Come Regolarizzare Le Tasse Non Pagate?

Hai delle tasse arretrate che non sei riuscito a pagare e ora ti chiedi come regolarizzare la tua posizione con il Fisco? Hai paura di ricevere cartelle, sanzioni o addirittura un pignoramento?

Se hai saltato il pagamento di imposte, contributi o tributi locali, la legge ti offre diverse possibilità per rientrare in regola, ridurre le sanzioni e bloccare eventuali azioni dell’Agenzia delle Entrate o di altri enti creditori. Ma è fondamentale non ignorare il problema e agire prima che diventi irreversibile.

Quando si è in regola con il Fisco?

Solo quando:

– Hai pagato tutte le imposte e i contributi dichiarati
– Hai saldato o rateizzato eventuali cartelle esattoriali
– Hai definito correttamente ogni debito tributario, anche se vecchio
– Non hai pendenze aperte con enti locali o previdenziali

Se mancano uno o più pagamenti, devi procedere con una regolarizzazione spontanea o assistita, prima che scattino controlli o misure esecutive.

Come puoi regolarizzare le tasse non pagate?

  1. Ravvedimento operoso
    Se il ritardo è ancora contenuto, puoi pagare le imposte dovute aggiungendo una sanzione ridotta e gli interessi. Più sei rapido, meno paghi. È uno strumento utile per rimediare prima che parta un controllo.
  2. Rateizzazione con Agenzia delle Entrate Riscossione
    Se hai già ricevuto una cartella, puoi chiedere la rateizzazione fino a 72 o 120 rate, evitando blocchi, fermi o ipoteche. È fondamentale presentare la domanda in tempo e senza errori.
  3. Definizioni agevolate e rottamazioni
    Quando previste, ti permettono di pagare il debito senza sanzioni e interessi, in forma rateale e con condizioni più leggere. Ma bisogna rispettare scadenze e requisiti specifici.
  4. Procedura da sovraindebitamento
    Se i debiti sono troppo alti rispetto alle tue possibilità, puoi accedere alle procedure previste dal Codice della Crisi, che consentono anche ai privati e partite IVA di ristrutturare i debiti fiscali e ottenere uno sconto legale.

Cosa succede se non fai nulla?

– Il debito aumenta per effetto di sanzioni e interessi
– L’Agenzia delle Entrate o altri enti possono iscrivere fermi e ipoteche
– Scattano pignoramenti di conto, stipendio o beni immobili
– Diventa molto più difficile accedere in futuro a rateizzazioni o sanatorie

Come possiamo aiutarti noi dello Studio Monardo?

Verifichiamo l’ammontare reale dei debiti fiscali, controlliamo eventuali vizi di notifica o calcolo, valutiamo le possibilità di ravvedimento, rateizzazione o stralcio, e ti assistiamo nella trattativa con il Fisco per regolarizzare la posizione nel modo più vantaggioso.

Hai tasse arretrate e non sai da dove cominciare? Vuoi evitare cartelle e pignoramenti?

Introduzione

Regolarizzare le tasse non pagate è un passaggio fondamentale per qualsiasi contribuente che si trovi in posizione debitoria verso il fisco italiano. Il mancato pagamento dei tributi entro le scadenze previste comporta infatti l’applicazione di sanzioni amministrative e interessi di mora, oltre al rischio di attivazione di procedure di riscossione coattiva da parte dell’Erario. Tuttavia, l’ordinamento tributario italiano mette a disposizione una serie di strumenti, ordinari e straordinari, che consentono al debitore di sanare la propria posizione fiscale in modo agevolato e di evitare conseguenze più gravose. Questi strumenti vanno dal ravvedimento operoso – che permette una regolarizzazione spontanea con riduzione delle sanzioni – fino alle diverse definizioni agevolate introdotte negli ultimi anni (spesso denominate “rottamazioni” o “saldo e stralcio” delle cartelle esattoriali) che offrono sconti su sanzioni e interessi per i debiti già iscritti a ruolo.

Dal punto di vista del debitore, conoscere e saper utilizzare tali misure è essenziale per minimizzare l’aggravio economico e normativo derivante dalle violazioni tributarie. Inoltre, l’evoluzione recente della normativa (fino a giugno 2025) ha ampliato le possibilità di regolarizzazione, introducendo condizioni più favorevoli sia nella fase amministrativa (prima dell’iscrizione a ruolo, ad esempio con ravvedimenti e adesioni) sia nella fase di riscossione coattiva (con dilazioni più lunghe e definizioni agevolate dei carichi pendenti). In questa guida avanzata, rivolta a professionisti del diritto tributario, imprenditori e contribuenti evoluti, analizzeremo in dettaglio tutti gli strumenti disponibili per sanare le imposte non pagate, con riferimenti normativi aggiornati, tabelle riepilogative, simulazioni pratiche e indicazione delle più recenti sentenze e prassi ufficiali in materia.

Perché regolarizzare i debiti fiscali: oltre ad evitare le sanzioni pecuniarie, regolarizzare le tasse dovute è cruciale per scongiurare conseguenze come: il blocco di rimborsi fiscali, l’iscrizione di ipoteche o il fermo amministrativo su beni del contribuente, nonché azioni esecutive come pignoramenti presso terzi o presso l’abitazione. In casi estremi, il protrarsi dell’inadempimento può sfociare in responsabilità penali: ad esempio, il mancato versamento dell’IVA o delle ritenute oltre determinate soglie integra fattispecie di reato (artt. 10-bis e 10-ter D.Lgs. 74/2000). Fortunatamente, l’ordinamento prevede cause di non punibilità penale se il contribuente provvede al pagamento integrale del debito (imposta, sanzioni e interessi) prima di aver formale conoscenza di verifiche o accertamenti: la Cassazione penale ha chiarito che tale esimente opera anche se il contribuente era venuto a conoscenza informalmente di un possibile controllo, purché non vi sia stato un atto formale nei suoi confronti. Ciò evidenzia l’importanza di agire tempestivamente.

Di seguito, esamineremo nel dettaglio come funzionano e come accedere ai vari strumenti di regolarizzazione, distinguendo tra: le procedure ordinarie e straordinarie, le possibilità prima e dopo l’iscrizione a ruolo, nonché le opportunità offerte dalle recenti “pacificazioni fiscali” (come la rottamazione quater e lo stralcio dei mini-debiti) previste dalla legge di bilancio 2023. Verranno inoltre fornite risposte a domande frequenti e esempi pratici per chiarire l’applicazione concreta di tali istituti. Tutte le fonti normative e giurisprudenziali citate saranno elencate nella sezione finale Fonti e Riferimenti Normativi.

Conseguenze del mancato pagamento delle imposte

Prima di analizzare le soluzioni, è utile comprendere cosa accade quando un contribuente non paga un tributo entro le scadenze previste. In base alla normativa italiana, il mancato o tardivo versamento di un’imposta comporta:

  • Interessi moratori: dovuti sul pagamento tardivo, calcolati giorno per giorno al tasso di interesse legale vigente. Il tasso legale, aggiornato periodicamente dal Ministero dell’Economia, è passato dallo 0,01% annuo nel 2021 a valori più elevati negli anni successivi a causa dell’andamento economico: 5% nel 2023, 2,5% nel 2024 e 2,0% dal 1° gennaio 2025. Ciò significa che su un’imposta pagata in ritardo, il debitore dovrà versare interessi in misura proporzionale ai giorni di ritardo (ad es., un debito di €1.000 ritardato di 30 giorni nel 2024 genera circa €2,05 di interessi legali). Gli interessi di mora continuano a maturare fino al giorno del pagamento integrale.
  • Sanzioni amministrative: si tratta di somme aggiuntive dovute a titolo di penalità per la violazione. Per i omessi o ritardati versamenti l’art. 13 del D.Lgs. 471/1997 prevede una sanzione base pari al 30% dell’importo non versato. Questa sanzione si riduce al 15% se il pagamento avviene con un ritardo non superiore a 90 giorni (ossia il 30% dimezzato) e può essere ulteriormente ridotta in caso di pagamento molto tempestivo (vedremo in dettaglio il ravvedimento operoso). È importante notare che dal 1° settembre 2024 la sanzione ordinaria per omesso versamento è stata abbassata al 25% in virtù della riforma delle sanzioni (D.Lgs. 87/2024). Pertanto, per violazioni commesse da tale data, il 25% sostituisce il precedente 30% come sanzione piena, rendendo leggermente meno onerosa la regolarizzazione. Le sanzioni per altre violazioni fiscali (es. dichiarazione infedele) possono essere anche più elevate (fino al 90%, ridotto al 70% dal 2024), o molto gravi in caso di omessa dichiarazione (120% fino a 240% dell’imposta evasa). In ogni caso, la legge prevede riduzioni significative di queste sanzioni se il contribuente adotta comportamenti attivi di pentimento e pagamento (come appunto il ravvedimento operoso, l’acquiescenza o le definizioni agevolate).
  • Iscrizione a ruolo ed esecuzione forzata: se il contribuente non regolarizza spontaneamente il debito, l’Agenzia delle Entrate può iscrivere le somme dovute a ruolo e affidarle all’Agente della Riscossione (Agenzia Entrate-Riscossione, ex Equitalia). Questo comporta la notifica di una cartella di pagamento (comunemente detta “cartella esattoriale”) contenente l’importo dell’imposta, delle sanzioni (intere, non più ridotte) e degli interessi, oltre agli aggi di riscossione. A questo punto il debito è formalizzato in un titolo esecutivo. Se entro 60 giorni dalla notifica della cartella il contribuente non paga né presenta istanza di rateizzazione, la riscossione potrà procedere coattivamente con misure come fermi amministrativi di veicoli, iscrizioni ipotecarie su immobili per debiti sopra €20.000, pignoramenti di stipendi, conti correnti o altre proprietà. Va evidenziato che alcune misure cautelari possono essere attivate anche prima (ad esempio, l’iscrizione di ipoteca e il fermo auto possono scattare decorso il termine di 60 giorni senza bisogno di ulteriori avvisi). L’iscrizione a ruolo comporta inoltre ulteriori interessi di mora (diversi da quelli legali) calcolati dall’Agente della Riscossione a tassi stabiliti annualmente.
  • Perdita di agevolazioni e accesso al credito: un contribuente con debiti fiscali può essere escluso da benefici tributari o contributivi, e potrebbe trovare ostacoli nell’accesso a finanziamenti (spesso è richiesta la certificazione di regolarità fiscale, il DURF, per partecipare a gare o ottenere crediti). Anche l’ottenimento del DURC (documento di regolarità contributiva) per appalti può essere compromesso se esistono cartelle esattoriali non pagate.

Riassumendo, non pagare le tasse comporta costi crescenti nel tempo (interessi e sanzioni) e rischi legali seri. Fortunatamente, prima che la situazione degeneri in contenzioso o riscossione forzata, il nostro ordinamento offre vari modi per ravvedersi e rientrare in regola con oneri ridotti. Nei paragrafi successivi illustreremo prima gli strumenti “preventivi” (da attivare spontaneamente o in risposta a comunicazioni bonarie, prima della cartella esattoriale) e poi quelli “successivi” (rateazioni, rottamazioni, ecc. attivabili quando il debito è già a ruolo).

Strumenti ordinari di regolarizzazione prima dell’iscrizione a ruolo

In questa sezione esaminiamo le soluzioni a disposizione del contribuente prima che il debito diventi una cartella esattoriale, quindi in sede di controllo automatizzato o in sede di eventuale accertamento fiscale non ancora divenuto definitivo. Gli strumenti principali sono: il ravvedimento operoso, le procedure di acquiescenza o adesione agli avvisi di accertamento, e – più di recente – alcune forme di definizione agevolata di comunicazioni introdotte nel 2023. Sono considerati “ordinari” in quanto previsti stabilmente dall’ordinamento (ravvedimento, adesione) oppure attivati dal contribuente in risposta ad atti dell’amministrazione finanziaria prima della riscossione coattiva.

Ravvedimento operoso: regolarizzazione spontanea con sanzioni ridotte

Il ravvedimento operoso è lo strumento principe per chi si accorge di non aver versato (o dichiarato) correttamente un tributo e vuole porvi rimedio spontaneamente. Previsto dall’art. 13 del D.Lgs. 472/1997, il ravvedimento consente al contribuente di rimuovere la violazione commessa prima che venga contestata o scoperta dall’amministrazione finanziaria, beneficiando di sanzioni ridotte in misura proporzionale alla tempestività del ravvedimento. In sostanza, attraverso il ravvedimento il contribuente paga:

  • l’imposta dovuta (o la differenza d’imposta non versata);
  • gli interessi legali maturati dal giorno in cui il pagamento sarebbe dovuto fino al giorno in cui viene effettivamente eseguito (calcolati come visto al tasso legale annuo vigente pro-rata temporis);
  • una sanzione amministrativa ridotta, calcolata come frazione della sanzione minima edittale prevista per quella violazione.

Il vantaggio per il contribuente è evidente: pagando di sua iniziativa in tempi brevi, la sanzione viene drasticamente abbattuta rispetto al 30% pieno (o altre percentuali edittali). La logica è premiare il comportamento collaborativo e tempestivo del contribuente. È fondamentale però che la violazione non sia già stata “scoperta”: il ravvedimento è ammesso solo se non sono già intervenuti accertamenti o anche solo controlli formali di cui il contribuente abbia avuto notizia. La semplice ricezione di una lettera di compliance (una comunicazione bonaria che segnala anomalie) non preclude il ravvedimento, mentre la notifica di un atto formale (es. processo verbale di constatazione, avviso di accertamento o comunicazione di irregolarità ex art. 36-bis) blocca la possibilità di ravvedersi su quella specifica violazione.

Le fattispecie regolarizzabili tramite ravvedimento comprendono praticamente tutte le violazioni tributarie: omessi o tardivi versamenti, errori ed omissioni nella dichiarazione dei redditi o IVA, omessa presentazione della dichiarazione (entro certi limiti), infedele dichiarazione, ecc. Non è invece ammesso ravvedersi se la dichiarazione è completamente omessa oltre 90 giorni dal termine (in tal caso la violazione è non sanabile tramite ravvedimento). Ad esempio, se un contribuente non ha presentato affatto la dichiarazione dei redditi 2022 e supera di oltre 90 giorni la scadenza (marzo 2023 per Redditi PF), non potrà usare il ravvedimento per ridurre le sanzioni di omessa dichiarazione; potrà comunque presentare la dichiarazione tardiva (che sarà considerata omessa ma valevole ai fini dell’imposta dovuta) e pagare la sanzione piena applicabile. Su questo punto la Cassazione ha chiarito che la dichiarazione presentata con molto ritardo resta valida per determinare il reddito, ma le sanzioni restano quelle piene perché è scaduto il termine di 90 giorni che consente il ravvedimento “ultratardivo”.

Sanzioni ridotte nel ravvedimento operoso: tempistiche e misure

La misura della sanzione ridotta dipende dalla tempestività con cui il contribuente effettua la regolarizzazione. La norma (art. 13 D.Lgs. 472/1997) prevede diverse frazioni del minimo edittale in funzione del tempo trascorso dalla violazione. Possiamo riassumere le principali casistiche (per i versamenti omessi, riferite alla sanzione base del 30%, ora 25% per violazioni dal 2024) nella seguente tabella:

Tipo di RavvedimentoTermine per la regolarizzazioneRiduzione della sanzioneSanzione ridotta effettiva (su omesso versamento)
Ravvedimento sprintEntro 14 giorni dalla scadenza del pagamento1/15 per ogni giorno di ritardo sul 15% (sanzione giornaliera)~0,1% dell’imposta per ciascun giorno di ritardo. Esempio: 10 giorni di ritardo = 1% (0,1×10).
Ravvedimento breveEntro 30 giorni dalla scadenza1/10 della sanzione minima3,0% dell’imposta (se sanzione base 30%) – Nota: dal 2024 la sanzione base (omesso versamento) è 25%, quindi 1/10 di 25% = 2,5%. In precedenza 1/10 di 15% = 1,5%, ma quest’ultimo valore era calcolato su una sanzione già dimezzata per pagamento entro 90gg.
Ravvedimento medioEntro 90 giorni dalla scadenza1/9 della sanzione3,33% dell’imposta (1/9 di 30%) – per violazioni pre-2024. Con sanzione base 25%, diventa ~2,78%.
Ravvedimento lungoEntro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno della violazione (in genere entro 1 anno)1/8 della sanzione3,75% dell’imposta (1/8 di 30%). Con base 25%: 3,125%.
Ravvedimento “ultralungo”Entro il termine di presentazione della dichiarazione dell’anno successivo (entro 2 anni)1/7 della sanzione~4,29% (1/7 di 30%). Con base 25%: 3,57%.
Oltre 2 anniOltre 2 anni dalla violazione (e comunque prima di notifica di atti)1/6 della sanzione5,0% (1/6 di 30%). Con base 25%: 4,17%.
(Altre casistiche straordinarie)Dopo avvio formale del procedimento di accertamento, ma prima di notifica atto1/5 o 1/4 della sanzione in taluni casi particolari (introdotte dalla riforma 2024)Ad esempio, 1/5 se si ravvede dopo un processo verbale di constatazione (PVC) ma prima dell’avviso (nuova lettera b-quater), oppure 1/4 se dopo il contraddittorio su accertamento ma prima della notifica (nuova lettera b-quinquies). Queste situazioni erano in parte già coperte da istituti come l’acquiescenza, ora integrate nel ravvedimento.

(Nota: le percentuali sopra indicate si applicano alla sanzione “minima” prevista per la violazione. Per l’omesso versamento la sanzione edittale minima è il 30% – 25% dal 2024 – come visto. In caso di dichiarazione omessa o infedele, i minimi sono diversi: ad es. infedele dichiarazione 90% (ora 70% dal 2024), omessa dichiarazione 120%. Le frazioni di ravvedimento vanno applicate a quei minimi. Ad esempio, per una dichiarazione infedele ravveduta entro 90 giorni, la sanzione sarebbe 1/9 di 90% = 10% dell’imposta evasa, mentre per un’omessa dichiarazione ravveduta entro 90 giorni si applicherebbe 1/10 del 120% = 12%.)

Come si evince, il vantaggio economico del ravvedimento è notevole. Per esempio, pagando un’imposta con 6 mesi di ritardo ma prima della presentazione della dichiarazione annuale, la sanzione si riduce al 3,75% (su base 30%) invece che al 30% intero. Ciò può fare la differenza tra una penalità di €300 su €1.000 di imposta dovuta (sanzione piena) e una di soli €37,50 (sanzione ravveduta). Gli interessi, pur dovuti, incidono in misura molto minore grazie ai tassi legali contenuti (anche con tassi al 2-5%, su brevi periodi l’importo degli interessi resta basso).

Esempio pratico di ravvedimento: un contribuente doveva versare €5.000 di IRPEF saldo entro il 30 novembre 2023 ma se ne dimentica. Si ravvede e paga tutto il 10 dicembre 2023, con 10 giorni di ritardo. Calcolo dovuto: interessi legali al 5% annuo per 10 giorni ≈ €6,85; sanzione sprint = 0,1% × 10 = 1% su €5.000 = €50. Totale da versare = €5.000 + €6,85 + €50 = €5.056,85. Senza ravvedimento, se l’irregolarità fosse stata contestata, avrebbe pagato €5.000 + €6,85 + sanzione piena €1.500 (30%) = €6.506,85. Il ravvedimento ha quindi fatto risparmiare €1.450 di sanzioni.

Dal punto di vista operativo, per effettuare il ravvedimento il contribuente esegue il versamento tramite modello F24 indicando, oltre al tributo dovuto, i codici tributo specifici per le sanzioni ridotte e per gli interessi maturati. L’Agenzia delle Entrate ha predisposto appositi codici (ad esempio, per IRPEF: il codice tributo del tributo principale e separati codici per “sanzioni da ravvedimento” e “interessi”). Non è richiesta alcuna comunicazione preventiva: il ravvedimento è efficace con il pagamento stesso. Sarà poi il contribuente a dover eventualmente indicare in dichiarazione di aver versato tramite ravvedimento (ad esempio, barrando la casella del modello Redditi per i versamenti effettuati entro i 90 giorni). In generale, non serve un atto formale di adesione da parte dell’ufficio: il pagamento esatto di imposta, sanzioni ridotte e interessi sana la violazione per legge.

Novità 2023-2025 sul ravvedimento: come accennato, il D.Lgs. 87/2024 (in vigore dal 1° settembre 2024) ha introdotto alcune modifiche migliorative:

  • Riduzione delle sanzioni base (omesso versamento dal 30% al 25%, infedele dichiarazione dal 90% al 70%) con effetto di ridurre ulteriormente l’onere del ravvedimento su violazioni commesse da tale data.
  • Inserimento di nuove lettere nell’art. 13 per estendere il ravvedimento anche dopo l’avvio di talune attività accertative: ad esempio, ora è prevista la possibilità di ravvedersi con sanzione ridotta a 1/5 (20%) se la violazione è regolarizzata dopo un verbale di constatazione (quindi a controllo iniziato ma prima dell’avviso) e addirittura 1/4 (25%) se dopo la chiusura del contraddittorio ma prima che l’atto di accertamento diventi definitivo. Queste ipotesi si aggiungono al catalogo tradizionale del ravvedimento e in parte codificano opportunità che prima venivano gestite tramite l’adesione o l’acquiescenza (di cui diremo oltre).
  • Conferma che rimane escluso il ravvedimento per la dichiarazione omessa oltre 90 giorni (principio già affermato in via interpretativa).
  • Dal 2025 è prevista una riforma complessiva delle sanzioni tributarie con un Testo Unico (D.Lgs. 173/2024) che abrogherà l’art. 13 dal 1° gennaio 2026. Questo significa che fino al periodo d’imposta 2025 si applicano le regole attuali sul ravvedimento; per i periodi successivi entreranno in vigore nuove disposizioni che, nelle intenzioni, dovrebbero semplificare e codificare la materia (il cosiddetto “codice delle sanzioni”). Sarà importante aggiornarsi sulle modalità di ravvedimento previste dal nuovo sistema sanzionatorio.

In sintesi, il ravvedimento operoso rappresenta la via preferenziale per regolarizzare in autonomia errori e omissioni fiscali, con vantaggi tangibili in termini di riduzione delle sanzioni e di esclusione di conseguenze penali (come visto, l’art. 13 D.Lgs. 74/2000 in materia penale premia l’integrale pagamento ante notifica rendendo non punibili determinati reati tributari). Ogni contribuente, persona fisica o impresa, può avvalersene: dal 2015 infatti sono state eliminate gran parte delle preclusioni (in passato ad esempio non ci si poteva ravvedere se già era iniziata una verifica, mentre oggi l’unica causa ostativa rimane la notifica formale di un atto impositivo). Ciò rende il ravvedimento uno strumento estremamente flessibile, applicabile anche a tributi locali (IMU, TARI, etc., sebbene per questi gli enti locali abbiano facoltà regolamentare – in genere si uniformano alle regole generali). Nelle sezioni seguenti vedremo come comportarsi nelle altre fasi: quando arrivano comunicazioni dall’Agenzia e come gestire gli avvisi di accertamento.

Comunicazioni di irregolarità (“avvisi bonari”) e definizione agevolata 2023

Un caso frequente di irregolarità fiscale è quello rilevato dall’Agenzia delle Entrate tramite i controlli automatici e formali sulle dichiarazioni presentate. In tali casi, prima di iscrivere a ruolo le somme, l’Agenzia invia al contribuente una comunicazione di irregolarità (il cosiddetto “avviso bonario”) ex artt. 36-bis DPR 600/1973 o 54-bis DPR 633/1972. Questo avviso indica le maggiori imposte risultanti dai controlli e invita il contribuente a fornire chiarimenti o a pagare quanto dovuto per evitare la cartella. In assenza di risposta o pagamento entro 30 giorni, scaduto tale termine le somme vengono iscritte a ruolo con sanzione piena e interessi. Se invece il contribuente riconosce la correttezza dell’avviso, può pagare entro 30 giorni beneficiando di una sanzione ridotta pari al 10% (un terzo della sanzione del 30%) come previsto dall’art. 2, comma 2, D.Lgs. 462/1997. In pratica, il meccanismo ordinario degli avvisi bonari prevede già uno sconto a 1/3 sulle sanzioni se si paga entro 30 gg dall’avviso, il che incentiva il contribuente a sanare subito ed evitare la cartella.

Esempio: se dal controllo automatizzato del modello Redditi risulta un’imposta in più di €200, il contribuente riceverà un avviso bonario con: €200 imposta, € 20 sanzione (10% di 200), più interessi calcolati fino a quella data. Pagando entro 30 gg, chiude la faccenda pagando €220 (imposta + sanzione ridotta + interessi). Se invece lascia decorrere i 30 giorni senza pagare, l’importo verrà iscritto a ruolo con sanzione al 30% (€60 in questo caso) oltre interessi, e notifica della cartella.

Nel quadro delle misure di “tregua fiscale” contenute nella Legge di Bilancio 2023 (L. 197/2022), il legislatore ha previsto una definizione agevolata speciale per le somme dovute a seguito di controllo automatizzato dei periodi d’imposta 2019, 2020 e 2021. In pratica, per le comunicazioni di irregolarità relative a quegli anni (notificate entro il 2023), è stata data la possibilità di definire pagando una sanzione ridotta al 3% anziché al 10%. Questo significa che il contribuente, al posto del solito 10% (già ridotto rispetto al 30), poteva chiudere versando solo il 3% dell’imposta (oltre ovviamente all’imposta e agli interessi). L’adesione a tale definizione richiedeva il pagamento (integrale o della prima rata) entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione, analogamente alla regola generale, ma applicando appunto la sanzione agevolata del 3%. Era ammessa anche la rateizzazione: fino a 20 rate trimestrali, indipendentemente dall’importo (questa è un’altra novità: la Finanziaria 2023 ha esteso a 20 rate trimestrali la dilazione per tutte le somme da controllo automatizzato, eliminando il precedente limite di 8 rate per debiti sotto €5.000).

Esempio con definizione 3%: riprendendo il caso precedente (€200 dovuti): in caso di definizione agevolata, l’importo da versare era €200 + sanzione €6 (3% di 200) + interessi (supponiamo invariati €14) = totale €220. Rispetto ai €234 dovuti col 10%, c’è un risparmio di €14. Su importi più grandi la differenza è più marcata: ad esempio, su €10.000 di imposta la sanzione definita è €300 invece di €1.000.

Questa definizione agevolata degli avvisi bonari riguardava solo quegli anni d’imposta e non è più ripetibile per annualità successive (salvo nuovi interventi legislativi). Va considerata quindi come uno strumento straordinario del 2023. Chi ne ha usufruito ha potuto sanare gli avvisi bonari a condizioni molto vantaggiose. In generale, comunque, per tutti gli avvisi bonari – anche al di fuori di sanatorie straordinarie – resta valida la chance ordinaria di pagare entro 30 giorni con sanzione ridotta a 1/3 (10%). Se il contribuente non è in grado di versare tutto in una volta, può chiedere la rateazione dell’avviso bonario (normalmente fino a 8 rate o 20 se >€5.000, ora come detto 20 per tutti), ma attenzione: la richiesta di rateazione entro 30 giorni consente comunque di mantenere la sanzione ridotta, mentre se ci si attiva dopo i 30 giorni la cartella sarà già emessa.

È opportuno sottolineare che l’avviso bonario è un’occasione chiave per sistemare le pendenze a costi contenuti. Se il contribuente riceve la comunicazione e non contesta gli esiti, conviene quasi sempre pagare (magari rateizzando) piuttosto che attendere la cartella: dopo l’iscrizione a ruolo, come vedremo, eventuali definizioni agevolate (rottamazioni) tipicamente eliminano sanzioni e interessi di mora sulle cartelle, ma non eliminano gli interessi da ritardata iscrizione e, soprattutto, non possono ridurre il tributo né la sanzione già ridotta applicata nell’avviso. Nel caso di avvisi bonari, anzi, il mancato pagamento entro 30 gg fa decadere per sempre lo sconto a 1/3: la cartella conterrà il 30% intero. Pertanto il punto di vista del debitore qui impone di valutare se ci sono motivi per contestare (errori, pagamenti già effettuati non riconosciuti, ecc.), altrimenti è prudente approfittare della definizione bonaria.

Accertamenti tributari: acquiescenza e accertamento con adesione

Quando la violazione fiscale non è emersa da controlli automatizzati ma da un vero e proprio accertamento (ad esempio una verifica fiscale o un controllo sostanziale che contesta imponibili non dichiarati), il contribuente si trova di fronte a un avviso di accertamento o un atto di contestazione di sanzioni. In tali casi non vi è più la possibilità del ravvedimento operoso – perché ormai la violazione è stata constatata – ma il sistema prevede comunque meccanismi per definire in via agevolata il rapporto, evitando (o limitando) il contenzioso e ottenendo una riduzione delle sanzioni.

Gli strumenti principali sono:

  • L’acquiescenza all’accertamento: se il contribuente decide di non impugnare un avviso di accertamento (o un atto di contestazione) e paga interamente quanto richiesto entro il termine per il ricorso (di norma 60 giorni dalla notifica dell’atto), ha diritto per legge alla riduzione delle sanzioni irrogate a 1/3 (un terzo). In pratica, l’ufficio applica nel calcolo dell’accertamento delle sanzioni (generalmente del 100% o 90% dell’imposta evasa, a seconda dei casi) ma se il contribuente paga subito senza litigare, ne versa solo un terzo. Questa misura è prevista dall’art. 15 del D.Lgs. 218/1997. Ad esempio, se un avviso per redditi non dichiarati richiede €10.000 di imposta e €9.000 di sanzioni (90%), pagando in acquiescenza si pagheranno €10.000 + €3.000 di sanzioni (1/3 di 9.000) + interessi. L’acquiescenza si perfeziona con il pagamento (o con la prima rata, se si chiede contestualmente la rateazione dell’accertamento in un massimo di 20 rate trimestrali).
  • L’accertamento con adesione: è una procedura (disciplinata dal D.Lgs. 218/1997) mediante la quale il contribuente può concordare con l’ufficio delle Entrate un nuovo ammontare dell’imposta accertata, spesso riducendo l’imponibile contestato. Si attiva su istanza del contribuente (o invito dell’ufficio) prima che scada il termine per impugnare l’avviso. Se si raggiunge un accordo, viene redatto un atto di adesione con le somme dovute. I benefici per il contribuente sono duplici: da un lato evita il giudizio e spesso ottiene un abbattimento parziale della pretesa; dall’altro, per legge le sanzioni vengono ridotte ad 1/3 come nell’acquiescenza (oppure a 2/3 se l’adesione riguarda un processo verbale). Il pagamento può avvenire in forma rateale (fino a 8 rate trimestrali, o 16 se imposta > €50.000). Se l’accordo non si raggiunge, l’accertamento resta quello iniziale e il contribuente potrà eventualmente fare ricorso. Questo istituto, di taglio più “negoziale”, è pensato per imprese o contribuenti con questioni complesse, ma può essere utilizzato anche per contestazioni più semplici per guadagnare tempo (la procedura sospende i termini) e ottenere la sanzione ridotta.
  • La conciliazione giudiziale: qualora il contribuente abbia già presentato ricorso al giudice tributario, vi è un’ulteriore chance di definire la controversia transigendo con l’ufficio finanziario in udienza. Si parla di conciliazione giudiziale (art. 48 D.Lgs. 546/1992, riformato nel 2023) che può avvenire sia nella fase iniziale del processo (conciliazione “fuori udienza” o in udienza) sia in appello. La conciliazione comporta che il contribuente e l’Agenzia si accordino su un importo (spesso intermedio) di imposta da pagare; in caso di conciliazione le sanzioni vengono ridotte al 1/3 del minimo previsto in caso di conciliazione entro il primo grado, oppure al 50% del minimo in caso di conciliazione in appello. Inoltre le somme dovute possono essere rateizzate fino a 20 rate trimestrali. È un ulteriore istituto volto a chiudere presto le liti, con uno sconto sanzionatorio come incentivo.

È importante comprendere che tutti questi strumenti (ravvedimento operoso, definizione avvisi bonari, acquiescenza/adesione, conciliazione) non si escludono tra loro ma operano in fasi diverse del procedimento:

  • Il ravvedimento è totalmente spontaneo e antecedente a qualsiasi atto dell’ufficio.
  • La definizione dell’avviso bonario interviene dopo un controllo automatico ma prima dell’iscrizione a ruolo.
  • L’acquiescenza o adesione agiscono dopo un accertamento formale ma prima (o in luogo) del contenzioso.
  • La conciliazione agisce nel contenzioso in corso.

In tutte queste ipotesi il punto di contatto è la volontà del legislatore di ridurre le sanzioni per chi si attiva e collabora, evitando di intasare il sistema con contenziosi o ruoli. Da notare che anche lo Statuto del Contribuente (L. 212/2000) incoraggia la definizione bonaria e la comunicazione con il contribuente prima dell’iscrizione a ruolo.

Strumenti straordinari di regolarizzazione dopo l’iscrizione a ruolo

Passiamo ora alle situazioni in cui il debito fiscale è già stato iscritto a ruolo ed è quindi in carico all’Agenzia delle Entrate-Riscossione. In questo stadio, il contribuente ha ricevuto una cartella esattoriale (o un altro atto esecutivo, come un ingiunzione fiscale in caso di enti locali) e il debito include sanzioni e interessi per intero, salvo i casi in cui abbia precedentemente usufruito di riduzioni. Anche in questa fase esistono diversi strumenti per regolarizzare il debito in maniera sostenibile, evitando misure esecutive e – in alcuni casi – ottenendo la cancellazione di sanzioni e interessi. Tali strumenti comprendono: la rateizzazione ordinaria delle cartelle, le definizioni agevolate dei ruoli (le cosiddette rottamazioni), il saldo e stralcio di specifici debiti e altre misure occasionali (come l’annullamento automatico di mini-debiti). Inoltre, per debitori in conclamate difficoltà finanziarie, esistono procedure concorsuali speciali che permettono di trattare i debiti fiscali (es. la transazione fiscale nell’ambito di concordati o la procedura di sovraindebitamento). Esaminiamo i principali strumenti dal punto di vista del debitore.

Rateizzazione delle cartelle esattoriali

La rateizzazione è spesso la prima opzione per chi non riesce a pagare in un’unica soluzione l’importo richiesto nella cartella. L’ordinamento (art. 19 DPR 602/1973) consente al debitore di chiedere all’Agente della Riscossione un pagamento dilazionato, a patto di trovarsi in una temporanea situazione di obiettiva difficoltà. La rateizzazione ordinaria può estendersi fino a 72 rate mensili (6 anni) secondo la regola generale. Tuttavia, recenti riforme hanno ampliato notevolmente questa possibilità:

  • Dal 2022 la soglia di debito per ottenere la rateizzazione con una semplice richiesta (senza dover presentare documenti sulla situazione economica) è stata alzata da €60.000 a €120.000 per ogni singola istanza. Ciò significa che per debiti a ruolo fino a 120 mila euro, il contribuente può ottenere automaticamente un piano di dilazione standard (72 rate) presentando solo un’autodichiarazione di difficoltà, senza bisogno di produrre ISEE, bilanci o altre prove. Questo snellisce molto l’accesso alla dilazione per debiti di entità medio-alta. Per debiti superiori a 120.000 €, resta l’obbligo di documentare lo stato di difficoltà finanziaria (ad es. ISEE per persone fisiche, indici di liquidità per imprese).
  • Nel 2023, in attuazione del PNRR e della delega fiscale, è stato emanato il D.Lgs. 29 luglio 2024 n. 110 (“Riforma della riscossione”) che ridisegna la disciplina delle rateizzazioni a partire dal 1° gennaio 2025. Le principali novità sono:
    • Estensione del numero di rate: il limite di 72 rate è portato a 84 rate (7 anni) per le richieste presentate nel 2025-2026, poi 96 rate (8 anni) per quelle nel 2027-2028 e 108 rate (9 anni) dal 2029 in poi. Si tratta di un ampliamento progressivo che renderà via via più lungo il piano concessorio standard. L’obiettivo è agevolare il contribuente nel rimborso, soprattutto in vista di ruoli “pesanti”, spalmando il debito su più anni.
    • Conferma soglia 120k: la soglia di €120.000 per la procedura semplificata è stata confermata e messa a regime dal D.Lgs. 110/2024. Quindi rimane in vigore strutturalmente: fino a 120 mila euro niente documenti, oltre serve prova della difficoltà.
    • Parametri di difficoltà: sono stati introdotti criteri oggettivi per valutare la “temporanea e obiettiva difficoltà” quando occorre presentare documentazione. Un decreto MEF (emanato a fine 2024) ha stabilito indici economico-finanziari: ad esempio, per persone fisiche/ditte individuali semplificate si utilizza l’ISEE familiare; per società di capitali si considera un indice di liquidità (attivo a breve vs passivo a breve < 1) e altri indicatori (denominati “indice alfa” e “beta”). In base a questi indici, l’Agente può concedere un certo numero di rate. Addirittura, se il contribuente volontariamente presenta documentazione anche per debiti sotto 120k, può ottenere piani più lunghi di quelli standard: il decreto prevede che su base documentata si possano avere, per richieste 2025-26, fino a 120 rate anche per debiti sotto soglia (in pratica: senza documenti max 84 rate, con documenti si può salire fino a 120 in casi gravi).
    • Riduzione interessi di dilazione: dal 1/1/2025 il tasso d’interesse sulle rateazioni (interesse di dilazione ex art. 21 DPR 602/73) è stato abbassato dal 4% annuo al 2,5% annuo. Questa è un’ottima notizia per i debitori, poiché rende meno oneroso il pagamento a rate in termini di interessi aggiuntivi. Va ricordato che gli interessi di dilazione sono dovuti su ogni rata successiva alla prima, dalla data di scadenza originaria: dimezzare il tasso dal 4 al 2,5% significa risparmiare parecchio su piani lunghi.
    • Maggiore flessibilità e riammissione: una novità di grande impatto è che a partire dal 2025 sarà più facile essere riammessi alla dilazione anche se si decade da un piano. Storicamente, la regola era molto rigida: se uno saltava 5 rate (anche non consecutive) su un totale > 8 rate, decadeva dal beneficio e per riavere una rateazione doveva saldare tutto l’arretrato. Ora, con la riforma, sarà consentito chiedere un nuovo piano anche dopo decadenza, senza dover prima pagare tutte le rate scadute (salvo casi di abuso). Inoltre, tutto il sistema sarà gestibile online e con procedure semplificate (es: eliminato l’obbligo di indicare la scelta di rateazione nella dichiarazione dei redditi per dilazioni “da dichiarazione” – vedi D.Lgs. 1/2024 sulle semplificazioni).

In attesa dell’entrata in vigore piena di queste novità (che comunque dal 2025 beneficiano chi fa domanda da quell’anno in poi), restano applicabili nel 2023-2024 le regole previgenti, già favorevoli grazie ai ritocchi introdotti col “Decreto Aiuti” (D.L. 50/2022): soglia 120k, 10 anni per piani straordinari. Ricordiamo infatti che oltre alla rateazione ordinaria, esiste la rateizzazione straordinaria fino a 120 rate mensili (10 anni) per i debiti di importo elevato e in situazione di grave e comprovata difficoltà. Per ottenere 120 rate serve dimostrare che l’importo delle rate ordinarie eccede il 20% del reddito mensile del nucleo (per PF) o che l’indice di liquidità è sotto soglia (per imprese), ecc. Le soglie di accesso e i requisiti sono stabiliti dal DM 6/11/2013 n. 772 e ss. mod., che verrà aggiornato con i nuovi indici introdotti.

Decadenza dal piano di rateazione: attualmente (fino al 2024) la decadenza si verifica se il debitore non paga 5 rate anche non consecutive. Fino al 2020, la soglia era 5 rate consecutive, poi per il Covid fu aumentata a 10, poi riportata a 8, infine uniformata a 5 non consecutive per tutti i piani concessi dopo il 2022. Con la decadenza, l’intero debito residuo diventa immediatamente riscuotibile e l’Agente può riprendere le azioni esecutive. La riammissione in un nuovo piano era sinora possibile solo per vecchie decadenze al 2021 grazie a norme transitorie, ma dal 2025 come detto sarà strutturalmente più flessibile fare nuovi piani post-decadenza. In ogni caso, è sempre preferibile cercare di non decadere: se si hanno difficoltà, meglio contattare la Riscossione, valutare la proroga (è possibile chiedere una proroga del piano una volta, passando da ordinario a straordinario se la situazione peggiora), oppure valutare misure come la rottamazione se aperte.

In sintesi, la rateizzazione consente di dilazionare il debito fiscale secondo le proprie capacità di pagamento, scongiurando nell’immediato le azioni esecutive. Durante il periodo in cui si rispettano le rate, l’Agente della Riscossione non procede con nuovi pignoramenti o fermi (eventuali fermi o ipoteche già iscritti però rimangono fino al pagamento integrale, se non rimossi per legge). Attenzione: la rateizzazione non riduce l’importo del debito, anzi comporta interessi di dilazione (ma come visto ora più contenuti). Per ridurre l’importo di sanzioni e interessi occorre invece ricorrere agli strumenti di definizione agevolata, di cui parliamo nel prossimo paragrafo.

Rottamazione delle cartelle (Definizione agevolata dei ruoli)

Con il termine “rottamazione delle cartelle” si fa riferimento alle varie edizioni della Definizione Agevolata dei carichi affidati all’Agente della Riscossione, provvedimenti legislativi che negli ultimi anni hanno permesso ai debitori fiscali di estinguere i propri debiti a ruolo senza corrispondere le sanzioni e gli interessi di mora. In pratica, aderendo a queste sanatorie, il debitore paga solo le somme a titolo di imposta/capitale (oltre alle spese di notifica e eventuali spese vive per procedure esecutive), mentre vengono condonati: le sanzioni amministrative incluse nel ruolo, gli interessi di mora maturati e l’aggio di riscossione. Restano dovuti invece gli interessi da ritardata iscrizione a ruolo (quelli calcolati dall’ente impositore fino alla consegna al riscossore) ma spesso, trattandosi di importi modesti rispetto alle sanzioni, la convenienza resta elevata.

L’ultima (in ordine di tempo) di queste definizioni agevolate è stata la “Rottamazione-quater” introdotta dalla Legge n. 197/2022 (Bilancio 2023) per i carichi affidati dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022. Vediamo i punti salienti della rottamazione-quater dal punto di vista del debitore:

  • Ambito di applicazione: riguarda tutti i debiti a ruolo in quel periodo (2000-06/2022) verso Agenzia Entrate-Riscossione, inclusi quelli per imposte statali, contributi previdenziali INPS affidati, alcune entrate locali riscossione nazionale. Esclusi invece: i carichi per recupero di aiuti di Stato illegittimi, i crediti derivanti da condanne della Corte dei conti, le multe penali, e i debiti UE per dazi/IVA import (questi stessi esclusi già visti nelle precedenti edizioni). Sono esclusi altresì i debiti relativi alle risorse proprie UE e l’IVA all’importazione.
  • Beneficio: pagamento del solo capitale e spese. Non si pagano: sanzioni, interessi di mora, né l’aggio di riscossione. Se nel ruolo il debito è interamente sanzionatorio (multe stradali, per esempio) la definizione comporta il pagamento solo dell’importo originario della multa senza gli interessi di mora e senza l’eventuale maggiorazione semestrale (nel caso delle multe). Quindi c’è comunque un beneficio.
  • Come aderire: bisognava presentare una dichiarazione di adesione (domanda) all’Agenzia Entrate-Riscossione entro il termine fissato dalla legge. Inizialmente era 30 aprile 2023, poi prorogato ufficialmente al 30 giugno 2023 (dal Decreto “Milleproroghe” convertito in L. 14/2023). La domanda poteva farsi online sul portale dell’Agenzia Riscossione tramite l’area dedicata, indicando quali cartelle si intendeva definire. Era ammessa anche un’adesione parziale (selettiva) su singole cartelle: il contribuente poteva scegliere di includere o escludere determinati carichi. In effetti l’Agenzia ha poi messo a disposizione un servizio “ContiTu” per pagare solo alcune delle cartelle incluse nel piano, qualora non si volesse proseguire con tutte.
  • Pagamento: la rottamazione-quater offriva due opzioni:
    • pagamento in unica soluzione entro il 31 ottobre 2023 (originariamente 31 luglio, poi prorogato);
    • pagamento rateale fino a 18 rate in 5 anni. Le prime due rate, ciascuna pari al 10% del dovuto, scadevano il 31 ottobre e 30 novembre 2023 (in origine 31 luglio e 30 novembre, poi entrambi spostati al 31/10 e 30/11). Le restanti 16 rate trimestrali ripartite negli anni 2024-2028 con scadenze 28 febbraio, 31 maggio, 31 luglio, 30 novembre di ciascun anno.
    Occorre sottolineare che vi sono state ulteriori proroghe per i pagamenti: la Legge n. 191/2023 (di conversione del DL Asset) ha consentito di considerare validi i pagamenti delle prime due rate effettuati entro il 18 dicembre 2023; successivamente, il Milleproroghe 2024 (L. 18/2024) ha spostato il termine per considerare tempestive le prime tre rate al 15 marzo 2024 (con ulteriore tolleranza di 5 gg fino al 20 marzo). Dunque, di fatto, chi ha aderito ha potuto pagare la prima rata entro marzo 2024 senza decadenza. Le rate successive proseguono secondo calendario ordinario (es. la quinta rata, originariamente 31 luglio 2024, prorogata anch’essa al 15 settembre 2024 per decreto correttivo). Il piano completo arriva sino all’ultima rata prevista il 30 novembre 2028.
  • Decadenza: la regola prevista è che basta saltare una rata della rottamazione per perdere i benefici. Tuttavia, la legge concede una tolleranza di 5 giorni su ogni scadenza (pagamento entro 5 giorni dopo è considerato tempestivo) e la possibilità di pagare rate scadute tutte insieme entro la scadenza successiva in alcuni casi eccezionali previsti dalle proroghe. In generale, però, il mancato pagamento comporta la decadenza e la ripresa della riscossione per il residuo non versato, senza possibilità di dilazione ulteriori sullo stesso importo (salvo nuove normative).
  • Vantaggio economico: per il debitore, aderire alla rottamazione significava risparmiare l’intero ammontare delle sanzioni e degli interessi di mora maturati. Ad esempio, consideriamo una cartella per IRPEF 2017 non pagata di €5.000 di imposta + €1.500 di sanzioni + €600 di interessi mora + €300 aggio: con la definizione il contribuente paga solo €5.000 + una piccola quota di interessi da ritardata iscrizione (diciamo €100) + pochi euro di spese notifica, risparmiando circa €2.400. Questo spiega il grande successo delle rottamazioni passate. Dal 2016 ad oggi, milioni di cartelle sono state rottamate nelle varie edizioni (rottamazione 2016, bis 2017, ter 2018, quater 2023).

Va evidenziato che la definizione agevolata non incide sul debito tributario in sé (non abbatte il capitale né eventuali somme per spese); non è un condono totale, ma un condono di sanzioni/interessi. Pertanto non elimina l’imposta dovuta. In alcuni casi particolari (es. multe stradali) equivale di fatto a togliere la maggiorazione, ma la multa base rimane dovuta.

Situazioni particolari: se un contribuente aveva già un piano di rateizzazione in corso per una cartella, poteva comunque aderire alla rottamazione; l’adesione comporta lo stop temporaneo dei pagamenti rateali in attesa della definizione. Con l’accoglimento della domanda (nel 2023 l’Agenzia ha inviato ai debitori entro giugno 2023 la “Comunicazione delle somme dovute”), il vecchio piano viene assorbito nel nuovo e le eventuali rate già versate restano acquisite (non rimborsate né compensate). Se però il debitore non rispetta la rottamazione e decade, il beneficio dei pagamenti pregressi viene mantenuto ma il residuo torna riscossibile e non si può chiedere una nuova dilazione su quelle somme (questo almeno secondo le regole vigenti fino al 2024).

È importante ricordare inoltre che la rottamazione sospende le azioni esecutive: dalla presentazione della domanda e finché si è in regola coi pagamenti delle rate, l’Agente della Riscossione non può attivare nuovi pignoramenti o fermi (art. 3 DL 119/2018, richiamato anche nell’ultima edizione). Eventuali fermi o ipoteche già iscritti possono essere sospesi su richiesta se si paga la prima rata.

Rottamazioni precedenti: per completezza, segnaliamo che chi in passato aveva aderito alle precedenti rottamazioni (2016, bis 2017, ter 2018) e poi era decaduto per mancato pagamento, ha avuto la possibilità di aderire nuovamente alla quater nel 2023. Inoltre, il DL 34/2019 aveva introdotto una riapertura per i decaduti dalle prime due rottamazioni. Quindi talvolta il legislatore ha concesso seconde opportunità. Al momento (giugno 2025) non sono state annunciate nuove rottamazioni né riaperture dei termini – anzi, il MEF ad agosto 2024 ha chiarito che non erano allo studio proroghe o estensioni ai ruoli 2023. Pertanto, chi non ha aderito entro giugno 2023 ora non può più farlo per quei carichi, e dovrà gestirli con gli strumenti ordinari (rateazione) salvo futuri interventi normativi.

“Saldo e stralcio” e stralcio automatico dei mini-debiti

Accanto alle rottamazioni, un’altra misura di sollievo per i debitori è stata il cosiddetto “Saldo e Stralcio”. Questo termine indica un condono parziale del debito riservato a contribuenti in condizioni economiche disagiate, diverso dalla rottamazione (che comunque richiede tutto il capitale).

La misura del Saldo e Stralcio è stata applicata in passato, in particolare con la Legge di Bilancio 2019 (L. 145/2018), la quale prevedeva per le persone fisiche con ISEE fino a €20.000 la possibilità di chiudere i debiti fiscali già a ruolo al 31/12/2017 versando solo una percentuale variabile tra il 16% e il 35% del dovuto (a seconda dell’ISEE e della situazione familiare), cancellando il resto. Era quindi un forte abbattimento anche del capitale. Questo saldo e stralcio 2019 riguardava però solo debiti derivanti da omessi versamenti dichiarati (non accertamenti) e altre situazioni particolari. L’adesione andava presentata nel 2019 e i pagamenti eseguiti entro il 2021. Non era un istituto strutturale ma una misura una tantum.

Nel 2023 il termine “saldo e stralcio” è ricomparso nel linguaggio comune soprattutto per riferirsi allo stralcio automatico dei mini-debiti previsto dalla L. 197/2022. Tecnicamente, la legge di bilancio 2023 all’art. 1 commi 222-230 ha disposto l’annullamento automatico dei debiti di importo residuo fino a €1.000 affidati a ruolo dal 2000 al 2015. Questa cancellazione è avvenuta d’ufficio entro il 31 marzo 2023, senza bisogno di domanda da parte del contribuente. Si tratta di uno stralcio totale del debito (capitale, sanzioni, interessi) per quei carichi di piccola entità, giustificato dal fatto che i costi di riscossione superavano i possibili incassi. Anche qui furono esclusi alcuni tipi di debito (stessi esclusi di rottamazione: aiuti di Stato, condanne Corte Conti, sanzioni penali, debiti UE). Questo provvedimento ha liberato molti contribuenti da vecchie pendenze di basso importo (tipicamente vecchie multe, bollo auto, piccole imposte).

È importante non confondere questo stralcio automatico con il “saldo e stralcio” concordato: nel primo caso il contribuente non paga nulla e il debito è annullato d’ufficio (ma limitato ai micro importi ≤1000 euro di molti anni fa); nel secondo caso (2019) il contribuente pagava una parte (16-35%) in base a difficoltà economica.

Situazione attuale: al di fuori di tali interventi straordinari, non esiste una procedura ordinaria di saldo e stralcio su base individuale con il fisco (se non nelle procedure concorsuali di cui diremo dopo). Dunque, oggi (2025) un debitore non può ottenere una riduzione del capitale fiscale dovuto se non per le vie straordinarie legislative. Può sperare in eventuali future edizioni se il legislatore le introdurrà. In mancanza, dovrà pagare imposta e altri oneri interamente (o eventualmente, se proprio insolvibile, valutare procedure di esdebitazione).

Altre definizioni agevolate introdotte nel 2023

La “tregua fiscale” del 2023 non si è limitata a rottamazione quater e stralcio dei mini-debiti. Per completare il quadro, elenchiamo brevemente altre misure straordinarie varate con la L. 197/2022 (commi da 153 in poi) che hanno interessato la regolarizzazione fiscale:

  • Ravvedimento speciale: un’opportunità unica (prevista ai commi 174-178) per correggere dichiarazioni dei redditi già presentate (fino all’anno d’imposta 2021) con errori o omissioni, attraverso una dichiarazione integrativa da presentare entro il 31/05/2023 e versando le maggiori imposte dovute con sanzione ridotta a 1/18 del minimo, da pagarsi in 8 rate trimestrali. Questo “ravvedimento speciale” era rivolto a chi aveva commesso infedeltà dichiarative: in pratica una sanatoria delle dichiarazioni pregresse con penalità molto contenuta (circa 5,56% di sanzione, essendo 1/18 di 100% o di 90%). Non copriva omesse dichiarazioni né violazioni già contestate.
  • Sanatoria delle irregolarità formali: commi 166-173 prevedevano la possibilità di regolarizzare violazioni formali (che non incidono sul calcolo dell’imposta, es. errori formali nelle dichiarazioni, omissioni di comunicazioni) commesse fino al 2021, pagando €200 per ciascun periodo d’imposta (in due tranche da €100 nel 2023 e 2024). Questa misura ha permesso di “pulire” il proprio cassetto fiscale da potenziali sanzioni formali.
  • Definizione agevolata dei processi verbali di constatazione (PVC): commi 179-185, prevedevano che per i verbali di constatazione consegnati entro il 31/03/2023 il contribuente potesse accettare integralmente quanto constatato, presentando dichiarazione integrativa e pagando le imposte ivi calcolate senza sanzioni (né interessi), entro 30/09/2023. In altri termini, chiudere un PVC senza fare l’accertamento, pagando solo le imposte (un condono totale di sanzioni su quella parte).
  • Definizione agevolata degli atti del procedimento di accertamento: commi 186-205, consentivano di definire avvisi di accertamento, rettifica e liquidazione, nonché atti di recupero, già notificati (e impugnabili al 1° gennaio 2023) pagando imposte + interessi + sanzioni ridotte a 1/18 (simile al ravvedimento speciale) entro 31/03/2023 se non si era fatto ricorso. In pratica, era un invito a non litigare su atti recenti, con forte sconto sulle sanzioni.
  • Definizione agevolata delle liti pendenti: commi 206-226, la possibilità di chiudere le controversie tributarie in cui è parte l’Agenzia Entrate pendenti al 1/01/2023 pagando un importo percentuale del valore della lite: 100% se l’Agenzia aveva vinto nell’ultima pronuncia, 90% se il ricorso era pendente in primo grado senza sentenza, 40% se il contribuente aveva vinto in primo grado, 15% se aveva vinto in secondo grado, e 5% per le liti in Cassazione con doppia conforme a favore del contribuente. Prevista anche la definizione integrale (con pagamento del solo 5%) per le liti sotto €1000 di valore. La scadenza per aderire era il 30/06/2023.
  • Concordato preventivo biennale: commi 231-252, un istituto innovativo per le partite IVA di minori dimensioni (soggetti ISA o forfettari) che permetteva di “patteggiare” con l’Agenzia le imposte dovute per il biennio 2023-2024 su base di una proposta di imponibile accettata. In pratica, l’Agenzia proponeva (entro il 15/06/2023, poi prorogato) un importo di reddito per il 2023 e 2024; se il contribuente l’accettava presentando la dichiarazione concordata, si impegnava a versare quanto dovuto su quell’imponibile e l’Agenzia rinunciava a effettuare accertamenti su quei periodi. Questo strumento è di natura preventiva, teso a dare certezza al piccolo contribuente per due anni (la logica è simile ai “accordi preventivi” ma su scala semplificata). Il CPB, essendo una novità, ha richiesto l’implementazione di un quadro dichiarativo specifico (Quadro LM sezione VI per i forfettari e quadro RS/ISA per gli altri). L’adesione doveva formalizzarsi con la dichiarazione dei redditi 2024 (riferita al 2023). Questo istituto è molto settoriale e non concerne tanto il “debito pregresso” quanto il futuro, quindi non lo approfondiremo in questa sede.

Queste misure straordinarie del 2023 hanno offerto varie vie per “regolarizzare” posizioni pregresse con condizioni favorevoli, in un’ottica di pace fiscale. Dal punto di vista del debitore, chi ha potuto sfruttarle (entro le scadenze stringenti del 2023) ne ha tratto notevoli benefici. Chi invece non vi ha aderito deve ora utilizzare gli strumenti ordinari (ravvedimenti, adesioni, rateazioni) poiché la finestra di opportunità delle definizioni agevolate è chiusa. Va però tenuto presente che il legislatore italiano, con cadenza quasi ciclica, potrebbe in futuro riaprire simili misure (compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica e le indicazioni UE). Non è garantito, ma la storia recente (2016, 2017, 2018, 2019, 2023) mostra diversi “condoni parziali”. Ad ogni modo, basare la propria strategia fiscale sull’attesa di condoni è pericoloso: l’approccio consigliato è di gestire attivamente il debito fiscale con gli strumenti esistenti, ricorrendo a rateazioni e negoziazioni, e considerare eventuali sanatorie come un bonus imprevedibile.

Procedure da sovraindebitamento e transazione fiscale

Come ultima prospettiva, esaminiamo brevemente le opzioni per i debitori che si trovano in condizioni di grave insolvenza e per i quali neanche rateazioni o rottamazioni bastano a risolvere il problema. In tali casi, entrano in gioco gli strumenti di composizione della crisi previsti dalla legge fallimentare (ora Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, D.Lgs. 14/2019) e dalla legge sul sovraindebitamento (L. 3/2012, ora anch’essa assorbita nel Codice della Crisi).

Dal punto di vista del debitore insolvente, è possibile proporre una transazione fiscale all’interno di un concordato preventivo (per le imprese) o di un piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore (per le persone fisiche non fallibili). La transazione fiscale (art. 63 CCII, ex art. 182-ter LF) permette di inserire i debiti tributari (e contributivi) in un piano concorsuale e proporre il loro pagamento parziale, eventualmente con stralcio anche del capitale. L’Agenzia delle Entrate può votare sulla proposta come creditore. Dal 2021, la normativa è stata resa più flessibile: è ammessa la falcidia dell’IVA e delle ritenute (prima vietata), e l’Erario può anche essere trattato in classi differenziate. Questo significa che, se un contribuente non è oggettivamente in grado di pagare l’intero debito fiscale, può – nell’ambito di una procedura giudiziaria di composizione della crisi – ottenere un “saldo e stralcio” giudiziale dei debiti fiscali, vincolante per l’Erario se il tribunale approva il piano. Chiaramente questa è l’ultima ratio: richiede lo stato di crisi conclamata e l’intervento di un OCC o di un tribunale. Però costituisce una via d’uscita se i debiti fiscali sono così alti da non poter essere onorati nemmeno in 10 anni di rate.

Per i privati consumatori e piccoli imprenditori non fallibili, il Codice della Crisi prevede procedure come il Piano del Consumatore o la Liquidazione controllata che portano all’esdebitazione totale finale, includendo i debiti tributari. Ad esempio, un individuo sovraindebitato può presentare un piano pagandone una parte e, a fine procedura, ottenere la cancellazione dei debiti residui (fisco incluso, ad eccezione di debiti per contributi previdenziali non dovuti ad adesione volontaria, che però possono essere falcidiati anch’essi nel piano). C’è persino l’istituto dell’esdebitazione del debitore incapiente che consente, una tantum, di cancellare i debiti di chi non ha proprio nulla da offrire, fisco compreso, purché non abbia colpa grave.

Queste soluzioni, tuttavia, esulano dall’ordinaria gestione tributaria e rientrano nel diritto concorsuale. Sono citate qui per completezza e perché il debitore/avvocato deve sapere che anche i debiti fiscali possono essere trattati in ambito concorsuale, superando l’antico principio della indisponibilità dell’obbligazione tributaria di diritto pubblico. La Corte Costituzionale stessa ha più volte affermato che il fisco può partecipare ai concordati con falcidia, bilanciando l’interesse erariale con quello alla ripresa economica (v. ad es. sent. Corte Cost. 225/2014). Dunque, ove tutte le altre strade di regolarizzazione amministrativa risultino impraticabili perché il contribuente non ha le risorse, la via giudiziale concorsuale resta un estremo rimedio, con l’ausilio di professionisti specializzati.

Domande Frequenti (FAQ)

D. Cosa succede se non pago le tasse entro la scadenza?
R. Scatteranno innanzitutto le sanzioni per omesso versamento, pari al 30% dell’importo non pagato (25% per violazioni dopo il 1/9/2024), oltre agli interessi legali giornalieri. Riceverai probabilmente una comunicazione di irregolarità dall’Agenzia delle Entrate (se hai presentato la dichiarazione) con invito a pagare entro 30 giorni con sanzione ridotta al 10%. Se ignori anche questo, il debito sarà iscritto a ruolo e ti verrà notificata una cartella esattoriale con intimazione a pagare entro 60 giorni. A quel punto, in mancanza di pagamento o accordi (es. rateazione), l’Agente della Riscossione potrà attivare procedure coattive: pignoramento di stipendio o conto, fermo amministrativo di veicoli, ipoteca su immobili, ecc. Inoltre, debiti consistenti per alcuni tributi (IVA, ritenute) possono integrare reato se superano soglie di punibilità, esponendoti a conseguenze penali, salvo tu non paghi tutto il dovuto prima dell’avvio formale dell’accertamento penale.

D. Cos’è il ravvedimento operoso e quando posso utilizzarlo?
R. Il ravvedimento operoso è la possibilità di regolarizzare spontaneamente un’omissione o irregolarità fiscale prima che l’Amministrazione se ne accorga, versando l’imposta dovuta più interessi e sanzioni ridotte. Puoi utilizzarlo se non hai ancora ricevuto notifiche di accertamento o avvisi formali sulla violazione. Ad esempio, se ti accorgi di aver dimenticato di pagare un F24 o di aver versato un importo insufficiente, puoi ravvederti anche il giorno dopo la scadenza: più agisci in fretta, minore sarà la sanzione. Le sanzioni variano da un minimo di 0,1% per ogni giorno di ritardo (se paghi entro 2 settimane), fino a un massimo di 5% (se regolarizzi dopo oltre 2 anni). Oltre tali termini, se non sono ancora partiti controlli, puoi comunque ravvederti ma ormai avresti già la sanzione piena applicabile (es. dichiarazione omessa ravveduta dopo 2 anni comporta sanzione 120% senza riduzioni). Il ravvedimento opera per quasi tutti i tributi (erariali e locali) e anche per errori dichiarativi (dichiarazioni integrative). Non è ammesso invece dopo la notifica di un atto di accertamento o di liquidazione relativo a quella violazione. In pratica: finché non ti hanno contestato nulla ufficialmente, puoi sempre ravvederti.

D. Ho ricevuto una “comunicazione di irregolarità” dall’Agenzia Entrate: è una cartella? Devo pagarla?
R. La comunicazione di irregolarità (detta anche avviso bonario) non è una cartella esattoriale, ma un invito bonario a regolarizzare una differenza emersa dai controlli automatici sulla dichiarazione. Non ha valore di titolo esecutivo, ma se non reagisci entro 30 giorni, allora verrà emessa una cartella per le somme dovute. Se invece riconosci di dover pagare, conviene assolutamente farlo entro 30 giorni: in tal caso ti applicano la sanzione ridotta al 10% (in luogo del 30%) e puoi anche chiedere la dilazione dell’importo (fino a 8 o 20 rate trimestrali). Pagando l’avviso bonario, eviti la cartella e chiudi la questione. Se pensi che l’avviso sia sbagliato (ad es. avevi già pagato o c’è un errore dell’Agenzia), hai 30 giorni per segnalare gli elementi non considerati e chiedere una correzione. L’importante è non ignorare l’avviso: è un’opportunità per sistemare con sanzioni ridotte o per chiarire eventuali equivoci, prima che scatti la riscossione coattiva.

D. Posso rateizzare un debito fiscale?
R. Sì, sia nella fase di accertamento (ad es. le somme da avviso bonario si possono rateizzare, così come quelle di un accertamento con adesione) sia nella fase di riscossione. Se hai già una cartella esattoriale, puoi chiedere all’Agenzia Entrate-Riscossione una rateizzazione del debito. Attualmente (2025) puoi ottenere un piano fino a 72 rate mensili (6 anni) o, in casi di grave difficoltà, fino a 120 rate mensili (10 anni). Fino a debiti di €120.000 la concessione è praticamente automatica su semplice richiesta, per importi superiori devi dimostrare la difficoltà economica (es. presentando l’ISEE per persone fisiche, o indici di bilancio per aziende). Dal 2025 la normativa diventa ancora più favorevole: per le nuove richieste saranno consentite 84 rate (7 anni) e a seguire 96 e 108 rate negli anni successivi; inoltre il tasso di interesse sulle rate scende al 2,5% annuo (era 4%). Puoi presentare la domanda di dilazione online sul sito dell’Agenzia Riscossione oppure tramite PEC/allo sportello, indicando quante rate desideri (entro il massimo). Se il debito è sotto 120k, non serve allegare nulla, basta autocertificare la temporanea difficoltà. Importante: una volta ottenuto il piano, devi rispettare le scadenze, altrimenti se salti 5 rate anche non consecutive decadi dal beneficio e l’intero importo residuo torna esigibile. In caso di decadenza, fino al 2024 non era possibile avere una nuova rateazione sullo stesso debito (se non pagando prima le rate scadute), ma dal 2025 questa regola sarà ammorbidita e sarà più facile riammettere piani decaduti. Infine, ricorda che la rateizzazione ti mette al riparo da azioni esecutive future finché sei in regola con i pagamenti (l’Agente della Riscossione sospende nuove procedure), ma non annulla eventuali fermi o ipoteche già in essere (che potrai cancellare solo a saldo finale, salvo interpelli specifici).

D. In cosa consiste la “rottamazione” delle cartelle?
R. La rottamazione delle cartelle (ufficialmente “Definizione agevolata dei carichi”) è una misura straordinaria con cui lo Stato, in alcune finestre temporali, ha consentito ai contribuenti di estinguere i debiti a ruolo pagando solo il dovuto senza sanzioni né interessi di mora. In pratica, aderendo alla rottamazione ti viene richiesto di pagare l’imposta (o il tributo) e le spese vive, ma vengono condonati tutte le sanzioni e gli interessi aggiuntivi che nel frattempo si erano accumulati. L’ultima rottamazione (c.d. rottamazione-quater del 2023) riguardava i debiti affidati dal 2000 al 30/6/2022. Bisognava presentare domanda entro il 30 giugno 2023 e poi pagare o in unica soluzione (scadenza 31 ottobre 2023) o a rate in 5 anni (18 rate, con prima scadenza 31 ottobre 2023). Se hai presentato la domanda per tempo, dovresti aver ricevuto la Comunicazione delle somme dovute dall’Agente Riscossione e stai pagando le rate trimestrali fino al 2028. Se non hai presentato domanda, purtroppo quella finestra si è chiusa e al momento non c’è una rottamazione attiva. Dovrai quindi gestire i tuoi debiti con gli strumenti ordinari (rateazione, ricorsi se necessari). La rottamazione è stata molto conveniente: pensa che, ad esempio, su una cartella per IRPEF di anni fa in cui magari su 10.000 euro di imposta si erano accumulati 4.000 euro di sanzioni e 2.000 di interessi, aderendo avresti pagato solo i 10.000 (più una quota trascurabile di interessi di ritardata iscrizione) risparmiando circa 6.000 euro. È comprensibile quindi che molti abbiano aderito. Va detto però che la rottamazione non riduce le imposte dovute né cancella il debito per chi non paga: bisogna comunque pagare puntualmente tutte le rate, altrimenti si perdono i benefici e si ritorna alla situazione iniziale (con le sanzioni ripristinate, tranne quanto già versato a titolo di acconto che viene scalato). In conclusione: se hai aderito, assicurati di non saltare le rate; se non hai aderito, tieni d’occhio in futuro se ci saranno nuove edizioni, ma nel frattempo magari valuta la rateazione per non aggravare ulteriormente il debito con gli interessi di mora.

D. Ho debiti sotto i 1.000 euro, è vero che vengono cancellati automaticamente?
R. Sì, ma con alcuni limiti temporali. La Legge di Bilancio 2023 ha previsto lo stralcio automatico dei debiti residui fino a €1.000 affidati a ruolo tra il 2000 e il 2015. Questo significa che se avevi vecchie cartelle di piccolo importo in quegli anni, dovresti aver visto annullare il loro saldo entro il 31 marzo 2023, senza dover fare nulla (l’Agente della Riscossione ha direttamente cancellato). Attenzione però: quel provvedimento non riguarda i debiti recenti (dal 2016 in poi) né quelli futuri. Per i debiti fino a €1.000 affidati dal 2016 in poi, non c’è stralcio automatico (se non li hanno inseriti in altra misura). Ad esempio, una cartella del 2018 da €500 non è stata stralciata automaticamente, ma poteva rientrare nella rottamazione se hai aderito. Inoltre, alcuni enti locali (Comuni) potevano decidere di non applicare l’annullamento automatico sulle proprie entrate: la normativa infatti dava facoltà ai Comuni di confermare o meno lo stralcio per le loro ingiunzioni. In sintesi: , c’è stata la cancellazione d’ufficio per i mini-debiti ma solo per quelli del periodo 2000-2015. Se rientri in quel caso, ormai il debito è sparito (puoi controllare nell’area riservata Equiweb). Se hai piccoli debiti successivi, al momento devi pagarli normalmente (magari ricorrendo a ravvedimento se possibile, o rottamazione se c’era).

D. Esiste la possibilità di pagare solo una parte del debito fiscale e far cancellare il resto, per chi è in difficoltà economica?
R. Al di fuori delle specifiche leggi di “saldo e stralcio” (come quella del 2019 per persone con ISEE basso) – che sono misure eccezionali – l’ordinamento tributario non prevede una transazione su base individuale extragiudiziale. In altre parole, l’Agenzia delle Entrate non può autonomamente accordarti uno sconto sull’imposta dovuta o farti pagare solo una parte (a differenza di sanzioni e interessi che invece possono essere ridotti a zero con ravvedimenti/rottamazioni, l’imposta in sé no). Tuttavia, se sei in insolvenza conclamata, esistono vie legali: ad esempio, nell’ambito di un concordato preventivo per un’impresa o di una procedura di sovraindebitamento per una persona fisica, puoi proporre un pagamento parziale dei debiti fiscali (transazione fiscale) che diventa vincolante se approvato dal giudice. Fuori da queste procedure concorsuali, l’unica strada è sperare in future normative di condono parziale. Per debiti di grande entità, se non hai proprio la possibilità di pagarli, potrebbe valere la pena consultare un esperto di crisi d’impresa o di sovraindebitamento: attraverso il tribunale a volte si ottiene un’esdebitazione (cioè la cancellazione dei debiti residui) a fronte del pagamento di quanto effettivamente sostenibile. Ma questo è un percorso complesso e da intraprendere solo in casi estremi, perché comporta conseguenze sull’intero patrimonio e dura diversi anni.

D. Le sanzioni fiscali si possono contestare o far ridurre dal giudice?
R. Sì, è possibile contestare le sanzioni in sede di ricorso tributario, sia per motivi formali (es. vizi dell’atto) sia sostanziali (ad esempio invocando la non gravità o scusabilità dell’errore per chiedere un annullamento totale o parziale, in base ai principi di proporzionalità). La Corte Costituzionale ha ribadito che anche le sanzioni tributarie devono rispettare i canoni di proporzionalità e ragionevolezza rispetto alla condotta del contribuente. In passato ci sono stati casi in cui i giudici hanno disapplicato sanzioni ritenute sproporzionate o hanno riconosciuto cause di non punibilità (es. obiettiva incertezza normativa, errore scusabile, ecc.). Ad esempio, in presenza di violazioni formali senza danno all’Erario, il giudice può annullare le sanzioni. Oppure se l’ufficio ha applicato il massimo edittale senza motivo, si può chiedere la riduzione al minimo. Ci sono anche circostanze in cui la legge stessa prevede la non applicazione di sanzioni (es. caso di integrale pagamento dei debiti tributari prima di certe scadenze, come visto con l’art.13 D.Lgs.74/2000 in ambito penale). Dunque, sì: se ritieni che le sanzioni contestate siano ingiuste o eccessive, puoi farlo valere nel ricorso. Tieni però conto che il ricorso ha costi e tempi, e se perdi potresti dover pagare anche spese. Per questo motivo, spesso conviene utilizzare le definizioni agevolate (ravvedimento, adesione) che in automatico riducono le sanzioni, e riservare la via del contenzioso a casi in cui c’è un fondamento solido per annullare l’atto. In ogni caso, in un ricorso tributario puoi sempre chiedere, in via subordinata, la disapplicazione delle sanzioni per mancanza di colpevolezza (principio generale dell’art. 6 comma 5 D.Lgs. 472/97) o per altre ragioni di equità. Ciò non garantisce il successo, ma è una tutela prevista.

D. Cosa succede se non riesco più a pagare le rate della dilazione o della rottamazione?
R. Se parliamo di rateizzazione ordinaria di cartella: attualmente, se ometti il pagamento di 5 rate (anche non consecutive), il piano di dilazione decade. Ciò significa che perdi il beneficio e l’intero debito residuo diventa esigibile in unica soluzione; inoltre non potrai ottenere una nuova rateazione sullo stesso carico a meno che la legge non lo permetta (finora occorreva pagare tutte le rate scadute per chiedere una nuova dilazione). Con la decadenza, l’Agente può riprendere le azioni di recupero (che erano sospese). Dunque, se prevedi di non farcela, è meglio agire prima: contatta l’Agente Riscossione, verifica se puoi ottenere una proroga (esiste la possibilità di chiedere una proroga e allungare il piano se la tua situazione economica è peggiorata, passando da 72 a 120 rate, ma si può fare solo una volta e prima di decadere). Dal 2025, come dicevamo, sarà introdotta più flessibilità: sembra che si potrà chiedere un nuovo piano anche da decaduti senza saldare tutto, ma con certe condizioni. Se invece parliamo di rottamazione-quater: lì la regola è stringente, se non paghi una rata entro la scadenza (con i 5 gg di tolleranza) decadi e il beneficio si perde totalmente, senza possibilità di riammissione. Nel 2023-24 hanno dato più tempo per le prime rate (fino a 15 marzo 2024), ma oltre quelle date se non hai versato purtroppo la rottamazione salta. In caso di decadenza dalla rottamazione, i versamenti fatti vengono imputati a capitale e ti verrà richiesto il resto, comprensivo nuovamente di sanzioni e interessi come se la rottamazione non ci fosse mai stata (detratti appunto gli importi già pagati). E non potrai rateizzare nuovamente quell’importo, perché la legge esclude la dilazione dopo una definizione agevolata decaduta (almeno stando alle norme delle precedenti edizioni). In situazioni estreme in cui né pagare né rateizzare è possibile, rimane la strada del valutare procedure concorsuali (come spiegato sopra) per gestire il sovraindebitamento in sede giudiziale.

D. Ho un contenzioso in corso con il fisco: posso aderire a qualche definizione agevolata ora (2025) per chiuderlo?
R. La definizione agevolata delle liti pendenti c’è stata nel 2023 (scadenza domande 30/06/2023) come parte della tregua fiscale. Attualmente nel 2025 non c’è una procedura aperta per chiudere le liti con il fisco pagando un forfait, a differenza dell’anno scorso. Quindi, se hai un ricorso pendente, le opzioni sono: tentare eventualmente una conciliazione giudiziale con l’ufficio (ottenendo il 60% di sanzioni ridotte se concili in primo grado, ad esempio), oppure proseguire il giudizio fino a sentenza. Non puoi più, allo stato attuale, accedere a uno “sconto” generale come quello offerto dalla definizione 2023 (dove, ricordo, se avevi vinto in primo grado pagavi solo il 40% del valore e chiudevi). Tieni d’occhio comunque possibili evoluzioni: a volte in sede di conversione di decreti o finanziarie spuntano norme per riaprire termini o lanciare nuove definizioni.

D. Quali norme devo considerare per approfondire questi istituti?
R. In sintesi:

  • Ravvedimento operoso: art. 13 D.Lgs. 472/1997 (come modificato dal D.Lgs. 87/2024), e art. 13 D.Lgs. 471/1997 per le sanzioni del 30%. Vedi anche circolare AE 42/E/2016 per chiarimenti (sancisce che oltre 90 gg dichiarazione è omessa e ravvedimento non applicabile).
  • Avvisi bonari: art. 36-bis DPR 600/1973 e 54-bis DPR 633/1972 (controlli automatici), art. 2 D.Lgs. 462/1997 (sanzioni ridotte a 1/3 se paghi entro 30gg).
  • Accertamento con adesione: D.Lgs. 218/1997; acquiescenza art. 15 D.Lgs. 218/97; conciliazione giudiziale art. 48 D.Lgs. 546/92 (come modif. da D.Lgs. 149/2022).
  • Rateizzazioni ruoli: art. 19 DPR 602/1973 (modif. da D.L. 50/2022 e D.Lgs. 110/2024), DM 6/11/2013 n. 772 (criteri), art. 21 DPR 602/73 (interessi dilazione).
  • Definizioni agevolate 2023: art. 1 commi 153-271 L. 197/2022.
  • Rottamazione-quater: art. 1 commi 231-252 L. 197/2022, modificato da DL 51/2023 conv. L. 87/2023 (proroga), L. 14/2023 (Milleproroghe), L. 191/2023, ecc.
  • Stralcio 1000 euro: art. 1 commi 222-230 L. 197/2022.
  • Saldo e stralcio 2019: art. 1 commi 184-198 L. 145/2018.
  • Transazione fiscale: art. 63 D.Lgs. 14/2019 (Cod. Crisi), ex art. 182-ter LF.

Tabelle riepilogative

Tabella 1 – Riduzione delle sanzioni per ravvedimento operoso (omessi versamenti):

Tempo trascorso dal termineSanzione ridottaBase normativa
Entro 14 giorni0,1% per ogni giorno di ritardo (fino max 1,4%)art. 13 co.1 lett. a) D.Lgs. 472/97
15–30 giorni1/10 del minimo (ad es. 3% se base 30%)art. 13 co.1 lett. a)
31–90 giorni1/9 del minimo (≈3,33% se base 30%)art. 13 co.1 lett. a-bis)
Entro 1 anno (termine dichiarazione)1/8 del minimo (3,75% su base 30%)art. 13 co.1 lett. b)
Entro 2 anni (term. dichiarazione succ.)1/7 del minimo (4,29% su base 30%)art. 13 co.1 lett. b-bis)
Oltre 2 anni (prima di accertamento)1/6 del minimo (5% su base 30%)art. 13 co.1 lett. b-ter)
Dopo formale avvio accertamento1/5 o 1/4 del minimo (20% o 25%)art. 13 co.1 lett. b-quater e b-quinquies, introdotte da D.Lgs. 87/2024

(Nota: dal 1/9/2024 la “sanzione base” per omesso versamento è 25%, quindi le percentuali effettive vanno calcolate su 25%. Ad esempio 1/8 di 25% = 3,125%).

Tabella 2 – Principali misure di definizione agevolata 2023 (L. 197/2022):

MisuraOggettoVantaggioScadenze chiave
Ravvedimento specialeDichiarazioni anni fino al 2021 con erroriSanzioni 1/18, rate 8 trimestraliDichiarativa integrativa e 1ª rata entro 31/03/2023 (poi prorogato 30/09/2023 per taluni casi)
Stralcio debiti ≤ €1.000 (2000-2015)Ruoli fino a 2015 ≤ €1000Annullamento totale31/03/2023 annullamento automatico
Definizione avvisi bonariEsiti 36-bis 2019-21Sanzioni 3%Pagamento entro 30 gg da ricezione avviso (avvisi inviati entro 31/03/23)
Definizione PVCProcessi verbali ante 2023Niente sanzioni né interessiAdesione integrale e pagamento entro 30/09/2023
Definizione atti accertamentoAvvisi accert. notificati entro 2022Sanzioni 1/18Istanza e pagamento entro 31/03/2023
Definizione liti pendentiContenziosi in corso al 01/01/23Pagamento % variabile (15%, 40%, 100% ecc.)Domanda entro 30/06/2023, pagamento rate entro 2024
Rottamazione-quaterRuoli 2000–06/2022No sanzioni, no interessi moraDomanda entro 30/06/2023, pagamento 31/10/23 unica o rate 2023–28

(Le scadenze indicate erano quelle fissate inizialmente o dopo proroghe. Tutte queste misure sono chiuse al 2025.)

Tabella 3 – Rateizzazione cartelle (art.19 DPR 602/73 riformato):

Importo debitoProceduraDurata max (ante 2025)Durata max (richieste 2025+)Documenti richiesti
≤ €120.000“Semplificata” (automatica)72 rate (6 anni)84 rate (7 anni) nel 2025-26, poi 96 nel 27-28, 108 dal 2029No documenti (autodichiarazione difficoltà)
> €120.000Ordinaria72 rate ordinario / 120 straord.84/96/108 rate ord. in crescita, fino 120 straord.Sì, prova difficoltà (ISEE, indici bilancio)
Grave difficoltà (PF ISEE < limit, imprese indice liq < soglia)Straordinaria120 rate (10 anni)120 rate (10 anni)Sì, documenti economici (per tutti)
Decaduto da ≤72 rateRiammissioneNon ammessa di regola (salvo pagamento arretrati)Ammessa nuova dilazione anche se arretrato non saldato (novità D.Lgs.110/24)

(Il tasso di interesse sulle rate era 4% annuo, ridotto a 2,5% dal 2025. La soglia 120k era 60k prima del 2022.)

Conclusioni

Regolarizzare le tasse non pagate è un processo che richiede consapevolezza degli strumenti legali disponibili e una valutazione attenta della propria situazione economico-finanziaria. Dal ravvedimento operoso, che consente di correggere spontaneamente piccoli e grandi errori con costi minimi, alle rateizzazioni che diluiscono l’impatto dei debiti nel tempo, passando per le definizioni agevolate che periodicamente offrono “sconti” su sanzioni e interessi, il nostro ordinamento fornisce molteplici vie per evitare che un debito fiscale diventi insostenibile o sfoci in conseguenze irreparabili. La chiave è agire tempestivamente e in modo proattivo: prima ci si muove, maggiori sono i benefici (si pensi alla differenza tra ravvedersi prima di un controllo e pagare invece dopo una cartella esattoriale). Dal punto di vista del debitore, ogni fase ha la sua soluzione ottimale: non pagato → ravvedimento; avviso bonario → definizione 10% (o 3% se c’era); accertamento → adesione/acquiescenza; cartella → rateazione o rottamazione se aperta.

Abbiamo anche visto come negli ultimi anni il legislatore abbia mostrato una certa apertura a misure di clemenza fiscale (pace fiscale), bilanciando l’esigenza di gettito con quella di dare respiro ai contribuenti in difficoltà. Le sentenze recenti di legittimità costituzionale e di Cassazione rafforzano un approccio di proporzionalità e ragionevolezza, segno che la “mano pesante” del fisco deve comunque rispettare principi di equità (non a caso, sanzioni eccessive vengono mitigate e chi colma il debito d’imposta viene in parte premiato anche in ambito penale).

Per il futuro, occorre tenere conto delle riforme in arrivo: la delega fiscale in corso e l’istituzione dal 2026 di un nuovo Testo Unico delle sanzioni potranno cambiare alcuni dettagli (ad es. modalità di ravvedimento), ma l’impianto generale – incentivare la compliance volontaria – rimarrà centrale. Il PNRR ha già portato modifiche sul fronte riscossione (dilazioni più lunghe, portale digitale), rendendo più “amico” il processo di regolarizzazione.

In conclusione, il miglior consiglio per un debitore è: non attendere passivamente. Appena emerge un’irregolarità fiscale, valuta il ravvedimento; se ricevi avvisi, non ignorarli; se hai cartelle, pianifica i pagamenti magari chiedendo una dilazione sostenibile. E se il debito è troppo grande, informati sulle procedure di esdebitazione. Con questo approccio attivo e sfruttando tutti gli strumenti descritti in questa guida, potrai regolarizzare la tua posizione fiscale riducendo al minimo l’impatto economico e legale, e tornare in bonis con il Fisco, evitando così che un problema fiscale temporaneo comprometta in modo permanente la tua attività o la tua serenità finanziaria.

Fonti e Riferimenti Normativi

  • D.Lgs. 471/1997, art. 13 – Sanzione per omesso/tardivo versamento pari al 30% di ogni importo non versato. (Modificato da D.Lgs. 87/2024 che riduce al 25%).
  • D.Lgs. 472/1997, art. 13 – Istituto del ravvedimento operoso: riduzioni sanzioni 1/10, 1/9, … 1/6 in base al tempo. (Novità introdotte da D.Lgs. 87/2024: nuove lettere b-quater, b-quinquies per ravvedimento post-accertamento).
  • Agenzia delle Entrate – circolare 42/E (2016) – Chiarisce che la dichiarazione presentata oltre 90 giorni è considerata omessa ai fini sanzionatori (no ravvedimento).
  • Cass. Civ. 23409/2024 – Conferma che la dichiarazione tardiva oltre 90 giorni è valida ai fini tributari ma comporta sanzioni piene (ravvedimento non applicabile).
  • D.Lgs. 74/2000, art. 13 – Causa di non punibilità penale per integrale pagamento dei debiti tributari (ravvedimento) prima di formale conoscenza di accertamenti. Cass. pen. sez. III n. 26274/2023: tale non punibilità opera anche se il contribuente era a conoscenza di verifiche in corso verso terzi, purché non vi fosse formale inizio contro di lui.
  • D.Lgs. 218/1997 – Definisce acquiescenza (riduzione sanzioni 1/3) e accertamento con adesione (sanzioni 1/3), nonché possibilità di rateazione atti.
  • D.Lgs. 462/1997, art. 2 – Pagamento delle comunicazioni di irregolarità: sanzioni ridotte a 1/3 (10%) entro 30 giorni.
  • L. 197/2022 (Legge di bilancio 2023) – “Tregua fiscale”:
    • commi 153-159: Ravvedimento speciale (sanzioni 1/18);
    • commi 166-173: Regolarizzazione violazioni formali (€200);
    • commi 174-178: Ravvedimento speciale integrative (ripetuto);
    • commi 179-185: Definizione PVC (solo imposte, no sanzioni);
    • commi 186-205: Definizione accertamenti (sanzioni 1/18);
    • commi 206-226: Definizione liti pendenti (percentuali 15-100%);
    • commi 222-230: Stralcio automatico ruoli ≤ €1000 (2000-2015);
    • commi 231-252: Definizione agevolata ruoli 2000-2022 (rottamazione-quater);
    • commi 255-256: Termini adesione rottamazione-quater (30/06/23);
    • commi 257-269: Concordato preventivo biennale (IVA forfettari/ISA).
  • Agenzia Entrate-Riscossione, Comunicato stampa 5/8/2024 n.96 – Chiarisce proroga V rata rottamazione-quater al 15/09/2024 e assenza di nuove edizioni.
  • D.Lgs. 110/2024 (“Riforma riscossione”) – Modifica art.19 DPR 602/73: soglia 120k, 84-96-108 rate progressive, interessi 2,5%, riammissione piani decaduti etc..
  • D.Lgs. 1/2024 (“Decreto Adempimenti”) – Posticipa scadenze versamenti dichiarazione: rate saldo-acconti entro 16 dicembre e ogni 16 del mese (razionalizzazione calendario fiscale).
  • Corte Cost. n. 46/2023 – Principio di proporzionalità sanzioni tributarie: afferma necessità di adeguatezza e ragionevolezza, dichiarando inammissibile q.l.c. art.13 D.Lgs.471/97 (30% omessi versamenti) per difetto rilevanza, ma con forte richiamo a interpretazioni proporzionate.
  • Cass. civ. SS.UU. n. 8500/2021 (non citata sopra ma rilevante) – Sancisce che l’adesione alla rottamazione comporta rinuncia al giudizio pendente sul carico rottamato, rendendo definitiva la pretesa se il contribuente aderisce (punto di attenzione: chi rottama accetta il debito).
  • Statuto del Contribuente (L. 212/2000) – Art. 6 (tutela dell’affidamento e buona fede), Art. 6 comma 5 (non sanzionabilità se violazione dovuta a obiettive condizioni di incertezza normativa). Principi generali di civiltà fiscale.

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Conclusione

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