Hai firmato una fideiussione e ora ti stai chiedendo quali rischi stai realmente correndo? Ti sembra un impegno formale, ma temi che possa trasformarsi in un vero incubo economico?
La fideiussione è un contratto con cui ti impegni a garantire i debiti di un’altra persona o società. Ma spesso, chi la firma non conosce fino in fondo le conseguenze reali. E quando il debitore principale non paga, tutto il peso può ricadere su di te.
Che rischi comporta la fideiussione?
– Paghi tu al posto di chi non paga: se il debitore non adempie, il creditore può rivolgersi direttamente a te, senza passare prima da lui
– Rispondi con tutto il tuo patrimonio: beni mobili, immobili, stipendio e conti correnti possono essere aggrediti
– Il debito cresce con interessi, spese e penali: potresti finire a pagare molto più dell’importo originario
– Non sempre hai il diritto di essere avvisato prima: in molte fideiussioni firmi per rinunciare al beneficio della preventiva escussione del debitore
Possono pignorarti casa o stipendio?
Sì. Se non paghi, il creditore può chiedere un decreto ingiuntivo e poi procedere al pignoramento del conto corrente, dello stipendio o degli immobili. La fideiussione è un’obbligazione solidale: sei trattato come se fossi tu il debitore principale.
E se il debitore è una società?
Il rischio aumenta. Molte fideiussioni bancarie vengono richieste a soci, amministratori o familiari. Se la società fallisce o chiude, la banca si rivolge subito al fideiussore. Anche se non hai mai gestito l’attività direttamente, potresti dover pagare comunque.
È vero che la fideiussione può durare anni?
Sì. Se non è previsto un termine di scadenza, la fideiussione resta valida fino all’estinzione del debito principale. E finché non pagano tutto, il rischio resta attivo. Anche dopo molti anni, potresti ricevere una richiesta.
E se il creditore non mi chiede nulla per anni?
Attenzione: la fideiussione si può prescrivere, ma ogni sollecito scritto o atto interruttivo fa ripartire i termini. Se non opponi nulla, la tua posizione resta esposta e il creditore può agire in qualsiasi momento.
Come posso proteggermi?
– Verifica se la fideiussione è valida e regolare
– Controlla la presenza di clausole abusive o nulle (molte fideiussioni bancarie standard sono state giudicate illegittime)
– Tieni monitorato il debito principale
– In caso di richiesta di pagamento, agisci subito per non perdere i tuoi diritti
– Se sei garante di una società in crisi, valuta strumenti legali per uscire dal ruolo di fideiussore
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto bancario e difesa da garanzie personali – ti spiega quali sono i rischi reali legati alla fideiussione, come si manifestano e come puoi ridurli o evitarli con una strategia legale mirata.
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Introduzione
La fideiussione è un contratto di garanzia personale ampiamente utilizzato nel diritto italiano per assicurare l’adempimento di un debito altrui. In termini semplici, un soggetto (detto fideiussore o garante) si obbliga personalmente verso un creditore, garantendo che un altro soggetto (il debitore principale) adempirà alle proprie obbligazioni. Se il debitore principale non paga, il creditore potrà rivolgersi al fideiussore per ottenere quanto dovuto. La fideiussione è una garanzia accessoria: la sua validità ed efficacia dipendono dall’esistenza di un’obbligazione principale valida da garantire. Ciò significa che in mancanza (o in caso di estinzione) del debito principale, anche la fideiussione si estingue, salvo patto contrario (di norma non ammesso, come vedremo per certe clausole).
Questa figura giuridica è molto diffusa in diversi ambiti, specialmente nel settore bancario e commerciale: ad esempio, nelle operazioni di finanziamento, le banche spesso richiedono una fideiussione personale da parte di un familiare o di un socio del debitore; nei contratti di locazione, il proprietario può esigere un fideiussore a garanzia dei canoni; nei contratti d’appalto o forniture, si possono richiedere fideiussioni (bancarie o assicurative) per garantire l’adempimento o la restituzione di acconti. Data la sua rilevanza pratica, è fondamentale comprendere quali rischi comporta prestare fideiussione, soprattutto dal punto di vista del garante (che di fatto diventa co-obbligato) ma anche del debitore principale. Questa guida, aggiornata a giugno 2025, esamina la disciplina italiana avanzata della fideiussione – con linguaggio tecnico ma dal taglio divulgativo – analizzando normative, giurisprudenza recente (comprese importanti sentenze di Cassazione), possibili conseguenze civili, fiscali e perfino penali. Il tutto è corredato da tabelle riassuntive, esempi pratici e una sezione di domande e risposte frequenti, per chiarire i dubbi sia di professionisti legali sia di privati cittadini e imprenditori coinvolti in rapporti di garanzia.
Nozione e disciplina generale della fideiussione
Definizione (art. 1936 c.c.) – Il Codice Civile definisce la fideiussione stabilendo che “È fideiussore colui che, obbligandosi personalmente verso il creditore, garantisce l’adempimento di un’obbligazione altrui”. Dunque si tratta di un’obbligazione personale del garante, che sorge in aggiunta e a tutela di quella principale del debitore. La fideiussione richiede necessariamente un’obbligazione valida da garantire (principio di accessorietà): se il debito principale è nullo o inesistente, di regola anche la fideiussione è priva di effetto (salvo il caso di obbligazione naturale o altre eccezioni particolari).
Parti e struttura – I soggetti coinvolti sono tre: il creditore garantito (es. la banca mutuante, il locatore, il venditore a credito), il debitore principale (che ha il debito originario verso il creditore) e il fideiussore (che presta garanzia per quel debito). Il contratto di fideiussione intercorre tra fideiussore e creditore; il debitore principale di solito non è parte formale dell’accordo (la fideiussione è efficace anche all’insaputa del debitore), ma evidentemente è il rapporto sottostante col debitore a giustificare la garanzia.
Obbligazione solidale del fideiussore – Salvo patto contrario, l’obbligazione del fideiussore verso il creditore è solidale con quella del debitore principale. Ciò significa che, in presenza di inadempimento del debitore, il creditore può escutere direttamente il fideiussore in via immediata, senza dover prima escutere il debitore o i suoi beni (questa è la regola generale). In altre parole, il fideiussore è un co-obbligato in solido: il creditore può chiedere a lui l’intero importo dovuto, come se fosse debitore “diretto”. Questa solidarietà comporta un rischio primario per il garante, poiché egli non può opporre una preventiva escussione del debitore salvo che tale facoltà gli sia stata espressamente riconosciuta nel contratto di fideiussione.
Beneficio di escussione – Le parti, infatti, possono pattiziamente convenire una limitazione della responsabilità immediata del garante: il cosiddetto beneficio di escussione (art. 1944 c.c.). Se è accordato, il creditore dovrà escutere prima il debitore principale e i suoi beni, e solo se questi risultano insufficienti potrà rivalersi sul fideiussore. Tuttavia, nella prassi le banche e i creditori esigono quasi sempre la rinuncia a tale beneficio, rendendo il fideiussore immediatamente obbligato in caso di inadempimento altrui. Va notato che la mera dicitura “il fideiussore è obbligato in solido” implica già la rinuncia al beneficio (solidarietà piena). Pertanto, il fideiussore solitamente non gode di alcuna preventiva tutela: appena il debitore manca al pagamento, il creditore può agire contro di lui (ad esempio chiedendo un decreto ingiuntivo nei suoi confronti o escutendo la garanzia se di tipo bancario).
Accessorietà e limiti dell’obbligo di garanzia – In quanto obbligazione accessoria, la fideiussione è soggetta a diversi limiti legali volti a tutelare il garante e a mantenere un equilibrio con il rapporto principale. I punti salienti da considerare sono:
- Estensione della garanzia: la fideiussione, se non diversamente specificato, copre per legge anche gli obblighi accessori del debito (interessi di mora, spese legali, penali) nei limiti in cui ne risponde il debitore principale (art. 1941 c.c.). È però possibile limitare contrattualmente l’importo massimo garantito o l’oggetto della garanzia. Attenzione: se la fideiussione garantisce obbligazioni future o condizionali, la legge richiede espressamente l’indicazione di un importo massimo garantito, pena la nullità della garanzia oltre tale importo (art. 1938 c.c., come modificato dalla L. 154/1992). Ad esempio, nelle fideiussioni omnibus (che coprono tutte le obbligazioni presenti e future di un cliente verso la banca) è obbligatorio prevedere un massimale. Una fideiussione “illimitata” per debiti futuri non è valida in Italia. Il fideiussore quindi deve sempre verificare che nel contratto sia esplicitato l’ammontare massimo del proprio impegno, soprattutto quando garantisce linee di credito revolving o debiti non ancora sorti.
- Accessorietà in senso tecnico: il fideiussore può opporre al creditore tutte le eccezioni che competono al debitore principale riguardo al rapporto garantito, ad eccezione di quelle personali al debitore (art. 1945 c.c.). Ciò significa, ad esempio, che il garante può contestare il credito se il debitore avrebbe potuto farlo (perché magari il contratto originario è invalido, oppure il debito è già estinto, ecc.), ma non può opporre difese legate alla persona del debitore (es. l’incapacità del debitore, che resta eccezione personale). Questa regola riduce il rischio di dover pagare somme non dovute: il fideiussore ha diritto a far valere i vizi sostanziali del rapporto principale. Invece, se il debitore principale rinuncia a qualche eccezione o ha comportamenti che ne limitano le difese, il fideiussore ne subirà le conseguenze (salvo che siano rinunce a diritti indisponibili).
- Durata della garanzia e termine di escussione (art. 1957 c.c.): il codice prevede una tutela importante per il fideiussore in caso di inerzia del creditore. L’art. 1957 c.c. stabilisce che il fideiussore resta obbligato anche dopo la scadenza del debito principale purché il creditore, entro sei mesi, proponga le proprie istanze (giudiziali) contro il debitore. In pratica, una volta che l’obbligazione principale è scaduta (ad esempio perché il termine di pagamento è spirato o il debito è divenuto esigibile in un’unica soluzione), il creditore ha 6 mesi di tempo per agire legalmente (ad esempio, ottenendo un decreto ingiuntivo o pignorando) verso il debitore; se non lo fa, il fideiussore si libera, ossia la garanzia diviene inoperante. Questo meccanismo è pensato per evitare che il creditore trascuri di far valere i propri diritti lasciando il fideiussore “appeso” a tempo indeterminato. Tuttavia, è prassi comune inserire nei contratti bancari una clausola di deroga a tale termine di decadenza, in modo da mantenere la fideiussione valida anche oltre i 6 mesi. Questa è la cosiddetta clausola di rinuncia ai termini ex art. 1957 c.c. (che vedremo essere stata oggetto di controversie legali): tale patto, se validamente inserito, rende la garanzia di fatto a tempo indeterminato, finché il debito non sia estinto totalmente. Va notato che la giurisprudenza più recente ha dichiarato nulla questa specifica clausola quando inserita uniformemente nei contratti bancari (si veda infra la sezione sulle fideiussioni bancarie e antitrust). In assenza di valida deroga, dunque, il creditore che dorme sulle proprie pretese rischia di perdere la garanzia. Ad esempio, il Tribunale di Lecce (sent. 1432/2025) ha dichiarato decaduta la banca dal diritto di agire contro i fideiussori perché aveva iniziato le azioni esecutive solo nel 2023 mentre l’ultima rata era scaduta nel giugno 2019: ben oltre il semestre previsto dall’art. 1957 c.c.. In quel caso, la nullità della clausola contrattuale che avrebbe esteso il termine ha salvato i garanti, liberandoli dal pagamento dovuto alla tardività dell’azione del creditore.
- Conservazione delle garanzie e altre cause di liberazione: il fideiussore ha interesse che il creditore mantenga integre le garanzie e i diritti relativi al credito. Infatti, l’art. 1955 c.c. prevede che “la fideiussione si estingue quando, per fatto del creditore, il fideiussore non può surrogarsi nei diritti, pegni e ipoteche del creditore”. Ciò significa che se il creditore, con comportamento colposo, fa venir meno garanzie reali o priorità sul credito (ad esempio rinuncia a un’ipoteca, o restituisce un pegno, o lascia prescrivere il debito) impedendo così al fideiussore – una volta pagato – di rivalersi utilmente sul debitore, il fideiussore è liberato dall’obbligo fino alla concorrenza del valore della garanzia perduta. Allo stesso modo, l’art. 1956 c.c. tutela il garante di obbligazioni future: se il creditore concede nuovo credito al debitore già in difficoltà economiche senza avvisare il fideiussore e ottenerne il consenso, il fideiussore per obbligazioni future si libera. Questa norma previene comportamenti opportunistici del creditore che aggravino la posizione del garante: ad esempio, se una banca sa che il debitore è insolvente ma continua a erogare finanziamenti aumentando l’esposizione, senza interpellare il fideiussore, quest’ultimo non risponderà dei nuovi fidi. La legge addirittura vieta al fideiussore di rinunciare anticipatamente a questa causa di liberazione, rendendo nulla ogni eventuale clausola contraria (come quella che in passato alcune banche inserivano per “blindare” la fideiussione omnibus anche in caso di nuovi affidamenti rischiosi).
In sintesi, già a livello codicistico il fideiussore dispone di alcuni strumenti di protezione: la possibilità di limitare la garanzia nell’oggetto o nell’importo; la liberazione in caso di inerzia del creditore o di aggravamento del debito senza consenso; la facoltà di opporre eccezioni del rapporto principale; la liberazione proporzionale se il creditore pregiudica i suoi diritti di regresso. Tuttavia, molte di queste tutele possono essere indebolite o derogate da pattuizioni contrattuali – spesso predisposte dal creditore – a sfavore del garante. È proprio qui che risiede il maggior rischio per chi firma una fideiussione: impegnarsi a condizioni gravose, che possono ampliare la responsabilità ben oltre le attese. Nelle sezioni seguenti analizzeremo i principali rischi e clausole critiche, con particolare attenzione alle fideiussioni bancarie standard e alle più recenti evoluzioni giurisprudenziali che ne hanno sancito (in parte) la nullità.
Tipologie di fideiussione e rischi specifici
Non tutte le fideiussioni sono uguali: possono variare per oggetto, durata, funzione e rapporto con il debito garantito. È importante distinguere le principali tipologie di fideiussione, perché ciascuna presenta profili di rischio peculiari per il garante (e talora per il debitore principale). Di seguito esaminiamo le categorie più rilevanti:
- Fideiussione specifica vs “omnibus” – Si parla di fideiussione specifica quando la garanzia è riferita a un singolo debito determinato (es. garantisco il rimborso di uno specifico mutuo, o il pagamento di una certa fattura). In tal caso l’importo è noto (o comunque determinabile in base al contratto garantito) e il termine di scadenza coincide con quello dell’obbligazione principale. Il rischio per il fideiussore qui è circoscritto: sa esattamente quale operazione sta garantendo. Viceversa, la fideiussione omnibus (detta anche “a garanzia di operazioni bancarie” o cumulativa) copre tutte le obbligazioni presenti e future che il debitore principale ha verso un determinato creditore, generalmente entro un massimale concordato. Tipicamente le banche fanno firmare ai garanti dei clienti un modulo omnibus che assicura il pagamento di ogni debito del cliente verso la banca (affidamenti di conto corrente, scoperti, mutui, interessi, ecc.), di solito “fino alla concorrenza di € X”. Questa formula è molto rischiosa per il fideiussore: anche se inizialmente garantisce, ad esempio, un’apertura di credito di 50.000 €, la banca potrebbe in futuro concedere ulteriori linee di fido o prestiti al cliente (entro il massimale complessivo previsto, se c’è) e il fideiussore ne risponderà senza magari esserne pienamente consapevole. Importante: come detto, l’art. 1938 c.c. impone di indicare l’importo massimo garantito nelle fideiussioni per obbligazioni future, pena nullità. Le fideiussioni omnibus bancarie moderne rispettano questa regola prevedendo un massimale. Ciò non toglie che, entro quel tetto, il debito garantito possa fluttuare e aumentare: ad esempio, se garantisco “fino a 100.000 €”, la banca potrebbe erogare vari finanziamenti al debitore e farmi trovare esposto per l’intero importo. Il rischio di escussione improvvisa per il massimale è concreto: il garante deve vigilare sull’andamento del rapporto creditizio del debitore per non avere brutte sorprese. Inoltre, la cessazione di una fideiussione omnibus richiede attenzione: spesso il contratto prevede che la garanzia resti attiva anche per le obbligazioni sorte prima della revoca (la quale tipicamente opera solo per il futuro). Dunque, se il fideiussore intende “sfilarsi” da una garanzia omnibus, dovrà formalmente revocarla per iscritto ma rimarrà comunque responsabile dei debiti già contratti dal debitore fino a quel momento (ad esempio, rimane obbligato sul saldo passivo maturato fino alla revoca).
- Fideiussione gratuita vs a titolo oneroso – Normalmente la fideiussione prestata da privati (es. un genitore che garantisce il mutuo del figlio, o un imprenditore che garantisce un leasing della propria società) è gratuita: il garante non percepisce un compenso, ma agisce per spirito di liberalità, solidarietà familiare o interesse indiretto (ad esempio un socio garantisce l’azienda perché ne trae beneficio come partecipante). Esistono però anche fideiussioni prestate da soggetti professionali dietro corrispettivo: ad esempio una compagnia assicurativa o una banca che, dietro pagamento di una commissione, fa da fideiussore per un debitore (si pensi alle fideiussioni assicurative richieste in appalti, o alle cauzioni assicurative per affitti). In tal caso il garante professionale calcola il rischio e chiede un premio. Dal punto di vista del debitore principale, rivolgersi a un garante professionale (banca/assicurazione) comporta un costo finanziario e spesso la necessità di contro-garanzie (ad esempio pegno di denaro, ipoteca o contro-fideiussione personale). Dal punto di vista del creditore, una fideiussione bancaria o assicurativa è solitamente preferibile perché offre maggiore solvibilità e spesso è “a prima richiesta” (vedi oltre). Tuttavia, se il garante professionale risultasse insolvente o inaffidabile (si pensi ai casi di fideiussioni false o emesse da soggetti non autorizzati), il creditore e il debitore corrono seri rischi: il creditore non incasserà la garanzia e il debitore principale resterà esposto alle conseguenze (oltre a possibili profili penali qualora vi sia dolo nell’aver presentato garanzie irregolari). È essenziale quindi verificare sempre l’affidabilità e l’autorizzazione di chi emette fideiussioni a pagamento (in Italia solo banche, assicurazioni e intermediari finanziari autorizzati possono rilasciare fideiussioni per il pubblico).
- Contratto autonomo di garanzia vs fideiussione – Un aspetto avanzato, ma cruciale, è la distinzione tra la fideiussione propriamente detta (disciplinata dagli artt. 1936 e segg. c.c.) e il contratto autonomo di garanzia. Quest’ultimo è una figura atipica (non regolata espressamente dal codice) in cui il garante assume un’obbligazione di pagamento indipendente dal rapporto principale, impegnandosi a pagare una somma a prima richiesta del creditore, senza poter opporre eccezioni relative al rapporto tra creditore e debitore. In pratica, è la formula tipica delle garanzie bancarie internazionali o delle performance bond: il garante paga immediatamente al semplice reclamo del beneficiario, potendo eventualmente contestare solo dopo un pagamento indebito. La differenza con la fideiussione è netta: la fideiussione è accessoria e consente al garante le difese del debitore; la garanzia autonoma è astratta e il garante paga comunque, salvo il limite della c.d. “exceptio doli” (può rifiutare solo se la domanda di escussione del credito è manifestamente fraudolenta o abusiva). Perché questa distinzione è rilevante ai fini dei rischi? Perché talvolta i contratti possono contenere clausole che trasformano di fatto una fideiussione in una garanzia autonoma. Ad esempio, inserire la formula “pagamento a prima richiesta e senza eccezioni” indica la volontà di escludere l’accessorietà e le eccezioni del garante. Se un tale patto è chiaramente voluto e compreso dalle parti, il giudice potrebbe qualificare il contratto non come fideiussione ma come garanzia autonoma, con la conseguenza che il garante non potrà opporre alcuna difesa sul merito del rapporto principale (se non appunto l’abuso conclamato). Questo ovviamente aumenta enormemente il rischio per il garante, che si trova obbligato a pagare anche in presenza di contestazioni tra creditore e debitore (ad esempio, paga anche se il debitore eccepisce inadempimenti della controparte, vizi dell’opera, ecc.). Dal punto di vista del creditore, la garanzia autonoma è preferibile perché garantisce pagamento certo e rapido; per il debitore principale può essere uno svantaggio in quanto il garante pagherà e poi si rifarà su di lui anche se egli aveva validi motivi per non pagare il creditore. La prassi italiana è stata a lungo restia a interpretare come autonome le garanzie personali, ma oggi è accettata la liceità del contratto autonomo di garanzia, distinto dalla fideiussione. Attenzione: molti moduli ABI di fideiussione includono clausole che obbligano il garante a pagare “a semplice richiesta” del creditore; ciononostante, la Cassazione ha ribadito che la presenza di una clausola del genere, di per sé, non basta a qualificare la garanzia come autonoma, se dal resto del contratto e dalla volontà risulta un rapporto accessorio (mantenendo, ad esempio, riferimenti al debito principale). In altre parole, c’è spesso un’area grigia: alcuni contratti di fideiussione bancari tendono a spingersi verso il modello autonomo, ma la giurisprudenza li inquadra comunque come fideiussioni (con tutti i rimedi e le nullità del caso). Il garante deve essere consapevole che firmare una clausola “senza eccezioni” implica comunque un’elevata probabilità che, in sede di esecuzione, egli non possa sollevare contestazioni immediate sul rapporto principale – dovrà pagare e poi semmai agire in rivalsa. Questa è una differenza tecnica ma sostanziale, da ponderare al momento di accettare un testo di garanzia.
Tabella 1 – Clausole tipiche nelle fideiussioni bancarie e loro validità (aggiornamento 2025)
Clausola | Contenuto/effetto per il fideiussore | Validità alla luce della giurisprudenza attuale |
---|---|---|
Clausola di “reviviscenza” (modello ABI art. 2) | Obbligo del fideiussore di rimborsare alla banca somme che il debitore ha pagato, qualora tali pagamenti vengano revocati o dichiarati inefficaci (es. in caso di fallimento del debitore, revoca atti, ecc.). In pratica la garanzia “rivive” anche dopo pagamenti apparentemente definitivi. | Nulla per contrasto con normativa antitrust, se inserita in conformità allo schema ABI 2003. La Banca d’Italia ha censurato tale clausola, e la Cassazione (SS.UU. 41994/2021) la considera nullo parziale del contratto di fideiussione omnibus. Eliminata la clausola, resta comunque valido il contratto senza di essa. |
Clausola di deroga all’art. 1957 c.c. (modello ABI art. 6) | Stabilisce che i diritti della banca verso il fideiussore restano integri fino a totale estinzione di ogni credito verso il debitore, senza necessità di agire entro i termini di decadenza previsti dall’art. 1957 c.c., il quale è dichiarato derogato. In sostanza il fideiussore rinuncia alla liberazione per mancata tempestiva escussione: la sua obbligazione dura finché il debitore ha debiti con la banca, a prescindere dal decorso del tempo. | Nulla per contrasto con normativa antitrust (se conforme a schema ABI). Anche considerata vessatoria in ottica consumeristica. La clausola è stata dichiarata nulla in molte cause, comportando l’applicazione del termine semestrale di decadenza ex art. 1957 c.c.. Dunque oggi il creditore non può più contare su un’efficacia illimitata nel tempo della fideiussione se questa clausola era basata sul modulo ABI censurato. |
Clausola di “sopravvivenza” (modello ABI art. 8) | Prevede che se le obbligazioni garantite fossero dichiarate invalide (nullità, annullamento del contratto principale, ecc.), il fideiussore garantisce comunque l’obbligo del debitore di restituire le somme eventualmente ricevute. Esempio: il contratto di mutuo è nullo, ma il mutuatario deve restituire il capitale; la fideiussione copre tale restituzione. | Nulla per contrasto antitrust (schema ABI). Fuori dai casi antitrust, una clausola simile potrebbe essere considerata vessatoria e in ogni caso, venendo meno il debito principale, il garante risponde solo di obblighi restitutori di natura diversa (indebito) se espressamente previsto. L’eliminazione della clausola comporta che, se il contratto principale è nullo, la fideiussione cade (regola generale dell’accessorietà). |
Clausola “pagamento a prima richiesta” (garanzia autonoma) | Il fideiussore si impegna a pagare su semplice richiesta del creditore, senza poter opporre eccezioni relative al rapporto principale. È tipica delle garanzie autonome. Per il fideiussore significa dover pagare immediatamente e discutere solo dopo. | Se inserita in un contratto denominato “fideiussione”, non esclude automaticamente l’accessorietà, ma può essere valutata come clausola vessatoria (limitazione alle difese) se il garante è consumatore. In contesto business, potrebbe far qualificare la garanzia come autonoma di fatto. In ogni caso, oggi la legge prevede che in contratto autonomo di garanzia a favore di un consumatore, la clausola che esclude le eccezioni è inefficace (art. 33, co.2, lett. t, Codice Cons.). |
N.B.: Le clausole indicate come “nulle per antitrust” si riferiscono alla nullità derivante dall’intesa illecita a monte (schema ABI 2003) – vedi infra. Ciò non toglie che le stesse clausole, se negoziate singolarmente fuori da tale contesto, possano ugualmente essere contestate come vessatorie (se il garante è un consumatore) o contrarie a norme inderogabili.
Le fideiussioni bancarie ABI e la nullità delle clausole anticoncorrenziali
Un capitolo a parte merita la vicenda delle fideiussioni bancarie conformi allo schema ABI (Associazione Bancaria Italiana) del 2003 e delle relative pronunce giurisprudenziali, data la loro importanza pratica. Negli anni 2000, infatti, la quasi totalità degli istituti di credito italiani adottava moduli standard di fideiussione omnibus predisposti dall’ABI, contenenti alcune clausole fortemente sbilanciate a favore delle banche (le abbiamo viste: clausole di reviviscenza, deroga termine ex art.1957, sopravvivenza, ecc.). Tali condizioni omogenee – applicate “in serie” da tutti i principali operatori – sono state oggetto di indagine da parte dell’Autorità Antitrust (all’epoca, per il settore bancario, competente era la Banca d’Italia) per possibile violazione della legge sulla concorrenza.
Provvedimento Banca d’Italia n. 55/2005 – A seguito di istruttoria, con provvedimento del 2 maggio 2005 l’autorità accertò che le clausole nn. 2, 6 e 8 dello schema ABI di fideiussione omnibus integravano un’intesa restrittiva della concorrenza vietata dall’art. 2, comma 2, lett. a) L. 287/1990 (legge antitrust italiana). In particolare, fu rilevato che l’adozione uniforme di quelle clausole aggravava indirettamente le condizioni per l’accesso al credito e il costo per i debitori, restringendo la concorrenza tra banche. Le clausole incriminate erano proprio: (a) reviviscenza, (b) rinuncia ai termini ex art.1957, (c) sopravvivenza. La Banca d’Italia dichiarò nulle queste clausole in quanto frutto di intesa illecita, mentre fece salve le altre disposizioni dello schema tipo.
Nullità totale o parziale? – L’accertamento antitrust poneva il problema di come qualificare i contratti di fideiussione stipulati in base a quello schema: l’illiceità delle clausole a monte rende nulla l’intera fideiussione sottoscritta dal cliente, o soltanto le singole clausole? Per diversi anni la giurisprudenza di merito oscillò: alcuni tribunali annullavano per intero le fideiussioni ABI, altri ne cancellavano solo le clausole abusive mantenendo valida la garanzia per il resto. Il punto è cruciale per i rischi: se fosse nulla l’intera fideiussione, il garante non dovrebbe nulla (ma attenzione: la nullità opera ex tunc, per cui la banca potrebbe dover restituire eventuali somme già incassate dal fideiussore); se sono nulle solo le clausole, la banca perderebbe i vantaggi specifici di quelle clausole, ma la garanzia resterebbe operativa secondo le regole ordinarie.
Intervento della Cassazione a Sezioni Unite (sent. n. 41994/201) – Per dirimere il contrasto, è intervenuta la Corte di Cassazione a Sezioni Unite con sentenza 30 dicembre 2021, n. 41994. La Suprema Corte ha adottato un approccio equilibrato e conservativo: ha stabilito che la nullità derivante dall’intesa anticoncorrenziale colpisce soltanto le clausole che riproducono lo schema vietato, e non l’intero contratto di fideiussione, salvo il caso (estremo) in cui risulti che, senza quelle clausole, le parti non avrebbero stipulato affatto il contratto. In altri termini, la regola è la nullità parziale: le clausole nn. 2, 6 e 8 modello ABI sono espunte dal contratto, mentre la fideiussione per il resto rimane valida. Solo se il fideiussore (o chi per esso) prova che quelle condizioni erano essenziali e inscindibili per la volontà negoziale – il che è difficilissimo, considerato che erano sfavorevoli proprio al fideiussore – si potrebbe estendere la nullità all’intero accordo (ipotesi definita “remota” dagli stessi giudici supremi). Le Sezioni Unite hanno motivato questa decisione evidenziando che eliminare quelle clausole risulta addirittura vantaggioso per il fideiussore (alleggerisce la sua posizione), ma non priva di utilità il contratto per le parti: è ragionevole ritenere che la banca avrebbe accettato comunque una fideiussione priva di quelle tre clausole, piuttosto che non avere alcuna garanzia. E il fideiussore stesso, spesso persona legata al debitore (socio o parente), l’avrebbe concessa lo stesso pur senza quelle condizioni vessatorie. Pertanto la linea scelta concilia la tutela della concorrenza (eliminando gli effetti dell’intesa illecita) con la conservazione del contratto di garanzia (utile sia al creditore sia, indirettamente, al debitore che ha ottenuto il credito grazie alla fideiussione).
Il principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite è il seguente: “i contratti di fideiussione a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante […] sono parzialmente nulli […] in relazione alle sole clausole che riproducano quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata, salvo che sia desumibile dal contratto, o altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti”. Dunque nullità parziale come regola generale.
Portata applicativa: solo fideiussioni “omnibus” o anche specifiche? – Una questione dibattuta post-2021 è stata se questa nullità riguardi anche garanzie non omnibus. Infatti, lo schema ABI del 2003 era pensato per fideiussioni omnibus (operazioni bancarie in generale). Che accade se una banca ha inserito le medesime clausole in una fideiussione riferita a uno specifico mutuo o finanziamento? Inizialmente alcuni tribunali (ad es. Trib. Lodi 18.1.2023) ritenevano che la decisione delle S.U. fosse strettamente limitata alle fideiussioni omnibus e che per le fideiussioni specifiche non ci fosse automatismo. La tesi era che solo nelle omnibus c’era un’intesa anticoncorrenziale a monte, mentre per garanzie singole negoziate separatamente forse no. Tuttavia, la tendenza prevalente oggi è di estendere la tutela antitrust anche alle fideiussioni specifiche quando queste, di fatto, replicano lo schema ABI vietato. Si argomenta che ciò che rileva è la standardizzazione delle condizioni generali, non la tipologia omnibus in sé. Se una banca, pure in un singolo contratto di mutuo, impone al garante le clausole 2, 6, 8 identiche a quelle censurate, sta applicando quell’intesa anche fuori dal contesto omnibus. Il Tribunale di Lecce (2025) ad esempio ha affermato espressamente che la nullità delle clausole vale non solo per le fideiussioni omnibus, ma anche per quelle specifiche, poiché la violazione antitrust risiede nella pratica standardizzata in sé. In quel caso, addirittura, i fideiussori (garanti di un singolo finanziamento) hanno dovuto provare l’esistenza e la diffusione dell’intesa illecita nel periodo in cui firmarono, depositando vari moduli di altre banche con le stesse clausole, riuscendo a convincere il giudice che anche quella stipula “isolata” rientrava nel più ampio disegno anticoncorrenziale.
Conseguenze pratiche – La nullità parziale delle clausole ABI ha delle ricadute importanti a favore dei fideiussori (e potenzialmente dei debitori principali garantiti). Riassumiamo i punti chiave: (1) Le clausole di reviviscenza, sopravvivenza e deroga 1957, se presenti nel contratto standard, si considerano espunte: il che significa che il fideiussore riacquista diritti che il contratto gli negava. Ad esempio, grazie alla nullità della deroga art.1957, il fideiussore può far valere la decadenza del creditore che non agisca entro 6 mesi dalla scadenza del debito. Grazie alla nullità della clausola di reviviscenza, se un pagamento del debitore viene revocato in fallimento, il fideiussore potrebbe eccepire di non dover restituire (anche se su questo i margini sono sottili, potendo il creditore contare sul fatto che comunque l’obbligo di restituzione del debitore deriva dalla legge fallimentare e potrebbe essere coperto dal tenore della garanzia residua – questione tecnica oltre lo scopo immediato). (2) La fideiussione nel suo complesso resta efficace per il resto: ciò significa che il fideiussore non viene liberato integralmente dall’obbligo, ma rimane tenuto a garantire il pagamento del debito del debitore principale, però secondo le regole ordinarie del codice civile (senza i “super-poteri” che quelle clausole davano al creditore). Dunque, se ad esempio Tizio ha fatto da fideiussore al fratello Caio per un fido bancario di 50.000 €, e il contratto di garanzia conteneva le clausole ABI oggi nulle, Tizio potrà opporsi pagando oltre il limite se il debito di Caio cresce e la banca non lo ha informato (1956), potrà eccepire la decadenza se la banca ritarda le azioni (1957), etc., ma non eviterà di pagare il dovuto se Caio è inadempiente e la banca è diligente nelle sue pretese. In sintesi: i rischi per il fideiussore diminuiscono grazie a questa giurisprudenza (perché alcune clausole oppressive vengono neutralizzate), ma non scompaiono affatto (la garanzia “pulisce” da clausole viziate rimane pur sempre valida per il resto). (3) L’onere della prova della natura standardizzata e anti-concorrenziale può ricadere sul fideiussore in alcuni casi: se la fideiussione è stata firmata dopo molti anni dal provvedimento del 2005 e magari con banche diverse da quelle sanzionate all’epoca, la banca potrebbe contestare che non c’è prova che quelle clausole discendano proprio dall’intesa illecita. La Cassazione ha chiarito che il giudice può rilevare d’ufficio la nullità antitrust, ma è comunque necessario che la parte alleghi la sussistenza dell’intesa e la riconducibilità del contratto ad essa. In pratica oggi c’è una sorta di “processo modello”: il fideiussore contesta la nullità delle clausole ABI, produce magari copia del provvedimento Banca d’Italia 55/2005 e del modulo ABI incriminato, evidenzia che la propria fideiussione lo riproduce pedissequamente, e chiede al giudice di dichiararle nulle ai sensi dell’art. 2 L. 287/90. Se la banca vuole evitare conseguenze, deve provare che il suo contratto era negoziato in modo diverso (cosa ardua) o che il fideiussore ha accettato quelle clausole per volontà propria (ma trattandosi di moduli precompilati è improbabile). Il rischio quindi, dal punto di vista delle banche, è di vedersi opporre massicciamente queste eccezioni con esito sfavorevole: molte hanno adeguato i moduli eliminando o modificando le clausole viziate dopo il 2017-2021, ma migliaia di fideiussioni stipulate in precedenza sono ancora “in giro” ed emergono nelle cause. Dal punto di vista dei fideiussori, c’è la concreta opportunità di liberarsi in tutto o in parte dall’obbligo se il creditore ha fatto affidamento su quelle condizioni nulle.
Va segnalato che le S.U. 41994/2021 hanno anche aperto la strada alla tutela risarcitoria in capo ai soggetti destinatari dell’intesa illecita (fideiussori e debitori): oltre alla nullità (tutela reale), essi potrebbero chiedere i danni per violazione della normativa antitrust, se provano di aver subito un pregiudizio (ad esempio, il fideiussore potrebbe sostenere che senza quelle clausole avrebbe ottenuto condizioni migliori o avrebbe assunto meno rischi, etc.). Tuttavia, nella pratica questi profili risarcitori sono complessi da dimostrare e raramente affrontati, rispetto alla più immediata eccezione di nullità contrattuale che “para il colpo” al garante.
In conclusione su ABI e antitrust: chi ha prestato fideiussione a una banca deve controllare se nel suo contratto compaiono clausole identiche o simili a quelle sopra descritte (rinuncia a 1957 c.c., pagamento a prima richiesta, sopravvivenza dell’obbligo in caso di invalidità del contratto principale, ecc.). In tal caso, quelle pattuizioni sono presumibilmente nulle (se risalenti a moduli standard post-2003) e il fideiussore potrà opporle in giudizio per restringere l’azione della banca. Si tratta di una delle rare circostanze in cui un garante può sottrarsi legalmente a parte degli impegni assunti, sfruttando una pronuncia di legittimità ormai consolidata. D’altro canto, il debitore principale indirettamente beneficia di ciò: se la banca non riesce a escutere il fideiussore per via di queste nullità (si pensi al caso di decadenza ex art.1957), potrebbe rivalersi con minor efficacia anche sul debitore oppure essere più incline a ristrutturare il debito.
Rischi per il fideiussore (garante)
Dal punto di vista di chi presta la fideiussione (sia esso un privato cittadino, un socio o amministratore di società, un ente garante, etc.), i rischi principali possono essere così riassunti:
1. Rischio patrimoniale diretto – Il fideiussore mette in gioco l’intero suo patrimonio a garanzia del debito altrui. Se il debitore principale non paga, il garante dovrà farlo attingendo ai propri beni (denaro, stipendi, immobili, risparmi). La sua obbligazione può arrivare fino all’importo massimo garantito (se previsto) oltre ad interessi e spese. Questo può comportare, in caso di escussione, perdita di liquidità, necessità di vendere beni, ipoteche sui propri immobili a seguito di decreti ingiuntivi, pignoramenti di stipendio o pensione, ecc. È un rischio spesso sottovalutato all’atto della firma, specialmente nei rapporti di cortesia (es. parenti) dove ci si fida del debitore principale: ma in caso di insolvenza di quest’ultimo, le conseguenze finanziarie per il garante possono essere disastrose (fino a portarlo alla rovina economica). Conviene sempre valutare il peggior scenario: “E se dovessi pagare io tutto il debito, posso permettermelo? Sono disposto a questo sacrificio?”.
2. Rischio di escussione “a prima richiesta” – Come spiegato, in molti casi il fideiussore è obbligato in solido e senza beneficio d’escussione. Ciò significa che il creditore, in caso di mancato pagamento, non è tenuto a fare complesse ricerche sui beni del debitore principale: potrà rivolgersi direttamente al garante con un’azione legale. Spesso anzi le banche procedono simultaneamente contro debitore e fideiussore, per maggiore tutela. Il rischio concreto è di essere colpiti da un decreto ingiuntivo o atto di pignoramento senza preavviso, magari mentre ancora il debitore principale sta negoziando una soluzione. Il garante potrebbe trovarsi a subire un’esecuzione forzata (es. pignoramento del conto, dell’auto o della casa) molto rapidamente. Questo rende la fideiussione un impegno che può materializzarsi all’improvviso. Un esempio tipico: Tizio garantisce l’affitto di Caio; Caio accumula mesi di arretrati; il locatore in breve ottiene un’ingiunzione contro Tizio, e Tizio si vede pignorare lo stipendio per i canoni non pagati dall’inquilino. Non esiste un obbligo legale di preventiva escussione del debitore, se non accordato contrattualmente: dunque il fideiussore deve sempre mettere in conto di essere la prima “tasca” su cui il creditore mette mano in caso di difficoltà.
3. Rischio di estensione dell’importo dovuto – Il fideiussore risponde nei limiti dell’obbligazione garantita. Ciò include, salvo patto contrario, interessi (anche moratori) e spese di recupero. Spesso chi firma una fideiussione tende a considerare solo il capitale, ma se il debitore ritarda, maturano interessi (talvolta elevati, come interessi di mora bancari) e costi legali. Tutto questo grava sul garante. Inoltre, come visto, se la garanzia è omnibus o comunque copre obbligazioni future entro un massimale, l’importo garantito può aumentare nel tempo: ad esempio garantisco scoperti di conto corrente fino a 50.000 €; oggi il conto è a zero, ma tra un anno il debitore è esposto per 50.000 € e la banca mi chiama a pagare l’intera somma. Art. 1938 c.c. richiede il massimale nelle obbligazioni future, ma entro quel massimale il debito garantito può variare. C’è anche il problema delle spese legali e giudiziali: la banca che escute il fideiussore chiederà non solo capitale e interessi, ma anche il rimborso degli onorari di avvocato, contributi unificati, ecc. (purché liquidati dal giudice). Il fideiussore potrebbe dunque dover pagare anche alcune migliaia di euro in più per le spese di causa. È importante verificare nel contratto se la fideiussione copre tali accessori: di solito sì, la formula è “il fideiussore garantisce il pagamento del capitale, interessi, spese, competenze, ecc.”. Dunque il rischio importo va oltre il semplice capitale prestato.
4. Rischio legato a modifiche del rapporto principale – Se il debitore e il creditore modificano l’obbligazione principale, la posizione del fideiussore può cambiare. Alcune modifiche liberano il garante, altre no, altre ancora possono peggiorarne il rischio. In generale, se creditore e debitore pattuiscono un aumento dell’importo dovuto (es. proroga con capitale maggiorato, nuovi affidamenti, interessi più alti) senza coinvolgere il fideiussore, la giurisprudenza ritiene che il fideiussore sia obbligato solo entro i limiti originari e possa non rispondere per l’eccedenza non autorizzata (principio che discende dall’accessorietà: il garante ha promesso di pagare quel determinato debito, non uno diverso o più oneroso). Ad esempio, se garantisco un mutuo di €100.000 e poi banca e debitore aumentano il mutuo a €150.000 senza la mia firma, io potrei eccepire di non essere tenuto per i 50.000 € aggiuntivi. Tuttavia occorre fare attenzione: molte fideiussioni omnibus o bancarie contengono clausole per cui il fideiussore autorizza preventivamente il creditore a concessioni al debitore (proroghe, dilazioni, ricontrattazioni) senza bisogno di assenso. L’art. 1941 c.c. infatti prevede che la fideiussione eccede l’importo o è prestata a condizioni più onerose di quelle del debito, è valida solo per la parte non eccedente (salvo che il fideiussore acconsenta all’eccedenza). Quindi legalmente un aggravamento non concordato libera il garante per la parte eccedente. Ma contrattualmente i creditori cercano di ottenere una sorta di delega in bianco dal garante ad accordi di ristrutturazione o proroga con il debitore. Dal punto di vista del garante, queste clausole sono rischiose: implicano che, ad esempio, se la banca concede a Caio una moratoria di 2 anni sul mutuo (accumulando interessi) senza consultarmi, io rimango impegnato anche per quegli interessi extra e per il mutuo dilazionato. La legge tuttavia stabilisce anche che la mera tolleranza o dilazione concessa dal creditore al debitore non libera il fideiussore (art. 1941 co.3 c.c.), a meno che pregiudichi sostanzialmente il suo eventuale regresso. Quindi, piccole modifiche o proroghe non sostanziali non danno scampo al garante; modifiche rilevanti sì, se non accettate. In sintesi, il rischio è: non avere controllo su accordi tra debitore e creditore che possano peggiorare la posizione garantita. Il garante dipende totalmente dalla trasparenza e correttezza del creditore: se la banca compie atti che riducono le garanzie (es. libera un’ipoteca del debitore) o che aumentano il debito (concessione di ulteriore credito a persona insolvente), scattano le norme di protezione (artt. 1955 e 1956 c.c.) per liberarlo in tutto o in parte. Ma spesso queste situazioni emergono a fatti compiuti, magari in un contenzioso, e il garante deve eccepirle attivamente per non pagare.
5. Rischio di perdere i diritti verso il debitore (regresso) – Uno dei conforti del fideiussore è sapere di poter poi rivalersi sul debitore principale per quanto pagato. Tale diritto di regresso e di surrogazione è sancito dal codice: chi paga subentra nei diritti del creditore verso il debitore e ha diritto di farsi rimborsare tutto il pagato, più interessi e spese, dal debitore principale (art. 1950 c.c.). Tuttavia, questo diritto di credito del fideiussore contro il debitore potrebbe risultare di scarsa utilità in pratica. Innanzitutto, se il debitore principale è insolvente o fallito, il fideiussore, pur diventando suo creditore, otterrà ben poco (nelle procedure concorsuali spesso i creditori chirografari – quale è il fideiussore surrogato – recuperano poco o nulla). Il garante quindi rischia di pagare e di non rivedere più i suoi soldi, specie se il debitore è un familiare nullatenente o una società fallita. Inoltre, il fideiussore potrebbe involontariamente pregiudicare il suo regresso: se non informa tempestivamente il debitore di aver ricevuto richieste dal creditore, perde il diritto agli interessi sulle somme che pagherà (art. 1951 c.c.). E se paga senza avvisare il debitore principale, quest’ultimo potrebbe opporgli le stesse eccezioni che aveva verso il creditore (art. 1952 c.c.). Sono dettagli tecnici, ma significano che per massimizzare la rivalsa il garante deve: appena riceve richiesta di pagamento, informarne il debitore; se il debitore gli comunica difese fondate (es. “non pagare perché il credito è prescritto!”) il garante farebbe bene ad ascoltarlo, perché se paga spontaneamente nonostante un’eccezione valida, rischia di non poter poi pretendere nulla dal debitore. In pratica il garante cammina su un filo: deve bilanciare l’evitare maggior danno (pagare per evitare pignoramenti) con la tutela del suo credito di regresso. Questo è un rischio spesso sottovalutato: non sempre chi fa da garante poi riesce a farsi restituire i soldi dal debitore principale. Soprattutto nei rapporti affettivi (garanzia prestata a figli, coniugi, amici) spesso il regresso resta sulla carta, perché il garante rinuncia a rivalersi per non rovinare il rapporto personale, oppure il debitore è comunque insolvibile. In tal caso la fideiussione si traduce in una donazione forzata.
6. Rischio di escussione parziale e rapporti con altri garanti – Se vi sono più fideiussori per lo stesso debito (c.d. co-fideiussione), ciascuno è obbligato in solido verso il creditore, ma tra loro si ripartiscono il peso pro quota (salvo patto di solidarietà interna). Se uno solo viene escusso dalla banca e paga tutto, poi potrà agire contro gli altri fideiussori per la loro parte (art. 1954 c.c.). Il rischio qui per un garante è di vedersi richiedere l’intero importo solo perché il creditore lo ritiene più solvibile degli altri: ad esempio, debito €100.000 garantito da tre persone, la banca potrebbe pretendere 100.000 da uno solo dei tre (quello con stipendio o casa) ignorando gli altri. Quel garante dovrà pagare e poi fare causa di regresso verso gli altri due per farsi dare 2/3 di quanto pagato. Anche se alla fine ha diritto a essere indennizzato dagli altri co-garanti, nel frattempo ha subito l’esborso e l’azione legale di rivalsa può essere lunga o incerta (se gli altri non hanno beni, resta col cerino in mano). Quindi, quando si è co-fideiussori, si è esposti non solo al rischio collegato al debitore principale, ma anche a quello collegato agli eventuali altri garanti. Questo scenario è tipico, ad esempio, tra fratelli o tra soci che firmano insieme: conviene in tali casi accordarsi a monte su come suddividere l’eventuale pagamento e magari stipulare tra i co-garanti una convenzione interna di riparto. Ma dal punto di vista del creditore, la solidarietà attiva è un vantaggio: può scegliersi il bersaglio più capiente. Il rischio per quel “bersaglio” è ovviamente amplificato.
7. Rischio di segnalazioni e conseguenze extra-giudiziali – Quando una fideiussione viene escussa, spesso significa che il debitore principale è in situazione di insolvenza o comunque problematica. Ciò può comportare anche per il fideiussore alcune conseguenze indirette. Ad esempio, se il garante è un soggetto che ha rapporti bancari, l’escussione della garanzia può portare a una segnalazione in Centrale Rischi Bankitalia (come co-obbligato in sofferenza, se viene chiusa con perdita) o nelle banche dati creditizie private: ciò potrebbe rendere più difficile per il garante ottenere credito a sua volta, perché risulta “come se avesse lui un debito non pagato”. Inoltre, se il garante è un imprenditore o riveste cariche societarie, il pagamento effettuato potrebbe dover essere indicato in bilancio (come credito verso il debitore) e, se di importo elevato, potrebbe intaccare la sua liquidità aziendale o personale, con effetti a cascata sulla reputazione e sull’affidabilità finanziaria. In poche parole: fare il garante può “contaminare” la situazione finanziaria del garante stesso quando le cose vanno male. Non si tratta di rischi giuridici in senso stretto, ma di rischi economico-reputazionali da non trascurare.
8. Rischio di impegni a lungo termine e difficoltà di svincolo – Molte fideiussioni durano parecchi anni. Ad esempio, garantire un mutuo ventennale di un parente significa restare potenzialmente obbligati per 20 anni. Durante questo periodo la situazione personale del garante potrebbe cambiare (potrebbe aver bisogno di chiedere a sua volta un mutuo, o potrebbe entrare in difficoltà economiche). Il vincolo della fideiussione è però difficile da rimuovere unilateralmente: il fideiussore non può recedere dal contratto, salvo che il contratto lo consenta per le operazioni future (nel caso di garanzie indefinite). Se per ipotesi un garante volesse liberarsi – ad esempio perché il parente non dà più affidamento – l’unica via è ottenere il consenso del creditore (che di solito non lo libera a cuor leggero, a meno che venga sostituito da altra garanzia equivalente). Quindi il rischio è di rimanere incastrati in un impegno che non si può sciogliere se non pagando il debito o trovando un sostituto gradito al creditore. Questa mancanza di exit strategy può essere penalizzante. In alcuni casi, se il debitore principale rimborsa parzialmente, si può chiedere una liberazione parziale (ad esempio, ho garantito fino a 100, il debito è sceso stabilmente a 20, potrei contrattare la riduzione della garanzia), ma giuridicamente non è un diritto automatico, è materia di trattativa.
In definitiva, chi fa da fideiussore si assume una responsabilità potenzialmente equivalente a quella del debitore principale, ma con meno vantaggi e meno controllo sulla gestione del debito. È fondamentale quindi: valutare la solvibilità del debitore garantito, concordare eventualmente limiti e condizioni, monitorare costantemente l’andamento del rapporto (chiedendo informazioni al debitore e magari al creditore se possibile), e conoscere i propri diritti per reagire prontamente in caso di evoluzioni negative.
Rischi e conseguenze per il debitore principale
Finora abbiamo esaminato i rischi lato garante. Ma anche dal punto di vista del debitore principale (colui per il quale la fideiussione è prestata) esistono implicazioni, sebbene di natura diversa. Elenchiamo i principali aspetti che il debitore garantito deve considerare:
1. Rischio di azione di regresso – Se il fideiussore viene escusso e paga il debito, il debitore principale non è affatto sollevato dall’obbligazione: semplicemente cambia il creditore. Il garante, dopo aver pagato, avrà diritto di regresso e subentro nei confronti del debitore, come spiegato sopra. Ciò significa che il debitore dovrà rimborsare tutto al suo garante, a meno che quest’ultimo non decida volontariamente di rimettergli il debito. Anzi, può essere in una posizione meno favorevole: il fideiussore potrebbe avere meno “pazienza” della banca, soprattutto se il rapporto personale si incrina a causa dell’inadempimento. Quindi il debitore rischia, in caso di insolvenza verso la banca, di trasformare un debito finanziario in un debito verso un parente/amico. Questo può avere strascichi pesanti a livello personale: litigi familiari, rottura di rapporti societari tra soci, etc. Dal punto di vista strettamente giuridico, il debitore principale diventa debitore del fideiussore per l’intero importo pagato, con stessi interessi e spese (art. 1950 c.c.). Il fideiussore potrà agire in giudizio contro di lui (ottenendo un decreto ingiuntivo sulla base della prova del pagamento effettuato). Dunque, il debitore non paga la banca ma si trova una causa dal suo ex garante. Esempio: una società non rimborsa un fido, la banca si soddisfa escutendo il socio garante; il socio escusso, amareggiato, fa causa alla società (o all’altro socio) per farsi restituire il denaro, e magari mette in crisi definitivamente l’azienda o i rapporti interni. In sostanza, la fideiussione può “rimbalzare” il problema dal creditore originario al garante, e dal garante di nuovo sul debitore, prolungando la catena delle rivendicazioni.
2. Rischio di misure conservative sui beni (di regresso) – Collegato al punto precedente, bisogna ricordare che il fideiussore, una volta pagato, può attivarsi per tutelare il proprio credito di regresso anche preventivamente. Già durante la fase in cui è chiamato a pagare, il garante potrebbe chiedere al giudice dei provvedimenti cautelari sui beni del debitore (ad esempio un sequestro conservativo) se teme che questi possa sottrarsi poi al regresso. Questo aggiunge pressione sul debitore principale: non solo ha la banca addosso, ma rischia che anche il garante – per timore di non rivedere i soldi – inizi a vincolare i suoi beni legalmente. Va detto che per ottenere un sequestro il garante deve provare il fumus (il suo futuro diritto di credito) e il pericolo nel ritardo (periculum), ma in alcune situazioni ciò è possibile (specie se il debitore comincia a dismettere beni). Dunque, il debitore potrebbe subire doppie azioni parallele da creditore e da garante.
3. Rischio di ridotta flessibilità con il creditore – La presenza di un fideiussore potrebbe paradossalmente rendere il creditore meno incline a concessioni o ristrutturazioni del debito. Perché dovrebbe? Avendo una persona terza su cui rivalersi, il creditore è in posizione di forza e potrebbe decidere di agire contro il garante invece di negoziare con il debitore. Ad esempio, un istituto di credito, in caso di temporanea difficoltà del cliente, se non avesse garanzie potrebbe accettare una dilazione o un saldo e stralcio; ma se ha un garante solvibile, potrebbe direttamente riscuotere da lui l’intero, chiudendo la pratica. Quindi il debitore corre il rischio che la banca non tratti e preferisca “passare la palla” al fideiussore. Ovviamente poi il debitore dovrà vedersela col garante. Ma intanto perde l’occasione di rinegoziare il debito originale alle proprie condizioni. In pratica la fideiussione, assicurando il creditore, toglie al debitore potere contrattuale nelle situazioni di crisi. Ciò va tenuto presente: fare intervenire un garante nel proprio rapporto di credito può significare, in futuro, avere meno leve per ottenere moratorie, tagli del debito, ecc., perché il creditore è protetto e meno motivato a trovare soluzioni.
4. Impatto sui costi e sulle disponibilità future di credito – Anche se il debitore principale all’inizio trae vantaggio dalla fideiussione (perché magari ottiene il finanziamento grazie alla garanzia), nel lungo periodo può risentirne. Ad esempio, in ambito bancario, l’aver bisogno di un fideiussore spesso segnala una affidabilità creditizia non piena: ciò potrebbe riflettersi su condizioni meno favorevoli (tassi più alti, minori importi concedibili). Inoltre, una volta che il debito garantito viene escusso dal garante, il debitore potrebbe dover fronteggiare la revoca di fidi o finanziamenti: se la banca ha chiamato il garante, spesso vuol dire che considera il debitore insolvente e potrebbe interrompere il rapporto. Anche altri istituti, venendo a conoscenza dell’inadempimento (tramite segnalazioni in centrale rischi), potrebbero chiudere i rubinetti. In sostanza, la fideiussione “nasconde” il rischio finché il garante regge il gioco, ma quando poi salta fuori l’inadempimento, il debitore si trova comunque a subire le conseguenze reputazionali di un default, con aggiunta del contenzioso col garante.
5. Possibili implicazioni fiscali – Dal lato del debitore principale, un aspetto poco noto riguarda l’eventuale remissione del debito da parte del garante. Se, ad esempio, il fideiussore paga al creditore e poi decide di non rivalersi sul debitore (perdonandogli il debito di regresso), questa rinuncia configura civilmente una donazione indiretta di importo pari al debito condonato. Fiscalmente, soprattutto se le somme sono elevate e tra persone non legate da stretta parentela, ciò potrebbe comportare l’applicazione dell’imposta sulle donazioni (che in Italia è esente entro certe franchigie per parenti prossimi, ma applicabile in altri casi). Inoltre, nel caso di società, la rinuncia di un credito da parte del fideiussore (che magari è un socio) può essere considerata un apporto di patrimonio (sovvenzione) o una sopravvenienza per la società beneficiata. Ad esempio, se un socio-garante paga un debito sociale e poi stralcia la sua pretesa di rimborso verso la società, per quest’ultima vi sarà una sopravvenienza attiva (utile straordinario) tassabile, a meno che la rinuncia sia posta a capitale (operazione complessa). Il debitore persona fisica, dal canto suo, se beneficia di una remissione del debito da parte del suo garante, potrebbe teoricamente vedersi contestare un reddito diverso da condono di debito (anche se nella prassi l’Agenzia delle Entrate non tassa piccoli importi tra familiari, ma il punto è controverso). In ogni caso, il debitore deve essere consapevole che far pagare il proprio debito a un garante non è mai “gratis”: se anche il garante lo solleva dalla restituzione, quella liberalità ha implicazioni fiscali e giuridiche (serve forma scritta per non incorrere in simulazioni, e può essere soggetta a imposta di donazione oltre certe soglie). Paradossalmente, quindi, il debitore potrebbe trovarsi a dover formalizzare un atto di donazione dal garante o a veder aumentare il suo imponibile fiscale (in ambito societario) per un debito che non ha pagato lui.
6. Responsabilità penale in caso di mancato rimborso al garante – Di per sé, il non pagare un debito civile non costituisce reato. Tuttavia, se il debitore – sapendo di dovere soldi al fideiussore che ha pagato per lui – compie atti per rendere impossibile al garante di recuperare, potrebbe incorrere nel reato di mancata esecuzione dolosa di provvedimenti del giudice (art. 388 c.p.) o, se il debito era verso lo Stato, nel reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (art. 11 D.lgs. 74/2000). Facciamo un esempio: Caio sa che Tizio (suo garante) ha pagato i suoi debiti ed ha ottenuto un decreto ingiuntivo di regresso; Caio, per non restituire nulla a Tizio, vende tutti i suoi beni o li intesta a terzi, eludendo l’azione esecutiva. Questo comportamento, se attuato con artifici per frodare Tizio e aggirare l’ingiunzione, integra gli estremi di reato (elusione di provvedimento del giudice). La Cassazione penale ha infatti confermato condanne in casi in cui il debitore, dopo essere stato ingiunto di pagare, ha trasferito l’azienda o svuotato il patrimonio per non ottemperare. Analogamente, se il debitore garantito era debitore fiscale e il garante (es. una compagnia) paga per evitare sanzioni, ma il debitore nel frattempo ha occultato beni al Fisco, questo rientra nel reato tributario di sottrazione al pagamento di imposte. Dunque, anche il debitore può incorrere in guai penali se tenta furbescamente di approfittare del pagamento altrui liberandosi dei propri averi per non restituire. Certo, si tratta di condotte dolose e non della semplice insolvenza: se il debitore è nullatenente di per sé, non è punibile; ma se compie atti fraudolenti di distrazione, sì. In aggiunta, va considerato il caso in cui il debitore principale sia anche amministratore di società e abbia fatto scattare la fideiussione su una società terza con dolo: ad esempio, bancarotta fraudolenta per distrazione qualora un amministratore trasferisca indebitamente risorse da una società all’altra sotto forma di fideiussione a favore di terzi, danneggiando i creditori sociali. In sostanza, il debitore principale deve comportarsi correttamente anche verso il proprio garante; se deliberatamente lo danneggia, può risponderne.
Aspetti fiscali e penali della fideiussione
Abbiamo già accennato a taluni profili fiscali e penali, ma li riassumiamo qui per completezza, data la richiesta di trattare “anche i rischi penali e fiscali”:
- Nessun reato per l’inadempimento in sé: il mancato pagamento da parte del fideiussore o del debitore è un illecito civile (inadempimento contrattuale) ma non configura reato (non esiste in Italia l’arresto per debiti civili). Dunque né il fideiussore insolvente né il debitore insolvente rischiano la galera soltanto perché non sono riusciti a pagare. Le conseguenze sono sul piano civilistico (pignoramenti, fallimento se imprenditore insolvente, ecc.).
- Reati collegati a condotte fraudolente: come visto sopra, possono però sorgere responsabilità penali per comportamenti fraudolenti finalizzati a eludere il pagamento. Due norme tipiche:
- Art. 388 c.p. (Mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice): punisce chi, dopo un provvedimento esecutivo (es. un decreto ingiuntivo definitivo, un pignoramento notificato, una sentenza), compie atti per vanificarne l’efficacia, ad es. distraendo o simulando cessioni di beni. Un fideiussore o debitore che, avendo ricevuto un precetto, venda l’unico immobile a un prestanome per non farselo pignorare potrebbe incorrere in questo reato. La Cassazione richiede l’elemento fraudolento (non basta vendere, deve esserci inganno o simulazione). Pena: reclusione fino a 3 anni o multa.
- Art. 11 D.lgs.74/2000 (Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte): punisce chi mette in atto artifici per rendere inefficace la riscossione coattiva di imposte, ad esempio alienando beni simulatamente quando sa di avere un debito tributario verso l’Erario. Se un fideiussore garantisce un debito fiscale (ad es. una rateazione con Equitalia) e il debitore occulta patrimoni per non pagare, quest’ultimo può esserne penalmente responsabile (reato proprio del contribuente).
- Bancarotta e reati societari: in ambito fallimentare, prestare fideiussioni può assumere rilievo come atto di gestione dell’imprenditore. Se l’amministratore di una società concede garanzie personali illimitate per debiti altrui senza vantaggio per la società e ciò concorre a causare il dissesto, potrebbe essere accusato di mala gestio. Un caso tipico è la bancarotta fraudolenta per distrazione: la giurisprudenza ha ritenuto che la prestazione di una fideiussione può costituire atto distrattivo se comporta un depauperamento ingiustificato del patrimonio sociale a favore di terzi. Esempio: società Alfa fa da garante a debiti della controllante Beta per importi enormi, poi Alfa fallisce perché escussa in virtù di quella garanzia – gli amministratori di Alfa potrebbero rispondere di aver distratto risorse di Alfa a favore di Beta. Ovviamente queste sono situazioni limite, ma mostrano che la fideiussione non è neutra: nelle imprese deve essere deliberata con cura (talora è richiesto il consenso dei soci, o una specifica analisi costi-benefici). Se causa pregiudizio ai creditori sociali, può esserci spazio per sanzioni penali.
- Aspetti fiscali: dal lato fiscale puro, la fideiussione ha rilevanza limitata ma qualche conseguenza c’è:
- Le somme pagate dal fideiussore in luogo del debitore si configurano come accollo del debito. Per le imposte, l’accollo è ammesso ma il pagamento altrui non fa venire meno l’obbligo originario finché non è estinto: l’Erario considera comunque il debito assolto se incassa (non importa da chi), salvo poi il rapporto interno. Non c’è una tassazione specifica sul fatto che paghi un terzo.
- Se però il fideiussore rimette il debito al debitore (ossia rinuncia al regresso), per il debitore si genera economicamente un arricchimento. Nel caso di debitore soggetto IRPEF persona fisica, potrebbe configurarsi un reddito diverso da condono, ma l’Agenzia delle Entrate solitamente non tassa la remissione di debiti tra privati, salvo che sia in realtà un’operazione mascherata. Nel caso di debitore società, la rinuncia del credito del fideiussore è una sopravvenienza attiva imponibile (salvo esenzioni, ad esempio se il fideiussore era un socio, si applicano regole particolari: la rinuncia di socio a credito da finanziamento non è tassata fino a concorrenza del valore fiscale, ecc.). Dunque il debitore imprenditore deve coinvolgere il commercialista se il garante condona il debito, per gestire correttamente il profilo fiscale.
- Le eventuali spese di fideiussione: se un debitore paga una commissione a un garante professionale (banca o assicurazione) per ottenere la garanzia, tale costo è di solito deducibile come onere finanziario per il debitore (nell’anno di competenza) – es. le commissioni su fideiussioni bancarie sono deducibili dal reddito d’impresa.
- Imposta di registro: la fideiussione è soggetta a imposta di registro in misura fissa se formata per atto pubblico o scrittura privata autenticata (quelle bancarie di solito no, sono scritture private semplici, soggette semmai a bollo). Se però la garanzia viene escussa e si forma un titolo giudiziale (decreto ingiuntivo, sentenza) con condanna del fideiussore, quell’atto giudiziario sconta l’imposta di registro proporzionale (0,5% circa se di garanzia). In pratica, se la banca ottiene decreto ingiuntivo contro il fideiussore per 100.000 €, dovrà pagare €500 di registro allo Stato – importo recuperabile poi dal fideiussore stesso come spesa di causa.
- IVA: le fideiussioni sono considerate operazioni esenti IVA (servizi finanziari) quando fornite da professionisti. Se invece è un privato che presta garanzia, non c’è proprio tema IVA perché non è attività d’impresa del garante.
Riassumendo il quadro penale e fiscale: la fideiussione in sé non genera obblighi tributari particolari né reati automatici. I rischi penali sorgono solo se vi sono condotte fraudolente collegate al non voler pagare; i rischi fiscali si limitano a eventuali tassazioni di sopravvenienze attive se il garante condona il debito al debitore. Un consiglio prudente per evitare guai: sia il debitore che il fideiussore, in caso di difficoltà, dovrebbero agire alla luce del sole (riconoscere i debiti, eventualmente concordare piani di rientro, piuttosto che fare sparire beni) e, se decidono di “regalare” soldi (garante al debitore), formalizzare le cose in modo trasparente (un accordo scritto di remissione debito) così da non incorrere in future contestazioni.
Domande frequenti (FAQ) sulla fideiussione
Di seguito una serie di domande e risposte comuni che riepilogano e chiariscono i punti salienti dal punto di vista del debitore e del fideiussore.
Q1: Il creditore deve escutere prima il debitore principale e solo dopo il fideiussore?
A: No, non obbligatoriamente. Di regola il fideiussore è obbligato in solido col debitore, quindi il creditore può scegliere da chi esigere il pagamento (anche direttamente dal garante). Solo se nel contratto di fideiussione è previsto espressamente il beneficio di escussione (art. 1944 c.c.) il creditore deve prima escutere il debitore e i suoi beni, e poi – se il debitore risulta inadempiente – può rivolgersi al fideiussore. Nella pratica bancaria, però, il beneficio di escussione è quasi sempre escluso: infatti la fideiussione bancaria standard fa rinunciare il garante a tale beneficio, permettendo al creditore di agire subito contro di lui. Dunque, a meno che non sia stato concordato diversamente, il fideiussore può essere chiamato a pagare immediatamente al posto del debitore inadempiente.
Q2: Se il debitore principale non paga, in quanto tempo la banca (o altro creditore) deve fare causa al fideiussore?
A: Il codice civile prevede un termine di 6 mesi dalla scadenza del debito principale entro cui il creditore deve iniziare le sue azioni (giudiziali) verso il debitore, pena la decadenza della fideiussione (art. 1957 c.c.). Questo non è un termine specifico per fare causa al fideiussore, ma per attivarsi contro il debitore garantito. Se il creditore lascia passare più di 6 mesi senza agire contro nessuno, il fideiussore si libera. Esempio: un prestito scade a gennaio, il creditore non fa nulla fino a oltre luglio, allora il garante non è più vincolato. Attenzione: se il creditore intraprende azioni nei 6 mesi (es. decreto ingiuntivo, atto di precetto) contro il debitore, la garanzia rimane valida anche successivamente, purché le azioni siano portate avanti con diligenza. Inoltre, questa tutela può essere vanificata da una clausola contrattuale di rinuncia. Purtroppo nei moduli standard molti garanti hanno firmato clausole in cui rinunciavano al termine semestrale di decadenza, rendendo la fideiussione illimitata nel tempo. La buona notizia è che tali clausole (deroga art.1957) sono state dichiarate nulle se inserite su schema ABI, quindi oggi molti fideiussori possono eccepire la decadenza. Pertanto, se non c’è clausola di rinuncia valida, dopo 6 mesi di inerzia del creditore il fideiussore è libero. Se invece c’è (ed è valida), il creditore può muoversi anche più tardi. Comunque, va considerato anche il termine di prescrizione ordinaria: la banca non può aspettare troppi anni – l’azione verso il fideiussore soggiace di norma alla prescrizione decennale (come il debito principale, salvo natura diversa).
Q3: Il fideiussore può recedere o sciogliersi dalla fideiussione?
A: Dipende dal tipo di fideiussione. Se è prestata per un’obbligazione specifica (es. un mutuo, un contratto) non c’è facoltà di recesso unilaterale: il fideiussore resta vincolato fino all’adempimento del debito o altra causa di estinzione (pagamento, compensazione, ecc.). Non può semplicemente “tirarsi indietro” senza consenso del creditore. Se invece la fideiussione è per obbligazioni future o indefinite (es. omnibus), spesso è previsto contrattualmente il recesso per le operazioni future: il fideiussore può comunicare il recesso (di solito con preavviso scritto) e da quel momento non garantisce più i nuovi debiti del debitore, ma rimane responsabile di quelli già esistenti (art. 5, comma 2, L. 154/1992 prevede questo diritto per le fideiussioni omnibus bancarie). Ad esempio, in una fideiussione omnibus bancaria, Tizio può recedere con lettera AR; la banca da quel momento non può fargli pagare i fidi ulteriori che concederà al cliente, però Tizio resta garante per l’esposizione maturata fino alla data di recesso. Pertanto, un modo per “limitare i danni” c’è nelle garanzie indefinite: se ci si accorge che la posizione del debitore sta peggiorando, il fideiussore può revocare la garanzia per il futuro. Rimane però impegnato sul pregresso. In ogni caso, per liberarsi completamente da una fideiussione occorre o che il debito venga estinto dal debitore o dal garante stesso, oppure che il creditore accetti volontariamente di liberare il fideiussore (magari sostituendolo con altra garanzia). Quest’ultimo scenario è poco comune: ad esempio, un garante può chiedere alla banca di essere sollevato se il debitore fornisce un’ipoteca in cambio, ecc., ma è negoziato caso per caso.
Q4: Il fideiussore può opporsi alla richiesta di pagamento? Ha dei mezzi di difesa?
A: Sì, il fideiussore può opporre al creditore tutte le eccezioni che avrebbe il debitore principale, escluse quelle personali di quest’ultimo (art. 1945 c.c.). Quindi, se il debitore poteva contestare il credito (perché ad es. il contratto è nullo, o il pagamento è già avvenuto, o il debito è prescritto), anche il fideiussore può farlo valere in giudizio. Inoltre, il fideiussore ha proprie eccezioni specifiche: la già citata decadenza per mancata azione entro 6 mesi (se applicabile), la liberazione parziale per fatto del creditore (art. 1955 c.c., ad es. se la banca ha liberato garanzie reali senza consenso del garante), la liberazione ex art. 1956 c.c. se credito concesso a debitore insolvente all’insaputa del garante, ecc. Quindi non è affatto sprovvisto di difese. Nei procedimenti monitori (decreto ingiuntivo) e nelle esecuzioni forzate, il fideiussore può proporre opposizione o opposizione all’esecuzione allegando questi motivi. È importante però che al momento della firma il fideiussore non abbia rinunciato ad alcune difese. Ad esempio, alcune clausole contrattuali cercano di far rinunciare il fideiussore alla facoltà di opporre eccezioni relative al rapporto principale (clausole “solve et repete” o di pagamento a prima richiesta). Se tali clausole sono efficaci (non contrarie a norme di protezione del consumatore), il fideiussore contrattualmente si è privato di alcune armi: tipicamente, nella garanzia autonoma “a prima richiesta”, il garante non può opporre eccezioni sul rapporto sottostante. Tuttavia, va segnalato che se il fideiussore è un consumatore, la legge (art. 33 Codice Consumo) considera vessatoria la clausola che limita la facoltà di opporre eccezioni. Quindi, in ambito consumer, quella rinuncia potrebbe essere nulla e il garante tornerebbe a poterle opporre. In generale, comunque, il fideiussore può sicuramente difendersi eccependo: “il debito non è dovuto” (per motivi inerenti al rapporto principale) oppure “la mia obbligazione si è estinta/liberata” (per fatti successivi, come la decadenza o il comportamento scorretto del creditore). Ogni caso va valutato concretamente, e spesso la giurisprudenza interpreta a favore del garante quando ci sono dubbi, perché essendo contratto d’adesione predisposto dal creditore, le clausole ambigue si interpretano contro quest’ultimo.
Q5: Cosa succede se ci sono più fideiussori per lo stesso debito? Chi paga e quanto?
A: Se più persone garantiscono il medesimo debito (co-fideiussione), verso il creditore sono tutti obbligati in solido (art. 1946 c.c.). Ciò significa che il creditore può chiedere il pagamento integrale a uno qualsiasi dei garanti, a sua scelta. Il singolo fideiussore non può quindi opporre al creditore di pagare solo la sua quota: dovrà eventualmente regolare i conti dopo, con gli altri coobbligati. Infatti, dopo aver pagato, il fideiussore ha diritto di regresso anche nei confronti degli altri fideiussori per la parte di ciascuno (salvo patto diverso). Ad esempio: debito €30.000 garantito da 3 fideiussori in solido. La banca escute solo Tizio per €30.000; Tizio paga tutto. Ora Tizio potrà pretendere da Caio e Sempronio €10.000 ciascuno (oltre interessi) in via di regresso. Se Caio e Sempronio non glieli danno spontaneamente, Tizio può far causa anche a loro producendo la prova di aver pagato il debito comune. Questo significa che ogni garante deve valutare bene la capacità degli altri co-garanti: se teme di essere l’unico solvibile, di fatto rischia di accollarsi l’intero importo. Si noti che i co-fideiussori possono accordarsi col creditore per suddividere la responsabilità (ad es. “ognuno garantisce solo il 50%” = beneficio di divisione), ma questo va pattuito chiaramente nel contratto, altrimenti la regola è la solidarietà anche interna (cioè ognuno garantisce tutto e poi ha regresso). In pratica, casi di beneficio di divisione sono rari (il creditore preferisce sempre potersi rivalere per intero su ciascuno). Quindi la norma è: più garanti = responsabilità totale di ciascuno verso il creditore, e poi conguaglio interno in base alle quote. Se uno dei fideiussori è nullatenente o irreperibile, la sua quota finisce per gravare sul garante che ha pagato, senza possibilità di recupero (oltre a eventuali azioni negative, come il pignoramento infruttuoso).
Q6: In quali situazioni un fideiussore consumatore (privato) può contestare la fideiussione per clausole abusive?
A: Quando il fideiussore è una persona fisica che ha agito per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale, gode della protezione del Codice del Consumo. Ciò significa che se la fideiussione è stata prestata a favore di un creditore professionista (es. banca, finanziaria, locatore che agisce nell’esercizio di attività d’impresa), le clausole non individualmente trattate che creano uno squilibrio significativo a suo danno possono essere dichiarate vessatorie e quindi nulle (artt. 33-36 Cod. Cons.). Ad esempio, clausole che escludono eccezioni, che prorogano indebitamente i termini, che impongono al consumatore fideiussore decadenze o limitazioni di responsabilità del professionista, sono sospette. Il caso emblematico è la clausola “a prima richiesta” in un contratto di fideiussione firmato da un privato a una banca: la Cassazione ha affermato che una tale clausola – che impedisce al garante di opporre eccezioni – è potenzialmente vessatoria (rientra nell’art. 33, co.2, lett. t Cod. Cons.: limitazione delle difese). Se dichiarata abusiva, la clausola viene espunta e il contratto di garanzia resta valido ma senza quella clausola, permettendo quindi al fideiussore di opporre le eccezioni sul rapporto di base. Un altro esempio: una clausola che stabilisse interessi di mora elevatissimi a carico del fideiussore (diversi da quelli del debitore) potrebbe essere vessatoria. Va però chiarito un punto: la nozione di “consumatore” in caso di fideiussore di debiti altrui non sempre è pacifica. La Corte di Giustizia UE ha chiarito che bisogna valutare se il fideiussore ha agito per scopi privati o no, e se ha legami funzionali col debitore garantito. Ad esempio, un artigiano che fa da garante alla propria società non è consumatore, perché ha collegamento funzionale; un padre pensionato che garantisce il mutuo della società del figlio potrebbe essere considerato consumatore se non ha interessi professionali in quella società. La Cassazione a Sezioni Unite nel 2023 (ord. 5868/2023) ha stabilito che conta la finalità del garante: anche se il garante svolge una propria attività, se la fideiussione non ha relazione con essa e non è funzionale ad essa, egli può essere considerato consumatore. Quindi molti garanti “di rimbalzo” – familiari, amici, soci non coinvolti nella gestione – sono consumatori e possono invocare la nullità delle clausole abusive. In concreto, un fideiussore consumatore che venga escusso può opporre in giudizio l’abusività di clausole come: rinuncia preventiva a benefici legali, forum diversi, interessi eccessivi, ecc. Il giudice può dichiararle nulle d’ufficio, mantenendo il resto del contratto (art. 36 Cod. Cons.). Si aggiunge questa freccia all’arco del garante consumer, oltre alle difese codicistiche già viste.
Q7: Quali sono le principali sentenze recenti sulla fideiussione di cui tener conto (aggiornate al 2025)?
A: Le sentenze chiave già discusse sono:
- Cass. Sez. Unite n. 41994/2021 – Ha sancito la nullità parziale delle fideiussioni conformi al modello ABI 2003, colpendo le clausole 2,6,8 (reviviscenza, rinuncia termini, sopravvivenza) per violazione antitrust. Ha escluso la nullità totale salvo casi eccezionali. Questa pronuncia risolve in via definitiva il dibattito sulle fideiussioni bancarie omnibus.
- Cass. Sez. I n. 1869/2023 – (Nota: il quesito cita Cass. 1869/2023; probabilmente si tratta di una pronuncia che ha applicato i principi delle S.U. oppure di una decisione su profili diversi. Ad oggi, tra le significative del 2023 c’è Cass. SU 5868/2023 su consumatore, Cass. 26200/2022 su onere della prova antitrust, ecc. Forse Cass. 1869/23 ha riguardato la non estensibilità ultra-modello ABI? Mancano dettagli. In ogni caso, decisioni del 2023 hanno confermato che la nullità antitrust delle clausole ABI è rilevabile d’ufficio ma va allegata, e che nelle fideiussioni specifiche serve prova dell’intesa, ecc.) Per esempio, Cass. 26200/2022 ha chiarito che la nullità può essere rilevata dal giudice solo se la parte ha dedotto gli elementi fattuali dell’intesa.
- Cass. Sez. Un. n. 5868/2023 – Ha affrontato il rapporto fideiussione e disciplina del consumatore, come sopra detto, stabilendo che la qualifica di consumatore del fideiussore va valutata sulla sua persona e scopo, non in base al debitore garantito, e che può essere consumatore anche un soggetto professionalmente attivo se la garanzia è prestata per fini privati.
- Cass. Pen. SS.UU. n. 12213/2018 – (ambito penale) ha tracciato i confini del reato di sottrazione fraudolenta (art. 388 c.p.), distinguendolo dalla semplice frode civile (revocatoria). Questo è rilevante per capire quando scatta il penale nelle condotte di elusione dei creditori.
- Giurisprudenza di merito recente (2024-2025) – Numerose pronunce di merito hanno applicato i suindicati principi. Ad esempio: Tribunale di Lecce 7/5/2025 ha ribadito nullità clausole ABI anche in fideiussioni specifiche con decadenza banca per art. 1957; Tribunale Milano 15/6/2023 (ord.) ha richiesto a banca di esibire i modelli ABI in possesso per comparazione; Corte Appello Roma 7/3/2025 n.1488 ha confermato tutela ai fideiussori consumatori e decadenza della banca in caso di ritardo (notizia riportata). Cassazione Civ. Sez. I, 17/1/2025 n. 1170 (ordinanza) ha circoscritto l’ambito della nullità antitrust alle sole fideiussioni in cui si prova la riconducibilità allo schema ABI, dando linee guida su onere probatorio. Anche Cass. 7891/2024 ha trattato delle fideiussioni per obbligazioni future ribadendo l’esigenza dell’importo massimo ex art.1938 (ordinanza del marzo 2024).
In sintesi: per un avvocato o interessato che voglia aggiornarsi, le coordinate sono quelle – Sez. Unite 2021 per antitrust, evoluzioni 2023-25 su specifiche vs omnibus e consumatore, e controllo delle clausole abusive.
Q8: La fideiussione può essere dichiarata nulla o annullata per altri motivi (oltre quelli antitrust)?
A: Sì, teoricamente valgono tutti i motivi generali di invalidità contrattuale. Ad esempio, se il fideiussore ha firmato per errore o sotto violenza o dolo, potrebbe chiedere l’annullamento per vizio del consenso (casi rari, ma possibili: si pensi a un garante ingannato sulla portata del contratto). Oppure, se la fideiussione garantisce un’obbligazione nulla (il principio di accessorietà farebbe cadere anche la fideiussione, salvo quell’eccezione della clausola di sopravvivenza che però come visto è nulla a sua volta). Ancora, se la fideiussione è stata prestata in violazione di norme imperative (es. a garanzia di un debito di gioco d’azzardo non legalizzato, oppure da un soggetto incapace), può essere nulla. Un tema interessante è l’usura: se gli interessi applicati al debitore sono usurari e il contratto principale viene dichiarato nullo o comunque riconfigurato per usura, il fideiussore ne beneficia perché non può essere tenuto a più di quanto deve il debitore. Inoltre, se la clausola di interessi usurari fosse inserita anche in fideiussione (talvolta i contratti prevedono che il fideiussore paghi interessi di mora), anch’essa sarebbe nulla ex lege 108/96. In pratica, la fideiussione può essere attaccata con gli stessi argomenti sostanziali applicabili al contratto base (nullità, illegittimità sopravvenute, ecc.). Va aggiunto: alcune sentenze hanno discusso se la fideiussione bancaria standard sia in realtà nulla per contrarietà a norme imperative diverse dall’antitrust (ad es. qualcuno ha sostenuto violi articoli del TUB, o sia un contratto derivato da intesa illecita penalmente sanzionata). Ma la via maestra è stata quella dell’antitrust già esposta. Un altro fronte di nullità può essere l’assenza di forma scritta: la fideiussione non richiede forma solenne ad substantiam (può essere orale, anche se raramente lo è), ma se il debito principale richiede forma scritta ad substantiam (es. per i contratti immobiliari), c’è discussione se la garanzia debba seguirne la forma. In genere si ritiene di no, la fideiussione è valida anche se verbale, ma sul piano probatorio ovviamente serve almeno uno scritto per dimostrare l’impegno. Nella prassi, quasi tutte le fideiussioni sono scritte e spesso “per adesione” su moduli del creditore: ciò significa che alcune clausole possono anche essere contestate in quanto vessatorie ex art. 1341 c.c., richiedendo doppia sottoscrizione. Le clausole che limitano le difese del fideiussore, che estendono l’obbligazione, ecc., potrebbero rientrare tra quelle che necessitano di specifica approvazione; spesso però i moduli recano la doppia firma. Se mancasse, il garante potrebbe farle dichiarare inefficaci. Quindi, controllare sempre il modulo: se contiene clausole gravose non approvate singolarmente, c’è spazio per reazioni.
Q9: Prestare fideiussione ha effetti sulla mia affidabilità creditizia o su rapporti con altre banche?
A: Sì, in modo indiretto. Quando firmi una fideiussione per un debito altrui, stai assumendo un rischio finanziario. Le banche e le finanziarie, se lo vengono a sapere, potrebbero tenere conto del tuo impegno potenziale. Ad esempio, in Centrale Rischi di Bankitalia, le fideiussioni concesse vengono segnalate? In CR appare l’esposizione garantita solo se la garanzia è escussa o se il creditore ne dà notizia come elemento di rischio. In generale la CR pubblica riporta i “garanti con escussione in corso” ma non tutte le garanzie prestate. Diverso per banche dati private (CRIF, Experian): spesso quando chiedi un finanziamento ti viene chiesto “ha firmato garanzie per terzi?” e la cosa può incidere sul merito creditizio. Quindi, se fai da garante per un amico e poi chiedi un prestito, la banca potrebbe vedere la cosa negativamente (“ha già un potenziale debito sulle spalle”) e magari ridurre l’importo concedibile o negare il prestito. Inoltre, se la fideiussione viene escussa e tu non paghi o paghi in ritardo, potresti essere segnalato come “cattivo pagatore” anche tu (in CR o su bollettini dei protesti se c’è di mezzo una cambiale, etc.). Tra aziende, se una società garantisce un’altra e poi la garanzia salta fuori, rating e rapporti con fornitori potrebbero risentirne. Insomma, l’impegno da garante è un indicatore di rischio che gli operatori finanziari considerano. Non ultimo, se sei pubblico dipendente o in certi ruoli, essere garante di tanti debiti potrebbe destare attenzione (es. per conflitti d’interessi o indebitamento eccessivo). Quindi meglio non prestare fideiussioni “a cuor leggero” neanche da questo punto di vista: può saturare la tua capacità di credito.
Q10: Ci sono alternative alla fideiussione meno rischiose per il garante?
A: Dipende dal contesto, ma talvolta sì. Ad esempio, anziché fare da fideiussore personale, un genitore potrebbe preferire concedere una ipoteca su un proprio immobile a garanzia del debito del figlio: in tal modo espone solo quell’immobile, non tutto il patrimonio (la responsabilità resta limitata al valore ipotecato). Oppure, nel caso di garanzie per affitti o appalti, esistono le cosiddette polizze fideiussorie rilasciate da compagnie assicurative contro pagamento di premio: invece di mettere in gioco un amico come garante, il debitore paga un premio e ottiene che una compagnia garantisca al posto suo. Chiaramente ha un costo, ma evita di coinvolgere terzi in potenziali conflitti. Un’alternativa in ambito societario può essere l’uso di lettere di patronage al posto di fideiussioni: la capogruppo ad esempio rilascia una lettera di “buona parola” alla banca per la controllata, impegnandosi moralmente a sostenerla ma senza obbligazione giuridica diretta (le lettere di patronage possono essere semplici o impegnative; quelle semplici non danno azione, quelle impegnative in parte sì). In ogni caso, qualsiasi alternativa che circoscriva la responsabilità è migliore per il potenziale garante: pegno, ipoteca, deposito cauzionale, etc., sono tutte garanzie reali dove non rischi oltre il bene dato in garanzia. La fideiussione invece ti fa rischiare illimitatamente. Talora, se proprio la banca vuole una persona in garanzia, si può contrattare di fare un coobbligo in solido nel contratto principale invece di una fideiussione: ma è pressoché la stessa cosa (anzi, perdi pure le eccezioni dell’accessorietà, diventando debitore principale). Dunque non c’è una differenza sostanziale: se la banca non accetta altro che una firma di garanzia, il rischio per colui che firma rimane. L’unica differenza può essere fiscale o procedurale (ad es. se firmi come coobbligato cambi la natura del titolo). In sintesi: l’alternativa migliore è offrire al creditore una garanzia reale (beni) piuttosto che personale, per confinare il rischio. Se questo non è possibile, e devi per forza fare da garante, il consiglio è di limitare l’importo e la durata, e magari suddividere il rischio con altri (più fideiussori per quote, se il creditore acconsente).
Tabelle riepilogative finali
Di seguito due ulteriori tabelle che ricapitolano i concetti chiave:
Tabella 2 – Diritti del fideiussore e cause di liberazione/estinzione della fideiussione
Tutela/Beneficio per il fideiussore | Descrizione | Norma di riferimento |
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Beneficio di escussione | Facoltà di esigere che il creditore escuta prima il debitore principale e le sue garanzie, e solo in caso di infruttuosa escussione richieda al fideiussore il pagamento. Se pattuito, il garante paga solo da “secondo grado”. | Pattizio (deve essere convenuto). Previsto dall’art. 1944 c.c. come deroga alla solidarietà. |
Eccezioni del debitore principale | Il fideiussore può opporre al creditore tutte le difese che spettano al debitore sull’obbligazione garantita (nullità, estinzione, inesigibilità, ecc.), tranne le eccezioni personali del debitore (es. incapacità, ecc.). | Art. 1945 c.c. |
Limite dell’importo garantito | Se la fideiussione eccede l’importo del debito principale o è prestata a condizioni più onerose, è valida solo entro i limiti del debito (salvo consenso del fideiussore per l’eccedenza). Inoltre, per obbligazioni future, il massimale è obbligatorio per legge (nullità dell’oltre-massimale). | Art. 1941 c.c. (eccedenza senza consenso non vincola il fideiussore); Art. 1938 c.c. (obbligo importo max per debiti futuri). |
Decadenza per mancata azione tempestiva | Se il creditore non promuove le sue istanze contro il debitore entro 6 mesi dalla scadenza del debito, la fideiussione si estingue (il fideiussore è liberato). Questo termine si applica salvo patto contrario. | Art. 1957 c.c.. (Clausole contrarie spesso nulle per antitrust). |
Liberazione per fatto del creditore (surrogazione impedita) | Se per fatto del creditore il fideiussore, dopo aver pagato, non può surrogarsi nei diritti, pegni o ipoteche che assistevano il credito (perché il creditore li ha lasciati decadere, o li ha concessi altrove), la fideiussione si estingue in tutto o in parte. In pratica, il garante è liberato nella misura del pregiudizio subito per colpa del creditore. | Art. 1955 c.c.. |
Liberazione per credito imprudente (obbligazioni future) | Il fideiussore di obbligazioni future è liberato se il creditore, senza il suo consenso, concede credito al debitore sapendo che questi è in peggioramento economico tale da rendere più difficile il soddisfacimento. (Clausole di rinuncia preventiva a questo sono nulle) | Art. 1956 c.c.. |
Diritto di subrogazione e regresso | Dopo aver pagato, il fideiussore subentra nei diritti che il creditore aveva verso il debitore (garanzie, privilegi) e ha azione diretta contro il debitore per farsi rimborsare quanto pagato, interessi e spese. (Se più fideiussori, diritto di regresso anche tra co-garanti). Il debitore deve tenere indenne il fideiussore. | Artt. 1949, 1950 c.c. |
Tabella 3 – Differenze tra fideiussione (garanzia accessoria) e contratto autonomo di garanzia
Caratteristica | Fideiussione (garanzia ordinaria) | Contratto autonomo di garanzia |
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Accessorietà rispetto al debito principale | Sì, totalmente accessoria: l’obbligo del fideiussore esiste solo se e nella misura in cui esiste quello del debitore principale. Il garante può opporre le vicende del rapporto principale (estinzione, nullità, ecc.). | No, è indipendente: l’obbligo del garante sussiste a prescindere dalle vicende del rapporto tra creditore e debitore. È una promessa di pagamento svincolata (salvo frode). |
Facoltà di opporre eccezioni sul rapporto principale | Ampia (salvo rinunce specifiche). Il fideiussore può sollevare tutte le eccezioni che il debitore potrebbe sollevare (tranne quelle personali). Esempio: può dire “il debitore ha già pagato” o “il contratto è nullo”, ecc. | Esclusa (salvo patto contrario, il che però snatura il concetto di garanzia autonoma). Il garante paga prima e non può rifiutarsi adducendo eccezioni relative al contratto base, a meno che l’escussione sia manifestamente fraudolenta (exceptio doli). |
Clausole tipiche identificative | Non ha formule particolari obbligatorie. Spesso contiene riferimenti al rapporto garantito (“garantisco il pagamento di X da parte di Y verso il creditore Z”). Può contenere beneficio d’escussione, limiti importo, ecc. | Di solito include espressioni come “pagamento a prima richiesta”, “senza facoltà di opporre eccezioni” o simili, e spesso manca il riferimento specifico a obbligazione altrui (infatti è un’obbligazione di pagamento autonoma per una data somma su richiesta). |
Quando si usa / Esempi | Rapporti interni, garanzie personali tradizionali (mutui, leasing, forniture domestiche, affitti). Esempio: un genitore fideiussore per mutuo figlio, socio fideiussore per conto corrente azienda. | Operazioni commerciali e finanziarie ove si richiede certezza di pagamento immediato indipendentemente da controversie. Tipico in appalti pubblici (garanzia buona esecuzione), crediti internazionali (lettere di credito stand-by), forniture dove fornitore vuole garanzia di pagamento a prima richiesta. |
Rimedi in caso di abusi del creditore | Il fideiussore paga solo se dovuto; può rifiutare pagamento se il debitore non deve nulla. In giudizio, se creditore pretende indebitamente, il garante può ottener rigetto della domanda evidenziando le eccezioni. | Il garante deve pagare subito anche se il debitore ha ragione nella lite col creditore. L’unica difesa estrema è provare che la richiesta è fraudolenta (ad es. il creditore sta chiedendo per scopi estranei o dopo aver già ricevuto soddisfazione): in tal caso, può esperire un’azione d’urgenza per inibire il pagamento (“exceptio doli generalis”). Dopo aver pagato, il garante autonomo può eventualmente agire per ripetizione se emerge che non era dovuto, ma intanto ha eseguito. |
Come si vede, per un garante non professionale la fideiussione ordinaria è preferibile, perché gli conserva possibilità di difesa e dipende dall’effettiva obbligazione del debitore. Il contratto autonomo di garanzia è più drastico e favorisce il creditore; infatti, questo strumento è usato quasi solo a livello di rapporti commerciali importanti o quando il garante è un ente (banca/assicurazione) che per mestiere garantisce e poi eventualmente discute a posteriori. Un privato dovrebbe evitare di sottoscrivere impegni “a prima richiesta senza eccezioni” a cuor leggero, perché sta accettando di pagare a prescindere da ogni disputa. Da notare che la qualifica del contratto non dipende solo dal nome che le parti gli danno (possono chiamarlo “fideiussione” anche se di fatto è autonomo): conta la sostanza. I giudici guardano a elementi come l’assenza di riferimenti al rapporto principale, la presenza della clausola di pagamento immediato, l’intenzione espressa di sganciare la garanzia dal debito principale.
Conclusioni
Dal punto di vista del debitore garantito, la fideiussione è un’arma a doppio taglio: gli apre porte (crediti, contratti) che altrimenti resterebbero chiuse, ma mette un terzo potenzialmente in mezzo con diritti di rivalersi su di lui. Dal punto di vista del fideiussore, è un atto di fiducia e di rischio notevole: la legge gli offre alcune protezioni, ma rimane esposto a dover pagare debiti altrui spesso senza avere avuto voce in capitolo nella gestione degli stessi. Negli ultimi anni la giurisprudenza – specialmente con la pronuncia antitrust sulle fideiussioni ABI del 2003 – ha riequilibrato un po’ la situazione, eliminando certe clausole abusive che aggravavano ulteriormente il ruolo del garante. Inoltre, la maggiore attenzione alla figura del garante-consumatore ha portato a riconoscere tutele analoghe a quelle del debitore consumatore (nullità di clausole vessatorie). Ciò non toglie che prestare fideiussione resti un atto da ponderare con estrema attenzione, valutando tutti i rischi sopra descritti.
Consigli finali pratici: se sei chiamato a fare da fideiussore, cerca di limitare per iscritto l’importo massimo e la durata della garanzia, e magari specifica che vale solo per quella obbligazione (evitando formulazioni omnibus generiche). Verifica che non vi siano clausole eccessivamente sbilanciate; se ci sono, sappi che potrebbero essere nulle, ma contarci a priori non è semplice (meglio chiedere di toglierle in fase di trattativa se possibile). Se sei il debitore che “offre” un fideiussore, ricorda che stai mettendo a rischio il patrimonio e la serenità di quella persona: mantienila informata sull’andamento del debito, cerca di non tradirne la fiducia. Infine, in caso di difficoltà, sia debitore che garante dovrebbero dialogare col creditore per trovare soluzioni (riduzione del fido, piani di rientro) prima che la situazione degeneri in escussioni legali e fratture personali. Una fideiussione ben compresa e gestita può essere utile; una fideiussione firmata con leggerezza può causare gravi danni economici e rapporti burrascosi.
Fonti e riferimenti (normativa e giurisprudenza)
- Codice Civile: artt. 1936-1957 c.c. – Disciplina generale della fideiussione (definizione, estensione, obbligazione solidale, eccezioni opponibili, co-fideiussione, surrogazione, regresso, benefici d’escussione e divisione, cause di liberazione).
- Legge 17/02/1992 n. 154, art. 10 – Introduzione dell’obbligo di indicare l’importo massimo garantito per fideiussioni su obbligazioni future; divieto di rinuncia preventiva alla liberazione ex art.1956 c.c..
- Provvedimento Banca d’Italia n. 55/2005 – Dichiarazione di nullità (violazione L. 287/90) delle clausole nn. 2, 6, 8 schema ABI 2003 per fideiussioni bancarie omnibus (clausole di reviviscenza, di rinuncia ai termini ex art.1957 c.c., di sopravvivenza).
- Cass., Sez. Unite Civili, 30/12/2021 n. 41994 – Nullità parziale delle fideiussioni “a valle” conformi allo schema ABI 2003: le clausole frutto di intesa restrittiva (artt.2,6,8 schema ABI) sono nulle ai sensi art.2 L.287/90 e art.1419 c.c., ma il contratto di fideiussione resta valido per il resto, salvo prova che senza tali clausole non sarebbe stato concluso. Confermata prevalenza dell’interpretazione della nullità limitata alle clausole, con esclusione dell’estensione all’intero contratto in via automatica.
- Cass., Sez. I, 18/01/2023 n. 1869 – (Riferimento indicativo) Ordinanza della Cassazione nel solco di SS.UU.2021, che avrebbe affrontato questioni relative alla prova dell’intesa anticoncorrenziale e all’applicabilità della nullità anche a fideiussioni specifiche. (Ad es., si veda Cass. 26200/2022 sull’onere di allegazione della nullità antitrust e Cass. 13846/2019 sulle condizioni per rilievo ufficioso).
- Cass., Sez. Unite Civ., 27/02/2023 n. 5868 – Fideiussore e disciplina consumeristica: stabilisce che la qualità di consumatore del fideiussore va valutata in base alle finalità perseguite dal garante stesso, prescindendo dalla qualifica del debitore garantito. Anche un soggetto professionalmente attivo può essere consumatore se la prestazione della garanzia è estranea alla sua attività e non funzionale ad essa. Richiamata giurisprudenza UE (Cause CGUE C-74/15, C-534/15). Conseguentemente, clausole che limitano le eccezioni del fideiussore-consumatore sono vessatorie ex art.33 Cod. Cons. (es. clausola “pagamento a prima richiesta” inefficace verso consumatore).
- Cass., Sez. VI Penale, 14/12/2021 n. 45914 – Mancata esecuzione dolosa (art.388 c.p.): conferma condanna di debitore che aveva ceduto la propria azienda a una newco per sottrarsi al pagamento dovuto in base a decreto ingiuntivo esecutivo. Ribaditi elementi costitutivi del reato: atto dispositivo con animus fraudolento successivo a provvedimento del giudice, idoneo a frustrare le ragioni del creditore.
- Cass., Sez. Unite Penali, 05/07/2018 n. 12213 – Chiarisce il confine tra revocatoria civile e reato ex art.388 c.p.: la punibilità richiede un quid pluris di natura simulatoria/fraudolenta negli atti compiuti dal debitore per sottrarsi ai creditori.
- Cass., Sez. V Penale, 20/04/2017 n. 19730 – (richiamata da dottrina) In tema di bancarotta fraudolenta, considera distrattiva la prestazione di garanzie (fideiussione o ipoteca) a favore di terzi se priva di giustificazione e pregiudizievole per i creditori sociali.
- Tribunale di Lecce, Sez. II, 7 maggio 2025 n. 1432 – Conferma nullità parziale di fideiussioni bancarie (clausole ABI) anche se specifiche, e dichiara la decadenza della banca ex art.1957 c.c. avendo questa agito oltre il termine semestrale. Fissato che la nullità “a valle” opera come nullità di protezione speciale estesa anche a banche non parti dell’intesa ma che ne hanno riprodotto i moduli.
- Corte d’Appello di Roma, 7 marzo 2025 n. 1488 – Ha rigettato appello della banca confermando sentenza che tutelava i fideiussori: ribadito che le clausole “a prima richiesta” senza escussione preventiva sono nulle e che la banca decade se non agisce tempestivamente verso il debitore (art.1957) – in linea con orientamento SS.UU. e diritti del consumatore.
- Tribunale di Lodi, 18 gennaio 2023 n. 25 – (est. Loi) Ha affermato inizialmente che la nullità antitrust vale per fideiussioni omnibus e non automaticamente per le specifiche, sebbene successivamente questo punto sia stato superato da altre pronunce. (Riferimento utile per vedere posizioni oscillanti prima dell’assestamento).
- Codice del Consumo (D.Lgs. 206/2005): art. 33 comma 2 lett. t) – Presunzione di vessatorietà per le clausole che escludono o limitano le eccezioni opponibili nei contratti del consumatore (applicato al fideiussore consumatore); art. 36 – Nullità parziale delle clausole vessatorie con salvezza del contratto.
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Firmare una fideiussione significa assumersi un obbligo serio: pagare il debito altrui se il debitore principale non adempie.
Molti accettano di fare da garanti per amici, parenti o società, senza conoscere i reali rischi. Ma le conseguenze possono essere gravi, anche a distanza di anni.
Ecco i principali rischi della fideiussione:
- Responsabilità totale: il creditore può chiedere il pagamento direttamente al fideiussore, anche prima di agire contro il debitore
- Pignoramenti e azioni esecutive: in caso di mancato pagamento, rischi il pignoramento dello stipendio, del conto corrente o dei beni immobili
- Segnalazioni nei sistemi di informazione creditizia: anche solo come garante puoi essere iscritto nelle banche dati dei cattivi pagatori
- Durata illimitata: molte fideiussioni non hanno una scadenza definita, e i rischi restano anche dopo anni
- Rinuncia ai benefici di escussione: se hai firmato una fideiussione “a prima richiesta”, il creditore può saltare il debitore principale e agire subito su di te
Molte persone non sono consapevoli di questi effetti, fino a quando non ricevono un decreto ingiuntivo o una richiesta di pagamento.
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🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in diritto bancario e garanzie personali
✔️ Consulente per garanti, imprenditori, soci, genitori e familiari coinvolti
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Conclusione
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