Polizze Fideiussorie e Crisi D’impresa: Cosa Sapere

Hai firmato una o più polizze fideiussorie a garanzia di obbligazioni aziendali e ora, con l’attività in crisi, ti stai chiedendo cosa rischi personalmente e come gestire queste garanzie in un contesto di insolvenza o composizione della crisi?

Le fideiussioni assicurative o bancarie sono strumenti molto usati dalle imprese per ottenere appalti, finanziamenti, contratti pubblici o dilazioni di pagamento. Ma quando arriva la crisi, quelle garanzie diventano un problema serio, soprattutto per chi le ha firmate come rappresentante legale o garante.

Cosa sono le polizze fideiussorie?
Sono contratti con cui una compagnia assicurativa o una banca garantisce, al posto dell’azienda, il pagamento di un’obbligazione (ad esempio verso il Fisco, un ente pubblico, un fornitore o un cliente). Se l’azienda non paga, l’ente garante paga al posto suo, e poi si rivale sul contraente o sul fideiussore.

Cosa succede se l’impresa entra in crisi o diventa insolvente?
– La compagnia può essere chiamata a pagare gli importi garantiti
– Una volta pagato, il garante può agire contro l’impresa e il fideiussore per il recupero
– Se sei l’amministratore o hai firmato personalmente, rischi di essere chiamato a rispondere con il tuo patrimonio

Le polizze fideiussorie si attivano automaticamente?
No, ma molte sono a prima richiesta: significa che il beneficiario (es. Agenzia delle Entrate, stazione appaltante, creditore) può incassare direttamente la somma garantita, senza dover dimostrare l’inadempimento in giudizio. Questo accelera i tempi ed espone l’azienda (e il garante) a richieste improvvise.

Cosa puoi fare se l’azienda non è più in grado di onorare le garanzie?
Attivare subito un percorso di composizione negoziata o ristrutturazione del debito
– Individuare tutte le fideiussioni attive e valutare il rischio di escussione
– Avviare trattative con i beneficiari per evitare l’escussione o negoziare un piano
– Verificare se ci sono cause di nullità o clausole abusive nella fideiussione
– Se il debito viene pagato dal garante, agire per limitare o bloccare l’azione di rivalsa

Cosa rischi personalmente se hai firmato una fideiussione a titolo individuale?
Pignoramenti su beni personali, conti, stipendio o casa
Segnalazioni negative in centrale rischi
Azioni legali dirette da parte dell’assicurazione o della banca
– Difficoltà future ad accedere a credito, anche come privato

Le procedure di crisi possono proteggerti dalle fideiussioni?
Dipende. Se sei un imprenditore individuale o hai prestato fideiussioni personali, puoi:
– Usare gli strumenti del Codice della Crisi (piano del consumatore, accordo, composizione negoziata)
Bloccare temporaneamente le azioni esecutive
– Ottenere, in alcuni casi, l’esdebitazione se il debito non è più sostenibile

Cosa NON devi fare in presenza di polizze fideiussorie e crisi d’impresa?
– Ignorare le richieste della compagnia di assicurazione
– Sperare che “non escutano” e aspettare in silenzio
– Nascondere la crisi ai creditori
– Firmare altri impegni di garanzia per tamponare momentaneamente

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in crisi d’impresa e responsabilità da garanzie fideiussorie – ti spiega cosa devi sapere sulle polizze fideiussorie in caso di difficoltà aziendale, quali sono i rischi reali e come difenderti prima che la situazione ti travolga.

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Introduzione

Le polizze fideiussorie – comunemente note anche come fideiussioni – sono strumenti di garanzia personale largamente utilizzati nel diritto commerciale e finanziario italiano. Queste polizze vedono l’intervento di un terzo (fideiussore o garante) che si obbliga verso un creditore ad assicurare l’adempimento di un’obbligazione altrui, rafforzando così la posizione del creditore. Le fideiussioni sono garanzie accessorie: seguono le sorti del debito principale garantito, nel senso che non possono eccedere per importo o onerosità l’obbligazione garantita e perdono efficacia se il debito principale si estingue (salvo particolari pattuizioni di sopravvivenza di cui diremo oltre). In ambito di crisi d’impresa – termine che nel nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza identifica lo stato di difficoltà economico-finanziaria dell’azienda prima dell’insolvenza conclamata – le polizze fideiussorie assumono un ruolo cruciale: da un lato, sono spesso richieste dalle banche e dai fornitori come condizione per concedere credito o dilazioni a imprese finanziariamente deboli; dall’altro lato, l’avvio di una procedura concorsuale da parte del debitore ha effetti importanti sui diritti dei creditori e dei garanti. In questa guida avanzata, rivolta ad avvocati, imprenditori e privati, analizzeremo tutti i tipi di polizze fideiussorie, i principali profili normativi e giurisprudenziali (inclusi i più recenti sviluppi al giugno 2025), nonché tutti gli aspetti della crisi d’impresa rilevanti per chi presta o riceve fideiussioni, dal punto di vista del debitore. Il linguaggio utilizzato sarà giuridico ma divulgativo, con esempi pratici, domande e risposte frequenti, tabelle riepilogative e riferimenti normativi e giurisprudenziali aggiornati a supporto delle affermazioni fatte.

Cos’è la fideiussione e la polizza fideiussoria?

La fideiussione è il contratto tipico regolato dal codice civile (artt. 1936 e seguenti c.c.) con cui “il fideiussore si obbliga personalmente verso il creditore garantendo l’adempimento di un’obbligazione altrui”. Si tratta dunque di una garanzia personale: il patrimonio del fideiussore viene messo a disposizione del creditore nel caso in cui il debitore principale non adempia. La fideiussione è inoltre accessoria all’obbligazione principale, il che comporta varie conseguenze legali: (a) la validità e misura della fideiussione dipendono da quelle del debito garantito (una fideiussione non è valida se l’obbligazione principale è invalida, salvo il caso di obbligazione assunta da un incapace); (b) la fideiussione non può eccedere ciò che è dovuto dal debitore né essere prestata a condizioni più onerose (eventualmente, sarà valida solo entro i limiti del debito garantito, ex art. 1941 c.c.); (c) l’estinzione del debito principale (ad esempio per pagamento) di regola fa cessare anche la fideiussione, salvo patto di reviviscenza che vedremo infra; (d) il fideiussore può opporre al creditore tutte le eccezioni che spettano al debitore principale riguardanti il rapporto garantito (ad esempio l’invalidità o l’estinzione del debito), a meno che siano eccezioni di carattere personale del debitore (art. 1945 c.c.).

Nella struttura base del rapporto di fideiussione intervengono tre soggetti: 1) il debitore principale (detto anche contraente nelle polizze fideiussorie), cioè colui che ha contratto l’obbligo originario da garantire; 2) il creditore beneficiario della garanzia (ad es. la banca che ha concesso un finanziamento, il locatore in un contratto di affitto, un ente appaltante in un appalto pubblico, etc.); 3) il fideiussore (o garante), ossia il soggetto che si assume l’obbligo di garantire il pagamento o l’adempimento dovuto dal debitore. Tradizionalmente il fideiussore poteva essere una persona fisica (es: un coobbligato solidale, un familiare o socio garante) oppure una banca; negli ultimi decenni, accanto alla fideiussione bancaria, si è diffusa la polizza fideiussoria assicurativa, rilasciata da compagnie di assicurazione.

Polizza fideiussoria vs. fideiussione ordinaria: in molti contesti pratici si usa il termine “polizza fideiussoria” per indicare qualsiasi fideiussione emessa in forma documentale da un istituto bancario o assicurativo. In senso stretto, tuttavia, la polizza fideiussoria assicurativa è un contratto atipico di garanzia stipulato con un’impresa di assicurazione (o intermediario finanziario autorizzato) che garantisce al beneficiario una prestazione indennitaria in denaro in caso di inadempimento del debitore. La Corte di Cassazione, Sezioni Unite, n. 3947/2010 ha definito la polizza fideiussoria come una “garanzia atipica”, distinta dalla fideiussione ordinaria, con la conseguenza che non si applicano automaticamente le norme codicistiche previste per la fideiussione tipica. In termini semplici, mentre la fideiussione classica è una garanzia di tipo satisfattorio (il creditore può pretendere dal garante esattamente la prestazione dovuta, ad es. il pagamento del debito scaduto, ponendo il garante nello stesso ruolo del debitore), la polizza fideiussoria assicurativa spesso assume natura di garanzia indennitaria: il garante si obbliga a tenere indenne il creditore dalle conseguenze dell’inadempimento, tipicamente versando una somma prefissata a titolo di risarcimento. Nella pratica, molte polizze fideiussorie prevedono clausole “a prima richiesta” e “senza eccezioni” che le avvicinano ai contratti autonomi di garanzia (detti anche garanzie a prima domanda), figure negoziali in cui il garante si impegna a pagare una somma al semplice claim del creditore, rinunciando espressamente a opporre eccezioni relative al rapporto principale. Tali garanzie autonome non hanno natura accessoria e sono in larga parte sottratte alla disciplina legale della fideiussione (salvo il limite dell’ordine pubblico, ad esempio il divieto di escutere la garanzia in modo fraudolento o abusivo). È fondamentale distinguere la fideiussione ordinaria (accessoria, con diritto del garante di opporre le eccezioni e i benefici di legge) dalla garanzia autonoma a prima richiesta: queste ultime sono frequenti negli appalti e nei contratti internazionali e mirano a dare al creditore massima tutela (pagamento immediato), ma espongono il garante al rischio di dover pagare anche in caso di controversie tra creditore e debitore – salvo poi il suo diritto di rivalsa.

In sintesi, la polizza fideiussoria è la forma documentale tramite cui un garante professionale (banca, assicurazione o intermediario finanziario autorizzato) presta una garanzia personale in favore di un creditore, generalmente dietro il pagamento di un premio o commissione da parte del debitore garantito. Essa può assumere la forma tecnica di fideiussione tipica (accessoria) oppure di garanzia a prima richiesta (autonoma) in base alle clausole inserite. Ad esempio, una fideiussione bancaria standard per un mutuo potrà essere costruita come fideiussione ordinaria (con eventuale beneficio di escussione, v. infra), mentre una polizza cauzionale per un appalto pubblico è spesso redatta come contratto autonomo di garanzia, pagabile a semplice richiesta scritta della stazione appaltante. Nel prosieguo, per “polizze fideiussorie” intendiamo in generale tutte queste forme di garanzia personale, salvo diversamente specificato.

Tipologie di fideiussioni e ambiti di utilizzo

Le polizze fideiussorie trovano impiego in svariati settori dell’economia. Ecco una panoramica delle principali tipologie di fideiussione e dei relativi usi pratici:

  • Fideiussione bancaria (garanzia bancaria): è la forma in cui il garante è una banca o istituto di credito. La banca, dietro corrispettivo (commissioni e spesso richiesta di contro-garanzie o congelamento di somme da parte del debitore), garantisce a un terzo creditore l’adempimento delle obbligazioni del debitore. Una figura peculiare, sviluppatasi nella prassi italiana, è la fideiussione omnibus: si tratta di una garanzia che un terzo (spesso un socio o la stessa società controllante, o anche un’altra banca tramite controgaranzia) presta a favore della banca per tutte le obbligazioni – anche future – che il debitore assumerà nei confronti di quella banca. In passato le fideiussioni omnibus erano anche illimitate nell’importo e nel tempo, obbligando il garante per qualsiasi debito presente e futuro del cliente verso la banca. Tale indeterminatezza ha sollevato dubbi di validità e, con la legge n. 154/1992 sulla trasparenza bancaria, è stato imposto un freno: oggi le fideiussioni omnibus devono prevedere obbligatoriamente un importo massimo garantito, pena la nullità delle clausole eccedenti. Dunque, il garante omnibus sa in anticipo fino a quale massimale può essere chiamato a rispondere. La fideiussione bancaria è tipica nei rapporti di finanziamento: le banche spesso richiedono ai soci o amministratori di società debitori, oppure a terzi garanti, di firmare fideiussioni a copertura di aperture di credito, mutui, scoperti di conto corrente. È prassi che tali contratti siano predisposti su moduli standard della banca (non negoziati), i quali a volte contengono clausole molto gravose o contrarie a norme imperative; affronteremo più avanti il tema delle clausole nulle per violazione antitrust o per abusività. Si noti che l’impegno di fare da garante risulta anche sulla Centrale Rischi della Banca d’Italia (il sistema informativo creditizio): una fideiussione per importi sopra €30.000 viene segnalata nei report della Centrale Rischi a nome del fideiussore, potenzialmente influendo sul suo merito di credito.
  • Fideiussione assicurativa (polizza cauzionale): è il contratto in cui il garante è una compagnia assicurativa (o intermediari specializzati, spesso detti agenzie di cauzione). L’assicurazione, previa istruttoria sulla solvibilità del richiedente e pagamento di un premio, emette una polizza di cauzione a favore del creditore beneficiario. In tale polizza si specificano l’importo massimo garantito, la durata e le condizioni di escussione. Le polizze assicurative sono utilizzate in molteplici contesti: appalti pubblici (cauzione provvisoria a garanzia dell’offerta e cauzione definitiva a garanzia dell’esecuzione del contratto), locazioni (garanzia a favore del locatore per i canoni di affitto), contratti tra privati (ad esempio a garanzia di obblighi di pagamento dilazionato), operazioni con la pubblica amministrazione (una polizza è spesso richiesta per rateizzazioni fiscali di importo rilevante, per il rimborso anticipato di crediti IVA, per la restituzione di contributi pubblici in caso di inadempimento a vincoli, ecc.), urbanistica (polizze a garanzia degli oneri di urbanizzazione e corretta esecuzione di opere lottizzatorie). Quasi sempre queste polizze prevedono pagamento a prima richiesta entro il massimale (salvo prova di frode o abuso da parte del creditore, unica eccezione opponibile). Dal punto di vista giuridico, come detto, la Cassazione considera la polizza fideiussoria assicurativa un contratto atipico distinto dalla fideiussione tipica. Ciò significa che non tutte le tutele previste dal codice civile per il fideiussore trovano applicazione automatica: ad esempio, una clausola che esclude l’applicazione dell’art. 1957 c.c. (vedi infra) o che impone pagamento a prima richiesta e senza eccezioni può essere valida in quanto espressione dell’autonomia contrattuale, trattandosi di garanzia autonoma. Ovviamente, restano i limiti generali: anche un contratto autonomo di garanzia non può perseguire scopi illeciti o porsi in contrasto con l’ordine pubblico; in caso di escussione manifestamente abusiva o fraudolenta il garante potrà eccepire l’abuso (nei limiti ammessi dalla giurisprudenza internazionale sulla exceptio doli).
  • Fideiussioni dei consorzi fidi (Confidi): per completezza, va menzionato che esistono enti collettivi – i Confidi – che rilasciano garanzie (spesso sotto forma di co-garanzia o controgaranzia) a favore delle banche per facilitare l’accesso al credito delle piccole e medie imprese. Questi soggetti operano in base al Testo Unico Bancario e normativa di Banca d’Italia, e le loro fideiussioni sono una via di mezzo tra garanzie “commerciali” e un supporto mutualistico al credito. Dal punto di vista contrattuale, però, la natura è sempre quella di fideiussione o garanzia autonoma a seconda dei casi.
  • Fideiussioni specifiche vs omnibus: come accennato, distinguiamo la fideiussione specifica (limitata a un determinato debito o contratto) dalla fideiussione omnibus (che copre un’intera serie di rapporti obbligatori, presenti e futuri, fra debitore e creditore). La differenza pratica è che la fideiussione specifica consente al garante di conoscere con esattezza la prestazione garantita e spesso ha una durata collegata alla scadenza di quella obbligazione; la omnibus invece copre potenzialmente qualsiasi esposizione e in genere dura a tempo indeterminato (con facoltà per il garante di revoca parziale ex art. 1956 c.c., per le obbligazioni future non ancora sorte, e comunque con l’obbligo di stabilire un importo massimo garantito come detto). Esempio: un genitore che garantisce il mutuo di €100.000 del figlio firma una fideiussione specifica per quel mutuo, della durata pari al piano di rimborso; viceversa un socio amministratore che firma una fideiussione omnibus a favore della banca per “le obbligazioni presenti e future” della sua società garantirà tutte le linee di credito, scoperti, prestiti futuri che la società avrà con quella banca, entro un tetto (es. “fino a €500.000”) e finché non recede dalla garanzia per le operazioni future (la revoca non libera per le esposizioni già in essere al momento).
  • Garanzie personali atipiche correlate: esistono varianti particolari di garanzie personali, come il mandato di credito, l’avallo cambiario, e altri istituti, ma esulano dallo scopo di questa trattazione. In contesti societari, talvolta si incontrano “patronage letter” o lettere di gradimento con cui una capogruppo manifesta l’impegno a sostenere una controllata: tuttavia, queste ultime di solito non configurano un’obbligazione giuridica di pagamento come la fideiussione, a meno che siano formulate in modo vincolante (c.d. fideiussione indiretta). Nel seguito, quindi, ci concentreremo sulle fideiussioni in senso proprio e sulle polizze fideiussorie maggiormente diffuse nella pratica commerciale.

Di seguito è riportata una tabella riepilogativa semplificata delle principali tipologie di polizze fideiussorie e delle loro caratteristiche salienti:

Tipo di garanziaGarante tipicoNatura giuridicaNormativa applicabileImpieghi comuni
Fideiussione bancaria specificaBancaAccessoria (di regola)Artt. 1936–1957 c.c.; TUB art.117Mutui, finanziamenti, leasing, ecc.
Fideiussione bancaria omnibusBancaAccessoria (massimale e revoca art.1956 c.c.)Artt. 1936–1957 c.c.; obbligo importo max (L.154/92)Affidamenti bancari generali, aperture credito
Polizza fideiussoria assicurativaAssicurazione (ramo cauzioni)Spesso garanzia autonoma (atipica)Codice Civile (disciplina generale contratti); Cod. AssicurazioniAppalti pubblici, cauzioni per IVA, affitti, ecc.
Garanzia a prima richiestaBanca o AssicurazioneAutonoma (no accessorietà)Autonomia contrattuale (limiti di buona fede)Grandi contratti internazionali, appalti, forniture importanti
Confidi/controgaranziaConsorzio fidi o Medio CreditoAccessoria (solitamente)TUB e norme Banca d’Italia su confidiGaranzie su finanziamenti PMI (mutui, prestiti)

Nota: La distinzione tra “accessoria” e “autonoma” può sfumare in base alle clausole concrete. Molti contratti bancari standard di fideiussione, pur essendo nominativamente fideiussioni, contengono clausole (es. pagamento a prima richiesta, rinuncia al beneficio d’escussione, ecc.) che li avvicinano a una garanzia autonoma. Occorre leggere attentamente il testo per comprendere il regime applicabile.

Principali obblighi e diritti del fideiussore e del creditore garantito

Prima di entrare nel vivo degli effetti nelle crisi d’impresa, è utile richiamare alcuni punti chiave della disciplina civilistica della fideiussione, in modo da capire come certe clausole contrattuali possono modificarla (talora invalidamente, come vedremo):

  • Obbligazione in solido del fideiussore: salvo patto contrario, il fideiussore risponde in solido col debitore principale (art. 1944, co.1 c.c.), ciò significa che il creditore può, a sua scelta, chiedere l’adempimento al debitore, al garante, o a entrambi congiuntamente, per l’intero debito. Tuttavia, le parti possono pattuire il cosiddetto beneficio della preventiva escussione (art. 1944, co.2 c.c.), in forza del quale il fideiussore non sarà tenuto a pagare finché il creditore non abbia escusso (escercitato senza successo) il debitore principale. Se nel contratto di fideiussione è previsto tale beneficio, il fideiussore convenuto in giudizio può indicare al giudice i beni del debitore principale su cui soddisfarsi in via prioritaria. Attenzione: nelle fideiussioni bancarie standard, questo beneficio è quasi sempre espressamente escluso, così che la banca possa rivolgersi immediatamente al garante. Anzi, molti modelli contengono la clausola di pagamento a semplice richiesta, che esclude anche la facoltà del garante di opporre eccezioni, rendendo la garanzia sostanzialmente a prima domanda (tale clausola però, se inserita in un contratto di fideiussione tipica, può essere ritenuta vessatoria verso il fideiussore-consumatore o inefficace verso il debitore principale in certi casi – lo vedremo oltre).
  • Decadenza ex art. 1957 c.c.: una delle norme più importanti a tutela del fideiussore è l’art. 1957 c.c. Esso stabilisce che se il debito garantito è scaduto e il creditore non fa valere i suoi diritti contro il debitore entro sei mesi dalla scadenza, il fideiussore è liberato, a meno che non sia stata pattuita una diversa durata per la fideiussione. In pratica, il creditore deve, entro 6 mesi dal termine di pagamento originario, avviare le azioni (giudiziali) necessarie a conservare il proprio diritto verso il debitore, altrimenti perde la garanzia. Questa norma incentiva il creditore a essere diligente nel recupero e tutela il garante dal restare vincolato a tempo indefinito per inerzia del creditore. Tuttavia, è comune trovare nei contratti bancari una clausola di rinuncia all’art.1957 c.c., con cui il fideiussore accetta di rimanere obbligato anche se la banca non agisce tempestivamente. Tale clausola – come vedremo approfonditamente – è una di quelle dichiarate nulle dalla nota vicenda delle fideiussioni omnibus conformi allo schema ABI, in quanto considerata frutto di intesa restrittiva della concorrenza. Quando questa clausola è nulla, l’art.1957 torna ad applicarsi e può comportare la decadenza della banca dal diritto verso il fideiussore se sono passati più di sei mesi dalla scadenza senza atti interruttivi validi. Nei paragrafi seguenti, dedicati alle clausole antitrust, vedremo un esempio concreto in cui la banca è decaduta per aver agito troppo tardi.
  • Surrogazione e regresso: se il fideiussore paga al creditore, ha diritto di rivalersi sul debitore principale. La legge predispone due strumenti: la surrogazione nei diritti del creditore soddisfatto (art. 1203 c.c.) e l’azione di regresso (art. 1950 c.c.). In virtù della surrogazione, il garante subentra nei diritti che il creditore aveva (anche garanzie reali eventualmente esistenti, privilegi, ecc., vengono trasferiti al fideiussore che ha pagato). L’azione di regresso è il diritto autonomo del fideiussore di ottenere dal debitore ciò che ha pagato (oltre agli interessi e spese). Questi diritti, però, nella crisi d’impresa possono risultare teorici: se il debitore è insolvente o in concordato, il fideiussore pagante dovrà insinuarsi al passivo o far valere il credito nel concordato stesso, spesso recuperando solo una percentuale. Discuteremo più avanti la posizione del fideiussore nel fallimento o concordato del debitore.
  • Pluralità di fideiussori: se più garanti hanno garantito lo stesso debito (co-fideiussori), essi sono obbligati in solido verso il creditore, ma tra di loro l’obbligazione si divide salvo patto di solidarietà interna. Dunque, un fideiussore che abbia pagato l’intero può pretendere dagli altri garanti la quota di rispettiva competenza (pro quota di debito). Nella prassi, gli istituti di credito preferiscono far firmare ai diversi garanti tutti un’unica obbligazione solidale “per l’intero”, e spesso inseriscono clausole di rinuncia al beneficium divisionis, in modo da potersi rivolgere a chiunque per l’importo totale. I rapporti interni di regresso poi riguardano i garanti reciprocamente.

In sintesi, il fideiussore garantisce di persona il debito altrui e assume un rischio significativo: per questo la legge gli offre alcune protezioni (limitazioni di importo, termini di decadenza, subentro nei diritti del creditore, ecc.), ma nella pratica molti di questi diritti vengono attenuati da clausole contrattuali, alcune delle quali – come vedremo – sono state giudicate illegittime. Con queste basi, passiamo ora ad analizzare il contesto della crisi d’impresa, ovvero cosa accade quando il debitore garantito entra in difficoltà o in una procedura concorsuale, e come vengono trattati i rapporti di fideiussione in tali circostanze.

Il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza: quadro generale

Negli ultimi anni l’Italia ha completamente riformato la disciplina delle procedure concorsuali (fallimento, concordato preventivo, ecc.) tramite il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII), emanato con D.Lgs. 12 gennaio 2019 n. 14, entrato in vigore definitivamente a luglio 2022 dopo alcune proroghe e modifiche correttive (D.Lgs. 147/2020; D.Lgs. 83/2022). Questo Codice ha introdotto una visione più moderna e anticipatoria della gestione della crisi aziendale, con l’obiettivo di favorire l’emersione precoce della crisi e il salvataggio dell’impresa quando possibile, oppure di assicurare una liquidazione più efficiente quando il risanamento non è praticabile. Dal punto di vista terminologico, la “crisi” viene definita come lo stato di difficoltà economico-finanziaria che rende probabile l’insolvenza (art. 2 CCII); l’insolvenza è invece lo stato conclamato in cui il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni (riprendendo la nozione tradizionale già presente nella Legge Fallimentare del 1942). Il Codice ha previsto misure di allerta e di composizione negoziata della crisi, nuovi strumenti di regolazione stragiudiziale o semigiudiziale del debito e ha riscritto le procedure giudiziali di insolvenza.

Elenchiamo brevemente i principali strumenti e procedure introdotti o disciplinati dal CCII (rimandando a tabelle e approfondimenti successivi per il dettaglio):

  • Composizione negoziata della crisi: introdotta dal D.L. 118/2021 (conv. L. 147/2021) e ora nel CCII, è un percorso volontario, extragiudiziale, in cui l’imprenditore in crisi può richiedere la nomina di un esperto indipendente con il compito di agevolare trattative con i creditori (artt. 12-25 CCII). Durante la composizione negoziata, l’imprenditore può chiedere al tribunale misure protettive temporanee (come il congelamento delle azioni esecutive) per lavorare al risanamento. La composizione negoziata non è una procedura concorsuale vera e propria: non comporta la spossessamento dell’impresa né un giudizio di meritevolezza, ma è uno strumento di mediazione negoziale assistita. Se ha esito positivo, può sfociare in un accordo stragiudiziale con i creditori o in uno degli strumenti successivi (accordo di ristrutturazione, piano attestato, concordato). In caso di esito negativo ma con presenza di determinati presupposti, l’imprenditore può accedere a un “concordato semplificato” per la liquidazione (art. 25-sexies CCII).
  • Piani attestati di risanamento (art. 56 CCII): sono accordi o piani predisposti dal debitore e attestati da un professionista indipendente circa la veridicità dei dati e l’attuabilità del piano di risanamento, che non richiedono omologazione giudiziale. Servono a evitare l’insolvenza e hanno principalmente efficacia esimente da revocatoria fallimentare (se l’impresa poi fallisse, gli atti compiuti in esecuzione di un piano attestato pubblicato non sono soggetti a revocatoria ex art. 67, co.3, lett. d) L.F. / ora art. 166 CCII). Il piano attestato, non essendo una procedura, non vincola i creditori dissenzienti né implica misure protettive generali. È di fatto uno strumento contrattuale che coinvolge solo i creditori che aderiscono.
  • Accordi di ristrutturazione dei debiti (artt. 57-64 CCII): sono accordi giuridici tra il debitore e una parte dei creditori (almeno il 60% dei crediti, salve varianti come gli accordi agevolati al 30% per PMI introdotti nel 2022) che vengono poi omologati dal tribunale. L’omologazione conferisce efficacia anche verso i creditori non aderenti, ma questi ultimi (dissentienti) devono essere comunque integralmente soddisfatti nei loro crediti (se chirografari, vanno pagati per intero entro 120 giorni dall’omologazione oppure 120 giorni dalla scadenza se successiva). Esistono vari tipi di accordi di ristrutturazione, inclusi quelli ad efficacia estesa per categorie omogenee di creditori finanziari dissenzienti (art. 61 CCII), e gli accordi con intermediari finanziari che beneficiano di esenzioni antitrust. Gli accordi di ristrutturazione, essendo fondati sul consenso di una qualificata maggioranza di creditori, non coinvolgono automaticamente i fideiussori o coobbligati estranei all’accordo, salvo che costoro siano anch’essi parti dell’accordo. Su questo torneremo: un creditore che aderisce a un accordo accettando un pagamento parziale di per sé non rinuncia alle garanzie personali verso terzi, a meno che tale rinuncia sia espressamente pattuita. Perciò, se Tizio ha un debito di 100 garantito da Caio, e Tizio conclude un accordo di ristrutturazione col creditore pagando il 60%, il creditore in linea di principio potrebbe ancora escutere Caio per il residuo 40% (a differenza del concordato, come vedremo, qui è un contratto e non vi è una norma che automaticamente libera i fideiussori). È quindi importante verificare le clausole dell’accordo: spesso i creditori inseriscono riserve di azioni contro terzi garanti.
  • Concordato preventivo (artt. 84-120 CCII): è la procedura concorsuale regina per evitare la liquidazione giudiziale, erede del concordato preventivo della legge fallimentare. Il debitore propone ai creditori un piano che può prevedere la ristrutturazione dei debiti in vari modi (pagamento parziale, ristrutturazione dei crediti, soddisfacimento anche non integrale purché non inferiore alla liquidazione alternativamente realizzabile e con soglia minima del 20% per i chirografari nel concordato liquidatorio). I creditori votano divisi per classi e il tribunale omologa l’accordo se raggiunte le maggioranze e verificata la fattibilità e convenienza per i creditori. Il concordato può essere liquidatorio (cessione dei beni ai creditori, con l’azienda che cessa l’attività) oppure in continuità aziendale (se prevede che l’impresa prosegua, direttamente o tramite cessione o conferimento, l’attività in tutto o in parte). Nel concordato in continuità possono essere previste anche moratorie fino a 2 anni per i crediti muniti di garanzie reali. Ai fini della nostra trattazione, l’aspetto fondamentale è l’effetto esdebitatorio del concordato omologato sul debitore e i suoi soci illimitatamente responsabili, e il correlativo regime per i fideiussori e coobbligati: come già avveniva con la vecchia legge (art. 184 L.F.), il CCII stabilisce che l’omologazione del concordato libera il debitore dall’obbligo di pagare i creditori alle condizioni diverse (maggiormente favorevoli al debitore) previste nel piano, ma non libera gli eventuali garanti. L’art. 117 CCII recita infatti: “Il concordato omologato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori… Tuttavia essi conservano impregiudicati i diritti contro i coobbligati, i fideiussori del debitore e gli obbligati di regresso”. Ciò significa che il creditore che in sede di concordato abbia accettato (mediante voto) una riduzione o dilazione del proprio credito verso il debitore principale, può comunque pretendere l’integrale pagamento da parte di un fideiussore o condebitore solidale per quello stesso credito. Ad esempio, se in concordato il creditore A approva una proposta di soddisfo al 50% del suo credito di €100.000 verso la società X, garante ne è il socio Y, A potrà ancora agire contro Y per l’intero €100.000, e non solo per il 50% residuo. Approfondiremo oltre le implicazioni di ciò sulla posizione del fideiussore (che potrebbe trovarsi a pagare il dovuto e poi non potersi rivalere efficacemente sul debitore ormai “esdebitato”). Importante eccezione: solo nei concordati di società di persone (snc, sas), l’art. 117, co.2 CCII prevede che, salvo patto contrario, l’effetto del concordato si estende anche ai soci illimitatamente responsabili. Ciò riprende la regola ex art. 184, co.2, L.F., per cui se ad esempio una SNC presenta concordato, i creditori sociali (anteriore alla domanda) restano vincolati agli esiti del concordato anche verso i soci illimitatamente responsabili di quella SNC (in pratica i soci sono co-debitori “protetti” dall’esdebitazione della società, salvo diverso accordo). Ma questa è l’unica eccezione: tutti gli altri garanti (terzi, soci limitatamente responsabili, società controllanti, ecc.) rimangono obbligati per intero, e il creditore può escuterli sia durante il concordato (dopo l’omologazione) sia dopo l’esecuzione del piano. Infatti l’effetto esdebitatorio pieno per il debitore si produce solo a seguito dell’integrale esecuzione del concordato omologato, ma anche tale esdebitazione non tocca i coobbligati. Per collegare con quanto detto: l’art. 117 CCII, nel mantenere impregiudicate le ragioni verso garanti, di fatto codifica un principio di “mancata esdebitazione” dei fideiussori già affermato da costante giurisprudenza di merito e legittimità. Cassazioni anche recenti (es. Cass. 14363/2021; Cass. 22382/2019) confermano che la falcidia concordataria non si estende ai fideiussori. Su queste basi normative, vedremo più avanti come i creditori e i garanti interagiscono durante e dopo un concordato.
  • Liquidazione giudiziale: è la nuova denominazione del fallimento. Quando un’impresa (o un imprenditore individuale sopra le soglie di non fallibilità) è insolvente e non vi sono prospettive di risanamento praticabili, il tribunale – su ricorso del debitore, creditori o d’ufficio nei casi di conversione – apre la procedura di liquidazione giudiziale. Il patrimonio del debitore viene amministrato da un curatore sotto la supervisione del giudice delegato e del comitato creditori, per liquidarlo e distribuire il ricavato ai creditori secondo le cause di prelazione. La liquidazione giudiziale ha effetti più afflittivi (spossessamento, cessazione dell’attività salvo esercizio provvisorio, etc.). Per i garanti, la situazione è analoga al concordato in termini di rapporti di debito: l’apertura del fallimento (liquidazione) non libera i fideiussori. Anzi, la norma corrispondente per la liquidazione giudiziale (art. 248 CCII, riproduzione dell’art. 135 L.F.) recita al comma 2: “I creditori conservano la loro azione per l’intero credito contro i coobbligati, i fideiussori del debitore e gli obbligati in via di regresso”. Dunque, se Tizio fallisce, il suo fideiussore Caio potrà essere immediatamente chiamato a pagare dai creditori, a prescindere dalla procedura fallimentare. Se Caio paga, subentra nel credito e potrà insinuarsi al passivo del fallimento di Tizio come creditore chirografario surrogato. Al termine della liquidazione, se Tizio è una persona fisica o una società personale, potrà chiedere l’esdebitazione (cioè la cancellazione dei debiti residui insoddisfatti): ma anche tale beneficio è personale e non riguarda i coobbligati (art. 278 CCII conferma ciò). Quindi i creditori, anche dopo la chiusura del fallimento con esdebitazione del fallito, potranno continuare a perseguire eventuali fideiussori per il residuo (il garante in tale caso non può più rifarsi sul debitore esdebitato perché il suo debito originario è estinto).
  • Procedure minori da sovraindebitamento: il CCII ha unificato anche la disciplina delle crisi dei debitori non fallibili (piccoli imprenditori sottosoglia, professionisti, consumatori). Ha introdotto il concordato minore (simile al concordato preventivo ma per debitori “minori”), il piano di ristrutturazione del consumatore (ex piano del consumatore) e la liquidazione controllata (ex liquidazione del patrimonio nella L.3/2012). Anche in queste procedure, mutatis mutandis, vale la regola generale: i coobbligati e fideiussori non sono liberati dagli accordi o omologazioni del debitore principale (a parte l’estensione ai coobbligati nelle società di persone). Ad esempio, se un consumatore ottiene omologato un piano con pagamento al 20% dei debiti, la banca garantita da un terzo potrà comunque chiedere al terzo l’intero importo. Una peculiarità per i sovraindebitati consumatori introdotta dal CCII è la possibilità di esdebitazione “a zero” dell’incapiente (art. 283 CCII), ma ancora una volta l’esdebitazione del debitore principale non copre i suoi garanti. Da segnalare: in alcuni casi, specie nei piani del consumatore, i giudici hanno valutato la possibilità di ridurre proporzionalmente l’azione verso il fideiussore familiare per non vanificare la finalità del piano; tuttavia, ciò non discende automaticamente dalla legge (che anzi esclude espressamente effetti favorevoli ai fideiussori).
  • Concordato semplificato per la liquidazione (art. 25-sexies CCII): è uno strumento nuovo, previsto per l’imprenditore che abbia tentato senza successo la composizione negoziata. Egli può proporre, entro 60 giorni dalla conclusione infruttuosa di essa, un concordato “semplificato” per soli fini liquidatori, da omologarsi senza voto dei creditori (decide il tribunale sentiti comunque i creditori). Anche qui, trattandosi sostanzialmente di una variante di concordato, l’omologazione vincola i creditori ma non libera i fideiussori terzi.
  • Misure protettive e impatto sui garanti: nelle procedure di regolazione della crisi/insolvenza, dal momento della domanda il debitore può beneficiare di misure protettive che sospendono o vietano azioni esecutive individuali sul patrimonio del debitore, così da preservare l’uguaglianza tra creditori (par condicio) e consentire il buon esito della procedura. Ad esempio, il deposito di un ricorso di concordato preventivo sospende le azioni esecutive, i pignoramenti, ecc., contro il debitore fino all’omologazione (salvo autorizzazioni per alcuni creditori). Tuttavia, tali misure non si estendono ai fideiussori e coobbligati del debitore, a meno di un provvedimento specifico. Ciò significa che durante la procedura, i creditori – se contrattualmente liberi di farlo – potrebbero intensificare l’azione verso i garanti per recuperare i loro crediti. Ad esempio, se la società X presenta domanda di concordato, la banca creditrice non può iniziare o proseguire un pignoramento contro X, ma può benissimo agire nei confronti del fideiussore Y (un socio o terzo) perché Y non è protetto dalla procedura di X. Esiste un dibattito in dottrina e giurisprudenza circa la possibilità di estendere temporaneamente le misure protettive ai patrimoni dei soci garanti nelle composizioni negoziate o concordati in continuità (in qualche raro caso, giudici hanno concesso estensioni per evitare che l’aggressione ai soci pregiudicasse la ristrutturazione, ma l’orientamento prevalente è negativo, ritenendo che ciò eccederebbe la legge). Nel contesto del concordato minore o piano del consumatore, la legge permette al giudice di sospendere azioni verso coobbligati solo in casi mirati, ad esempio se il garante è un familiare del debitore e l’azione contro di lui vanificherebbe lo spirito del piano: ma sono valutazioni discrezionali, non regole generali. In mancanza di sospensione, spesso il peso della ristrutturazione si sposta sui garanti: di frequente i creditori recuperano dai fideiussori ciò che “perdono” nel concordato con il debitore principale. Questo ovviamente può avere conseguenze pratiche importanti, sia per i creditori (che realizzano il 100% comunque, sommando quanto preso dal concordato e dal garante) sia per i garanti stessi, che possono andare in crisi a loro volta.

Riassumendo il punto centrale: le procedure di crisi e insolvenza del debitore principale non eliminano i diritti dei creditori verso garanti e coobbligati, salvo eccezioni limitate (soci illimitatamente responsabili in concordato della società, patto contrario di liberazione). Il sistema tutela la massa dei creditori, non il fideiussore, il quale anzi potrebbe vedere aggravata la propria posizione dovendo rispondere per la parte non pagata dal debitore in procedura.

Esempio pratico 1: la società Alfa Srl ha un debito di €200.000 verso Banca Beta, garantito da fideiussione omnibus sottoscritta dall’amministratore Tizio fino a €200.000. Alfa avvia un concordato preventivo e offre ai chirografari (tra cui Banca Beta) il pagamento del 40%. Banca Beta vota a favore e il concordato viene omologato e poi regolarmente eseguito, cosicché Alfa paga €80.000 a Beta (40%). Beta a questo punto ha ancora un insoluto del 60%, cioè €120.000. In virtù dell’art.117 CCII e in assenza di rinunce specifiche, Beta può chiedere a Tizio (fideiussore) il pagamento integrale dei €120.000 residui, nonostante Alfa sia stata esdebitata per quell’importo. Tizio dovrà pagare €120.000 a Beta. A seguito di ciò, Tizio avrebbe un diritto di regresso verso Alfa, ma Alfa è ormai liberata dal debito originario e non più tenuta a pagare nulla oltre quanto previsto dal concordato: in sostanza Tizio rimarrà con un credito chirografario verso Alfa ormai “pulita” dai debiti pregressi, credito di fatto inesigibile (l’esdebitazione di Alfa è opponibile al regresso di Tizio). In questo scenario, Beta recupera il 100% (40% da Alfa, 60% da Tizio), Alfa si è liberata pagando il 40% e Tizio ha pagato il restante 60% senza poter recuperare. Questa situazione è comune e legittima, sebbene severa per il garante. Per questo un garante escusso in solido spesso poi attiva procedure concorsuali personali (es. Tizio potrebbe essere costretto a liquidare il suo patrimonio o chiedere il proprio fallimento/sovraindebitamento). Dal punto di vista del debitore Alfa, la presenza della fideiussione di Tizio ha reso possibile il concordato (la banca ha accettato il 40% confidando di rifarsi su Tizio per il resto), ma dal punto di vista di Tizio garante il concordato di Alfa è stato svantaggioso.

Esempio pratico 2: la società Gamma SNC ha debiti per €300.000 verso vari fornitori, i quali sono garantiti anche personalmente dai soci (illimitatamente responsabili per legge). Gamma accede a un concordato minore offrendo il 30% ai creditori chirografari. Il concordato, se omologato ed eseguito, per effetto dell’art. 117 co.2 CCII libererà non solo Gamma ma anche i soci illimitatamente responsabili dal restante 70% non pagato. In tal caso, i fornitori non potrebbero per legge pretendere dai soci illimitati più di quanto preso in concordato (salvo che in sede di concordato fosse stato pattuito diversamente – ad es., a volte i creditori chiedono che i soci rinuncino al beneficio e restino obbligati: ma dovrebbero accordarsi, perché per default i soci illimitati sono protetti). Questa è una situazione peculiare legata alla natura stessa della SNC: soci e società sono praticamente la stessa massa debitoria. Viceversa, se Gamma fosse stata una SRL con soci che avevano prestato fideiussioni personali, il concordato di Gamma (società di capitali) non avrebbe protetto i soci garanti, che sarebbero stati nella situazione dell’Esempio 1.

Nel seguito entreremo nel dettaglio di come gestire le fideiussioni durante la crisi, ma è utile avere uno schema riassuntivo dei principali strumenti di gestione della crisi d’impresa e dei loro effetti generali su debiti e garanti:

Strumento/ProceduraCos’èVincola tutti i creditori?Effetti sui fideiussori/coobbligati
Composizione negoziataProcedura volontaria stragiudiziale con esperto facilitativo.No (è volontaria, accordi bilaterali).Nessun effetto di legge: creditori liberi di escutere garanti; possibili accordi individuali per standstill.
Piano attestato di risanamentoAccordo privato attestato da esperto, non omologato.No (solo chi aderisce).Nessun effetto di legge verso terzi. Garanti tenuti salvo patto specifico di liberazione nel piano.
Accordo di ristrutturazioneAccordo con ≥60% crediti, omologato dal tribunale.Sì per aderenti; i non aderenti vanno pagati al 100%.Verso garanti: in assenza di clausole, l’accordo non li libera automaticamente. Il creditore aderente può riservarsi azioni contro garanti per parte non pagata dall’accordo (prassi comune).
Concordato preventivoProcedura concorsuale con proposta ai creditori e omologazione giudiziale.Sì, vincola tutti i crediti anteriori (esdebitazione a esecuzione completata).Non libera fideiussori e coobbligati (tranne soci illimitati). Creditori possono agire per intero verso di loro anche dopo l’omologazione.
Liquidazione giudiziale (fallimento)Procedura liquidatoria concorsuale con curatore.Sì, dopo chiusura c’è eventuale esdebitazione persona fisica.Non libera fideiussori e coobbligati. Creditori agiscono su garanti per intero. Esdebitazione del fallito non si estende ai terzi.
Concordato minoreConcordato per debitori non fallibili (sovraindebitati).Sì (simile a concordato preventivo).Stessa regola: nessuna liberazione di garanti (eccetto soci illimitati di società persona).
Ristrutturazione debiti consumatoreProcedura da sovraindebitamento (ex piano consumatore).Sì, omologato da tribunale.Non libera garanti (salvo possibili provvedimenti ad hoc). In genere creditori possono agire vs garanti per differenza.
Liquidazione controllataLiquidazione del patrimonio per sovraindebitato (ex liquidazione L.3/2012).Sì, esdebitazione a fine procedura.Non libera garanti. Creditori escutono i garanti per intero; esdebitazione del debitore non copre i fideiussori.

Come si vede, in nessuno degli strumenti di regolazione della crisi (eccetto coinvolgimento diretto dei garanti nell’accordo o eccezioni limitate per soci illimitati) la legge prevede il venir meno delle obbligazioni dei garanti. Questa è una scelta di politica legislativa chiara: il beneficio della liberazione dai debiti riguarda il solo debitore in crisi che ha seguito la procedura e ottenuto l’omologazione, mentre le garanzie a favore dei creditori restano intatte (favor creditoris). D’altro canto, dal punto di vista del debitore in crisi, la presenza di fideiussori può essere un elemento determinante per il successo di un piano di risanamento: i creditori saranno più disponibili ad accettare falcidie o dilazioni se sanno di avere una “rete di sicurezza” rappresentata dai garanti. Non di rado, infatti, piani e concordati sono accompagnati da impegni dei garanti: ad esempio, il piano di concordato può prevedere che i soci garanti rinuncino alla rivalsa nei confronti del debitore per ciò che pagheranno ai creditori (questo aumenta la convenienza del concordato per i creditori, sapendo che quanto prendono dal garante è un extra senza concorrenza con altri creditori nel concorso). Oppure i soci garanti possono offrire un contributo aggiuntivo: in vari concordati in continuità, i soci o terzi si impegnano a versare nuove risorse o a pagare direttamente una percentuale dei debiti a taluni creditori, fungendo da “garanti attivi” dell’attuazione del piano. Tali apporti di terzi, se inseriti nel piano, non aumentano il passivo del debitore e vengono spesso qualificati come finanza esterna: utili perché vanno a beneficio dei creditori senza diritto di regresso. Questo è un altro profilo peculiare: se il terzo (socio, parente, ecc.) paga volontariamente una parte dei creditori nell’ambito di un concordato, può farlo a fondo perduto, rinunciando a qualsiasi pretesa di rimborso, così che i creditori accettino meglio la proposta. Quindi, paradossalmente, il miglior modo in cui un garante può aiutare il debitore in crisi è spesso pagare egli stesso qualcosa ai creditori e rinunciare a farsi rimborsare – un sacrificio a favore del successo del piano. Naturalmente ciò dipende dalle risorse del garante e dai suoi interessi (un socio magari preferisce pagare parte dei debiti piuttosto che perdere la società).

Passiamo ora a focalizzarci sul tema delle clausole contrattuali e delle tutele “speciali” che riguardano le fideiussioni, in particolare due ambiti: (1) la vicenda delle clausole anticoncorrenziali nei contratti standard di fideiussione bancaria (il “caso ABI – Antitrust”), e (2) le clausole vessatorie nelle fideiussioni verso i consumatori, sulle quali è intervenuta anche l’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato (AGCM) in funzione di tutela consumeristica.

Clausole anticoncorrenziali nei contratti di fideiussione bancaria (schema ABI)

Uno snodo fondamentale nella materia delle fideiussioni, che ha prodotto vasta giurisprudenza sino ai giorni nostri, riguarda la nullità di alcune clausole dei contratti bancari di fideiussione omnibus per violazione della normativa antitrust. La vicenda origina da un provvedimento del 2005 e tuttora genera contenziosi e sentenze (l’orientamento è ormai consolidato nel 2025, ma con sfumature interpretative).

I fatti storici in breve: nel novembre 2003 la Banca d’Italia – all’epoca autorità antitrust competente per il settore bancario – avviò un’istruttoria sulle fideiussioni omnibus predisposte dall’ABI (Associazione Bancaria Italiana). L’ABI infatti aveva diffuso tra le banche uno schema contrattuale standard per fideiussioni omnibus a garanzia delle operazioni bancarie. Questo schema conteneva varie clausole uniformi. Con il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005, Banca d’Italia accertò che l’ABI e le banche aderenti avevano posto in essere un’intesa restrittiva della concorrenza ai sensi dell’art. 2, L. 287/1990, consistente proprio nell’adozione concertata di condizioni uniformi nelle fideiussioni omnibus. In particolare, la Banca d’Italia individuò tre clausole dello schema ABI del 2003 come lesive della concorrenza (in quanto applicate in modo uniforme da tutte le banche, eliminando di fatto qualsiasi differenziazione contrattuale a tutela del cliente garante). Si trattava delle clausole comunemente indicate con i numeri 2, 6 e 8 dello schema ABI, ovvero:

  • la clausola di “reviviscenza” (n.2 dello schema), secondo cui “il fideiussore si obbliga a rimborsare alla banca le somme che la banca stessa avesse incassato in pagamento di obbligazioni garantite e che dovessero essere restituite a seguito di annullamento, inefficacia o revoca dei pagamenti stessi”. In pratica, se il debitore principale paga e poi quel pagamento viene meno (ad es. revocato in fallimento, o annullato perché viziato), il fideiussore è tenuto a rifondere la banca come se il pagamento non vi fosse stato. Questa clausola fa rivivere la garanzia anche dopo l’adempimento apparente del debitore.
  • la clausola di rinuncia ai termini ex art. 1957 c.c. (n.6 dello schema): il fideiussore rinuncia espressamente al beneficio della decadenza semestrale del creditore dall’azione. Ciò rende la fideiussione efficace a tempo indeterminato anche se il creditore resta inerte oltre i 6 mesi dalla scadenza del debito.
  • la clausola di “sopravvivenza” (n.8 dello schema), in base alla quale “qualora le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fideiussione garantisce comunque l’obbligo del debitore di restituire le somme erogate”. In sostanza, se il contratto base è nullo o annullato, il fideiussore garantisce l’obbligo del debitore di restituire ciò che ha eventualmente ricevuto (arricchimento senza causa). Questa clausola rende la fideiussione operativa anche in caso di invalidità del rapporto principale, di fatto scavalcando la regola codicistica dell’accessorietà (art. 1939 c.c.).

La Banca d’Italia ritenne che queste tre clausole, uniformemente adottate, restringessero la concorrenza tra banche in violazione dell’art. 2, comma 2, lett. a) L. 287/90 (intese fra imprese dirette a imporre condizioni contrattuali uniformi). Il provvedimento n. 55/2005 non fu impugnato con successo ed è divenuto definitivo (successivamente, peraltro, la competenza antitrust bancaria è passata all’AGCM, ma per il periodo considerato decise Banca d’Italia).

Conseguenza civilistica: se l’intesa a monte (tra banche) è illecita ex L.287/90, i contratti stipulati “a valle” in applicazione di quell’intesa contengono clausole contrarie a norme imperative (le norme antitrust tutelano interessi pubblicistici). Si poneva il dubbio se i contratti di fideiussione così congegnati fossero nulli in toto o solo parzialmente. La giurisprudenza si è inizialmente divisa: alcuni giudici ritenevano che l’intera fideiussione fosse affetta da nullità derivata dall’intesa illecita, poiché l’accordo restrittivo costituiva illecito “a monte” tale da travolgere il contratto “a valle”; altri, invece, propendevano per una nullità parziale limitata alle singole clausole specificamente anti-concorrenziali, con sopravvivenza del resto del contratto. La questione è stata risolta dalle Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza n. 41994/2017 (depositata a dicembre 2017, ma di fatto inizio 2018) e confermata poi dalla successiva Sezioni Unite n. 41994/2021 (attenzione: coincidenza di numero, 41994, dovuta al massiccio ruolo del 2021). Le Sezioni Unite hanno sancito la nullità parziale: cioè “la nullità dell’intesa a monte determina la nullità derivata del contratto di fideiussione a valle limitatamente alle clausole che riproducono lo schema ABI”, restando valido il resto. In altri termini, le clausole 2, 6 e 8, se presenti nel contratto di fideiussione, sono nulle ex art. 1418 c.c. perché contrastanti con norma imperativa (divieto di intese restrittive), mentre il contratto di garanzia nel suo complesso può sopravvivere senza di esse, qualora sia in grado di produrre effetti utili. Questo orientamento delle Sezioni Unite è di tipo “protettivo” nei confronti del garante: invece di annullare l’intero contratto (che avrebbe lasciato il debitore scoperto e il fideiussore privo di obblighi ma anche privo di titolo per eventuali rivalse già adempiute), si eliminano solo le clausole abusive, applicando alla fideiussione residua la disciplina legale (compreso l’art.1957 c.c.).

Negli anni successivi, la giurisprudenza di merito si è generalmente allineata: si parla di nullità parziale “a valle” delle clausole ABI. Ad esempio, una recentissima sentenza del Tribunale di Lecce, 7 maggio 2025 n. 1432 conferma che le clausole nn. 2, 6 e 8 dello schema ABI 2003 sono nulle per violazione della normativa antitrust. Non solo: tali clausole sono nulle anche se inserite in fideiussioni “specifiche” e non solo nelle omnibus. Il Tribunale salentino infatti osserva che l’intesa restrittiva risiede nella standardizzazione delle condizioni contrattuali, quindi anche un contratto di garanzia riferito a uno specifico finanziamento, se riproduce quelle clausole, partecipa dell’intesa illecita e va colpito dalla nullità di protezione. Questo punto è interessante: alcune difese bancarie, in passato, hanno sostenuto che l’oggetto dell’indagine antitrust fosse solo la fideiussione omnibus (generica) e non garanzie per singoli mutui; ma la giurisprudenza ormai prevalente respinge questa distinzione come meramente formale, guardando alla sostanza delle clausole. Fa eccezione qualche pronuncia isolata: ad esempio, Tribunale di Lodi, 18.01.2023 ha ritenuto che se la fideiussione è specifica e stipulata nel 2011, fuori dal periodo esaminato dal provvedimento, la nullità antitrust ABI non si applichi automaticamente. In effetti, la Cassazione 2021 affermava riferirsi alle fideiussioni del periodo 2002-2005 (quelle esaminate da Banca d’Italia), lasciando aperto il dibattito sull’estensione oltre quell’arco temporale. La Cassazione, Sez. I, 10 ottobre 2024 nn. 26380 e 26383 ha chiarito che: (a) i principi delle SU 2021 valgono solo per contratti di fideiussione, non per contratti autonomi di garanzia (quindi se un contratto è qualificabile come autonomo, la nullità antitrust “ABI” non rileva perché quelle clausole tipiche magari non ci sono o comunque la tipologia è diversa); (b) l’indagine BdI copriva il 2002-2005, per cui l’applicazione oltre tale periodo richiede di dimostrare che l’intesa continuava o che la banca ha usato lo stesso schema anche dopo. In realtà, anche Cass. 2024 conferma che ciò non esclude affatto la nullità per fideiussioni successive, ma che semplicemente la Banca d’Italia non poteva coprire con quel provvedimento gli anni seguenti. Dunque l’onere probatorio in giudizio diventa cruciale per le cause cosiddette “stand alone” (cioè in cui il garante deduce l’esistenza di un’intesa anticoncorrenziale, oltre il periodo o con banca non aderente formalmente all’ABI). Vediamo questo aspetto.

Onere della prova: nei giudizi civili di nullità delle fideiussioni, il fideiussore (attore o opponente a decreto ingiuntivo) deve allegare e provare che il suo contratto riproduce quelle clausole frutto di intesa illecita. Il provvedimento Banca d’Italia 55/2005 è spesso depositato come prova dell’intesa; però esso di per sé riguarda l’ABI e il periodo fino al 2005. Se la fideiussione in causa è successiva (o addirittura anteriore, come nel caso di garanzia prestata prima del 2003), i garanti devono provare che anche all’epoca o in quel contesto vi era un’intesa tra banche sulle medesime clausole. Ad esempio, la Corte d’Appello di Roma, sent. 6285/2024 ha negato la nullità per fideiussioni firmate addirittura nel 1992: in quel caso i garanti pretendevano di applicare retroattivamente il provvedimento 2005 anche a 10 anni prima, ma la Corte ha detto no, dovete provare che già nel 1992 c’era un’intesa tra banche su quelle clausole, cosa non fatta (i contratti depositati erano dal 2000 in poi). Al contrario, in casi recenti, i garanti di fideiussioni post-2005 hanno portato in giudizio vari moduli bancari di diversi istituti, tutti contenenti clausole fotocopia: ciò può persuadere il giudice della continuità dell’intesa vietata, anche se formalmente non coperta dall’accertamento 2005. Infatti, il Tribunale di Lecce 2025, pur esaminando fideiussioni specifiche e di banca non sanzionata all’epoca, ha ritenuto sufficiente la produzione di numerosi contratti standard di varie banche recanti le medesime clausole censurate, per dimostrare la “diffusione” dell’intesa anche negli anni successivi. Insomma, si è creato un vero e proprio filone di giurisprudenza di merito che tutela i fideiussori mediante questa nullità speciale di protezione antitrust: la nullità opera “a vantaggio del garante” e può essere fatta valere anche in via di eccezione (ad esempio dal fideiussore convenuto in giudizio dalla banca). Si noti che non serve la prova di un danno concorrenziale specifico per avere la nullità: basta l’esistenza dell’intesa e la presenza delle clausole in contratto. Non a caso, Cass. SU 2021 ha parlato di nullità “di protezione”, assimilabile a quella consumeristica per violazione di norme imperative volte a tutelare interessi superindividuali.

Effetti della nullità parziale: verificate le condizioni, il giudice dichiarerà nulle le clausole 2, 6, 8 e le espungerà dal contratto. Il risultato pratico più immediato è la non applicabilità della rinuncia all’art.1957 c.c.: il creditore dovrà quindi aver rispettato il termine semestrale di escussione giudiziale del debitore, pena la decadenza della fideiussione. Come anticipato, questo può decidere l’esito delle cause: nella vicenda di Lecce 2025, ad esempio, l’ultima rata del debito principale scadeva a giugno 2019, ma la banca aveva agito (decreto ingiuntivo) solo nel 2023 – ben oltre sei mesi – e la pendenza di una procedura di sovraindebitamento non è servita a interrompere validamente il termine. Pertanto i fideiussori sono stati dichiarati liberi dal debito verso la banca per decadenza dall’azione dovuta alla clausola di rinuncia nulla. Un ulteriore effetto è che, senza la clausola di reviviscenza, il fideiussore potrebbe andare esente da obbligo qualora il debitore avesse pagato e quel pagamento fosse poi revocato: in tal caso, mancando la pattuizione che rivitalizza la garanzia, il garante potrebbe opporre che il debito garantito si era estinto col pagamento originario e la successiva revoca non lo rimette automaticamente in gioco. Analogamente, tolta la clausola di sopravvivenza, se il rapporto principale risultasse nullo, il fideiussore potrebbe liberarsi (salvo dover restituire eventuali indebitamenti arricchimenti, ma non in base alla fideiussione). In sintesi, la rimozione di quelle clausole restituisce al garante tutte le difese e i benefici previsti dalla legge.

Validità delle fideiussioni dopo il 2005: L’intesa ABI fu ritenuta illecita e le banche avrebbero dovuto adeguare i contratti. Molte banche dopo il 2005 modificarono parzialmente i formulari; alcune inserirono esplicitamente clausole diverse per i consumatori (per evitare censure di vessatorietà, vedi oltre). L’ABI emanò anche uno schema revisionato (2005) in teoria conforme alla legge. Eppure, numerosi contratti fino almeno al 2017-2018 continuarono ad includere (magari con numerazione diversa) le stesse previsioni. Ciò spiega perché la Cassazione è intervenuta solo nel 2017 e 2021: c’erano ancora cause su fideiussioni relativamente recenti. Oggi (2025) praticamente tutte le nuove fideiussioni bancarie per clienti retail non contengono più quelle clausole o le modulano in modo accettabile (ad esempio, alcune banche limitano la reviviscenza nel tempo, o prevedono l’art.1957 solo esteso a 18 mesi invece che soppresso totalmente, ecc.). Restano però in contenzioso molte fideiussioni “storiche” tuttora in essere. Quindi, un debitore e il suo garante devono sapere che se la loro fideiussione risale agli anni 2000 o 2010 ed è su modulo standard, c’è una buona probabilità che siano presenti clausole nulle e che il garante possa fare leva su di esse per evitare il pagamento. Le cause vertono spesso sull’eccezione di nullità sollevata dal fideiussore ingiunto: l’onere è suo di provare l’intesa (si allega provv. 55/2005 e si evidenziano le clausole incriminate nel testo contrattuale). Nel 90% dei casi, la giurisprudenza dà ragione al fideiussore – purché il contratto rientri nel perimetro logico-temporale giusto – dichiarando la nullità parziale. Solo in casi particolari il garante può non riuscire: ad esempio, come visto, se la firma è molto antecedente al 2003 (bisognerebbe provare un’intesa già allora), oppure se la banca prova che quelle clausole non furono in realtà mai applicate uniformemente e furono frutto di negoziazione (circostanza finora mai provata in concreto; al contrario, la produzione di contratti di varie banche dimostra l’uniformità).

Un ultimo punto chiarito dalla Cassazione nel 2024 è: queste nullità antitrust non si applicano alle garanzie autonome. Se un contratto è configurabile come “garanzia a prima richiesta” autonoma, esso non contiene di solito clausole di reviviscenza, 1957, etc., perché già prevede il pagamento a prescindere; inoltre non fu oggetto dello schema ABI (che parlava di fideiussione). Ad esempio, Cass. ord. 26380/2024 trattava il caso di un contratto che la corte d’appello aveva qualificato come garanzia autonoma; la Cassazione ha detto: giustamente, in quel caso, i principi delle SU 2021 sono irrilevanti perché riferiti a fideiussioni con quelle clausole, mentre qui tali clausole neppure risultano pattuite, e comunque è un autonomo di garanzia. Quindi, chi rilascia o firma una garanzia autonoma non può invocare la nullità antitrust dell’intesa ABI, poiché quell’intesa riguardava una pratica anti-concorrenziale specifica sulle fideiussioni tipiche omnibus.

Ricapitolando: tutte le fideiussioni bancarie omnibus (e specifiche) che riproducono le clausole ABI 2, 6, 8 – tipicamente quelle ante 2010 – possono essere colpite da nullità parziale. Il fideiussore in giudizio deve attivarsi per far valere questa nullità a suo vantaggio. Le conseguenze sono favorevoli al garante, che spesso riesce così a evitare di pagare se il creditore non ha agito tempestivamente (per via del ripristino dell’art.1957 c.c.). D’altro canto, il creditore non perde completamente tutela: conserva intatta l’azione verso il debitore principale (se solvibile) e mantiene valida la garanzia per il resto (ad esempio, se la banca ha agito entro 6 mesi, potrà comunque escutere il fideiussore, solo senza le clausole abusive). Questa nullità ha natura speciale e discende dalla violazione di norme antitrust (tutela della concorrenza). Si noti che i giudici, nel dichiararla, spesso sottolineano come l’obiettivo sia proteggere la libertà negoziale e impedire che schemi contrattuali uniformi e iniqui vengano imposti ai clienti dal cartello bancario. In ciò si avvicina molto alla logica della tutela del consumatore contro clausole abusive.

Clausole vessatorie nelle fideiussioni e tutela del consumatore (interventi AGCM e giurisprudenza)

Un fideiussore persona fisica, quando garantisce un’obbligazione non attinente alla sua attività imprenditoriale o professionale, riveste la qualità di consumatore ai sensi del Codice del Consumo (D.Lgs. 206/2005). Si pensi al classico caso del familiare (genitore, coniuge) che fa da garante per un finanziamento: se il garante non trae un beneficio professionale o imprenditoriale (ad es. non è socio dell’azienda finanziata), egli è un consumatore e il contratto di fideiussione rientra nelle tutele del Codice del Consumo. Tra queste, vi è la normativa sulle clausole vessatorie nei contratti predisposti unilateralmente (artt. 33-36 Cod. Cons.). Molte clausole tipiche dei moduli bancari possono essere sospettate di vessatorietà, in quanto creano un significativo squilibrio a danno del consumatore garante. Ad esempio: la clausola che esonera la banca dall’escutere prima il debitore (rinuncia al beneficium excussionis), la clausola che prevede la tacita proroga della garanzia anche se il debito principale viene rinnovato o prorogato, la già citata rinuncia ai termini ex art.1957, la deroga alla competenza territoriale a favore della sede della banca, la facoltà della banca di interrompere rapporti col debitore senza informare il garante, ecc.

Nel 2022, l’AGCM (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato) – nell’ambito delle sue competenze di controllo delle clausole vessatorie – ha scrutinato le condizioni generali di fideiussione proposte da alcune banche locali. Ad esempio, è noto il caso di Banca d’Alba, portato all’attenzione dall’associazione Movimento Consumatori: l’AGCM ha avviato un procedimento per clausole vessatorie nelle fideiussioni di tale banca, e il Tribunale di Torino (Sez. Impresa) nel marzo 2024 ha emesso un’ordinanza inibitoria ex art. 140 Cod. Consumo, con cui ha vietato provvisoriamente a Banca d’Alba di utilizzare alcune clausole ritenute abusive nelle fideiussioni. Tale provvedimento, reso noto da Movimento Consumatori, è un esempio concreto di come la tutela consumeristica si affianchi a quella antitrust. Le clausole contestate a Banca d’Alba sono pressoché le stesse dello schema ABI (reviviscenza, sopravvivenza, rinuncia termini) più altre tipiche condizioni sfavorevoli. Nella corposa ordinanza (24 pagine) il Tribunale individua come vessatorie, tra le altre, le clausole che: impongono al fideiussore di pagare anche dopo la scadenza dell’obbligazione principale purché entro 6 mesi la banca agisca (di fatto la clausola di deroga parziale all’art.1957 c.c. a favore della banca); le clausole di reviviscenza e sopravvivenza (già viste); la clausola che estende la garanzia a ogni obbligazione futura senza facoltà di recesso; la clausola che consente alla banca di decidere come imputare i pagamenti eventualmente ricevuti (potendo così mantenere in vita la fideiussione più a lungo); la clausola che esclude l’obbligo di informare il fideiussore dei mancati pagamenti del debitore; la deroga del foro del consumatore, etc. Il Tribunale ha ritenuto queste condizioni contrarie alla buona fede e causa di squilibrio a danno del consumatore, ordinandone la cessazione.

Dal canto suo, la Corte di Giustizia UE è intervenuta sul tema in materia di procedimenti monitori: con sentenza 17 maggio 2022 (causa C-600/19), ha affermato che il giudice deve poter valutare d’ufficio la vessatorietà di clausole in un contratto di fideiussione bancaria anche se il decreto ingiuntivo è divenuto irrevocabile per mancata opposizione, altrimenti la normativa UE sarebbe frustrata. Questo perché spesso i fideiussori non contestano subito (anche per scarsa informazione), ma ciò non significa che clausole abusive possano produrre effetti incontrovertibili. In Italia la giurisprudenza di legittimità ha recepito tali principi, cercando di bilanciare la cosa con il giudicato; tuttavia, il messaggio è che le clausole abusive non vincolano il consumatore comunque, e vi sono strumenti per farle caducare anche tardivamente.

Differenze tra abuso e antitrust: le clausole “ABI” di cui sopra sono spesso sia anticoncorrenziali che abusive. L’azione antitrust mira a colpire l’intesa tra imprese, mentre l’azione consumeristica mira a proteggere il contraente debole dallo squilibrio contrattuale. Tecnicamente, la nullità antitrust è assoluta (norma imperativa di ordine pubblico economico) ed è fatta valere tipicamente dal fideiussore (ma potrebbe farlo anche il debitore garantito, ad es. per far dichiarare nulla una clausola di rinuncia termini che se no porterebbe a obbligo di pagare ancora). La nullità consumeristica è relativa (a tutela del solo consumatore: solo il consumatore può farla valere, l’AGCM può chiedere l’inibitoria ma poi l’inefficacia opera a favore del consumatore). Spesso le due cose coincidono: clausole come la rinuncia a ogni eccezione o informativa possono essere censurate sotto entrambi i profili. Per i garanti che siano consumatori, dunque, c’è un doppio binario di tutela. Le sentenze di merito abbondano: già nel 2017-2019 alcuni tribunali (es. Trib. Venezia 2017) dichiararono vessatorie le clausole-fotocopia ABI; nel 2022 e 2023 altri provvedimenti analoghi (il Movimento Consumatori ne dà conto in comunicati e FAQ sul tema). La diretta conseguenza di una clausola vessatoria è la sua nullità parziale ex art. 36 Cod. Cons.: la clausola si ha per non apposta e il contratto resta efficace senza di essa, se può continuare. Ad esempio, se è nulla la clausola che proroga la fideiussione oltre la scadenza del debito, il fideiussore cessa di essere obbligato alla data originaria di scadenza. Se è nulla la clausola di pagamento a prima richiesta, il fideiussore potrà opporre le eccezioni. Se è nulla la clausola di foro esclusivo, il garante può agire o essere citato nel foro del consumatore (domicilio). E così via. Inoltre, l’art. 34 Cod. Cons. crea una presunzione di vessatorietà per certe clausole se non specificamente trattate: ad esempio, l’art. 33 elenca come vessatorie (salvo prova contraria) le clausole che stabiliscono a carico del consumatore decadenze o limitazioni all’azione, restrizioni alla libertà contrattuale rispetto a quanto previsto da norma dispositiva, facoltà per il solo professionista di recedere senza corrispettivo, ecc. Molte delle clausole delle fideiussioni standard rientrano in queste categorie (es. la banca può recedere dalle linee di credito senza preavviso, ma il fideiussore non può recedere dalla garanzia se non con efficacia limitata alle nuove operazioni e resta comunque vincolato per due anni per quelle in essere… tutte condizioni unilaterali).

L’AGCM svolge un ruolo di vigilanza: nel Bollettino 22/2022 ad esempio segnalava procedimenti in corso su clausole di fideiussione. Le associazioni di consumatori (Movimento Consumatori in primis) hanno portato avanti azioni inibitorie collettive con un certo successo, come visto con Banca d’Alba, ma anche altre banche sono state coinvolte. Ad esempio, alcune BCC e banche popolari hanno adeguato i contratti eliminando le clausole criticate per evitare sanzioni e ordini inibitori. Dunque, ad oggi, chi firma una fideiussione come consumatore dovrebbe ricevere moduli più equilibrati – ma resta essenziale leggere e capire le condizioni.

Conclusione su questo punto: il fideiussore persona fisica non professionale ha potenti strumenti di difesa contro clausole ingiuste: può richiamare sia la nullità antitrust (se applicabile) sia la nullità consumeristica. Spesso le due cose coesistono e vengono invocate insieme nelle cause. Ad esempio, è frequente leggere sentenze che dichiarano la nullità ex art. 1418 c.c. (antitrust) ed ex art. 36 Cod. Cons. (abusività) delle medesime pattuizioni, ottenendo il risultato di liberare il garante o limitarne l’obbligo. Dal punto di vista del debitore principale, la questione delle clausole nulle può essere un’arma a doppio taglio: da un lato, se la fideiussione del suo garante viene dichiarata nulla, il debitore “perde” la garanzia verso il creditore, il quale potrebbe diventare meno propenso a concedere ristrutturazioni o concordati e più aggressivo verso il debitore stesso; dall’altro lato, però, un debitore in difficoltà potrebbe suggerire al proprio garante di valutare tali eccezioni per guadagnare tempo o costringere la banca a più miti consigli. Ad esempio, se in trattativa di ristrutturazione una banca sa che tanto la sua fideiussione omnibus rischia di essere smontata in giudizio, sarà forse più incline ad accettare una proposta transattiva. Inoltre, per il debitore consumatore che ha fatto da fideiussore per terzi (capita, ad esempio: un pensionato garantisce un prestito altrui), la possibilità di liberarsi da un’obbligazione gravosa sfruttando la nullità di clausole vessatorie è una salvezza personale.

Chiudiamo questa sezione osservando che il tema antitrust e quello consumeristico spesso convergono – e l’AGCM è autorità competente in entrambi i casi (concorrenza e tutela consumatori). Non a caso, l’Autorità in alcuni provvedimenti ha citato espressamente il precedente del cartello ABI 2005 come indice di abusività intrinseca delle clausole: se le banche hanno imposto in modo uniforme certe clausole, ciò suggerisce che il consumatore non abbia avuto alcuna possibilità di negoziarle, e che siano strutturalmente sbilanciate.

Domande frequenti (FAQ) – Fideiussioni e crisi d’impresa

Di seguito, in forma di domanda e risposta, affrontiamo in modo sintetico alcuni dubbi ricorrenti di imprenditori, garanti e debitori sulle polizze fideiussorie e le situazioni di crisi d’impresa.

D: Che differenza c’è tra fideiussione bancaria e polizza fideiussoria assicurativa?
R: La fideiussione bancaria è rilasciata da una banca e di solito è un contratto accessorio al debito (la banca paga il creditore se il debitore non paga, poi si rivale sul debitore). Può essere specifica per un singolo debito o omnibus per tutti i debiti presenti e futuri (entro un massimale). La polizza fideiussoria assicurativa invece è emessa da una compagnia di assicurazione (autorizzata al ramo cauzioni) dietro pagamento di un premio; spesso ha natura di garanzia a prima richiesta, con la compagnia che indennizza il beneficiario nei limiti pattuiti in caso di inadempimento del debitore. Giuridicamente la Cassazione la considera un contratto atipico, distinto dalla fideiussione ordinaria, quindi non si applicano automaticamente tutte le norme della fideiussione classica. In sintesi: la funzione è simile (garantire un credito), ma differiscono il garante (banca vs assicurazione) e talora la struttura (più “satisfattoria” la fideiussione bancaria tradizionale, più “risarcitoria” la polizza assicurativa). Dal punto di vista di chi richiede la garanzia: la fideiussione bancaria spesso blocca liquidità o richiede garanzie reali al garante; la polizza assicurativa richiede un premio ed eventualmente controgaranzie minori, ma ha costi maggiori proporzionalmente e può avere escussione più facile per il creditore.

D: Cosa significa che la fideiussione è “accessoria”?
R: Significa che la sorte e i limiti dell’obbligazione garantita condizionano la garanzia. Ad esempio, se il contratto principale è nullo, la fideiussione (salvo patto di sopravvivenza) è nulla anche essa. Se il debitore paga il debito, la fideiussione si estingue (salvo patto di reviviscenza per pagamenti revocati). Inoltre la fideiussione non può eccedere l’importo dovuto dal debitore né essere più onerosa. Si dice anche che la fideiussione è “accessoria in senso stretto”: è un obbligo subordinato al principale. Questo la distingue dai contratti autonomi di garanzia, che invece non dipendono dalle vicende del rapporto sottostante (il garante paga a prescindere, poi eventualmente discute col debitore).

D: Quali sono i rischi principali per un fideiussore quando l’azienda debitrice entra in crisi o insolvenza?
R: Il rischio maggiore è di dover pagare il debito al posto del debitore, senza poi riuscire a recuperare nulla. Quando l’impresa garantita fallisce o va in concordato, il creditore, come abbiamo visto, può escutere il fideiussore per l’intero importo, anche se ha accettato una riduzione nel concordato. Il fideiussore dunque può essere chiamato a onorare il debito (o la parte non pagata dal debitore) e poi insinuarsi al passivo del fallimento o attendere che il debitore esca dal concordato per chiedergli il rimborso in regresso. Ma se il debitore è insolvente, il fideiussore recupererà solo una percentuale (nel fallimento) o nulla (se il debitore persona fisica ottiene esdebitazione). In altre parole, il fideiussore subisce le conseguenze economiche della crisi del debitore: spesso anche il suo patrimonio viene aggredito dai creditori. Un altro rischio è la decadenza dal beneficio della suddivisione del debito: se ci sono più fideiussori, il creditore può pretendere tutto da uno solo (che poi avrà il problema di farsi dare le quote dagli altri, i quali però potrebbero essere insolventi anche loro). Inoltre, a volte il fideiussore rischia di perdere eventuali garanzie reali che aveva a sua volta (ad esempio, se aveva dato ipoteca a garanzia della fideiussione, quella verrà escussa).

D: Se un debitore ottiene un concordato preventivo, il fideiussore è liberato automaticamente?
R: No, al contrario: il concordato preventivo non libera affatto i fideiussori (tranne i soci illimitatamente responsabili nelle società di persone). I creditori conservano i loro diritti verso i garanti e coobbligati. Questo è stabilito esplicitamente dalla legge (art. 117 CCII) e confermato dalla Cassazione. Dunque, se sono un fideiussore di un’azienda che fa un concordato pagando ad esempio il 30%, io garante posso essere costretto a pagare il restante 70% al creditore. L’accordo di concordato vincola solo i creditori nei confronti del debitore, ma non riguarda i terzi. Solo se il creditore, volontariamente, rinuncia a rivalersi sui garanti (cosa che potrebbe fare espressamente nel piano concordatario in cambio magari di un pagamento leggermente maggiore da parte del debitore), allora il garante sarebbe salvo. Ma è raro: normalmente i creditori tengono “vivo” il diritto verso i fideiussori, anzi in sede di voto spesso il fatto di avere un fideiussore li induce a votare sì al concordato perché sanno di poter recuperare la differenza dal garante. In conclusione: il concordato esdebita il debitore ma non esdebita il fideiussore.

D: Nel fallimento (liquidazione giudiziale) del debitore, il fideiussore deve pagare?
R: Se il creditore non viene soddisfatto nel fallimento (e tipicamente i chirografari prendono poco), cercherà soddisfazione dal fideiussore. Il fallimento in sé non obbliga il fideiussore a pagare automaticamente, ma il creditore ha tutto l’interesse a escuterlo al più presto. Non c’è un automatico meccanismo di riparto sul garante, sarà il creditore a decidere se attivarsi contro di lui (e normalmente lo fa). Una volta che il fideiussore paga, subentra al creditore nel fallimento per quel credito (surroga). Può insinuarsi al passivo e prendere i dividendi che avrebbe preso il creditore originario. Però spesso i tempi del fallimento sono lunghi e i dividendi scarsi, quindi il fideiussore recupera poco. Se poi il fallito persona fisica ottiene l’esdebitazione, dopo la chiusura del fallimento, il fideiussore non potrà più chiedergli nulla: l’esdebitazione cancella i debiti residui del fallito anche verso il fideiussore (non nel senso che libera il fideiussore verso i creditori, ma elimina il debito originario, quindi il fideiussore non ha più titolo per regresso). Quindi, sì: nel fallimento il fideiussore in pratica paga e subisce perdite. Solo se il creditore è ipergarantito (es. ha pegno o ipoteca) e viene soddisfatto integralmente nel fallimento, il fideiussore potrebbe uscire indenne perché il creditore non ha necessità di chiedergli nulla. Ma se c’è un ipotecario e fideiussore, di solito la banca escute l’ipoteca e se resta insufficiente, per il deficit chiederà al fideiussore.

D: Che cos’è la “nullità delle fideiussioni ABI” di cui sento parlare?
R: Riguarda alcune clausole standard inserite in quasi tutte le fideiussioni bancarie (specie omnibus) in passato – clausole di reviviscenza, sopravvivenza e rinuncia ai termini – che sono state giudicate frutto di un accordo illecito fra banche (violazione antitrust). Per questo, i giudici le considerano nulle e come se non fossero mai state valide nei contratti “a valle”. La nullità è parziale: significa che solo quelle clausole vengono eliminate e il resto del contratto di fideiussione rimane valido (salvo non abbia senso senza di esse, ipotesi rara). Il risultato più importante è che la clausola di rinuncia all’art.1957 c.c. viene tolta, e quindi il creditore, se ha aspettato troppo a fare causa al debitore, perde il diritto verso il fideiussore (decadenza). Questa nullità può essere fatta valere dal fideiussore in qualunque momento, anche in via di eccezione, e non richiede che il fideiussore sia un consumatore (vale per chiunque, è una nullità ex lege). Ovviamente bisogna dimostrare che il proprio contratto aveva quelle tre clausole e che la banca le usava come da schema ABI. Ormai è noto: erano presenti in tutti i moduli ABI prima del 2005 e in molti moduli anche dopo. La Cassazione ha definitivamente convalidato questo orientamento. Quindi, se sei fideiussore escusso dalla banca, verifica se il tuo contratto contiene le clausole 2, 6, 8 dello schema ABI: potresti avere un asso nella manica per evitare di pagare o negoziare meglio.

D: Cosa deve provare un fideiussore per far dichiarare nulla la sua fideiussione bancaria?
R: Deve provare che il suo contratto di fideiussione è “a valle di un’intesa restrittiva della concorrenza”. In pratica: 1) produce il testo del suo contratto evidenziando le clausole incriminate (di solito uguali o molto simili alle clausole 2,6,8 schema ABI 2003); 2) produce il provvedimento n.55/2005 di Banca d’Italia, che attesta l’esistenza dell’intesa illecita tra banche su quelle clausole; 3) se la sua banca non era parte dell’indagine o la fideiussione è successiva al 2005, può rafforzare la prova mostrando che anche altre banche usavano lo stesso schema, per dimostrare che l’intesa era diffusa (spesso basta il fatto notorio derivante dal provvedimento). In alcuni casi va provato anche quando fu firmata la fideiussione: se è stata firmata prima del 2003, si deve dimostrare che già allora c’era un accordo tra banche (più difficile, come visto nella sentenza App. Roma 2024 che ha negato nullità per fideiussione del 1992). Di solito comunque la maggior parte risale a metà anni 2000 o 2010, quindi dentro o subito dopo il periodo oggetto di istruttoria: in questi casi i tribunali ritengono la prova soddisfatta dal provvedimento e dalla copia del contratto. Nota bene: se hai più fideiussioni (es. garantivi due banche diverse), ciascuna va esaminata; è possibile che una contenga quelle clausole e sia nulla, un’altra magari no. Comunque, oggi come oggi, quasi tutte le cause in cui i fideiussori sollevano l’eccezione ottengono un accoglimento, tranne eccezioni legate alla specificità temporale.

D: Se vengono dichiarate nulle le clausole “ABI” nella mia fideiussione, la banca poi può rifarsi su di me in altro modo?
R: La banca rimane con una fideiussione priva di quelle clausole abusive. Ciò significa, principalmente, che non c’è più la rinuncia al termine ex art.1957: quindi se la banca non aveva rispettato quel termine, è decaduta e non può più chiederti nulla. Se invece la banca era stata diligente (es. ha fatto decreto ingiuntivo contro il debitore entro 6 mesi dalla scadenza del debito), allora la fideiussione – epurate le clausole 2 e 8 – rimane valida, per cui tu rimani obbligato come fideiussore normale. Però senza clausola 2, se il debitore aveva pagato qualcosa e poi quel pagamento è stato revocato, potresti dire che la tua garanzia per quella parte non vale (questo è un punto tecnico: c’è chi sostiene che anche senza clausola, per via dell’accessorietà, se il pagamento è revocato il debito risorge e con esso la fideiussione; ma è dibattuto, dipende dal tipo di revoca). Senza clausola 8, se il contratto principale era invalido, la banca potrebbe sostenere un indebito arricchimento, ma tu come fideiussore potresti dire “non garantivo una cosa nulla”; qui subentrano regole civilistiche generali. In sostanza, la banca perde quei vantaggi contrattuali indebitamente acquisiti col cartello, e resta con la garanzia “base”. Quindi la nullità non comporta risarcimenti né altro (a meno che tu come garante volessi far causa per danni antitrust, ma pochi lo fanno perché dovresti dimostrare un danno aggiuntivo). La banca semplicemente vede ridursi la possibilità di successo della sua azione nei tuoi confronti se aveva fatto affidamento su quelle clausole.

D: Sono un imprenditore che ha garantito personalmente con fideiussione i debiti della mia società. Ora la società è in difficoltà e stiamo considerando un concordato preventivo. Cosa dovrei fare riguardo alle fideiussioni?
R: La situazione va gestita con attenzione: come visto, il concordato della società non ti libera come garante, e i creditori con la tua fideiussione potrebbero votare sì al concordato ma poi venire a chiedere a te il resto. Ci sono alcune strategie possibili: 1) Coinvolgimento nel piano: potresti offrire, nel piano di concordato, un contributo personale (denaro o beni) da destinare ai creditori, a condizione magari che ciò soddisfi integralmente una classe e comporti la liberazione tua come garante. Ad esempio, potresti dire: “Mi impegno a pagare direttamente ai creditori X e Y questa somma, purché rinuncino ad azioni ulteriori sia verso la società che verso di me”. Se i creditori accettano e votano, poi saranno vincolati. 2) Piano in continuità con liberazione soci: se fosse società di persone, occhio al discorso dei soci illimitati: lì sei protetto ex lege salvo patto contrario, quindi in quel caso non devi far nulla, solo assicurarti che non ci siano patti che ti escludano dall’effetto esdebitatorio. 3) Accordo individuale con le banche garantite: parallelamente al concordato, puoi negoziare con la banca creditrice: magari offri di pagare personalmente una percentuale un po’ più alta di quella concordataria in cambio della liberatoria sulla fideiussione. Alcune banche accettano, perché incassano prima e chiudono la posizione senza rincorrerti dopo. 4) Valutare procedura personale: se il debito è ingestibile per te, potresti pensare a tua volta di accedere a una procedura da sovraindebitato (se i debiti personali eccedono le tue capacità) o se sei soggetto fallibile, al fallimento personale. Non è raro che dopo un concordato aziendale, i garanti finiscano per fare essi stessi un concordato personale o un fallimento. In prospettiva, potresti ottenere l’esdebitazione a livello personale, ma questo è ovviamente l’extrema ratio e comporta sacrifici (svendere patrimonio personale). 5) Verifica nullità clausole fideiussione: come garanzia aggiuntiva, controlla se le fideiussioni che hai firmato contengono le clausole ABI nulle: se sì, potresti far leva su quelle per ridurre l’importo dovuto (ad esempio se la banca ha tardato a fare causa alla società, tu potresti essere decaduto da obbligo). Ciò potrebbe convincere la banca a trattare.

D: Una banca può chiedere una fideiussione “omnibus illimitata” oggi?
R: No, per legge deve esserci un importo massimo garantito. Dal 1992 (Legge Trasparenza bancaria) è vietato acquisire garanzie personali eccedenti in relazione all’operazione: la Banca d’Italia ha imposto la determinazione di un massimale. Quindi le fideiussioni omnibus moderne riportano sempre un importo fino a cui il fideiussore risponde. Può essere alto, ma c’è un tetto. Se davvero ti presentassero un modulo senza importo massimo, sarebbe nullo in quella parte: di fatto poi la giurisprudenza supplisce, dicendo “valida nei limiti del debito”, il che può equivalere a illimitata, ma in teoria no perché oggi tutte hanno una cifra. Quanto alla durata: la fideiussione omnibus è generalmente a tempo indeterminato con facoltà di recesso (che però non libera per i debiti già in essere). Non c’è un limite temporale imposto, salvo appunto la regola dell’art.1957 c.c. che protegge il garante dall’inerzia del creditore, a meno che il garante rinunci a quella protezione (ma quella clausola di rinuncia è nulla, come visto). Quindi di fatto c’è un limite funzionale di sei mesi dall’uscita del debitore dalla banca per chiederti qualcosa.

D: Cos’è il “beneficio di escussione” e quando si applica?
R: Il beneficium excussionis è la facoltà del fideiussore di pretendere che il creditore aggredisca prima il debitore principale e i suoi beni, e solo se questi non danno risultato allora rivolgersi al fideiussore. Di default, la fideiussione non prevede tale beneficio (art. 1944 co.1 c.c. dice che il fideiussore è obbligato in solido, quindi il creditore può scegliere). Per far valere il beneficio occorre che sia espressamente previsto nel contratto (art.1944 co.2 c.c.). In pratica, è raro vederlo nei contratti bancari standard, perché le banche lo escludono quasi sempre. Se però hai firmato una fideiussione dove c’era scritto che rispondi “solo dopo che il creditore abbia escusso il debitore principale”, allora puoi, se ti fanno causa, indicare i beni del debitore da espropriare prima e far sospendere l’azione contro di te finché non siano stati tentati. Nota: il beneficio di escussione non si applica nelle garanzie a prima richiesta (che per definizione lo escludono), e la rinuncia al beneficio è considerata di solito una clausola vessatoria se non approvata specificamente per iscritto ex art. 1341 c.c. (e di solito infatti nei moduli è tra le clausole approvate). Come consumatore, potresti anche contestare quella rinuncia come squilibrata, ma è meno potente come argomento rispetto a quelli visti prima.

D: Cosa succede se ci sono più fideiussori per lo stesso debito e uno solo paga?
R: Tra i co-fideiussori vale l’art. 1946 c.c.: salvo patto diverso, chi paga ha diritto di regresso pro quota verso gli altri. Ad esempio, debito €100, garanti Caio e Sempronio obbligati in solido; il creditore chiede tutto a Caio, Caio paga €100. Ora Caio può chiedere a Sempronio €50 (la metà). Se Sempronio è insolvente per la sua parte, la perdita ricade su Caio. Invece verso il creditore, come già detto, ognuno poteva essere chiamato per intero. Per prevenire litigiosità, a volte tra fideiussori si stipula un patto di “controgaranzia” interno o ci si divide il massimale: ma se non c’è niente di scritto, vale la divisione proporzionale (di solito in parti uguali se non specificato). Da notare che se un co-fideiussore è anche debitore principale (es. socio illimitato), allora quell’articolo non si applica perché quello è debitore solidale, non fideiussore; però le dinamiche di contributo interno seguono altri criteri.

D: Una fideiussione a garanzia di un contratto (ad es. di appalto) viene meno se quel contratto si risolve o è nullo?
R: Di norma, essendo accessoria, la fideiussione viene meno se l’obbligazione principale non esiste o viene meno. Tuttavia, se hai firmato una clausola di sopravvivenza (spesso chiamata proprio così nel testo: “la fideiussione conserva efficacia anche se il contratto principale è invalido”), allora il garante resta obbligato a garantire la restituzione di somme eventualmente dovute a titolo di ripetizione di indebito. Quella clausola è una di quelle ABI dichiarate nulle e anche ritenuta vessatoria verso consumatori, quindi potrebbe non avere effetto. Ma se la fideiussione è corporate (non consumer) e la clausola c’è, finché non la contesti in giudizio resta valida. Diciamo che il principio generale è: se il contratto principale è nullo, il fideiussore potrebbe essere libero (perché viene meno causa debito) ma potrebbe comunque dover garantire la restituzione dell’indebito (che è una obbligazione diversa sorta ex lege); se il contratto principale è annullato, stessa situazione; se è risolto per inadempimento, il debito si trasforma in risarcimento danni di solito, e la fideiussione copre anche quello salvo patto contrario (perché è conseguenza dell’obbligazione originaria); se è estinto per adempimento, la fideiussione si spegne salvo reviviscenza pattuita (che come visto è nulla se era parte del cartello). Quindi bisogna guardare caso per caso.

D: Il mio garante ha pagato i miei debiti verso una banca; ora la banca non mi chiede più nulla, ma il garante sì (vuole la restituzione). Posso oppormi in qualche modo?
R: Se il garante ha pagato regolarmente in base alla fideiussione, diventa tuo creditore per ciò che ha pagato (diritto di regresso, art. 1950 c.c.). Non hai molte difese, se il debito originario era dovuto. Potresti eccepire formalmente ad esempio che il garante ha pagato senza informarti, ma non è un’eccezione valida: il garante può pagare anche contro la tua volontà per liberarsi. Un caso in cui potresti evitare di restituire è se tu hai una procedura concorsuale e ottieni l’esdebitazione: come discusso, se tu fai un concordato o fallimento e esci esdebitato, il garante che ha pagato durante la procedura o dopo l’omologazione non può rivalersi su di te, perché quel debito è stato cancellato (in capo a te). Quindi, paradossalmente, se sei molto indebitato e non hai altre vie, la tua liberazione passa attraverso la procedura concorsuale: i tuoi garanti pagheranno, ma tu sarai libero anche verso di loro. Non è una soluzione “simpatica” per il garante, ma è ciò che la legge prevede per favorire il fresh start del debitore onesto ma sfortunato. In mancanza di ciò, dovrai restituire al garante quanto ha versato al tuo creditore, magari rateizzando o come concordato tra di voi (il garante a volte preferisce un accordo amichevole piuttosto che farti fallire se siete in rapporti stretti).

D: Quanto costa ottenere una polizza fideiussoria?
R: Dipende dal tipo e dall’importo. Le fideiussioni bancarie spesso richiedono una commissione annua sull’importo garantito (diciamo dall’1% al 3% annuo, variabile in base al merito creditizio) e possono richiedere contestuale costituzione di un deposito cauzionale o pegno in denaro a garanzia di regresso (anche fino al 100% in alcuni casi, di fatto congelando denaro). Le polizze assicurative prevedono un premio, generalmente unico anticipato, calcolato in percentuale sul massimale e sulla durata (es: per una garanzia di 3 anni su €50.000, un premio potrebbe essere 4-5% annuo, quindi ~€6.000). Il premio riflette il rischio: se sei un’azienda con bilanci solidi e rating buono, pagherai meno; se sei borderline, alcune compagnie potrebbero rifiutare o chiedere premi molto alti e controgaranzie reali (ipoteche, pegni). Ci sono anche intermediari che offrono fideiussioni ma attenzione alle truffe: assicurarsi sempre che la compagnia sia autorizzata IVASS (in passato vi sono stati casi di “fideiussioni false” emesse da soggetti non autorizzati, poi non valide).

D: Posso “annullare” o recedere da una fideiussione che ho firmato?
R: Dipende. Se la fideiussione è a tempo indeterminato (tipicamente omnibus), puoi recedere mediante comunicazione scritta al creditore, però gli effetti del recesso coprono solo le operazioni future – resti obbligato per tutti i debiti già esistenti al momento del recesso, per due ragioni: (a) per le operazioni già poste in essere sei comunque garante (ad es. saldi passivi già maturati); (b) spesso il contratto prevede un periodo di efficacia del recesso (es: “il recesso ha effetto dopo 30 giorni per i crediti già sorti” o finché il conto non è chiuso). Se è specifica per un finanziamento, non puoi recedere a meno che il creditore acconsenta a liberarti (di solito no, a meno che trovi un sostituto garante altrettanto valido). Annullare una fideiussione nel senso di invalidarla è possibile solo se c’è un vizio di consenso (errore, violenza, dolo) o se ad esempio tu l’hai firmata come coobbligato ma era sproporzionata e chiedi l’annullamento ex art. 1938 c.c. per eccessiva onerosità (ma la legge non lo prevede espressamente, a differenza di altre nazioni, in Italia il fideiussore non ha uno “jus poenitendi”). Potresti però ottenere nullità parziale se ci sono clausole antitrust o vessatorie, come abbiamo ampiamente discusso, e in tal caso di fatto ti liberi da molte obbligazioni. Se sei un fideiussore consumatore e ti rendi conto di aver firmato clausole squilibrate, puoi rivolgerti all’AGCM o a un’associazione consumatori, oppure direttamente contestarle al creditore; se questi volesse fartele valere, potrai opporle come nullità in giudizio. Ma uno strumento tipo recesso per ripensamento non c’è (non è un contratto di acquisto; a volte però alcune banche prevedono la facoltà del garante di disdire con un certo preavviso: controlla il tuo contratto).

D: Come incide la riforma del 2022 (Codice della crisi) sulla concessione di nuove fideiussioni?
R: Indirettamente, la riforma pone più enfasi sulla prevenzione della crisi: le banche, a fronte di obblighi di segnalazione e check up sulla crisi (es. rilevazione tempestiva di default), potrebbero richiedere garanzie aggiuntive se rilevano segnali di difficoltà. Ad esempio, se un’azienda comincia a presentare indicatori di allerta (indici di liquidità scarsa, ritardi fiscali), la banca potrebbe chiedere ai soci di rafforzare le garanzie – a volte ciò avviene nella fase di rinegoziazione o moratoria dei debiti, magari supportata da una composizione negoziata. Inoltre, con l’introduzione di istituti come la finanza esterna nei concordati, i terzi garanti (soci) vengono incoraggiati a intervenire: spesso un concordato in continuità viene ammesso solo se i soci apportano nuova finanza o garanzie. Dunque la riforma non tocca direttamente la normativa delle fideiussioni (che resta codicistica), ma nel favorire soluzioni concordate della crisi incentiva l’uso di garanzie dei soci o terzi per rendere le proposte più credibili. Dal punto di vista pratico, un imprenditore oggi deve sapere che: se la sua impresa inizia una composizione negoziata, probabilmente la banca gli chiederà di sospendere temporaneamente le escussioni dei garanti per non compromettere le trattative (qualche tribunale lo può autorizzare), ma in mancanza di accordo i garanti rimangono esposti; se arriva a un concordato, come visto, dovrà gestire il tema con i garanti. In sintesi, la riforma 2022 ha reso più strutturata la convivenza tra creditori, debitori e garanti in crisi: i ruoli sono più delineati e vi è maggiore trasparenza sui crediti garantiti (nei piani si deve indicare chiaramente se vi sono garanzie personali e il loro eventuale valore). Anche la possibilità di classi separate nei concordati permette di trattare i creditori garantiti da fideiussori in modo diverso (ad esempio, potrebbero essere in classe a sé e ricevere percentuale minore se tanto hanno il garante). Tutto ciò per dire: oggi più che mai, l’imprenditore e i suoi garanti devono fare squadra e pianificare insieme le mosse in caso di crisi, perché i creditori certamente lo faranno (coordinando azioni su patrimonio impresa e patrimonio garanti).


Tabelle riepilogative finali

Tabella 1 – Confronto tra fideiussione ordinaria e garanzia autonoma a prima richiesta

CaratteristicaFideiussione ordinariaGaranzia autonoma (contratto di garanzia)
Accessorietà rispetto al debito principaleSì, completamente accessoria: invalidità/estinzione del debito si riflettono sulla fideiussione.No, è indipendente: il garante paga a prescindere dalle vicende del rapporto principale (salvo abuso).
Eccezioni opponibili dal garantePuò opporre le eccezioni relative al rapporto principale (es. nullità, prescrizione, inadempimento del creditore, compensazione, ecc.), tranne quelle personali del debitore.In linea di massima nessuna, se ha promesso pagamento “a prima domanda e senza eccezioni” (può solo eccepire fraude manifestă o abuso del creditore beneficiario).
Beneficio di escussione (preventive)Può esistere se pattuito (raramente concesso dalle banche). Di default il fideiussore è obbligato in solido e il creditore può agire direttamente.Non rilevante, il concetto stesso di garanzia autonoma implica pagamento immediato a richiesta, dunque è come se il beneficio fosse sempre rinunciato.
Termine di decadenza (art.1957 c.c.)Applicabile se non derogato: il creditore deve agire entro 6 mesi dalla scadenza del debito, sennò fideiussore libero. Derogabile contrattualmente (ma clausola di rinuncia considerata nulla se imposta da intesa).Non applicabile in quanto obbligo non accessorio. Il garante resta obbligato finché la garanzia è in vigore secondo contratto, indipendentemente da termini rispetto al debitore. (Salvo diversa pattuizione, alcune garanzie autonome prevedono comunque scadenze proprie per fare claim).
Norme applicabili del Codice CivileArtt.1936-1957 c.c. interamente applicabili (salvo specifici patti contrari ammessi).Nessuna norma specifica dedicata: si applicano i principi generali dei contratti. Cassazione SU 2010: le norme della fideiussione non si applicano alle garanzie atipiche.
Tipici utilizziRapporti banca-cliente (fidi, mutui), canoni di locazione, dilazioni di pagamento tra imprese quando c’è rapporto di fiducia personale.Appalti (garanzie per anticipi, buona esecuzione), forniture internazionali, garanzie emesse da banche a favore di altre banche (crediti documentari), situazioni in cui il beneficiario vuole massima certezza di escussione rapida.
Vantaggio per il creditoreHa un obbligato in più, ma deve stare a eventuali formalità (art.1957) e possibili opposizioni.Pagamento rapido e sicuro, meccanismo simile a una assicurazione: incassa prima e semmai si discute dopo in altra sede.
Svantaggio per il garanteRischia il patrimonio, ma ha armi difensive (eccezioni, termini, ecc.). Inoltre paga solo se effettivamente dovuto dal debitore (in teoria).Deve pagare a richiesta anche se il debitore eccepisce inadempienze del creditore; rischio di pagare somme non dovute dal debitore (recuperabili solo ex post, se possibile). Spesso costo economico più alto (contro-garanzie ecc.).

Tabella 2 – Sintesi degli effetti delle procedure concorsuali sui rapporti di fideiussione

ProceduraCreditori vs DebitoreCreditori vs FideiussoriNote
Concordato preventivo (società di capitali o imprenditore individuale)Creditori soddisfatti parzialmente secondo il piano; dopo l’omologazione ed esecuzione, il debitore è esdebitato per la parte residua.Diritti dei creditori verso fideiussori conservati integri per l’intero credito. Possono escutere i garanti per la differenza non pagata in concordato, sia durante (dopo omologa) che dopo esecuzione.Soci illimitatamente responsabili di società di persone invece sono esdebitati insieme alla società (salvo patto contrario).
Liquidazione giudiziale (fallimento)Creditori soddisfatti in base ai riparti fallimentari; debitore persona fisica può ottenere esdebitazione finale.Creditori conservano azione contro fideiussori e coobbligati per l’intero. Possono agire anche durante il fallimento. Se fideiussore paga, subentra nel concorso (spesso parzialmente soddisfatto). Esdebitazione finale del debitore non estingue obbligo dei fideiussori verso creditori (ma elimina il loro regresso verso il debitore).La liberazione del fallito (esdebitazione) non giova ai garanti. Garanti eventualmente falliti a loro volta potranno chiedere propria esdebitazione.
Accordo di ristrutturazione (omologato)Creditori aderenti vincolati ai nuovi importi o scadenze (p.e. pagati al X%). Creditori non aderenti vanno pagati integralmente nei termini di legge.Per i creditori aderenti, dipende da cosa prevede l’accordo: se nulla, conservano le garanzie verso terzi (di solito sì, conservano e possono chiedere ai garanti la differenza tra 100% e % accordo, perché l’accordo non libera il debitore dall’intero debito, è una transazione parziale).Spesso gli accordi prevedono clausole esplicite su fideiussori: talvolta il creditore si impegna a non agire contro il garante finché il debitore rispetta l’accordo, ecc. Tutto contrattuale.
Composizione negoziata (fase pre-concordataria)Non è una procedura vincolante, finché non sfocia in accordi o concordato non incide sui diritti. Se concludono accordi stragiudiziali, questi valgono solo tra le parti firmatarie.In assenza di provvedimenti ad hoc, i creditori possono agire contro i garanti liberamente (le misure protettive ex art.18 D.L.118/21 operano solo verso il debitore, e tribunali inclini a negare estensione a garanti terzi).Il debitore può chiedere su base volontaria ai creditori di sospendere azioni sui garanti durante le trattative; non c’è obbligo, ma una banca a volte concorda moratorie a tutto tondo.
Concordato minore (sovraindebitamento imprenditore minore)Come un concordato preventivo: pagamento parziale, esdebitazione a fine esecuzione.Creditori conservano diritti verso fideiussori e coobbligati (nessuna norma speciale diversa dal concordato ordinario).Simile al concordato classico. Debitore esdebitato dopo esecuzione integrale.
Piano del consumatore (ristrutturazione debiti consumatore)Ristrutturazione debiti persona fisica consumatore, omologata da giudice senza voto creditori; vincola tutti i creditori anteriori. Dopo esecuzione, debiti residui inesigibili (esdebitazione “di diritto”).Il Codice non prevede liberazione automatica dei garanti del consumatore. I creditori possono escutere eventuali coobbligati (es. parenti garanti). Il giudice potrebbe in teoria sospendere temporaneamente azioni verso un garante se ciò compromettesse il piano, ma non è previsto esplicitamente.Se il consumatore viene esdebitato (anche immediatamente, art. 282 co.3 CCII prevede esdebitazione di diritto a omologa se il piano prevede pagamento anche parziale), i garanti rimangono obbligati verso i creditori per quote non pagate. Il creditore non può più chiedere al debitore, ma può ai garanti.
Liquidazione controllata (sovraindebitamento)Liquidazione patrimonio del debitore non fallibile, simile a fallimento. Dopo chiusura, esdebitazione possibile (anche immediata per incapiente).Conservazione diritti contro fideiussori (esattamente come nel fallimento).Il tribunale può disporre esdebitazione “incapiente” subito per debitori meritevoli senza attesa fine procedura. In tal caso il debitore è liberato subito, ma i garanti no e restano esposti all’azione dei creditori.

Tabella 3 – Clausole tipiche nelle fideiussioni e loro validità alla luce di antitrust e normativa consumeristica

Clausola contrattualeDescrizioneStatus giuridicoRiferimenti
Clausola di reviviscenza (ABI schema art.2)Il garante deve rimborsare al creditore somme incassate da quest’ultimo e poi restituite (per annullamento, revoca, ecc.). In pratica, se un pagamento del debitore viene meno, la garanzia “rivive”.Nulla per antitrust (intesa ABI); presumibilmente vessatoria verso consumatore (squilibrio).Provv. Banca d’It. 55/2005; Trib. Torino 2024 (Banca d’Alba) la inibisce.
Clausola di rinuncia ai termini (art.1957 c.c.)Il fideiussore rinuncia alla decadenza semestrale, rimanendo obbligato a tempo indeterminato indipendentemente dalle azioni contro il debitore.Nulla per antitrust (schema ABI art.6); vessatoria per consumatore (lo priva di una rilevante tutela di legge).Cass. SU 2021 conferma nullità parziale; Trib. Lecce 2025 conferma e applica decadenza. MC vs Banca d’Alba: clausola considerata abusiva.
Clausola di sopravvivenza (ABI schema art.8)La garanzia resta valida anche se il contratto principale è invalido; garantisce l’obbligo di restituzione delle somme erogate al debitore.Nulla per antitrust; vessatoria verso consumatore (pone a carico del consumatore conseguenze anche in caso di invalidità non imputabile a lui).Cass. SU 2021 nulla parziale; Trib. Torino 2024: clausola abusiva (inibita).
Pagamento a prima richiesta e “senza eccezioni”Il fideiussore si obbliga a pagare al semplice invito del creditore, rinunciando ad opporre eccezioni relative al rapporto principale. (In sostanza trasforma la fideiussione in garanzia autonoma).Valida tra imprenditori, se chiaramente voluta; può essere vessatoria verso consumatore se non negoziata (gli toglie ogni difesa). Alcuni tribunali l’hanno dichiarata nulla ex art.33 Cod. Cons. se il garante era consumatore.Trib. Torino 2024: considerata abusiva (squilibrio eccessivo, perché elimina tutti i rimedi) – ordinata cessazione utilizzo clausola di pagamento immediato.
Estensione futura / omnibusCopertura di tutte le obbligazioni “anche future” del debitore verso la banca.Ammissibile ma deve essere previsto un massimale e facoltà di recesso (imposta da normativa trasparenza). Senza massimale oggi sarebbe nulla. Per il consumatore, la vasta estensione può essere considerata vessatoria se sproporzionata.Dal 1992 obbligo di importo massimo (L. 154/92). Se illimitata, è nulla nei limiti dell’eccesso oltre il ragionevole.
Durata indeterminata (senza svincolo)Fideiussione valida anche dopo la scadenza del rapporto principale o fino a revoca scritta (e anche dopo per operazioni già in essere).Ammissibile in generale (tipico delle omnibus). Tuttavia, combinata con rinuncia termini ex 1957 diventa molto onerosa. Verso consumatore, una durata eccessiva senza possibilità di recesso può essere considerata vessatoria.In Banca d’Alba, MC contestava anche la mancanza di una adeguata possibilità di svincolo per i consumatori – ordinanza ha rilevato questo come elemento di vessatorietà.
Facoltà di recesso unilaterale del creditoreSpesso i contratti dicono che la banca può recedere dalle linee di fido dell’obbligato principale senza preavviso, senza che ciò incida sulla fideiussione (che resta).Ammissibile tra imprenditori (è la facoltà della banca di interrompere affidamenti); potenzialmente vessatoria se il garante è consumatore, perché lo espone a escussione immediata a causa di decisioni unilaterali non prevedibili.Clausola non oggetto di provvedimento antitrust, ma in logica consumeristica può rientrare tra quelle che consentono al professionista recesso ad nutum senza giusta causa (presuntivamente vessatoria ex art.33).
Clausola di compensazione/imputazioneLa banca può imputare i pagamenti ricevuti a qualsiasi debito vuole, mantenendo in vita la fideiussione per altri (es. accrediti su c/c non liberano la garanzia su mutuo se banca li imputa ad altro).Ammissibile salvo abusi; però se utilizzata per pregiudicare il garante (prolungando l’obbligo artificiosamente) potrebbe essere sindacata. Verso consumatore, è vessatoria se altera normali criteri di imputazione a suo sfavore.Trib. Torino 2024 ha censurato come abusiva la clausola che dà alla banca la libertà di imputare pagamenti come crede (perché consente di tenere vivo il debito garantito più a lungo).
Foro competente derogatoLa clausola che stabilisce come foro competente esclusivo quello della sede del creditore (diverso da quello del consumatore).Valida tra imprese; inefficace verso consumatore (art.33, co.2, lett. u) Cod. Cons. la presume vessatoria se diversa dal suo foro).In giudizio, il consumatore può eccepire la nullità di tale clausola e radicare la competenza nel proprio foro. Movimento Consumatori: clausola inibita nel caso Banca d’Alba.

Conclusione

Abbiamo esaminato in dettaglio l’intersezione tra polizze fideiussorie e crisi d’impresa, analizzando la normativa italiana aggiornata e la giurisprudenza fino a giugno 2025. Dal punto di vista del debitore (sia esso impresa o individuo), è fondamentale conoscere i meccanismi legali che regolano le garanzie personali e sfruttare consapevolmente le tutele previste: ad esempio, comprendere che un concordato non libera i garanti può indirizzare a soluzioni negoziali più eque; sapere della nullità delle clausole ABI può fornire un argomento di trattativa o difesa; essere informati sulle possibili clausole vessatorie permette di evitare di sottoscrivere contratti squilibrati o di impugnarli. Allo stesso tempo, occorre pianificare con attenzione il coinvolgimento di garanti nelle strategie di risanamento o liquidazione dell’impresa: spesso il destino del debitore e del fideiussore sono legati, e una mossa che salva uno può condannare l’altro, e viceversa.

Per gli avvocati, il quadro offre spunti per assistere al meglio i clienti: in fase di contrattazione di una fideiussione, negoziare la rimozione di clausole potenzialmente nulle o abusive per evitare future liti; durante la crisi aziendale, orchestrare accordi in cui magari il garante contribuisce volontariamente per evitare il tracollo post-concordato; in sede contenziosa, far valere con tempismo le eccezioni di nullità antitrust o di vessatorietà per tutelare i garanti. La materia è in continua evoluzione, ma i principi di base delineati (accessorietà della fideiussione, permanenza delle obbligazioni dei terzi garanti nelle procedure concorsuali, nullità di protezione delle clausole anticoncorrenziali e abusive) costituiscono punti fermi confermati dalle più recenti sentenze di legittimità e merito.

In conclusione, “cosa sapere” per un debitore (o garante) alle prese con polizze fideiussorie in tempi di crisi è soprattutto questo: conoscere i propri diritti e i propri rischi. Una fideiussione può salvare l’impresa dall’ottenere credito, ma può rovinare il garante se le cose vanno male; viceversa, le legge offre al garante alcuni scudi (spesso poco noti) che possono mitigare la sua responsabilità. Nel bilanciare questi interessi, gioca un ruolo decisivo la consulenza legale qualificata e l’attenzione alle clausole contrattuali. Speriamo che questa guida – con le fonti normative e giurisprudenziali aggiornate fornite – serva da utile riferimento per orientarsi in questo complesso ma fondamentale ambito del diritto delle imprese in crisi.

Fonti e riferimenti normativi/giurisprudenziali

  • Codice Civile: artt. 1936 – 1957 c.c. – disciplina generale della fideiussione (definizione, carattere accessorio, limiti ex art.1941, obbligazione in solido e beneficium excussionis ex art.1944, eccezioni opponibili ex art.1945, revoca fideiussione futura ex art.1956, termine semestrale ex art.1957 c.c.).
  • D.Lgs. 1 settembre 1993 n. 385 (TUB) – art. 117 impone forma scritta e contenuto trasparente ai contratti bancari; L. 17/2/1992 n. 154 introdusse l’obbligo di indicare l’importo massimo nelle fideiussioni omnibus.
  • Legge 10 ottobre 1990 n. 287 (Norme a tutela concorrenza) – art. 2 vieta intese restrittive della concorrenza; art. 2 co.2 lett. a) include accordi tra associazioni di imprese. Base del Provv. Bankitalia 55/2005.
  • Provvedimento Banca d’Italia n. 55 del 2/5/2005 – Accertamento intesa ABI-fideiussioni omnibus: dichiara anticoncorrenziali le clausole 2, 6, 8 schema ABI.
  • Codice del Consumo (D.Lgs. 206/2005) – art. 33 (clausole vessatorie definizione, elenco esemplificativo) e art. 36 (nullità di protezione). Applicato a fideiussioni con garante consumatore (es. provvedimenti AGCM, es. Trib. Torino ordinanza 22/3/2024 – inibitoria clausole abusive Banca d’Alba).
  • D.Lgs. 12 gennaio 2019 n. 14 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza)
    • art. 2 (definizioni di crisi e insolvenza);
    • art. 12-25 (Composizione negoziata della crisi);
    • art. 56 (Piani attestati di risanamento);
    • art. 57-64 (Accordi di ristrutturazione);
    • art. 84 ss. (Concordato preventivo in continuità e liquidatorio);
    • art. 117 CCII (Effetti del concordato per i creditori: conservazione diritti contro coobbligati e fideiussori);
    • art. 120 (Omologazione concordato preventivo);
    • art. 25-sexies (Concordato semplificato liquidatorio);
    • art. 248 CCII (Effetti del concordato nella liquidazione giudiziale, equivalente art.135 L.F.: creditori conservano azione per intero contro fideiussori);
    • art. 252 ss. (Apertura liquidazione giudiziale);
    • art. 278 CCII (Esdebitazione del debitore: “sono salvi i diritti verso coobbligati, fideiussori e regresso”);
    • art. 65-73 (Concordato minore) con rinvio ad art. 117 sugli effetti;
    • art. 74-83 (Ristrutturazione debiti del consumatore);
    • art. 240-251 (Liquidazione controllata sovraindebitati);
    • art. 282-283 CCII (Esdebitazione del sovraindebitato, anche incapiente).
  • Cassazione Civile Sezioni Unite 18/02/2010 n. 3947 – definisce la polizza fideiussoria come garanzia atipica non soggetta alle norme della fideiussione.
  • Cassazione Civ., Sez. I, 06/09/2019 n. 22382 – conferma che l’effetto esdebitatorio del concordato non si estende ai fideiussori (richiamata in dottrina).
  • Cassazione Civ., Sez. I, 25/05/2021 n. 14363 – ribadisce principio di non liberazione dei coobbligati nel concordato (cit. in dottrina).
  • Cassazione Sez. Unite Civili 30/12/2021 n. 41994 – (fideiussioni omnibus ABI) statuisce nullità parziale delle sole clausole “ABI” anticoncorrenziali, non dell’intero contratto. Conferma onere probatorio in capo a chi eccepisce nullità (provvedimento BI prova intesa 2002-05).
  • Cassazione Civ., Sez. I, 10/10/2024 nn. 26380 & 26383 – chiariscono confini applicativi di SU 2021: principi SU 41994/21 non valgono per contratti autonomi di garanzia; istruttoria BI limitata 2002-05, ma nullità può estendersi a fideiussioni successive con prova.
  • Cassazione Civ., Sez. I, 21/10/2024 n. 27243 – (segnalata da dottrina) ulteriore pronuncia su nullità fideiussioni, probabilmente in linea con precedenti (non abbiamo dettagli nel testo, ma citato in risultati ricerca).
  • Corte d’Appello di Roma, Sez. Imprese, 07/10/2024 n. 6285 – onere probatorio antitrust: fideiussioni firmate prima del periodo dell’intesa (1992) -> onere su attori di provare intesa già allora, non adempiuto, quindi niente nullità.
  • Tribunale di Lodi, 18/01/2023 – distingue fideiussioni specifiche: ritiene che schema ABI sanzionato riguardava solo omnibus, quindi fideiussore specifico 2011 non può invocare nullità (posizione minoritaria).
  • Tribunale di Lecce, Sez. II, 07/05/2025 n. 1432 – conferma orientamento SU 2021; clausole ABI nulle anche su fideiussione specifica; nullità come nullità speciale di protezione; accertata decadenza ex art.1957 per banca che agì tardi.
  • Tribunale di Torino, Sez. Impresa, ordinanza 16/03/2024 (proc. n. 20564/2023) – Movimento Consumatori vs Banca d’Alba: inibitoria ex art. 140-quater Cod. Consumo, in via cautelare, sull’uso di clausole giudicate vessatorie nelle fideiussioni a consumatori. Clausole di reviviscenza, sopravvivenza, rinuncia eccezioni, imputazione pagamenti, foro diverso, etc., riconosciute abusive.
  • Giurisprudenza di merito in materia di fideiussioni omnibus (antitrust e onere prova): es. Trib. Milano sez. VI, 03/10/2023 n. 7526 – nullità parziale di fideiussioni specifiche sulla base principi SU 2021; Trib. Roma, 28/04/2023 n. 6749 – onere della prova dell’intesa a carico attore (confermato poi da Appello); Trib. Roma, 10/11/2023 n. 16210 – ribadisce applicazione principi antitrust a contratti bancari (fonte: DirittoPratico); Trib. Teramo, 24/06/2020 n. 524 – citata per conferma principio mancata esdebitazione garanti.

L’azienda è in crisi e hai sottoscritto polizze fideiussorie? Fatti Aiutare da Studio Monardo

Durante la vita dell’impresa, è comune sottoscrivere polizze fideiussorie a garanzia di contratti, appalti, finanziamenti o obblighi fiscali.
Ma quando l’impresa entra in crisi, queste garanzie possono trasformarsi in un pericolo concreto, sia per l’azienda che per gli eventuali garanti personali.

Infatti, in caso di inadempimento o apertura di una procedura di crisi:

  • Il fideiussore può essere chiamato a pagare al posto dell’impresa, anche se la causa del problema è temporanea
  • Le polizze “a prima richiesta” permettono all’ente garantito di escutere immediatamente la somma, senza accertamenti
  • Se la polizza è firmata da un socio o amministratore come persona fisica, il rischio ricade direttamente sul suo patrimonio personale

Conoscere in anticipo come funzionano queste garanzie e come gestirle in caso di crisi è essenziale per evitare effetti irreversibili.


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🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in diritto bancario, contrattualistica e crisi d’impresa
✔️ Iscritto come Gestore della crisi presso il Ministero della Giustizia
✔️ Consulente per imprenditori, amministratori, professionisti e PMI in difficoltà


Conclusione

Le polizze fideiussorie sono garanzie potenti, ma anche pericolose in caso di crisi aziendale.
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