Chi Contattare Per Sovraindebitamento?

Hai troppi debiti e non riesci più a gestirli? Le rate sono diventate insostenibili, il conto è in rosso e i creditori iniziano a farsi avanti? Ti stai chiedendo chi può davvero aiutarti a uscire da una situazione di sovraindebitamento?

Quando una persona fisica, un imprenditore o un professionista non riesce più a far fronte ai propri debiti con i redditi e i beni disponibili, può accedere alle procedure previste dalla legge sul sovraindebitamento. Ma per attivare queste soluzioni è fondamentale sapere a chi rivolgersi.

Chi può assisterti se sei sovraindebitato?

La prima figura da contattare è un avvocato esperto in diritto della crisi e sovraindebitamento, che può:

– Valutare se rientri nei requisiti per accedere alle procedure
– Esaminare tutti i debiti, anche fiscali, bancari e personali
– Consigliarti lo strumento migliore tra piano del consumatore, concordato minore o liquidazione controllata
– Redigere con te la documentazione necessaria e presentare la domanda al Tribunale
– Rappresentarti nella fase giudiziale e nei rapporti con i creditori

Esistono strutture pubbliche che puoi contattare?

Sì. Puoi rivolgerti a un OCC – Organismo di Composizione della Crisi, che affida la tua pratica a un gestore indipendente, incaricato dal Tribunale. Tuttavia, l’accesso agli OCC può essere più lento e richiede comunque il supporto legale, soprattutto nei casi complessi o con contenziosi in corso.

Perché è importante affidarti a un professionista specializzato?

Perché il sovraindebitamento non è solo un problema economico, ma una questione legale. Solo un avvocato esperto sa:

– Evitare errori che renderebbero inammissibile la domanda
– Contestare atti illegittimi dei creditori (pignoramenti, ipoteche, segnalazioni)
– Proteggere i tuoi beni e i tuoi familiari
– Ottimizzare le condizioni della procedura (es. riduzione debiti, sospensione rate, blocco delle azioni esecutive)

Cosa succede se non ti affidi a nessuno?

Il debito aumenta, i creditori ti perseguitano, perdi il controllo della situazione e rischi che anche piccoli errori ti impediscano di accedere alle tutele previste dalla legge. Inoltre, agire da solo significa affrontare da inesperto una materia tecnica, dove ogni passo sbagliato ha conseguenze gravi.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in sovraindebitamento e diritto della crisi – ti spiega chi può aiutarti, quali figure contattare e perché agire con l’assistenza giusta può fare la differenza tra un nuovo inizio e una lunga agonia.

Hai troppi debiti e non sai più da che parte cominciare? Vuoi capire subito se esiste una via legale per liberartene?

Richiedi, in fondo alla guida, una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Analizzeremo la tua situazione, valuteremo insieme la strada migliore e ti guideremo passo dopo passo per uscire dal sovraindebitamento e tornare a vivere senza paura.

Introduzione al Sovraindebitamento e alla Normativa Aggiornata (2025)

Il sovraindebitamento è la situazione di grave squilibrio finanziario in cui un debitore (persona, famiglia o piccola impresa) non riesce più a far fronte ai propri debiti con regolarità. Questa condizione patologica, pur non configurandosi come insolvenza fallimentare, richiede strumenti legali specifici per consentire al debitore di uscire dalla crisi in modo ordinato, garantendo al contempo un equo trattamento dei creditori.

In Italia, la prima disciplina organica del sovraindebitamento è stata introdotta con la Legge 3/2012 (cosiddetta legge “salva suicidi”), che ha previsto procedure concorsuali “minori” per i debitori non soggetti a fallimento. Dal 15 luglio 2022, questa normativa è confluita ed è stata riformata nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019), in vigore in versione aggiornata dopo vari rinvii e correttivi. Il Codice, modificato dal D.Lgs. 83/2022 e dal più recente D.Lgs. 136/2024 (Correttivo Ter), mantiene lo spirito originario di favorire il fresh start del debitore sovraindebitato. Si tratta di un quadro normativo evoluto, ispirato al principio del “favor debitoris”, che mira a semplificare l’accesso alle procedure per i debitori meritevoli, evitando formalismi eccessivamente punitivi e incentivando soluzioni che permettano la reintegrazione economica e sociale del debitore.

Aggiornamento 2024-2025: Il Correttivo Ter del 2024 ha ulteriormente affinato la disciplina, chiarendo definizioni e ampliando le possibilità di accesso. Ad esempio, è stata rivista la definizione di “consumatore” (art. 2, co.1 lett. e) CCII) per includere le persone fisiche che agiscono per scopi estranei all’attività imprenditoriale anche se, ad esempio, soci di società, con la precisazione che solo i debiti di natura non professionale rientrano nella procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore. Inoltre, sono state introdotte norme per risolvere incertezze applicative: il caso degli ex imprenditori individuali (che avevano cessato l’attività) è stato chiarito per evitare vuoti di tutela (in passato un ex imprenditore con debiti d’impresa rischiava di non poter accedere né come consumatore né come imprenditore minore). Ancora, è stato potenziato l’accesso degli “imprenditori sotto soglia” e delle famiglie sovraindebitate (consentendo procedure familiari con un unico iter). Da segnalare anche che alcune start-up innovative sono ora escluse dalle procedure concorsuali maggiori ed ammesse esclusivamente a quelle da sovraindebitamento. Queste modifiche normative, insieme alla giurisprudenza più recente, delineano al giugno 2025 un sistema più inclusivo e orientato alla soluzione della crisi da sovraindebitamento.

Finalità delle procedure: L’obiettivo delle procedure da sovraindebitamento è permettere al debitore onesto ma sfortunato di pagare quanto effettivamente possibile ai creditori, vivendo comunque una vita dignitosa, e di ottenere la cancellazione dei debiti residui (esdebitazione). Non si tratta di una “sanatoria” generalizzata: il debitore deve mettere a disposizione il proprio patrimonio e/o reddito pro quota, ma ottiene il beneficio di liberarsi dai debiti insostenibili al termine del percorso. In questo senso, il legislatore ha inteso bilanciare tutela del creditore e secondo chance per il debitore, contrastando anche fenomeni drammatici come usura ed estorsione legati alla disperazione economica.

Chi contattare per avviare una procedura di sovraindebitamento?

Dal punto di vista del debitore, il primo passo concreto per uscire dalla spirale dei debiti è capire chi contattare e a chi rivolgersi per ottenere assistenza qualificata. La legge prevede espressamente che la domanda di accesso alle procedure di sovraindebitamento sia presentata tramite un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) competente sul territorio. L’OCC è un organismo (pubblico o privato iscritto in un registro ministeriale) autorizzato a gestire queste procedure: al suo interno viene nominato un Gestore della crisi, ovvero un professionista (avvocato, commercialista o esperto in materia concorsuale) che seguirà il caso del debitore in tutte le fasi.

Come trovare l’OCC competente? In ogni circondario di tribunale vi sono uno o più OCC abilitati. Il debitore può consultare il sito del Ministero della Giustizia o rivolgersi direttamente al Tribunale civile (sezione fallimentare/procedure concorsuali) per ottenere l’elenco degli OCC territorialmente competenti. Molti OCC sono istituiti presso gli Ordini professionali (Ordine dei Dottori Commercialisti, degli Avvocati) o presso le Camere di Commercio e alcuni enti autorizzati. È possibile contattare l’OCC prescelto telefonicamente o via PEC per fissare un appuntamento. In mancanza di un OCC nel circondario, non si resta senza tutela: la normativa prevede che il Presidente del Tribunale nomini un professionista qualificato come gestore, scelto preferibilmente dall’albo ministeriale dei gestori della crisi, per svolgere le funzioni dell’OCC.

È necessario un avvocato? La legge consente al debitore di presentare la domanda di sovraindebitamento tramite l’OCC senza l’assistenza obbligatoria di un difensore. In pratica, tuttavia, è consigliabile farsi affiancare da un avvocato o consulente esperto in materia sin dall’inizio. Ciò aiuta sia nella scelta dello strumento più adatto (piano, concordato o liquidazione) sia nella predisposizione della documentazione e nel dialogo con l’OCC e i creditori. L’OCC stesso, infatti, svolge un ruolo neutrale di ausilio al debitore e di attestazione per il tribunale, ma non è il “difensore” del debitore: fornire informazioni errate o incomplete all’OCC può compromettere la procedura, quindi il supporto di un legale di fiducia può risultare prezioso per tutelare al meglio i propri interessi. In ogni caso, all’atto pratico, la domanda si deposita presso il tribunale tramite l’OCC: sarà questo organismo a verificare la documentazione, nominare il gestore e interfacciarsi col giudice.

Contatti utili: Oltre agli OCC, esistono sportelli informativi presso molti tribunali e associazioni dei consumatori o fondazioni antiusura che possono fornire un primo orientamento gratuito al debitore sovraindebitato. Attenzione però a rivolgersi a soggetti seri e accreditati: diffidare di intermediari che promettono miracoli senza percorrere le vie di legge. L’unica strada per una soluzione definitiva e legale del sovraindebitamento è quella prevista dalla normativa, attuata con l’ausilio di OCC e professionisti qualificati.

Chi può accedere alle procedure di sovraindebitamento?

Le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento sono riservate ai debitori “non fallibili”, ossia a quelle categorie di soggetti che per legge non possono essere assoggettati alle ordinarie procedure concorsuali maggiori (fallimento o, oggi, liquidazione giudiziale). Vediamo nel dettaglio le principali categorie ammesse:

  • Consumatori: persone fisiche che hanno contratto obbligazioni per scopi estranei ad attività d’impresa o professionale. È la casistica più frequente: privati cittadini, lavoratori dipendenti o pensionati con debiti da prestiti, mutui, bollette, spese familiari, fideiussioni personali, ecc. Dopo la riforma del 2024, rientra nella definizione di consumatore anche chi sia socio di società o ex imprenditore, purché i debiti che intende ristrutturare non siano di natura professionale/imprenditoriale. Esempio: un ex commerciante che ha chiuso la partita IVA e oggi è un semplice privato con debiti personali (affitto, bollette, carte di credito) può qualificarsi come consumatore rispetto a quei debiti. Anche un fideiussore che abbia garantito debiti altrui senza interesse professionale viene considerato consumatore secondo la Cassazione (ad es. il coniuge che firma fideiussione per il mutuo della società del partner, restando estraneo all’attività).
  • Imprenditori minori e piccoli imprenditori: titolari di imprese commerciali di dimensioni sotto le soglie di fallibilità (attivo annuo ≤ €300.000, ricavi annui ≤ €200.000, debiti ≤ €500.000). Questi limiti (art. 2, lett. d, CCII) individuano l’impresa minore, tradizionalmente esclusa dal fallimento. Rientrano qui ad esempio piccoli commercianti, artigiani, imprese familiari. Anche gli imprenditori agricoli (per legge mai fallibili) possono accedere alle procedure di sovraindebitamento. In generale, ogni imprenditore commerciale sotto le soglie o di categoria non fallibile può utilizzare il sovraindebitamento per regolare la propria crisi debitoria.
  • Professionisti e lavoratori autonomi: avvocati, medici, commercialisti, artisti e in genere persone fisiche che esercitano arti o professioni (non soggette a fallimento). Se hanno debiti professionali insostenibili (oltre a quelli personali), possono accedere come debitori non fallibili. Nota: occorrerà distinguere se i debiti derivano dalla loro attività (allora non sono “consumatori” ma imprenditori non fallibili) o da spese private. Comunque rientrano nel novero dei soggetti tutelati dalla legge sul sovraindebitamento.
  • Start-up innovative: una particolare novità è che le società start-up innovative (ex D.L. 179/2012) in crisi oggi non seguono le vie del fallimento ma possono accedere a queste procedure come fossero imprese non fallibili. Il Codice della crisi, novellato, dispone infatti che le start-up innovative siano assoggettate esclusivamente alle procedure di sovraindebitamento. Dunque anche se si tratta di società di capitali, durante il periodo in cui mantengono lo status di start-up innovativa godono di questo regime peculiare.
  • Enti non commerciali e altri soggetti non fallibili: rientrano gli enti collettivi che non hanno scopo di lucro o natura commerciale prevalente, ad esempio associazioni riconosciute, fondazioni, ONLUS, enti religiosi per attività non d’impresa, ecc. (purché non soggetti ad altre procedure). Sono esclusi invece gli enti pubblici in senso stretto: questi ultimi non possono accedere né alle procedure concorsuali né a quelle di sovraindebitamento (per gli enti pubblici economici eventualmente opera la liquidazione coatta amministrativa).

In sintesi, possono accedere alle soluzioni di sovraindebitamento tutti i debitori civili o commerciali che non siano assoggettabili a fallimento o liquidazione giudiziale ordinaria. Per converso, non possono accedere: le società commerciali di medie-grandi dimensioni (fallibili), gli imprenditori sopra soglia, le società quotate o con rilevante interesse pubblico, gli enti pubblici e in generale chi rientra nelle procedure concorsuali maggiori (fallimento, concordato preventivo, amministrazione straordinaria, ecc.). Tali soggetti dovranno percorrere le vie ordinarie (p.es. concordato preventivo, ristrutturazione ex art. 182-bis L.F. o liquidazione giudiziale).

Procedure familiari: Una importante innovazione introdotta è la possibilità di accedere a procedure uniche “familiari”. Membri della stessa famiglia conviventi, o con debiti di origine comune, possono presentare un’unica domanda congiunta di sovraindebitamento. Ad esempio marito e moglie indebitati entrambi, oppure genitori e figli garanti l’uno dei debiti dell’altro, possono chiedere al tribunale di trattare unitariamente la loro crisi. Ciò riduce costi e tempi, evitando procedure parallele distinte. Nella procedura familiare, i patrimoni e le masse debitorie restano separati, ma si coordinano davanti allo stesso giudice. Nota: se almeno uno dei debitori familiari è un consumatore, si escludono per quel caso le norme peculiari del piano del consumatore (salvo l’art. 67(5) CCII sulle rate del mutuo ipotecario) e si applicheranno le regole generali/concordato. In pratica, una famiglia mista (consumatore + imprenditore minore) seguirà la procedura come concordato minore, mantenendo però il beneficio della presentazione congiunta e della ripartizione proporzionale dei costi dell’OCC tra i membri della famiglia.

Requisiti di meritevolezza e condizioni ostative

Oltre ad appartenere alle categorie soggettive ammesse, il debitore deve possedere i requisiti di meritevolezza richiesti dalla legge. Lo scopo è evitare abusi: solo il debitore che non abbia colpe gravi o comportamenti scorretti potrà ottenere l’omologazione di un piano o la cancellazione dei debiti. In particolare, sono cause ostative (art. 69 CCII per il consumatore, norme generali analoghe per le altre procedure):

  • Frode ai creditori o atti in frode: il debitore non deve aver dolosamente sottratto o simulato parte rilevante del proprio patrimonio, né aver aggravato la propria esposizione in modo fraudolento. Ad esempio, vendere immobili poco prima di chiedere la procedura, occultandone il ricavato all’estero, configurerebbe una frode ai creditori incompatibile con il beneficio di sovraindebitamento. Se emergono atti del genere, il tribunale dichiarerà inammissibile la domanda o revocherà l’omologazione già concessa.
  • Dolo o colpa grave nell’indebitamento: il sovraindebitamento non deve essere causato da comportamento doloso o gravemente imprudente del debitore. Ciò implica valutare la condotta tenuta nel contrarre debiti: ad esempio, indebitarsi oltre ogni ragionevole capacità di rimborso può costituire colpa grave. Un caso discusso è il sovraindebitamento da gioco d’azzardo: la giurisprudenza ritiene generalmente non meritevole chi abbia accumulato debiti per il vizio del gioco, a meno che non dimostri di essere affetto da ludopatia patologica (dipendenza diagnosticata) e di aver intrapreso un percorso di cura. In alcuni provvedimenti, infatti, si è ammesso alla procedura un debitore giocatore patologico in cura al SERD, riconoscendone la non piena colpa morale; viceversa, il semplice giocatore compulsivo potrebbe vedersi negato il piano per indegnità. In sintesi: situazioni eccezionali come spese mediche straordinarie, malattie, perdita del lavoro, possono giustificare l’insolvenza senza colpa; viceversa, comportamenti voluttuari o azzardati potrebbero precludere l’accesso (specie al piano del consumatore, dove il giudice valuta ex officio la meritevolezza).
  • Uso reiterato delle procedure: il debitore non deve aver già ottenuto un’esdebitazione nei 5 anni precedenti la nuova domanda, né aver beneficiato di esdebitazione per due volte in totale (la terza sarebbe preclusa). Questa regola, introdotta per evitare che un soggetto approfitti in serie delle procedure di sovraindebitamento, vale sia per il piano del consumatore (art. 69 CCII) sia per l’esdebitazione dopo liquidazione (art. 280 CCII) e per l’esdebitazione “incapiente” (art. 283 CCII). In altre parole, si può ottenere la cancellazione dei debiti al massimo due volte nella vita, con almeno cinque anni di distanza tra una e l’altra.

Oltre a ciò, la legge favorisce il debitore onesto introducendo il concetto di “merito creditizio” a carico dei creditori finanziari. L’OCC deve verificare se gli istituti di credito abbiano concesso prestiti al debitore senza valutarne adeguatamente la solvibilità, ossia ignorando il suo reddito disponibile al netto di un dignitoso tenore di vita. Se un creditore (banca o finanziaria) ha colpevolmente contribuito a creare o aggravare l’indebitamento violando i doveri di verifica (art. 124-bis TUB), questi non può opporsi alla convenienza del piano in sede di omologazione. Si tratta di una sanzione per il creditore “imprudente”: ad esempio, se una banca ha concesso troppi prestiti al medesimo debitore già indebitato oltre ogni misura, non potrà contestare la proposta di stralcio dei suoi crediti. Questa norma incentiva le finanziarie a comportamenti responsabili e tutela il debitore vittima di sovrafinanziamento facile.

Infine, è importante notare che alcune tipologie di debiti non sono in ogni caso cancellabili nemmeno con l’esdebitazione, per ragioni di ordine pubblico. La legge esclude dalla liberazione: obblighi di mantenimento e alimenti dovuti per legge (es. assegni divorzili, che tutelano diritti della famiglia); debiti per risarcimento danni da fatto illecito extra-contrattuale e sanzioni penali o amministrative pecuniarie non accessorie. Ciò significa, ad esempio, che le multe penali, le sanzioni amministrative indipendenti (come certe ammende) o i risarcimenti per danni da reato non vengono spazzati via dall’esdebitazione. Tali crediti resteranno comunque dovuti dal debitore (salvo diverse disposizioni caso per caso). Invece, i debiti fiscali e previdenziali rientrano nelle procedure di sovraindebitamento e possono essere falcidiati come gli altri (salvo il controllo di convenienza per il fisco in sede di omologazione, v. oltre) – ad eccezione delle sanzioni pecuniarie pure (che, essendo appunto “punitive”, non beneficiano della falcidia: restano dovute per intero, sebbene nei fatti spesso non vengano soddisfatte se il debitore è nullatenente).

Riassumendo: un debitore “meritevole” agli occhi della legge è colui che, pur trovandosi impossibilitato a pagare, non ha ingannato i creditori né contratto debiti con malafede o imprudenza gravissima, e non ha abusato di queste procedure in passato. Tale debitore potrà accedere agli strumenti di composizione della crisi e aspirare all’esdebitazione finale.

Strumenti di composizione della crisi da sovraindebitamento

La normativa prevede diversi strumenti per comporre la crisi da sovraindebitamento, ossia per regolare i debiti del soggetto sovraindebitato. Questi strumenti differiscono in base alla natura del debitore e alle modalità di soluzione proposte. Attualmente (a giugno 2025) esistono quattro percorsi principali, disciplinati dal Codice della crisi (CCII) al Capo II del Titolo IV:

  1. Ristrutturazione dei debiti del consumatore (ex piano del consumatore della L.3/2012) – riservata ai consumatori.
  2. Concordato minore (ex accordo di composizione della crisi) – per debitori non consumatori (imprenditori minori, professionisti, ecc.).
  3. Liquidazione controllata del sovraindebitato (ex liquidazione del patrimonio) – una procedura di tipo liquidatorio applicabile a qualsiasi debitore sovraindebitato.
  4. Esdebitazione del debitore incapiente (detta anche esdebitazione senza utilità) – procedura speciale per persone fisiche meritevoli prive di qualunque capacità di pagamento.

Approfondiamo ciascuno di questi strumenti, con le rispettive caratteristiche, alla luce delle ultime novità normative e giurisprudenziali.

1. Ristrutturazione dei debiti del consumatore

La ristrutturazione dei debiti del consumatore (artt. 67–73 CCII) è una procedura che consente al debitore consumatore (persona fisica non imprenditore) di proporre un piano di rientro dei propri debiti, senza necessità di accordo dei creditori, ma sotto controllo giudiziale. Si tratta in sostanza dell’evoluzione del “piano del consumatore” introdotto dalla Legge 3/2012, con alcune modifiche e miglioramenti. Ecco i punti salienti:

  • Contenuto del piano: Il consumatore, con l’ausilio dell’OCC, elabora un piano che indica dettagliatamente tempi e modalità di pagamento dei debiti in misura sostenibile. Il contenuto è libero: si possono prevedere pagamenti parziali e differenziati ai creditori, dilazioni, stralci e ogni forma di soddisfazione, purché si rispetti la parità di trattamento tra creditori dello stesso grado salvo consenso diverso e alcune tutele per i creditori privilegiati. È ammesso anche offrire ai creditori utilità indirette, come il ricavato futuro dalla vendita di un bene, o interventi di terzi (es. un parente che apporta una somma a favore del debitore). Non è richiesta la percentuale minima di pagamento dei chirografari (può essere anche molto bassa o zero, se il piano dimostra che il debitore dà tutto il possibile).
  • Trattamento dei creditori privilegiati: Il piano può prevedere di soddisfare parzialmente anche i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca (es. banche con mutuo ipotecario), purché venga garantito loro almeno l’equivalente di quanto otterrebbero in una liquidazione del bene gravato. In pratica occorre una stima giurata (redatta dall’OCC) sul presumibile ricavato di vendita forzata: il piano deve pagare il creditore privilegiato almeno fino a tale valore. È inoltre possibile accordare a questi crediti privilegiati una moratoria (sospensione dei pagamenti) fino a 2 anni dall’omologazione, con maturazione dei soli interessi legali nel frattempo. Questa facoltà di moratoria (inizialmente omessa nel CCII) è stata reintrodotta dal correttivo 2024, uniformandosi alla previgente prassi.
  • Debiti da cessione del quinto e pignoramenti su stipendio: Novità rilevante, il piano può includere e falcidiare anche i debiti da finanziamenti con cessione del quinto dello stipendio o della pensione. Ciò significa che se il debitore ha in corso una trattenuta sulla busta paga per prestiti, l’avvio della procedura di sovraindebitamento consente di bloccare la trattenuta e di trattare quel debito come gli altri crediti chirografari. In concreto, il datore di lavoro (o l’INPS per la pensione) sospenderà le trattenute quando notificata l’ammissione alla procedura. Il piano potrà prevedere di non pagare interamente tali finanziamenti (ad esempio pagando solo una percentuale del capitale residuo, analogamente agli altri debiti chirografari).
  • Salvaguardia dell’abitazione principale: Il consumatore che ha un mutuo ipotecario sulla prima casa e vuole conservarla ha un importante strumento: se è in regola con le rate scadute al momento del deposito del piano (o se paga quelle scadute prima dell’omologa su autorizzazione del giudice), può proporre di mantenere il pagamento delle rate future del mutuo alle scadenze originarie fuori dal piano. In pratica la casa e il relativo mutuo “escono” dal piano: la banca ipotecaria proseguirà a ricevere le rate come da contratto (eventualmente posticipando quelle arretrate). L’OCC deve attestare che, con il valore di mercato dell’immobile, quel creditore ipotecario sarebbe comunque soddisfatto integralmente e che lasciare il mutuo fuori non lede gli altri creditori. Questa clausola consente al debitore di non perdere la propria abitazione, continuando a pagare il mutuo normalmente, mentre gli altri debiti vengono ristrutturati nel piano. Esempio: Tizio, sovraindebitato, ha un mutuo prima casa con ipoteca e 10 anni di rate residue; è in regola con i pagamenti. Nel suo piano consumatore, Tizio prevede di continuare a pagare le rate del mutuo fuori piano, e offre ai restanti creditori chirografari una certa percentuale. Il giudice può omologare il piano mantenendo il mutuo separato, se verifica che la casa vale almeno quanto resta da pagare e che così facendo gli altri creditori non potrebbero comunque ricavare di più dalla casa (in caso di liquidazione forzata avrebbero trovato l’ipoteca a copertura).
  • Procedimento e omologazione: Il ricorso si propone tramite OCC al tribunale monocratico competente (in genere, tribunale del luogo di residenza del consumatore). L’OCC allega una relazione dettagliata che illustra le cause dell’indebitamento, il comportamento del debitore (se ha assunto obblighi con diligenza o con leggerezza), la situazione economica, l’attestazione di completezza e attendibilità dei dati e un prospetto dei costi procedurali. Nella relazione l’OCC riferisce anche sul merito creditizio dei finanziatori, come visto sopra (se hanno erogato crediti irresponsabilmente). Il tribunale svolge un controllo di ammissibilità: verifica la sussistenza dei requisiti soggettivi (es. che il debitore sia consumatore, che non vi siano frodi o colpa grave, ecc.) e la fattibilità del piano. Se la domanda è ammissibile, il giudice non convoca un’udienza di votazione (perché i creditori non votano) ma emette un decreto di apertura con cui ordina la pubblicazione del piano e della proposta su un’apposita area web e dispone che l’OCC ne dia comunicazione a tutti i creditori. Da quel momento i creditori hanno 20 giorni per presentare eventuali osservazioni (contestazioni) al piano. Su istanza del debitore, il giudice può anche emettere provvedimenti cautelari e protettivi: ad esempio può sospendere le procedure esecutive in corso (pignoramenti, aste) e vietare nuovi atti esecutivi o cautelari fino all’omologazione. In pratica, se è pendente una esecuzione immobiliare sulla casa del debitore, il giudice del sovraindebitamento la sospenderà per dare respiro al piano.

Trascorso il termine, l’OCC trasmette al giudice eventuali osservazioni dei creditori e può proporre modifiche correttive al piano, sentito il debitore. Quindi il giudice fissa un’udienza (o procede in camera di consiglio) per decidere sull’omologazione. Se non vi sono opposizioni, o se comunque il piano risulta fattibile e vantaggioso rispetto all’alternativa liquidatoria, il giudice omologa con sentenza. In caso di contestazioni sulla convenienza (cioè un creditore asserisce che in liquidazione prenderebbe di più di quanto offre il piano), il giudice effettua un controllo di best interest: omologa comunque il piano anche senza il consenso del creditore dissenziente, purché ritenga che quel creditore otterrà col piano un soddisfacimento non inferiore a quello ricavabile da una liquidazione. Questo è il meccanismo di cram-down nel piano del consumatore: il veto del singolo creditore può essere superato se il piano è equo comparativamente. Da notare che, essendo assente la votazione, i creditori possono solo formulare osservazioni; non c’è un “rigetto” del piano da parte loro, la decisione finale spetta sempre al tribunale. Se invece il giudice ravvisa ragioni di inammissibilità (es. debitore non meritevole) emette decreto motivato di diniego, reclamabile in appello.

  • Effetti dell’omologazione: Con la sentenza di omologa, il piano diviene vincolante per tutti i creditori anteriori. Le eventuali procedure esecutive individuali pendenti diventano improcedibili: il bene pignorato esce dall’asta e rientra nel piano (salvo diversa previsione del piano stesso). Ad esempio, se un creditore stava eseguendo sullo stipendio o su un conto, dovrà cessare. Il Tribunale di Bari, in un caso del 2025, ha chiarito che l’omologa del piano del consumatore comporta la chiusura per improcedibilità di un’esecuzione immobiliare pendente, con obbligo per il giudice dell’esecuzione di porre le spese della procedura esecutiva (custode, perito) a carico del creditore procedente. Ciò per analogia a quanto avviene in caso di fallimento: il creditore che ha iniziato l’esecuzione deve farsi carico dei costi se l’azione esecutiva viene frustrata da una procedura concorsuale sovraordinata. Dunque, l’omologazione “congela” definitivamente le pretese secondo i termini del piano. Da quel momento, il debitore deve adempiere regolarmente a quanto promesso nel piano (versamento di eventuali rate ai creditori, liquidazione di beni entro i termini stabiliti, ecc.). Il controllo sull’esecuzione spetta all’OCC, che rimane in funzione per vigilare sul corretto adempimento e per risolvere eventuali difficoltà pratiche. Se il debitore non rispetta gli obblighi, l’OCC o i creditori possono riferire al giudice per far dichiarare la risoluzione del piano e l’eventuale apertura di una liquidazione di tutto il patrimonio residuo. Al contrario, se il debitore esegue tutto correttamente, al termine il giudice dichiara chiusa la procedura e – importantissimo – cancella i debiti residui non soddisfatti (esdebitazione).
  • Esdebitazione del consumatore: Nel piano del consumatore, di solito i crediti vengono pagati parzialmente secondo la percentuale stabilita; la parte non pagata è azzerata dall’omologa definitiva. Non occorre una separata istanza di esdebitazione: la sentenza di omologa funge anche da esdebitazione finale, salvo che disponga diversamente. Il Codice prevede comunque in via generale che il debitore consumatore ottenga l’esdebitazione alla chiusura della procedura e comunque decorsi 3 anni dall’apertura del procedimento. In pratica, quindi, se un piano dovesse durare più di 3 anni, il debitore avrebbe diritto alla cancellazione dei debiti al raggiungimento dei 3 anni (fermo l’obbligo di eseguire il piano per ottenere la chiusura). Ma poiché il piano del consumatore è flessibile, il tempo dipende dalla proposta stessa: ci sono piani brevi (pochi mesi, ad es. se arriva liquidità una tantum) e piani lunghi (rate decennali). Non c’è un limite massimo di legge per la durata del piano del consumatore: in un caso riportato addirittura un piano in corso prevede 30 anni di pagamento, anche se generalmente i piani approvati tendono a durate più ragionevoli (5-7 anni). Sta al giudice valutare la sostenibilità e la convenienza. Se il piano è portato a termine, il debitore è definitivamente libero da tutti i debiti anteriori non soddisfatti.

Vantaggi del piano del consumatore: Non richiede il consenso dei creditori (utile se molti o se qualche creditore è ostile), permette di modulare i pagamenti secondo le reali possibilità del debitore e di salvaguardare beni essenziali (casa, stipendio minimo vitale). È uno strumento molto potente in mano al giudice, orientato a favorire il debitore onesto. Inoltre, blocca subito le azioni esecutive e le trattenute in corso, creando uno spazio di respiro.

Svantaggi/limiti: È riservato solo ai consumatori – quindi tagliato fuori chi ha debiti di impresa. Inoltre, richiede un rigoroso esame di meritevolezza: se il giudice ritiene il debitore gravemente colpevole, può negare l’omologa. Il piano deve poi essere concretamente attuabile: se il debitore promette pagamenti ma non ha redditi o entrate certe, il giudice difficilmente omologherà un piano aleatorio. In tal caso, potrebbe essere preferibile la liquidazione (vedi oltre). Infine, il piano comporta una gestione post-omologazione che richiede disciplina: qualsiasi inadempimento significativo può far saltare tutto, con revoca dell’esdebitazione e potenziale apertura di una liquidazione giudiziale dei beni residui.

2. Concordato minore

Il concordato minore (artt. 74–83 CCII) è la procedura analoga al piano del consumatore, ma destinata ai debitori sovraindebitati diversi dal consumatore. In sostanza, prende il posto del vecchio “accordo di composizione” della L.3/2012. Vi ricadono quindi i piccoli imprenditori, professionisti, ditte individuali, start-up, imprenditori agricoli ecc. Vediamo le caratteristiche principali del concordato minore:

  • Presupposto di ammissibilità: Può accedere al concordato minore ogni debitore sovraindebitato non consumatore. Tuttavia, il Codice richiede che vi sia uno specifico obiettivo: la continuità aziendale/professionale oppure un apporto esterno di risorse. In particolare, se il debitore intende proseguire l’attività imprenditoriale o professionale, può sempre proporre il concordato minore. Se invece l’attività è cessata o il debitore è persona fisica senza impresa, allora il concordato minore è ammesso solo se qualcuno apporta risorse esterne significative da incrementare l’attivo. Questa condizione (introdotta dal CCII) serve a evitare concordati “liquidatori puri” senza vantaggi: in assenza di continuità, si richiede che almeno un terzo metta dei fondi extra a beneficio dei creditori. Esempio: un professionista che ha chiuso lo studio e non ha redditi futuri, per proporre concordato minore deve far sì che, ad es., un familiare immetta una somma di denaro “fresca” nel piano, altrimenti dovrebbe optare per la liquidazione controllata. Se invece l’attività continua (es. ditta artigiana in difficoltà ma operativa), può proporre concordato per ristrutturare i debiti e andare avanti.
  • Contenuto della proposta: La proposta di concordato minore può prevedere qualsiasi forma di ristrutturazione: pagamento parziale dei crediti in tempi e modi determinati, anche attraverso cessioni di beni, dilazioni, conversione di crediti in strumenti finanziari, ecc.. È consentita la suddivisione dei creditori in classi con trattamento differenziato, se appropriato (ad esempio separare banche, fornitori, ecc.), anche se le classi non sono obbligatorie salvo che per i creditori garantiti da terzi. Infatti la legge impone di classificare a parte i creditori che vantano garanzie prestate da terzi, presumibilmente per tutelare il garante (che potrebbe essere familiare del debitore) e consentire eventualmente un trattamento particolare. In ogni caso, per ciò che non è specificamente previsto dalla disciplina del concordato minore, si applicano in via residuale le norme generali sul concordato preventivo semplificato (Capo III, Titolo IV CCII) nella misura compatibile. Il che significa che molti principi del concordato “maggiore” valgono anche qui (es. formazione del passivo, voto, omologa, ecc., adattati al caso).
  • Documentazione e attestazioni: Alla domanda di concordato minore il debitore deve allegare un piano dettagliato e una serie di documenti analoghi a quelli richiesti per un concordato preventivo semplificato. In particolare i bilanci o dichiarazioni fiscali degli ultimi 3 anni, l’elenco completo dei creditori con le cause di prelazione, l’elenco di eventuali atti di straordinaria amministrazione degli ultimi 5 anni, la situazione economico-patrimoniale aggiornata e l’elenco delle entrate e spese familiari. Questi elementi servono a dare un quadro chiaro ai creditori e al tribunale. Per i creditori privilegiati, vale una regola analoga a quella del piano del consumatore: si possono falcidiare i loro crediti purché sia garantito almeno il valore di realizzo in caso di liquidazione dei beni su cui insiste la garanzia. La valutazione del valore di mercato è attestata dall’OCC. Inoltre, anche nel concordato minore della persona fisica è prevista la possibilità di mantenere in essere il mutuo sulla casa principale (con rimborso delle rate a scadenza) analogamente al consumatore. L’art. 75, co.2-bis CCII consente infatti al debitore persona fisica di escludere dal concordato le rate future del mutuo sulla prima casa, se è in bonis con i pagamenti (o li regolarizza) e se l’OCC certifica che quella scelta non danneggia gli altri creditori. Questa disposizione estende anche al piccolo imprenditore la clausola salva-casa. Analogamente, se l’attività di impresa prosegue, il debitore può chiedere di mantenere i leasing o i mutui su beni strumentali all’esercizio (macchinari, capannoni ecc.), continuando a pagarne le rate, alle condizioni previste e previa attestazione OCC che ciò non pregiudica gli altri creditori.
  • Procedimento e voto dei creditori: La procedura si apre con ricorso tramite OCC al tribunale competente. Anche qui l’OCC redige una relazione particolareggiata, che accompagna la proposta, contenente: cause dell’indebitamento e comportamento del debitore; eventuali atti in frode ai creditori; valutazione di completezza della documentazione; soprattutto un giudizio sulla fattibilità del piano e sulla sua convenienza rispetto alla liquidazione controllata. Quest’ultimo punto è fondamentale: l’OCC deve dire se il piano proposto offre ai creditori più (o almeno non meno) di quanto essi otterrebbero dalla liquidazione. È un primo test di convenienza. (Da notare: il D.Lgs. 136/2024 ha semplificato la relazione OCC eliminando l’obbligo di indicare percentuali di soddisfo e criteri di classazione, ritenendo sufficienti le valutazioni generali di fattibilità e convenienza). Come per il consumatore, l’OCC riferisce inoltre sul rispetto del merito creditizio da parte degli istituti finanziatori.

Ricevuta l’istanza, il tribunale fissa un decreto di apertura in cui ordina la comunicazione della proposta ai creditori e stabilisce modalità e tempi per il voto. Nel concordato minore, infatti, i creditori sono chiamati ad esprimere il consenso o dissenso alla proposta. Non c’è però un’assemblea fisica: di solito le comunicazioni avvengono via PEC e il voto viene espresso per iscritto o tacitamente. In particolare, ogni creditore deve comunicare all’OCC il proprio indirizzo PEC e può inviare entro un termine (es. 20 giorni) l’adesione o le osservazioni. Il silenzio-assenso opera in questa procedura: la legge prevede che, in mancanza di risposta entro il termine fissato, il creditore si intende consenziente alla proposta. Ciò è molto favorevole al debitore, perché evita che l’inerzia dei creditori (magari distratti o poco interessati) impedisca il raggiungimento delle maggioranze.

Quali maggioranze servono? Il concordato minore è approvato se ottiene il voto favorevole di creditori che rappresentino la maggioranza dei crediti ammessi al voto. Se un singolo creditore detiene da solo più del 50% dei crediti (caso di monocreditore dominante), allora oltre al suo assenso (che varrebbe maggioranza di valore) occorre anche che la maggioranza dei teste (numero di creditori votanti) sia favorevole. Inoltre, se sono previste diverse classi, la maggioranza in valore deve registrarsi anche nella maggior parte delle classi (principio del voto per classi, analogo al concordato preventivo). I creditori privilegiati che siano pagati integralmente secondo la proposta non votano affatto (né si contano nel quorum), a meno che rinuncino in parte alla prelazione. I creditori parzialmente soddisfatti invece votano per la parte residuale come chirografari. Sono esclusi dal voto i creditori in conflitto di interessi e i creditori “relazionati” col debitore (familiari, società controllate, ceduti strumentalmente, ecc.), per evitare voti pilotati.

Se la maggioranza richiesta viene raggiunta, si passa all’omologazione. Attenzione: se la maggioranza non viene raggiunta, il concordato minore non può essere omologato a meno di applicare il cram-down fiscale (vedi oltre) per creditori pubblici determinanti. In tal caso, la procedura potrebbe essere convertita in liquidazione controllata su richiesta del debitore. Nel caso invece di approvazione, il giudice convoca udienza per verificare la regolarità del voto e l’ammissibilità del piano. Se tutto regolare e nessuno contesta, il giudice omologa con sentenza, dichiarando aperta la procedura di concordato esecutivo e chiudendo quella di sovraindebitamento. Se ci sono contestazioni di creditori dissenzienti sulla convenienza, il giudice può applicare un meccanismo simile a quello del piano del consumatore: può omologare ugualmente nonostante il voto contrario di alcuni, se ritiene che il credito degli opponenti sia soddisfatto in misura non inferiore all’alternativa liquidatoria. Inoltre – e questa è una grossa novità – il giudice può omologare il concordato minore anche senza il voto favorevole dell’Erario o degli enti previdenziali quando il loro voto sarebbe decisivo per la maggioranza e la proposta nei loro confronti risulta comunque conveniente rispetto alla liquidazione. È il cosiddetto cram-down fiscale: in pratica, se il piano prevede ad esempio un saldo e stralcio di cartelle esattoriali e l’Agenzia delle Entrate non aderisce, ma l’OCC certifica che quel che viene offerto è più di quanto il Fisco incasserebbe liquidando il debitore, il giudice può forzare l’omologazione anche senza l’adesione del Fisco. Questa possibilità, introdotta dal 2020 e confermata dal CCII, è fondamentale perché spesso il voto contrario del Fisco (magari per rigidità burocratica) bloccava gli accordi, mentre ora può essere superato se la proposta è oggettivamente vantaggiosa per l’Erario rispetto alla liquidazione. Resta invece preclusa l’omologa se a dissentire è una maggioranza “privata” di creditori che dimostrino di prendere di meno che in liquidazione – in tal caso la convenienza mancherebbe e il giudice non può imporre comunque il concordato.

Anche nel concordato minore vige la preclusione per il creditore finanziatore colpevole: il creditore che ha violato i doveri di merito creditizio o causato l’eccessivo indebitamento non può fare opposizione sull’omologa contestando la convenienza. È un’arma in meno per i creditori responsabili di sovrafinanziamento.

Se il giudice omologa, la sentenza viene pubblicata e segna la chiusura della procedura concorsuale (in senso tecnico). Contestualmente, il tribunale dichiara l’eventuale apertura della fase esecutiva del concordato omologato (che però si svolge essenzialmente fuori dal tribunale, sotto vigilanza OCC). In caso invece di diniego di omologa (ad es. per mancanza di maggioranza o per indegnità del debitore), il giudice revoca le misure protettive eventualmente concesse e, su istanza del debitore, dichiara aperta la liquidazione controllata dei beni. Dunque c’è una possibilità di conversione: se il concordato fallisce, il debitore può ripiegare sulla liquidazione giudiziale semplificata, senza dover ricominciare tutto ex novo (basta la sua richiesta). Questo istituto della conversione automatica, che in origine era obbligatorio, è stato in parte modificato: ora l’apertura della liquidazione a seguito di mancata omologa richiede l’istanza del debitore e la verifica dei presupposti di insolvenza. Se vi sono state frodi, la liquidazione può essere chiesta anche dai creditori o dal PM.

  • Esecuzione del concordato minore: Dopo l’omologa, il debitore deve eseguire il piano come stabilito. L’OCC funge da commissario/controllore: vigila sull’esatto adempimento, aiuta a risolvere difficoltà e ogni 6 mesi riferisce al giudice sullo stato dell’esecuzione. Le vendite di beni eventualmente previste dal piano sono effettuate dal debitore stesso (non da un curatore), ma sotto la supervisione dell’OCC e con obbligo di forme competitive di realizzo. Ciò significa che, se il piano prevede di vendere un immobile per pagare i creditori, il debitore dovrà procedere tramite asta privata o comunque con modalità trasparenti e stime di esperti, sotto controllo OCC, per massimizzare il ricavato. In qualunque momento, su istanza OCC, il giudice può intervenire per dirimere questioni (ad esempio autorizzare atti non previsti dal piano). Quando il debitore ha compiuto tutti gli atti necessari e pagato quanto doveva, l’OCC presenta al giudice una relazione finale. Il giudice, riscontrato che il piano è stato integralmente eseguito, emette decreto di chiusura, liquida il compenso dell’OCC e dichiara l’esdebitazione del debitore.

L’esdebitazione nel concordato minore opera in modo simile al piano del consumatore: i crediti rimasti insoddisfatti (la parte falcidiata) vengono cancellati e i creditori non potranno più pretenderli. Di regola ciò è implicito nell’omologa stessa (che approva la riduzione), ma la certezza si ha con la chiusura finale. I creditori conservano invece diritti verso eventuali coobbligati o fideiussori esterni al concordato: ad esempio, se nel concordato Tizio paga al 50% un debito che aveva con garanzia della moglie, il creditore potrà rivalersi sulla moglie garante per il restante 50%, salvo che la proposta approvata non preveda esplicitamente la liberazione anche dei garanti. Questo va tenuto presente in fase di piano.

Se invece durante l’esecuzione il piano non viene rispettato, il giudice – avvisato dall’OCC – può dichiarare la risoluzione dell’omologazione. La risoluzione può essere automatica se il debitore non compie atti essenziali entro termini perentori fissati dal giudice (che in sede di omologa può già imporre tappe precise, ex art. 81 co.5 CCII). In caso di risoluzione per inadempimento o se emerge una frode postuma, il tribunale revoca l’omologa e può contestualmente aprire la liquidazione controllata su richiesta (anche dei creditori). La revoca deve essere chiesta entro 6 mesi dalla fine del concordato o dalla scoperta della frode, ed è decisa con sentenza del tribunale. La revoca dell’omologa fa rivivere per intero i debiti residui, salvo i diritti acquisiti dai terzi in buona fede durante l’esecuzione. Dopo la revoca, su istanza di parte, il tribunale apre la liquidazione controllata secondo la procedura prevista (si apre un nuovo capitolo, ma semplificato perché è come subentrare allo stesso giudice con gli atti già raccolti).

Vantaggi del concordato minore: Permette di ristrutturare i debiti di impresa o professionali evitando la liquidazione e potendo continuare l’attività. Il debitore mantiene la gestione dell’impresa (non viene spossessato dei beni, a differenza della liquidazione) e può conservare beni strategici (grazie alle norme su mutui e leasing in continuità). Consente soluzioni creative e concordate con i creditori, che potrebbero essere più inclini ad accettare un piano ragionevole piuttosto che forzare il fallimento. La presenza del voto dei creditori può essere un vantaggio se si ottiene un largo consenso, perché poi difficilmente vi saranno opposizioni.

Svantaggi/limiti: Serve convincere almeno la maggioranza dei crediti: se il debitore ha molti piccoli creditori sparsi, il silenzio-assenso aiuta, ma se ha pochi creditori principali (es. banche), occorre negoziare un accordo soddisfacente per almeno uno di essi (nel caso estremo di un unico grande creditore, occorre anche la maggioranza “per teste” degli altri votanti che però non esistono, generando l’anomalia, coperta dalla norma aggiuntiva sul monocredito). Inoltre, se l’attività è cessata e nessuno apporta risorse, il concordato minore non è percorribile (bisogna procedere a liquidazione). Anche qui come nel piano, il debitore deve essere meritevole (se ha frodato o agito con dolo, i creditori stessi probabilmente non voteranno a favore e il giudice potrebbe comunque non omologare per indegnità). Il controllo di convenienza all’omologa significa che i creditori “garantiti” da un’alternativa migliore potranno opporsi con buone chance di blocco (es: se uno ha ipoteca su immobile di valore, si opporrà a un concordato che glielo svaluta oltre misura e il giudice gli darebbe ragione se dimostra di poter ricavare di più vendendo). Dunque la fattibilità economica è un vincolo forte. Se la procedura fallisce in corso (manca il voto o il debitore non rispetta il piano), si rischia di finire comunque in liquidazione, con possibile aggravio di costi e tempi. In generale però il concordato minore è uno strumento molto utile per composizioni negoziate assistite dal tribunale, in linea con la direttiva UE sull’insolvency, destinato a favorire il risanamento di piccoli imprenditori.

3. Liquidazione controllata del sovraindebitato

La liquidazione controllata (artt. 268–277 CCII) è la procedura che consiste nel mettere a disposizione tutto il patrimonio del debitore per soddisfare i creditori, sotto la direzione del tribunale e di un liquidatore nominato. È l’equivalente del “fallimento” per i soggetti non fallibili, e ha preso il posto della liquidazione del patrimonio prevista dalla vecchia legge. Può accedervi qualsiasi debitore sovraindebitato, sia consumatore che imprenditore minore, senza necessità di consenso da parte dei creditori. È quindi la via residuale e talvolta obbligata quando non è possibile o non si vuole proporre un piano o concordato. Caratteristiche principali:

  • Come si attiva: La liquidazione può essere richiesta dal debitore stesso con ricorso al tribunale competente. In alternativa, può essere richiesta anche da un creditore o un insieme di creditori, ma solo se il debitore è in stato di insolvenza conclamata e già inadempiente (es. con procedure esecutive avviate). Attenzione: a differenza della legge 3/2012, oggi il creditore può quindi provocare d’ufficio la liquidazione del sovraindebitato insolvente, salvo alcuni limiti. Il limite principale è che i debiti scaduti e non pagati siano almeno €50.000. Questo importo-soglia (aggiornabile triennalmente) serve a evitare liquidazioni forzate per importi irrisori. Inoltre, se il debitore è una persona fisica, la legge gli offre una ulteriore protezione: se un creditore chiede la liquidazione ma il debitore non ha alcun attivo realizzabile (nemmeno attivabile con azioni revocatorie o simili), il tribunale non apre la liquidazione su attestazione dell’OCC. In pratica, per evitare procedure inutili, se il debitore persona fisica è nullatenente e l’OCC conferma che non c’è modo di ricavare nulla (neppure future entrate pignorabili), la domanda del creditore è respinta e il debitore potrà semmai accedere direttamente all’esdebitazione senza utilità (v. §4). Simmetricamente, se è il debitore persona fisica a chiedere la propria liquidazione, l’OCC deve attestare che almeno un minimo attivo è ricavabile per i creditori; se il debitore è davvero privo di risorse, la strada corretta è saltare la liquidazione e chiedere l’esdebitazione da incapiente. Questa innovazione evita liquidazioni “inutili” e instrada i casi di totale incapienza verso la procedura ad hoc.
  • Effetti dell’apertura: Il tribunale, verificati i presupposti (sovraindebitamento e documenti regolari), emette sentenza di apertura della liquidazione controllata. Da quel momento: tutti i beni del debitore presenti e futuri entro certi limiti diventano vincolati alla procedura, il debitore perde l’amministrazione e disponibilità del patrimonio (simile allo spossessamento fallimentare), e si apre il concorso dei creditori. Viene nominato un liquidatore (di norma scelto tra i gestori OCC o professionisti qualificati), che svolge i compiti analoghi al curatore fallimentare. Il liquidatore redige l’inventario, gestisce e vende i beni, ripartisce il ricavato ai creditori secondo le cause di prelazione. Si applicano le norme generali delle procedure concorsuali in quanto compatibili (art. 268 co.2 e 5 CCII richiama molte disposizioni del fallimento). Ad esempio, i beni sopravvenuti entro la chiusura rientrano nella massa, il liquidatore può proseguire o interrompere le cause pendenti, può esercitare azioni revocatorie per atti pregiudizievoli compiuti prima della liquidazione, ecc. Dal giorno dell’apertura, tutti i creditori pregressi devono far valere le proprie ragioni esclusivamente nella liquidazione (divieto di azioni esecutive individuali). Le eventuali esecuzioni pendenti vengono automaticamente bloccate e si unificano nella procedura concorsuale. I creditori presentano domanda di ammissione al passivo e il giudice forma lo stato passivo (come nel fallimento).

In sintesi, la liquidazione controllata è molto simile ad un fallimento semplificato: il debitore è spossessato dei beni, il liquidatore li vende e distribuisce il ricavato, sotto controllo del giudice e con le regole di graduazione dei crediti (privilegi, ipoteche ecc.) tipiche. Il vantaggio per il debitore è che, essendo queste procedure pensate per piccoli patrimoni, la legge ha introdotto meccanismi per snellirle e limitarne la durata.

  • Durata massima e chiusura: Una delle novità più significative è che la liquidazione controllata non può protrarsi indefinitamente. L’art. 270 CCII stabilisce che la procedura si chiude in ogni caso entro 3 anni dall’apertura. Se anche dopo 3 anni non si fosse riusciti a vendere tutto o a recuperare crediti, il procedimento viene ugualmente chiuso e il debitore ottiene l’esdebitazione (salvo casi di frode). In pratica 3 anni è la durata massima del “periodo concorsuale” per il debitore persona fisica. La chiusura può avvenire anche prima se il liquidatore constata che non c’è più nulla da distribuire e lo riferisce al giudice. Ad esempio, se dopo aver venduto casa e auto entro 1 anno, il debitore non ha altri beni né redditi aggredibili, il liquidatore può chiedere la chiusura anticipata senza attendere i 3 anni. In ogni caso, trascorsi tre anni dall’inizio, la procedura deve chiudersi e il debitore ha diritto alla liberazione dai debiti. Questo è un enorme passo avanti rispetto al passato, quando una liquidazione poteva durare molti anni. Oggi il debitore ha la certezza che dopo 3 anni (o meno) voltolerà pagina.

Tecnicamente, la chiusura viene formalizzata con decreto del tribunale che approva il rendiconto finale del liquidatore e dichiara l’esdebitazione (se spettante). Va sottolineato che la chiusura per scadenza di termine può avvenire anche se non tutti i beni sono stati liquidati o se ci sono ancora procedimenti in corso: oltre il triennio, il legislatore preferisce liberare il debitore e far eventualmente proseguire le operazioni residue senza vincolare più la persona (si potrebbe lasciare al liquidatore di terminare la vendita di qualche bene, ma senza più impedire l’esdebitazione del debitore oltre i 3 anni).

  • Esdebitazione del debitore dopo la liquidazione: Arriviamo al punto cruciale: cosa succede ai debiti non pagati al termine della liquidazione controllata. Il debitore persona fisica ha diritto di ottenere la cancellazione di tutti i debiti concorsuali insoddisfatti (esdebitazione), a condizione di aver collaborato e non aver commesso atti di frode. Nel Codice, la disciplina è agli artt. 278–281 CCII (Sezione I-bis). In particolare, art. 279 prevede che decorsi 3 anni dall’apertura della procedura o al momento della chiusura se anteriore, il debitore ottiene di diritto l’esdebitazione. I requisiti soggettivi sono analoghi a quelli già visti: non aver già ottenuto altra esdebitazione nei 5 anni precedenti, né più di due volte in totale. Inoltre, l’esdebitazione può essere negata se, su segnalazione del liquidatore, risultano comportamenti dolosi del debitore (false attestazioni, mancata consegna di documenti, violazione di obblighi di cooperazione, ecc.). La legge elenca una serie di ipotesi di diniego, ma sono tutte riconducibili a colpe gravi o frodi. In assenza di queste, invece, il debitore meritevole viene esdebitato.

Il procedimento di esdebitazione si innesta nella chiusura: il liquidatore, nel suo rapporto finale, deve segnalare se ci sono elementi ostativi o meno. Il tribunale decide con decreto motivato, che viene iscritto nel registro delle imprese (se era imprenditore) e pubblicato sul sito web del tribunale. Il decreto dichiara l’esdebitazione e libera il debitore residuo dai debiti. Se per caso emergessero opposizioni di creditori (ad esempio un creditore che sostiene che il debitore ha nascosto beni), il tribunale può decidere di rigettare o revocare l’esdebitazione. Ma queste contestazioni devono emergere subito: una volta decorso il termine di reclamo, l’esdebitazione diventa definitiva.

Gli effetti: Il debitore è liberato da tutti i debiti concorsuali anteriori non soddisfatti, ad eccezione di quelli non esdebitabili per legge (alimenti, danni da illecito e sanzioni pecuniarie, come detto prima). Restano inoltre obbligati eventuali coobbligati o garanti (che non erano parte della procedura), come previsto espressamente. Dunque i creditori non potranno più aggredire il patrimonio o i redditi futuri del debitore per i vecchi debiti: egli riacquista la piena capacità patrimoniale “pulita” e viene riabilitato economicamente.

Un aspetto da evidenziare: la legge dice che il debitore “ha diritto” all’esdebitazione dopo 3 anni o prima se la procedura chiude prima. Quindi, se il liquidatore riesce a vendere tutto e a distribuire in 1 anno e si chiude la procedura, il debitore viene esdebitato immediatamente a fine anno. Non deve comunque aspettare oltre. I 3 anni sono un limite massimo, non un minimo.

Conclusione della liquidazione: in sintesi, la liquidazione controllata è spesso l’ultima ratio ma garantisce comunque, in tempi certi, l’uscita dal tunnel. Il debitore sacrifica il suo patrimonio (vende beni, perde disponibilità dei redditi oltre il minimo vitale per 3 anni) ma in cambio ottiene l’estinzione dei debiti e può ripartire da zero. È fondamentale la collaborazione: il debitore deve comportarsi correttamente, consegnare tutti i documenti all’OCC e al liquidatore, non nascondere nulla. Un eventuale comportamento infedele può portare a sanzioni penali (sono previste specifiche fattispecie di reato per chi trucca le carte nel sovraindebitamento) e soprattutto al diniego dell’esdebitazione. Ma per il debitore onesto che “mette sul piatto” ciò che ha, la liquidazione controllata assicura la pace finale dai creditori.

Vantaggi: Non richiede l’accordo dei creditori (il debitore decide autonomamente di liquidarsi). Blocca subito le azioni esecutive e concentra il contenzioso. Ha durata certa e relativamente breve (3 anni). Conduce all’esdebitazione praticamente garantita se il debitore è meritevole. Può essere adatta quando il debitore possiede beni pignorabili di valore (es. una casa) e i creditori comunque aggredirebbero tali beni: farlo in modo ordinato tramite il tribunale spesso massimizza il valore (vendite con aste competitive ecc. sotto controllo liquidatore) e consente al debitore di evitare il cumulo di procedure e di liberarsi dei debiti residui.

Svantaggi: È invasiva – il debitore perde la disponibilità dei suoi beni e redditi come in un fallimento. L’ufficio del liquidatore comporta costi (compenso da pagare con priorità in prededuzione, se c’è attivo) e procedure non sempre snelle. Inoltre, durante i (fino a) 3 anni di liquidazione il debitore potrebbe avere difficoltà ad accedere al credito e subisce le limitazioni tipiche (non può gestire liberamente nuovi beni, ecc.). Tuttavia, rispetto al fallimento tradizionale, resta una procedura più “leggera” e tagliata su misura: ad esempio, il debitore persona fisica non subisce l’interdizione personale (nel fallimento c’era l’inabilitazione, qui no), e soprattutto la riabilitazione è rapida grazie all’esdebitazione di diritto.

Una volta chiusa la liquidazione e ottenuta l’esdebitazione, eventuali beni sopravvissuti o non liquidati ritornano nella disponibilità del debitore liberi dai vincoli (salvo che la mancata liquidazione sia dipesa da colpa sua, ma in tal caso magari l’esdebitazione gli verrebbe negata).

4. Esdebitazione del debitore incapiente (senza utilità)

L’esdebitazione dell’incapiente è lo strumento di “ultima istanza” introdotto per chi non ha nulla da offrire ai creditori, nemmeno in prospettiva, ma è meritevole e ha bisogno di un perdono dei debiti per tornare ad una vita dignitosa. È disciplinata dall’art. 283 CCII, frutto di modifiche normative (anticipate già nel 2020 e poi recepite nel Codice). In gergo, viene chiamata anche “esdebitazione senza utilità”, proprio perché avviene senza alcun pagamento ai creditori. Le sue caratteristiche principali:

  • Chi può accedere: Solo il debitore persona fisica (non società) e che sia “meritevole” in senso pieno. Deve trattarsi di un soggetto che “non è in grado di offrire ai creditori alcuna utilità, nemmeno futura”, ossia completamente incapiente. Tipicamente un disoccupato senza beni, oppure una persona con un reddito talmente basso che, al netto delle spese di sostentamento, non residua nulla da destinare ai creditori. La legge precisa infatti che si considera incapiente anche chi ha un reddito modesto, inferiore all’assegno sociale aumentato della metà (parametrato al nucleo familiare). Ad esempio, un single che guadagni meno di circa €750 mensili (1,5 volte ~€500 di assegno sociale) è di fatto incapiente; se ha famiglia, la soglia sale in base all’ISEE. Inoltre, il debitore non deve avere prospettive credibili di miglioramento a breve: se sta per ricevere un TFR o ha una causa di risarcimento in corso, allora c’è un’utilità futura e non rientra nell’incapienza.
  • One shot: L’esdebitazione senza utilità è concessa una sola volta nella vita al debitore. È un bonus che non si ripete: chi ne beneficia e poi torna indebitato non potrà richiederla di nuovo (diversamente dalle altre procedure, dove in teoria due volte in totale si può). Quindi va utilizzata con “parsimonia” solo per veri casi disperati.
  • Procedura di richiesta: Il debitore presenta un’istanza al tribunale tramite un OCC competente. Anche qui serve il filtro di un OCC: occorre depositare documentazione simile a quella di un piano (elenco creditori, ultime dichiarazioni dei redditi, indicazione redditi attuali, elenco atti di straordinaria Amm. 5 anni). L’OCC redige una relazione particolareggiata sulle cause dell’indebitamento, sulla condotta del debitore, su eventuali atti impugnati dai creditori e sulla completezza dei documenti. Inoltre attesta il merito creditizio dei finanziatori come negli altri casi. Insomma, l’OCC deve confermare che il soggetto non ha nulla e non ha nascosto nulla, e che la sua insolvenza non è fraudolenta.

Non essendoci un piano né creditori da soddisfare, non c’è votazione né classi. La procedura è semplificata: il tribunale, verificato che il debitore è incapiente e meritevole (nessuna frode, nessuna colpa grave), emette un decreto di accoglimento che concede l’esdebitazione immediata. Prima di farlo, il giudice può svolgere un’istruttoria minima per assumere informazioni (es. sentire eventualmente il debitore o richiedere chiarimenti dall’OCC). Ma non è prevista un’udienza formale con i creditori: questi ultimi vengono semmai informati dopo. Infatti il decreto di esdebitazione viene comunicato a tutti i creditori, i quali hanno 30 giorni per proporre opposizione se ritengono insussistenti i presupposti. Se nessuno si oppone o se le opposizioni vengono respinte, il decreto diventa definitivo; se invece un creditore dimostra ad esempio che il debitore aveva occultato un bene, il giudice potrebbe revocare il beneficio. Il Correttivo Ter ha semplificato anche questo passaggio, eliminando un doppio stadio: oggi il giudice tende a valutare meritevolezza e assenza di frodi prima di emettere il decreto, riducendo lo spazio per opposizioni tardive. Ad ogni modo, trascorso il termine, l’esdebitazione incapiente diventa irrevocabile.

  • Effetti e obblighi post-esdebitazione: Il beneficio concesso consiste nella cancellazione di tutti i debiti del sovraindebitato (tranne quelli non esdebitabili per legge) anche se non viene pagato nulla ai creditori. Di colpo, il debitore esce libero dall’incubo debitorio. Tuttavia, c’è una condizione importante: per i 3 anni successivi il debitore ha l’obbligo di comunicare tempestivamente all’OCC (che rimane in funzione di vigilanza) e ai creditori l’eventuale sopravvenienza di “utilità rilevanti”. In particolare, se entro 3 anni dal decreto il debitore riceve nuovi beni o redditi che gli consentano di pagare almeno il 10% del totale dei vecchi debiti, allora quei beni/utilità tornano in gioco. La legge infatti dice che resta ferma l’esigibilità dei debiti entro il limite e alle condizioni del comma 9 dell’art. 283. Il comma 9 (come riformulato nel 2024) prevede che l’OCC monitori per 3 anni e, se emergono utilità ulteriori, i creditori hanno diritto fino al 10%. In pratica: l’esdebitazione è immediata ma condizionata risolutivamente per 3 anni. Se per esempio il debitore incapiente vince alla lotteria una somma consistente entro tre anni, dovrà destinarne almeno il 10% ai vecchi creditori (che così recuperano qualcosa). Ciò non significa che l’esdebitazione viene annullata del tutto – resta valida ma i creditori riacquisiscono un diritto sul nuovo attivo nei limiti indicati (è un meccanismo a tutela di equità). Se invece entro tre anni non capita nulla di significativo, l’esdebitazione si consolida definitivamente e i creditori non potranno più pretendere nulla neanche in futuro. Nota: Non vengono considerate “utilità” rilevanti eventuali finanziamenti ricevuti dal debitore per riprendersi, né donazioni modeste: la norma esclude dal conteggio i prestiti di terzi, per non scoraggiare aiuti familiari o di amici. Quindi se un parente gli presta soldi dopo l’esdebitazione, il debitore non deve dirottare quel denaro ai vecchi creditori (essendo un debito nuovo). L’OCC comunque rimane incaricato di vigilare sul debitore in questo triennio: deve verificare annualmente la situazione economica del debitore e la tempestività di eventuali dichiarazioni di sopravvenienza. In caso di violazione dolosa (se il debitore nasconde un’eredità, ad esempio), vi sarebbero conseguenze anche penali e il beneficio potrebbe essere revocato.

Trascorsi i 3 anni di “probation”, l’OCC deposita relazione finale e il caso è chiuso. Il debitore ha di fatto ottenuto un condono totale dei debiti, salva la quota dovuta se è sopraggiunta fortuna entro i primi anni (non più di quanto permetta di pagare il 10% comunque).

Esempio pratico: Caio, nullatenente con €100.000 di debiti, ottiene l’esdebitazione incapiente nel 2025. Nel 2026 trova lavoro ma con stipendio normale: ciò non comporta nulla perché quell’entrata serve a vivere (sopra soglia minima, eventualmente i creditori non possono toccarla perché il provvedimento lo vieta a meno che superi la soglia di rilevanza). Nel 2027 Caio riceve un’eredità di €30.000: questa è un’utilità rilevante perché consentirebbe di pagare il 30% dei debiti. Dunque Caio deve informare OCC e creditori; a quel punto è tenuto a versare ai vecchi creditori fino a €10.000 (il 10% del debito originario) ripartiti tra loro. Oltre quel 10%, il restante dell’eredità può tenerlo perché la norma indica quel tetto minimo complessivo. Nel 2028 Caio vince €5.000 al gioco: essendo inferiori al 10% (5% dei debiti), potrebbe non doverli destinare, perché non superano la soglia minima (interpretazione da confermare, ma parrebbe che se l’utilità non consente il pagamento di almeno il 10%, potrebbe non rilevare). Chiaramente, se Caio non avvisa e l’OCC scopre l’omissione, rischierebbe la revoca. Comunque nel 2029 i 3 anni passano e Caio rimane definitivamente liberato.

Vantaggi: È un istituto di grande umanità sociale: consente di liberare dal peso dei debiti persone totalmente schiacciate e senza vie d’uscita (es. nullatenenti, pensionati al minimo tormentati da vecchie pendenze, sovraindebitati cronici per eventi sfortunati). Evita che soggetti in miseria restino per sempre esclusi economicamente a causa di debiti irrecuperabili. L’impatto sui creditori è mitigato dalla previsione di partecipare ad eventuali colpi di fortuna del debitore entro un periodo definito. La procedura è rapida e semplice se ben documentata.

Svantaggi/limiti: Ovviamente è dura da digerire per i creditori, che non ricevono nulla immediatamente. Per questo è concessa solo in casi-limite e una sola volta. Richiede un vaglio attento sulla sincerità del debitore: qualsiasi ombra di frode o leggerezza può farla rigettare. Inoltre, non cancella gli eventuali debiti per alimenti, danni e sanzioni (anche il povero resta comunque tenuto a pagare, ad esempio, le multe penali). E chi viene esdebitato in questo modo, se poi dovesse indebitarsi di nuovo, non avrà più accesso ad altri perdoni: deve stare attento a non ricadere perché i creditori futuri potranno agire. La reputazione creditizia ovviamente può rimanere compromessa (banche e finanziarie sapranno che ha ottenuto un’esdebitazione totale, quindi difficilmente concederanno credito salvo trascorrere di molti anni e mostrare nuova affidabilità).

Rapporto con le altre procedure: L’incapiente può scegliere questa via solo se non vi sono alternative possibili. Se esiste anche un minimo attivo da liquidare, il tribunale può infatti preferire indirizzarlo verso la liquidazione controllata (magari seguita da esdebitazione finale). La norma, come visto, prevede che su istanza di un creditore il debitore possa eccepire l’incapienza per evitare la liquidazione; e che se lui stesso chiede la liquidazione e l’OCC certifica zero attivo, la liquidazione non si apre ma si va direttamente verso l’esdebitazione. Quindi le due cose sono coordinate. Un debitore potrebbe anche passare da una liquidazione ad un’esdebitazione incapiente: ad esempio, se in liquidazione non si ricava nulla, invece di aspettare 3 anni, potrebbe chiedere al volo l’esdebitazione incapiente. Però normalmente non ce n’è bisogno perché la liquidazione chiuderà comunque con esdebitazione in 3 anni.

In conclusione, l’esdebitazione senza utilità rappresenta il “perdono” totale dei debiti per chi versa in situazione disperata ma non colpevole. È il segnale di un ordinamento che non vuole più “condannare a vita” il debitore onesto all’indigenza e all’irregolarità: piuttosto gli concede un reset, sperando che possa reinserirsi nell’economia legale (consumare, lavorare, magari anche contrarre nuovi crediti ma in modo sostenibile). Naturalmente è una soluzione estrema, ma necessaria in un contesto di crescente indebitamento privato e di esclusione finanziaria.

Di seguito, uno schema comparativo sintetico delle principali procedure di sovraindebitamento dal punto di vista del debitore:

ProceduraDestinatari (chi può usarla)Necessità accordo creditoriDurata tipicaEffetti finali
Piano di ristrutturazione del consumatoreConsumatori (persone fisiche non imprenditori)No (decide il giudice; creditori possono solo fare osservazioni)Variabile, in base al piano (da pochi mesi a diversi anni; nessun limite normativo, ma soglia di sostenibilità pratica)Debiti residui cancellati all’omologazione definitiva (esdebitazione integrata nella sentenza).
Concordato minoreDebitori non consumatori (piccoli imprenditori, professionisti, start-up, ecc.) (serve maggioranza >50% crediti; silenzio-assenso previsto)Pianificata nel piano, di solito 5–6 anni per ragioni di equità procedurale (può includere dilazioni fino a 5 anni circa, salvo eccezioni)Debiti non soddisfatti cancellati a completamento del piano omologato (sentenza di omologa + decreto di chiusura con esdebitazione).
Liquidazione controllataQualunque debitore sovraindebitato (consumatore o no); anche attivabile dai creditori (se ≥ €50.000 debiti scaduti)No (procedura concorsuale giudiziale; i creditori fanno domanda di ammissione al passivo, non c’è voto)Massimo 3 anni dall’apertura (chiusura anticipata possibile se nulla da liquidare)Vendita di tutti i beni e distribuzione ai creditori secondo prelazioni; al termine, esdebitazione automatica del debitore meritevole (debiti cancellati dopo 3 anni o a chiusura se prima).
Esdebitazione “incapiente”Persone fisiche meritevoli totalmente incapienti (nessun bene né reddito disponibile per i creditori)No creditori (non c’è un piano né voto; giudice decide su documentazione OCC)Procedura molto breve (pochi mesi: giusto il tempo dell’istruttoria OCC e del decreto del giudice) + periodo di vigilanza 3 anni post-decretoCancellazione immediata di tutti i debiti (decreto di esdebitazione), salvo obbligo per 3 anni di pagare i creditori se compaiono utilità ≥10% (debiti riesigibili nei limiti di nuove risorse sopra soglia). Trascorsi 3 anni senza novità, liberazione definitiva.

(Legenda: “meritevole” = debitore senza dolo o colpa grave; “prelazioni” = garanzie come ipoteche, privilegi; “silenzio-assenso” = se il creditore non risponde, vale come voto favorevole.)

Domande frequenti (FAQ) sul sovraindebitamento

D: Sono oppresso dai debiti ma non ho un’azienda: posso accedere al sovraindebitamento?
R: Sì. Le procedure di sovraindebitamento sono destinate proprio a privati e famiglie sovraindebitate (oltre che ai piccoli imprenditori). Se sei un consumatore con debiti personali (es. prestiti, mutui, bollette, carte di credito, tasse non pagate), puoi presentare un piano del consumatore per ristrutturare i debiti secondo le tue possibilità. In alternativa, se la tua situazione non consente alcun rimborso sostenibile, puoi valutare la liquidazione controllata o, nei casi estremi, l’esdebitazione da incapiente (che cancella i debiti senza pagamento). L’importante è rivolgersi a un OCC e verificare di avere i requisiti di meritevolezza (nessuna frode).

D: Ho una piccola attività commerciale sommersa dai debiti: posso usare queste procedure?
R: Certamente. Se sei un imprenditore sotto soglia (piccola impresa non fallibile) o un professionista, puoi accedere al concordato minore. Ciò ti permette di proporre un accordo ai creditori per pagare i debiti, anche solo parzialmente, mentre eventualmente prosegui l’attività. Se la tua impresa è cessata o non hai prospettive di risanamento, puoi optare per la liquidazione controllata: liquidando i beni dell’azienda, chiuderai le pendenze e otterrai l’esdebitazione entro 3 anni. Nota: se la tua è una start-up innovativa, la legge prevede specificamente che tu debba usare queste procedure e non quelle fallimentari.

D: Cosa succede ai miei beni durante la procedura? Mi portano via tutto?
R: Dipende dallo strumento scelto:

  • Nel piano del consumatore o concordato minore, non c’è spossessamento generale: tu rimani proprietario dei beni e in possesso. Sarai tenuto a vendere o liquidare solo ciò che è previsto dal piano. Ad esempio, se il piano dice che venderai un immobile o un’auto per pagare i creditori, dovrai farlo (sotto controllo OCC). Ma i beni non inclusi nel piano restano tuoi. Inoltre, puoi salvare la casa di abitazione continuando a pagare il mutuo, e mantenere beni strumentali all’attività se prevedi di proseguire (pagando i relativi leasing o finanziamenti regolarmente). Durante la procedura, su ordine del giudice, i creditori non possono pignorare né sequestrare nulla del tuo patrimonio, quindi godrai di protezione.
  • Nella liquidazione controllata, invece, i beni di tua proprietà al momento dell’apertura diventeranno parte della massa attiva da liquidare, affidati al liquidatore. In pratica perderai la disponibilità di tali beni: quelli vendibili saranno venduti, quelli indispensabili alla vita quotidiana (abbigliamento, arredamento base, attrezzi di lavoro, ecc.) generalmente sono esclusi come per legge (si applicano esenzioni simili all’art. 545 c.p.c. per i beni impignorabili). Se hai una casa di proprietà, verrà con ogni probabilità venduta (salvo accordi particolari come la conversione del pignoramento se un familiare la riscattasse). Idem per veicoli di valore. Tuttavia, la legge ti tutela per i redditi: non ti possono togliere più del quinto dello stipendio/pensione durante la liquidazione (e nulla se guadagni sotto il minimo vitale). Inoltre la liquidazione dura al massimo 3 anni, dopo di che i beni eventualmente non venduti tornano liberi e i debiti residui cancellati. È un sacrificio patrimoniale ma a tempo e finalizzato alla liberazione dai debiti.
  • Nell’esdebitazione incapienti, non possedendo beni rilevanti, di fatto nulla ti viene tolto (non hai nulla da perdere). La procedura verte solo sui documenti. Una volta ottenuta l’esdebitazione, se entro 3 anni ti arrivassero beni di valore (es. una eredità), dovrai destinarne una parte (fino al 10%) ai creditori, ma questo obbligo scade dopo il triennio di vigilanza.

D: E per quanto riguarda lo stipendio o la pensione? Continueranno a pignorarmeli?
R: No, una delle prime misure protettive tipiche è la sospensione delle trattenute su stipendio/pensione (cessione del quinto) e dei pignoramenti presso terzi in corso. Quando depositi la domanda di sovraindebitamento, il giudice – su tua richiesta – ordina di bloccare le trattenute sullo stipendio in corso e ogni mese quelle somme resteranno a tua disposizione. Anche l’eventuale pignoramento del conto corrente o altro presso terzi viene sospeso. Nel piano o concordato poi potrai prevedere come gestire quei debiti: spesso, per le cessioni del quinto ad esempio, si offre ai finanziatori la stessa percentuale che ricevono gli altri creditori chirografari (potendo dunque ridurre notevolmente l’importo dovuto). Solo nel caso in cui tu scelga la liquidazione e abbia un reddito, il liquidatore potrà trattenere mensilmente la parte eccedente il necessario al tuo dignitoso sostentamento (in genere applicando la regola del quinto pignorabile). Ma ricorda: in nessuna procedura possono toglierti ciò che serve per vivere decorosamente: la legge assicura che ti resti almeno l’importo dell’assegno sociale moltiplicato per i membri della famiglia come soglia di sopravvivenza.

D: I debiti fiscali (Agenzia Entrate, cartelle) e le multe rientrano? Posso includerli e abbatterli?
R: Sì, i debiti tributari e contributivi rientrano a pieno titolo nel sovraindebitamento (salvo alcune eccezioni per sanzioni). Potrai inserirli nel piano/concordato e prevedere una falcidia o dilazione al pari degli altri debiti. Ad esempio, debiti con Agenzia Entrate Riscossione (ex Equitalia) per tasse o con INPS per contributi non versati, possono essere trattati come crediti chirografari (se privi di garanzie) e spesso ridotti significativamente, soprattutto se la tua capacità di pagamento è modesta. L’importante è offrire al Fisco una percentuale non inferiore a quella ricavabile liquidando i tuoi beni. Va considerato che l’Amministrazione finanziaria formalmente partecipa come creditore e – nel concordato minore – esprime un voto. Se vota contro ma la proposta è comunque conveniente rispetto alla liquidazione, il giudice può omologare ugualmente forzando il cram-down fiscale. Quindi c’è modo di procedere anche senza il “sì” dell’Erario, purché tu versi tutto il ragionevolmente ottenibile. Quanto alle multe e sanzioni: le sanzioni amministrative pecuniarie (es. multe stradali, sanzioni tributarie) possono essere incluse nel piano e spesso vengono stralciate, ma tecnicamente la loro parte non pagata non viene esdebitata (la legge esclude le sanzioni “non accessorie a debiti estinti” dall’esdebitazione). In pratica, se proponi di abbuonare una multa, il giudice può comunque omologare; poi formalmente la multa residua resterebbe fuori dall’esdebitazione. Tuttavia, poiché avrai chiuso la procedura e sarai nullatenente, è improbabile che il Comune venga a riscuotere la parte residua. Diverso è per obblighi alimentari verso coniuge o figli: quelli non sono mai coperti dall’esdebitazione, quindi se hai arretrati per assegni familiari, resteranno dovuti. Spesso in un piano è opportuno prevedere di soddisfarli separatamente.

D: Quanto costa avviare una procedura di sovraindebitamento?
R: I costi si possono suddividere in:

  • Compenso dell’OCC/gestore: l’Organismo di Composizione ha diritto a un compenso per l’opera svolta (analisi della situazione, predisposizione relazione, assistenza durante procedura). Di solito questo compenso è stabilito secondo parametri ministeriali in proporzione all’attivo/debiti, ma concordato caso per caso. Spesso l’OCC chiede un acconto iniziale al debitore per coprire le spese vive e l’attività preliminare, e poi il saldo a fine procedura. In situazioni di conclamata indigenza, alcuni OCC possono dilazionare il pagamento o farselo riconoscere solo in prededuzione (cioè prelevarlo eventualmente dai beni liquidati). Nota che nel caso di esdebitazione incapiente, la legge impone che i compensi dell’OCC siano ridotti della metà, proprio perché il debitore non ha nulla.
  • Eventuale avvocato: se ti avvali di un legale di fiducia per predisporre la domanda, dovrai concordare col professionista il suo onorario. Spesso gli avvocati chiedono una somma forfettaria o un pagamento a stato di avanzamento. Non è obbligatorio avere l’avvocato (la legge dice che non è necessaria l’assistenza di un difensore), ma, come detto, può essere molto utile. Se le tue condizioni economiche lo permettono, potresti anche chiedere il gratuito patrocinio a spese dello Stato per l’assistenza legale in queste procedure, dato che si tratta di procedimenti civili: alcuni tribunali lo ammettono, altri ritengono non applicabile (è un tema non del tutto chiarito).
  • Spese di giustizia: al momento del deposito, di solito si paga un contributo unificato ridotto (nei sovraindebitamenti spesso €98) e una marca da bollo (€27). Poi potrebbero esservi spese per comunicazioni ai creditori (invii PEC a cura OCC) e, in caso di liquidazione, eventuali costi per pubblicità legale, stime di beni, ecc. Queste spese vengono prese dal patrimonio del debitore come prededuzione.
    In generale, il costo varia molto dal caso: indicativamente qualche migliaio di euro di compenso OCC/professionisti. Ad esempio, in piccole procedure i costi totali possono stare tra €2.000 e €5.000; in procedure complesse con patrimonio più grande salgono. Comunque, il bello del sovraindebitamento è che i pagamenti di questi costi possono essere inglobati nel piano: non serve pagarli tutti subito, se non un minimo per attivare OCC. Inoltre, il giudice può ridurre i compensi se sproporzionati. In un caso recente, ad esempio, si è affermato che i compensi degli ausiliari nelle procedure di sovraindebitamento devono essere ridotti dal 15 al 40% rispetto ai parametri delle procedure concorsuali maggiori.

D: Se i creditori non vogliono aderire, la procedura fallisce?
R: Dipende dalla procedura:

  • Nel piano del consumatore, i creditori non hanno potere di veto: non c’è un voto, quindi il loro “non voler aderire” può al massimo manifestarsi presentando osservazioni contrarie, ma sarà il giudice a decidere. Se il giudice ritiene il piano valido e conveniente rispetto alla liquidazione, lo omologa anche contro il parere di tutti i creditori. Dunque il dissenso dei creditori non impedisce il piano. Questo è uno dei punti di forza del piano del consumatore.
  • Nel concordato minore, invece, un certo grado di consenso dei creditori è necessario: serve la maggioranza in valore dei crediti. Tuttavia, grazie al meccanismo del silenzio-assenso, i creditori contrari devono proprio attivarsi e votare “no”; se stanno zitti, è come se dicessero di sì. Quindi spesso l’inerzia gioca a favore del debitore. Inoltre, se a dire no è solo il Fisco o altro ente pubblico, il giudice può scavalcare il loro no se la proposta per loro è conveniente. In pratica, salvo che la maggior parte dei creditori attivamente rifiuti (evento raro, a volte sono più disorganizzati che ostili), c’è buona chance di approvazione.
  • Nella liquidazione controllata non c’è proprio spazio per l’opposizione dei creditori se i presupposti sono rispettati: il creditore non può opporsi all’apertura (a meno di contestare i presupposti, ma se il debitore è sovraindebitato la procedura si apre). E l’esdebitazione finale scatta di diritto, i creditori non possono impedirla se il debitore è stato corretto. Possono solo eventualmente opporsi all’esdebitazione se scoprono frodi.
  • Nell’esdebitazione incapiente, i creditori vengono avvisati dopo l’emanazione del decreto di esdebitazione e possono presentare reclamo solo per motivi seri (es. contestare la meritevolezza). Non possono opporsi per semplice dissenso: se il debitore rientra nei requisiti, la legge gli accorda il beneficio e basta.

In sintesi, le procedure da sovraindebitamento sono pensate per poter andare in porto anche senza il consenso unanime dei creditori, bilanciando però i loro interessi con controlli di convenienza. Laddove serve un voto (concordato), basta la maggioranza e il silenzio vale assenso, il che facilita molto. Dunque un singolo creditore contrario non può far naufragare la procedura, a differenza delle trattative private dove anche un piccolo creditore può dire no e impedire l’accordo.

D: Se dopo l’omologazione io non rispetto il piano, cosa succede?
R: La conseguenza di un inadempimento rilevante è la risoluzione della procedura e il ripristino delle azioni esecutive. In concreto:

  • Nel piano del consumatore, se non paghi secondo il piano omologato o non compi gli atti dovuti (es. vendere un bene entro quella data), il giudice – su segnalazione dell’OCC o di un creditore – può revocare l’omologa. A quel punto i creditori riacquistano diritto a pretendere per intero i loro crediti (dedotti eventualmente gli importi che avevano già ricevuto) e possono riprendere pignoramenti. Il tribunale, su tua richiesta, potrebbe aprire contestualmente una liquidazione controllata per gestire la situazione (evitando il far-west delle esecuzioni individuali). Ma avrai perso il beneficio della falcidia offerta dal piano.
  • Nel concordato minore, analogamente, l’omologazione può essere revocata e i crediti tornano esigibili per intero. In caso di mancato rispetto, il giudice di regola ti assegna prima un termine per rimediare (art. 81 co.5 CCII: ti indica cosa devi fare e entro quando). Se non rimedi, allora revoca e su istanza può aprire la liquidazione controllata.
  • Nella liquidazione controllata, non c’è un piano da adempiere da parte tua, poiché è gestita dal liquidatore. Il tuo “adempimento” consisterebbe nel collaborare (es. non ostacolare la vendita dei beni, segnalare sopravvenienze). Se non collabori o tieni condotta scorretta, rischi che il tribunale escluda l’esdebitazione finale. Ma non puoi “mandare deserta” la liquidazione perché comunque i tuoi beni vengono venduti dal liquidatore; al più potresti nasconderne qualcuno, ma se scoperto perdi i benefici e incorri in reati.
  • Nell’esdebitazione incapiente, dopo l’esdebitazione in realtà non hai obblighi di pagamento (non c’è un piano, i debiti sono già perdonati). Hai solo l’obbligo di segnalare eventuali nuove risorse per 3 anni. Se non lo fai e vieni scoperto, il tribunale su istanza dei creditori può revocare il decreto e farti tornare debitore come prima. Quindi, fondamentale in quei 3 anni essere trasparenti con l’OCC.

In generale, quindi, il rispetto del piano/procedura è essenziale. Il sovraindebitamento ti offre un’opportunità, ma devi fare la tua parte. Se per motivi sopravvenuti proprio non riesci ad adempiere (es. un peggioramento improvviso della tua situazione), parla subito con l’OCC: a volte è possibile chiedere al giudice una modifica del piano o una proroga. Il CCII consente ad esempio di prorogare di 6 mesi le scadenze o rinegoziare qualche termine, con l’intervento del giudice. Ma se c’è negligenza o malafede, i benefici saltano.

D: Posso scegliere liberamente quale procedura seguire?
R: In parte sì, dipende dal tuo profilo: se sei un consumatore, puoi optare per piano del consumatore oppure liquidazione controllata. Se sei un imprenditore minore, puoi fare concordato minore oppure liquidazione. Quindi hai sempre l’alternativa “liquidatoria” aperta. Invece non puoi, ad esempio, unire piano del consumatore e concordato – devi stare nella tua categoria. Un consumatore non può fare un concordato minore (perché quello è riservato ai non consumatori) e viceversa un imprenditore non può usare il piano consumer. La esdebitazione incapiente è complementare: la scegli solo se non hai alcuna possibilità né di fare un piano né di offrire qualcosa in liquidazione. Spesso la scelta si basa sul rapporto debiti/patrimonio/reddito: se hai un reddito e vuoi evitare di perdere i beni, proverai un piano/concordato; se la situazione è disperata o i creditori non sarebbero soddisfatti con un piano modesto, allora conviene la liquidazione per chiudere la vicenda in 3 anni. Il tuo OCC/avvocato ti aiuterà a valutare la via migliore. Tieni presente anche che puoi tentare un piano/concordato e, se non va a buon fine (non omologato o non approvato dai creditori), ripiegare sulla liquidazione senza dover ricominciare tutto da zero. Questa flessibilità è utile: es. presenti un concordato, i creditori bocciano? Chiedi al giudice di aprire subito la liquidazione controllata. Così non perdi tempo ulteriore.

D: Dopo l’esdebitazione, sarò “pulito” anche in Crif/protesti?
R: L’esdebitazione ti libera giuridicamente dai debiti, ma non cancella automaticamente le segnalazioni creditizie negative del passato. I dati nei sistemi tipo Centrale Rischi di Banca d’Italia o CRIF rimangono storicamente registrati per un certo periodo (di solito 36 mesi le sofferenze) anche se il debito è stato estinto (o esdebitato). Tuttavia, accanto potrà essere annotato che il debito è stato “annullato per procedura ex legge 3/2012” o simili. Col tempo, comunque, la tua posizione finanziaria migliorerà perché risulterai senza debiti in corso. Potrai chiedere, trascorsi i termini previsti, la cancellazione delle segnalazioni. Quanto ad eventuali protesti (assegni, cambiali protestate): l’esdebitazione non li cancella d’ufficio, ma puoi presentare istanza di riabilitazione al presidente del tribunale dopo 1 anno dal protesto per ottenere la cancellazione dal Registro informatico dei protesti, dimostrando di aver regolato (o essere stato esdebitato legalmente da) quelle obbligazioni. In genere, una volta conclusa positivamente la procedura, è più semplice ottenere fiducia, ma dovrai ricostruirti lo storico creditizio. Ricorda che l’esdebitazione sarà annotata nel casellario concorsuale e, se eri imprenditore, nel registro imprese (visibile per 5 anni ai sensi art. 13 DLgs 14/2019). Quindi eventuali nuovi finanziatori potrebbero venirne a conoscenza. Non è un marchio indelebile, ma per qualche anno rimane come informazione. Tuttavia, legalmente tu sarai completamente esonerato dai vecchi debiti, e potrai dire di non dover più nulla.

D: Esistono alternative extra-giudiziali per uscire dai debiti (saldo e stralcio, consolidamento)?
R: Sì, prima di intraprendere la strada giudiziaria molti debitori tentano soluzioni private, quali:

  • Rinegoziazione o consolidamento dei debiti bancari: ad esempio tramite un nuovo prestito che estingua quelli precedenti (spesso però se sei già insolvente le banche non concedono nuovi finanziamenti).
  • Saldo e stralcio con i creditori: negoziare direttamente con ciascun creditore un accordo a saldo ridotto (es. pagare il 20% in unica soluzione e chiudere). Questo richiede però di avere disponibilità di una somma (magari prestata da familiari) e l’accordo di ogni creditore. Funziona in situazioni meno estreme e se i creditori sono pochi.
  • Piano del consumatore “stragiudiziale”: l’OCC stesso, prima di depositare la domanda in tribunale, può tentare una mediazione tra te e i creditori per vedere se si trova un accordo amichevole (la legge incoraggia composizioni assistite). Se però non c’è unanimità, quell’accordo non vincola i dissenzienti.
  • Fondo di prevenzione usura o fondo sovraindebitamento: esistono fondi pubblici gestiti da enti/associazioni che in casi particolari concedono garanzie o prestiti a tassi agevolati a chi è sovraindebitato “meritevole” per pagare i creditori e poi restituire in modo sostenibile. Ma sono strumenti limitati a poche situazioni (es. si attivano via fondazioni antiusura, Caritas, etc., con istruttorie lunghe e risorse scarse).
    Se le trattative bonarie falliscono o non sono praticabili, la procedura di sovraindebitamento resta l’unica via legale per imporre ai creditori un accordo o una remissione parziale. In effetti, molti creditori (specie banche) preferiranno recuperare qualcosa tramite un piano piuttosto che nulla con un fallimento personale del debitore. Quindi spesso la minaccia implicita della procedura induce anche i creditori a sedersi al tavolo.

D: Dopo l’esdebitazione posso essere perseguito per altri debiti?
R: L’esdebitazione riguarda i debiti contratti fino alla data del deposito della domanda. I debiti successivi (o gli interessi maturati dopo) restano fuori. Ad esempio, se durante la procedura maturano nuove imposte o bollette, quelle dovrai pagarle (sono post procedura). Se hai omesso di indicare un creditore (per errore) nella domanda, in linea di massima l’esdebitazione si estende comunque ai crediti non noti purché anteriori e concorsuali – anche se è buona prassi elencarli tutti. I creditori che hanno partecipato o avvisati non potranno più perseguitarti per quei crediti (riceveranno l’eventuale percentuale prevista e stop). L’esdebitazione non ti protegge però da eventuali responsabilità penali correlate ai debiti (es. se hai commesso reati, tipo truffa ai creditori, l’azione penale prosegue). Ma per i semplici debiti civili, sì: sei protetto e liberato.

In sintesi, le procedure di sovraindebitamento – se ben gestite – offrono al debitore in difficoltà un percorso legale, controllato e relativamente rapido per uscire dalla crisi, chiudendo i conti col passato e ripartendo senza il fardello dei debiti insostenibili. È fondamentale affidarsi a professionisti competenti (OCC, avvocati) e agire con trasparenza e buona fede. Le più recenti riforme hanno reso queste procedure ancora più accessibili e favorevoli al debitore meritevole, come dimostra la possibilità di liberarsi dei debiti persino senza pagare nulla nei casi estremi. Per un debitore sovraindebitato onesto, quindi, esiste una luce in fondo al tunnel: non è più solo di fronte ai creditori, ma può contare su strumenti giuridici efficaci e su operatori specializzati da contattare per ritrovare la serenità economica.

Fonti e Riferimenti (normativa, giurisprudenza, dottrina)

  • Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza – D.Lgs. 12 gennaio 2019 n. 14 (come modificato dal D.Lgs. 26 ottobre 2020 n. 147, dal D.Lgs. 17 giugno 2022 n. 83 e dal D.Lgs. 13 settembre 2024 n. 136) – artt. 2, 65–83, 268–283 (disciplina delle procedure di sovraindebitamento e dell’esdebitazione). Contiene le definizioni di consumatore, impresa minore, ecc., e regola piano del consumatore, concordato minore, liquidazione controllata, esdebitazione in generale ed esdebitazione incapiente.
  • Legge 27 gennaio 2012 n. 3 (vecchia “legge sul sovraindebitamento”) – articoli abrogati e confluiti nel Codice della Crisi. Forniva la base originaria, ad es. definizione di sovraindebitamento come “squilibrio patrimoniale persistente…” e i tre strumenti originari (piano del consumatore, accordo, liquidazione patrimonio). Utile per interpretazioni analoghe.
  • Cassazione Civile, Sez. I, 16 gennaio 2020 n. 742 – Ha affermato che “è consumatore il fideiussore persona fisica che, pur svolgendo un’attività propria, abbia prestato garanzia per finalità estranee alla propria attività d’impresa”, aprendo alla qualificazione come consumatore del garante non professionalmente coinvolto. Riconosce il fideiussore come potenziale consumatore meritevole di piano.
  • Cassazione Civile, Sez. I, 26 luglio 2023 n. 22699 – Conferma l’orientamento secondo cui la qualità di consumatore o professionista del debitore va valutata in base alla natura delle obbligazioni che si intendono ristrutturare, anche se derivanti da attività cessata. Chiarisce che un ex imprenditore con debiti d’impresa non può usare il piano del consumatore per quei debiti (deve usare il concordato minore), questione poi risolta normativamente dal correttivo 2024.
  • Tribunale di Bari, sez. esecuzioni, 11 marzo 2025 (decr. G.E. Ruffino) – Ha dichiarato improcedibile un’esecuzione immobiliare pendente a seguito dell’omologazione di un piano del consumatore ex art. 67 CCII, ponendo le spese degli ausiliari a carico del creditore procedente. Conferma che l’omologa del piano blocca definitivamente le esecuzioni in corso, scaricandone i costi sul creditore come avviene nel fallimento.
  • Tribunale di Trapani, 11 marzo 2025 – (richiamato da dottrina) sulla sospensione delle esecuzioni fondiarie nel sovraindebitamento: ha ritenuto che anche il creditore fondiario (banca con mutuo ipotecario) non possa proseguire l’esecuzione immobiliare durante la procedura di concordato minore, in analogia a quanto previsto nel fallimento (superando un dibattito se l’art. 150 L.F. valga). Ciò tutela il debitore evitando che la banca aggiri la sospensione.
  • Tribunale di Spoleto, 28 febbraio 2024 (decr. n.15/2024) – in tema di ludopatia e meritevolezza: ha ritenuto che il sovraindebitamento causato dal gioco d’azzardo non esclude ipso facto la meritevolezza se il debitore dimostra una patologia certificata (GAP) e un percorso di cura, imputando così la crisi a una causa di forza maggiore. In caso contrario (gioco “volontario” non patologico), si configura colpa grave e la domanda va rigettata. Orientamento che evidenzia la valutazione caso-per-caso della meritevolezza.
  • Fonti istituzionali:
    • Ministero della Giustizia – sito ufficiale con sezione Crisi da sovraindebitamento (contenente modulistica e elenco OCC autorizzati). Ad esempio, Portale delle Procedure Concorsuali su giustizia.it spiega i vari istituti e fornisce indicazioni operative.
    • Relazione Illustrativa al CCII (2018) – spiega ratio di molte norme, ad es. il favor verso il consumatore, la ragione della soglia €50.000 per attivazione creditori, ecc.
    • D.M. 202/2014 – Regolamento OCC, con requisiti iscrizione gestori e criteri compensi.
    • D.L. 179/2012 conv. L. 221/2012 art. 31 – disciplina speciale start-up innovative (esclusione da fallimento).
    • Legge 176/2020 (di conversione del D.L. 137/2020 “Ristori”) – che per prima introdusse nell’art. 14-quaterdecies L.3/2012 la esdebitazione dell’incapiente e le procedure familiari, anticipando il Codice.
    • Banca d’Italia, Consob – normative sul merito creditizio (Circolari applicative art.124-bis TUB) che danno sostanza all’idea di punire le banche che prestano a chi non può restituire.

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Conclusione

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