Quali Sono Le Cause Della Nullità Di Una Fideiussione?

Hai firmato una fideiussione e ora ti stai chiedendo se puoi contestarla per nullità? Hai ricevuto una richiesta di pagamento come garante e vuoi sapere quali sono le cause che rendono una fideiussione nulla e quindi inefficace?

Molte fideiussioni, soprattutto quelle bancarie, sono redatte su moduli standard e spesso contengono clausole abusive o illegittime. Questo significa che, in alcuni casi, puoi opporti legalmente al pagamento del debito, anche se hai firmato.

Quando una fideiussione può essere dichiarata nulla?
– Quando contiene clausole contrarie alla normativa antitrust
– Quando limita eccessivamente i diritti del fideiussore
– Quando è stata firmata senza piena consapevolezza del contenuto
– Quando non rispetta i criteri di trasparenza bancaria
– Quando deriva da uno squilibrio contrattuale evidente tra le parti

Quali sono le clausole più contestate?
Le clausole più spesso dichiarate nulle dai giudici sono:
– La clausola di reviviscenza, che obbliga il fideiussore a pagare anche se il debitore principale è stato liberato
– La clausola di deroga all’art. 1957 c.c., che priva il garante della possibilità di far valere la decadenza
– La clausola di pagamento “a prima richiesta” e senza eccezioni, che rende la fideiussione simile a un’obbligazione autonoma
– Le clausole redatte in modo poco chiaro, non spiegate al momento della firma

Le fideiussioni bancarie standard sono valide?
Molte fideiussioni bancarie sono state redatte utilizzando schemi ABI dichiarati illegittimi dall’Antitrust per violazione della concorrenza. Se la tua fideiussione ricalca quelle clausole, potresti aver diritto a chiederne la nullità totale o parziale.

Cosa comporta la nullità della fideiussione?
Se il giudice dichiara la fideiussione nulla, non sei più obbligato a pagare in qualità di garante. Il creditore perde il diritto di agire contro di te, e ogni eventuale procedura in corso può essere bloccata o annullata.

Come si fa a contestare una fideiussione nulla?
– Si analizza il testo del contratto firmato
– Si confrontano le clausole con quelle già ritenute nulle dalla giurisprudenza
– Si presenta un’opposizione formale o giudiziale alla richiesta di pagamento
– Se necessario, si chiede una consulenza tecnica o perizia comparativa

Cosa NON devi fare?
– Pagare senza prima aver verificato la legittimità della fideiussione
– Firmare altri atti di riconoscimento del debito
– Aspettare che la banca ottenga un decreto ingiuntivo definitivo
– Agire in ritardo: il tempo è fondamentale per difendersi

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in contenzioso bancario e fideiussioni – ti spiega quali sono le cause che possono rendere nulla una fideiussione, come riconoscerle e come usarle per opporti legalmente alla richiesta di pagamento.

Hai firmato una fideiussione e ora ti stanno chiedendo di pagare? Vuoi sapere se puoi bloccarla per nullità?

Richiedi, in fondo alla guida, una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Analizzeremo il contratto, confronteremo le clausole con la giurisprudenza più recente e ti aiuteremo a contestare l’obbligo e difendere il tuo patrimonio.

Introduzione

La fideiussione è un contratto di garanzia personale, disciplinato dagli artt. 1936 e seguenti del codice civile, in cui un soggetto (il fideiussore o garante) si obbliga verso il creditore a garantire l’adempimento di un’obbligazione altrui. In altre parole, il fideiussore promette al creditore che pagherà un determinato debito al posto del debitore principale, qualora quest’ultimo non adempia. Trattandosi di un negozio giuridico, la fideiussione è soggetta alle stesse regole generali di validità dei contratti: ciò significa che può essere affetta da nullità (o da altri vizi, come l’annullabilità) se ricorre una delle cause previste dalla legge.

Questa guida, rivolta ad avvocati, privati e imprenditori, esamina in ottica avanzata (ma con linguaggio chiaro e divulgativo) tutte le principali cause di nullità della fideiussione, con riferimento alla normativa italiana e alla giurisprudenza aggiornata a giugno 2025. Adotteremo il punto di vista del debitore/fideiussore, cioè di colui che cerca di far valere la nullità della garanzia per sottrarsi all’obbligo di pagamento. Nel corso dell’esposizione richiameremo norme (codice civile, leggi speciali) e sentenze recenti (anche di legittimità) sui temi più rilevanti, come le fideiussioni bancarie conformi allo schema ABI e la nullità derivante da violazione della normativa antitrust. Troverete inoltre schemi riassuntivi, una sezione Domande e Risposte, nonché esempi pratici (simulazioni) riguardanti diversi tipi di contratto di fideiussione, per comprendere come i principi si applicano nelle situazioni concrete.

Importante: prima di addentrarci nelle singole cause di nullità, ricordiamo brevemente la distinzione tra nullità e annullabilità di un contratto. Un contratto nullo è radicalmente invalido sin dall’origine (c.d. vizio genetico): non può produrre effetti giuridici vincolanti, e la nullità può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse, senza limiti di tempo (azione imprescrittibile), ed è rilevabile d’ufficio dal giudice. L’annullabilità riguarda invece vizi del consenso o capacità legale (es. errore, dolo, violenza, incapacità di agire): il contratto è valido fino a che non venga annullato dal giudice su istanza della parte legittimata (di regola entro 5 anni). In questa guida tratteremo delle cause di nullità, salvo un breve cenno (nelle FAQ finali) alle ipotesi di annullabilità della fideiussione, per completezza.

Struttura della fideiussione e principio di accessorietà

La fideiussione è per sua natura accessoria rispetto all’obbligazione principale che garantisce. Ciò è sancito dall’art. 1939 c.c., secondo cui “la fideiussione non è valida se non è valida l’obbligazione principale”. Significa che la validità e sopravvivenza del contratto di fideiussione dipendono dall’esistenza di un valido rapporto obbligatorio principale: se il debito principale è nullo (ad es. perché illecito o privo di un elemento essenziale), anche la fideiussione “cade” automaticamente, in quanto non vi è un’obbligazione valida da garantire. Su questo torneremo più avanti, trattando della nullità derivata dalla invalidità del rapporto principale. Va notato che l’accessorietà opera in una direzione soltanto: la nullità (o estinzione) della fideiussione non inficia la validità del contratto principale. Ad esempio, se una fideiussione bancaria viene dichiarata nulla, il debitore principale resta comunque obbligato verso la banca per il proprio debito (perderà solo la garanzia aggiuntiva).

Due elementi essenziali devono figurare nel contratto di fideiussione, data la sua funzione: l’individuazione esatta del creditore garantito e dell’obbligazione garantita. In genere tali elementi sono descritti nel testo del contratto: ad esempio, “Tizio garantisce con fideiussione l’adempimento del contratto di mutuo n. XYZ stipulato tra Caio e la Banca Alfa”. Se la fideiussione garantisce più obbligazioni, presenti o future, queste devono essere determinabili o delimitate secondo i criteri di legge (come vedremo per le fideiussioni omnibus). La mancanza o l’indeterminatezza dell’oggetto della garanzia può condurre a nullità per difetto di un elemento essenziale (mancanza dell’oggetto determinato/determinabile ex art. 1346 c.c. in relazione all’art. 1325 c.c.).

Dal punto di vista formale, la legge non richiede una forma solenne per la validità della fideiussione (salvo particolari casi previsti dalla legge). Quindi, è in astratto ammissibile anche una fideiussione orale; in pratica tuttavia le fideiussioni vengono quasi sempre concluse per iscritto, sia per ragioni di prova (art. 2725 c.c. richiede forma scritta ad probationem per i contratti di garanzia se si vuole provarli per testi) sia perché spesso inserite in moduli o contratti bancari standard. La mancanza di forma scritta non è dunque causa di nullità per se, a meno che una norma specifica la imponga ad substantiam (come avviene, ad esempio, per la fideiussione che assicura un’obbligazione futura oltre certi limiti, vedi art. 1938 c.c. e legge n. 154/1992 infra). In ambito bancario e commerciale, la prassi è far sottoscrivere al fideiussore un documento contrattuale, spesso predisposto unilateralmente dal creditore (banca, società finanziaria, locatore, ecc.), contenente condizioni generali di contratto. Tali condizioni, se non negoziate, possono includere clausole onerose per il garante, soggette alla disciplina delle clausole vessatorie (ne parleremo approfonditamente più avanti, specie in riferimento ai fideiussori consumatori).

Fideiussione omnibus e fideiussione specifica: si definisce ordinaria o specifica la fideiussione che garantisce uno specifico debito determinato (ad es. la fideiussione per un singolo mutuo, o per un contratto di locazione). Si chiama invece fideiussione omnibus quella che garantisce una pluralità di obbligazioni, presenti e future, tipicamente tutte le obbligazioni che un determinato debitore ha o avrà verso un certo creditore (in genere una banca). È il caso, ad esempio, della fideiussione bancaria che copre “tutte le obbligazioni, presenti e future, che la società X avrà verso la Banca Y per operazioni bancarie di qualsiasi natura” – una formula molto ampia. Questa figura ha posto in passato problemi di validità a causa dell’indeterminatezza potenzialmente illimitata del debito garantito: per porvi rimedio il legislatore è intervenuto nel 1992 (come vedremo subito parlando dell’art. 1938 c.c., modificato proprio per regolamentare le fideiussioni omnibus).

Prima di analizzare le cause specifiche di nullità, vale la pena accennare anche alla distinzione tra fideiussione ordinaria e contratto autonomo di garanzia. Il contratto autonomo di garanzia (garanzia “a prima richiesta”) è una forma atipica di garanzia personale che si differenzia dalla fideiussione per la mancanza del vincolo di accessorietà: chi presta una garanzia autonoma si impegna a pagare a semplice richiesta del creditore, rinunciando fin dall’origine ad opporre eccezioni relative al rapporto principale, salvo il limite dell’ordine pubblico (ad es. può comunque opporre la nullità del contratto principale se contraria a norme imperative o ordine pubblico). Spesso nei contratti viene inserita la clausola “pagamento a prima richiesta e senza eccezioni”: la Cassazione a Sezioni Unite ha affermato che tale clausola “vale di per sé a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia”, incompatibile con l’accessorietà tipica della fideiussione. Dunque, se in un contratto di garanzia compaiono espressioni di questo tenore, esso sarà in realtà qualificabile come garanzia autonoma e non come fideiussione in senso stretto. Questo rileva perché le regole legali sulla fideiussione (ad esempio l’art. 1939 c.c. sull’accessorietà, o l’art. 1957 c.c. sul termine di escussione) non si applicano ai contratti autonomi di garanzia. Tuttavia, rimane fermo che anche una garanzia autonoma non può essere pretesa per fini illeciti: ad esempio, se il contratto principale è nullo per causa illecita, anche il garante autonomo può rifiutare il pagamento opponendo l’illegittimità dello scopo perseguito. Nella pratica bancaria italiana, le fideiussioni omnibus standard spesso contengono clausole che attenuano alcuni diritti del garante (come la possibilità di opporre eccezioni) ma, salvo patto espresso “a prima richiesta”, continuano ad essere considerate fideiussioni e non garanzie autonome – e dunque rimangono soggette alle cause di nullità proprie delle fideiussioni.

Fatte queste premesse, passiamo ora ad esaminare le cause di nullità di una fideiussione, distinguendo tra cause generali (che riguardano qualsiasi contratto) e cause specifiche dettate dalla legge o emerse in giurisprudenza proprio in materia di fideiussione.

Cause generali di nullità della fideiussione

L’art. 1418 c.c. elenca le cause generali di nullità dei contratti, applicabili ovviamente anche al contratto di fideiussione. In sintesi, un contratto (quindi anche una fideiussione) è nullo se:

  • Contrarietà a norme imperative: ex art. 1418 comma 1 c.c., il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente. Le norme imperative sono quelle disposizioni legislative inderogabili, poste a tutela di interessi fondamentali (ordine pubblico economico, buoni costumi, tutela di parti deboli, concorrenza, etc.). Come vedremo, molte nullità della fideiussione rientrano proprio in questa categoria (es. nullità per violazione di norme di legge finanziaria, antitrust, consumatore, ecc.). Va ricordato che, in base all’orientamento attuale, anche la violazione della normativa antitrust configura una nullità virtuale per contrasto con norme imperative di ordine pubblico economico.
  • Mancanza di un requisito essenziale (art. 1325 c.c.): l’art. 1418 comma 2 richiama la mancanza di causa, oggetto, accordo o forma quando prescritta dalla legge. Nel contesto della fideiussione, le ipotesi possibili sono: mancanza di accordo (es. firma falsa del fideiussore, o sottoscrizione apposta da soggetto incapace assoluto: si tratterebbe in realtà di inesistenza o nullità per difetto di volontà); mancanza di causa (difficile, perché la causa tipica della fideiussione è il garantire il debito altrui: potrebbe ipotizzarsi difetto di causa se la fideiussione è meramente simulata o se il debito garantito non esiste affatto); mancanza di oggetto o oggetto illecito/indeterminabile (ad es. fideiussione che garantisca “qualsiasi debito di chiunque verso chiunque” senza criteri: sarebbe nulla per indeterminatezza assoluta dell’oggetto, o per mancanza di meritevolezza ex art. 1322 c.c.). La forma raramente è imposta dalla legge per la fideiussione, ma un esempio è la previsione dell’art. 1938 c.c. (come modificato nel 1992) che impone la previsione di un importo massimo garantito per le fideiussioni di obbligazioni future, a pena di nullità: questa può essere vista come una forma di requisito essenziale di contenuto/forma, e infatti la giurisprudenza la riconduce alle nullità di protezione di ordine pubblico economico (v. infra).
  • Illiceità della causa o dei motivi comuni (artt. 1343-1345 c.c.): se la fideiussione persegue uno scopo illecito (contrario a legge o buon costume), è nulla. Ad esempio, se Tizio garantisce un debito scaturente da un contratto illecito (poniamo, una “fideiussione” per assicurare il pagamento di forniture relative ad un traffico di sostanze proibite), la garanzia condivide la causa illecita del negozio principale e non produce effetti. Ancora, se le parti stipulassero una fideiussione con il comune intento di frodare la legge (il c.d. motivo illecito comune) – ipotesi rara ma non impossibile – il contratto sarebbe nullo ex art. 1345 c.c. Si pensi al caso in cui una banca faccia garantire da un prestanome un’operazione in conflitto con norme imperative (ad es. per eludere limiti di finanziabilità): se risulta che fideiussore e creditore erano consapevoli e d’accordo nel perseguire quel fine illecito, la garanzia è nulla.
  • Illiceità o mancanza dei requisiti dell’oggetto (art. 1346 c.c.): l’oggetto del contratto di fideiussione è la prestazione garantita dal fideiussore (ossia l’obbligo di pagare un debito altrui in caso di inadempimento). Se tale oggetto è impossibile, illecito o indeterminato/indeterminabile, si ha nullità. Ad esempio, una fideiussione prestata “per un importo illimitato” – come era la fideiussione omnibus prima della riforma – rischia la nullità per indeterminabilità dell’oggetto, problema oggi risolto imponendo un massimale (vedremo di seguito). Oppure, garantire un’obbligazione impossibile (es. una prestazione che nessuno potrebbe mai eseguire) non avrebbe senso: la fideiussione non potrebbe produrre effetti.

In aggiunta a queste cause generali, l’art. 1418 c.c. prevede poi ogni altro caso in cui la legge dichiara nullo un contratto (c.d. nullità testuali). Ebbene, molte delle cause di nullità della fideiussione che ci interessano rientrano proprio in questa categoria di nullità speciali previste dalla legge o derivanti da normative specifiche (ad es. nullità prevista dall’art. 1938 c.c., nullità ex lege 287/1990 per intese anticoncorrenziali, nullità ex art. 33 Cod. Consumo per clausole vessatorie, ecc.).

Nei paragrafi successivi approfondiremo proprio le cause specifiche di nullità più rilevanti per i contratti di fideiussione, alla luce della normativa speciale e delle più recenti sentenze.

Cause specifiche di nullità della fideiussione

In questo capitolo analizziamo le principali ipotesi di nullità che ricorrono tipicamente nei contratti di fideiussione, sulla base di norme speciali o di orientamenti giurisprudenziali consolidati. Si tratta di cause di nullità spesso introdotte dal legislatore per proteggere il fideiussore da impegni troppo gravosi o da pratiche contrattuali scorrette. Le esamineremo singolarmente:

  1. Fideiussione omnibus senza importo massimo garantito (violazione dell’art. 1938 c.c.)Nullità per indeterminatezza dell’oggetto e contrarietà a norma imperativa di ordine pubblico economico.
  2. Clausola di rinuncia preventiva ai benefici di legge vietati (es. liberazione ex art. 1956 c.c.)Nullità testuale per violazione di legge.
  3. Clausole vessatorie in fideiussioni con fideiussore consumatoreNullità “di protezione” ex art. 33 D.lgs. 206/2005 (Codice del Consumo).
  4. Fideiussioni conformi allo schema ABI del 2003 (nullità antitrust)Nullità derivante da intesa restrittiva della concorrenza ex art. 2 legge 287/1990.
  5. Nullità derivata dalla invalidità dell’obbligazione principaleApplicazione del principio di accessorietà ex art. 1939 c.c..

Analizziamole in dettaglio una per una.

1. Fideiussione omnibus senza indicazione dell’importo massimo garantito (art. 1938 c.c.)

Una delle innovazioni più significative nella disciplina della fideiussione è stata introdotta con l’art. 10 della legge n. 154/1992, che ha modificato il testo dell’art. 1938 c.c. imponendo un limite alle fideiussioni per obbligazioni future. Il nuovo testo dell’art. 1938 c.c. recita (tuttora vigente): “La fideiussione può essere prestata anche per un’obbligazione condizionale o futura con la previsione, in questo ultimo caso, dell’importo massimo garantito.”.

Questa disposizione, di chiara natura imperativa, stabilisce dunque che se la fideiussione garantisce obbligazioni future, nel contratto deve essere previsto un importo massimo garantito. La sanzione per il caso di mancanza di tale indicazione è la nullità della fideiussione, almeno relativamente alla copertura di obbligazioni future. Si tratta di una nullità introdotta per ragioni di ordine pubblico economico, diretta ad evitare che un fideiussore si leghi con responsabilità illimitata e indeterminata nel tempo verso il creditore. La ratio della norma risiede infatti nell’esigenza di porre un freno all’indeterminatezza della garanzia omnibus, obbligando a delimitare l’impegno massimo del garante. Già prima del 1992 si discuteva della legittimità delle fideiussioni omnibus illimitate – la giurisprudenza le aveva inizialmente ammesse, ma con qualche dubbio sull’indeterminatezza dell’oggetto (cfr. Cass. civ. n. 1101/1995). Il legislatore ha quindi risolto la questione imponendo per legge il massimale, la cui assenza comporta la nullità della fideiussione (nullità parziale nel senso che la garanzia non copre validamente le obbligazioni future: vedremo meglio questo punto).

È importante sottolineare che l’obbligo del massimale si applica a tutte le fideiussioni di obbligazioni future, non solo a quelle in ambito bancario. La Cassazione ha chiarito che “il novellato testo dell’art. 1938 c.c. deve trovare applicazione per qualsiasi garanzia personale, sia nell’ambito bancario che al di fuori di esso” (Cass. civ. n. 5951/2014). Dunque, se ad esempio Tizio garantisce oggi tutti i futuri debiti che Caio avrà verso Sempronio, senza indicare un tetto massimo, la fideiussione è nulla.

Come si individua l’importo massimo garantito? Esso va esplicitato nel testo contrattuale. Spesso si indica un capitale massimo (“fino alla concorrenza di € X”) e poi si aggiunge la formula “oltre interessi, spese e accessori”. In passato vi è stato dibattito se la dicitura “oltre accessori” violasse il requisito di determinatezza; la Cassazione ha però ritenuto che se il massimale è riferito al solo capitale, quella cifra si intende comprensiva anche degli interessi e accessori dovuti in relazione al capitale stesso (Cass. civ. n. 3805/2004). Quindi, ad esempio, se la fideiussione omnibus indica “importo massimo garantito: € 100.000, oltre interessi e spese”, l’importo di 100.000 euro è comunque il tetto globale garantito, comprensivo di eventuali interessi maturati su quel capitale.

Conseguenze della mancanza del massimale: la giurisprudenza ha parlato esplicitamente di nullità in caso di omissione. Ad esempio, il Tribunale di Roma ha affermato che “è fondata la domanda di nullità della fideiussione in oggetto per violazione dell’art. 1938 c.c.” nel caso di una fideiussione omnibus priva di massimale. Ciò significa che un fideiussore escusso dalla banca potrebbe opporre la nullità della garanzia se questa copriva obbligazioni future senza limite di importo. Occorre precisare che, secondo un orientamento, questa nullità colpisce la fideiussione limitatamente alle obbligazioni future non quantificate, lasciandola invece valida per eventuali obbligazioni già in essere al momento della stipula (se ve ne sono). La Cassazione ha infatti distinto l’ipotesi in cui la fideiussione garantisca un intero contratto comprendente sia obbligazioni già determinate che obbligazioni future: in tal caso, “la clausola [di garanzia illimitata] resta nulla solo con riferimento a quella o quelle obbligazioni che abbiano natura di obbligazione futura, mentre rimane valida per le obbligazioni che non abbiano tale natura” (Cass. civ. n. 5423/2022). In pratica, il giudice cercherà di salvare il contratto nella parte in cui può avere un oggetto determinato: la regola generale, infatti, è di conservare il negozio per quanto possibile anziché annullarlo interamente (art. 1419 c.c. principio di conservazione). Se però la fideiussione era fin dall’inizio destinata esclusivamente a obbligazioni future indefinite (classico caso di omnibus bancaria su apertura di credito, in cui al momento della firma non c’era un debito attuale), l’assenza del limite massimo rende nullo ab origine l’intero impegno del fideiussore, perché l’oggetto è rimasto indeterminato.

Dal punto di vista temporale, la norma sull’importo massimo è entrata in vigore nel 1992. Le fideiussioni omnibus stipulate prima di tale data, anche se senza massimale, erano valide secondo la legge dell’epoca. La questione si è posta per le fideiussioni anteriori al 1992 rimaste in vigore successivamente: la giurisprudenza ha ritenuto che la nuova norma operi come norma imperativa sopravvenuta, con effetto di nullità parziale ex nunc per la copertura di operazioni future successive al 1992, salvo patto di adeguamento. In altre parole, se un garante aveva firmato nel 1990 una fideiussione illimitata a favore di una banca, egli risponde pienamente dei debiti sorti fino al 1992; ma per le operazioni successive all’entrata in vigore della legge 154/1992, in mancanza di fissazione di un tetto concordato, la fideiussione non potrebbe più considerarsi valida (la garanzia si “paralizza” per il futuro). Fortunatamente, questo è un problema oramai storico, data la vetustà di quei contratti; tuttavia lo citiamo per completezza e perché mostra come la nullità ex art. 1938 c.c. sia considerata dalla Cassazione espressione di un principio di ordine pubblico economico, quindi inderogabile e operante anche sulle situazioni pregresse (salvo tutelare l’affidamento per il passato).

Riassumendo: l’omessa indicazione di un importo massimo garantito in una fideiussione che copre obbligazioni future comporta la nullità (quantomeno parziale) della fideiussione. Questa nullità tutela il fideiussore da rischi illimitati e dà attuazione al principio per cui “è vietata l’assunzione di responsabilità illimitata senza un ammontare massimo predeterminato”. Un creditore (ad esempio una banca) che accetti una fideiussione omnibus priva di massimale non potrà legalmente pretendere dal garante il pagamento – se il garante eccepisce la nullità – per i nuovi debiti sorti dopo la stipula oltre il limite eventualmente desumibile.

Esempio pratico: Mario firma nel 2010 una fideiussione omnibus a favore della Banca X per garantire “tutte le obbligazioni future” della società Alfa (di cui Mario è socio) verso la banca. Nel testo non è indicato alcun importo massimo garantito. Nel 2025, la società Alfa va in difficoltà e accumula esposizioni verso la Banca X per 300.000€. La banca escute Mario come fideiussore. Mario, assistito da un legale, può eccepire in giudizio la nullità della fideiussione ai sensi dell’art. 1938 c.c., poiché manca la previsione di un massimale. Il giudice, verificato il contratto, dichiarerà la fideiussione nulla e libererà Mario dall’obbligo (la banca potrà rivalersi solo sul debitore principale Alfa, mentre Mario come garante non sarà tenuto a pagare alcunché). Se però nel 2010 esisteva già un debito specifico di Alfa verso la banca (ad esempio uno scoperto di conto di 50.000€) e la fideiussione poteva intendersi riferita anche a quello, la banca potrebbe sostenere che la garanzia vale almeno per quei 50.000€ già esistenti (essendo obbligazione non “futura” ma presente al momento della firma). In ogni caso, la parte di debiti futuri rimarrebbe scoperta per nullità della clausola oltre tale importo.

2. Clausola di rinuncia preventiva alla liberazione ex art. 1956 c.c. (nullità di protezione del fideiussore)

L’art. 1956 c.c. è una norma posta a tutela del fideiussore nel caso di obbligazioni future: esso stabilisce che “Il fideiussore per un’obbligazione futura è liberato se il creditore, senza speciale autorizzazione del fideiussore, ha fatto credito al terzo [debitore principale], pur conoscendo che le condizioni patrimoniali di questo erano divenute tali da rendere notevolmente più difficile il soddisfacimento del credito”. In parole semplici, se un garante ha garantito una linea di credito futura, e il creditore (es. la banca) continua a concedere fidi al debitore quando ormai sa che questi è diventato insolvente o gravemente inaffidabile, il garante si libera dalla fideiussione per le nuove operazioni non autorizzate. È una norma che evita al fideiussore di subire le conseguenze di condotte “avventate” del creditore nell’aggiungere altro credito a un debitore ormai compromesso.

Ebbene, prima del 1992 capitava spesso che nei moduli bancari il fideiussore venisse indotto a rinunciare anticipatamente a questa protezione, con una clausola del tipo: “Il fideiussore rinuncia sin d’ora ai benefici di cui all’art. 1956 c.c.”. Ciò di fatto vanificava la tutela: la banca poteva continuare a finanziare il cliente in difficoltà, e poi rivalersi sul fideiussore senza obiezioni.

Il legislatore è intervenuto (sempre con la legge n. 154/1992) aggiungendo un comma all’art. 1956 c.c. che recita: “Non è valida la preventiva rinuncia del fideiussore ad avvalersi della liberazione”. Dunque attualmente qualsiasi patto con cui il garante dichiara di rinunciare in anticipo alla facoltà di liberarsi ex art. 1956 è colpito da nullità. Trattasi di una nullità testuale di protezione, volta a tutelare il fideiussore (spesso parte debole nel rapporto con la banca) da clausole che eliminerebbero un suo importante diritto. Essendo nullità parziale (riguarda quella specifica clausola), la conseguenza è che la clausola di rinuncia è come non apposta, e il fideiussore potrà comunque invocare la liberazione se ne ricorrono i presupposti. La nullità è disposta dalla legge in termini generali (“non è valida la rinuncia preventiva”), quindi rientra nelle ipotesi dell’art. 1418 co.3 c.c. (casi di nullità espressamente previsti).

Esempio: il contratto di fideiussione omnibus sottoscritto da Tizio in favore della Banca reca una clausola: “Il fideiussore rinuncia espressamente ai benefici degli artt. 1955, 1956 e 1957 c.c.”. Per quanto qui interessa, la rinuncia al beneficio dell’art. 1956 è nulla ex lege. Se dunque la banca, senza avvisare Tizio, continua a fiancheggiare il debitore principale ormai insolvente, Tizio potrà invocare l’estinzione della garanzia sulle nuove concessioni di credito in base all’art. 1956 c.c., come se quella frase di rinuncia non esistesse (anche se lui l’ha firmata). La banca non potrebbe opporgli che aveva rinunciato, perché la rinuncia è colpita da nullità automatica.

Vale la pena notare che, curiosamente, la legge non ha parimenti vietato la rinuncia preventiva ad eccepire la decadenza ex art. 1957 c.c. L’art. 1957 c.c. dispone (in sintesi) che il fideiussore si libera se il creditore non agisce contro il debitore entro 6 mesi dalla scadenza dell’obbligazione garantita, a meno che sia stata pattuita rinuncia a tale decadenza. Dunque, a differenza dell’art. 1956, il 1957 consente espressamente al creditore di far firmare al garante la rinuncia al termine semestrale. Le fideiussioni bancarie contengono quasi sempre infatti la clausola di deroga all’art. 1957 c.c., proprio per evitare al creditore l’onere di escutere tempestivamente. Questa differenza di trattamento (1956 non rinunciabile, 1957 sì) è frutto di scelte legislative: l’art. 1957 è preesistente (anni ’40) e fu concepito come norma dispositiva, mentre l’art. 1956 fu introdotto nel ’92 con una ratio protettiva inderogabile. Ai fini della nostra analisi, la rinuncia all’art. 1957 c.c. non determina nullità (è valida tra le parti, tranne il caso in cui il fideiussore sia un consumatore e la clausola sia considerata vessatoria: tema che tratteremo a parte). Invece la rinuncia all’art. 1956 c.c. è espressamente nulla e dunque inopponibile al fideiussore.

Per completezza, aggiungiamo che esistono altre norme inderogabili a tutela del fideiussore: ad esempio l’art. 1945 c.c. sancisce che il fideiussore può opporre al creditore tutte le eccezioni spettanti al debitore principale, eccetto le eccezioni personali al debitore (cioè quelle legate a qualità personali del debitore, come l’incapacità o il suo fallimento). Anche questa è considerata norma imperativa: eventuali clausole che limitassero il diritto del fideiussore di opporre eccezioni potrebbero essere nulle se il fideiussore è un consumatore (perché squilibrate, v. infra sulle clausole vessatorie). Nel caso di fideiussioni “a prima richiesta”, come visto, si deroga convenzionalmente al regime delle eccezioni, ma si esula dalla fideiussione tipica e si entra nella garanzia autonoma (che le parti possono legittimamente costruire atipicamente ex art. 1322 c.c., purché nei limiti dell’ordine pubblico).

3. Clausole vessatorie nelle fideiussioni con fideiussore consumatore (nullità ex art. 33 Cod. Consumo)

Una categoria particolare di nullità è quella prevista dal Codice del Consumo (D.lgs. 206/2005) per le clausole vessatorie nei contratti tra professionista e consumatore. Si tratta delle cosiddette nullità “di protezione”: la clausola considerata vessatoria (abusiva) è nulla, mentre il resto del contratto rimane efficace (art. 36 Cod. Consumo); inoltre questa nullità può essere fatta valere solo dal consumatore (o rilevata d’ufficio dal giudice a tutela del consumatore), mentre non può giovarsi della nullità la controparte professionale.

Nel caso della fideiussione, la disciplina delle clausole abusive si applica quando il fideiussore riveste la qualità di consumatore, ossia è una persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta. Questo è tipico, ad esempio, quando un privato garantisce il debito di un familiare o amico, oppure anche quando un socio/amministratore garantisce il debito di una società, senza però avere un interesse economico diretto nell’impresa (si pensi alla moglie dell’imprenditore che fa da garante, pur non avendo ruoli nella società: la giurisprudenza la considera consumatore a tutti gli effetti). Secondo il Tribunale di Torino “è sempre sottoposta agli artt. 33 ss. cod. cons., indipendentemente da chi sia il debitore principale, la fideiussione rilasciata dalla persona fisica che abbia agito per motivi personali, estranea all’organizzazione societaria del debitore principale, non avendo alcuno specifico interesse patrimoniale all’andamento della società o dell’impresa”. Ciò significa che anche se il debito garantito è di natura commerciale (es. un finanziamento a una società), il garante persona fisica può essere considerato consumatore se sta prestando garanzia a titolo personale, senza coinvolgimento nell’attività del debitore.

Una volta stabilito che il fideiussore è consumatore e il creditore (banca, finanziaria, locatore, etc.) è un professionista, occorre verificare se il contratto contiene clausole abusive. Il Codice del Consumo (artt. 33-34) definisce vessatorie quelle clausole non negoziate individualmente che causano a carico del consumatore uno squilibrio significativo nei diritti ed obblighi derivanti dal contratto, contrariamente a buona fede. L’art. 33 elenca poi una serie di clausole presumibilmente vessatorie (lista grigia) e l’art. 36 ne prevede la nullità.

Nei contratti di fideiussione predisposti da banche e finanziarie, alcune clausole tipiche sono state ritenute vessatorie dai giudici. Ad esempio, è stata giudicata vessatoria (e quindi nulla) la clausola che esclude il termine dell’art. 1957 c.c. (ossia quella che esonera il creditore dall’agire entro 6 mesi): secondo Tribunale di Cagliari, tale clausola “ha attitudine a generare un sicuro squilibrio fra le posizioni delle parti” e va quindi considerata nulla ai sensi del Codice del Consumo. Sempre nell’ambito di un’azione a tutela di consumatori, il Tribunale di Torino nel 2024 ha esaminato varie clausole inserite nelle condizioni generali di fideiussioni bancarie, ritenendole vessatorie e proibendone l’utilizzo futuro da parte della banca convenuta. Tra queste figuravano:

  • la clausola di limitazione delle eccezioni opponibili dal fideiussore (in particolare relativa all’ipotesi di recesso della banca dal rapporto garantito);
  • la clausola di “reviviscenza” (che obbliga il fideiussore a rimborsare la banca di pagamenti già effettuati e poi revocati o annullati: ne parleremo anche nel contesto antitrust);
  • la clausola di “sopravvivenza” (che mantiene fermo l’obbligo del fideiussore anche se l’obbligazione principale è dichiarata invalida);
  • la clausola di pagamento a semplice richiesta scritta (di fatto una clausola “a prima richiesta”, che priva il fideiussore di eccezioni immediate);
  • la clausola di dispensa per la banca dall’onere di agire tempestivamente (deroga all’art. 1957 c.c., già citata);
  • la clausola sull’imputazione dei pagamenti (che vincola il modo in cui eventuali pagamenti vengono imputati a debiti, potenzialmente a sfavore del fideiussore);
  • le clausole di compensazione (che autorizzano la banca a compensare somme tra conti del debitore e del fideiussore).

Tutte queste, secondo il Tribunale, creano squilibrio e non risultano giustificate da specifiche trattative, quindi sono state dichiarate vessatorie. Ne consegue la nullità delle stesse nei confronti dei fideiussori consumatori. Ad esempio, la clausola di reviviscenza (art. 2 schema ABI) – che obbliga il fideiussore a pagare anche se i pagamenti effettuati dal debitore sono poi revocati ex lege fallimentare – è stata ritenuta vessatoria in quanto addossa al consumatore un rischio eccessivo non bilanciato da tutela, e così via.

Una clausola vessatoria nulla non vincola il consumatore, che può quindi non adempiervi. Importante: la nullità colpisce la singola clausola, ma il contratto di fideiussione rimane per il resto valido (art. 36 cod. cons.). Ciò significa che il fideiussore resta obbligato, però come se quella clausola non ci fosse. Facciamo un esempio concreto per capire: se in un contratto di fideiussione di un consumatore c’è la clausola “il fideiussore rinuncia al termine di decadenza ex art.1957 c.c.”, tale clausola è nulla; ciò implica che, nonostante la rinuncia firmata, in realtà il fideiussore mantiene il diritto di eccepire la decadenza se la banca non si attiva entro 6 mesi dalla scadenza del debito. In pratica la fideiussione del consumatore torna sotto il regime legale di maggior favore per il garante, ignorando le pattuizioni peggiorative imposte unilateralmente.

Come far valere queste nullità? Il consumatore-fideiussore può eccepire la nullità di una clausola vessatoria sia in via di azione che di eccezione (ad es. opponendola in un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo ottenuto dalla banca). Inoltre, la giurisprudenza recente – in recepimento di indicazioni della Corte di Giustizia UE – ha rafforzato la possibilità di far emergere queste nullità anche tardivamente. Le Sezioni Unite della Cassazione, con sent. n. 9479/2023, hanno statuito che nel procedimento di esecuzione forzata il giudice, se rileva che il titolo esecutivo (es. un decreto ingiuntivo non opposto) si fonda su un contratto con possibili clausole abusive e tale aspetto non è mai stato esaminato, deve avvisare il consumatore e dargli la chance di proporre opposizione tardiva per far valere la nullità di quelle clausole. Questo per garantire l’effettività della tutela del consumatore, secondo le sentenze della CGUE del 17 maggio 2022 in materia. Pertanto, anche un fideiussore consumatore che inizialmente non abbia contestato le clausole vessatorie potrebbe, in certi casi, avere una “seconda opportunità” in sede esecutiva, proprio in virtù di questa giurisprudenza. Si tratta di aspetti procedurali complessi, ma il messaggio è: le nullità di protezione per clausole abusive sono prese molto sul serio dai giudici e possono essere fatte valere d’ufficio a vantaggio del consumatore, in qualunque stato e grado, pur di evitare che clausole illegittime producano effetti.

Attenzione: la disciplina sulle clausole vessatorie non si applica quando il fideiussore non è un consumatore (ad es. un’altra società che garantisce, oppure una persona fisica che agisce per fini imprenditoriali propri). In tal caso, clausole anche gravose rimangono valide se sottoscritte, a meno che contrastino con altre norme imperative generali. Ad esempio, se un fideiussore è una società, la rinuncia all’art. 1957 è valida (non essendo consumatore). Tuttavia, se quelle clausole ricalcano un’intesa anticoncorrenziale (vedremo il caso ABI), potranno essere nulle per altra ragione; oppure se il modulo non è stato sottoscritto con doppia firma per le clausole particolarmente onerose ex art. 1341-1342 c.c., la clausola potrebbe essere inefficace (non è nullità ma inopponibilità per difetto di approvazione specifica). Quindi, per i fideiussori non consumatori, restano le tutele “ordinarie” del codice civile (artt. 1341-42 sulle condizioni generali, in base ai quali il fideiussore potrebbe contestare clausole non specificamente sottoscritte che rientrano nell’elenco del 1341 co.2, come quelle di decadenza, arbitrato, ecc.). Anche la disciplina antitrust (che vedremo subito) si applica a prescindere dalla qualità di consumatore, perché tutela la concorrenza e indirettamente i contraenti tutti.

In sintesi, se il fideiussore è un consumatore, conviene sempre esaminare il contratto per individuare eventuali clausole vessatorie: in caso affermativo, tali clausole sono nulle e il fideiussore può rifiutare di applicarle (o chiederne la declaratoria di nullità in giudizio). Ciò non annulla l’intera fideiussione, ma la rende meno gravosa (eliminando gli squilibri). Nei nostri esempi pratici più avanti, includeremo anche una simulazione riguardante clausole vessatorie.

4. Nullità “antitrust” delle fideiussioni bancarie conformi allo schema ABI 2003

Una delle vicende più discusse degli ultimi anni in materia di fideiussioni riguarda la nullità derivante da violazione della normativa antitrust, con specifico riferimento alle fideiussioni bancarie omnibus predisposte secondo lo schema ABI. È una materia complessa, che merita un approfondimento: in gioco vi è la validità di molte fideiussioni stipulate in passato (primi anni 2000) secondo schemi contrattuali standardizzati dall’Associazione Bancaria Italiana, poi risultati lesivi della concorrenza.

L’intesa restrittiva e il provvedimento di Banca d’Italia del 2005

Nel 2003 l’Autorità Antitrust (all’epoca, per il settore bancario, la competenza era esercitata dalla Banca d’Italia) aprì un’istruttoria sull’ABI sospettando che le banche avessero concertato condizioni uniformi per le fideiussioni omnibus. L’indagine si concluse con il Provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005 di Banca d’Italia, il quale accertò che lo schema contrattuale standard di fideiussione omnibus diffuso dall’ABI (in particolare, la versione circolata nell’ottobre 2002) conteneva clausole frutto di un’intesa restrittiva della concorrenza tra gli istituti di credito.

In base all’art. 2, comma 2, lett. a) della legge antitrust n. 287/1990, sono vietate le intese tra imprese che abbiano ad oggetto o per effetto di impedire o falsare la concorrenza sul mercato nazionale. L’ABI è un’associazione di imprese (banche), e le “deliberazioni” adottate in seno ad essa possono costituire intese ai sensi della legge. Banca d’Italia, nell’atto del 2005, qualificò come intesa il fatto che l’ABI avesse predisposto e diffuso alle banche aderenti uno schema uniforme di fideiussione omnibus, e ritenne che tre clausole di tale schema fossero anticoncorrenziali, nella misura in cui venivano applicate in modo uniforme dalle banche. Le clausole incriminate furono identificate negli artt. 2, 6 e 8 dello schema ABI, ovvero:

  • Clausola di “reviviscenza” (art. 2): prevedeva che il fideiussore dovesse rimborsare alla banca le somme incassate in pagamento delle obbligazioni garantite qualora tali pagamenti fossero successivamente revocati, annullati o dichiarati inefficaci (es. revocatoria fallimentare). In pratica il fideiussore non si liberava nemmeno se il debitore aveva pagato, nel caso in cui quel pagamento venisse poi meno.
  • Clausola di rinuncia ai termini ex art. 1957 c.c. (art. 6): stabiliva che “i diritti derivanti alla banca dalla fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore, senza che essa sia tenuta ad escutere il debitore… entro i termini dell’art. 1957 c.c., che si intende derogato”. In sostanza, il fideiussore rinunciava al beneficio della decadenza semestrale; la banca poteva escutere anche molto tempo dopo la scadenza del debito principale.
  • Clausola di “sopravvivenza” (art. 8): disponeva che “qualora le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fideiussione garantisce comunque l’obbligo del debitore di restituire le somme allo stesso erogate”. Era la c.d. clausola di permanenza del vincolo fideiussorio: il fideiussore rimane obbligato a restituire quanto il debitore ha ricevuto, anche se il contratto principale è nullo o annullato.

Tutte e tre queste clausole, prese singolarmente, non violavano alcuna legge specifica (ad esempio, la clausola di reviviscenza e di sopravvivenza derogavano il principio di accessorietà di cui all’art. 1939 c.c., ma in teoria le parti avrebbero potuto pattuire una garanzia atipica con tali effetti). Ciò che costituiva illecito era l’accordo collusivo tra banche di adottarle tutte uniformemente, sottraendosi così alla concorrenza contrattuale. Banca d’Italia infatti precisò che le restanti clausole dello schema ABI non risultavano lesive della concorrenza, ma quelle tre – in quanto combinazione congiunta – sì. La presenza contemporanea delle clausole 2, 6 e 8 in tutti i formulari bancari rendeva il fideiussore privo di alternative: qualunque banca pretendesse esattamente le stesse drastiche condizioni. L’intesa dunque consisteva nel concordare uno standard contrattuale uniforme a danno dei clienti garanti.

La legge antitrust prevede (art. 2, comma 3 L. 287/90) che sono nulle ad ogni effetto le intese vietate. Pertanto l’intesa ABI era colpita da nullità ex lege. Ma qui si poneva il problema: come si riflette questa nullità “a monte” sui contratti di fideiussione “a valle” stipulati tra le singole banche e i clienti? In altri termini, il garante che ha firmato una fideiussione contenente quelle clausole poteva impugnarla sostenendo che era figlia di un’intesa illecita e quindi invalida?

Gli orientamenti giurisprudenziali: nullità totale vs nullità parziale

La questione è stata molto dibattuta. Alcune sentenze (di merito e di legittimità) propendevano per la nullità integrale del contratto di fideiussione derivante dall’intesa illecita (nullità derivata dell’intero contratto “a valle”), ritenendo che l’accordo collusivo viziasse in radice il consenso del fideiussore, incanalato in uno schema predisposto illegalmente. Altre pronunce invece sostenevano la tesi della nullità parziale: ossia, il contratto di fideiussione rimane valido ed efficace, ma si espungono le clausole frutto dell’intesa vietata, applicando la sanzione della nullità solo a queste ultime. Questa seconda impostazione si basava sull’idea di tutela del fideiussore senza però travolgere l’intera garanzia se per il resto è conforme a legge – e trovava appiglio nel principio generale di conservazione del contratto (art. 1419 c.c.).

La discussione è andata avanti per anni, con esiti alterni nelle corti. Per porre fine al contrasto, la Corte di Cassazione ha rimesso la questione alle Sezioni Unite, che si sono pronunciate con la sentenza 30 dicembre 2021, n. 41994. Le Sezioni Unite hanno aderito all’opzione della nullità parziale delle fideiussioni, sancendo il seguente principio di diritto:

“I contratti di fideiussione a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante […] sono parzialmente nulli, ai sensi dell’art. 2, comma 3, della legge n. 287/1990 e dell’art. 1419 cod. civ., in relazione alle sole clausole che riproducano quelle dello schema […] costituente l’intesa vietata, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti.”

In altri termini, se una fideiussione contiene clausole identiche a quelle dichiarate anticoncorrenziali (artt. 2, 6, 8 schema ABI 2002), quelle clausole sono nulle per violazione di norme imperative (legge antitrust), ma la nullità non travolge l’intero contratto, a meno che risulti che le parti non avrebbero stipulato affatto senza quelle clausole. La regola della conservazione (art. 1419 c.c.) porta a eliminare dal contratto solo le parti viziate, mantenendo il resto. Le SS.UU. sottolineano che questa impostazione è coerente col “favore ordinamentale” per la conservazione degli atti negoziali difformi dallo schema legale, mentre l’estensione della nullità totale deve considerarsi eccezionale.

Conseguenze pratiche: la fideiussione bancaria conforme allo schema ABI 2002 rimane valida senza le clausole 2, 6, 8. Dunque, cosa cambia per il fideiussore? Cambia che il garante potrà usufruire di tutte le protezioni che quelle clausole gli avevano tolto. In particolare:

  • Senza la clausola di reviviscenza, se il debitore principale paga il debito e poi quel pagamento viene revocato (es. dal fallimento), il fideiussore non è obbligato a restituire quelle somme alla banca (sarà la banca a dover insinuare il proprio credito nel fallimento del debitore, sopportando il rischio d’insolvenza, anziché rivalersi sul garante per riottenere quanto perso con la revoca). La clausola di reviviscenza mirava a fare del fideiussore una sorta di assicuratore del rischio revocatoria a favore della banca: caduta la clausola, quel rischio ritorna in capo al creditore come normalmente sarebbe.
  • Senza la clausola di deroga all’art. 1957 c.c., torna applicabile la regola legale: il fideiussore si libera se la banca non gli chiede il pagamento entro 6 mesi dalla scadenza del debito principale (salvo che il debitore sia insolvibile, caso in cui il termine non opera). Questo è un punto cruciale: molti fideiussori, in passato escussi a distanza di anni, si sono visti rigettare l’eccezione di decadenza perché avevano firmato la rinuncia; con la nullità di quella rinuncia, la decadenza semestrale risorge come eccezione vitale. Il giudice può rilevare d’ufficio questa decadenza (trattandosi di nullità di una clausola) se riscontra che dall’atto introduttivo non è stato rispettato il termine.
  • Senza la clausola di sopravvivenza, si ripristina il principio di accessorietà puro: se il contratto principale è invalido o annullato, il fideiussore non è tenuto a pagare nulla. La clausola prevedeva invece che, in caso di nullità del contratto garantito, il fideiussore garantisse l’obbligo di restituzione delle somme erogate al debitore (un obbligo extracontrattuale di restituzione). Caduta la clausola, se ad esempio il mutuo garantito viene dichiarato nullo (poniamo, per usura o altro vizio radicale), il fideiussore non risponde – ferma restando la possibile obbligazione di restituzione in capo al solo debitore.

In generale, la fideiussione epurata di quelle clausole torna ad essere una fideiussione “ordinaria” soggetta alla disciplina codicistica ordinaria. Le Sezioni Unite confermano che “le fideiussioni di cui è causa restano pienamente valide ed efficaci, sebbene depurate dalle sole clausole riproduttive di quelle dichiarate nulle” dalla Banca d’Italia.

Dal punto di vista processuale, la nullità in questione è assoluta (trattandosi di violazione di norme imperative di ordine pubblico economico) e rilevabile d’ufficio dal giudice. Tuttavia, le SS.UU. hanno precisato un dettaglio importante: se il fideiussore in giudizio ha chiesto solo la nullità totale del contratto e non anche quella parziale delle clausole, il giudice – pur dovendo rilevare d’ufficio la nullità delle clausole – non può trasformare la domanda da nullità totale a parziale in assenza di istanza di parte. Dovrà quindi rigettare la domanda di nullità integrale se il garante, avvisato, non modifica le sue richieste. Questa finezza ci dice che è fondamentale, per il legale del fideiussore, formulare correttamente le domande (chiedendo in via principale la nullità totale o in subordine la nullità parziale delle specifiche clausole). In ogni caso, la nullità parziale è ufficiosamente rilevabile: il giudice, anche se adito per nullità totale, dovrà segnalare che semmai è parziale, e invitare le parti a dedurre in proposito.

Sviluppi giurisprudenziali post-2021: ambito di applicazione della nullità antitrust

La pronuncia delle Sezioni Unite 41994/2021 ha fatto chiarezza sul tipo di nullità (parziale), ma ha lasciato aperte alcune questioni applicative, che la giurisprudenza successiva si è trovata a risolvere:

  • Fideiussioni specifiche: la decisione antitrust del 2005 riguardava formalmente lo schema di “fideiussione a garanzia delle operazioni bancarie” (omnibus). Ci si è chiesti se la nullità delle tre clausole potesse applicarsi anche a fideiussioni non omnibus (cioè relative a uno specifico finanziamento), qualora contenessero clausole identiche. Alcuni tribunali hanno ritenuto di sì, non vedendo ragione di discriminare (l’intesa a monte mirava a inserire quelle clausole ovunque). Altri invece hanno escluso l’estensione automatica, sostenendo che la pronuncia della Banca d’Italia e delle SS.UU. si riferiscono testualmente alle omnibus, e che per le fideiussioni specifiche occorra verificare caso per caso se c’è stata intesa (non desumibile dal provvedimento 2005). Anche la Cassazione nel 2024 inizialmente ha prodotto decisioni contrastanti: alcune (ord. 19 luglio 2024 ex art. 380-bis c.p.c., ord. n. 19401/2024, ord. n. 30383 del 25.11.2024) hanno negato l’estensione alle specifiche; un’altra (ord. n. 27243 del 21.10.2024, Sez. III) ha invece affermato che “S.U. 41994/2021 non richiede espressamente [la natura] omnibus” per applicare la nullità parziale. Il dubbio è stato risolto all’inizio del 2025: con una serie di pronunce convergenti (Cass. nn. 657, 660, 675/2025, Sez. III, e ord. n. 1170/2025, Sez. I) la Cassazione ha chiarito che le fideiussioni specifiche non beneficiano automaticamente della nullità parziale antitrust. In pratica, se il garante invoca la nullità di clausole in una fideiussione che garantiva un singolo contratto, non può limitarsi a richiamare il provvedimento ABI del 2005, ma deve provare che anche quella fideiussione discendeva da un’intesa restrittiva (cosa non presumibile in assenza di prova, dato che l’istruttoria riguardava solo l’intesa sulle omnibus). La Cass. n. 21841 del 2 agosto 2024 ha sintetizzato che “la natura anticoncorrenziale […] di clausole del modello ABI […] determina l’invalidità e la possibile espunzione delle corrispondenti clausole inerenti a quel solo modello di contratto, […] tale giudizio sfavorevole […] non si estende […] alle fideiussioni ordinarie, oggetto di specifica pattuizione tra banca e cliente”. Dunque, al fideiussore di una specifica, quelle clausole possono anche non piacere, ma se non prova un’intesa a monte pure su di esse, la nullità antitrust non opera. Resta salva ovviamente la possibilità che quelle stesse clausole siano nulle per altre ragioni (es. se il fideiussore è consumatore, come visto sopra, possono essere vessatorie; oppure se violano norme imperative diverse).
  • Fideiussioni stipulate dopo il 2005: l’accertamento di Banca d’Italia riguardava la pratica collusiva in essere fino al 2005. Dopo quell’anno, formalmente le banche avrebbero dovuto cessare l’intesa. Molti garanti però hanno firmato fideiussioni con clausole uguali anche negli anni successivi (magari perché le banche, di fatto, non avevano modificato i moduli). Ci si è domandati se si potesse ancora presumere la nullità antitrust per contratti stipulati ad esempio nel 2010 o nel 2015, basandosi su quel provvedimento. La risposta della Cassazione nel 2025 (ord. n. 1170/2025) è stata prudente: ha chiarito che la fideiussione deve essere stata stipulata nel periodo cui si riferisce l’accertamento di Banca d’Italia affinché si possa fondare su quello la nullità. Dopo il 2005, il garante interessato a eccepire l’intesa restrittiva dovrà dare una prova specifica che l’accordo anticoncorrenziale è perdurato oltre quella data, non potendo semplicemente usare il provvedimento del 2005 come prova per fatti successivi. In sostanza, il provvedimento è efficace come prova del cartello solo per quel contesto temporale. Se una fideiussione del 2015 riproduce le tre clausole, potrebbe essere perché la banca pigramente ha mantenuto il modulo vecchio, ma l’intesa “a monte” potrebbe anche non esserci più formalmente. Starà al giudice valutare: nella pratica, diventa molto arduo per un garante del 2015 dimostrare un’intesa orizzontale persistente, salvo avviare un nuovo procedimento antitrust (cosa improbabile a distanza di anni). Dunque per contratti post-2005 l’eccezione di nullità antitrust rischia di cadere se basata solo sul provvedimento 55/2005, in assenza di altre evidenze.
  • Necessità di produrre il provvedimento antitrust: la Cassazione ha tenuto a specificare che il provvedimento n. 55/2005 di Banca d’Italia non fa parte del diritto notorio né è una legge, per cui deve essere prodotto in giudizio dalla parte che ne vuole beneficiare. Non opera il principio “iura novit curia” su un atto del genere: il giudice non è tenuto a conoscerlo d’ufficio, essendo un atto amministrativo tecnico. Quindi il fideiussore che invoca la nullità antitrust deve allegare copia del provvedimento (agevolmente reperibile, peraltro pubblicato anche su siti giuridici) agli atti di causa, per mettere il giudice in grado di valutarlo.
  • Identità testuale delle clausole: un ulteriore paletto messo dalla Cassazione (sempre ord. 1170/2025) è che le clausole invocate come nulle debbano corrispondere esattamente a quelle esaminate da Banca d’Italia. Non basta cioè che siano simili nel contenuto: dev’esserci una corrispondenza testuale sostanziale. Inoltre, va verificato che nel contratto siano presenti tutte e tre le clausole in combinazione, perché secondo il provvedimento è proprio la compresenza di tutte a essere lesiva della concorrenza. Se ad esempio un contratto avesse solo due di quelle clausole e non la terza, potrebbe sostenersi (come alcune banche hanno fatto) che quello specifico contratto non riproduce integralmente lo schema ABI incriminato, e quindi non si può parlare di “attuazione dell’intesa” (magari è frutto di libera pattuizione su due clausole). Su questo punto la giurisprudenza di merito non è uniforme, ma l’indicazione della Cassazione è di richiedere la triade completa per applicare automaticamente la nullità antitrust, salvo prova contraria.

Riassumendo la situazione attuale (2025): le fideiussioni bancarie omnibus sottoscritte nei primi anni 2000 con clausole ABI 2,6,8 sono in gran parte nulle parzialmente limitatamente a tali clausole. Il fideiussore può quindi opporre la nullità di quelle clausole per non pagare oltre i limiti di legge (es. eccepire decadenza termini, ecc.). Non può invece ottenere l’annullamento integrale della fideiussione per questo motivo: rimane garante del debito principale, solo con trattamento più favorevole (la banca, depotenziate le clausole, dovrà comunque farsi pagare da lui se il debitore non paga, purché rispetti i termini e condizioni ordinarie). Per le fideiussioni specifiche o per quelle stipulate molto dopo il 2005, l’argomento antitrust è oggi più difficile da spendere: la giurisprudenza chiede prova rigorosa che anche in quei casi vi fosse collusione (cosa presumibilmente esclusa in re ipsa per le specifiche, e temporalmente non provata per le successive). Rimane però possibile, in tali contratti, impugnare le stesse clausole se vessatorie (se consumatore) o anche invocare analogicamente i principi antitrust, ma senza la scorciatoia del provvedimento 2005 come prova automatica.

Esempio pratico (nullità antitrust): La società Beta ottiene nel 2003 un affidamento in conto corrente da Banca Alfa, garantito da fideiussione omnibus firmata dall’amministratore Sig. Rossi. La fideiussione contiene le clausole ABI standard (reviviscenza, rinuncia art.1957, sopravvivenza). Nel 2018 Beta fallisce, la banca chiede a Rossi (fideiussore) il pagamento del saldo insoluto di €50.000. Rossi, in causa, eccepisce che le clausole suddette sono nulle perché frutto di intesa restrittiva. Il suo avvocato produce il provv. BI 55/2005 e la sentenza Cass. SU 41994/21. Il giudice verifica che effettivamente il contratto di Rossi è un omnibus del 2003 con clausole testualmente coincidenti a quelle sanzionate. Dichiara quindi la nullità parziale della fideiussione limitatamente agli articoli 2,6,8 dello schema contrattuale, e ne trae le seguenti conseguenze: (a) la fideiussione di Rossi rimane valida per il resto, dunque egli è tenuto in linea di principio a pagare il debito di €50.000; (b) tuttavia, accoglie l’eccezione di Rossi secondo cui la banca è decaduta dalla garanzia ex art.1957 c.c., poiché dalla scopertura del conto (insolvenza conclamata già nel 2016) la banca ha lasciato trascorrere oltre 6 mesi senza agire; la clausola che derogava il termine è nulla, quindi il termine si applica: la banca doveva agire entro fine 2016, non avendolo fatto il fideiussore è liberato. Pertanto, Rossi risulta non tenuto a pagare per intervenuta decadenza. La banca vede così sfumare la possibilità di recuperare dal garante. – Nota: se invece la banca avesse agito tempestivamente entro i 6 mesi, Rossi sarebbe stato condannato a pagare, ma senza dover rifondere eventuali pagamenti revocati (reviviscenza nulla) né dover rispondere di somme erogate in forza di contratti eventualmente invalidati (sopravvivenza nulla). Insomma, Rossi avrebbe pagato il dovuto una volta sola e nulla più.

5. Nullità derivata dall’invalidità del contratto principale garantito

Chiudiamo la rassegna tornando al principio di accessorietà (art. 1939 c.c.) già introdotto, con un focus sul caso in cui l’obbligazione principale sia invalida. L’art. 1939 c.c. afferma, lo ribadiamo, che “la fideiussione non è valida se non è valida l’obbligazione principale”. Questa è una nullità derivata: il contratto di fideiussione “segue le sorti” del contratto garantito. Se il debito principale è colpito da nullità (per qualsiasi causa: illiceità, difetto di forma, ecc.), anche la fideiussione è nulla, perché manca l’oggetto/causa (non c’è un valido debito garantibile).

Facciamo qualche esempio concreto:

  • Debito principale illecito o contrario a ordine pubblico: come già accennato, se il debitore principale aveva un debito non azionabile perché illecito (es. debito di gioco d’azzardo non legalizzato, credito derivante da usura, da traffici illeciti, da patto commissorio, ecc.), una fideiussione che lo garantisca sarà a sua volta nulla o comunque priva di effetto. In generale, se l’ordinamento considera nullo o inesigibile il rapporto principale, non ammette che possa essere eluso attraverso la garanzia. Ad esempio, i debiti di gioco o scommessa non sono assistiti da azione (art. 1933 c.c.): ne consegue che una promessa di pagamento fatta da un garante per tali debiti è priva di causa meritevole e non produce obbligo civile (tutt’al più sarebbe una obbligazione naturale se il garante spontaneamente adempie, ma non coercibile).
  • Contratto principale nullo per difetto di forma o causa: se il debitore principale ha stipulato un contratto nullo (ad es., una compravendita immobiliare senza atto scritto notarile, o un mutuo nullo perché contrario a norme imperative), anche la fideiussione con cui un terzo garantiva le obbligazioni nascenti da quel contratto è nulla. Un caso interessante può essere il mutuo usurario: la legge prevede la nullità della clausola di interessi usurari e la riconduzione del tasso a zero (art. 1815 comma 2 c.c.). In tal caso, il contratto principale non è nullo in toto, ma solo parzialmente (nullità degli interessi eccedenti soglia); di riflesso, il fideiussore non dovrà somme per interessi usurari (perché quell’obbligo pecuniario è caduto), ma rimane obbligato sul capitale e interessi legali eventualmente dovuti. Se invece il mutuo fosse totalmente nullo per altra causa (es. simulazione assoluta, difetto di erogazione, ecc.), il fideiussore sarebbe sciolto.
  • Obbligazione principale annullata o divenuta inefficace retroattivamente: se il contratto principale è annullabile e viene annullato, esso è considerato nullo sin dall’inizio, quindi la fideiussione resta priva di fondamento. Ad esempio, Caio stipula un contratto di leasing risultato viziato da dolo contrattuale e il contratto viene annullato dal giudice; la fideiussione prestata dal fratello per garantire canoni e obblighi del leasing viene dichiarata nulla di conseguenza (o comunque il fideiussore non può essere tenuto perché il debitore principale non deve più nulla). In questi casi, però, attenzione: se il fideiussore ha pagato la banca prima che il contratto principale fosse annullato, si apre la questione della ripetizione; ma trattandosi di pagamento non dovuto, potrà chiederne la restituzione al creditore oppure rivalersi sul debitore in base alle regole della ripetizione d’indebito.
  • Obbligazione naturale o inesistente: se l’obbligazione principale non esiste giuridicamente (ad es. un debito estinto o mai sorto) o è solo naturale, anche la fideiussione dovrebbe considerarsi priva di causa. In dottrina si discute se sia valida una fideiussione di obbligazione naturale (come il debito di gioco). In teoria, un terzo potrebbe obbligarsi spontaneamente a pagare un debito altrui sapendo che quest’ultimo non è legalmente dovuto: alcuni ritengono ciò configurabile come promessa di pagamento atipica ma valida (in fondo, nulla vieta di donare del denaro a copertura di un debito morale di altri). Tuttavia, in mancanza di un interesse apprezzabile e con il nomen di fideiussione, la soluzione prevalente è di ritenere nulla la fideiussione per mancanza di causa (o difetto di causa concreta). La Cassazione, ad esempio, ebbe a dichiarare nulla una fideiussione omnibus in epoca pre-1992 per indeterminatezza dell’oggetto (questo prima che la legge sanasse con il massimale); analogamente, la fideiussione di un debito puramente eventuale e non determinabile potrebbe considerarsi nulla.

Un’eccezione storica riguardava la fideiussione prestata a garanzia di un’obbligazione di un incapace. In passato si discuteva: se il debitore principale è un incapace (minore non autorizzato, interdetto, ecc.), il suo contratto è annullabile su istanza del rappresentante; il fideiussore può opporre l’incapacità del debitore per sottrarsi al pagamento? In linea di principio sì, perché l’obbligazione principale non è (più) valida se annullata. Però l’art. 1945 c.c. esclude che il fideiussore possa opporre le eccezioni personali del debitore. L’incapacità legale è considerata eccezione personale. Quindi se, ad esempio, un minorenne contrae un debito e Tizio fa da fideiussore, Tizio non può invocare l’incapacità del minore per non pagare, se nel frattempo quel debito è stato volontariamente adempiuto dal minore o non è stato formalmente annullato. Se però il contratto col minore viene annullato dal suo tutore, allora non c’è più obbligazione valida e anche Tizio risulta liberato (in pratica, prima che sia annullato il contratto sussiste un’obbligazione valida fino a prova contraria, e il fideiussore deve adempiere; se poi il contratto viene annullato, il fideiussore può ottenere la restituzione). Sul piano pratico, queste situazioni sono rare; valga il principio generale: la nullità del contratto principale travolge la fideiussione, mentre la mera annullabilità va fatta valere per sciogliere anche il garante.

Riassunto: la fideiussione è un rapporto accessorio, quindi l’invalidità originaria del rapporto principale comporta la nullità della fideiussione (art. 1939 c.c.). In tali casi si parla di nullità derivata o consequenziale. Ciò tutela anche il fideiussore: egli non può essere chiamato a pagare un debito che giuridicamente non esiste o che l’ordinamento dichiara nullo. Inoltre, se il contratto principale si estingue per cause diverse (pagamento, novazione, remissione, ecc.), la fideiussione si estingue di conseguenza (non è una nullità ma un’estinzione per cessazione dello scopo). La sola eccezione è quando il contratto di fideiussione stesso prevede espressamente di coprire anche ipotesi di nullità o invalidità del principale: ma abbiamo visto che una clausola del genere era la clausola di sopravvivenza, ritenuta nulla in quanto contra legem e anticoncorrenziale. Dunque, nel nostro ordinamento non è possibile per il creditore ottenere validamente dal fideiussore la garanzia di un’obbligazione nulla – se vuole una garanzia slegata dalla validità del contratto, dovrà usare uno schema di garanzia autonoma (in cui il garante promette di pagare a prescindere dalle vicende del contratto principale); ma anche in tal caso, come notato, se il contratto principale è illecito, il garante autonomo può rifiutare per illiceità della causa.

Esempio pratico: Luigi garantisce con fideiussione il mutuo che la figlia ha acceso per l’acquisto di un immobile. Si scopre che il mutuo contiene interessi usurari, e il giudice ne dichiara la parziale nullità della clausola interessi (riducendoli a zero, il mutuo prosegue solo col capitale da restituire). La banca pretende da Luigi il pagamento degli interessi arretrati; Luigi può rifiutare, perché la sua fideiussione copre solo importi dovuti validamente dalla debitrice, e gli interessi usurari non sono dovuti (clausola nulla). – Altro esempio: Marco firma fideiussione a garanzia di un contratto di fornitura tra la ditta Alfa e la ditta Beta. Si scopre che tale contratto di fornitura era in realtà una simulazione (nulla) posta in essere per frodare il fisco. Dichiarata la nullità della fornitura (nessuna merce realmente scambiata), anche la fideiussione di Marco è priva di effetto, e Alfa non può invocarla per farsi pagare importi “fittizi”.

Nullità parziale, nullità relativa e altre forme di invalidità: riepilogo

Prima di passare alle domande/risposte e alle simulazioni pratiche, riassumiamo quanto emerso sulle caratteristiche delle nullità in materia di fideiussione:

  • Nullità totale vs nullità parziale: Molte delle cause viste comportano nullità parziale del contratto di fideiussione. Ciò significa che il contratto nel suo complesso rimane valido, fatta salva la rimozione o inefficacia della clausola o parte che contrasta con la legge. Abbiamo esempi di nullità parziale: le clausole antitrust nulle (il resto del contratto vive); le clausole vessatorie nulle (il contratto resta, art. 36 cod. cons.); la clausola di rinuncia ex art.1956 nulla (si espunge quella, il resto ok). Invece alcune cause comportano nullità integrale: ad es. la fideiussione omnibus senza massimale, se riferita solo a obbligazioni future, viene colpita nella sua interezza perché manca un elemento essenziale (oggetto determinato); la fideiussione di un contratto nullo è nulla per intero (non c’è proprio obbligazione garantita). In generale, la tendenza dei giudici è di mantenere la fideiussione in piedi ogni volta che sia possibile eliminarne solo le parti invalide (principio di conservazione ex art.1419 c.c.). Solo quando la nullità tocca il nucleo essenziale (causa, oggetto) o è tale da far presumere che senza la parte nulla i contraenti non avrebbero stipulato, allora si dichiara la nullità totale.
  • Nullità assoluta vs nullità relativa: La maggior parte delle nullità discusse sono assolute, cioè poste a tutela di interessi generali o della parte debole in modo inderogabile. Ciò significa che possono essere fatte valere da chiunque ne abbia interesse (tipicamente dal fideiussore, ma talvolta anche dal debitore fallito o da un terzo garante di regresso) e anche rilevate d’ufficio. Esempi: nullità ex art.1938 c.c. (ordine pubblico economico); nullità antitrust (ordine pubblico economico-concorrenziale); nullità per illiceità causa/oggetto (ordine pubblico in senso ampio). Le nullità di protezione del consumatore sono talora dette “relative” perché solo il consumatore può invocarle. In realtà, l’evoluzione giurisprudenziale consente la rilevabilità d’ufficio nell’interesse del consumatore, ma resta fermo che non può opporsi dalla banca (ad es. la banca non può chiedere di annullare il contratto perché ha scoperto una clausola vessatoria che aveva scritto lei stessa!). Similmente, si potrebbe parlare di nullità relativa in senso stretto quando una norma imperativa intende tutelare una categoria determinata e prevede che solo gli appartenenti a quella categoria possano farla valere. Nel nostro ambito, un esempio potrebbe essere l’art. 11 della legge antiusura (L. 108/1996) che considera annullabili (più che nulli) taluni atti compiuti da fideiussori in stato di bisogno con approfittamento, ecc., ma siamo fuori tema.
  • Annullabilità della fideiussione: Pur non essendo oggetto primario di questa guida, ricordiamo che oltre alle nullità ci sono le annullabilità. Tipicamente, un fideiussore potrebbe chiedere di annullare il contratto se dimostra vizi del consenso: errore, ad esempio, se ha firmato credendo che la garanzia fosse limitata mentre invece era più ampia (errore essenziale su elemento del contratto), oppure dolo se il creditore o il debitore gli hanno taciuto circostanze determinanti (es. non gli hanno detto quanto fosse rischiosa l’operazione garantita, inducendolo con artifizi a prestare garanzia), oppure violenza morale (es. fideiussione estorta con minaccia, magari in contesti usurari o criminali). Anche l’incapacità naturale del fideiussore al momento della firma può portare ad annullamento se l’altro contraente ne ha approfittato. Queste situazioni portano all’annullamento su domanda del fideiussore entro il termine di legge (di solito 5 anni dal momento in cui l’errore/dolo è scoperto o cessa la violenza). In giudizio, il fideiussore che alleghi annullabilità deve provare il vizio. Nella prassi, l’annullamento per dolo/errore è invocato talvolta dai garanti quando non riescono a far emergere nullità oggettive: ad esempio, il fideiussore dichiara di non aver compreso la portata della firma, di essere stato indotto da false rassicurazioni (“non ti preoccupare, è solo una formalità”), ecc. I risultati però sono incerti: spesso si considera che il fideiussore abbia firmato volontariamente e che la sua negligenza nel non leggere non sia errore essenziale, oppure che la banca non abbia obbligo di dissuaderlo (salvo casi di reticenza su informazioni decisive). Va menzionato tuttavia che la giurisprudenza recente ha riconosciuto un obbligo di correttezza delle banche verso i garanti, specie se privati o soci di piccole imprese: omissioni informative gravi potrebbero integrare dolo contrattuale. Questo filone, più che portare all’annullamento, porta eventualmente a responsabilità precontrattuale o contrattuale della banca. In ogni caso, l’annullamento è rimedio diverso dalla nullità: se concesso, elimina retroattivamente il contratto ma può giovare solo al richiedente, e si sana se non esercitato entro il termine.

Tabella riepilogativa delle principali cause di nullità della fideiussione:

Causa di nullitàDescrizioneNorma/Sentenza di riferimentoEffetti sulla fideiussione
Mancanza importo massimo (omnibus)Fideiussione per obbligazioni future senza massimaleArt. 1938 c.c. (mod. L.154/1992); Cass. 2492/2017Nullità (parziale o totale a seconda dei casi) per violazione norma imperativa. Il fideiussore non è obbligato per debiti futuri oltre il limite.
Intesa anticoncorrenziale ABIClausole ABI 2,6,8 (reviviscenza, deroga 1957, sopravvivenza) inserite in schemi uniformiArt. 2 L. 287/90; Provv. Banca d’It. 55/2005; Cass. SU 41994/2021; Cass. 21841/2024Nullità parziale delle clausole in fideiussioni omnibus conformi allo schema vietato. Rimozione effetti di tali clausole (decadenza 1957 ripristinata, etc.). Contratto valido per il resto. (Non applicabile a fideiussioni specifiche post-2005, salvo prova)
Clausola di rinuncia ex art. 1956Patto con cui il fideiussore rinuncia anticipatamente alla liberazione in caso di nuovi affidamenti rischiosiArt. 1956 c.c. comma 2 (introdotto nel 1992)Nullità della clausola (“non è valida”). Fideiussore resta tutelato: se il creditore concede credito al debitore in peggioramento senza consenso, il fideiussore si libera comunque.
Clausole vessatorie (consumatore)Clausole squilibrate non negoziate nei contratti con fideiussore consumatore (es. deroghe a termini, pagamento a prima richiesta, reviviscenza, ecc.)Artt. 33-36 Codice del Consumo; Trib. Torino 15/3/2024; Trib. Cagliari 13/3/2024Nullità di protezione delle clausole vessatorie. Contratto valido senza di esse. Nullità azionabile dal consumatore (rilevabile d’ufficio pro-consumatore).
Violazione di norme di ordine pubblico/cause illeciteFideiussione che persegue scopi contrari a legge o buon costume (es. garantire debiti di gioco d’azzardo illegali, patto commissorio, etc.)Art. 1418 co.1 c.c.; Art. 1343 c.c. (causa illecita)Nullità totale. Fideiussione priva di effetti, considerata nulla per illiceità.
Oggetto impossibile/indeterminatoGaranzia priva di oggetto determinabile (es. fideiussione “illimitata” senza criteri)Art. 1346 c.c.; Cass. 1101/1995 (dubbi su omnibus illimitata)Nullità (in concreto spesso rientra nel caso dell’omnibus senza massimale, già coperto sopra). Se oggetto indeterminato radicalmente → nullità intera.
Obbligazione principale invalidaDebito garantito nullo o annullato (o inesistente)Art. 1939 c.c.Nullità derivata dell’intera fideiussione. Il garante non risponde. Se contratto principale annullato dopo pagamento del garante, questi può ripetere l’indebito.
Difetto di forma essenziale(Ipotesi teorica) Se una legge speciale richiede forma ad substanzam e manca (es. garanzie in ambito societario?), o firma falsa del fideiussoreArt. 1325 c.c. (forma quando richiesta); es. art. 1350 c.c. per beni immobili se garanzia li includesseNullità totale. In caso di firma apocrifa, contratto inesistente per il supposto firmatario.
Mancata approvazione di clausole ex art. 1341Clausole onerose non firmate specificamente in un moduloArt. 1341-1342 c.c.Non nullità ma inefficacia della clausola non approvata. (Il giudice la disapplica; il resto del contratto rimane).

N.B.: La tabella sopra distingue nullità da altri fenomeni (inefficacia). Ad esempio, la mancata doppia firma di clausole vessatorie nel modulo fideiussione tra imprenditori porta a inopponibilità, non a nullità, ed è diversa dalla nullità ex lege per clausola vessatoria nel consumo.

Domande Frequenti (FAQ) sulla nullità della fideiussione

D: In quali casi una fideiussione è considerata nulla fin dall’origine?
R: Principalmente quando manca un elemento essenziale (es. oggetto determinato) o quando il suo contenuto contrasta con norme imperative. Esempi tipici: fideiussione omnibus senza indicazione del massimale (nulla ex art.1938 c.c.); fideiussione che recepisce un’intesa anticoncorrenziale vietata (clausole ABI 2,6,8, nulle ex art.2 L.287/90); fideiussione posta a garanzia di un debito inesistente o di un contratto nullo (nullità per accessorietà ex art.1939 c.c.). Anche clausole specifiche possono essere nulle (ad es. la clausola di rinuncia ai benefici di legge proibita dal 1956 c.c., o le clausole abusive verso un consumatore), determinando nullità parziale. Se invece ci sono vizi del consenso (errore, dolo) si parlerà di annullabilità, non di nullità.

D: Qual è la differenza tra nullità e annullabilità di una fideiussione?
R: La nullità è un vizio più grave: il contratto nullo è privo di effetti giuridici vincolanti e la nullità può essere fatta valere da chiunque, senza limiti di tempo. Ad esempio, una fideiussione illecita o contraria a norme imperative è nulla e il garante potrà sempre rifiutare la prestazione, eccependo la nullità anche in via di difesa. L’annullabilità, invece, tutela interessi particolari (della parte debole o incapace): il contratto rimane valido finché la parte legittimata (es. il fideiussore vittima di dolo o errore) non agisce per farlo annullare in giudizio, di regola entro 5 anni. Una volta annullato, gli effetti si eliminano retroattivamente, ma l’azione di annullamento può prescriversi. Esempio: se un fideiussore ha firmato per errore essenziale (credeva di firmare per un importo diverso), deve agire in giudizio per far annullare il contratto; se trascura di farlo entro 5 anni dalla scoperta dell’errore, la fideiussione diviene definitiva. Invece, se la fideiussione era nulla (es. per difetto di massimale), non c’è termine: il garante potrà sempre opporsi al pagamento, e il giudice potrà rilevare la nullità anche d’ufficio. In sintesi: nullità = vizio assoluto, imprescrittibile; annullabilità = vizio relativo, da far valere con azione entro termini.

D: Se il contratto principale è invalido o inesistente, il fideiussore deve pagare ugualmente?
R: No. Per il principio di accessorietà (art. 1939 c.c.), se l’obbligazione principale è nulla, la fideiussione è nulla e il fideiussore non può essere tenuto. Ad esempio, se il debitore principale aveva un debito annullato per usura o perché era un gioco d’azzardo non dovuto, il garante non deve pagare nulla. L’unico caso in cui il fideiussore potrebbe teoricamente pagare nonostante invalidità del principale sarebbe se avesse voluto garantire comunque la restituzione delle somme, ma ciò equivale a un contratto autonomo di garanzia. Infatti la clausola di “sopravvivenza” che imponeva al fideiussore di pagare anche se il contratto è invalido è considerata nulla. Quindi in una fideiussione tipica, se il contratto garantito non esiste o viene meno, il garante è libero (o, se ha già pagato, può chiedere rimborso). Attenzione però: se il contratto principale è solo annullabile e non è stato ancora annullato, il fideiussore finché non interviene l’annullamento formale potrebbe essere escusso; ma se poi il contratto viene annullato, anche la garanzia cade retroattivamente (con obbligo di restituzione di quanto eventualmente già pagato).

D: La nullità della fideiussione può essere parziale?
R: Sì. Spesso il giudice dichiara nulle solo alcune clausole, mantenendo valido il resto del contratto (art. 1419 c.c.). Abbiamo vari esempi: nelle fideiussioni ABI, le tre clausole incriminate sono nulle ma la fideiussione resta efficace per il resto; nelle fideiussioni di consumatori, le clausole vessatorie sono nulle singolarmente ma il contratto sopravvive senza di esse; la clausola di rinuncia ex art.1956 è nulla e si espunge, ma la fideiussione rimane. La nullità totale si ha solo se la parte invalida è essenziale e la sua eliminazione stravolge il contratto. Ad esempio, se manca il massimale e l’intera fideiussione riguardava obbligazioni future, viene meno l’oggetto intero: nullità integrale. Invece se la fideiussione copriva anche obbligazioni presenti, potrebbe conservarsi per quelle (nullità parziale limitata al di più). Il confine è tecnico: in generale i giudici preferiscono dichiarare nullità parziale, salvando il possibile, salvo che emerga (anche dal contratto stesso) che senza quella clausola nulla i contraenti non avrebbero concluso nulla (in tal caso potrebbe estendersi la nullità all’intero).

D: Chi può far valere la nullità di una fideiussione?
R: Se è nullità assoluta, chiunque vi abbia interesse, dunque tipicamente il fideiussore stesso (che vuole liberarsi) o eventualmente un suo garante di regresso, o anche il debitore principale in alcune situazioni (per esempio, in sede fallimentare il curatore potrebbe eccepire la nullità di una fideiussione a vantaggio del fideiussore, se ciò incide sui rapporti di credito nel fallimento). La nullità è rilevabile anche d’ufficio dal giudice, ma nella pratica il giudice ne tiene conto se la parte interessata la solleva o comunque porta elementi. Nel caso della nullità per intesa antitrust, la Cassazione ha detto che il giudice deve rilevare d’ufficio la nullità parziale delle clausole, anche se il fideiussore aveva chiesto nullità totale, ma deve poi invitare le parti a dedurre sul punto. Se è nullità relativa (come quella per clausole vessatorie), solo il consumatore fideiussore può attivarsi; però, come detto, le nuove regole impongono al giudice di ufficio di proteggerlo (quindi di fatto la può sollevare anche d’ufficio). In nessun caso la banca/creditore può approfittare di una nullità in suo favore: es., la banca non può dichiarare di sua iniziativa nullo il contratto per liberarsi dal dover seguire certe regole – la nullità è a tutela del garante o di interessi generali, non del creditore.

D: Cosa comporta la nullità di una fideiussione?
R: Se è nullità totale, la fideiussione è come se non fosse mai esistita: il fideiussore non ha obbligo di pagare il debito altrui. Se aveva rilasciato garanzie reali accessorie (pegno, ipoteca) a corredo della fideiussione, decadono anch’esse. Se il creditore avesse già escusso il fideiussore, questi ha diritto a ripetere ciò che ha pagato indebitamente (azione di ripetizione contro il creditore). Se nel frattempo il creditore avesse compensato somme del fideiussore, o escusso una ipoteca iscritta su un suo immobile, quei atti sono privi di base giuridica e andrebbero restituiti o risarciti. In caso di nullità parziale, il contratto di fideiussione rimane valido ma vengono considerate come non apposte le clausole nulle. Ciò significa che il rapporto si ridetermina senza quelle clausole. Ad esempio: clausola di decadenza 1957 nulla → il giudice applica l’art.1957 c.c. come se la clausola non ci fosse, quindi verifica il termine semestrale; clausola di reviviscenza nulla → il fideiussore non deve restituire pagamenti revocati; clausola di limitazione eccezioni nulla → il fideiussore può opporre tutte le eccezioni del debitore (es. inadempimento del contratto principale) senza limitazioni; clausola di pagamento a prima richiesta nulla → la garanzia non è autonoma ma resta una fideiussione normale, quindi il garante può sospendere il pagamento se il debitore eccepisce qualcosa, ecc. In sostanza, la nullità parziale “ripristina” la disciplina legale normale in luogo della pattuizione derogatoria.

D: Una volta accertata la nullità, il fideiussore viene automaticamente liberato?
R: Sì, erga omnes. La dichiarazione di nullità (parziale o totale) del giudice ha effetto retroattivo. Se era totale, la fideiussione si considera mai sorta: il fideiussore è libero dal vincolo e, se esecutato, può fare opposizione all’esecuzione su quella base. Se era parziale, il contratto vale nei limiti rimanenti. Spesso, come visto, la nullità parziale di clausole cruciali di fatto libera comunque il fideiussore, perché magari la banca ha perso il termine per agire o altre condizioni. Faccio notare che, tecnicamente, anche senza sentenza, la nullità opera di diritto: cioè la fideiussione nulla non obbliga giuridicamente il garante, ma finché il giudice non la accerta, la banca tenterà comunque di escutere. Dunque il fideiussore deve attivarsi (in via di eccezione o azione) per far dichiarare la nullità e vedere formalmente riconosciuta la sua liberazione.

D: Un’azienda che ha firmato una fideiussione può invocare la nullità antitrust? O è solo per consumatori?
R: Può invocarla. La nullità derivante da intese anticoncorrenziali protegge chiunque sia parte del contratto a valle, non importa se consumatore o impresa: l’art. 2 L.287/90 vieta intese restrittive “a pena di nullità” e la Cassazione ha confermato che si tratta di nullità ex lege a tutela di valori di concorrenza (che indirettamente tutela anche i clienti imprenditori, perché elimina clausole abusive concertate). Infatti le cause in Cassazione sulla nullità delle fideiussioni ABI vedevano spesso come ricorrenti società o garanti non consumatori. Diverso è il discorso delle clausole vessatorie, che è riservato a consumatori. Ma l’antitrust non distingue: se c’è stata intesa, il contratto di fideiussione è parzialmente nullo a prescindere dalla natura del fideiussore. Quello che semmai differisce è la valutazione se effettivamente l’intesa coinvolge il singolo contratto (vedi discorso su specifiche vs omnibus, etc.). Quindi, anche una società garante o un professionista possono eccepire la nullità delle clausole 2,6,8 schema ABI nel loro contratto.

D: Come faccio a sapere se la mia fideiussione contiene clausole nulle (antitrust o vessatorie)?
R: Occorre leggere con attenzione il testo. Le clausole frutto dell’intesa ABI 2002 di solito sono riconoscibili perché corrispondono (spesso quasi alla lettera) a quelle descritte dal provvedimento 2005. In genere, nei contratti bancari degli anni 2000, erano numerate come art. 2 (reviviscenza), art. 6 (deroga termini) e art. 8 (sopravvivenza). Un esempio tipico di formulazione integrale già citato: “…restano integri i diritti della banca fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore, senza obbligo di escussione entro i termini dell’art. 1957 c.c. che si intende derogato” – questa è certamente la clausola di deroga 1957. Oppure “il fideiussore è tenuto a rimborsare le somme che fossero state incassate in pagamento e dovessero essere restituite a seguito di annullamento, inefficacia o revoca dei pagamenti stessi” – questa è la reviviscenza. Oppure “qualora le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fideiussione garantisce comunque l’obbligo di restituzione delle somme erogate” – classica clausola di sopravvivenza. Se trovi queste frasi, presumibilmente la fideiussione è conforme allo schema incriminato (specie se le contiene tutte e tre). Quanto alle clausole vessatorie, il Codice del Consumo ne elenca varie categorie. Nel contratto occorre cercare clausole che: escludano o limitino le difese del fideiussore, impongano decadenze, prevedano pagamenti “a prima richiesta” senza tutele, autorizzino la banca a fare operazioni a scapito del garante (compensazioni unilaterali, scelta imputazione pagamenti), ecc. Abbiamo riportato sopra un elenco di clausole concretamente giudicate vessatorie dal Tribunale. In generale, un segnale è la presenza di clausole scritte in modo molto sbilanciato a favore della banca e che non siano state oggetto di trattativa. Un avvocato può aiutare facendo un check-up della fideiussione per evidenziare eventuali profili di nullità. È consigliabile farlo appena possibile, soprattutto prima che scadano i termini per opporsi a eventuali decreti ingiuntivi della banca (così da far valere subito quelle nullità in opposizione, eventualmente chiedendo CTU grafologiche se ci sono dubbi sulle firme di approvazione, etc.).

D: La banca mi ha chiesto di firmare come fideiussore un modulo prestampato. Posso negoziare le clausole o chiedere di eliminarne alcune?
R: In teoria sì, nulla vieta che il fideiussore contratti con la banca un testo diverso. In pratica, le banche sono poco propense a modifiche sostanziali, soprattutto per piccoli clienti: di solito presentano moduli standard e raramente accettano di cancellare clausole come quelle discusse (reviviscenza, ecc.), anche perché tali clausole sono pensate per tutelare la banca al massimo. Tuttavia, potresti provare a far presente, ad esempio, che la clausola di rinuncia ai termini (art.1957) non è gradita: a volte alcune banche, per clienti importanti, concedono di non inserirla (imponendo magari un termine più lungo ma finito). Oppure, se sei consumatore, puoi chiedere che vengano rimosse o modificate clausole eccessivamente onerose per te (la banca potrebbe acconsentire per evitare future controversie). Certo, questo richiede potere contrattuale. Per un consumatore medio, negoziare col modulo bancario è arduo: di solito o si firma com’è o la banca rifiuta la fideiussione. In ogni caso, conoscere queste clausole ti permette almeno di capire i rischi e di sapere che, se le firmi, potrai poi contestarle legalmente (specie se sei consumatore, come visto). Ad esempio, potresti non riuscire a convincere la banca a togliere la clausola “a prima richiesta”, ma saperlo ti fa comprendere che stai sottoscrivendo di pagare senza poter eccepire nulla subito – e se sei consumatore, sappi che potrai poi contestarne la validità.

D: Ho firmato solo io (fideiussore) il contratto di fideiussione, la banca non l’ha firmato. È valido lo stesso?
R: Sì, molto probabilmente è valido. La fideiussione può essere conclusa anche come contratto con obbligazioni del solo proponente ex art. 1333 c.c., oppure come proposta del fideiussore accettata per fatti concludenti dal creditore. In ambito bancario, è prassi che il modulo sia firmato solo dal fideiussore e dal debitore (per presa d’atto), mentre la banca spesso non appone firma materiale, limitandosi poi a consegnare copia controfirmata o a dar corso all’operazione garantita. Se la banca eroga il credito al debitore principale basandosi sulla garanzia, ciò vale come accettazione tacita. Dunque, la mancanza di firma della banca non rende nulla la fideiussione. Diverso sarebbe se proprio mancasse del tutto l’accettazione e la banca non concedesse alcun fido: in tal caso la fideiussione resterebbe una promessa unilaterale non perfezionata (ma anche la banca non avrebbe nulla da chiedere, non avendo concesso credito). Insomma, non è un profilo su cui puntare per eccepire nullità. Piuttosto, è bene controllare che ci sia la data e che eventuali modifiche o importi siano chiari: assenza di data o importo potrebbe generare contestazioni (es. la data serve a capire se vale prima o dopo la legge 1992 per massimale).

D: La banca ha ottenuto un decreto ingiuntivo contro di me fideiussore e non ho fatto opposizione entro 40 giorni. Posso ancora far valere la nullità della fideiussione?
R: Diventa molto difficile, ma non impossibile in alcuni casi. Se il decreto ingiuntivo è passato in giudicato (perché non opposto nei termini), normalmente non puoi più contestare nel merito l’esistenza del tuo obbligo: il giudicato copre il rapporto. Tuttavia, se tu sei un consumatore e nel decreto ingiuntivo la questione delle clausole abusive non è stata minimamente esaminata, puoi – come accennato – sollevare davanti al giudice dell’esecuzione l’eccezione di abusività e chiedere la rimessione in termini. Le Sez. Unite 9479/2023 hanno appunto consentito un’opposizione tardiva del consumatore in tali circostanze. Quindi, se sei consumatore, quando ti notificheranno l’atto di precetto o pignoramento, presenta subito ricorso al GE spiegando che il titolo contiene clausole non valutate e chiedendo di poter fare opposizione tardiva. Se invece non sei consumatore, o anche se sei consumatore ma il DI recava già un’espressa motivazione sul perché le clausole non sono abusive (caso raro), allora il giudicato ti impedisce di opporre nullità che avresti dovuto far valere in opposizione al DI. In tal caso, potresti solo sperare di agire contro la banca per responsabilità (ad esempio se ti ha nascosto informazioni – strada ripida) ma non per togliere validità al titolo esecutivo. La lezione è: è fondamentale contestare subito, in sede di opposizione a DI, tutte le possibili nullità o vizi della fideiussione, perché dopo diventa arduo liberarsene. Le nuove aperture giurisprudenziali aiutano i consumatori, ma per gli altri fideiussori un DI non opposto cristallizza il debito.

D: Se la fideiussione è nulla, il debitore principale è salvo dal pagamento del debito?
R: No. La nullità della fideiussione incide solo sul rapporto di garanzia tra creditore e fideiussore. Il debitore principale rimane obbligato verso il creditore per il suo debito (sempre che naturalmente il contratto principale sia valido). Ad esempio, se un mutuatario aveva un garante e la fideiussione viene dichiarata nulla (poniamo per vizio antitrust), la banca non potrà più rivolgersi al garante ma potrà comunque agire contro il mutuatario per il rimborso integrale del mutuo. Quindi, attenzione: la nullità della fideiussione non tocca minimamente il debito originario. Anzi, talvolta la banca potrà rifarsi con maggiore aggressività sul debitore principale se perde la garanzia del terzo. Pertanto, dal punto di vista del debitore principale, la nullità della fideiussione è neutra (salvo casi particolari in cui il debitore era interessato a mantenere la garanzia per dilazioni, ma direi di no). Soltanto se il debitore principale e il fideiussore sono la stessa persona (es. obbligazione garantita da fideiussione propria) la nullità libera ovviamente anche il debitore – ma in quel caso coincide, è un unico soggetto.

D: Una fideiussione nulla può essere “convalidata” o sanata in qualche modo?
R: In generale, no. La nullità, a differenza dell’annullabilità, non è sanabile né con il trascorrere del tempo (non c’è prescrizione) né con atti di conferma. Esiste nell’ordinamento l’istituto della conferma dei negozi annullabili (art. 1444 c.c.), ma per le nullità non c’è analoga previsione. Quindi, ad esempio, se una fideiussione è nulla perché manca il massimale, non è che la banca possa far firmare al fideiussore, dopo che se ne sono accorti, una ratifica per convalidarla: occorrerebbe semmai stipulare ex novo una nuova fideiussione valida (magari inserendo il massimale). La nullità antitrust uguale: non è sanabile, perché deriva da violazione di norme pubblicistiche. Tuttavia, notiamo: se un fideiussore, pur sapendo della nullità, paga lo stesso il creditore, poi non può più chiedere indietro sostenendo la nullità (perché il pagamento spontaneo di un debito naturale o di un’obbligazione inesistente può non essere ripetibile se fatto con consapevolezza). In termini tecnici, il pagamento di un’obbligazione nulla ma eseguito spontaneamente potrebbe essere considerato come adempimento di dovere morale o simili, e non totalmente ripetibile. Su questo si potrebbe discutere, però diciamo che se un fideiussore scopre di avere un’arma (nullità) deve usarla subito: se paga e poi ci ripensa, rischia di non poter recuperare facilmente, specie se era nullità di protezione solo sua (in tal caso il pagamento potrebbe equivalere a rinuncia a farla valere). Formalmente la nullità non si può convalidare, ma un comportamento concludente del garante (come pagare senza contestare) potrebbe, a seconda dei casi, precludere contestazioni successive per buona fede e affidamento del creditore. Quindi è bene agire tempestivamente.

D: Quali sono le sentenze più importanti da conoscere su questi temi aggiornate al 2025?
R: Riassumiamo alcuni riferimenti chiave:

  • Cass., Sez. Unite, n. 41994/2021: ha sancito la nullità parziale delle fideiussioni conformi all’intesa ABI 2002 (clausole 2,6,8).
  • Cass., Sez. I, n. 21841/2024: ha escluso l’estensione automatica di tale nullità alle fideiussioni specifiche, limitandola allo schema omnibus a valle dell’intesa.
  • Cass., Sez. I, n. 1170/2025: ha confermato che la nullità antitrust va provata e circoscritta temporalmente (contratti post-2005 richiedono prova specifica) e ha fornito linee guida procedurali (produrre provvedimento, clausole identiche e compresenti).
  • Cass., Sez. Unite, n. 9479/2023: su tutela consumatore in sede di esecuzione, ammette opposizione tardiva se DI privo di esame clausole abusive.
  • Cass., n. 2492/2017 e Cass., n. 5951/2014: su art.1938 c.c., ribadiscono obbligo massimale e natura pubblicistica della norma (applicabile a tutte fideiussioni).
  • Cass., Sez. Unite, n. 3947/2010: su clausola “a prima richiesta” quale indice di garanzia autonoma (importante per distinguere fideiussione vs garanzia autonoma).
  • Trib. Torino, 15.3.2024: identifica varie clausole abusive nelle fideiussioni per consumatori e ne inibisce l’uso (decisione importante perché promossa da associazione consumatori ex art. 140 Cod. Cons.).
  • Trib. Roma, 16.1.2024: dichiara nulla fideiussione omnibus senza massimale per violazione art.1938 c.c.
  • Provvedimento Banca d’Italia 55/2005: atto amministrativo fondamentale che ha innescato tutte le vicende antitrust sulle fideiussioni ABI.

Conoscere queste fonti aiuta a orientarsi e a reperire eventualmente il testo integrale per approfondimenti. Nella sezione finale di questa guida elenchiamo le fonti normative e giurisprudenziali con i riferimenti completi.

Esempi pratici di nullità della fideiussione

Di seguito presentiamo alcune simulazioni pratiche per illustrare come le cause di nullità si manifestano in contesti reali e come potrebbero essere affrontate dal fideiussore (punto di vista del debitore/garante):

Esempio 1: Fideiussione omnibus senza massimale

Scenario: Anna è socia di una piccola impresa e nel 2023 firma come fideiussore un contratto con la Banca XYZ garantendo “tutte le obbligazioni future” della società verso la banca. Per distrazione, il modulo non riporta alcun importo massimo garantito. La banca concede alla società affidamenti vari (scoperti di conto, anticipo fatture) che nel 2025 ammontano a 80.000 euro. La società entra in crisi e non paga. La banca invia ad Anna la richiesta di pagamento integrale del debito di 80.000€.

Analisi legale: La fideiussione di Anna è chiaramente omnibus (garanzia di obbligazioni future) e, essendo stata stipulata dopo il 1992, doveva contenere un massimale ex art.1938 c.c.. La mancanza di esso comporta la nullità della fideiussione, quantomeno per la parte in cui garantisce obbligazioni future. In questo caso specifico, al momento della firma non c’era un debito attuale definito (era una garanzia “in bianco” per futuri affidamenti): dunque l’oggetto era totalmente indeterminato. È verosimile che un giudice dichiarerebbe la nullità dell’intero contratto di fideiussione per violazione dell’art.1938 c.c., essendo un requisito imperativo. Anna, in qualità di fideiussore convenuto dalla banca, potrà presentare tale eccezione di nullità nel giudizio (o anche in via stragiudiziale, sperando che la banca prenda atto). Con la nullità accertata, Anna non sarà tenuta a pagare nulla alla banca. La banca resterà creditrice solo verso la società (che però è insolvente, quindi probabilmente subirà una perdita su quel credito).

Possibili complicazioni: se, poniamo, la fideiussione di Anna avesse indicato un massimale per il solo capitale (es. “garantisce fino a €50.000 di capitale, oltre interessi e spese”), sarebbe valida fino a €50.000. In tal caso Anna potrebbe essere condannata a pagare 50.000 ma non oltre (gli altri 30.000 resterebbero scoperti per nullità parziale sulla parte eccedente). Nel nostro scenario però non c’è limite, quindi Anna è completamente liberata. La banca potrebbe obiettare che Anna, essendo anche socia, non è “consumatore” e quindi art.1938 non dovrebbe applicarsi… ma sbaglia: la Cassazione ha detto che art.1938 si applica erga omnes in qualsiasi fideiussione, essendo norma di ordine pubblico economico. Dunque il giudice non accetterebbe scappatoie.

Esito: Anna viene liberata dalla richiesta di pagamento perché la fideiussione è dichiarata nulla.

Esempio 2: Clausole anticoncorrenziali ABI in una fideiussione bancaria

Scenario: Nel 2004, la ditta Gamma ottiene un finanziamento di 200.000€ da Banca Alfa. La banca, come condizione, richiede ai due soci (Paolo e Luca) di firmare una fideiussione solidale “omnibus” a garanzia di tutte le obbligazioni presenti e future di Gamma verso la banca, fino a concorrenza di 200.000€ (massimale indicato). Il testo di fideiussione utilizzato è il modulo standard predisposto dall’ABI nel 2003. Esso contiene, tra le altre, le seguenti clausole:

  • art. 2: “il fideiussore s’impegna a rimborsare alla banca le somme incassate in pagamento che dovessero essere restituite per qualsiasi motivo (annullamento, revoca, ecc.)”;
  • art. 6: “i diritti della banca verso il fideiussore restano integri fino a totale estinzione dei crediti verso il debitore, senza necessità di escutere nei termini dell’art. 1957 c.c. (derogato)”;
  • art. 8: “qualora le obbligazioni garantite siano invalide, la fideiussione garantisce l’obbligo di restituzione delle somme erogate”.
    Paolo e Luca firmano senza contrattare queste clausole. Nel 2022, la ditta Gamma fallisce lasciando 150.000€ di debiti verso Banca Alfa (tra capitale residuo e interessi). La banca agisce contro Paolo e Luca fideiussori per l’intero importo.

Analisi legale: Il modulo è proprio quello “ABI 2003” colpito dal provvedimento antitrust del 2005. Le clausole 2, 6, 8 presenti corrispondono esattamente a quelle dichiarate anticoncorrenziali. Essendo la fideiussione stata stipulata nel 2004, pieno periodo dell’intesa, e trattandosi di fideiussione omnibus, il caso rientra perfettamente nel perimetro delineato dalle Sezioni Unite 2021. Paolo e Luca (che verosimilmente hanno lo stesso avvocato, agendo entrambi come garantitori convenuti) possono eccepire la nullità parziale delle clausole 2,6,8 ai sensi dell’art.2 L.287/90, producendo il provvedimento BI 2005 e la sentenza SU 41994/2021. Il giudice aderirà, molto probabilmente, data la coincidenza testuale, e dichiarerà nulle le clausole de quibus. Di conseguenza, la fideiussione resta efficace ma “epurata”. Cosa significa per il caso concreto? La banca chiede 150.000€. La presenza originaria della clausola di deroga all’art.1957 c.c. è nulla, quindi si applica l’art.1957: il debito principale era composto da rate di mutuo via via scadute. Occorrerà verificare se la banca ha agito entro 6 mesi dalle scadenze. Se, ad esempio, l’ultima rata è scaduta nel giugno 2021 e la banca ha aspettato il fallimento 2022 senza mai intimare ai fideiussori prima, allora i fideiussori potrebbero essere liberati per decadenza, avendo la banca tardato oltre 6 mesi. La banca a sua volta potrà replicare che, essendo Gamma fallita, l’art.1957 cessa di operare (cosa vera: se il debitore è insolvente, la decadenza non scatta). Quindi bisognerà vedere fatti specifici. In ogni caso:

  • La clausola di reviviscenza nulla mette al riparo Paolo e Luca da eventuali revocatorie fallimentari: se la banca è costretta a restituire pagamenti che Gamma le fece in bonis prima del fallimento (revocati dal Curatore), la banca non potrà richiederli ai fideiussori (dovrà semmai insinuarli nel fallimento come credito di restituzione).
  • La clausola di sopravvivenza nulla consente ai fideiussori di liberarsi nel caso (non qui presente) in cui il contratto principale fosse invalido. Nel nostro scenario il mutuo è valido ma semplicemente insoluto; se invece, ipotesi, il mutuo fosse stato annullato per usura, Paolo e Luca non sarebbero tenuti a pagare comunque nulla grazie alla nullità di quella clausola.
  • Rimane il massimale 200.000 (che però è sopra l’esposizione di 150.000, quindi irrilevante se non fosse che è comunque rispettato).
    Quindi, in esito, la banca potrà ottenere pagamento da Paolo e Luca solo nei limiti di quanto la fideiussione “conforme alla legge” garantisce: se la banca è incorsa in decadenza ex art.1957 su parte delle somme, quella parte non sarà dovuta dai garanti. Immaginiamo che l’avvocato dei fideiussori dimostri che già nel 2020 alcune rate erano scadute e non pagate, e la banca non fece nulla per 2 anni: i fideiussori verranno liberati quantomeno per quelle rate antecedenti (per le quali la banca doveva agire entro fine 2020/inizio 2021). La banca forse potrà riscuotere solo le ultime rate non cadute in decadenza. Ad esempio, su 150.000€, poniamo che 50.000 siano relative a rate scadute da oltre 6 mesi senza azione: quei 50.000 diventano irrecuperabili dal fideiussore (decadenza), glielo imputa il giudice. Restano 100.000 su cui la banca era in termini e che i fideiussori dovranno pagare, essendo la garanzia valida per quelle.
    In sintesi, Paolo e Luca non otterranno l’annullamento totale della fideiussione ma probabilmente otterranno un “sconto” grazie alle clausole nulle: nel migliore dei casi, se tutte le somme sono decadute, lo sconto è 100% (niente da pagare); se no, pagheranno solo la parte ancora dovuta. Se la banca è stata attenta e ha notificato tempestivamente il decreto ingiuntivo entro i 6 mesi, allora nessuna decadenza e Paolo/Luca saranno condannati a pagare l’intera esposizione – ma con la soddisfazione “morale” che la sentenza riconoscerà la nullità di quelle clausole (anche se in concreto non li libera perché la banca ha agito diligentemente). In ogni caso la loro eccezione di nullità li ha protetti da eventuali colpi di coda (reviviscenza) e ha costretto la banca a muoversi entro termini.
    Va aggiunto: spesso queste questioni vengono usate dai fideiussori anche per ottenere transazioni: la banca, temendo decadenze o comunque se sa di aver tardato, potrebbe accordarsi con i garanti per un pagamento ridotto pur di evitare la causa. L’argomento nullità antitrust ha un buon potere negoziale.

Esito: Paolo e Luca vedono riconosciuta la nullità parziale delle clausole. La loro condanna a pagare viene limitata: supponiamo che il giudice accerti la decadenza per 50.000€, li condannerà a pagare 100.000 (magari in solido). La banca non potrà chiedere loro altro in futuro perché per il resto la fideiussione è inefficace. Se la banca non aveva agito per nulla entro i termini, i fideiussori saranno addirittura liberati integralmente (0€ da pagare). Quindi la nullità antitrust ha permesso loro di non subire gli effetti peggiorativi delle clausole collusive.

Esempio 3: Fideiussore consumatore e clausole vessatorie

Scenario: Maria, madre di un giovane imprenditore, firma nel 2021 una fideiussione a favore della banca Delta per garantire un prestito di 30.000€ erogato al figlio per avviare una start-up. Maria è una pensionata senza alcun ruolo nell’azienda del figlio (quindi è un consumatore rispetto al contratto di garanzia). La fideiussione è su modulo prestampato predisposto dalla banca e comprende, tra varie condizioni, queste clausole:

  • “il fideiussore rinuncia ad opporre eccezioni relative al rapporto principale, salvo quelle di pagamento e invalidità documentata” (clausola limitativa delle eccezioni);
  • “il fideiussore accetta che la banca possa richiedere il pagamento a semplice richiesta scritta, senza necessità di preventiva escussione del debitore” (clausola a prima richiesta/solve et repete);
  • “il fideiussore autorizza sin d’ora la banca a compensare eventuali somme a credito del fideiussore con il debito garantito” (clausola di compensazione);
  • (in calce, tra le condizioni generali) “Letto e approvato specificamente ai sensi degli artt. 1341-42 c.c.: … [segue elenco di clausole, tra cui quelle sopra numerate].” Maria appone una seconda firma di conferma, come richiesto.

Il figlio purtroppo non riesce a restituire il prestito; la banca, dopo averlo messo in mora, si rivolge a Maria chiedendo l’intero importo, maggiorato di interessi moratori e spese legali. Maria è disposta a pagare il capitale residuo, ma alcune spese e interessi le paiono eccessivi; chiede se può opporre qualche difesa.

Analisi legale: Maria, in quanto consumatore, gode della protezione del Codice del Consumo. Le clausole elencate molto probabilmente rientrano tra quelle considerate abusive dall’art. 33. Vediamo:

  • La clausola che limita le eccezioni (consente solo eccezioni di pagamento o invalidità documentata) squilibra i diritti di Maria: ad esempio, le impedirebbe di opporre eccezioni come l’inadempimento contrattuale della banca, o la compensazione, ecc. È una tipica clausola vessatoria secondo la giurisprudenza (Trib. Torino 2024 l’ha definita abusiva).
  • La clausola di pagamento a semplice richiesta (“senza preventiva escussione”) di fatto impone a Maria di pagare immediatamente senza poter invocare il beneficio di escussione o altre eccezioni: è anch’essa presumibilmente vessatoria, perché la pone in posizione peggiore rispetto alla disciplina legale, senza contropartite (anche questa era nella lista del Tribunale di Torino).
  • La clausola di compensazione a favore della banca è potenzialmente vessatoria se non bilanciata da pari diritto per il consumatore (l’art. 33 comma 2 lett. set? del Codice considera vessatorie le clausole che autorizzano il professionista a trattenere somme del consumatore in caso di inadempimento, ecc.). Insomma, c’è uno sbilanciamento evidente.
    Poiché Maria ha firmato la specifica approvazione ex art. 1341 c.c., queste clausole non sono inefficaci per mancata approvazione: formalmente sono contrattualmente valide. Tuttavia, la qualità di consumatore di Maria consente un esame ulteriore: il giudice può valutarle d’ufficio e dichiararle nulle se squilibrate. E sembrano esserlo. Maria, in una eventuale opposizione a decreto ingiuntivo o trattativa con la banca, può far presente che tali clausole sono nulle per vessatorietà. Se la banca fosse riluttante, Maria potrebbe coinvolgere un’associazione consumatori o minacciare un’azione inibitoria collettiva (come quella fatta a Torino). In tribunale, con buona probabilità, il giudice accerterà la qualità di consumatore di Maria (facile: persona fisica che garantisce debito altrui senza interesse professionale proprio) e conseguentemente dichiarerà nulle: la clausola di limitazione eccezioni, la clausola “a prima richiesta”, e qualsiasi altra che generi squilibrio.

Conseguenze concrete: grazie a ciò, Maria potrà opporre tutte le eccezioni relative al rapporto principale. Ad esempio, potrà contestare parte degli interessi se il tasso è usurario o non pattuito; potrà eccepire eventuali violazioni della banca; potrà anche invocare la decadenza ex art.1957 c.c. se la banca è stata lenta (anche se aveva firmato la rinuncia nei fatti la clausola di solve et repete gliela precludeva, ma ora è nulla, e lei recupera i diritti). Inoltre, la banca non potrà più farle pagare immediatamente senza discussioni: Maria avrà diritto di difendersi nel merito prima di pagare (la clausola “a semplice richiesta” non vale più). La banca quindi, se vuole i soldi, dovrà vincere un giudizio di merito, non potrà dire “paga prima poi casomai discutiamo”: la clausola solve et repete era nulla, per cui trova applicazione l’art. 1462 c.c. che la vieta nei contratti coi consumatori. Anche la compensazione unilaterale, se la banca l’avesse attuata (es. Maria aveva un conto corrente in attivo presso di loro e hanno preso soldi da lì), sarebbe illegittima e Maria potrebbe chiederne la restituzione, perché senza clausola valida la banca non poteva farlo senza autorizzazione di Maria.

In sintesi, la posizione di Maria da sostanzialmente indifesa (come da contratto) diviene pienamente difendibile grazie alla declaratoria di nullità di quelle pattuizioni. Nota: la nullità delle clausole vessatorie non elimina l’obbligo di Maria di pagare il debito principale del figlio: se il figlio non paga 30.000€, Maria è tenuta a farlo in quanto garante. Però potrà: a) contestare eventuali addebiti accessori ingiusti; b) pretendere che prima si aggrediscano i beni del debitore (se nel contratto non c’è beneficio di escussione, potrebbe comunque non averlo anche per legge, a meno che la banca glielo conceda; ma con la clausola a richiesta nulla, la banca non può obbligarla a pagare senza prima almeno tentare esecuzione sul debitore, se quell’obbligo era previsto unilateralmente); c) rateizzare o prendere tempo in giudizio senza dover subire il dictum “hai rinunciato ad ogni eccezione, paga e taci”. Insomma, Maria può far valere i suoi diritti contrattuali e legali come se quelle clausole vessatorie non fossero mai esistite.

Esito: La banca, vedendo l’aria, potrebbe accordarsi – ad esempio accettando la sola restituzione del capitale residuo senza interessi/spese per chiudere bonariamente. Se si andasse in giudizio, Maria avrebbe ottime chance di far dichiarare nulle quelle clausole e quindi vincere sulle voci accessorie, pagando solo il giusto. Il debito principale comunque dovrà onorarlo (lei o il figlio), ma almeno senza “ferri del mestiere” spuntati. Inoltre, se la banca aveva già ottenuto un decreto ingiuntivo senza che Maria si fosse opposta (ipotesi), Maria potrebbe invocare la giurisprudenza sulle opposizioni tardive: se il DI era privo di motivazione sull’abusività, il GE potrebbe concederle opposizione tardiva ex SU 9479/2023. Quindi anche tardivamente Maria potrebbe far valere queste nullità di protezione.

Esempio 4: Obbligazione principale nulla – fideiussione conseguente

Scenario: Un ente pubblico locale stipula con un’impresa un contratto per la realizzazione di un’opera, senza però rispettare le norme sugli appalti (il contratto è radicalmente nullo per violazione di legge). A garanzia dell’anticipo corrisposto all’impresa, un istituto assicurativo presta una fideiussione a favore dell’ente pubblico, impegnandosi a restituire l’anticipo se l’impresa non lo restituisce. Successivamente, viene accertata la nullità dell’appalto; l’ente pubblico chiede sia all’impresa sia al fideiussore la restituzione dell’anticipo versato (essendo venuto meno il contratto).

Analisi legale: Questo scenario ricalca casi avvenuti di contratti pubblici nulli. L’ente, nonostante il contratto sia nullo, vorrebbe far valere la fideiussione per farsi restituire le somme. Tuttavia, poiché la fideiussione era stata rilasciata a garanzia di obblighi nascenti da quel contratto, viene meno anch’essa per accessorietà. L’obbligo dell’impresa di restituire l’anticipo, in assenza di contratto, può configurarsi solo come obbligo di indebito arricchimento o restituzione di cosa non dovuta, ma non è più un’obbligazione contrattuale garantita dalla fideiussione (la fideiussione garantiva l’adempimento contrattuale, non un generico indebito). A meno che la fideiussione non sia stata formulata come garanzia autonoma (spesso negli appalti pubblici le polizze fideiussorie sono a prima richiesta, quindi in realtà autonome), in tal caso si applicherebbe la logica diversa: la compagnia dovrebbe pagare a prescindere dalla validità del contratto, salvo dolo del beneficiario. Ma se ipotizziamo fosse proprio una fideiussione normale, allora l’art.1939 c.c. colpisce: contratto principale nullo → fideiussione nulla. La clausola di sopravvivenza – se fosse stata inserita – sarebbe nulla come visto (e nel settore appalti pubblici non l’avrebbero comunque potuta mettere, perché equivarrebbe a garanzia autonoma, che comunque inseriscono diversamente). Quindi l’ente pubblico non può escutere la fideiussione, deve richiedere all’impresa la restituzione via azione di indebito. Il fideiussore (assicurazione) opporrà la nullità del contratto principale per non pagare. L’ente potrebbe replicare: “ma tu assicuratore hai promesso di garantire la restituzione dell’anticipo in ogni caso” – se la polizza dice “a prima richiesta” l’assicuratore paga (garanzia autonoma), se no, l’assicuratore dirà “io garantivo se l’obbligazione dell’impresa era dovuta, ma qui il contratto è nullo quindi l’impresa non mi risulta obbligata contrattualmente, e la nostra fideiussione non copre obblighi extracontrattuali di restituzione se il contratto è nullo”. In pratica, cade la causa della fideiussione, perché le parti stipulandola presumevano di garantire un contratto valido.

Esito: La fideiussione è dichiarata nulla, l’ente non può escuterla. Questo esempio mostra come la nullità dell’obbligazione principale tutela anche il garante (che altrimenti pagherebbe per un contratto inesistente).

Un esempio più semplice: Tizio garantisce il pagamento di una fornitura di beni tra Caio e Sempronio. Se quella fornitura è nulla (magari perché era un contratto illegale di vendita di bene rubato), Tizio non deve pagare. Oppure: Tizio garantisce il prestito che Caio ottiene da un soggetto non autorizzato (usuraio). Il contratto di prestito è nullo per illiceità (mancanza di autorizzazione ex art. 132 c. pen o altro). Tizio non può essere costretto a pagare quel prestito.

Insomma, ovvietà ma da ribadire: il fideiussore beneficia di tutte le patologie che colpiscono il contratto base.

Esempio 5: Errore del fideiussore (annullabilità)

Scenario: Giacomo è persuaso dal direttore della Banca Omega a firmare una “lettera di garanzia” per aiutare il nipote ad ottenere un finanziamento. Giacomo crede che la sua garanzia sia limitata a una sola operazione di affidamento di conto corrente da 10.000€ per il nipote, perché così gli è stato detto verbalmente. In realtà, tra i documenti che firma, c’è una clausola stampata che estende la garanzia anche a “tutte le esposizioni successive entro il fido massimo concesso di € 10.000, comprensive di eventuali rinnovi e aumenti futuri del fido, salvo revoca espressa”. Giacomo, persona anziana, non si accorge di questo passaggio. Anni dopo, il nipote accumula debiti per 10.000€ sul conto e ottiene anche un aumento di fido a 15.000€ senza informare Giacomo. Ora la banca chiede a Giacomo 15.000€, escutendo la fideiussione omnibus che in realtà ha portata più ampia di quanto Giacomo avesse inteso.

Analisi legale: Qui Giacomo non ha una nullità oggettiva da invocare, perché la fideiussione non è nulla: il massimale c’è (15.000), nessuna norma imperativa pare violata. Il problema è soggettivo: Giacomo era in errore sulle caratteristiche dell’impegno. Pensava di garantirne solo 10.000 di scoperto base, invece ha garantito anche potenziali aumenti. Questo è un errore sul contenuto del contratto (errore essenziale, se provato, art. 1429 c.c.). Inoltre potrebbe configurarsi un dolo contrattuale se il direttore gli ha proprio detto “firma qui, garantisci solo questo affidamento iniziale” quando invece sapeva fosse più ampio: sarebbe un raggiro per fargli firmare. Giacomo può agire per l’annullamento della fideiussione per errore/dolo. Dovrà però farlo entro 5 anni dalla scoperta dell’inganno. Diciamo che scopre l’inganno quando arriva la richiesta di 15.000. Entro 5 anni da lì deve citare la banca chiedendo l’annullamento del contratto. Se vince, il contratto è annullato ex tunc e Giacomo non deve nulla (dovrebbe semmai solo 10.000 se volesse confermare parzialmente, ma l’annullamento o è tutto o niente; qui magari punterà a tutto, poi la banca capirà e transigerà forse a 10.000). Questa è annullabilità, quindi doveva muoversi per tempo. Non è come nullità che può anche aspettare in giudizio di opposizione passivamente: qui serve azione attiva (oppure eccezione in giudizio se lo citano, ma comunque entro 5 anni). Se Giacomo lascia passare troppo tempo o paga spontaneamente, poi non può tornare indietro.
Tale scenario ricalca casi in cui i garanti lamentano di non aver compreso clausole scritte in piccolo. Spesso però la difesa delle banche è che l’errore era evitabile con normale diligenza (bastava leggere) e non scusabile. La giurisprudenza è selettiva: se Giacomo è molto anziano e c’era fiducia nel direttore, forse con testimoni può convincere il giudice del dolo. Se fosse solo disattenzione, il giudice potrebbe dire “hai firmato due volte, hai pure la dicitura del massimale variabile, dovevi capire”. Non sempre l’errore viene riconosciuto. Purtroppo molti casi di garanti che affermano “non sapevo cosa firmavo” finiscono respinti se non c’è inganno serio. Però è un rimedio possibile e da tentare quando non ce ne sono altri. In parallelo, se Giacomo fosse consumatore e quella clausola di estensione unilaterale del fido fosse considerata vessatoria, meglio ancora: potrebbe farla dichiarare nulla per Codice del consumo. Nel nostro caso Giacomo è lo zio non imprenditore che garantisce nipote imprenditore: Giacomo è consumatore sì, quindi quell’estensione “anche per aumenti futuri salvo revoca” potrebbe essere ritenuta vessatoria (squilibrata perché permette alla banca di aumentare l’esposizione garantita senza nuovo consenso informato del garante). Quindi Giacomo potrebbe avere anche la strada nullità vessatoria di quella clausola – che in effetti appare sbilanciata e non negoziata. Se venisse riconosciuta vessatoria, è meglio perché sarebbe nullità di protezione (no termine di 5 anni, e la banca dovrebbe ridursi a 10.000 originali). Quindi ancora: spesso la via nullità (consumer o antitrust) è preferibile alla via annullamento soggettivo. Ma in mancanza di cause di nullità oggettiva, l’annullamento per vizi del consenso è l’ultima spiaggia.

Esito: A seconda di come agisce:

  • Se Giacomo invoca Codice consumo, possibile nullità parziale della clausola di estensione fido (contratto resta valido per 10.000, non per l’aumento). Giacomo pagherebbe 10.000.
  • Se ciò non passa, Giacomo va per annullamento intero per dolo/errore. Se vince, fideiussione annullata = non paga nulla (il nipote resta debitore unico). Se perde (perché il giudice dice dovevi leggere, niente annullamento), allora Giacomo dovrà pagare i 15.000.
    In pratica, questo esempio evidenzia i rischi di non leggere e come la legge offre meno protezione in questi casi rispetto alle nullità “forti”. Per questo l’abbiamo messo come ultimo, a mo’ di avvertenza: la prevenzione è la miglior cura, leggere bene prima di firmare fideiussioni e capire gli impegni.

Fonti e Riferimenti

Normativa:

  • Codice Civile: artt. 1936-1957 c.c. (disciplina della fideiussione e garanzie personali); artt. 1418-1422 c.c. (cause di nullità e annullabilità dei contratti). In particolare: art. 1938 c.c. (fideiussione per obbligazioni future: obbligo di indicare l’importo massimo garantito); art. 1939 c.c. (principio di accessorietà: “la fideiussione non è valida se non è valida l’obbligazione principale”); art. 1956 c.c. (liberazione del fideiussore per credito a debitor deteriorato) come modificato dalla L. 154/1992, comma aggiunto: “Non è valida la preventiva rinuncia del fideiussore ad avvalersi della liberazione”; art. 1957 c.c. (decadenza per mancata tempestiva escussione) – rinunciabile tranne caso consumatore; art. 1341-1342 c.c. (condizioni generali di contratto e approvazione specifica di clausole onerose).
  • Legge 17 febbraio 1992, n. 154, art. 10: ha sostituito l’art. 1938 c.c. (introducendo l’obbligo del massimale per obbligazioni future) e integrato l’art. 1956 c.c. (“non è valida la rinuncia preventiva…”).
  • Legge 10 ottobre 1990, n. 287 (Norme per la tutela della concorrenza e del mercato): art. 2 vieta le intese restrittive della concorrenza e ne sancisce la nullità; art. 2, comma 3 specifica che sono nulle ad ogni effetto le intese in violazione del comma 2 (come quella ABI sulle fideiussioni).
  • D.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del Consumo): artt. 33-36 disciplinano le clausole vessatorie nei contratti tra professionista e consumatore. In particolare, art. 33 elenca clausole presuntivamente abusive (es: quelle che prevedono decadenze o limitazioni di difese a carico del consumatore, o l’adempimento a richiesta senza tutela); art. 36 commina la nullità di protezione di tali clausole (nullità parziale).

Giurisprudenza (sentenze e provvedimenti) principali:

  • Banca d’Italia (Autorità Antitrust settore bancario)Provvedimento n. 55 del 2/5/2005:** accertamento dell’intesa restrittiva dell’ABI** sullo schema di fideiussione omnibus (ABI ottobre 2002); dichiarati anticoncorrenziali gli artt. 2, 6, 8 dello schema.
  • Cass., Sez. Unite Civili, 30 dicembre 2021, n. 41994: risolve contrasto su fideiussioni ABI. Principio di diritto: nullità parziale delle fideiussioni “a valle” limitatamente alle clausole che riproducono quelle dell’intesa antitrust, ai sensi dell’art. 2 L.287/90 e art.1419 c.c., salvo diversa volontà delle parti. Escluse ipotesi di nullità totale. (In motivazione, richiamo al favor per la conservazione del contratto e carattere eccezionale dell’estensione nullità dall’una clausola all’intero contratto).
  • Cass., Sez. I, 2 agosto 2024, n. 21841: conferma che la nullità antitrust delle clausole ABI non si estende alle fideiussioni ordinarie specifiche, pattuite caso per caso tra banca e cliente. La natura anticoncorrenziale accertata riguarda l’estensione ad una serie indefinita di rapporti (omnibus); tale giudizio sfavorevole e invalidità conseguente non si applicano a fideiussioni per singoli rapporti specifici (non rientranti nell’intesa).
  • Cass., Sez. I, 17 gennaio 2025, n. 1170 (ord.): ribadisce la necessità che il provvedimento ABI 2005 sia prodotto in giudizio (iura novit non si applica); chiarisce che l’intesa anticoncorrenziale non può presumersi esistente oltre il 2005 senza prova specifica (per fideiussioni stipulate dopo, serve dimostrare persistenza intesa con altri mezzi); richiede esatta corrispondenza testuale delle clausole invocate con quelle esaminate dall’Autorità, e loro compresenza contestuale, per configurare la nullità antitrust.
  • Cass., Sez. III, 21 ottobre 2024, n. 27243: (ord. riportata in dottrina) aveva sostenuto che le S.U. 41994/21 non richiedono espressamente la natura omnibus per applicare la nullità parziale, lasciando intendere possibile estensione alle specifiche. Questo orientamento è stato successivamente superato dalle pronunce unificanti di inizio 2025 contrarie.
  • Cass., Sez. III, 25 novembre 2024, n. 30383: altra ordinanza del 2024 (citata in dottrina, cfr. M.R. OfficiumUTP) confermava la linea restrittiva: no estensione automatic alle specifiche, allineata a Cass. 21841/24 e altre.
  • Cass., Sez. Unite Civili, 6 aprile 2023, n. 9479: importante in materia di tutela del consumatore in sede esecutiva. Accoglie orientamento CGUE 2022: in mancanza di esame sull’abusività delle clausole nel procedimento sommario (decreto ingiuntivo), il giudice dell’esecuzione deve avvisare il consumatore e consentirgli opposizione tardiva per far valere nullità di clausole abusive, sino all’aggiudicazione. Questa sentenza consente al fideiussore consumatore di non subire gli effetti preclusivi di un decreto ingiuntivo non motivato su clausole abusive.
  • Cass., Sez. Unite, 18 febbraio 2010, n. 3947: sulla distinzione fideiussione vs garanzia autonoma. Massima: la clausola “a prima richiesta e senza eccezioni” qualifica il negozio come garanzia autonoma, salvo risulti una palese discrasia col resto del contenuto negoziale. Quindi, presenza di clausola del genere -> obbligazione del garante non accessoria, salvo eccezione di nullità dell’obbligazione principale (che rimane opponibile anche nel contratto autonomo).
  • Cass., Sez. I, 31 gennaio 2017, n. 2492: conferma la ratio dell’art.1938 c.c. come rimedio all’indeterminatezza delle fideiussioni omnibus, richiamando il dibattito dottrinale e Cass. 1101/1995. Indica che l’obbligo di indicare un massimale fu introdotto per rispondere ai dubbi di legittimità di garanzie illimitate, evitando oggetto indeterminabile.
  • Cass., Sez. I, 14 marzo 2014, n. 5951: afferma che l’obbligo del massimale (art.1938 novellato) si applica a qualsiasi garanzia personale, non solo a quelle bancarie. Principio di ordine pubblico economico generale.
  • Cass., Sez. I, 27 gennaio 2010, n. 1520: ribadisce il carattere di ordine pubblico economico dell’art.1938 c.c. e la sua applicabilità anche a garanzie atipiche (es. lettere di patronage), vietando assunzione di responsabilità illimitata senza tetto.
  • Cass., Sez. III, 23 febbraio 2022, n. 5423: sulla nullità parziale di fideiussione con oggetto misto (obbligazioni attuali e future). Stabilisce che la nullità ex art.1938 c.c. colpisce solo la garanzia riferita alle obbligazioni future prive di massimale, restando valida per quelle non future. (Quindi ad es. se una fideiussione garantisce un contratto con varie obbligazioni, la valutazione di “futuro” va fatta sulle singole obbligazioni garantite; clausola nulla solo per quelle di natura futura, valida per quelle già determinate).
  • Tribunale di Roma, sez. XVII, 16 gennaio 2024, n. 786: dichiarata nulla fideiussione omnibus priva di indicazione del massimale ex art.1938 c.c. (nel caso, garantiva tutte le obbligazioni future di società verso banca). La sentenza (nota di D. Nardone) ribadisce che l’obbligo del massimale vale solo per obbligazioni future (non per quelle condizionali già determinate) e ne trae nullità per violazione norma imperativa in caso di omissione.
  • Tribunale di Torino, 15 marzo 2024 (Pres. Ratti, Rel. Astuni): accoglie ricorso ex art. 140 Cod. Consumo di associazione consumatori contro banca. Riconosce come clausole vessatorie in fideiussioni (consumatore): limitazione delle eccezioni (specie su recesso del creditore), clausola di reviviscenza, clausola di sopravvivenza, clausola di pagamento a semplice richiesta, clausola che dispensa la banca dall’onere di agire tempestivamente (deroga 1957), clausole sull’imputazione pagamenti e sulla compensazione. Ne ordina l’inibitoria e la rimozione dai contratti standard. Importante per stabilire che tutte e tre le clausole “ABI” incriminate (reviviscenza, 1957, sopravvivenza) sono considerate vessatorie anche sotto il profilo consumeristico, oltre ad altre aggiuntive.
  • Tribunale di Cagliari, sez. I, 13 marzo 2024: caso di opposizione tardiva in esecuzione (fideiussore consumatore). Il Giudice dell’esecuzione applica i principi di Cass. SU 9479/2023, ammette l’opposizione e dichiara vessatoria e nulla la clausola di deroga dell’art.1957 c.c. in una fideiussione omnibus di un consumatore, perché genera squilibrio certo tra le parti. Conferma così che la rinuncia al beneficio del termine semestrale, nei confronti di un consumatore, è clausola abusiva nulla.
  • Cass., Sez. III, 29 ottobre 2021, n. 30335 (non citata sopra, ma rilevante storicamente): Prima delle SU 2021, Cass. 30335/21 propendeva per nullità totale fideiussione ABI (derivata da intesa illecita), chiedendo rimeditazione alle SU. Causa scatenante del contrasto risolto dalle SU a fine 2021.
  • Cass., Sez. I, 12 maggio 2020, n. 9769: afferma che la nullità delle clausole ABI può essere rilevata d’ufficio dal giudice e che, chiesta la nullità totale dal fideiussore, il giudice deve eventualmente qualificare la domanda come nullità parziale (tutela più limitata) se quella totale non sussiste, previo contraddittorio.

Hai firmato una fideiussione? Fatti Aiutare da Studio Monardo

Molti firmatari di fideiussioni ignorano che non tutte le garanzie personali sono valide per legge.
In alcuni casi, la fideiussione può essere dichiarata nulla, cioè priva di efficacia giuridica, liberando il garante da ogni obbligo di pagamento.
Conoscere le cause di nullità è fondamentale per difendersi da richieste indebite o illegittime.

Ecco le principali situazioni che possono rendere una fideiussione nulla:

  • Violazione della normativa antitrust: molte fideiussioni bancarie standardizzate contengono clausole contrarie alla concorrenza e sono state ritenute nulle dalla giurisprudenza
  • Assenza di causa o sproporzione evidente tra l’obbligo del garante e il debito garantito
  • Mancata informativa precontrattuale, soprattutto se il fideiussore è un consumatore
  • Firma apposta sotto minaccia, errore o in stato di incapacità
  • Garanzia prestata oltre i limiti legali o senza consenso informato

Verificare la validità della fideiussione è il primo passo per proteggere il patrimonio del garante, specialmente in caso di escussione.


🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo

📂 Analizza il testo della fideiussione sottoscritta e verifica eventuali vizi formali o sostanziali
📑 Confronta le clausole con gli standard vietati dalla normativa vigente
⚖️ Redige opposizioni o memorie difensive per far valere la nullità
✍️ Ti rappresenta in giudizio se la banca o il creditore tenta di far valere una fideiussione nulla
🔁 Ti assiste anche nella liberazione da garanzie pregresse o future


🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in diritto bancario e responsabilità del garante
✔️ Consulente per imprenditori, soci, genitori e fideiussori solidali
✔️ Iscritto come Gestore della crisi presso il Ministero della Giustizia


Conclusione

Molte fideiussioni sono nulle senza che chi le ha firmate lo sappia. Se sei garante e hai ricevuto una richiesta di pagamento, non dare nulla per scontato: potresti non dover pagare.
Con l’Avvocato Giuseppe Monardo, puoi verificare la validità della fideiussione, far valere i tuoi diritti e difendere il tuo patrimonio.

📞 Richiedi ora una consulenza riservata con l’Avvocato Giuseppe Monardo:

Leggi con attenzione: se in questo momento ti trovi in difficoltà con il Fisco ed hai la necessità di una veloce valutazione sulle tue cartelle esattoriali e sui debiti, non esitare a contattarci. Ti aiuteremo subito. Scrivici ora. Ti ricontattiamo immediatamente con un messaggio e ti aiutiamo subito.

Informazioni importanti: Studio Monardo e avvocaticartellesattoriali.com operano su tutto il territorio italiano attraverso due modalità.

  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista personale degli Autori, basato sulla loro esperienza professionale. Non devono essere intese come consulenza tecnica o legale. Per approfondimenti specifici o ulteriori dettagli, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si ricorda che l’articolo fa riferimento al quadro normativo vigente al momento della sua redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono subire modifiche nel tempo. Decliniamo ogni responsabilità per un uso improprio delle informazioni contenute in queste pagine.
Si invita a leggere attentamente il disclaimer del sito.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

My Agile Privacy
Privacy and Consent by My Agile Privacy

Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. 

Puoi accettare, rifiutare o personalizzare i cookie premendo i pulsanti desiderati. 

Chiudendo questa informativa continuerai senza accettare. 

Torna in alto

Abbiamo Notato Che Stai Leggendo L’Articolo. Desideri Una Prima Consulenza Gratuita A Riguardo? Clicca Qui e Prenotala Subito!