Hai un’azienda schiacciata dai debiti e non riesci più a pagare fornitori, banche o il Fisco? Ti stai chiedendo se esiste una via legale per uscire dalla crisi prima che tutto venga pignorato o messo all’asta?
Quando i debiti superano le entrate, la tua impresa è in sovraindebitamento. Ma anche in questa situazione esistono strumenti concreti per bloccare i creditori, ristrutturare i debiti e provare a ripartire. La legge ti dà delle possibilità, ma serve agire subito e con un piano preciso.
Quando si parla di sovraindebitamento aziendale?
– Quando l’impresa non riesce più a pagare le scadenze fiscali, previdenziali o commerciali
– Quando non hai liquidità per onorare prestiti e rate
– Quando lavori in perdita da mesi e le banche non concedono più credito
– Quando i creditori minacciano azioni legali o hanno già avviato pignoramenti
In questi casi, continuare a ignorare il problema aggrava solo la situazione.
Cosa puoi fare se l’azienda è sovraindebitata?
- Avviare la composizione negoziata della crisi
È una procedura riservata che ti permette, con l’assistenza di un esperto, di trattare con i creditori, proporre un piano sostenibile e chiedere misure protettive (come il blocco dei pignoramenti). - Accedere a una procedura di sovraindebitamento
Se sei un imprenditore minore, una ditta individuale o una piccola società, puoi presentare un concordato minore, una liquidazione controllata o un piano del consumatore (se non svolgi attività d’impresa). - Ristrutturare i debiti in modo mirato
È possibile rinegoziare con banche, fornitori e Agenzia delle Entrate, anche con stralci parziali, rateizzazioni o piani a lungo termine, purché supportati da un progetto credibile. - Salvaguardare l’attività produttiva
L’obiettivo è mantenere in piedi l’impresa, anche ridimensionata, e preservare posti di lavoro, clientela e asset aziendali. Questo è possibile solo con un intervento tempestivo e strutturato.
Cosa succede se non fai nulla?
– Il debito aumenta con interessi e sanzioni
– I creditori agiscono in modo disordinato: pignoramenti, ipoteche, fermi
– Il valore dell’impresa crolla
– Rischi la liquidazione giudiziale (ex fallimento) e la perdita totale dell’attività
Come possiamo aiutarti noi dello Studio Monardo?
Analizziamo i bilanci, i flussi, la struttura debitoria e costruiamo un piano legale di uscita dalla crisi, su misura per la tua impresa. Ti affianchiamo nei rapporti con banche, Fisco e fornitori, e ti proteggiamo da azioni aggressive o illegittime.
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Introduzione
Il sovraindebitamento è la condizione di chi non riesce più a far fronte regolarmente ai propri debiti con le risorse economiche disponibili. In Italia questa situazione è normata con strumenti specifici che permettono al debitore – sia esso un privato cittadino, un professionista o un imprenditore – di gestire e risolvere la crisi debitoria in modo ordinato e, in molti casi, di ottenere l’esdebitazione, cioè la liberazione dai debiti residui non pagati. Il quadro normativo italiano è stato profondamente innovato negli ultimi anni: la Legge 3/2012 (c.d. “legge salva-suicidi” sul sovraindebitamento) ha introdotto per la prima volta procedure concorsuali semplificate per debitori “non fallibili”. Successivamente, il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.lgs. 14/2019, spesso abbreviato in CCII) entrato pienamente in vigore nel luglio 2022, ha riformato organicamente la materia, integrando anche la disciplina del sovraindebitamento nell’ambito di un sistema unitario di gestione delle crisi aziendali e dell’insolvenza.
Questa guida – aggiornata a giugno 2025 e arricchita con le ultime novità normative e la giurisprudenza più recente – fornirà un quadro avanzato delle procedure attualmente previste per affrontare il sovraindebitamento dal punto di vista del debitore. Saranno esaminati tutti gli strumenti a disposizione del debitore italiano (privato, PMI o società di capitali), compresi gli aspetti fiscali e previdenziali, con un taglio operativo ma dal linguaggio accurato. Troverete inoltre tabelle riepilogative, esempi pratici di applicazione delle norme e una sezione di Domande e Risposte per chiarire i dubbi più comuni. L’obiettivo è comprendere cosa fare in caso di sovraindebitamento aziendale o personale, conoscendo diritti, doveri e opportunità offerte dalla legge italiana aggiornata al 2025.
Quadro normativo attuale sul sovraindebitamento
La disciplina del sovraindebitamento in Italia nasce con la Legge 27 gennaio 2012 n.3 (inserita sotto il titolo “Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovraindebitamento”). Questa legge, per la prima volta, ha permesso anche ai debitori esclusi dalle tradizionali procedure fallimentari (come i privati cittadini, i piccoli imprenditori e altre categorie “non fallibili”) di accedere a procedure giudiziali per ristrutturare o cancellare i debiti. La finalità dichiarata era quella di offrire a questi soggetti un “nuovo inizio”, bilanciando il diritto del debitore a una seconda chance con la tutela dei creditori.
Dal 2012 ad oggi, la normativa ha subito importanti modifiche. In particolare:
- Nel 2020, il legislatore è intervenuto con il Decreto Legge 137/2020 (conv. in L.176/2020) per migliorare l’efficacia delle procedure di sovraindebitamento, introducendo novità a favore del debitore come criteri più favorevoli di meritevolezza (di questo si dirà tra poco) e strumenti per coinvolgere i creditori finanziatori poco diligenti (c.d. merito creditizio).
- Nel 2019 era stato varato il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.lgs. 14/2019), una riforma organica delle procedure concorsuali. L’entrata in vigore del Codice è stata rinviata più volte, ma infine la maggior parte delle sue disposizioni è divenuta efficace dal 15 luglio 2022. Contestualmente, la disciplina del sovraindebitamento prevista dalla Legge 3/2012 è stata assorbita e aggiornata nel nuovo Codice. In pratica, da metà 2022 non si fa più riferimento alla “legge 3/2012” come testo a sé stante, bensì alle procedure regolate dal Codice della Crisi. Tuttavia, i concetti di base sono rimasti simili e le procedure originarie (accordo, piano del consumatore, liquidazione) hanno semplicemente cambiato nome e articoli di riferimento.
- Il Codice della Crisi è stato poi modificato e integrato da ulteriori interventi normativi, tra cui il D.lgs. 83/2022 (di attuazione della Direttiva UE 2019/1023 in materia di ristrutturazioni preventive) e il D.lgs. 136/2024, che hanno introdotto correttivi e chiarimenti. Ad esempio, è stata esplicitamente prevista la possibilità del cram down fiscale, ossia l’omologazione forzosa delle proposte di accordo o concordato nonostante il dissenso dell’Erario, purché ricorrano determinate condizioni di convenienza (tema che approfondiremo in seguito).
- Parallelamente, il D.L. 118/2021 (conv. in L. 147/2021) ha introdotto la Composizione Negoziata della Crisi, un nuovo strumento stragiudiziale per anticipare l’emersione della crisi d’impresa e favorire la ristrutturazione volontaria, strumento ora stabilizzato all’interno del Codice della Crisi (artt. 12 e ss. CCII). Questo istituto, pur non rientrando strettamente tra le procedure di sovraindebitamento, è un’opzione importante per gli imprenditori commerciali in difficoltà, in quanto consente di negoziare con i creditori sotto la guida di un esperto indipendente, beneficiando di misure protettive temporanee. Esso può costituire un passaggio preliminare che, in caso di esito negativo, permette l’accesso a un particolare tipo di concordato semplificato (senza voto dei creditori) per liquidare il patrimonio. Anche di questo si dirà più avanti nella sezione dedicata agli strumenti di allerta e composizione negoziata.
In sintesi, il contesto normativo attuale vede un sistema integrato di procedure concorsuali applicabili sia alle imprese sia ai soggetti non fallibili, con l’obiettivo comune di regolare la crisi in modo equilibrato tra interessi del debitore e tutela dei creditori. Il punto di vista del debitore è oggi maggiormente considerato dal legislatore: si tende a premiare il debitore onesto e cooperativo (meritevole) con la liberazione dai debiti residui, e al contempo a scoraggiare comportamenti scorretti (escludendo dalle procedure chi agisce con frode o colpa grave). Inoltre, si prevede un coinvogimento del Tribunale nelle fasi cruciali (omologazione delle proposte, eventuale imposizione forzata di accordi ragionevoli all’Erario, ecc.) così da garantire il rispetto sia della legge sia dei principi di buona fede.
Le procedure che andremo ad esaminare si distinguono sostanzialmente in due grandi categorie:
- Strumenti di regolazione della crisi per debitori “fallibili”: sono le procedure concorsuali tradizionali (concordato preventivo, accordi di ristrutturazione, liquidazione giudiziale ex fallimento) destinate agli imprenditori commerciali sopra soglia (es. società di capitali e imprese medio-grandi). Queste procedure sono disciplinate dal CCII in via generale e comportano normalmente l’intervento del tribunale e, in alcuni casi, il voto dei creditori.
- Procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento (destinate ai soggetti non fallibili): si tratta delle procedure introdotte dalla legge 3/2012 e ora confluite nel Codice della Crisi, riservate a consumatori, piccoli imprenditori e altri soggetti che non superano determinate soglie dimensionali (le cosiddette PMI “sotto-soglia”) o categorie particolari come imprenditori agricoli. Comprendono: il piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore (ex “piano del consumatore”), il concordato minore (evoluzione dell’“accordo di composizione”) e la liquidazione controllata del sovraindebitato (ex “liquidazione del patrimonio”), oltre al caso speciale dell’esdebitazione del debitore incapiente. Queste procedure sono caratterizzate da maggiore snellezza e dall’ausilio obbligatorio di un organismo specializzato (il Gestore della Crisi nominato da un Organismo di Composizione della Crisi, OCC). Il loro fine ultimo è sempre il medesimo: ottenere un accordo o una decisione giudiziale che consenta al debitore di pagare quanto possibile ai creditori e poi essere liberato dal debito residuo non pagabile.
Prima di analizzare singolarmente le procedure, è fondamentale capire chi sono i soggetti “non fallibili” e quando invece un’impresa è fallibile (oggi si dovrebbe dire assoggettabile a liquidazione giudiziale). Questo discrimine determina quali soluzioni il debitore può attivare.
Soggetti non fallibili e requisiti di accesso alle procedure
Fallibile o non fallibile? In passato si distingueva l’imprenditore assoggettabile alle procedure fallimentari (fallibile) dall’imprenditore “minore” che ne era escluso (non fallibile) in base alle cosiddette soglie di fallibilità. Tali criteri, già previsti dall’art. 1 della vecchia Legge Fallimentare, sono stati sostanzialmente mantenuti anche nel Codice della Crisi. In breve, non è assoggettabile a fallimento (oggi “liquidazione giudiziale”) l’imprenditore commerciale che negli ultimi tre esercizi non abbia superato determinate soglie dimensionali. I valori attualmente vigenti sono i seguenti:
- Attivo patrimoniale totale annuo (cioè il totale dell’attivo dello stato patrimoniale): non oltre 300.000 € negli ultimi tre esercizi (per ciascun anno).
- Ricavi lordi annuali: non oltre 200.000 € di ricavi lordi annui (media degli ultimi tre esercizi).
- Debiti totali (anche non scaduti): non oltre 500.000 €.
Se anche uno solo di questi parametri viene superato, l’imprenditore è considerato “sopra soglia” e quindi fallibile. Al contrario, chi rispetta tutti e tre i limiti è un imprenditore minore non fallibile e rientra nel perimetro delle procedure di sovraindebitamento.
✪ Nota: Queste soglie si applicano agli imprenditori commerciali. Restano comunque esclusi dal fallimento per legge alcune categorie a prescindere dalle dimensioni, come l’imprenditore agricolo (art. 1 L.F. e ora art. 2, c.1 lett. a) CCII) e alcuni enti particolari (enti pubblici, ecc.). Inoltre consumatori e privati non imprenditori ovviamente non sono soggetti a fallimento e quindi possono accedere solo alle procedure da sovraindebitamento a loro riservate.
Chi sono dunque i “soggetti non fallibili”? Possiamo elencare i principali casi ammessi alle procedure di sovraindebitamento:
- Consumatori: persone fisiche che hanno contratto debiti per scopi estranei ad attività d’impresa o professionale (es. lavoratori dipendenti, pensionati, disoccupati, ecc.).
- Imprenditori commerciali sotto-soglia: piccoli imprenditori individuali o società che nei 3 esercizi precedenti la domanda abbiano valori inferiori alle soglie di fallibilità (attivo ≤ 300.000 €, ricavi ≤ 200.000 €, debiti ≤ 500.000 €). Rientrano qui ad esempio gli artigiani, i commercianti al dettaglio di piccolissime dimensioni, le startup innovative (che per legge non falliscono per un certo periodo), e in genere le PMI micro. Va precisato che una società di capitali (es. una SRL) può essere considerata “non fallibile” se di dimensioni molto ridotte e se non supera le soglie: in tal caso, anch’essa può accedere alle procedure di sovraindebitamento come il concordato minore.
- Lavoratori autonomi e professionisti: soggetti con Partita IVA non organizzati in forma d’impresa commerciale (es. professionisti iscritti ad albi, artisti, ecc.), indipendentemente dal volume d’affari. Anche le associazioni professionali e le società tra professionisti rientrano se non svolgono attività commerciale in misura prevalente.
- Imprenditori agricoli: da sempre esclusi dal fallimento, possono accedere alle procedure di sovraindebitamento (la riforma del 2022 ha previsto per loro anche la possibilità di accordi di ristrutturazione ad hoc).
- Enti non profit e altri enti non commerciali: associazioni, fondazioni, ONLUS, organizzazioni di volontariato, condomìni e in genere soggetti che non sono imprese commerciali.
- Eredi di imprenditore defunto: se l’eredità è accettata con beneficio d’inventario e sia trascorso più di un anno dal decesso senza fallimento, gli eredi possono utilizzare le procedure da sovraindebitamento per gestire i debiti ereditari.
- Soci illimitatamente responsabili di società di persone (snc, sas) per i debiti personali non connessi alla società, o se la società è sciolta da oltre un anno.
- Famiglie sovraindebitate: la riforma del 2022 ha introdotto la possibilità di una procedura familiare unitaria quando più membri conviventi della stessa famiglia risultino tutti indebitati (dettagli più avanti). In tal caso possono presentare un’unica procedura con un progetto comune, riducendo costi e tempi, purché i debiti abbiano origine comune o siano fra loro collegati.
Per accedere a qualunque procedura di sovraindebitamento, oltre a rientrare nelle categorie suddette, il debitore deve ovviamente trovarsi in una condizione di crisi o insolvenza tale da non poter pagare regolarmente i debiti (stato di sovraindebitamento). Inoltre, la legge richiede il requisito della meritevolezza: in generale non deve aver causato la propria situazione con comportamenti gravemente colpevoli, frodi o atti in mala fede verso i creditori. Questo aspetto sarà trattato in dettaglio più avanti, poiché incide sull’ammissibilità o meno della domanda.
E se il debitore è fallibile (sopra soglia)? In tal caso, le procedure da utilizzare non saranno quelle “minori” del sovraindebitamento, bensì le procedure concorsuali ordinarie (concordato preventivo, accordi di ristrutturazione, ecc., fino alla liquidazione giudiziale ex fallimento). Più avanti nella guida sarà dedicata un’apposita sezione alle opzioni per le imprese di maggiori dimensioni, perché il debitore (es. l’imprenditore in difficoltà) deve conoscere tutti gli strumenti disponibili.
Di seguito, nell’ottica pratica “cosa fare se si è sovraindebitati”, distingueremo quindi:
- le iniziative e obblighi prima di avviare una procedura concorsuale (fase di allerta e composizione stragiudiziale);
- le procedure giudiziali di composizione della crisi da sovraindebitamento (per consumatori e piccoli operatori non fallibili);
- le procedure concorsuali ordinarie per imprese fallibili;
- gli aspetti fiscali/previdenziali peculiari (come trattare i debiti verso Erario e INPS);
- l’esito e gli effetti post-procedura, in particolare l’esdebitazione del debitore.
Ogni sezione sarà corredata da tavole riassuntive, esempi e casi pratici, oltre che dalle più recenti indicazioni giurisprudenziali.
Allerta e composizione negoziata: prevenire l’insolvenza
La migliore strategia per un debitore è affrontare precocemente i segnali di crisi. Aspettare passivamente l’accumularsi di ritardi e azioni esecutive può aggravare irrimediabilmente la situazione e, per gli imprenditori, comportare responsabilità civili (si pensi alla responsabilità degli amministratori per aver aggravato il dissesto, ex art. 2086 c.c. e norme correlate). Il nuovo Codice della Crisi ha insistito molto sulla tempestiva rilevazione della crisi. A tal fine erano stati originariamente pensati strumenti di allerta interna (assetti organizzativi adeguati) ed allerta esterna (segnalazioni obbligatorie di creditori pubblici e ordini professionali all’Organismo di Composizione della Crisi d’Impresa, OCRI). Tuttavia, l’entrata in vigore delle misure di allerta esterna è stata sospesa e rinviata più volte e, allo stato (2025), queste misure di segnalazione obbligatoria non sono operative.
In loro luogo, il legislatore ha introdotto uno strumento volontario e più flessibile: la Composizione Negoziata della Crisi d’Impresa. Questo strumento, disponibile dal novembre 2021, consente all’imprenditore commerciale in stato di crisi o insolvenza reversibile di richiedere la nomina di un Esperto indipendente che lo assista nel negoziare con i creditori un accordo di ristrutturazione stragiudiziale. La procedura si svolge in modo riservato attraverso una piattaforma telematica gestita dalle Camere di Commercio. I vantaggi per il debitore che attiva la composizione negoziata sono:
- la possibilità di ottenere misure protettive temporanee dal Tribunale (come il blocco delle azioni esecutive dei creditori) durante le trattative;
- l’affiancamento di un professionista terzo e imparziale che analizza la situazione e cerca di facilitare un accordo;
- l’assenza, in questa fase, di uno stato di insolvenza “dichiarato” ufficialmente: la composizione negoziata è volontaria e mira a evitare il default formale, ristrutturando l’impresa in bonis se possibile.
L’esperto, al termine dell’incarico (della durata di norma di 3+3 mesi), redige una relazione finale. Se le trattative hanno successo, possono concretizzarsi in vari esiti: un accordo stragiudiziale con tutti o parte dei creditori, una convenzione di moratoria con banche, un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato (se si raggiungono le percentuali di legge), o anche un concordato preventivo “in bianco” se serve più tempo. Se invece le trattative falliscono, la normativa consente all’imprenditore una chance ulteriore: proporre un Concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio.
Il concordato semplificato (art. 25-sexies CCII) è una procedura introdotta nel 2021 e confermata dal Codice: consiste in una proposta di concordato liquidatorio (cioè finalizzato a liquidare i beni e distribuire il ricavato) che non necessita del voto dei creditori, ma viene valutata ed eventualmente omologata direttamente dal Tribunale. È riservata al debitore che abbia tentato senza successo la composizione negoziata. Entro 60 giorni dalla relazione finale dell’esperto, il debitore può depositare questa proposta semplificata, indicando come intende liquidare l’attivo e distribuire ai creditori un importo non inferiore a quello ricavabile in caso di liquidazione giudiziale. Il Tribunale, sentiti i creditori (che possono proporre opposizioni), omologa il concordato se ritiene che la proposta sia più conveniente per i creditori rispetto all’alternativa liquidatoria fallimentare e che non vi siano frodi. Questo strumento offre al debitore un mezzo rapido per chiudere la crisi, evitare il fallimento e comunque accedere all’esdebitazione a fine liquidazione. Dal punto di vista dei creditori, la mancanza di voto è compensata dalla verifica rigorosa di convenienza effettuata dal giudice.
✪ Esempio pratico: Alfa Srl, piccola impresa manifatturiera, inizia nel 2025 a non riuscire a pagare fornitori e banche a causa di un calo di ordini. Gli amministratori, consapevoli della crisi incipiente, attivano subito la Composizione Negoziata tramite la Camera di Commercio. Un esperto viene nominato e, dopo analisi, li aiuta a trattare con la banca e i fornitori. Si prospetta magari un aumento di capitale di un investitore e un piano di rientro dei debiti. Durante i 4 mesi di trattative, Alfa Srl ottiene dal Tribunale misure protettive che sospendono due pignoramenti in corso, così da lavorare più serenamente. Purtroppo però alcune banche rifiutano la ristrutturazione proposta. L’esperto certifica il tentativo non riuscito. A questo punto Alfa Srl, invece di subire direttamente un fallimento, presenta un concordato semplificato: propone di vendere i macchinari e l’immobile aziendale, e con il ricavato pagare i creditori nella misura del 40% entro un anno. Il Tribunale valuta che in un fallimento i creditori riceverebbero forse solo il 25%, e che la proposta è seria; omologa dunque il concordato anche se alcune banche sono contrarie. Alfa Srl entra così in liquidazione concordataria ma evita le lungaggini di un fallimento e soprattutto gli amministratori evitano possibili azioni di responsabilità. Dopo la liquidazione dei beni e il pagamento del 40% concordato, la società viene chiusa senza debiti pendenti.
Obblighi dell’imprenditore in crisi: è opportuno ricordare che dal marzo 2019 esiste un obbligo generale (art. 2086 c.c., comma 2) per gli imprenditori che operano in forma societaria o collettiva: essi devono istituire assetti amministrativi e contabili adeguati a rilevare tempestivamente la crisi e attivarsi senza indugio per adottare uno strumento idoneo alla sua composizione. Dunque, la legge impone agli amministratori diligenza nel monitorare gli indizi di difficoltà finanziaria e, se emergono segnali di insolvenza prospettica (ad es. flussi di cassa inadeguati per i prossimi 12 mesi, indici di bilancio allarmanti, ecc.), di attivare gli strumenti di regolazione previsti (composizione negoziata, accordi, piani o concordati). L’inerzia colpevole può portare a responsabilità personali: ad esempio, in caso di successivo fallimento, il curatore potrà agire contro gli amministratori per aver aggravato il dissesto o per gestione non prudente. Dal punto di vista pratico del debitore aziendale, questo significa che “cosa fare” in caso di crisi non è solo una scelta ma spesso un dovere legale: muoversi per tempo e con gli strumenti giusti.
Riassumendo la sezione: prima di arrivare a una procedura concorsuale vera e propria, l’imprenditore ha l’opportunità (e in certa misura l’obbligo morale e legale) di utilizzare gli strumenti di allerta e composizione negoziata per evitare l’insolvenza conclamata. Se questi falliscono o non sono praticabili, si dovrà allora ricorrere alle procedure giudiziali che ora esamineremo, distinguendo tra quelle per soggetti non fallibili (sovraindebitamento) e quelle per imprese maggiori.
Nel prossimo paragrafo verranno illustrate dettagliatamente le procedure di sovraindebitamento disciplinate dal Codice della Crisi, ossia gli strumenti riservati ai consumatori, piccoli imprenditori e soggetti non fallibili per regolare la propria crisi debitoria. Successivamente, affronteremo le procedure concorsuali generali per le imprese fallibili.
Procedure di sovraindebitamento (per consumatori, professionisti e piccole imprese)
Le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, introdotte dalla L.3/2012 e ora regolate dal Codice della Crisi, sono specificamente disegnate dal punto di vista del debitore “minore”. Esse rappresentano delle mini-procedure concorsuali semplificate, con costi e formalità ridotti rispetto a un concordato preventivo ordinario, e con meccanismi di tutela pensati per il debitore persona fisica o piccola impresa. L’obiettivo è sempre permettere al debitore meritevole di trovare una soluzione sostenibile: che sia un pagamento parziale e a rate dei propri debiti, oppure la liquidazione di quel poco patrimonio disponibile in cambio della cancellazione dei debiti eccedenti.
Attualmente, le procedure previste dal Codice (artt. 65-83 e 268-277 CCII) sono quattro, come già anticipato:
- Ristrutturazione dei debiti del consumatore – (il nuovo nome del Piano del consumatore): è riservata ai debitori persone fisiche consumatori, cioè che hanno contratto obbligazioni estranee ad attività d’impresa. Consiste in un piano di pagamento dei debiti, formulato dal debitore con l’ausilio dell’OCC, che non richiede l’approvazione dei creditori per essere omologato. È il giudice a valutare il piano e omologarlo se ritiene soddisfatti i requisiti di legge (fattibilità, meritevolezza del debitore, convenienza rispetto a una liquidazione). In pratica, il consumatore può proporre di pagare i creditori in misura parziale, secondo le proprie effettive possibilità, conservando eventualmente beni essenziali, e ottenere la cancellazione di quanto non potrà mai pagare. Questa procedura tutela il consumatore meritevole, poiché bypassa il voto dei creditori: anche se uno o più creditori sono contrari, il tribunale può ugualmente omologare il piano nell’interesse generale, sempre che il debitore abbia rispettato le condizioni (ad esempio, non deve aver aggravato colposamente la sua situazione né aver frodato i creditori).
- Concordato minore – (evoluzione dell’accordo di composizione dei debiti): è la procedura destinata ai debitori non consumatori (imprenditori sotto-soglia, professionisti, start-up, imprese agricole, ecc.) che si trovano sovraindebitati. Si chiama “concordato” perché, a differenza del piano del consumatore, prevede il voto dei creditori: il debitore propone ai creditori un piano di ristrutturazione con indicazione dettagliata di tempi e modalità per superare la crisi, eventualmente in continuità aziendale (cioè proseguendo l’attività) o con liquidazione parziale dei beni, e tale piano diventa vincolante solo se approvato dai creditori che rappresentino la maggioranza dei crediti ammessi al voto. Quindi, è una sorta di piccolo concordato preventivo, con alcune semplificazioni. Per esempio, nel concordato minore generalmente non viene nominato un commissario giudiziale (salvo casi complessi), ma c’è sempre il controllo di un Gestore della crisi (OCC) che aiuta a redigere il piano e vigila sull’esecuzione. Il concordato minore può avere due finalità: se possibile, continuare l’attività imprenditoriale o professionale (ristrutturando i debiti e magari dilazionandoli), altrimenti, se non è prospettata la prosecuzione, il debitore può comunque proporre un concordato minore liquidatorio purché offra un apporto di risorse esterne apprezzabile per migliorare il soddisfacimento dei creditori. Anche per il concordato minore la legge impone limiti simili di ammissibilità: non vi può accedere chi ha già usufruito di esdebitazione nei 5 anni precedenti o più di due volte, né chi ha compiuto atti in frode ai creditori.
- Liquidazione controllata del sovraindebitato – (ex liquidazione del patrimonio): è la procedura concorsuale “liquidatoria” prevista per il debitore sovraindebitato che non sia in grado di offrire un piano di ristrutturazione fattibile o che magari preferisca liquidare tutto il suo patrimonio disponibile per chiudere la situazione debitoria. Possono accedervi sia il consumatore sia l’imprenditore minore, su istanza presentata al tribunale con l’assistenza dell’OCC. In sostanza, funziona in modo analogo a un piccolo fallimento: viene nominato un Liquidatore giudiziale che provvede a vendere i beni del debitore (salvo quelli impignorabili per legge) e a distribuire il ricavato ai creditori secondo le regole delle prelazioni. La liquidazione controllata può essere richiesta direttamente dal debitore oppure può essere conseguenza della conversione di un piano/concordato minore non approvato o non omologato. Il grande vantaggio della liquidazione controllata, rispetto a una liquidazione forzosa subita (es. pignoramenti multipli), è che avviene in sede concorsuale ordinata, con sospensione delle azioni individuali, e soprattutto consente al debitore persona fisica di ottenere l’esdebitazione al termine (ossia la cancellazione dei debiti non soddisfatti). Come vedremo infatti, il Codice prevede l’esdebitazione di diritto a favore del debitore che si sia sottoposto a liquidazione controllata, senza necessità di una specifica domanda e dopo un certo periodo. La liquidazione controllata dura al massimo 4 anni (36 mesi per liquidare l’attivo più eventuali 12 mesi per la ripartizione finale); decorso tale termine, se il debitore ha collaborato e non sono emersi comportamenti fraudolenti, viene chiusa e il debitore liberato dai debiti residui. Questa procedura è indicata per le situazioni più gravi in cui il patrimonio è insufficiente a sostenere un piano di rientro, oppure quando i creditori non approvino un accordo e l’unica via sia liquidare i beni disponibili (ad esempio un immobile) per poi ricominciare senza l’onere dei debiti pregressi.
- Esdebitazione del debitore incapiente – (detta anche “esdebitazione senza utilità”): è una procedura speciale e straordinaria, introdotta a fine 2020 e ora disciplinata dall’art. 283 CCII, pensata per la persona fisica meritevole che si trova totalmente priva di beni pignorabili e di redditi aggredibili, quindi nell’impossibilità materiale di offrire alcuna utilità ai creditori. In tali casi estremi, la legge consente comunque al debitore di chiedere al tribunale la cancellazione di tutti i debiti (esdebitazione) pur senza alcun pagamento ai creditori. È una sorta di “fresh start” immediato per il debitore onesto ma sfortunato, concepito come rimedio una tantum: può essere concesso una sola volta nella vita e a condizione che il debitore non abbia fatto atti in frode e abbia comunque mantenuto un comportamento meritevole (ad esempio non deve aver rifiutato offerte di lavoro congrue nei 4 anni precedenti la domanda, etc.). Se il tribunale accoglie la richiesta, il debitore incapiente è subito liberato dai debiti; tuttavia, nei 4 anni successivi, qualora sopravvengano “utilità rilevanti” (es. una vincita, un’eredità, un incremento di patrimonio) tali da soddisfare almeno il 10% dei creditori, egli ha l’obbligo di pagarle ai creditori, pena la revoca del beneficio. In altre parole il debitore incapiente viene esdebitato immediatamente, ma con la “condizionale” di dover contribuire se gli arrivano entrate straordinarie entro i quattro anni successive. Trascorso tale periodo senza eventi, la liberazione diventa definitiva.
Le procedure nn. 1, 2 e 3 sopra elencate (piano del consumatore, concordato minore, liquidazione controllata) richiedono la nomina di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) e di un gestore (professionista) che assiste il debitore. L’OCC svolge un ruolo fondamentale: redige una relazione particolareggiata sulla situazione del debitore, attestando la completezza e attendibilità dei dati e la convenienza della soluzione proposta rispetto alla liquidazione. Questa relazione è allegata alla domanda in tribunale ed è un elemento chiave su cui il giudice basa la propria valutazione (specialmente per il piano del consumatore, dove funge da “parere tecnico” dal momento che i creditori non votano). Durante l’esecuzione del piano o concordato, l’OCC/gestore vigila sull’adempimento e, in caso di difficoltà, riferisce al giudice. Ciò garantisce trasparenza e controllo in procedure che altrimenti sono gestite in modo più “snello” rispetto ai tradizionali fallimenti.
Criteri di meritevolezza e comportamento del debitore: Un aspetto trasversale a tutte queste procedure è la valutazione della meritevolezza del debitore, ossia se egli sia degno di accedere al beneficio dell’esdebitazione. La legge 3/2012 originaria prevedeva criteri abbastanza stringenti, soprattutto per il consumatore: il giudice poteva omologare un piano del consumatore solo se il debitore non aveva colpa grave, non aveva contratto debiti sproporzionati alle proprie capacità né ecceduto nel credito in modo irresponsabile (era il c.d. “triplice test di meritevolezza”). Tale impostazione è cambiata con la riforma del 2020: oggi si tende a riservare l’esclusione ai casi di dolo o colpa grave. Nel nuovo assetto normativo, infatti, il piano del consumatore è dichiarato inammissibile solo se il debitore ha causato la propria situazione con colpa grave, malafede o frode. Sono stati abrogati i criteri della “sproporzione” e dell’accesso avventato al credito: non basta più la generica imprudenza finanziaria a negare l’accesso, serve una condotta gravemente colpevole o scorretta. La Corte di Cassazione, con sentenza n. 22890/2023, ha confermato che va applicato questo nuovo criterio di meritevolezza previsto dall’art. 69 CCII anche ai procedimenti in corso, evidenziando il mutamento dei presupposti rispetto alla previgente formulazione della legge 3/2012. In pratica, oggi il debitore merita tutela salvo che abbia volontariamente truffato i creditori o assunto obbligazioni in modo scientemente irresponsabile. Inoltre, come contraltare, la legge introduce il concetto di merito creditizio dal lato dei finanziatori: l’art. 69 CCII stabilisce che un creditore (banca o finanziaria) che abbia violato i doveri di verifica del merito creditizio concedendo prestiti imprudenti, oppure che abbia aggravato colpevolmente l’indebitamento del debitore, non può fare opposizione o reclamo contro l’omologa del piano. In altre parole, la banca che ha prestato denaro senza valutarne la sostenibilità perde il diritto di ostacolare la procedura di sovraindebitamento. Questo principio, allineato alle direttive europee sul responsible lending, serve a incentivare comportamenti virtuosi dai creditori e a non punire eccessivamente il debitore che si è indebitato anche a causa di finanziamenti concessi con leggerezza.
Vediamo ora un po’ più nel dettaglio le singole procedure del sovraindebitamento, con alcuni schemi riassuntivi per confrontarne le caratteristiche:
Tabella 1: Confronto tra le procedure di sovraindebitamento (Codice della Crisi)
Procedura | Destinatari | Voto dei creditori | Ruolo del Tribunale | Durata indicativa | Esdebitazione |
---|---|---|---|---|---|
Ristrutturazione dei debiti del consumatore (Piano del consumatore) | Consumatori (persone fisiche, debiti non derivanti da attività d’impresa) | NO voto (omologazione giudiziale diretta) | Verifica requisiti (meritevolezza, fattibilità, convenienza) e omologa il piano | Variabile (piano di solito 4–5 anni, ma può essere più lungo in base alle possibilità del debitore) | Al termine dell’esecuzione del piano omologato, cancella il debito residuo non pagato (automatico se il piano è adempiuto) |
Concordato minore | Debitori non consumatori “sotto soglia” (piccole imprese, professionisti, impr. agricoli, ecc.) | SÌ – approvazione > 50% crediti votanti | Decreta apertura procedura, nomina OCC; omologa se c’è maggioranza e requisiti di legge. (Può cramdown su dissenzienti tranne Erario? Vedi testo) | Pianificata nel piano: di solito 4–6 anni max | Se il debitore esegue il piano concordatario, il tribunale dichiara l’esdebitazione per i debiti stralciati (è automatica a completamento). Se il piano non viene eseguito, possibile conversione in liquidazione controllata. |
Liquidazione controllata | Qualunque debitore sovraindebitato (consumatore o non, se procedure di accordo/piano non possibili o fallite) | N/A (non c’è voto; è procedura liquidativa) | Nomina Giudice Delegato e Liquidatore; controllo atti di liquidazione; decreta riparto finale ed esdebitazione. | Max 4 anni (36 mesi liquidazione beni + riparto) | Sì, di diritto: dopo la chiusura della liquidazione (entro 3 anni dall’apertura) il debitore persona fisica è automaticamente esdebitato salvo eccezioni. |
Esdebitazione incapiente | Persone fisiche meritevoli, senza beni né redditi disponibili (insolvibilità totale) | N/A (non c’è da votare né liquidare) | Valuta meritevolezza e onestà del debitore; emette decreto di esdebitazione immediata | Immediata (procedura sommaria in tempi brevi) + 4 anni di “osservazione” post-esdebitazione | Sì immediata, ma condizionata: se entro 4 anni dal decreto compaiono utilità ≥10% debiti, vanno pagate ai creditori (obbligo). Dopo 4 anni senza eventi, l’esdebitazione diventa definitiva. |
(Legenda: OCC = Organismo di Composizione della Crisi / gestore; Erario = crediti fiscali e contributivi)
Come si nota dalla tabella, le prime tre procedure hanno una forte analogia con quelle concorsuali “grandi” ma su scala ridotta e con alcune peculiarità: il piano del consumatore è simile a un concordato senza voto creditori, il concordato minore è simile a un concordato preventivo per piccole imprese (ma con requisiti semplificati e niente commissario nella fase esecutiva), la liquidazione controllata è una sorta di mini-fallimento volontario. L’esdebitazione dell’incapiente invece è un unicum che non ha corrispettivo nelle procedure ordinarie (nel fallimento non esiste la possibilità di liberare un fallito senza alcun pagamento, se non dopo la chiusura con esdebitazione post).
Vediamo ora qualche esempio pratico di come funzionano il piano del consumatore e il concordato minore, che sono le procedure di sovraindebitamento più frequenti.
✪ Esempio (Piano del consumatore): Sig.ra Maria, insegnante 45enne, ha accumulato debiti per circa 120.000 €: 80.000 € di mutuo residuo della casa, 20.000 € di prestiti personali con finanziarie e 20.000 € di debiti verso privati (bollette arretrate, piccolo prestito da un parente). Purtroppo, ha perso il lavoro per un periodo e si è indebitata ulteriormente per curare una malattia in famiglia. Ora ha uno stipendio di 1.500€/mese ma non riesce a sostenere tutte le rate. Maria si rivolge a un OCC presso la sua città. Con l’aiuto del gestore elabora un piano: propone di sospendere le rate del mutuo per 2 anni e poi riprenderle (spostando in coda la scadenza), e di pagare i restanti debiti chirografari al 30% in 5 anni, con rate di 250€/mese, utilizzando una parte dello stipendio e qualche risparmio. Il gestore redige la relazione evidenziando che Maria è meritevole (il sovraindebitamento è dipeso in gran parte da cause di forza maggiore: malattia, disoccupazione involontaria) e che i creditori, in caso di liquidazione della casa, probabilmente non ricaverebbero più del 20%. Il Tribunale omologa il piano senza bisogno di voto dei creditori (alcune finanziarie avevano fatto opposizione lamentando che 30% è poco, ma il giudice valutando la situazione lo ritiene equo e superiore alla prospettiva liquidatoria). Maria dunque esegue il piano, tenendo per sé il minimo vitale per vivere dignitosamente e versando il resto secondo quanto stabilito. Dopo 5 anni, avendo adempiuto puntualmente, il tribunale dichiara esdebitata Maria: tutte le pendenze residue (ad esempio i restanti 70% non pagati dei prestiti) sono cancellate e lei può ricominciare senza debiti pregressi.
✪ Esempio (Concordato minore): Ditta Beta SNC, impresa artigiana (3 soci, settore edile) ha debiti per 400.000 € di cui 150.000 con fornitori, 50.000 con dipendenti (TFR e stipendi arretrati), 100.000 con banca (scoperto di conto garantito da ipoteca su capannone) e 100.000 € di debiti fiscali e contributivi. Il calo di lavoro e alcuni cantieri non pagati hanno reso impossibile saldare il dovuto. Beta SNC è “sotto soglia” quindi può proporre un concordato minore. Con l’assistenza dell’OCC, prepara una proposta: l’azienda intende continuare l’attività, quindi offre ai creditori un piano a 5 anni dove si impegna a pagare integralmente i debiti verso dipendenti e una parte (30%) dei debiti verso fornitori e fisco, utilizzando il flusso di cassa derivante dall’attività futura e vendendo un macchinario non indispensabile. La banca con ipoteca verrà invece soddisfatta al 100% ma dilazionata in 5 anni (è garantita dall’immobile che i soci vogliono mantenere per proseguire l’attività). I crediti fiscali privilegiati saranno pagati al valore di liquidazione (diciamo 20%) e chirografari per un ulteriore 10%, il tutto in accordo con l’Erario tramite transazione fiscale (di cui diremo in seguito). I fornitori chirografari ricevono il 30%. Il gestore attesta che, se Beta SNC venisse liquidata, i creditori chirografari non riceverebbero nulla, mentre con il concordato ottengono il 30% e l’impresa può sopravvivere. Si apre la votazione: partecipano fornitori e l’Erario per la parte chirografa (dipendenti e banca ipotecaria sono in classi soddisfatte integralmente, dunque non hanno diritto di voto in quanto non pregiudicati). Il 75% dei crediti votanti approva la proposta (qualche fornitore inizialmente dubbioso alla fine vota sì perché preferisce il 30% al rischio fallimento). Il tribunale omologa il concordato minore. Beta SNC continua l’attività sotto la vigilanza del gestore, paga puntualmente le rate concordatarie. Dopo 5 anni la procedura si chiude positivamente e Beta SNC è libera dai debiti residui: i fornitori hanno incassato il 30% (il residuo 70% è cancellato) e così lo Stato per la parte falcidiata. L’impresa può proseguire sul mercato riabilitata. Se invece la proposta non avesse ottenuto la maggioranza, Beta SNC avrebbe potuto convertirla in liquidazione controllata, vendendo tutto il vendibile, ma in quel caso probabilmente i soci avrebbero perso l’immobile e l’attività sarebbe cessata.
Da questi esempi, emergono alcuni punti di attenzione per il debitore sovraindebitato:
- Preparare un piano onesto e realistico, proporzionato alle proprie possibilità. La legge non chiede di restituire tutto, ma di pagare ciò che si può davvero pagare, mantenendo per sé e la famiglia un tenore di vita dignitoso. Ad esempio, nel piano del consumatore solitamente il giudice pretende che resti al debitore il minimo vitale (simile ai parametri di impignorabilità dello stipendio) e che solo il surplus venga destinato ai creditori.
- Documentare rigorosamente la propria situazione economica e patrimoniale. È essenziale fornire all’OCC tutti i documenti: elenco completo dei debiti, elenco beni di proprietà, estratti conto bancari (di solito degli ultimi 5 anni per verificare movimenti sospetti), dichiarazioni dei redditi, buste paga, spese familiari, ecc.. Questo perché il gestore deve asseverare che non ci siano buchi o anomalie. Ad esempio, se negli ultimi anni il debitore ha venduto proprietà o fatto donazioni, va tutto segnalato e potrebbe essere scrutinato per escludere frodi.
- Non aggravare la posizione durante la procedura. Una volta presentata la domanda e ottenute eventuali misure protettive dal giudice (come lo stop ai pignoramenti pendenti), il debitore deve astenersi da atti di straordinaria amministrazione non autorizzati e deve proseguire a comportarsi con trasparenza. Ogni pagamento non autorizzato ad alcuni creditori invece che altri, o peggio atti di sottrazione di beni, comprometterebbero l’omologazione (sono cause di revoca del concordato/piano se emergono).
- Seguire le indicazioni dell’OCC e del giudice. Il giudice, già in fase di omologa, può impartire direttive (ad es. nel fissare modalità di pagamento di alcune classi di crediti, o nell’ordinare misure protettive specifiche). Il debitore deve attenervisi. Durante l’esecuzione, l’OCC riferirà eventuali inadempimenti. Un inadempimento grave del piano o atti di malafede successivi possono portare alla revoca dell’esdebitazione, anche dopo la chiusura.
Quali debiti rientrano e quali no: in linea di massima, tutti i debiti del debitore devono essere inclusi nel piano/concordato, salvo poche eccezioni previste dalla legge. Non è ammesso scegliere arbitrariamente quali debiti ristrutturare e quali lasciare fuori. Per esempio, rientrano nella procedura: debiti bancari (mutui, finanziamenti), debiti verso fornitori, bollette e canoni non pagati, debiti tributari e contributivi, multe e sanzioni amministrative, ecc.. Una eccezione importante riguarda le obbligazioni alimentari: gli alimenti dovuti per legge (es. assegno di mantenimento al coniuge o ai figli) non possono essere falcidiati né cancellati tramite il sovraindebitamento. Se il debitore ha arretrati su assegni di mantenimento, dovrà comunque pagarli (magari può prevedere nel piano una dilazione, ma non l’annullamento). Analogamente, alcuni debiti di natura peculiare, come le condanne per risarcimenti da fatti illeciti dolosi o le sanzioni penali, potrebbero non essere esdebitabili (il Codice della Crisi su questo punto rinvia in parte alla disciplina dell’esdebitazione post-fallimento che esclude ad es. le pene pecuniarie). In generale però, debiti come le multe stradali o le sanzioni amministrative sono ricompresi: il piano può prevederne il pagamento parziale o differito, e l’omologa li rende definitamene non più dovuti per la parte eccedente pagata. Il debitore dunque deve elencare tutti i creditori noti, compresi quelli eventualmente dimenticati (se emergono crediti non indicati, rischiano di non essere coperti dall’esdebitazione). Una volta chiusa la procedura, i debiti stralciati o chirografari residui vengono cancellati e i creditori non potranno più pretenderli.
Procedura familiare: merita un accenno la possibilità introdotta dal Codice della Crisi di presentare una domanda congiunta da parte di più membri della stessa famiglia. Se, ad esempio, marito e moglie sono entrambi indebitati – magari con debiti originati dalla medesima causa, come un mutuo cointestato o una fideiussione reciproca – possono accedere a una procedura unitaria. I requisiti sono: essere conviventi o avere un legame familiare stretto, e che le rispettive situazioni di sovraindebitamento abbiano un’origine comune o comunque elementi di connessione. In tal caso, un solo OCC seguirà la famiglia e il tribunale potrà emettere un unico provvedimento. Se tra i familiari vi è almeno un soggetto “non consumatore”, l’intera procedura seguirà le regole del concordato minore (quindi con eventuale voto dei creditori). La procedura familiare riduce costi e duplicazioni, favorendo soluzioni coordinate (es. consolidando i debiti di tutto il nucleo familiare in un unico piano). Dal punto di vista pratico, i documenti e gli attivi/passivi di ciascun membro dovranno essere comunque dettagliati, ma si cercherà una proposta unitaria.
Costi della procedura: uno degli aspetti pratici da considerare è il costo. Le procedure di sovraindebitamento, pur agevolate, non sono gratuite. Occorre preventivare: un compenso per l’OCC/gestore (stabilito secondo parametri ministeriali proporzionali al passivo e all’attivo impiegato) e le spese legali per l’avvocato che assiste il debitore. Spesso gli OCC richiedono un anticipo di una parte del compenso durante la procedura (ad esempio, 30% all’inizio, 20% al deposito del piano, il resto alla fine). Tuttavia, molti OCC applicano tariffe agevolate, tenendo conto delle difficoltà del caso, e il grosso del compenso viene posto in prededuzione (cioè sarà pagato utilizzando le risorse destinate ai creditori, prima di soddisfare questi ultimi). Ad esempio, se il debitore dispone di 10.000€ da destinare ai creditori, una parte andrà a coprire le spese della procedura e il netto residuo ai creditori. In caso di esdebitazione incapiente, la legge prevede solo il pagamento di un compenso minimo forfettario per il gestore (di solito qualche centinaio di euro, eventualmente rateizzabile), proprio perché chi non ha nulla deve comunque attivare l’OCC ma si trova in condizione di indigenza.
Il debitore può chiedere il gratuito patrocinio? Le procedure concorsuali in senso stretto sono escluse dal patrocinio a spese dello Stato, poiché non sono considerate “cause” ma volontaria giurisdizione. Tuttavia, poiché il sovraindebitamento coinvolge spesso persone in difficoltà economiche, alcuni tribunali hanno ammesso forme di patrocinio nei giudizi di omologazione (interpretando estensivamente la norma). È una materia dibattuta. In generale, l’OCC comunque non rientra nel gratuito patrocinio e il suo compenso va corrisposto. Il consiglio pratico è di informarsi presso l’OCC territoriale: molti organismi consentono pagamenti dilazionati e modesti acconti, sapendo che il grosso lo recupereranno a fine procedura (se c’è attivo). L’avvocato, dal canto suo, può anch’egli concordare un pagamento frazionato. In ogni caso, i costi sono inferiori a quelli di un fallimento o di un concordato preventivo classico, perché non ci sono curatori, comitati di creditori, pubblicazioni estese, ecc.
Giurisprudenza recente sulle procedure da sovraindebitamento
Con l’entrata a regime delle nuove norme, già si registrano pronunce significative. Abbiamo citato la Cass. 22890/2023 sulla meritevolezza del consumatore; è utile menzionare anche la Cass. 34150/2024, che riguarda un tema pratico importante: la possibilità di dilazione di pagamento dei crediti privilegiati (es. ipoteche, crediti tributari) oltre certi limiti temporali nelle procedure di sovraindebitamento. In passato si discuteva se, analogamente al concordato preventivo, anche nei piani del consumatore o accordi minori si dovessero pagare i crediti privilegiati entro 1 anno dall’omologazione. La Cassazione, con la sentenza n. 34150 del 23 dicembre 2024, ha chiarito che anche i crediti prelatizi possono essere pagati con dilazioni più lunghe di un anno, purché ai creditori sia data la possibilità di esprimersi sulla convenienza del piano. In pratica, se la procedura prevede il voto (concordato minore) i creditori privilegiati possono accettare piani di pagamento pluriennali; se la procedura non prevede voto (piano del consumatore) il giudice deve comunque verificare che tali dilazioni non ledano la convenienza dei creditori (tipicamente assicurandosi che ottengano almeno quanto spetterebbe loro in caso di liquidazione immediata). Nel caso esaminato, si prevedeva addirittura una dilazione di 14 anni per un creditore privilegiato (banca con mutuo), il quale si era opposto. La Cassazione ha ritenuto legittimo il piano, sottolineando che la durata lunga non è di per sé incompatibile con l’obiettivo di dare al debitore una “seconda chance”, specie se il credito era già originariamente a lungo termine. Ciò conferma l’approccio elastico a favore del risanamento: tempi anche lunghi sono ammessi se c’è convenienza e correttezza. Un’altra pronuncia (Cass. 22914/2024) ha toccato il tema del privilegio fondiario nelle procedure minori, destando qualche preoccupazione: in sostanza ha affermato che la regola speciale del credito fondiario (che in fallimento consente alla banca ipotecaria di agire esecutivamente sul bene anche dopo il fallimento) troverebbe applicazione anche nel concordato minore. Questo significherebbe che una banca con mutuo ipotecario potrebbe continuare il pignoramento dell’immobile nonostante la presentazione di un concordato minore. La decisione è controversa e molti tribunali la interpretano in modo restrittivo, per non svuotare la protezione data dall’art. 54 TUB. È un fronte su cui si attendono chiarimenti magari dalle Sezioni Unite.
In generale, però, la giurisprudenza sta mostrando un orientamento pro-debitore meritevole: c’è maggiore apertura a omologare piani con forti riduzioni se questi appaiono l’unica via per dare soddisfazione (anche parziale) ai creditori rispetto al nulla, e si applicano in modo estensivo le norme di favore come il cram down del Fisco (vedi oltre) e il merito creditizio. Importante è anche il ruolo delle linee guida dei tribunali: molti uffici giudiziari (es. i Tribunali di Milano, Torino, Livorno, etc.) hanno emanato linee guida pratiche per uniformare la gestione delle procedure di sovraindebitamento, indicando la struttura-tipo delle proposte e delle relazioni, e i documenti necessari. Questo aiuta i debitori e i professionisti a preparare domande corrette e a evitare errori procedurali.
Procedure concorsuali ordinarie per imprese “fallibili”
Dopo aver trattato gli strumenti riservati ai debitori minori, affrontiamo sinteticamente le opzioni per le imprese PMI sopra soglia e grandi imprese, cioè quei debitori commerciali che, non potendo accedere al concordato minore, in caso di sovraindebitamento devono ricorrere alle procedure concorsuali previste per le crisi d’impresa dal Codice della Crisi. Dal punto di vista del debitore imprenditore in difficoltà, è fondamentale valutare anche queste strade, magari con l’assistenza di un legale specializzato, perché in alcuni casi potrebbero offrire soluzioni efficaci (ad esempio se l’azienda è di dimensioni medio-grandi, un concordato preventivo in continuità potrebbe salvare la società, oppure un accordo di ristrutturazione potrebbe evitare la pubblicità negativa di un fallimento).
Le principali procedure concorsuali ordinarie oggi sono:
- Accordi di ristrutturazione dei debiti (ARD);
- Piani attestati di risanamento (strumento meno “invasivo”, fuori dal tribunale seppur regolato dalla legge);
- Concordato preventivo (nelle varianti in continuità o liquidatorio);
- Liquidazione giudiziale (il nuovo nome del fallimento).
Vediamole brevemente dal punto di vista del debitore e con focus sulle novità.
Piano attestato di risanamento (art. 56 CCII)
È il metodo più “soft” e interamente stragiudiziale. Il debitore predispone, con l’aiuto di professionisti, un piano di risanamento (tipicamente un piano industriale e finanziario pluriennale) volto a riequilibrare la situazione debitoria, e su questo piano ottiene una attestazione di veridicità e fattibilità da parte di un professionista indipendente (es. un commercialista o revisore). Se il piano appare idoneo a risanare, il debitore può raggiungere accordi con i propri creditori (anche solo alcuni) per ristrutturare il debito (ad esempio allungare le scadenze, ridurre interessi, stralciare parte del debito in cambio di pagamento parziale immediato, ecc.). Non è prevista l’omologazione del tribunale né un coinvolgimento formale di tutti i creditori: si tratta di accordi contrattuali privati. Tuttavia, la legge riconosce al piano attestato effetti protettivi importanti: in caso di successivo fallimento, gli atti e pagamenti eseguiti in esecuzione del piano non possono essere revocati (protezione dalle revocatorie fallimentari) e i finanziamenti effettuati durante il piano godono di privilegio in prededuzione. Questo strumento è utile quando l’impresa ha relativamente pochi creditori o comunque riesce a ottenere il consenso sufficiente su base volontaria. Dal punto di vista del debitore, il vantaggio è evitare una procedura pubblica e riservare la crisi in una gestione privata; lo svantaggio è che occorre il consenso di ogni creditore coinvolto (non c’è imposizione a minoranze dissenzienti) e in caso di dissenso di alcuni creditori “chiave” può risultare inefficace. Inoltre, non prevede effetti automatici come il blocco dei pignoramenti: il debitore può però, se necessario, chiedere misure protettive in via d’urgenza al tribunale (ad esempio, se sta depositando un accordo di ristrutturazione, può chiedere la sospensione delle azioni esecutive per 120 giorni, cosa non prevista per il puro piano attestato). In sintesi, il piano attestato è consigliabile se l’impresa ha chance concrete di risanarsi e pochi creditori recalcitranti, altrimenti bisogna optare per soluzioni più strutturate.
Accordi di ristrutturazione dei debiti (artt. 57-64 CCII)
Gli ARD sono accordi tra il debitore e una parte significativa dei creditori, con l’intervento del tribunale limitato all’omologazione finale. Il debitore elabora un piano di ristrutturazione e ottiene l’adesione di creditori rappresentanti almeno il 60% dei crediti (soglia ordinaria). Presenta quindi al tribunale l’accordo sottoscritto, la documentazione contabile e la relazione di un attestatore indipendente sulla fattibilità e convenienza del piano. Il tribunale, dopo aver eventualmente sentito i creditori e verificato che i creditori estranei all’accordo saranno pagati per intero o comunque non riceveranno meno di quanto avrebbero ottenuto in un fallimento, omologa l’accordo rendendolo vincolante per tutti i creditori aderenti. I creditori non aderenti rimangono estranei: devono essere pagati integralmente alle scadenze originarie (salvo che accettino modifiche). Questa è la forma standard, mutuata dal vecchio art. 182-bis L.F.
Novità recenti: Il D.lgs. 83/2022, in attuazione della direttiva europea, ha introdotto vari tipi speciali di accordi di ristrutturazione:
- Accordo di ristrutturazione agevolato: la soglia di adesioni è ridotta al 30% dei crediti, ma a condizione che l’accordo riguardi esclusivamente creditori finanziari (banche, intermediari) e che per tutti gli altri creditori sia previsto il pagamento integrale (ossia i “non finanziari” non subiscono decurtazioni né dilazioni oltre 120 giorni dal termine). Questo strumento è pensato per facilitare la ristrutturazione con le banche quando i debiti verso fornitori, fisco etc. non siano problematici.
- Accordo di ristrutturazione ad efficacia estesa: consente, in certi casi specifici (ad esempio debiti finanziari con banche o obbligazionisti, o debiti verso fornitori strategici), di estendere gli effetti dell’accordo anche ai creditori non aderenti appartenenti a determinate categorie, purché quelli aderenti nella categoria rappresentino una certa maggioranza (di solito 75%). In pratica, è un meccanismo di cram down settoriale: se la maggior parte delle banche aderisce, l’accordo può essere reso obbligatorio anche per le banche dissenzienti, previa valutazione del tribunale sulla loro posizione (devono ricevere dal piano almeno il 75% di quanto spettante e garanzie adeguate). Questo evita che poche banche possano bloccare un accordo altrimenti condiviso.
- Accordo di ristrutturazione con intermediari finanziari: introdotto pure per recepire la direttiva, facilita l’accordo se i creditori sono solo banche e simili, riducendo formalità.
Dal lato pratico, per il debitore che sia un’impresa medio-grande, l’accordo di ristrutturazione è una valida opzione se riesce a coinvolgere attivamente i creditori principali nelle trattative. Spesso si utilizza in contesti in cui c’è già un consenso informale (es. ristrutturazione del debito bancario con pool di banche). Vantaggi: l’accordo omologato consente di ottenere moratorie e stralci con efficacia vincolante, e durante la pendenza della domanda di omologazione il tribunale può concedere misure protettive come nel concordato (automatic stay). Svantaggi: serve comunque una larga adesione; i creditori piccoli o frammentati se dissenzienti vanno pagati integralmente, il che può essere oneroso; non consente la esdebitazione del debitore persona fisica in automatico (ma per le società questo non rileva). Per un imprenditore individuale fallibile, l’accordo non prevede esdebitazione dei debiti residui verso i non aderenti, perché quelli li deve comunque onorare al 100%. Quindi per un soggetto personale può essere meno attraente se ha molti debiti chirografari che non può pagare totalmente.
Concordato preventivo (artt. 84-120 CCII)
È la procedura concorsuale giudiziale per eccellenza, destinata alle imprese insolventi o in crisi di dimensioni rilevanti o comunque a chi sceglie questa via. Il concordato preventivo permette al debitore di proporre un piano ai creditori e, se approvato dalle maggioranze prescritte e omologato, evitare la liquidazione giudiziale (ex fallimento). Può assumere due forme principali: concordato in continuità (se prevede la prosecuzione dell’attività, sia diretta che tramite affitto o cessione d’azienda con mantenimento dei livelli occupazionali) oppure concordato liquidatorio (se prevede solo la liquidazione del patrimonio, eventualmente con l’apporto di risorse esterne per migliorare il risultato per i creditori). La distinzione è importante perché la legge pone requisiti più stringenti per il concordato liquidatorio (ad esempio, deve garantire il pagamento di almeno il 20% ai creditori chirografari, salvo apporto di finanza esterna che migliori la percentuale).
Fasi salienti dal lato del debitore: Il debitore può presentare una domanda di concordato con riserva (cd. pre-concordato), per bloccare subito le azioni esecutive e poi depositare la proposta e il piano entro 60-120 giorni. Oppure può presentare direttamente proposta e piano completi. Viene nominato un Commissario Giudiziale, che verifica l’operato del debitore durante la procedura e redige una relazione per i creditori. Vi è un’apertura formale della procedura con decreto del tribunale. Poi i creditori votano, divisi eventualmente in classi secondo posizione giuridica e interessi omogenei (la suddivisione in classi è obbligatoria nei concordati in continuità e comunque se ci sono creditori con cause di prelazione). Serve il voto favorevole della maggioranza dei crediti ammessi al voto (calcolata come somma dei crediti, non teste), e in caso di classi se una classe vota no ma il concordato è approvato da altre classi, il tribunale può ugualmente omologare purché i creditori dissenzienti non ricevano meno di quanto otterrebbero in alternativa liquidatoria (principio di cram down intra concordato). Il decreto di omologazione rende il piano vincolante per tutti i creditori anteriori. Il debitore in concordato mantiene l’amministrazione sotto controllo del commissario fino all’omologa, poi esegue il piano sotto vigilanza (salvo che il piano preveda la nomina di un liquidatore giudiziale per vendere i beni nel liquidatorio).
Novità del CCII: Sono stati introdotti meccanismi più flessibili come: la possibilità di classi di creditori con trattamento differenziato, anche in deroga alla parità di trattamento se ci sono giustificazioni (es. classi di creditori strategici possono essere pagati meglio per permettere la continuità); la possibilità per il debitore di proporre contenuti variegati (cessione di beni, conversione di crediti in azioni, ecc.). Inoltre il Codice consente esplicitamente di alterare la graduazione delle cause di prelazione se tutti i creditori interessati approvano (questo in realtà avviene tramite il nuovo istituto del “piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione” di cui oltre). È stata anche formalizzata la figura del concordato semplificato per cessione di beni di cui abbiamo parlato, ma come detto è attivabile solo dopo composizione negoziata fallita. In pratica, per un imprenditore fallibile che voglia risolvere il sovraindebitamento, il ventaglio va dall’accordo 182-bis più semplice (pochi creditori coinvolti, altrimenti paga gli altri) al concordato preventivo vero e proprio se deve coinvolgere tutti i creditori e magari ristrutturare pesantemente anche quelli privilegiati (riducendone l’importo o dilazionandoli).
Trattamento dei crediti fiscali e previdenziali nel concordato preventivo: merita un capitolo a parte (che svilupperemo subito dopo) la cosiddetta transazione fiscale. In breve, l’art. 88 CCII (ex art. 182-ter L.F.) prevede che il debitore possa inserire nel piano di concordato una proposta di trattamento dei debiti tributari e contributivi, anche se prevede il loro pagamento parziale (falcidia) o dilazionato oltre i limiti ordinari, purché l’Erario e gli enti previdenziali aderiscano. Se tali enti pubblici non aderiscono, il tribunale può tuttavia omologare lo stesso il concordato (cram down fiscale) se ritiene che il loro diniego sia irragionevole e che la proposta sia più conveniente per loro rispetto alla liquidazione. Su questo tema, di grande rilevanza pratica, torneremo a breve nella sezione dedicata ad aspetti fiscali.
Liquidazione Giudiziale (fallimento): se nessuno degli strumenti di cui sopra va a buon fine, l’epilogo per l’impresa insolvente è la liquidazione giudiziale, cioè la procedura concorsuale liquidatoria avviata su istanza di un creditore, del debitore stesso o d’ufficio in certi casi. Dal punto di vista del debitore (specie se è un imprenditore individuale o i soci di società di persone), la liquidazione giudiziale ha conseguenze pesanti: spossessamento dei beni, nomina di un curatore, possibile azioni revocatorie, e la preclusione all’esdebitazione automatica salvo successiva istanza. Infatti nel fallimento (liquidazione giudiziale) il debitore persona fisica può chiedere al termine della procedura di essere esdebitato, ma non è automatico e deve soddisfare alcuni requisiti di correttezza durante il fallimento. Comunque, con l’entrata in vigore del CCII, le opportunità di evitare la liquidazione giudiziale sono aumentate: prima di dichiarare il fallimento, il tribunale oggi verifica se ci sono proposte di concordato o accordi possibili; inoltre è stato introdotto un principio di minor offensività: ad esempio, se un piccolo imprenditore sotto-soglia viene istanziato in liquidazione giudiziale, il tribunale può suggerirgli di attivare una procedura di sovraindebitamento invece, compatibilmente con tempi e garanzie.
In sintesi, per un imprenditore sovraindebitato “fallibile”, cosa fare? Valutare con i consulenti:
- un accordo stragiudiziale se il problema è circoscritto a pochi creditori;
- un accordo di ristrutturazione omologato se si hanno consensi già all’orizzonte del 60% (o 30% se agevolato) – ad es. se banche principali sono d’accordo;
- un concordato preventivo se serve coinvolgere tutti i creditori in modo trasparente e vincolante, specie in caso di ristrutturazione operativa (concordato in continuità) oppure se c’è da liberarsi di una parte dei debiti con stralci significativi (concordato liquidatorio con apporto esterno per raggiungere il 20%).
- Ricorrere alla Composizione Negoziata per sondare possibili soluzioni in modo riservato prima di formalizzare un concordato.
- Infine, prepararsi al fallimento come extrema ratio se nessuna di queste è praticabile, ma cercando comunque di coltivare la strada dell’esdebitazione (nel fallimento occorrerà comportarsi in maniera esemplare e poi chiederla).
Tabella 2: Procedure per imprese fallibili – caratteristiche principali
Procedura | Adesione Creditori | Tribunale | Esdebitazione | Note |
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Piano attestato di risanamento | Consenso individuale di tutti i creditori coinvolti nelle modifiche (nessuna soglia legale) | Nessuna omologa; possibile deposito facoltativo per pubblicazione in registro | Non applicabile (nessun effetto ablativo sui crediti: i non consenzienti non subiscono variazioni) | Strumento privatistico; tutela anti-revocatoria per atti eseguiti secondo il piano. |
Accordo di ristrutturazione (standard) | ≥ 60% dei crediti aderenti (i dissenzienti devono essere pagati al 100%) | Omologazione giudiziale (verifica requisiti, opposizioni) | Non prevista cancellazione dei debiti residui verso dissenzienti (che vanno soddisfatti per intero) | Possibile moratoria generale su istanza (protettiva); con Dlgs 83/22 introdotti accordi speciali (30% per banche ecc.). |
Concordato preventivo | Voto favorevole di > 50% dei crediti ammessi al voto (maggioranza semplice); possibili classi | Ammissibilità decisa dal Tribunale; omologa dopo voto (verifica consenso e rispetto condizioni di legge) | Per società: non rileva (debiti estinti con esecuzione piano). Per persone fisiche: esdebitazione dei debiti residui previa richiesta e solo se il concordato è adempìuto regolarmente (il CCII lo consente, analogamente all’esdebitazione post-fall.) | In continuità: azienda prosegue, necessaria attestazione piano industriale; liquidatorio: richiesta soglia 20% ai chirografari salvo apporti esterni. Commissario nominato in fase procedurale. |
Liquidazione giudiziale (fallimento) | Non applicabile (procedura aperta invitto su istanza creditori) | Sentenza dichiara insolvenza; nominati curatore e giudice delegato; controllo giudiziario totale | Non automatica: il debitore persona fisica può chiedere esdebitazione a fine procedura, concessa se ha cooperato lealmente e non ci sono sanzioni interdittive (artt. 278-281 CCII). | Conseguenze più gravose: spossessamento immediato, possibili azioni revocatorie, durata spesso pluriennale. È l’extrema ratio da evitare se possibile con strumenti alternativi. |
(Nota: nel concordato preventivo, l’art. 48 CCII prevede anche la figura del “piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione” che consente, con consenso unanime delle classi, di derogare all’ordine delle prelazioni: tale fattispecie però richiede il voto favorevole di tutte le classi e dunque è un caso particolare di concordato con adesione totale, dove si possono soddisfare crediti privilegiati in misura ridotta purché tutte le classi acconsentano. Se c’è dissenso di qualche classe, allora valgono i limiti ordinari – e si ricade nel concordato tradizionale.)
Aspetti fiscali e previdenziali nelle soluzioni di sovraindebitamento
Uno dei profili più delicati per chi vuole risolvere il proprio sovraindebitamento è come gestire i debiti verso il Fisco (Agenzia delle Entrate e Agenzia Entrate Riscossione) e verso gli enti previdenziali (INPS, Casse professionali). Questi debiti sono spesso assistiti da privilegi (es. il privilegio generale sui beni mobili per tributi e contributi fino a un certo importo, o addirittura ipoteche per ruoli esattoriali sopra 20.000 € iscritti su immobili) e quindi godono di una posizione di favore nel concorso. Inoltre, vi sono norme specifiche che disciplinano la “transazione fiscale”, ovvero la possibilità di accordarsi con lo Stato per pagare in misura ridotta o dilazionata i tributi. Di seguito distingueremo tra procedure minori di sovraindebitamento e procedure ordinarie.
Nelle procedure di sovraindebitamento (piano del consumatore, concordato minore): a differenza del concordato preventivo, la legge non prevede uno specifico istituto di transazione fiscale da attivare, né una categoria separata di voto per l’Erario. In pratica, i debiti fiscali e contributivi vengono trattati secondo le regole generali della procedura. Cosa significa? Nel piano del consumatore, non essendoci voto, il tribunale omologa se il piano è conveniente e fattibile: la convenienza include il fatto che ciascun creditore, anche l’Erario, non riceva meno di quanto ricaverebbe in una liquidazione del patrimonio del debitore. Quindi il giudice verifica ad esempio che il piano offra al Fisco almeno l’equivalente del valore di realizzo dei beni su cui ha privilegio. Se questo è rispettato, può omologare anche se il Fisco è contrario. Nel concordato minore, l’Erario partecipa al voto al pari degli altri chirografari per la parte non privilegiata dei suoi crediti. Per la parte privilegiata (es. IVA, ritenute, contributi fino a copertura del privilegio), il debitore può prevedere anche un pagamento non integrale (una falcidia) se le risorse non bastano, ma deve assicurare il rispetto della regola generale: un creditore privilegiato non può essere trattato peggio di come sarebbe in caso di liquidazione dei beni su cui insiste la prelazione. In pratica, se il patrimonio del debitore è tale che il Fisco avrebbe soddisfatto il 40% del suo credito privilegiato vendendo i beni, anche nel concordato minore dovrà prendere almeno 40% (al netto spese) – non c’è bisogno di un loro accordo formale, è il giudice che valuta l’attestazione di convenienza. Dato che non esiste la “transazione fiscale” nel concordato minore, il voto favorevole del Fisco non è indispensabile: se la maggioranza globale dei crediti approva, il concordato passa, e l’Erario si adegua all’esito della votazione purché siano rispettate le sue cause di prelazione. In sostanza, lo Stato nei sovraindebitamenti subisce le stesse regole degli altri creditori: nel piano del consumatore non può opporsi se il giudice ritiene la proposta equa; nel concordato minore può essere messo in minoranza nel voto complessivo, sempre nei limiti della convenienza tecnica. Questo è importante perché spesso l’Erario ha rigidità nel votare sì a piani con falcidie (soprattutto in passato lo vedevamo, pochi voti favorevoli): la riforma ha voluto evitare che il dissenso dell’Erario bloccasse procedure altrimenti vantaggiose per tutti.
Tuttavia, c’è un limite: i debiti IVA e per ritenute non versate non possono essere falcidiati oltre la parte chirografaria in assenza di transazione (lo dice la normativa UE e confermava l’art. 7, co.1 L.3/2012). Nel Codice ciò è stato superato in parte dall’interpretazione di cui sopra: se l’IVA ha privilegio generale mobile, va trattata come tale. Se in liquidazione non sarebbe pagata integralmente, anche in concordato minore può essere decurtata proporzionalmente (cosa confermata anche dalla giurisprudenza recente).
Nelle procedure concorsuali ordinarie (concordato preventivo e accordi): qui la legge disciplina espressamente la Transazione Fiscale e Contributiva (artt. 63 e 88 CCII). Il debitore, nel piano, deve fare una proposta specifica all’Agente della Riscossione e agli enti per il trattamento dei tributi e contributi. Può chiedere dilazioni fino a 10 anni e stralcio parziale anche dei tributi (IVA compresa, dal 2017 è ammesso) e delle sanzioni (che in genere sono falcidiate totalmente), a condizione di offrire il pagamento di almeno il 5% del capitale per IVA e ritenute – soglia minima introdotta nel 2020. Questa proposta va sottoposta all’ente: Agenzia Entrate e INPS seguono procedure interne (spesso con parere vincolante del MEF per l’AE se c’è stralcio). Se gli enti accolgono la transazione (silenzio 90 giorni vale come rigetto presunto), allora quei crediti pubblici si considerano aderenti al concordato con le condizioni pattuite. Se invece rigettano o non rispondono, entra in gioco il meccanismo del cram-down fiscale: il tribunale, in sede di omologa, può ugualmente approvare il concordato se ritiene che l’alternativa (liquidazione giudiziale) sarebbe peggiore per l’Erario. Vi sono stati dubbi interpretativi se il cram-down valesse solo in caso di silenzio o anche di rifiuto espresso: la Cassazione, con ordinanza n. 27782/2024, ha chiarito definitivamente che il tribunale può omologare la transazione fiscale anche in caso di voto negativo del Fisco, se la proposta è conveniente per esso. Il D.lgs. 136/2024 ha recepito ciò, esplicitando nell’art. 88 CCII che la “mancanza di adesione” comprende anche il voto contrario. Quindi oggi il debitore ha la ragionevole certezza che, se offre al Fisco almeno quanto otterrebbe da un fallimento, non rischia il veto: il giudice può scavalcare il dissenso e approvare il concordato. Questa è una conquista significativa, perché storicamente molte proposte fallivano per l’opposizione rigida dell’Erario anche a piani vantaggiosi (magari per politiche restrittive dell’Agenzia). Ora la parola finale spetta al giudice, non al singolo ente creditore, quando il piano rispetta i parametri di legge.
In un accordo di ristrutturazione ex art. 63 CCII, c’è analogamente la transazione fiscale: se Erario/INPS non aderiscono ma la proposta è conveniente, il debitore può chiedere al tribunale di omologare comunque l’accordo estendendolo coattivamente all’Erario (questo già dal 2020 era previsto). Quindi anche negli accordi c’è il cram-down. L’ultimo correttivo ha allineato pure qui la terminologia.
Considerazioni pratiche per il debitore con debiti fiscali: è cruciale valutare attentamente la posizione col Fisco. Se il debito fiscale è molto alto e privilegiato (ad es. cartelle per IVA, contributi) e il patrimonio è insufficiente a coprirlo in misura adeguata, un piano del consumatore potrebbe essere complicato da far omologare perché il giudice deve comunque assicurarsi che il Fisco prenda almeno quanto in una liquidazione. In casi così, a volte la liquidazione controllata con successiva esdebitazione può essere più indicata (il Fisco prende quel che c’è e poi il resto è cancellato). Ma se il debitore possiede beni, magari conviene provare un concordato minore offrendo al Fisco l’incasso di quei beni. In ogni caso, è bene coinvolgere attivamente l’AdER: l’Agenzia ha propri uffici legali che valutano i piani. Mostrare collaborazione e fornire loro la perizia di stima su quanto otterrebbero dal pignoramento può facilitare il consenso (anche se, come detto, non è decisivo ai fini dell’esito, conta il giudice). Inoltre, oggi il legislatore propone anche soluzioni extragiudiziali come le “definizioni agevolate” (rottamazione delle cartelle, saldo e stralcio per contribuenti in difficoltà): se disponibili, il debitore può coglierle prima o durante la procedura. Ad esempio, se c’è una rottamazione-quater aperta, un debitore con molte cartelle può aderire e includere nel piano del consumatore i debiti rideterminati secondo la rottamazione (che abbuona sanzioni e interessi di mora). Attenzione: aderire a definizioni agevolate dopo l’omologa del piano potrebbe non essere ammesso perché quel piano ha già fissato le condizioni; meglio pensarci prima e poi riflettere nel piano l’importo ridotto.
C’è poi la particolare Transazione sui crediti contributivi (INPS): simile a quella fiscale, segue le stesse regole nel concordato (il tribunale può superare il diniego se conviene per l’ente). L’INPS spesso si conforma alle scelte dell’AE.
Un punto importante: quando il debito fiscale è molto elevato rispetto al totale crediti, ottenere il 60% di voti in un concordato preventivo potrebbe implicare avere il sì dell’Erario (se è oltre il 40% del passivo da solo). Ecco perché il cram down era essenziale. Adesso col nuovo regime, anche se AE vota no, ma si raggiunge il quorum con gli altri, il tribunale può omologare ugualmente perché la condizione di convenienza per l’AE (comparazione con fallimento) è valutata e se positiva si procede. La Cassazione SU 8504/2021 ha pure stabilito che eventuali contestazioni dell’Erario sull’omologa forzata vanno portate davanti al giudice concorsuale stesso (non a TAR o Commissioni tributarie): quindi c’è coerenza di giudizio.
IVA e debiti erariali “inescusabili”: storicamente l’IVA era ritenuta intoccabile perché tributo comunitario; oggi si ammette lo stralcio parziale se giustificato. Purché, come detto, ci sia almeno la medesima soddisfazione del fallimento. Un debitore che abbia evaso grandi somme, però, potrebbe incorrere in problemi penali (reati tributari) indipendentemente dall’esdebitazione concorsuale. L’esdebitazione non estingue i reati né le sanzioni penali, va ricordato.
Aspetti fiscali post-esdebitazione: Curiosamente, ci si chiede: se un debitore ottiene la cancellazione di parte dei debiti, c’è un reddito imponibile (sopravvenienza attiva) tassabile per lui? La normativa fiscale ha previsto esenzioni: in particolare l’art. 88 TUIR esclude da tassazione le sopravvenienze da concordati preventivi e da procedure di sovraindebitamento omologati. Quindi il debitore persona fisica non dovrà pagare IRPEF sull’importo di debito condonato. Ciò per evitare l’assurdo di una cartella fiscale nuova per tasse sui debiti annullati.
Esdebitazione e “fresh start” del debitore
Abbiamo più volte menzionato la parola esdebitazione, che è il traguardo auspicato per il debitore sovraindebitato: significa liberazione dai debiti residui insoddisfatti dopo la conclusione della procedura concorsuale. Vediamo come opera nelle varie situazioni:
- Esdebitazione del sovraindebitato nelle procedure minori: Il Codice della Crisi, a differenza della legge 3/2012 originaria, stabilisce un principio di automaticità. In particolare, nel piano del consumatore e nel concordato minore l’esdebitazione è conseguenza naturale dell’omologazione e della successiva esecuzione integrale del piano. Non serve una ulteriore istanza: se il debitore adempie tutte le obbligazioni assunte nel piano concordato, la parte di debito eventualmente non pagata per effetto degli stralci si intende definitivamente cancellata. Già nel decreto di omologa spesso il giudice dichiara che, a esecuzione avvenuta, il debitore sarà esdebitato dal resto. Nel caso della liquidazione controllata, il Codice prevede che, decorso il termine massimo di 3 anni, la procedura si chiude e il debitore persona fisica ottiene l’esdebitazione di diritto sui debiti residui senza necessità di un’apposita domanda. Questo è un cambiamento rispetto alla legge 3/2012, che richiedeva un’istanza specifica di esdebitazione al termine della liquidazione. Ora il giudice delegato, chiuso il riparto finale, contestualmente libera il debitore. Naturalmente, l’esdebitazione può essere negata o revocata se emergono irregolarità gravi: ad esempio se si scopre che il debitore ha dolosamente occultato beni, o non ha collaborato, o ha violato gli obblighi di legge, il beneficio può essere non concesso. Ma sono eccezioni. Per l’incapiente, come spiegato, l’esdebitazione è ex lege immediata (salvo reintrodurre quote se arrivano utilità entro 4 anni).
- Esdebitazione nel concordato preventivo e liquidazione giudiziale (fallimento): Nel concordato preventivo, tecnicamente non si parla di esdebitazione perché la società che chiude un concordato esce senza debiti per definizione (i crediti sono estinti secondo quanto concordato). Se il debitore è persona fisica (ad esempio un imprenditore individuale fallibile), il CCII prevede che possa chiedere al giudice, a concordato eseguito, di essere dichiarato esdebitato dai crediti eventuali non soddisfatti integralmente. Ciò può servire se per caso qualche credito escluso o tardivo resta. Nel fallimento, come noto, l’esdebitazione è stata introdotta nel 2006: il fallito persona fisica ottiene, su domanda dopo la chiusura, la liberazione dai debiti concorsuali rimasti impagati. Il CCII l’ha confermata (artt.278-281) e l’ha estesa anche ai soci illimitatamente responsabili. L’esdebitazione non copre comunque debiti come quelli alimentari e da malfatto doloso (regola simile a prima).
- Effetti dell’esdebitazione: il debitore riacquista piena capacità patrimoniale libera, i creditori chirografari perdono definitivamente la possibilità di agire (non possono iscrivere ipoteche su beni futuri né altro). Va precisato che l’esdebitazione non coinvolge eventuali co-obbligati e garanti che non abbiano partecipato alla procedura. Ad esempio, se Tizio e Caio sono co-firmatari di un mutuo e Tizio ottiene un piano del consumatore che riduce il debito verso la banca, la banca potrà ancora escutere Caio per l’intero salvo accordi diversi. Allo stesso modo, se una società di persone fa concordato minore, i soci illimitatamente responsabili restano obbligati per l’eventuale importo non pagato nel concordato (ma anch’essi possono poi a loro volta chiedere un’esdebitazione personale). Un caso particolare è quando moglie e marito fanno procedura familiare: in genere se entrambi partecipano e sono coobbligati, l’esdebitazione li copre entrambi.
- Riabilitazione del debitore: superato il sovraindebitamento, il soggetto può guardare al futuro. L’esdebitazione porta con sé anche la riabilitazione civile: ad esempio, se era stato protestato o segnalato come cattivo pagatore, potrà far valere l’esdebitazione per ottenere la cancellazione dalle relative banche dati dopo un certo periodo. Non c’è più, dal 2015, interdizione legale per il fallito (e nel sovraindebitamento mai c’era stata): quindi i debitore esdebitato può tornare a essere amministratore di società, partecipare a gare, ecc., senza le preclusioni che un tempo colpivano il fallito per 5 anni. L’idea di fondo è quella del “fresh start”: consentire a chi ha attraversato l’insolvenza di ripartire economicamente, senza stigma permanente. Questa filosofia è stata rafforzata dalla direttiva UE 2019/1023, che appunto richiede agli Stati misure per dare una seconda opportunità agli imprenditori onesti. L’Italia si è adeguata.
In conclusione, dal punto di vista del debitore, oggi l’ordinamento offre molti strumenti flessibili e calibrati per uscire dal tunnel dei debiti: dalle soluzioni negoziali in bonis, alle procedure concorsuali semplificate per i piccoli, fino ai concordati e accordi per le imprese più strutturate. La chiave di successo sta nel muoversi in modo tempestivo e strategico, facendosi assistere da professionisti qualificati (avvocati, commercialisti specializzati in crisi d’impresa) e mantenendo un atteggiamento trasparente e collaborativo con gli organi della procedura e con i creditori. Un debitore che nasconde informazioni o tenta furbizie quasi certamente verrà scoperto e perderà il beneficio (ad esempio, il tribunale respingerà l’omologazione se emergono atti in frode). Viceversa, un debitore onesto, pur se incolpevolmente oberato dai debiti, troverà nella legge un alleato per voltare pagina: con un po’ di sacrificio (pagare ciò che realisticamente può) otterrà la pace fiscale e finanziaria sul resto.
Domande frequenti (FAQ) su sovraindebitamento e procedure concorsuali
D: Ho debiti personali molto alti ma ho anche una piccola SRL indebitata. Posso usare la procedura di sovraindebitamento per risolvere tutto insieme?
R: Dipende. La SRL, essendo società di capitali, è soggetta a liquidazione giudiziale se insolvente, a meno che sia sotto le soglie di fallibilità. Se la SRL è molto piccola (sotto 300k attivo, 200k ricavi, 500k debiti), allora è considerata “debitore minore” e può accedere ad esempio al concordato minore. Tuttavia, tu come persona fisica e la SRL siete soggetti giuridici diversi: non c’è una procedura unificata per entrambi (non essendo membri della stessa famiglia). Dovreste procedere parallelamente: ad esempio, tu personalmente potresti fare un piano del consumatore o liquidazione controllata per i tuoi debiti personali, mentre la SRL (se sotto soglia) potrebbe presentare un concordato minore o accordo per i propri debiti. Se invece la SRL è sopra soglia, dovrà usare concordato preventivo o accordo di ristrutturazione, e tu il sovraindebitamento per i tuoi (eventualmente includendo le garanzie personali che hai prestato per la SRL). Attenzione: se hai fatto da fideiussore per debiti della SRL, il tuo piano del consumatore può includere quei debiti garantiti (e liberartene con esdebitazione), ma questo non libera la SRL debitrice principale. Viceversa, il concordato della SRL non copre i tuoi debiti personali salvo quelli in cui sei coobbligato.
D: Sono un piccolo imprenditore (ditta individuale) con debiti verso fornitori e banche per ~250.000 €. Ho sentito parlare di legge “salva suicidi”. Posso ridurre i miei debiti e salvare l’azienda?
R: Sì, la normativa sul sovraindebitamento (ex legge 3/2012) fa al caso tuo. Come imprenditore individuale sotto soglia puoi proporre un concordato minore se intendi continuare l’attività. Ad esempio, potresti offrire ai creditori un piano pagandoli parzialmente in tot anni, magari grazie ai flussi della tua attività. Se i creditori che rappresentano la maggior parte del debito approvano, il piano viene omologato e tu paghi solo quanto promesso; il resto del debito viene cancellato a fine piano. Se invece la tua azienda non è più sostenibile, puoi optare per la liquidazione controllata: vendi quello che hai, versi il ricavato ai creditori e dopo al massimo 3-4 anni ottieni l’esdebitazione del residuo. In entrambi i casi, la legge ti permette di ripartire senza il peso dei debiti insostenibili. Importante è presentare la domanda prima che la situazione degeneri troppo e magari arrivi un fallimento su istanza di creditori (che per te, come imprenditore sotto soglia, in teoria non dovrebbe avvenire, ma è sempre meglio prevenire azioni esecutive).
D: Ho principalmente debiti con il Fisco (cartelle per 100.000 €) e pochi altri debiti. Mi conviene fare una procedura di sovraindebitamento?
R: Dipende. Se hai debiti tributari elevati, devi considerare che le procedure richiedono di soddisfare almeno in parte anche l’Erario. Esamina se puoi aderire a qualche definizione agevolata (rottamazione) che riduca l’importo. Una volta definito il quantum, un piano del consumatore potrebbe proporti di pagare, ad esempio, una porzione del debito fiscale e stralciare il resto, ma il giudice omologherà solo se paghi almeno quanto l’Erario otterrebbe liquidando i tuoi beni disponibili. Se non hai beni, potrebbe prospettarsi la via dell’incapiente (esdebitazione senza utilità) per azzerare tutto, ma devi essere proprio nullatenente e meritevole. In alcuni casi, per soli debiti fiscali, l’agenzia potrebbe essere disponibile a rateizzazioni ordinarie o a transazioni fiscali in concordato preventivo (se sei imprenditore). La procedura di sovraindebitamento può comunque aiutarti a bloccare interessi e sanzioni e a gestire il debito in modo ordinato. Valuta con un OCC locale: spesso capita che con un lavoro stabile si faccia un piano decennale pagando una parte delle cartelle (es. togliendo sanzioni e interessi) e il resto venga poi esdebitato.
D: Sono un consumatore sommerso dai debiti (prestiti personali, finanziarie, arretrati vari). Posso includere anche le multe stradali non pagate nel piano del consumatore?
R: Sì. Le multe rientrano tra i debiti ammessi. Di solito le sanzioni amministrative pecuniarie (come le multe) possono essere tranquillamente stralciate o ridotte nel piano – spesso addirittura per intero, pagando magari solo le spese vive – in quanto non godono di cause di prelazione (sono chirografarie) e il giudice non avrà difficoltà a omologare se vede che comunque si offre più del verosimile incasso (che spesso sarebbe zero, data la difficoltà di riscuoterle se non hai patrimonio). Attenzione però: vanno elencate tutte, perché se ne dimentichi e poi emergono dopo, potrebbero non essere coperte dall’esdebitazione. Sono invece esclusi come dicevamo gli obblighi di mantenimento (alimenti): quelli non potrai sottrarli, dovrai pagarli.
D: Ho già ottenuto un’esdebitazione 4 anni fa con una liquidazione (legge 3/2012). Ora purtroppo sono di nuovo indebitato. Posso rifare domanda?
R: La legge pone dei limiti alle reiterazioni: non si può accedere a nuova procedura di sovraindebitamento se si è già avuta un’esdebitazione nei 5 anni precedenti. Nel tuo caso, essendo trascorsi solo 4 anni, dovresti attendere almeno il 5° anno. Questo per evitare abusi (esdebitazioni a ripetizione). Inoltre, non potrai mai farlo più di due volte in totale nella vita. Un’eccezione: se la precedente era un esdebitazione incapiente, credo conti ugualmente come “beneficiato di esdebitazione”. Quindi nel tuo caso devi cercare soluzioni extragiudiziali ponte o aspettare quell’anno. Magari nel frattempo valuta un accordo stragiudiziale o una dilazione con i creditori per arrivare al quinto anno e poi presentare nuova istanza.
D: Sono un ex imprenditore: la mia società è fallita l’anno scorso e io come fideiussore sto pagando i debiti residui. Posso liberarmi di questi debiti personali col sovraindebitamento?
R: Sì, se tu personalmente sei sovraindebitato e non sei fallito a tua volta (presumo la tua società era SRL e il fallimento ha riguardato solo lei), puoi utilizzare le procedure per persona fisica. In particolare, la circostanza che c’è stato un fallimento della società non impedisce al garante di accedere al piano del consumatore o liquidazione, purché ovviamente tu non sia stato socio illimitatamente responsabile (in quel caso saresti fallito anche tu automaticamente). Come fideiussore di una società fallita, sei nella condizione tipica del privato travolto da debiti per garanzie escusse. I tuoi debiti verso banca, fornitori, ecc. sono personali a questo punto e puoi farli rientrare nel tuo piano di ristrutturazione del consumatore, se soddisfi gli altri requisiti (meritevolezza, ecc.). Anzi, la legge specifica che anche il fideiussore che ha garantito debiti altrui può fare il piano. Fai attenzione ai tempi: se il fallimento della società è ancora in corso, alcuni creditori magari recuperano qualcosa dal fallimento. Nel tuo piano potrai indicare che una parte di quei debiti forse sarà soddisfatta dal fallimento, e per il resto proponi tu un pagamento. In ogni caso, sì, è una delle situazioni in cui la legge 3/2012 è stata usata spesso, per liberare ex imprenditori da garanzie opprimenti.
D: Che succede se, dopo l’omologazione del piano o concordato, non riesco a rispettare i pagamenti per motivi sopravvenuti (es. perdo il lavoro)?
R: Se hai difficoltà transitorie, la cosa migliore è informare subito l’OCC/gestore e valutare se chiedere al giudice un’aggiustamento del piano. In certi casi, il Codice consente modifiche: ad esempio, nell’accordo di composizione (concordato minore) si può chiedere al giudice di modificare i tempi di adempimento se tutti i creditori favorevoli acconsentono. Nel piano del consumatore, essendoci un’omologa giudiziale, occorre presentare un’istanza motivata per modificare il piano, ma non è semplice; spesso è preferibile cercare di trovare le risorse per rispettarlo. Se proprio non ce la fai e diventi inadempiente, le conseguenze possono essere: la procedura viene dichiarata risolta o revocata e i creditori riacquistano pieni diritti sui debiti originari (scontato quanto hai eventualmente pagato nel frattempo). Ad esempio, se in un piano dovevi pagare 100 euro al mese e smetti di pagare per molti mesi senza autorizzazione, il giudice – su segnalazione OCC o su istanza di un creditore – potrà revocare l’omologa: a quel punto tutti i creditori torneranno a poterti inseguire per l’intero debito originario meno quanto versato. Tuttavia non tutto è perduto: potrai a quel punto, se la situazione è peggiorata, valutare una liquidazione controllata per chiudere comunque la partita (o se le cause erano indipendenti dalla tua volontà, magari rifare una procedura trascorsi i 5 anni se possibile). Quindi il consiglio è: se prevedi di non farcela, gioca d’anticipo chiedendo una modifica. Se il giudice non la concede e risolve, preparati con un “piano B” (tipo liquidazione). Ricorda che l’esdebitazione automatica scatta solo se completi l’adempimento o se arrivi a fine liquidazione; in caso di revoca per inadempimento grave non verrai esdebitato.
D: Quali documenti devo raccogliere per presentare una domanda di sovraindebitamento?
R: In generale: documento d’identità e codice fiscale; stato di famiglia (per eventuale procedura familiare); elenco dettagliato di tutti i creditori con relativi importi e causali; estratti conto bancari ultimi anni; ultime dichiarazioni dei redditi/ISEE; documentazione su eventuali proprietà (visure catastali, PRA per auto, ecc.); elenco delle spese mensili familiari; se imprenditore, bilanci ultimi 3 esercizi e libro inventari, elenco fornitori e clienti principali, situazione contabile aggiornata. Inoltre dovrai indicare se hai già beneficiato di esdebitazione in passato o se hai procedure concorsuali pendenti. È utile anche fornire una relazione sulle cause del sovraindebitamento e sul perché ti ritieni meritevole (es. eventi imprevedibili, calo reddito, ecc.). L’OCC poi potrebbe fornire un questionario preimpostato. Nella fase di preparazione, ogni debito deve essere “provato” da qualcosa (una comunicazione, un estratto di ruolo, un contratto di mutuo, bollettini impagati, etc.). Più il fascicolo è completo, più l’OCC potrà attestare l’attendibilità e evitare che spunti un creditore fantasma all’ultimo. Se mancano documenti (es. hai perso un contratto di prestito), l’OCC può chiedere visure in Centrale Rischi o alla CRIF per individuare creditori finanziari. Niente deve essere omesso o nascosto.
D: Dopo l’esdebitazione, i creditori possono ancora infastidirmi?
R: No, l’esdebitazione ha effetto permanente e generale verso i crediti anteriori (fatta eccezione per quelli esclusi per legge: alimentari, obblighi di mantenimento, debiti da reato, ecc.). Quindi, ad esempio, se Equitalia (AdER) aveva una cartella e tu sei esdebitato, non potrà più iscriverti fermi amministrativi o pignorarti nulla su quella cartella. In pratica, il debito è estinto legalmente. Se qualche creditore tentasse comunque un recupero (per ignoranza o malizia), potrai opporre in qualsiasi sede il provvedimento di omologazione/esdebitazione e far valere che il credito è inesigibile. È importante conservare con cura il decreto di omologa e il decreto di esdebitazione finale (se c’è separato), perché sono la tua “quietanza” globale. Anche anni dopo, se arriva una lettera di recupero crediti, potrai inviarne copia per far cessare. Inoltre, le centrali rischi dovrebbero su tua istanza aggiornare la posizione a “chiusa per accordo/…”. Il tuo merito creditizio futuro dipenderà ovviamente anche dal fatto che sei stato insolvente, ma formalmente non avrai pendenze legali. In alcune banche dati (es. CRIF) si registra che un debitore è uscito da un sovraindebitamento, ma dopo un certo tot di anni l’informazione viene cancellata. Ad esempio, i dati dei fallimenti rimangono pubblici per 5 anni. Per i sovraindebitamenti, essendo volontaria giurisdizione, la pubblicità è minore; però c’è comunque nel registro delle imprese se eri imprenditore.
D: La mia casa di abitazione è salva nelle procedure?
R: Non automaticamente. Non esiste purtroppo una esenzione totale della prima casa. Se la casa è gravata da mutuo e decidi di mantenere il mutuo pagando le rate, puoi farlo nel piano (magari chiedendo una moratoria). Però se la situazione è che i creditori chirografari prenderebbero zero se tu tieni la casa, il giudice potrebbe storcere il naso a un piano che ti fa tenere la casa senza pagare nulla ai creditori. A volte si trovano soluzioni: ad esempio, nel piano del consumatore si può prevedere di continuare a pagare il mutuo (così la banca ipotecaria è soddisfatta fuori piano) e offrire ai chirografari altre risorse, mantenendo la casa. Oppure vendere la casa e pagarli. Nel concordato minore, se la casa è indispensabile per la vita familiare, puoi proporre di tenerla ma devi comunque assicurare ai creditori un certo ritorno (magari con liquidazione parziale di altre risorse o immissione di denaro di terzi). La legge 3/2012 non ha mai garantito la casa (non è come la homestead exemption americana purtroppo). Quindi va valutato caso per caso con OCC. Considera anche: se la casa ha ipoteche, potresti non avere scelta se non venderla, perché il ricavato serve a soddisfare l’ipoteca e magari qualcosa ai chirografari. In liquidazione controllata, la casa viene liquidata dal liquidatore (salvo sia di valore trascurabile rispetto ai crediti – ma di solito la casa ha valore). In concordato preventivo c’è una novità nel CCII: è possibile prevedere la “cram down” del creditore ipotecario sulla prima casa se serve a preservare la continuità dell’impresa; ma nelle procedure minori questa specifica non c’è, anche se alcune pronunce creative dei tribunali hanno cercato di salvare la casa imponendo al debitore di pagare almeno il valore di mercato ai creditori (o di sostituirla con liquidità equivalente). In conclusione: la casa può essere protetta solo se il piano è convincente nel mostrare che quella è l’unica soluzione migliore anche per i creditori (ad es. tenere la casa perché vendendola all’asta si ricaverebbe poco e invece il debitore pagando le rate dà di più ai creditori).
D: Se un creditore scopre che non ho inserito un piccolo debito nel piano, cosa accade?
R: È fondamentale l’esaustività. Se proprio un creditore viene dimenticato in buona fede, può succedere questo: nelle procedure con omologa giudiziale (piano consumatore), l’omologazione copre comunque tutti i debiti anteriori non conosciuti, salvo che il creditore provi malafede. Nelle procedure con voto (accordo/concordato minore), il creditore pretermesso potrebbe non essere vincolato dall’accordo perché non ha potuto votare. Ma il Codice prevede che anche il creditore escluso possa comunque insinuarsi successivamente e partecipare ai riparti in extremis, oppure far valere la nullità se l’omessa indicazione è stata dolosa. Se è un errore, spesso il giudice ammette il creditore tardivo al concorso. Se invece era volontario (tipo non ho elencato un debito per non far alzare le percentuali), allora rischi grosso: può essere motivo di annullamento dell’omologa su ricorso di quel creditore e anche potenzialmente di sanzioni per frode. Quindi meglio non “dimenticare” nessuno. Se succede, conviene segnalare spontaneamente l’errore appena te ne accorgi e attivarsi per includerlo (magari riconvocando l’adunanza dei creditori nel concordato minore per farlo votare, ecc.).
D: Quali sono le fonti normative principali da consultare per approfondire?
R: Per l’Italia, i riferimenti sono:
- Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.lgs. 12 gennaio 2019 n.14, come modificato da D.lgs. 83/2022 e D.lgs. 136/2024). In particolare: art. 2 (definizioni di crisi, insolvenza, consumatore, imprenditore minore, etc.), artt. 65-83 (ristrutturazione debiti consumatore e concordato minore), artt. 268-277 (liquidazione controllata), art. 283 (esdebitazione incapiente), artt. 278-282 (esdebitazione del sovraindebitato post liquidazione), artt. 84-120 (concordato preventivo), artt. 56-64 (piani attestati e accordi di ristrutturazione), art. 25-sexies (concordato semplificato).
- Legge 27/01/2012 n.3 (vecchia legge sul sovraindebitamento) – rilevante storicamente e per procedimenti aperti prima del 15/07/2022.
- Decreto Legge 118/2021 conv. L.147/2021 (introduzione composizione negoziata).
- Direttiva (UE) 2019/1023 e decreti di attuazione (per capire ratio delle modifiche).
- Circolari Agenzia Entrate in tema di transazione fiscale (es. Circ. 34/E 2020 citata in dottrina, che chiarisce come valutare convenienza per Erario in continuità).
- Giurisprudenza chiave: Cass. Sez. Un. 8504 e 8505/2021 (transazione fiscale giudice competente); Cass. 1869/2016 (meritevolezza legge 3 interpretazione rigida, superata ora); Cass. 2055/2022 (sulla natura prededucibile compensi OCC); Cass. 11883/2021 (sulla falcidiabilità IVA ante riforma); Cass. 12460/2020 (sulla nozione di sovraindebitamento e esclusione professionisti fallibili?); Cass. 23130/2022 (procedura familiare primi casi); Cass. 755/2022 (sulla liquidazione patrimonio e revocatoria fallimentare – oggi ccii rende meno importante la revocatoria interna). E naturalmente Cass. 22890/2023 (meritevolezza nuovo criterio), Cass. 34150/2024 (dilazioni oltre anno), Cass. 27782/2024 (cram-down fiscale estensivo).
Un suggerimento finale per i debitori: non vergognarsi di chiedere aiuto professionale. Il sovraindebitamento è più comune di quanto si pensi e la legge esiste per dare soluzioni. Enti come le Camere di Commercio (attraverso gli OCC) offrono spesso prime consulenze orientative. Ci sono anche associazioni e sportelli comunali antiusura o di assistenza debitori. L’importante è agire prima che la disperazione prenda il sopravvento: con le procedure descritte, una via d’uscita c’è, anche per situazioni che paiono senza speranza.
Fonti e riferimenti normativi
- Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, D.lgs. 12 gennaio 2019 n.14 (artt. 2, 12-25 sexies, 56-64, 65-83, 84-120, 268-283 CCII, e successive modifiche D.lgs. 83/2022, D.lgs. 136/2024).
- Legge 27 gennaio 2012 n.3, “Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovraindebitamento” (normativa previgente, per procedure aperte prima del 15/7/2022).
- Decreto-Legge 24 agosto 2021 n.118, conv. con mod. dalla L.147/2021 (Composizione negoziata della crisi).
- Direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento Europeo e del Consiglio, sui quadri di ristrutturazione preventiva e sull’esdebitazione, attuata in Italia con D.lgs. 83/2022.
- Camera di Commercio Frosinone-Latina – OCC, “Le diverse procedure” (sintesi ufficiale delle procedure di sovraindebitamento post-riforma).
- Linee guida Tribunale di Livorno – Ufficio procedure concorsuali, gennaio 2024, “Gestione delle procedure da sovraindebitamento” (contiene indicazioni su requisiti delle proposte e ruolo OCC).
- Unioncamere – Guida alle procedure concorsuali 2023, cap. sul sovraindebitamento (elenco soggetti non fallibili e requisiti di ammissibilità).
- Cassazione Civile Sez. Unite 8504/2021 e 35954/2021 (competenza su ricorsi in materia di omologazione transazione fiscale: confermano tutela giurisdizionale piena e interpretazione estensiva del cram-down).
- Cassazione Civ. Sez.I 23/12/2021 n.40901 (sulla possibilità di accordi ex art.182-bis con falcidia IVA dopo DL 125/2020 – confermata).
- Tribunale di Milano, decr. 5/12/2018 (importante per il concetto di flussi di continuità come “finanza esterna” ai fini prelazioni – citato in dottrina).
- Agenzia Entrate – Risposta Telefisco 2022 sul cram down fiscale (riconosce omologa forzata anche in caso di diniego AE, poi recepita da norma).
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