Hai un finanziamento in corso e la rata è diventata troppo alta per le tue attuali possibilità economiche? Ti stai chiedendo se puoi chiedere una riduzione dell’importo mensile senza risultare inadempiente o finire segnalato come cattivo pagatore?
Se la tua situazione è cambiata – per perdita di lavoro, calo del reddito, aumento delle spese o altri eventi imprevisti – la legge e i contratti bancari prevedono diverse soluzioni per alleggerire la rata del tuo prestito. Ma è fondamentale muoversi per tempo e con la strategia giusta.
Quando si può chiedere la riduzione della rata di un finanziamento?
– Se hai subito un peggioramento del reddito (licenziamento, cassa integrazione, malattia)
– Se stai affrontando altri debiti contemporaneamente e non riesci più a far fronte a tutti
– Se stai pagando un prestito con durata troppo breve e rate elevate
– Se vuoi evitare segnalazioni alla Centrale Rischi e salvare la tua reputazione creditizia
Come si può ottenere una rata più leggera?
- Rinegoziazione del contratto
Puoi chiedere alla banca o alla finanziaria di rivedere i termini del prestito, ad esempio allungando la durata residua per ridurre l’importo della rata. - Sospensione temporanea delle rate
In caso di difficoltà documentabili, puoi richiedere la moratoria per alcuni mesi, rinviando i pagamenti e alleggerendo la pressione finanziaria. - Consolidamento dei debiti
Se hai più finanziamenti in corso, puoi unificarli in un solo prestito con una rata unica più bassa e una durata più lunga. - Accesso al sovraindebitamento
Se la situazione è diventata insostenibile, puoi accedere alle procedure previste dalla legge, che consentono di bloccare i creditori e ottenere una riduzione legale delle rate e del debito complessivo.
Come fare richiesta alla banca o alla finanziaria?
– Prepara una richiesta scritta, chiara e motivata
– Allegati documenti che provano la tua difficoltà economica (buste paga, certificazioni, spese familiari)
– Proponi una soluzione realistica, evitando richieste generiche o infondate
– Chiedi un incontro diretto o l’intervento di un consulente se la trattativa si blocca
Cosa succede se non chiedi nulla e smetti di pagare?
– Parti le segnalazioni in centrale rischi
– Si attivano penali e more contrattuali
– Il credito può essere ceduto a società di recupero
– Rischi il pignoramento di conto, stipendio o beni
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto bancario e sovraindebitamento – ti spiega come chiedere in modo efficace la riduzione della rata, tutelando i tuoi diritti e prevenendo conseguenze peggiori.
Hai un finanziamento che non riesci più a sostenere? Vuoi sapere se puoi abbassare la rata in modo legale e senza danni?
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Introduzione
Chiedere la riduzione della rata di un finanziamento significa intervenire sulle condizioni di rimborso di un debito (mutuo bancario, prestito personale, ecc.) al fine di renderne più sostenibile il pagamento periodico. In pratica si mira ad abbassare l’importo della rata mensile, ad esempio allungando la durata del piano di ammortamento, rinegoziando il tasso d’interesse o ottenendo una temporanea sospensione delle scadenze. Negli ultimi anni, complice la crisi economica e l’aumento dei tassi d’interesse, sempre più debitori in Italia hanno cercato sollievo chiedendo modifiche alle proprie condizioni di finanziamento. Solo nei primi nove mesi del 2023, infatti, sono stati rinegoziati mutui per 17,4 miliardi di euro, a fronte di 5,1 miliardi nello stesso periodo dell’anno precedente. Questi dati evidenziano un boom di interventi sui piani di rimborso, spinti da eventi come il rialzo storico dell’Euribor (che ha reso le rate variabili spesso più onerose delle rate fisse) e dalle difficoltà economiche di molte famiglie.
Affrontare per tempo il problema e attivarsi in modo proattivo è fondamentale per il debitore che prevede di non riuscire a rispettare regolarmente le scadenze. La presente guida (aggiornata a giugno 2025) fornisce un quadro avanzato e approfondito delle soluzioni disponibili nell’ordinamento italiano per ottenere una riduzione delle rate, con un taglio pratico ma giuridicamente accurato. Verranno esaminati sia strumenti stragiudiziali (negoziazioni con la banca, surroghe, moratorie, accordi transattivi) sia soluzioni giudiziali (procedimenti di ristrutturazione dei debiti previsti dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza), il tutto dal punto di vista del debitore. Il linguaggio impiegato è tecnico-giuridico ma divulgativo, adatto sia a professionisti legali che a privati e imprenditori informati.
Nella guida troverete riferimenti puntuali alle norme italiane applicabili (dal Codice Civile al Testo Unico Bancario, dalle leggi speciali alle novità del Codice della Crisi) e richiami alla giurisprudenza più recente (sentenze di merito e di legittimità fino al 2025). Saranno incluse tabelle riepilogative per confrontare le varie opzioni, esempi pratici e modelli fac-simile di istanze e richieste da presentare, nonché una sezione finale di Domande e Risposte frequenti. L’obiettivo è fornire un vademecum completo su come un debitore può chiedere ed eventualmente ottenere una riduzione della rata del proprio finanziamento, agendo nei limiti della legge e tutelando i propri diritti.
Motivi e circostanze che giustificano la richiesta
Non tutte le situazioni sono uguali: le ragioni per cui un debitore può aver bisogno di ridurre l’importo della rata variano, ma generalmente rientrano in alcune tipologie ricorrenti. Ecco i principali eventi giustificativi che, anche alla luce della normativa vigente, possono legittimare o rendere opportuna la richiesta di rinegoziazione o sospensione delle rate:
- Perdita del lavoro o riduzione del reddito: la cessazione improvvisa di un rapporto di lavoro dipendente (licenziamento, scadenza di contratto non rinnovata) o il calo significativo del reddito di un lavoratore autonomo rende spesso insostenibile l’impegno finanziario assunto in precedenza. La legge riconosce queste situazioni come cause valide per attivare misure di sollievo. Ad esempio, la normativa sul Fondo di solidarietà per i mutui prima casa (c.d. Fondo Gasparrini) include tra gli eventi-causa proprio la perdita del posto di lavoro o la riduzione dell’orario con conseguente diminuzione dello stipendio. In tali circostanze, il debitore può chiedere una sospensione temporanea o una modifica delle condizioni del mutuo.
- Problemi di salute gravi o invalidità: l’insorgenza di una malattia grave, un infortunio invalidante o comunque condizioni di salute che impediscano di lavorare come prima costituiscono un altro motivo tipico. La legge tutela il debitore colpito da eventi così drammatici: ad esempio, sempre il Fondo di solidarietà consente la sospensione delle rate in caso di handicap grave o invalidità civile non inferiore all’80% di un intestatario del mutuo. Analogamente, gravi spese mediche non previste possono squilibrare il bilancio familiare e giustificare un intervento sulle rate.
- Aumento dei tassi d’interesse e rata variabile divenuta eccessiva: chi ha sottoscritto un mutuo o finanziamento a tasso variabile può trovarsi a pagare una rata molto più alta rispetto all’inizio, a causa delle oscillazioni di mercato. Questo è accaduto diffusamente tra il 2022 e il 2023, quando i rialzi dei tassi BCE hanno portato l’Euribor (parametro base dei mutui variabili) a livelli tali da far lievitare le rate ben oltre quelle dei mutui a tasso fisso. Un aumento improvviso e marcato della rata – non prevedibile al momento della stipula – può configurare una sopravvenienza onerosa per il debitore. Sebbene il mutuo a tasso variabile abbia per natura un’alea (rischio) accettata dal cliente, l’ordinamento è intervenuto con misure speciali per attenuare l’impatto di scenari eccezionali: ad esempio, la Legge 29 dicembre 2022 n. 197 (Legge di Bilancio 2023) ha riconosciuto fino al 31/12/2023 un vero e proprio diritto unilaterale del mutuatario di convertire il tasso variabile in tasso fisso se in possesso di determinati requisiti (mutuo prima casa < €200.000, ISEE fino €35.000, nessun arretrato). Inoltre, l’ABI ha promosso accordi per consentire l’allungamento dei piani di ammortamento in favore delle famiglie colpite da rincari delle rate. Tali interventi testimoniano il riconoscimento istituzionale della difficoltà oggettiva in cui versano molti debitori a tasso variabile.
- Altre sopravvenienze personali o familiari: numerosi altri eventi della vita possono causare uno squilibrio finanziario: per esempio una separazione o divorzio (che porta a dover mantenere due nuclei distinti), la nascita di figli con conseguente aumento delle spese, un lutto in famiglia (che toglie un reddito in casa), o ancora calamità naturali che distruggano beni produttivi. In alcuni casi la legge interviene specificamente (si pensi alle moratorie speciali per le zone colpite da terremoti o alluvioni, che sospendono le rate dei mutui per un certo periodo). In generale, quando mutano le circostanze rispetto a quelle esistenti al momento in cui ci si è impegnati nel finanziamento – soprattutto se tali mutamenti non erano prevedibili né imputabili al debitore – è possibile prospettare al creditore una rinegoziazione, in nome del principio generale di buona fede contrattuale e del tentativo di evitare l’inadempimento definitivo.
Va sottolineato che, per ottenere comprensione dalla controparte (banca o finanziaria) o dal giudice in sede di eventuale procedimento, il debitore dovrà documentare accuratamente le circostanze sopravvenute. Ad esempio, allegare alla richiesta la lettera di licenziamento o la certificazione dello stato di disoccupazione, il verbale di riconoscimento dell’invalidità, il nuovo assetto di spese e redditi familiari, ecc. Più la motivazione è concreta e supportata da prove, maggiori saranno le chance di ottenere una modifica delle condizioni originarie del finanziamento.
Conseguenze del mancato pagamento delle rate
Prima di analizzare come chiedere la riduzione della rata, è importante capire perché conviene farlo prima di accumulare arretrati. Il mancato pagamento delle rate di un finanziamento comporta gravi conseguenze legali ed economiche per il debitore, disciplinate da norme precise. In sintesi, i principali effetti della morosità sono:
- Interessi di mora e oneri di ritardo: Non appena si verifica un ritardo nel pagamento, il creditore (banca o finanziaria) applica gli interessi moratori previsti dal contratto sulle somme scadute, ai sensi dell’art. 1224 c.c. In genere il tasso di mora è superiore al tasso ordinario, costituendo una penale per il ritardo. Molti contratti prevedono inoltre commissioni di sollecito o penali per ogni rata saltata. Occorre ricordare che tali interessi di mora incontrano il limite del tasso di usura: se la clausola contrattuale prevede interessi moratori superiori alla soglia usuraria determinata ai sensi della L.108/1996, essa è nulla e nessun interesse di mora è dovuto (art. 1815 co.2 c.c.). La Corte di Cassazione ha chiarito che la sanzione della non debenza degli interessi scatta già per il solo fatto della pattuizione usuraria, a prescindere da quanto poi effettivamente pagato. In tal caso, il debitore resta tenuto solo agli interessi legali per il ritardo. Inoltre, è vietato l’anatocismo sugli interessi scaduti (art. 1283 c.c.), salvo rare eccezioni: ciò significa che la banca non può capitalizzare (cioè far “fruttare” ulteriori interessi) sugli interessi di mora non pagati, a meno che non sia espressamente previsto e siano trascorsi almeno 6 mesi di ritardo senza pagamento.
- Decadenza dal beneficio del termine e risoluzione del contratto: La conseguenza più grave dell’inadempimento è la perdita del beneficio del termine, cioè del diritto di continuare a restituire il debito a rate. Se il debitore salta un certo numero di rate, il finanziatore può – rispettando le procedure di legge – invocare la decadenza dal beneficio del termine e richiedere immediatamente il pagamento di tutto il capitale residuo in unica soluzione. Nei contratti di mutuo e credito al consumo, questa facoltà è di solito disciplinata sia da clausole contrattuali sia dall’art. 40 del Testo Unico Bancario (D.lgs. 385/1993) per i mutui fondiari. In concreto, molte banche inseriscono in contratto una soglia (es. due o tre rate non pagate) oltre la quale si considererà il debitore “decaduto” e l’intero importo diventa esigibile. La legge speciale per i mutui fondiari prevede comunque un minimo: l’art. 40, co. 2 TUB stabilisce che il mutuatario può essere dichiarato decaduto se si verifica il ritardo nel pagamento di sette rate mensili anche non consecutive, oppure se il ritardo si protrae per oltre 180 giorni dalla scadenza di una rata. Questo parametro legislativo segna il confine oltre il quale il ritardo è considerato “grave” abbastanza da giustificare la risoluzione anticipata. Oltre a ciò, l’art. 1186 c.c. permette comunque al creditore di esigere immediatamente tutto il dovuto (anche prima di 7 rate) se il debitore diventa insolvente o diminuisce volontariamente le garanzie offerte. Una volta dichiarata la decadenza dal termine, la banca invia al debitore una comunicazione formale (raccomandata o PEC) intimando il pagamento integrale entro un breve termine. Se il debitore non paga, il contratto di fatto si risolve e la banca può avviare azioni legali esecutive per il recupero forzoso.
- Segnalazione nelle banche dati dei cattivi pagatori: Fin dai primi ritardi significativi (in genere dopo due rate non pagate o 60 giorni di ritardo), la finanziaria o banca procederà a segnalare il nominativo del debitore alle centrali rischi e sistemi di informazione creditizia (es. CRIF, Experian, Centrale Rischi Bankitalia se importi rilevanti). Tali segnalazioni, previste dalla normativa di settore e dal Codice Privacy, hanno lo scopo di informare il sistema finanziario dell’affidabilità creditizia della persona. L’effetto per il debitore è pesante: un cattivo storico creditizio rende di fatto impossibile ottenere nuovi prestiti o mutui per diversi anni e può persino complicare rapporti contrattuali come la stipula di contratti telefonici, forniture etc. Per questo, è molto meglio cercare di rinegoziare la rata prima di essere segnalati: un intervento concordato e formalizzato prima della decadenza dal termine solitamente evita la classificazione a sofferenza del credito (a discrezione della banca) e quindi può salvaguardare la reputazione creditizia del debitore.
- Azioni di recupero forzoso (decreti ingiuntivi, pignoramenti): Se l’inadempimento persiste e il contratto viene risolto, il creditore passerà alle vie legali. Nella prassi, si procede con un decreto ingiuntivo per intimare il pagamento, seguito – in caso di ulteriore mancato adempimento – dal pignoramento dei beni del debitore. Possono essere pignorati conti correnti, stipendi (fino al limite di un quinto), pensioni (nei limiti di legge), veicoli, e nel caso di mutui ipotecari la stessa casa può essere sottoposta ad esecuzione immobiliare e finire all’asta. La vendita forzata della casa di abitazione è l’esito estremo e doloroso di molti mutui non pagati: la banca può iscrivere ipoteca (se non già presente) e procedere in tribunale per espropriare l’immobile. I tempi di queste procedure possono variare da alcuni mesi a diversi anni, ma una volta avviate diventano difficili da arrestare, se non attraverso un accordo transattivo o l’accesso a procedure concorsuali (di cui diremo oltre). Inoltre, le spese legali e gli interessi di mora continuano a far lievitare il debito durante l’esecuzione.
In sintesi, ignorare il problema delle rate insostenibili non è mai una buona strategia. Appena ci si rende conto di essere in difficoltà, conviene attivarsi per trovare una soluzione bonaria o legale, anziché attendere passivamente la decadenza e il pignoramento. La legge offre strumenti di tutela per il debitore meritevole, ma è essenziale muoversi prima che la situazione degeneri irreparabilmente. Nel paragrafo seguente esamineremo proprio le soluzioni stragiudiziali, ovvero quelle che si possono perseguire senza passare subito dal tribunale, attraverso il dialogo (o il “braccio di ferro”) con la banca o finanziaria creditrice.
Soluzioni stragiudiziali per ridurre la rata
Le soluzioni stragiudiziali sono tutti quei rimedi che il debitore può adottare al di fuori di un procedimento giudiziario, attraverso accordi o strumenti previsti dalla legge che non richiedono l’intervento diretto del tribunale. È generalmente preferibile tentare prima questa strada: se si riesce a trovare un’intesa con il creditore o ad attivare strumenti di sostegno, si risparmiano tempo e costi di una causa e si evita la pubblicità di una procedura concorsuale. Analizziamo in dettaglio le principali opzioni stragiudiziali per ottenere la riduzione della rata.
Rinegoziazione del finanziamento con la banca originaria
La rinegoziazione consiste nel chiedere alla propria banca (o finanziaria) di modificare volontariamente uno o più termini del contratto di finanziamento in essere. È una pratica basata sull’accordo delle parti: la banca non è obbligata per legge ad accettare, salvo nei casi particolari previsti da norme temporanee. Tuttavia, in molti casi l’istituto di credito è disponibile a trattare, soprattutto se la rinegoziazione può prevenire un default conclamato del cliente. Gli elementi che tipicamente si possono rinegoziare sono:
- la durata residua del finanziamento (allungandola per ridurre la rata);
- il tasso di interesse applicato (abbassandolo, se possibile, o convertendo da variabile a fisso per dare stabilità alla rata);
- la struttura del piano di ammortamento (ad esempio, passando da rate costanti a decrescenti, oppure prevedendo un periodo iniziale di sola quota interessi);
- eventuali garanzie o coperture (in certi casi la banca potrebbe chiedere un garante aggiuntivo o ipoteca di secondo grado in cambio di condizioni migliorative).
Base normativa: la rinegoziazione volontaria è ammessa dall’ordinamento in virtù dell’autonomia contrattuale delle parti (artt. 1321 e segg. c.c.). Dal 2007, grazie al “Decreto Bersani” (D.L. 7/2007 conv. in L. 40/2007), la rinegoziazione dei mutui è stata favorita eliminando i costi notarili e fiscali: è possibile rinegoziare con scrittura privata non autenticata, senza imposta sostitutiva né penali, e la variazione delle condizioni del mutuo ipotecario viene annotata nei registri immobiliari gratuitamente. Ciò ha incentivato i debitori a chiedere modifiche e reso le banche più disponibili, anche per la concorrenza introdotta parallelamente dalla portabilità dei mutui (surroga). La rinegoziazione rimane un atto volontario: salvo disposizioni speciali, la banca è libera di aderire o meno.
Caso particolare – Rinegoziazione ex lege 197/2022: come accennato, per far fronte all’eccezionale rialzo dei tassi variabili, il legislatore ha temporaneamente imposto alle banche l’obbligo di accettare la richiesta di passaggio a tasso fisso su mutui prima casa a determinate condizioni. L’art. 1 comma 322 L.197/2022 ha riattivato una norma del 2011 (art. 8, co.6, lett. a) D.L. 70/2011) istituendo il diritto del mutuatario di ottenere la rinegoziazione a tasso fisso entro il 31/12/2023. In presenza dei requisiti (mutuo ipotecario prima casa stipulato prima del 2023, importo iniziale ≤ €200.000, tasso e rata variabile, ISEE ≤ €35.000, nessun arretrato), la banca doveva concedere il passaggio a un tasso fisso calmierato (non superiore al minore tra IRS 10 anni e IRS residuo + spread originario), eventualmente allungando la durata fino a 5 anni (purché la durata totale non superi 25 anni). Questa misura eccezionale ha costituito una forma di “rinegoziazione forzata” a tutela dei debitori. Attenzione: tale possibilità straordinaria era limitata temporalmente (domande entro fine 2023). Allo stato di giugno 2025, non risulta prorogata per il 2024, quindi nuove richieste in tal senso sono soggette alla disponibilità della banca, salvo diversi interventi normativi futuri.
Come procedere alla rinegoziazione volontaria: il debitore interessato deve presentare una richiesta formale alla banca, spiegando la propria situazione e indicando quali modifiche propone. È consigliabile inviare una PEC o raccomandata A/R indirizzata all’ufficio crediti o alla filiale di riferimento, così da avere prova della data di ricezione. Nella richiesta andranno indicati: i dati del contratto (numero di mutuo o finanziamento, data stipula, importo residuo), la motivazione (es. “sopravvenuta difficoltà economica per perdita lavoro il…”, “aumento insostenibile della rata variabile da €X a €Y”, etc.), e la soluzione proposta (es. “richiedo estensione della durata residua di ulteriori 5 anni, con riduzione della rata da €500 a circa €400”, oppure “richiedo riduzione del tasso dal 6% al 4%, in linea con l’attuale tasso di mercato per clienti con le mie garanzie”). È utile allegare documenti giustificativi (es. attestato di disoccupazione, ISEE aggiornato, buste paga che evidenziano il calo di reddito, ecc.).
Ecco un fac-simile di lettera di richiesta rinegoziazione:
Oggetto: Richiesta di rinegoziazione del finanziamento n. 123456789 – Riduzione rata mensile
Spett.le Banca XYZ,
il sottoscritto Mario Rossi, titolare del mutuo/finanziamento n. 123456789 stipulato il 10/05/2019, espone quanto segue.
A causa della sopravvenuta riduzione del mio reddito familiare (perdita del lavoro dipendente in data 31/03/2025, attualmente percettore di NASpI come da documentazione allegata), l’attuale rata mensile di €750 risulta divenuta eccessivamente gravosa e di difficile sostenibilità. Sino ad oggi ho sempre onorato con puntualità i pagamenti, ma prevedo oggettive difficoltà a proseguire nei prossimi mesi alle condizioni pattuite.
Ciò premesso, **chiedo formalmente la rinegoziazione** del piano di ammortamento come segue:
- **Estensione della durata** residua del mutuo di ulteriori 4 anni (passando dagli attuali 10 anni rimanenti a 14 anni), in modo da ottenere una riduzione dell’importo della rata mensile da €750 a circa €550;
- **Mantenimento** dell’attuale tasso d’interesse fisso del 2%, oppure, qualora ciò non fosse possibile, applicazione di un tasso fisso non superiore al 2,5% per la restante durata.
Resto a disposizione per concordare anche soluzioni alternative che codesta spettabile Banca ritenesse più idonee (ad es. **periodo di preammortamento** di 6 mesi con pagamento dei soli interessi, ecc.), nell’ottica di trovare un punto di equilibrio sostenibile per entrambe le parti.
Allego alla presente:
1. Certificazione dello stato di disoccupazione e iscrizione al centro per l’impiego;
2. Ultimo modello ISEE familiare (dichiarazione sostitutiva unica 2025).
Confido in un positivo riscontro entro 30 giorni dalla presente. Una rinegoziazione concordata ci permetterebbe di proseguire nel rapporto evitando situazioni di insolvenza, nell’interesse reciproco.
Ringraziando per l’attenzione, porgo distinti saluti.
Firma del debitore
N.B.: Questo modello andrà adattato al caso specifico (diversa motivazione, importi, ecc.). È importante mantenere un tono collaborativo ma fermo sulla necessità di modifica. Dopo l’invio, conviene sollecitare un incontro o colloquio con un responsabile bancario per discutere di persona i dettagli. In alcuni casi, soprattutto per importi rilevanti, può essere utile farsi assistere da un legale o un consulente finanziario nelle trattative, così da avere maggiore peso contrattuale e valutare le proposte alternative offerte dalla banca.
Esito della rinegoziazione: se la banca accetta, si formalizzerà un accordo di modifica contrattuale (un addendum al contratto originario) con firma di entrambe le parti. Di solito, per i mutui ipotecari, la modifica viene resa pubblica tramite scambio di corrispondenza o atto gratuito ex art. 120 TUB, annotato a margine dell’ipoteca (ma senza spese notarili, come detto). La rata ridotta decorrerà dalla data concordata. È bene farsi dare per iscritto il nuovo piano di ammortamento ricalcolato prima di firmare, così da verificare importi e costi. Se invece la banca rifiuta la rinegoziazione (possibilità non rara, poiché non obbligata in assenza di disposizioni cogenti), il debitore dovrà valutare le ulteriori opzioni illustrate di seguito, come rivolgersi ad altro istituto per una surroga o percorrere le vie legali.
Vantaggi e limiti: la rinegoziazione volontaria, quando riesce, è spesso la soluzione più snella: consente di mantenere lo stesso finanziamento evitando costi di rinegoziazione (per legge non si possono applicare commissioni o spese aggiuntive alla mera modifica condizioni) e preservando la relazione con la banca. Tuttavia, non sempre le condizioni ottenibili sono le migliori sul mercato – la banca potrebbe concedere solo un allungamento ma non ridurre il tasso, ad esempio – ed è un rimedio utile solo se le difficoltà sono temporanee o moderatamente superabili (la banca difficilmente riduce la rata oltre un certo limite se teme di non rientrare comunque). In caso di dissidi, ricordiamo che il cliente può rivolgersi all’Arbitro Bancario Finanziario (ABF) per controversie in materia bancaria: ad esempio se la banca rifiuta irragionevolmente una rinegoziazione prevista da legge o applica costi non dovuti, l’ABF potrebbe essere un foro alternativo (non vincolante ma autorevole) a cui presentare ricorso.
Surroga e sostituzione del finanziamento (rifinanziamento con altra banca)
Se il proprio istituto non è disponibile a rinegoziare condizioni più favorevoli, il debitore può cercare altrove una soluzione: è qui che entrano in gioco la surroga e la sostituzione (consolidamento) del finanziamento. In sostanza, si tratta di estinguere il vecchio debito accendendone uno nuovo con condizioni migliori o più sostenibili, spesso coinvolgendo una banca diversa.
Surroga del mutuo (portabilità) – La surrogazione, disciplinata dall’art. 120-quater del Testo Unico Bancario, consente al debitore di trasferire il mutuo presso un’altra banca che offra condizioni migliori, senza costi a suo carico. Introdotta dalla L. 40/2007 (Legge Bersani), la surroga prevede che il nuovo finanziatore eroghi una somma pari al debito residuo, destinata a estinguere il mutuo originario, e che il debitore continui a pagare le rate al nuovo istituto, mantenendo l’ipoteca originaria (surrogazione nei diritti e garanzie ex art. 1202 c.c.). Per il debitore l’operazione è gratuita: la legge proibisce di addebitare commissioni, penali o spese notarili per la portabilità. Si possono quindi ottenere tassi d’interesse inferiori o condizioni più vantaggiose cercando una banca concorrente. Ad esempio, se il proprio mutuo ha un TAEG del 5% e un’altra banca offre il 3%, surrogando si passa al 3% e la rata scenderà di conseguenza. Attenzione: la surroga non permette di aumentare l’importo né di modificare la durata residua oltre un certo limite (di solito rimane la stessa, salvo accordi differenti con la nuova banca). È quindi indicata soprattutto per ridurre il tasso di interesse o passare da variabile a fisso (o viceversa) con un istituto che applica condizioni più favorevoli. Dal punto di vista pratico, la banca subentrante curerà la formalizzazione: il cliente deve solo firmare il nuovo contratto di mutuo e l’atto di surroga (unica formalità notarile pagata dalla banca). La vecchia banca, per legge, non può opporsi e deve collaborare fornendo conteggi estintivi entro 10 giorni dalla richiesta; eventuali ritardi oltre 30 giorni nel perfezionamento comportano il diritto del cliente a un risarcimento forfettario (art. 120-quater co.7 TUB).
Sostituzione o rifinanziamento (anche con consolidamento debiti) – Se oltre a cambiare tasso si vuole anche ottenere liquidità aggiuntiva o allungare la durata più di quanto consenta la surroga semplice, si può optare per la sostituzione del mutuo. In questo caso si stipula un nuovo mutuo (o prestito) di importo maggiore, con cui si estingue il precedente e si incassa eventualmente una differenza per altri bisogni. La sostituzione non gode delle esenzioni di costo della surroga: è a tutti gli effetti una nuova operazione, con spese di istruttoria, perizia, atto notarile e imposte. Tuttavia permette di strutturare diversamente il debito. Ad esempio, se il mutuo residuo è €100.000 a 10 anni con rata alta, si potrebbe fare un nuovo mutuo di €110.000 a 20 anni: €100k servono a chiudere il vecchio (con surroga o estinzione anticipata) e €10k restano come liquidità; la rata sui 20 anni sarà molto più bassa. Questa operazione è soggetta all’approvazione della nuova banca dopo una normale istruttoria (valutazione reddito, garanzie aggiornate). Una variante è il consolidamento debiti: quando il debitore ha più finanziamenti (es. prestito auto, mutuo casa, carte revolving), ciascuno con sua rata, si può richiedere una formula di prestito di consolidamento che unifica i debiti in un’unica rata mensile, generalmente più bassa della somma delle rate precedenti. Si allunga la durata e magari si ottiene un tasso più conveniente su parte dei debiti. Ad esempio, il sig. Bianchi ha 3 prestiti con rate mensili totali di €1.200; una finanziaria gli propone di chiuderli tutti concedendogli un nuovo prestito di importo pari al totale dovuto, rimborsabile in 8 anni, con una rata unica di circa €400. Bianchi otterrà un sollievo immediato sul bilancio familiare (da 1200€ a 400€ al mese)【33†output】, pur sapendo di prolungare il pagamento per diversi anni in più.
Attenzione: consolidare può comportare costi e talvolta garanzie ipotecarie su un immobile se i debiti sono alti. Inoltre, è fattibile solo se il debitore non è già segnalato come cattivo pagatore (altrimenti difficilmente una nuova banca erogherà). Dunque conviene valutare il consolidamento prima di entrare in sofferenza. In prospettiva, il consolidamento è utile per riorganizzare l’esposizione debitoria in modo sostenibile: la soglia del sovraindebitamento a volte viene superata per la presenza di tante piccole rate sommate; unirle in una rata più lunga può riportare il rapporto debiti/reddito in equilibrio (ad es. pagando il 20% del reddito invece che il 60%).
Procedura per surroga/sostituzione: informarsi presso vari istituti (anche tramite broker o siti di comparazione) sulle condizioni offerte. Una volta scelta la banca, presentare domanda di finanziamento per surroga o rifinanziamento, allegando i documenti richiesti (dichiarazioni redditi, situazione debitoria, ecc.). Se approvata, si fissa il rogito per la nuova operazione: il vecchio mutuo verrà estinto contestualmente e la garanzia ipotecaria trasferita o rinnovata.
Vantaggi: con la concorrenza tra banche, spesso si ottengono tassi migliori e, nel caso di surroga, tutto a costo zero. Inoltre, è un modo legale e finanziariamente ordinato di ridurre la rata senza chiedere “sconti” sul debito. Svantaggi: non tutti vi accedono facilmente (serve rating creditizio adeguato e valore delle garanzie sufficiente). Inoltre, se la situazione finanziaria del debitore è già compromessa, potrebbe non trovare banche disposte a subentrare. In sintesi, la surroga/sostituzione è ottima per chi è ancora “in bonis” (pagatore regolare finora) ma vuole prevenire problemi futuri, o per chi vuole risparmiare interessi su un debito gestibile. Per chi è già in arretrato, invece, queste opzioni sono in genere precluse o poco efficaci se non accompagnate da altre misure.
Moratoria e sospensione delle rate (strumenti temporanei di sollievo)
Un’altra categoria di soluzioni stragiudiziali è quella della sospensione temporanea delle rate, ossia la possibilità di interrompere il pagamento delle rate per un certo periodo, senza essere considerati morosi e senza decadere dal termine. Si tratta di moratorie previste sia da accordi di categoria sia – soprattutto – da leggi speciali con finalità sociali. Questi strumenti non riducono permanentemente la rata, ma offrono un respiro temporaneo al debitore in crisi di liquidità, congelando l’obbligo di pagamento per alcuni mesi. Alla fine della sospensione, il piano di ammortamento riprende (spesso con allungamento finale).
Le principali iniziative in materia sono:
- Fondo di solidarietà per i mutui “prima casa” (Fondo Gasparrini): Introdotto dalla L. 244/2007 e successive modifiche, è lo strumento cardine per la sospensione delle rate dei mutui prima casa a favore di privati in difficoltà. Il Fondo (gestito da Consap per conto del MEF) consente al mutuatario, al ricorrere di determinati eventi, di ottenere la sospensione fino a 18 mesi dei pagamenti. Gli interessi delle rate sospese sono in parte a carico dello Stato (50%), in parte restano a carico del cliente ma diluiti nel prosieguo. Requisiti principali (dal 2024): mutuo ipotecario prima casa di importo ≤ €250.000, in ammortamento da almeno 1 anno; ISEE ≤ €30.000; assenza di ritardi oltre 90 giorni (o comunque non più di 90 giorni al momento della domanda). Eventi-causa ammessi: perdita del lavoro dipendente (non per dimissioni volontarie), cessazione di rapporti di lavoro parasubordinato, ingresso in cassa integrazione o sospensione/riduzione orario per almeno 30 giorni, morte o grave handicap/inabilità dell’intestatario. In presenza di tali eventi documentati, si può chiedere alla propria banca la sospensione del mutuo. La sospensione può essere chiesta anche più volte, fino a un massimo cumulativo di 18 mesi. Durante la sospensione non si pagano le rate: il Fondo paga alla banca il 50% degli interessi maturati sul debito residuo, mentre il restante 50% viene “accodato” a carico del mutuatario. In pratica la rata è congelata e gli interessi sospesi per metà. Come fare domanda: si compila l’apposito modulo (disponibile su siti MEF, Consap e in banca) e lo si presenta in filiale allegando i documenti che provano il motivo della richiesta. La banca entro 15 giorni invia tutto a Consap; entro 20 giorni Consap comunica se la domanda è accolta (trascorsi 20 giorni senza risposta, vale il silenzio-assenso). Se accolta, la sospensione parte entro max 30 giorni. Effetti: la durata del mutuo si allunga per un periodo pari alla sospensione; nessuna penalità o spesa; la segnalazione in centrale rischi non dovrebbe avvenire perché la sospensione è concordata ex lege (la banca segnala eventualmente come “sospeso per moratoria”). Questo Fondo è stato ampiamente utilizzato anche durante emergenze come la pandemia Covid-19 (periodo in cui erano state temporaneamente allentate le condizioni: mutui fino 400k, niente limite ISEE, inclusi autonomi). Dal 2024 si è tornati ai requisiti ordinari. Esempio pratico: Marco ha un mutuo prima casa con rata €600/mese; perde il lavoro a gennaio 2025. Presenta domanda al Fondo Gasparrini e ottiene una sospensione di 6 mesi. Fino a luglio 2025 non paga nulla; il suo mutuo riprenderà da agosto 2025, e la scadenza finale slitterà di 6 mesi (più qualche mese per recuperare le rate eventualmente scadute). Gli interessi maturati in quei 6 mesi, supponiamo €1.200, verranno per €600 coperti dal Fondo e per €600 spalmati sulle rate residue future di Marco. In questo modo Marco ha potuto superare alcuni mesi critici senza perdere la casa né accumulare arretrati formali.
- Accordi ABI – Associazioni Consumatori per la sospensione delle rate: A livello di settore bancario, l’ABI (Associazione Bancaria Italiana) ha più volte stipulato protocolli con le associazioni dei consumatori per agevolare moratorie su base volontaria. Ad esempio, l’Accordo ABI del 2015 prevedeva la possibilità per le famiglie in difficoltà di sospendere per 12 mesi la sola quota capitale delle rate (per mutui prima casa e prestiti >24 mesi) in caso di perdita lavoro, morte, infortunio grave, ecc., senza oneri aggiuntivi né interessi di mora. Questa misura integrava il Fondo Gasparrini, estendendo il beneficio anche a chi magari non rientrava nei parametri di legge. Analoghe moratorie sono state rinnovate negli anni (es. nel 2018-2020) e durante il Covid-19 il Governo stesso, con il DL “Cura Italia” 18/2020, ha imposto la sospensione generalizzata di molti prestiti per famiglie e PMI. In tempi più recenti, l’ABI nel 2023 ha esortato le banche ad adottare tre linee di intervento: (1) allungamento del piano di ammortamento dei mutui prima casa; (2) ampliamento della platea dei mutui rinegoziabili a tasso fisso ex L.197/2022 (alzando soglie ISEE e importo su base volontaria); (3) diffusione dell’informazione sul Fondo di solidarietà. Tali iniziative indicano che molte banche, pur non obbligate, aderiscono a moratorie di categoria. Pertanto il debitore in difficoltà può chiedere in filiale se la banca aderisce a qualche “Piano Famiglie” o accordo ABI attivo, per valutare la sospensione o riduzione temporanea della rata.
- Soluzioni personalizzate offerte dalla banca: Alcuni contratti di prestito prevedono clausole di flessibilità che il cliente può attivare, come ad esempio l’“opzione salto rata” (possibilità di saltare una rata all’anno, che viene messa in coda), oppure l’“opzione riduci rata” (che permette di abbassare l’importo aumentando la durata). Se esistono queste opzioni contrattuali, sfruttarle è semplice: basta comunicarlo alla banca secondo le modalità previste, senza necessità di rinegoziare l’intero contratto. Inoltre, talvolta la banca stessa, vedendo il cliente in difficoltà (magari dopo un paio di ritardi), può proporre un piano di rientro: ad esempio, accetta una temporanea riduzione della rata per 6-12 mesi, con accordo scritto, in modo da evitare incagli. Queste soluzioni su misura variano caso per caso e dipendono dalla politica creditizia interna.
In ogni caso di moratoria/sospensione, il debitore deve essere consapevole che si tratta di un differimento, non di una remissione: le rate sospese andranno comunque pagate, magari più in là, e spesso frutteranno ulteriori interessi (come visto, nel Fondo pubblico metà interessi sono a carico del cliente). Dunque va utilizzata come un “farmaco” per situazioni acute, sfruttando il tempo guadagnato per ristabilire la propria situazione economica (trovare un nuovo impiego, liquidare altri beni per ridurre il debito, ecc.).
Accordo transattivo a saldo e stralcio
Un’ulteriore soluzione stragiudiziale, da valutare soprattutto nei casi di difficoltà irreversibile a sostenere il debito, è l’accordo a saldo e stralcio. Questo consiste in un patto con il creditore in base al quale il debitore corrisponde una somma inferiore al dovuto e il creditore accetta tale importo come pagamento definitivo (stralciando la parte restante di credito). In altre parole, il creditore rinuncia a una quota di credito pur di incassare subito (o in tempi brevi) una parte significativa e chiudere la posizione, evitando lunghe azioni legali dall’esito incerto.
Quando proporlo: il saldo e stralcio è efficace se il debitore dispone di una somma immediata (ad esempio risparmi propri, aiuto da familiari, o ottenibile vendendo un bene) che, pur essendo inferiore al debito totale, rappresenta un importo allettante per il creditore rispetto all’alternativa di dover inseguire il debitore insolvente. Tipicamente si propone quando il debitore è già insolvente o molto vicino a esserlo, magari con procedure esecutive già avviate, e il creditore è consapevole che rischia di recuperare poco. Ad esempio, su un residuo di €50.000, il debitore offre €20.000 in un’unica soluzione a saldo e stralcio. Se il creditore sa che altrimenti dovrebbe pignorare uno stipendio basso per anni recuperando forse meno, potrebbe accettare i 20k e rinunciare al resto.
Forma dell’accordo: è fondamentale formalizzare il tutto per iscritto. Di solito il debitore invia una proposta scritta in cui si impegna a pagare €X entro data Y a condizione che il creditore dichiari quietanza liberatoria totale. Se il creditore accetta (meglio avere una sua firma o lettera di accettazione), il pagamento dovrà avvenire nei termini pattuiti, dopo di che il creditore rilascerà una liberatoria (atto di quietanza a saldo) attestante che nulla più è dovuto. Si può fare anche tramite scambio di PEC con firme digitali o, per importi rilevanti, con atto notarile di transazione o scrittura privata autenticata. Importante: la quietanza liberatoria deve essere chiara sul fatto che il pagamento è a saldo e stralcio e che il creditore rinuncia irrevocabilmente a ogni ulteriore pretesa sul credito originario.
Negoziazione: per convincere il creditore a uno stralcio, a volte è utile farsi assistere da un avvocato esperto di negoziazioni debitorie, il quale può far leva su argomenti come la difficile situazione patrimoniale del debitore (es. nessun immobile aggredibile, redditi modesti già impegnati da altri pignoramenti, ecc.) e prospettare che un accordo immediato è win-win. Spesso le finanziarie cedono i crediti deteriorati a società di recupero; queste ultime li acquistano a prezzi molto bassi (anche 10-20% del valore) e quindi sono talvolta disponibili ad accettare stralci del 30-50% pur realizzando il loro margine.
Esempio pratico: Luigi ha un prestito personale con €10.000 di debito residuo, ma è disoccupato e ha già 5 rate insolute; la pratica è passata al recupero crediti. Luigi offre, tramite raccomandata, di pagare €4.000 entro 30 giorni come saldo finale. La finanziaria inizialmente rifiuta chiedendo almeno €7.000. Dopo trattativa telefonica e viste le precarie condizioni di Luigi (nessun immobile, vive in affitto, nessun stipendio pignorabile), accetta €5.000. Luigi fa arrivare i 5.000€ (spesso si usa un assegno circolare o bonifico) e in cambio ottiene una lettera di liberatoria in cui la società dichiara “ricevuti €5.000 a saldo definitivo, rinuncia alle ulteriori somme e dichiara estinto il rapporto”. Luigi così si libera del debito, risparmiando €5.000 (ma ovviamente con uno sforzo economico immediato). La posizione verrà chiusa anche a livello di centrale rischi con esito “saldo a stralcio” (non ottimale per il credit scoring futuro, ma meglio di un’insolvenza non risolta).
Aspetti legali e fiscali: dal punto di vista giuridico il saldo e stralcio è una transazione o un accordo ex art. 1230 c.c. (novazione parziale del debito). È pienamente valido. Va solo valutato l’aspetto fiscale: per le persone fisiche, la parte di debito “stralciata” dal creditore può talvolta essere considerata un reddito tassabile come “sopravvenienza attiva” per il debitore, a meno che rientri in procedure concorsuali esenti (nelle transazioni extragiudiziali di solito ciò non si applica ai privati consumatori, mentre per imprenditori ci sono regole). Occorre comunque far indicare nel documento che la remissione è accordata a titolo definitivo e gratuito. In ogni caso, l’eventuale tassazione (improbabile nei piccoli casi) sarebbe sulla parte condonata.
Modelli fac-simile: è utile allegare qui un modello sintetico di proposta di saldo e stralcio:
Oggetto: Proposta transattiva a saldo e stralcio posizione n.12345 – Mario Rossi/Banca XYZ
Spett.le Banca XYZ – Ufficio Contenzioso,
con riferimento al finanziamento n.12345 intestato a Mario Rossi, il sottoscritto, trovandosi nell’impossibilità di far fronte integralmente al debito residuo che ammonta a € 15.300, propone la seguente soluzione bonaria:
- Pagamento dell’importo di € 6.000 (seimila) entro e non oltre il 31/08/2025, a mezzo bonifico o altro mezzo tracciabile concordato, quale **saldo e stralcio** di ogni obbligazione derivante dal contratto di finanziamento suddetto.
A fronte del suddetto pagamento, **Banca XYZ** dovrà rilasciare tempestivamente una lettera di “quietanza a saldo e stralcio”, in cui dichiara di aver ricevuto il pagamento come definizione completa della posizione debitoria e di non aver null’altro a pretendere, liberando il debitore da ogni ulteriore obbligo.
Tale importo viene reperito da risorse messe a disposizione da familiari, con l’obiettivo di evitare l’apertura di procedure giudiziali, i cui costi e tempi risulterebbero controproducenti per entrambe le parti.
Si prega di voler valutare con urgenza questa proposta, considerandola valida fino al 31/08 p.v. inclusi. In mancanza di un Vostro formale riscontro entro tale data, la stessa dovrà intendersi decaduta.
In attesa di un cortese riscontro scritto di accettazione da parte Vostra, porgo distinti saluti.
Firma
E un esempio di dichiarazione di quietanza che la banca dovrebbe rilasciare:
Oggetto: Quietanza liberatoria a saldo e stralcio – posizione n.12345 Mario Rossi
Con la presente, Banca XYZ S.p.A., per il tramite del sottoscritto funzionario autorizzato, dà atto di aver ricevuto in data 01/09/2025 dal Sig. Mario Rossi (C.F. ... ) la somma di € 6.000 (seimila/00) mediante bonifico bancario, sul conto corrente n. ... intestato alla Banca medesima.
Tale pagamento viene accettato da Banca XYZ **a titolo di saldo e stralcio** definitivo della posizione debitoria n.12345 relativa al contratto di prestito personale stipulato in data ... intestato al Sig. Mario Rossi. Conseguentemente, Banca XYZ dichiara di non aver null’altro a pretendere nei confronti del Sig. Rossi in merito al suddetto rapporto contrattuale, che si intende estinto a tutti gli effetti.
La presente liberatoria viene rilasciata per gli usi consentiti dalla legge.
Luogo, data,
Firma del Funzionario e timbro Banca
Vantaggi: il debitore può ottenere un taglio sostanziale del debito dovuto e chiudere la questione definitivamente (fresh start economico). Il creditore incassa subito e risparmia sui costi di causa. Svantaggi: occorre disporre di liquidità immediata (non sempre fattibile per chi è in crisi). Inoltre, se vi sono più creditori, accordarsi separatamente con ognuno può essere complicato (qui vengono in aiuto le procedure di sovraindebitamento, come vedremo oltre, che fanno una proposta unitaria). Va anche detto che un saldo e stralcio incide sulla reputazione creditizia: la chiusura a stralcio di solito viene segnalata nelle SIC e, pur essendo meglio di un’insolvenza aperta, può rendere difficile ottenere nuovo credito per qualche anno.
Quando preferirlo rispetto alle vie giudiziali: se si ha la possibilità di soddisfare almeno in parte i creditori e si vuole evitare la lunghezza e l’incertezza del tribunale, il saldo e stralcio è indicato. Diversamente, se il debitore non ha davvero nulla da offrire o da liquidare, o se i creditori sono troppi e non collaborativi, allora sarà opportuno percorrere le procedure concorsuali (illustrate nel prossimo capitolo) che permettono una ristrutturazione anche senza consenso unanime.
Soluzioni giudiziali: procedure di ristrutturazione dei debiti
Qualora le trattative stragiudiziali non abbiano successo, oppure il quadro debitorio sia talmente grave da richiedere un intervento organico e protetto, il debitore può rivolgersi alle procedure giudiziali di composizione della crisi da sovraindebitamento. Si tratta di percorsi previsti dalla legge in cui è il tribunale (coadiuvato da professionisti come l’Organismo di Composizione della Crisi, OCC) a valutare un piano di ristrutturazione dei debiti e ad omologarlo con effetto vincolante per tutti i creditori. In sostanza, sono soluzioni concorsuali grazie alle quali il debitore – sotto controllo giudiziario – può ridurre l’ammontare delle proprie obbligazioni (anche tagliandole parzialmente) e/o dilazionarne il pagamento in modo sostenibile, ottenendo al termine l’esdebitazione (cioè la liberazione dai debiti residui).
Dal 2012 l’Italia si è dotata di una normativa ad hoc (la cosiddetta “Legge salva-suicidi”, L. 3/2012) per gestire le situazioni di sovraindebitamento di consumatori e piccoli imprenditori non soggetti a fallimento. Tale normativa è confluita ed evoluta nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII), D.Lgs. 14/2019, definitivamente in vigore dal 15 luglio 2022. Attualmente, le procedure principali per i debitori civili sono: la ristrutturazione dei debiti del consumatore, il concordato minore (per imprenditori minori e professionisti) e la liquidazione controllata del patrimonio (oltre a un istituto speciale di esdebitazione per debitori senza beni). Le illustriamo singolarmente.
Ristrutturazione dei debiti del consumatore (già “piano del consumatore”)
Questa è la procedura riservata ai debitori civili privati, ovvero le persone fisiche che hanno contratto debiti per scopi estranei all’attività imprenditoriale. Se tutti o la maggior parte dei debiti derivano da esigenze familiari, credito al consumo, mutui personali, fideiussioni prestate a terzi, etc., il soggetto è qualificabile come consumatore ai fini della procedura (art. 2, co.1, lett. e) CCII). Non vi devono essere debiti rilevanti assunti per attività d’impresa; in caso di compresenza di debiti misti, si guarda alla prevalenza. La ristrutturazione dei debiti del consumatore corrisponde al vecchio “piano del consumatore” della L.3/2012.
Caratteristiche principali: Il consumatore, tramite l’OCC nominato, elabora un piano di rientro dei propri debiti “con contenuto libero” (art. 67 CCII), cioè molto flessibile: può prevedere pagamenti parziali dei crediti, dilazioni a lungo termine, trattamenti differenziati tra creditori (purché giustificati), la messa a disposizione di eventuali beni o redditi futuri per soddisfare in parte i crediti, ecc. L’obiettivo è proporre ai creditori uno scenario migliore di quello che avrebbero se il debitore restasse insolvente. Particolarmente importante, il piano del consumatore non richiede l’approvazione dei creditori: è una deroga rispetto alle procedure concorsuali classiche. Sarà il Tribunale a valutare la fattibilità e la meritevolezza del debitore e, se del caso, ad omologare il piano rendendolo vincolante per tutti i creditori (dissentienti compresi). Questa è una differenza chiave rispetto al concordato minore (dove i creditori votano, come vedremo).
Tutela della prima casa: la legge prevede espressamente che il piano possa contemplare la conservazione dell’abitazione principale del debitore. In pratica, se c’è un mutuo ipotecario sulla prima casa, il piano può prevedere di continuare a pagare quelle rate regolarmente alle scadenze originarie, evitando la liquidazione dell’immobile. Questa è una norma di salvaguardia: il debitore in regola con il mutuo casa può tenerlo fuori dal piano (o anche inserirlo ma pagando integralmente quel creditore ipotecario, magari differendo le rate scadute). Anche se il mutuo casa è in arretrato, il giudice può autorizzare una moratoria per recuperare le rate scadute e poi proseguire coi pagamenti, anziché costringere alla vendita. Il Codice della crisi aggiornato nel 2024 ha ulteriormente chiarito questo aspetto: il nuovo art. 67, co.5 CCII come modificato dal D.Lgs. 136/2024 conferma che, se il debitore è in bonis col mutuo prima casa, può escluderlo dal piano e continuare a pagarlo regolarmente fuori procedura. In sostanza, il debitore può salvare la casa, a patto ovviamente di riuscire a mantenere la rata ipotecaria corrente (magari nel frattempo ridotta tramite rinegoziazione o Fondo di solidarietà, strumenti che si possono combinare col piano stesso).
Falcidia dei debiti e trattamento dei creditori: nel piano del consumatore è consentito anche proporre il pagamento parziale (cosiddetto stralcio) dei crediti, compresi quelli privilegiati (come il mutuo o i debiti fiscali), nei limiti del valore dei beni sottostanti. Ad esempio, se la casa valesse 100 e il mutuo residuo è 150, il piano potrebbe offrire alla banca ipotecaria 100 (quanto otterrebbe vendendo l’immobile) falcidiando la parte eccedente. Oppure stralciare parte di un credito chirografario offrendo ad esso il medesimo trattamento di altri in percentuale. L’importante è rispettare la par condicio tra crediti di pari grado salvo giustificazione, e soprattutto assicurare che ogni creditore riceva almeno quanto otterrebbe dalla liquidazione del patrimonio del debitore (principio del best interest of creditors). Questo viene attestato dall’OCC: occorre dimostrare che il piano è più vantaggioso del fallimento/liquidazione per i creditori, altrimenti non può essere omologato se i creditori lo contestano (art. 69 CCII).
Meritevolezza e onestà del debitore: un elemento cardine valutato dal tribunale è la meritevolezza. Prima della riforma 2020, il debitore doveva dimostrare di non avere colpe gravi nell’aver contratto i debiti o nell’aver aggravato la sua insolvenza (assenza di colpa grave o dolo, art. 12-ter L.3/2012). Oggi, il CCII (come modificato dalla L.176/2020) ha alleggerito questo onere: il debitore non viene ammesso se ha commesso frodi o violazioni di legge evidenti, ma non è più richiesta la prova positiva della meritevolezza; spetta semmai al creditore opporsi dimostrando una eventuale mala fede del debitore. In breve, l’accesso è negato solo in caso di comportamenti dolosi (aver contratto debiti senza prospettiva di pagarli, aver falsificato documenti, ecc.) o se il debitore ha già beneficiato di esdebitazione nei 5 anni precedenti (c’è una barriera temporale per evitare abusi). Durante la procedura, poi, sono richiesti massima trasparenza, collaborazione con l’OCC e il rispetto di obblighi informativi (ad es. non aggravare la propria posizione, non fare atti di disposizione anomala senza autorizzazione).
Durata e esecuzione del piano: il piano può avere una durata variabile. Non vi è un limite fisso nella legge. Molti tribunali preferiscono durate non eccessive (orientativamente entro 5 anni), ma la Cassazione ha chiarito che non esiste un tetto massimo di 5 anni obbligatorio e che un piano può durare anche più a lungo se necessario e proporzionato. Dunque sono ammissibili piani di 6, 7, fino a 10 anni o oltre, qualora il debitore possa pagare solo spalmando molto nel tempo e i creditori comunque risultino soddisfatti più che in una liquidazione. Si sconsigliano però durate troppo lunghe in cui l’incertezza sugli eventi futuri aumenterebbe (nessuno vieta in teoria un piano decennale, ma va calibrato con attenzione perché in 10 anni può cambiare molto: spesso i giudici vedono con favore piani entro 7 anni). Durante l’esecuzione, il debitore effettua i pagamenti secondo le modalità stabilite (versamenti periodici all’OCC o direttamente ai creditori, cessione di parte di stipendio, ecc.). I creditori restano bloccati: con l’omologa si stabilisce la sospensione di tutte le azioni esecutive e delle prescrizioni, nonché il blocco degli interessi futuri (sui crediti chirografari). L’OCC monitora il rispetto del piano.
Esdebitazione finale: se il debitore adempie a tutte le obbligazioni previste dal piano, al termine il Tribunale emette un decreto che dichiara l’esdebitazione del debitore (art. 70 CCII). Ciò significa che vengono cancellati tutti i debiti residui non pagati integralmente nel piano. La porzione di debito “tagliata” diviene inesigibile per i creditori. Il debitore riacquista capacità liberatoria completa e non può più essere perseguito per quei debiti. Se invece il debitore non rispetta il piano senza giustificato motivo (inadempienze rilevanti non dovute a forza maggiore), i creditori possono chiedere la risoluzione del piano e tornare a pretendere gli importi originari (dedotti i pagamenti eventualmente già ricevuti), oppure il tribunale può convertire la procedura in liquidazione del patrimonio. Sono però ammessi adattamenti in melius: se durante il piano la situazione del debitore migliora, può essere chiesto di destinare ai creditori la parte aggiuntiva (ad esempio una sopravvenuta eredità, una vincita, etc.). In questo senso il piano è flessibile: tutela il debitore in difficoltà, ma se la fortuna gira, i creditori ne beneficiano in parte.
Esempio di piano del consumatore: per rendere concreto il meccanismo, riportiamo un esempio semplificato ispirato a casi reali. Anna ha debiti per €80.000 (prestiti personali, arretrati di bollette, ecc.), paga rate per €1.200/mese a fronte di uno stipendio netto di €1.500: è in evidente sovraindebitamento (le resta solo €300 per vivere). Non ha immobili di proprietà, vive in affitto; possiede solo un’utilitaria. Se i creditori agissero in via ordinaria, potrebbero al massimo pignorarle 1/5 dello stipendio (€300/mese), recuperando poco e in tanti anni. Anna si rivolge all’OCC locale e propone un piano: per 4 anni verserà €300 al mese (equivalenti al quinto pignorabile) ai creditori, ripartiti proporzionalmente tra tutti; inoltre si impegna a versare il suo TFR maturato (mettiamo €5.000) alla fine del periodo. In totale, i creditori riceveranno circa €19.400 (ossia €300×48 mesi + €5.000), pari grosso modo al 24% del debito. L’OCC redige una relazione in cui attesta che se si liquidassero i beni di Anna non si ricaverebbe quasi nulla (non ha proprietà) e che in 4 anni di pignoramento dello stipendio prenderebbero al massimo €14.400, quindi la proposta da €19.400 è migliorativa. Verifica anche che Anna è meritevole – si era indebitata per cure familiari, non per lusso – e ha ridotto al minimo le spese. Il tribunale, rilevato che il piano è fattibile (Anna può sostenere €300 al mese) e che i creditori non avrebbero maggior vantaggio da alternative, omologa il piano nonostante alcuni di essi fossero contrari. Anna esegue puntualmente i pagamenti mensili sotto la supervisione dell’OCC. Dopo 4 anni, il tribunale dichiara l’esdebitazione: il restante 76% (€60k circa) dei debiti di Anna è definitivamente cancellato. Anna può finalmente ripartire da zero, senza più rate né incubi di telefonate dai recupero crediti.
Concordato minore (ristrutturazione per imprenditori non fallibili e professionisti)
Il concordato minore è la procedura parallela a quella del consumatore, destinata però a debitori che hanno contratto debiti in parte per attività d’impresa o professionale e che non possono accedere al piano del consumatore. In pratica, è l’erede del vecchio “accordo di composizione” ex L.3/2012, ora reso più simile a un concordato preventivo semplificato. Vi rientrano, ad esempio: piccoli imprenditori individuali sotto le soglie di fallibilità, start-up innovative, professionisti con debiti di studio, imprenditori agricoli, società semplici, associazioni professionali, etc.. Restano esclusi quelli soggetti a procedure maggiori (fallimento o concordato ordinario).
Differenze dal piano del consumatore: la principale differenza è procedurale: nel concordato minore i creditori hanno diritto di voto sulla proposta. Il debitore formula, con l’aiuto dell’OCC, un piano di concordato minore simile a quello del consumatore come contenuti (pagamenti parziali, cessioni di beni, eventualmente continuazione dell’attività se utile). La proposta viene sottoposta ai creditori chirografari e si considera approvata se ottiene il voto favorevole di oltre il 50% dei crediti chirografari ammessi. È una soglia più bassa rispetto al passato (la L.3/2012 richiedeva il 60%). I creditori privilegiati non votano se sono pagati integralmente; se invece la proposta prevede di falcidiare un credito con privilegio (es. ridurre un’ipoteca), allora serve l’adesione specifica di quel creditore, altrimenti il credito resta da pagare per intero o va declassato per la parte non pagata, in analogia al concordato preventivo. Dunque, nel concordato minore i creditori hanno più voce in capitolo. Un consumatore non può usare questa procedura, e viceversa un imprenditore non consumatore non può usare il piano: la scelta è mutuamente esclusiva in base alla qualifica del debitore.
Contenuti e requisiti: il concordato minore può offrire qualsiasi forma di soddisfazione: pagamenti rateali, percentuali sul dovuto, conversione dei crediti in strumenti partecipativi, cessione di beni, ecc., come un concordato preventivo in miniatura. Deve garantire come minimo ai creditori l’utile ricavabile dalla liquidazione (principio di convenienza). Si applicano anche qui alcune preclusioni: non si può accedere se si è già ottenuta un’esdebitazione nei 5 anni precedenti, per evitare abusi. Il concetto di meritevolezza in senso stretto era meno centrale nell’accordo (bastava la fattibilità e convenienza), ma il nuovo codice ha introdotto pure qui criteri di condotta leale del debitore. In pratica, comportamenti frodatori o distrattivi possono portare a non ammettere o a revocare l’omologa.
Procedura: il debitore deposita la proposta di concordato minore presso il tribunale competente con l’assistenza dell’OCC. Il tribunale verifica l’ammissibilità (requisiti soggettivi e documentazione regolare), quindi convoca l’assemblea dei creditori o li invita a esprimere voto in modalità semplificata (anche per corrispondenza o PEC, a seconda di come stabilito). Se la maggioranza approva, il giudice procede all’omologa, valutando d’ufficio anche eventuali opposizioni di creditori dissenzienti per motivi di convenienza (possono lamentare di ricevere meno che in liquidazione, in tal caso il tribunale deve rigettare l’omologa se la doglianza è fondata). Con l’omologa, il piano diventa vincolante per tutti i creditori anteriori, anche per quelli che non hanno votato o contrari (purché la maggioranza fosse raggiunta). Le azioni esecutive individuali sono bloccate già dall’ammissione e definitivamente dall’omologa. Il debitore esegue il piano sotto sorveglianza OCC. A conclusione, ottiene l’esdebitazione come nel piano del consumatore: la liberazione dai debiti residui. Anche qui, se non rispetta gli impegni senza motivo, il concordato può essere risolto su istanza dei creditori e si aprono le vie del recupero individuale o della liquidazione.
Quando preferire il concordato minore: questa procedura è indicata per chi ha un’attività economica da ristrutturare o da salvaguardare e vuole coinvolgere attivamente i creditori in un accordo. Può permettere di ristrutturare debiti aziendali mantenendo eventualmente in piedi l’impresa (è ammesso il concordato minore in continuità, cioè continuando l’attività se ciò genera utilità per pagare i creditori). Rispetto al piano consumatore, richiede però la capacità di ottenere il consenso di una parte dei creditori: il debitore e l’OCC spesso negoziano prima informalmente con i principali creditori per assicurarsi il voto favorevole. Se c’è un creditore chiave (es. la banca con ipoteca) non d’accordo, il concordato minore rischia di non passare. In tal caso, se il debitore è anche consumatore per altri debiti, a volte conviene scindere: ad esempio far accedere a concordato minore la ditta individuale, mentre i debiti personali vanno nel piano del consumatore (ma attenzione, la normativa attuale tende a unificare le procedure se i debiti sono promiscui, per evitare abusi).
Esempio sintetico: un artigiano ha debiti per €200.000 (fornitori non pagati, leasing macchinari arretrato, qualche finanziamento personale). Propone un concordato minore offrendo: liquidazione volontaria di alcuni macchinari inutilizzati ricavando €50.000, più pagamento di €1.000/mese per 5 anni (totale altri €60.000) grazie ai proventi dell’attività che prosegue. In totale i creditori riceverebbero €110.000 (55% circa). I creditori votano: la maggioranza (in valore) è favorevole perché temono che altrimenti l’artigiano fallirebbe e potrebbero recuperare meno. Il tribunale omologa. L’artigiano paga quanto promesso; dopo 5 anni ottiene l’esdebitazione dei €90.000 non pagati e continua la propria attività senza più quei debiti. Se invece i creditori avessero respinto la proposta (es. se qualcuno in grado di bloccare la maggioranza fosse contrario), l’artigiano potrebbe dover ripiegare sulla liquidazione controllata, perdendo l’impresa.
Liquidazione controllata del patrimonio ed esdebitazione del debitore incapiente
Come ultima risorsa, per i debitori sia consumatori sia piccoli imprenditori che si trovano in uno stato di insolvenza conclamata senza possibilità di proporre un piano sostenibile, è prevista la liquidazione controllata del patrimonio (artt. 268-277 CCII). Si tratta di una procedura concorsuale assimilabile a una liquidazione fallimentare, ma su base volontaria o giudiziale, in cui un liquidatore nominato dal tribunale vende tutti i beni del debitore e ripartisce il ricavato tra i creditori. In cambio, il debitore persona fisica può ottenere l’esdebitazione di quanto non pagato entro certi limiti.
Quando si ricorre alla liquidazione: può essere richiesta dallo stesso debitore sovraindebitato (magari perché nessun piano è fattibile), oppure dai creditori o dal pubblico ministero in caso di frodi. Spesso ci si arriva dopo il fallimento di un tentativo di piano/concordato minore non andato a buon fine, oppure per scelta strategica se il debitore possiede pochi beni e preferisce “pulire tutto” tramite liquidazione e poi ripartire senza debiti. La liquidazione dura in genere qualche anno (massimo 4 anni salvo proroghe) durante i quali il liquidatore gestisce l’attivo.
Effetti: con il decreto di apertura della liquidazione, si cristallizza la massa attiva e passiva. Il debitore persona fisica è tenuto a consegnare i beni non necessari alla vita quotidiana; se ha uno stipendio, ne sarà assegnata al procedimento la parte pignorabile per un periodo (di solito fino a 4 anni). L’abitazione di proprietà, se non è funzionale al mantenimento minimo, può essere venduta (salvo trovare accordi alternativi, come vendite con patto di riacquisto, ecc.). Finita la liquidazione, il debitore persona fisica meritevole può chiedere l’esdebitazione (art. 278 CCII), ottenendo la cancellazione dei debiti non soddisfatti (con eccezioni di legge, ad es. debiti per mantenimento, multe e pochi altri). La legge impone un limite temporale: se nei 4 anni successivi all’esdebitazione il debitore ha un miglioramento consistente della sua situazione (tipo eredità insperata), può essere obbligato a pagare ai vecchi creditori parte di quella sopravvenienza (meccanismo del cosiddetto “obbligo di pagamento sopravvenienze”, art. 282 CCII). Ciò per evitare che furbetti si tengano nascosti beni per poi goderne post-esdebitazione.
Esdebitazione del debitore incapiente: infine, merita menzione un istituto innovativo introdotto nel 2020 e confermato nel CCII (art. 283): l’esdebitazione del debitore persona fisica incapiente, ossia privo di beni e redditi da liquidare. Se un soggetto sovraindebitato non ha alcun patrimonio liquidabile, può chiedere al tribunale l’esdebitazione immediata di tutti i debiti, a patto di essere meritevole e di non aver già usufruito di questa chance. In sostanza è un “fresh start” gratuito concesso una tantum ai debitori totalmente nullatenenti che non avrebbero senso a mettere in liquidazione (perché non c’è nulla da liquidare). Il beneficio è revocabile entro un anno se si scoprono asset occultati o entro 4 anni se emergono miglioramenti rilevanti. Questo istituto realizza davvero la finalità sociale di dare una seconda opportunità a chi è stato travolto dai debiti senza colpa e senza risorse: la legge consente di cancellare i debiti di una vita e ripartire, pur con la coscienza di dover comunque pagare qualcosa in futuro se la situazione migliora sensibilmente.
Comparazione riassuntiva delle procedure concorsuali:
Procedura (CCII) | Soggetti ammessi | Vantaggio principale per debitore | Ruolo dei creditori | Durata tipica |
---|---|---|---|---|
Ristrutturazione dei debiti del consumatore (artt. 67-73) | Persone fisiche non fallibili con debiti di natura personale (consumatori) | Piano flessibile senza voto creditori; possibile conservare la prima casa; esdebitazione a fine piano. | Nessun voto. Creditori possono opporsi solo per mancanza requisiti o convenienza inferiore alla liquidazione. | Variabile, tipicamente 4-5 anni (ma può essere più lungo se necessario). |
Concordato minore (artt. 74-83) | Imprenditori e professionisti non fallibili (debiti da attività) | Ristrutturazione con possibilità di continuare attività; esdebitazione a fine piano. | Voto richiesto: serve ≥50% crediti chirografari favorevoli. Ogni creditore privilegiato falcidiato deve aderire. | Simile a un mini-concordato: 3-5 anni spesso, a seconda di piano e attività. |
Liquidazione controllata (artt. 268-277) | Chiunque sovraindebitato (consumatore o no), spesso usata se piani non fattibili | Soddifazione creditori col patrimonio liquidato; possibile esdebitazione residui (salvo eccezioni). | Nessun voto: creditori soddisfatti pro-quota sui ricavi vendite. Possono segnalare atti da revocare ecc. | Durata contenuta dal Codice: di regola entro 3 anni + eventuale proroga 1 anno (massimo ~4 anni). |
Esdebitazione del debitore incapiente (art. 283) | Persona fisica sovraindebitata, senza beni né redditi aggredibili | Cancellazione dei debiti senza pagare nulla (fresh start completo), salvo obbligo morale di informare se miglioramenti futuri (4 anni) | Non applicabile (non c’è soddisfacimento creditori, è misura di clemenza) | Procedura veloce: pochi mesi per il decreto di esdebitazione. Monitoraggio 4 anni per eventuali sopravvenienze. |
Come si nota, l’ordinamento italiano oggi offre al debitore persona fisica una gamma di opzioni che vanno dal cercare accordi bonari fino a farsi aiutare dal giudice per arrivare persino alla remissione totale dei debiti. Il punto di vista del debitore deve essere pragmatico: valutare l’entità del problema, il numero di creditori, le proprie risorse disponibili e la propria affidabilità, quindi scegliere lo strumento appropriato. Nei paragrafi finali risponderemo ad alcuni quesiti frequenti, per chiarire dubbi operativi su queste procedure.
Domande frequenti (FAQ)
D: La banca è obbligata ad accettare la mia richiesta di riduzione della rata?
R: In generale no, la banca o finanziaria non ha un obbligo legale di acconsentire a modifiche contrattuali, salvo che ciò sia previsto da una norma specifica. Fuori dai casi straordinari (come la rinegoziazione a tasso fisso imposta per il 2023 dalla L.197/2022), la rinegoziazione è frutto di accordo volontario. Tuttavia, molte banche aderiscono a protocolli di settore o mostrano flessibilità per evitare di avere crediti in sofferenza. Inoltre, se il cliente offre garanzie aggiuntive o dimostra credibilmente che senza intervento smetterà di pagare, la banca ha convenienza ad ascoltare la proposta. In caso di diniego ingiustificato, non vi è un rimedio coercitivo immediato (non si può “costringere” la banca a rinegoziare se non vuole), ma il debitore può tutelarsi diversamente: cambiando banca (surroga) oppure avviando una procedura di sovraindebitamento, dove il consenso della banca può essere bypassato con l’omologazione giudiziale. Va segnalato che alcune norme generali impongono agli intermediari correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto (artt. 1175 e 1375 c.c.): ad esempio, se il cliente propone soluzioni ragionevoli e l’alternativa è il default, un rifiuto totalmente arbitrario potrebbe essere valutato criticamente in sede di ABF o giudiziale. Ma nella prassi quotidiana, la leva è negoziale più che giuridica.
D: Quali documenti devo preparare per supportare la mia richiesta di rinegoziazione o moratoria?
R: È fondamentale presentare un “dossier” chiaro sulla tua situazione. Includi: documento d’identità e codice fiscale; ultime due buste paga o dichiarazione redditi (per mostrare il reddito attuale); certificato di stato di disoccupazione o lettera di licenziamento se pertinente; ISEE aggiornato se serve (ad es. per Fondo Gasparrini); ogni prova dell’evento che ha causato la difficoltà (certificato medico di grave malattia, documentazione cassa integrazione, atto di separazione con indicazione assegno di mantenimento, etc.). Inoltre, predisponi un semplice prospetto con l’elenco dei tuoi debiti attuali e relative rate, per far capire l’entità del sovraindebitamento. Se chiedi la sospensione mutuo prima casa, compila e allega il modulo ufficiale di richiesta (scaricabile dal sito Consap/MEF). Per saldo e stralcio, allega sempre la bozza di quietanza liberatoria da firmare a saldo, così il creditore sa già cosa dovrà dichiarare. In generale, più documenti porti a supporto, più seria e credibile sarà la tua istanza.
D: Posso chiedere la riduzione della rata di un prestito anche se finora ho sempre pagato puntuale?
R: Assolutamente sì, anzi è consigliabile muoversi prima di iniziare a saltare le rate. Le banche preferiscono intervenire in via preventiva con un cliente che non è ancora segnalato cattivo pagatore. Se prevedi che nei prossimi mesi la rata diventerà insostenibile (per motivi già noti, es. scadenza contratto di lavoro, congedo, aumento tasso variabile imminente), puoi giocare d’anticipo e richiedere un ricalcolo della rata (ad esempio con allungamento). Farlo da pagatore puntuale ti pone in luce migliore e spesso consente procedure più snelle (alcune banche propongono prodotti di “rifinanziamento” ai clienti fedeli che manifestano difficoltà prima di insolvenze). Inoltre, se non sei ancora moroso puoi valutare la surroga con altra banca: appena si diventa cattivi pagatori, la surroga non è più ottenibile, quindi sfrutta la porta aperta finché hai buona reputazione creditizia.
D: Ho già saltato qualche rata ed ero stato segnalato in CRIF, ma ora la mia situazione è migliorata. Posso ottenere che mi riducano la rata e continuare a pagare?
R: In caso di morosità già avviata, la strada si fa più in salita ma non impossibile. Prima di tutto, contatta subito il creditore per regolarizzare almeno parzialmente gli arretrati o mostrare la volontà di farlo: questo spesso è precondizione per sedersi al tavolo. Se la situazione reddituale è risalita (es. nuovo impiego), porta evidenza di questo e proponi un piano di rientro: ad esempio pagare metà degli arretrati subito e il resto spalmarlo su tot mesi, chiedendo contestualmente di abbassare la rata corrente estendendo la durata. Alcune finanziarie offrono la rimodulazione del prestito proprio dopo una fase di insoluto, purché ci sia segnale che il debitore può riprendere i pagamenti (è meglio per loro che dover procedere legalmente). Quanto alla segnalazione CRIF, se formalizzate un accordo di ristrutturazione, verrà segnalato che il credito è oggetto di un accordo di rinegoziazione/ristrutturazione. Non è una cancellazione immediata della “macchia”, ma è comunque meglio che un default: in genere, dopo che l’accordo è eseguito regolarmente per un certo periodo, il profilo di rischio del cliente migliora. Se l’accordo stragiudiziale non fosse possibile, puoi sempre rivolgerti al giudice con un piano del consumatore: l’omologa del piano impone la ristrutturazione anche se sei segnalato, e una volta completato il piano otterrai l’esdebitazione, dopodiché la posizione verrà chiusa come soddisfatta da procedura concorsuale.
D: Ho un mutuo a tasso variabile che è aumentato moltissimo. Meglio convertire a tasso fisso, allungare la durata o chiedere la sospensione?
R: Dipende dalla tua situazione e dalle prospettive. Convertire a tasso fisso (se la banca ancora lo consente nonostante la scadenza della legge speciale) ti dà la certezza della rata ma può bloccarti a un tasso fisso elevato se i tassi sono saliti (nel 2023-24 i fissi erano molto più alti di due anni prima). Se però temi che non reggeresti ulteriori aumenti, la conversione è prudente. Allungare la durata è quasi sempre efficace per abbassare la rata: diluire altri anni riduce la quota capitale mensile. Ad esempio, mutuo €200.000 residuo a 15 anni con rata €1.300 potrebbe scendere intorno €1.000 spalmando su 25 anni (costi totali maggiori di interessi, ma rata sostenibile)【32†output】. L’allungamento è spesso la prima misura che le banche offrono (a volte fino a portare la scadenza massima a 30-40 anni totali, compatibilmente con l’età del debitore). La sospensione con il Fondo Gasparrini è ideale se hai un problema temporaneo (es. perdita lavoro ma pensi di trovarne un altro in qualche mese, o se aspetti che i tassi scendano il prossimo anno): congela il pagamento fino a 18 mesi max. Durante la sospensione la rata non pesa sul budget, ma ricorda che gli interessi per metà li pagherai comunque più avanti. Quindi, in sintesi: se hai bisogno di sollievo immediato e credi in un miglioramento futuro, chiedi la sospensione temporanea; se il problema è strutturale (rata troppo alta rispetto al reddito stabile), allunga la durata per ridurla stabilmente; se invece vuoi evitare sorprese e il tuo bilancio regge una rata fissa un po’ più alta dell’attuale ma costante, valuta la rinegoziazione a tasso fisso. Nulla vieta anche combinazioni: ad esempio, sospendi 6 mesi per cercare un nuovo lavoro e contestualmente chiedi che al riavvio la durata sia prolungata.
D: Le procedure di sovraindebitamento (piano del consumatore, concordato minore) cancellano davvero i debiti? Cosa ci rimetto seguendole?
R: Sì, se completate con successo, queste procedure portano a una esdebitazione legale: ciò significa che il tribunale emette un provvedimento che libera il debitore persona fisica dai debiti non pagati nel piano. È una sorta di “condono” giudiziario previsto dalla legge, che tutela il debitore onesto e sfortunato. Non c’è alcuna infamia in questo, è un diritto previsto. Ovviamente, per arrivarci il debitore deve “mettere sul piatto” tutto il possibile: nelle procedure si richiede di impegnare il proprio reddito disponibile per un periodo (di solito lasciandoti il minimo vitale) e/o liquidare i beni non essenziali. In un piano del consumatore, ad esempio, potresti dover versare tutto il tuo surplus mensile per 4-5 anni e magari vendere l’auto se non serve per lavorare. Nel concordato minore, se hai un’attrezzatura o un immobile non indispensabile, verrà probabilmente destinato ai creditori. Insomma, dovrai fare sacrifici economici intensi ma limitati nel tempo, in cambio della prospettiva di azzerare i debiti residui. Durante la procedura perdi un po’ di libertà finanziaria: le spese straordinarie devono essere autorizzate, sei sotto osservazione dell’OCC, non puoi fare nuovo debito. Inoltre c’è un costo procedurale: bisogna pagare l’OCC (commisurato alle masse in gioco, di solito qualche migliaio di euro a fine procedura, incluso nelle spese del piano) e magari farsi assistere da un avvocato. Però questi costi sono nulla rispetto ai debiti condonati. In pratica, segui queste procedure se sei convinto di non poter onorare integralmente i debiti: è molto meglio una soluzione ordinata e con remissione finale, che trascinarsi in eterno con pignoramenti e interessi di mora. Una volta ottenuta l’esdebitazione, potrai gradualmente ricostruire la tua vita creditizia (di solito devi aspettare qualche anno per avere prestiti di nuovo, ma almeno non avrai più fardelli pregressi).
D: Sono garante (fideiussore) di un finanziamento e il debitore principale è in difficoltà. Posso chiedere la riduzione della rata per conto suo?
R: Come garante, la tua posizione è delicata perché sei tenuto a pagare tu se il debitore non lo fa. Tuttavia, formalmente non hai potere di iniziativa contrattuale: la rinegoziazione deve chiederla il debitore intestatario. Nulla vieta però che tu, come interessato (per evitare di dover intervenire in garanzia), ti faccia promotore insieme al debitore di un incontro con la banca per trovare una soluzione. Spesso, le banche quando vedono un garante sollecito ne approfittano per coinvolgerlo nell’accordo – ad esempio potrebbero chiederti di consolidare il tuo impegno o offrire garanzie aggiuntive in cambio di una ristrutturazione. Preparati dunque a scendere in campo: se il debitore principale non riesce, potresti proporre di pagare tu alcune rate o una quota di esse per un periodo, mentre la banca allunga la durata. Tieni presente che se il contratto viene rinegoziato in peius (ad es. importo maggiore, nuova somma, ecc.), la tua fideiussione originaria non coprirebbe le condizioni nuove salvo tuo consenso espresso. Quindi in caso di modifiche, la banca ti farà firmare un’estensione della garanzia. Valuta bene il tuo interesse: se il debitore è tuo figlio o socio e vuoi evitargli guai, può valere la pena accollarsi parte dello sforzo per ridurre la rata; se invece sei un garante “di cortesia” e la situazione precipita, ricorda che hai diritto di regresso verso il debitore e potresti anche tu cercare tutela (ad esempio includendo l’importo che pagherai nella procedura di sovraindebitamento del debitore principale). Insomma, il garante non può da solo imporre una riduzione della rata, ma può contribuire a rendere una proposta più accettabile per la banca (offrendo pagamento parziale, ulteriore garanzia, ecc.).
D: Ho sentito parlare di “saldo e stralcio fiscale” per debiti con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione. Rientra nelle soluzioni per ridurre il debito?
R: I debiti fiscali e con enti pubblici seguono regole proprie. Ci sono state diverse edizioni di definizioni agevolate (rottamazione cartelle, saldo e stralcio per contribuenti in difficoltà nel 2019, ecc.). Tuttavia, quelle sono misure di legge temporanee: se rientri in qualche norma di condono fiscale, potrai estinguere i debiti tributari con uno sconto (ad esempio la “rottamazione-quater” prevista dalla L.197/2022 permette di pagare solo imposte senza sanzioni né interessi di mora). Ma ciò è fuori dalla trattativa privata: devi presentare domanda all’ADER nei tempi previsti e seguire le regole del decreto fiscale relativo. Non è quindi una trattativa personalizzata, ma un provvedimento generale. All’interno delle procedure di sovraindebitamento, invece, è possibile includere anche i debiti tributari e contributivi e proporne il pagamento parziale. Dal 2021, l’Agenzia delle Entrate non vota nelle procedure minori ma può subire la falcidia se il giudice omologa (restano intoccabili solo l’IVA e le ritenute fiscali, per disposizione UE, che vanno trattate come privilegiati da pagare almeno in parte). Per cui, se hai molti debiti fiscali che non rientrano in rottamazioni automatiche, il modo per “stralciarli” può essere inserirli in un piano del consumatore o concordato minore ben congegnato. In sede stragiudiziale pura, l’ADER non fa sconti discrezionali di sua iniziativa (salvo casi di adesione all’accertamento, ma lì non c’entra la rata del finanziamento). Quindi, il concetto di riduzione rata va qui declinato in termini di dilazioni: puoi chiedere una dilazione ordinaria delle cartelle (fino 72 rate, o straordinaria 120 rate se dimostri grave e comprovata difficoltà) e pagare le imposte a rate. Ma per ridurre l’ammontare dovuto, devi affidarti alle definizioni agevolate di legge o alla composizione della crisi via tribunale.
D: Dopo aver ottenuto una ristrutturazione del debito o un’esdebitazione, posso richiedere nuovi finanziamenti?
R: Nell’immediato, ottenere nuovo credito sarà difficile. Se hai chiuso un debito con saldo e stralcio o sei uscito da una procedura concorsuale, la tua storia creditizia recente mostrerà questi eventi. Le banche e finanziarie tipicamente considerano un soggetto con precedente insolvenza o stralcio come ad alto rischio e potrebbero rifiutare nuove richieste per un certo periodo. Per le centrali rischi private (CRIF etc.), la segnalazione di morosità gravemente negativa rimane per 36 mesi dalla data di aggiornamento a saldo della posizione. Se hai avuto un’esdebitazione da sovraindebitamento, il tuo nome appare nel Registro pubblico dei procedimenti di insolvenza per alcuni anni, consultabile dalle banche. In sostanza, nel breve termine occorre essere realistici: bisognerà ricostruire lentamente affidabilità (magari iniziando con una carta di credito con garanzia, prestiti piccoli). Non esiste un divieto legale di indebitarsi di nuovo – una volta esdebitato sei libero – però il mercato del credito vorrà vedere stabilità e distanza dagli eventi passati. Detto ciò, ci sono stati casi in cui, dopo qualche anno di buona condotta, ex debitori tornano finanziabili (soprattutto se è cambiata la loro situazione: nuovo lavoro a tempo indeterminato, garanzie, ecc.). Alcune banche potrebbero richiedere la cancellazione del nominativo dal registro protesti o dal registro insolvenze se presente. Consiglio: focalizzati nel frattempo sul mantenere regolari tutti i pagamenti correnti (affitto, bollette, ecc.) e costruire eventualmente uno storico positivo (es. un piccolo prestito con cessione del quinto se ottenibile). Pian piano la fiducia si può riconquistare. Per attività d’impresa, potrebbe essere utile coinvolgere soci o garanti senza “macchie” se serve credito bancario. In ogni caso, le soluzioni adottate (rinegoziazione, piano, ecc.) servono proprio a ripartire puliti: meglio qualche anno di accesso al credito limitato ma senza più debiti opprimenti, che restare formalmente “affidabile” mentre si è sommersi dai debiti e destinati al default.
Fonti e riferimenti normativi
- Codice Civile: artt. 1186 (decadenza dal termine per insolvenza), 1224 (interessi moratori), 1283 (anatocismo), 1453 e 1455 (risoluzione per inadempimento), 1467 (eccessiva onerosità sopravvenuta), 1815 c.c. (interessi usurari).
- D.Lgs. 385/1993 (Testo Unico Bancario): art. 40 comma 2 (inadempimento rilevante nei mutui fondiari: 7 rate o 180 giorni); art. 120-quater TUB (surrogazione nei finanziamenti, “portabilità” gratuita).
- Legge 108/1996 (antiusura) e succ. mod.: definizione di tassi soglia usura; modifica dell’art. 1815 c.c. comma 2.
- Decreto-legge 31/01/2007 n.7 conv. L.40/2007 (Bersani): art. 8 (portabilità mutui; abolizione penali estinzione anticipata; facoltà di rinegoziazione mutui).
- L.244/2007 (Finanziaria 2008) art. 2, co.450: disciplina di rinegoziazione mutui a costo zero (scrittura privata, esenzione imposte).
- D.L. 93/2008 conv. L.126/2008: c.d. “rinegoziazione Tremonti” dei mutui a tasso variabile con convenzione MEF-ABI (rate calmierate e allungamento).
- D.L. 70/2011 (Decreto Sviluppo) art. 8, co.6, lett. a): prima introduzione del diritto di rinegoziazione mutui variabile/fisso (poi ripreso nel 2023).
- Legge 3/2012 (sovraindebitamento): (abrogata e confluita nel CCII) definiva piano del consumatore, accordo di composizione e liquidazione; art. 8 co.1-ter tutela prima casa.
- D.Lgs. 14/2019 (Codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza): art. 2 (definizioni di consumatore e sovraindebitamento); artt. 67-73 (ristrutturazione debiti consumatore); artt. 74-83 (concordato minore); artt. 268-277 (liquidazione controllata); art. 283 (esdebitazione del debitore incapiente).
- D.Lgs. 147/2020 e D.L. 137/2020 conv. L.176/2020: correttivi al CCII, in particolare inversione onere meritevolezza nel piano consumatore.
- Legge 197/2022 (Bilancio 2023) art. 1, co.322: diritto di rinegoziazione mutui a tasso fisso fino 31/12/2023.
- Legge 213/2023 (Bilancio 2024) commi 7-13: proroga garanzia prima casa CONSAP e condizioni mutui giovani (non direttamente sulla rata, ma contesto).
- D.Lgs. 136/2024 (correttivo CCII ter): modifiche agli artt. 67 e 70-73 CCII, estensione termini privilegiati (pagamento entro 2 anni) e conferma rimborso mutuo prima casa ex art.67 co.5.
Giurisprudenza selezionata:
- Cass. Civ. Sez. III, 9/11/2020 n. 24992 – Interessi usurari e art.1815 c.c.: chiarisce che la nullità della clausola usuraria comporta la non debenza di tutti gli interessi previsti da quella clausola, ma non tocca altri interessi pattuiti lecitamente.
- Cass. Civ. Sez. Unite, 18/09/2020 n. 19597 – Tassi di mora usurari: (massima) stabilisce che il tasso di mora va considerato separatamente per soglia usura; conferma nullità parziale ex art.1815 c.c. solo della clausola di mora usuraria.
- Cass. Civ. Sez. I, 26/07/2023 n. 22699 – Sovraindebitamento: definizione di “consumatore” ai fini dell’accesso al piano; debiti promiscui e prevalenza dell’attività economica. Conferma che se i debiti sono in gran parte professionali, niente piano consumatore.
- Cass. Civ. Sez. I, 27/07/2023 n. 22900 – Procedura consumatore: afferma ammissibilità del ricorso straordinario in Cassazione avverso decreto di omologa; indica che il giudice deve controllare d’ufficio la fattibilità e convenienza del piano (fonte: Studio Cerbone).
- Cass. Civ. Sez. I, 06/11/2023 n. 30814 – Sovraindebitamento: (dalla massima) ribadisce criteri di meritevolezza e buona fede, e il coordinamento tra vecchie e nuove norme in fase transitoria.
- Tribunale di Pescara, 12/02/2025 – Mutuo a tasso variabile, piano di ammortamento francese: conferma validità del piano francese e applicabilità principi Cass. SS.UU. 15130/2024 anche ai tassi variabili; rigetta contestazioni di indeterminatezza e anatocismo occulto.
- Cass. SS.UU. 29/05/2024 n. 15130 – (Sezioni Unite) Mutuo “francese” a tasso fisso: ha stabilito che l’ammortamento a rate costanti non genera nullità per indeterminatezza né viola il divieto di anatocismo se il contratto riporta gli elementi essenziali (capitale, durata, tasso, importo rata). Principi estesi anche ai mutui a tasso variabile.
- Cass. Civ. Sez. I, 18/12/2020 n. 28914 – Sul piano del consumatore: (massima) il giudice può omologare il piano anche in assenza di voto creditori se ritiene rispettati requisiti di legge; ruolo dell’OCC nell’attestazione.
- Cass. Civ. Sez. III, 10/07/2018 n. 18047 – Sopravvenuta impossibilità parziale: enuncia che anche l’impossibilità di utilizzare la prestazione può portare allo scioglimento del contratto ex art.1463 c.c. (principio applicato a un caso di pacchetto vacanze, ma la relazione tematica 56/2020 lo cita per dire che la finalità concreta è essenziale). In contesto mutuo, la sopravvenuta onerosità (1467 c.c.) è difficilmente invocabile se il rischio tasso era noto, salvo squilibri eccezionali.
- Corte Costituzionale 15/12/2020 n. 245 – Ha dichiarato infondata q.l.c. su L.3/2012 art. 14-ter in tema di esdebitazione “a zero”: di fatto ha aperto la strada all’istituto poi introdotto (debitore incapiente).
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