Gruppo di Imprese e Sovraindebitamento: Cosa Sapere

Hai più imprese riconducibili a uno stesso nucleo familiare o gruppo e ti stai chiedendo se è possibile gestire insieme le loro difficoltà finanziarie? Cosa succede se più società o partite IVA collegate si trovano contemporaneamente in stato di crisi o insolvenza?

Il Codice della Crisi d’Impresa prevede oggi strumenti specifici anche per i gruppi di imprese in stato di sovraindebitamento. Se più realtà legate tra loro non riescono più a far fronte ai debiti, è possibile avviare una procedura coordinata, semplificando la gestione e riducendo tempi e costi.

Cosa si intende per gruppo di imprese nel sovraindebitamento?

Si parla di gruppo quando esistono più soggetti economici distinti ma collegati da legami patrimoniali, familiari o gestionali. Ad esempio:

– Società riconducibili allo stesso imprenditore o nucleo familiare
– Partite IVA collegate tra loro (es. marito e moglie, genitore e figli)
– Imprese individuali e società collegate da cointeressenze economiche

In questi casi, la crisi di un soggetto può facilmente coinvolgere anche gli altri, rendendo difficile una gestione separata.

È possibile avviare una procedura unica per tutto il gruppo?

Sì. La legge consente oggi di presentare un’unica istanza per la composizione della crisi di gruppo, con:

– Un solo giudice competente
– Un gestore della crisi nominato per l’intero perimetro
– Una proposta di soluzione coordinata, che tenga conto delle singole posizioni debitorie ma anche della connessione economica tra le imprese

Quali sono i vantaggi della gestione unitaria?

– Si evita la frammentazione di ricorsi e decisioni
– I creditori vengono trattati in modo omogeneo
– Si può costruire un piano di ristrutturazione sostenibile per tutti i soggetti coinvolti
– Si possono conservare attività economiche ancora valide, evitando liquidazioni disordinate

Quali strumenti possono essere utilizzati?

Ogni impresa o partita IVA del gruppo può accedere, a seconda del caso, a:

– Concordato minore
– Liquidazione controllata
– Piano del consumatore (se si tratta di soggetti non imprenditoriali)

Il tutto può essere presentato e gestito in modo coordinato, facilitando l’omologazione e il controllo giudiziale.

Cosa succede se non si gestisce in modo unitario?

Se ogni soggetto agisce per conto proprio, si rischiano:

– Procedimenti paralleli e confliggenti
– Trattamenti disomogenei tra creditori
– Perdita di tempo e risorse
– Maggior esposizione patrimoniale per i garanti e coobbligati

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto della crisi e procedure da sovraindebitamento – ti spiega come affrontare la crisi quando coinvolge più imprese o partite IVA collegate, evitando errori strategici e tutelando l’intero perimetro familiare o imprenditoriale.

Hai più imprese in difficoltà e vuoi capire se puoi gestirle in un’unica procedura? Temi che il debito di una società travolga anche le altre?

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Introduzione

Il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII), introdotto con il D.Lgs. 14/2019 e successivamente modificato (da ultimo con il D.Lgs. 83/2022 e il D.Lgs. 136/2024), ha rivoluzionato la gestione delle situazioni di crisi, introducendo importanti novità sia per le procedure riguardanti i gruppi di imprese sia per le procedure di sovraindebitamento dei debitori non fallibili. Tali innovazioni mirano a bilanciare l’esigenza di tutela dei creditori con l’obiettivo del favor debitoris, cioè offrire al debitore onesto una seconda chance economica.

Nei paragrafi seguenti esamineremo dapprima la disciplina dei gruppi di imprese in crisi (Parte I), quindi le procedure di sovraindebitamento (Parte II), evidenziando per ciascun ambito le norme di riferimento, le condizioni di accesso, i vantaggi e i limiti dal punto di vista del debitore. Troverete inoltre esempi numerici che illustrano possibili piani di ristrutturazione, tabelle di sintesi per un rapido confronto tra procedure e una sezione di Domande & Risposte per chiarire i dubbi più comuni. Le fonti normative e giurisprudenziali citate sono elencate in fondo alla guida, per permettere eventuali approfondimenti.

Parte I – Crisi del Gruppo di Imprese: procedure unitarie e piani di gruppo

1. Cos’è un “gruppo di imprese” secondo la legge?

Il Codice della crisi, per la prima volta nell’ordinamento italiano, definisce espressamente il “gruppo di imprese”. Ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. h) CCII, si intende per gruppo «l’insieme delle società, delle imprese e degli enti, escluso lo Stato, che […] sono sottoposti alla direzione e coordinamento di una società, di un ente o di una persona fisica, sulla base di un vincolo partecipativo o di un contratto». In pratica, rientrano nella nozione di gruppo le società controllate o collegate secondo gli art. 2359 c.c. e 2497 c.c., ossia imprese legate da rapporti di controllo o soggette a direzione unitaria. Sono esclusi solo gli enti pubblici territoriali (Stato, Regioni, enti locali). Questa definizione codificata supera l’assenza di una nozione generale di gruppo nel vecchio diritto fallimentare, che si limitava a disciplinare separatamente il fenomeno del direzione e coordinamento nel codice civile.

Esempio: Se la società Alfa detiene il controllo della società Beta e influenza anche la gestione della società Gamma tramite un contratto di rete, Alfa, Beta e Gamma formano un gruppo di imprese ai sensi dell’art. 2 CCII. In caso di crisi, tali società potranno accedere a procedure coordinate come descritto più avanti.

2. Evoluzione normativa: dal divieto di concordato di gruppo alla nuova disciplina unitaria

Prima della riforma: la legge fallimentare del 1942 non prevedeva alcuna procedura concorsuale unitaria per i gruppi. Ogni società doveva affrontare separatamente il proprio fallimento o concordato preventivo, in tribunali eventualmente diversi. La giurisprudenza escludeva esplicitamente la possibilità di un “concordato preventivo di gruppo”: la Corte di Cassazione nel 2015 chiarì che ciascuna società deve presentare una procedura individuale, con competenza territoriale inderogabile per ogni singola impresa e con mantenimento separato delle masse attive e passive di ciascuna. In altre parole, le società di un gruppo non potevano proporre un unico piano ai creditori né unificare il procedimento. Ad esempio, se due società sorelle erano entrambe insolventi, ognuna doveva avviare un concordato a sé, dinanzi al proprio tribunale, con autonome votazioni dei rispettivi creditori e senza possibilità di coordinare formalmente le soluzioni.

Con il Codice della crisi (dal 2022): è stata introdotta una specifica disciplina per la “crisi dei gruppi di imprese”, colmando un vuoto normativo storico. Le nuove norme (artt. 284–292 CCII) consentono ai gruppi di accedere a procedure unitarie o coordinate, con importanti benefici in termini di efficienza e risultato. In sintesi:

  • Competenza unificata: le procedure possono essere trattate da un unico tribunale. In caso di più domande, vale il principio di prevenzione (il giudice adito per primo può accentrare la competenza) e, se le istanze sono simultanee, decide la sede del COMI dell’impresa che esercita la direzione unitaria. Ad esempio, se la società capogruppo ha sede a Milano e presenta per prima la domanda di concordato di gruppo, il Tribunale di Milano potrà conoscere anche delle procedure delle controllate, riunendo i procedimenti. Ciò evita conflitti di competenza e ritardi dovuti a cause in tribunali differenti.
  • Organi procedurali comuni: il tribunale, ammettendo le procedure di gruppo, nomina organi unici (uno stesso commissario giudiziale, uno stesso giudice delegato, ecc.) per tutte le imprese coinvolte. Questa unificazione consente un approccio coordinato e riduce i costi (un solo organo gestore invece di molteplici).
  • Piano unitario o piani coordinati: il gruppo può presentare un piano unico di concordato preventivo di gruppo, oppure piani distinti ma tra loro collegati per ciascuna società (ad esempio un piano di ristrutturazione per la capogruppo e piani liquidatori per alcune controllate), purché depositati contestualmente. In ogni caso, resta ferma la separazione delle masse attive e passive: i patrimoni e i creditori delle diverse società rimangono distinti, in rispetto del principio di responsabilità patrimoniale separata di cui all’art. 2740 c.c. I creditori di una società hanno diritto di soddisfarsi solo sul patrimonio di quella e non su quello delle altre (salvo consensi o trasferimenti infragruppo leciti, come vedremo). Pertanto il piano di gruppo dovrà indicare chiaramente come sono ripartiti gli assetti di ciascuna impresa e quali creditori fanno capo a ognuna.
  • Trasferimenti infragruppo e compensazioni: una novità di grande rilievo è la possibilità di prevedere nel piano operazioni infragruppo (fusioni, conferimenti, finanziamenti tra società del gruppo) e perfino l’utilizzo di risorse di un’impresa a vantaggio dei creditori di un’altra, se ciò comporta un miglior soddisfacimento complessivo dei creditori del gruppo. Tali operazioni devono essere espressamente attestate da un professionista indipendente che ne certifichi la necessità ai fini della continuazione aziendale e la coerenza con l’obiettivo del miglior soddisfacimento di tutti i creditori del gruppo. In pratica, è ammesso che alcune società sacrifichino parte del loro attivo per contribuire al risanamento di altre società del gruppo, purché il risultato generale per i creditori (considerati nel loro insieme) sia più vantaggioso. Ad esempio, la società Alfa potrebbe destinare risorse per pagare in parte i debiti della controllata Beta, se ciò consente di evitare il fallimento di Beta e quindi preservare il valore di tutto il gruppo (mantenendo rapporti commerciali, evitando contagio reputazionale, ecc.). I creditori di Alfa accetterebbero un minor incasso solo se compensato dal beneficio di un gruppo risanato in cui magari Alfa continua a operare. La legge consente questo tipo di solidarietà infragruppo, ma tutela i creditori delle singole imprese: i creditori pregiudicati dall’operazione possono opporsi in sede di omologazione, se rappresentano almeno il 20% dei crediti di quella società o se sono collocati in una classe dissenziente. Anche i soci di società interessate da tali trasferimenti possono proporre opposizione se ritengono l’operazione ingiustamente lesiva del valore della propria partecipazione. In sostanza, si introduce un meccanismo di “cram-down” interno al gruppo: il tribunale può approvare comunque il piano di gruppo nonostante l’opposizione, a condizione di verificare che ai creditori presuntivamente sacrificati sia assicurato in ogni caso un trattamento non peggiore di quello che avrebbero in uno scenario liquidatorio separato (principio della convenienza complessiva).

Criterio di prevalenza (continuità vs liquidazione): Il CCII incentiva fortemente le soluzioni di continuità aziendale nei gruppi. L’art. 285 co.1 stabilisce che, se nel piano di gruppo alcuni membri proseguono l’attività mentre altri liquidano, si applica l’intera disciplina del concordato in continuità all’intero gruppo quando dai flussi aggregati risulta che i creditori vengono soddisfatti in misura prevalente grazie alla prosecuzione dell’attività (rispetto a quanto otterrebbero liquidando). Questo significa che, valutando congiuntamente tutte le società, se la parte principale dei ritorni per i creditori deriva dalla continuità aziendale (anche indiretta, per esempio vendendo l’azienda in esercizio anziché liquidare i beni), allora tutto il concordato di gruppo è qualificato come concordato in continuità. Tale classificazione unitaria è vantaggiosa per il debitore perché evita gli stringenti requisiti dei concordati liquidatori (come il soddisfacimento minimo del 20% dei chirografari e l’apporto di finanza esterna ex art. 84 CCII, che invece non sono richiesti nei concordati in continuità). In altre parole, basta che complessivamente la soluzione di gruppo privilegi la continuità, anche se una o più società minori del gruppo sono liquidate, per poter beneficiare del regime di continuità senza soglie minime. Ad esempio, se la capogruppo Alfa continua la sua attività generando flussi positivi e una controllata Beta viene liquidata, ma i creditori (sommando Alfa+Beta) ricevono in maggioranza denaro proveniente dalla gestione in funzionamento di Alfa, l’intero piano di gruppo sarà considerato in continuità. Ciò consente per Beta (che in sé sarebbe una liquidazione) di evitare l’obbligo di pagare almeno il 20% ai chirografari – requisito che Beta da sola magari non avrebbe raggiunto – grazie al “traino” della continuità di Alfa. È un meccanismo premiale volto a favorire l’adozione di soluzioni di gruppo integrate.

3. Procedura: ammissione, voto dei creditori e omologazione nel concordato di gruppo

Dal punto di vista procedurale, la domanda di accesso al concordato preventivo di gruppo deve essere presentata con ricorsi contestuali da tutte le società coinvolte, contenenti la proposta unitaria o le proposte coordinate e il piano (o i piani) di gruppo. Il tribunale competente, verificati i presupposti, dichiara aperta la procedura di concordato di gruppo, nominando come detto un unico giudice delegato e un unico commissario per tutte le società.

I creditori vengono suddivisi in classi come di consueto, ma tendenzialmente per ciascuna società: tipicamente, i creditori di Alfa costituiscono classi distinte da quelli di Beta, dato che ciascuna massa patrimoniale è separata. Ogni classe esprime il proprio voto sulla parte di piano che la riguarda. Le maggioranze richieste sono quelle del concordato preventivo: occorre il voto favorevole di almeno il 51% dei crediti ammessi al voto in ogni classe (salvo cram-down giudiziale in caso di classi dissenzienti). Nel concordato di gruppo, quindi, è possibile che i creditori di una società approvino e quelli di un’altra respingano. La legge prevede ipotesi di trattamento di questi casi: ad esempio, se una società del gruppo non raggiunge le maggioranze richieste, potrebbe essere esclusa dal perimetro di omologazione o sottoposta a liquidazione giudiziale separata, purché ciò non comprometta l’esecuzione del piano per le altre (questi dettagli sono rimessi all’interpretazione e alle decisioni del giudice, data la novità della fattispecie).

Omologazione e opposizioni: Una volta raccolto il voto dei creditori, il tribunale procede all’udienza di omologazione unitaria. I creditori dissenzienti (di classi dissenzienti o pari ad almeno il 20% di una determinata massa creditoria) possono proporre opposizione all’omologazione, contestando eventuali aspetti di pregiudizio (ad esempio se ritengono di essere stati sacrificati ingiustamente a vantaggio di altri creditori del gruppo, come visto sopra per i trasferimenti infragruppo). Il tribunale decide sulle opposizioni e può comunque omologare il concordato di gruppo se ritiene soddisfatto il best interest test per ciascuna posizione (nessun creditore riceve meno di quanto otterrebbe dallo scenario alternativo di liquidazione separata) e rispettati gli altri requisiti di legge (fattibilità del piano, meritevolezza, ecc.).

Da notare che il CCII, recependo la direttiva UE 2019/1023, ha introdotto il meccanismo del cross-class cram-down: il tribunale può omologare il concordato preventivo anche in presenza di una o più classi di creditori dissenzienti, se sono rispettate determinate condizioni di legge (art. 112, co.2 CCII). Nel febbraio 2024, il Tribunale di Napoli ha applicato per la prima volta questo meccanismo in un concordato di gruppo: ha omologato il concordato in continuità di un importante gruppo nonostante il mancato raggiungimento delle maggioranze in tutte le classi, giustificando la decisione in base all’art. 112 CCII e ai principi della Direttiva Insolvency. Il giudice partenopeo ha ritenuto che il piano di gruppo offrisse comunque ai creditori dissenzienti un risultato migliore rispetto alla liquidazione e ha quindi “forzato” l’omologazione sfruttando le nuove norme sul cram-down transclassi. Questa pronuncia è innovativa e indica che i tribunali sono disposti a dare piena attuazione agli strumenti di superamento del dissenso previsti dalla riforma, pur di favorire soluzioni di continuità e di gruppo complessivamente vantaggiose. Ovviamente, il giudice ha operato un attento controllo di merito sulla regolarità della procedura (corretta formazione delle classi, trasparenza delle informazioni ai creditori) e sulla fattibilità economica del piano di gruppo, verificando che non fosse “manifestamente inidoneo” a risolvere la crisi. Viene infatti richiesto un vaglio rigoroso su come il debitore ha distribuito i creditori nelle classi, per evitare artifici creati al solo scopo di isolare i creditori contrari (i tribunali censureranno la creazione di classi “artificiali” che suddividano indebitamente i crediti omogenei al fine di sottrarre voce in capitolo ai dissenzienti).

4. Vantaggi per il debitore appartenente a un gruppo

Dal punto di vista del debitore, la disciplina della crisi di gruppo offre numerosi benefici concreti:

  • Coordinamento e tempestività: Un’unica procedura coordinata evita il rischio che una società del gruppo fallisca mentre un’altra tenta un concordato, o che i tempi delle procedure divergano. Si evita l’“effetto domino” disordinato, permettendo un risanamento sincronizzato. Come evidenziato dagli studi sulla riforma, prima del 2022 spesso ci si trovava a “isolare il malato”, cioè a lasciare fallire una società per cercare di salvare le altre, con esiti insoddisfacenti. Ora invece si può affrontare la crisi in modo sistemico.
  • Riduzione di costi e burocrazia: Un solo tribunale, un solo pool di professionisti (commissario/curatore, OCC, giudice delegato) significa meno spese legali e amministrative. Anche i costi dell’OCC o dei periti risultano condivisi. Questo è importante soprattutto per piccoli gruppi dove i costi di più procedure separate avrebbero potuto erodere gran parte dell’attivo.
  • Soluzioni più efficaci: Grazie a piani unitari si possono attuare ristrutturazioni infragruppo (ad es. fusione delle società, riorganizzazione interna, trasferimento di rami d’azienda da una società all’altra) in maniera rapida e autorizzata nell’ambito del concordato stesso. Il debitore può così ottimizzare le risorse del gruppo: ad esempio, concentrare le attività sane in una newco e liquidare quelle decotte, oppure utilizzare la finanza generata da una società in bonis per sostenere il piano di un’altra. Operazioni del genere, che prima erano difficoltose (richiedevano accordi ad hoc o interventi ex post del curatore fallimentare), ora sono parte integrante della soluzione concordataria.
  • Maggiore probabilità di continuità aziendale: L’analisi “aggregata” prevista dall’art. 285 CCII consente al gruppo di qualificarsi più facilmente per il concordato in continuità, evitando di ricadere in procedura liquidatoria. Per il debitore ciò si traduce nella salvaguardia dell’attività d’impresa (o di parte di essa) e dunque nella possibilità di proseguire l’attività economica. Ad esempio, una piccola società del gruppo che da sola avrebbe avuto solo esiti liquidatori può, se inserita in un piano di gruppo dominato dalla continuità della capogruppo, beneficiare dello scenario di continuità ed evitare la chiusura immediata.
  • Trattamento più flessibile dei creditori: Nel concordato di gruppo il debitore può, in accordo col professionista attestatore, proporre ai creditori soluzioni variegate: alcuni possono essere soddisfatti dalla prosecuzione aziendale di una società, altri tramite la liquidazione di un’altra società, altri ancora tramite l’intervento di soggetti terzi (ad es. la capogruppo che garantisce una percentuale minima ai creditori delle controllate). Questa duttilità permette di cucire la soluzione “su misura” delle caratteristiche del gruppo, aumentando le chance di successo del piano.
  • Scongiurare responsabilità a cascata: Nei gruppi spesso le sorti di una società si ripercuotono su altre (si pensi ai soci illimitatamente responsabili o alle società fideiussorie). Con la procedura unitaria, l’effetto esdebitativo si estende a tutte le entità coinvolte, evitandosi che, ad esempio, la capogruppo risanata resti poi esposta ai debiti residui di una controllata non sanata. Il concordato di gruppo produce un effetto esdebitatorio “a cascata” simile a quello che l’art. 184 l.fall. prevedeva per i soci illimitatamente responsabili nel concordato preventivo della società: a omologazione avvenuta, i debiti anteriori inclusi nel piano sono definiti per tutte le società partecipanti.

Esempio pratico di piano di gruppo con continuità e liquidazione: Il Gruppo X è composto da Alfa S.p.A. (società operativa sana ma indebitata per 1 milione €) e Beta S.r.l. (società non più operativa, con soli cespiti residui per 100.000 € e debiti per 500.000 €). Separatamente, Beta fallirebbe pagando forse il 20% ai suoi creditori, mentre Alfa potrebbe proporre un concordato pagando il 60% ai propri. Con il concordato di gruppo, Alfa continua l’attività e si impegna a versare nel piano comune parte dei suoi utili futuri per integrare la soddisfazione dei creditori di Beta. Supponiamo che in 5 anni Alfa generi 600.000 € destinabili ai creditori: invece di tenerli tutti per pagare i suoi (dando il 60%), ne riserva 500.000 € per i creditori Alfa (50% di soddisfazione) e destina 100.000 € ai creditori Beta, i quali così ricevono complessivamente 200.000 € (100k dalla liquidazione beni + 100k dal contributo Alfa) pari al 40% del loro credito (invece del 20%). Risultato: i creditori Alfa accettano un pagamento un po’ minore (50% anziché 60%) ma i creditori Beta ottengono molto di più (40% anziché 20%) e l’intero gruppo viene risanato senza fallimenti. Un professionista indipendente attesta che l’operazione infragruppo è necessaria e conveniente nell’interesse di tutti i creditori. In sede di voto, le due classi (creditori Alfa e creditori Beta) approvano rispettivamente al 70% e al 90%. Il tribunale omologa il concordato di gruppo. Alfa prosegue la sua attività liberata da metà dei debiti; Beta viene liquidata ma i suoi creditori hanno ottenuto il doppio rispetto allo scenario di fallimento. Entrambe le società (e i loro garanti) beneficiano dell’esdebitazione sui debiti residui.

Parte II – Sovraindebitamento: strumenti per consumatori, professionisti e piccole imprese

5. Chi può accedere alle procedure di sovraindebitamento? (Definizioni)

Il termine “sovraindebitamento” in ambito giuridico indica lo stato di crisi o insolvenza di soggetti non fallibili, cioè di debitori ai quali non si applicano le normali procedure concorsuali (liquidazione giudiziale, concordato preventivo, ecc.). La platea comprende in particolare:

  • Il consumatore: persona fisica che ha contratto debiti per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta. Esempi: un privato che ha debiti da mutuo, bollette, finanziamenti personali, ecc. Rileva la natura dei debiti, non la figura in astratto: anche un piccolo imprenditore può essere consumatore per i debiti personali non legati all’impresa. La definizione codicistica precisa infatti che è considerato consumatore anche chi sia socio di società (di persone o capitali) “per i debiti estranei a quelli sociali”. Ciò significa che un individuo con doppia veste (imprenditoriale e privata) può ricorrere alla procedura da consumatore limitatamente ai debiti di natura personale. Attenzione: se invece i suoi debiti sono in parte professionali e in parte personali (situazione di debiti promiscui), non potrà usare il “piano del consumatore” puro, ma dovrà orientarsi su un’altra procedura (vedi oltre il concordato minore). La Cassazione ha infatti ribadito nel 2023 che il piano del consumatore è riservato a chi ha solo obbligazioni estranee all’attività d’impresa, mentre il debitore “misto” non è ammesso e deve semmai optare per la liquidazione o il concordato minore.
  • L’imprenditore minore: definito all’art. 2, co.1 lett. d) CCII, è l’imprenditore commerciale che non supera determinati parametri dimensionali (attivo annuo ≤ €300.000, ricavi ≤ €200.000, debiti ≤ €500.000). Si tratta delle piccole imprese sotto-soglia, che la legge fallimentare esonerava dal fallimento. Per esempio, un artigiano individuale o una S.r.l. con fatturato modesto rientra in questa categoria.
  • L’imprenditore agricolo: tradizionalmente escluso dal fallimento (art. 2135 c.c.), oggi rientra tra i soggetti non fallibili che possono accedere agli strumenti di sovraindebitamento.
  • Il professionista o lavoratore autonomo: ad esempio un avvocato, medico, commercialista indebitato che non può fallire perché non è imprenditore commerciale. Anche costoro dal 2012 in poi sono ammessi alle procedure di composizione della crisi.
  • Le start-up innovative non piccole: la legge 3/2012 originariamente comprendeva tra i non fallibili le start-up innovative (per favorire iniziativa imprenditoriale). Il Codice della crisi ha poi previsto che solo le start-up sotto soglia rimangano nel perimetro del sovraindebitamento, mentre una start-up innovativa di maggiori dimensioni può accedere anche alle procedure concorsuali ordinarie su scelta del debitore (novità introdotta dal Correttivo 2024). Dunque se una start-up ha superato i limiti da piccola impresa, non è più costretta al solo “percorso sovraindebitamento” ma può utilizzare concordato preventivo, accordi di ristrutturazione ecc., previa domanda esclusivamente ad iniziativa del debitore (art. 37 CCII come modificato).
  • Enti non commerciali e altri debitori non soggetti a liquidazione giudiziale: ad esempio, una associazione riconosciuta indebitata, un trust, un condominio con passività insostenibili – figure non fallibili che rientrano nell’ambito di applicazione della normativa sul sovraindebitamento.

In sintesi, possiamo dire che le procedure di sovraindebitamento sono destinate a consumatori, piccolissime imprese e soggetti non fallibili in generale. La normativa originaria era la Legge 3/2012 (la cosiddetta “Legge salva suicidi”), ora abrogata e integrata nel Codice della crisi. Il CCII dedica infatti un’apposita sezione a queste procedure semplificate, che sono state anche oggetto di significative modifiche nel 2020 (con la L. 176/2020 di riforma della L.3/2012) e nel 2024 (con il correttivo ter D.Lgs. 136/2024). Il filo conduttore di tali riforme è stato rafforzare il favor debitoris: ampliare l’accesso alle procedure per i debitori meritevoli, semplificare i requisiti, ridurre gli ostacoli formali e favorire la “reintegrazione economica e sociale” di chi è schiacciato dai debiti, senza ovviamente trascurare le garanzie per i creditori.

6. Quali procedure di sovraindebitamento esistono? – Panoramica generale

Il Codice della crisi (come già la L.3/2012 riformata) prevede tre strumenti principali per regolare il sovraindebitamento:

  • Ristrutturazione dei debiti del consumatore (artt. 67–73 CCII) – detta anche informalmente “piano del consumatore”. È la procedura riservata esclusivamente al debitore consumatore. Consente di presentare un piano di pagamento dei debiti basato sulle proprie risorse, che non richiede l’approvazione dei creditori. Il tribunale omologa il piano dopo aver verificato che il consumatore sia meritevole (cioè senza colpa grave nella formazione dell’indebitamento, ad es. non abbia assunto debiti in modo irresponsabile) e che il piano sia fattibile e offra ai creditori quanto almeno possono ottenere in scenari alternativi. Se omologato, il piano vincola tutti i creditori anteriori, anche dissenzienti, e al termine – a condizione che il debitore esegua quanto promesso – cancella tutti i debiti residui (esdebitazione). Il consumatore ottiene così il fresh start. È uno strumento molto potente, incentrato sul ruolo di controllo del giudice e sull’assistenza obbligatoria di un OCC (Organismo di Composizione della Crisi) per la predisposizione del piano. L’OCC aiuta a redigere la proposta e attesta la veridicità dei dati e l’attuabilità del piano.
  • Concordato minore (artt. 74–83 CCII) – è la nuova denominazione dell’“accordo di composizione della crisi” della L.3/2012. Destinato ai debitori diversi dal consumatore (imprese minori, professionisti, etc.), consente di proporre ai creditori un accordo di ristrutturazione dei debiti con pagamento, anche parziale, dilazionato o anche mediante altre forme (es.: conversione dei crediti in strumenti partecipativi). Serve il voto favorevole dei creditori: il concordato minore infatti richiede l’approvazione di una maggioranza di crediti. La riforma del 2020-2022 ha abbassato la maggioranza necessaria dal 60% al 50% + 1 dei crediti chirografari (calcolati sul totale dei crediti ammessi al voto). Dunque è sufficiente la metà dei crediti perché l’accordo sia approvato, rendendo più agevole raggiungere il quorum. È possibile anche suddividere i creditori in classi e, in caso di classi dissenzienti, il tribunale può omologare ugualmente se ritiene soddisfatte le condizioni di legge (in analogia al concordato preventivo, applicando il cram-down su classi dissenzienti). Il concordato minore, a differenza del piano del consumatore, prevede il voto e un grado minore di intervento giudiziale nella formazione del consenso: il giudice interviene in omologazione, potendo però rifiutare l’omologa se riscontra che l’accordo non raggiunge il quorum o le condizioni di legge (es: difetto di meritevolezza grave). Una peculiarità del concordato minore è che può essere utilizzato anche in presenza di debiti misti (parte consumatori, parte no): il correttivo 2024 ha chiarito che il debitore con debiti sia personali che di impresa può accedere al concordato minore. In pratica funge da “procedura jolly” per chi non rientra nella purezza richiesta dal piano del consumatore. Come per ogni concordato, l’omologazione rende l’accordo vincolante per tutti i creditori anteriori, compresi i dissenzienti, e al termine l’esdebitazione libera il debitore dai debiti residui non soddisfatti.
  • Liquidazione controllata del sovraindebitato (artt. 268–277 CCII) – sostituisce la vecchia “liquidazione del patrimonio” della L.3/2012. È una procedura concorsuale vera e propria (simile per molti versi al fallimento, oggi liquidazione giudiziale, da cui differisce perché su base volontaria o semivolontaria e perché pensata per i non fallibili). Può accedervi qualsiasi debitore sovraindebitato, consumatore o meno, anche in via alternativa o successiva alle altre procedure. In genere vi si fa ricorso quando il debitore non è in grado di formulare un piano di pagamento sostenibile (mancanza di redditi sufficienti) oppure quando l’accordo con i creditori fallisce. La liquidazione può essere chiesta dallo stesso debitore oppure dai creditori o dal Pubblico Ministero in alcune circostanze (ad es. in caso di annullamento o revoca di un piano omologato, o di inattività del debitore). Nella liquidazione controllata viene nominato un liquidatore (figura simile al curatore fallimentare) che gestisce e vende tutti i beni del debitore, per distribuire il ricavato ai creditori secondo le regole delle graduatorie (privilegi, ecc.). Il debitore vede così liquidato il proprio patrimonio (salvo i beni impignorabili per legge), ma in compenso può ottenere l’esdebitazione di tutte le obbligazioni concorsuali al termine. La legge richiede la cooperazione del debitore e prevede sanzioni in caso di frodi o malafede (esclusione dalla esdebitazione). La liquidazione controllata può essere considerata il “paracadute finale”: garantisce comunque al debitore onesto la liberazione dai debiti, anche quando non può offrire alcuna proposta soddisfacente ai creditori.

Oltre a questi tre strumenti base, il Codice ha introdotto alcune varianti speciali:

  • L’esdebitazione del debitore incapiente (art. 283 CCII), di cui parleremo a parte, che è una forma di “liquidazione a zero” destinata ai debitori persona fisica totalmente privi di beni e redditi (fresh start puro).
  • Le procedure familiari (art. 66 CCII), cioè la possibilità per più membri di una famiglia sovraindebitati di presentare una domanda congiunta, ottenendo un trattamento unificato e coordinato.
  • La composizione negoziata per la soluzione della crisi applicabile anche alle imprese sotto-soglia (inclusi imprenditori agricoli) ai sensi del D.L. 118/2021 e successive modifiche: è una procedura stragiudiziale assistita da un esperto, che può preludere a un accordo o a un concordato semplificato. Questa è però fuori dall’ambito delle procedure giudiziali di sovraindebitamento e rappresenta un’opzione preventiva (vale la pena menzionarla solo per completezza).

Nel Correttivo Ter 2024, particolare attenzione è stata data proprio alle procedure di sovraindebitamento, per risolvere alcune criticità emerse nei primi due anni di applicazione del CCII. Sono state semplificate le definizioni (ad esempio chiarendo quella di consumatore), armonizzate certe norme col resto del sistema (ad esempio ora la maggioranza nel concordato minore è il 50% come nel concordato preventivo ordinario, mentre prima la L.3/2012 richiedeva il 60%), e introdotte novità come la possibilità per l’imprenditore cancellato dal registro imprese di accedere oltre un anno alla liquidazione controllata, il potenziamento dei poteri dell’OCC, ecc. Esaminiamo adesso nel dettaglio ciascuna procedura dal punto di vista di chi vi accede.

7. Il Piano di ristrutturazione del consumatore (ex “piano del consumatore”)

Chi può usarlo: solo il consumatore sovraindebitato, cioè il debitore persona fisica con debiti di natura strettamente personale. Se anche solo parte dei debiti è riferibile ad attività di impresa o professionale, la legge esclude questa procedura (come già sottolineato, debiti promiscui no: Cass. 22699/2023). Il correttivo 2024 ha ulteriormente precisato la definizione di consumatore nell’art. 2 lett. e) CCII, includendo la situazione del fideiussore di debiti altrui e del socio di società, purché i debiti oggetto del piano siano estranei all’attività economica produttiva. Ad esempio, Tizio è un artigiano edile ma ha anche debiti personali per spese mediche e familiari: potrà essere consumatore limitatamente a questi debiti privati, mentre per gli eventuali debiti della sua ditta dovrà valutare il concordato minore o altra procedura.

Che cosa consente: Il piano del consumatore permette di proporre al tribunale un piano di rientro dai debiti basato sulle effettive capacità economiche del debitore. Può prevedere pagamenti parziali ai creditori e dilazionati nel tempo, anche falcidie molto rilevanti del credito originario, senza bisogno di accordo preventivo dei creditori. Elementi chiave:

  • Niente voto dei creditori: a differenza di concordati e accordi, qui i creditori non votano né possono impedire l’omologazione – il che è un grande vantaggio per il debitore onesto ma in difficoltà. Il loro ruolo è limitato eventualmente a far pervenire osservazioni e contestazioni in udienza, ma la decisione finale spetta al giudice.
  • Verifica di meritevolezza: Il tribunale valuta se il consumatore ha contratto i debiti senza colpa grave, dolo o frode (requisito della meritevolezza). Ad esempio, un consumatore che si è sovraindebitato a causa di spese mediche impreviste sarà probabilmente ritenuto meritevole; al contrario, chi ha accumulato debiti giocando d’azzardo o vivendo al di sopra delle proprie possibilità potrebbe vedersi negare l’omologazione per indegnità.
  • Fattibilità e convenienza: Il giudice controlla che il piano sia sostenibile in base alle entrate disponibili e che garantisca ai creditori un trattamento non inferiore a quello ottenibile con alternative praticabili (per lo più la liquidazione controllata). Questa valutazione tecnica è coadiuvata dalla relazione dell’OCC e da eventuali osservazioni dei creditori o del Pubblico Ministero (che può intervenire).
  • Sospensione delle azioni esecutive: Dal deposito della domanda, il debitore può chiedere la sospensione di pignoramenti e altre azioni individuali, ottenendo un po’ di respiro. Con l’omologazione, la sospensione diventa divieto definitivo di iniziare o proseguire esecuzioni individuali, similmente a quanto avviene nel concordato preventivo.
  • Nessuna percentuale minima imposta: Non esiste un “minimum dividend” fisso imposto per legge ai creditori chirografari (diversamente dai concordati liquidatori fallimentari che richiedono il 20%). Tuttavia, la giurisprudenza ha affermato che percentuali simboliche troppo basse possono far dubitare della fattibilità o contrarietà allo spirito della legge. Ad esempio, offrire di pagare solo l’1% ai creditori potrebbe portare il giudice a dubitare della serietà del piano, specie se il patrimonio del debitore consentirebbe di fare di più. In linea di massima però, se il debitore ha solo capacità modeste, può legittimamente offrire anche pagamenti parzialissimi (es. 10% del debito), purché dimostri di mettere a disposizione tutto il sovrareddito di cui dispone e di non avere nulla di più da dare.

Procedura in sintesi: Si presenta il ricorso con proposta e piano allegato, predisposti con l’ausilio dell’OCC. Il giudice (o collegio) fissa un’udienza, eventualmente ordina integrazioni o modifiche al piano. È prassi che il giudice possa indicare correzioni da apportare se il piano presenta lacune (es: inclusione di qualche risorsa non considerata, o chiarimenti su certe spese) – questo anche nell’ottica di far andare a buon fine la procedura. In alcune decisioni, la Cassazione ha ritenuto ammissibile che il giudice conceda un breve termine per depositare modifiche o documenti integrativi anche dopo la presentazione, invece di bocciare subito la proposta (Cass. 24870/2024). All’udienza i creditori e il PM (se presente) possono esprimere il loro dissenso o segnalare irregolarità. Dopo di che, se tutto è regolare, il tribunale omologa con decreto motivato il piano. Da quel momento, i creditori sono obbligati a rispettarlo (anche quelli che non hanno partecipato o erano contrari). Il debitore dovrà eseguire puntualmente le obbligazioni previste (ad es. versare ogni mese una certa somma all’OCC per distribuirla). L’OCC svolge un ruolo di vigilanza sull’esecuzione. Al termine, se il debitore ha adempiuto correttamente, il tribunale su istanza dichiara l’esdebitazione per i debiti rimasti insoddisfatti.

Vantaggi per il debitore consumatore:

  • Mantiene il controllo del proprio patrimonio (non c’è spossessamento come nel fallimento, può continuare a gestirlo sotto la supervisione OCC e giudice).
  • Evita l’umiliazione del fallimento e le sue incapacità personali (la liquidazione controllata per il consumatore d’altronde non comporta inabilitazioni tipo interdizione commerciale, ma il piano è comunque meno afflittivo).
  • Ottenuta l’omologazione, il debitore è protetto dalle aggressioni dei creditori e sa esattamente cosa deve pagare e per quanto tempo, con la certezza che il resto dei debiti sarà cancellato.
  • Può anche prevedere la rimodulazione di debiti garantiti (mutui, ipoteche) ad esempio dilazionando ulteriormente le rate: se la banca è d’accordo si può fare, altrimenti il giudice non può imporre modifiche sostanziali ai diritti dei creditori privilegiati senza il loro consenso (questo è un punto delicato: in linea di principio il piano può prevedere la moratoria o rinegoziazione del mutuo solo con l’adesione della banca; in caso contrario il creditore ipotecario va comunque soddisfatto almeno per il valore del bene). Il correttivo 2024 ha introdotto per le procedure familiari la possibilità di continuare a pagare le rate del mutuo sulla casa principale con attestazione OCC, misura che di riflesso può applicarsi anche al singolo consumatore: significa che il piano può contemplare che il debitore prosegua il pagamento regolare del mutuo abitativo fuori dal piano, mantenendo così la casa, mentre ristruttura gli altri debiti concorrenti (es. carte di credito, finanziarie).

Limiti e attenzioni:

  • Il piano del consumatore è adatto a chi ha una certa capacità di rimborso, anche parziale. Se il debitore non ha alcun reddito disponibile, il piano non sarebbe fattibile (in tal caso si opterà per la liquidazione o esdebitazione incapiente).
  • Il debitore deve essere trasparente: è tenuto a dichiarare tutti i beni e redditi, e l’OCC verificherà la veridicità (oggi con poteri accresciuti di accesso banche dati). Omettere beni o simulare passività è motivo di rigetto e può integrare reati.
  • La meritevolezza è un requisito un po’ elastico e in evoluzione giurisprudenziale. Le ultime riforme hanno attenuato il rigore: la L.176/2020 ha abolito alcune preclusioni (ad es. non è più necessario che il consumatore non abbia “colpe gravi” risalenti a oltre 5 anni). Tuttavia, casi di frode o mala fede restano esclusi. Ad esempio, se emergono atti in frode (vendite simulate di beni per sottrarli ai creditori), la domanda sarà rigettata.
  • Se il piano viene rigettato dal tribunale, il consumatore può proporre reclamo al collegio entro 30 giorni (termine ampliato dal correttivo, prima era 15 giorni). Se anche il reclamo fallisce, il debitore può ripiegare su una liquidazione controllata immediata o eventualmente tentare un concordato minore (se ha perso lo status di consumatore per via di qualche debito promiscuo emerso). È importante agire in fretta perché, una volta rigettato il piano, la protezione dalle azioni esecutive cessa e i creditori possono riprendere i pignoramenti.

Esempio pratico (piano del consumatore): Maria, insegnante, si è indebitata per 100.000 € tra carte di credito, prestiti e bollette arretrate, a causa di una malattia in famiglia e un periodo di disoccupazione. Oggi ha uno stipendio mensile di €1.500 e spese essenziali per €1.200; può quindi destinare circa €300 al mese ai creditori. Con l’aiuto dell’OCC, Maria propone un piano di 5 anni pagando €300/mese (totale €18.000, pari al 18% del debito). Offre inoltre ai creditori la liquidazione volontaria della sua auto usata, stimata €2.000, aggiungendo quindi un ulteriore 2% circa. In tutto i creditori riceveranno circa il 20%. L’OCC attesta che Maria è meritevole (i debiti derivano da cure mediche e non da spese voluttuarie) e che la percentuale offerta, pur modesta, è superiore a quanto otterrebbero pignorandole lo stipendio (vista la capienza limitata) e nettamente migliore di uno scenario di liquidazione in cui, tolte le cose impignorabili, potrebbero spartirsi solo l’auto. Il tribunale, constatata l’assenza di opposizioni rilevanti dei creditori, omologa il piano. Maria esegue puntualmente i pagamenti mensili tramite l’OCC. Dopo 5 anni, avendo versato €20.000, ottiene dal tribunale l’esdebitazione: gli €80.000 circa di debito residuo vengono cancellati e i creditori chirografari non possono più pretendere nulla. Maria conserva inoltre la sua abitazione (prima casa non ipotecata) che non era stata toccata dal piano.

8. Il Concordato minore (accordo di ristrutturazione dei debiti per imprenditori minori e altri debitori non consumatori)

Chi può usarlo: tutti i debitori in sovraindebitamento che non siano consumatori. Tipicamente: piccoli imprenditori commerciali sotto soglia, imprenditori agricoli, start-up innovative, liberi professionisti, debitore con debiti misti (parte personali, parte no), e in generale qualsiasi soggetto non fallibile diverso dalla persona fisica “pura”. Si chiama “minore” perché destinato agli imprenditori minori, ma in realtà la platea è più ampia (include enti, professionisti, ecc.).

Natura giuridica: è un accordo con i creditori omologato dal tribunale. Pur collocato nel Capo delle procedure di sovraindebitamento, per certi versi assomiglia molto a un concordato preventivo semplificato per piccole imprese. Le caratteristiche:

  • Necessario il voto dei creditori: Il debitore propone il piano e deve ottenere l’adesione dei creditori che rappresentino almeno la maggioranza dei crediti ammessi al voto (50% + 1 in valore). Non serve più il 60% come in passato: la riforma ha equiparato la soglia a quella del concordato preventivo ordinario (dove è 50%).
  • Classi e categorie: Il debitore può suddividere i creditori in classi omogenee (facoltativo, ma spesso opportuno se ci sono creditori molto differenti). Ad esempio, può mettere fornitori chirografari in una classe e banche chirografarie in un’altra, se hanno interessi differenti. Ogni classe vota separatamente. Se non si formano classi, si conta la maggioranza sull’insieme dei crediti.
  • Trattamento dei creditori privilegiati: in un concordato (anche minore) il debitore non può alterare i diritti dei creditori privilegiati senza il loro consenso, a meno che offra loro il pagamento integrale del valore di garanzia. In pratica, i creditori con pegno, ipoteca o privilegio devono essere soddisfatti integralmente in misura almeno pari al valore del bene su cui hanno privilegio (valutato in scenario di liquidazione). Possono accettare volontariamente un trattamento deteriore (es. rinunciare a una parte del credito) ma non possono subire un cram-down forzato sotto quella soglia. Questo principio è ereditato dal concordato preventivo ordinario ed è confermato per il concordato minore.
  • Intervento del giudice: Il tribunale inizialmente valuta l’ammissibilità della proposta (presenza documenti, fattibilità in senso generico, ecc.) e, se del caso, emette un decreto di apertura nominando un commissario giudiziale. Segue la fase di voto dei creditori (scritto o in adunanza a seconda dei casi). Se la maggioranza è raggiunta, il tribunale passa all’omologazione, verificando l’assenza di cause ostative (es: atti in frode, violazioni di legge) e la convenienza rispetto a scenari alternativi per eventuali oppositori. In assenza di contestazioni, l’omologa è quasi automatica; se ci sono opposizioni, si apre una breve fase giudiziale in cui il tribunale decide se il concordato sia conveniente e regolare anche per i dissenzienti.
  • Cram-down fiscale: Una peculiarità introdotta dal CCII (e affinata dai correttivi) è la disciplina del trattamento dei crediti fiscali e contributivi nel concordato minore. Il legislatore ha voluto consentire che anche i debiti verso Fisco ed enti previdenziali possano essere falcidiati, ma con alcune cautele: l’adesione del creditore pubblico (Agenzia Entrate, ADER, INPS ecc.) deve essere espressamente richiesta tramite una proposta di transazione fiscale, e se l’ente non risponde o rifiuta, il tribunale può ugualmente omologare l’accordo a condizione che l’offerta del debitore verso l’Erario rispetti certi requisiti minimi (proporzionalmente a quanto offerto agli altri e comunque non simbolica). Nel corso del 2022-2024 le soglie percentuali sono state oggetto di modifiche altalenanti: inizialmente il CCII prevedeva il pagamento di almeno il 20% dei crediti erariali chirografari per poter imporre il cram-down, poi il D.Lgs. 83/2022 aveva alzato tale soglia (al 30% e al 10% a seconda dei casi), infine il correttivo 2024 l’ha nuovamente ribassata. Attualmente, senza entrare nei tecnicismi, il debitore deve assicurare un certo livello di soddisfacimento ai crediti fiscali e contributivi se vuole ottenere l’omologazione forzata anche in mancanza di adesione degli enti. In sostanza, non è più possibile che il Fisco sia trattato in maniera irrisoria rispetto agli altri creditori senza il suo consenso. Per il debitore, questo significa che nella proposta di concordato minore dovrà riservare un occhio di riguardo ai debiti tributari: se vuole ad esempio offrire 0% ai chirografari, non potrà farlo per il fisco (salvo adesione volontaria di quest’ultimo). Dovrà magari offrire una percentuale minima (poniamo 10%) ai debiti IVA, tasse, contributi per poter sperare nel cram-down in caso di diniego dell’Erario. Si tratta di un bilanciamento tra favor debitoris e tutela dell’interesse pubblico.

Esecuzione e esdebitazione: Una volta omologato, il concordato minore viene attuato secondo i termini stabiliti (ad esempio, il debitore paga le rate concordate, eventualmente con la supervisione di un liquidatore nominato se sono previste vendite di beni). Al termine dell’esecuzione l’autorità giudiziaria (su rapporto del commissario o OCC) dichiara l’adempimento e il debitore persona fisica ottiene l’esdebitazione per i crediti stralciati non pagati. Se il debitore è una società, l’esdebitazione in senso tecnico non è pertinente (la società estingue i debiti con l’esecuzione del concordato, e se ne resta qualcuno insoluto, la società comunque non ne risponde perché la procedura concorsuale ne sancisce la chiusura regolare).

Confronto col piano del consumatore: Il concordato minore è più “impegnativo” perché richiede di convincere almeno la metà dei crediti (spesso le banche o i fornitori principali) e perché il controllo giudiziale è leggermente meno penetrante sul merito della proposta (essendoci il voto dei creditori, si presume che la convenienza sia valutata da loro, salvo appunto dissensi significativi). Tuttavia, ha ambiti di applicazione più ampi: può includere debiti di ogni tipo (anche derivanti da impresa) e anche situazioni in cui il debitore ha avuto qualche condotta poco diligente (il requisito della meritevolezza formale non è previsto come nel piano consumatore; certo, se ci sono atti in frode o abuso la legge consente al giudice di non omologare, ma non c’è una valutazione di meritevolezza “morale” stringente come per il consumatore).

Vantaggi per il debitore:

  • Il debitore può continuare la propria attività imprenditoriale o professionale se il piano lo prevede (concordato minore in continuità). Non è tenuto a chiudere la ditta o liquidare tutto; può anzi utilizzare i proventi futuri per pagare i creditori gradualmente.
  • Durante la procedura, gode delle protezioni concorsuali: stop alle azioni esecutive, impossibilità per i creditori di acquisire cause di prelazione senza autorizzazione, ecc. Questo “freeze” permette di lavorare al risanamento senza l’assillo dei pignoramenti.
  • Può prevedere operazioni straordinarie utili a ristrutturare l’impresa (cessione di rami aziendali, aumento di capitale con nuovi soci, ecc.), similmente a un concordato preventivo ma in scala minore.
  • Ottiene la discharge dei debiti residui a fine procedura, ripulendo la propria posizione e potendo ripartire.
  • La procedura è tendenzialmente più rapida e snella rispetto a un fallimento: si può chiudere nell’arco di alcuni mesi (in caso di pagamento in un’unica soluzione, ad esempio tramite accordi con banche) o pochi anni se sono previste rate. Comunque molto prima dei tempi di una liquidazione giudiziale ordinaria che spesso dura parecchi anni.

Svantaggi/limiti:

  • Richiede negoziazione con i creditori chiave: se questi non si convincono, l’accordo non passa. È quindi fondamentale per il debitore preparare una proposta equilibrata, magari anticipando contatti con le banche o i maggiori fornitori per tastare il terreno. In caso di gruppi di creditori numerosi può essere difficile raggiungere la maggioranza senza concessioni adeguate.
  • Se l’accordo fallisce (mancanza di voto o non omologazione), il rischio immediato è la conversione in liquidazione controllata giudiziale su istanza dei creditori. In pratica, il debitore rischia di perdere la possibilità di una soluzione negoziata e finire in liquidazione coatta dei suoi beni.
  • Durante l’esecuzione del concordato minore, se il debitore non rispetta gli impegni (es. salta troppe rate senza giustificazione), il tribunale può dichiarare la risoluzione dell’accordo. Ciò riapre la porta ai creditori per agire sui beni rimasti e generalmente sfocia anch’esso in liquidazione.

Esempio pratico (concordato minore): Luigi è titolare di una piccola impresa (ditta individuale) di serramenti. Ha debiti per €300.000 (di cui 50k con banca garantiti da ipoteca su un capannone, 250k chirografari verso fornitori e Fisco). L’attivo consiste in: capannone del valore stimato €100.000, magazzino €20.000, attrezzature €10.000. Luigi prevede, tenendo aperta l’attività, di generare un utile di €30.000 annui nei prossimi 5 anni grazie a nuovi contratti. Con l’OCC predispone un piano: propone di vendere il capannone e pagare integralmente la banca ipotecaria con il ricavato (ipotizziamo 100k), e di usare i €30.000/anno di utili (totale 150k in 5 anni) per pagare parzialmente i creditori chirografari. Su €250.000 di crediti chirografari totali, 150k corrispondono al 60%. Luigi offre quindi circa il 60% ai chirografari, di cui il Fisco (20k di IVA) vedrebbe magari il 50% e i fornitori il 65% (leggermente diversificato nelle classi, ma comunque sopra il 50%). I creditori votano: la banca non vota perché privilegiata (ma viene soddisfatta integralmente dalla vendita quindi è tacitamente concorde), i fornitori votano a larga maggioranza sì (contenti di recuperare 65 centesimi), l’Erario non si oppone formalmente (in mancanza di risposta, il tribunale potrà omologare perché l’offerta del 50% sulle tasse soddisfa i requisiti minimi). Si raggiunge oltre il 50% dei crediti votanti. Il tribunale omologa il concordato minore. Luigi vende il capannone, paga la banca, continua la sua attività in affitto e ogni anno versa 30k al commissario per distribuirli. Dopo 5 anni, i creditori chirografari hanno avuto 150k su 250k di crediti (60%). Luigi è dichiarato esdebitato dei restanti 100k: questi debiti vengono cancellati. Ha salvato la sua impresa e ridotto drasticamente l’indebitamento, sacrificando il capannone ma mantenendo l’operatività.

9. La Liquidazione controllata del sovraindebitato

Chi può usarla: qualsiasi debitore in stato di sovraindebitamento (consumatore o non) può essere assoggettato a liquidazione controllata. Può essere una scelta volontaria del debitore (magari perché vuole liberarsi subito dei beni e azzerare i debiti in un colpo solo), oppure una soluzione imposta/chiesta dai creditori in certe situazioni (es: quando un piano o accordo fallisce, oppure quando il debitore è inattivo e i creditori preferiscono far intervenire un liquidatore).

Come funziona: La liquidazione controllata è sostanzialmente analoga a una procedura fallimentare (ora liquidazione giudiziale nel nuovo gergo) ma adattata ai soggetti minori:

  • Il procedimento si apre con un ricorso (del debitore o istanza di creditori/PM). Il tribunale verifica lo stato di insolvenza o sovraindebitamento e pronuncia un decreto di apertura della liquidazione controllata. Con il decreto nomina un giudice delegato e un liquidatore (professionista iscrittO all’albo, simile al curatore).
  • Dal momento dell’apertura, il debitore è spossessato dei suoi beni (che entrano nella massa attiva della liquidazione). Egli perde la disponibilità dei beni presenti e futuri (fino alla chiusura), fatta salva la quota di reddito necessaria al sostentamento suo e della famiglia e i beni impignorabili ex lege.
  • I creditori devono presentare domanda di insinuazione al passivo entro termini fissati, e il liquidatore forma lo stato passivo, che viene approvato dal giudice. Ciò determina l’ammontare ufficiale dei debiti concorrenti.
  • Il liquidatore procede a vendere i beni del debitore secondo le regole tipiche (vendite all’asta, oppure assegnazione ai creditori, ecc.), e a distribuire il ricavato secondo l’ordine delle cause di prelazione. È obbligato a osservare la par condicio creditorum.
  • Eventuali atti in frode o pagamenti preferenziali antecedenti possono essere revocati (il CCII estende alcune azioni recuperatorie anche a queste procedure).
  • Alla fine, esaurito l’attivo, il liquidatore presenta un rendiconto e si chiude la procedura con un decreto del tribunale.

Esdebitazione post-liquidazione: Il grande vantaggio rispetto al vecchio fallimento è che la persona fisica ottiene la liberazione dai debiti residui in modo semplificato. In passato, il fallito doveva fare istanza specifica di esdebitazione e attendere, con possibili opposizioni. Oggi, nel CCII, l’esdebitazione è pressoché automatica a fine liquidazione, salvo casi di frode o mancata collaborazione. L’art. 277 CCII prevede che il debitore persona fisica sovraindebitato sia esdebitato di diritto per i debiti incapienti una volta chiusa la liquidazione (restano escluse ovviamente le tipologie di debiti non esdebitabili per legge, es. debiti alimentari, risarcimenti da illecito penale, etc.). Dunque, chi subisce o sceglie la liquidazione controllata, anche se i creditori non vengono integralmente soddisfatti, viene liberato dai debiti e può ricominciare senza quel fardello. Ciò avviene a condizione che abbia collaborato lealmente durante la procedura (obbligo di consegnare documenti, non ostacolare le vendite, ecc.) e che non sussistano gravi ragioni ostative (ad es. aver distratto beni prima della liquidazione). La legge delega del 2017 e la riforma del 2020 hanno eliminato alcune preclusioni che prima negavano l’esdebitazione se il soddisfacimento ai creditori era inferiore al 10%: ora non c’è più una soglia minima di pagamento. La Cassazione ha confermato che il beneficio della “fresh start” non dipende dalla percentuale pagata (può essere anche zero), ma solo dalla condotta regolare del debitore.

Istanza dei creditori e “domanda con riserva”: Il correttivo 2024 ha tolto di mezzo una complicazione: nella versione originaria del CCII si era mantenuta l’idea che il debitore potesse presentare una “domanda con riserva” (cioè chiedere l’apertura della liquidazione e poi presentare un piano entro un certo termine, un po’ come l’istituto del concordato in bianco). Ciò creava confusione. Ora è chiarito che la domanda prenotativa non è ammessa nel sovraindebitamento. Se il debitore vuole temporeggiare per preparare un piano, può semmai ricorrere alla composizione negoziata (strumento stragiudiziale) ma non può bloccare i creditori con un’istanza vaga di sovraindebitamento senza piano. In compenso, la legge tutela il debitore quando la liquidazione è chiesta dai creditori: se un creditore istanza per la liquidazione, il debitore può entro termini (fino a 120 giorni massimi) presentare una proposta alternativa di concordato minore o piano consumatore. In tal caso il tribunale sospende la decisione sull’istanza dei creditori per dare modo al debitore di giocarsi la carta del piano. Questa è una norma di favore introdotta per evitare che un creditore “furbo” bruci sul tempo il debitore portandolo subito in liquidazione: se il debitore ha possibilità di offrire un accordo migliore, ha lo spazio per farlo.

Vantaggi dal punto di vista del debitore:

  • È un mezzo per ottenere l’esdebitazione anche se il debitore non dispone di nessuna risorsa da offrire in un piano. Ad esempio, un piccolo imprenditore che abbia dovuto cessare l’attività e non ha redditi né beni rilevanti può comunque uscire dai debiti avviando la liquidazione: i creditori prenderanno quel poco (se c’è) e poi il debitore verrà liberato.
  • Contrariamente al fallimento tradizionale, qui il percorso è pensato proprio per la liberazione finale: non è infamante come lo stigma del “fallito” di un tempo, ma concepito come un passaggio tecnico per la chiusura delle pendenze.
  • Fin dall’apertura della procedura il debitore gode degli effetti protettivi: i pignoramenti in corso vengono dichiarati inefficaci (salvo che abbiano già avuto esito con assegnazione), i creditori non possono iniziarne di nuovi, decadono eventuali fermo amministrativi, ecc. Il debitore vede concentrarsi il contenzioso in un’unica sede e stop all’assedio dei singoli creditori.
  • Può continuare a svolgere attività lavorativa (diverso dal vecchio fallito che era interdetto): il CCII non prevede sanzioni personali. Anzi, il reddito che il debitore genera col suo lavoro futuro (oltre la parte che serve al suo mantenimento) va eventualmente ai creditori durante la procedura, ma poi una volta chiusa la procedura, quel reddito torna completamente a lui senza vincoli.

Svantaggi:

  • Implica la perdita del patrimonio: tutti i beni non essenziali vengono venduti. Se il debitore possiede una casa di proprietà non prima casa o lussuosamente oltre il necessario, verrà liquidata. Anche la prima casa del debitore non è protetta in assoluto (non esiste nell’ordinamento un’esenzione integrale per la prima casa: con qualche eccezione nei piani, ma in liquidazione pura se serve si liquida anche quella, salvo che sia di valore trascurabile o che non vi siano crediti ipotecari che spingono alla vendita). Ciò può essere traumatico.
  • Il nome del debitore appare nei registri pubblici (Registro procedure di insolvenza) e ciò potrebbe creare qualche difficoltà reputazionale o di accesso al credito per alcuni anni. Tuttavia, va detto che anche l’accesso a piano o concordato comporta pubblicità, quindi questo aspetto è comune.
  • Se dovessero emergere comportamenti fraudolenti (es. si scopre che il debitore ha distratto beni poco prima di avviare la procedura), non solo perderà il beneficio dell’esdebitazione ma rischia azioni penali. Il CCII applica ai sovraindebitati alcune fattispecie di reati concorsuali (bancarotta fraudolenta, ecc., depurate delle parti non pertinenti). Quindi onestà e trasparenza rimangono fondamentali.

Esempio pratico (liquidazione controllata): Paolo, ex piccolo imprenditore, ha cessato la sua attività due anni fa ma gli sono rimasti debiti per €200.000 verso banche e fornitori. Non ha potuto accedere a concordato perché è disoccupato e non ha entrate da offrire. Possiede solo un’auto usata (€3.000) e arredi di casa di modesto valore. Decide quindi di avviare una liquidazione controllata per chiudere la partita. Il tribunale apre la procedura e nomina un liquidatore. Vengono venduti l’auto e pochi beni (ricavato complessivo €5.000). I creditori insinuati (per tot €200.000) ricevono un riparto del 2.5% circa ciascuno. Al termine, il giudice chiude la procedura. Paolo, che ha collaborato e non ha nascosto nulla, ottiene l’esdebitazione completa: il residuo 97.5% di debiti (circa €195.000) è cancellato. I creditori non possono più agire per recuperarli. Paolo riparte da zero: ha perso l’auto e altri beni, ma è libero dai debiti. Dopo qualche anno, trova un nuovo lavoro e, con più prudenza, ricostruisce la sua situazione economica.

10. L’esdebitazione del debitore incapiente (il “fresh start” a costo zero)

Una novità molto significativa, introdotta a fine 2020 e oggi disciplinata dall’art. 283 CCII, è la procedura di esdebitazione del debitore incapiente. Viene spesso chiamata anche “esdebitazione a zero” o “di benevolenza”, perché consente al debitore persona fisica privo di qualunque risorsa di ottenere ugualmente la liberazione dai debiti senza offrire nulla ai creditori. È un meccanismo ispirato a principi di equità sociale, per evitare che persone nullatenenti rimangano intrappolate vita natural durante in debiti impagabili, divenendo emarginate economicamente.

Requisiti principali per accedervi:

  • Deve trattarsi di persona fisica sovraindebitata meritevole che non possiede alcun patrimonio liquidabile né redditi pignorabili da mettere a disposizione dei creditori. In altre parole, un debitore “incapiente” il cui intero reddito è assorbito dal minimo vitale per sé e la famiglia e non ha beni utilmente liquidabili. Se c’è anche una piccola utilità ricavabile, il debitore dovrebbe semmai fare la liquidazione controllata. Questa procedura è riservata a chi proprio non può offrire alcuna “utilità” immediata ai creditori.
  • Meritevolezza e buona fede: Non deve aver colpe gravi né aver frodato i creditori. L’art. 283 richiede gli stessi requisiti soggettivi del piano del consumatore, più l’assenza di atti in frode negli ultimi 5 anni, ecc. Inoltre il debitore non deve aver già ottenuto un’esdebitazione incapiente in passato (è un beneficio concesso una tantum nella vita).
  • Impegno a soddisfare i creditori in futuro se possibile: Il debitore incapiente che viene esdebitato assume l’obbligo morale/giuridico, per i successivi 4 anni, di pagare ai creditori una parte delle sopravvenienze che eventualmente dovessero manifestarsi. Ciò significa che se improvvisamente nei 4 anni successivi il debitore riceve un’eredità, vince alla lotteria, trova un lavoro ben retribuito, ecc., e queste “utilità sopravvenute” permetterebbero di pagare almeno il 10% dei vecchi debiti, allora dovrà farlo, altrimenti rischia la revoca del beneficio. Se invece la situazione economica resta precaria o migliora di poco, il debitore non dovrà nulla ai vecchi creditori.

Procedura: Si propone ricorso al tribunale, con l’ausilio di un OCC che assevera la condizione di incapienza e la presenza dei requisiti. Devono essere elencati i debiti, le cause dell’indebitamento, e dimostrato che non c’è capacità di pagamento. Ad esempio presentando ISEE, buste paga, stato di disoccupazione, ecc. Il tribunale sente eventualmente i creditori (in camera di consiglio) e decide se concedere l’esdebitazione. Non c’è voto dei creditori (comprensibilmente, visto che a loro non arriva nulla immediatamente). Se concede, emette decreto di cancellazione dei debiti. Il debitore rinasce pulito. I creditori non ricevono alcunché nell’immediato, ma beneficiano di una condizione: per 4 anni il debitore deve comunicare al competente OCC eventuali incrementi di reddito o patrimonio, e se questi sono tali da consentire un soddisfacimento almeno del 10%, allora la vecchia obbligazione “revive” limitatamente a quell’importo. In pratica il debitore si impegna a destinare ai vecchi creditori l’eventuale eccedenza di reddito oltre il minimo vitale, fino al 10% dei crediti originari complessivi. Dopo i 4 anni, se anche qualche miglioramento c’è stato ma non sufficiente a raggiungere il 10%, il beneficio rimane intatto e quei creditori non potranno più nulla.

Riflessioni dal punto di vista del debitore: Questo istituto realizza il “fresh start” più puro. È di fatto un condono giudiziale dei debiti per chi davvero non ha niente. La ratio sociale è che, a fronte di persone che altrimenti sarebbero condannate all’irregolarità economica (lavoro nero, usura, ecc.), è preferibile azzerare i loro debiti e reinserirle nel circuito produttivo come cittadini “riabilitati”. Per il debitore incapiente, poter accedere a questa esdebitazione significa evitare la disperazione e magari incentivarsi a migliorare la propria condizione (sapendo che i frutti futuri saranno in gran parte per sé, salvo quel 10% eventuale per i creditori se le cose vanno molto bene). Attenzione però: la legge è severa nel concederla solo a chi davvero è “pulito” sotto il profilo morale: se emergono condotte opportunistiche (tipo voler fare l’esdebitazione incapiente avendo invece nascosto beni o impiegato male i soldi), il tribunale rigetta. Ad esempio, la giurisprudenza nega il beneficio a chi abbia dissipato risorse in attività speculative o voluttuarie poco prima (perché non sarebbe giusto far pagare alla collettività errori così gravi senza nessuna conseguenza per il debitore).

In pratica, la percentuale di accoglimento di queste domande dipenderà molto dalla valutazione del Giudice e dell’OCC. Essi valuteranno:

  • La storia debitoria: come si è formato il debito? Se è frutto di sventura (malattia, licenziamento, fideiussione per un parente fallito) è un punto a favore. Se invece il debitore ha vissuto sopra i propri mezzi accumulando debiti di gioco o lusso, potrebbe essergli contestata la meritevolezza.
  • La situazione attuale: davvero il debitore non ha nulla? Si controllano i registri immobiliari, PRA (auto), conti bancari, ecc. L’OCC oggi accede alle banche dati per scovare eventuali risorse occulte.
  • Le prospettive: se il debitore è giovane e con potenziale guadagno, forse sarebbe più corretto indirizzarlo verso una liquidazione controllata (dove i creditori potrebbero attendere eventuali redditi futuri entro i 4 anni di procedura). L’esdebitazione incapiente è forse più tagliata per chi, oltre a non avere nulla, ha anche ridotte chances di miglioramento (pensionato minimo, invalido, ecc.). Comunque la legge non fa distinzioni: anche un trentenne disoccupato può chiedere l’esdebitazione incapiente, impegnandosi poi a versare ai creditori una parte degli eventuali stipendi futuri per i prossimi 4 anni, come condizione.

Per i creditori, chiaramente, è un sacrificio: vedono i loro crediti annullati ex lege senza ritorno, se non un’eventuale partecipazione a sopravvenienze future in misura limitata. Per questo i tribunali applicano un vaglio rigoroso. Ma va detto che se il debitore è davvero nullatenente, spesso anche tentare un’esecuzione o una liquidazione non avrebbe fruttato nulla se non costi: tanto vale “dare pace” a tutti.

Esempio pratico (esdebitazione incapiente): Marco ha debiti per 50.000 € derivati da alcune finanziarie e bollette non pagate. Ha perso il lavoro e vive solo con un piccolo sussidio sociale; non ha casa di proprietà (è in affitto) né auto né risparmi. La sua situazione è disperata: anche attivare una liquidazione non porterebbe alcun attivo perché non possiede nulla da vendere. Con l’aiuto di un OCC, Marco presenta ricorso per esdebitazione incapiente. Dichiara di non aver mai usato altre procedure e di non avere redditi oltre il minimo vitale. L’OCC conferma (controllando l’anagrafe tributaria e l’archivio rapporti finanziari) che effettivamente Marco non ha conti in banca significativi, né beni intestati. Il tribunale ritiene Marco meritevole (i suoi debiti derivano da spese di necessità quando aveva perso il lavoro, niente lussi) e concede l’esdebitazione immediata. Tutti i suoi 50.000 € di debiti vengono cancellati. Marco esce libero dall’incubo debitorio. Condizione: se entro 4 anni trovasse un buon lavoro, supponiamo con reddito eccedente le sue necessità di €10.000 l’anno, e per ipotesi in 4 anni accumulasse quindi €40.000 di risparmio, dovrebbe destinarne almeno €5.000 ai vecchi creditori (che è il 10% del debito totale, soglia di legge). L’OCC vigilerà chiedendogli annualmente l’ISEE e documenti. Se invece, come probabile, Marco riuscirà appena a mantenersi senza accumulare risparmi significativi, non dovrà versare nulla. Allo scadere dei 4 anni, l’esdebitazione diverrà definitiva e irrevocabile.

11. Procedure familiari: sovraindebitamento congiunto di più membri della famiglia

L’art. 66 CCII disciplina la possibilità per i membri della stessa famiglia che si trovino tutti in condizione di sovraindebitamento di accedere in modo unitario alle procedure. Questo consente di risolvere con un’unica procedura la crisi, ad esempio, di marito e moglie indebitati entrambi, evitando duplicazioni.

Chi può accedere insieme: Familiari conviventi oppure che hanno contratto debiti con origine comune. L’origine comune va intesa in senso ampio: possono essere coniugi, conviventi, parenti stretti che magari si sono coobbligati per lo stesso mutuo, o uno ha fatto da garante all’altro, o ancora ex coniugi che si sono indebitati per esigenze familiari durante il matrimonio. Non è necessario che tutt’ora vivano sotto lo stesso tetto, purché la radice dell’indebitamento sia condivisa (ad esempio, entrambi hanno firmato lo stesso finanziamento per la casa quando erano sposati). È escluso invece il caso di familiari con debiti del tutto separati e indipendenti: in tal caso avrebbero ciascuno la propria procedura.

Come funziona: I familiari presentano un unico ricorso congiunto indicando che intendono avvalersi della procedura familiare. Il tribunale, verificati i requisiti, unifica i procedimenti e li coordina davanti allo stesso giudice. Se per errore i familiari avessero presentato ricorsi separati magari in tribunali diversi, le cause vengono riunite davanti al tribunale preventivamente adito (principio del foro della prevenzione analogo a quello visto per i gruppi). Viene nominato un solo OCC per l’intera famiglia (evitando costi duplicati) e le masse patrimoniali restano distinte per ciascun membro. Questo è fondamentale: come nel gruppo di imprese, anche nella famiglia vale l’art. 2740 c.c. – ogni debitore risponde solo con i propri beni. Non si crea una confusione di patrimoni: se il marito ha un patrimonio maggiore, i suoi beni soddisfano i suoi creditori; i beni della moglie i suoi, ecc. Non è ammesso far pagare un debito del marito con un bene personale della moglie, salvo che un creditore sia comune ovviamente. Ne consegue che nel piano familiare va mantenuta la distinzione delle masse attive e passive, ma in un contesto di procedura unificata.

Strumenti utilizzabili: La domanda congiunta può riguardare l’accesso ad una delle procedure di sovraindebitamento previste, in forma coordinata. In pratica, la famiglia sceglie se presentare un unico piano del consumatore familiare oppure un concordato minore familiare o richiedere una liquidazione familiare:

  • Piano familiare del consumatore: possibile solo se tutti i membri della famiglia sono consumatori (quindi nessuno ha debiti d’impresa). In tal caso presentano un piano unico di ristrutturazione dei debiti familiari. Ad esempio, moglie e marito, entrambi persone fisiche non imprenditori, con debiti per spese di casa e di sostentamento, propongono un piano comune in cui mettono a disposizione le entrate familiari globali. Il giudice valuterà la meritevolezza di entrambi e l’equilibrio del piano nel suo insieme. I creditori (di entrambi) non votano, come nel piano individuale, ma sono soddisfatti secondo la proposta e vincolati se il giudice omologa.
  • Concordato minore familiare: se tra i familiari c’è qualcuno che non è consumatore (es. un coniuge è piccolo imprenditore), allora il percorso deve essere il concordato minore di gruppo familiare. In questo caso, servirà il voto dei creditori e il calcolo delle maggioranze per ciascun debitore. Il correttivo 2024 ha chiarito un punto: se, ad esempio, in una procedura familiare con due coniugi di cui uno è imprenditore, quest’ultimo propone un concordato minore e l’altro un piano consumatore, come si calcolano le maggioranze? La norma riscritta prevede che, qualora vi sia un debitore non consumatore coinvolto, la procedura complessiva si svolge come concordato minore (quindi soggetta a voto) e occorre ottenere le maggioranze per l’approvazione riferite ai debitori non consumatori. Se, per esempio, il marito imprenditore non ottiene la maggioranza dei suoi creditori, il concordato familiare non può essere omologato e ciò travolge anche la posizione della moglie consumatrice che era congiunta a lui (la questione è complessa: dottrina e prassi stanno interpretando soluzioni come la separazione delle procedure in extremis per salvare il consumatore meritevole anche se il coniuge imprenditore fallisce l’accordo).
  • Liquidazione controllata familiare: i familiari possono anche congiuntamente chiedere la liquidazione di tutti i loro beni in un unico procedimento. Anche qui, i patrimoni restano separati ma il giudice può nominare un solo liquidatore comune e fare economie di scala nella procedura. Ciascun creditore però ha diritto su ciò che spettava dal suo debitore originario, non c’è confusione.

Vantaggi del procedimento unico familiare:

  • Efficienza e risparmio: invece di due o tre cause parallele, se ne fa una. Minor spese di giustizia e compensi OCC unificati (l’art. 66 CCII prevede che il compenso dell’OCC unico sia ripartito tra i membri della famiglia in proporzione all’attivo di ciascuno), spesso risultando inferiore alla somma di più OCC separati.
  • Visone unitaria del nucleo familiare: Spesso i destini finanziari dei familiari sono intrecciati. Un piano unico consente di vedere l’effettiva capacità contributiva familiare complessiva. Ad esempio, marito e moglie con redditi separati ma spese comuni possono più facilmente dimostrare quanto possono pagare ai creditori sommando le forze in un unico budget familiare. Ciò può aumentare la fattibilità del piano.
  • Casa di abitazione: Un grande tema per le famiglie indebitate è salvare la casa. Come citato, il correttivo 2024 ha introdotto la possibilità, nel piano familiare, di continuare a pagare il mutuo ipotecario sulla prima casa con attestazione OCC. Questo significa che la famiglia, se vuole tenere la casa, può prevedere nel piano di escludere l’abitazione dalla liquidazione continuando a onorare regolarmente le rate del mutuo (magari allungandone la durata se la banca è d’accordo), mentre ristruttura gli altri debiti concorrenti. Il vantaggio è che la casa non si perde e i creditori chirografari non possono attaccarla, purché il mutuo venga pagato. L’OCC attesta che questo non pregiudica la fattibilità del piano (ovvero che la famiglia riesce sia a pagare il mutuo sia a pagare la quota promessa agli altri creditori). Questa norma tutela la stabilità abitativa delle famiglie sovraindebitate.
  • Gestione centralizzata: se arrivano atti di precetto, pignoramenti ecc. contro vari membri, la procedura unificata li assorbe tutti e il giudice di quella procedura emette i provvedimenti sospensivi necessari. Ciò evita dispersione di energie.

Esempio pratico (procedura familiare): I coniugi Rossi hanno debiti comuni (mutuo casa €120.000) e individuali (il marito €50.000 tra prestiti personali, la moglie €30.000 di scoperto su carta di credito). Entrambi sono consumatori (non imprenditori). Presentano un piano familiare del consumatore: sommano le loro entrate (stipendi) e, tenuto conto delle spese di mantenimento per sé e due figli, propongono di pagare €500 al mese complessivi per 5 anni ai creditori chirografari (circa €30.000 in totale da dividere pro-quota). Contestualmente, continuano a pagare la rata del mutuo (€600 mensili) regolarmente fuori piano, per non perdere la casa. L’OCC attesta che, con i loro stipendi, i coniugi possono sostenere sia i €500 del piano sia i €600 del mutuo (totale €1.100 mensili, sostenibile rispetto al reddito familiare netto di ad esempio €2.500). Il giudice verifica la meritevolezza (i debiti sono dovuti soprattutto a una riduzione di uno stipendio e spese mediche impreviste) e omologa il piano familiare. I creditori chirografari (banche per prestiti personali, carte, bollette) ricevono in 5 anni il 40% circa dei loro crediti e poi vengono stralciati per il resto; la casa rimane ai coniugi perché sono stati puntuali col mutuo (alla fine dei 5 anni restano comunque debitori del residuo mutuo ma quello è regolare e al di fuori del sovraindebitamento). Grazie alla procedura congiunta, i signori Rossi evitano due cause separate e soprattutto risolvono l’intero indebitamento familiare in un solo contesto, mantenendo la proprietà dell’abitazione.

12. Riepilogo delle opzioni e confronto – Tabella riassuntiva

Per facilitare la comprensione, riportiamo una tabella comparativa delle principali procedure di regolazione della crisi da sovraindebitamento dal punto di vista del debitore:

Procedura (Riferimento normativo)Soggetti ammessiConsenso creditoriEffetti principaliDurata tipica
Ristrutturazione dei debiti del consumatore(Artt. 67–73 CCII)Consumatori (persona fisica con debiti non d’impresa).Esempio: privato sovraindebitato.Nessun voto dei creditori.Omologa giudiziale se fattibilità e meritevolezza ok.– Rateazione o stralcio parziale dei debiti secondo il piano.– Stop azioni esecutive dopo deposito e con omologa.– Esdebitazione totale a fine piano (debiti residui cancellati).– Il debitore conserva i beni non destinati al piano e la gestione del patrimonio (sotto vigilanza OCC).~3-5 anni di pagamento (durata del piano tipica);procedimento di omologa 4-6 mesi.
Concordato minore(Artt. 74–83 CCII)Debitori non consumatori non fallibili:– Imprese minori, sotto-soglia (art. 2 lett. d).– Professionisti, startup, imprenditori agricoli, soggetti con debiti promiscui.Esempio: artigiano indebitato, professionista insolvente.Voto richiesto: maggioranza >50% crediti chirografari (eventualmente per classi).Omologa giudiziale, possibile cram-down su classi dissenzienti (art. 80) e su Fisco se offerta adeguata.– Possibile piano in continuità o liquidatorio (flessibile).– Sospensione delle azioni esecutive al deposito e durante la procedura (protezione concordataria).– Nomina di commissario giudiziale e controllo del tribunale.– Pagamento parziale dei debiti secondo l’accordo approvato.– Esdebitazione a fine adempimento (per persone fisiche).– In caso di mancato rispetto, possibile risoluzione e liquidazione.Procedura di voto e omologa ~4-6 mesi;esecuzione del piano variabile (può essere immediata o durare alcuni anni in caso di rate).
Liquidazione controllata(Artt. 268–277 CCII)Qualsiasi debitore sovraindebitato (consumatore o no).Anche su richiesta creditori/PM in casi previsti (es: revoca di piano).Nessun voto.Apertura con decreto del tribunale se insolvenza accertata. Creditori partecipano tramite insinuazione al passivo, non con consenso preventivo.Spossessamento del debitore: beni affidati al liquidatore.– Vendita di tutti i beni (salvo impignorabili) e distribuzione ai creditori secondo i privilegi.– Sospensione e inefficacia delle azioni esecutive individuali pendenti.– Possibili azioni revocatorie e responsabilità del debitore in caso di atti in frode.– Esdebitazione di diritto per il debitore persona fisica a chiusura procedura (salvo condotte fraudolente), anche se i creditori hanno ricevuto poco o nulla.Dipende dall’attivo da liquidare:può durare ~2-4 anni (se immobili da vendere, etc.).Se il debitore è nullatenente, la procedura chiude in pochi mesi dopo gli accertamenti.
Esdebitazione del debitore incapiente(Art. 283 CCII)Persona fisica meritevole priva di beni e con reddito limitato al minimo vitale.Non già beneficiario in passato di esdebitazione a zero.Esempio: disoccupato nullatenente con debiti di consumi.Nessun voto creditori.Decisione del tribunale (decreto) dopo verifica requisiti e sentiti eventualmente creditori e OCC.Cancellazione immediata di tutti i debiti senza alcun pagamento.– Impegno per 4 anni a segnalare e destinare ai creditori le sopravvenienze attive rilevanti (se entro 4 anni acquista capacità economica ≥10% debiti, deve rimborsarla pro-quota).– Procedura non concorsuale: il debitore non subisce spossessamento (tanto non ha beni da liquidare), ma deve cooperare con OCC per monitoraggio.Procedimento giudiziale ~3-4 mesi.Follow-up di 4 anni per eventuali sopravvenienze.
Procedura familiare(Art. 66 CCII)Membri di una stessa famiglia conviventi o con debiti di origine comune.Esempio: coniugi coobbligati in difficoltà, genitore e figlio garanti reciproci.Dipende dallo strumento scelto:– Piano del consumatore familiare: no voto (se tutti consumatori).- Concordato minore familiare: voto >50% per ciascun debitore non consumatore.- Liquidazione familiare: no voto.Unificazione procedurale: un solo tribunale, OCC, liquidatore per tutti.– Masse distinte: patrimoni e debiti restano separati per ciascun familiare (no confusione dei beni, ma trattazione coordinata).– Possibilità di piano congiunto di ristrutturazione, con gestione unitaria del bilancio familiare e risparmio di costi.– Tutela della casa di abitazione: ammesso proseguire pagamento mutuo per conservarla.– Effetti protettivi analoghi alle procedure individuali (sospensione azioni, esdebitazione finale, etc.), applicati all’intera famiglia.Tempi analoghi alle corrispondenti procedure individuali, con possibile snellimento (unica udienza per tutti, ecc.). Ad es., piano familiare: 4-6 mesi; liquidazione familiare: 2-4 anni se ci sono beni da liquidare.

(Legenda: OCC = Organismo di Composizione della Crisi; PM = Pubblico Ministero.)

Domande Frequenti (FAQ)

D: Cosa si intende per sovraindebitamento?
R: È la situazione in cui un debitore che non può essere dichiarato fallito (es. un privato cittadino, un piccolo imprenditore, un professionista) si trova in uno stato di crisi o insolvenza – ossia non riesce a pagare regolarmente i propri debiti. In pratica è l’analogo del fallimento per i “non fallibili”. Il CCII lo definisce come lo stato di crisi o insolvenza di consumatori, professionisti, imprese minori, imprenditori agricoli, start-up innovative o di qualunque altro debitore non soggetto a liquidazione giudiziale o coatta. Esempi di sovraindebitati: un padre di famiglia sommerso dalle rate, un artigiano che ha chiuso bottega con debiti, un agricoltore dopo un raccolto disastroso, etc.

D: Sono un piccolo imprenditore sotto-soglia: meglio il concordato minore o posso fare anch’io il piano del consumatore?
R: Il piano del consumatore è riservato solo a debiti personali estranei all’attività. Se tu sei un imprenditore sotto-soglia con debiti aziendali, non rientri nella categoria del “consumatore” per quei debiti. Dovrai percorrere la strada del concordato minore (o eventualmente della liquidazione controllata). Puoi accedere al piano del consumatore solo per la parte di debiti puramente personali. Ad esempio, se hai debiti verso fornitori e banche per l’attività, quello è ambito concordato minore; se per caso hai anche un piccolo mutuo casa personale, quel debito sarebbe da consumatore ma non puoi spezzare le procedure. In generale, un imprenditore anche piccolo viene incanalato nel concordato minore (che infatti è stato reso applicabile ai debiti misti e degli ex imprenditori). Solo chi ha solo debiti privati (bollette, affitto, prestiti personali) fa il piano del consumatore. Un caso particolare: se hai chiuso l’attività e sei stato cancellato dal registro imprese, dopo un anno non potresti più essere dichiarato fallito; il CCII ti consente comunque liquidazione controllata oltre l’anno, ma per un piano concordatario minore serve che tu sia “sovraindebitato” nel senso lato. La Cassazione ha escluso che un ex imprenditore con ancora debiti d’impresa possa qualificarsi consumatore, anche se quei debiti sono residui di attività cessata. In breve: imprese e professionisti -> concordato minore; persone fisiche non esercenti impresa -> piano consumatore.

D: Ho sia debiti personali che derivanti dalla mia vecchia partita IVA. Posso mettere tutto in un’unica procedura?
R: Sì, ma non nel piano del consumatore. Dovrai usare il concordato minore che – grazie alle riforme – ora ammette i debiti promiscui. In pratica presenti un’unica domanda di concordato minore includendo tutti i debiti (quelli personali e quelli professionali). Si valuterà la tua situazione nel complesso. Il giudice non ti chiederà di scindere (come avveniva in passato in cui il debitore “ibrido” rischiava di essere escluso sia come consumatore sia come imprenditore). Attenzione però: se la componente personale è preponderante, c’è stato dibattito se potevi essere trattato come consumatore. Ad oggi la Cassazione ha detto che conta la natura dei debiti: anche uno che attualmente è solo un privato ma ha strascichi di debiti da un’attività cessata, non può fare il piano del consumatore perché quei debiti, seppur residui, sono “di impresa”. Quindi la strada è uno strumento di composizione (concordato minore o liquidazione). Riassumendo: , puoi mettere tutti i debiti insieme, ma nel concordato minore (che richiede il voto dei creditori), non in un piano “senza voto”.

D: Se propongo un piano del consumatore e il giudice lo respinge, cosa posso fare?
R: Hai a disposizione il reclamo al tribunale collegiale (tre giudici) entro 30 giorni. Se anche il collegio conferma il rigetto, la strada del piano del consumatore è preclusa. A quel punto puoi:

  • Tentare un concordato minore (se ne hai i requisiti, ad esempio se il rigetto era dovuto a qualche debito promiscuo emerso – col concordato minore bypassi il problema meritevolezza stretta perché lì conta il voto dei creditori).
  • Oppure aprire la liquidazione controllata subito per ottenere comunque la protezione e poi l’esdebitazione a fine liquidazione.

Devi agire rapidamente: con il decreto di rigetto del piano, il tribunale di solito dichiara anche cessate le eventuali misure protettive (sospensione dei pignoramenti). Ciò significa che i creditori potrebbero riattivarsi subito con azioni esecutive. È rischioso restare inerti. Quindi:

  1. Valuta il reclamo: se il rigetto è per motivi sanabili (es. il giudice non ti ha ritenuto meritevole ma tu hai elementi per contestare), fallo subito entro 30 giorni.
  2. In parallelo, prepara un piano B. Ad esempio, se sai che il problema è che il giudice non ti considera meritevole, forse neanche il collegio ti darà ragione; allora predisponi magari la domanda di liquidazione come “paracadute” da depositare immediatamente se il reclamo va male.

Ricorda: il CCII oggi consente che, se un tuo piano viene revocato o non omologato definitivamente, su istanza dei creditori si possa subito aprire la liquidazione. Ma tu stesso puoi giocare d’anticipo chiedendo la liquidazione volontaria per bloccare i creditori. In pratica, non restare scoperto: se fallisce il piano, attiva subito un’altra procedura.

D: Quali debiti non vengono cancellati neanche con queste procedure?
R: Ci sono alcune categorie di debiti che la legge considera “inderogabili” o non eliminabili:

  • Debiti alimentari e di mantenimento dovuti per legge (es. assegni di mantenimento al coniuge, alimenti ai figli) – questi restano dovuti in pieno.
  • Debiti da responsabilità per fatti illeciti extra-contrattuali causati con dolo o colpa grave (art. 282 comma 3 CCII): ad esempio risarcimenti per reati, multe penali, etc., di regola non sono esdebitabili.
  • Obblighi di restituzione di aiuti di Stato dichiarati illegittimi (per disposizione UE).
  • Sanzioni pecuniarie penali o amministrative di carattere punitivo (multe stradali, ammende) – su questo la normativa non era chiarissima, ma tendenzialmente le sanzioni non si cancellano (il debitore resta obbligato verso lo Stato).
  • IVA e ritenute non versate: qui c’è un dibattito. Nelle procedure concorsuali ordinarie l’IVA può essere falcidiata (grazie alla direttiva UE); nel sovraindebitamento si può proporre stralcio sull’IVA, purché si seguano le regole della transazione fiscale e del cram-down fiscale. Una volta omologato l’accordo o piano, l’IVA residua non pagata viene esdebitata anch’essa. Quindi, diversamente da un tempo, anche l’IVA può essere cancellata al termine se la procedura viene approvata (non è un debito “indelebile” in assoluto).

In sintesi: debiti personali verso privati e banche, debiti fiscali e contributivi sono esdebitabili (pagandone eventualmente una parte secondo il piano). Mentre debiti per obblighi di legge verso persone (alimenti) o da illecito non lo sono. Anche dopo la procedura, se avevi questi debiti, li dovrai comunque onorare. Ad esempio: entro un piano del consumatore puoi includere di tutto, ma l’omologazione non libera dall’obbligo di pagare il mantenimento ai figli arretrato – quello rimane. Idem per una multa penale: non puoi farla sparire con il sovraindebitamento.

D: Ho garantito con fideiussione il debito di un amico imprenditore, ora insolvente. Io sono un consumatore: il mio debito da garante è “personale” o “d’impresa”? Posso fare il piano del consumatore su quella fideiussione?
R: Tema interessante. Tu hai garantito un debito d’impresa (dell’amico), però la tua obbligazione di garante l’hai assunta a titolo privato (supponendo che tu non fossi socio o interessato professionalmente). La giurisprudenza, confermata dalla Cassazione, ti considera un consumatore in merito a quella fideiussione, purché tu l’abbia fatta per amicizia o relazione personale e non come operazione di business. In pratica, il fideiussore persona fisica è trattato come consumatore se non traeva interesse d’impresa dalla garanzia. Quindi , potresti includere quel debito nel tuo piano del consumatore. Cass. 742/2020 ha proprio stabilito che il garante che agisce per fini estranei all’attività d’impresa garantita è un consumatore. Fai attenzione a dimostrare che tu non avevi interessi economici: es. se hai garantito la società di un parente ma eri anche socio occulto, allora no, diverresti “implicato” nell’impresa. Ma se eri puramente un amico che ha messo una firma, sei un consumatore sovraindebitato per quella somma e puoi procedere come tale.

D: Come vengono trattati i debiti fiscali (come le cartelle esattoriali) nel sovraindebitamento? Posso prevedere stralci?
R: Sì, i debiti verso il Fisco o enti previdenziali possono essere falciati o ristrutturati nelle procedure, ma con qualche formalità aggiuntiva. Devi inserire nel tuo piano o concordato una proposta di transazione fiscale, cioè un piano di pagamento specifico per le imposte e contributi. Puoi anche proporre di pagare una percentuale ridotta (es. chiedere lo stralcio di sanzioni e interessi e pagare solo il 30% del tributo). L’Agente della Riscossione (o l’ente) dovrà esprimersi. Se acconsente, bene – il tuo piano sarà omologato con quelle condizioni. Se rifiuta o tace, il tribunale può ugualmente omologare superando il dissenso (il famoso cram-down fiscale), purché la tua offerta soddisfi i requisiti di legge. Quali requisiti? La normativa è tecnica, ma in sintesi:

  • Devi offrire al fisco almeno quanto otterrebbe in una liquidazione del tuo patrimonio o una certa percentuale minima assoluta (originariamente 10% per IVA e ritenute, ora le soglie precise sono state modificate, ma indicativamente il fisco non può prendere zero se vuoi imporgli il cram-down).
  • Devi aver presentato correttamente la proposta di transazione all’ente e attendere i 90 giorni per la risposta.

In molti piani del consumatore, essendo la procedura priva di voto, il giudice in omologa verificherà d’ufficio la convenienza per l’Erario. Se offri cifre ragionevoli (es. stralcio parziale ma credibile), di solito l’omologa passa. Ad esempio, tribunali hanno omologato piani che offrivano anche il 5-10% ai crediti erariali chirografari se dall’alternativa fallimentare non avrebbero preso nulla. Tieni presente però che il correttivo 2024 ha inserito percentuali elevate (pare 20% o più) poi ridiscusse: quindi meglio offrire il massimo che puoi al Fisco, per evitare impugnazioni. Comunque, , puoi stralciare cartelle esattoriali all’interno del tuo piano/accordo. È uno dei grandi vantaggi di queste procedure: ti consente di ridurre anche debiti fiscali, cosa che fuori da qui potresti fare solo aderendo a rateizzazioni o saldo-stralci di legge se e quando previsti.

D: Ho debiti con diverse finanziarie e banche. Posso includere nel piano anche i debiti verso parenti o amici che mi hanno prestato denaro?
R: Sì. In linea di principio tutti i debiti chirografari (non garantiti) contratti prima della presentazione della domanda vanno indicati e inclusi. Non puoi discriminare tra creditori (se non motivatamente attraverso classi). Quindi anche il parente che ti ha prestato i soldi è un creditore come gli altri. Dovresti inserirlo nell’elenco creditori e gli spetta lo stesso trattamento percentuale che proponi agli altri (salvo tu voglia onorarlo di più, ma dovresti avere ragioni per farlo, altrimenti potrebbe essere visto come favoritismo). Quindi sì, vanno inclusi, e dopo l’omologa anche quei debiti verranno trattati secondo il piano e poi esdebitati. Eccezione: se quel parente decide di rinunciare formalmente al credito (farti una remissione del debito prima), allora non è più creditore e potresti non includerlo. Ma deve essere documentato in modo chiaro (scrittura privata autenticata, ecc.) altrimenti il giudice vuole l’elenco completo di tutti coloro che vantano crediti. Ricorda: completezza e trasparenza sull’elenco creditori è obbligo fondamentale, omissioni possono portare a inammissibilità.

D: Cosa succede se durante il piano concordato colgo un’occasione e vendo un mio bene non previsto dal piano?
R: Durante l’esecuzione di un piano del consumatore o concordato minore sei vincolato a quanto stabilito nel piano e all’obbligo di non peggiorare la posizione dei creditori. Se vendi un bene che era eventualmente garanzia, devi destinare il ricavato secondo il piano. Se il bene non era menzionato (magari perché di modesto valore e libero da vincoli), devi comunque informare l’OCC/commissario. In un concordato, la vendita di un bene che fa parte dell’attivo concordatario necessita di autorizzazione del giudice delegato. In un piano del consumatore, formalmente hai il controllo del patrimonio, ma se alieni qualcosa di significativo senza darne conto, i creditori potrebbero far reclamo per far revocare l’omologazione per comportamento scorretto. Quindi la regola è: le operazioni straordinarie devono rispettare lo spirito del piano. Se vendi un’auto non prevista e incassi 10.000 €, sarebbe corretto o impiegarli per pagare anticipatamente i creditori, o almeno informare OCC per valutare se quell’attivo extra debba andare ai creditori. Se te li tieni e i creditori lo scoprono, rischi accuse di frode e la procedura può essere annullata (art. 69 CCII prevede l’annullamento dell’omologa se si scoprono atti in frode ai creditori). Quindi attenzione: durante la pendenza del piano, muoviti sempre in accordo con l’OCC per evitare problemi.

D: Sono socio e amministratore di una SNC fallita. I debiti sociali ricadono su di me come persona fisica: posso fare una procedura di sovraindebitamento per liberarmi da quei debiti personali?
R: Sì, in teoria i soci illimitatamente responsabili di società fallite, per la quota di debiti sociali rimasta in capo a loro (dopo l’insolvenza della società), possono utilizzare le procedure di sovraindebitamento. La legge fallimentare vecchia non lo consentiva chiaramente (c’era discussione), ma il nuovo CCII parrebbe ammetterlo, configurandoli come “debitori civili” per quei debiti. Dovrai usare concordato minore o liquidazione controllata (non sei un consumatore perché il debito è di natura d’impresa, anche se la società era entità distinta). Di solito succede così: la SNC viene liquidata o fallita, i creditori non soddisfatti si rifanno sui patrimoni personali dei soci. Tu come ex socio puoi proporre ai creditori sociali un concordato minore personale, aggregando anche eventuali tuoi debiti extra, oppure se non hai nulla far partire la liquidazione controllata tua. Attenzione però: se la società è stata dichiarata fallita, alcuni ritengono che il socio illimitatamente responsabile dovrebbe anch’egli fallire per estensione. Tuttavia, la riforma ha tolto l’estensione automatica. Quindi tu potresti essere rimasto non fallito formalmente (capita se la società è di persone e il fallimento ha lasciato fuori i soci). In tal caso sì, puoi accedere al sovraindebitamento. In pratica verresti trattato come un coobbligato che è un debitore civile. La Cassazione nel 2015 aveva escluso concordati di gruppo società-soci, ma adesso con il CCII magari un approccio coordinato si può tentare (società in liquidazione giudiziale e soci in concordato minore familiare? materia complessa). Comunque la risposta semplice: sì, puoi liberarti dei debiti sociali residui con una procedura da sovraindebitato a tuo nome, con l’accordo dei creditori o con la tua esdebitazione a fine liquidazione.

D: Qual è la differenza tra fallimento (oggi liquidazione giudiziale) e liquidazione controllata ex L.3?
R: La liquidazione controllata del sovraindebitato è molto simile al fallimento in termini di meccanismi (c’è un liquidatore, si vendono beni, si forma stato passivo). Le differenze principali:

  • Soggetti: la liquidazione controllata è per non fallibili (imprese minori, persone fisiche). La liquidazione giudiziale (fallimento) riguarda imprese sopra soglia e società.
  • Attivazione: la liquidazione controllata può essere chiesta volontariamente dal debitore stesso, mentre il fallimento è solitamente su istanza di creditori o PM (il debitore fallibile può anche chiedere il proprio fallimento, ma è meno comune).
  • Organi: nella liquidazione controllata, in pratica, le funzioni sono svolte da OCC o gestori della crisi iscritti all’Albo (che possono fare i liquidatori). Nel fallimento ci sono curatori fallimentari (ora anch’essi iscritti all’albo, di fatto la differenza è poca: spesso sono gli stessi professionisti).
  • Durata e semplicità: la liquidazione controllata tende ad essere più rapida e semplificata, essendo procedure di dimensioni minori. Meno formalità burocratiche e spese ridotte (ad esempio niente comitato dei creditori obbligatorio se non superi certe soglie).
  • Esdebitazione: questo è il punto clou. Nel fallimento, l’esdebitazione non è automatica: il fallito deve farne istanza dopo chiusura e il tribunale la concede se ci sono i requisiti. Nel CCII hanno semplificato anche per il fallito in realtà (è quasi di diritto anche lì, salvo eccezioni), ma storicamente era una cosa a parte. Nella liquidazione controllata del sovraindebitato, la legge la dà praticamente di default a fine procedura, salvo casi di indegnità. Inoltre esiste la formula incapiente (art.283) che nel fallimento non ha equivalente: cioè un fallito nullatenente deve comunque passare per la procedura di fallimento e poi esdebitazione ordinaria; il sovraindebitato nullatenente può saltare direttamente al beneficio.
  • Stigma legale: chi subisce fallimento (liquidazione giudiziale) ha qualche restrizione ancora (non può essere amministratore di società durante la procedura, ecc.). Nel sovraindebitamento queste restrizioni sono minime o assenti. Ad esempio, l’imprenditore in liquidazione controllata può continuare un’attività lavorativa (ovviamente i beni di quell’attività se redditizi andranno a beneficio creditori, ma lui non viene interdetto).
  • Costi procedurali: la liquidazione giudiziale comporta pagamento del curatore, contributo unificato elevato, spese giustizia varie. La liquidazione controllata ha costi ridotti, accessibili anche a chi ha poco (l’OCC a volte viene pagato anche tramite un fondo pubblico per procedure di particolare disagio).

In sintesi, per il debitore non fallibile la liquidazione controllata è una versione “light” del fallimento, più orientata al recupero e con la certezza del fresh start a fine percorso (mentre nel fallimento in passato non era così scontato). Dal punto di vista dell’esperienza utente: nel sovraindebitamento il debitore viene visto più come qualcuno da aiutare a risollevarsi (se meritevole), nel fallimento classico c’era un approccio più punitivo (anche se molto attenuato ormai).

D: Dopo la procedura di sovraindebitamento, la mia centrale rischi o CRIF torna pulita?
R: No, l’esdebitazione non cancella automaticamente le segnalazioni creditizie negative pregresse. Tuttavia, una volta ottenuta l’omologa del piano o la chiusura della liquidazione con esdebitazione, potrai far valere che i debiti sono stati regolati. In CRIF (Sistema di informazioni creditizie privato) i ritardi e morosità restano storicizzati per un certo periodo (di solito fino a 36 mesi dopo regolarizzazione). L’omologa/chiusura è una regolarizzazione giuridica del debito, quindi dovrebbero decorrere da quel momento i tempi di cancellazione delle note negative. In Centrale Rischi Banca d’Italia (per esposizioni bancarie sopra €30k) verrà segnalato che c’è stata la chiusura a saldo e stralcio o qualcosa di simile. In pratica, la reputazione creditizia non si ripristina immediatamente: dovrai ricostruirla col tempo. Non c’è una norma che imponga la cancellazione immediata da banche dati perché hai fatto sovraindebitamento. Tuttavia, presentando la documentazione di esdebitazione, potresti chiedere un aggiornamento delle segnalazioni come “credito definito” (non più aperto). Le finanziarie valuteranno comunque che in passato hai avuto difficoltà. Ma col passare degli anni e mostrando un nuovo comportamento virtuoso, la tua rischiosità percepita migliorerà. In sostanza: non avrai più formalmente quei debiti (quindi i creditori non potranno segnalarti come in sofferenza oltre la data di chiusura procedura), però lo storico rimane per un po’ e le banche potrebbero essere prudenti nel concederti nuovi prestiti almeno per qualche anno. Considera comunque che meglio una esdebitazione legale che trascinarsi insolvenze: col sovraindebitamento metti un punto definitivo, e dopo potrai dire di aver risolto (anche se parzialmente pagato) i tuoi debiti, ciò è più onorevole agli occhi di qualcuno rispetto a risultare ancora cattivo pagatore senza via d’uscita.

D: Durante la procedura, i creditori possono continuare a chiamarmi o perseguitarmi?
R: No. Dal momento in cui il tribunale ammette la procedura o comunque emette i provvedimenti di sospensione, scatta un divieto di iniziare o proseguire azioni esecutive individuali. Questo non significa che il creditore non possa scriverti o inserire in bilancio il suo credito come deteriorato, ma non può pignorarti beni o stipendio. Spesso, già dalla data di deposito della domanda di sovraindebitamento si chiede al giudice una sospensione urgente delle azioni esecutive (art. 54 CCII). Molti tribunali la concedono se c’è pericolo. Dunque, i procedimenti di recupero giudiziario si fermano. Le telefonate di recupero stragiudiziale purtroppo a volte continuano finché il creditore non riceve comunicazione formale dell’apertura procedura. L’OCC generalmente invia a tutti i creditori una comunicazione quando la procedura è avviata, intimandoli a cessare ogni tentativo individuale e a rivolgersi all’OCC per il soddisfo collettivo. Se qualche società di recupero crediti continua a molestarti, puoi informarla che hai un procedimento ex L.3/2012 in corso. Spesso smettono per non incorrere in sanzioni (perché ignorare l’ordine del giudice potrebbe integrare un illecito). In estrema sintesi: sì, sei protetto. Ci sono casi di banche che per ignoranza continuano a inviare solleciti: basterà far rispondere all’OCC o avvocato con copia del decreto di sospensione. Legalmente, dal decreto di omologazione ancor di più: qualsiasi pretesa contraria è nulla. Quindi la protezione c’è e funziona come scudo.

D: Cosa succede se non riesco a pagare una o più rate previste dal piano?
R: Dipende dall’entità del “default”. Se salti una rata di poco e poi la recuperi, di solito nulla di grave: l’OCC/commissario potrebbe sollecitarti e segnalarlo al giudice, ma se riesci a rientrare e i creditori non sono pregiudicati, la procedura va avanti. Se invece interrompi i pagamenti in modo significativo o permanente:

  • Nel piano del consumatore, il tribunale su istanza dei creditori o su relazione OCC può dichiarare la risoluzione del piano (art. 70 CCII). Ciò significa che l’omologazione viene meno e i crediti risorgono per la parte non pagata. A quel punto, o ti accordi privatamente coi creditori o rischi la liquidazione d’ufficio. Infatti, il tribunale, contestualmente alla risoluzione, può aprire una liquidazione controllata se richiesto o necessario.
  • Nel concordato minore, similmente, se non adempie il debitore, i creditori possono chiedere la risoluzione al tribunale (art. 81 CCII). Una volta risolto l’accordo, scattano le possibili azioni: generalmente i creditori torneranno alla carica e spesso il tribunale su richiesta può aprire liquidazione.

In parole povere: se proprio vedi che il piano non è più sostenibile (es. perdita improvvisa del lavoro), non aspettare di accumulare troppi arretrati. Puoi rivolgerti al tribunale per modificare il piano (nel CCII c’è la possibilità di proporre modifiche, ad esempio allungare la durata, se ci sono giustificati motivi, prima che la situazione degeneri). Oppure, se vedi che non ce la fai più, valuta di convertire il tutto in liquidazione controllata tu stesso, così da ottenere comunque l’esdebitazione invece di andare incontro a risoluzione disastrosa. Il correttivo 2024 ha cercato di introdurre un po’ di flessibilità, ma di base se smetti di pagare, la protezione salta. Quindi la regola è: comunica subito all’OCC eventuali difficoltà e studia con lui rimedi. Un ritardo isolato spesso viene tollerato (magari pagando interessi di mora concordati), un’inadempienza grave no. Anche dopo la chiusura procedura, se era prevista l’esdebitazione e non hai pagato quanto dovevi, rischi che un creditore faccia opposizione a concederti l’esdebitazione invocando la tua colpa nel non aver adempiuto – e il giudice potrebbe negartela. Dunque, impegno massimo a rispettare il piano; se proprio non puoi, è preferibile convertire in liquidazione così i creditori prendono quel che c’è e tu sei comunque esdebitato.

D: Posso accedere di nuovo a un’altra procedura di sovraindebitamento in futuro, se malauguratamente ricado nei debiti?
R: La legge pone dei limiti. In generale:

  • Dopo aver ottenuto un’omologazione di un piano o accordo, non puoi accedere a una nuova procedura prima di 5 anni (salvo liquidazione controllata) dall’omologa. È una norma pensata per evitare che uno abusi di procedure in serie. Quindi, se fai un piano del consumatore oggi e lo completi, teoricamente per 5 anni non potresti chiederne un altro (a meno che i tuoi creditori siano d’accordo a trattare comunque).
  • Dopo aver ottenuto un’esdebitazione (sia da liquidazione controllata che da incapiente), in linea di massima è un beneficio che si dà una volta sola. In particolare l’esdebitazione incapiente è concessa solo una volta in vita. L’esdebitazione da liquidazione controllata “ordinaria” potrebbe essere concessa di nuovo solo se nuovi debiti post-procedura ti travolgono, ma i giudici guarderebbero con sospetto un soggetto che chieda esdebitazione a ripetizione. In ogni caso devi attendere almeno 4 anni dalla chiusura precedente per presentare una nuova domanda di esdebitazione di quel tipo.

Nel CCII c’è una norma (art. 278, mi pare) che vieta esdebitazione per debiti anteriori se ne hai già avuta una nei 5 anni precedenti. Quindi indicativamente 5 anni è la soglia minima per riprovarci. Ma l’idea è che queste procedure siano una tantum: ti danno sollievo e poi dovresti stare attento a non ricadere. Se succede per sfortuna (es. nuova malattia), la legge qualcosa consente, ma con maggiore scrutinio. Già in passato c’erano state persone che avevano chiesto due volte L.3/2012: la giurisprudenza aveva detto di no se la prima volta avevi avuto esdebitazione di tutti i debiti. Con la riforma è proprio scritto che non si può avere esdebitazione incapiente più volte e in generale c’è un disincentivo a reiterare. Quindi risposta: teoricamente sì dopo alcuni anni, ma praticamente cerca di evitarlo. Usa la “seconda chance” con giudizio perché la “terza” potrebbe non arrivare.

D: Le procedure di sovraindebitamento cancellano anche eventuali ipoteche o pignoramenti già in essere?
R: Un’ipoteca iscritta su un bene prima della procedura rimane: il creditore ipotecario conserva la sua garanzia sul bene. Se nel piano quel bene viene liquidato, il ricavato andrà a lui fino a concorrenza del credito privilegiato. Se invece il piano prevede che il debitore mantenga il bene (es. casa con mutuo) e continui a pagare, l’ipoteca resterà a garanzia finché il mutuo non sarà pagato o rifinanziato. Dunque la procedura non cancella le ipoteche di per sé. Cancella però il debito residuo dopo che hai fatto quanto concordato. Ad esempio, se un creditore ipotecario viene parzialmente soddisfatto in una procedura e c’è esdebitazione del residuo, quell’ipoteca va cancellata perché non c’è più debito a garantir (ma spesso serve un provvedimento specifico, tipo l’omologa può disporre la cancellazione di ipoteca se il creditore ipotecario ha approvato un soddisfo minore). Quanto ai pignoramenti già iniziati: al momento dell’apertura procedura, il giudice li sospende e poi li rende inefficaci. Ad esempio, se c’era già un pignoramento immobiliare in corso sulla tua casa e tu presenti un piano e lo omologhi offrendo una soluzione, quel pignoramento viene dichiarato improcedibile ed estinto quando l’omologa diventa definitiva. L’ipoteca sottostante però rimane (vedi sopra). Se invece era un pignoramento mobiliare o stipendio, quello viene revocato e le somme eventualmente accantonate vengono restituite all’interno della procedura concorsuale. Quindi:

  • Ipoteca: sopravvive fino a soddisfacimento del creditore o cancellazione per legge dopo esdebitazione completa.
  • Pignoramento: viene assorbito dalla procedura e di regola cessato.
    C’è da dire che il CCII prevede espressamente che, se tu omologhi un concordato minore, i pegni e le ipoteche possono essere ridotti o eliminati solo col consenso del creditore (principio di parità di trattamento). Quindi di solito se vuoi “liberare un bene da ipoteca”, devi pagare integralmente quel creditore o farti dare consenso a stralcio. Altrimenti l’ipoteca resta finché il credito garantito, per quanto ridotto dall’omologa, non sia pagato.

D: Che succede per i coobbligati e garanti dei miei debiti se io ottengo l’esdebitazione?
R: La tua esdebitazione non si estende automaticamente ai tuoi garanti o coobbligati (eccetto il caso di procedura familiare fatta insieme). Ad esempio, se tu e tua moglie avete firmato insieme un prestito e solo tu fai sovraindebitamento individuale, la moglie (che non ha fatto la procedura) rimane obbligata per intero verso la banca – la banca potrà rivalersi su di lei per intero, anche se tu sei esdebitato. Così pure un tuo fideiussore: la tua liberazione non libera lui, che anzi perde il diritto di rivalsa su di te (perché tu sei esdebitato e quindi non gli devi restituire quanto lui pagherà al creditore). Questa è una conseguenza importante: l’art. 70 comma 4 L.3/2012 (conservato nel CCII art. 68 credo) diceva che l’esdebitazione non opera per eventuali obbligati in via di regresso o garanzia. Quindi i garanti se ne avvantaggiano solo se partecipano anch’essi alla procedura. Dunque, se hai coobbligati, è bene farli partecipare (es. coniuge co-firmatario -> fate procedura familiare). Se non vogliono o non possono, sappi che il creditore, una volta che tu sei protetto, potrebbe rifarsi su di loro.

D: Nella crisi di un gruppo di imprese, serve che tutte le società del gruppo siano insolventi per fare un concordato di gruppo?
R: Non necessariamente tutte insolventi, basta che siano in stato di crisi (anche solo difficoltà prospettica) o insolvenza quelle che aderiscono. Puoi includere anche società del gruppo non ancora in decozione se serve a risanare meglio l’intero gruppo. L’art. 284 CCII parla di “imprese in crisi o insolventi appartenenti al medesimo gruppo”. Quindi almeno una in crisi conclamata deve esserci, le altre possono essere in squilibrio. In pratica di solito se la capogruppo è insolvente, conviene includere anche le controllate magari solo in tensione per prevenire che ci sia contagio. Questo ovviamente se anche le controllate hanno debiti significativi da ristrutturare. Se una società del gruppo è perfettamente sana e non ha bisogno di tutela concorsuale, di solito la si lascia fuori (non avrebbe senso farle chiedere concordato). Ma se ha legami di interdipendenza, il gruppo può valutare di includerla per ristrutturare debiti in modo coordinato. È possibile anche presentare un accordo di ristrutturazione dei debiti ex art.57 CCII di gruppo, invece che un concordato, se soddisfa i requisiti, ma è meno frequente. Quindi direi: no, non serve che tutte siano insolventi, basta appartenenza al gruppo e utilità della soluzione unitaria. Di fatto l’adesione è volontaria: ogni società decide se presentare ricorso di gruppo. Non puoi forzare nell’accordo di gruppo una società che non vuole o che non ne ha bisogno.

D: Quali sono le ultime novità legislative (2023-2025) di cui tenere conto in materia?
R: In sintesi:

  • Codice della crisi in vigore dal 15/7/2022: ha introdotto tutto ciò di cui abbiamo parlato (nuovi nomi procedure, concordato di gruppo, composizione negoziata, ecc.).
  • Decreto “correttivo” D.Lgs. 83/2022 (giugno 2022): ha adeguato il codice alla direttiva UE 2019/1023 (insolvency) inserendo il piano di ristrutturazione omologato, modificato transazione fiscale, ecc. Per il sovraindebitamento ha ridotto alcune percentuali e allineato definizioni.
  • Legge di bilancio 2023 e 2024: hanno prorogato alcune misure emergenziali Covid, ma di riflesso poco su sovraindebitamento. Forse degno di nota: sono stati rifinanziati i fondi per compensare in parte i professionisti OCC nelle procedure a gratuito patrocinio (per aiutare i debitori che non possono pagare).
  • Decreto correttivo ter D.Lgs. 136/2024 (in vigore da fine 2024): novità fresche. Ha:
    • Chiarito definizione di consumatore (art. 2 lett. e).
    • Esplicitato che debiti promiscui => concordato minore.
    • Inserito concetto di “piccola impresa” in alcuni articoli (85 e 112) per allineare soglie UE, ma per utenti non cambia molto.
    • Permesso a start-up innovative (non minori) di accedere a concordato preventivo normale su scelta.
    • Semplificato procedura familiare: solo consumatori insieme per piano; se uno non è consumatore => concordato minore famiglia. E soprattutto ha introdotto possibilità di continuare pagamento mutuo prima casa con attestazione OCC.
    • Affrontato il caso dell’imprenditore individuale cancellato dal registro imprese: ora l’art. 33 co.4 CCII gli permette liquidazione controllata anche oltre l’anno dalla cessazione, sanando un dubbio di prima.
    • Domanda con riserva: eliminata nel sovraindebitamento, però se un creditore chiede liquidazione, il debitore ha tempo (30-120 gg) per reagire con un piano.
    • OCC poteri: ora l’OCC può accedere a tutte le banche dati fiscali e creditizie per verificare la situazione del debitore. Questo aumenta trasparenza e riduce i casi di furbetti.
    • Cram-down fiscale: come detto, c’è stata una mezza retromarcia: inizialmente soglie di adesione al 30%, poi ridotte di nuovo, però restano più alte di quelle originarie. Quindi trattare bene i crediti fiscali è raccomandato.
    • Maggioranza concordato minore: confermato 50% (già introdotto nel 2020, ma chiarito).
    • Concordato di gruppo: ha aggiustato l’art. 285 facilitando classificazione in continuità (consentendo di escludere dal calcolo le cessioni di magazzino dal lato liquidatorio) e in generale allargato possibilità di considerare continuità prevalente. Ha anche previsto che l’esperto attestatore nel concordato di gruppo deve valutare i trasferimenti infragruppo e i “sacrifici compensativi” tra creditori, come già c’era ma con più enfasi.
  • Giurisprudenza recente:
    • Cass. 22699/2023 su debiti promiscui: conferma la linea restrittiva sul piano consumatore.
    • Cass. 22900/2023: ha sancito che i giudici devono controllare d’ufficio la completezza della documentazione e la veridicità per omologare il piano consumatore, ma non possono rigettare per errori formali sanabili senza dare un termine (insomma, favor procedura).
    • Cass. 28013/2022: ha ritenuto che se un piano consumatore non va a buon fine, si può convertire in liquidazione su istanza (niente doppia punizione).
    • Trib. Milano 2023 ha applicato Cass. 22699 sui coniugi promiscui: se uno dei due ha debiti impresa, niente piano familiare consumatori puro – devono fare concordato minore.
    • Trib. Napoli 2024 (già citata) su concordato di gruppo con cram-down: prima applicazione pratica di importanza.
    • Cass. 22914/2024 (indicata sui blog) su privilegio fondiario nelle procedure di sovraindebitamento: credo riguardi il fatto che la Cassazione ha ritenuto che il privilegio fondiario (banche su ipoteche) mantiene un diritto di prelazione forte anche in queste procedure, e ha fatto marcia indietro su possibili interpretazioni di decadenza degli interessi di mora ecc. Insomma, attenzione che i creditori ipotecari fondiari mantengono poteri (questo però è molto tecnico).

Quindi, la materia è aggiornata al 2025 con questi elementi: la legge è ormai assestata con il correttivo ter e la giurisprudenza sta consolidando interpretazioni pro-debitore ma con equilibrio (niente abusi).

Conclusione

La gestione della crisi per i gruppi di imprese e per i debitori civili sovraindebitati è radicalmente cambiata in questi ultimi anni. Dal quadro che emerge, si possono trarre alcune conclusioni di fondo dal punto di vista del debitore:

  • L’ordinamento italiano offre oggi strumenti avanzati e flessibili per affrontare situazioni prima senza uscita. Un imprenditore con più società in crisi può contare su un approccio unitario alla ristrutturazione, evitando dispersioni e massimizzando il valore di gruppo. Allo stesso modo, un privato o piccolo imprenditore strozzato dai debiti ha la possibilità concreta di tornare “pulito” – a certe condizioni – grazie alle procedure di composizione del sovraindebitamento.
  • Il principio della seconda possibilità (fresh start) è diventato realtà tangibile, soprattutto con l’esdebitazione immediata post-liquidazione e quella del debitore incapiente. Ciò risponde a un interesse non solo individuale ma sociale: reinserire nel circuito economico persone e famiglie altrimenti condannate all’esclusione.
  • Permane tuttavia un rigoroso screening di meritevolezza: il sistema aiuta il debitore in difficoltà, ma non tollera l’abuso. Chi cerca di sottrarre attivi o di fare il furbo viene (e verrà) sanzionato con il diniego delle soluzioni di favore. La recente giurisprudenza di legittimità ha più volte sottolineato che la buona fede e l’assenza di dolo del debitore sono il presupposto implicito di tutte queste misure di sollievo.
  • La tutela dei creditori è stata bilanciata: nei concordati di gruppo si è previsto il controllo giudiziale sul rispetto della par condicio tra creditori di società diverse; nei piani del consumatore si è introdotto il vaglio di convenienza e percentuali minime per lo Stato. Il legislatore ha cercato di evitare che il favor debitoris si traduca in sacrifici ingiustificati per talune classi di creditori. Inoltre, dando centralità alle figure dell’OCC e del professionista attestatore, si punta a garantire la veridicità dei dati e la fattibilità delle soluzioni proposte, a tutela di tutte le parti.
  • Per il debitore, rivolgersi a questi strumenti comporta inevitabilmente responsabilità e impegni: come abbiamo visto, l’esdebitazione è spesso condizionata a comportamenti corretti per anni (pagare le rate concordate, dichiarare eventuali sopravvenienze, ecc.). Si esce dalla crisi, ma con un percorso che richiede disciplina. In cambio, però, si ottiene il risultato prezioso di riaversi la propria vita economica senza l’ombra dei debiti passati.
  • Dal punto di vista pratico, l’accesso a queste procedure è agevolato: la riforma ha eliminato inutili formalismi, ad esempio semplificando le condizioni di ammissibilità (abolito il limite del 25% di soddisfo creditori che vigeva un tempo per l’esdebitazione fallimentare). Anche i costi, grazie al meccanismo del patrocinio a spese dello Stato esteso a queste procedure e al fondo OCC, sono contenuti se rapportati ai benefici.

In conclusione, “gruppo di imprese in crisi” e “sovraindebitamento del debitore civile” non sono più sinonimo di vicolo cieco. Gli strumenti giuridici attuali, se ben utilizzati con l’assistenza di professionisti esperti, permettono di ricomporre le crisi in modo ordinato ed equilibrato, salvaguardando ove possibile la continuità delle attività e la dignità del debitore e garantendo ai creditori il miglior soddisfacimento realizzabile nelle circostanze date. Il Codice della crisi 2019-2022, arricchito dai correttivi del 2024, rappresenta un sistema avanzato e completo che gli operatori (avvocati, commercialisti, giudici, OCC) stanno progressivamente rodando con le prime applicazioni pratiche. Dal lato del debitore, il messaggio è chiaro: esiste una via d’uscita legale dalla spirale debitoria, ma va intrapresa con trasparenza, serietà e – preferibilmente – con tempestività, prima che la situazione degeneri irreparabilmente.

Come per ogni procedura concorsuale, il tempismo è cruciale: rivolgersi per tempo a un OCC o a un legale competente può fare la differenza tra un risanamento di successo e un fallimento distruttivo. Questo vale sia per l’imprenditore alla guida di un gruppo (che dovrebbe attivarsi ai primi segnali di crisi del suo network di imprese, sfruttando ad esempio la composizione negoziata e poi l’eventuale concordato di gruppo), sia per la famiglia sovraindebitata o il piccolo imprenditore insolvente (che non dovrebbe aspettare gli ultimi gradi di esecuzione forzata prima di chiedere aiuto con un piano o una liquidazione). In un’ottica culturale, c’è ancora lavoro da fare per diffondere la conoscenza di questi strumenti presso il pubblico e per superare lo stigma del fallimento personale: ma il quadro normativo c’è ed è moderno.

Il Punto di vista del debitore, dunque, oggi è meno disperato: dove ieri c’era la parola “fine” (fallimento, pignoramenti a vita, usura), oggi c’è la possibilità di una ripartenza. Che si tratti di ristrutturare i debiti e continuare l’attività, o di chiudere tutto e ripulirsi, la legge offre opzioni concrete. Sapere di queste possibilità – “cosa sapere”, per l’appunto – è il primo passo. Il secondo passo è valutare seriamente, con il supporto di professionisti, quale sia la più adatta alla propria situazione e agire di conseguenza. In tal senso, la presente guida vuole essere un contributo a diffondere quella consapevolezza e fiducia affinché i debitori onesti in difficoltà non si sentano soli, ma sappiano di avere degli strumenti dalla loro parte, e i creditori comprendano che una soluzione concordata può spesso convenire anche a loro rispetto alla sterile persecuzione di chi non può dare più di tanto.

Nota finale: Le procedure descritte, pur semplificate, restano complesse nei dettagli e richiedono assistenza specializzata (avvocati, OCC). Ogni caso è a sé stante. È fondamentale avviare un dialogo costruttivo tra debitore, esperto della crisi e creditori sin dalle prime fasi: il Codice della crisi incoraggia proprio questa soluzione negoziale e collaborativa come migliore via per superare le situazioni di sovraindebitamento in un’ottica win-win. Insomma, sapere che si può fare è importante, ma fare bene lo è ancora di più.


Fonti e Riferimenti

Normativa:

  • D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza) – articoli rilevanti: definizioni generali art. 2 (lett. c: sovraindebitamento; lett. d: impresa minore; lett. e: consumatore; lett. h: gruppo di imprese); art. 66 (procedura familiare); artt. 67-73 (ristrutturazione debiti consumatore); artt. 74-83 (concordato minore); artt. 84-88 (concordato preventivo, per analogie); artt. 284-289 (concordato di gruppo); artt. 268-277 (liquidazione controllata); art. 283 (esdebitazione incapiente). Codice aggiornato con D.Lgs. 83/2022 e D.Lgs. 136/2024.
  • Legge 27 gennaio 2012, n. 3 (disciplina composizione crisi da sovraindebitamento antecedente al CCII). Utile per i principi ispiratori e precedenti versioni delle procedure. [Abrogata e assorbita nel CCII].
  • Direttiva (UE) 2019/1023 (Insolvency) – recepita in Italia col D.Lgs. 83/2022, ha introdotto concetti di ristrutturazione preventiva e cram-down transclassista applicati anche nel CCII (ad es. art. 112 cross-class cram-down nei concordati di gruppo).

Giurisprudenza:

  • Cass., Sez. I, 13 ottobre 2015, n. 20559 – Caso concordato gruppo cantieristico: ha escluso ammissibilità di un concordato preventivo unitario di gruppo secondo la legge fallimentare allora vigente, richiedendo separatezza delle procedure. Orientamento superato normativamente dal CCII.
  • Cass., 26 luglio 2023, n. 22699Debiti promiscui e piano del consumatore: afferma che il piano del consumatore spetta solo a chi ha obbligazioni estranee ad attività d’impresa, mentre il debitore con debiti misti può accedere solo alla liquidazione controllata (o concordato minore). Conferma interpretazione restrittiva della nozione di “consumatore”.
  • Cass., 27 luglio 2023, n. 22900Responsabilità su omologazione piano consumatore: ribadisce che il controllo sulla completezza della documentazione spetta al giudice (d’ufficio), ma che il debitore dev’essere posto in grado di integrare eventuali mancanze prima di un rigetto. Chiarisce competenza del tribunale in composizione collegiale in sede di reclamo.
  • Cass., 6 novembre 2023, n. 30814 – (massima presumibile su sovraindebitamento, non dettagliata nel testo, probabile conferma di orientamenti su conversione procedura o simili).
  • Cass., 17 gennaio 2020, n. 742Fideiussore come consumatore: riconosce che il fideiussore persona fisica, estraneo professionalmente al rapporto garantito, è consumatore ai fini dell’accesso alla procedura.
  • Tribunale di Napoli, decreto 21 febbraio 2024Concordato preventivo di gruppo in continuità omologato con cram-down: prima omologazione giudiziale di un concordato di gruppo nonostante dissenso di una classe, applicando art. 112 CCII. Sottolinea criteri di prevalenza della continuità sul liquidatorio (art. 285) e controllo sulla formazione delle classi.
  • Tribunale di Milano, 20 giugno 2023 & 4 ottobre 2023Debiti “promiscui” e accesso del consumatore: pronunce (richiamate da dottrina) che negano l’accesso al piano del consumatore in caso di debiti misti, allineandosi a Cass. 22699/2023.
  • Tribunale di Venezia, 2022-2023Concordati minori: vari decreti pubblicati (es. Trib. Venezia RG 1/2022, RG 4/2023) con omologhe di concordati minori, utili come prassi applicativa (indicati sul sito tribunale Venezia).
  • Corte Costituzionale, sent. 6/2015 – (Pregressa, su L.3/2012) aveva sancito la legittimità costituzionale delle procedure di sovraindebitamento escludendo violazione dell’uguaglianza verso i fallibili.

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Conclusione

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