Hai troppi debiti, nessun reddito sufficiente per pagarli e ti stai chiedendo se puoi ottenere l’esdebitazione anche se sei un debitore incapiente? Vuoi sapere cosa succede ai creditori in questo caso e se è davvero possibile liberarsi da tutti i debiti, anche senza offrire nulla in cambio?
L’esdebitazione del debitore incapiente è una misura prevista dal Codice della Crisi che consente, in presenza di determinati requisiti, di ottenere la cancellazione totale dei debiti non pagati, anche se non c’è patrimonio né reddito. Ma attenzione: non è automatica, e serve rispettare precise condizioni.
Chi può ottenere l’esdebitazione da debitore incapiente?
– Persone fisiche sovraindebitate
– Consumatori o ex imprenditori che hanno cessato l’attività
– Debitori che non sono in grado di offrire alcun pagamento ai creditori
– Chi ha agito in buona fede e non ha causato la propria insolvenza con dolo o colpa grave
Quali sono i requisiti fondamentali?
– Nessun reddito disponibile per soddisfare i creditori
– Nessun patrimonio utile da liquidare
– Assenza di atti in frode, trasferimenti sospetti o comportamenti scorretti
– Non aver già beneficiato di un’esdebitazione nei 5 anni precedenti
– Non aver rifiutato offerte di lavoro congrue
Cosa succede ai creditori in caso di esdebitazione?
I creditori non vengono pagati e il loro credito viene definitivamente cancellato. Non possono più pretendere nulla, agire legalmente o iscrivere pignoramenti. La procedura è simile a una liberazione giudiziale dai debiti: tutto viene azzerato, anche se non c’è stato alcun pagamento.
È vero che si può ottenere anche senza pagare nulla?
Sì, se il giudice accerta che il debitore è effettivamente incapiente, può concedere l’esdebitazione anche senza alcuna soddisfazione dei creditori. È una misura estrema, ma pensata per chi non ha alcuna prospettiva realistica di rientro.
Qual è la procedura da seguire?
– Si presenta ricorso al tribunale con l’assistenza di un avvocato
– Si dimostra l’assenza di redditi e beni aggredibili
– Si chiede l’apertura della procedura semplificata per il debitore incapiente
– Il giudice, se accoglie la domanda, dichiara l’esdebitazione e chiude ogni posizione debitoria
Cosa NON devi fare?
– Simulare povertà mentre si nascondono beni o redditi
– Vendere o donare beni prima di avviare la procedura
– Trascurare la consulenza legale: un errore nella domanda può portare al rigetto
– Aspettare che partano pignoramenti o decreti ingiuntivi: agisci prima
E dopo l’esdebitazione?
Puoi ripartire da zero:
– Nessuna iscrizione pregiudizievole per i debiti cancellati
– Nessun rischio di azioni esecutive per quelle posizioni
– Possibilità, nel tempo, di ricostruire un profilo economico e patrimoniale libero da vincoli
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in sovraindebitamento ed esdebitazione – ti spiega come funziona l’esdebitazione del debitore incapiente, quali sono i requisiti richiesti e come puoi liberarti legalmente da tutti i debiti anche senza poter offrire nulla.
Non hai reddito né patrimonio e non riesci più a far fronte ai tuoi debiti? Vuoi capire se puoi chiedere l’esdebitazione e ripartire da zero?
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Esdebitazione del debitore incapiente e creditori: come funziona
Introduzione: L’esdebitazione del debitore incapiente è una procedura straordinaria introdotta nell’ordinamento italiano per offrire un “fresh start” a quei debitori persona fisica in condizioni di sovraindebitamento gravissimo, privi di beni o redditi aggredibili, che non sono in grado di offrire ai creditori alcuna utilità nemmeno in prospettiva futura. In altre parole, è un meccanismo di “cancellazione dei debiti a costo zero” per chi non possiede nulla da mettere a disposizione dei creditori, purché abbia mantenuto un comportamento onesto e corretto (il requisito della meritevolezza). Questa guida esamina in dettaglio come funziona l’istituto – dal punto di vista del debitore, ma considerando anche gli effetti sui creditori – alla luce della normativa vigente (aggiornata a giugno 2025) e della giurisprudenza più recente. Illustreremo le fonti normative italiane (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza – CCII – D.Lgs. 14/2019 e successive modifiche), i requisiti soggettivi e oggettivi necessari, la procedura passo-passo per ottenerlo, gli effetti sui debiti e sui creditori, nonché il ruolo e le responsabilità dell’OCC (Organismo di Composizione della Crisi) e del gestore della crisi. Troverete inoltre tabelle riepilogative dei punti chiave, esempi pratici e una sezione di Domande e Risposte frequenti per chiarire i dubbi più comuni. Tutte le fonti (normative, dottrinali e giurisprudenziali) utilizzate sono elencate in fondo alla guida.
Inquadramento normativo e origine dell’istituto
Base normativa: L’esdebitazione del debitore incapiente è disciplinata dagli articoli 283 e seguenti del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII). Il testo vigente dell’art. 283 CCII stabilisce che “il debitore persona fisica meritevole, che non sia in grado di offrire ai creditori alcuna utilità, diretta o indiretta, nemmeno in prospettiva futura, può accedere all’esdebitazione solo per una volta”, facendo salvo “l’obbligo di pagamento del debito entro tre anni dal decreto del giudice laddove sopravvengano utilità rilevanti che consentano il soddisfacimento dei creditori in misura non inferiore al 10%”. In pratica, la norma consente al debitore persona fisica totalmente incapiente (anche in prospettiva) di ottenere un provvedimento giudiziale che lo libera da tutti i suoi debiti pregressi, pur in assenza di qualunque pagamento ai creditori, salvo l’obbligo di attivarsi nel caso in cui, entro un certo periodo dopo l’esdebitazione, sopraggiungano risorse significative (come dettagliato più avanti).
Evoluzione legislativa: Si tratta di una novità relativamente recente nel panorama giuridico italiano. Prima del 2020, non esisteva una procedura specifica per liberare dai debiti chi non avesse beni da liquidare: la legge sul sovraindebitamento (L. 3/2012) prevedeva l’esdebitazione solo a seguito della liquidazione del patrimonio, escludendo di fatto il debitore totalmente nullatenente. Un debitore incapiente rimaneva quindi ostaggio dei debiti, potendo sperare solo nella prescrizione o nell’insolvenza di fatto. Nel 2020, complice la crisi economica aggravata dalla pandemia, il legislatore ha anticipato una delle innovazioni del nuovo Codice della crisi: con il Decreto Ristori (D.L. 137/2020, conv. in L. 176/2020) fu inserito nella L.3/2012 l’art. 14-quaterdecies, che per la prima volta introduceva l’esdebitazione dell’incapiente. Questa norma (sostanzialmente identica all’attuale art. 283 CCII) è entrata in vigore il 25 dicembre 2020, rendendo subito accessibile il beneficio ai debitori meritevoli privi di qualunque risorsa. Successivamente, con l’entrata in vigore a pieno regime del Codice della crisi (a metà 2022, dopo vari rinvii) l’istituto è confluito nell’art. 283 CCII, mantenendo continuità con la disciplina transitoria del 2020.
Modifiche recenti: La materia è stata oggetto di alcuni interventi correttivi e chiarificatori negli ultimi anni. In particolare: il D.Lgs. 83/2022 e il D.Lgs. 169/2022 (c.d. “correttivo al Codice della crisi”) hanno apportato aggiustamenti tecnici; più di recente, il D.Lgs. 13 settembre 2024 n. 136 (c.d. “correttivo-ter”) ha ulteriormente chiarito taluni aspetti dell’art. 283. Ad esempio, è stata precisata la formula di calcolo dell’incapienza futura (comma 2 art. 283) e ridotto da 4 a 3 anni il periodo di osservazione post-esdebitazione entro cui il debitore deve segnalare eventuali sopravvenienze (in linea con il principio europeo di concedere il “fresh start” entro tre anni). Parallelamente, la Legge di Bilancio 2024 ha previsto l’istituzione di un Fondo nazionale esdebitazione incapienti (dotazione iniziale €500.000 dal 2025) presso il Ministero della Giustizia, destinato a coprire le spese delle procedure di sovraindebitamento per debitori incapienti meritevoli (ad es. compensi dell’OCC), al fine di rimuovere gli ostacoli economici all’accesso effettivo del beneficio.
Collocazione sistematica: L’esdebitazione dell’incapiente si affianca alle altre procedure di sovraindebitamento previste dal CCII – oggi denominate concordato minore (ex accordo di ristrutturazione), piano di ristrutturazione del consumatore (ex piano del consumatore) e liquidazione controllata (ex liquidazione del patrimonio) – rappresentando una quarta opzione “estrema” riservata ai casi senza alcuna utilità disponibile. A differenza di tali procedure “ordinarie” (in cui è previsto almeno un pagamento parziale o la liquidazione di beni), l’esdebitazione incapiente non prevede alcun pagamento ai creditori inizialmente: il debitore può rivolgersi direttamente al giudice per chiedere la cancellazione di tutti i debiti, senza aprire una liquidazione concorsuale. Proprio per questo carattere eccezionale – sollievo al debitore senza soddisfazione dei creditori – il legislatore ha previsto condizioni rigorose e cautele per evitarne l’abuso. Come vedremo, possono beneficiarne solo determinati debitori (persone fisiche non fallibili) e solo se ricorrono stringenti presupposti di incapienza assoluta (nessun bene o reddito utile) e meritevolezza (assenza di frodi o colpe gravi). Inoltre, l’accesso è consentito una sola volta nella vita e la liberazione dai debiti rimane condizionata per un periodo successivo di alcuni anni. Si tratta quindi di un istituto “premiale” straordinario e una tantum, che deroga al principio generale della responsabilità patrimoniale illimitata del debitore (art. 2740 c.c.).
Di seguito analizziamo i requisiti per accedere all’istituto, il procedimento da seguire, gli effetti dell’esdebitazione e le tutele previste per creditori e terzi, con un focus particolare sulle implicazioni per i debitori che intendono avvalersene.
Requisiti e condizioni per l’accesso all’esdebitazione incapiente
L’accesso all’esdebitazione “a costo zero” è subordinato al rispetto di una serie di requisiti soggettivi (attinenti al tipo di debitore e alla sua condotta) e oggettivi (attinenti alla situazione economica). La legge impone una verifica rigorosa di tali condizioni prima di concedere il beneficio. Ecco i principali requisiti richiesti:
- Soggetto ammesso – Persona fisica non fallibile: L’esdebitazione dell’incapiente è riservata esclusivamente alle persone fisiche. Non vi possono accedere società, enti collettivi o imprenditori soggetti a liquidazione giudiziale (il “fallimento” secondo il nuovo Codice). In pratica, rientrano nel campo di applicazione: consumatori, professionisti, imprenditori individuali di dimensioni sotto le soglie di fallibilità (c.d. imprenditori minori), ex imprenditori cessati, start-up non fallibili, agricoltori e in generale tutti i debitori civili sovraindebitati che non possono essere assoggettati alle procedure concorsuali ordinarie. Ad esempio, un piccolo imprenditore commerciale può accedere se rispetta i limiti dimensionali (attivo ≤ €300.000, ricavi ≤ €200.000, debiti ≤ €500.000) previsti dall’art. 2 CCII per qualificarsi come “imprenditore minore”. Questa limitazione è coerente con la natura dell’istituto: esso nasce per il sovraindebitamento civile, non per le insolvenze di imprese maggiori (per le quali rimane la liquidazione giudiziale con eventuale esdebitazione ordinaria ex artt. 278-279 CCII). Dunque, chiunque rientri tra i debitori non fallibili (come definiti dall’art. 2, co.1, lett. c CCII) può teoricamente accedere, a prescindere che i debiti siano di natura personale o derivino da attività economica non grande. È importante però che il soggetto sia effettivamente in stato di sovraindebitamento (cioè insolvenza conclamata, v. punto 2) e che non abbia risorse disponibili (v. punto 2).
- Stato di sovraindebitamento grave e incapienza assoluta: Il debitore deve trovarsi in una condizione di insolvenza tale da non poter offrire ai creditori alcuna utilità, né immediata né futura. Questo è il cuore del concetto di incapienza. In concreto significa che il soggetto:
- Non possiede beni liquidabili – nessun immobile né mobili di valore significativo – oppure possiede beni di valore così esiguo da essere di fatto privi di mercato. In altre parole, non vi deve essere alcun patrimonio utile da destinare ai creditori: il debitore è sostanzialmente nullatenente o comunque privo di asset che, venduti, potrebbero dare un minimo soddisfacimento ai creditori. Ad esempio, il possesso della sola casa di abitazione non esclude automaticamente l’incapienza se l’immobile non è concretamente liquidabile a beneficio dei creditori (si pensi a una prima casa di modesto valore non ipotecata: potrebbe restare al debitore senza passare da una liquidazione, come approfondiremo oltre). Tuttavia, ogni caso va valutato attentamente: se il debitore ha un bene di valore apprezzabile, tale da poter generare utilità, probabilmente non sarà considerato incapiente e dovrà semmai percorrere la liquidazione controllata tradizionale.
- Non dispone di redditi pignorabili – il suo reddito corrente è assente oppure è talmente basso da essere al di sotto di qualsiasi soglia di attaccabilità legale. Ad esempio, può trattarsi di un disoccupato privo di entrate, di un soggetto che percepisce solo una minima pensione sociale, o comunque di una persona con un’entrata mensile appena sufficiente alla sussistenza. In sostanza, non ha capacità contributiva residua, al netto delle spese essenziali per mantenere sé e la famiglia.
- Non ha prospettive concrete di miglioramento nel breve termine – la legge sottolinea “nemmeno in prospettiva futura”, il che implica una valutazione prognostica rigorosa: non basta che oggi il debitore non abbia nulla, occorre anche che verosimilmente non avrà risorse neppure nel prossimo futuro. Questo serve a evitare che persone potenzialmente in grado di riprendersi economicamente usino subito il “colpo di spugna” senza tentare sforzi di rimborso. Ad esempio, un giovane disoccupato ma abile al lavoro, o un professionista che potrebbe ragionevolmente trovare un impiego, potrebbero non essere considerati incapienti in senso tecnico: il tribunale valuterà caso per caso elementi come l’età, le competenze, lo stato di salute, il mercato del lavoro, eventuali inerzie colpevoli nella ricerca di occupazione, ecc.. In altre parole, l’incapienza deve essere oggettiva e non volontaria: non frutto di pigrizia o scelte deliberatamente azzardate, ma di circostanze indipendenti dalla volontà del debitore.
- Meritevolezza del debitore: Oltre all’incapienza economica, la legge richiede in modo tassativo che il debitore sia “meritevole”, cioè che abbia tenuto un comportamento onesto sia nell’indebitarsi sia durante la procedura. L’art. 283 CCII specifica che il giudice, nel valutare la meritevolezza, deve verificare “l’assenza di atti in frode ai creditori e la mancanza di dolo o colpa grave nella formazione dell’indebitamento”. Tradotto in pratica, ciò implica:
- Nessuna frode ai creditori: Il debitore non deve aver compiuto atti di malafede per sottrarre beni o diritti ai creditori. Ad esempio, vendite simulate, donazioni di immobili ai familiari, spostamento di capitali o intestazioni fittizie finalizzate a far sparire il patrimonio sono comportamenti che integrano atti in frode. Se emergono operazioni del genere, la meritevolezza viene meno e l’istanza sarà rigettata. Il debitore deve quindi aver mantenuto una condotta trasparente, senza tentativi di occultamento del proprio attivo.
- Nessun dolo o colpa grave nell’indebitarsi: L’origine dei debiti non deve essere frutto di comportamento fraudolento o gravemente imprudente da parte del debitore. Ciò richiama la regola (già nota nel sovraindebitamento) per cui non si aiuta chi ha colpe gravi nel proprio dissesto. Esempi: se il debitore ha contratto obbligazioni sapendo fin dall’inizio che non le avrebbe onorate, oppure ha sperperato somme ingenti in gioco d’azzardo o spese voluttuarie causando il proprio default, ciò potrebbe configurare dolo o colpa grave e precludere l’esdebitazione. Al contrario, se l’insolvibilità è dipesa da cause al di fuori del suo controllo (perdita del lavoro, malattia grave, un’attività economica fallita per ragioni di mercato, oppure l’aver fatto da garante per un terzo insolvente, ecc.), o comunque da leggerezze non oltre la normale imprudenza, la meritevolezza potrà essere riconosciuta. In sostanza, occorre che il debitore abbia agito in buona fede e con diligenza ragionevole, trovandosi sovraindebitato per sfortuna o errori veniali, non per malizia o grave irresponsabilità.
- Una sola volta nella vita: La legge consente l’esdebitazione incapiente soltanto una volta. Chi ha già beneficiato in passato di una cancellazione dei debiti non può ottenerne un’altra. Questa unicità vale sia per la procedura incapienti stessa, sia presumibilmente anche per chi avesse già ottenuto un’esdebitazione “ordinaria” post-fallimento. L’obiettivo è chiaro: evitare che una persona possa abusare dello strumento più volte. È davvero un “ultimo colpo di spugna” unico: una volta sfruttato, il debitore sa che non potrà più chiedere un’altra esdebitazione gratuita in futuro. Ciò lo responsabilizza anche per il dopo: dovrà cercare di non ricadere in una situazione simile, sapendo di non poter contare di nuovo sul medesimo scudo. Dal punto di vista normativo, questa preclusione temporale è ancora più stringente di quella prevista per l’esdebitazione ordinaria degli imprenditori (che nel CCII possono teoricamente riottenere il beneficio dopo un certo numero di anni in caso di nuova insolvenza). Per l’incapiente, invece, il beneficio è irripetibile in assoluto.
- Ulteriori condizioni e presupposti impliciti: È implicito che il debitore, per chiedere l’esdebitazione incapiente, debba trovarsi in uno stato di insolvenza attuale (debiti scaduti e non onorati) e non avere altre soluzioni percorribili. Non è possibile utilizzare questa procedura in modo “preventivo” o strumentale: bisogna che si configuri un reale sovraindebitamento ai sensi di legge (art. 2 CCII) e che il debitore non abbia alternative praticabili di soddisfazione (ad esempio, non potrebbe scegliere l’incapiente se invece fosse in grado di proporre un piano di rimborso, anche parziale). Inoltre, l’iniziativa è volontaria: deve essere il debitore stesso a decidere di attivare questo percorso, assumendosene le conseguenze (come l’obbligo quadriennale, ora triennale, di segnalare miglioramenti economici di cui diremo). Durante la procedura, il debitore dovrà mantenere un atteggiamento collaborativo e rispettare tutti gli obblighi informativi e documentali, pena il fallimento della domanda.
Possiamo riepilogare i requisiti chiave in una tabella:
Requisito | Descrizione |
---|---|
Debitore persona fisica | Solo individui (consumatori, piccoli imprenditori non fallibili, professionisti, ecc.) possono accedere. Società ed enti esclusi. |
Sovraindebitamento | Stato di insolvenza conclamata (debiti scaduti che non si riesce a pagare). Nessun’altra procedura concorsuale in corso. |
Incapienza assoluta | Nessun bene liquidabile e nessun reddito disponibile oltre il minimo vitale. Nessuna concreta prospettiva di risorse nel breve termine. Calcolo reddito: ≤ assegno sociale ×1,5× param. familiare. |
Meritevolezza | Condotta regolare e buona fede: assenza di frodi ai creditori; nessun dolo o colpa grave nel causare i debiti. Debitore trasparente e diligente. |
Una tantum | Beneficio concedibile una sola volta nella vita. Precluso a chi abbia già ottenuto esdebitazione (incapiente o ordinaria) in passato. |
Domanda documentata | Istanza volontaria presentata tramite OCC con allegazione di tutti i documenti richiesti (elenchi debiti, atti 5 anni, redditi 3 anni, ecc.). |
Nessun pagamento iniziale | Non è richiesto alcun pagamento immediato ai creditori (a differenza di piani/accordi). L’unico obbligo è eventuale, post, su sopravvenienze ≥10% entro 3 anni. |
Tabella 1 – Principali requisiti e condizioni per l’esdebitazione del debitore incapiente (art. 283 CCII). Come si nota, l’istituto riflette un marcato favor debitoris ma circoscritto a situazioni estreme: il debitore deve essere davvero impossibilitato a soddisfare i creditori e aver tenuto un comportamento irreprensibile. In cambio, non si richiede alcun esborso iniziale né un piano di rientro, fatto salvo l’obbligo condizionato di cui diremo (pagamento parziale solo in caso di insperati miglioramenti entro tre anni).
Se tutti i suddetti requisiti sono soddisfatti, il debitore può aspirare ad ottenere dal Tribunale la cancellazione totale dei suoi debiti senza pagare nulla ai creditori. Vediamo ora come si svolge concretamente la procedura per richiedere e ottenere l’esdebitazione dell’incapiente.
Procedura: come ottenere l’esdebitazione per il debitore incapiente
L’iter per accedere all’esdebitazione incapiente è un procedimento giudiziario sui generis, diverso sia dal fallimento sia dalle altre soluzioni di sovraindebitamento (in cui c’è un piano di rientro o una liquidazione). Non essendoci beni da liquidare né pagamenti da negoziare, la procedura risulta più snella nelle sue fasi, ma prevede comunque una serie di passaggi obbligati per garantire un minimo contraddittorio e controllo. Possiamo suddividerla nelle seguenti fasi principali:
Fase 1: Preparazione della domanda e coinvolgimento dell’OCC. Il debitore riconosciutosi nella condizione di incapienza descritta deve anzitutto raccogliere tutta la documentazione attestante la sua situazione economico-patrimoniale e rivolgersi a un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) competente. Non è obbligatorio per legge farsi assistere da un avvocato, trattandosi di procedura non contenziosa; la giurisprudenza ha chiarito che la domanda può essere validamente presentata tramite l’OCC senza difensore. Di fatto, però, il ruolo dell’OCC è centrale: la legge prevede che l’istanza sia presentata “per il tramite” di un OCC, il quale designa un gestore della crisi (un professionista esperto, solitamente un avvocato o commercialista accreditato) che seguirà il caso. Gli OCC sono enti istituiti presso Ordini professionali, Camere di Commercio, enti pubblici ecc., deputati ad assistere i debitori nelle procedure da sovraindebitamento. In questa fase:
- Raccolta dei documenti: Con l’aiuto del gestore/OCC, il debitore deve predisporre un dossier completo sulla propria situazione. L’art. 283 comma 3 CCII elenca espressamente i documenti da allegare all’istanza, tra cui:
- l’elenco di tutti i creditori con le somme dovute a ciascuno (una sorta di stato passivo dettagliato);
- l’elenco degli atti di straordinaria amministrazione degli ultimi 5 anni (vendite, donazioni, transazioni patrimoniali rilevanti compiute nel quinquennio);
- le dichiarazioni dei redditi degli ultimi 3 anni (o documentazione fiscale equivalente);
- l’indicazione di stipendi, pensioni o altre entrate attuali del debitore e del suo nucleo familiare;
- ogni altra documentazione utile a ricostruire la situazione economica: es. estratti conto bancari recenti, visure catastali per attestare la (non) proprietà di immobili, stato di famiglia per evidenziare carichi familiari, certificati di disoccupazione o medici se rilevanti, indicatori ISEE, ecc..
Tali documenti servono a provare l’indigenza e l’incapienza del debitore in modo convincente.
- Relazione particolareggiata dell’OCC: Un elemento centrale da allegare è la relazione dell’OCC prevista dall’art. 283 comma 4. In essa il gestore nominato deve riferire in dettaglio su:
- le cause dell’indebitamento e la diligenza impiegata dal debitore nell’assumere le obbligazioni (comma 4, lett. a) – in pratica, spiegare perché il debitore ha accumulato debiti e se lo ha fatto in maniera avveduta o con leggerezza;
- le ragioni dell’incapacità attuale di adempiere (lett. b) – ad es. illustrare gli eventi che hanno reso impossibile il pagamento: perdita del lavoro, crisi economica, malattia, ecc.;
- l’indicazione di eventuali azioni già intraprese dai creditori (lett. c) – ad esempio se vi sono cause pendenti, atti di pignoramento, ricorsi per fallimento o atti impugnati (revocatorie) relativi a disposizioni patrimoniali sospette;
- la valutazione sulla completezza e attendibilità della documentazione fornita (lett. d) – l’OCC deve attestare che i documenti presentati dal debitore sono sufficienti e veritieri nel rappresentare la reale condizione debitoria e patrimoniale;
- (Novità) inoltre, il comma 5 art. 283 richiede all’OCC di indicare se i finanziatori hanno tenuto conto del merito creditizio del debitore nel concedere prestiti. Questo punto, introdotto dalla riforma, serve a evidenziare se la situazione di sovraindebitamento possa essere stata aggravata da un comportamento irresponsabile dei creditori (ad es. banche che hanno concesso credito oltre le capacità del cliente). Si tratta di una nota a fini statistici e di sensibilizzazione, che non incide direttamente sull’esito dell’istanza, ma potrebbe attenuare il giudizio di colpa del debitore: in altre parole, se l’indebitamento è dovuto anche a facile concessione di credito da parte di banche/finanziarie, la “colpa” del debitore nell’aver contratto troppi debiti può essere valutata meno severamente.
- Stesura e deposito del ricorso: Una volta raccolti i documenti e redatta la relazione OCC, si passa alla formalizzazione della domanda sotto forma di ricorso al Tribunale. Il ricorso, predisposto con l’ausilio dell’OCC (e spesso con firma di un legale se il debitore ha assistenza), descrive dettagliatamente la situazione debitoria, dichiara il possesso dei requisiti di legge e chiede al giudice di pronunciarsi sull’esdebitazione ex art. 283 CCII. Vanno allegati tutti i documenti elencati e la relazione particolareggiata OCC. Di norma è competente il Tribunale del luogo di residenza o domicilio del debitore (come per le altre procedure di sovraindebitamento). In alcuni casi viene fissata un’udienza preliminare per sentire il debitore e verificare eventuali integrazioni richieste. È prassi prudente includere nel ricorso anche una sorta di memoria esplicativa in linguaggio chiaro, in cui il debitore racconta la propria storia debitoria, le disgrazie occorse e sottolinea la propria buona fede e disperazione economica: elementi umani che possono aiutare a convincere il giudice della fondatezza e meritevolezza della richiesta.
Fase 2: Valutazione iniziale del Tribunale e avviso ai creditori. Depositata l’istanza, si apre un procedimento davanti al giudice designato (solitamente un giudice della sezione fallimentare o addetto alle procedure concorsuali minori). Poiché non vi è una vera e propria procedura concorsuale (non c’è sequestro di beni né nomina di curatore, mancando l’attivo), il giudice deve comunque verificare i presupposti e garantire ai creditori la possibilità di essere informati e di esprimere eventuali opposizioni. In questa fase:
- Esame preliminare della domanda: Il tribunale esamina il ricorso e la documentazione. Se qualcosa risulta carente o poco chiaro, può emettere provvedimenti di richiesta integrazioni, oppure convocare il debitore e l’OCC in udienza per chiarimenti. Spesso viene fissata un’udienza ad hoc, in camera di consiglio, dove il giudice pone domande al debitore sulla sua situazione e valuta se i documenti provano effettivamente l’incapienza e la meritevolezza.
- Decreto di fissazione termini e comunicazione ai creditori: Prima di decidere, il giudice deve informare i creditori della pendenza di questa richiesta di esdebitazione e dar loro modo di intervenire. A tal fine emette un decreto con cui ordina all’OCC di comunicare a tutti i creditori (all’indirizzo PEC o email risultante dall’elenco fornito) copia del ricorso e del decreto stesso, fissando un termine entro cui i creditori possono proporre opposizione (solitamente 30 giorni dalla ricezione). L’OCC provvede quindi a notificare ai creditori l’istanza e a informarli che possono presentare opposizione entro il termine stabilito. Questa notifica è fondamentale per garantire il contraddittorio: i creditori hanno così la possibilità di contestare la domanda, ad esempio sostenendo che il debitore non è realmente incapiente o meritevole, oppure che ha nascosto dei beni.
- Eventuali opposizioni dei creditori: I creditori che non condividono la richiesta possono depositare un’opposizione (formalmente un ricorso in camera di consiglio ex art. 124 CCII, analogamente al reclamo) entro il termine di 30 giorni dall’ultima comunicazione ricevuta. Se nessun creditore si oppone, la procedura prosegue spedita; se invece vengono presentate opposizioni, si instaura un contraddittorio. Il giudice in genere fissa un’udienza per discutere le opposizioni: in tale sede i creditori opponenti espongono le loro ragioni (es. accusano il debitore di non meritevolezza o segnalano beni non dichiarati) e il debitore, assistito dall’OCC, replica alle contestazioni. Al termine, il giudice valuterà se le opposizioni siano fondate o meno. (Va notato che i creditori non hanno potere di veto: non si tratta di un voto come nei concordati, ma solo di un mezzo per far presente obiezioni. La decisione finale spetta comunque al Tribunale, che potrebbe concedere l’esdebitazione anche contro il parere dei creditori, se ritiene soddisfatti i requisiti).
Fase 3: Decisione del giudice – Decreto di esdebitazione. Terminata l’istruttoria (ossia decorso il termine per le opposizioni ed eventualmente svolta l’udienza di discussione), il giudice adotta il provvedimento conclusivo. Se ritiene che tutti i requisiti siano soddisfatti e che le eventuali opposizioni non siano ostative, emette un decreto motivato che concede l’esdebitazione. In caso contrario, respinge la domanda con decreto di rigetto (anch’esso motivato). Il decreto di esdebitazione conterrà tipicamente:
- La dichiarazione di inesigibilità di tutti i debiti anteriori indicati nel ricorso. In sostanza, sancisce che quei crediti non possono più essere pretesi dal debitore (liberandolo dall’obbligo di pagarli).
- Le prescrizioni post-esdebitazione a carico del debitore. In particolare, viene ricordato l’obbligo di presentare annualmente, per i successivi 3 anni, una dichiarazione sulle eventuali sopravvenienze utili (nuovi redditi o beni) ottenute. Questo obbligo discende dalla legge e deve essere esplicitato nel decreto (vedi infra la sezione su durata e obblighi).
- L’incarico all’OCC di vigilare nel periodo successivo. Il decreto solitamente dispone che l’OCC rimanga in funzione per verificare il rispetto da parte del debitore degli obblighi postumi (presentazione dichiarazioni, ecc.) e per effettuare controlli mirati su richiesta del giudice.
- La decisione sulle eventuali opposizioni dei creditori. Se sono state depositate opposizioni, il giudice nel decreto le esamina e le rigetta motivatamente (se concede l’esdebitazione) oppure, al contrario, se ritiene fondate le obiezioni, nega o revoca il beneficio accogliendo l’opposizione. In quest’ultimo caso, l’istanza di esdebitazione viene respinta e il debitore resta obbligato ai debiti (salvo impugnazioni ulteriori).
Il decreto viene quindi comunicato alle parti (debitore e creditori). La legge prevede che contro il decreto sia possibile proporre reclamo al collegio del Tribunale entro 15 giorni: il debitore può reclamare se la sua istanza è stata rigettata; un creditore può reclamare se l’esdebitazione è stata concessa contro la sua opposizione (o se non ha fatto in tempo a opporsi). Il reclamo sarà deciso da un collegio di tre giudici (diversi da quello che ha emesso il decreto) e la decisione del collegio è a sua volta ricorribile in Cassazione. In pratica, tuttavia, i reclami sono piuttosto rari: spesso se l’istruttoria è stata ben condotta, la decisione viene accettata dalle parti.
Da notare che, proprio per accelerare il sollievo al debitore, alcuni tribunali seguono la prassi di emettere subito un decreto di esdebitazione “provvisoriamente esecutivo” appena accolta l’istanza, subordinandolo al decorso infruttuoso dei 30 giorni per opposizioni. In tal caso, il decreto inizialmente non definitivo viene comunicato immediatamente e, se nessun creditore fa opposizione entro il termine, dopo i 30 giorni il giudice emette un secondo provvedimento che conferma in via definitiva l’esdebitazione. Questa prassi – segnalata ad esempio al Tribunale di Alessandria – evita di attendere inutilmente il termine: il debitore ottiene intanto una tutela provvisoria e, scaduti i 30 giorni, il beneficio si consolida. Altri giudici invece attendono direttamente la scadenza del termine prima di emanare il decreto, per avere subito un provvedimento definitivo (approccio formalmente diverso ma di analogo effetto).
Fase 4: Obblighi successivi e chiusura definitiva. Ottenuto il decreto di esdebitazione, il debitore viene di fatto liberato dai debiti pregressi. Tuttavia, la procedura non può considerarsi conclusa immediatamente: si apre un periodo di monitoraggio della durata di 3 anni successivi (4 anni nei procedimenti avviati prima della riforma 2024), finalizzato a gestire eventuali miglioramenti della situazione del debitore. In sintesi, dopo il decreto di esdebitazione:
- Obbligo di dichiarazione annuale: Il debitore deve presentare al Tribunale (solitamente mediante deposito in cancelleria) una dichiarazione annuale in cui indica se nel corso dell’anno precedente ha ricevuto utilità rilevanti (sopravvenienze di reddito o patrimonio). Questa dichiarazione va resa per ciascuno dei 3 anni successivi all’esdebitazione, alle scadenze fissate dal giudice (spesso il decreto specifica ad es. “entro il 31 gennaio di ogni anno” o simili). Deve essere completa e veritiera, pena la revoca del beneficio in caso di falsità o omissioni. Inoltre, se il debitore riceve una sopravvenienza straordinaria (ad es. una grossa eredità o vincita) non può aspettare la scadenza annuale: è tenuto a comunicarlo immediatamente al Tribunale e all’OCC.
- Vigilanza dell’OCC: Il decreto spesso incarica formalmente l’OCC di vigilare sulle sopravvenienze durante il periodo di osservazione. Ciò significa che l’OCC resterà “in carica” e potrà essere chiamato dal giudice a compiere verifiche periodiche. In molti decreti, i giudici richiedono all’OCC di relazionare annualmente circa la situazione del debitore, controllando ad esempio registri immobiliari, conti correnti, dichiarazioni fiscali aggiornate, per vedere se emergono nuove utilità non dichiarate. Ad esempio, un decreto del Tribunale di Latina (2021) ha stabilito che l’OCC effettui controlli ogni anno entro il 30 gennaio e depositi una relazione, anche negativa (cioè attestando che non risultano nuove utilità). L’OCC in pratica funge da “custode” post-procedura, incaricato di accertare il rispetto degli obblighi da parte del debitore.
- Intervento in caso di sopravvenienze ≥ 10%: La legge specifica che l’obbligo di attivarsi a favore dei creditori scatta solo se le utilità sopravvenute consentono di soddisfare i creditori per almeno il 10% dell’ammontare dei debiti originari. In altre parole, c’è una soglia di rilevanza: se il miglioramento economico del debitore è piccolo (tale che, anche destinandolo ai creditori, questi riceverebbero meno del 10% di quanto erano loro dovuto), allora il debitore non è tenuto a versare nulla ai vecchi creditori. Il 10% funge da franchigia: al di sotto, la “partita” con i creditori non si riapre; al di sopra, invece sì. Ad esempio, se il debitore aveva €50.000 di debiti e ottiene una sopravvenienza che permetterebbe di pagare almeno €5.000 (cioè il 10%), scatta l’obbligo. Se invece la fortuna capitata consentirebbe di pagare solo €2.000 (4%), nulla è dovuto.
- Modalità di soddisfacimento parziale: Come precisamente debba avvenire il pagamento ai creditori in caso di sopravvenienze è stato oggetto di discussione. La formulazione normativa non era chiarissima, ma il più recente correttivo-ter ha fatto luce: l’art. 283 comma 9, come modificato nel 2024, prevede che se l’OCC accerta l’esistenza di utilità sopravvenute entro 3 anni, previa autorizzazione del giudice, lo comunica ai creditori i quali possono iniziare azioni esecutive sulle predette utilità. Ciò significa che saranno i creditori stessi a poter agire per recuperare tali somme/beni sopravvenuti, sino a concorrenza dei loro crediti insoddisfatti (o presumibilmente almeno fino al 10% come soglia minima). In pratica, se “piove dal cielo” una ricchezza insperata al debitore, i creditori non restano completamente beffati: potranno rivalersi su quella ricchezza, entro il triennio post-esdebitazione, recuperando qualcosa. Ad esempio, se i debiti erano €80.000 e il debitore eredita €20.000 entro 3 anni, l’OCC lo segnala e i creditori possono agire su quei €20.000 (in toto, se possibile, o almeno in parte). La legge parla di soddisfacimento “utile” non inferiore al 10%, quindi almeno €8.000 dovranno andare ai creditori in quell’esempio. Se invece la somma sopravvenuta è enorme (poniamo €100.000 su €80.000 di debito), verosimilmente i creditori potranno recuperare fino a concorrenza dell’intero debito (i dettagli su eventuali eccedenze sono lasciati all’interpretazione, ma il principio è che l’esdebitazione non deve diventare uno strumento speculativo per il debitore in caso di arricchimento immediato). In ogni caso, il debitore non deve attivamente pagare finché i creditori non si muovono: è più una reviviscenza del diritto di credito su quelle specifiche utilità, su impulso dei creditori se informati.
- Revoca del beneficio in caso di inadempimenti: Se il debitore non adempie ai suoi obblighi postumi – ad esempio, omette di presentare le dichiarazioni annuali oppure nasconde colpevolmente una sopravvenienza rilevante – il giudice può disporre la revoca dell’esdebitazione. La revoca fa riemergere tutti i debiti come se il beneficio non fosse mai stato concesso. Inoltre, la condotta scorretta potrebbe esporre il debitore a responsabilità penali (false dichiarazioni, frode processuale, ecc.) qualora emergano profili di reato. Fortunatamente, se il debitore si comporta onestamente, questo scenario non si realizza: la stragrande maggioranza delle procedure si conclude positivamente, e dopo il periodo di osservazione l’esdebitazione diventa definitiva.
Trascorsi i 3 anni di osservazione senza eventi rilevanti (o anche se ci sono stati, una volta gestiti), la procedura si chiude definitivamente. L’esdebitazione diviene incondizionata e permanente: i debiti restano per sempre cancellati (salvo quelli esclusi per legge di cui diremo) e non sussistono più obblighi per il debitore. Se invece durante il triennio si è attivata la clausola delle sopravvenienze e il debitore ha adempiuto al pagamento parziale richiesto, anche in tal caso, una volta eseguito quanto dovuto, il beneficio si consolida. In ogni caso, dopo tre anni il debitore può dirsi completamente libero, con la possibilità di ripartire da capo senza più il fardello del passato.
In termini di tempistiche complessive, la procedura può durare circa: qualche mese (tipicamente meno di un anno) per ottenere il decreto di esdebitazione iniziale, più i 3 anni fissi di monitoraggio post-decreto. Dunque dal ricorso alla conclusione definitiva possono intercorrere in totale attorno a 3,5-4 anni. Tuttavia, è importante sottolineare che fin dal decreto iniziale (salvo revoche) il debitore beneficia della protezione: i creditori non possono più agire esecutivamente e i debiti sono considerati inesigibili verso di lui. In tal senso, il sollievo è immediato con il decreto; il triennio serve solo a recuperare eventualmente parte dei crediti se cambia lo scenario.
Riepiloghiamo per chiarezza i passaggi procedurali in ordine cronologico:
- Contatto con OCC e istruttoria iniziale: Il debitore si rivolge a un OCC, raccoglie i documenti (elenco debiti, elenco atti ultimi 5 anni, redditi, ecc.) e l’OCC redige la relazione particolareggiata.
- Deposito del ricorso in Tribunale: Presentazione dell’istanza ex art. 283 CCII con documenti e relazione OCC.
- Esame del giudice: Verifica preliminare dei requisiti formali (persona fisica ammessa, completezza documenti). Se necessario vengono richiesti chiarimenti o integrazioni.
- Comunicazione ai creditori: L’OCC notifica ricorso e avviso a tutti i creditori. 30 giorni concessi ai creditori per eventuali opposizioni.
- Udienza di comparizione (se opposizioni o dubbi): Il giudice sente le parti in contraddittorio – creditori opponenti da un lato, debitore e OCC dall’altro.
- Decreto del Tribunale: Pronuncia sulla domanda. Se tutto regolare: decreto di concessione esdebitazione, con indicazione obblighi postumi (dichiarazioni annuali). Se mancano presupposti: rigetto. Il decreto è comunicato al debitore e ai creditori.
- Opposizioni/reclami post-decreto: Entro 30 giorni dal decreto comunicato, i creditori (se non l’hanno già fatto) possono proporre reclamo al collegio. Anche il debitore può reclamare se la domanda è stata respinta, entro 15 giorni. (N.B.: la legge originaria prevedeva un termine di 30 giorni per opposizione dopo la comunicazione del decreto; il correttivo 2024 ha soppresso questa previsione sostituendola col reclamo ex art.124 CCII entro 30 gg, equiparando la forma).
- Periodo di monitoraggio (3 anni): Il debitore ogni anno presenta la dichiarazione sulle sopravvenienze; l’OCC verifica e relaziona su richiesta. Se emergono utilità rilevanti (≥10%), l’OCC informa i creditori che possono agire su di esse.
- Chiusura definitiva: Trascorsi tre anni senza revoche, l’esdebitazione diventa definitiva a tutti gli effetti; il debitore è definitivamente liberato da quei debiti.
Come si evince, la procedura in sé – fino al decreto – è relativamente breve e semplificata rispetto ad altre procedure concorsuali, proprio perché mancano le fasi di liquidazione dei beni o di votazione dei creditori. Tuttavia, la fase successiva di controllo la rende formalmente “pendente” per tre anni, pur senza gravami particolarmente onerosi per il debitore se non l’obbligo informativo annuale. Durante quel periodo il debitore può comunque dedicarsi a ricostruire la propria vita economica, essendo già esonerato dai debiti passati (salvo doverne destinare una parte ai creditori se gli capitano entrate consistenti). Approfondiamo ora gli effetti sostanziali dell’esdebitazione e cosa succede ai vari tipi di debito e alle posizioni dei creditori.
Effetti dell’esdebitazione: debiti cancellati ed eccezioni
Effetto principale – liberazione dai debiti: Il risultato che l’esdebitazione incapiente mira a ottenere è la cancellazione dei debiti pregressi del debitore. In termini giuridici, i crediti restano inesigibili nei confronti del debitore che ha ottenuto il provvedimento. Questo significa che il debitore è definitivamente esonerato dal pagarli e i creditori non possono più pretendere nulla da lui per quelle obbligazioni. Tali crediti dovranno essere stralciati dai bilanci dei creditori come perdite. Ciò vale per la quasi totalità delle tipologie di debito insoluto, ad esempio:
- Debiti verso banche e finanziarie: mutui residui non pagati, finanziamenti personali, scoperti di conto corrente, carte di credito insolute, ecc. Diventano tutti non più dovuti (le banche dovranno chiudere le posizioni come incagli/persi).
- Debiti verso fornitori o privati: fatture non pagate, prestiti da parenti o amici, canoni di locazione arretrati, bollette di utenze non saldate, ecc. Sono tutti ricompresi.
- Debiti fiscali e contributivi: cartelle esattoriali emesse da Agenzia Entrate-Riscossione per imposte (Irpef, Iva, bollo auto, TARI etc.), tasse locali, contributi previdenziali (Inps) non versati – rientrano anch’essi nell’esdebitazione, salvo particolari eccezioni relative a eventuali sanzioni pecuniarie che vedremo a breve. In sostanza, la procedura consente di annullare anche i debiti tributari pregressi del debitore sovraindebitato meritevole. Questo è un punto di svolta rispetto al passato: un tempo alcuni debiti erariali erano ritenuti non “tagliabili”, mentre oggi l’approccio concorsuale è di includere tutti i debiti nel perimetro e liberare il debitore da ciò che non viene soddisfatto. Dunque, anche Equitalia/Agenzia Entrate Riscossione è vincolata dall’esdebitazione: se ad esempio il debitore aveva €20.000 di cartelle esattoriali, esse vengono annullate come gli altri debiti chirografari. (Va però ricordato che se il debitore ha tenuto una condotta dolosa verso il fisco – evasione volontaria – potrebbe essere considerato non meritevole, come nell’esempio di Ferrara sopra, ma se invece l’impossibilità di pagare le tasse era dovuta a crisi economica, il debito fiscale può essere esdebitato).
- Garanzie prestate e fideiussioni: Se il debitore aveva fatto da garante a qualcuno o era coobbligato in solido su un debito altrui poi rimasto insoluto, il suo obbligo di regresso può essere cancellato. Ad esempio, Tizio ha fatto da fideiussore in banca per Caio e si ritrova a dover pagare perché Caio è insolvente: se Tizio ottiene l’esdebitazione incapiente, anche quel suo debito di regresso verso Caio (o direttamente verso la banca se escusso) viene cancellato. Attenzione però: l’esdebitazione opera solo in favore di chi la ottiene, non verso gli altri soggetti obbligati (v. oltre).
In generale, la portata è ampia: quasi ogni tipo di credito rimasto insoluto rientra nell’esdebitazione. Questa inclusività è confermata dalla dottrina e dalla prassi: uno dei vantaggi delle procedure da sovraindebitamento è proprio la possibilità di abbracciare debiti di ogni genere (anche pubblici) per poi liberarne il debitore.
Debiti esclusi (eccezioni): Vi sono tuttavia alcune categorie di debiti che la legge esclude espressamente dall’esdebitazione. Analogamente a quanto avviene nell’esdebitazione fallimentare (art. 278 CCII), anche in quella da sovraindebitamento certi crediti restano comunque dovuti nonostante la procedura vada a buon fine. Ciò risponde a ragioni di ordine pubblico e giustizia: sono debiti considerati “intoccabili” perché derivano da obblighi personali o da condotte illecite che non si vuole condonare. In particolare non vengono cancellati (restano esigibili verso il debitore, salvo accordi diversi col creditore):
- Obblighi di mantenimento e alimentari: ad esempio l’assegno di mantenimento dovuto all’ex coniuge o ai figli minori. Se il debitore aveva arretrati su tali obblighi familiari, non saranno esdebitati. Il motivo è chiaro: si tratta di crediti nascenti da doveri di natura familiare e personale, che la legge tutela prioritariamente. Dunque anche dopo la procedura, l’ex coniuge o i figli potranno pretendere gli arretrati non pagati (oltre ovviamente a continuare a pretendere gli importi periodici futuri, che comunque non rientravano nella procedura in quanto maturano dopo).
- Debiti per risarcimento danni da fatto illecito extracontrattuale quando v’è dolo: la legge fallimentare escludeva dall’esdebitazione i debiti da risarcimento per fatti costituenti reato non colposo. Nel contesto del sovraindebitamento, l’art. 283 CCII non lo dice esplicitamente, ma dottrina e giurisprudenza concordano che sono esclusi i debiti derivanti da atti illeciti dolosi, specialmente se accertati con sentenza penale. Ad esempio, se il debitore è stato condannato a risarcire una vittima di un reato doloso da lui commesso, quel debito non può essere spazzato via dall’esdebitazione: chi ha causato intenzionalmente un danno non può liberarsi dell’obbligo di ripararlo tramite il fallimento personale. Anche alcune sanzioni penali o amministrative di natura afflittiva rientrano in questo concetto: le multe, ammende e pene pecuniarie non dovrebbero essere cancellabili, in quanto puniscono un illecito e non sono assimilabili a un debito civile contrattuale. (La L.3/2012 non lo esplicitava, ma ora il nuovo Codice chiarisce meglio mutuando l’art.278 CCII per le esclusioni).
- Obblighi derivanti da cessioni del quinto o deleghe di pagamento su stipendio: questo punto è più sottile. Tecnicamente, il debito verso la finanziaria rientra ed è cancellato. Tuttavia, se esiste una cessione del quinto notificata al datore di lavoro, quella trattenuta in busta paga potrebbe continuare finché non intervenga qualcosa a revocarla. In pratica, se ho una cessione del quinto per un prestito e ottengo l’esdebitazione, il mio debito verso la finanziaria è estinto, ma il datore potrebbe non sapere dell’esdebitazione e proseguire le trattenute. Sarà probabilmente necessario un provvedimento che comunichi e sospenda la cessione. In mancanza di indicazioni normative chiare sul punto, la questione va risolta caso per caso: è plausibile che anche le cessioni/deleghe debbano venire meno insieme al debito sottostante, ma potrebbe servire un intervento del giudice o un accordo con la finanziaria. (Questo per dire che qualche aspetto tecnico può sorgere, pur non essendo il debito in sé esigibile, se c’è un meccanismo di prelievo automatico attivato).
- Debiti nuovi o fuori procedura: ovviamente rimangono esclusi tutti i debiti sorti dopo la presentazione della domanda di esdebitazione. Ad esempio, bollette maturate successivamente, nuove multe, nuovi acquisti a debito: l’esdebitazione riguarda solo i debiti esistenti fino alla data della domanda. Inoltre, se per errore qualche debito anteriore non è stato inserito nell’elenco e il creditore non è venuto a conoscenza della procedura, potrebbero nascere contestazioni sulla sua inclusione. In linea di principio, come in ogni procedura concorsuale, anche i crediti non noti ante dovrebbero essere comunque coinvolti (erga omnes), ma è sempre preferibile elencarli tutti per evitare problemi. Da notare anche che la legge (art. 283 co.7 e art. 278 CCII) menziona l’esclusione di debiti “derivanti da obblighi di legge non adempiuti dopo l’apertura della procedura”: ciò potrebbe riferirsi, ad esempio, a contributi previdenziali accertati successivamente per periodi precedenti (una sorta di “sopravvenienza passiva” tributaria). La L.3/2012 infatti escludeva i debiti fiscali per cui il mancato pagamento costituiva reato e i debiti tributari risultanti da accertamenti definitivi successivi. Nel CCII attuale, la prassi conferma che debiti fiscali accertati dopo la domanda non vengono coperti dal decreto di esdebitazione.
In sintesi, la quasi totalità dei debiti “ordinari” viene cancellata, con eccezione di alcune categorie a tutela rafforzata (familiare, risarcitoria, sanzionatoria). Per chiarire con un esempio: se un debitore incapiente aveva €50.000 di debiti bancari, €20.000 di cartelle esattoriali, €5.000 di bollette e €10.000 di prestiti da parenti, al decreto di esdebitazione non dovrà più nulla a nessuno di questi creditori. Se però tra quei debiti c’erano, poniamo, €3.000 di assegni di mantenimento arretrati dovuti all’ex coniuge, quell’importo rimane dovuto e l’ex coniuge potrà ancora pretenderlo (magari avviando o riprendendo un’esecuzione per recuperarlo). Ugualmente, se c’era una multa penale, resterà da pagare.
Effetti sui creditori e sui coobbligati: Dal punto di vista dei creditori, l’esdebitazione comporta che essi perdono il diritto di agire sul patrimonio presente e futuro del debitore per i crediti antecedenti (fatta salva la possibilità di aggredire eventuali utilità sopravvenute entro il triennio come sopra). I crediti diventano legalmente inesigibili e non coercibili. Eventuali procedure esecutive in corso contro il debitore devono essere chiuse per cessata materia del contendere, dato che il titolo esecutivo (es. decreto ingiuntivo, sentenza) è divenuto “spento” dall’esdebitazione. Se un creditore cercasse di procedere comunque, il debitore potrà opporre il decreto di esdebitazione come exceptio per far dichiarare improcedibile l’esecuzione.
Importante: l’esdebitazione opera solo in favore del debitore che l’ha ottenuta. Ciò significa che eventuali obbligati in solido o garanti dei medesimi debiti restano obbligati per intero. Ad esempio, se il debitore incapiente aveva un fideiussore per un prestito, la liberazione vale solo per il debitore principale: il fideiussore potrà ancora essere escusso dal creditore per l’intero importo (la sua obbligazione resta valida e il creditore può rivalersi su di lui). Analogamente, se due coniugi erano co-intestatari di un mutuo e uno solo ottiene l’esdebitazione, l’altro resterà vincolato all’intero debito verso la banca. Questo principio tutela i creditori: l’esdebitazione è un beneficio strettamente personale. Ovviamente, se il garante paga, egli subentrerà surrogandosi nel credito, ma essendo il debitore principale esdebitato, il garante poi non potrebbe rivalersi su di lui (il regresso sarebbe anch’esso inesigibile in virtù dell’esdebitazione). In pratica quindi, chi garantisce un soggetto che poi ottiene l’esdebitazione incapiente rischia di dover pagare al posto suo senza poter recuperare. Questo spiega perché, ad esempio, le banche spesso presentano opposizione in queste procedure soprattutto quando esistono garanti facoltosi: per evitare di dover rifarsi solo su di essi.
Un’ulteriore considerazione riguarda le garanzie reali (pegni, ipoteche) concesse sui beni del debitore a garanzia dei crediti. In linea teorica, se un creditore aveva un’ipoteca su un immobile del debitore e l’immobile non è stato venduto perché la procedura era incapiente, quell’ipoteca potrebbe ancora gravare sull’immobile. Tuttavia, poiché l’esdebitazione rende il credito inesigibile verso il debitore, il creditore ipotecario non può avviare o proseguire l’esecuzione sulla casa, a meno che non emergano utilità nuove (e in tal caso dovrebbe agire entro i 3 anni su quelle sopravvenienze, come detto). Se però la casa aveva un’ipoteca ed è rimasta al debitore dopo l’esdebitazione, è possibile che l’ipoteca resti formalmente iscritta ma priva di efficacia esecutiva pratica finché il debitore è protetto. In altri termini, i creditori garantiti potrebbero trovarsi in una situazione particolare: non soddisfatti (perché nulla è stato pagato) ma neppure liberi di aggredire i beni gravati, per via del blocco concorsuale. D’altra parte, poiché tipicamente un debitore incapiente non possiede immobili ipotecabili di valore (altrimenti la procedura adatta sarebbe stata una liquidazione), questa situazione è poco frequente. Qualora accada, sarà materia di interpretazione giurisprudenziale stabilire se l’ipoteca decade automaticamente con l’esdebitazione o rimane latente. La logica vorrebbe che, essendo il credito verso il debitore inesigibile, anche le azioni sul suo patrimonio (comprese quelle garantite) siano precluse, salvo che il debitore vi rinunci volontariamente. In ogni caso, i creditori chirografari non garantiti sicuramente non hanno più alcun mezzo per recuperare dal debitore una volta ottenuto il decreto.
In conclusione, dopo l’esdebitazione: i creditori subiscono la perdita (ad eccezione di quelle categorie protette che possono ancora agire per i loro crediti esclusi), mentre il debitore può uscire dalla situazione debitoria e tornare ad una vita normale, pur con alcuni “strascichi” reputazionali (ad es. l’annotazione nelle banche dati creditizie della procedura, che potrebbe rendere difficile ottenere nuovo credito per qualche tempo). Sul piano sociale, l’istituto persegue l’idea di offrire una seconda opportunità a chi è schiacciato dai debiti, evitando che resti emarginato economicamente a vita. Contestualmente, bilancia questo con la necessità di disciplina e responsabilità: ecco perché vengono richiesti meritevolezza, unico utilizzo e un periodo di prova successivo.
Il ruolo e le responsabilità dell’OCC e del gestore della crisi
Nella procedura di esdebitazione del debitore incapiente, pur mancando attività di gestione di beni o di esecuzione di un piano, l’Organismo di Composizione della Crisi (OCC) riveste comunque un ruolo fondamentale. L’OCC, tramite il gestore della crisi nominato per il caso specifico, assiste il debitore in tutta la fase di presentazione della domanda e ha compiti di attestazione e controllo sia prima che dopo il decreto. Vediamo in dettaglio le sue funzioni e i profili di responsabilità connessi:
- Assistenza nella preparazione del ricorso: Come visto, la domanda deve essere presentata “per il tramite” dell’OCC (art. 283 co.3 CCII). Il gestore della crisi designato dall’OCC (che è un professionista iscritto in appositi elenchi, con competenze in materia concorsuale) aiuta il debitore a raccogliere tutti i documenti richiesti e a ricostruire in modo veritiero e completo la situazione debitoria. Egli redige la relazione particolareggiata su cause dell’indebitamento, condotta del debitore, ragioni dell’insolvenza, ecc.. Questa relazione ha un enorme peso: il giudice si fida in larga misura di quanto attestato dall’OCC circa la meritevolezza e l’incapienza del debitore. Ne consegue che il gestore deve svolgere un’attenta verifica di tutte le informazioni fornite dal debitore, controllando ad esempio le visure per accertare che non vi siano beni occultati, esaminando le movimentazioni bancarie per vedere se ci sono state distrazioni di denaro, ecc. L’OCC funge in pratica da “certificatore” imparziale della situazione, un po’ come il curatore nel fallimento redige la relazione ex art.33 L.F. Dunque, una responsabilità professionale rilevante grava sull’OCC in questa fase: se omettesse di segnalare atti in frode noti o non si accorgesse di un palese comportamento doloso del debitore, e ciò portasse il giudice a concedere indebitamente l’esdebitazione, i creditori lesi potrebbero ipotizzare una colpa in vigilando o una responsabilità del professionista. In casi estremi, se l’OCC attestasse il falso (es. dichiarando che il debitore è nullatenente mentre ha un immobile non dichiarato), potrebbe risponderne sia civilmente sia disciplinarmente, oltre a rischiare conseguenze penali per false attestazioni. Fortunatamente, gli OCC sono generalmente molto scrupolosi: la normativa stessa impone loro di riferire eventuali atti in frode e di valutare la completezza dei dati. In base all’art. 16 della vecchia L.3/2012 (e norme analoghe nel CCII), l’OCC e i suoi gestori devono adempiere ai propri doveri con diligenza professionale e possono essere revocati/subire sanzioni in caso di negligenza grave o inadempienze.
- Neutralità e garanzia del contraddittorio: L’OCC ha un ruolo peculiare, perché da un lato assiste il debitore (è spesso scelto da lui e lo aiuta nella procedura), dall’altro deve dare garanzie di imparzialità e terzietà simili a quelle di un ausiliario del giudice. Questo equilibrio è importante: il gestore non è l’avvocato di parte del debitore (anche se magari può coincidere con un legale), ma un soggetto che deve anche tutelare l’interesse generale alla correttezza della procedura. Per questo, la legge prevede che non possono assumere l’incarico gestori che abbiano conflitti di interessi o rapporti stretti col debitore/creditori. Inoltre, l’OCC si interfaccia pure con i creditori: è lui che notifica loro l’istanza e il decreto di fissazione termini. Deve farlo con puntualità e trasparenza, perché un vizio nelle comunicazioni potrebbe pregiudicare il diritto di difesa dei creditori. Se, ad esempio, l’OCC dimenticasse di avvisare un creditore importante, e la procedura andasse avanti senza la sua partecipazione, il decreto di esdebitazione potrebbe essere impugnabile (infatti l’art. 283 co.8 prevede che i creditori non informati possano fare reclamo entro 30 gg dalla comunicazione, e se non furono mai avvisati il termine potrebbe riaprirsi). Quindi l’OCC è responsabile di effettuare correttamente tutte le comunicazioni ai creditori previste dalla legge. Qualora un creditore provi di essere stato ignorato dall’OCC, questi potrebbe subirne le conseguenze in sede di segnalazione agli organi ministeriali che vigilano sugli OCC.
- Vigilanza successiva sulle sopravvenienze: Post-decreto, come abbiamo descritto, all’OCC è affidato il compito di monitorare l’adempimento del debitore nel periodo di 3 anni. L’OCC deve assicurarsi che il debitore depositi le dichiarazioni annuali e può compiere controlli incrociati (presso registri immobiliari, conti correnti, Agenzia Entrate, ecc.) per verificare se ci sono state entrate non dichiarate. Se il giudice lo richiede, il gestore deve presentare relazioni periodiche riferendo esito delle verifiche. Questo è un compito meno gravoso rispetto ad altre procedure concorsuali, ma comunque impegna l’OCC a mantenere un occhio sul debitore per un triennio. La responsabilità qui sta nel segnalare tempestivamente eventuali inadempimenti. Se l’OCC venisse a conoscenza, ad esempio, che il debitore ha ricevuto un’eredità e non l’ha dichiarata, ha il dovere di informarne il giudice e i creditori. In caso contrario, se occultasse l’informazione o tardasse senza motivo, potrebbe risultare inadempiente ai suoi doveri. Si comprende quindi che anche in questa fase l’OCC può andare incontro a responsabilità se non svolge diligentemente i controlli: i creditori potrebbero rivalersi (ad esempio se perdono la chance di aggredire una sopravvenienza perché l’OCC non li ha avvisati in tempo).
- Compenso e indipendenza: Un aspetto delicato è quello dei compensi dell’OCC. La legge stabilisce che in caso di esdebitazione incapiente i compensi del gestore sono ridotti della metà rispetto al tariffario ordinario. Ciò perché l’attivo è zero e si vuole contenere i costi. Tuttavia, rimane il problema di come pagare anche questo compenso dimezzato, dato che il debitore incapiente per definizione non ha risorse. Come accennato, la Legge di Bilancio 2024 ha previsto la creazione di un Fondo pubblico per coprire queste spese, ma in attesa che il fondo diventi operativo, spesso gli OCC lavorano confidando di essere pagati in futuro o accontentandosi di un contributo simbolico del debitore (talvolta raccolto in famiglia). In taluni casi, professionisti sensibili hanno operato quasi pro bono, sapendo che il cliente non aveva mezzi. Il gestore deve comunque svolgere il suo incarico con professionalità a prescindere dal compenso incerto, mantenendo l’indipendenza dalle parti. Il Ministero della Giustizia sta lavorando per emanare decreti attuativi che rendano fruibile il Fondo, così che l’OCC possa ottenere il pagamento del proprio lavoro direttamente dallo Stato quando segue un incapiente meritevole. Questo incentivo pubblico è volto a facilitare l’accesso: infatti, in passato, il costo dell’OCC rischiava di impedire ai più poveri di accedere all’istituto (un paradosso, risolto appunto con questa previsione di finanziamento pubblico).
In sintesi, l’OCC/gestore della crisi nell’esdebitazione incapiente ha compiti di: istruire la pratica e attestare la verità (fase iniziale), agevolare il contraddittorio con i creditori (notifiche, relazione), monitorare il debitore successivamente (fase sopravvenienze). Dal punto di vista della responsabilità, deve rispettare elevati standard di diligenza e buona fede professionale. Errori gravi, omissioni o collusioni con il debitore possono esporlo a conseguenze (revoca dell’incarico, azioni di responsabilità da parte di creditori o provvedimenti disciplinari). Bisogna dire però che l’esperienza fino ad oggi evidenzia generalmente un operato puntuale degli OCC: essi svolgono questa attività anche con uno scopo sociale, ossia aiutare persone in difficoltà ad ottenere legalmente la cancellazione dei debiti, e quindi tendono ad essere rigorosi ma anche propositivi nel guidare il debitore. Ricordiamo infine che, a differenza del curatore fallimentare, il gestore dell’incapiente non gestisce patrimoni né riparti: il suo è un lavoro più snello e concentrato sulla verifica e relazione. Questa minore onerosità si riflette (giustamente) nel compenso dimezzato.
Debiti fiscali e rapporti con l’Agenzia delle Entrate Riscossione
Un punto che merita specifico approfondimento è l’effetto dell’esdebitazione incapiente sui debiti fiscali (imposte, tasse, contributi) e il comportamento dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione (ex Equitalia), che è spesso uno dei creditori principali nei casi di sovraindebitamento. Riassumiamo i principali profili:
- Inclusione dei debiti tributari: Come già accennato, i debiti verso l’Erario e gli enti pubblici rientrano a pieno titolo nell’esdebitazione. Ciò comprende imposte dirette e indirette non pagate (Irpef, Iva, Irap, bollo auto, canone Rai, ecc.), tasse locali (IMU, TARI), contributi previdenziali (Inps, Inail) e relative sanzioni amministrative di mora. Storicamente vi era il dubbio se i debiti fiscali potessero essere “falcidiati” da procedure come il piano del consumatore o la liquidazione; la riforma del 2020 ha superato questi dubbi adottando un approccio concorsuale integrale: tutti i debiti antecedenti sono soggetti alla procedura, salvo le eccezioni tipiche (che non includono i tributi in sé). Dunque, se un soggetto ha accumulato cartelle esattoriali per decine di migliaia di euro e non ha beni né redditi per pagarle, l’esdebitazione incapiente è un strumento efficace per annullare quelle cartelle, liberandolo dall’incubo del debito fiscale. Ad esempio, in una vicenda recente riportata dalla stampa, un ristoratore palermitano con quasi €200.000 di debiti fiscali ha ottenuto dal Tribunale di Palermo un provvedimento di esdebitazione che ha riconosciuto la sua oggettiva impossibilità di onorare il debito e glielo ha cancellato integralmente.
- Sanzioni e interessi: Un aspetto particolare riguarda le sanzioni pecuniarie collegate ai debiti fiscali e gli interessi di mora. Le sanzioni tributarie (ad es. quelle per omessi versamenti) potrebbero essere assimilate alle sanzioni amministrative afflittive di cui si diceva: in dottrina c’è chi ritiene che almeno le sanzioni penali tributarie (es. multa per reati tributari) e quelle amministrative di carattere punitivo non si estinguano. Tuttavia, la giurisprudenza di merito finora ha generalmente incluso nel beneficio anche le sanzioni amministrative da cartella, considerandole parte del credito complessivo. Ad esempio, se una cartella comprende imposta, interessi e sanzione, una volta esdebitato quel debito, l’Agenzia delle Entrate Riscossione non potrà comunque pretendere né imposta né sanzione dal debitore esdebitato. Diverso sarebbe se la sanzione è penale (derivante da condanna): quella rientra nelle esclusioni ex art.278 CCII e quindi rimarrebbe. Gli interessi di mora, aggi, ecc., seguono la sorte del credito principale: anch’essi diventano inesigibili.
- Comportamento dell’AdER: L’Agenzia delle Entrate-Riscossione, in qualità di grande creditore istituzionale, ha oramai familiarità con le procedure da sovraindebitamento. Solitamente, quando riceve la notifica di un ricorso di esdebitazione incapiente, effettua una verifica interna sulla posizione del debitore. Se dal controllo risultano attivi nascosti o comportamenti scorretti (ad es. il debitore ha venduto un immobile poco prima di indebitarsi col fisco), può decidere di presentare opposizione. Viceversa, se effettivamente il debitore risulta nullatenente e con i requisiti, spesso l’AdER non si oppone e lascia al giudice la decisione. Va detto che l’AdER tende a opporsi più frequentemente nei piani di ristrutturazione dove viene proposto un pagamento parziale (per negoziare condizioni migliori), mentre nell’esdebitazione incapiente il margine di manovra è minimo. Può contestare la meritevolezza se per esempio emergono profili di evasione dolosa (come nel caso citato di Ferrara, dove l’omesso pagamento di imposte è stato visto come indice di malafede). In qualche caso, l’AdER ha sollevato questioni interpretative: ad esempio, inizialmente vi era il dubbio se l’esdebitazione potesse riguardare i debiti IVA, essendo quest’ultima un’imposta comunitaria. La questione è stata chiarita: il Regolamento UE 848/2015 in materia di insolvenza consente anche il “fresh start” su debiti IVA per le persone fisiche insolventi, quindi non ci sono esclusioni. Dunque l’AdER prende atto della cancellazione dei debiti una volta disposto il decreto. Dal punto di vista pratico, provvede a sgravare le cartelle e interrompere eventuali pignoramenti in corso (es. fermi amministrativi su auto, pignoramenti su stipendio, ipoteche su immobili). È opportuno che l’OCC o il debitore, ottenuto il decreto definitivo, ne inviino copia all’AdER e agli uffici creditori (Agenzia Entrate, Inps, Comuni), per sollecitare lo sgravio delle posizioni.
- Debiti fiscali sopravvenuti: Un tema citato sopra è quello dei debiti tributari “sopravvenuti” dopo la domanda. Esempio: il debitore presenta ricorso a gennaio 2025; nel 2026 l’Agenzia Entrate conclude un accertamento per redditi 2023 non dichiarati, emettendo una cartella. Questo debito, sebbene riferito ad annualità precedenti la procedura, non era conosciuto e risulta accertato successivamente. In base alla disciplina (già art. 14-terdecies L.3/2012 e ora in sostanza art.283/278 CCII), tali debiti restano fuori dall’esdebitazione. Il ragionamento è: i creditori che non partecipano o i crediti non emersi non vengono toccati, a meno che non si tratti di crediti già esistenti ma semplicemente dimenticati (in tal caso di solito li si considera ugualmente falcidiati, se anteriori). Tuttavia, nel caso di accertamenti d’imposta notificati dopo, la giurisprudenza tende a considerarli esclusi per espressa previsione (erano esclusi dall’art.14-terdecies co.3 lett. c L.3/2012). Quindi, quel debitore dovrà comunque far fronte a quel nuovo debito fiscale (oppure, se di nuovo incapiente, potrebbe pensare a un’ulteriore procedura in futuro, ma ricordiamo che l’esdebitazione incapiente è unica nella vita).
In conclusione, dal punto di vista del debitore l’esdebitazione incapiente è uno strumento potentissimo per liberarsi anche dei debiti con il Fisco, che spesso sono quelli più gravosi (dato che maturano sanzioni e interessi). Naturalmente, questo richiede che il debitore non abbia compiuto frodi fiscali gravi e sia effettivamente incapiente. Dal punto di vista dell’Erario, è un sacrificio in ottica di politica economica: si rinuncia a riscuotere da soggetti che con ogni probabilità non avrebbero comunque mai pagato, permettendo loro di ripartire e magari tornare contribuenti attivi in futuro (cosa impossibile se restassero sommersi dai debiti per sempre). L’Agenzia delle Entrate, pur perdendo quei crediti, evita di impiegare risorse in azioni esecutive infruttuose e vede soddisfatta l’esigenza di giustizia solo se c’è stata malafede (in quel caso, come detto, l’accesso viene negato).
Confronto con altre procedure di sovraindebitamento e concorsuali
Per comprendere meglio la peculiarità dell’esdebitazione del debitore incapiente, può essere utile un breve confronto con le altre procedure concorsuali minori (piano del consumatore, accordo/concordato minore, liquidazione controllata) e con l’esdebitazione “ordinaria” post-fallimento (liquidazione giudiziale).
Alcune differenze le abbiamo già evidenziate, riassumiamo i punti salienti:
- Presenza di una liquidazione dei beni: nelle procedure ordinarie di sovraindebitamento almeno un minimo di attivo viene destinato ai creditori. Ad esempio, nella liquidazione controllata (ex liquidazione del patrimonio L.3/2012) il debitore mette a disposizione tutti i suoi beni e, per 4 anni, anche la parte di reddito eccedente il minimo vitale, ottenendo poi l’esdebitazione automatica a fine liquidazione. Nel fallimento (liquidazione giudiziale) analogamente tutti i beni del debitore imprenditore insolvente sono liquidati dal curatore, e alla fine l’imprenditore persona fisica può chiedere l’esdebitazione. Nell’esdebitazione incapiente, invece, non c’è alcuna liquidazione: non essendoci beni né reddito da cedere, si evita tutta la procedura liquidatoria (nomina di liquidatore/curatore, vendite all’asta, riparti ai creditori, ecc.), con notevole risparmio di tempo e costi. È una sorta di “concordato senza massa attiva”, o come è stato definito, un fallimento del nullatenente dove il passivo c’è ma l’attivo è zero. La controparte di ciò è che i creditori non ricevono nulla all’inizio (a differenza delle altre procedure dove spesso ricevono qualcosa, magari pochi centesimi per euro), ma solo la possibilità di un 10% eventuale dopo anni se le cose cambiano.
- Coinvolgimento e consenso dei creditori: nelle procedure negoziali come il piano del consumatore e l’accordo di ristrutturazione/concordato minore, i creditori sono coinvolti attivamente o passivamente: nel piano del consumatore non votano ma possono opporsi e il giudice valuta la convenienza per loro; nell’accordo devono approvare la proposta votando (maggioranza). Nell’esdebitazione incapiente, i creditori non hanno voto né potere negoziale: vengono solo informati e possono opporsi su questioni di requisiti, ma non c’è niente da trattare (non c’è un piano da accettare). In ciò l’incapiente assomiglia di più al piano del consumatore unilaterale (dove decide il giudice), però qui addirittura non si offre nulla. Di fatto, l’incapiente è la procedura più unilaterale: i creditori possono solo far presente eventuali irregolarità, ma non possono impedire la decisione del giudice se questi ritiene tutto in regola. Questo, dal punto di vista del debitore, è un vantaggio perché non deve convincere i creditori a votare. Dal punto di vista dei creditori, è uno svantaggio perché subiscono la decisione senza poterla influenzare (salvo segnalare frodi ecc.).
- Meritevolezza e causa del sovraindebitamento: il requisito della meritevolezza assume peso diverso a seconda della procedura. Nel vecchio piano del consumatore era un filtro centrale (il giudice poteva omologare solo se il consumatore non aveva colpe gravi nell’indebitarsi), mentre nell’accordo contava meno perché decideva la maggioranza dei creditori. Nell’esdebitazione incapiente, la meritevolezza torna ad essere cruciale: il giudice la valuta in modo stringente e sovrano, similmente a come faceva per il piano del consumatore. Un debitore non meritevole non otterrà mai l’esdebitazione incapiente. Questo la differenzia ad esempio dal concordato preventivo per imprenditori, dove oggi la meritevolezza storica non è richiesta (conta più la fattibilità economica). Insomma, l’incapiente eredita dal vecchio piano l’idea che solo il debitore onesto ma sfortunato merita la protezione.
- Tempi di liberazione dal debito: le procedure con pagamento (piani e concordati) richiedono spesso anni prima che il debitore sia libero: deve prima eseguire il piano di rientro (rate per 4-5 anni ad esempio) e solo dopo i debiti residui vengono esdebitati. Nell’incapiente, invece, l’effetto liberatorio è immediato con il decreto (salvo la “condizione risolutiva” delle sopravvenienze per 3 anni). Ciò significa che un debitore incapiente ottiene la cancellazione dei debiti in pochi mesi, mentre in un piano avrebbe dovuto pagare per anni prima di potersi liberare. Questo è un enorme vantaggio per chi davvero non ha alcuna capacità di rimborso: evita di trascinare una situazione insostenibile. Di contro, rimane il vincolo dei 3 anni post, ma senza dover effettuare pagamenti periodici (solo l’eventuale pagamento se capita un colpo di fortuna). In liquidazione controllata o giudiziale, il fallito può chiedere l’esdebitazione solo alla fine della procedura, che può durare anch’essa anni. Quindi l’incapiente è la via più rapida verso il fresh start.
- Ambito soggettivo (chi può accedere): il piano del consumatore era limitato ai consumatori in senso tecnico (persone fisiche con debiti da consumo, non legati ad attività d’impresa); l’accordo e la liquidazione erano aperti a tutti i debitori civili sovraindebitati (consumatori e non). L’esdebitazione incapiente è aperta sia a consumatori che a non consumatori, purché persone fisiche non fallibili. Dunque la platea è ampia, simile a quella della liquidazione controllata: può beneficiarne il privato cittadino, il piccolo imprenditore, il professionista, ecc. Non c’è più la distinzione che limitava certe procedure ai soli consumatori. Questo è importante perché permette anche a piccoli imprenditori cessati che si sono indebitati per la loro attività di accedere, se incapienti e meritevoli. La giurisprudenza (Trib. Alessandria) ha appunto affermato che debiti da attività d’impresa non impediscono l’accesso.
- Ruolo dell’OCC: In tutte le procedure di sovraindebitamento c’è il coinvolgimento di un OCC, ma i compiti differiscono. Nelle procedure ordinarie (piano, accordo, liquidazione) l’OCC/gestore aveva compiti articolati: dalla predisposizione del piano o programma di liquidazione, alla verifica delle proposte, alla supervisione del liquidatore, ecc. Nell’esdebitazione incapiente, il ruolo dell’OCC è più snello: fa la relazione iniziale e poi sostanzialmente deve solo vigilare sulle sopravvenienze. Non deve gestire attivi né ripartire somme. Per questo la legge ha previsto il compenso dimezzato: il suo lavoro, pur importante, è meno oneroso. Si potrebbe dire che il gestore dell’incapiente è più simile a un attestatore/controllore che a un gestore operativo, rispetto ad altre procedure.
Possiamo schematizzare alcune differenze chiave:
Caratteristica | Esdebitazione incapiente (art. 283 CCII) | Liquidazione controllata (sovraindebitamento ordinario) | Liquidazione giudiziale (fallimento) |
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Attivo liquidabile | No – Nessun bene o reddito da liquidare; si va direttamente al decreto di esdebitazione. | Sì – Il debitore cede i beni e l’eventuale surplus di reddito per 3-4 anni; al termine ottiene l’esdebitazione automatica. | Sì – Liquidazione integrale del patrimonio da parte del curatore; poi il fallito persona fisica può chiedere esdebitazione. |
Pagamento ai creditori prima della liberazione | 0% iniziale – I creditori non ricevono nulla al momento del decreto (solo eventuale 10% dopo, se arrivano sopravvenienze). | Variabile – I creditori ricevono il ricavato della liquidazione controllata (spesso esiguo). Il debitore è esdebitato per il resto che non è stato soddisfatto. | Variabile – I creditori ricevono il ricavato del fallimento (a volte qualcosa, a volte nulla se l’attivo era incapiente anche lì). L’esdebitazione libera il debitore dal debito residuo non pagato. |
Requisiti di meritevolezza | Rigidi – Assenza di dolo/colpa grave, onestà e trasparenza valutate dal giudice caso per caso. Basta un atto in frode per negare il beneficio. | Richiesti – Nel sovraindebitamento ordinario si chiedeva di non aver aggravato la situazione con dolo (art. 69 CCII) e di collaborare. Ma l’esdebitazione finale in liquidazione è automatica salvo opposizione per frodi. | Richiesti – L’esdebitazione fallimentare esclude chi è condannato per bancarotta fraudolenta o chi non ha cooperato col curatore, ecc. (art. 280 CCII). Onestà e collaborazione sono valutate, ma nel fallimento la condotta rileva soprattutto se ci sono reati fallimentari. |
Coinvolgimento dei creditori | Minimo – Creditori solo informati e con diritto di opporsi su requisiti. Nessun voto o accordo richiesto. | Maggiore – Nel piano del consumatore niente voto ma opposizioni possibili; nel concordato minore serve il voto favorevole della maggioranza dei creditori. Nella liquidazione: creditori insinuati passivamente. | Moderato – I creditori non votano sull’esdebitazione (decide il giudice), ma curatore e creditori possono opporsi alla richiesta se ritengono il fallito non meritevole. |
Tempistica per la liberazione | Breve – Decreto ottenibile in pochi mesi; effetto liberatorio immediato (salvo clausola 3 anni per sopravvenienze). | Lunga – Bisogna prima eseguire il piano (rate per anni) o completare la liquidazione (3-4 anni), poi arriva l’esdebitazione finale. | Lunga – Il fallimento dura anni; l’esdebitazione arriva solo dopo la chiusura (almeno 3 anni dall’apertura, secondo direttiva UE recepita). |
Obblighi post-esdebitazione | Sì, per 3 anni – Dichiarazioni annuali sulle sopravvenienze; possibile pagamento parziale se miglioramento ≥10%; rischio revoca se inadempimento. | Nessuno – Una volta ottenuta l’esdebitazione (che è automatica terminata la liquidazione controllata), il debitore è libero senza condizioni ulteriori. (Nota: Nel CCII il solo caso con obbligo 4 anni era l’incapiente; ora ridotto a 3 anni). | Nessuno – L’esdebitazione ordinaria, una volta concessa dal giudice, è definitiva e non prevede periodi di prova successivi. |
Frequenza ammessa | Solo 1 volta – Non ripetibile nella vita. | Limitata – In teoria un debitore sovraindebitato potrebbe accedere di nuovo ad una procedura dopo alcuni anni, purché non abbia già usato l’incapiente (es. se la prima volta ha fatto un piano e poi ricade, potrebbe liquidare e di nuovo esdebitarsi). Il CCII non mette un limite fisso qui, ma ovviamente serve nuovo sovraindebitamento. | Limitata – Un imprenditore fallito può ottenere esdebitazione una volta; se fallisce di nuovo entro 5 anni, non ha diritto automatico (art. 279 CCII impone un intervallo). La direttiva UE suggerisce di dare fresh start dopo 3 anni anche a ripetizione, ma con condizioni. |
(Tabella 2 – Confronto semplificato tra esdebitazione incapiente e altre procedure concorsuali minori/maggiori.) Si vede come l’esdebitazione incapiente sia l’opzione più radicale ed “estrema”: il debitore ottiene subito la liberazione senza sborsare nulla, ma in cambio deve soddisfare requisiti stringenti e rimane sotto osservazione per qualche anno. Le altre procedure prevedono invece un percorso di soddisfacimento almeno parziale dei creditori e tempi più lunghi prima della definitiva cancellazione dei debiti. L’incapiente è quindi un unicum nel panorama italiano, anche se ha analogie con procedure di fresh start esistenti in altri paesi per debitori nullatenenti (si pensi ad alcune forme di “bankruptcy” personali all’estero dove il debitore senza beni viene liberato dopo un periodo di good conduct).
Esempi pratici e casi giurisprudenziali recenti
Per rendere più concreto il funzionamento dell’esdebitazione del debitore incapiente, presentiamo alcuni scenari esemplificativi, ispirati a situazioni reali affrontate nei tribunali italiani:
- Esempio 1 – Consumatrice nullatenente con debiti di consumo: Maria, 40 anni, ex commessa attualmente disoccupata, vive in appartamento in affitto, senza proprietà né risparmi. Ha accumulato €30.000 di debiti: €15.000 tra carte di credito e prestiti personali, €5.000 di bollette arretrate e €10.000 di spese mediche non pagate. Non lavora da 2 anni e percepisce solo un piccolo sussidio di disoccupazione che copre a malapena le spese essenziali. Maria non ha speranze di pagare questi debiti e i creditori la perseguitano con richieste e minacce di pignoramento (anche se non ha nulla di pignorabile a parte forse il conto in banca vuoto). Situazione: Maria è l’emblema del debitore incapiente: niente beni, nessun reddito stabile, sovraindebitata. Condotta: I suoi debiti derivano da spese ordinarie e poi dall’aggravarsi per interessi; Maria non ha mai commesso frodi, semplicemente è caduta in miseria dopo aver perso il lavoro e aver avuto problemi di salute. Soluzione: Maria si rivolge all’OCC locale, che conferma la sua totale incapienza e meritevolezza. Viene presentato ricorso ex art. 283 CCII. Il Tribunale verifica i documenti (Maria allega l’elenco creditori, le sue dichiarazioni dei redditi – per gli anni in cui lavorava, poi zero – e l’attestazione di disoccupazione, ecc.). Nessuno dei creditori si oppone (anche perché i creditori finanziari spesso rinunciano a opporsi in casi così evidenti di irreperibilità di risorse). Il giudice quindi emette decreto di esdebitazione. Maria, nel decreto, è tenuta per i prossimi 3 anni a comunicare se dovesse trovare un lavoro ben retribuito o ricevere eredità/vincite. Maria trova solo lavoretti saltuari a basso reddito, dunque nessuna sopravvenienza rilevante. Trascorsi i 3 anni, l’esdebitazione si consolida e i suoi €30.000 di debiti restano definitivamente cancellati. Effetto: Maria può finalmente ricominciare da zero: non ha visto pignorati quei pochi mobili che aveva, nessuno può più pretendere nulla da lei su quei vecchi debiti. Ha evitato di restare inseguita a vita per somme che non avrebbe mai potuto pagare.
- Esempio 2 – Ex artigiano con debiti fiscali e mutuo sulla prima casa: Carlo, 50 anni, era un artigiano edile. Ha chiuso l’attività tre anni fa a causa di fallimenti a catena di committenti che non l’hanno pagato. È rimasto con debiti per €100.000: circa €40.000 tra fornitori e banche (scoperti di conto), e ben €60.000 verso Agenzia Entrate e INPS (tasse e contributi non pagati negli ultimi anni di attività). Carlo possiede solo la prima casa in cui abita con la famiglia, un appartamento di modesto valore su cui grava un mutuo ipotecario residuo. Le rate del mutuo però non riesce più a pagarle regolarmente e la banca minaccia di agire. Reddito attuale: piccoli lavoretti in nero, la moglie ha un part-time. Il valore di mercato della casa è appena sufficiente a coprire il mutuo residuo, quindi vendendola non rimarrebbe granché per i creditori chirografari. Situazione: Carlo è insolvente e incapiente dal punto di vista di reddito; ha però questo immobile gravato da mutuo. Scelta della procedura: Può Carlo accedere all’esdebitazione incapiente e tenersi la casa? Dipende. Se la casa ha un valore sostanzialmente già assorbito dal mutuo, di fatto non c’è utilità diretta per i creditori chirografari (quelli senza garanzie). Il tribunale potrebbe considerare che la casa non rappresenta un’attività liquidabile utile, poiché vendendola l’intero ricavato andrebbe alla banca ipotecaria (creditore garantito) e il debitore rimarrebbe comunque incapiente. In casi simili, alcuni tribunali hanno ammesso l’incapiente senza richiedere la vendita della prima casa, specie se questa è di modesto valore e cruciale per la famiglia. Si argomenta che, non essendoci capienza oltre l’ipoteca, la casa non offre utilità diretta o indiretta ai creditori chirografari, quindi l’incapienza sussiste. D’altro canto, altri tribunali potrebbero invece orientarsi verso la liquidazione controllata, includendo l’immobile: formalmente Carlo non è nullatenente, ha un cespite, e potrebbero dire che va liquidato comunque, poi la banca prenderà il suo e i chirografari eventualmente nulla, dopodiché Carlo sarebbe esdebitato ex art.282 CCII. Supponiamo però che nel caso di Carlo il giudice accetti la tesi dell’incapienza (magari perché il mutuo residuo è pari o superiore al valore della casa, quindi non c’è equity). Carlo presenta ricorso art.283 CCII con l’aiuto dell’OCC. L’Agenzia Entrate Riscossione e la banca (creditrice ipotecaria) ricevono l’avviso. La banca ipotecaria potrebbe opporsi, preoccupata di perdere la possibilità di escutere l’immobile: segnalerà che c’è un immobile e che vorrebbe venduto. Il giudice però rileva che vendendo la casa si soddisferebbe solo la banca stessa (garantita) e non gli altri, e che Carlo è meritevole (non ha frodi, è rimasto indietro col fisco per crisi di liquidità, non per evasione dolosa). Decide quindi di concedere l’esdebitazione. Effetto: i debiti fiscali e verso fornitori di Carlo vengono cancellati. E la casa? La casa era ipotecata: la banca in teoria può ancora agire sulla casa per il suo mutuo (la sua garanzia reale non è toccata dall’esdebitazione). Però, Carlo nel frattempo cerca un accordo con la banca per rifinanziare o vendere privatamente l’immobile: ora che gli altri debiti sono cancellati, può concentrarsi sul mantenere la casa. Se riesce a riprendere il pagamento del mutuo, la banca potrebbe astenersi dal pignorare. Se invece la banca procedesse a esecuzione, l’ipoteca le dà diritto sulla casa; Carlo non potrebbe opporre l’esdebitazione rispetto al debito residuo del mutuo (in quanto debito garantito e comunque contratto dopo? se il mutuo è antecedente, tecnicamente l’importo residuo del mutuo oltre la garanzia può essere esdebitato, ma la banca ha pur sempre il diritto sulla casa). Questo esempio mostra che, per i debiti garantiti da ipoteca, l’esdebitazione non elimina la garanzia: la banca resta libera di soddisfarsi sul bene ipotecato. Ad ogni modo, per Carlo la situazione migliora enormemente: i €60.000 di debiti fiscali e i €40.000 di chirografari spariscono. Deve solo pensare alla banca (che era comunque garantita e avrebbe avuto diritto anche in fallimento). Inoltre, se Carlo in futuro trovasse lavoro, dovrà per 3 anni segnalare l’aumento di reddito: se ad esempio cominciasse a guadagnare molto, i creditori (in primis il Fisco) potrebbero tornare a farsi vivi per avere quel famoso 10%. Ma se rimane in condizioni modeste, dopo 3 anni sarà definitivamente libero.
- Esempio 3 – Diniego per comportamento non meritevole: Luca, 35 anni, negli ultimi 5 anni ha accumulato €80.000 di debiti, di cui €50.000 con banche/finanziarie e €30.000 con l’Agenzia Entrate (per IVA e IRPEF non versate). Non possiede nulla di intestato (vive con i genitori) e ufficialmente risulta disoccupato. Tuttavia, dalle indagini l’OCC scopre che Luca ha fatto spese folli: ha contratto i debiti con finanziarie per giocare in borsa e al casinò, sperperando tutto; inoltre risulta che aveva intestato a sé un’auto di lusso poi ceduta a un amico per evitare sequestri, e che svolge un lavoro in nero percependo un reddito non tracciato. L’OCC riferisce queste circostanze al giudice. Valutazione: pur essendo Luca tecnicamente incapiente (non ha beni né redditi ufficiali), la sua condotta appare gravemente irresponsabile e anche fraudolenta (ha ceduto un bene per sottrarlo ai creditori). Il Tribunale con ogni probabilità negherà l’esdebitazione per difetto di meritevolezza. Questo esempio riflette casi reali in cui i giudici hanno respinto l’istanza perché il sovraindebitamento era frutto di leggerezza estrema o dolo (es. c’è chi ha accumulato debiti con decine di finanziarie senza possibilità di pagarle – i giudici valutano caso per caso se ciò configuri colpa grave nell’indebitarsi). Nella prassi, i Tribunali si mostrano severi soprattutto verso chi ha omesso di pagare scientemente tributi pur avendo le risorse o chi ha approfittato di credito facile accumulando debiti in modo irresponsabile. In una pronuncia, il Tribunale di Ferrara ha negato l’esdebitazione a un soggetto che, potendo pagare le tasse, aveva scelto di no – considerandolo inadempimento doloso all’obbligo tributario. Dunque, Luca nel nostro esempio rimane con i suoi debiti (che i creditori potranno tentare di riscuotere, anche se lui non ha beni noti). Potrà forse accedere ad altre procedure meno “premiali” (ad esempio una liquidazione controllata, dove i creditori vedrebbero che comunque non c’è niente da prendere, ma almeno Luca non scampa senza scrutinio).
- Esempio 4 – Giurisprudenza: caso di meritevolezza riconosciuta nonostante tutto: Un caso affrontato nel 2024: Tizio, ex imprenditore commerciale, fallito anni prima, ancora oppresso da debiti residui verso fornitori e fisco per €300.000. Tizio era formalmente fallibile, ma la procedura di fallimento non aveva soddisfatto tutti i creditori, residuando una massa debitoria ingente. Egli, terminato il fallimento, è rimasto nullatenente, vivendo di pensione minima. Chiede ora l’esdebitazione incapiente (anche se in teoria avrebbe potuto chiedere l’esdebitazione ordinaria ex art.278 CCII al termine del fallimento, supponiamo che non l’abbia fatto in tempo utile). Il Tribunale valuta che sebbene tutti i debiti derivassero dall’attività d’impresa poi fallita, non vi è evidenza di dolo o colpa grave da parte di Tizio: la sua impresa è fallita per la crisi economica, non per frodi. Inoltre, Tizio è ultrasessantenne, con salute cagionevole, quindi difficilmente genererà reddito futuro. Decisione: esdebitazione concessa. Un riferimento simile è il decreto del Tribunale di Alessandria che ha ritenuto meritevole un imprenditore incapiente nonostante i debiti fossero d’impresa. Ciò conferma che la meritevolezza si valuta in concreto: essere falliti non è colpa di per sé, conta come si è generato il debito.
- Esempio 5 – Caso di sopravvenienze durante i 3 anni: Caia ottiene l’esdebitazione incapiente nel 2023. Nel 2024, a sorpresa, vince alla lotteria €50.000. Caia è onesta e lo dichiara subito all’OCC. I debiti originari di Caia erano €200.000. La soglia del 10% è €20.000. Poiché €50.000 > €20.000, scatta l’obbligo. L’OCC informa i creditori i quali possono agire su quella vincita. Poniamo che i creditori promuovano pignoramento e riescano a prendere tutti i €50.000. I creditori dunque recuperano una parte (nel nostro caso, 25% dei loro crediti). Il giudice a quel punto potrebbe dichiarare che, avendo Caia adempiuto (passivamente, lasciando che i creditori prendano) all’obbligo, l’esdebitazione rimane valida per il resto. Caia dunque dopo il fatto rimane comunque liberata dagli ulteriori €150.000 che non sono stati pagati. Se Caia non avesse dichiarato la vincita sperando di tenerla nascosta, e i creditori lo avessero scoperto magari tramite l’OCC, il giudice le avrebbe revocato tutto e sarebbe tornata debitrice per l’intero importo. Questo ipotetico evidenzia il funzionamento della clausola di salvaguardia per i creditori: essi non ottengono mai più del dovuto (qui avrebbero potuto prendersi al massimo €200.000 se Caia avesse vinto tanto, ma non di più), però almeno si spartiscono l’eventuale manna caduta. Caia in ogni caso, comportandosi correttamente, trascorsi i 3 anni può godersi il residuo di vincita (se ne fosse rimasto) e il nuovo inizio.
Questi esempi mostrano vari scenari e come l’istituto venga applicato con una certa flessibilità ma anche rigore: favor per il debitore onesto in difficoltà, ma nessuna tolleranza per chi cerca di abusarne. La giurisprudenza recente tende ad uniformare alcuni principi: ad esempio ha sottolineato che anche chi ha un reddito molto basso può essere incapiente (non si richiede zero assoluto, ma incapienza secondo i parametri di legge); o che il comportamento negligente dei finanziatori (erogazione di credito facile) non esclude la meritevolezza del debitore, anzi può essere considerato un fattore attenuante del suo indebitarsi. Si è anche chiarito, come visto, che non serve un avvocato obbligatoriamente per presentare il ricorso: una pronuncia del Tribunale di Torino del marzo 2025 ha ribadito che la procedura è volontaria e non contenziosa, quindi l’OCC può depositare l’istanza senza mandato difensivo, a tutela dei debitori che magari non possono permettersi un legale. In pratica però la presenza di un avvocato è frequente (spesso lo stesso gestore è avvocato e assume un doppio ruolo tecnico).
La Cassazione ancora non si è pronunciata su questo nuovo istituto (essendo recentissimo: i primi casi sono del 2021-22, la maggior parte decreti di merito). Sarà interessante vedere in futuro se arriveranno sentenze di legittimità che fissano principi – ad esempio sul tema delle sopravvenienze (quantum da destinare), sulla definizione di utilità indiretta, sui criteri di meritevolezza ecc. Per ora, i Tribunali (tra cui Ferrara, Alessandria, Torino, Taranto, Palermo, Latina, ecc.) hanno creato un corpus di decreti che delineano un orientamento: estrema severità sui requisiti, ma applicazione pratica dell’istituto quando il caso lo merita. Tribunale di Taranto (decr. 28 febbraio 2024) ha evidenziato il carattere eccezionale e una tantum dell’istituto, che deroga al principio generale ex art.2740 c.c. soltanto per concedere una seconda chance a chi non ha davvero nulla da offrire. Tribunale di Alessandria (2023) e altri hanno mostrato apertura per debiti derivanti da attività d’impresa, giudicando la meritevolezza sul concreto e non escludendo l’imprenditore onesto ma sfortunato. Tribunale di Ferrara (decr. 5 novembre 2024) ha posto un paletto sull’evasione fiscale intenzionale come indice di non meritevolezza. Tribunale di Torino (decr. 11 marzo 2025) ha eliminato l’obbligo di assistenza legale in favore di un accesso più agevole tramite OCC.
In definitiva, l’esdebitazione del debitore incapiente si sta dimostrando un istituto di grande impatto sociale: consente di azzerare situazioni debitorie altrimenti irrisolvibili, dando respiro a persone sovraindebitate e incentivandole a rientrare nell’economia legale (fresh start). Dall’altro lato, pone forti garanzie per evitare abusi: filtri di ammissione rigorosi e un monitoraggio successivo. Il punto di vista del debitore è chiaramente privilegiato, ma non senza responsabilità: il debitore deve arrivare “a mani pulite” e mantenere un comportamento corretto anche dopo, altrimenti perde il beneficio. I creditori subiscono un sacrificio, mitigato però dal fatto che in assenza di questo istituto comunque non avrebbero recuperato nulla (un debitore nullatenente è di fatto inesecutabile già). Inoltre, il meccanismo delle sopravvenienze li tutela nel caso in cui il debitore abbia fortuna entro pochi anni.
Nella prospettiva del debitore, questo istituto rappresenta una speranza concreta di uscire dal tunnel dei debiti: anche se non hai nulla da dare ai creditori, puoi comunque chiudere col passato, purché tu sia stato onesto. È fondamentale rivolgersi agli operatori giusti (OCC, professionisti competenti) e presentare la propria situazione con trasparenza. In genere, quando tutti i requisiti ci sono, i giudici italiani mostrano sensibilità e concedono questa “ultima spiaggia” al debitore meritevole. Un legislatore attento ha addirittura stanziato fondi per coprire i costi di procedura, segno della volontà di rendere effettivo il diritto al fresh start anche per i più deboli economicamente.
Domande Frequenti (FAQ)
Domanda: Chi può accedere all’esdebitazione del debitore incapiente?
Risposta: Può accedere solo il debitore persona fisica in stato di sovraindebitamento, ossia che non potrebbe essere assoggettato a fallimento o liquidazione coatta. Sono inclusi consumatori, professionisti, imprenditori minori, ex imprenditori cessati, start-up non fallibili, imprenditori agricoli, ecc.. Restano escluse le società e gli enti collettivi, nonché gli imprenditori sopra soglia fallimentare. In pratica, rientrano tutti coloro che potevano accedere alle procedure di sovraindebitamento ex L.3/2012. Occorre inoltre che il debitore sia incapiente (nessun bene o reddito utile per i creditori) e meritevole (onesto, senza frodi né colpe gravi). Se questi requisiti sono presenti, il debitore può presentare domanda tramite un OCC. Ricordiamo che ciascun debitore può ottenere l’esdebitazione incapiente una volta soltanto in tutta la vita.
Domanda: I debiti verso lo Stato (Agenzia Entrate, INPS, Equitalia) si cancellano con l’esdebitazione?
Risposta: Sì, l’esdebitazione incapiente libera il debitore anche dai debiti fiscali e contributivi pregressi. Ciò include imposte, tasse, contributi previdenziali non versati, interessi e sanzioni di mora. Fanno eccezione eventuali multe penali o sanzioni amministrative aventi natura afflittiva (ad esempio un’ammenda penale, che rientra tra i debiti non cancellabili). Ma le cartelle esattoriali per imposte ordinarie rientrano e vengono annullate dal decreto di esdebitazione. Ad esempio, cartelle per IRPEF, IVA, bollo auto, IMU, contributi INPS non pagati – una volta concesso il beneficio, l’Agenzia Riscossione non potrà più pretenderne il pagamento dal debitore. Attenzione: se però il debitore ha tenuto una condotta dolosa verso il Fisco (evasione volontaria), ciò può far rigettare la domanda per mancanza di meritevolezza. Dunque i debiti fiscali si cancellano solo per il debitore onesto che non ha potuto pagarli, non per chi ha evaso scientemente. Inoltre, se emergono debiti tributari dopo la procedura (accertamenti notificati successivamente, ma relativi a periodi anteriori), in genere restano esclusi dall’esdebitazione e dovranno essere pagati o trattati a parte.
Domanda: Che succede se il debitore ha una casa di proprietà? La perderà chiedendo l’esdebitazione?
Risposta: Dipende dal caso. L’esdebitazione incapiente non comporta automaticamente la vendita della prima casa, a differenza di quanto avverrebbe in una liquidazione concorsuale. Se l’immobile non è gravato da ipoteca e ha valore modesto tale da non offrire concreta utilità ai creditori (ad esempio è un’abitazione di basso valore essenziale per il debitore e la sua famiglia), può accadere che il tribunale consideri comunque il debitore incapiente senza costringerlo a liquidare la casa. Ogni caso viene valutato: se la casa ha invece un valore significativo oppure è gravata da mutuo ma con equity residua, probabilmente il giudice riterrà che c’è un’attività liquidabile e potrebbe indirizzare verso una liquidazione controllata invece dell’esdebitazione incapiente. In quest’ultimo caso, la casa verrebbe venduta dal liquidatore e il debitore otterrebbe l’esdebitazione dopo la vendita (magari conservando una parte libera se avanzasse qualcosa, o nulla se il ricavato va ai creditori). In sintesi: avere una prima casa non preclude in assoluto l’esdebitazione incapiente, ma occorre dimostrare che anche vendendola i creditori chirografari non ne ricaverebbero utilità significativa. Se c’è dubbio su questo, la procedura incapienti potrebbe non essere ammessa. Da notare che se il debitore tiene la casa ed è presente un’ipoteca, il creditore ipotecario potrebbe comunque escutere l’immobile anche dopo l’esdebitazione (il debito verso di lui è garantito dal bene). Quindi, l’esdebitazione non cancella l’ipoteca: per non perdere la casa, il debitore dovrà continuare a gestire il rapporto con la banca (pagare il mutuo o trovare un accordo).
Domanda: Serve necessariamente un avvocato per presentare la domanda di esdebitazione?
Risposta: No, non è strettamente obbligatorio assumere un avvocato, anche se è consigliabile. La legge prevede che la domanda venga presentata tramite un OCC (Organismo di Composizione della Crisi). La natura del procedimento è non contenziosa, quindi la recente giurisprudenza (Tribunale di Torino 11/03/2025) ha chiarito che non vi è obbligo di difesa tecnica e l’OCC può validamente depositare l’istanza per conto del debitore. Questo per favorire i debitori più vulnerabili che magari non possono permettersi un legale. Nella pratica, però, spesso il gestore della crisi nominato dall’OCC è egli stesso un avvocato o commercialista e assiste integralmente il debitore. Inoltre, se sorgono opposizioni o questioni complesse, avere un avvocato esperto è certamente utile per difendere la posizione del debitore. In sintesi: formalmente basta l’OCC, praticamente è consigliata l’assistenza legale, ma potrebbe coincidere con il ruolo del gestore OCC per ottimizzare i costi (alcuni OCC operano in team con avvocati interni).
Domanda: Quanto tempo ci vuole per essere esdebitati?
Risposta: I tempi possono variare un po’ da tribunale a tribunale, ma in generale l’iter iniziale è abbastanza rapido rispetto ad altre procedure. Dalla presentazione del ricorso alla pronuncia del decreto di esdebitazione possono volerci indicativamente dai 3 ai 6 mesi, talvolta qualcosa in più se il tribunale è oberato o se vengono richieste integrazioni. Se i creditori non si oppongono, spesso il giudice decide velocemente, magari anche senza udienza. Se ci sono opposizioni, può servire un’udienza e quindi qualche mese aggiuntivo. Diciamo che entro un anno al massimo il decreto dovrebbe arrivare (spesso prima). Dopo il decreto, il debitore è di fatto libero dai debiti (salvo revoche). Tuttavia, la procedura resta “aperta” per il periodo di monitoraggio: attualmente 3 anni successivi in cui il debitore ha obblighi informativi. Trascorsi i 3 anni, c’è la chiusura definitiva. Quindi in totale dal deposito alla chiusura decorrono circa 3 anni e mezzo/quattro. Ma sottolineiamo che il beneficio per il debitore scatta subito col decreto: non dovrà più subire pignoramenti né pressioni per i debiti pregressi durante quei 3 anni (a meno che non vinca alla lotteria e i creditori tornino in gioco solo per quella eventualità). In confronto, altre soluzioni (piani del consumatore, liquidazioni) impegnano il debitore per periodi più lunghi prima di ottenere la liberazione.
Domanda: L’esdebitazione cancella anche le segnalazioni al CRIF o le ipoteche iscritte?
Risposta: L’esdebitazione cancella il debito, ma non è un “colpo di spugna” automatico su ogni effetto collaterale. Ad esempio: le segnalazioni nelle banche dati creditizie (CRIF, Centrale Rischi) relative a inadempimenti passati, non vengono automaticamente cancellate dal decreto. Rimarranno storicizzate fino alla naturale scadenza (di solito alcuni anni) con magari una nota che il debito è stato annullato per procedure concorsuali. In pratica, il debitore esdebitato potrebbe avere difficoltà a ottenere nuovo credito nell’immediato futuro perché risulterà comunque che ha avuto insolvenze (segnalate come “chiuse per procedura di sovraindebitamento”). Col tempo e con nuove eventuali esperienze positive di credito, potrà ricostruirsi uno storico, ma deve mettere in conto un periodo di credit crunch personale. Riguardo alle ipoteche o pegni: se un debito era garantito da ipoteca su un bene del debitore, e quel bene non è stato venduto (perché magari non utile liquidarlo, come l’esempio della prima casa), formalmente l’ipoteca rimane iscritta. Il creditore ipotecario, però, essendo il credito reso inesigibile verso il debitore, non può procedere esecutivamente a meno che non vi siano le condizioni (in pratica, solo se emergono utilità entro i 3 anni e il giudice autorizza, oppure se il debitore acconsente volontariamente). Di base, consigliamo al debitore, una volta conclusa la procedura, di verificare con un professionista se ci sono vincoli da rimuovere: ad esempio, potrebbe chiedere alla banca di cancellare volontariamente l’ipoteca se il debito è stato esdebitato (la banca potrebbe accettare se reputa che non valga la pena mantenerla). Se non viene cancellata, l’ipoteca decadrà per prescrizione 20 anni dopo l’eventuale scadenza dell’obbligazione originaria. In ogni caso, queste sono implicazioni tecniche: quello che conta è che il creditore non potrà più aggredire attivamente il patrimonio del debitore esdebitato, ipoteca o non ipoteca, salvo la finestra delle sopravvenienze.
Domanda: Cosa succede ai coobbligati e garanti dei miei debiti se io ottengo l’esdebitazione?
Risposta: L’esdebitazione produce effetto solo nei confronti del debitore che ha fatto la procedura. Non libera affatto i coobbligati o garanti da quei debiti. Quindi, se avevate un fideiussore, un cofirmatario di un prestito, un socio che aveva garantito, ecc., il creditore può tuttora chiedere a loro l’intero importo dovuto. Ad esempio, marito e moglie hanno firmato congiuntamente un prestito: se solo il marito ottiene l’esdebitazione, la moglie resta obbligata in solido e la finanziaria potrà chiedere a lei il pagamento completo. Oppure avete un amico garante per un mutuo: la banca, non potendo più escutere voi, si rivarrà sul garante. Questa è una differenza rispetto a procedure come il concordato preventivo, dove la liberazione talvolta si estende anche ai coobbligati se previsto (nel sovraindebitamento invece no). Va detto che se il garante paga, poi non può rivalersi su di voi (perché il vostro debito verso di lui per il regresso è anch’esso cancellato). In sostanza, purtroppo la vostra salvezza può tradursi in un danno per il garante: spesso in famiglia occorre valutare bene questo aspetto. Un caso tipico: genitore garante del figlio. Se il figlio si esdebita, la banca chiederà tutto al genitore. A volte conviene che entrambi valutino procedure coordinate (se anche il garante non può pagare, potrebbe a sua volta accedere a sovraindebitamento). Ricapitolando: l’esdebitazione è personale, creditori diversi possono ancora agire contro chi non era parte della procedura. Nessun effetto nemmeno sulle eventuali azioni di regresso tra coobbligati (che però diventano inesigibili verso l’esdebitato). Se più soggetti sono indebitati insieme, dovrebbero ciascuno attivare la propria procedura di sovraindebitamento.
Domanda: Quali sono i costi della procedura? Posso permettermela se sono incapiente?
Risposta: Questa è una domanda cruciale. Nonostante il nome “a costo zero”, qualche costo purtroppo c’è, ma si sta cercando di abbatterlo. In linea di massima bisogna prevedere: un contributo unificato di iscrizione a ruolo (se dovuto – alcune corti lo richiedono, altre no, varia ma trattandosi di volontaria giurisdizione potrebbe essere esente; spesso comunque è di poche decine di euro), le spese vive di notifica ai creditori (carta, raccomandate/PEC – se l’OCC chiede rimborso) e soprattutto il compenso dell’OCC/gestore. La legge dimezza questo compenso, ma parliamo comunque di diverse centinaia di euro minimo, a seconda della complessità (indicativamente, potrebbero essere 1000-1500€ ridotti a metà, quindi intorno a €500-€800). Molti OCC, coscienti della situazione, accettano pagamenti rateali o simbolici. Dal 2025, come detto, dovrebbe essere disponibile un Fondo pubblico che coprirà in toto questi costi per i debitori incapienti meritevoli, sollevando così i debitori dall’onere economico. Nell’attesa, diverse Camere di Commercio e Ordini professionali hanno attivato convenzioni per cui gli OCC prendono in carico casi socialmente rilevanti quasi gratuitamente (sperando nel rimborso futuro dal Fondo). In definitiva: il costo effettivo varia caso per caso, ma non lasciatevi scoraggiare dai costi. Se siete veramente incapienti, esponete la situazione all’OCC: molti adottano tariffe minime e cercano soluzioni (ad es. pagamento differito se avrete un miglioramento in futuro). Inoltre, ottenere l’esdebitazione vale enormemente più di qualche centinaio di euro di costo iniziale.
Domanda: Posso fare l’esdebitazione incapiente se in passato ho già beneficiato di un’altra esdebitazione o di un fallimento personale?
Risposta: No, purtroppo no. La legge consente l’esdebitazione “a costo zero” solo una volta nella vita. Quindi, se ad esempio in passato siete stati dichiarati falliti e dopo la chiusura del fallimento avete ottenuto l’esdebitazione ex art.142 L.F. (oggi art.279 CCII) – quella ordinaria imprenditore onesto – non potreste ora chiedere anche l’esdebitazione incapiente. E viceversa: se usufruite ora dell’esdebitazione incapiente, in futuro non potrete chiederne un’altra, nemmeno a seguito di altra procedura concorsuale. L’unica eccezione potrebbe essere il caso di chi aveva fatto un piano del consumatore con pagamento e ottenuto esdebitazione residuale: tecnicamente quello è un effetto esdebitatorio ma non un provvedimento dedicato come 283. Tuttavia, su questo la prudenza suggerisce che qualunque liberazione dai debiti già avuta in passato possa costituire ostacolo. Dunque, viene data una sola possibilità di “colpo di spugna” totale. Se avete già sfruttato la legge “salva-suicidi” in qualche modo, non potete tornare per un bis. Al massimo, se siete ri-incappati in debiti, potrete trattarli con accordi di ristrutturazione o altre vie, ma non con un’altra esdebitazione gratuita.
Domanda: Cosa rischio se dopo l’esdebitazione mi arriva un grosso reddito e cerco di nasconderlo?
Risposta: Rischiate di perdere l’esdebitazione e anche guai peggiori. Come spiegato, se arrivano sopravvenienze rilevanti entro 3 anni, bisogna comunicarle e destinarle (in tutto o in parte) ai creditori. Se il debitore invece tace deliberatamente – per esempio riceve un’eredità e la occulta – commette una grave violazione. Il giudice, appena lo scopre (magari su segnalazione di un creditore o dell’OCC), revocherà il decreto di esdebitazione. Ciò significa che tutti i debiti originari tornano in essere come se non fossero mai stati cancellati, e i creditori potranno riprendere le azioni esecutive. In più, il debitore sleale potrebbe essere denunciato per false dichiarazioni o frode al tribunale, rischiando sanzioni penali. Insomma, è la peggiore delle idee provare a fare i furbi: si annulla tutto il beneficio ottenuto con fatica. Invece, se il debitore dichiara onestamente la sopravvenienza e paga ciò che deve (o lascia che i creditori pignorino quella parte), mantiene il beneficio per la restante parte del debito e dopo i 3 anni sarà comunque libero. La stragrande maggioranza dei debitori si comporta correttamente e dunque la revoca è un’evenienza rara. Ma non abbassate la guardia: per 3 anni bisogna rispettare pedissequamente gli obblighi. Dopo, sarete completamente al sicuro.
Domanda: L’esdebitazione incapiente è come il fallimento personale?
Risposta: Non esattamente, anche se a volte viene chiamata con colori giornalistici “il fallimento del povero”. Nel fallimento personale (che è la liquidazione giudiziale di un imprenditore persona fisica) c’è una procedura complessa di liquidazione di beni, e alla fine l’imprenditore può chiedere l’esdebitazione ordinaria. Nell’esdebitazione incapiente, non c’è quella fase di liquidazione perché appunto mancano i beni; viene concesso subito il beneficio. Formalmente non è considerata una procedura concorsuale in senso stretto, proprio perché manca lo scopo di soddisfacimento dei creditori. È un procedimento di volontaria giurisdizione a sé stante, inserito nel Codice della Crisi fra le procedure di sovraindebitamento. Quindi non vi sono tutte le regole tipiche del concorso (par condicio, accertamento del passivo, ecc.), perché non c’è un attivo da distribuire. Si applicano però alcune norme comuni (ad es. il tribunale competente, la forma del decreto, il reclamo ex art.124 CCII). Inoltre, a differenza del fallimento, qui i creditori non possono chiedere d’ufficio l’apertura: deve essere il debitore a volerlo. Dal punto di vista degli effetti finali, il risultato è simile al fallimento con esdebitazione: i debiti sono cancellati. Ma il percorso è molto diverso: più semplice e veloce nel caso incapiente, più lungo e afflittivo nel fallimento. Infine, il fallimento incideva su tutti i patrimoni presenti e futuri fino alla chiusura, l’esdebitazione incapiente incide solo su quelli presenti (i futuri sono salvi salvo la clausola dei 3 anni). In conclusione, si potrebbe dire che è un fallimento “spuntato” perché non c’è attivo: di qui la denominazione anglosassone che talvolta si usa, fresh start o “bankruptcy discharge” per i nullatenenti. Ma tecnicamente resta una misura speciale del sovraindebitamento.
Domanda: Ci sono alternative se non ho i requisiti per l’esdebitazione incapiente?
Risposta: Sì, il Codice della crisi prevede altre procedure di sovraindebitamento che potrebbero fare al caso vostro se l’incapiente non è accessibile. Ad esempio, se avete qualche capacità di rimborso (anche piccola), potreste optare per un piano di ristrutturazione del consumatore (se siete consumatori) o un concordato minore (se avete un’attività): in queste procedure proporrete di pagare una parte (fosse anche il 5-10%) del debito in un certo periodo, ottenendo l’esdebitazione sul residuo a completamento. Oppure, se avete dei beni liquidabili, la via potrebbe essere la liquidazione controllata: il liquidatore vende i vostri beni, distribuisce ai creditori il ricavato e alla fine i debiti residui vengono cancellati (qui l’esdebitazione è “automatica” ex art.282 CCII). La liquidazione controllata è la scelta ordinaria per chi è sovraindebitato ma possiede comunque qualcosa. L’esdebitazione incapiente è riservata ai casi-limite in cui non c’è davvero nulla da dare. Quindi, se ad esempio avete un reddito pignorabile anche parzialmente, potrebbe convenire fare un piano dove offrite quel poco – i giudici preferiscono che, se c’è margine, i creditori ricevano qualcosa. In generale, gli OCC vi indirizzeranno sulla procedura più adatta: non forzate l’incapiente se non ne avete i requisiti, perché verrebbe rigettato facendovi perdere tempo. Meglio magari un accordo con i creditori (se siete in due o tre creditori principali disposti a trattare, potete fare un concordato minore). Importante: tutte queste procedure (piano, concordato, liquidazione) portano anch’esse all’esdebitazione finale, solo con percorsi diversi. Quindi l’obiettivo “cancellare i debiti” è raggiungibile anche con vie alternative, se siete disposti o in grado di offrire una parziale soddisfazione. L’esdebitazione incapiente rimane l’ultima spiaggia se non potete offrire nulla.
Domanda: Dopo l’esdebitazione, potrò ottenere nuovi finanziamenti o un mutuo?
Risposta: In linea di principio sì, ma non subito facilmente. Dal punto di vista legale, una volta esdebitato il debitore torna libero di contrarre nuovi prestiti. Non c’è alcun divieto normativo (negli USA ad esempio uno che fa bancarotta per un certo periodo non può, ma da noi no). Tuttavia, banche e finanziarie consultano le banche dati creditizie e se risulta che siete stati insolventi o coinvolti in procedure concorsuali recenti, saranno molto caute nel concedervi nuovo credito. Spesso è prassi commerciale negare prestiti per un certo numero di anni a chi ha precedenti di default. Occorre quindi tempo per ricostruirsi una credit history pulita. In altre parole, è probabile che per qualche anno dovrete dimenticare mutui o prestiti consistenti: vi verranno negati o proposti a tassi elevati. Col passare degli anni, soprattutto se avrete nel frattempo un buon reddito fisso e nessun altro intoppo, potreste riottenere fiducia. Intanto potreste iniziare con piccole cose (es. una carta di credito prepagata, poi una a saldo, pagare sempre puntuale utenze, ecc.) per dimostrare affidabilità. Un consiglio: evitate di ricadere nell’indebitamento subito. L’esdebitazione vi dà la chance di ripartire, ma sta a voi non commettere gli stessi errori o non farvi tentare da nuovo credito facile che potrebbe portarvi di nuovo nei guai. Ricordate anche che non potrete più contare su un’altra esdebitazione se ricadete (una sola volta nella vita, come detto). Quindi è saggio riavvicinarsi al credito con molta prudenza.
Fonti
- Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019) – Articoli 278-283 (Disciplina dell’esdebitazione, incl. esdebitazione del debitore incapiente) . Testo vigente (aggiornato con D.Lgs. 83/2022, 169/2022 e 136/2024) tratto da Gazzetta Ufficiale.
- L. 3/2012 (Legge sul sovraindebitamento, abrogata dal CCII) – in particolare art. 14-terdecies e 14-quaterdecies introdotti da L. 176/2020, che hanno anticipato l’istituto dell’esdebitazione incapiente.
- Decreto “Ristori” D.L. 137/2020 conv. L. 176/2020 – Introduzione dell’esdebitazione dell’incapiente nell’ordinamento transitorio (art. 4-ter decies).
- D.Lgs. 13 settembre 2024 n.136 (Correttivo-ter) – Modifiche al CCII, tra cui riduzione del periodo di osservazione da 4 a 3 anni e chiarimenti su art. 283 commi 1-2.
- Tribunale di Alessandria – Decreto 15 luglio 2023 (es.) – Ha affermato che l’origine imprenditoriale dei debiti non esclude la meritevolezza se non vi è colpa grave.
- Tribunale di Ferrara – Decreto 5 novembre 2024 (es.) – Ha negato l’esdebitazione a debitore con omessi pagamenti fiscali volontari, ritenendolo non meritevole.
- Tribunale di Torino – Decreto 11 marzo 2025 (es.) – Ha chiarito la natura non contenziosa dell’istanza ex art.283, consentendo il deposito tramite OCC senza avvocato.
- Tribunale di Taranto – Decreto 28 febbraio 2024 (es.) – Sottolinea la natura eccezionale e una tantum dell’esdebitazione incapiente, deroga al principio 2740 c.c..
- Tribunale di Latina – Decreto 12 maggio 2021 (es.) – Ha previsto modalità di controllo annuale OCC (entro 30 gennaio) sulle dichiarazioni del debitore esdebitato incapiente.
- Fonti normative e prassi varie: Linee guida OCC, circolari e materiale informativo (Camere di Commercio, ad es. Camera di Commercio Modena; OCC Verbania; CCIAA Molise) sul sovraindebitamento. Ad esempio, CCIAA Modena spiega il concetto di incapienza ex art.283. Documenti dei Tribunali (decreti Trapani, Foggia, Cassino, Campobasso) usati per verifiche sul campo.
- Legge di Bilancio 2024 (L. 197/2023) – art. 1 commi relativi al Fondo per il sovraindebitamento incapienti (istituzione fondo €500.000 presso Ministero Giustizia).
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🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in procedure di sovraindebitamento e diritto della crisi del debitore civile
✔️ Iscritto come Gestore della crisi presso il Ministero della Giustizia
✔️ Consulente per lavoratori disoccupati, pensionati a basso reddito, soggetti fragili e famiglie in difficoltà
Conclusione
Se sei davvero impossibilitato a pagare i tuoi debiti, la legge ti consente di ripartire da zero.
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