l’azienda poi non si salva, l’imprenditore rimane con il debito personale non scaricabile (non protetto dalla procedura dell’azienda) e ha peggiorato la sua situazione individuale.
- Iniettare denaro dei soci in azienda, come visto, può essere postergato (se non segui il percorso concordatario). Quindi potresti mettere soldi e in un eventuale fallimento aziendale quei soldi servono a pagare altri creditori, e tu come socio vieni ultimo.
Tuttavia, spesso è inevitabile dare un segnale: le banche vogliono vedere il sacrificio del titolare prima di rischiare capitale loro. Quindi può aver senso, se si intravede concreta possibilità di ripresa, che l’imprenditore immetta liquidità propria (o prestiti personali) nell’impresa, ma farlo in modo strutturato e protetto. Ad esempio: se decidi di mettere soldi, fallo all’interno di un accordo che ti dia prededuzione (come finanziamento soci ex art.102 CCII), così almeno 80% di quel che hai messo ti torna indietro con priorità se va male. Oppure convertilo in capitale sociale (aumento di capitale): rischioso perché diventa equity (non lo recuperi se fallisce) ma almeno rafforza i parametri e può convincere altri a intervenire. Alcuni imprenditori fanno così: accendono un mutuo ipotecario sulla casa personale e con quel ricavato fanno un aumento di capitale nella società. Le banche apprezzano perché vedono l’allineamento di interesse (il titolare ha messo in gioco la casa, quindi crede davvero nel salvataggio). Però è un all-in personale.
In generale, non indebitarsi personalmente oltre le proprie possibilità: se l’esposizione aziendale è enorme, sacrificare anche il patrimonio familiare potrebbe non risolvere la situazione e creare una doppia tragedia (impresa fallita + famiglia indebitata). Meglio in questi casi esplorare procedure di insolvenza che liberino almeno la persona dai debiti residui (esdebitazione post-fallimentare).
Se invece la crisi aziendale è moderate e serve un boost di liquidità e tu imprenditore hai ancora garanzie personali spendibili, è legittimo usarle. Fai solo attenzione a formalizzare che quei soldi entrano come finanziamento soci con data certa, così se poi l’azienda risale, potrai riprendere il tuo credito (postergato ma se l’azienda torna solvibile puoi ripagarti). In caso di concordato, inserisci nel piano che il socio farà apporto di tot ma chiede la prededuzione come da norma – molti concordati recenti includono l’apporto soci proprio per rassicurare tutti che il titolare ci crede (spesso non lo rivedranno integralmente, ma moralmente e giuridicamente è importante).
Conclusione
Affrontare una crisi d’impresa richiede coraggio e capacità di mettere in discussione le strategie finanziarie adottate fino a quel momento. Ottenere più credito dalle banche quando si è in crisi non è semplice, ma come abbiamo visto non è nemmeno impossibile: il sistema giuridico fornisce oggi vari strumenti per facilitare i finanziamenti “buoni” finalizzati al salvataggio dell’impresa, e scoraggia al contempo i finanziamenti “cattivi” che ne prolungherebbero l’agonia. Dal punto di vista del debitore, la chiave sta nel giocare d’anticipo: riconoscere i segnali di crisi, attivare per tempo le procedure di allerta o di composizione assistita, coinvolgere i creditori in modo trasparente e cercare soluzioni creative.
Le banche, da parte loro, non sono più meri “villain” che tagliano i fidi alla prima difficoltà: normative come il Codice della Crisi e protocolli di settore oggi le impegnano a un ruolo più costruttivo, purché l’imprenditore sia collaborativo e vi sia una prospettiva realistica di risanamento. Anche la finanza alternativa offre opportunità che dieci anni fa nemmeno esistevano: pensiamo al fintech, ai minibond, ai fondi di investimento privati. Il ventaglio di opzioni si è allargato e un’impresa in crisi, con l’assistenza di consulenti esperti, può provare a combinare diverse fonti per ricostituire il capitale circolante necessario a superare la tempesta.
In questa guida abbiamo esplorato normative, sentenze, strumenti e consigli pratici con un livello di approfondimento avanzato, cercando però di mantenere un linguaggio comprensibile. In ultima analisi, ogni crisi fa storia a sé: non esiste una ricetta universale, ma esistono principi generali. Il debitore che dimostra meritevolezza, che tutela la par condicio (ad esempio non pagando sotto banco qualcuno a scapito di altri), che mette in campo sacrifici personali e adotta strumenti legali appropriati, ha molte più possibilità di ottenere fiducia dal sistema finanziario.
Anche se il percorso è arduo, ricordiamo che la legge italiana ha evoluto la propria filosofia sulla crisi d’impresa: dall’idea punitiva e liquidatoria del passato si è passati a un’ottica di second chance e valorizzazione della continuità aziendale. Questa nuova cultura giuridica, in linea con le direttive europee, va sfruttata appieno dal debitore onesto e lungimirante. Con i giusti strumenti, il supporto professionale adeguato e una negoziazione ferma ma corretta con banche e creditori, ottenere credito aggiuntivo per superare la crisi è possibile – e spesso rappresenta la differenza tra la ristrutturazione di successo e il fallimento.
Fonti e Riferimenti
Di seguito elenchiamo le principali fonti normative, giurisprudenziali e documentali citate o utilizzate nella guida, utili per ulteriori approfondimenti:
Normativa e Documenti Ufficiali:
- D.Lgs. 12 gennaio 2019 n. 14 – Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII) – Testo vigente (aggiornato 2024). Artt. 16 (mantenimento affidamenti in composizione negoziata); 22-24 (finanziamenti durante composizione negoziata); 99-101 (finanziamenti prededucibili prima dell’omologa e in esecuzione di concordato/accordo); 102 (finanziamenti dei soci, deroga a postergazione); 166 (esenzioni da revocatoria). – Fonte: Gazzetta Ufficiale n.38 del 14/02/2019 e successive modifiche.
- Codice Civile (artt. 2086, 2467 c.c.) – Art.2086 c.c. comma 2: obbligo per l’imprenditore di istituire assetti adeguati a rilevare la crisi tempestivamente; Art.2467 c.c.: postergazione dei finanziamenti dei soci in caso di eccessivo squilibrio patrimoniale. Il CCII deroga a quest’ultimo nei limiti dell’art.102 CCII.
- Decreto-Legge 8 aprile 2020 n.23 (Decreto “Liquidità”), conv. in L. 40/2020 – Misure emergenziali Covid-19: potenziamento Fondo Garanzia PMI (garanzia fino 90-100% su finanziamenti), garanzie SACE “Garanzia Italia”, moratorie ex lege sui finanziamenti fino al 2021. – Fonte: Gazzetta Ufficiale n.94 del 08/04/2020.
- Legge 30 dicembre 2024 n. 207 (Legge di Bilancio 2025) – Proroga fino al 31/12/2025 delle misure potenziate del Fondo Centrale PMI. Copertura garanzia ordinaria 80% investimenti / 50% liquidità; innalzamento microcredito a 100.000 €; possibilità di garanzia anche per MidCap (imprese fino 499 dipendenti) al 60-40%. – Fonte: G.U. n.305 del 31/12/2024.
- Decreto MISE 24 marzo 2015 e ss. – Disciplina Fondo Centrale di Garanzia PMI – Regolamento operativo del Fondo (criteri valutazione, modello rating MCC, percentuali di copertura per tipologia operazione). Vedi in particolare Circolare MCC n.14/2023 su nuovi parametri 2024-25.
- Linee Guida ABI – Associazioni imprenditoriali 2025 – Documento del 1° aprile 2025 per la sospensione dei pagamenti di finanziamenti per imprese in temporanea difficoltà. Prevede procedure per richiedere moratorie, allungamento garanzie pubbliche su prestiti sospesi e impegna banche a valutare soluzioni concordate. – Fonte: ABI.it (Notizia 3/3/2025).
- Normativa UE Aiuti di Stato – Imprese in difficoltà – Art. 2 par.18 del Regolamento UE 651/2014 (GBER) definizione di “impresa in difficoltà”, utilizzata per stabilire ammissibilità a garanzie pubbliche. Durante Covid, deroghe temporanee tramite Comunicazione Commissione 2020/C 91 I/01 (“Temporary Framework”). Rileva per capire quando il Fondo PMI può garantire aziende in crisi.
- Disposizioni Banca d’Italia in materia di classificazione crediti – Circa la definizione di forbearance (esposizioni oggetto di concessioni) e default. Le linee guida ABI 2025 chiedono flessibilità sulla soglia 90 giorni e concessioni per moratorie concordate.
Giurisprudenza:
- Cassazione Civile, Sez. I, 18 giugno 2021 n. 18610 – Pronuncia di riferimento sulla concessione abusiva di credito: introduce il criterio della “ragionevole previsione di risanamento” come discriminante. La banca è responsabile solo se, al momento del finanziamento, non c’erano ragionevoli prospettive di recupero dell’impresa.
- Cassazione Civile, Sez. I, 12 settembre 2021 n. 24725 – Conferma la linea di Cass. 18610/2021: per configurare l’abuso del credito serve dimostrare che la banca abbia violato principi di prudenza, finanziando in modo antieconomico un’impresa decotta. Sottolinea l’importanza del business plan presentato dall’azienda in crisi (se c’era ed era plausibile, tende ad escludere la colpa della banca).
- Cassazione Civile, Sez. I, 27 ottobre 2023 n. 29840 – Ulteriore chiarimento: esclude la responsabilità della banca per concessione abusiva se l’operazione di finanziamento, valutata ex ante, appariva coerente con una gestione prudente e supportata da un piano industriale ragionevole. Caso concreto: finanziamento a progetto immobiliare poi naufragato, ma la Cassazione ha ritenuto la banca non responsabile perché all’epoca c’erano valide prospettive di successo.
- Cassazione Civile, Sez. I, 19 febbraio 2024 n. 4376 – Sentenza (ordinanza) che sancisce un principio forte: “è contraria al buon costume, e dunque irripetibile, l’erogazione di credito a un’impresa già in stato di decozione”. In tal caso si applica l’art. 2035 c.c. (soluti retentio): la banca non può pretendere la restituzione delle somme erogate perché l’operazione è illecita/immorale. Riferimento a Cass. 16706/2020 e precedenti conformi.
- Tribunale di Napoli (Sez. Impresa), 25 marzo 2025, n. 3015 – Sentenza di merito in tema di abusiva concessione di credito: ha affermato la responsabilità di una banca che aveva continuato a finanziare un’impresa in grave squilibrio senza reali prospettive di risanamento. Importante perché cita espressamente l’art.16 CCII (divieto revoca affidamenti in composizione negoziata) suggerendo che la banca avrebbe dovuto accompagnare la crisi in modo diverso. Conferma la centralità del piano di risanamento: finanziare senza un piano serio è atto negligente.
- Cassazione Civile, 18 gennaio 2023 n. 1387 – Pronuncia tecnica sulla decorrenza della prescrizione dell’azione di responsabilità per concessione abusiva. Rileva soprattutto per i legali: stabilisce che il termine prescrizionale (5 anni per l’azione di responsabilità extracontrattuale) inizia a decorrere dal fallimento dell’impresa finanziata, quando si concretizza il danno ai creditori. (Utile per cause in cui le banche vengono chiamate anni dopo i fatti) – cfr. Diritto Bancario, commenti 2023.
- Cassazione Civile, Sez. I, 21 dicembre 2023 n. 35750 – Ordinanza (Pres. Di Marzio) su rapporti banca-impresa: affronta il tema delle clausole contrattuali e possibili profili di abuso di diritto nella gestione dei crediti bancari, in continuità con la giurisprudenza sull’abusiva concessione. Non pubblicata integralmente; riferimenti in banche dati di anomalie bancarie.
- Corte d’Appello di Firenze, Sez. II, 29 aprile 2025 n. 798/2025 – Caso in appello relativo a concessione/monitoraggio del credito: conferma che il dovere di valutazione prudente della banca sussiste non solo nell’erogazione iniziale ma anche nei rinnovi di linee di credito. Se una banca rinnova ripetutamente affidamenti a un’impresa che peggiora senza intervenire, può aggravare il dissesto e incorrere in responsabilità. (Sentenza segnalata su riviste giuridiche toscane 2025).
- Tribunale di Milano, 16 settembre 2021 – Decreto in sede pre-concordataria (ante CCII) che anticipa criteri ora codificati: autorizzò finanziamenti interinali valutando che la continuità aziendale, se non appaia illogica o improbabile, è preferibile alla liquidazione immediata anche nell’interesse del PIL e dell’indotto. Spesso citato come orientamento pro-risanamento.
- Giurisprudenza su fideiussioni omnibus (nullità per anticoncorrenza) – Cass. 29810/2017, Cass. 12505/2018, Cass. 12377/2019, Cass. 41994/2021, ecc.: serie di decisioni che hanno dichiarato nulle le fideiussioni conformi al modello ABI (schema contrattuale del 2003) perché attuano un’intesa restrittiva vietata. Rilevante per le imprese che hanno soci garanti: molte fideiussioni “standard” oggi sono inesigibili. – Fonte: decisioni Cassazione e Provvedimento Banca d’Italia n.55/2005 citato in tali sentenze.
Sei in crisi d’impresa ma hai bisogno di liquidità? Fatti Aiutare da Studio Monardo
Quando un’impresa entra in crisi, accedere al credito bancario sembra impossibile.
Eppure, anche in una fase delicata, le banche possono concedere nuovo credito – se vedono un piano concreto di rilancio e la volontà di risanare.
Il segreto sta nel presentare la crisi non come una condanna, ma come un’opportunità di ripartenza, con numeri chiari e obiettivi misurabili.
Ecco cosa puoi fare per aumentare le possibilità di ottenere credito:
- Predisporre un piano di risanamento serio, realistico e sostenibile
- Dimostrare la continuità aziendale, anche attraverso la composizione negoziata della crisi
- Fornire documentazione chiara e aggiornata: bilanci, flussi di cassa, business plan
- Mostrare l’impegno degli amministratori e la disponibilità a ristrutturare i debiti
- Richiedere un finanziamento prededucibile, se previsto da una procedura aperta
- Valutare garanzie alternative o l’intervento del Fondo Centrale di Garanzia
Con la giusta strategia, puoi trasformare un “no” bancario in una nuova possibilità di rilancio.
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🔁 Integra l’accesso al credito con la ristrutturazione dei debiti esistenti
🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in crisi d’impresa e rapporti con istituti bancari
✔️ Iscritto come Gestore della crisi presso il Ministero della Giustizia
✔️ Consulente per PMI, imprenditori e professionisti in difficoltà finanziaria
Conclusione
Le banche non chiudono sempre la porta a chi è in crisi.
Con un piano ben costruito e l’assistenza di un professionista esperto, puoi riaprire il dialogo con gli istituti di credito, ottenere nuova liquidità e dare ossigeno alla tua impresa.
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