Quando Va In Prescrizione Una Fideiussione Bancaria?

Hai firmato una fideiussione bancaria anni fa e ti stai chiedendo se è ancora valida o se è ormai prescritta? Ti è arrivata una richiesta di pagamento da parte di una banca o di una società di recupero crediti e vuoi sapere se puoi opporti per decorrenza dei termini?

La prescrizione è uno degli strumenti più efficaci per difendersi da fideiussioni datate, soprattutto quando il creditore agisce dopo anni di inattività. Ma attenzione: la decorrenza della prescrizione dipende da diversi fattori, e serve un’analisi attenta per capire se puoi davvero liberartene.

Quando si prescrive una fideiussione bancaria?
In linea generale, la fideiussione segue lo stesso termine di prescrizione dell’obbligazione principale, cioè il debito garantito. Se si tratta di un contratto di mutuo o finanziamento, il termine è di 10 anni. Ma in alcuni casi può essere più breve, come per le obbligazioni soggette a prescrizione quinquennale (ad esempio, rate di leasing o prestazioni professionali).

Da quando decorre il termine di prescrizione?
Il termine decorre dal momento in cui il creditore può agire contro il garante, e non dalla firma della fideiussione. Se il debitore principale non paga e la banca può chiedere il pagamento al fideiussore, da lì inizia a decorrere la prescrizione.

Cosa interrompe la prescrizione?
– Un atto di costituzione in mora
– Un sollecito scritto, se ricevuto dal garante
– Una raccomandata con richiesta di pagamento
– Un decreto ingiuntivo o una citazione in giudizio
Ogni atto interruttivo fa ripartire il termine da capo. Se sono passati più di 10 anni (o 5, in alcuni casi) senza alcun atto interruttivo valido, il debito garantito può considerarsi prescritto.

La fideiussione può prescriversi anche prima?
Sì, se è prevista una clausola di durata: alcune fideiussioni bancarie hanno un limite temporale espresso (es. “valida fino a 5 anni dalla sottoscrizione”), oppure si tratta di garanzie specifiche legate a contratti ormai estinti. In questi casi, la banca non può agire oltre il termine pattuito, anche se il credito principale non è ancora prescritto.

Cosa puoi fare se ti chiedono di pagare una fideiussione prescritta?
– Verifica la data del contratto di fideiussione e del debito garantito
– Controlla se hai ricevuto atti interruttivi validi negli ultimi anni
– Valuta se ci sono clausole di durata o condizioni sospensive
– Presenta opposizione formale o giudiziale per far valere la prescrizione
– Evita di rispondere frettolosamente o di firmare documenti: ogni riconoscimento può interrompere la prescrizione

Cosa succede se non ti difendi?
– Il creditore può ottenere un decreto ingiuntivo anche su una fideiussione vecchia
– Se non presenti opposizione in tempo, il titolo diventa definitivo
– Potresti subire un pignoramento anche per debiti non più dovuti
– Rischi di pagare per ignoranza dei tuoi diritti

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto bancario e difesa da fideiussioni – ti spiega quando va in prescrizione una fideiussione bancaria, quali sono i termini da calcolare e come opporsi in modo efficace a richieste tardive e potenzialmente illegittime.

Hai ricevuto una richiesta di pagamento per una vecchia fideiussione? Vuoi sapere se è ancora valida o se puoi opporla per prescrizione?

Richiedi, in fondo alla guida, una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Verificheremo le date, la validità dell’atto e i termini di legge per tutelarti da pretese ormai estinte e salvare il tuo patrimonio.

Introduzione

La fideiussione bancaria è un contratto di garanzia personale in cui un soggetto (il fideiussore o garante) si obbliga verso una banca (creditore) a garantire l’adempimento di un’obbligazione altrui (tipicamente un debito bancario). In altri termini, se il debitore principale non paga, la banca potrà rivolgersi al fideiussore per ottenere il pagamento dovuto. Data la natura accessoria della fideiussione, essa è strettamente collegata alle vicende del debito garantito: se l’obbligazione principale si estingue o è nulla, anche la fideiussione si estingue o è nulla.

Una domanda cruciale, dal punto di vista del debitore (e del garante), è: “Quando si prescrive una fideiussione bancaria?”. Cioè, dopo quanto tempo e a quali condizioni il fideiussore non è più legalmente tenuto a pagare la banca? La risposta richiede di esaminare due istituti distinti ma entrambi rilevanti in materia: da un lato la prescrizione ordinaria (cioè il termine decorso il quale il diritto del creditore non può più essere fatto valere), dall’altro la decadenza semestrale ex art. 1957 c.c. (una speciale scadenza breve prevista dal Codice Civile a tutela del fideiussore). Inoltre, occorre considerare gli orientamenti giurisprudenziali più recenti (aggiornati a giugno 2025) e alcune problematiche particolari come la nullità delle fideiussioni bancarie “omnibus” per violazione della normativa antitrust (art. 2 L. 287/1990).

In questa guida approfondiremo tutti questi aspetti con taglio avanzato, ma in modo chiaro e sistematico. Ci rivolgeremo sia ai professionisti del diritto (avvocati, giuristi d’impresa) sia ai privati e imprenditori che hanno prestato fideiussioni o le hanno subìte, adottando un linguaggio giuridico preciso ma divulgativo. Troverete tabelle riepilogative, una sezione di domande e risposte frequenti, esempi pratici basati sull’ordinamento italiano e numerosi richiami a fonti normative e giurisprudenziali aggiornate (Corte di Cassazione e Corti di merito fino al 2025), il tutto dal punto di vista del debitore/fideiussore.

Fideiussione bancaria: definizione e caratteristiche generali

La fideiussione è disciplinata dal codice civile italiano agli artt. 1936 e seguenti. L’art. 1936 c.c. la definisce così: “È fideiussore colui che, obbligandosi personalmente verso il creditore, garantisce l’adempimento di un’obbligazione altrui”. Dunque la fideiussione bancaria è semplicemente una fideiussione in cui il credito garantito è verso una banca (ad esempio un mutuo, un finanziamento, un’apertura di credito, ecc.). Le parti coinvolte sono:

  • il debitore principale (es. il cliente che ha ricevuto il finanziamento dalla banca),
  • il fideiussore o garante (es. un familiare, socio o terzo che garantisce per il debitore),
  • la banca (creditore).

Caratteristiche fondamentali della fideiussione:

  • Accessorietà: la fideiussione è un obbligo accessorio che segue le sorti del debito principale. Ciò significa, ad esempio, che se il debito principale non sussiste o si estingue, anche la fideiussione viene meno. Il codice prevede espressamente che se l’obbligazione principale è nulla o inesistente, il negozio fideiussorio è privo di causa ab origine ed è dunque nullo esso stesso. Allo stesso modo, il fideiussore non può essere tenuto a più di quanto è dovuto dal debitore: la fideiussione “non può eccedere ciò che è dovuto dal debitore” (art. 1941 c.c.). Questa accessorietà implica anche che molti diritti e difese del debitore spettano anche al fideiussore (art. 1945 c.c., il fideiussore può opporre al creditore tutte le eccezioni del debitore principale, salvo quelle personali a quest’ultimo).
  • Solidarietà: di regola, la fideiussione obbliga il garante in solido col debitore principale. Ciò significa che la banca può pretendere l’intero pagamento indifferentemente dal debitore o dal fideiussore, senza dover prima escutere (escutere = agire esecutivamente contro) il debitore. In verità il codice prevedeva originariamente un beneficio di escussione (art. 1944 c.c.), per cui il fideiussore poteva chiedere che il creditore escutesse prima il patrimonio del debitore; tuttavia tale beneficio opera solo se espressamente pattuito. Nei contratti bancari, normalmente il beneficio di escussione è escluso (il fideiussore “rinuncia ai benefici di cui agli artt. 1944 e 1945 c.c.”) rendendo la garanzia immediatamente azionabile in via solidale. Inoltre, se vi sono più fideiussori, essi sono condebitori solidali nei confronti della banca.
  • Personalità dell’obbligazione: il fideiussore “si obbliga personalmente” (art. 1936 c.c.), ossia risponde con il proprio patrimonio personale presente e futuro. La fideiussione bancaria è dunque distinta dalle garanzie reali (es. pegno, ipoteca) in cui viene vincolato uno specifico bene. Qui l’obbligo è personale e illimitato nei limiti dell’importo garantito.
  • Gratuità/onerosi: usualmente la fideiussione prestata da terzi a favore di una banca è un atto gratuito (il garante non riceve un corrispettivo, lo fa per liberalità o interesse indiretto). Vi sono però anche fideiussioni professionali (es. consorzi di garanzia fidi) o soggetti che contro commissione fanno da garanti. In ogni caso, la gratuità non incide sulla validità, ma rileva in alcuni aspetti (ad es. la possibilità di revoca ai sensi della legge fallimentare se prestata a favore di un’impresa in crisi, ecc., temi che esulano dalla presente trattazione).

Quando si parla di “fideiussione bancaria” nel linguaggio corrente si può intendere sia la fideiussione rilasciata a favore di una banca (caso più comune, ad es. un privato garantisce il mutuo acceso da un familiare presso una banca), sia la fideiussione rilasciata da una banca (ad esempio quando la banca fa da garante – tipicamente “a prima richiesta” – in favore di un creditore terzo, come avviene nelle cauzioni per appalti, contratti pubblici, locazioni, ecc.). In questa guida ci occuperemo principalmente del primo caso (garanzia prestata al credito bancario), che è quello di interesse per debitori e fideiussori in rapporti bancari.

Tipologie di fideiussione: omnibus, specifica, solidale, autonoma

Non tutte le fideiussioni bancarie sono uguali. È opportuno distinguere alcune varianti contrattuali rilevanti, poiché le regole sulla prescrizione e le tutele del fideiussore possono differire:

  • Fideiussione specifica: garantisce una singola operazione o un singolo contratto ben determinato. Ad esempio: fideiussione a garanzia di uno specifico mutuo, di un leasing, di un finanziamento X, ecc. In tal caso l’obbligazione garantita è individuata e circoscritta contrattualmente.
  • Fideiussione omnibus (o cumulativa): garantisce tutte le obbligazioni presenti e future che il debitore ha verso la banca, entro un massimale. È la forma più tipica nel rapporto banca-impresa: la cosiddetta “fideiussione a garanzia delle operazioni bancarie”, con cui un garante (es. un socio, familiare o altra società) garantisce tutte le esposizioni del cliente verso quella banca, generalmente fino a un certo importo massimo. Questo significa che la garanzia copre ad esempio il saldo negativo di conto corrente, eventuali scoperti su anticipi, scoperti di cassa futuri, interessi maturandi, ecc., entro il massimale stabilito. La fideiussione omnibus è molto utilizzata in ambito bancario per semplificare le pratiche: anziché richiedere una fideiussione nuova per ogni affidamento o finanziamento, se ne predispone una generale valida per tutti i rapporti. Da anni la legge richiede che tali fideiussioni omnibus indichino espressamente l’importo massimo garantito (per evitare impegni illimitati): in mancanza, la fideiussione omnibus sarebbe affetta da nullità parziale per la parte eccedente (cfr. art. 10 L. 154/1992, ora TUB art. 117).
  • Fideiussione solidale: come anticipato, la regola generale è la solidarietà tra fideiussore e debitore. Dunque ogni fideiussione bancaria ordinaria è “solidale” a meno che non sia pattuito il beneficio di escussione. Nella prassi, quasi tutte le fideiussioni bancarie sono solidali (il termine “fideiussione solidale” è spesso usato come sinonimo di fideiussione ordinaria, per distinguerla dal contratto autonomo di garanzia di cui si dirà infra). Pertanto, salvo diversa pattuizione, la banca può agire direttamente contro il fideiussore inadempiente senza prima aggredire il debitore principale, ed eventualmente potrà escutere entrambi in parallelo.
  • Contratto autonomo di garanzia: distinta dalla fideiussione in senso stretto, è una garanzia personale priva del carattere di accessorietà. Spesso viene richiamata con espressioni come “garanzia a prima richiesta, senza eccezioni”. In questo schema, il garante si impegna a pagare una somma concordata al semplice ricevimento di una richiesta scritta del creditore, senza poter opporre eccezioni relative al rapporto principale. Tali garanzie autonome sono frequenti nelle garanzie bancarie internazionali, nei contratti di appalto (cauzioni), ecc., e hanno natura indennitaria più che di fideiussione in senso tecnico. La differenza pratica è che il garante “autonomo” non può rifiutare il pagamento adducendo, ad esempio, l’invalidità o l’estinzione del rapporto principale: dovrà pagare e semmai rivalersi poi sul debitore. La giurisprudenza distingue nettamente il contratto autonomo di garanzia dalla fideiussione: “non sussiste vincolo di solidarietà tra l’obbligazione del debitore principale e quella derivante da un contratto autonomo di garanzia”, giacché in quest’ultimo la causa è quella di trasferire il rischio economico dal creditore al garante, mentre nella fideiussione si tutela l’interesse all’esatto adempimento della medesima prestazione. In sintesi, la fideiussione è accessoria al debito garantito, invece la garanzia autonoma è sganciata dall’obbligazione principale (collegata solo sul piano economico-negoziale).

Nei contratti può essere talvolta dubbio se una clausola di “pagamento a prima richiesta” trasformi la fideiussione in garanzia autonoma. La Cassazione ha chiarito che occorre guardare all’intento delle parti e al contenuto complessivo del contratto: l’inserimento di formule come “senza poter opporre eccezioni” o “a prima richiesta” non comporta necessariamente la creazione di un contratto autonomo, potendosi avere anche fideiussioni con obbligo di pagamento a prima richiesta (che restano comunque fideiussioni, se l’obbligazione è ancora accessoria e finalizzata all’adempimento del debito principale). In caso di dubbio interpretativo, la garanzia si presume fideiussione (schema tipico) anziché autonoma, dato che quest’ultima deroga alle norme ordinarie e priva il garante di molte difese.

Tabella di confronto – Fideiussione vs. Garanzia autonoma:

CaratteristicaFideiussione (garanzia accessoria)Contratto autonomo di garanzia
AccessorietàSì – dipende dall’obbligazione principale. Se il debito principale è nullo o si estingue, la fideiussione viene meno (art. 1939 c.c.).No – è indipendente dal rapporto principale. Il garante è tenuto a pagare a prescindere dalle vicende del rapporto tra creditore e debitore (salvo patto contrario).
Solidarietà col debitoreSì – fideiussore e debitore sono coobbligati solidali. Il creditore può agire contro il fideiussore direttamente, e un atto interruttivo contro il debitore giova anche contro il fideiussore (art. 1310 c.c.).No – il garante autonomo non è tecnicamente un condebitore solidale del debitore principale, ma un obbligato distinto. Atti compiuti contro il debitore principale non producono effetti nei confronti del garante autonomo.
Eccezioni opponibiliIl fideiussore può opporre al creditore tutte le eccezioni che spettano al debitore (es. nullità, prescrizione, inadempimento del creditore, compensazione, ecc.), tranne l’incapacità del debitore (art. 1945 c.c.).Il garante autonomo, avendo promesso di pagare “a prima richiesta e senza eccezioni”, non può opporre eccezioni relative al rapporto principale. Può solo opporre exceptio doli in casi di evidente abuso o frode del creditore (es. richiesta manifestamente oltre importo dovuto).
Durata e termineDi norma segue la durata del debito garantito; soggetta a prescrizione ordinaria decennale dal momento in cui il creditore poteva escutere il garante (vedi sez. successiva). Inoltre, è soggetta al termine di decadenza ex art. 1957 c.c. (6 mesi), salvo rinuncia valida.Può essere a termine oppure “a prima richiesta” valida fino a escussione o svincolo. Trattandosi di obbligazione autonoma, si prescrive in genere in 10 anni dall’eventuale inadempimento del garante (o dal termine contrattuale se previsto). Non si applica l’art. 1957 c.c. alle garanzie autonome.

Nota: Spesso le fideiussioni bancarie standard contengono sia clausole tipiche della fideiussione che clausole di stile “a prima richiesta”. La presenza di queste ultime non sempre rende autonoma la garanzia; la qualificazione dipende dalla volontà delle parti e dal tenore complessivo. In mancanza di una chiara volontà di deroga, i giudici tendono a qualificare il rapporto come fideiussione ordinaria, applicando quindi tutte le tutele del garante previste dal codice (incluso l’art. 1957 c.c.).

Dopo questa panoramica sulle tipologie contrattuali, possiamo ora entrare nel vivo della prescrizione delle fideiussioni e del termine ex art. 1957 c.c., per capire quando e a quali condizioni il fideiussore si libera dal proprio obbligo.

La prescrizione della fideiussione: durata e decorrenza del termine

In generale, i diritti di credito si estinguono per prescrizione decorso il termine stabilito dalla legge (art. 2934 c.c.). Per i diritti non soggetti a termini più brevi, il termine di prescrizione ordinaria è di 10 anni (art. 2946 c.c.). Il diritto della banca di escutere il fideiussore rientra, salvo casi particolari, in questa regola generale decennale. Dunque, una fideiussione “va in prescrizione” ordinariamente in 10 anni. Ma da quale momento decorre tale termine? La risposta, in linea di massima, è: dal momento in cui il creditore potrebbe far valere il proprio diritto verso il fideiussore. Trattandosi di un’obbligazione accessoria, ciò dipende dall’esigibilità dell’obbligazione principale garantita.

Possiamo distinguere alcune situazioni tipiche, in base alla natura del debito principale garantito:

  • Mutuo o finanziamento a rate: La giurisprudenza considera il debito da mutuo unitario, anche se suddiviso in rate. Di conseguenza “non sono individuabili tante prescrizioni per quante sono le rate del mutuo, ma un unico termine di prescrizione decennale” che decorre dalla scadenza dell’ultima rata prevista. Fino a quando l’ultima rata non è scaduta, il debito non è considerato definitivamente esigibile per intero, e dunque la prescrizione del credito (e della relativa fideiussione) inizia a decorrere solo da quel momento. Ad esempio, in un mutuo con scadenza ultima rata al 31/12/2020, la banca ha fino al 31/12/2030 per chiedere il pagamento al debitore o al fideiussore (salvo atti interruttivi che possano far decorrere un nuovo termine da capo). Anche gli interessi corrispettivi inclusi nel piano di ammortamento seguono la stessa sorte: essendo parte integrante del debito unico rateizzato, non si prescrivono separatamente in 5 anni. Diverso sarebbe il caso di interessi dovuti autonomamente (ad es. interessi moratori successivi, non compresi nelle rate): quelli non pagati potrebbero teoricamente prescriversi in 5 anni ex art. 2948 n.4 c.c., ma normalmente il loro corso prescrizionale si “assorbe” nella sorte capitale una volta che l’intero debito viene fatto valere.
  • Apertura di credito in conto corrente (scoperto di conto): In un rapporto di conto corrente bancario con affidamento (fido), il momento determinante è la chiusura del conto ovvero la revoca dell’affidamento. Durante la vigenza del conto affidato, il saldo a debito del correntista può fluttuare e non è definitivamente esigibile finché l’affidamento rimane attivo. Solo quando la banca revoca il fido e “chiude” il conto, determinando il saldo finale dovuto, nasce il diritto all’adempimento integrale. Pertanto, la prescrizione decennale per il recupero del saldo (e per l’escussione dei garanti) decorre dalla data di chiusura del conto o da quando comunque la banca ha richiesto il rientro. Se, per ipotesi, un conto è chiuso il 1/03/2022 con un saldo passivo, la banca (e di conseguenza il fideiussore) avrà fino al 1/03/2032 per agire in via giudiziale, salvo interruzioni.
  • Crediti di firma e garanzie a prima domanda: Nel caso di garanzia autonoma prestata da una banca (es. fideiussione bancaria attiva, dove la banca è garante), la prescrizione segue le regole del diritto del beneficiario verso la banca (spesso 10 anni dall’inadempimento garantito). Ma nel nostro contesto, se il debitore ha escusso la banca-garante e quest’ultima si è rivalsa sul controgarante, il termine di prescrizione per la banca di rivalersi sul debitore principale o sul eventuale fideiussore di regresso decorre dal pagamento effettuato al beneficiario. (Questo è un caso complesso – coinvolge il diritto di surroga e regresso – ed esula dal caso tipico debitore-fideiussore entrambi verso la banca; lo accenniamo solo per completezza.)
  • Altre tipologie: In generale, per ogni obbligazione garantita vale la regola che la prescrizione inizia quando quell’obbligazione è esigibile e liquida. Ad esempio, per un contratto di leasing, si avrà prescrizione decennale dal momento in cui la società di leasing dichiara risolto il contratto e chiede l’intero dovuto (o dall’ultima rata se il leasing è giunto a scadenza naturale) – fino ad allora, se il leasing prosegue, le singole rate potrebbero considerarsi non definitivamente dovute in caso di prosecuzione del rapporto.

Interruzione della prescrizione: È fondamentale ricordare che la prescrizione non decorre inesorabilmente in modo continuativo se intervengono atti interruttivi. Un atto interruttivo (ad es. un riconoscimento di debito, una richiesta formale di pagamento, un atto di citazione, un decreto ingiuntivo) fa sì che il termine di prescrizione ricominci da zero dal giorno dell’atto (art. 2945 c.c.). Nel caso di più debitori obbligati in solido – situazione in cui rientra il rapporto debitore principale/fideiussore – gli atti con cui il creditore interrompe la prescrizione verso uno dei condebitori producono effetto anche riguardo agli altri condebitori solidali (art. 1310, co. 1, c.c.). Esempio: se la banca notifica un decreto ingiuntivo al debitore principale entro il termine di 10 anni, ciò interrompe la prescrizione non solo verso il debitore, ma anche verso il fideiussore. In virtù del vincolo di solidarietà passiva, il fideiussore non può giovarsi del fatto che l’azione sia stata intrapresa solo contro il debitore principale: l’interruzione si estende a lui proporzionalmente alla parte di debito garantita. Dopo un atto interruttivo, inizia un nuovo termine decennale. Se tale atto è una domanda giudiziale, la prescrizione rimane inoltre sospesa per tutta la durata del processo fino al passaggio in giudicato della sentenza (art. 2945, co. 2 c.c.).

Va peraltro segnalato che atti o comportamenti del debitore (e del fideiussore) possono anch’essi incidere: un riconoscimento di debito da parte del debitore principale, ad esempio, è un atto che interrompe la prescrizione del credito. Tuttavia, essendo un atto volontario del debitore (non del creditore), la sua efficacia interruttiva verso il fideiussore non è automatica: la giurisprudenza esclude in genere che l’atto di riconoscimento di uno dei debitori solidali abbia effetto sugli altri, trattandosi di un atto non imputabile al creditore ma al debitore (diversamente dall’atto del creditore, che sì si estende a tutti i coobbligati). In pratica, se il debitore principale ammette per iscritto il debito, la banca potrà far valere tale ammissione contro di lui (interrompendo la sua prescrizione), ma non potrà opporla ipso facto al fideiussore per sostenere l’interruzione verso questi, dovendo il garante poter confidare nell’inerzia del creditore o in atti di quest’ultimo, non in iniziative del debitore.

Effetti della prescrizione: quando il termine di prescrizione (10 anni, salvo casi di prescrizione breve) è decorso senza che la banca abbia compiuto atti interruttivi, il fideiussore ha il diritto di opporre l’eccezione di prescrizione in giudizio o anche in via stragiudiziale. L’effetto dell’accoglimento dell’eccezione è l’estinzione definitiva dell’obbligazione di garanzia per decorso del tempo. In altre parole, il fideiussore può rifiutare legalmente il pagamento con una semplice dichiarazione di voler opporre la prescrizione acquisita. Si noti che la prescrizione non opera automaticamente ma deve essere eccepita dal garante; il giudice non la rileva d’ufficio (art. 2938 c.c.), quindi se il fideiussore non la solleva, il giudice potrebbe condannarlo comunque. Inoltre, la prescrizione può essere rinunciata dal debitore o dal fideiussore dopo che è compiuta (art. 2937 c.c.); ciò significa che, ad esempio, un fideiussore che dopo 10 anni paga volontariamente, non potrà poi chiedere indietro quanto pagato sostenendo che il debito era prescritto, avendo implicitamente rinunciato alla prescrizione stessa con il pagamento.

Riassumendo la prescrizione: per la maggior parte delle fideiussioni bancarie, il termine è decennale e decorre dal momento in cui il debito garantito diviene esigibile e determinato. Non esistono termini di prescrizione diversi per il fideiussore rispetto al debitore: l’obbligazione è la medesima, condivide sorte e tempistiche (salvo che la banca, per qualche motivo, decida di agire solo contro il fideiussore trascurando il debitore – evenienza rara – in tal caso la prescrizione verso il fideiussore decorre comunque dalla stessa data in cui sarebbe decorsa verso il debitore). In ogni caso la banca ha 10 anni di tempo per escutere il garante, termine rinnovabile con atti interruttivi se posti in essere entro la scadenza. Passati dieci anni dall’esigibilità senza attività, la pretesa della banca verso il fideiussore si “affievolisce” e il garante può opporre il non liquet del tempo trascorso.

Un’affermazione efficace al riguardo è la seguente: “Ne consegue che il termine di prescrizione è unico (10 anni) e decorre dalla data di scadenza dell’ultima rata dovuta” (nel caso dei pagamenti rateali), e in generale dalla scadenza del debito garantito in tutti gli altri casi.

La decadenza semestrale ex art. 1957 c.c.: obbligo di tempestiva escussione del debitore

Oltre alla prescrizione decennale, la legge appresta al fideiussore una tutela speciale consistente in un termine di decadenza molto più breve imposto al creditore. L’art. 1957 c.c. stabilisce infatti che “Il fideiussore rimane obbligato anche dopo la scadenza dell’obbligazione principale, purché il creditore entro sei mesi abbia proposto le sue istanze contro il debitore principale”. In caso contrario (cioè se il creditore resta inerte per oltre 6 mesi dalla scadenza), “il fideiussore è liberato”. Inoltre, la norma aggiunge che “il termine di sei mesi può essere abbreviato, ma non può essere aumentato”. Questa disposizione ha un fine ben preciso: evitare che il fideiussore resti esposto troppo a lungo per colpa dell’inerzia del creditore. Si vuole incentivare la banca a farsi avanti rapidamente contro il debitore, per non aggravare la posizione del garante in un’attesa indefinita. Se la banca dorme sui propri diritti, ne subisce le conseguenze perdendo la garanzia.

È importante notare alcuni dettagli di art. 1957 c.c.:

  • Il termine di 6 mesi decorre dalla “scadenza dell’obbligazione principale”. Bisogna quindi capire cosa si intenda per scadenza: nei debiti a termine fisso (es. restituzione di mutuo a certa data, o pagamento dell’ultima rata), è quella data; nei debiti a richiesta (es. saldo di conto a richiesta dopo revoca fido) coincide con la costituzione in mora o la richiesta di rientro; nei debiti per i quali sia prevista decadenza dal termine o risoluzione (es. leasing, mutuo non pagato con clausola risolutiva), sarà la data in cui l’obbligazione diventa interamente esigibile. Da quel momento, il creditore ha 6 mesi di tempo per attivarsi giudizialmente contro il debitore principale. La norma parla di “proporre le sue istanze” contro il debitore: la dottrina e giurisprudenza interpretano che occorre un atto giudiziale (es: atto di citazione, ricorso per decreto ingiuntivo) o equivalente (es: insinuazione al passivo fallimentare) nei confronti del debitore, idoneo a far valere il credito. Non basta una semplice diffida o sollecito stragiudiziale; occorre un’azione formale che interrompa la prescrizione verso il debitore.
  • Esiste un secondo termine alternativo di 2 mesi nel caso in cui il creditore escuta prima il fideiussore. L’art.1957, come interpretato, prevede infatti che se il creditore ha intimato o convenuto in giudizio il fideiussore prima di agire contro il debitore, egli per non decadere deve comunque promuovere le sue istanze contro il debitore entro 2 mesi dalla suddetta escussione del garante. Questa ipotesi serve a impedire che la banca aggiri l’onere di tempestività andando subito dal fideiussore: anche in tal caso, deve coinvolgere il debitore principale entro un termine più breve (2 mesi dalla richiesta al garante). In sostanza, i termini previsti dall’art.1957 c.c. sono “duplice e alternativi”: o 6 mesi dalla scadenza del debito, oppure (se il garante è stato escusso prima) 2 mesi dalla notifica della richiesta al fideiussore.
  • Il mancato rispetto di detti termini comporta la decadenza del diritto del creditore verso il fideiussore. Decadenza significa che il fideiussore è liberato dal suo obbligo, a nulla rilevando che il debitore principale sia ancora obbligato (questo non estingue il debito principale, ma rende inescutibile la garanzia).
  • Il termine di decadenza di 6 mesi non è suscettibile di interruzione o sospensione (salvo il caso particolare della moratoria concordata col fideiussore, v. infra). Essendo un termine di decadenza, non si applicano le norme sull’interruzione della prescrizione. Dunque la banca deve entro 6 mesi iniziare un’azione giudiziaria contro il debitore, non giova in questo senso nemmeno un riconoscimento di debito del debitore o altro atto: se anche quest’ultimo riconoscesse, ciò interromperebbe la prescrizione ordinaria ma non “allunga” il termine di decadenza.
  • Il termine di 6 mesi può essere ridotto per accordo (in melius per il fideiussore), ma non può essere aumentato. La legge vieta patti di maggior favore per il creditore su questo punto, ritenendo inderogabile in peius la posizione del garante. Qualsiasi clausola contrattuale che cerchi di eludere o estendere il termine di decadenza è nulla perché contraria a norma imperativa.

Clausole di deroga e prassi bancaria: nonostante il divieto di prorogare il termine semestrale, nella prassi bancaria per decenni è stata inserita sistematicamente una clausola di “rinuncia” da parte del fideiussore ai benefici dell’art. 1957 c.c.. Spesso nei moduli fideiussori era (ed è) scritto che “Il fideiussore resterà obbligato anche se la banca non abbia proposto le sue istanze contro il debitore principale nel termine dell’art.1957 c.c., al quale si deroga” o formulazioni analoghe. In questo modo le banche si assicuravano, di fatto, di non avere un limite di sei mesi per agire, potendo attendere tempi più lunghi senza perdere la garanzia. Tali clausole di deroga non dovrebbero produrre effetti, poiché in sostanza “aumentano” il termine in violazione dell’art. 1957 (che come detto è inderogabile in aumento). Tuttavia, prima che la giurisprudenza si consolidasse sul punto, vi sono state discussioni sul fatto che la rinuncia del fideiussore potesse considerarsi valida come atto dispositivo di un diritto disponibile. Oggi possiamo affermare con certezza che la clausola di rinuncia non è valida, venendo dichiarata nulla sia in base al principio codicistico di inderogabilità, sia – come vedremo tra poco – perché frutto di un’intesa anticoncorrenziale illecita tra le banche (censurata da Banca d’Italia nel 2005). Già da prima, comunque, la Cassazione aveva escluso che una simile deroga potesse operare in modo tacito o implicito: serviva una pattuizione chiara ed espressa. In ogni caso, la pratica di inserirla espressamente era molto diffusa.

Clausola di rinuncia e doppia sottoscrizione: Un aspetto interessante chiarito di recente (Cass., ord. n. 2683 del 4/02/2025) è che la clausola con cui il fideiussore rinuncia preventivamente alla decadenza ex art.1957 c.c. non costituisce una “clausola vessatoria” ai sensi dell’art. 1341, co. 2 c.c.. Le clausole vessatorie sono quelle che stabiliscono, in moduli o formulari predisposti, condizioni particolarmente gravose per l’aderente (es. deroghe al foro competente, arbitrati, limitazioni di responsabilità, ecc.) e che necessitano di specifica approvazione per iscritto. Molti fideiussori eccepivano l’inefficacia della rinuncia all’art.1957 perché non sottoscritta separatamente. La Cassazione ha però precisato che tale clausola non rientra nell’elenco dell’art.1341 c.c. e non richiede doppia firma, purché sia esplicitamente richiamata nel contratto (come di solito avviene). Ciò significa che non la si può invalidare per mancanza di specifica approvazione formale. Tuttavia, resta ferma la sua nullità sostanziale in quanto volta ad aggirare un divieto di legge: su questo punto, come vedremo, la Cassazione e la giurisprudenza di merito oggi concordano nel ritenere nulla la clausola di deroga all’art.1957 c.c., con conseguente inefficacia della rinuncia. In pratica, anche se il fideiussore l’ha firmata, potrà sempre opporre la decadenza se la banca è rimasta inerte oltre i 6 mesi.

Effetti pratici dell’art. 1957 c.c.: se la banca rispetta il termine (cioè avvia un’azione entro i 6 mesi dalla scadenza, o entro 2 mesi dall’escussione del garante), la fideiussione rimane valida ed efficace anche per il periodo successivo. A quel punto il suo limite temporale diviene solo la prescrizione ordinaria (10 anni, eventualmente decorrenti dalla definizione dell’azione intrapresa). Se invece la banca viola il termine – ad esempio lasciando decorrere più di 6 mesi dalla scadenza del debito senza agire contro il debitore – il fideiussore può eccepire in giudizio l’intervenuta decadenza dal diritto di escussione. Questa eccezione, se fondata, libera il fideiussore dall’obbligo di pagamento. Si noti che, contrariamente alla prescrizione che richiede 10 anni, la decadenza ex art.1957 può maturare in tempi brevissimi: sei mesi sono un periodo dopo il quale (salvo atti compiuti) il garante è libero, anche se il debito principale è recentissimo. Ad esempio, se un mutuo scade il 31/12/2024 e la banca non intraprende alcuna azione contro il debitore entro il 30/06/2025, il fideiussore risulterà liberato già dal 1/7/2025, ben prima del decorrere di 10 anni. Ciò rende l’art.1957 uno strumento potentissimo di difesa per i garanti, spesso poco conosciuto ma di grande importanza.

Moratoria concessa al debitore: L’art.1957, comma 2, c.c. prevede che “Qualora sia stata accordata al debitore un’estensione del termine per l’adempimento, i termini di 6 mesi (e di 2 mesi) decorrono dalla scadenza dell’estensione concessa”. Questo significa che se la banca concede al debitore principale una proroga o dilazione formalmente concordata (ad es. un piano di rientro concordato per iscritto, o un accordo di moratoria), il termine semestrale si calcola dalla nuova scadenza pattuita. Attenzione: deve trattarsi di un’estensione concordata; se la banca si limita ad attendere informalmente, quello non sospende la decadenza. In pratica, per evitare di decadere quando si vuole dare più tempo al debitore, la banca dovrebbe farsi rilasciare un documento di concessione del termine addizionale firmato anche dal fideiussore, oppure farsi riconoscere la rinuncia (che però, come detto, oggi è nulla). In mancanza, la sola tolleranza o attesa non salva dal 1957. Questo è un dilemma per le banche: se attendono troppo con il debitore sperando in un rientro spontaneo, rischiano di perdere la fideiussione; per non rischiare, spesso sono costrette a iniziare ugualmente un’azione legale entro i 6 mesi, magari per poi interromperla o transigerla, al fine di “prenotare” il rispetto del termine.

Nullità parziale della fideiussione per clausola di deroga all’art.1957: Come anticipato, i contratti di fideiussione bancaria contenenti la clausola di rinuncia al termine semestrale sono oggi considerati nulli limitatamente a tale clausola. La Cassazione ha confermato che è affetta da nullità (in quanto contraria a norma imperativa) la clausola di deroga all’art.1957 c.c., con conseguente validità restante della fideiussione senza quella clausola. In pratica, si espunge dal contratto la pattuizione in cui il fideiussore “resta obbligato anche se il creditore non agisce tempestivamente”: questa è la clausola nulla, e si applica invece la legge (art.1957) che libera il fideiussore. La nullità è parziale: non travolge l’intero contratto di fideiussione, salvo che quella clausola sia stata davvero il motivo determinante unico, cosa di regola non vera (approfondiremo oltre il tema della nullità totale vs parziale, anche in ottica antitrust).

Riassumendo, oggi il quadro è il seguente:

  • Il fideiussore può sempre far valere l’art. 1957 c.c. se la banca è rimasta inattiva oltre i termini semestrali/bimestrali, anche se ha firmato una clausola contraria, perché quella clausola è nulla e come tale può essere ignorata dal giudice.
  • Se la banca ha agito tempestivamente entro i 6 mesi, il fideiussore resta obbligato; se invece non lo ha fatto, il garante è liberato (decadenza), purché naturalmente eccepisca tale decadenza in giudizio.
  • Questo termine breve è un potente incentivo alla diligenza del creditore: la banca attenta cercherà di non oltrepassare il semestre. Qualora lo faccia (magari per errore o perché confida nella clausola di rinuncia sottoscritta), il fideiussore avrà un’arma decisiva per far dichiarare l’inefficacia della garanzia.

Esempio pratico: Tizio garantisce con fideiussione il mutuo di Caio. Caio non paga l’ultima rata del mutuo al 31/12/2023 (data di scadenza del debito). La banca, magari per non incrinare i rapporti, non agisce subito. Passano 8 mesi e a settembre 2024 la banca decide di agire contro Tizio garante. Ebbene, Tizio potrà eccepire che la banca è decaduta dalla garanzia, in quanto entro il 30/6/2024 non ha promosso alcuna azione contro Caio debitore. Il fatto che Tizio fosse convinto di essere obbligato “fino a estinzione del debito” perché così diceva il contratto non conta: quella previsione contrattuale è nulla, e il giudice libererà Tizio. La banca potrà rivalersi solo su Caio (debitor principalis), che però magari nel frattempo è insolvente… Ecco l’importanza di questo termine.

Orientamenti giurisprudenziali recenti (2024-2025)

La materia delle fideiussioni bancarie è stata oggetto di numerose pronunce, soprattutto in relazione alle clausole derivanti dallo schema ABI (di cui diremo tra breve) e all’applicazione delle norme codicistiche. Di seguito sintetizziamo alcuni precedenti giurisprudenziali rilevanti degli ultimi anni (Corte di Cassazione e corti di merito fino a giugno 2025), utili per comprendere l’orientamento attuale:

  • Mancata escussione del fideiussore e buona fede del creditore: La Corte di Cassazione, Sez. I, con ordinanza n. 16289 del 12/06/2024, ha affrontato il tema se la banca abbia un dovere di escutere il fideiussore per sollevare il debitore. Un debitore principale lamentava che la banca, non attivando la garanzia nei confronti del fideiussore, avesse violato i doveri di correttezza causandogli un danno (poiché il debitore rimaneva esposto per intero). La Cassazione ha escluso che vi sia un obbligo legale per la banca di escutere il garante nell’interesse del debitore: “La mancata escussione di un fideiussore, in assenza di specifiche pattuizioni, non può di per sé qualificarsi contraria ai principi di correttezza e buona fede, non essendovi una norma che imponga tale obbligo”. Ne consegue che il debitore non può pretendere di essere liberato per la sola inerzia del creditore verso il fideiussore, né può chiedere un risarcimento danni: “la parte di debito garantita dal fideiussore non escusso non costituisce un danno ingiusto risarcibile verso il debitore, atteso che quest’ultimo rimane l’unico soggetto tenuto a rispondere del debito per l’intero”. In sintesi, la banca ha la facoltà, ma non l’obbligo, di far escutere il fideiussore; la sua inerzia al riguardo non libera il debitore principale, che rimane obbligato comunque. Questa pronuncia ribadisce l’aspetto per cui la fideiussione è una mera facilitazione per il creditore, ma non un beneficio garantito per il debitore. (Si noti: questo non contraddice l’art.1957 c.c. – lì si trattava di liberazione del fideiussore se la banca non agisce verso il debitore. Qui invece il debitore pretendeva di avvantaggiarsi perché la banca non ha attivato la garanzia: pretesa negata dalla Cassazione.)
  • Nullità della clausola di rinuncia al termine ex art.1957 c.c.: Cassazione Civ., Sez. III, ord. n. 20648 del 24/07/2024 ha confermato la nullità parziale di una fideiussione limitatamente alla clausola che derogava ai termini di decadenza dell’art.1957 c.c. Tale clausola era identica nell’effetto a quella dell’art. 6 dello schema ABI censurato da Banca d’Italia. La Cassazione ha quindi dichiarato nulla quella pattuizione e, di conseguenza, liberato il fideiussore poiché nel caso concreto la banca non aveva agito entro 6 mesi. Questa decisione, in linea con altre coeve, rende chiaro che il giudice deve rilevare la nullità parziale d’ufficio (trattandosi di nullità per violazione di norma imperativa o addirittura di nullità “antitrust” come vedremo) e applicare il termine legale di decadenza.
  • Applicazione delle Sezioni Unite 2021 e nullità antitrust (schemi ABI): Le Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza n. 41994/2021 depositata il 30/12/2021, hanno risolto un contrasto in materia di fideiussioni omnibus conformi allo schema ABI del 2003, dichiarato anticoncorrenziale da Banca d’Italia. Le SU hanno stabilito che la sanzione per tali fideiussioni è la nullità parziale limitata alle clausole frutto dell’intesa illecita, e non la nullità integrale dell’intero contratto. In altri termini, anche in presenza di clausole anticoncorrenziali (rinuncia a 1957, reviviscenza, sopravvivenza – v. prossimo paragrafo), il resto della fideiussione resta valido ed efficace, una volta espunte le clausole invalide. Hanno inoltre affermato che estendere la nullità all’intero contratto sarebbe eccessivo e contrario al principio di conservazione degli atti negoziali (art. 1419 c.c.), a meno che il garante provi che senza quelle clausole non avrebbe stipulato l’intero contratto. Dopo questa pronuncia, vari casi sono tornati alla Cassazione. Ad esempio, la Cass. Sez. I, ordinanze “gemelle” nn. 26380 e 26383 del 10/10/2024, ha ribadito i principi delle SU ma escluso che essi si applichino ai contratti autonomi di garanzia: le SU parlavano di fideiussioni, mentre per le garanzie autonome lo scenario è diverso (mancando accessorietà e schema ABI di riferimento). Inoltre, la Cass. Sez. I, sent. n. 27243 del 21/10/2024 ha esteso i principi delle SU 41994/2021 anche alle fideiussioni specifiche, non solo alle omnibus. Ha cioè chiarito che non conta la natura omnibus o meno: se un contratto di fideiussione di qualsiasi tipo contiene quelle clausole standard vietate, si applica la nullità parziale allo stesso modo. Infine, Cass. Sez. I, sent. n. 7385 del 19/03/2025, ha fornito importanti precisazioni procedurali (ne parleremo tra poco nel dettaglio antitrust) sull’onere di allegazione e prova a carico del fideiussore che eccepisce la nullità antitrust: la Cassazione ha mostrato un orientamento molto rigoroso, respingendo ricorsi in cui i garanti non avevano provato in primo grado tutti gli elementi dell’intesa (compresenza delle tre clausole, periodo di stipula, corrispondenza al modello ABI, persistenza dell’intesa oltre il 2005). Ha ribadito che il provvedimento Banca d’Italia 2005 dev’essere prodotto in giudizio come prova e non è di per sé norma di diritto noto al giudice. Su ciò si tornerà a breve.
  • Doveri del creditore verso il fideiussore: artt. 1955 e 1956 c.c.: Un altro aspetto affrontato dalla giurisprudenza riguarda le situazioni in cui il comportamento del creditore pregiudica il fideiussore dopo la stipula della fideiussione. L’art. 1955 c.c. dispone che “Il fideiussore è liberato per le obbligazioni future se il creditore, con fatto proprio, ha diminuito le garanzie rispetto al debitore in modo che il fideiussore, nell’eventuale surrogazione, non possa più avvalersene” (in sostanza, se il creditore cancella garanzie reali o aggrava la posizione del garante dolosamente, il fideiussore è liberato fino alla concorrenza del pregiudizio). L’art. 1956 c.c. prevede invece la liberazione del fideiussore per “obbligazioni future” qualora il creditore conceda credito al debitore nonostante sia a conoscenza di un mutamento peggiorativo delle sue condizioni patrimoniali che avrebbe impedito la concessione del credito, senza il consenso del fideiussore. In parole povere, il creditore non può abusare del fatto di avere un fideiussore per continuare a concedere credito a un debitore decotto o per smobilitare garanzie reali, scaricando poi il rischio sul garante: in tali frangenti il garante può essere liberato. La Cassazione (Sez. III, ord. n. 6685 del 13/03/2024) ha trattato un caso in cui una società di leasing non aveva risolto immediatamente un contratto non pagato dalla debitrice, lasciando che il debito si accumulasse e lucrando interessi di mora, per poi pretendere tutto dai fideiussori. Questi hanno invocato la liberazione ex artt. 1955-1956 c.c., sostenendo che il comportamento inerziale del creditore avesse aggravato la loro posizione (più canoni insoluti accumulati) e che ciò equivalga a una concessione di nuovo credito senza consenso, oppure a un pregiudizio. La Cassazione, pur riconoscendo astrattamente che il creditore deve agire in buona fede anche per non ledere i diritti di regresso del fideiussore, ha negato la liberazione in quel caso concreto. Ha affermato che la mera inerzia nel non risolvere un contratto o nel non attivare subito le tutele non integra di per sé gli estremi di una condotta illegittima ai sensi dell’art.1955, mancando un atto positivo di disposizione delle garanzie, né ricade nell’art.1956 se il credito era già sorto e non si tratta di nuove obbligazioni future. In pratica, la Cassazione ha ritenuto che per liberare il fideiussore occorra un comportamento grave e specifico del creditore (ad es. dismissione colposa di un’ipoteca, oppure concessione di un nuovo fido aggiuntivo a un soggetto ormai insolvente sapendo di mettere nei guai il garante). Nel caso del leasing citato, il giudice d’appello aveva considerato non illegittima la scelta del creditore di attendere senza risolvere; la Cassazione ha aggiunto che, anche volendo ravvisare scorrettezza, comunque mancavano i presupposti tecnici di applicazione degli art.1955 e 1956 c.c., perché (i) nessuna garanzia era stata rilasciata o lasciata decadere, (ii) l’obbligazione del leasing insoluto non era “futura” essendo un contratto già in essere e quelle rate non pagate non costituivano nuovi affidamenti. Questa sentenza ci dice che il limite della buona fede operativa del creditore verso il fideiussore è abbastanza alto: solo comportamenti dolosi o gravemente imprudenti del creditore rilevano. La semplice attesa o tolleranza verso il debitore non basta a liberare il garante (salvo ovviamente l’applicazione di altre norme come l’art.1957 già visto).

In sintesi, la giurisprudenza recente:

  • Conferma le tutele classiche del fideiussore (prescrizione, decadenza) e invalida le clausole che le eliminano.
  • Non consente però al fideiussore di addossare al creditore responsabilità per non averlo “usato” (nessun diritto del debitore a pretendere che la banca escuta il garante).
  • In tema di nullità antitrust delle fideiussioni omnibus, l’orientamento attuale (SU 2021 e successive pronunce 2024-25) è per la nullità parziale delle sole clausole incriminate, con necessità di prova rigorosa da parte di chi eccepisce tale nullità specialmente per contratti stipulati dopo il 2005 (persistenza dell’intesa anticoncorrenziale nel tempo, ecc.).
  • I creditori devono agire con correttezza, ma i margini per vedere liberato un fideiussore per condotte scorrette del creditore (ex artt. 1955-1956) sono ristretti a casi specifici e difficili da dimostrare.

Dopo questa carrellata giurisprudenziale, approfondiamo ora dettagliatamente la vicenda delle fideiussioni bancarie nulle per violazione della legge antitrust, che merita una sezione dedicata.

Nullità delle fideiussioni “omnibus” per violazione dell’art. 2 L. 287/1990 (intese anticoncorrenziali)

Uno dei temi più dibattuti nell’ultimo decennio riguarda la possibile nullità delle fideiussioni bancarie conformi allo schema ABI per contrasto con la normativa antitrust (intese restrittive della concorrenza). Vediamo di cosa si tratta.

L’intesa ABI del 2002 e il provvedimento Banca d’Italia 2005

Nel 2002 l’ABI (Associazione Bancaria Italiana) predispose uno schema contrattuale uniforme per le fideiussioni omnibus, contenente alcune clausole standard. Queste clausole – in particolare tre di esse – furono sospettate di violare la concorrenza perché imposte in modo uniforme da tutte le banche, limitando la libertà contrattuale dei clienti/garanti e creando condizioni sfavorevoli generalizzate. L’Autorità competente all’epoca per l’antitrust nel settore bancario era la Banca d’Italia. A seguito di un’istruttoria avviata nel 2003, Bankitalia emise il Provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005 in cui dichiarò che le condizioni generali ABI per la fideiussione omnibus costituivano un’intesa restrittiva della concorrenza ai sensi dell’art. 2, co. 2, lett. a) della L. 287/1990. In particolare furono censurate tre clausole tipo (articoli 2, 6 e 8 dello schema ABI):

  • la “clausola di reviviscenza” (art. 2 dello schema ABI): prevedeva che il fideiussore dovesse rimborsare alla banca le somme che fossero state in precedenza incassate dal creditore a fronte dell’obbligazione garantita ma che il creditore avesse dovuto restituire (ad es. in caso di fallimento del debitore e revocatoria dei pagamenti). In pratica, se il debitore pagava e poi quel pagamento veniva annullato, la banca poteva di nuovo chiedere al fideiussore di pagare, “rivivendo” la garanzia.
  • la clausola di rinuncia ai termini ex art.1957 c.c. (art. 6 schema ABI): il fideiussore rinunciava al beneficio della decadenza semestrale. Era la clausola già discussa sopra, che di fatto annullava ogni limite temporale all’escussione.
  • la “clausola di sopravvivenza” (art. 8 schema ABI): stabiliva che “qualora le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fideiussione garantisce comunque l’obbligo del debitore di restituire le somme allo stesso erogate”. In sostanza, anche se il contratto base (es. finanziamento) fosse nullo per qualsiasi ragione, il fideiussore garantiva l’obbligo di restituzione di quanto il debitore aveva ricevuto. Ciò trasformava di fatto la garanzia in una copertura anche per obblighi di restituzione extracontrattuali.

Secondo Banca d’Italia queste clausole, applicate uniformemente da una pluralità di banche, avevano l’effetto di restringere la concorrenza, impedendo ai clienti di trovare condizioni più favorevoli su piazza (tutte le banche offrivano lo stesso schema sfavorevole ai garanti). Violavano dunque l’art. 2 L.287/90 (che vieta le intese tra imprese dirette a fissare condizioni contrattuali uniformi, tra l’altro). Il provvedimento ingiunse la cessazione di tale intesa.

Da notare: il provvedimento Bankitalia 2005 non conteneva di per sé una sanzione civilistica specifica, ma in base alla legge antitrust (art. 2 L.287/90) “le intese proibite sono nulle”. Ciò significa che gli accordi tra imprese in violazione della norma sono nulli. Nel nostro caso l’“accordo” è quello tra le banche di adottare lo schema ABI; la conseguenza sui contratti a valle (le singole fideiussioni stipulate con i clienti) è stata oggetto di discussione.

Nullità totale vs nullità parziale dei contratti a valle

Le fideiussioni stipulate in conformità a quello schema ABI potrebbero essere considerate nulle in quanto attuative di un’intesa nulla (si parla di nullità “derivata” o “a valle”). Tuttavia, ci si è chiesti se fosse da annullare l’intero contratto di fideiussione oppure solo le clausole incriminate. Si sono formati due orientamenti in giurisprudenza:

  • Un primo orientamento (minoritario) sosteneva la nullità integrale della fideiussione, perché il contratto a valle realizzava esattamente l’intesa illecita: essendo lo scopo anticoncorrenziale quello di imporre certe clausole, il contratto stesso ne sarebbe inficiato e andrebbe caducato in toto (nullità derivata completa).
  • L’orientamento prevalente propendeva invece per la nullità parziale: si colpiscono solo le clausole specifiche (reviviscenza, rinuncia termini, sopravvivenza), eliminandole, e la fideiussione resta valida per il resto. Ciò per favorire la conservazione del contratto e comunque garantire alla banca la garanzia almeno base (depurata dagli elementi anti-competitivi).

Le Sezioni Unite 41994/2021 hanno risolto il contrasto aderendo al secondo orientamento: “le SS.UU. hanno propeso per la nullità parziale delle sole tre clausole in questione”. Hanno sottolineato che l’art. 1419 c.c. (nullità parziale) riflette un principio generale di conservazione del contratto, e che estendere la nullità all’intero negozio è eccezionale e onere di chi lo chiede dimostrare che senza quelle clausole non vi sarebbe stato consenso. Quindi oggi è pacifico che la fideiussione omnibus ABI è nulla limitatamente a quei tre articoli: vengono espunti dal contratto, mentre il resto (impegno di garantire il debito altrui fino a un massimale) rimane efficace.

Estensione alle fideiussioni specifiche e altri casi

Un dubbio era se la nullità riguardasse solo le omnibus. Il provvedimento Bankitalia faceva espresso riferimento allo schema “fideiussione omnibus”. Alcune banche, dopo il 2005, hanno continuato a utilizzare clausole simili anche nelle fideiussioni per singoli finanziamenti (fideiussioni specifiche). La giurisprudenza ha chiarito che anche le fideiussioni specifiche che riproducono quelle tre clausole sono colpite da nullità parziale: non avrebbe senso limitare alle omnibus, dato che l’intesa riguardava le condizioni generali delle fideiussioni bancarie in generale. La Corte d’Appello di L’Aquila (sent. 1089/2024) ha affermato che non importa la nomenclatura omnibus, se la fideiussione specifica ripete il medesimo schema ABI vietato, le clausole vanno ritenute nulle comunque. Cass. 27243/2024 (citata sopra) ha recepito esattamente questo concetto.

Inoltre, il principio vale anche se la fideiussione l’abbia prestata un soggetto consumatore o meno: inizialmente si discusse se potessero applicarsi anche le tutele del Codice del Consumo (nullità di clausole vessatorie), ma ormai la nullità antitrust opera erga omnes, consumatori o imprenditori che siano.

Problematiche probatorie: follow-on vs stand-alone e onere della prova

Un aspetto cruciale che incide sul pratico utilizzo dell’eccezione di nullità da parte dei fideiussori è la necessità di provare che la propria fideiussione rientra nell’ambito dell’intesa illecita. Le situazioni possibili sono due:

  • Fideiussione stipulata prima del 2005 (o comunque nel periodo in cui l’intesa era in atto, indicativamente 2003-2005): in tal caso si parla di azione “follow-on”, perché segue un accertamento dell’Antitrust già avvenuto. Il provvedimento della Banca d’Italia può costituire un mezzo di prova privilegiato dell’illecito anticoncorrenziale. Il fideiussore deve comunque produrlo in giudizio, ma non necessita di dimostrare l’esistenza dell’intesa, essendo già stata accertata dall’Autorità. Basterà quindi dimostrare che il suo contratto conteneva quelle clausole identiche a quelle vietate. In queste cause, l’elemento dell’intesa anticompetitiva è praticamente dato per acquisito dal provvedimento n.55/2005.
  • Fideiussione stipulata dopo il 2005: si parla di azione “stand-alone”, perché l’intesa ABI in teoria era cessata o comunque il contratto è successivo all’intervento dell’Autorità. Qui la giurisprudenza richiede che il fideiussore alleghi e provi tutti gli elementi costitutivi dell’illecito, cioè che anche a quella data era in essere un comportamento uniforme delle banche equivalente a un’intesa restrittiva. In pratica, anche se formalmente l’ABI ha ritirato lo schema nel 2005, molte banche hanno continuato per anni ad usare modulistiche con le medesime clausole (magari con lievi modifiche di lessico). Ciò può configurare una continuazione de facto dell’intesa, ma dev’essere provata in giudizio caso per caso. Ad esempio, nel caso deciso dalla Corte d’Appello dell’Aquila 2024, i fideiussori hanno prodotto un’enorme mole di contratti (oltre 250 moduli di varie banche post-2005) per dimostrare che anche nel periodo 2005-2019 le banche applicavano in modo uniforme quelle condizioni. Tale ampia raccolta ha convinto i giudici, che hanno ritenuto dimostrata la nullità delle clausole nei contratti in causa, in quanto inserite in moduli perfettamente conformi allo schema vietato.

La Cassazione, nella citata ord. 7385/2025, è stata piuttosto severa su questo punto: ha respinto il ricorso dei fideiussori perché in appello essi avevano tardivamente prodotto il provvedimento Bankitalia e altri documenti, senza averli allegati in primo grado, incappando nel divieto di nuovi documenti in appello (art. 345 c.p.c.). Inoltre, ha elencato espressamente ciò che un fideiussore deve provare sin dal primo grado per ottenere la nullità antitrust:

  1. La presenza nel suo contratto di tutte e tre le clausole tipiche dello schema ABI (reviviscenza, rinuncia a termini, sopravvivenza/pagamento a prima richiesta).
  2. La data di stipula della fideiussione, specie se successiva al 2005, per collocarla rispetto al periodo oggetto di accertamento antitrust.
  3. L’identità di contenuto delle clausole contestate con quelle censurate (anche piccole differenze testuali potrebbero essere usate per negare l’automatica riconducibilità allo schema).
  4. L’eventuale persistenza dell’intesa anticoncorrenziale oltre il 2005, cioè elementi da cui desumere che pure nel momento in cui fu sottoscritto il contratto perdurava un accordo (o pratiche concordate) tra banche analogo a quello sanzionato.

La Suprema Corte ha sottolineato che il provvedimento amministrativo (Banca d’Italia) non ha valore di legge né efficacia ultrattiva automatica, quindi deve essere prodotto in giudizio come prova e non è sufficiente richiamarlo genericamente. Inoltre, non può essere prodotto per la prima volta in appello senza giustificazione (non vale dire che è ius notorium, perché non è una legge né un fatto notorio). Insomma, la Cassazione richiede una rigorosa osservanza delle regole processuali: l’eccezione di nullità antitrust va sollevata tempestivamente e documentata compiutamente subito.

Infine, ha ribadito il principio della nullità parziale: ha escluso che la nullità delle clausole comporti automaticamente nullità dell’intero contratto, a meno che il fideiussore non provi che non avrebbe mai stipulato senza quelle clausole. L’onere di provare questa interdipendenza grava sul garante e non può essere supplito dal giudice. Questo aspetto conferma la linea già dettata dalle SU, ossia conservare il contratto ogniqualvolta sia possibile separare le clausole viziate.

Effetti pratici dell’eccezione antitrust

Se il fideiussore riesce a soddisfare i severi oneri probatori, ottiene una pronuncia che dichiara la nullità delle clausole contestate. Che conseguenza ha ciò sul caso concreto?

  • Clausola di rinuncia all’art.1957 nulla: significa che il fideiussore può godere della decadenza semestrale. Se la banca aveva agito tardi confidando nella rinuncia, si troverà decaduta e il fideiussore sarà liberato (come infatti accaduto in varie sentenze). Ad esempio nella causa decisa dalla Corte d’Appello di L’Aquila 2024, pur riconoscendo la nullità delle clausole, i fideiussori sono stati comunque condannati a pagare perché la banca aveva agito tempestivamente entro i 6 mesi, quindi, anche applicando l’art.1957, la garanzia era valida (in quel caso la nullità non ha giovato ai garanti). Questo per dire che la nullità serve soprattutto quando il creditore non ha rispettato termini o vuole far valere proprio quelle clausole.
  • Clausola di reviviscenza nulla: ciò impedisce alla banca di “riattivare” la fideiussione per somme che il debitore aveva pagato ma che sono state restituite. Senza la clausola, se il debitore effettua un pagamento, la fideiussione per quel debito si estingue; se poi il pagamento viene revocato in fallimento, la banca ha un nuovo credito di restituzione verso il fallimento, ma non può chiedere quelle somme al fideiussore (a meno che non stipuli una nuova garanzia per la revocatoria). La clausola vietata invece permetteva alla banca di bypassare il rischio revocatoria facendo comunque pagare il garante. Con la nullità, questo non è possibile: il fideiussore, una volta che il pagamento era avvenuto, dorme sonni tranquilli e la banca subisce il rischio di restituzione come creditore chirografario del fallimento.
  • Clausola di sopravvivenza nulla: se il contratto principale è dichiarato nullo (es. mutuo nullo per un vizio di forma o perché stipulato oltre soglie di tasso, ecc.), la banca non può pretendere dal fideiussore la restituzione delle somme erogate al mutuatario (dovrà agire contro il solo debitore con azione di indebito o arricchimento). La clausola vietata, invece, la avrebbe autorizzata a chiedere direttamente al garante quelle somme come se la garanzia coprisse anche l’obbligo di restituzione per indebito. Eliminata la clausola, se cade il contratto principale, viene meno anche la fideiussione per mancanza di causa (ex art.1939 c.c. già citato).
  • Clausola “a prima richiesta” nulla (se presente e ritenuta compresa nel pacchetto): questo aspetto è un po’ particolare. In alcune sentenze (es. Cass. 7385/2025), tra le clausole tipiche indicate compare anche il “pagamento a prima richiesta”. Lo schema ABI 2003 in realtà non aveva una clausola autonoma di pagamento a prima richiesta (era un contratto di fideiussione tradizionale). Tuttavia molte fideiussioni predisposte dalle banche includevano diciture tipo “il fideiussore si obbliga a pagare a semplice richiesta, con esonero dal previo escutere il debitore” – il che, unito alla rinuncia eccezioni, configura di fatto un pagamento a prima richiesta. Se tale clausola è considerata parte dell’intesa, anch’essa sarebbe nulla parzialmente, con effetto che il garante non è privato delle sue eccezioni. In ogni caso, le clausole principali rimangono le tre sopracitate.

In definitiva, l’eccezione di nullità antitrust della fideiussione è oggi uno strumento sulla bocca di molti fideiussori in contenzioso. Va però usato con consapevolezza:

  • È necessario verificare se il proprio contratto contiene le clausole incriminate tal quali. Spesso i moduli ABI avevano numerazioni interne (es. art.2 reviviscenza, art.6 decadenza, art.8 sopravvivenza) – molte banche hanno rimosso la numerazione ma lasciato il testo, o modificato leggermente. Anche differenze formali minime potrebbero essere dibattute (es. c’è stata discussione se la presenza di tutte e tre le clausole sia indispensabile o basti una; la Cassazione pare propendere che tutte e tre insieme qualificano l’intesa).
  • Se il contratto è anteriore al 2005, il fideiussore è in buona posizione: c’è un illecito accertato proprio in quel periodo. Se è successivo, dovrà magari raccogliere elementi (anche da cause analoghe) per convincere il giudice che si trattava della medesima pratica concordata protrattasi nel tempo.
  • La nullità è parziale, quindi in genere il risultato sarà l’eliminazione delle clausole peggiorative, ma il mantenimento della garanzia base. Non ci si deve aspettare l’annullamento totale della fideiussione, salvo appunto il caso in cui si riesca a dimostrare che senza quelle clausole non ci sarebbe stata alcuna garanzia. Ciò potrebbe teoricamente sostenersi argomentando che le banche, se non avessero potuto imporre quelle clausole, forse nemmeno avrebbero concesso certi fidi o mutui; ma è un argomento molto aleatorio e finora non ha trovato riscontro, anche perché dovrebbe essere il fideiussore a provare la “essenzialità” inscindibile di quelle clausole per l’economia del contratto – prova praticamente impossibile a meno di documenti interni delle banche (inassumibili).
  • Anche ottenuta la nullità parziale, occorre comunque vedere se in concreto ciò libera il fideiussore (es: se la banca ha rispettato i termini dell’art.1957, la nullità della clausola di rinuncia non cambia il fatto che la banca ha agito in tempo; parimenti, se il debitore non ha mai pagato nulla, la reviviscenza non entra in gioco, ecc.). In molti casi però almeno la clausola ex art.1957 è rilevante, perché le banche spesso hanno confidato su di essa tardando le azioni. In tal senso, la giurisprudenza sta portando a compimento quello che potremmo definire una sorta di “sanatoria in favore dei fideiussori”: ciò che in passato hanno sottoscritto come condizioni capestro uniformi, ora vengono recise e rimosse grazie all’intervento congiunto di antitrust e giudici.

Domande frequenti sulla prescrizione e le tutele del fideiussore (FAQ)

D: In generale, dopo quanto tempo non mi possono più chiedere niente come fideiussore?
R: In via generale, il termine di prescrizione è di 10 anni (art. 2946 c.c.). Significa che la banca ha 10 anni di tempo dalla scadenza dell’obbligazione garantita per chiederne il pagamento al fideiussore. Decorso tale periodo senza atti interruttivi, il fideiussore può opporre la prescrizione e rifiutare il pagamento. Ad esempio: per un mutuo con ultima rata scaduta il 1° gennaio 2015, il credito (e la fideiussione relativa) si prescrive il 1° gennaio 2025 se in questo frattempo la banca non ha mai inviato atti di messa in mora formali o intrapreso azioni legali.

D: Da quando decorre esattamente la prescrizione decennale?
R: Dalla scadenza del debito principale. Se il debito è a termine certo, da quel termine; se è a rate, dalla scadenza dell’ultima rata (il debito è considerato unico); se è a vista o a revoca (come un fido), dal momento in cui la banca ne ha chiesto il pagamento (revocando l’affidamento o chiudendo il conto). In pratica, dal giorno in cui il creditore poteva legalmente pretendere il pagamento dal debitore e quindi, parallelamente, dal fideiussore.

D: Cosa interrompe la prescrizione verso il fideiussore? Una lettera semplice basta?
R: Serve un atto formale del creditore prima che i 10 anni spirino. Una raccomandata di messa in mora indirizzata al fideiussore è già un atto interruttivo (art. 2943 c.c.), così come il riconoscimento del debito da parte del fideiussore stesso. Anche l’azione legale (ricorso per decreto ingiuntivo, citazione) interrompe la prescrizione. Inoltre, essendo debitore solidale, un atto contro il debitore principale interrompe la prescrizione anche verso il fideiussore (purché riguardi proprio il credito garantito). Quindi, se la banca fa un decreto ingiuntivo al debitore, la prescrizione si interrompe per entrambi. Attenzione però: la semplice lettera di sollecito ordinaria (non raccomandata) potrebbe non avere data certa e quindi efficacia probatoria incerta; meglio sempre considerare atti formali. E se l’atto arriva dopo che i 10 anni sono passati, non serve: la prescrizione ormai è compiuta e va eccepita.

D: La prescrizione va eccepita? Cioè devo sollevarla io o il giudice può rilevarla?
R: La prescrizione non è rilevabile d’ufficio dal giudice (art. 2938 c.c.). Quindi sì, deve essere eccepita dal fideiussore. Fuori dal giudizio, significa che se ricevete un’intimazione di pagamento su un debito (garantito) molto vecchio, conviene rispondere formalmente sollevando la prescrizione. In causa, il vostro avvocato dovrà farla valere nelle difese. Se non viene eccepita, il giudice potrebbe anche condannare a pagare un debito prescritto (perché nessuno glielo ha detto).

D: Che differenza c’è tra prescrizione e la decadenza di 6 mesi dell’art.1957 c.c.?
R: La prescrizione è un istituto generale che estingue il diritto per inerzia del titolare protratta per un lungo periodo (10 anni di solito). La decadenza ex art.1957 c.c. è uno speciale termine breve (6 mesi) entro cui la banca deve attivarsi contro il debitore principale, pena perdere la garanzia. Quindi la prescrizione riguarda il diritto della banca verso fideiussore e debitore, mentre la decadenza riguarda il rapporto tra banca e fideiussore condizionato dall’azione contro il debitore. La prescrizione dipende solo dal tempo trascorso e può essere interrotta; la decadenza di 1957 è un termine fisso non prorogabile (salvo cause di forza maggiore eventualmente) e non soggetto a interruzione.

D: La banca non ha mai fatto nulla contro il debitore per più di 6 mesi: il fideiussore è libero?
R: Potenzialmente sì. Se la banca, entro 6 mesi dalla scadenza del debito, non ha promosso azioni giudiziarie contro il debitore, il fideiussore è liberato (art.1957 c.c.). In pratica, è come una scadenza anticipata: il garante si libera già dopo sei mesi di inerzia della banca verso il debitore, senza dover attendere 10 anni. Questa è un’eccezione che il fideiussore può opporre in giudizio (anche la decadenza va sollevata dalla parte, il giudice non la applica d’ufficio se nessuno gliela chiede espressamente). Va verificato però se nel contratto di fideiussione c’era una clausola di rinuncia a tale beneficio: in passato c’è sempre stata. Quella clausola, tuttavia, oggi è considerata nulla, quindi si può disapplicare. Attenzione: se la banca ha sì lasciato passare 6 mesi senza agire contro il debitore, ma entro quel termine ha agito contro di voi fideiussore e poi entro 2 mesi ha agito contro il debitore, allora non c’è decadenza (hanno usato l’escamotage alternativo previsto dalla norma). Bisogna analizzare bene la tempistica degli atti.

D: Ho firmato “rinunciando ai benefici dell’art.1957” nel contratto. Posso ugualmente far valere la decadenza?
R: , puoi farla valere. La clausola con cui hai rinunciato anticipatamente a questa protezione è nulla, perché la legge vieta di estendere oltre 6 mesi il termine (art.1957 ultimo comma) e perché risulta da un’intesa illecita se era lo schema ABI. La Cassazione ha confermato che tale clausola è nulla e non produce effetti. Quindi, anche se l’hai firmata, il giudice non la considererà. Una precisazione: la Cassazione 2025 ha detto che non era clausola vessatoria da doppia firma, ma questo incide solo sulla forma, non sulla sostanza della nullità. In sostanza, la rinuncia preventiva all’art.1957 c.c. è inefficace e puoi ignorarla.

D: La banca mi chiede dei soldi dopo 8 anni che il debitore non paga e non si è fatta viva prima. Posso opporre prescrizione e anche decadenza?
R: In teoria sì, entrambe. La decadenza si è verificata già dopo 6 mesi di inerzia (quindi 7,5 anni fa nel tuo esempio) e la prescrizione dopo 10 anni (non ancora maturata se sono passati 8 anni). Tuttavia, farai valere quella che si è già concretizzata: la decadenza. Diremo: il fideiussore è liberato ex art.1957 c.c. perché la banca non ha agito nei termini. La prescrizione non è ancora compiuta (mancano 2 anni nell’esempio), quindi formalmente non la puoi opporre perché il diritto non è ancora prescritto. Se invece fossero passati più di 10 anni, potresti opporre sia la decadenza (maturata al mese 6) sia la prescrizione (maturata all’anno 10). In pratica, la decadenza giova prima al fideiussore – una tutela anticipata – mentre la prescrizione è la tutela lunga se per qualche ragione la decadenza non operava (es. banca ha agito entro 6 mesi, quindi niente decadenza, ma poi lascia decadere il titolo in 10 anni).

D: Ho scoperto che la mia fideiussione contiene quelle famose clausole “ABI” (reviviscenza, ecc.). Cosa posso fare?
R: Se sei coinvolto in un contenzioso (es. banca ti fa decreto ingiuntivo), potrai eccepire la nullità parziale della fideiussione per violazione della legge antitrust (art.2 L.287/90). Dovrai evidenziare al giudice che il tuo contratto riporta clausole identiche a quelle dichiarate anticoncorrenziali da Banca d’Italia nel 2005, e chiedere che siano dichiarate nulle. Se il giudice accoglie, quelle clausole saranno come cancellate dal contratto. Ciò in genere significa: 1) se c’era la clausola di rinuncia ai termini, sarà come non scritta, quindi potrai beneficiare dell’eventuale decadenza semestrale; 2) se c’era la reviviscenza, non sarai tenuto a pagare somme già pagate (es. in caso di fallimento del debitore con revocatorie); 3) se c’era la sopravvivenza, la fideiussione non coprirà eventuali nullità del contratto di finanziamento (se per assurdo il mutuo fosse nullo, tu non garantisci la restituzione come indebito). Bisogna però essere consapevoli che la nullità è solo delle clausole, non cancella l’obbligazione di garanzia principale. Quindi potresti comunque essere condannato a pagare, ma senza gli aggravamenti di quelle clausole. Ad esempio, se la banca ha rispettato i 6 mesi, la nullità della rinuncia non ti aiuta a evitare il pagamento (perché anche senza rinuncia la garanzia è valida, essendo stata azionata in tempo). Diversamente, se la banca aveva dormito, allora la nullità della rinuncia ti permette di far valere l’art.1957 e liberarti.

D: La nullità antitrust vale se la fideiussione l’ho firmata nel 2010? Non era già finita la storia nel 2005?
R: La vicenda antitrust formalmente riguarda lo schema ABI 2003 censurato nel 2005. Però molte banche hanno continuato di fatto ad usare contratti simili per anni. La giurisprudenza considera nulle anche le fideiussioni successive che “riproducono il medesimo schema ABI vietato”. Devi però convincere il giudice che nel 2010 quella era ancora un’intesa in atto. In primo grado alcuni giudici lo danno per implicito se vedono le clausole fotocopiate; altri pretendono evidenze (es. contratti di varie banche post-2005 tutti uguali). La Cassazione nel 2025 ha detto che bisogna provare la persistenza dell’intesa oltre il 2005. Quindi il tuo avvocato potrebbe produrre ad esempio contratti standard di altre banche coevi al tuo, per mostrare che era prassi generale, oppure richiamare decisioni di merito che hanno già riconosciuto la nullità per contratti di quell’anno.

D: Ci sono sentenze recenti su queste nullità?
R: Sì, moltissime. Ad esempio: Cass. 20648/2024 ha dichiarato nulla la clausola di rinuncia ai termini (conforme allo schema ABI); Cass. 26260/2022 (Sez. Unite, in realtà 41994/2021 pubblicata 2022) ha fissato principi di nullità parziale; Cass. 30383/2024 e 30386/2022 hanno ribadito l’onere del garante di provare l’intesa; Cass. 7385/2025 ha confermato un orientamento rigoroso sulle prove. A livello di merito: Corte d’Appello di L’Aquila 1089/2024 ha fatto il punto (riconoscendo nullità clausole ma poi fideiussori comunque condannati perché banca diligente); Tribunale di Milano sent. 2396/2025 ha richiesto prova concreta dell’intesa continuata; Tribunale di Lecce sent. 844/2025 ha riconosciuto nuovamente la nullità delle clausole ABI; Tribunale di Parma 490/2025 ha annullato un decreto ingiuntivo bancario accogliendo l’eccezione di nullità delle clausole e rilevando la decadenza ex art.1957; etc. Il trend è favorevole ai fideiussori sulle clausole, ma ribadisco: ciò non significa sempre vittoria totale, dipende poi se senza quelle clausole la banca ha comunque i requisiti per riscuotere.

D: Sono fideiussore e ho pagato la banca al posto del debitore; posso rivalermi su quest’ultimo? C’è una prescrizione anche lì?
R: Sì, il diritto di regresso o di surroga del fideiussore verso il debitore ha una sua dinamica. Se hai pagato, la legge (artt. 1949-1950 c.c.) ti dà diritto di recuperare dal debitore ciò che hai pagato, oltre agli interessi e spese. Questo diritto si prescrive in 10 anni anch’esso (termine ordinario, decorrente dal giorno del pagamento effettuato al creditore). Tieni conto che se il debitore fallisce, tu puoi insinuarti al passivo come creditore surrogato. In caso di più fideiussori che pagano quote, ci sono meccanismi di contribuzione (art. 1954 c.c.). Ma parlando di prescrizione: decorre dal momento in cui hai il diritto di agire in regresso (cioè da quando hai pagato per lui). Inoltre, se il debitore principale era un tuo coobbligato solidale e il suo debito verso la banca era prescritto al momento in cui tu hai pagato, tu non puoi pretendere nulla da lui (perché avrebbe potuto eccepire la prescrizione già verso la banca, e quindi pure verso di te). Quindi occhio ai tempi: se vieni escusso dopo tantissimo tempo, verifica se il debitore poteva opporre prescrizione, altrimenti rischi di non poter recuperare nulla.

D: Sono passati oltre 10 anni, ma la banca ha un decreto ingiuntivo emesso 8 anni fa contro il debitore (mai notificato a me fideiussore). Vale qualcosa?
R: Quel decreto ingiuntivo, se definitivo, costituisce un titolo esecutivo contro il debitore principale. Però tu non eri parte di quel giudizio (se non ti hanno chiamato). La banca non può usarlo direttamente contro di te: dovrà semmai intentare causa anche a te fideiussore. Dal punto di vista della prescrizione: l’azione giudiziale contro il debitore, pur se non ti vede coinvolto, ha interrotto la prescrizione verso di te (atti contro un condebitore solidale giovano agli altri). Quindi i 10 anni hanno ricominciato a decorrere dalla data di quel decreto/atto. Diciamo che se hanno ingiunto il debitore 8 anni fa, la prescrizione per agire verso di te scadrà 10 anni da allora (quindi tra 2 anni nel caso). Se il decreto non è stato notificato a te entro 6 mesi dalla scadenza dell’obbligazione, attenzione però: ai fini dell’art.1957, quell’azione contro il debitore entro i 6 mesi mantiene viva la fideiussione. Quindi tu sei ancora obbligato. Riassumendo: la banca dovrà adesso notificare a te un nuovo atto (potrebbe fare direttamente esecuzione se ha ipoteca su un tuo bene, o farti un precetto – ma più probabile faccia una citazione per accertamento), e tu potrai solo eventualmente eccepire la prescrizione se nel frattempo son passati 10 anni dall’ultimo atto interruttivo. Non potrai eccepire decadenza ex 1957 perché hanno agito verso il debitore entro 6 mesi (bene) e anche se tu non lo sapevi, quell’azione vale.

D: È possibile che un giudice dichiari nulla tutta la fideiussione così che il fideiussore sia liberato per sempre, senza se e senza ma?
R: Possibile è possibile in teoria, ma è molto raro. Le uniche strade per la nullità totale sarebbero:

  • dimostrare che la fideiussione è contraria a norme imperative nel suo complesso (ad esempio, se garantisse un’obbligazione illecita, tipo un debito di gioco, o se fosse un contratto simulato per frodare la legge, ecc. – casi particolari).
  • oppure, come dicevamo, convincere il giudice che le clausole nulle non erano scindibili dal resto, ossia che senza di esse il contratto non sarebbe stato concluso (art.1419 co.1 c.c.). Ma gli orientamenti attuali vanno in senso opposto: favor contractus, salvare il contratto e amputare le parti illegali. La Cassazione addirittura impone al giudice di d’ufficio considerare la nullità solo parziale, e di non estenderla all’intero rapporto salvo prova rigorosa fornita dal garante.
  • Un altro caso di nullità totale potrebbe essere se la fideiussione è stata firmata da persona incapace (minore, interdetto) o estorta con violenza, ecc., ma sono ipotesi di invalidità classica (annullabilità/nullità) raramente applicabili.
  • Da segnalare: alcune sentenze hanno discusso se l’assenza di indicazione del massimale nelle fideiussioni omnibus stipulate dopo l’entrata in vigore dell’art.10 L.154/92 (oggi TUB art.117) le renda nulle. La norma dice che le fideiussioni omnibus per obbligazioni future devono avere un importo massimo garantito; se manca, la giurisprudenza prevalente ritiene la garanzia nulla solo per la parte eccedente i limiti di importo desumibili o ragionevoli (o la riduce). Difficilmente annulla l’intera fideiussione, a meno che proprio non ci sia modo di stabilire il massimale: in passato alcune pronunce minori dichiararono nulle per intero fideiussioni senza massimale, ma oggi è meno frequente perché quasi tutte quelle dopo il 2003 hanno il massimale indicato.
  • Infine, se la obbligazione principale è nulla e non semplicemente invalida sanabile, la fideiussione è nulla (mancanza di causa). Ad esempio, se un contratto di mutuo è inesistente o nullo radicalmente, la fideiussione potrebbe cadere. Però attenti: spesso in caso di nullità del contratto di finanziamento, comunque il debitore deve restituire le somme come indebito; e la clausola di sopravvivenza puntava proprio a far garantire quello. Se l’abbiamo tolta, la banca non può chiedere al fideiussore di pagare l’indebito, ma potrebbe sostenere che la fideiussione aveva per oggetto anche l’obbligo restitutorio. Di solito però no: se il contratto principale è nullo, la garanzia, in assenza di patti ulteriori, è nulla per carenza di causa (a meno che la banca dimostri che il fideiussore voleva garantire pure eventuali obblighi di restituzione).

D: In conclusione, dal punto di vista di un fideiussore, quali sono le principali difese da valutare?
R: Riassumendo le possibili linee difensive per un fideiussore escusso dalla banca:

  1. Eccepire la prescrizione decennale del credito garantito (se sono passati oltre 10 anni dalla scadenza del debito o dall’ultimo atto interruttivo).
  2. Eccepire la decadenza ex art.1957 c.c. (se la banca è rimasta inerte più di 6 mesi dalla scadenza senza agire contro il debitore principale, o se ha escusso il fideiussore ma non il debitore entro 2 mesi).
  3. Eccepire la nullità parziale delle clausole “ABI” (reviviscenza, rinuncia 1957, sopravvivenza) presenti nel contratto, per violazione di norme imperative (L.287/90 e 1419 c.c.). Ciò per liberarsi dagli effetti di quelle clausole (ad es. far valere la decadenza che magari avevi rinunciato, evitare di pagare su pagamenti revocati, ecc.).
  4. Eccepire la liberazione ex art.1955 c.c. (se la banca ha colposamente fatto decadere garanzie reali o privilegi su cui il fideiussore poteva confidare – caso raro e difficile da provare).
  5. Eccepire la liberazione ex art.1956 c.c. (se la tua fideiussione garantiva obbligazioni future e la banca, conosciuto il dissesto del debitore, gli ha concesso nuovo credito senza avvisarti – es. aumentando il fido nonostante evidenti peggioramenti – anche questo non facile da dimostrare e circoscritto a casi di nuovo credito).
  6. Verificare vizi formali: se sei consumatore, valutare se la fideiussione contiene clausole abusive secondo il Codice del Consumo (D.Lgs. 206/2005). Ad esempio, clausole che esonerano la banca da responsabilità o impongono al consumatore decadenze potrebbero essere dichiarate vessatorie. Finora però la giurisprudenza ha preferito affrontare la questione sul piano antitrust più che su quello consumeristico. Anche la Corte di Giustizia UE è stata investita di questioni sulla rilevabilità d’ufficio delle clausole abusive in fideiussioni consumer, ma è un fronte secondario al momento.
  7. Altre eccezioni del debitore principale: il fideiussore può sempre opporre le eccezioni che avrebbe il debitore (art.1945 c.c.), quindi – oltre a quelle già dette – se il debitore, ad esempio, contesta la quantificazione del debito, la presenza di interessi usurari, l’applicazione di penali non dovute, ecc., il garante può fare altrettanto. Oppure se il debitore ha un credito in compensazione verso la banca, anche il garante può giovarsene per estinguere o ridurre la pretesa.
  8. Eventuale nullità per forma: alcuni tipi di finanziamento richiedono forma scritta ad substantiam (es. mutuo fondiario). La fideiussione è valida anche orale (art.1937 c.c. la vuole provata per iscritto, ma può essere desunta anche per fatti concludenti). Difficile trovare nullità per vizi formali nella fideiussione stessa, a meno di difetto di sottoscrizione o superamento limiti (firma di coniuge senza consenso in regime di comunione? Ma la giurisprudenza tende a considerare fideiussione come obbligazione personale, non rientrante negli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione, questione dibattuta).

Ogni caso va analizzato nel dettaglio, possibilmente con l’ausilio di un legale esperto in diritto bancario, perché queste materie incrociano norme civilistiche e speciali e una giurisprudenza assai ricca.

Esempi pratici di applicazione (casi simulati)

Di seguito alcuni casi ipotetici che illustrano l’applicazione concreta dei concetti spiegati, nell’ordinamento italiano e dal punto di vista del fideiussore (garante):

  • Caso 1: Fideiussione e mancata azione tempestiva (decadenza 1957).
    Scenario: Mario garantisce un prestito di 50.000€ che la banca “BancaX” fa a suo fratello Luigi. Il prestito scade il 31 gennaio 2024 (data entro cui Luigi deve restituire tutto). Luigi non paga. La banca, per gentilezza, attende e non avvia subito procedure contro Luigi, sperando che questi paghi spontaneamente. Passano 8 mesi, arriva settembre 2024, Luigi è ancora inadempiente. A questo punto BancaX invia a Mario (fideiussore) una raccomandata il 15 settembre 2024 chiedendogli il pagamento di 50.000€. Mario è sorpreso: la banca non aveva mai fatto nulla prima, nemmeno verso Luigi.
    Analisi: Mario potrà eccepire che BancaX è decaduta dalla fideiussione ex art.1957 c.c.. Infatti, dalla scadenza (31/1/2024) sono passati più di 6 mesi senza che la banca abbia “proposto le sue istanze” contro Luigi (entro il 31/7/2024 andava almeno fatto un decreto ingiuntivo o atto di citazione a Luigi). Non avendolo fatto, Mario è libero. La raccomandata del 15/9 è tardiva e non rileva (tra l’altro è verso il garante, non verso il debitore). Quindi, se BancaX tentasse azione legale contro Mario, quest’ultimo solleverà l’eccezione di decadenza e il giudice, verificati i tempi, lo libererà.
    Nota: la banca ha perso la garanzia di Mario, ma ha ancora azione verso Luigi (il debitore resta obbligato 10 anni). Solo che Luigi probabilmente è insolvente, e la banca subirà la perdita per propria inattività.
    Variazione: Se nel contratto di fideiussione c’era la clausola di rinuncia all’art.1957, BancaX potrebbe controbattere che Mario vi aveva rinunciato. Ma quella clausola è nulla, quindi non salva la banca. Mario potrebbe anche opporre la nullità di tale clausola (oltre alla decadenza stessa). I tempi sono chiari: decadenza maturata, fine della fideiussione.
  • Caso 2: Fideiussione con azione tempestiva (nessuna decadenza).
    Scenario: Stesso scenario di cui sopra, ma la banca BancaX, finita la moratoria Covid, è diventata molto rigorosa. Luigi non paga entro il 31/1/2024, e già a marzo 2024 BancaX ottiene un decreto ingiuntivo contro Luigi. Inoltre il 20 marzo 2024 la banca invia a Mario fideiussore una lettera informandolo dell’inadempimento e invitandolo a pagare. Luigi fa opposizione al decreto, si apre una causa, ecc. Nel frattempo Mario non paga spontaneamente. A ottobre 2025 (dopo un po’ di vicende processuali con Luigi), la banca cita in giudizio anche Mario per far valere la fideiussione. Mario prova a dire: “sono passati più di 6 mesi”.
    Analisi: In questo caso Mario non sarà liberato per decadenza, perché la banca ha agito entro 6 mesi contro il debitore (decreto di marzo 2024 è entro fine luglio 2024). Tanto basta a soddisfare l’art.1957. Non importa se la causa contro Luigi durerà anni: avendola iniziata tempestivamente, la garanzia resta. L’azione contro Luigi interrompe anche la prescrizione per Mario. La banca tuttavia ha aspettato oltre un anno e mezzo prima di citare Mario: ma ciò non comporta decadenza perché l’art.1957 parla di azione contro il debitore entro 6 mesi, non obbliga ad agire contro il garante (questo poteva avvenire anche più tardi, come qui). Mario potrebbe semmai far valere altri argomenti: per esempio, se la fideiussione conteneva le clausole “ABI” nulle, lui potrebbe eccepire la loro nullità. In concreto, quali effetti? La clausola di rinuncia a 1957 era irrilevante perché la banca non ne aveva bisogno (ha agito in tempo ugualmente); la clausola di reviviscenza non c’entra (Luigi non ha pagato nulla); la clausola di sopravvivenza nemmeno (il contratto di prestito è valido). Dunque, anche eliminando quelle clausole, la situazione non cambia: Mario è tenuto a pagare. In conclusione la banca vincerà la causa e Mario dovrà pagare i 50.000€ (salvo poi potersi rivalere su Luigi). Questo esempio mostra che la nullità delle clausole antitrust non sempre evita il pagamento: se la banca è stata diligente e non ha usato quelle clausole in modo pregiudizievole, il fideiussore paga comunque.
  • Caso 3: Prescrizione del credito principale e fideiussione.
    Scenario: Anna fa da fideiussore a suo marito per una linea di credito in conto corrente avuta da BancaY. Il conto è stato revocato e chiuso il 30 giugno 2012 con un saldo negativo di 20.000€. BancaY non ha mai inviato richieste formali né al marito né ad Anna fideiussore, sperando forse in un rientro volontario, ma nulla. Siamo a luglio 2025, e la banca improvvisamente si sveglia e notifica ad Anna un decreto ingiuntivo per 20.000€, senza nemmeno preoccuparsi del marito debitore (che nel frattempo è irreperibile).
    Analisi: Qui sono trascorsi 13 anni dalla chiusura del conto. Il credito della banca verso il debitore è prescritto (10 anni dal 30/6/2012 scadevano al 30/6/2022). Non risultano atti interruttivi. Dunque anche l’azione verso Anna è prescritta. Anna proporrà opposizione al decreto eccependo la prescrizione compiuta. Il giudice accerterà che la banca ha lasciato decorrere il termine di legge e revocherà il decreto, liberando Anna. Notare che in questo caso Anna potrebbe eccepire anche la decadenza ex 1957, perché la banca entro 6 mesi (fine 2012) non ha agito contro il debitore. Ma non serve nemmeno arrivare a quello: dopo 13 anni la prescrizione è più evidente e assorbente (ed è maturata già nel 2022). La decadenza semestrale era maturata nel 2013, quindi Anna era libera comunque già da allora; ma se pure si dibattesse su quella, la banca direbbe “Anna ha rinunciato al 1957 firmando la fideiussione” – Anna replicherebbe che la clausola è nulla (schema ABI?). Il giudice, volendo essere scrupoloso, potrebbe dichiarare la nullità della clausola di rinuncia e, di conseguenza, rilevare la decadenza. Ma trattandosi di eccezioni di parte, basta che Anna eccepisca entrambe (prescrizione e, in subordine, decadenza). In pratica, Anna ha ben due scudi temporali: uno brevissimo (1957) e uno di lungo periodo (2946). In giudizio è prassi che il giudice, se vede prescrizione, decida già su quella che è sufficiente a estinguere tutto. Quindi Anna verrebbe liberata per prescrizione e non si approfondirebbe oltre.
    Variazione: Se BancaY avesse nel frattempo ottenuto un decreto ingiuntivo contro il marito entro il 2022, l’avrebbe interrotta; non l’ha fatto, quindi amen.
    Morale: i fideiussori devono tenere conto sia del termine breve sia di quello lungo. In questo caso la banca ha perso sia l’uno che l’altro; Anna è totalmente salva.
  • Caso 4: Nullità antitrust delle clausole ABI e decadenza – combinazione vincente per il garante.
    Scenario: Società Z ottiene nel 2010 un finanziamento di 100.000€ da BancaW. I soci Tizio e Caio prestano fideiussione omnibus “a garanzia di tutte le operazioni presenti e future” della società, con un massimale di 100.000€. La fideiussione è su modulo predisposto da BancaW e contiene: clausola di pagamento a prima richiesta e senza eccezioni, clausola di rinuncia all’art.1957 c.c., clausola che obbliga i garanti a restituire importi revocati, clausola che in caso di invalidità delle obbligazioni principali, i garanti restituiscono comunque, ecc. Insomma, è pari pari lo schema ABI 2003. Nel 2018 la società Z fallisce lasciando 80.000€ di debito verso BancaW. La banca non aveva mai agito prima, anche perché il fido era “omnibus” e contocorrente ancora aperto fino al fallimento. Dopo il fallimento, la banca insinua 80.000€ al passivo (chirografo) e nel 2019 chiama in causa Tizio e Caio fideiussori per escuterli. Sia Tizio che Caio si difendono in giudizio.
    Analisi: Anzitutto, la banca ha agito contro il debitore principale? Sì, presentando domanda di insinuazione al passivo fallimentare nel 2018 – tale atto è equiparato a una “domanda giudiziale” e interrompe la prescrizione. Però, il fallimento è stato dichiarato più di 6 mesi dopo l’ultimo utilizzo del fido? Diciamo che la revoca del fido coincide col fallimento, quindi la scadenza dell’obbligazione garantita è la data di fallimento (2018). Entro 6 mesi la banca ha presentato l’insinuazione, quindi forse ha rispettato il 1957. Tuttavia, c’è un particolare: art.1957 chiede azione contro il debitore principale. Nel fallimento, il debitore è in procedura, e l’insinuazione è considerata atto equivalente. Quindi sì, direi che la banca su questo è coperta (ha agito entro i 6 mesi dalla scadenza effettiva dovuta al fallimento). Quindi i fideiussori non possono eccepire la decadenza (banca diligente). La prescrizione decennale ovviamente non è maturata (dal 2018 sono passati pochi anni). Però Tizio e Caio possono giocare la carta nullità antitrust: evidenziano che la loro fideiussione è conforme allo schema ABI vietato, invocano la nullità ex art.2 L.287/90 di quelle clausole. Ciò farà cadere la clausola di rinuncia al 1957, la reviviscenza, la sopravvivenza, ecc. La banca replicherà: “ok, nulla la rinuncia 1957, ma tanto abbiamo agito entro i 6 mesi sul fallimento, quindi non cambia nulla; nulla la reviviscenza, ma qui non c’è stato alcun pagamento revocato, stiamo chiedendo direttamente; nulla la sopravvivenza, ma il nostro credito è valido, non nullo, quindi…” In apparenza, anche togliendo le clausole, la posizione della banca resta forte. C’è però un potenziale asso nella manica: i fideiussori potrebbero dire “senza quelle clausole, io non avrei mai firmato la fideiussione” oppure “quelle clausole erano così essenziali per la banca che senza la loro presenza la banca non avrebbe concesso il finanziamento”. È il discorso sull’interdipendenza. Difficile da provare come detto. Quindi con ogni probabilità il giudice dichiarerà nulle solo le clausole ma lascerà in piedi la garanzia. Quindi Tizio e Caio dovranno comunque pagare i 100.000€ (in solido), potendo poi insinuarsi nel fallimento come surrogati (ma se la banca ha già insinuato il credito, i fideiussori surrogati subentrano alla banca in graduatoria chirografa, non facile recuperare molto).
    Variazione: Supponiamo però che la banca, convinta di avere la clausola di rinuncia, nel 2018 non si insinua subito. Magari sbaglia i tempi e si insinua dopo la verifica dello stato passivo (tardivamente) oltre i 6 mesi. In tal caso, grazie alla nullità della clausola di rinuncia, i fideiussori direbbero: “La banca non ha agito tempestivamente verso il debitore fallito, quindi noi siamo decaduti”. La banca direbbe: “Eh ma voi avevate rinunciato a sollevare questa decadenza”, e i fideiussori: “cla usola nulla, SU 2021 docet”. A quel punto, puff, la banca perde la garanzia. Quindi vediamo che l’antitrust serve soprattutto se la banca si è adagiata su quelle clausole.

In conclusione, la posizione del fideiussore-debitore può sembrare inizialmente di totale assoggettamento alla volontà della banca, ma l’ordinamento gli fornisce numerosi strumenti di tutela. Oltre alle classiche eccezioni di ogni debitore (prescrizione, pagamento, ecc.), il fideiussore ha il “bonus” dell’art.1957 c.c. che lo libera se il creditore è pigro, e oggi ha beneficiato dell’intervento delle autorità e dei giudici per eliminare le clausole contrattuali più onerose impostegli dalle banche. Certo, resta un contratto di garanzia e quindi, se il debito è valido ed esigibile e il creditore è diligente, il fideiussore dovrà onorare l’impegno preso. Ma come abbiamo visto, non mancano casi in cui grazie a prescrizione o decadenza egli può sottrarsi al pagamento, o quantomeno ritardarlo e negoziare.

Tabelle riepilogative finali

Tabella 1 – Termini e condizioni di efficacia della fideiussione bancaria (sintesi):

Aspetto / EventoRegola generale e terminiRiferimenti normativi e giurisprudenziali
Prescrizione del diritto della banca verso fideiussore10 anni (prescrizione ordinaria) dalla scadenza dell’obbligazione garantita, salvo atti interruttivi che fanno decorrere un nuovo termine di 10 anni. Se il debito è rateale, decorre dall’ultima rata scaduta. Se il debito è “a richiesta”, dalla data di intimazione o chiusura conto.Art. 2946 c.c.; Cass. 4232/2023 (obbligazione unica, prescrizione da ultima rata); Art. 1310 c.c. (interruzione verso debitore vale per fideiussore).
Decadenza ex art. 1957 c.c. (onere di tempestiva escussione del debitore)6 mesi dalla scadenza del debito principale (o 2 mesi dalla richiesta al fideiussore, se antecedente) entro cui la banca deve promuovere azione giudiziale contro il debitore principale. Se non lo fa, il fideiussore è liberato. Termine inderogabile in aumento (clausole di rinuncia nulle).Art. 1957 c.c.; Cass. 20648/2024 (nullità clausola di deroga art.1957); Banca d’Italia 2005 art.6 schema ABI (clausola anticoncorrenziale di rinuncia).
Clausole “ABI” (reviviscenza, rinuncia termine, sopravvivenza)Nulle pro quota per contrasto con normativa antitrust (intesa restrittiva). Il contratto rimane valido senza di esse (nullità parziale). Il fideiussore può eccepirne la nullità per non subire i relativi effetti (es. può far valere la decadenza semestrale nonostante la clausola di rinuncia, ecc.). Non comportano di per sé nullità totale del contratto, salvo prova che il garante non avrebbe stipulato senza.Art. 2 L. 287/1990; Provv. Banca d’Italia 55/2005 (clausole rev., sopravv., 1957 illecite); Cass. SU 41994/2021 (nullità parziale); Cass. 7385/2025 (onere probatorio su eccezione di nullità antitrust).
Obbligo di buona fede del creditore verso garante (artt.1955-1956 c.c.)Il creditore non deve aggravare volontariamente la posizione del fideiussore: se diminuisce garanzie reali a disposizione o concede nuovo credito imprudente a debitore insolvente senza avviso, il fideiussore può essere liberato (parzialmente o totalmente). Tuttavia, la giurisprudenza richiede condotte attive e pregiudizio concreto. La mera inerzia nel non risolvere un rapporto in sofferenza non viene considerata sufficiente.Artt. 1955-1956 c.c.; Cass. 6685/2024 (leasing, inerzia creditore non libera fideiussore); Cass. 17447/2007 (concessione abusiva di credito e art.1956 c.c.).

Tabella 2 – Cronologia tipica di escussione e rilievi per il fideiussore:

Tempo / FaseAzioni del creditore e situazionePossibili eccezioni/tutele del fideiussore
T0: Scadenza del debito principale (es. data di ultima rata, data revoca fido, ecc.)Il debitore è inadempiente da questo momento. Il fideiussore è astrattamente tenuto a pagare se richiesto. Inizia a decorrere: 6 mesi (art.1957) e 10 anni (prescrizione).– (Se il creditore aveva imposto rinuncia 1957, è irrilevante: il termine opera comunque)– Il fideiussore non è ancora escusso, attende eventuali mosse.
T0 + 6 mesi:Deadline per agire vs debitore (ex art.1957). Se entro questa data la banca non avvia alcuna azione giudiziaria vs debitore, il fideiussore si libera (può eccepire decadenza). Se invece la banca agisce (decreto ingiuntivo, citazione, pignoramento, insinuazione in fallimento), la garanzia prosegue.– Se nessuna azione: eccezione di decadenza ex art.1957 c.c. (fideiussore liberato).– Se azione iniziata: niente decadenza (a meno che azione sia nulla). Fideiussore resta obbligato.
Tra T0 e T0+6:Possibile che la banca escuta direttamente il fideiussore prima di agire vs debitore. In tal caso scatta il sotto-termine di 2 mesi: la banca deve poi agire vs debitore entro 2 mesi dalla richiesta fatta al garante.– Se la banca escute il garante ma non procede contro debitore in 2 mesi: eccezione di decadenza (termine violato).– Se procede vs debitore entro 2 mesi: regola rispettata, garanzia ok.
T0 + 2 anni (ad es.):Ipotetica durata di un processo contro il debitore. Durante il giudizio, la prescrizione è interrotta e sospesa (art.2945). La banca potrebbe attendere l’esito prima di agire sul fideiussore oppure chiamarlo in causa nello stesso processo.– Nessuna particolare eccezione, salvo contestare nel merito il credito.– Fideiussore può intervenire nel giudizio del debitore per far valere eccezioni del debitore (pagamenti, errori, usura, ecc.).
T0 + 6 anni:(Scenario con inattività parziale) Supponiamo la banca abbia rispettato il 1957 (azione vs debitore entro 6 mesi), ma poi lasci il tempo passare senza ottenere soddisfazione né fare altro. A 6 anni, se non ci sono atti nel frattempo, manca ancora tempo alla prescrizione (10 anni). Il fideiussore è sempre obbligato (non liberato).– Il fideiussore in questa fase può solo sollecitare il creditore ad agire o tentare un accordo.– Nessuna eccezione ancora maturata (decadenza scongiurata da azione iniziale; prescrizione non maturata).
T0 + 10 anni:Prescrizione ordinaria compiuta, a meno che la banca non abbia compiuto atti interruttivi. Se nessun atto dal momento dell’azione iniziale (o dalla scadenza se nessuna azione), il diritto è prescritto.Eccezione di prescrizione: il fideiussore può rifiutare il pagamento perché il diritto della banca è estinto.– Se la banca ha interrotto da qualche parte (es. lettera al 8° anno), i 10 anni decorrono nuovamente da lì.

Tabella 3 – Clausole tipiche vietate (schema ABI) e loro effetto se non fossero nulle:

Clausola (schema ABI 2003)ContenutoConseguenza se applicata (prima della nullità)Stato attuale (dopo intervento giurisprudenza)
Reviviscenza (art. 2 schema ABI)“Il fideiussore è tenuto a rimborsare alla banca le somme incassate in pagamento delle obbligazioni garantite e poi restituite dal creditore a seguito di annullamento, revoca, inefficacia dei pagamenti stessi o per qualsiasi altro motivo”.Il fideiussore deve pagare di nuovo ciò che il debitore aveva pagato ma il creditore ha dovuto restituire (es: pagamento revocato in fallimento del debitore). La garanzia “rivive” per importi che si pensavano estinti.Nulla (clausola anticoncorrenziale). Il fideiussore oggi non è obbligato a pagare somme già una volta corrisposte dal debitore e poi revocate. Il rischio di insolvenza finale del debitore per quei pagamenti torna a gravare sulla banca.
Rinuncia ai termini ex art.1957 (art. 6 schema ABI)“Il fideiussore resta obbligato anche se la banca non ha proposto le sue istanze contro il debitore entro i termini di cui all’art.1957 c.c.”. In pratica elimina la decadenza semestrale.La banca può agire contro il fideiussore in qualsiasi momento (entro prescrizione 10 anni) anche se ha lasciato passare più di 6 mesi senza agire sul debitore. Il fideiussore perde la tutela del termine breve.Nulla (contraria a norma imperativa e frutto di intesa illecita). La decadenza semestrale si applica comunque. Il garante riacquista il diritto di liberarsi se la banca è rimasta inerte oltre 6 mesi. (Cass. ha pure chiarito che non serve doppia firma, ma ciò non la salva dalla nullità sostanziale).
Sopravvivenza (art. 8 schema ABI)“La fideiussione mantiene efficacia anche qualora le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, garantendo l’obbligo di restituzione delle somme erogate”.Se il contratto principale è nullo o annullato, il fideiussore deve comunque restituire quanto il debitore ha ricevuto. Es. mutuo nullo: invece di liberarsi, il garante paga come se garantisse la restituzione per indebito arricchimento.Nulla (clausola anticoncorrenziale). Senza di essa, la sorte segue le regole generali: se l’obbligazione principale è nulla, anche la fideiussione è nulla per mancanza di causa. Il fideiussore dunque non garantisce obblighi restitutori fuori contratto, salvo quelli già rientranti nell’oggetto originario lecito.
(Clausola di pagamento “a prima richiesta” e senza eccezioni)Non era una clausola autonoma numerata nello schema 2003, ma molte fideiussioni la contenevano. Esempio: “Il fideiussore si obbliga a pagare a semplice richiesta scritta della banca, rinunciando a opporre eccezioni relative al rapporto principale”.Trasforma di fatto la fideiussione in una garanzia quasi-autonoma: il garante deve pagare immediatamente e poi semmai rivalersi. Non può sospendere il pagamento adducendo contestazioni del debitore (salvo dolo evidente).Nulla parziale se inserita nel contesto delle clausole ABI (viene considerata parte dell’intesa anti-concorrenziale). Comunque, anche senza intesa, una clausola del genere va interpretata rigorosamente: la Cass. tende a considerarla valida nell’ambito di fideiussione tipica, limitandone la portata (non elimina tutte le eccezioni, es. quelle di invalidità del contratto principale). Nei casi antitrust è stata vista come ulteriore clausola uniforme, quindi non vincolante per il fideiussore in caso di eccezioni serie.

Nota: le clausole sopra sono quelle espressamente censurate da Banca d’Italia (artt. 2,6,8 schema ABI). Altre clausole standard (es. esclusione beneficio escussione, estensione ai successori, ecc.) non furono giudicate anticoncorrenziali e restano valide se non contrarie ad altre norme.

Fonti e riferimenti normativi e giurisprudenziali

  • Codice Civile: artt. 1936-1957 c.c. (Disciplina della fideiussione), in particolare art. 1936 (definizione di fideiussione), art. 1939 (nullità se obbligazione principale nulla), art. 1941 (limiti di importo), art. 1945 (eccezioni opponibili), art. 1955 (liberazione del fideiussore per fatto del creditore), art. 1956 (obbligazioni future e aggravamento del rischio), art. 1957 c.c. (termine semestrale di escussione del debitore), art. 2952 c.c. (prescrizione) e art. 1310 c.c. (effetti degli atti interruttivi per debitori solidali).
  • Legge 10 ottobre 1990 n. 287 (Legge Antitrust): art. 2 (Divieto di intese restrittive della concorrenza, nullità delle intese illecite). Provvedimento Banca d’Italia n. 55/2005, 2 maggio 2005 – Intesa ABI sulle fideiussioni omnibus (accertamento di violazione art.2 L.287/90: clausole di reviviscenza, sopravvivenza e deroga art.1957 anticoncorrenziali).
  • Cassazione Civile – numerose pronunce recenti:
    • Cass. civ. Sez. I, ord. 16289/2024 (12 giugno 2024) – Omessa escussione del fideiussore e buona fede: nessun obbligo legale per la banca di attivare la garanzia per alleviare il debitore, e nessun danno risarcibile per il debitore se la banca non escute il garante.
    • Cass. civ. Sez. III, ord. 6685/2024 (13 marzo 2024) – Doveri del creditore ex artt.1955-1956 c.c.: la mera inerzia nel non risolvere un contratto inadempiuto non integra condotta dolosa tale da liberare il fideiussore; servono atti pregiudizievoli attivi e un effettivo aggravamento evitabile.
    • Cass. civ. Sez. I, ord. 20648/2024 (24 luglio 2024)Nullità parziale clausola di rinuncia ai termini ex art.1957 c.c. (clausola conforme art.6 schema ABI): la Cassazione conferma la nullità di tale pattuizione per contrasto con norma imperativa, richiamando il provv. Bankitalia 2005.
    • Cass. civ. Sez. I, sent. 26380 e 26382/2024 (10 ottobre 2024) – Schema ABI e contratti autonomi: le clausole nulle per intesa anticoncorrenziale riguardano le fideiussioni tipiche (accessorie), non i contratti autonomi di garanzia (che non sono soggetti ad art.1957 c.c. e non formano obbligazioni solidali col debitore).
    • Cass. civ. Sez. I, sent. 27243/2024 (21 ottobre 2024)Estensione nullità parziale anche a fideiussioni specifiche: i principi delle Sez. Unite 2021 valgono pure per garanzie riferite a singole operazioni, se contengono clausole vietate.
    • Cass. civ. Sez. I, ord. 30383/2024 (25 novembre 2024) – Onere probatorio: ribadito che chi eccepisce nullità antitrust deve provare conformità allo schema ABI vietato e, se post-2005, persistenza intesa; la nullità è parziale salvo prova contraria (richiama Cass.18794/2023).
    • Cass. civ. Sez. I, ord. 2683/2025 (4 febbraio 2025) – Clausola di rinuncia art.1957 non vessatoria ex art.1341 c.c.: la Cass. chiarisce che tale clausola (pur nulla in sostanza) non richiede specifica approvazione, non rientrando tra quelle elencate dall’art.1341.
    • Cass. civ. Sez. I, sent. 7385/2025 (19 marzo 2025)Eccezione di nullità fideiussioni omnibus e rigore probatorio: la Cassazione rigetta ricorso dei fideiussori perché in appello non avevano dedotto tempestivamente tutti gli elementi; sottolinea che l’eccezione di nullità antitrust va sollevata e provata sin dal primo grado, con allegazione di: presenza delle 3 clausole ABI, data stipula (nel caso 2011), identità di contenuto e dimostrazione persistenza intesa oltre 2005. Riconosce la nullità parziale e richiama il principio di conservazione del contratto (onere al garante provare che l’intero contratto dipendeva da clausole nulle). Condanna i ricorrenti per lite temeraria (art.96 c.p.c.) per aver insistito nonostante proposta di rigetto.
    • Cass. civ. Sez. III, sent. 9678/2025 (13 aprile 2025) – (Cenno) Natura pubblicistica del diritto di surroga MCC verso fideiussori e possibilità di azione esattoriale: trattando garanzie del Fondo PMI, conferma 10 anni prescrizione ex art.2946 per surroga Stato (questo attiene a fideiussioni pubbliche, tema settoriale).
    • Cass. civ. Sez. I, sent. 7389/2025 (19 marzo 2025) – (Cenno) Legittimazione banca verso cessionario ramo d’azienda garantito: afferma che la cessione d’azienda non libera il fideiussore se il credito resta alla cedente poi incorporata dalla banca attrice (tema di trasferimento rapporti garantiti).
  • Giurisprudenza di merito:
    • Corte d’Appello di L’Aquila, sent. 1089/2024 (pubbl. 3 settembre 2024)Nullità clausole ABI in fideiussioni omnibus e specifiche: la Corte fissa principi chiave . Distingue cause “follow-on” (fideiussioni ante 2005, prova facilitata dal provvedimento antitrust) e “stand-alone” (post 2005, onere pieno prova illecito a carico attore). Nel caso concreto, prodotti numerosissimi contratti coevi, ritenuta dimostrata l’intesa anche post 2005 e dichiarate nulle le clausole reviviscenza, sopravvivenza, rinuncia. Tuttavia i fideiussori sono stati comunque condannati a pagare, avendo la banca rispettato l’art.1957 (azione tempestiva).
    • Tribunale di Milano, sent. 2396/2025 (21 marzo 2025) – Ha affermato la necessità di prova concreta della persistenza dell’intesa anticompetitiva oltre il 2005 per dichiarare nullità di fideiussioni stipulate nel 2016 (richiamata da dottrina, es. sito rennastudiolegale).
    • Tribunale di Lecce, sent. 844/2025 (pubbl. 20 maggio 2025) – “Ancora nullità per le clausole ABI”: conferma orientamento a favore dei fideiussori (fonte: dirittodelrisparmio).
    • Tribunale di Parma, sent. 490/2025 (23 aprile 2025) – Ha revocato un decreto ingiuntivo accogliendo opposizione del fideiussore: riconosciuta nullità delle clausole “ABI” e, conseguentemente, la decadenza ex art.1957 c.c. (perché la banca non aveva agito entro 6 mesi contro debitore).
    • Tribunale di Mantova, sent. 205/2025 (7 aprile 2025) – Ha ribadito la natura accessoria della fideiussione: “data la natura accessoria, la fideiussione non può considerarsi valida se l’obbligazione principale è nulla” (citando Cass. Sez.I).
    • Tribunale di Napoli, sent. 7466/2024 (26 giugno 2024, Sez. Impresa) – In materia di clausola a prima richiesta vs fideiussione: analizza se la presenza di clausola “pagamento a prima richiesta senza eccezioni” trasforma la garanzia in contratto autonomo. Conferma che in quel caso, nonostante la clausola, la natura era rimasta fideiussione e dunque ha applicato l’art.1957 (deroga 1957 non implicita) – v. nota su Cass. 5598/2020 citata in dottrina

Hai firmato una fideiussione e temi di dover pagare dopo anni? Fatti Aiutare da Studio Monardo

La fideiussione bancaria è un impegno molto serio: chi la firma si obbliga a pagare un debito altrui se il debitore principale non lo fa. Ma anche questo obbligo non dura per sempre.
La legge prevede che la fideiussione vada in prescrizione, ovvero si estingua se il creditore non agisce entro un certo termine.

La durata della prescrizione dipende da:

  • La natura del debito garantito (es. prestito, mutuo, apertura di credito, leasing)
  • La presenza o meno di clausole specifiche nel contratto
  • La tipologia di fideiussione (ordinaria o a prima richiesta)

In linea generale:

  • Se il debito principale è prescritto, anche la fideiussione decade
  • Il termine ordinario è di 10 anni, salvo casi in cui si applicano prescrizioni più brevi
  • La prescrizione può essere interrotta da atti del creditore (es. solleciti, decreti ingiuntivi)

Verificare la prescrizione richiede analisi tecnica del contratto e degli atti successivi. Non basta il passare del tempo: serve una difesa ben impostata.


🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo

📂 Analizza il contratto di fideiussione e ricostruisce i termini di decorrenza
📑 Verifica eventuali cause di interruzione o sospensione della prescrizione
⚖️ Presenta l’opposizione al pagamento se la garanzia è prescritta
✍️ Ti difende in caso di decreto ingiuntivo o richiesta di escussione
🔁 Ti assiste anche nella contestazione di fideiussioni nulle, abusive o sproporzionate


🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in diritto bancario e contrattualistica finanziaria
✔️ Consulente per privati, professionisti, imprenditori e garanti solidali
✔️ Iscritto come Gestore della crisi presso il Ministero della Giustizia


Conclusione

Anche le fideiussioni bancarie hanno una scadenza legale. Se il creditore non agisce nei termini, non può più pretendere il pagamento.
Con l’Avvocato Giuseppe Monardo, puoi verificare se la tua fideiussione è ormai prescritta e difenderti da richieste tardive o illegittime.

📞 Richiedi ora una consulenza riservata con l’Avvocato Giuseppe Monardo:

Leggi con attenzione: se in questo momento ti trovi in difficoltà con il Fisco ed hai la necessità di una veloce valutazione sulle tue cartelle esattoriali e sui debiti, non esitare a contattarci. Ti aiuteremo subito. Scrivici ora. Ti ricontattiamo immediatamente con un messaggio e ti aiutiamo subito.

Informazioni importanti: Studio Monardo e avvocaticartellesattoriali.com operano su tutto il territorio italiano attraverso due modalità.

  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista personale degli Autori, basato sulla loro esperienza professionale. Non devono essere intese come consulenza tecnica o legale. Per approfondimenti specifici o ulteriori dettagli, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si ricorda che l’articolo fa riferimento al quadro normativo vigente al momento della sua redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono subire modifiche nel tempo. Decliniamo ogni responsabilità per un uso improprio delle informazioni contenute in queste pagine.
Si invita a leggere attentamente il disclaimer del sito.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

My Agile Privacy
Privacy and Consent by My Agile Privacy

Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. 

Puoi accettare, rifiutare o personalizzare i cookie premendo i pulsanti desiderati. 

Chiudendo questa informativa continuerai senza accettare. 

Torna in alto

Abbiamo Notato Che Stai Leggendo L’Articolo. Desideri Una Prima Consulenza Gratuita A Riguardo? Clicca Qui e Prenotala Subito!