Perfetto, inizierò la stesura di una guida completa di oltre 10.000 parole, aggiornata a giugno 2025, dal titolo “La Composizione Negoziata della Crisi per le PMI Con Hai una piccola o media impresa con debiti che non riesci più a gestire e ti stai chiedendo se esiste una soluzione per evitare il fallimento? Ti domandi se puoi trattare con i creditori senza subire subito pignoramenti o azioni legali?
La composizione negoziata della crisi è uno strumento previsto dal Codice della Crisi d’Impresa pensato proprio per aiutare le PMI in difficoltà. Consente di affrontare tempestivamente la crisi, con il supporto di un esperto, evitando procedure traumatiche e cercando di salvare l’attività.
Chi può accedere alla composizione negoziata?
Qualsiasi impresa commerciale, artigiana o agricola – anche in forma individuale – che:
– Si trova in squilibrio patrimoniale o finanziario
– Ha debiti in aumento e liquidità insufficiente
– Intende tentare un risanamento prima che sia troppo tardi
– Ha ancora una prospettiva di continuità aziendale
È uno strumento volontario, riservato e non dichiarativo di fallimento, quindi adatto a imprese che vogliono reagire prima che la situazione peggiori.
Cosa consente di fare la composizione negoziata?
– Avviare una trattativa protetta con i creditori
– Chiedere al Tribunale l’applicazione di misure cautelari e protettive (blocco dei pignoramenti)
– Evitare l’aggravarsi dell’esposizione debitoria
– Sottoporre le scelte gestionali a un esperto indipendente, che aiuta a valutare la sostenibilità del piano
– Arrivare, se possibile, a un accordo con i creditori o a una soluzione concordata
Quali debiti possono rientrare nella composizione negoziata?
Tutti: debiti bancari, fiscali, contributivi, verso fornitori, locatori o dipendenti. Anche eventuali debiti personali dell’imprenditore, se legati all’attività.
Cosa succede se la composizione va a buon fine?
L’impresa ottiene un accordo sostenibile con i creditori, riesce a evitare la liquidazione e può continuare a operare in modo regolare. In alcuni casi si può accedere a misure premiali come incentivi fiscali o protezione da responsabilità.
E se non funziona?
Se non si raggiunge un accordo, si può accedere a una delle procedure concorsuali semplificate (come il concordato semplificato o la liquidazione controllata), evitando comunque il caos della liquidazione giudiziale.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto della crisi d’impresa – ti spiega come funziona la composizione negoziata per le PMI, quali sono i vantaggi e cosa puoi fare per salvare la tua attività prima che sia troppo tardi.
La tua impresa ha debiti che non riesce più a sostenere? Vuoi sapere se puoi ancora risanarla senza perdere tutto?
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Introduzione
La Composizione Negoziata della Crisi d’Impresa è uno strumento innovativo introdotto nell’ordinamento italiano nel 2021 per aiutare le imprese in difficoltà, in particolare le PMI indebitate, a evitare il fallimento (oggi “liquidazione giudiziale”) attraverso una gestione concordata e tempestiva della crisi. Si tratta di un percorso volontario e confidenziale, in cui l’imprenditore mantiene il controllo della propria azienda ma viene affiancato da un esperto indipendente per negoziare con i creditori soluzioni di risanamento sostenibili. A differenza delle tradizionali procedure concorsuali giudiziali, la Composizione Negoziata (spesso abbreviata CNC) non comporta spossessamento dell’azienda né il clamore pubblico di un fallimento: l’intervento del tribunale è limitato a specifici momenti (ad es. l’omologazione di misure protettive o l’autorizzazione di atti urgenti), mentre l’intera trattativa si svolge in modo riservato ed extragiudiziale.
Inquadramento normativo: la Composizione Negoziata è stata introdotta con il D.L. 118/2021 (convertito con L. 147/2021) e poi integrata nel Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII), decreto legislativo n. 14/2019 entrato in vigore il 15 luglio 2022. Attualmente la disciplina organica si trova negli artt. 17–25 CCII, come modificati dai successivi decreti correttivi (D.Lgs. 147/2020, D.Lgs. 83/2022 e il recente D.Lgs. 136/2024). Quest’ultimo “Correttivo-ter”, in vigore dal 28 settembre 2024, ha ulteriormente semplificato l’accesso alla Composizione Negoziata e rafforzato gli incentivi per il suo utilizzo, recependo i primi riscontri pratici e le indicazioni della Direttiva UE 2019/1023 sulla ristrutturazione preventiva. La finalità strategica di questa riforma è incoraggiare l’emersione tempestiva della crisi e favorire soluzioni concordate che preservino, per quanto possibile, la continuità aziendale e i livelli occupazionali.
Obiettivo della guida: in questa guida – aggiornata a giugno 2025 – forniremo un’analisi avanzata e completa della Composizione Negoziata, dal punto di vista del debitore. Ci rivolgiamo ad imprenditori, professionisti e avvocati interessati a comprendere come funziona questo strumento, quali vantaggi offre alle PMI in crisi e come utilizzarlo nella pratica per evitare il fallimento e tutelarsi legalmente. Verranno illustrati i presupposti normativi, le fasi procedurali, i diritti e doveri del debitore, con tabelle riepilogative, esempi pratici e una sezione Domande & Risposte. Includeremo i più recenti aggiornamenti normativi (ad es. le novità introdotte nel 2024) e i primi orientamenti giurisprudenziali emersi fino al 2025, citando fonti autorevoli e sentenze chiave. Al termine, un elenco di fonti e riferimenti normativi consentirà di approfondire ulteriormente gli argomenti trattati.
Quadro Normativo e Finalità della Composizione Negoziata
La Composizione Negoziata della Crisi nasce nell’ambito di un più ampio cambiamento di paradigma nella gestione dell’insolvenza in Italia. Con l’entrata in vigore del CCII nel 2022, il legislatore ha voluto superare l’approccio meramente liquidatorio della vecchia Legge Fallimentare, introducendo strumenti di allerta precoce e di ristrutturazione preventiva che mettano al centro la continuità aziendale. In questo contesto, la Composizione Negoziata rappresenta oggi la porta di ingresso raccomandata per le imprese in crisi prima di qualsiasi procedura concorsuale. È pensata per intercettare situazioni di difficoltà prima che degenerino in insolvenza conclamata, offrendo all’imprenditore uno spazio protetto per il dialogo con i creditori e la ricerca di soluzioni concordate assistite da un esperto indipendente.
Le finalità principali della Composizione Negoziata sono:
- Emersione tempestiva della crisi: incentivare l’imprenditore a intervenire non appena compaiono i primi squilibri finanziari, evitando che una situazione potenzialmente reversibile si aggravi irreparabilmente. A tal fine, il nuovo Codice prevede obblighi di monitoraggio interno (adeguati assetti ex art. 2086 c.c.) e segnali esterni (segnalazioni dei creditori pubblici come Fisco e INPS) per sollecitare il debitore ad agire prontamente. La Composizione Negoziata sostituisce il precedente (mai entrato in vigore) sistema di allerta gestito dall’OCRI, instaurando un approccio volontario e confidenziale basato sull’iniziativa del debitore stesso.
- Massimizzazione del valore e continuità aziendale: cercare soluzioni che preservino l’attività d’impresa e i posti di lavoro, ove possibile. L’idea è di evitare che il primo creditore aggressivo, tramite pignoramenti o istanze di fallimento, comprometta il valore aziendale a danno di tutti. La Composizione Negoziata offre una “moratoria” temporanea (stay) durante le trattative, mirata a congelare le azioni esecutive individuali e dare respiro all’impresa mentre si elabora un piano di risanamento.
- Soluzioni negoziali personalizzate: favorire accordi concordati con creditori e stakeholder che consentano il risanamento o, se ciò non è possibile, una regolazione ordinata della crisi. La procedura è flessibile e consente diversi esiti (accordi stragiudiziali, piani attestati, accordi di ristrutturazione omologati, concordati preventivi, ecc., come dettagliato più avanti), senza imporre a priori un percorso unico. L’esperto aiuta le parti a esplorare tutte le opzioni utili, dalla ristrutturazione “in bonis” con nuovo piano industriale, fino a eventuali soluzioni liquidatorie, purché concordate.
In sintesi, la Composizione Negoziata è stata concepita come uno strumento cardine della riforma 2021–2022 per responsabilizzare l’imprenditore in crisi a cercare attivamente il dialogo con i creditori, prima che sia troppo tardi. Il suo carattere volontario (non può mai essere attivata dai creditori o d’ufficio, solo dal debitore) e stragiudiziale (nessuna dichiarazione formale di insolvenza, nessun commissario che sostituisce l’imprenditore) la rendono meno traumatica e stigmatizzante rispetto a un fallimento. Non a caso il legislatore europeo e italiano puntano molto su strumenti come questo per ridurre il numero di fallimenti evitabili, convogliando i debitori verso soluzioni di risanamento consensuale quando ancora c’è margine di recupero.
Nei paragrafi che seguono analizzeremo in dettaglio chi può accedere alla Composizione Negoziata e a quali condizioni, come si svolge la procedura (dalla piattaforma telematica alla nomina dell’esperto, fino alla conclusione delle trattative), quali strumenti di tutela offre al debitore (misure protettive, sospensione di contratti, finanziamenti prededucibili, ecc.) e quali esiti sono possibili. Verranno evidenziati i vantaggi per l’imprenditore (gestione in proprio, riservatezza, fiscalità agevolata, esimenti penali) ma anche i limiti dello strumento (assenza di vincolo per i creditori dissenzienti, costi e responsabilità). Il tutto corredato da riferimenti normativi aggiornati e dai primi orientamenti dei tribunali, così da fornire una guida operativa di livello avanzato ma al contempo chiara e fruibile.
Soggetti Ammissibili e Presupposti di Accesso
Chi può accedere: possono attivare la Composizione Negoziata tutti gli imprenditori commerciali e agricoli, di qualsiasi dimensione e forma giuridica (ditta individuale, società di persone o di capitali, cooperative, ecc.). A differenza delle procedure concorsuali classiche, non vi sono soglie minime di attivo o di debiti: lo strumento è aperto anche alle micro-imprese “sotto-soglia”, ossia quelle che tradizionalmente non sarebbero sottoponibili a fallimento (imprese minori ex art. 2 L.F.). Il CCII prevede alcune norme specifiche per l’imprenditore minore (art. 25-quater), ma in sostanza anche le piccolissime imprese possono beneficiare della Composizione Negoziata e delle relative soluzioni. Ad esempio, le imprese sotto-soglia possono concludere gli stessi tipi di accordi previsti per le imprese maggiori e accedere ad analoghe misure (come la transazione fiscale, v. infra). Questo è un aspetto importante: anche l’artigiano o la PMI familiare indebitata può oggi percorrere la strada negoziale per evitare il dissesto, laddove in passato l’unica speranza era la normativa sul sovraindebitamento (che però mancava di strumenti protettivi equivalenti).
Presupposti oggettivi – lo stato di difficoltà: la condizione richiesta per l’accesso è che l’impresa si trovi in una situazione di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario tale da rendere probabile la crisi o l’insolvenza, ma rispetto alla quale esistono ancora concrete prospettive di risanamento. In altre parole, l’azienda è in stato di crisi o pre-crisi, non (ancora) in insolvenza irreversibile. Questo presupposto è volutamente elastico: copre tanto le situazioni di tensione finanziaria iniziale (es. cash flow in difficoltà, capitali propri erosi, ritardi nei pagamenti strategici) quanto stati di crisi più avanzata ma non ancora compromessi definitivamente. Se invece l’impresa fosse ancora in piena salute, non avrebbe senso attivare la procedura; viceversa, se fosse già insolvente in modo conclamato e irreversibile, la Composizione Negoziata potrebbe rivelarsi inadatta e andrebbe valutata direttamente un’opzione concorsuale come il concordato preventivo o la liquidazione giudiziale.
Spetta all’imprenditore, al momento di presentare l’istanza, dichiarare sotto la propria responsabilità di trovarsi in uno stato di difficoltà che, in assenza di interventi, rende probabile il verificarsi dell’insolvenza. Ad esempio, egli potrà attestare che si stanno accumulando debiti verso fornitori o banche che non sarà in grado di onorare regolarmente nei prossimi mesi, oppure che il capitale è sceso sotto il minimo legale a causa di perdite, ecc. Unitamente a tale dichiarazione sullo stato di crisi, l’imprenditore deve prospettare che esiste una possibilità di risanamento: ciò può emergere dalla presenza di un portafoglio ordini significativo, di asset liquidabili per ridurre l’indebitamento, di soci disposti ad immettere finanza fresca, o ancora dalla fattibilità di rinegoziare debiti su basi sostenibili. Non è necessario avere già un piano dettagliato, ma occorre almeno intravedere una strategia di uscita dalla crisi. Come vedremo, infatti, tra i documenti iniziali è richiesta quantomeno una bozza di piano o delle linee guida di ristrutturazione.
Il D.Lgs. 136/2024 (Correttivo-ter) ha confermato e chiarito questi presupposti di accesso, eliminando alcuni dubbi interpretativi. In particolare, è stato ribadito che basta trovarsi in uno stato di crisi probabile con potenzialità di recupero per avviare la Composizione Negoziata, anche se poi la procedura non dovesse concludersi positivamente. Ad esempio, è stato eliminato un precedente riferimento all’“esito non positivo” come condizione per accedere al concordato semplificato: ora è sufficiente che la Composizione Negoziata si sia conclusa, a prescindere dal motivo (successo, rinuncia o esito negativo). Questo dettaglio attiene al concordato semplificato post-negoziazione (trattato più avanti), ma qui rileva per capire che non vi è un requisito di merito sul successo delle trattative: l’importante è la sincera volontà iniziale di cercare un accordo, partendo da una situazione di crisi affrontabile. Se poi l’accordo non si raggiunge, l’imprenditore non verrà penalizzato per averci provato (anzi, potrà accedere ad altre soluzioni come il concordato semplificato stesso).
Riassumendo i presupposti di accesso dal lato del debitore:
- Soggetti: qualsiasi imprenditore commerciale o agricolo (incluse PMI e microimprese), in forma individuale o societaria. Esclusi i soggetti non fallibili “non imprenditori” (consumatori, professionisti non organizzati in forma d’impresa, enti non profit), per i quali restano applicabili gli strumenti di sovraindebitamento.
- Stato dell’impresa: difficoltà economico-finanziaria attuale o prospettica che rende probabile l’insolvenza futura, ma impresa ancora risanabile (non insolvenza irreversibile). Crisi in senso ampio, inclusa la “pre-crisi” (allerta).
- Volontarietà: l’iniziativa deve partire dal debitore (non può essere obbligato o richiesto dai creditori o da autorità). L’istanza comporta l’impegno a condurre trattative in buona fede per il risanamento.
- Assenza di procedure concorsuali pendenti: il debitore non deve essere già in liquidazione giudiziale (fallito) o in altra procedura incompatibile. Se, ad esempio, è stato già aperto un fallimento, non è più possibile attivare la Composizione Negoziata. Se invece è pendente solo un’istanza di fallimento presentata da creditori, è comunque possibile avviare la Composizione Negoziata (la pendenza verrà eventualmente sospesa, v. oltre sul coordinamento con istanze di fallimento).
In pratica, ogni PMI con debiti che inizi a intravedere segnali di crisi (indici di bilancio in peggioramento, tensioni di cassa, insoluti, solleciti di pagamento da banche o fornitori, ecc.) dovrebbe valutare seriamente l’accesso alla Composizione Negoziata. Come evidenziato da Unioncamere, la tempestività è spesso decisiva: le statistiche mostrano che un intervento entro pochi mesi dall’emersione delle difficoltà ha molte più probabilità di successo rispetto a un’azienda in crisi da anni. Ad esempio, il 30,5% delle imprese che hanno attivato la procedura quando erano in sofferenza da appena un mese sono riuscite a risanarsi, contro appena l’11,5% di quelle in crisi da cinque anni. Ciò conferma l’importanza di non aspettare l’irreparabile: la Composizione Negoziata è concepita proprio per “curare” la crisi nelle fasi iniziali. Ignorare troppo a lungo i sintomi può esporre gli amministratori anche a responsabilità (ritardare colpevolmente l’emersione della crisi può costituire violazione dei doveri gestori ex art. 2086 c.c., con possibili azioni di responsabilità). Viceversa, attivarsi per tempo avviando una procedura negoziata volontaria è oggi considerato un comportamento virtuoso e doveroso.
Procedura di Accesso: Istanza Telematica e Documentazione Iniziale
Come si avvia la Composizione Negoziata? L’accesso è semplice e interamente digitalizzato. L’imprenditore deve presentare un’istanza di nomina dell’esperto indipendente tramite la piattaforma informatica nazionale predisposta dalle Camere di Commercio (raggiungibile all’indirizzo composizionenegoziata.camcom.it). La piattaforma guida l’utente nella compilazione di un modulo online con i dati dell’azienda e richiede il caricamento di una serie di documenti obbligatori (il cosiddetto corredo documentale previsto dall’art. 17 CCII). Grazie al D.Lgs. 83/2022 e al correttivo 2024, alcuni adempimenti documentali sono stati semplificati, ma resta fondamentale preparare con cura tutta la documentazione richiesta per evitare ritardi o inammissibilità.
Documenti da allegare all’istanza
L’art. 17 CCII elenca i documenti che devono accompagnare l’istanza di composizione negoziata. In sintesi, al momento della domanda tramite piattaforma l’imprenditore deve predisporre e caricare:
- Situazione economico-patrimoniale aggiornata: per le società, i bilanci degli ultimi tre esercizi (se non sono già stati depositati al Registro Imprese); se l’ultimo bilancio non è stato ancora approvato, è sufficiente allegare il progetto di bilancio oppure, per non societari, una situazione patrimoniale e finanziaria aggiornata a non oltre 60 giorni prima. Nota: Il correttivo 2024 ha precisato che vanno allegati i bilanci approvati; se non lo sono, basta appunto il progetto di bilancio o una situazione contabile recente.
- Elenco dei creditori: un documento riassuntivo di tutta la situazione debitoria dell’impresa, con l’elenco nominativo di tutti i creditori (banche, fornitori, fisco, dipendenti, ecc.) e l’indicazione puntuale degli importi dovuti a ciascuno. Questo consente all’esperto e alla commissione di avere un quadro chiaro dell’esposizione debitoria.
- Piano di risanamento o schema di piano: non occorre un piano definitivo e dettagliato, ma è indispensabile fornire almeno una bozza o delle linee guida di piano che illustrino le possibili strategie per superare la crisi. Ad esempio, l’imprenditore può descrivere l’idea di ristrutturazione del debito (es. richieste di dilazione o stralcio ai creditori), eventuali apporti di finanza nuova, cessioni di asset non strategici, riduzione dei costi o altre misure di efficientamento. Questo “canovaccio” di piano servirà all’esperto per capire la fattibilità del risanamento e indirizzare le trattative. In pratica, è una sorta di business plan preliminare della crisi.
- Relazione sulle cause della crisi e iniziative già intraprese: un documento narrativo in cui l’imprenditore spiega come si è originata la crisi (es. calo di fatturato, insolvenza di un importante cliente, aumento dei costi delle materie prime, effetti del Covid, ecc.) e descrive cosa ha già fatto per fronteggiarla. Ad esempio, potrebbe riferire di aver già rinegoziato alcuni contratti, ridotto personale, cercato investitori, oppure segnalare di non aver potuto fare nulla per mancanza di liquidità. Questa relazione aiuta l’esperto a contestualizzare la situazione.
- Certificazioni dei debiti fiscali e contributivi: occorre allegare i certificati attestanti l’entità dei debiti tributari e previdenziali dell’impresa. In particolare: un “certificato unico dei debiti tributari” rilasciato dall’Agenzia delle Entrate (art. 364 CCII) che elenca imposte dovute, cartelle esattoriali non pagate, ecc., e un certificato analogo per i debiti contributivi verso INPS e altri enti (art. 363 CCII). Questi documenti fotografano la situazione debitoria verso l’Erario e gli enti previdenziali. Poiché l’ottenimento di tali certificati può richiedere tempo, il correttivo 2024 ha introdotto una semplificazione: è consentito inserire nella piattaforma, in luogo del certificato non ancora disponibile, una dichiarazione dell’imprenditore di averlo richiesto almeno 10 giorni prima della presentazione dell’istanza. In tal modo non si ritarda l’accesso alla procedura per l’attesa dei certificati fiscali, fermo restando l’obbligo di averli richiesti anticipatamente.
- Dichiarazioni varie e altri allegati: ad esempio, l’imprenditore dovrà dichiarare se pendono a suo carico ricorsi per la dichiarazione di fallimento (liquidazione giudiziale) o domande di concordato preventivo già presentate. Inoltre, è prassi allegare un documento con i propri dati anagrafici e della società (visura camerale) e la copia di un documento d’identità. Alcune piattaforme camerali forniscono modelli standard da compilare per tali dichiarazioni. Infine, quando l’esperto verrà nominato e accetterà, anche l’atto di accettazione dell’esperto sarà caricato (ma questo avviene successivamente).
Nota pratica: È fondamentale che la documentazione sia completa e veritiera. Il Segretario Generale della Camera di Commercio, al ricevimento dell’istanza via piattaforma, verifica la completezza formale e può chiedere integrazioni. Solo quando il dossier è completo viene inoltrato alla Commissione regionale per la nomina dell’esperto. Fornire sin da subito bilanci aggiornati, elenco creditori dettagliato e un credibile schema di piano facilita l’avvio rapido della procedura. Inoltre, l’informativa corretta sui debiti fiscali e contributivi è cruciale: omissioni o inesattezze potrebbero minare la fiducia dell’esperto e dei creditori.
La procedura di inserimento è interamente online: l’imprenditore (o un suo professionista delegato) accede con identità digitale (SPID/CNS) alla piattaforma, compila i campi richiesti, carica i file PDF dei documenti e firma digitalmente l’istanza. Ogni Camera di Commercio ha sportelli dedicati per eventuale assistenza tecnica. Non è previsto il pagamento di bolli o contributi all’atto della domanda (gli eventuali costi sono legati poi al compenso dell’esperto, v. oltre).
Nomina dell’Esperto Indipendente da parte della Commissione
Una volta che l’istanza telematica è completa di allegati, la Camera di Commercio competente (di regola, quella del capoluogo di regione in cui l’impresa ha sede) attiva la procedura di nomina dell’esperto. In particolare:
- Il Segretario Generale della Camera riceve l’istanza dalla piattaforma e, entro 2 giorni, la trasmette alla Commissione regionale apposita (istituita presso la CCIAA del capoluogo di regione). Questa Commissione – composta da esperti designati localmente – resta in carica 2 anni e ha il compito di individuare un professionista idoneo a svolgere il ruolo di esperto indipendente.
- La Commissione deve provvedere in tempi stretti: entro 5 giorni lavorativi dalla ricezione, nomina l’esperto tra i nominativi iscritti nell’elenco nazionale degli esperti indipendenti (elenco tenuto presso il Ministero della Giustizia). La scelta avviene tenendo conto del settore di attività e delle caratteristiche del caso concreto, in modo da designare un professionista con competenze adeguate (es. un commercialista esperto in ristrutturazioni aziendali, un avvocato specializzato in crisi d’impresa, o un consulente di impresa con esperienza specifica).
- Il correttivo 2024 ha introdotto un criterio aggiuntivo per la scelta: la Commissione deve considerare anche il curriculum e la “track record” di ciascun candidato, in particolare gli esiti delle composizioni negoziate già seguite in passato dall’esperto. Infatti, è ora previsto che i professionisti iscritti all’elenco aggiornino periodicamente il proprio CV con l’indicazione sintetica delle procedure seguite e del loro esito (quante ne hanno condotte e quante con successo). Ciò consente di valorizzare i più efficaci: un esperto con precedenti esperienze positive avrà probabilmente maggiori chance di essere nominato di nuovo, mentre la Commissione potrà ponderare meglio la scelta in base alle competenze dimostrate sul campo.
- Contestualmente alla nomina, il nominativo dell’esperto designato viene comunicato e pubblicato (per trasparenza) nell’apposita sezione del sito della Camera di Commercio. L’esperto designato, ricevuta la comunicazione, deve a sua volta dichiarare entro 2 giorni se accetta l’incarico, attestando contestualmente la propria indipendenza e l’assenza di cause di incompatibilità o conflitto di interessi (ad esempio, non deve avere in corso rapporti professionali con il debitore né essere creditore o fornitore, etc., secondo i requisiti dell’art. 16 CCII). L’accettazione viene caricata in piattaforma e segna l’inizio formale della procedura.
Indipendenza e incompatibilità dell’esperto: la legge prevede rigorose cause di incompatibilità per garantire la terzietà dell’esperto (art. 16 CCII). Ad esempio, chi ha avuto incarichi retribuiti dal debitore nei due anni precedenti non può essere nominato. Inoltre, chi svolge l’incarico di esperto non può, nei due anni successivi alla chiusura della procedura, intrattenere rapporti professionali con l’imprenditore, salvo attività direttamente discendenti dalle trattative svolte. Il correttivo 2024 ha lievemente attenuato questo divieto post-incarico: se dopo la chiusura della composizione emergono attività professionali da compiere in diretta attuazione dell’esito delle trattative (es. formalizzare un accordo appena raggiunto, assistere in un concordato preventivo conseguente), tali incarichi non violano il divieto. Resta però vietato che l’esperto diventi consulente stabile del debitore subito dopo, pena nullità dell’incarico e possibili sanzioni deontologiche.
In pratica, dal momento in cui l’imprenditore carica l’istanza completa online, entro circa una settimana/dieci giorni si dovrebbe conoscere il nome dell’Esperto indipendente nominato. È importante sottolineare che l’esperto non è un “commissario” che prende in mano l’azienda, bensì un facilitatore: la sua nomina non comporta alcun depotenziamento formale dei poteri dell’imprenditore, ma apre formalmente la fase di assistenza e mediazione prevista dalla procedura.
L’Esperto Indipendente: Ruolo, Poteri e Doveri
L’Esperto designato, una volta accettato l’incarico, diventa la figura centrale che guiderà e supervisionerà le trattative tra il debitore e i creditori. Il suo ruolo è definito dettagliatamente dall’art. 17-bis CCII. Egli opera come figura terza, imparziale e indipendente, con il compito di agevolare le negoziazioni e aiutare le parti a individuare una soluzione praticabile di regolazione della crisi. È importante comprendere cosa può e cosa non può fare l’esperto:
Poteri dell’esperto: pur non avendo poteri autoritativi o sostitutivi degli organi sociali, l’esperto ha facoltà di svolgere una serie di azioni propulsive e di controllo, tra cui:
- Convocazione di incontri: l’esperto può convocare l’imprenditore e i creditori (anche congiuntamente) per riunioni di trattativa. Di norma, entro i primi 20 giorni dall’accettazione, l’esperto incontra il debitore per analizzare la situazione aziendale e valutare se esistono concrete prospettive di risanamento. In caso affermativo, pianifica un calendario di incontri con i principali creditori. Ad esempio, può fissare un tavolo con le banche esposte, poi con i fornitori strategici, ecc., cercando di coinvolgere progressivamente tutti i soggetti rilevanti.
- Richiesta di informazioni: l’esperto può richiedere alle parti coinvolte – incluso banche, clienti, fornitori, consulenti – ogni informazione utile per valutare lo stato dell’impresa e le possibili soluzioni. Può chiedere, ad esempio, ai creditori dati sull’esposizione residua, agli organi aziendali documenti interni, etc. I creditori sono tenuti a collaborare lealmente con l’esperto (questo dovere di collaborazione attiva è sancito dal CCII e dal dovere di buona fede nelle trattative). Un comportamento ostruzionistico del creditore potrebbe emergere nella relazione finale ed essergli pregiudizievole in seguito.
- Formulazione di proposte e sollecitazioni: l’esperto può formulare ipotesi di accordo o soluzioni di compromesso, invitando le parti a rivedere le condizioni originarie dei loro rapporti. Ad esempio, se un contratto di fornitura è divenuto troppo oneroso per l’azienda, l’esperto può proporre al fornitore una modifica temporanea delle condizioni; oppure suggerire a una banca di allungare le scadenze del mutuo per dare respiro finanziario all’impresa. Egli non ha potere di imporre modifiche, ma può convincere le parti evidenziando che un piccolo sacrificio condiviso oggi può evitare perdite ben maggiori domani (in caso di fallimento, i creditori rischierebbero recuperi molto inferiori).
- Coinvolgimento di specialisti (coadiutori): se la situazione lo richiede, l’esperto può avvalersi di ausiliari o coadiutori con competenze tecniche specifiche. Ad esempio, potrebbe chiamare un ingegnere per valutare un impianto industriale da cedere, o un consulente del lavoro se la crisi coinvolge problematiche occupazionali, o un esperto del settore di mercato in cui opera l’impresa. Questi coadiutori aiutano l’esperto a comprendere meglio aspetti specialistici, ma restano sotto la sua supervisione.
- Accesso a banche dati pubbliche: una novità importante introdotta nel 2024 è che l’esperto può ora accedere direttamente alle banche dati della Pubblica Amministrazione pertinenti. Ciò include Agenzia delle Entrate, INPS, INAIL, Agente della Riscossione, nonché la Centrale Rischi della Banca d’Italia, per ottenere informazioni complete sull’esposizione debitoria dell’impresa. In passato l’esperto dipendeva dai soli dati forniti dal debitore; ora può autonomamente verificare l’ammontare di cartelle esattoriali, i contributi non versati, l’indebitamento bancario segnalato a Centrale Rischi, ecc. Questo accelera i tempi e aumenta l’affidabilità del quadro informativo: l’esperto può scovare omissioni o errori (volontari o meno) nei dati forniti dall’imprenditore e avere un controllo incrociato immediato.
- Interlocuzione con terzi interessati: l’esperto può anche dialogare con eventuali investitori o soggetti terzi potenzialmente coinvolti nel risanamento (ad es. soci disposti a ricapitalizzare, nuovi partner industriali, acquirenti di rami d’azienda). In generale, qualunque soggetto “interessato” alla soluzione della crisi può essere coinvolto nelle trattative su iniziativa dell’esperto.
Doveri e condotta dell’esperto: nell’esercizio dei suoi poteri l’esperto deve attenersi a requisiti di imparzialità, riservatezza e professionalità:
- Deve operare con terzietà, senza favorire indebitamente né il debitore né specifici creditori. Il suo scopo è facilitare una soluzione equa e sostenibile, nel rispetto della legge (non potrebbe avallare accordi lesivi per alcuni creditori o soluzioni in frode).
- Ha un obbligo di riservatezza sulle informazioni acquisite. La procedura è coperta da confidenzialità: l’esperto pubblica solo le relazioni dovute in piattaforma (non accessibili al pubblico generalista) e non può divulgare a terzi estranei elementi sensibili appresi durante le trattative.
- Durante la procedura, l’esperto redige una relazione periodica mensile sullo stato delle trattative, che carica sulla piattaforma. Questa relazione, sintetica, serve ad attestare il mantenimento delle prospettive di risanamento. Se in una relazione mensile l’esperto dovesse constatare che non sussistono più possibilità di esito positivo, ha il dovere di segnalarlo e può decidere di porre fine anticipatamente alla procedura, archiviando l’istanza.
- L’esperto deve vigilare sulla correttezza e buona fede delle parti nelle trattative. La legge impone espressamente alle parti (debitori e creditori) un dovere di comportarsi secondo buona fede e correttezza (art. 4 CCII), pena le sanzioni di legge e la possibile interruzione della procedura. Se il debitore tiene condotte sleali – ad esempio distrae beni, occulta informazioni o viola obblighi di trasparenza – l’esperto può decidere di interrompere la negoziazione, redigendo una relazione negativa che potrà essere utilizzata dai creditori o dal tribunale successivamente. Analogamente, se qualche creditore boicotta irragionevolmente ogni proposta pervenendo a un rifiuto pregiudiziale, l’esperto ne darà conto nella relazione finale, evidenziandone l’atteggiamento ostruzionistico.
In sintesi, l’esperto è una sorta di “mediatore qualificato” con ampi poteri di analisi e proposta, ma non può forzare i creditori ad accettare un accordo né sostituirsi al management dell’impresa. La sua efficacia dipende molto dall’autorevolezza e dall’esperienza: un esperto capace saprà guadagnare la fiducia di tutti gli attori al tavolo e orientare verso soluzioni ragionevoli. Al contrario, un esperto inesperto o percepito come parziale rischia di non ottenere collaborazione. Ecco perché la selezione (Commissione) e la regolamentazione del suo ruolo sono aspetti cruciali.
Fin dall’inizio l’esperto valuta se sussistono prospettive concrete di risanamento: se già nei primi incontri ravvisa che l’impresa è “decotta” e non ha chance, potrà suggerire al debitore di non proseguire e magari optare per altre vie (es. liquidazione controllata). Viceversa, se vede possibilità, accompagnerà l’imprenditore nella definizione di un piano più dettagliato da sottoporre ai creditori.
Gestione dell’Impresa durante le Trattative
Uno degli aspetti più apprezzati della Composizione Negoziata, dal punto di vista dell’imprenditore, è che non vi è spossessamento: il debitore mantiene la gestione ordinaria dell’impresa per tutta la durata delle trattative. A differenza del fallimento (liquidazione giudiziale) o di un concordato preventivo in cui interviene un commissario giudiziale, qui l’imprenditore resta in sella e continua a compiere atti di gestione corrente. L’esperto non ha poteri di amministrazione diretta né firma sugli atti: funge da consulente-supervisore, ma la gestione quotidiana rimane nelle mani del debitore.
Questo consente di preservare la continuità operativa: l’azienda può proseguire la produzione, evadere ordini, pagare fornitori strategici per garantirsi forniture, pagare i dipendenti, incassare crediti, etc. L’ordinaria amministrazione prosegue, idealmente migliorando via via grazie alle azioni di risanamento intraprese con il supporto dell’esperto. Ad esempio, se nel piano è prevista la dismissione di un ramo d’azienda, l’imprenditore potrà iniziare a individuare acquirenti; se è prevista una rinegoziazione di un mutuo, avvierà il dialogo con la banca interessata, e così via.
Atti di straordinaria amministrazione: durante la Composizione Negoziata, in assenza di provvedimenti del tribunale, l’imprenditore può in teoria compiere anche atti di straordinaria amministrazione (es. vendite di beni aziendali, accensione di nuovi finanziamenti, concessione di garanzie) purché funzionali alle trattative di risanamento. Tuttavia, per tutelare il patrimonio e gli interessi dei creditori, il CCII prevede la possibilità che alcuni atti siano subordinati ad autorizzazione del tribunale su richiesta dell’imprenditore, sentito l’esperto:
- L’art. 22 CCII consente di chiedere al tribunale l’autorizzazione a compiere atti di straordinaria amministrazione urgenti, oppure di contrarre finanziamenti prededucibili (vedi oltre) durante la negoziazione. Questo serve a evitare che il debitore, pur animato da buone intenzioni, compia atti che possano pregiudicare i creditori o creare favoritismi. Ad esempio, la vendita di un immobile aziendale in trattativa durante la composizione potrebbe richiedere il via libera del giudice, per assicurarsi che avvenga a valori congrui e nell’interesse del ceto creditorio complessivo.
- Inoltre, come vedremo tra poco, l’imprenditore può chiedere di sospendere temporaneamente determinati contratti onerosi previa autorizzazione del tribunale, oppure di ottenere l’ok per nuova finanza con priorità di rimborso. Sono misure che incidono sui diritti di terzi, e quindi necessitano di un controllo giudiziale di merito.
In generale, però, il management dell’impresa resta in carica e deve proseguire l’attività in buona fede, evitando comportamenti che aggravino il dissesto. Un eventuale abuso (ad es. svuotare le casse, favorire alcuni creditori a scapito di altri durante la procedura) potrebbe portare non solo alla fine anticipata della negoziazione da parte dell’esperto, ma anche a responsabilità personali (in sede fallimentare successiva, atti di questo tipo sarebbero passibili di revocatoria, e gli amministratori potrebbero incorrere in azioni di responsabilità o perfino denunce per bancarotta fraudolenta se vi fosse distrazione di beni).
Continuità aziendale e rapporti pendenti: va sottolineato che l’apertura di una Composizione Negoziata non determina di per sé la risoluzione dei contratti in essere né costituisce causa di scioglimento di rapporti (no “ipso facto clause”). Ciò significa che fornitori, clienti, locatori non possono rescindere un contratto solo perché l’impresa ha attivato la procedura negoziata – questo sarebbe considerato un comportamento scorretto contravvenendo alla ratio protettiva della normativa. Anzi, il correttivo 2024 ha rafforzato le tutele contro reazioni negative dei partner contrattuali, in particolare degli istituti di credito, come vedremo ora parlando delle misure protettive.
Misure Protettive e Cautelari: l’“Ombrello” Giuridico per il Debitore
Uno dei vantaggi cruciali offerti dalla Composizione Negoziata è la possibilità di attivare un “ombrello” di protezione giuridica del patrimonio dell’impresa durante le trattative. Queste sono le cosiddette misure protettive e cautelari, disciplinate dagli artt. 18–20 CCII, che mirano a congelare le azioni individuali dei creditori e altre situazioni potenzialmente dannose mentre si cerca l’accordo. In pratica, il debitore può ottenere una sorta di moratoria temporanea (stay) simile a quella di un concordato, ma nell’ambito di una procedura volontaria e confidenziale.
Sospensione delle azioni esecutive (Misure protettive)
Al momento della presentazione dell’istanza di composizione negoziata, l’imprenditore ha facoltà di richiedere contestualmente l’applicazione di misure protettive del patrimonio. Tali misure consistono principalmente nel divieto, per i creditori, di iniziare o proseguire azioni esecutive o cautelari nei confronti dell’impresa e sul suo patrimonio. In altre parole, una volta attivato lo stay, i creditori non possono: iscrivere pignoramenti, avviare nuovi procedimenti per recuperare forzatamente i crediti, eseguire sequestri o altre azioni cautelari, né proseguire le procedure esecutive già pendenti (che restano sospese).
Questo blocco mira a evitare che il primo creditore aggressivo pignori tutto, vanificando le chance di risanamento a scapito anche degli altri creditori. Con le misure protettive in atto, tutti i creditori sono costretti ad aspettare l’esito delle trattative invece di precipitarsi ad escutere in via individuale.
Le caratteristiche principali dello stay protettivo sono:
- Attivazione “automatica” iniziale: la richiesta di misure protettive viene fatta con ricorso depositato dal debitore (spesso lo stesso atto della domanda su piattaforma) e la sua pubblicazione nel Registro delle Imprese produce un effetto protettivo provvisorio. Entro max 2 giorni dall’accettazione dell’esperto, la domanda di misure protettive è pubblicata nel Registro Imprese, dando notizia ai creditori. Da quel momento, le misure hanno efficacia provvisoria fino alla pronuncia del tribunale sulla conferma.
- Conferma da parte del Tribunale: entro i 30 giorni successivi la richiesta deve essere confermata da un’ordinanza del Tribunale competente (su ricorso ex art. 19 CCII). In pratica l’imprenditore, entro il giorno successivo alla pubblicazione della domanda (come da art. 19, c.1 CCII), iscrive la causa a ruolo presso il Tribunale, che valuterà se confermare o revocare le misure. Il tribunale verifica la sussistenza dei presupposti: deve cioè emergere il fumus boni iuris del risanamento (prospettive concrete di soluzione) e il periculum nel lasciare i creditori liberi di agire (rischio di pregiudizio alle trattative). Ad esempio, il Tribunale di Pescara ha negato la conferma dello stay in un caso in cui la documentazione fornita dall’imprenditore non consentiva di pronosticare alcuna possibilità di risanamento, mancando quindi il necessario fumus di buon esito. Anche il Tribunale di Bologna ha affermato che le misure protettive non possono essere concesse se il piano proposto dal debitore consiste in una mera liquidazione atomistica del patrimonio senza prospettive di continuità, scopo non coerente con la finalità della composizione negoziata.
- Durata e proroga: l’ordinanza che conferma le misure protettive ne stabilisce la durata, inizialmente fino a 120 giorni (4 mesi). È possibile ottenere una proroga, generalmente per altri 60 giorni o fino al termine delle trattative, se necessario e motivato (la durata massima complessiva è collegata a quella dell’incarico dell’esperto, che come vedremo può durare al massimo 12 mesi). Il correttivo 2024 ha chiarito che non è ammesso aggirare la durata massima dello stay chiedendo misure cautelari con lo stesso contenuto: ad es. non si può, scaduti i 120 giorni, domandare una misura cautelare di fatto identica per prolungare la moratoria, pena l’inammissibilità della richiesta. Dunque lo stay ha un limite temporale preciso, prorogabile ma non indefinitamente.
- Ambito soggettivo e oggettivo: il debitore può modulare la richiesta di stay limitandola a determinate azioni o determinati creditori/categorie di creditori, se non serve un blocco generalizzato. Ad esempio potrebbe chiedere di sospendere solo i pignoramenti bancari e non altri. Di regola, però, per massima tutela si richiede verso tutti i creditori. Va segnalato che una recente pronuncia ha ritenuto possibile estendere gli effetti protettivi anche ai coobbligati e garanti del debitore (es. ai fideiussori soci): il Tribunale di Brescia ha affermato l’ammissibilità di misure protettive che comprendano pure i terzi garanti, impedendo ai creditori di escutere le garanzie personali durante la composizione. Ciò è di grande rilievo per le PMI familiari, in cui spesso l’imprenditore ha garantito coi propri beni: la moratoria può mettere in sicurezza temporanea anche il patrimonio personale del garante solidale.
- Effetti sulla procedura concorsuale: durante la pendenza di misure protettive non può essere dichiarata la liquidazione giudiziale (fallimento) dell’imprenditore su istanza dei creditori. L’art. 40 CCII prevede infatti che se un creditore ha chiesto il fallimento mentre è in corso la Composizione Negoziata con misure protettive attive, tale istanza rimane sospesa finché durano le trattative. Questa è una tutela fondamentale inserita nella riforma: impedisce che un singolo creditore “colpisca alle spalle” l’imprenditore portandolo al fallimento mentre questi sta negoziando in buona fede. (Va precisato che in passato c’è stato dibattito su questo punto: la Corte di Cassazione, con sentenza n. 8794/2025, ha confermato l’orientamento che la pendenza della composizione negoziata con stay sospende l’iniziativa di fallimento di terzi. In altre parole, lo scudo protettivo copre anche dal fallimento su iniziativa dei creditori durante il negoziato). Resta invece sempre possibile che sia lo stesso debitore a rinunciare e chiedere la propria liquidazione giudiziale, ma è un caso raro (v. oltre).
In sostanza, le misure protettive danno al debitore un respiro di 4-6 mesi circa, al riparo dalle esecuzioni individuali, per condurre le trattative senza l’assillo di vedersi sottrarre beni aziendali o bloccare conti da un pignoramento. Ciò stabilizza la situazione e permette di preservare l’integrità del patrimonio in vista di una possibile soluzione concordata.
Una novità importante introdotta dal D.Lgs. 136/2024 riguarda i rapporti bancari durante lo stay: il legislatore ha esplicitamente previsto che i divieti imposti ai creditori dalla concessione delle misure protettive valgono anche per le banche e gli intermediari finanziari. In particolare, durante la vigenza dello stay le banche non possono revocare, né ridurre, le linee di credito accordate (fidi, scoperture di conto, affidamenti vari) salvo che la revoca sia dovuta a motivi imposti dalla disciplina di vigilanza prudenziale. Ciò significa che la banca non potrà tagliare gli affidamenti solo perché l’impresa è entrata in composizione negoziata – una pratica di “ritorsione” finanziaria purtroppo frequente in passato. Adesso vige un espresso divieto: se la banca revoca il fido in assenza di ragioni prudenziali oggettive, violerebbe la legge. Se invece esiste una motivazione legata ai parametri di rischio (ad es. la posizione è già deteriorata secondo le norme di Banca d’Italia), la banca può mantenere sospesa o revocata la linea di credito purché dimostri che ciò dipende da tali regole prudenziali e non dalla procedura in sé. Questa norma bilancia l’interesse del debitore a non essere “strozzato” dalle banche durante le trattative con l’interesse del sistema bancario a non violare le proprie regole di rischio. In pratica, stop alle revoche arbitrarie di fido dovute solo al timore della crisi: la procedura negoziata non deve più essere un detonatore automatico di allarme bancario. Molte aziende in passato esitavano ad attivare procedure concorsuali per paura di vedersi chiudere i conti: ora, almeno per la Composizione Negoziata, c’è una tutela specifica.
Esempio: Alfa S.p.A. entra in composizione negoziata e ottiene le misure protettive. Aveva un fido di cassa di €100.000 con la Banca X, utilizzato per €80.000. In passato, la banca avrebbe potuto revocare immediatamente l’intero affidamento appena saputo della crisi, pretendendo il rientro degli €80.000 e bloccando la liquidità di Alfa. Ora Banca X non può farlo, a meno che motivi prudenziali (ad es. la posizione era già incagliata secondo la normativa) lo impongano. Alfa quindi può continuare a usare il fido entro il limite (non oltre i €100.000 accordati) durante le trattative, senza subire un ritiro improvviso dei fondi proprio nel momento delicato delle negoziazioni.
Sospensione di contratti ed altre misure cautelari
Oltre alla moratoria generale delle azioni esecutive, l’ordinamento prevede ulteriori misure cautelari mirate che il debitore può richiedere al tribunale nell’ambito della Composizione Negoziata, sempre con l’obiettivo di rimuovere ostacoli al risanamento. In particolare:
- Sospensione di obblighi contrattuali gravosi: ai sensi dell’art. 20, co. 1, CCII, l’imprenditore può chiedere al tribunale di essere autorizzato a sospendere temporaneamente l’esecuzione di determinati contratti in essere, per un periodo non superiore a 90 giorni (prorogabili una sola volta per altri 90). Questa misura è pensata per quei contratti la cui prosecuzione risulti d’ostacolo al risanamento o potrebbe pregiudicare le trattative. Ad esempio, si pensi a un contratto di leasing per macchinari non più utilizzati, con canoni elevati: continuarne il pagamento drenerebbe cassa preziosa e accumulerebbe debiti; oppure a un contratto di forniture con penali pesanti. Il tribunale, sentito l’esperto, valuta caso per caso l’essenzialità di tali contratti e può concedere la sospensione degli obblighi per il periodo indicato. Ciò significa che l’impresa, per qualche mese, non dovrà eseguire la prestazione (es. pagare i canoni di leasing) e la controparte non potrà risolvere il contratto per questo ritardo, guadagnando tempo per rinegoziare termini più sostenibili. È una misura analoga a quella prevista nel concordato preventivo.
- Autorizzazione a contrarre finanziamenti prededucibili: come accennato, l’art. 22 CCII consente all’imprenditore in composizione negoziata di chiedere al tribunale l’autorizzazione a contrarre nuovi finanziamenti, i quali – se poi si aprirà una procedura concorsuale – avranno privilegio di prededuzione. Questo strumento è fondamentale se l’azienda ha bisogno di liquidità urgente per proseguire l’attività durante le trattative (ad esempio per acquistare materie prime essenziali o pagare fornitori critici). Con l’autorizzazione del giudice e il parere favorevole dell’esperto, un terzo finanziatore (che può essere una banca, un socio, un investitore) eroga un prestito all’impresa sapendo che, in caso di successivo fallimento o concordato, quel credito sarà rimborsato con priorità assoluta (prededuzione). Questo incentivo “convince” potenziali finanziatori a dare fiducia all’impresa in crisi, mitigando il loro rischio. È un concetto mutuato dal DIP financing statunitense. Ad esempio, Beta S.r.l. ottiene dal socio una nuova finanza di €200.000 autorizzata ex art. 22: se poi Beta andasse in liquidazione giudiziale, quei €200.000 sarebbero rimborsati prima di tutti gli altri debiti (salvo quelli prededucibili per legge). Ciò evita la paralisi per mancanza di cassa e permette di alimentare il ciclo produttivo durante la negoziazione.
- Altre misure cautelari: il tribunale può emettere provvedimenti cautelari ulteriori che risultino funzionali ad assicurare l’efficacia delle trattative o evitare pregiudizi ai creditori. Ad esempio, potrebbe inibire un creditore dal escutere una fideiussione specifica (se ciò non rientra già nel generico stay), oppure potrebbe nominare un custode per un bene contestato. In generale, l’art. 18 CCII richiama la possibilità di misure cautelari insieme a quelle protettive. Nella prassi, questo può includere provvedimenti come: blocco temporaneo di un pignoramento già iniziato (oltre la sospensione ex lege), autorizzazione alla vendita urgente di beni deperibili, ecc. Qualunque misura ad hoc che serva a “congelare” la situazione a tutela dell’impresa e dei creditori mentre si cerca l’accordo può essere valutata dal giudice.
Tutte queste misure (protettive e cautelari) non sono automatiche: vanno richieste e motivate. Il giudice decide bilanciando gli interessi in gioco: concede protezioni se vede uno spiraglio serio di risanamento e se percepisce la necessità di tutela per evitare danni irreparabili (es. un creditore ipotecario stava per escutere e portare l’azienda all’asta, allora lo stay è vitale). Se invece il giudice ritiene che la procedura sia iniziata solo per prendere tempo in modo abusivo, oppure che non vi siano basi per un accordo, può negare o revocare le misure. Ad esempio, se il debitore presenta l’istanza quando ormai l’attività è ferma e vuole solo ritardare il fallimento, il tribunale potrebbe rigettare la conferma dello stay. Anche il rispetto dei termini procedurali è importante: il Tribunale di Bologna ha rigettato la conferma di misure protettive perché la relativa domanda era stata iscritta a ruolo tardivamente, oltre il termine di legge, dichiarandole quindi inammissibili.
D’altro canto, quando le misure protettive sono in vigore, il debitore ne deve rispettare condizioni e limiti. Se ad esempio lo stay era “mirato” solo su certi creditori e il debitore allarga la morosità anche verso altri, potrebbe avere problemi. Inoltre, se emergessero abusi (ad esempio l’impresa utilizza lo stay per disfarsi di beni occultamente), i creditori possono chiedere la revoca delle misure protettive. Ci sono casi, come al Tribunale di Napoli Nord, in cui le misure protettive sono state revocate dal giudice per comportamento non corretto del debitore, rimuovendo così la protezione.
In conclusione, le misure protettive e cautelari rappresentano un potente scudo temporaneo che consente all’imprenditore di condurre le trattative in una “safe zone”, al riparo da aggressioni e shock esterni. Questo favorisce un clima più sereno per negoziare con i creditori, i quali a loro volta sono incentivati a partecipare attivamente al dialogo (non potendo agire individualmente, la via negoziale diventa l’unica percorribile almeno per un certo periodo). I creditori restano comunque tutelati: le misure sono concesse solo se c’è prospettiva di risanamento e sotto controllo giudiziario, e la loro durata è limitata. Per il debitore, ottenere lo stay può fare la differenza tra un tentativo serio di salvataggio e un fallimento precipitato da azioni esecutive incontrollate.
Svolgimento delle Negoziazioni e Durata della Procedura
Una volta nominato l’esperto e (eventualmente) attivate le protezioni iniziali, la Composizione Negoziata entra nel vivo con lo svolgimento delle trattative tra debitore e creditori. Questa fase è volutamente flessibile e adattabile alle circostanze: non c’è uno schema rigido di incontri o di proposte predefinite, molto dipende dalle peculiarità della crisi e dal numero/tipologia di creditori coinvolti.
Durata standard: l’incarico dell’esperto ha una durata iniziale di 6 mesi, prorogabile su richiesta motivata del debitore (con assenso dell’esperto) fino ad un massimo di ulteriori 6 mesi. Quindi la Composizione Negoziata può durare al massimo circa 12 mesi dalla data di accettazione dell’esperto. In ogni momento il debitore può anche chiedere la chiusura anticipata (ad esempio se ha raggiunto un accordo prima del termine, o se ritiene di dover passare ad altra procedura). Se allo scadere dei 6 mesi iniziali le trattative sono promettenti ma non ancora concluse, si chiede al Segretario della CCIAA la proroga, motivandola (ad es. trattative avanzate con una banca in attesa di deliberhe, ecc.). La proroga non è automatica: serve un decreto del tribunale che estende le misure protettive e la durata, sentito l’esperto. Comunque, complessivamente un anno è considerato il limite massimo ragionevole per un negoziato di questo tipo.
Primi passi: nei primi giorni l’esperto effettua un’analisi approfondita dell’azienda: esamina i bilanci, la situazione finanziaria, il piano presentato e ogni altra informazione. Entro 20 giorni forma un’opinione preliminare sulle prospettive di risanamento. Se sin da subito giudica la situazione disperata (assenza totale di prospettive), può proporre l’archiviazione anticipata. Diversamente, concorda con l’imprenditore eventuali aggiustamenti al piano o ulteriori approfondimenti da fare. Ad esempio, potrebbe consigliare di integrare il piano con un piano industriale più dettagliato, o di valutare un’opzione di cessione di un ramo d’azienda non considerata inizialmente, etc.
Fatto ciò, l’esperto predispone un calendario di incontri con i creditori principali. Tipicamente, si parte dai creditori strategici: ad esempio, banche (se l’azienda ha esposizioni bancarie rilevanti), i principali fornitori commerciali (quelli la cui collaborazione è essenziale per proseguire l’attività), e i creditori pubblici (Agenzia Entrate/Equitalia, INPS) se vi sono debiti fiscali e contributivi significativi. Successivamente si può allargare il tavolo anche ad altri creditori minori, soprattutto se occorre raggiungere soglie di consenso ampie per eventuali accordi formali.
Modalità delle trattative: le riunioni possono avvenire in forma collettiva (tutti o più creditori seduti al tavolo con il debitore e l’esperto) o bilaterale (singolo creditore a confronto col debitore, mediato dall’esperto). La scelta dipende dalla natura dei rapporti: spesso si inizia con incontri separati, ad es. si parla con ciascuna banca singolarmente, con alcuni fornitori chiave separatamente, e poi in un secondo momento si può fare un meeting con tutti insieme se serve coordinamento su una proposta unitaria. L’esperto funge da moderatore, illustra la situazione aziendale in modo trasparente (portando dati oggettivi) e cerca di far emergere il “denominatore comune” tra le parti. Il debitore può presentare un piano di massima e sentirne i feedback dai creditori.
Le possibili soluzioni da ricercare: lo scopo delle trattative è capire se si può convergere su una delle soluzioni previste dall’art. 23 CCII. In generale, gli esiti possibili rientrano in due macro-categorie:
- Soluzioni stragiudiziali (accordi privati): sono accordi direttamente stipulati tra il debitore e uno o più creditori, senza necessità di omologazione da parte del tribunale. Rientrano qui:
- Contratti o accordi bilaterali o plurilaterali conclusi con alcuni creditori per assicurare la continuità aziendale. Ad esempio, l’impresa potrebbe firmare con le banche un accordo di moratoria sui mutui (sospensione/rateizzazione dei pagamenti per un certo periodo) e con i fornitori un accordo di dilazione (pagamento dei vecchi crediti in più tranche), mentre i soci si impegnano a versare liquidità aggiuntiva. Tali atti privati combinati possono costituire di fatto un “piano di risanamento” informale. L’importante è che siano funzionali al risanamento e che tutti i coinvolti li rispettino. L’esperto valuterà nella relazione finale se questi contratti realizzano l’obiettivo di riequilibrio.
- Accordo “semplice” di composizione della crisi con i creditori aderenti: il CCII consente, a esito delle trattative, che debitore, creditori interessati ed esperto sottoscrivano un accordo di regolazione della crisi (previsto per le imprese sotto-soglia dall’art. 25-quater, ma analogo a soluzioni per le maggiori). Questo accordo non richiede l’adesione di tutti i creditori, ma vincola solo quelli che vi aderiscono (inizialmente la norma sembrava richiedere l’unanimità, ma il correttivo ha chiarito che è sufficiente la partecipazione dei creditori “aderenti” senza bisogno di raggiungere l’unanimità assoluta). Anche parti terze interessate al risanamento possono aderire all’accordo. In pratica, è un accordo stragiudiziale multilaterale che disciplina come verrà regolata la crisi (chi paga cosa, in quali tempi, eventuali stralci, ecc.). Questo accordo produce alcuni effetti legali tipici (in particolare, se rispetta certi requisiti, consente le esenzioni da revocatoria e le agevolazioni fiscali come quelle previste dall’art. 25-bis CCII). È dunque una sorta di workout negoziale formalizzato, ma senza passare dal tribunale per omologa.
- Soluzioni con intervento giudiziale (accordi o piani omologati): sono quelle in cui l’esito delle trattative confluisce in uno strumento che necessita di omologazione del tribunale, assicurando così efficacia anche verso eventuali creditori dissenzienti. Possibili esiti in questa categoria:
- Presentazione di un Accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 57 CCII (o varianti come accordo agevolato ex art. 60, accordo ad efficacia estesa ex art. 61). Ad esempio, se l’imprenditore durante la CNC ottiene l’adesione di creditori rappresentanti almeno il 60% dei crediti, potrà depositare in tribunale tale accordo per ottenerne l’omologazione. Una volta omologato, l’accordo di ristrutturazione vincolerà anche eventuali creditori non aderenti (limitatamente però alle tipologie previste dalla legge, es. nella versione “estesa” si possono estendere gli effetti a dissenzienti se si raggiunge una certa maggioranza). Il correttivo 2024 ha addirittura abbassato dal 75% al 60% la soglia di adesione richiesta per poter omologare un accordo ad efficacia estesa, se la domanda di omologa è presentata entro 60 giorni dalla conclusione della composizione negoziata. Ciò per incentivare il debitore ad agire subito dopo il termine delle trattative con uno strumento formale, permettendo di “cristallizzare” in un accordo legale quanto negoziato informalmente.
- Piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione (PRO): il CCII, recependo la direttiva UE, prevede anche la possibilità di un piano di ristrutturazione con classi di creditori e voto, omologato dal tribunale anche con cram-down (artt. 64-bis e segg.). È uno strumento ibrido tra accordo e concordato. Se durante le trattative l’imprenditore elabora un piano che necessita di voto dei creditori, può depositarlo e passare per l’omologa giudiziale. Questo scenario, però, non è frequente nelle PMI, più spesso si opta per l’accordo di ristrutturazione o il concordato.
- Concordato preventivo: nulla vieta che, grazie alle interlocuzioni avute con i creditori in sede di composizione negoziata, l’imprenditore confezioni una proposta di concordato preventivo (in continuità aziendale o liquidatorio) da sottoporre poi al voto formale dei creditori. In pratica la CNC può fungere da “incubatore” del concordato: si testa il terreno con i creditori, si redige il piano con l’aiuto dell’esperto, e poi si deposita la domanda di concordato in tribunale. Spesso questo avviene con un concordato con riserva (art. 44 CCII, ex art. 161 L.F.), cioè si deposita la domanda e poi entro tot giorni si presenta il piano definitivo concordatario. Se l’appoggio c’è, il concordato avrà buone chance di successo.
- Concordato minore: per le imprese sotto-soglia, l’equivalente del concordato preventivo è il concordato minore, procedura semplificata prevista dal CCII per i piccoli debitori. Anche questo può essere un esito se il debitore minore, terminate le trattative, vuole formalizzare un piano liquidatorio o in continuità e coinvolgere il tribunale per l’omologa.
- Mancato accordo (esito negativo): purtroppo, non tutte le Composizioni Negoziate portano a un’intesa. Se le trattative non producono alcun accordo (né privato né formale) entro il termine, la procedura viene dichiarata conclusa senza accordo. In tal caso l’esperto redige una relazione finale negativa, nella quale dà conto dei motivi per cui non si è trovato un accordo e del comportamento delle parti durante il percorso. Egli specificherà se il debitore ha agito con correttezza e trasparenza o se ha avuto colpe nell’insuccesso, e se qualche creditore è stato irragionevolmente ostile, ecc.. Indicherà anche se ha riscontrato soluzioni impraticabili o mancanza totale di prospettive. Questa relazione viene comunicata al debitore e depositata nel Registro delle Imprese (diventando quindi conoscibile dai creditori). Un punto fondamentale: dalla data di archiviazione (chiusura) della composizione negoziata decorrono 60 giorni entro cui il debitore, se ha i requisiti, può presentare domanda di concordato preventivo semplificato per la liquidazione del patrimonio. Il concordato semplificato (art. 25-sexies CCII) è una procedura speciale riservata proprio ai casi di composizione negoziata fallita senza accordo. Si tratta di un concordato liquidatorio senza voto dei creditori: il debitore propone la cessione o liquidazione di tutti i suoi beni ai creditori, e il tribunale può omologare la proposta – valutandone la regolarità e la convenienza rispetto all’alternativa liquidatoria fallimentare – anche senza il voto dei creditori. È quindi uno strumento di “chiusura” che consente di evitare il fallimento pure se la negoziazione non ha prodotto accordi. Occorre però che dalla relazione finale dell’esperto risulti che le trattative si sono svolte in buona fede ma non hanno avuto successo. Approfondiremo a parte condizioni ed effetti di questo concordato speciale; qui basti dire che rappresenta una via d’uscita ordinata: piuttosto che un fallimento caotico, si permette al debitore di offrire la liquidazione del suo patrimonio in modo controllato. Se il debitore non fa nulla entro 60 giorni dalla chiusura della CNC (né concordato semplificato né altre procedure), allora terminano definitivamente anche gli effetti protettivi eventualmente concessi e i creditori riacquistano piena libertà di azione. A quel punto l’impresa è sostanzialmente esposta a istanze di fallimento o azioni esecutive come in origine.
In base ai dati raccolti finora, circa metà delle Composizioni Negoziate si conclude senza un accordo andandosi a inserire poi in un concordato o in una liquidazione. Tuttavia, col maturare dell’istituto, i casi di successo sono in aumento: a maggio 2025 risultano 295 procedure concluse positivamente (con un accordo stragiudiziale o una soluzione concordataria avviata), pari a un tasso di successo del 22,5% (in crescita rispetto al passato). In parallelo, le istanze presentate sono raddoppiate: tra novembre 2024 e maggio 2025 ne sono state presentate 905, +120% rispetto al semestre precedente. Ciò dimostra che sempre più imprese stanno utilizzando lo strumento e, se attivato tempestivamente e con risorse adeguate, funziona nel portarle ad un risanamento sostenibile.
Fattori che incidono sul successo sono la dimensione e la struttura aziendale: Unioncamere ha rilevato che le imprese che ce la fanno sono in media più grandi (53 addetti vs 27 delle non risanate) e con attivo medio di 33 milioni vs 9 milioni. Le microimprese faticano di più, spesso per deficit di cultura finanziaria, assetti organizzativi inadeguati e minore supporto bancario. Ciò evidenzia l’importanza, specie per le PMI più piccole, di farsi assistere da consulenti esperti e di investire in organizzazione interna: adottare assetti adeguati e monitorare i conti (come impone l’art. 2086 c.c.) può fare la differenza nel cogliere per tempo i segnali e nell’affrontare con successo la negoziazione.
Coordinamento con le altre Procedure Concorsuali
La Composizione Negoziata si caratterizza per la sua non esclusività: il debitore resta sempre libero, durante o al termine delle trattative, di accedere ad altre procedure concorsuali (concordato preventivo, accordo di ristrutturazione, liquidazione giudiziale) se lo ritiene opportuno. Il CCII però detta alcune regole per coordinare la CNC con gli altri istituti, evitando conflitti:
- Come già detto, durante la pendenza della CNC con misure protettive, il debitore non può essere dichiarato in liquidazione giudiziale su iniziativa dei creditori. L’istanza di fallimento presentata da terzi resta sospesa fino alla conclusione delle trattative. Ciò vale anche per l’eventuale iniziativa d’ufficio del tribunale (che comunque è rara, avveniva solo in casi di insolvenza palese e nessuna iniziativa delle parti).
- Il debitore può transitare dalla Composizione Negoziata ad un’altra procedura in qualsiasi momento, modificando percorso. Ad esempio, se nel corso delle trattative emerge che è possibile un concordato preventivo con adeguato sostegno dei creditori, l’imprenditore può presentare subito domanda di concordato (anche con riserva) senza attendere i 6 mesi. La presentazione della domanda di concordato comporterà la chiusura anticipata della CNC (non ha senso proseguire parallelamente). Questo passaggio può essere strategico se serve il voto dei creditori o misure che solo il concordato offre (es. una moratoria fiscale che richiede un concordato).
- Viceversa, se durante la CNC il debitore stesso si convince che non c’è possibilità di risanamento e preferisce optare per una soluzione liquidatoria concorsuale, può rinunciare alla CNC e chiedere l’apertura immediata della liquidazione giudiziale. Questa scelta, pur consentita, è però poco comune: difficilmente un imprenditore che ha intrapreso la strada negoziale decide volontariamente di “darsi fallito” salvo eventi sopravvenuti gravi.
- Se il debitore apre un concordato o un accordo mentre era in corso la CNC, bisogna coordinare le protezioni: generalmente, le misure protettive ottenute in CNC possono proseguire (o essere rinnovate) nell’ambito della nuova procedura. Ad esempio, se si passa a concordato, lo stay della CNC confluirà nelle protezioni del concordato preventivo. Occorre comunque informare i creditori e il tribunale della nuova procedura.
Un ultimo aspetto: la riservatezza della Composizione Negoziata rispetto ad altre procedure. L’apertura della CNC in sé non viene pubblicata nel Registro delle Imprese (resta confidenziale), a meno che non siano state richieste misure protettive. In tal caso, viene iscritta una menzione dell’ordinanza di concessione dello stay (visibile ai terzi). Tuttavia, questa pubblicità è circoscritta: in genere solo i creditori “interessati” ne vengono informati specificamente. Ciò è molto diverso da un concordato, dove la domanda è pubblica. Questa confidenzialità riduce il rischio di stigmatizzazione sul mercato: clienti e fornitori non necessariamente verranno a sapere della procedura, scongiurando allarmismi e preservando la reputazione dell’impresa durante la delicata fase negoziale.
In sintesi, la Composizione Negoziata è complementare agli altri strumenti di crisi: può sfociare in essi se serve, oppure rappresentare un tentativo a sé stante. Viene incoraggiato come primo approccio (l’allerta pubblica e privata spinge a usarla prima di arrivare a procedure formali), ma non preclude affatto di ricorrere successivamente a concordati o accordi giudiziali. Anzi, come visto, spesso funge da preludio preparatorio. L’importante è che il passaggio avvenga in modo ordinato e, grazie alle regole del Codice, senza pregiudicare i creditori (che non subiscono iniziative unilaterali di altri durante lo stay, né perdono tutele se si cambia procedura).
Vantaggi e Svantaggi per il Debitore: un Bilancio
Dal punto di vista del debitore (imprenditore in crisi), la Composizione Negoziata offre numerosi vantaggi, ma presenta anche alcuni limiti da tenere in considerazione. Elenchiamo i principali.
Vantaggi e opportunità:
- Mantenimento della gestione: l’imprenditore conserva l’amministrazione ordinaria dell’azienda durante tutto il percorso. Non c’è spossessamento né sostituzione con organi terzi (come avviene nel fallimento con il curatore). L’esperto non ha poteri gestionali, quindi l’imprenditore può continuare a dirigere l’impresa, motivando il personale e portando avanti i piani di risanamento concordati.
- Riservatezza e reputazione protetta: la procedura è confidenziale e tendenzialmente non diventa di dominio pubblico, a differenza di un fallimento o di un concordato (che sono pubblicati e noti a tutti). Ciò tutela la reputazione dell’impresa, evitando panico tra clienti, fornitori e dipendenti. Molte PMI temono, a ragione, che l’etichetta di “in concordato” le tagli fuori dal mercato; con la CNC questo rischio è attenuato.
- Assistenza qualificata: l’impresa beneficia dell’affiancamento di un esperto indipendente e dei suoi eventuali coadiutori, figure con esperienza in ristrutturazioni aziendali. Questo apporto di competenze può aiutare a individuare soluzioni innovative o comunque a formulare un piano di risanamento più credibile, cosa che spesso all’imprenditore “dentro” la crisi può sfuggire.
- Ombrello legale temporaneo: come visto, il debitore può ottenere uno stay delle azioni esecutive (misure protettive) che congela i pignoramenti e le iniziative individuali dei creditori, guadagnando tempo e tranquillità operativa. Inoltre può sospendere contratti onerosi e ottenere nuovi finanziamenti prededucibili. Questo insieme di misure dà respiro finanziario e stabilità all’impresa, spesso cruciali per evitare il tracollo a breve termine.
- Incentivi fiscali e penali: la legge prevede alcune agevolazioni fiscali legate all’apertura e all’esito della Composizione Negoziata (art. 25-bis CCII). Ad esempio, gli interessi sui debiti tributari maturati dopo l’avvio della procedura sono dovuti in misura ridotta (interesse legale); le sanzioni tributarie irrogate durante la procedura, se pagate tempestivamente, sono ridotte al minimo; gli interessi e le sanzioni già maturati prima possono essere ridotti della metà se si arriva ad un piano attestato o accordo omologato. Inoltre, l’impresa può ottenere dilazioni fino a 120 rate per i tributi non versati, se conclude un accordo con pubblicazione registro imprese e con istanza congiunta con l’esperto. Sono previsti anche benefici in termini di esenzione da tassazione delle riduzioni di debito e detraibilità IVA su crediti non incassati a seguito della composizione. Sul piano penale, l’ordinamento prevede che l’imprenditore che abbia tempestivamente attivato gli strumenti di composizione possa godere di attenuanti in caso di successivo fallimento. In particolare, è causa di non punibilità per alcune fattispecie di bancarotta semplice l’aver esperito con esito positivo una procedura di regolazione concordata della crisi. Anche nel caso di bancarotta fraudolenta, aver tentato di risanare l’impresa può essere valutato positivamente dal giudice ai fini della pena. Dunque, chi prova la via negoziale potrebbe evitare sanzioni che colpiscono chi rimane inerte fino al fallimento. L’idea è premiare il debitore “collaborativo” e responsabile.
In sintesi, la CNC offre al debitore un ambiente protetto, meno traumatico e potenzialmente vantaggioso (anche fiscalmente) per rimettere in sesto l’azienda. È volontaria e flessibile, quindi il debitore mantiene l’iniziativa e la possibilità di modulare le soluzioni.
Svantaggi e limiti:
- Nessun potere impositivo sui creditori: a differenza di un concordato o di un accordo omologato, nella CNC i creditori non sono obbligati a sottostare a una ristrutturazione se non vogliono. Non c’è un meccanismo di voto a maggioranza che possa imporre ai dissenzienti condizioni sfavorevoli. Ciò significa che basta un grande creditore ostile per far fallire le trattative. Se ad esempio una banca rifiuta qualsiasi dilazione e ha peso determinante, l’esperto non può che prenderne atto. Questo limite può essere superato solo transitando a procedure che prevedono cram-down (concordato, accordo omologato a maggioranza). Dunque la CNC da sola funziona se c’è consenso spontaneo; se manca, il debitore deve cambiare strategia.
- Costi della procedura: pur essendo meno costosa di un fallimento o concordato, la Composizione Negoziata non è a costo zero. L’esperto ha diritto a un compenso (stabilito secondo tariffe ministeriali, in parte fisso e in parte variabile legata all’esito) a carico del debitore. Ad esempio, potrebbe essere qualche migliaio di euro fissi più una percentuale sui risultati raggiunti. Inoltre, il debitore di norma si avvale di consulenti (avvocato, advisor finanziario) per assisterlo durante le trattative, con relativi costi professionali. Rispetto a un fallimento, dove il curatore è pagato sul realizzo del patrimonio (e quindi di fatto dai creditori), qui l’imprenditore deve sostenere direttamente i costi dell’assistenza. Tuttavia, va detto che se poi segue un fallimento, il compenso dell’esperto e dei professionisti avrà prededuzione (quindi sarà rimborsato con priorità sul patrimonio), e in generale i costi sono inferiori a quelli di lungo contenzioso o di procedure complesse.
- Dipendenza dalla buona fede di tutti: la CNC richiede collaborazione sincera. Se una delle parti agisce in malafede, il processo deraglia. Abbiamo visto che condotte opportunistiche del debitore (occultamenti, atti distrattivi) portano l’esperto a interrompere la procedura. Allo stesso modo, creditori pregiudizialmente ostili possono bloccare ogni proposta. Il meccanismo non prevede sanzioni immediate per il creditore che rifiuta (salvo la “morale” di essere segnalato nella relazione). Quindi c’è un rischio: se manca un minimum di apertura da ambo i lati, si perde tempo e nulla di fatto. In un concordato il creditore dissenziente soccombe se c’è maggioranza; qui no. Questo rende fondamentale un’attenta analisi iniziale da parte dell’imprenditore: conviene intraprendere la CNC solo se si ritiene che la maggior parte dei creditori sia disponibile al dialogo razionale. Se già si sa che i principali diranno “no” a prescindere, tanto vale prepararsi ad un concordato. Tuttavia, spesso i creditori più ostili lo diventano perché tenuti all’oscuro: informandoli tramite la CNC e coinvolgendoli, molti cambiano atteggiamento, comprendendo che conviene trovare un accordo (piuttosto che il rischio di fallimento e incassare briciole). Sta all’abilità dell’esperto far emergere questi aspetti.
- Possibilità di insuccesso: statisticamente, c’è una buona probabilità che la CNC non porti direttamente ad un risanamento in bonis. Come detto, circa la metà termina senza accordo e sfocia in altre procedure. Ciò significa che l’impresa potrebbe comunque finire in concordato o liquidazione dopo aver speso mesi in negoziazione. Alcuni critici vedono questo come un allungamento inutile dell’agonia. Tuttavia, anche quando la CNC non riesce da sola, spesso non è tempo sprecato: può servire a preparare un concordato più consapevole, o a gestire la transizione verso la liquidazione con maggiore ordine. Ad esempio, grazie alla CNC l’impresa può aver venduto asset a prezzo migliore di quanto avrebbe fatto in fallimento, o aver ridotto il perimetro aziendale rendendo più agevole la liquidazione. Inoltre, con il concordato semplificato disponibile, anche l’esito negativo trova comunque uno sbocco rapido.
In conclusione, la Composizione Negoziata è uno strumento estremamente utile per il debitore che voglia giocare in anticipo le sue carte per evitare il default. Offre chance di salvataggio che prima non c’erano, in un contesto protetto e guidato. Però non è una bacchetta magica: richiede impegno serio, trasparenza e un pizzico di fortuna (che i creditori chiave credano nel piano). Il debitore deve valutare caso per caso se le condizioni sono propizie e, se decide di intraprendere la via negoziale, deve investire nella preparazione del piano e nella comunicazione con i creditori, affiancandosi di professionisti competenti. Se lo farà, anche qualora non si arrivi ad un accordo extragiudiziale, avrà comunque posto le basi per gestire la crisi in maniera meno traumatica.
Nel prossimo capitolo, metteremo a terra questi concetti con un esempio pratico di Composizione Negoziata riguardante una PMI indebitata, per illustrare passo passo cosa accade e come l’imprenditore e l’esperto possono interagire con i creditori nella realtà.
Esempio Pratico di Composizione Negoziata: il Caso “Alfa S.r.l.”
Per comprendere in modo concreto il funzionamento della Composizione Negoziata dal punto di vista del debitore, immaginiamo il caso di Alfa S.r.l., una PMI manifatturiera italiana.
Profilo dell’azienda: Alfa S.r.l. è un’azienda di medie dimensioni (50 dipendenti) che produce componenti meccaniche. Negli ultimi anni ha contratto diversi debiti: ha due mutui bancari residui per 1 milione di euro complessivi, fornitori da pagare per 800.000€, e debiti verso l’Erario per IVA e contributi arretrati per 300.000€. Il fatturato annuo è in calo (circa 5 milioni di euro, -30% rispetto a due anni prima) a causa della perdita di un importante cliente estero e dell’aumento dei costi delle materie prime. Il patrimonio netto si è assottigliato per perdite cumulate; l’ultimo bilancio presenta un capitale quasi azzerato.
Segnali di crisi: da alcuni mesi Alfa fatica a pagare i fornitori nei termini e ha chiesto alle banche moratorie sulle rate dei mutui. Alcuni fornitori hanno iniziato ad inviare solleciti di pagamento e un paio hanno ottenuto decreti ingiuntivi. L’INPS ha segnalato un ritardo nel versamento dei contributi. La direzione di Alfa si rende conto che, senza un intervento strutturale, l’insolvenza è probabile entro pochi mesi: il capitale circolante è negativo e le previsioni di cassa mostrano tensioni crescenti.
Invece di attendere il precipitare degli eventi (pignoramenti, istanze di fallimento), l’amministratore unico decide di attivare subito la Composizione Negoziata. Il suo obiettivo è evitare il fallimento e salvaguardare la continuità aziendale trovando un accordo con banche e fornitori, magari coinvolgendo un investitore.
Fase 1 – Presentazione dell’istanza sulla piattaforma: il 1° marzo l’amministratore, assistito dal proprio avvocato e commercialista, accede alla piattaforma composizionenegoziata.camcom.it. Compila l’istanza inserendo i dati di Alfa S.r.l. e allega i documenti richiesti:
- Bilanci degli ultimi 3 esercizi (2022, 2021, 2020) già depositati al Registro Imprese;
- Situazione debitoria aggiornata al 28 febbraio (elenco di tutte le posizioni debitorie con importi e scadenze);
- Bozza di piano di risanamento: 10 pagine in cui Alfa delinea le linee di intervento (es. richiesta di allungamento dei mutui da 5 a 8 anni; proposta di pagare i fornitori vecchi al 80% in 24 mesi; ricerca di un socio finanziatore per immettere liquidità; cessione di un immobile non strategico per fare cassa; riduzione di alcuni costi generali);
- Relazione sulle cause della crisi: Alfa spiega la perdita del cliente estero e l’aumento costi, evidenziando che il margine di contribuzione del prodotto è sceso e sta lavorando per diversificare la clientela; cita anche i passi già fatti (licenziamento di 5 impiegati, riduzione orario straordinario, etc.);
- Certificato dei debiti tributari dell’Agenzia Entrate e certificato INPS (che Alfa aveva richiesto in anticipo a metà febbraio).
Completa tutto e firma digitalmente. La piattaforma fornisce ricevuta. (Contestualmente, l’avvocato di Alfa deposita presso il Tribunale locale anche un ricorso per l’applicazione delle misure protettive, visto che alcuni decreti ingiuntivi sono in arrivo).
Fase 2 – Nomina dell’esperto: entro pochi giorni, la Commissione regionale nomina l’avv. Beta, esperto indipendente con esperienza in crisi d’impresa, come esperto per Alfa S.r.l. Beta accetta l’incarico dichiarando di essere indipendente (non ha mai lavorato per Alfa né per i suoi creditori). Il 10 marzo l’accettazione di Beta viene pubblicata sul sito camerale e comunicata ad Alfa. Da questo momento iniziano le trattative.
Fase 3 – Misure protettive attivate: la domanda di misure protettive di Alfa (inviata il 2 marzo al Tribunale) viene subito iscritta al Registro Imprese. I creditori ne hanno notizia: il 3 marzo appare l’annotazione che Alfa S.r.l. ha chiesto la sospensione delle azioni esecutive ex art. 18 CCII. Alcuni fornitori, che stavano per agire, contattano Alfa per capire la situazione. Il 15 marzo il Tribunale tiene l’udienza di conferma dello stay: Alfa, tramite l’avvocato, illustra il piano di risanamento e spiega che azioni esecutive in questa fase comprometterebbero le trattative. L’esperto Beta deposita un parere favorevole: ritiene che ci siano prospettive concrete di accordo, evidenziando che una banca (Banco X) si è già mostrata disponibile a dialogare informalmente e che un investitore locale ha manifestato interesse ad entrare in società. Il Tribunale, riscontrando il fumus (azienda ancora operativa, ordini acquisiti, piano credibile) e il periculum (ci sono precetti per 200k € che se eseguiti sottrarrebbero liquidità necessaria a pagare fornitori per materie prime), conferma le misure protettive. Emana un’ordinanza che vieta per 120 giorni ai creditori di Alfa di iniziare o proseguire azioni esecutive o cautelari. Inoltre, su istanza, dispone che Alfa possa sospendere per 3 mesi due contratti di leasing su macchinari inutilizzati.
Contestualmente, in base alle nuove norme, Beta notifica alle due banche di Alfa la copia dell’ordinanza: le banche sanno così che non possono revocare i fidi durante questo periodo (infatti una di esse aveva già accennato a voler ridurre il castelletto di anticipo fatture, ma ora dovrà congelare la decisione). Alfa tira un sospiro di sollievo: per 4 mesi è al riparo da pignoramenti e ha margine per negoziare con serenità.
Fase 4 – Analisi e preparazione del piano definitivo: Beta, l’esperto, nei giorni successivi visita lo stabilimento Alfa, incontra l’amministratore e il direttore finanziario. Studia i bilanci e la contabilità per verificare i dati. Rileva che effettivamente l’azienda ha un buon portafoglio ordini e potrebbe tornare profittevole se taglia alcuni costi e ristruttura il debito. Beta suggerisce alcune modifiche alla bozza di piano: ad esempio, consiglia di proporre ai fornitori un pagamento del 60% entro un anno e un ulteriore 20% entro il secondo anno (anziché 80% in due anni, per rendere la proposta più appetibile subito), e di prevedere che i soci attuali rinuncino ai crediti soci (convertendoli in capitale) per migliorare i ratios patrimoniali. Inoltre, Beta contatta un consulente del lavoro come coadiutore per stimare l’impatto di eventuali esuberi di personale sul costo fisso: emerge che l’azienda potrebbe risparmiare €200k/anno riducendo 8 unità, proteggendo comunque la produzione core.
In parallelo, Beta usa i suoi poteri per collegarsi alle banche dati: verifica i debiti fiscali esatti e scopre che, oltre ai 300k noti, c’è una cartella di €50k relativa a sanzioni che Alfa non aveva menzionato (la direzione non ne era a conoscenza perché la notifica era in giacenza). Questa trasparenza in più permette di non avere sorprese dopo.
Fase 5 – Incontri con i creditori: a inizio aprile Beta convoca un primo incontro con i funzionari delle due banche creditrici principali di Alfa (Banco X e Banco Y). Durante la riunione, Alfa presenta (con Beta) lo stato dell’azienda e la proposta di rinegoziazione dei mutui: allungamento da 5 a 8 anni, tasso invariato, periodo di pre-ammortamento di 6 mesi (nessuna rata nei primi 6 mesi). Le banche apprezzano che Alfa non chieda uno stralcio (taglio) del capitale ma solo tempo. Beta sottolinea che con i flussi di cassa attesi e lo stay che ferma gli altri creditori, Alfa può rispettare il nuovo piano pagamenti. Le banche chiedono alcune garanzie: in particolare, Banco X vorrebbe un impegno dei soci a ricapitalizzare per almeno €100k. Beta annota questa richiesta.
Successivamente Beta organizza un incontro con un gruppo di 5 fornitori strategici (che coprono il 70% del debito commerciale totale). Alfa espone la proposta: su €800k di debiti fornitori, pagare subito (entro un mese) un 10% simbolico a tutti, e il restante 90% rateizzato in 24 mesi, con promessa di mantenere i rapporti commerciali attivi. Alcuni fornitori storici, pur riluttanti, riconoscono l’importanza di Alfa come cliente e si mostrano disposti a negoziare (preferiscono incassare 90 su 100 in due anni piuttosto che rischiare un fallimento e incassare magari 20 su 100 dopo 5 anni). Un paio di fornitori invece sono più aggressivi e ventilano l’idea di non accettare meno del 100%. Beta interviene spiegando che in caso di fallimento probabilmente recupererebbero molto meno, e li invita a valutare l’opzione proposta. I fornitori chiedono che almeno parte dei pagamenti sia garantita, ad esempio tramite cambiali o titoli, e che Alfa nel frattempo continui a pagarli a corrente per le forniture nuove. Si discute quindi di un possibile accordo: Alfa pagherà i fornitori “nuovi” per intero alle scadenze su merce consegnata post-marzo (cash on delivery), mentre per il pregresso userà un piano di rientro biennale.
Beta poi contatta l’Agenzia delle Entrate e l’INPS proponendo una transazione fiscale: chiede di dilazionare i €300k di tributi e contributi in 5 anni senza sanzioni e con interessi ridotti. Fa leva sulle norme premiali: spiega che Alfa è in composizione negoziata e che, per legge, può ottenere interessi ridotti al legale e sanzioni dimezzate se chiude un accordo. L’agente della riscossione risponde che è disposto a valutare un piano rate, ma necessiterà di un’autorizzazione interna. Beta decide di preparare per fine aprile un accordo quadro da far firmare a tutti i creditori aderenti, includendo anche l’Erario.
Nel frattempo, emerge anche un possibile investitore: un imprenditore del settore, informato confidenzialmente da Beta, si dice interessato a entrare in Alfa S.r.l. rilevando il 30% delle quote, a fronte di un apporto di €500k. Questa sarebbe linfa vitale per Alfa. Beta organizza quindi un incontro a metà aprile tra l’investitore, l’amministratore di Alfa e i soci attuali. Si delinea un’intesa: l’investitore entrerebbe dopo la ristrutturazione dei debiti, assicurandosi che l’azienda esca “pulita” da rischi concorsuali. Si potrebbe formalizzare l’ingresso a luglio.
Fase 6 – Formalizzazione dell’accordo finale: entro fine aprile, Beta riesce a mettere nero su bianco un accordo di risanamento condiviso. Esso prevede, in sintesi:
- Le banche accettano di diluire i mutui come proposto; i soci di Alfa apporteranno €100k immediatamente per abbattere parte delle rate arretrate (questo era chiesto da Banco X).
- I fornitori, rappresentanti l’80% del credito commerciale, firmano un accordo di moratoria: incasseranno 10% subito (Alfa li paga a maggio attingendo in parte all’apporto soci e in parte usando i fidi non revocati) e il restante 90% in 24 rate mensili dal luglio successivo. Ai fornitori che aderiscono Alfa rilascia effetti cambiari come garanzia delle rate.
- L’Agenzia Entrate e l’INPS (creditori pubblici) sottoscrivono una transazione: capitali dilazionati in 60 rate (5 anni) come consentito, interessi ridotti e sanzioni ridotte al minimo per legge.
- I soci attuali rinunciano a €200k di finanziamenti soci pregressi, convertendoli in capitale per riportare il patrimonio netto in positivo.
- L’investitore sottoscriverà, a conclusione del risanamento, un aumento di capitale di €500k, ottenendo il 30% delle quote di Alfa (i dettagli verranno formalizzati in un accordo parasociale a parte).
- Beta, l’esperto, controfirmerà l’accordo quale garante terzo, attestando che l’intesa raggiunta appare idonea ad assicurare il risanamento dell’impresa e l’equilibrio finanziario per il futuro.
Questo accordo multilaterale viene firmato il 30 aprile da Alfa S.r.l., dai rappresentanti delle banche, dei fornitori principali (in proprio e in rappresentanza anche dei fornitori minori, molti dei quali aderiscono per accodamento), e con l’adesione formale degli enti pubblici (Arriva il provvedimento di accoglimento delle dilazioni). L’esperto Beta controfirma.
Fase 7 – Chiusura della composizione e post-procedura: Beta redige la relazione finale nella quale dichiara che è stato raggiunto un accordo idoneo al risanamento, consistente in un piano di rientro dei debiti su base volontaria con adesione di una larga maggioranza di creditori, e che le parti hanno negoziato in buona fede e con esito positivo. Evidenzia anche che alcuni creditori non hanno aderito (c’è un 20% di piccoli fornitori che non hanno firmato), ma osserva che Alfa li pagherà comunque integralmente in quanto di importi modesti. La relazione evidenzia che la continuità aziendale è preservata (grazie anche al nuovo investitore) e che il confronto è avvenuto correttamente.
Alfa S.r.l. dunque esce dalla procedura di Composizione Negoziata a fine aprile con un accordo stragiudiziale firmato. Entro 10 giorni Beta deposita al Registro Imprese la sua relazione finale e l’archiviazione della procedura. Poiché l’esito è positivo, non vi è bisogno di concordato semplificato o altro: semplicemente, Alfa dovrà eseguire l’accordo preso.
Gli effetti delle misure protettive cessano, ma ormai non sono più necessarie: nessun creditore procederà esecutivamente poiché tutti hanno una strada concordata di soddisfo. Le banche riprendono l’operatività normale (i fidi restano attivi come stabilito, senza revoche). I fornitori riprendono le consegne regolari a Alfa (fidandosi del nuovo piano di pagamento). L’investitore a luglio mantiene l’impegno e versa €500k nella società, che vengono in parte utilizzati per pagare le prime rate ai fornitori e per liquidità.
Epilogo: Alfa S.r.l. inizia il 2026 con un profilo molto più solido: debiti finanziari ristrutturati, debiti verso fornitori in fase di rientro concordato, nuova liquidità in cassa e un partner industriale in più. Ha evitato il fallimento e non ha dovuto subire procedure concorsuali formali né la pubblicità negativa associata. I creditori, dal canto loro, hanno accettato qualche sacrificio (principalmente temporel) ma confidano di essere integralmente soddisfatti nel tempo – scenario nettamente migliore del possibile scenario fallimentare.
Questo caso ipotetico evidenzia come la Composizione Negoziata, se condotta con tempestività (Alfa ha agito ai primi segnali di insolvenza), con trasparenza (ha messo tutte le carte sul tavolo) e con flessibilità da parte di creditori e debitore, possa portare ad una soluzione win-win: l’azienda è risanata, i creditori recuperano più che in un fallimento, i posti di lavoro sono preservati.
Naturalmente non tutti i casi sono così positivi: se ad esempio Alfa non avesse trovato l’investitore o se una banca fosse stata inflessibile pretendendo rientro immediato, forse la trattativa sarebbe fallita. In tal caso, Alfa avrebbe potuto ricorrere entro 60 giorni al concordato semplificato per liquidare ordinatamente il patrimonio (ad esempio vendendo lo stabilimento e distribuendone il ricavato ai creditori secondo giustizia). Questo avrebbe comunque evitato un fallimento disordinato.
In ogni caso, l’esempio mostra la centralità del ruolo dell’esperto (Beta), che ha agito come mediatore, convincendo le parti con argomentazioni tecniche e normative, e la necessità per l’imprenditore di presentarsi preparato (documenti in ordine, bozza di piano convincente, apertura a correttivi). La Composizione Negoziata non garantisce il successo, ma aumenta enormemente le probabilità di salvare un’impresa rispetto all’inazione.
Domande Frequenti (FAQ) sulla Composizione Negoziata
Domanda: Quando è opportuno attivare una Composizione Negoziata della crisi?
Risposta: Il prima possibile, non appena l’impresa rileva segnali di crisi concreta o probabile. Questo strumento è concepito per agire in fase di pre-insolvenza, cioè quando la crisi non è ancora irreversibile. Se l’azienda registra difficoltà di cassa, ritardi nei pagamenti, perdite ricorrenti o squilibri finanziari che fanno prevedere problemi di insolvenza entro l’anno, è il momento di considerare la Composizione Negoziata. Statisticamente, attivare la procedura entro pochi mesi dall’inizio della sofferenza aumenta notevolmente le chance di risanamento. Al contrario, aspettare anni in crisi porta spesso a fallimento inevitabile. Inoltre, attivarsi tempestivamente evita responsabilità personali degli amministratori per aggravamento della crisi (dimostrano di aver adempiuto al dovere di intervenire tempestivamente ex art. 2086 c.c.).
Domanda: L’accesso alla Composizione Negoziata è pubblico? I miei clienti/concorrenti lo verranno a sapere?
Risposta: La procedura è tendenzialmente riservata e confidenziale. L’esistenza della Composizione Negoziata non viene iscritta nel Registro delle Imprese (come invece accade per concordati o fallimenti), quindi non appare nelle visure aziendali. Solo se il debitore richiede misure protettive, viene effettuata un’annotazione dell’ordinanza di concessione dello stay nel Registro Imprese. Questa annotazione però non rivela dettagli e tipicamente è conosciuta dai soli creditori (che vengono avvisati formalmente). I fornitori e clienti non direttamente coinvolti potrebbero non accorgersi di nulla. Certo, è possibile che la notizia trapeli informalmente, specie se si interrompono pagamenti o si convocano creditori, ma dal punto di vista legale la procedura è confidenziale. Ciò tutela l’azienda dal danno reputazionale e dai rischi di allarme nel mercato.
Domanda: Un’impresa piccolissima (es. ditta individuale artigiana) con debiti può accedere alla Composizione Negoziata? Non era “non fallibile”?
Risposta: Sì, può. La Composizione Negoziata è aperta a tutte le imprese commerciali e agricole, indipendentemente dalle dimensioni. Questo include le cosiddette imprese “sottosoglia” (non assoggettabili a fallimento sotto la vecchia legge fallimentare). Sebbene tali microimprese abbiano ancora la possibilità di usare gli strumenti di sovraindebitamento (ora ridenominati concordato minore, liquidazione controllata), la riforma le ha incluse anche nella Composizione Negoziata. L’art. 25-quater CCII prevede adattamenti per le imprese minori, ma sostanzialmente possono utilizzare la procedura con gli stessi effetti (inclusa la transazione fiscale, la possibilità di concordato semplificato, ecc.). Quindi anche un artigiano o un piccolo commerciante può giovarsi di questo percorso negoziale per evitare il fallimento.
Domanda: Che differenza c’è tra la Composizione Negoziata e un Concordato Preventivo?
Risposta: Sono strumenti diversi sotto più profili. In sintesi: la Composizione Negoziata è un percorso volontario, extragiudiziale e confidenziale, dove non c’è spossessamento e non c’è voto dei creditori – si basa su accordi spontanei; mentre il Concordato Preventivo è una procedura concorsuale giudiziale (pubblica) in cui il debitore propone un piano che viene votato dai creditori e omologato dal tribunale. Nel concordato c’è un controllo giudiziario costante (commissario, giudice delegato) e si può imporre ai creditori dissenzienti la volontà della maggioranza (cram-down). Nella Composizione Negoziata invece i creditori non possono essere obbligati, servono il consenso e la buona fede. Inoltre, la CNC è più rapida e flessibile: non segue fasi processuali rigide, e può concludersi con accordi su misura. Il concordato offre però maggiori garanzie legali (ad es. l’accordo omologato vincola tutti, i debiti falcidiati sono definitivamente cancellati, ecc.). Spesso la CNC e il concordato non sono alternativi ma complementari: si prova prima la strada negoziale e, se serve imporre la soluzione, si passa al concordato con quanto emerso dalle trattative.
Domanda: Quali costi comporta la Composizione Negoziata?
Risposta: Non vi sono contributi di procedura o spese vive iniziali significative. I costi principali sono: il compenso dell’esperto indipendente e gli onorari di eventuali consulenti (legali, finanziari) che il debitore decide di coinvolgere. Il compenso dell’esperto è fissato dal decreto dirigenziale in base a scaglioni di attivo e può avere una parte variabile legata all’esito positivo. Indicativamente, per una PMI può essere nell’ordine di poche migliaia di euro (es. 5-10k €), più un 1-2% dell’ammontare dei debiti effettivamente ristrutturati se la procedura ha successo (le cifre esatte variano). Questo compenso è a carico del debitore e viene liquidato dal Segretario Generale della CCIAA a fine incarico. Se poi l’azienda dovesse fallire, tale credito dell’esperto è prededucibile (verrà pagato con priorità prima di altri debiti concorsuali). Quanto ai consulenti del debitore, non è obbligatorio averne, ma in pratica è opportuno farsi assistere. Quindi bisogna considerare anche le parcelle di avvocati, commercialisti, ecc. Nel complesso, i costi della CNC sono contenuti rispetto a qualsiasi procedura concorsuale (dove il curatore o commissario costano spesso di più e le spese legali lievitano), ma non nulli. Il debitore deve valutarli come un investimento per salvare l’impresa. Alcuni costi possono essere finanziati con la procedura stessa (es. ottenendo un finanziamento prededucibile ex art. 22 per pagare professionisti).
Domanda: Cosa succede ai contratti in corso e ai dipendenti durante la Composizione Negoziata?
Risposta: I contratti in essere continuano regolarmente, a meno che il debitore chieda la sospensione di qualcuno di essi come misura cautelare (max 90 giorni). Non c’è risoluzione automatica dei contratti. Anzi, la controparte contrattuale non può risolvere unilateralmente solo perché l’azienda è in composizione negoziata (sarebbe una clausola inopponibile come ipso facto clause). Quindi, ad esempio, un contratto di fornitura va avanti, salvo accordo tra le parti per modificarlo. L’imprenditore, con l’ausilio dell’esperto, può contrattare modifiche o sospensioni temporanee se il contratto è divenuto troppo oneroso, ma serve l’ok del tribunale caso per caso. Quanto ai dipendenti, la Composizione Negoziata non implica licenziamenti o cambi contrattuali di per sé. L’azienda continua a pagare regolarmente stipendi (gli arretrati eventualmente vanno inseriti tra i debiti e negoziati se necessario). Se il piano di risanamento prevede esuberi, l’impresa dovrà gestirli secondo la normale normativa del lavoro (procedure di licenziamento collettivo se applicabile, accordi sindacali, ecc.). Non c’è una corsia speciale come nel concordato (dove i contratti di lavoro possono essere sciolti o sospesi con autorizzazione ex art. 189 CCII). Quindi il trattamento dei dipendenti rimane regolato dalle leggi lavoristiche generali. Un vantaggio indiretto per i dipendenti è che la CNC, favorendo la continuità aziendale, mira a salvare i posti di lavoro ove possibile. Ad esempio, se l’alternativa era il fallimento con licenziamento di tutti, grazie alla CNC e al risanamento molti lavoratori possono mantenere il proprio impiego.
Domanda: La Composizione Negoziata impedisce ai creditori di presentare istanza di fallimento?
Risposta: Sì, se sono state concesse le misure protettive. In tal caso, per legge, le istanze di fallimento presentate da creditori restano sospese fino al termine della procedura. Il tribunale non dichiara il fallimento durante le trattative protette. Se invece il debitore non ha richiesto misure protettive, in teoria un creditore potrebbe depositare un’istanza di liquidazione giudiziale; tuttavia il tribunale, venuto a conoscenza che è in corso una CNC, generalmente aspetterebbe l’esito prima di decidere (per non vanificare un possibile risanamento). Dunque, di fatto l’azienda è protetta dal fallimento dei creditori mentre è attiva la CNC con stay. In ogni caso, come ulteriore garanzia, il debitore può sempre chiedere al tribunale una concessione di misure protettive anche successivamente all’avvio, se un creditore minaccia iniziative. Dopo la chiusura della CNC, se non si è trovata soluzione e non si attiva altro (es. concordato), i creditori potranno riprendere le istanze di fallimento. Va precisato infine che il debitore stesso può decidere di rinunciare e lasciarsi fallire (ma questo è contro il suo interesse normalmente). Quindi attivando la CNC correttamente, il rischio di un fallimento immediato su istanza dei creditori è scongiurato, almeno temporaneamente.
Domanda: Cosa succede se un creditore non vuole aderire ad alcun accordo?
Risposta: Se uno o pochi creditori rifiutano di collaborare, il debitore ha alcune opzioni:
- Continuare le trattative sperando di convincerli, magari modificando la proposta;
- Escluderli da un accordo stragiudiziale (si trova un’intesa con gli altri e a questi dissenzienti si pagherà a parte secondo le possibilità, cercando di evitare il loro default);
- Passare a una soluzione giudiziale che consenta di superare il dissenso (ad esempio un accordo di ristrutturazione con omologa e cram-down se si raggiungono le maggioranze, o un concordato preventivo). Spesso un singolo creditore contrario non può essere vincolato dall’accordo privato (per definizione, chi non firma non è tenuto a rispettarlo), ma se la maggioranza è d’accordo conviene formalizzare un accordo omologato. Ad esempio, con il 60% di consensi si può omologare un accordo ex art. 61 CCII e imporlo anche ai non aderenti. Oppure col concordato, se i dissenzienti sono minoranza in classe, vengono cram-down. Quindi la CNC in sé non obbliga i dissenzienti, però permette di misurare il consenso: se 9 creditori su 10 sono disponibili e 1 no, il debitore potrà decidere di usare gli strumenti legali per forzare quell’1 (andando in concordato o accordo omologato).
Domanda: Che cos’è il concordato semplificato e in quali casi si applica?
Risposta: Il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio è una procedura introdotta nel 2021 (ora art. 25-sexies CCII) destinata ai debitori che non sono riusciti a trovare un accordo nella Composizione Negoziata. Può essere richiesto entro 60 giorni dalla chiusura della CNC senza accordo. È “semplificato” perché:
- Si tratta di un concordato liquidatorio (l’azienda propone di liquidare tutti i beni e distribuire il ricavato ai creditori);
- Non c’è voto dei creditori: il piano viene presentato direttamente al Tribunale, che lo omologa se lo ritiene più conveniente per i creditori rispetto alla liquidazione giudiziale. I creditori possono opporsi, ma non c’è assemblea di voto.
- È riservato ai casi in cui l’esperto, nella sua relazione finale, dichiara che le trattative si sono svolte correttamente ma non hanno portato a soluzioni. Serve dunque la “certificazione” dell’esperto di aver tentato la via negoziale lealmente.
In pratica è un’alternativa rapida al fallimento: invece di aprire una liquidazione giudiziale con curatore e anni di procedure, il debitore stesso propone come liquidare e ripartire l’attivo subito, sotto controllo del giudice ma senza tutta la liturgia concorsuale (niente voto, tempi più brevi). Per i creditori il vantaggio è che ricevono comunque verosimilmente di più di quanto avrebbero preso in fallimento (il tribunale omologa solo se la proposta è migliorativa). Per il debitore è l’ultima chance di gestire attivamente la propria uscita, evitando le conseguenze più afflittive di un fallimento (ad esempio alcune pene accessorie). Dunque il concordato semplificato è uno strumento di chiusura se la Composizione Negoziata fallisce: mette una pietra tombale sulla crisi in modo ordinato. Va però sottolineato: è usabile solo dopo aver tentato la CNC.
Domanda: Quali incentivi fiscali concreti si hanno con la Composizione Negoziata?
Risposta: Gli incentivi fiscali (art. 25-bis CCII) includono:
- Interessi ridotti al minimo legale sui debiti fiscali durante la procedura.
- Sanzioni ridotte alla misura minima se i relativi tributi vengono pagati dopo l’accesso alla procedura entro i termini di legge.
- Interessi pregressi dimezzati su debiti fiscali se si raggiunge un piano attestato o accordo di ristrutturazione omologato.
- Possibilità di rateizzare imposte non ancora a ruolo fino a 72 rate (6 anni) o addirittura 120 rate (10 anni) in casi di particolare difficoltà comprovata dall’esperto, se viene pubblicato un accordo di composizione.
- Benefici contabili/fiscali su perdite e IVA: le riduzioni di debito ottenute non generano ricavi tassabili (sopravvenienze attive esenti) e le perdite su crediti o su asset ceduti sono deducibili; inoltre l’IVA già versata su crediti poi non incassati a causa dell’accordo può essere detratta.
In più, sul fronte penale tributario, chi paga debiti fiscali secondo l’accordo può evitare incriminazioni per omesso versamento IVA o ritenute se rispetta le condizioni di non punibilità previste.
In sostanza, lo Stato incentiva il debitore in crisi che attiva la CNC alleggerendogli l’onere di interessi e sanzioni e dandogli più tempo per pagare le imposte dovute. Questo può rappresentare un risparmio notevole e un aiuto concreto al risanamento.
Domanda: Si può applicare più di una volta la Composizione Negoziata?
Risposta: In linea teorica, sì, non c’è un divieto esplicito di legge a ripresentare un’istanza di composizione negoziata se in passato già se ne è conclusa una. Tuttavia, va considerato che la fattibilità di una seconda CNC dipende molto dalle circostanze. Se la prima è fallita senza accordo e l’impresa non è poi andata in altra procedura, presentare una seconda istanza poco dopo potrebbe essere visto come un abuso (i creditori e la Commissione potrebbero non crederci più). Diverso il caso in cui, ad esempio, una prima CNC sia stata chiusa con successo ma a distanza di anni l’impresa ricade in crisi: in tal caso nulla vieta di utilizzare di nuovo lo strumento. C’è da dire che la relazione finale dell’esperto precedente rimarrà agli atti, e la Commissione che nomina i nuovi esperti ne terrà conto. Se emergesse che la nuova crisi è dovuta a inadempimenti dell’accordo precedente, la credibilità del debitore ne risentirebbe. In sintesi, la legge non pone limiti numerici, ma la serietà del tentativo è fondamentale: la CNC non va usata come espediente dilatorio ripetuto, altrimenti i giudici non concederanno più misure protettive (basterebbe dire che manca il fumus, avendo già fallito una volta).
Domanda: Cosa rischia un imprenditore se non fa nulla e lascia peggiorare la situazione (non attivando né CNC né altro)?
Risposta: Rischia molto: in primis, un fallimento giudiziale promosso dai creditori o d’ufficio, con tutte le conseguenze del caso (perdita totale dell’azienda, possibili azioni revocatorie su atti compiuti negli ultimi anni, responsabilità penali se emergono condotte distrattive o mala gestio, interdizioni, ecc.). Inoltre, dal punto di vista civilistico, gli amministratori che non adottano misure adeguate in presenza di segnali di crisi violano gli obblighi imposti dall’art. 2086 c.c. e dal CCII: ciò può dar luogo ad azioni di responsabilità da parte di curatori fallimentari per aver aggravato il passivo. Ad esempio, un amministratore che pur vedendo l’insolvenza vicina continua ad indebitarsi e a pagare preferenzialmente alcuni creditori potrebbe essere chiamato a rispondere in proprio dei danni verso la massa dei creditori. Viceversa, attivare gli strumenti di allerta e composizione negoziata è indicativo di una gestione prudente: in caso di successivo fallimento, un imprenditore che ha tentato la CNC in buona fede potrebbe ottenere attenuanti (anche penali) e difficilmente sarà accusato di aver colpevolmente aggravato la crisi. In sintesi, l’inazione aggrava le responsabilità; la tempestiva attivazione di percorsi di soluzione le attenua. Per questo la riforma insiste sulla responsabilità di attivarsi: ignorare i segnali di crisi non è più un comportamento neutro, ma potenzialmente colpevole.
Domanda: Durante la Composizione Negoziata posso ottenere nuovi finanziamenti o devo arrangiarmi con le risorse esistenti?
Risposta: È possibile ottenere nuova finanza e anzi è spesso determinante per il successo del risanamento. Come spiegato, il debitore può chiedere al tribunale di autorizzare finanziamenti prededucibili. Ciò significa che, ad esempio, una banca o un investitore possono concedere credito all’impresa in crisi sapendo di avere una corsia preferenziale di rimborso in caso di insolvenza successiva. Questo è un forte incentivo. In aggiunta, se il debitore ha bisogno di liquidità immediata, può usare lo strumento dell’art. 22 CCII per accordarsi con una banca alla riattivazione di linee di credito sospese, con garanzia di prededuzione. In pratica, viene offerta la massima tutela a chi finanzia il salvataggio. Ovviamente, occorre che ci sia qualcuno disposto a dare questi soldi: spesso sono i soci (finanziamento soci), oppure banche già esposte che preferiscono “curare” il cliente piuttosto che vederlo fallire, o nuovi investitori attratti dalle prospettive di rilancio. Nulla vieta anche di usare strumenti come il factoring o il lease-back durante la CNC, se autorizzati e funzionali al piano. Quindi, il debitore non è affatto lasciato solo con le sue risorse iniziali: può cercare attivamente finanza bridge per attraversare la fase di crisi. Ciò ha salvato molte imprese: pensiamo a casi in cui i fornitori anticipano merce contro prededuzione, o la banca concede liquidità per fare scorte essenziali sapendo di essere protetta.
Domanda: Se la Composizione Negoziata va a buon fine, i crediti dei miei fornitori e banche vengono cancellati in parte?
Risposta: Dipende dai termini dell’accordo che viene raggiunto. La Composizione Negoziata in sé non impone tagli di debito (stralci) a meno che i creditori volontariamente li accettino. Se nel negoziato i creditori acconsentono a una riduzione (es. rinunciano al 20% del credito), allora sì, quella parte di debito di fatto verrà cancellata consensualmente. Se invece l’accordo prevede solo dilazioni e non falcidie, tutti i crediti restano da pagare per intero ma in tempi più lunghi. In generale molti accordi di CNC puntano a ristrutturare senza stralci (per rendere la proposta più appetibile ai creditori), quindi spesso i crediti non vengono giuridicamente estinti in parte, ma solo riscadenzati. Tuttavia, può capitare che alcuni creditori accettino stralci (specialmente i chirografari) in cambio di pagamento immediato di una percentuale. L’importante è che, se c’è riduzione, questa sia poi formalizzata bene per evitare che qualcuno richieda il resto dopo. Un vantaggio se si omologa un accordo o piano è che le riduzioni di debito fiscale ottenute non sono tassate come sopravvenienze attive, e in generale l’accordo omologato vincola tutti gli aderenti a rinunciare alla parte di credito eccedente quella concordata. Quindi, se l’accordo ad esempio dice “fornitore Tizio verrà soddisfatto al 70% del suo credito, saldo a stralcio”, quel 30% viene legalmente perdonato e Tizio non potrà più pretenderlo. In conclusione: la CNC può portare a cancellazioni parziali di debito, ma solo come effetto di un accordo volontario (o di un successivo piano omologato). Se non c’è accordo di riduzione, i debiti restano intatti (salvo interessi e sanzioni fiscali ridotti per legge, come detto).
Domanda: Dopo aver concluso la Composizione Negoziata con successo, cosa devo fare/monitorare?
Risposta: Uscire con un accordo dalla CNC è un’ottima notizia, ma poi bisogna eseguirlo fedelmente. Quindi il debitore dovrà:
- Rispettare tutte le scadenze e impegni presi con i creditori (pagare puntualmente le rate concordate, seguire il piano industriale promesso, ecc.).
- Monitorare la situazione finanziaria per assicurarsi che il risanamento proceda (magari mantenendo quegli “adeguati assetti” di controllo che segnalino tempestivamente se qualcosa va di nuovo storto).
- Comunicare con i creditori durante l’esecuzione: la trasparenza deve continuare, informandoli se il piano sta andando bene o se servono piccoli aggiustamenti (meglio concordarli prima che attendere problemi).
- Completare eventuali formalità post-accordo: ad esempio, se era prevista una ricapitalizzazione o la cessione di un cespite, va effettuata nei tempi stabiliti.
Dopo la chiusura della CNC, l’esperto non è più coinvolto (salvo eventuali compiti postumi ammessi dal correttivo, es. sottoscrivere accordi definitivi). Quindi spetta al debitore auto-disciplinarsi nell’ottemperare. Se l’accordo è stato formalizzato in un atto legale (contratto), i creditori potrebbero risolverlo e pretendere il dovuto originario se il debitore inadempie. Se invece si è passati a un concordato, bisogna eseguire il piano concordatario sotto vigilanza del commissario/giudice. In ogni caso, la parola d’ordine è diligenza: la Composizione Negoziata offre una chance, ma poi la palla torna all’imprenditore per mantenere le promesse e consolidare il risanamento nel medio termine.
Fonti e Riferimenti Normativi
- Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019), artt. 17–25 (Composizione negoziata) e disposizioni correlate (artt. 25-bis, 25-quater, 25-sexies, 40 CCII).
- Decreto-Legge 118/2021, conv. in L. 147/2021 – Introduzione della composizione negoziata e concordato semplificato.
- D.Lgs. 147/2020, D.Lgs. 83/2022, D.Lgs. 136/2024 – Decreti correttivi al CCII (c.d. Correttivo-bis e Correttivo-ter) con modifiche alla disciplina della composizione negoziata.
- Relazione illustrativa al D.Lgs. 136/2024 – Chiarimenti su finalità delle modifiche (incentivare l’uso dell’istituto, chiarire incertezze).
- Linee Guida del CNDCEC sulla Composizione Negoziata (2021, aggiorn. 2022) – Criteri per esperti indipendenti e best practice nella conduzione delle trattative.
- Unioncamere – Comunicato stampa 5 giugno 2025 – Evidenze sulle criticità per micro e piccole imprese (carenza cultura gestionale, assetti inadeguati) e benefici della tempestività nell’accesso.
- Tribunale di Bologna, sez. I civ., 2 maggio 2025 – Decreto: negazione misure protettive ove il piano prospettato dal debitore consista in sola liquidazione del patrimonio (scopo non consentito).
- Tribunale di Pescara, 14 maggio 2025 – Decreto: inammissibile conferma dello stay se dalle informazioni non risulta alcuna possibilità di risanamento (mancanza fumus).
- Tribunale di Brescia, sez. IV, 17 aprile 2025 – Decreto: ammissibilità di misure protettive estese ai garanti coobbligati (moratoria applicabile anche a fideiussori solidali).
- Corte di Cassazione, sez. I, ord. n. 8794 del 3 aprile 2025 – Principio di diritto: la pendenza di misure protettive e della procedura negoziata sospende l’istruttoria dell’istanza di fallimento presentata dai creditori fino alla conclusione delle trattative.
- Camera di Commercio di Firenze – Vademecum CNC (agg. 2023) – Istruzioni pratiche per presentare domanda sulla piattaforma e documenti richiesti (richiamo all’art. 5 co.3 D.L. 118/2021, ora art. 17 CCII).
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🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in crisi d’impresa e procedure stragiudiziali
✔️ Iscritto come Gestore della crisi presso il Ministero della Giustizia
✔️ Consulente per composizioni negoziate per PMI, imprese familiari e microimprese
✔️ Consulente per imprenditori in difficoltà economica e gestionale
Conclusione
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